Ruolo e funzioni del comune e del sindaco in protezione civile Lo Stato Italiano e la protezione civile. Fin dall’inizio della sua storia, lo stato italiano ha concepito la protezione civile esclusivamente come attività di soccorso pubblico post disastro. Non ha mai pensato che la protezione della popolazione dovesse essere una risposta del sistema paese alle condizioni di rischio diffuso e costante cui la nazione stessa era sottoposta. Per più di un secolo, dal 1870 al 1990, ci si è sempre limitati a organizzare gli interventi “dopo” l’evento, mentre espressioni come previsione e prevenzione sembravano non far parte del vocabolario normativo e istituzionale. 1 LO SVILUPPO ISTITUZIONALE ITALIANO DELL’ULTIMO SECOLO 130 anni di storia italiana Stato liberale 1870-1920 Stato sociale 1920-1990 Stato sussidiario 1990-2000 Lasciava fare Faceva tutto Aiuta a fare LO STATO LIBERALE • Lo stato liberale si preoccupava principalmente dei grandi temi post risorgimentali: unità della nuova nazione, analfabetismo, suffragio universale, controllo sugli Enti territoriali. • Un’attenzione specifica all’organizzazione di un sistema di sicurezza del paese era fuori dalla portata del legislatore. Le competenze in materia di intervento sui disastri passavano dal Ministro dei lavori pubblici a quello dell’aeronautica e a quello della sanità. • Gli interventi di soccorso in occasione dei disastri erano concepiti come forma di carità pubblica più che come solidarietà nazionale intenzionale e sistematica. 2 LO STATO SOCIALE • Al contrario dello stato liberale, lo stato sociale, nato con Mussolini e proseguito anche con la Repubblica fino agli anni ‘90, tende a occuparsi di tutto e a creare condizioni di benessere in modo uniforme a partire dagli strati più bassi della popolazione limitandone però l’autonoma iniziativa. • Ciò comporta come conseguenza un atteggiamento fortemente centralista dello Stato nell’erogazione dei servizi, nonché la sua necessità di ramificarsi in periferia costruendo meccanismi esasperati di controllo sui cittadini e sugli enti territoriali. • Come esempio di questo atteggiamento, nel campo della protezione civile valga per tutti la nazionalizzazione nel 1935 del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, fino ad allora organizzato in corpi comunali. LO STATO SUSSIDIARIO Nel 1992 il Trattato di Maastricht introduce il Principio di Sussidiarietà, che diviene patrimonio ideale delle nazioni. • Secondo questo principio i servizi devono quindi nascere e organizzarsi vicino ai cittadini, e gli Enti locali riacquistano progressivamente autonomia e poteri. • Lo Stato non interferisce più se non sui grandi principi, e agli Enti Locali è devoluta quasi totalmente l’organizzazione della vita della comunità. • La Protezione Civile non sfugge alla nuova regola e si tende oggi ad identificarla e ad organizzarla su base locale. 3 Il Principio di Sussidiarietà Questo principio, desunto dalla Dottrina Sociale della Chiesa, nasce nel 1931 con Papa Pio XI, il quale nell’Enciclica “Quadragesimo Anno” scrive: “Come è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l’industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che nelle minori e inferiori comunità si può fare”. Nascono le Autonomie Locali e il Federalismo Conseguenza diretta della rivoluzione degli anni novanta è il riavvicinamento dei cittadini alle istituzioni. Il Comune, con un sindaco eletto direttamente dal popolo che applica le tasse e le restituisce sotto forma di servizi, torna dopo mille anni a costituire il fulcro della vita comunitaria. Nel 2001 tutto questo viene sancito modificando in questa direzione anche la Costituzione Italiana. 4 QUANDO NASCE LA PROTEZIONE CIVILE • In pieno Stato Sociale, nel 1970, dopo i disastri del Polesine e del Vajont, con la Legge n. 996 si conia per la prima volta il termine “protezione civile”, che tuttavia conserva ancora il significato di “soccorso pubblico” a seguito dei disastri. Gli interventi di soccorso sono demandati essenzialmente al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco con il concorso delle Forze Armate e della Croce Rossa Italiana. • Dopo gli insuccessi operativi del terremoto 1980, con un ulteriore sforzo (DPR n. 66/81) si investono i prefetti di nuovi e davvero importanti compiti di intervento. Ma già ci si rende conto dei limiti di una simile organizzazione. Infatti, già nel 1982, dopo la tragedia di Alfredino Rampi, il Ministro Zamberletti presenta il disegno di legge che diverrà dieci anni dopo la famosa legge 225. 1981 : AI PREFETTI LA COMPETENZA SULLA PROTEZIONE CIVILE Dopo l’Irpinia ci si interroga sulle differenze registrate rispetto al Friuli. L’Italia viene divisa in cento caselle uguali (le Prefetture) per garantire lo stesso tipo di operatività in ogni regione. Il legislatore corre ai ripari con il DPR 66/81. Si teorizzano il COM e il CCS. Si individua nel Prefetto il ruolo ideale. Le Prefetture costituiranno per venti anni il presidio locale di protezione civile. 5 ZAMBERLETTI fonda la protezione civile Il disegno di legge della 225/92, presentato nel 1982 e approvato dopo 10 anni di dibattito, contiene tre intuizioni di importanza storica, che rivoluzionano l’impianto filosofico della protezione civile italiana. Novità della legge 225 Il sistema di Protezione Civile deve essere preesistente all’evento, non formarsi in corsa Il primo presidio territoriale di Protezione Civile va individuato nel comune Occorre coinvolgere e valorizzare il volontariato organizzato Nel 1982 nasce anche il Dipartimento della Protezione Civile. Gli effetti si vedono subito. MA COSA E’ LA NUOVA PROTEZIONE CIVILE? Per la prima volta la legge n. 225/1992 definisce un concetto di protezione civile che non si limita a fronteggiare le conseguenze di situazioni di emergenza, ma comprende attività di previsione e prevenzione. La nuova filosofia della protezione civile in Italia si sviluppa verso una direzione nuova. Scopo della Protezione Civile a qualsiasi livello diviene quello di tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni derivanti dalle calamità naturali o da quelle causate dall’uomo. Sue specifiche attività sono la previsione la prevenzione il soccorso il superamento dell’emergenza La carenza di qualcuna di questa componenti può risultare determinante per il successo o l’insuccesso 6 Il Sistema fino al 2000 Sistema nazionale di P.C. CCS COM Concentramento di richieste L’unico centro decisionale e di controllo viene congestionato dalle richieste dei gradi inferiori di coordinamento …. E’ il periodo dell’accentramento amministrativo e operativo. RICHIESTE DEI COMUNI Dal Molise 2002 in poi si valorizza il ruolo del comune anche in emergenza. DPC CCS Si distribuiscono disponibilità COM INTERVENTI DEI COMUNI Il sistema sussidiario favorisce il decentramento del processo decisionale. Ma perché? 7 Il comune è da sempre la cellula ideale di organizzazione della comunità, in grado di assicurare ai suoi membri i tre maggiori valori attesi: • Il benessere • La qualità della vita • La sicurezza Le principali fonti normative si trovano nel D. lgs. 18.8.2000 n. 267 “Testo Unico delle leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali”: Art. 3 Autonomia dei comuni e delle province 1. Le comunità locali, ordinate in comuni e province, sono autonome. 2. Il comune e' l'ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo. 3. La provincia, ente locale intermedio tra comune e regione, rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e ne coordina lo sviluppo. 4. I comuni e le province hanno autonomia statutaria, normativa, organizzativa e amministrativa, nonché autonomia impositiva e finanziaria nell'ambito dei propri statuti e regolamenti e delle leggi di coordinamento della finanza pubblica. 5. I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della regione, secondo il principio di sussidiarietà. I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali. Art. 13 Funzioni 1. Spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. 2. Il comune, per l'esercizio delle funzioni in ambiti territoriali adeguati, attua forme sia di decentramento sia di cooperazione con altri comuni e con la provincia. 8 LA PROTEZIONE CIVILE ENTRA IN COMUNE Dopo l’autonomia statutaria conquistata nel 1990, è con quella impositiva del 1992 (D.lgs. 30.12.1992 n. 504) che la protezione civile diviene un servizio locale indispensabile, da assicurare nell’ambito delle attività ordinarie, e non da delegare ad altri soggetti in occasione delle emergenze. Un Decreto Ministeriale di attuazione (28 maggio 1993) inserisce la Protezione Civile fra i servizi comunali indispensabili. Un’accelerazione definitiva al cambiamento arriva con la legge delega Bassanini 15.3.1997 n. 59 e il D.lgs 31.3.1998 n.112, sistema definitivamente le competenze di province e comuni sulla scorta del nuovo sistema istituzionale decentrato. La modifica apportata alla Costituzione (Legge Costituzionale 18.10.2001 n. 3) mette il timbro finale sulla svolta. SINDACO E PROTEZIONE CIVILE NELLA NORMATIVA Il Sindaco è sempre stato presente nella normativa di protezione civile, anche se mai fino in fondo ne sono state tratteggiate con decisione le competenze. Tra il 1970 e il 1992 è stato considerato prima un organo dello Stato, e successivamente come effettiva espressione dell’autonomia organizzativa comunale, nonché autorità locale nell’esercizio della materia. Nell’ordine troviamo •Legge 8 dicembre 1970 n .996 •DPR 6 febbraio 1981 n. 66 •Legge 24 febbraio 1992 n. 225 Se con il DPR 66 il legislatore trascurò il ruolo del sindaco a vantaggio di quello del Prefetto, con la 225 ne recuperò la funzione in modo completo. 9 SINDACO E P.C. NELLA NORMATIVA Legge 996/1970 D.P.R. 66/81 Legge 142/90 La P.C. è affidata al Sindaco e al Commissario di Governo Sindaco e Prefetto sono “Organi” di P.C. in qualità di U.d.G. I comuni divengono autonomi dalle prefetture Legge 225/92 Il Sindaco diviene Autorità Comunale di P.C. Legge 81/93 Il Sindaco viene eletto direttamente dai cittadini D.Lgs 112/98 Il Comune acquista la totalità delle competenze di P.C. SECONDO IL CONCETTO MODERNO, OGNI CITTADINO E’ OPERATORE DI PROTEZIONE CIVILE Negli Enti Locali, il Bilancio di Previsione e il PEG sono gli strumenti più idonei a programmare e scandire in modo pratico e ordinato le attività di protezione civile nel tempo ordinario. 10 IL RUOLO DEL SINDACO In una realtà amministrativa fortemente decentrata e fondata sull’autogoverno, la figura del sindaco del comune può risultare particolarmente decisiva per l’organizzazione di un sistema efficace di risposta. La conoscenza del territorio (previsione), le attività quotidiane a favore del territorio e della popolazione (prevenzione), la vicinanza ai luoghi colpiti in caso di necessità (soccorso) che lo caratterizzano, fanno del Sindaco la figura principale della protezione civile futura, soprattutto se nell’interno di un compiuto sistema di autonomie locali. I diversi ruoli del sindaco Capo della Amministrazione Ufficiale di Governo Assicura i servizi comunali indispensabili come la protezione civile. Assicura l’erogazione dei servizi indispensabili di competenza statale. Svolge le funzioni di cui all’art. 108 del d.lgs. 112/98 e all’art. 6 della L. 225/92. Emana provvedimenti contingibili ed urgenti. Emana atti di rilevanza locale. Autorità Comunale Effettua i primi interventi urgenti e di soccorso. Emana atti e ordinanze di protezione civile. Informa la popolazione. Informa il Prefetto. SINDACO I ti pi m co l de co da n si 11 I compiti del sindaco Per proteggere i suoi cittadini, al sindaco non è richiesto di fare miracoli prima, durante o dopo l’emergenza, né di improvvisarsi manager professionista dei disastri. Tuttavia…. Ic om pi ti de ls in da co Ic om pi ti de ls in da co ILSINDACO HA IL DOVERE PRIMARIO DI CONOSCERE E RICONOSCERE, MEGLIO DI OGNI ALTRO, I RISCHI PRESENTI NEL SUO TERRITORIO 12 ti pi m o Ic de o ac d in ls Il Sindaco ha il potere e soprattutto il dovere supremo di salvaguardare la vita dei suoi cittadini. Ic Il comune deve essere il primo ente a scattare in occasione di una emergenza om sin pit da i d co el 13 MA QUALI SONO LE GRANDI RESPONSABILITA’ DEL SINDACO? Pe na li Am m C iv ili e ch liti o P Mo ini str ati ve i ral Ic om pi ti de ls in da co Realizzare le attività di previsione e degli interventi di prevenzione dei rischi Realizzare una struttura comunale Preparare le attività di emergenza Predisporre i piani comunali Attivare i primi soccorsi alla popolazione e gli interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza; Vigilare sull'attuazione dei servizi urgenti in ambito comunale; Utilizzare efficacemente il volontariato di protezione civile a livello comunale Informare la popolazione sui rischi Assicurare l’erogazione di un servizio comunale di P.C. ALCUNI POTERI ECCEZIONALI DEL SINDACO art. 32 della legge 23.12.1978 n. 833 (di riforma del servizio sanitario nazionale) art. 7 all. E della legge 20.3.1865 n. 2248 (requisizione d’urgenza della proprietà privata per grave necessità pubblica) art. 835 del Codice Civile (requisizione d’urgenza); art. 49 del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (occupazione d’urgenza di beni immobili di privati per esigenze di grave necessità pubblica) art. 4 del D.L. 18 giugno 1986 n. 282 (adozione di provvedimenti cautelari per la tutela della salute pubblica, con la sospensione della produzione e della vendita di alimenti o bevande che risultino pericolosi per la salute). artt. 3 e 12 del D.P.R. 24 maggio 1988 n. 236 (divieto di potabilità delle acque destinate al consumo umano in caso di episodi di inquinamento); art. 13 del D.L.vo 5.2.1997 n. 22 - “Decreto Ronchi” (ricorso a forme speciali di smaltimento di rifiuti in caso di comprovata necessità artt. 6 e 7 del D.Lgs 30.4.1992 n. 285 “Nuovo Codice della Strada” (Regolazione della circolazione per motivi di sicurezza pubblica) ti pi om Ic o ac d in ls e d 14 I DOVERI DI INFORMAZIONE DEL SINDACO Ic om sin pit da i d co el • DPR 17.5.1988 n. 175 recante “Attuazione della direttiva CEE n. 82/501 (modificata con la Direttiva 88/610), relativa ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali, ai sensi della legge 16 aprile 1987, n. 183” • Legge 19 maggio 1997, n. 137 recante "Sanatoria dei decreti-legge recanti modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, relativo ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali". Art. 1….. 11. I sindaci dei comuni ove sono localizzate le attività industriali disciplinate dalla presente legge rendono immediatamente note alla popolazione le misure di sicurezza e le norme di comportamento da seguire in caso di incidente rilevante, tramite la distribuzione di copia delle sezioni 1, 3, 4, 5, 6 e 7 della scheda di informazione di cui al comma 9, nella forma integrale inviata dal fabbricante, completandola della sezione 2 e successivamente sulla base delle conclusioni dell'istruttoria. • Decreto Legislativo 17 agosto 1999, n. 334 recante "Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose" Art. 22 (Informazioni sulle misure di sicurezza) 4. Il comune, ove e' localizzato lo stabilimento soggetto a notifica porta tempestivamente a conoscenza della popolazione le informazioni fornite dal gestore ai sensi dell'articolo 6, comma 5, eventualmente rese maggiormente comprensibili, fermo restando che tali informazioni dovranno includere almeno i contenuti minimi riportati nelle sezioni 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7 della scheda informativa di cui all'allegato V. • D.P.R. 6 febbraio 1981 n. 66 recante “Regolamento di esecuzione della legge 8 dicembre 1970, n. 996, recante norme sul soccorso e l'assistenza alle popolazioni colpite da calamità. Protezione civile”. Articolo 32 Segnalazioni da parte di enti pubblici e di privati. I sindaci, gli organi dello Stato e degli altri enti pubblici sono tenuti a segnalare immediatamente al prefetto l'insorgere di situazioni di pericolo o il verificarsi di eventi calamitosi che abbiano comportato o possano comportare grave danno all'incolumità delle persone o ai beni, precisandone il luogo, la natura e l'entità. Articolo 36 Avvertimenti alla popolazione. Allorché occorra informare le popolazioni di situazioni di pericolo o comunque connesse con esigenze di protezione civile, vi provvede il prefetto, che si avvale dei mezzi tecnici da individuarsi nei piani provinciali di protezione civile, e, in caso di urgenza, il sindaco. • Legge 3 agosto 1999 n. 265 1. Sono trasferite al sindaco le competenze del prefetto in materia di informazione della popolazione su situazioni di pericolo per calamità naturali, di cui all'articolo 36 del regolamento di esecuzione della legge 8 dicembre 1970, n. 996, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 1981, n. 66. l de ti o i p c om nda c i I s NORMATIVA NORMATIVA E E SISTEMA SISTEMA AMMINISTRATIVO AMMINISTRATIVO DI DI RIFERIMENTO RIFERIMENTO INFORMAZIONE INFORMAZIONE PUBBLICA PUBBLICA INDIVIDUAZIONE INDIVIDUAZIONE DI DI OBIETTIVI OBIETTIVI E E RISORSE RISORSE COSA SERVE PER REALIZZARE UN SISTEMA COMUNALE MODERNO DI PROTEZIONE CIVILE? MONITORAGGIO MONITORAGGIO DEI DEI RISCHI RISCHI PROGRAMMI PROGRAMMI PREVISIONE PREVISIONE E E PREVENZIONE PREVENZIONE PIANIFICAZIONE PIANIFICAZIONE DI DI EMERGENZA EMERGENZA FORMAZIONE FORMAZIONE DEGLI DEGLI OPERATORI OPERATORI CENTRO CENTRO OPERATIVO OPERATIVO 15 Le fasi di sviluppo di un piano di emergenza STEP 8 ESERCITAZIONI STEP 7 INFORMAZIONE PUBBLICA OBIETTIVO: Individuare obiettivi, risorse e Procedure per sostenere le attività di risposta in emergenza STEP 6 PREPARAZIONE PROCEDURE STEP 5 FORMAZIONE DEGLI OPERATORI STEP 4 PREDISPOSIZIONE RISORSE STEP 3 INDIVIDUAZIONE OBIETTIVI STEP 2 RACCOLTA INFORMAZIONI Ricapitolando ….. STEP 1 INDIVIDUAZIONE DEI RISCHI Funzioni di supporto F.1 Tecnica e di pianificazione F.8 Servizi Essenziali F.2 Sanità F.9 Censimento danni a persone e cose F.3 Mass-media e informazione F.10 Strutture Operative F.4 Volontariato F.5 materiali e mezzi F.6 Trasporti e Circolazione, viabilità F.7 Telecomunicazioni F.11 Enti Locali F.12 Materiali pericolosi F.13 Assistenza alla popolazione F.14 Coordinamento Centri Operativi 16 GESTIONE DI EVENTI ESTREMI E SENZA PREANNUNCIO Quando è che un piano risulta efficace? L'efficacia e la funzionalità dei Piani di Protezione Civile sono fortemente correlate ad alcune attività il cui sviluppo è strategico per ottenere una effettiva mitigazione dei danni: 1.una adeguata formazione informazione alla popolazione; ed 2.una pianificazione dell'organizzazione nella fase di prevenzione. 3.una pianificazione dell'organizzazione per le operazioni procedurali in fase operativa. 17 L’informazione alla popolazione e la formazione degli operatori possono essere attuate y favorendo comportamenti di autoprotezione; y elaborando opuscoli informativi; y effettuando incontri con la popolazione e le scuole; y predisponendo nelle zone a rischio una segnaletica informativa; y predisponendo una segnaletica interattiva di supporto alla gestione dell'emergenza. y effettuando esercitazioni per circoscrizioni o agglomerati significativi Studio e individuazione dei livelli di ALLERTA per il Piano Comunale di Protezione Civile 50 m l./h 120 h ml./ di in ne sc o 25 0 a di ar gu di So gl ia 3 ore m l./ 12 h llo ve Li Piogg in ulata ia cum Attenzione LIVELLI DI CRITICITA’ t sa teo e m Insieme coordinato di tutte le attività e procedure di Protezione Civile Gestione coordinata delle risorse realmente disponibili Azioni di salvaguardia ed assistenza dei cittadini e dei beni PIANI DI EMERGENZA REGIONALE PROVINCIALI COMUNALI Preallarme Allarme Rad ar mete o iso Avv it di cr icità 300 ml/h = allarme 18 CONOSCENZA DEI FENOMENI (PREVISIONE) RISCHIO IDROGEOLOGICO e DIGHE INDIVIDUAZIONE DELLE AREE A RISCHIO (PREVENZIONE) 19 PROTEZIONE CIVILE E TECNOLOGIA Prevenzione DURATA DEL PROGETTO E DELLE ATTIVITA’ activitès/ attività n. 2004 1 2 3 4 5 6 7 8 2005 9 # # # 1 2 3 4 5 6 7 8 2006 9 # # # 1 2 3 4 5 6 7 8 9 # # # 1a 1b 2 3 4 Occorre dare una scansione temporale alle iniziative di prevenzione territoriale e alle attività di protezione civile, distribuendole all’interno del mandato amministrativo del sindaco del comune o della città. 20 LA PREVENZIONE DIRETTA LA PREVENZIONE INDIRETTA AREE INONDABIL I La pianificazione urbanistica I piani di emergenza L’istruzione scolastica I lavori pubblici 1 2 3 La formazione degli operatori La politica ambientale LA PREVENZIONE DIRETTA Normative sulla sicurezza e la prevenzione dei rischi Informazione pubblica Opere di difesa e sistemi costruttivi Formazione degli operatori Piani di emergenza 21 LA PREVENZIONE DIRETTA Le opere pubbliche LA PREVENZIONE INDIRETTA Pianificazione urbanistica Informazione pubblica Vincoli e tutele ambientali Norme edilizie Formazione scolastica 22 L’importanza della Pianificazione Senza un’adeguata pianificazione tutta l’attività della Protezione Civile diventa molto più difficile. E’ quindi necessario: yIndividuare gli OBIETTIVI yPianificare gli SCENARI yPreparare le RISPOSTE PER L’EMERGENZA yPianificare le AZIONI yPreparare le RISORSE Cos’è la PIANIFICAZIONE di EMERGENZA ? E’ l’elaborazione coordinata delle procedure operative d’intervento da attuarsi in caso in cui si verifichi l’evento atteso contemplato in un apposito scenario. I Piani di emergenza devono recepire i programmi di previsione e prevenzione e le informazioni relative ai processi fisici che causano le condizioni di rischio, agli eventi e agli scenari. Di conseguenza occorre rappresentare cartograficamente le indicazioni utili alla caratterizzazione dei possibili scenari di rischio per l’attuazione delle strategie di intervento per il soccorso e il superamento dell’emergenza, razionalizzando e indirizzando con saggezza l’impiego di uomini e mezzi. 23 IN CASO DI EMERGENZA… INTERVENGONO LE STRUTTURE OPERATIVE E LE COMPONENTI DI PROTEZIONE CIVILE CON PIANIFICAZIONE DI EMERGENZA SENZA PIANIFICAZIONE DI EMERGENZA ¾IMPIEGO ¾VULNERABILITA’ COORDINATO PER FUNZIONI DI SUPPORTO DELLE STRUTTURE OPERATIVE E DELLE COMPONENTI DI P.C. ¾OMOGENEIZZAZIONE DEI LIGUAGGI E DELLE PROCEDURE ¾CONOSCENZA DELLO SCENARIO ¾INFORMAZIONE ALLA POPOLAZIONE ¾ATTIVITA’ ADDESTRATIVE CERTEZZA=CONSENSO DEL VALORE ESPOSTO DELLA POPOLAZIONE ¾ASSENZA DEL COORDINAMENTO DELLE STRUTTURE OPERATIVE E COMPONENTI DI P.C. TERRITORIALI ¾ASSENZA DI LINGUAGGI COMUNI PER DESCRIVERE GLI EVENTI ¾ASSENZA DI ATTIVITA’ ADDESTRATIVE ¾DISINFORMAZIONE INCERTEZZA=CONTESTAZIONE DECISIONI IN ITALIA QUESTA METODOLOGIA VIENE APPLICATA CON UNO STRUMENTO DI PIANIFICAZIONE CHIAMATO “METODO AUGUSTUS” Si tratta di un metodo di lavoro assai flessibile che tende a semplificare l’attività di pianificazione, nonché ad unificare i linguaggi operativi Esso si propone di: 9 fornire criteri ed indirizzi per la pianificazione di qualsiasi emergenza a prescindere dall’estensione e dall’entità del fenomeno calamitoso e dal numero degli Enti e delle Amministrazioni coinvolte; 9 creare linguaggi e procedure unificate che consentano un’immediata comunicazione e un’efficiente collaborazione tra tutti i soggetti implicati nella gestione e nel superamento dell’emergenza; 9 realizzare un Piano di emergenza che non sia un elenco di uomini e mezzi ma una valutazione della disponibilità delle risorse. 24 LINEE GUIDA per I PIANI COMUNALI DI EMERGENZA Gli elementi essenziali per la realizzazione di un piano comunale seguendo il Metodo Augustus, sono rappresentati da: ¾ Ricostruzione di uno scenario sulla base dello studio della: - pericolosità dell’area; - vulnerabilità degli edifici e dei beni umani e materiali; ¾ Individuazione delle tre tipologie di aree di emergenza: - aree di attesa dove evacuare la popolazione a rischio (aree, strade, piazze sicure) - aree di ricovero temporaneo per la popolazione (per tende, roulottes, etc..); - area di ammassamento soccorritori (solo per i Sindaci che ospitano il Centro Operativo Misto o di zona). ¾ Individuazione dei soccorritori locali; ¾ Individuazione del luogo di coordinamento locale (Centro Operativo Comunale e Centro Operativo Misto – di zona) in una sede anche effimera ¾ Organizzazione del Centro Operativo per Funzioni di Supporto Obiettivi principali B.1 - Coordinamento Operativo Il Sindaco si avvale del Centro Operativo Comunale (C.O.C.) B.2 - Salvaguardia della popolazione Predisposizione di un piano di evacuazione B.3 - Rapporti tra le istituzioni Capacità amministrativa di mantenere i collegamenti con Regione, Prefettura, Amministrazione Provinciale, Comunità Montana B.4 - Informazione alla popolazione Predisposizione di un sistema di informazione costante e di allertamento per la popolazione B.5 - Ripristino della viabilità e dei trasporti Attuazione di un piano di viabilità alternativa in emergenza B.6 - Funzionalità delle telecomunicazioni Corretto funzionamento delle reti telefoniche e radio B.7 - Funzionalità dei servizi essenziali Applicazione di piani particolareggiati di emergenza elaborati da ciascun ente B.8 - Struttura dinamica del Piano Aggiornamento e sperimentazione del Piano mediante esercitazioni 25 Proposta di elaborazione dello scenario: METODOLOGIA GENERALE I Definire la specifica tipologia di rischio II Identificare i principali riferimenti normativi: ricerca della normativa esistente relativa alla specifica tipologia di rischio III Consultare le fonti: interrogare gli enti da cui è possibile acquisire dati tematici per l’elaborazione dello scenario IV Sviluppare una metodologia applicativa in vista della pianificazione di emergenza Proposta di elaborazione dello scenario: METODOLOGIA APPLICATIVA IVa Valutazione della Pericolosità: perimetrazione con metodi speditivi delle aree a crescente livello di pericolosità IVb Identificazione degli elementi a rischio e della vulnerabilità: individuazione ed evidenziazione su cartografia degli elementi a rischio ed individuazione della vulnerabilità relativa IVc Elaborazione dello scenario: sovrapposizione delle cartografia di pericolosità con quella degli elementi a rischio 26 LO SCENARIO STORICO La pianificazione comunale si costruisce di norma a partire dalla previsione del cosiddetto “massimo evento atteso”, che in genere coincide con un evento già accaduto nella zona interessata, e che ha già prodotto effetti disastrosi. Si assume quindi la gravità di quell’evento storico come parametro di riferimento per avviare le attività di preparazione dell’emergenza. Esempio di scenario storico noto FIRENZE 1966 • 39 vittime; • ingenti danni alle attività produttive artigianali ed agricole; • 18.000 persone rimaste senza lavoro; • circa 1.500 opere d’arte, 62.000 libri antichi, 20.000 giornali, 60.000 riviste, 400.000 testi vari gravemente danneggiati. Da valutazioni della Protezione Civile Italiana si stima che un analogo fenomeno porterebbe oggi addirittura causare centinaia di vittime e danni per 15,5 miliardi di euro. 27 Quanti scenari occorre prevedere? • Apparentemente si può pensare di dover identificare una lunga serie di scenari di riferimento, con moltissime variabili. • Nella realtà, realtà, pur potendo riconoscere come assai variabili le possibilità di evento, risulta che per quanto riguarda le modalità di risposta allo scenario, le variabilità sono molto più contenute. • Per cui quando si dispone di pianificazioni per scenari di tipo generale, si può essere sufficientemente sicuri che esse potranno essere applicate con successo alla maggior parte delle situazioni con criteri di analogia. PIANIFICAZIONE di EMERGENZA Elaborazione coordinata delle procedure operative d’intervento da attuarsi in caso si verifichi l’evento atteso contemplato in un apposito scenario. I Piani di emergenza devono recepire i programmi di previsione e prevenzione, le informazioni relative ai processi fisici che causano le condizioni di rischio, agli eventi e agli scenari. Di conseguenza occorre rappresentare cartograficamente le indicazioni utili alla caratterizzazione dei possibili scenari di rischio per l’attuazione delle strategie di intervento per il soccorso e il superamento dell’emergenza razionalizzando e mirando l’impiego di uomini e mezzi. 28 COME SI REDIGE UNA ORDINANZA DI PROTEZIONE CIVILE L’Ordinanza di protezione civile ha due finalità principali: 1) riuscire ad esplicare immediatamente i suoi effetti 2) evitare l’impugnazione (e le eventuali responsabilità a carico di chi la emette) ELEMENTI DI UN’ORDINANZA • • • • 1) Numero dell’ordinanza 2) Parte narrativa 3) Parte dispositiva 4) Parte finale 29 1) NUMERO DELL’ORDINANZA Va indicato il numero progressivo nel registro delle ordinanze 2) PARTE NARRATIVA a) PREMESSA Si espone il fatto, nei tempi e nei modi, che rende necessario l’atto b) MOTIVAZIONE Si espongono le motivazioni generali e particolari dell’ordinanza, sottolineando gli effetti particolari che rendono l’atto contingibile ed urgente le cause o i rischi che con l’ordinanza si intendono o si ritiene di poter rimuovere i particolari rischi derivanti da un’eventuale inerzia di carattere tecnicoamministrativo c) FONTI NORMATIVE DI RIFERIMENTO Si richiamano, le norme –o i singoli articoli di leggi e regolamenti che obbligano vincolano giustificano rafforzano l’atto di imperio del sindaco. Ricordarsi di eventuali O.P.C.M. ex. art.5 L.225/92. 30 3) PARTE DISPOSITIVA a) ORDINE Si dettaglia l’ordine del Sindaco specificando •i destinatari dell’atto (parte molto delicata per gli aspetti legati alla notifica) •il dettaglio delle azioni da compiere obbligatoriamente •i tempi di decorrenza e/o scadenza da porre a carico degli obbligati b) MODALITA’ DI ESECUZIONE E DI NOTIFICA Si elencano •i destinatari cui notificare l’ordinanza •gli eventuali destinatari per conoscenza •gli incaricati dell’esecuzione •gli incaricati della notifica •le modalità particolari di notifica •le eventuali sanzioni a carico degli obbligati o dei mancati esecutori •le modalità e la tempistica di una eventuale affissione / pubblicizzazione 4) PARTE FINALE a) INDIVIDUAZIONE E NOMINA del Responsabile del procedimento b) CLAUSOLE DI TRASPARENZA Si elencano preventivamente le possibilità e i tempi di ricorso contro l’atto c) LOCALITA’, DATA E FIRMA 31 FONTI DI FINANZIAMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE • Mezzi Ordinari Bilancio dell’Ente di parte corrente Bilancio dell’Ente di parte investimenti • Mezzi Straordinari - Trasferimenti da Enti - Leggi speciali di spesa nazionali e regionali - Sponsorizzazioni e finanziamenti privati - Ordinanze di protezione civile - Mutui Mezzi finanziari ordinari Risorse proprie dell’Ente • Centri di imputazione del PEG • Spese vincolate alla sicurezza pubblica • Spese vincolate di settore (antincendio, agricoltura, caccia e pesca, formazione, assetto del territorio, ecc.) 32 Mezzi finanziari ordinari Risorse trasferite e finanziamenti • Trasferimenti alle regioni del D.lgs 112/98 • Fondo regionale di P.C. art. 138 c.16 Legge 388/00 (legge finanziaria 2001) • Fondi rotativi e trasferimenti per emergenze dalle regioni • Contributi regionali su presentazione di progetti • FSE su iniziative di formazione Mezzi finanziari straordinari Risorse per l’emergenza • Ordinanze P.C.M. ex art. 5 L. 225/92 • Ricorso al credito a seguito di interventi urgenti ex artt. 191 e 194 del T.U. D.lgs. 267/00 • Utilizzo dell’avanzo di amministrazione • Utilizzo del Fondo di Riserva a fine d’anno • Progetti su Call Proposal della U.E. 33 Fonti informative della protezione civile Generalmente non esistono fonti informative sulla protezione civile propriamente detta, anche per la relativa giovinezza della materia Esistono alcuni testi di carattere manualistico – addestrativo, ma si collocano soprattutto sul versante sanitario – umanitario (il “Disaster management” della Reg. Piemonte o il manuale per le emergenze dell’UNHCR. Non esiste grande letteratura sulla gestione emergenziale. Sul piano normativo si consiglia il commento alla 225 del Giampaolino. Sul piano storico e della ricostruzione dei grandi disastri è consigliabile riversarsi sulla rete web, a cominciare dal sito dell’ISPRO che negli ultimi mesi ha cominciato a pubblicare la storia sintetica dei grandi disastri italiani allegando documentazione specifica. Sulle catastrofi più famose d’Italia, si possono qua e là rintracciare occasionali ricostruzioni, anche a carattere di ricorrenza, curate da ricercatori locali (Vajont 63, Friuli 76, Stava ‘85, Firenze ’66, ecc). Anche sul piano della P.C. estera è consigliabile attuare una navigazione ragionata sulla rete. E’ consigliabile ad esempio richiedere la traduzione del vademecum europeo curata dal Centro di Longarone della Regione. Veneto. Certo, non è detto che ci debba andare sempre male. Ma non ci possiamo nemmeno affidare sempre alla fortuna 34