MARIA AUSILIATRICE
D E L L A
B A S I L I C A
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T O R I N O – V A L D O C C O
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R I V I S T A
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Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27–02–2004 n. 46) art. 1, comma 2 e 3 – CB–NO/TORINO
1,70 Euro IT
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’AMORE
E LA VITA
ABITANO NELLA FAMIGLIA
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ENDER.
COSA SIGNIFICA REALMENTE
E QUALI SONO LE PERPLESSITÀ?
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’AMORE NON “USA” PERCHÉ È CASTO
E SI SACRIFICA PER GLI ALTRI.
PAPA FR ANCESCO AI GIOVANI A TORINO
36 A
MATHI E A NOLE.
ISSN 2283–320X
LA CARTIER A DI DON BOSCO.
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
A
“Meraviglioso”
Da’ senso
a ciò che ti è chiesto
Assolutamente da visitare, meraviglioso sia dall'esterno che dall'interno! Nulla da invidiare a molti santuari
piu famosi italiani.
Roby81, Pomezia IT
“profondo”
In questo santuario se si entra anche solo per visitarlo senza altre idee la sacralità ti entra nell'anima ed è
difficile dopo l'uscita abbandonarla.
Tamara, Torino IT
“Molto bella”
Chiesa molto suggestiva, con all'interno le reliquie di
Don Bosco. Si trova leggermente distante dal centro,
ma partendo dalle Porte Palatine si arriva a piedi in 10
minuti. Da visitare!
Angelacaroli, Portogruaro IT
“La Basilica delle Basiliche!”
foto: Mario Notario
Basilica bellissima dedicata a Maria Ausiliatrice. La presenza di un Santo Sociale di Torino come San Giovanni
Bosco sono la garanzia per un momento di preghiera raccolto di alto livello in un ambiente profusione
di marmi e affreschi. Ampia possibilità di parcheggio.
Pulizia ed ordine impeccabili. Santità, storia e monumentalità!
Vit11981, Torino IT
“Dolci ricordi”
Arte e storia nella visita alla Basilica di Maria Ausiliatrice. La piana di Valdocco di Salesiana memoria! Da
non perdere.
Patricia, Riva del Garda IT
“Per tutti”
Sia per chi è cresciuto in oratorio, per chi amai bambini,
per i poveri e i ricchi ..il Santuario delle spoglie di Don
Bosco e Domenico Savio è un luogo per riflettere sul
valore delle cose importanti e sapere che al mondo si
può e si deve essere anche per gli altri.
Neve, Roma IT
“da non perdere.”
non conoscevamo questa basilica, ma quando siamo
andati alla esposizione della sacra sindone, uno dei
volontari ci ha suggerito di andarci, e così abbiamo
fatto. assieme alla basilica della consolata, è una delle basiliche piu' belle che ci sono a torino. da vedere
assolutamente.
Mami014, Padova IT
“Pellegrina da Don Bosco”
Emozione e devozione, raccoglimento e preghiera ma
anche visita guidata a questi luoghi di Fede e di Santificazine. Ringrazio chi ci ha accolti, guidati ed accompagnati
in una splendida mattinata a Valdocco.
AleQuai, Domaso IT
“visita obbligatoria”
Don Bosco è uno dei più grandi personaggi della storia d'Italia, uno dei più importanti... questo santuario è davvero
una vista obbligatoria per chi va a Torino, per la bellezza
del luogo e per l'atmosfera che si respira. Commovente.
Luca, Mouans-Sartoux FR
“Best day of my life”
It was a dream come true, to have visited Don Bosco's
masterpiece. It was a really selfmoving experience and
I highly recommend this to all the Salesians around the
globe.
Jorgecoro, San Juan, Argentina
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Cari amici,
dopo la calda pausa estiva, riparte il nostro cammino rientrando nella normalità della vita, con le sue gioie, le sue fatiche, le sue speranza e i suoi timori, i suoi impegni e le sue esigenze. Spesso ci si lamenta della pesantezza
per la ripetitività dei giorni, per le cose normali, quotidiane, sempre uguali,
per la poca novità della vita che si snoda senza particolari variazioni. C’è un
famoso detto, particolarmente riferito alla vita dei religiosi e delle religiose:
Mea maxima penitentia vita communis, interpretando quel «communis» come
fatica del vivere insieme, cosa non sempre facilissima. Il card. Martini però,
con la sua tipica capacità di lettura, dà un’altra interpretazione, più profonda e applicabile a tutti: «vita communis» viene tradotta da lui come «vita
normale, comune, feriale, quotidiana», con le sue fatiche e le sue difficoltà, spesso priva di impennate. È vero: il ripetersi delle cose, sempre un po’
uguali, rischia di creare pesantezza e noia, perdita di interesse, di serenità
e gioia, ma forse il problema non è dato dalle cose in sé, ma dalla nostra
incapacità di cogliere in questo scorrere del tempo e delle cose quel pizzico
di novità, di luce che è in esse, diventando un po’ lamentosi e spesso noiosi.
Tante volte è il nostro occhio, probabilmente un po’ miope, che non sa porre
il “normale” alla luce di un orizzonte più vasto. Quando Domenico Savio
chiese a don Bosco il segreto per farsi santo, la prima cosa che don Bosco
gli disse è «compi bene il tuo dovere», cioè da’ senso a ciò che fai, a ciò che
ti è chiesto, scoprendo che in esso è nascosto un pizzico di eternità dato
dall’ amore di Dio per te e di te per Dio. In fondo non è che la traduzione
di quanto s. Paolo dice nella lettera ai Colossesi (3, 23): «Qualunque cosa
facciate, fatela di cuore come per il Signore». Possiamo dire che i trent’anni
di vita di Gesù a Nazareth sono stati senza significato e non invece concreta
e silenziosa partecipazione alla vita degli uomini, preparazione per quanto è
avvenuto dopo? Che la vita di Maria sia stata vuota pur nella semplicità in
un villaggio sperduto della Galilea? La novità di ogni giorno non sta nelle
cose che si fanno, ma è data da un cuore generoso, aperto, che sa porre in
ogni cosa quel tocco di amore che lo apre a Dio e ai fratelli: è la Liturgia
della vita tanto richiamata come risposta generosa a Lui per i tanti doni del
suo amore. Riprendiamo allora questo cammino nella speranza e con un
occhio più attento, più profondo, più obiettivo, più capace di scorgere le
scintille di bene presenti nel mondo e aiutare i nostri fratelli e sorelle a liberarsi dalla tristezza, dalla noia, scoprendo che la vita è sì fatica e impegno,
ma è anche gioia,serenità, speranza.
Affidiamo sempre tutti voi alla protezione di Maria Ausiliatrice nel suo
Santuario.
Un cordiale e caro saluto.
DON FRANCO LOTTO
RETTORE
[email protected]
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
1
4
10
ROBERT CHEAIB
1 DA’ SENSO A CIÒ CHE TI È CHIESTO
DON FRANCO LOTTO
A TUTTO CAMPO
4
GENDER. LE SFUMATURE DI UN TERMINE
ROBERT CHEAIB
CHIESA E DINTORNI
7
IO ATEO, TU PRETE ANNA MARIA MUSSO FRENI
8 SE LÌ C’È DIO, VA BENE MARIO SCUDU
10L’AMORE É CASTO
BERNARDINA DO NASCIMENTO
MARIA
20OSTINATAMENTE MADRE FRANCESCA ZANETTI
24L’AUTENTICA DEVOZIONE MARIANA
E DON FERNANDEZ ARTIME
GIULIANO PALIZZI
UN ORATORIO
SEMPRE CON NOI
22GRAZIE DON ENZO MARIO SCUDU
26
CLAUDIO GHIONE
38
42DALLA CASA DI MARIA ALLE NOSTRE CASE
PIERLUIGI CAMERONI
LORENZO BORTOLIN
32ANCHE IL CARCERE PUÒ DIVENTARE
BERNARDINA DO NASCIMENTO
44PEPERONI IN AGRODOLCE
ANNA MARIA MUSSO FRENI
CARLO TAGLIANI
34L A GALLERIA DI DON BOSCO, PRINCIPALE
ATTRAZIONE DELL’“EXPO” DI TORINO 1884
ANDREA CAGLIERIS
GIOVANI
26SEGUACI DI CRISTO
36QUANDO DON BOSCO ACQUISTÒ LA
CARTIERA
FEDERICO VALLE
38 DIRE DON BOSCO OGGI CON LA MUSICA
CLAUDIO GHIONE
28TEMPO DI VACANZE
14CARLO DI CAMERANA: UN CAVALIERE
24
DON BOSCO OGGI
30DON BOSCO, PAPA FRANCESCO
GIULIANO PALIZZI
EZIO RISATTI
RAPITO DA CRISTO
MARCO BONATTI
O SOCI DI UN CLUB?
LA REDAZIONE
12ASCOLTARE CON MENTE LIBERA
E CUORE APERTO
16
LA REDAZIONE
40FAMIGLIE IN CAMMINO CON MARIA
ERMETE TESSORE
FAMIGLIE ADMA
LUCIANO CARDINALI
LA PAROLA
16L’“ESTREMISMO” DI GESÙ
MARCO BONATTI
18ANNUNCIARE IL VANGELO A TUTTI
POSTER
MARCO ROSSETTI
IL ROSARIO: UN AIUTO PER LA GRANDE IMPRESA
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MARIO SCUDU
domus mea
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Livio Demarie (Coordinamento)
Mario Scudu (Archivio e Sito internet)
Luca Desserafino (Diffusione e Amministrazione)
Direttore responsabile:
Sergio Giordani
Registrazione:
Tribunale di Torino n. 2954
del 21–4–80
2
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in
MARIA AUSILIATRICE N. 5
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at Studio Grafico – Torino
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14, 16, 20-22, 24, 26-27, 29, 32-35); Andrea Cherchi (10-11,31);
Comstock (17), Gabriele Guatteri (25); Stuart Black (28); F ederico
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annuo: ................................................
Amico ...................................................
Sostenitore ..........................................
Europa . . ................................................
Extraeuropei .. ......................................
Un numero .. .........................................
E15,00
E20,00
E50,00
E15,00
E18,00
E1,70
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
3
ROBERT CHEAIB
[email protected]
«LE DIFFERENZE TRA
UOMO E DONNA
NON SONO PER LA
CONTRAPPOSIZIONE
O LA
SUBORDINAZIONE
MA PIUTTOSTO PER
LA COMUNIONE E LA
GENERAZIONE,
SEMPRE A IMMAGINE
E SOMIGLIANZA
DI DIO». «SENZA
IL RECIPROCO
CONTRIBUTO
– AGGIUNGE –
NESSUNO DEI DUE
PUÒ COMPRENDERSI
IN PROFONDITÀ».
(PAPA FRANCESCO,
DISCORSO AI VESCOVI DI
PORTO RICO, 8/6/2015)
4
portato alla situazione odierna. La
prima parte dalla legittima causa
per la parità di genere condotta dal
femminismo. L’ingresso del dibattito sul gender risale agli anni settanta
e specificamente alle quattro conferenze mondiali sulle donne promosse dall’Onu tra il 1975 e il 1995. La
prima fu a Città del Messico e aprì
il dialogo internazionale sulla parità del genere femminile e maschile. Le successive due continuarono
nella stessa linea, ma è con la quarta
(Pechino 1995), che la questione di
gender acquisisce il suo attuale rilievo sessuale.
A TUTTO CAMPO
A TUTTO CAMPO
Gender. Le sfumature
di un termine
promuovono, ad esempio, la messa
in questione della famiglia, per sua
indole naturale bi–parentale, e cioè
composta di padre e di madre, l’equiparazione dell’omosessualità
all’eterosessualità, un modello nuovo di sessualità polimorfa».
…ED ANTROPOLOGICHE
La conferenza di Pechino desta
preoccupazione data la portata delle questioni in gioco. La dissociazione ideologica tra genitorialità affet-
PERPLESSITÀ ECCLESIALI…
Gran parte dei nostri dibattiti contemporanei si fondano su sostenuti
fraintendimenti. Forse uno dei termini su cui si discute senza ancora
capirne il senso e la valenza è il termine gender divenuto in pochissimo
tempo di uso comune. Ma cosa significa realmente? È alla definizione
di questo termine che Aristide Fumagalli dedica la prima parte del suo
libro La questione gender. Una sfida
antropologica, edito da Queriniana. Il
termine si mostra come non univoco
e pertanto suscettibile di essere equivoco. Le sue valenze, infatti, possono
variare dalla costatazione del sesso
biologico, alla dichiarazione dell’identità di genere (relativa alla percezione di sé in accordo o meno con
il proprio sesso biologico). Da questa scaturisce la comprensione del
gender come orientamento sessuale
e conseguentemente come adozione di un comportamento sessuale.
MARIA AUSILIATRICE N. 5
Un’altra valenza di gender è il ruolo
di genere legato alla dimensione socio–culturale e le sue attese e pretese riguardo all’identità e al comportamento sessuale degli individui.
Quest’ultima dimensione costituisce
la reale tematica della questione gender in quanto, diversamente dall’essenzialismo naturale (che riconosce
che la sessualità è una dimensione
innata), il costruzionismo socio–culturale ritiene che «le differenze di genere siano un’elaborazione della cultura sociale, cosicché uomini e donne non lo si è fin dalla nascita, ma
lo si diventa».
La Chiesa esprime le sue perplessità, non sulla questione della liberazione della donna, ma sulle derive
dissolutive della natura del legame
familiare. «Questa antropologia – si
legge in una Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede
del 2004 – che intendeva favorire
prospettive egualitarie per la donna
(…) di fatto ha ispirato ideologie che
LE TAPPE DELLA GENESI
DELL’IDEOLOGIA GENDER
L’autore rintraccia lo sviluppo dell’ideologia gender mostrando
come la radice del tema sia ben diversa dall’esito attuale. Il libro individua quattro tappe che hanno
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
5
6
MARIA AUSILIATRICE N. 5
ANNA MARIA MUSSO FRENI
[email protected]
«E questa è la conclusione della storia»
ride il giovane sacerdote indicando il proprio abito. «Il professore di matematica ed
io siamo diventati ottimi amici, lui ateo, io
prete, con il patto che non cercherò mai
di convertirlo. La vocazione alla vita consacrata passa attraverso canali impensabili, magari arriva attraverso il cellulare!».
«Allora non arrabbiarti, maestra, se lo teniamo sempre acceso!» conclude Matteo.
Libreria
Elledici
Torino – Valdocco
L’iceberg e la duna
Bruno Ferrero - Elledici, 2015
pagine 80, euro 5,00
MARIA AUSILIATRICE
D E L L A
B A S I L I C A
D I
ot
Prendersi cura dell’amore
Domenico Cravero - Elledici, 2015
pagine 398, euro 19,00
acquistabile presso queste librerie
D O C C O
T O R I N O – V A L
to bre
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R I V I S T A
1,70 Euro IT
LIBRERIA BELL’ANIMA LIBRERIA DON BOSCO
Legge 27–02–2004 n. 46)
art. 1, comma 2 e 3 – CB–NO/TORINO
via San Donato 43/D Via Maria Ausiliatrice 10/A
10122 TORINO
10152 TORINO
Tel. 011/19484565
Tel. 011 52 16 159
[email protected]
[email protected]
E LA VITA
IA
ABITANO NELLA FAMIGL
# L’AMORE
– D.L. 353/2003 (conv. in
Ai ragazzi dell’ultimo anno di catechismo don Lorenzo, appena ordinato sacerdote, racconta la storia della propria vocazione. Atletico, benestante, simpatico
e comunicativo, abile nella guida di auto
sportive… e nel rimorchiare belle ragazze,
all’ultimo anno di liceo progettava l’iscrizione al Politecnico, la laurea e il naturale
inserimento nell’azienda paterna. Durante la cena di classe, prima della maturità,
il professore di matematica lo apostrofò
bruscamente: «Tu ingegnere? No, io ti vedrei bene prete». I compagni risero e lo
canzonarono allegramente. Lui non rise.
Come aveva potuto il professore, anticlericale e ateo convinto, fargli uno scherzo
del genere? Cercò di non pensarci, preso
dalla preoccupazione per gli esami. Prima
delle vacanze andò a trovare il professore,
chiedendogli spiegazioni per quell’infelice
battuta. La risposta lo sconcertò. L’insegnante, ateo, si rammaricava di non avere
avuto il dono della fede; in Lorenzo intuiva doti di grande umanità, di spiritualità,
di capacità di comunicare con i giovani e
di trascinarli con l’esempio: doti che ne
avrebbero fatto un ottimo sacerdote. «La
fede dipende anche un po’ da chi sa presentare gli argomenti giusti». Turbato, tornando a casa, il ragazzo passò attraverso
il cortile dell’Oratorio. Da quanto tempo
non entrava più in Chiesa? Senza fargli
domande il parroco lo accolse amichevolmente e gli propose di aiutare per qualche
ora gli animatori di Estate ragazzi.
In quel cortile, Lorenzo si rese conto
di quanto fosse bello stare con i giovani, lavorare per uno scopo che non fosse
soltanto il guadagno materiale. Rinunciò
alle costose vacanze regalate dai genitori e si iscrisse ad un campo scuola della
Parrocchia. A settembre, anziché iniziare
il Politecnico, entrò in seminario.
CHIESA E DINTORNI
Le strane vie della chiamata di Dio
in abbonamento postale
galli ribadisce “l’originarietà” della
relazione tra uomo e donna, un’originarietà non arbitraria, ma oggettiva. Il rapporto sessuale tra uomo
e donna è alla base dell’esistenza di
ogni essere umano. Non si tratta di
un’opinione, ma di un fatto innegabile. Questo stesso fatto co–implica
la connaturalità, normalità e normatività della coppia uomo–donna. Il
bambino accede al mondo tramite la
differenza sessuale. Le leggi devono
tutelare questo humus originale della
formazione della vita: «Che i genitori
da cui nasce il figlio siano i medesimi
che lo cresceranno non è lo stesso
che se fossero altri». Ogni alterazione delle figure genitoriali non è senza trauma per la vita fragile che va
configurandosi nel mondo.
L’amore che deve vincere è quello verso chi è generato, l’anello più
debole del gioco sociale perché non
ha neppure il potere di pronunciare
una parola sulla scelta del proprio
humus di coltivazione. La sua fragilità deve risvegliare il nostro senso di
responsabilità di un amore che vince,
in primis le proprie brame illusorie
di avere diritti infiniti.
Poste Italiane S.p.A. – Spedizione
La questione gender. Una
sfida antropologica
Fumagalli Aristide
Prezzo Euro 9,00
Queriniana 2015,
pagine 112
tiva ed effettiva porta a un indifferentismo verso la dimensione umana
della genitorialità biologica. Questa
diventa semplicemente una causa
strumentale volta all’ottenimento di
un prodotto, il bambino. Del genitore
non importa più il patrimonio genetico e generativo, ma soltanto quello
affettivo ed educativo (tanto che possono essere “etichettati” indifferentemente come genitore 1 e 2).
Un tema che viene sistematicamente
trascurato nelle affermazioni ideologiche sulla matrice sociale (e non
“naturale”) dell’autocoscienza della
propria sessualità è il dato incontrovertibile: l’essere umano nasce con
un corpo sessuato. La sessualità non
è (solo) un fatto culturale, sociale e
inculcato, è un pre–dato genetico.
Sessuati si nasce ed è in relazione
al proprio corpo sessuato e al corpo sessuato dell’altro che l’essere
umano coglie, matura ed esercita la
propria sessualità. Per questo motivo Aristide Fumagalli conclude che
«l’ideologica riduzione dell’identità sessuale al sentimento psichico e
alla libertà individuale è una semplificazione indebita e contraddittoria
delle variabili che intervengono nel
processo di identificazione sessuale.
Sentimento psichico e libertà individuale sono variabili imprescindibili
ma non esclusive dell’identità sessuale, condizioni necessarie ma non
sufficienti». La considerazione della
complessità di fattori che incidono
e concorrono a decidere l’identità e
l’identificazione sessuale del soggetto obbligano necessariamente a una
più ampia considerazione antropologica che costituisce il vero e proprio
apporto riflessivo dell’autore. Di
questi aspetti vorrei mettere in luce
brevemente due dimensioni. Fuma-
se
A TUTTO CAMPO
Io ateo, tu prete
4 GENDER.
COSA SIGNIFICA REALMENTE ?
PERPLESSITÀ
E QUALI SONO LE
“USA” PERCHÉ È CASTO.
10 L’AMORE NON
ALTRI.
GLI
E SI SACRIFICA PER
AI GIOVANI A TORINO
PAPA FR ANCESCO
ISSN 2283–320X
36 A MATHI E A NOLE.
BOSCO.
LA CARTIER A DI DON
FEDERICO VALLE
SETTEMBRE-OTTOBRE
2015
A
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
7
Fatta la Riforma della Scuola, rimane il problema
di far studiare gli allievi, impresa molto più
complicata. Un aiuto può venire dal patrono degli
studenti: san Giuseppe da Copertino. Morto nel
1663, santo nel 1767. Non fu certo un intellettuale,
tutt’altro, ma un santo sì.
Giuseppe Maria Desa nacque
a Copertino (Lecce) il 17 luglio
1603 in una famiglia povera, rovinata economicamente. Da bambino
andò poco a scuola perché malatticcio; non solo, sembrava inadatto ad
ogni tipo di studio. Non era svoglia-
to, ma i libri furono sempre per lui
un ostacolo difficile. La volontà c’era
ma non aveva memoria, le nozioni
le leggeva ma poi esse scivolavano
via nell’oblio. E non ricordava niente. Quante volte gli insegnanti scuotevano il capo sentenziando: «Vada
a zappare». Aveva poca memoria,
poca salute, poche doti umane. Eppure coltivava un sogno: diventare
sacerdote, nonostante i tanti anni di
scuola, i libri, i professori, gli esami,
paure e… possibili fallimenti.
CUSTODE DI UN ASINO
Per coronare il sogno bussò ai
conventi, che inesorabilmente dopo
un po’ si chiudevano. Motivo? Manifesta incapacità. In tutto. Alla fine fu
accettato (grazie a uno zio!) tra i Frati Conventuali alla Grottella presso
Copertino.
In comunità non ci fu alcun discernimento sull’incarico da dargli: sapevano tutti che era un incapace, allora
vada a custodire l’asino. Giuseppe era
felice lo stesso, poteva finalmente realizzare il sogno. E i dannatissimi libri,
gli esami con tutta la coreografia di
professori, giudizi e paura? C’erano
sempre superati in maniera inspiegabile. Un esempio: all’esame del diaconato. Fra Giuseppe era riuscito a
imparare bene la spiegazione di un
solo brano del Vangelo. Si presentò e
gli fu chiesto proprio quel passo! Lui
sorrise e promosso.
8
MARIA AUSILIATRICE N. 5
ACCUSATO
DI “MILLANTATA SANTITÀ”
Padre Giuseppe ebbe da Dio
grandi carismi o doni straordinari
(dono dell’estasi, di grande discernimento delle coscienze, del buon
consiglio, anche doni profetici). È
santo non per questi doni (che sono
un regalo di Dio) ma per la sua risposta quotidiana, durante tutta la
vita, a vivere le virtù del discepolo di
Cristo. Egli visse di grande fede, di
totale abbandono nelle mani di Dio
(e della Madonna che considerava
la sua Mamma, visto che quella terrena sembra non lo amasse molto),
di pazienza e di preghiera. Tutto fu
vissuto in maniera eroica. Qui sta la
sua santità, non tanto la fama (e i
parecchi “fastidi”) che ebbe già in
vita. I guai e difficoltà furono tanti,
specialmente all’interno delle comunità religiose dove fu mandato. Non
tutti infatti credevano alla sua santità, anzi pensavano dove si nascondesse il trucco.
Nel 1630 ebbe anche il primo
volo (il termine tecnico è levitazione). Aveva vinto la legge di gravità,
era attirato con tutto il corpo verso il
cielo, e si sollevava da terra e volava.
Fenomeni visti, scrutati, discussi da
tanti testimoni. I suoi confratelli poi
che erano terra terra (non terra e cielo come lui) durante una di queste
levitazioni, gli misero una candela
accesa sotto i piedi per richiamarlo
al rispetto della fisica. Lui finita l’e-
SAN GIUSEPPE DA COPERTINO EBBE DURANTE TUTTA
LA SUA VITA UNA SPICCATA, PERSONALE E ORIGINALE
DEVOZIONE ALLA MADONNA. AI PELLEGRINI CHE
ANDAVANO A VENERARE LA MADONNA DELLA GROTTELLA
(NON LONTANO DA COPERTINO) SOLEVA DIRE, QUASI
AMMONENDOLI: «LA MADONNA NON VUOLE NÉ FIORI
NÉ FRUTTI, MA VUOLE I CUORI».
sperienza mistica sorrise esclamando: «Guardate che cosa mi fanno i
confratelli». Scherzi da frati.
Fu anche denunciato al Sant’Uffizio. Sentite l’accusa: «Millantata santità, cioè di operare per virtù
diabolica e non per santità di vita». I
monsignori arrivati per l’esame scoprirono che quel frate era limpido
come l’acqua di montagna. Altro che
collusione col diavolo.
AD ASSISI UN SANTO BASTA!
La gestione di un frate come padre
Giuseppe non era facile. Per qualche
superiore era solo «quello strano frate che mi procura un sacco di grattacapi». Quando veniva mandato in
un nuovo convento esclamava: «Se
lì c’è Dio, allora va bene!». Fu mandato anche ad Assisi. Anche qui lo
raggiungeva gente di ogni tipo contadini, nobildonne, soldati e principi, persino un duca tedesco luterano. Anche qualche cardinale andò a
chiedergli consiglio. Ma nel 1653 arrivò l’ordine: via da Assisi. La motivazione dello stesso Papa: «Ad Assisi
un santo basta già».
Finché nel 1656 fu mandato ad
Osimo. Anche qui nel nuovo convento segregazione, poco contatto con la
gente e molta diffidenza e sofferenza
dai confratelli.
Ma lui non perse mai né la fede
né la serenità. Fino alla morte, che
chiamava, l’ultimo “pellegrinaggio”
che fece santamente il 18 settembre
1663.
MARIO SCUDU
[email protected]
CHIESA E DINTORNI
CHIESA E DINTORNI
Se lì c’è Dio, va bene
All’esame del sacerdozio poi, Giuseppe era l’ultimo. L’esaminatore
esaminò i primi della fila e dopo
qualche tempo gli arrivò l’ordine
di sospendere. Ma, visti che fino ad
allora erano così preparati ammise
tutti, compreso lui, che sorrise felicemente. Sapeva bene che la Madonna, che pregava spesso, si era schierata dalla sua parte, quindi... E così,
nel 1628 diventò sacerdote.
Tratto in forma ridotta da:
Mario Scudu
Anche Dio ha i
suoi campioni
Elledici, 2011
pagine 936, euro 29,00
DI LUI SI TRAMANDA
ANCHE QUESTA
PREGHIERA DI
CONSACRAZIONE O
AFFIDAMENTO ALLA
MADONNA: «MARIA,
IO MI SONO DATO A
TE FIN DALLA NASCITA;
DURANTE TUTTI I
GIORNI DELLA MIA VITA
MI SONO FATTO TUO
SERVO E A TE SOLA
HO DATO LE CHIAVI
DELL’ANIMA MIA.
NELL’ORA DELLA MIA
MORTE, MOSTRATI VERA
MADRE. MONSTRA
TE ESSE MATREM...
NESSUNO DUBITI DI
ESSERE DA TE AMATO.
OGNUNO SI ACCOSTI
CON FIDUCIA AL TUO
TRONO DI MADRE
SICURO CHE IN TE
TROVERÀ SALVEZZA».
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
9
In che cosa consiste la grandezza
dell’amore di Gesù? Come possiamo sperimentare il suo amore?”».
L’AMORE NON “USA”
PERCHÉ È CASTO
Ecco una breve, chiara e semplice catechesi sull’amore. Papa
Francesco ne ha parlato rispondendo alle domande che gli hanno
rivolto i giovani a Torino, in piazza Vittorio, nel tardo pomeriggio
del 21 giugno.
«Parlare dell’amore è tanto bello
– ha detto il Papa ai giovani, rispondendo a Chiara – , si possono dire
cose belle, belle, belle. Ma l’amore
ha due assi su cui si muove, e se una
persona, un giovane non ha questi due assi, queste due dimensioni
dell’amore, non è amore».
L’AMORE “SI DÀ,
SEMPRE SI COMUNICA”
«Prima di tutto, l’amore è più nelle opere che nelle parole: l’amore è
concreto. (…) Non è amore soltanto
dire: “Io ti amo, io amo tutta la gente”. No. Cosa fai per amore? L’amore si dà. Pensate che Dio ha incominciato a parlare dell’amore quando si
è coinvolto con il suo popolo, quan10
MARIA AUSILIATRICE N. 5
do ha scelto il suo popolo, ha fatto
alleanza con il suo popolo, ha salvato il suo popolo, ha perdonato tante
volte – tanta pazienza ha Dio! –: ha
fatto gesti di amore, opere di amore.
E la seconda dimensione, il secondo
asse sul quale gira l’amore è che l’amore sempre si comunica, cioè l’amore ascolta e risponde, l’amore si
fa nel dialogo, nella comunione: si
comunica. L’amore non è né sordo
né muto, si comunica. Queste due
dimensioni sono molto utili per capire cosa è l’amore, che non è un
sentimento romantico del momento
o una storia, no, è concreto, è nelle
opere. E si comunica, cioè è nel dialogo, sempre. Così Chiara, risponderò a quella tua domanda: “Spesso ci
sentiamo delusi proprio nell’amore.
«So che voi siete buoni e mi permetterete di parlare con sincerità. Io
non vorrei fare il moralista ma vorrei
dire una parola che non piace, una
parola impopolare. Anche il Papa alcune volte deve rischiare sulle cose
per dire la verità. L’amore è nelle
opere, nel comunicare, ma l’amore
è molto rispettoso delle persone, non
usa le persone e cioè l’amore è casto. E a voi giovani in questo mondo,
in questo mondo edonista, in questo
mondo dove soltanto ha pubblicità il
piacere, passarsela bene, fare la bella
vita, io vi dico: siate casti, siate casti.
Tutti noi nella vita siamo passati per
momenti in cui questa virtù è molto difficile, ma è proprio la via di un
amore genuino, di un amore che sa
dare la vita, che non cerca di usare
l’altro per il proprio piacere. È un
amore che considera sacra la vita
dell’altra persona: io ti rispetto, io
non voglio usarti. Non è facile. Tutti sappiamo le difficoltà per superare questa concezione “facilista” ed
edonista dell’amore. Perdonatemi se
dico una cosa che voi non vi aspettavate, ma vi chiedo: fate lo sforzo di
vivere l’amore castamente.
E da questo ricaviamo una conseguenza: se l’amore è rispettoso, se
l’amore è nelle opere, se l’amore è
nel comunicare, l’amore si sacrifica
per gli altri».
chi perché non hanno dormito bene
per curare il proprio figlio ammalato,
questo è amore! Questo è rispetto.
Questo non è passarsela bene. Questo è – andiamo su un’altra parola
chiave – questo è “servizio”. L’amore
è servizio. È servire gli altri. Quando Gesù dopo la lavanda dei piedi
ha spiegato il gesto agli Apostoli, ha
insegnato che noi siamo fatti per servirci l’uno all’altro, e se io dico che
amo e non servo l’altro, non aiuto
l’altro, non lo faccio andare avanti,
non mi sacrifico per l’altro, questo
non è amore. Avete portato la Croce
[la Croce delle G.M.G.]: lì è il segno
dell’amore. Quella storia di amore
di Dio coinvolto con le opere e con
il dialogo, con il rispetto, col perdono, con la pazienza durante tanti secoli di storia col suo popolo, finisce
lì: suo Figlio sulla croce, il servizio
più grande, che è dare la vita, sacrificarsi, aiutare gli altri. Non è facile
parlare d’amore, non è facile vivere l’amore. Ma con queste cose che
ho risposto, Chiara, credo che ti ho
aiutato in qualcosa, nelle domande
che tu mi facevi. Spero che ti siano
di utilità».
CHIESA E DINTORNI
CHIESA E DINTORNI
L’amore è casto
«NON È AMORE
SOLTANTO DIRE: “IO
TI AMO, IO AMO
TUTTA LA GENTE”. NO.
COSA FAI PER AMORE?
L’AMORE SI DÀ. DICO
UNA COSA CHE VOI
NON VI ASPETTAVATE,
MA VI CHIEDO: FATE
LO SFORZO DI VIVERE
L’AMORE CASTAMENTE»
Tratto dal discorso di Papa Francesco ai ragazzi
e ai giovani, Torino, piazza Vittorio, 21/6/2015
L’AMORE È SERVIRE GLI ALTRI
Guardate l’amore dei genitori,
di tante mamme, di tanti papà che
al mattino arrivano al lavoro stanSETTEMBRE-OTTOBRE 2015
11
Imparare a non giudicare e a condividere le emozioni
per far sbocciare rapporti più autentici e profondi.
Quando – il sesto giorno – Dio
creò l’uomo e la donna, pensò di dotarli di due orecchie e di una sola
bocca. Un modo elegante – suggerisce qualche fine teologo – per far
comprendere all’umanità che nella
vita è più importante ascoltare che
parlare. Ascoltare, però, non significa
stare in silenzio pensando agli affari
propri e lasciare che gli altri parlino,
ma richiede impegno, allenamento
e dedizione.
ACCOGLIERE SENZA PREGIUDIZI
Tra le abilità che è chiamato a
sviluppare chi desidera imparare ad
ascoltare, una delle più importanti è
– senza dubbio – avvicinare le persone senza barriere e pregiudizi. Mettersi in relazione con gli altri, senza farsi influenzare da sentimenti di
simpatia o di antipatia e prestando
attenzione a quanto hanno da condividere, è preludio a un ascolto profondo.
Per sperimentare che si tratta di
un esercizio tutt’altro che semplice è
sufficiente sintonizzarsi su una delle
tante trasmissioni che ospitano dibattiti politici e prestare attenzione
alle proprie reazioni e ai propri stati
d’animo. Non sarà difficile, infatti,
sorprendersi ad abbracciare le tesi
– a volte addirittura prima che vengano espresse – dell’ospite per cui
si prova istintiva simpatia e a trovare irrilevanti o fuori luogo – talvolta
senza averli neppure sentiti fino in
fondo – i ragionamenti di chi ispira
sentimenti d’antipatia.
12
MARIA AUSILIATRICE N. 5
Non giudicare le persone non significa – naturalmente – non prendere posizione sulle loro scelte e sulle
loro azioni. Anche perché, nel caso
dei partiti politici, proprio dal condividere o dal rifiutare le proposte
di cui sono portatori dipende la decisione di votare uno schieramento
piuttosto che un altro.
Accostare gli altri senza pregiudizi
è un atteggiamento che Gesù pratica in ogni occasione, anche a costo
di suscitare scandalo o procurarsi
antipatie. Quando incontra l’adultera che sta per essere lapidata o va
a pranzo a casa di Zaccheo non si fa
condizionare o turbare dai pregiudi-
e l’assassino perché sa che il cuore
dell’uomo è un labirinto il cui mistero travalica le singole azioni e i
comportamenti. E proprio il suo accogliere tutti, senza barriere, la rende
autenticamente “cattolica”, ovvero
“universale”.
gra e rattristarsi con chi si rattrista».
Perché è scientificamente provato
che condividere le emozioni di gioia amplifica e raddoppia l’allegria e
condividere quelle dolorose lenisce
in parte la sofferenza e rappresenta
una valida medicina per alleggerire
il cuore.
Altri “ingredienti” che non possono mancare sono credere che – al di
là di tutto – l’uomo custodisce nel
proprio cuore semi di bontà che possono germogliare in ogni momento
e nutrire profondo rispetto per la libertà e la volontà altrui, nella consapevolezza che Dio chiede all’uomo di seminare ma è Lui a decidere
quando è il tempo di raccogliere.
Sono passi che aiutano chi li compie ad aprire il cuore, a essere sempre più capace di voler bene a chiunque incontri sul proprio cammino.
Perché, avanzando lungo il percorso della vita, è sempre più evidente che o s’impara ad amare tutti o
si rischia di non amare nessuno.
Non è possibile, infatti, imporsi delle categorie: decidere di
voler bene a chi ha i capelli
biondi e di detestare chi li ha
bruni o di spalancare le porte dell’accoglienza ai comunitari e di chiuderle in faccia agli extracomunitari. Un
cuore in ascolto non può non
essere aperto a tutti.
CHIESA E DINTORNI
CHIESA E DINTORNI
Ascoltare con mente libera
e cuore aperto
zi che li accompagnano e… cambia
loro la vita!
È un insegnamento adottato anche dalla Chiesa che, come sottolinea sant’Agostino, «condanna il
peccato ma non il peccatore». Essa
denuncia, cioè, che sia male rubare
e uccidere ma non giudica il ladro
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EZIO RISATTI
PRESIDE SSF REBAUDENGO
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UN AMORE RIVOLTO
VERSO TUTTI
Un’altra caratteristica fondamentale è l’empatia, la capacità di lasciar
risuonare dentro di sé le emozioni
che risuonano nell’altro. È un po’
quanto raccomanda san Paolo esortando i cristiani della comunità di
Corinto a «rallegrarsi con chi si ralleSETTEMBRE-OTTOBRE 2015
13
LUCIANO CARDINALI
[email protected]
Nobile, segretario di Legazione
ad Istanbul, muore nel 1914,
ad appena 29 anni. Scrive: «Gesù è così buono
che perdona fino all’ultimo, ma occorre
essergli fedeli anche nelle piccole cose».
CARLO DI
CAMERANA, UN VERO
ANTICONFORMISTA
PER LA SUA EPOCA,
COMPRESE CHE PER
L’UNICA NOBILTÀ È LA
SANTITÀ. IL VERO EROE
È COLUI CHE SI METTE
COSTANTEMENTE
A DISPOSIZIONE DI
DIO, SERVENDOLO
NEI SUOI PREDILETTI:
I POVERI E GLI ULTIMI.
DICEVA: «SONO NELLE
SUE MANI PER TUTTO
QUELLO CHE EGLI
VUOLE DA ME».
14
Era una calda giornata d’estate a Costigliole d’Asti, quel 27 luglio 1885. Il sole
incendiava le colline cariche di filari sulla
collina di San Michele. Ed in una di quelle case, la più nobile, con tanto di torre,
era nato Carlo. La dimora di quei signori
esiste ancora oggi, inglobata in un grande casolare.
Era intelligente e sveglio, Carlo Camerana. I genitori lo inviarono a Torino
presso gli Scolopi per gli studi. Aveva tuttavia una forza segreta, che fin da piccolo lo aveva reso diverso dagli altri: aveva
incontrato Gesù, l’amico per eccellenza.
L’incontro con il Cristo, conosciuto in
famiglia, lo segnò dentro e gli indicò la
direzione di marcia. Comprese come la
vera nobiltà non è quella del sangue, ma
quella della santità. I veri atti eroici, quelli
che cambiano la storia, non sono le gesta
narrate dai romanzi cavallereschi, ma consistono nel servizio ai fratelli, soprattutto ai piccoli, i prediletti del Signore. Così
Carlo, l’aristocratico conte di Camerana,
non si lascia sedurre dalle luci dei salotti
nobiliari.
Con queste convinzioni, si avviò alla
carriera militare. Si laureò in Legge e divenne segretario di Legazione ad Istanbul.
Gli ambienti frequentati, gli impegni crescenti non mutarono il suo stile: ascoltava
MARIA AUSILIATRICE N. 5
Vista panoramica della città di Instanbul
spesso la Messa, riceveva sovente Gesù
eucaristico, si dedicava quotidianamente
alla preghiera ed alla meditazione.
TUTTO PER TE, GESÙ
I suoi scritti vibrano di una profondità
notevole. In una pagina dei suoi appunti si legge: «Gesù, io ti voglio tanto bene.
Piuttosto morire che commettere un solo
peccato. Tutto per te, o Gesù, vivere per
Te, morire con Te, o Gesù». E ancora, in
una pagina del diario scrive: «Siano i miei
giorni vivificati dalla Grazia, nella pace e
serenità di spirito, nel supremo proposito
di purezza. Quando l’anima è in grazia di
Dio e si lavora nel suo intimo, si gusta in
anticipo le gioie del Paradiso». In una lettera, così si rivolge al suo destinatario: «A
Gesù per Maria, diretto e puro per sempre. Prega per noi, Vergine santa ed Im-
CHIESA E DINTORNI
CHIESA E DINTORNI
Carlo di Camerana:
un cavaliere
rapito da Cristo
macolata, difendici dal demonio, affinchè
superiori sempre nella battaglia, veniamo
in cielo a ricevere il premio». Lui, giovane, elegante, dal modo gentile, abbiente,
spigliato, rinunciava ai beni ed alla carriera per Cristo. Davvero un dono completo di sé!
Una nostalgia continua del cielo agitava
l’anima di Carlo, nostalgia che lo portava
a riflettere sul pensiero dell’ultima ora.
«Nella mia vita fin da fanciullo mi sono
preparato ogni anno a morire. Il Paradiso
è così bello per meritarcelo che, se non
fosse del distacco dei miei cari, io sono
così felice di andarvi. Questo pensiero
calma, consola… Gesù è così buono che
perdona fino all’ultimo, ma occorre essergli fedeli, fedeli anche nelle piccole cose».
SONO NELLE SUE MANI
Desidera soffrire per unirsi più perfettamente alla passione redentrice di Cristo. Scrive: «Siamo rassegnati a soffrire e
ringraziamo Dio di questa croce, perché
godremo di più lassù. Anch’io gli chiedo
di soffrire maggiormente: sono nelle sue
mani per tutto quello che Egli vuole da
me». Ed altrove: «Il Signore lascia spesso
soffrire delle anime per salvarne delle altre che lo offendono molto». Il 28 luglio
1914 scoppia la prima Guerra Mondiale.
Carlo si ammala incurabilmente ed il 6
ottobre dello stesso anno se ne va incontro a Gesù, amato come l’Unico: ha appena 29 anni.
A Costigliole ancora è viva la memoria di quel giovane in alta uniforme che,
come un bambino, si inginocchiava teneramente alla balaustra della parrocchiale
per ricevere la Comunione dal parroco,
don Pietro Cadario. Sul ricordino funebre
di questo “cavaliere di Cristo”, suo fedele
servitore ed amante, sta scritto: «Gesù ha
colto questo giglio nella sua freschezza per
ornare le dimore del Cielo».
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
15
LA PAROLA
LA PAROLA
L’“estremismo” di Gesù
GIOVANNI GLI DISSE: «MAESTRO, ABBIAMO VISTO UNO CHE SCACCIAVA DEMÒNI NEL TUO NOME E VOLEVAMO
IMPEDIRGLIELO, PERCHÉ NON CI SEGUIVA». MA GESÙ DISSE: «NON GLIELO IMPEDITE, PERCHÉ NON C'È NESSUNO
CHE FACCIA UN MIRACOLO NEL MIO NOME E SUBITO POSSA PARLARE MALE DI ME: CHI NON È CONTRO DI
NOI È PER NOI. CHIUNQUE INFATTI VI DARÀ DA BERE UN BICCHIERE D'ACQUA NEL MIO NOME PERCHÉ SIETE DI
CRISTO, IN VERITÀ IO VI DICO, NON PERDERÀ LA SUA RICOMPENSA. CHI SCANDALIZZERÀ UNO SOLO DI QUESTI
PICCOLI CHE CREDONO IN ME, È MOLTO MEGLIO PER LUI CHE GLI VENGA MESSA AL COLLO UNA MACINA DA
MULINO E SIA GETTATO NEL MARE. SE LA TUA MANO TI È MOTIVO DI SCANDALO, TAGLIALA: È MEGLIO PER TE
ENTRARE NELLA VITA CON UNA MANO SOLA, ANZICHÉ CON LE DUE MANI ANDARE NELLA GEÈNNA, NEL FUOCO
INESTINGUIBILE. E SE IL TUO PIEDE TI È MOTIVO DI SCANDALO, TAGLIALO: È MEGLIO PER TE ENTRARE NELLA VITA
CON UN PIEDE SOLO, ANZICHÉ CON I DUE PIEDI ESSERE GETTATO NELLA GEÈNNA. E SE IL TUO OCCHIO TI È
MOTIVO DI SCANDALO, GETTALO VIA: È MEGLIO PER TE ENTRARE NEL REGNO DI DIO CON UN OCCHIO SOLO,
ANZICHÉ CON DUE OCCHI ESSERE GETTATO NELLA GEÈNNA, DOVE IL LORO VERME NON MUORE E IL FUOCO
NON SI ESTINGUE. (MC 9, 38–48)
I primi a scandalizzarsi dalle sentenze di Gesù sono,
in genere, i cristiani. Invece, non c’è un unico modo
di incarnare nella storia, qui e ora, l’attuazione del
Regno.
«CHI NON È
CONTRO DI NOI
È CON NOI»,
ANCHE SE NON
“APPARTIENE”
ALLA NOSTRA
DISCIPLINA. NON
C’È ESCLUSIVA, SI
DIREBBE; NON C’È
UN UNICO MODO
DI INCARNARE
NELLA STORIA,
QUI E ORA, LA
LIBERAZIONE
DEL VANGELO,
L’ATTUAZIONE DEL
REGNO.
16
Una lunga serie di logia (sentenze)
costituisce il capitolo 9 del Vangelo
di Marco. Sono meno che parabole: piuttosto aforismi, slogan dietro
i quali per i discepoli (e dunque, per
i credenti dopo di loro) sta la dottrina intera del Signore. Appartengono
a una sapienza radicale, che non ha
bisogno di scendere a compromessi
con nessun’altra conoscenza mondana. Eppure sono piene di “buon
senso”, di astuzia e anche di umorismo («Chi parla nel mio nome…»:
come si potrebbe infatti, in assenza
di una precisa legislazione sul copyright, definire un’accusa di plagio?).
MARIA AUSILIATRICE N. 5
NON C’È ESCLUSIVA
I primi ad essere scandalizzati
dall’”estremismo” delle sentenze di
Gesù siamo, in genere, noi cristiani.
Noi, che facciamo dell’appartenenza alla Chiesa, della conoscenza della dottrina un punto forte della nostra identità; quasi una benemerenza. Bene, il Vangelo dice: «Chi non
è contro di noi è con noi», anche se
non “appartiene” alla nostra disciplina. Non c’è esclusiva, si direbbe; non
c’è un unico modo di incarnare nella storia, qui e ora, la liberazione del
Vangelo, l’attuazione del Regno. Ci
sono molte culture, tante esperienze
da conoscere e rispettare. C’è, inve-
ce, un solo Signore, e una sola legge dell’amore: quella che i cristiani
sono chiamati a conoscere, applicare
e promuovere più di chiunque altro,
perché più e meglio l’hanno ricevuta. Il pensiero del «chi non è contro
di noi» viene continuato ed esplicitato da Gesù nei passi successivi: «Se
qualcuno scandalizza (cioè, secondo
altre traduzioni: fa perdere) uno di
questi piccoli». L’agire in nome di
Gesù comporta necessariamente la
“testimonianza” della fede in Lui. E
quando i nostri comportamenti segnalano altro che non sia la fede nel
Signore e l’amore, come possiamo
dirci credenti? È questo il senso delle
durissime sfide dei versetti successivi: è meglio entrare nel Regno senza un occhio o senza una mano che
aver tradito la fede…
APPARTENENZA:
A CHI E PER QUANTO?
Il Vangelo invita – obbliga – ad
una appartenenza «forte», totale. E,
visto che viviamo nel tempo, anche
la nostra adesione ha da continuare,
per tutto il tempo di cui potremo disporre. Questo del tempo è, nell’epoca nostra, un altro scoglio non da
poco: perché siamo abituati a vivere
molte “appartenenze”, ma a curarci
poco di quanto e come durano nella
nostra vita. La politica e la televisione (che certi giorni in Italia sembrano essere la stessa cosa) ci invitano
continuamente ad “appartenere”, a
schierarci da una parte o dall’altra.
I sondaggi ci chiedono di indicare
una scelta: e vorrebbero farci credere che il nostro sì o il nostro no sono
l’espressione della nostra “libertà”.
Ma tutto questo non dura nel tempo:
così come durano poco le esperienze
spirituali fondate sulle emozioni, sulle sensazioni estetiche, se non arrivano poi alla “monotonia” della vita
quotidiana. Non basta partecipare ai
grandi raduni, compiere pellegrinaggi all’altro capo del pianeta, se
una volta che si rientra in se
stessi e nel proprio ambiente di vita queste esperienze
non hanno “lasciato il segno”, non hanno trasformato e arricchito la vita della fede. C’è un “turismo
dello spirito” molto simile al consumismo
delle esperienze. E
un turista, ammonisce Flaiano «è un
essere che non rimane ferito da ciò
che vede».
IL VANGELO INVITA –
OBBLIGA – AD UNA
APPARTENENZA “FORTE”,
TOTALE. E, VISTO CHE
VIVIAMO NEL TEMPO,
ANCHE LA NOSTRA
ADESIONE HA DA
CONTINUARE, PER TUTTO
IL TEMPO DI CUI POTREMO
DISPORRE.
MARCO BONATTI
RESPONSABILE DELLA
COMUNICAZIONE
COMMISIONE DIOCESANA
OSTENSIONE SINDONE
[email protected]
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
17
LA PAROLA
Annunciare
il Vangelo
a tutti
ba che è venuto il momento di
annunciare il Risorto ai pagani:
tutta l’opera successiva dell’Apostolo dipenderà in effetti da
questa decisione.
«LAPIDARONO PAOLO E
LO TRASCINARONO FUORI
DELLA CITTÀ»
Insieme a Barnaba,
Saulo compie il primo
viaggio missionario (At
13,1–14,28). Una storia
affascinante in cui si
impara il dovere di
annunciare e testimoniare
a tutti il Vangelo di Gesù.
I due compagni lasciano Antiochia di Pisidia. Da quel momento la predicazione sarà segnata da pericoli, difficoltà, rifiuti, così come fu per Gesù. Lo
provano i fatti di Iconio e di Listra. «Alzati, ritto in piedi!», dice
Paolo in quella città ad un paralitico. La folla rimane stupita
nel vederlo camminare: i due
missionari sono ritenuti divinità greche in apparenze umane,
c’è chi vorrebbe offrire loro un
sacrificio, ma essi «riuscirono a
fatica a far desistere la folla» da
quell’intento. Paolo farà tesoro
di quell’esperienza, imparando
MARCO ROSSETTI
[email protected]
«RISERVATE PER ME
BARNABA E SAULO PER
L’OPERA ALLA QUALE
LI HO DESTINATI»
Sono le parole che lo Spirito fa echeggiare nella chiesa di
Antiochia di Siria attestando
che l’opera dei due missionari dipende da Lui, non da progetti umani. Così confermati,
Barnaba e Saulo arrivano a Cipro, nella città di Pafo: li aveva
fatti chiamare là il procuratore
romano Sergio Paolo, desideroso di conoscere la Parola di
Dio. Un mago di quel luogo,
Bar Iesu, vuole però distogliere
il procuratore dal suo intento:
a nulla valgono i suoi tentativi
che anzi gli si ritorcono contro
quando l’Apostolo, riconoscendo in lui un «figlio del diavolo»,
lo riduce ad una temporanea
cecità. Fatto utile a mostrare
come Saulo sia pieno dello Spirito che lo aveva scelto, rendendolo capace di opporsi al Maligno, antagonista dei progetti di
18
MARIA AUSILIATRICE N. 5
Dio. La Parola ed il miracolo,
raggiungono il loro effetto: Sergio Paolo si converte. Un elemento curioso intanto si impone: per la prima volta Saulo viene chiamato Paolo (v. 9). Forse
è il suo secondo nome, ma la
scelta di introdurlo solo ora è
utile a porne in rilievo la figura
ed il compito.
«NOI CI RIVOLGIAMO
AI PAGANI»
Lasciata Cipro e compiuto
un viaggio per mare e per terra,
intorno al 47 d.C. Paolo giunge
ad Antiochia di Pisidia: vi è là
una comunità giudaica cui egli
intende rivolgersi. Nella sinagoga pronuncia parole che eccellono per bellezza, tanto da essere
ritenute un modello di catechesi
utile per porgere l’annuncio del
Risorto a quanti credevano nel
Dio di Israele. Nella scrittura di
Luca il discorso appare ben articolato. L’Apostolo radica Cristo nei fatti più importanti della
storia della salvezza, quindi arriva all’annuncio: quel Gesù discendente del re Davide, cui il
Battista aveva dato testimonianza e che sotto Pilato era stato
crocifisso, Dio lo ha risuscitato
dai morti! Grazie a lui i peccati sono perdonati. L’accoglienza
è buona, tanto che alcuni tra i
Giudei e i proseliti – pagani che
si erano avvicinati alla fede nel
Dio di Israele – invitano i due
missionari a riprendere la parola
il sabato successivo. Altri invece,
invidiosi, si oppongono. L’accaduto fa capire a Paolo e Barna-
che perfino l’annuncio del Vangelo ai pagani conosce resistenze. Anche la persecuzione non
tarda: alcuni venuti da Antiochia e da Iconio lapidano Paolo. Soccorso dai suoi discepoli,
egli è ben presto in grado di riprendere il viaggio e raggiunge
Derbe. «Dopo aver annunciato
il Vangelo a quella città e aver
fatto un numero considerevole
di discepoli», i due missionari
la lasciano; ritornando sui propri passi fanno visita alle chiese
appena fondate, le incoraggiano e stabiliscono in ciascuna di
esse dei responsabili. Giunti ad
Antiochia di Siria da cui erano
partiti, Paolo e Barnaba riferiscono la notizia più inattesa: la
grazia di Dio ha aperto i cuori
dei pagani all’accoglienza del
Vangelo. Il Risorto è Salvatore
di tutti, a tutti va testimoniato.
La chiesa è “in uscita” fin dalle
sue origini!
ANCHE PER
SAN PAOLO LA
PERSECUZIONE
NON TARDA:
ALCUNI VENUTI
DA ANTIOCHIA
E DA ICONIO
LAPIDANO PAOLO.
SOCCORSO DAI
SUOI DISCEPOLI,
EGLI È BEN PRESTO
IN GRADO DI
RIPRENDERE
IL VIAGGIO E
RAGGIUNGE DERBE.
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
19
MARIA
MARIA
Ostinatamente madre
FRANCESCA ZANETTI
[email protected]
ELISA ERA MOLTO
ORGOGLIOSA DI SUO
FIGLIO, MA FIN DAL
SUO INGRESSO ALLA
SCUOLA MATERNA
INIZIARONO LE
DIFFICOLTÀ: GIULIO
ERA EMARGINATO DAI
COMPAGNI, NON
SI ESPRIMEVA BENE,
STENTAVA A FARSI
CAPIRE.
20
Nella recente foto dell’anniversario di matrimonio Elisa appare sorridente e serena accanto a suo marito,
seduti su un battello, come se la vita
per lei fosse sempre stata facile e tranquilla, simile alle acque del lago che
stanno attraversando.
Invece non è stato così. Ha fatto
a braccio di ferro con la vita fin da
piccola quando ha avuti grossi problemi alla schiena, portato busti negli
anni dell’infanzia e dell’adolescenza e
subìto un’importante operazione alle
vertebre.
Tutto ciò l’ha fatta sentire “diversa”
rispetto ai suoi coetanei, le ha creato difficoltà nel partecipare ai divertimenti degli anni giovanili e ne ha
patito molto.
Crescendo e diventando donna, nonostante la forza dimostrata
nell’affrontare le avversità, ha mantenuto una certa fragilità di fondo, un
senso di inferiorità rispetto agli altri
e, pur essendone consapevole, non è
riuscita a superarli mai del tutto.
UN MARITO, UN FIGLIO…
NUOVI PROBLEMI
MARIA AUSILIATRICE N. 5
L’incontro con Pietro, uomo di
parecchi anni maggiore di lei, posato e maturo, ed il loro matrimonio,
l’hanno fatta sentire “normale”. La
nascita di Giulio l’ha, poi, anche rassicurata, cancellando i timori di non
poter diventare madre a causa dei
suoi problemi di salute.
Elisa era molto orgogliosa del suo
bambino, ma fin dal suo ingresso alla
scuola materna iniziarono le difficoltà: Giulio era emarginato dai compagni, non si esprimeva bene, stentava
a farsi capire, reagiva alle difficoltà, a
volte picchiando e a volte piangendo
disperatamente.
Come in un brutto sogno, ad Elisa
parve di essere ripiombata negli anni
della sua difficile e complessa infanzia, sotto l’etichetta della diversità!
Credeva di avere già pagato. Invece
si sentiva nuovamente sotto gli occhi e le critiche degli altri. Abitando in un paese, era tutto più difficile. Si tende infatti a vedere in modo
solamente positivo il clima di una
piccola comunità, fatto di amicizia
e aggregazione, ma in realtà, in un
paese, le dinamiche relazionali sono
ben più complesse di come si possa
credere e difficili da gestire, special-
mente quando si hanno problemi e
ancor di più se sono di tuo figlio!
ELISA, COME MARIA,
MAMMA DETERMINATA
Il passaggio alla scuola primaria fu
anche peggiore: fin dai primi mesi le
insegnanti espressero forti dubbi sulla “normalità” di Giulio, sottolinearono le sue difficoltà ed i suoi insuccessi, peccarono di insensibilità e di
mancanza di volontà di farsi carico
di un bambino più impegnativo degli
altri. Erano incapaci di stabilire un
dialogo costruttivo con Elisa.
Lei, che aveva già patito molto,
non avrebbe permesso in nessun
modo che suo figlio fosse etichettato
ed emarginato, avrebbe fatto ricorso a tutta la sua energia per aiutarlo, come aveva fatto Maria, la madre di Gesù, che nel corso della sua
vita aveva sempre ascoltato ed agito, seguendo il figlio in tutti i suoi
momenti, vigilando su di lui, condividendone la gioia ed il clima di
sospetto, le critiche, la condanna, la
morte.
Anche Elisa avrebbe ascoltato ed
agito, determinata e decisa come
Maria, un modello di madre a cui
lei guardava con fiducia e devozione.
Attuò l’ascolto attraverso la lettura
di testi sulle difficoltà di apprendimento, parlando con psicologi, logopedisti ed esperti vari. Iniziò ad
agire cambiando cercando per Giulio un’altra scuola, con un team di
insegnanti più attento e competente.
Non le importava di rinunciare alla
comoda scuola del paese a due passi
da casa: per il bene Giulio avrebbe
percorso anche molti chilometri al
giorno!
L’OSTINAZIONE DI ELISA
È STATA SICURAMENTE
PREMIATA: IL PROSSIMO
ANNO INIZIERÀ LE
SCUOLE MEDIE. È
ANCORA FRAGILE MA
MIGLIORERÀ POICHÉ
ACCANTO A LUI CI
SARÀ MAMMA ELISA
CON TUTTO IL SUO
AMORE.
GIULIO CRESCE
E MIGLIORA SEMPRE DI PIÙ
L’ostinazione di Elisa è stata sicuramente premiata: nel corso degli
anni, grazie al suo continuo interessamento, a Giulio è stata fatta una
diagnosi di dislessia ed è stato seguito da un insegnante di appoggio.
Il prossimo anno inizierà le scuole
medie, parecchi dei suoi problemi
sono rimasti, è ancora molto emotivo e fragile, ma migliorerà nel suo
percorso di crescita poiché accanto
a lui ci sarà mamma Elisa con il suo
amore ostinato.
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
21
Don Enzo Bianco,
anni 85 di età, 65 di
vita religiosa e 55 di
sacerdozio
* Montegrosso d’Asti
(AT) 19/04/1930
+ Torino Valdocco
14/07/2015
22
Non pochi lettori della Rivista si
saranno accorti che in questo numero non è presente il consueto articolo
di Enzo Bianco. Molto semplice: non
sta più scrivendo su Dio e sulle cose
di Dio (come ha fatto tutta la vita),
ma lo sta contemplando da vicino in
paradiso. Don Enzo è infatti tornato
alla casa del Padre il 14 luglio 2015
qui alla Casa Madre dei Salesiani.
Nato in provincia di Asti nel 1930, a
Valdocco ha cominciato a conoscere don Bosco ed ad amarlo fino a
seguirlo come salesiano, per ben 65
anni.
Don Enzo aveva grande capacità
comunicativa e doti espressive. Era
anche un fine umorista: sapeva vedere il lato positivo delle cose, e su
questo faceva riflettere magari con
citazioni dotte (ne ha scritto vari libri), sempre con un sorriso.
Ha compiuto gli studi di Teologia
presso la Università Pontificia Salesiana (UPS), e poi si è diplomato in
Lettere e Giornalismo presso la Università Cattolica di Milano. E così
Il suo destino era segnato: avrebbe
lavorato per Dio e per don Bosco
usando la penna (e poi… il computer). Ha diretto riviste (come Bollettino Salesiano e ANS), ha scritto numerosi libri, opuscoli, articoli,
commenti non solo su don Bosco
MARIA AUSILIATRICE N. 5
POSTER
SEMPRE CON NOI
Grazie don Enzo!
ma anche nel campo della liturgia,
pastorale giovanile ed ecclesiale. Per
molti anni ha lavorato alla Elledici
di Torino, nell’Ufficio Pubblicità e
Stampa, poi come bibliotecario ma
fu sempre attivo nella catechesi. Per
quasi quattro anni ha scritto per la
nostra Rivista. Gli ultimi libri furono
su Papa Francesco e sulla sua capacità comunicativa. Mi ha detto più
di una volta: «Dobbiamo imparare
da lui. È un maestro».
Un ricordo personale. Lo invitai,
nel novembre 2012, a collaborare
alla rubrica Liturgia della Domenica del sito della Casa Madre SDB
(www.donbosco-torino.it). Accettò
con entusiasmo il nuovo impegno
di evangelizzazione “on line” ripetendomi, sovente, che questa è una
forma importante di apostolato che
don Bosco avrebbe usato moltissimo.
Fu sempre puntuale nell’invio delle
omelie scritte con precisione e semplicità condite sempre con citazioni
di personaggi famosi: veri lampi che
illuminavano l’argomento. Devo anche aggiungere che erano tra le più
cliccate.
Don Enzo, a nome dei lettori della
Rivista e cyberlettori del sito, grazie
di tutto!
MARIO SCUDU
[email protected]
Il Rosario:
un aiuto
per la grande
impresa
MARIO SCUDU
[email protected]
Un pomeriggio del 1944, sulla riva del Djone, affluente
del fiume Congo, il generale P. Leclerc passeggiava, da solo
quando un uomo di colore gli si avvicinò: «Buon giorno,
generale» lo salutò. «Buon giorno, amico». L’uomo, vista la
sua cordialità, dopo un po’ di esitazione e con coraggio gli
chiese: «Generale, perché lei sta qui tutto solo a passeggiare, mentre i suoi ufficiali e camerati sono laggiù alla mensa
a bere acquavite?».
Il generale Leclerc, mettendo una mano sulla spalla
dell’uomo, gli rispose: «Vedi, io ho una grande impresa da
portare a termine, ed ho bisogno di un grande aiuto. Perciò
prego». E, così dicendo, gli mostrò la corona del Rosario che
teneva fra le dita.
La grande impresa. Ce n’è una più grande della riuscita
della propria vita? Se conquistiamo il mondo intero ma falliamo il suo obiettivo, abbiamo perso tutto e per sempre. Non
c’è dubbio: la vita di ciascuno di noi è una grande impresa,
da realizzare giorno dopo giorno, ricominciando ogni mattina. Non da soli, ma con l’assistenza di tante persone che
ci aiutano prima ancora di venire alla luce, ci consigliano, ci
sostengono, ci perdonano quando sbagliamo e ci rimettono
nella giusta via. Ma soprattutto ci amano, che è la cosa essenziale per vivere bene.
E questo lo diciamo anche sul versante spirituale. Uno dei
mezzi che la fede cristiana, nel solco di una lunga tradizione
collaudata e sperimentata da tanti santi, è quello della recita
del santo rosario. I papi l’hanno sostenuto, i santi lo hanno
recitato e fatto conoscere, milioni di credenti, di tutte le razze
e di tutti i gradi di cultura, lo recitano ogni giorno, traendone
coraggio, conforto e nuova fiducia per andare avanti. Consci tutti che questa recita è una richiesta di aiuto a Maria di
Nazaret, la Madre di Gesù, centro della nostra fede, la Via,
la Vita, la Verità. In altre parole Gesù rimane sempre la Meta
finale della grande impresa della nostra vita. Maria è vista nel
rosario come colei che ci aiuta a meditare sul mistero di suo
Figlio Gesù. Il centro del nostro pregare, e della sequenza di
quelle Ave Maria, è proprio e solo Lui. Come scrisse papa
Giovanni Paolo II (santo nel 2014): nel Rosario «con Lei e
attraverso di Lei è in definitiva a Gesù che va l’atto di amore»
(Rosarium Virginis Mariae, n. 26). È una bella definizione di
rosario: un atto di amore a Gesù Cristo, attraverso il ricordo
e il saluto “Ave Maria” a sua Madre. E di atti di amore, piccoli o grandi, visibili o nascosti, fatti dagli uni verso gli altri,
in tutte le professioni sociali, ma specialmente nelle famiglie
e comunità religiose, c’è assoluto bisogno. Il rosario recitato
è un aiuto a vivere così e costruire piano piano, con gli altri
e con Maria, la nostra grande impresa della vita.
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
I
II
MARIA AUSILIATRICE N. 5 SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
III
«Per comprendere
il Rosario, bisogna
entrare nella dinamica
psicologica che è
propria dell’amore.
Una cosa è chiara: se
la ripetizione dell’Ave
Maria si rivolge
direttamente a Maria,
con Lei e attraverso
di Lei è in definitiva a
Gesù che va l’atto di
amore» (RVM, n26).
POSTER
O Rosario benedetto di Maria,
Come può una religiosità ereditata
diventare una fede matura
che trasforma la vita personale?
catena dolce che ci riannodi a Dio
vincolo di amore che ci unisci agli angeli,
torre di salvezza negli assalti dell’inferno,
porto sicuro nel comune naufragio,
noi non ti lasceremo mai più.
Tu ci sarai conforto nell’ora dell’agonia.
A te l’ultimo bacio della vita che si spegne.
E l’ultimo accento delle nostre labbra
sarà il nome tuo soave,
o Regina del Rosario di Pompei,
o Madre nostra cara,
o Rifugio dei peccatori,
o Sovrana consolatrice dei mesti.
Sii ovunque benedetta
oggi e sempre,
in terra e in cielo
IL LIBRO RISPONDE A QUESTA DOMANDA.
Alla presenza di Dio. Per una spiritualità incarnata.
Robert Cheaib
Editrice: Il pozzo di Giacobbe
pag. 200 Euro 15,00
Beato Bartolo Longo (1841–1926), apostolo del Rosario e fondatore del Santuario
di Madonna di Pompei, Napoli.
allapresenzadiDio
IV
MARIA AUSILIATRICE N. 5
MARIA
MARIA
L’autentica
devozione
mariana
È bene soffermarsi brevemente sul senso della genuina devozione mariana lasciandoci guidare dai santi e dal concilio
Vaticano II. Oggi si ha l’impressione, infatti, che l’acritica adesione di tante anime belle ai messaggi di presunti veggenti
o alla predicazione di esaltati profeti, laici
e clericali, abbiano inquinato ed appesantito la semplice testimonianza evangelica
di Maria di Nazareth.
LA TESTIMONIANZA DEI SANTI
Tutti i santi sono degli innamorati della madre di Gesù. Mi limito a presentare
quanto scrive Teresa di Lisieux, dottore
della Chiesa ed appassionata devota della
Vergine. Sono parole che tutti dovremmo
sempre tenere ben presenti, soprattutto
coloro che hanno il compito di essere guida e pastori dei fedeli. Scrive Teresa: «Non
si dovrebbe consentire che in chiesa si raccontino cose inverosimili su Maria. Una
predica sulla Santa Vergine, per portare
frutti, dovrebbe mostrare la sua vera vita,
quella che ci lascia intravedere il Vangelo,
non una vita immaginata. Eppure si intuisce bene che questa sua vita, a Nazareth e
successivamente, deve essere stata del tutto comune». I miracoli di Grazia compiuti
da Jahweh nel cuore della donna ebrea
scelta per essere artefice dell’Incarnazione
divina, non l’hanno esentata dallo sperimentare sulla sua pelle tutte le emozioni,
le paure, le fatiche, la solitudine che ogni
madre prova e vive. Le grazie spirituali
24
MARIA AUSILIATRICE N. 5
elargite dal buon Dio non sono mai delle assicurazioni antisofferenza o elisir di
lunga ed allegra vita. Riconoscere Maria
come modello, significa essere disposti a
seguire i suoi esempi, sempre e dovunque,
nel silenzio, nella muta solidarietà, nella
discrezione della preghiera e nella docile
disponibilità. Maria è un capolavoro di
grazia, non “fenomeno da baraccone”.
L’INSEGNAMENTO DEL CONCILIO
A cinquanta anni dalla sua conclusione,
è bene andare a rileggere quanto dice la
Lumen Gentium al capitolo VIII. I padri
conciliari riconoscono nella Madonna «La
vera Madre di Dio e del Redentore». Per
essi «È la figlia prediletta del Padre e tempio dello Spirito santo». Per grazia di Dio
«precede di molto tutte le altre creature,
celesti e terrestri». «È unita, nella stirpe di
Adamo, con tutti gli uomini bisognosi di
salvezza», «è riconosciuta quale sovreminente e del tutto singolare membro della
Chiesa e sua immagine ed eccellentissimo modello nella fede e nella carità». La
testimonianza che la Vergine ci presenta
è ancorata al più radicale consenso esistenziale alla Parola; alla totale offerta di
sé, come serva, alla persona ed all’opera
del Figlio. La sua vita è come un fazzoletto nelle mani di Dio. La sua incredibile
docilità non è mai a scapito della sua intelligenza e della sua libertà. In Lei non
c’è nulla di fideistico, tutto profuma di
profonda spiritualità animata da una fede
trasparente e da una granitica obbedienza.
Non è una “piagnona”, ma donna forte.
Anche ai piedi della croce lo straziante
dolore non lascia spazio alla disperazione
o alle sceneggiate funebri allora tanto di
moda. Nel tentativo di contestualizzarne
la vita nella realtà del suo tempo è importante lasciarsi guidare dai numeri 56-5758-59. La sua ascensione non è frutto di
un trucco magico del destino, non è altro
che la testimonianza della sua piena confermazione al Figlio «vincitore del peccato e della morte». Il numero 61 sintetizza
in modo meraviglioso l’essenza della vita
ed il “core” della nostra devozione a Lei:
«Col concepire Cristo, generarlo, nutrirlo, presentarlo al padre nel tempio,soffrire
col Figlio suo morente sulla croce, ella ha
cooperato in modo tutto speciale all’opera
del Salvatore, con l’obbedienza, la fede, la
speranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per
questo è stata per noi la madre nell’ordine della grazia». Il compito di qualsiasi
corretta spiritualità mariana è quella di
insegnarci a riconoscerla come madre che
ci segue con la stessa dedizione, costanza,
riserbo, attenzione con cui ha vegliato su
Gesù. La Madonna non è una divinità, ma
un essere incarnato come ognuno di noi,
che ha saputo rispondere in pienezza alla
grazia divina. Quindi non c’è nulla di “demoniaco” se ci impegniamo a conoscerla
più profondamente, con tutto il rispetto
dovuto, nella sua realtà sociale, umana,
culturale che come tutte le persone del
suo tempo ha dovuto imparare a vivere,
affrontare e gestire nella continua certezza
di essere solo «l’umile ancella del Signore»
e nient’altro.
BERNARDINA DO NASCIMENTO
[email protected]
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
25
AVER FEDE È RISCHIARE
Seguaci di Cristo o soci di un club?
«SI AVVICINÒ A GESÙ
UNO DEGLI SCRIBI E GLI
DOMANDÒ: “QUAL È IL PRIMO
DI TUTTI I COMANDAMENTI?”.
GESÙ RISPOSE: «IL PRIMO
È: “ASCOLTA, ISRAELE! IL
SIGNORE NOSTRO DIO È
L’UNICO SIGNORE”». (MC
12,28–29)
26
NON AVETE ANCORA FEDE?
Se io ti chiedo: «Ma tu hai fede?»
mi risponderai facilmente: «Sì io credo in Dio, credo che un Dio esista».
Magari tu no ma tanta gente crede
di credere perché non riesce a negare l’esistenza di Dio. Però poi alla
prima occasione “difficile” con chi
se la piglia se non con quel Dio anonimo e senza volto che ovviamente
non risponde ai canoni che si pensa
dovrebbe rispettare? E allora si arriva dire: «Se fossi io Dio!!!» e quindi
a considerarsi migliore di Lui. Ho
letto che «un cristiano che si considera migliore del Dio in cui crede è
un perfetto ateo». E lo ritengo vero.
Perché se di questo Dio affermo solo
che esiste come posso riconoscerlo
quando non lo vedo efficiente secondo l’immagine indefinita che ho
di lui? Quando gli apostoli in piena
tempesta nel lago (Mc 4,35–41) si
MARIA AUSILIATRICE N. 5
rivolgono a Gesù che dorme «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» Gesù dice loro: «Perché avete
paura? Non avete ancora fede?».
CREDERE NON È AVERE FEDE?
Gli apostoli credevano in Gesù,
era lì con loro sulla barca, eppure…
non hanno ancora fede. Pietro crede in Gesù quando risponde alla domanda di Gesù «Tu sei il Cristo!» eppure subito dopo Gesù gli dice che
lui ragiona secondo gli uomini e non
secondo Dio. Avere fede è passare da
un credere astratto in qualche verità,
in qualche dogma o limitarsi a pensare che basta fare opere buone o
tanti fioretti in quaresima per poter
dire di avere fede. La fede è frutto
di un «incontro con un avvenimento,
con una Persona, che dà alla vita un
nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (Benedetto XVI in Deus
Avete mai preso parte allo spettacolo di un funambolo? Eccolo che
con una lunga asta si aiuta a tenere
l’equilibrio mentre cammina su una
corda senza rete. Ma arrivato al termine guarda il pubblico e fa capire
che rifarà il percorso trasportando
una carriola. Ai suoi piedi la folla incuriosita condivide l’esito dell’evento. Alcuni dicono di credere che ce
la farà, altri no. Uno di loro parte e
va al livello del funambolo e gli dice
che lui è sicuro che ce la farà. E il funambolo lo guarda negli occhi e gli
dice che, se è così sicuro, salti nella
carriola e faccia il percorso con lui.
Ecco la differenza: quelli che sono in
basso al sicuro e non rischiano nien-
te sono credenti o meno. Quello che
rischia e si fida di colui nel quale dice
di credere, quello ha fede. La fede
della Madonna è la fede di chi rischia e rimette in discussione tutta
la sua vita dietro una certezza che
nulla è impossibile a Dio. Perché «Se
Dio è per noi chi sarà contro di noi?
Chi ci separerà dall’amore di Cristo?
Sarà forse la tribolazione, l’angoscia,
la persecuzione, la fame, la nudità, il
pericolo, la spada? Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati»
(Rom 8,31.35.37).
AVER FEDE È PRENDERE TEMPO
«Maria, da parte sua, custodiva
tutte queste cose, meditandole nel
suo cuore». Perché siamo lontanissimi dal conoscere i pensieri di Dio.
«Perché i miei pensieri non sono i
vostri pensieri, le vostre vie non sono
le mie vie. Quanto il cielo sovrasta la
terra, tanto le mie vie sovrastano le
vostre vie, i miei pensieri sovrastano
i vostri pensieri» (Isaia 55,9). Però
avere fede è sapere che nulla avviene per caso e prima o poi tutto sarà
svelato.
GIULIANO PALIZZI
[email protected]
GIOVANI
GIOVANI
caritas est). Fede è andare dietro uno
che sa la strada non lasciandosi incantare da facili freccette colorate ai
bordi della vita. Fede è più che credere, è fidarsi, è affidarsi. Gesù dice
di diventare come i bambini perché i
bambini hanno fede e quando tra le
braccia del papà vengono lanciati in
aria ridono felici perché hanno fede
in quell’uomo che li educa a rischiare sulla fiducia e sanno che ricadranno tra le sue braccia.
«I PESCATORI DEL
LAGO, QUELLI
CHE GESÙ AVEVA
CHIAMATO AL
SUO SEGUITO, GLI
AVEVANO CREDUTO.
E ANCHE MOLTI
TRA I POVERI E TRA
GLI EMARGINATI,
GLI AVEVANO DATO
FIDUCIA. MA I SUOI
COMPAESANI, I SUOI
PARENTI, NO. PERCHÉ
LA FEDE È RISCHIO
PER DIO ANZITUTTO,
E CONSISTE NEL
PRESENTARSI, PARLARCI,
E NON ESSERE
CREDUTO. POI, SEMPRE
IN FATTO DI RISCHIO,
VENIAMO NOI, CHE
DOBBIAMO DECIDERE
SE CREDERGLI, SE
AFFIDARGLI DAVVERO
LA NOSTRA VITA
SENZA CONDIZIONI,
OPPURE NO».
(DON PIERO RATTIN,
“TRENTINO INBLU RADIO”,
5/7/2015)
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
27
GIOVANI
Tempo di vacanze
Durante l’ultima ora di scuola, prima dell’esame di maturità, ho voluto sondare le intenzioni degli allievi sul dove sarebbero andati a trascorrere le
loro agognate vacanze di neodiplomati. Le loro risposte mi
hanno fatto toccare con mano
che il loro concetto di riposo ha
nulla a che fare con il mio. Non
mi hanno sorpreso perché anche in questo ambito il conformismo giovanile è quanto mai
diffuso. Le auspicate mete sono
le stesse dei loro predecessori
degli ultimi anni. Voglio premettere che gli alunni sono in
prevalenza rampolli della media e alta borghesia della Torino sabauda. Da povero salesiano, ho sempre fatta mia la seria
preoccupazione di don Bosco,
in termini di formazione umana e cristiana, a riguardo delle
vacanze.
VACANZE MODERNE
Per loro il periodo estivo è
molto importante. Non vi giungono impreparati. Le ragazze
hanno sviluppato un fisico da
“pin-up” con diete severissime
ed un’abbronzatura da bedui28
MARIA AUSILIATRICE N. 5
ne del deserto. I ragazzi hanno
scolpito il fisico tramite palestre,
piscine, partite di calcio e fachireschi esercizi di bodybuilding.
Solo la cura del cervello e della responsabilità, secondo me,
lascia un pochino a desiderare.
Devo ammettere che una piccola parte continua a pensare le
vacanze come un momento di
svago, di relax, di contatto con
la natura, di cultura. La maggioranza, invece, condensa il proprio concetto di divertimento
in un unico termine: sballo. Ma
in che cosa consiste? Ha nulla a
che fare con le vacanze del mio
passato fatto di colonie, di visite
a città, di passeggiate, di tempi
privilegiati di lettura.... Quando
ho parlato loro del mio modo
di rilassarmi mi hanno sepolto di risa e di prese in giro. Da
alcuni anni, quanto mi raccontavano delle loro imprese estive mi pareva paradossale. Così,
nel tempo, ho voluto documentarmi di persona. Questa esperienza dovrebbe essere obbligatoria per tutti colori che hanno a
cuore la formazione dei giovani.
Umilmente ho iniziato un pellegrinaggio che non mi ha portato
a Lourdes, ma ad Ibiza, a Myko-
nos, a Magaluf.
I MODERNI SANTUARI DEL
DIVERTIMENTO GIOVANILE
Lo spettacolo che la realtà
ha squadernato davanti ai miei
occhi mi ha fatto toccare con
mano quanto i nostri ragazzi
siano diversi dai facili modelli
che applichiamo loro addosso.
Ragazzi “buoni”, studiosi, seri,
impegnati, diventati oggetti di
“orge” senza senso e senza limite. I loro comportamenti di
solito molto corretti, nei luoghi scelti per il divertimento, li
reinventano come vittime della
mentalità dello sballo che vince
ogni loro inibizione e li trasforma in passivi oggetti di divertimento a disposizione di tutti.
Sghignazzando praticano il balconing, che consiste nel saltare
da un balcone all’altro degli hotel o nel buttarsi dai piani alti
in piscina, col rischio di sfracellarsi. L’impotenza provata in
quei momenti è paralizzante. A
Magaluf, paesino dell’isola di
Maiorca, lo sport preferito da
leggiadre fanciulle è quello di
esibirsi nel mamading, ossia
squallido sesso orale circonda-
to da tifo e con tanto di premiazione finale che è meglio
non specificare. Eppure sono
le stesse ragazze che a scuola,
probabilmente, arrossiscono
facilmente e trasudano moralismo. Mykonos è la stella polare che brilla nel firmamento
dell’immaginario giovanile. In
questi anni la località greca si è
trasformata nel paradiso terrestre dove tutte le inibizioni vengono polverizzate, dove il buon
senso è severamente bandito,
dove ogni esperienza sessuale
è a portata di mano, in cui ogni
paura è spazzata via dai fumi
alcolici e le pulsioni hanno libero corso. Si va a dormire all’alba e ci si risveglia al tramonto. In questi divertimentifici la
separazione sociale è rigorosa.
I ricchi da una parte a divertirsi spendendo un patrimonio.
Gli “sfigati” delle periferie delle
megalopoli proletarie possono
anche loro provare l’ebbrezza
dello sballo a prezzi abbordabili. Con 400 euro alla settimana si può sballare senza limiti.
Anche ai discount dell’allegro
vivere la compulsione del non
pensare viene appagata in senso deteriore. Con quattro euro
lo spegnimento del cervello viene compensato dalla nevrotica
esaltazione delle gonadi. Nel
mucchio selvaggio l’identità
svanisce, ogni barlume di dignità è accantonato, l’intelligenza
è obnubilata. Passata la tempesta demenziale, tornano a casa
rivestendo i panni delle buone
persone. Non girano più nudi
per le strade, non orinano più
davanti a tutti, più niente risse
o schiamazzi, scomparse pure
le sbarellate dovute a eccesso di
alcool, mute le scurrilità carnascialesche. “Keep calm and see
a doctor” è scritto dappertutto
per rassicurare chi è al limite
del coma etilico. È un consi-
glio che vale anche per chi ha
fatto del sistema preventivo il
fulcro del proprio operare tra
i giovani d’oggi. Don Bosco
diceva che per educare i giovani bisogna conoscerli. I giovani d’oggi sono sfuggenti ed
abitano universi sconosciuti a
troppi genitori ed educatori. Il
seguirli con attenzione, senza
per questo sentirsi autorizzati
ad incasellarli in definizioni stereotipate ed inutili, penso che
sia la primaria urgenza educativa moderna. Forse il dottor Bosco Giovanni qualche dritta ce
la potrebbe dare ancora a tutti.
ERMETE TESSORE
[email protected]
La parola alla psicologa
Nel suo libro I nuovi adolescenti, Pietropolli Charmet
sostiene che, all’origine della propensione di adottare
condotte rischiose, vi sia la paura della morte. La scoperta della mortalità del nuovo corpo sessuato e generativo,
infatti, susciterebbe un profondo sentimento di paura,
che costringe l’adolescente ad escogitare dei sistemi per
dimostrare che, anche se la sua morte esiste, egli è capace di batterla.
Come possiamo aiutare gli adolescenti ad affrontare queste paure?
Nonostante le apparenze, gli adolescenti hanno fame di
relazioni verticali con adulti da cui ottenere risposte su
questioni essenziali, hanno il bisogno, spesso inconsapevole, di ammirazione da parte dell’adulto di riferimento. La funzione e l’effetto positivo che ciò può esercitare sull’adolescente spesso viene sottovalutata, poiché da
parte loro, viene esaltata la tendenza a sfidare e deludere
gli adulti, soprattutto quelli dotati di controllo istituzionale nei loro confronti. All’adulto, dunque, è richiesto
di donare uno sguardo che legittimi, dia senso, misuri e
limiti il comportamento del ragazzo. La sua competenza
servirà all’adolescente per valutare e riflettere sulla correttezza dell’impresa e sulla sua coerenza con l’obiettivo finale che è quello di crescere ed essere riconosciuti.
LUCIA CENSI
PSICOTERAPEUTA DELL’ETÀ EVOLUTIVA
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
29
DON BOSCO OGGI
DON BOSCO OGGI
Don Bosco, papa Francesco
e don Fernández Artime
Un recente volume esamina le radici salesiane del Papa, mentre
un altro libro–intervista al Rettor Maggiore ripercorre la vita del
nostro fondatore e l’opzione preferenziale per i giovani.
UNA CULTURA NON BIGOTTA
DON BOSCO, IL
SUO PENSIERO E GLI
ELEMENTI CHIAVE
DELLA SUA VITA E
DELLA SUA OPERA IN
SINTESI: L’ORATORIO
DI VALDOCCO, IL
SISTEMA PREVENTIVO,
MAMMA
MARGHERITA,
LA MISSIONE,
L’EMIGRAZIONE, IL
RUOLO DEI LAICI E
DELLA DONNA, LA
COMUNICAZIONE
E SOPRATTUTTO
L’OPZIONE
PREFERENZIALE PER I
GIOVANI.
Papa Francesco e don Bosco
Lèon Alejandro
Libreria Editrice Vaticana 2015,
pagine 160 Euro 14,00
30
Tra i libri editi per il Bicentenario
della nascita di don Bosco, due sono
da segnalare e non soltanto perché
arricchiti da fotografie e documenti
d’epoca. Il primo, infatti, esamina i
legami che uniscono papa Francesco
al fondatore della Famiglia Salesiana. Il secondo è una lunga intervista
a don Ángel Fernández Artime, dove
il decimo successore di don Bosco ripercorre la vita del santo e l’attualità
del suo carisma.
Il primo è intitolato, appunto, Papa
Francesco e don Bosco (Libreria Editrice Vaticana, pag. 160, € 14) e ripercorre le radici salesiane di Jorge
Mario Bergoglio, attraverso quattro
lettere che lui, già sacerdote gesuita, scrisse al salesiano don Cayetano Bruno e che don Alejandro
León, autore del volume, ha ritrovato nell’Archivio centrale salesiano
di Buenos Aires. Lettere dense di ricordi e riflessioni che spiegano tanti
odierni gesti del Papa.
MARIA AUSILIATRICE N. 5
Se è noto che Bergoglio è stato
battezzato nella basilica María Auxiliadora, a Buenos Aires, nel Natale del 1936, meno conosciuto è che
da piccolo partecipava alla processione dell’Ausiliatrice, frequentava
l’oratorio di San Francesco di Sales
e ne conosceva i sacerdoti. Già questo spiega l’influsso salesiano nell’educazione e nella vita della sua famiglia. Nel 1949 e soltanto per un
anno, lui è alunno del Collegio salesiano di Ramos Mejía, eppure oltre quattro decenni dopo ricorda
con gioia quel periodo: «Il Collegio
creava, attraverso il risvegliarsi della coscienza nella verità delle cose,
una cultura cattolica che non era per
nulla “bigotta” o “disorientata”». Nel
1990, nella seconda lettera, Bergoglio rivive il crescere della sua vocazione religiosa ricordando Enrique
Pozzoli, che lo aveva battezzato e
guidato spiritualmente: «Sono entrato nel Seminario nel 1956. Nell’agosto del 1957 mi viene la polmonite.
Sto per morire. Poi mi operano al
polmone. Padre Pozzoli mi visita durante la malattia. Durante il secondo
anno di Seminario avevo maturato la
vocazione religiosa. E così una volta guarito, in novembre, non torno
più in seminario e voglio entrare nella Compagnia. Ne parlo con padre
Pozzoli e dà il via libera».
La terza lettera, del 1986, riferisce
l’esperienza con il salesiano coadiutore Artemide Zatti, «del quale sono
divenuto molto amico» (Zatti è stato
beatificato nel 2002 da san Giovanni
Paolo II).
La quarta lettera riporta l’omelia
per i 500 anni della scoperta dell’America. Nel libro è pubblicata anche la conferenza del gesuita Bergoglio all’Universidad del Salvador, nel
1976, per il centenario dell’arrivo dei
salesiani in Argentina. Segue un capitolo con i ricordi di alcuni salesiani
che hanno conosciuto padre Bergoglio dal 1949 al 2013, anno della sua
elezione al pontificato.
IL FUTURO È NEI GIOVANI
Il secondo volume è Don Bosco
oggi, dall’esplicativo sottotitolo Intervista a don Ángel Fernández Artime, decimo successore di Don Bosco
(Libreria Editrice Vaticana, pag. 240,
€ 20). Grazie alle domande dell’autore Ángel Expósito, emergono un
ritratto di don Bosco, il suo pensiero
e gli elementi chiave della sua vita e
della sua opera: l’oratorio di Valdocco, il Sistema Preventivo, la figura
di Mamma Margherita, la missione, l’emigrazione, il ruolo dei laici
e della donna, la comunicazione e
soprattutto l’opzione preferenziale
per i giovani.
Non a caso, nella prefazione il cardinale Rodríguez Maradiaga osserva:
«La parola “giovani” è la più citata
in questo libro e il decimo successore di don Bosco ha per i giovani
lo stesso cuore di padre, maestro e
amico del Fondatore. Il libro è scritto con lo sguardo posto sui giovani.
E nei giovani c’è il futuro dell’Opera
di don Bosco». Da segnalare, inoltre,
alla fine di ogni capitolo, le schede di
approfondimento di esperti dei vari
settori, e le molte immagini d’epoca di don Bosco e della Torino del
suo tempo, e sulla presenza salesiana
oggi in Italia e nel mondo.
Don Bosco oggi. Intervista a don
Angel Fernández Artime, decimo
successore di don Bosco
Ángel Expósito
Libreria Editrice Vaticana 2015,
pagine 284 Euro 20,00
LORENZO BORTOLIN
[email protected]
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
31
CARLO TAGLIANI
[email protected]
UNA RETE PER OFFRIRE
NUOVE POSSIBILITÀ
A tu per tu con la giornalista Marina Lomunno, che ha raccolto
la testimonianza di don Domenico Ricca, da trentacinque anni
cappellano del Ferrante Aporti.
«In ciascun giovane, anche il più disgraziato, vi è un punto accessibile al bene e il primo
dovere dell’educatore è cercare questo punto,
questa corda sensibile del cuore, e trarne profitto». Ne era convinto, oltre un secolo fa, don
Bosco. E ne è convinto – oggi – don Domenico Ricca, da trentacinque anni cappellano del
carcere minorile di Torino. La giornalista Marina Lomunno, redattrice del settimanale diocesano La voce del popolo e collaboratrice del
quotidiano Avvenire, ne ha raccolto le memorie nel libro–intervista Il cortile dietro le sbarre:
il mio oratorio al Ferrante Aporti (editrice Elledici). L’abbiamo incontrata per saperne di più.
UOMO DI CHIESA E SERVITORE
DELLO STATO
Come si è fatta strada l’idea di scrivere
il libro?
«È una storia che nasce da lontano. Nella
primavera del 2001, in seguito ai tragici fatti di
32
MARIA AUSILIATRICE N. 5
Novi Ligure, il quotidiano Avvenire mi chiese
d’intervistare il cappellano del Ferrante Aporti,
dove Erika e Omar erano reclusi. Nonostante le
pressioni continue dei mass media, don Ricca
non parlò mai dei due ragazzi. Con me, però,
fece un’eccezione: andai da lui per esortarlo a
dire cosa ritenesse opportuno affinché i lettori
potessero comprendere, a partire dalle vicende
di Erika e Omar, chi fossero gli adolescenti. Da
allora è nata un’amicizia. In questi anni, osservando la sua opera, mi sono convinta che la sua
esperienza di cappellano nel carcere in cui don
Bosco ebbe l’intuizione del Sistema Preventivo
doveva essere raccontata».
Che cosa ti ha colpito di più della vita e
dell’opera educativa di don Ricca?
«Il grande rispetto per i ragazzi. Quando accenna alle loro storie non entra mai nei particolari: i volti, i segreti e le emozioni dei minori
di cui si prende cura non vengono ostentati.
Le loro vicende rappresentano un’occasione
Il volume contiene un gran numero di
aneddoti. Quali ti si sono impressi nel
cuore?
«In particolare alcune lettere. Quelle spedite
da Ottavio, giovane siciliano che in don Domenico ha trovato il padre che non ha mai avuto e
gli domanda consigli, e quella del papà di Emilia, una ragazza che don Ricca ha seguito nel
percorso di reinserimento dopo la detenzione
e che non ce l’ha fatta».
Il volume è anche un’occasione per ascoltare le voci delle tante persone che ruota-
no intorno al carcere minorile torinese…
«Don Domenico sostiene di essere cappellano non solo dei ragazzi ma di tutti coloro
che operano nel carcere. Per questo ho voluto
dar voce a chi, a diverso titolo, s’incontra al
Ferrante Aporti: dalla direttrice al procuratore
del Tribunale dei minori, dal comandante degli agenti penitenziari a don Mario Cattanea,
predecessore di don Ricca recentemente scomparso. L’atmosfera che si respira è quella di un
impegno congiunto affinché i giovani possano
colmare positivamente il vuoto d’affetti, relazioni ed educazione cui la vita li ha costretti e
reinserirsi nella società».
DON BOSCO OGGI
DON BOSCO OGGI
Anche il carcere può diventare
un oratorio
per aprire spiragli sul mondo degli adolescenti, entrare nel loro universo e comprendere che
i giovani “dietro le sbarre” non sono poi così
diversi da quelli che frequentano gli oratori.
Un altro aspetto che mi colpisce è la sua consapevolezza di essere, nel contempo, sacerdote e uomo delle istituzioni: come cappellano
fa parte dell’organico del carcere e, in quanto
tale, è al servizio dello Stato. L’uomo di Chiesa non scavalca mai l’uomo delle istituzioni e,
in qualche modo, i due ruoli si compensano e
si completano».
Hai deciso di devolvere i diritti d’autore
per finanziare borse di studio e di lavoro
per il reinserimento dei ragazzi che attraversano l’esperienza del Ferrante Aporti.
Una scelta decisamente controcorrente…
«Non è stato facile convincere don Domenico a parlare della sua vita e proporgli un’iniziativa che – attraverso il libro – potesse essere
utile anche ai suoi ragazzi ha rappresentato un
buon argomento. Ogni volta che ho varcato i
cancelli del carcere per documentare esperienze e raccogliere interviste, inoltre, è cresciuta in
me la convinzione che quei giovani potrebbero
essere anche figli miei».
Il cortile dietro le sbarre:
il mio oratorio al Ferrante Aporti
Lomunno Marina
Elledici 2015
pagine 340, Euro 14,90
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
33
DOPO QUINDICI ANNI A
“LA STAMPA” DI TORINO,
DAL 2003 È INVIATO
SPECIALE ED EDITORIALISTA
DEL “CORRIERE DELLA
SERA”. HA RACCONTATO
LE OLIMPIADI DI ATENE E DI
PECHINO, GLI ATTENTATI
DELL’11 SETTEMBRE, IL G8
DI GENOVA, GLI OMICIDI
DI MASSIMO D’ANTONA
E MARCO BIAGI AD
OPERA DELLE BRIGATE
ROSSE. RECENTEMENTE,
CON IL SUO ULTIMO
LIBRO DIMOSTRA CHE
LA RESISTENZA NON
È IL PATRIMONIO DI
UNA FAZIONE; È UN
PATRIMONIO DELLA
NAZIONE.
Possa il mio sangue servire.
Uomini e donne della Resistenza
Cazzullo Aldo
Rizzoli 2015
pagine 403, Euro 19,00
34
«Don Bosco è un pezzo importante della nostra identità sociale, la sua
impronta indelebile è patrimonio di
tutti». Parola di Aldo Cazzullo, editorialista de Il Corriere della Sera, abituato ogni giorno a raccontare sul
quotidiano più letto l’Italia agli italiani. Lo ha fatto anche nei suoi libri.
E proprio in uno di questi, Il mistero di Torino, scritto a quattro mani
con Vittorio Messori, scopriamo un
episodio inedito della vita del santo:
mentre è in corso l’Expo milanese,
ecco venire fuori un fatto storico che
ne esalta ancora una volta il carisma
e l’operosità.
nazionale della Scienza e della Tecnica, la prima e la più grande dopo
l’Unità e che, naturalmente, vuole
magnificare il progresso. Ottiene di
parteciparvi anche don Bosco che,
accanto alla Galleria ufficiale dell’Esposizione, ne costruisce una, tutta e
solo sua, lunga quasi 60 metri: decine di suoi giovani, addestrati a usare
macchine modernissime, mai viste in
Italia, fabbricano la carta, stampano,
rilegano, mettono in vendita edizioni
illustrate con fregi e incisioni. Stando a tutte le testimonianze, la Galleria di don Bosco diventa subito la
principale attrazione di quell’evento.
L’EXPO DI DON BOSCO
SANTIFICARE LE FESTE
1884. Al Parco del Valentino di
Torino si tiene la grande Esposizione
«Dobbiamo rimettere al centro
quella sfida donboschiana di fare dei
MARIA AUSILIATRICE N. 5
DON BOSCO OGGI
DON BOSCO OGGI
La Galleria di don Bosco,
principale attrazione
dell’“Expo” di Torino 1884
giovani i veri protagonisti – spiega
Cazzullo –. Una comunità che non
punta su di loro non vive: sopravvive,
senza la sensazione d’essere dentro
una storia che va avanti». Non mancò del malumore tra gli organizzatori
e il santo: il tutto perché don Bosco
faceva fermare e chiudere la Galleria alla domenica, quando i visitatori
erano più numerosi, volendo riaffermare l’importanza del riposo festivo.
Un’inquietudine che sfociò in una
ripicca inaccettabile. Conclusa l’Esposizione, infatti, erano previsti premi per i più meritevoli. Ai salesiani e
ai loro impianti, che avevano attirato la maggiore attenzione e il maggiore compiacimento del pubblico,
fu negata una delle medaglie d’oro
distribuite generosamente e non fu
attribuito che un diploma d’onore.
Davanti a una così palese ingiustizia
don Bosco protestò pubblicamente,
e visto che le sue rivendicazioni erano ignorate, diede ordine di non ritirare neanche il diploma.
mo da dare a quanti oggi come ieri
girano per le città senz’arte né futuro? Dobbiamo tornare ad aprire le
scuole professionali, a costruire laboratori, a realizzare officine, insomma,
a offrire un’alterativa a chi ha smesso
anche di sognare». Genialità, capacità di inventare risposte sempre nuove
ai problemi sociali ed educativi incessantemente emergenti. Tra troppi
maestri di sventura e pochi profeti di
speranza don Bosco è ancora e sempre punto di riferimento.
ANDREA CAGLIERIS
GIORNALISTA RAI E SEGRETARIO
DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI DEL PIEMONTE
[email protected]
Il mistero di Torino. Due ipotesi
su una capitale incompresa
Messori Vittorio; Cazzullo Aldo
Mondadori 2005,
pagine 496, Euro 10,50
IL FUTURO È NELLA GIOVENTÙ
Ma la meschineria dispettosa del
premio negato non fece altro che
sottolineare il messaggio che il santo
aveva voluto lanciare: non c’è nessuna incompatibilità tra la nuova società scientifica e tecnica e una formazione a un cattolicesimo pienamente
vissuto. «Lui che capì i problemi degli adolescenti nel passaggio dalla società agricola a quella preindustriale,
saprebbe ancora interpretare i nuovi
orizzonti della gioventù – conclude
Cazzullo –. Quali prospettive abbia-
Manifesto
dell’Esposizione
Generale Italiana
avvenuta del 1884
a Torino.
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
35
“In treno con don Bosco”,
Viaggio del rettor
maggiore da Stazione
Dora a Mathi.
DON BOSCO OGGI
DON BOSCO OGGI
cando nuovi clienti addirittura oltre oceano:
«Mi sono messo a fare il negoziante e ho comprato una cartiera ad unico fine poter giovare
alla buona stampa - scrive al missionario don
Lasagna - se pertanto tipografi di Montevideo
(che non stampino cose irreligiose) vogliono
della nostra carta, io penso di poter offrire il
venti per cento di riduzione». Fedeli alle parole del fondatore, «Quando si tratta di qualcosa che riguarda la gran causa del bene voglio
essere sempre all’avanguardia del progresso»,
i Salesiani gestirono in primis la cartiera oltre
quarant’anni, fino al 1919, prima di cederla
alla famiglia Bosso.
I dirigenti della cartiera con il Rettor Maggiore posano la
targa commemorativa della storica visita.
BENTORNATO DON BOSCO
A MATHI E NOLE
Quando don Bosco acquistò
la cartiera
UN PROGETTO PASTORALE-GESTIONALE
INNOVATIVO
Alcune pagine della storia salesiana sono rimaste nascoste per tanto tempo e quando si
ha la fortuna di riscoprirle senti il desiderio
di raccontarle a tutti. Così è nata l’idea di una
pubblicazione di taglio divulgativo sui legami
di don Bosco con due piccoli paesi alle porte
di Torino, sul crocevia tra il Canavese e le Valli
di Lanzo: Mathi e Nole. Il ritrovamento quasi
casuale negli archivi storici di questi paesi di
alcuni documenti, sconosciuti anche alle fonti
salesiane, mi hanno convinto a proseguire la
ricerca. Si è ben presto delineata la figura di
un don Bosco pioniere della carità, uomo capace di scorgere la meta della salvezza ma al
tempo stesso di saper porre le basi perché tanti,
specialmente giovani, potessero raggiungerla:
«Per guadagnare anime a Dio io corro avanti
fino alla temerità». Qui don Bosco pose le basi
di un progetto pastorale-gestionale fortemente innovativo dove lavoro e carità, tornaconto
materiale e profitto spirituale, impresa e persona, illuminate dal Vangelo trovano il giusto
equilibrio tra loro.
36
MARIA AUSILIATRICE N. 5
“SANTA IMPRESA”
Intorno al 1870 don Bosco era ormai diventato un editore a tutto tondo gestendo in
proprio l’intero ciclo produttivo. L’intento era
anzitutto catechetico ed educativo: «In ogni pagina ebbi sempre fisso quel principio - scrive il
Santo nella prefazione della Storia Sacra - illuminare la mente per rendere buono il cuore».
Infatti il contesto storico era completamente
mutato: fino al Settecento le guerre si combattevano sui campi di battaglia, armi alla mano,
dalla metà dell’Ottocento iniziò invece la battaglia della carta stampata. E don Bosco non si
tirò indietro, tanto che alcuni dei suoi nemici
fecero di tutto per togliergli l’arma principale e
indispensabile: la carta. Ecco la vera necessità
che spinse don Bosco nel 1877 ad acquistare
una cartiera in Mathi: così il prete di Valdocco
divenne imprenditore e chiese ad alcuni suoi
salesiani, in particolare ad un gruppo di coadiutori, di fare lo stesso e buttarsi a capofitto
nella gestione di un’impresa che contava all’epoca più di cinquanta dipendenti. Fu don Bosco stesso il primo “commerciale” della cartiera, intitolata a san Francesco di Sales, ricer-
Il 30 maggio scorso, tra le celebrazioni per
l’anno Bicentenario, don Àngel Fernàndez Artime ha ripercorso i passi di don Bosco toccando
i luoghi più significativi per la storia salesiana.
Il viaggio del convoglio storico in treno con don
Bosco, in collaborazione con l’azienda pubblica di trasporto GTT, ha permesso al Rettor
Maggiore di ripetere i tanti viaggi che il Santo
fece sulla linea ferroviaria. A Mathi la consegna
della cittadinanza onoraria ha voluto celebrare
il profondo segno lasciato dal santo nel tessuto sociale del paese: ancora oggi la ex cartiera
salesiana è un sito produttivo di primo livello
che offre lavoro a quasi 600 dipendenti; gli attuali proprietari, le multinazionali finlandesi
Ahlstrom e Munskjo, continuano ad onorare il
ricordo di don Bosco conservando
con cura le stanze storiche dove
il santo soggiornava e dove vissero le comunità dei Salesiani e
delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Infine la tappa a Nole per ricordare l’amicizia di don Bosco con
il medico condotto del paese, dott.
Alessandro Chiappè, presso la cui
casa era solito fermarsi nei suoi
viaggi in zona.
L’ing. Mirone (direttore di produzione della cartiera)
consegna al Rettor Maggiore in omaggio un quaderno
stampato ai tempi di don Bosco a Mathi.
FEDERICO VALLE
[email protected]
A Mathi e Nole sui passi di don Bosco
Federico Valle
Elledici - Velar 2015
pagine 48, Euro 5,00
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
37
Dire don Bosco oggi,
con la musica
Intervista a don Maurizio Palazzo, autore del
Musical su don Bosco: Giovan(N)i d’oggi.
DON MAURIZIO PALAZZO,
SPIEGA CHE L’IDEA È DI
CREARE UN COLLEGAMENTO
TRA LA DIMENSIONE ATTUALE
E IL TEMPO DI DON BOSCO.
«UNO DEI RAGAZZI, CARLO,
NON RIESCE A TORNARE,
I COMPAGNI TORNANO
INDIETRO A CERCARLO E LO
TROVANO NELL’OTTOCENTO,
COMPLETAMENTE
AFFASCINATO DA DON
BOSCO E HA CAPITO
CHE NON È IMPORTANTE
VIAGGIARE NEL FUTURO MA
COSTRUIRE IL PRESENTE IN
MODO INTELLIGENTE».
38
L’anno del Bicentenario si è aperto con una manifestazione musicale
di una certa particolarità: il musical
Giovan(N)i d’oggi, composto e realizzato dal salesiano don Maurizio
Palazzo. In questo angolo della nostra Rivista, dedicato alla musica e ai
musicisti più vicini a noi, non potevamo rinunciare a interpellare don
Maurizio, continuatore ideale di una
linea di salesiani compositori e maestri, che ci auguriamo di riscoprire
ed esplorare.
Don Maurizio, in una parola, che
cosa è stato Giovan(N)i d’oggi?
Questo musical è stato organizzato per aprire le celebrazioni del Bicentenario della nascita di san Giovanni Bosco, avvenute a Valdocco
il 23 e 24 gennaio 2015. Alla prima esecuzione, avvenuta la sera del
23 gennaio era presente il Rettor
Maggiore dei Salesiani e la Madre
Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, con una buona parte dei
MARIA AUSILIATRICE N. 5
rispettivi Consigli Generali. «Tutti,
e siamo qui in tanti, diciamo grazie
per l’arte, per la bellezza e per tutto
il tempo che avete messo per realizzare questo spettacolo». Con queste
parole il Rettor Maggiore dei Salesiani, ha chiuso la prima assoluta di
Giovan(N)i d’oggi al Teatro Grande
Valdocco di Torino.
Qual è per così dire il “taglio” di
questa tua opera?
Invece che elencare una serie di
dati biografici, come in molti musical precedenti, qui si è voluto rovesciare il punto di vista, partendo
dalla scoperta di don Bosco fatta
da ragazzi moderni, che tornano indietro nel tempo. Scopriranno che
don Bosco è “la chiave del tempo”,
perché attraverso il suo messaggio
ha saputo dare un significato vero
al tempo presente, che deve essere
utilizzato per costruire il Regno di
Dio. Il presente va custodito, mentre
il futuro è solo un sogno ingannevo-
Entriamo nel “vivo musicale”,
che è il nostro interesse. Puoi
spiegarci l’idea generativa di un
musical come il tuo?
Tutti i brani si avvalgono di un
tema comune, che è quello dell’inno
conclusivo (Un sogno che vola). Questa cellula, che ritroviamo al suo stato naturale nell’incipit del ritornello
(re-mi sol; mi-sol-la) ricompare trasformata e variata in tutti i 22 brani
del musical, che però si differenziano nelle atmosfere e stili. Andiamo
dall’ouverture sinfonica iniziale, che
contiene tutti i tempi principali, ai
brani più semplici, stile canzone, alle
marce, ai brani lenti e strumentali,
alle grandi arie stile finale d’atto, ai
brani rock, agli ariosi con i dialoghi, in stile drammatico, ai raccordi
strumentali; una diversità che rende
più evidente la differenza temporale
imposta dalla storia: quattro ragazzi moderni (musica più moderna,
rock) che fanno un viaggio a ritroso nell’ottocento (musica in stile più
classico/sinfonico).
Si allega un prospetto di alcuni dei
temi più importanti dove tale parentela appare evidente. L’esistenza di
un nucleo melodico originario, da
cui dipendono tutti gli altri temi,
bilancia la diversità stilistica dei vari
brani presenti in questo musical, ed
evita la semplice giustapposizione di
interventi musicali. Potremmo considerarlo un leit-motiv come spesso
accade nella musica classica, e questo assicura una buona coesione formale. Tra i brani migliori ricordiamo:
l’Ave Maria, per l’ampiezza dell’arco melodico; il finale del primo atto,
pieno di imitazioni, e con una fluenza melodica interessante, i brani popolari Basta che siate giovani e Don
Bosco è qua.
Che bello, aggiungiamo noi, constatare per una volta che la musica
salesiana non è soltanto storia passata, ma evento presente. È come aver
ricevuto un segno, anzi, diremmo
noi del mestiere un gesto di attacco
di un nuovo concerto, in cui molti
possiamo donare la nostra presenza
e sensibilità.
Siamo alla ricerca di un pubblico
che ascolti, ma noi, intanto, la nostra
parte la faremo proprio bene.
CLAUDIO GHIONE
[email protected]
DON BOSCO OGGI
DON BOSCO OGGI
le quando non è nutrito di una vera
ricerca del bene.
IL MUSICAL È UNA
PRODUZIONE D’ALTO
LIVELLO: SCENE MOBILI
CHE AVVOLGONO
IL PUBBLICO FINO A
PORTARLO IN UN CIELO
STELLATO, COREOGRAFIE,
COSTUMI, SPETTACOLI
DI LUCE A SORPRESA. CI
SONO LA PASSIONE,
LA MAGIA E IL GIOCO
DI PRESTIGIO. COLPISCE
PARTICOLARMENTE
LA MUSICA DI DON
MAURIZIO PALAZZO (CHE
NELLO SPETTACOLO
SUONA IL PIANOFORTE),
ESEGUITA DA UNA
ORCHESTRA DAL VIVO
IMPONENTE ED UN
CORO CHE POTREBBE
COMPETERE CON
LE PRODUZIONI PIÙ
IMPORTANTI DEL MUSICAL
TRA BROADWAY E
TOTTENHAM COURT A
LONDRA.
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
39
DON BOSCO OGGI
DON BOSCO OGGI
Famiglie in cammino
con Maria
ADMA FAMIGLIE
[email protected]
Continuiamo a condividere le esperienze di vita di
famiglie che fanno parte dell’Associazione di Maria
Ausiliatrice (ADMA) o ne sono simpatizzanti.
QUANDO LA MADONNA
CHIAMA, NON ESITIAMO
A DIRE DI SÌ!
CONDIVIDERE
QUESTA ESPERIENZA
DELL’ADMA CON
ALTRE FAMIGLIE
CONSACRATE NEL
MATRIMONIO CI
RENDE DAVVERO
UNITI CON UN
FILO COMUNE IN
UMILTÀ E CARITÀ IN
GESÙ! (GIUSEPPINA E
GIORGIO)
40
Per noi l’impegno all’ADMA è
stato un vero e proprio consolidamento nella fede, un traguardo che
si taglia scoprendone l’esistenza solo
dopo averlo superato e si esulta di
gioia in comunione con Gesù, Maria
e i Santi. Un consolidamento perché ci si sente in comunione completa con la Chiesa e si può iniziare
a sbocciare e a portare tanti frutti,
tutti e soltanto con gioia per Dio. è
veramente un grande dono e a volte
ci chiediamo se ne siamo all’altezza
e perché ha scelto noi!
Un altro grande dono è la concretezza della presenza di Maria, di
don Bosco e di tanti altri Santi, in
particolare quelli legati alla Famiglia
Salesiana, perché quando si invoca-
MARIA AUSILIATRICE N. 5
no con fede nella preghiera, davvero si sentono vivi, a fianco a noi e
veramente tutto si può chiedere per
la nostra anima e per la nostra vita
terrena! A volte ci chiediamo quando
saremo con loro dopo questo grande
passaggio di umiltà che è la morte,
in che gioia immensa danzeremo con
loro sotto il mantello di Dio. La nostra immaginazione si ferma quando
il nostro cuore è colmo di allegria e
felicità nel pensarlo.
Infine, il condividere questa esperienza dell’ADMA con altre famiglie
consacrate nel matrimonio ci rende
davvero uniti con un filo comune in
Umiltà e Carità in Gesù! Quando
la Madonna ci chiama, non esitiamo neanche un po’ a dirle di Sì! I
doni sono davvero tanti e impagabili!
Grazie Dio!
IO E CLAUDIO APPARTENIAMO
A MARIA!
Una sera di un 24 del mese ero
stanca e ho detto a mio marito e ai
miei bambini: «Andiamo a pregare la Madonnina» e siamo andati a
Valdocco nella cappella di San Francesco di Sales. Ero stanca, confusa
e mi sono dimenticata che lì c’era
l’Adorazione. Quando siamo arrivati ho trovato Gesù. Mi sono seduta
come sempre sotto il quadro di Maria e ho pensato: «Ecco, è proprio
così: quando siamo stanchi, quando
siamo confusi, basta dare la mano
a Maria ed Ella ci porta da Gesù». Io e Claudio apparteniamo a Maria
da sempre. Dicevamo il rosario già
prima di incontrarci e ci siamo sposati nel mese di Maggio perché è il
mese della Madonna. Poi a Maggio
dell’anno scorso Maria ci ha fatto
un grande regalo: ci ha fatto conoscere l’ADMA e tutti e due pensia-
mo di aver trovato un grande tesoro.
Abbiamo trovato famiglie ricche di
grandi esperienze di vita reale insieme a Gesù e che come noi pensano
che la strada giusta per essere felici è
stare con Gesù. Ho partecipato alle
più belle condivisioni della mia vita
e mi porto in tasca delle frasi che
sono dei gioielli, delle pietre preziose. Abbiamo trovato don Roberto e
don Pierluigi e per loro non bastano le parole, bisogna incontrarli. È
aumentata in modo esponenziale la
nostra preghiera personale e famigliare, e poi la partecipazione all’Eucaristia. Insieme a Maria preghiamo
Dio perché sciolga i nostri nodi e dal
dialogo continuo con Dio sono arrivati un sacco di miracoli. Bastava
chiederli! Ma la gioia più grande è
stare più tempo possibile con Dio e
ci fa piacere che anche i nostri figli
respirino il più possibile quest’aria.
ASSOCIAZIONE DI MARIA AUSILIATRICE
www.admadonbosco.org
STEFANIA E CLAUDIO
GIUSEPPINA E GIORGIO
SETTEMBRE-OTTOBRE 2015
41
“DALLA CASA DI MARIA
ALLE NOSTRE CASE”
Dobbiamo impegnarci a
portare il profumo di una nuova umanità, il soffio dello Spirito che fa nuove tutte le cose,
attualizzando nei gruppi della
Famiglia Salesiana e nelle famiglie una rete di relazioni autentiche, di corresponsabilità e di
comunione ispirata allo spirito
di famiglia di don Bosco. Ragione, religione e amorevolezza possono essere declinate in
dialogo, volersi bene e presenza
di Dio.
forma all’esistenza. Occorre
camminare con le famiglie, accompagnarle nelle situazioni
complesse che si trovano ad
affrontare, individuando nuove vie e strategie comuni per
sostenere i genitori nell’impegno educativo.
In linea con l’impegno di
tutta la Chiesa che «svolge un
ruolo prezioso di sostegno alle
famiglie, partendo dall’iniziazione cristiana, attraverso comunità accoglienti. Ad essa
è chiesto, oggi ancor più di
ieri, nelle situazioni complesse
come in quelle ordinarie, di so-
PASTORALE GIOVANILE E
PASTORALE FAMIGLIARE
42
MARIA AUSILIATRICE N. 5
TORINO
L’ennegramma
di Maria Beesing - Patrick H. O’Leary
Robert J. Nogosek
San Paolo, 2015
pagine 192, euro 14,50
Mi prendo o cura
Papa Francesco
San Paolo, 2015
pagine 16, euro 1,80
MARIA AUSILIATRICE
D E L L A
B A S I L I C A
D I
D O C C O
T O R I N O – V A L
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515
tte
m bre–
R I V I S T A
1,70 Euro IT
Legge 27–02–2004 n. 46)
art. 1, comma 2 e 3 – CB–NO/TORINO
Ave, o grembo del cielo
di Aa.vv.
San Paolo, 2015
pagine 128, euro 8,90
E LA VITA
IA
ABITANO NELLA FAMIGL
# L’AMORE
– D.L. 353/2003 (conv. in
Alla luce dell’esperienza condivisa in questi giorni di Congresso, accogliendo il messaggio maturato nell’ascolto delle
relazioni, delle testimonianze
ASSOCIAZIONE DI MARIA AUSILIATRICE
www.admadonbosco.org
SAN PAOLO
in abbonamento postale
IMPEGNI DAL CONGRESSO
e delle esperienze, soprattutto
restando in ascolto di ciò che
lo Spirito ci dice vorrei condividere alcuni obiettivi, che siano punti di riferimento e tracce per un cammino nella nostra
Famiglia Salesiana. Tenendo
fisso lo sguardo su Gesù, guidati da Maria Ausiliatrice e nella
scia tracciata dal nostro padre
don Bosco, sono convinto che
questo Congresso rappresenti
per la nostra Famiglia Salesiana un momento di grazia per
annunciare il “Vangelo della
famiglia”, riproponendone la
bellezza, il ruolo e la dignità.
In particolare guardando a don
Bosco, alla sua paternità, vissuta nel primo oratorio con uno
spirito di famiglia, sperimenteremo una crescita d’identità
più chiara e più solida.
LIBRERIA
Poste Italiane S.p.A. – Spedizione
La ricca esperienza vissuta
durante il VII Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice
(Torino–Colle don Bosco 6–9
agosto 2015) ha costituito uno
dei vertici dell’anno Bicentenario della nascita di don Bosco.
Rinviando per la cronaca e i
contenuti del Congresso al sito
web dedicato, riportiamo qui in
sintesi alcune delle conclusioni
proposte dal Rettor Maggiore,
don Ángel Fernández Artime,
nella giornata conclusiva svolta
al Colle don Bosco domenica
9 agosto.
Don Bosco ha sognato un
movimento di persone per i
giovani: solo una comunità di
discepoli-apostoli, accogliente
ed esemplare, può trasmettere
la fede ed essere credibile. Per
questo “casa” e “famiglia” sono
i due vocaboli frequentemente
utilizzati da don Bosco per descrivere lo “spirito di Valdocco”
che deve risplendere nelle nostre comunità. In questo senso
accogliamo l’appello evangelico
e carismatico alla mutua comprensione e corresponsabilità,
alla correzione fraterna e alla riconciliazione. Anche noi siamo
chiamati a fare in modo che la
pastorale giovanile sia sempre
più aperta alla pastorale familiare. Occorre far sì che le famiglie diventino nella vita quotidiana luoghi privilegiati di crescita umana e cristiana, nell’assunzione delle virtù che danno
stenere i genitori nel loro impegno educativo, accompagnando bambini, ragazzi e giovani
nella loro crescita attraverso
cammini personalizzati capaci di introdurre al senso pieno
della vita e di suscitare scelte e
responsabilità, vissute alla luce
del Vangelo» (relazione Sinodo
sulla Famiglia n. 61).
DON BOSCO OGGI
PIERLUIGI CAMERONI
[email protected]
se
DON BOSCO OGGI
Dalla casa di Maria
alle nostre case
4 GENDER.
COSA SIGNIFICA REALMENTE ?
PERPLESSITÀ
E QUALI SONO LE
“USA” PERCHÉ È CASTO.
10 L’AMORE NON
ALTRI.
GLI
E SI SACRIFICA PER
AI GIOVANI A TORINO
PAPA FR ANCESCO
ISSN 2283–320X
36 A MATHI E A NOLE.
BOSCO.
LA CARTIER A DI DON
FEDERICO VALLE
SETTEMBRE-OTTOBRE
2015
A
acquistabile
presso questa
libreria
LIBRERIA SAN PAOLO
Via consolata 1bis – TORINO 10122
2015
Tel. 011 43 69 582SETTEMBRE-OTTOBRE
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43
Lavare e tagliare a pezzi i peperoni. In una
padella rosolare lo spicchio d’aglio con l’olio;
aggiungere i peperoni. Condirli con il sale, l’aceto e lo zucchero. Continuare la cottura, rimestando spesso, per 30 minuti circa.
44
MARIA AUSILIATRICE N. 5
ANNA MARIA MUSSO FRENI
[email protected]
Don Bosco
Ricordiamo che la prima santa Messa quotidiana
celebrata nella Il
Basilica
di 1887
Maria Ausiliatrice
19 dicembre
per l’ultima
volta Don Bosco
è officiata per tutti
i benefattori
dell’opera salesiana.
si sedette alla scrivania
e con
fatica
alcune 2016
frasi, l’abbonamento
Avvisiamo i lettori
che
dascrisse
gennaio
come la presente, su immagini
annuale Italia saràchedisi volevano
Euro 15,00
anche per i rinnovi
mandare
Benefattori.
LaaiRedazione
MARIA AUSILIATRICE
D E L L A
B A S I L I C A
D I
T O R I N O – V A L D O C C O
m bre–
R I V I S T A
ot
to bre
515
tte
4 peperoni rossi e gialli
4 cucchiai d’olio
1 spicchio d’aglio
1/2 bicchiere di aceto
1 cucchiaio di zucchero
Giugno 2015, ultimo giorno di ostensione
della Sindone. Fra poco dovremo ripiegare la
canotta gialla con la scritta AccoglienzaValdocco,
che ci qualificava come guide, accompagnatori
o semplici presenze accanto ai pellegrini che a
migliaia hanno attraversato i cortili di Maria
Ausiliatrice. Dopo il 24 giugno il flusso dei visitatori è rientrato nella norma, venendo, così,
a mancare quel clima di festa e anche un po’
di baraonda creato da persone di tutte le età
che, dopo aver venerato la Sindone, venivano a
pregare sui luoghi salesiani. Gente di famiglia,
certo, ma anche gente che forse di don Bosco aveva appena sentito parlare e che qui ha
sentito il fascino del carisma salesiano. Quante
cose da raccontare, quante emozioni! Quante
avventure: alcuni perdevano il loro gruppo, altri
si infilavano nella chiesa sbagliata e non riuscivano poi a capire la celebrazione in una lingua
non loro. Qualche spintone lungo la scala della
Cappella delle reliquie, molte corse attraverso
il cortile per acchiappare qualche pellegrino
distratto, per portare al volo una bottiglietta
d’acqua. Ed è stato bello, la sera di Maria Ausiliatrice, vedere il lungo fiume giallo delle nostre magliette snodarsi lungo il percorso della
processione. Come dimenticare il giorno del
Papa, con quei turni lunghi e impegnativi, con
quella celebrazione eucaristica finale solo per
noi, nella chiesa di San Francesco? Lì abbiamo
sentito veramente di essere un ramo nuovo di
Famiglia Salesiana, anche se, a titoli diversi, ne
facciamo già parte. Sarà ancora bello continuare questo volontariato con ritmi più calmi. E
la sera tornare a casa con la schiena a pezzi e
il cuore che canta per tutti i sorrisi ricevuti e
donati. Per le amicizie appena nate, per le vecchie amicizie ritrovate ai piedi di don Bosco.
Per il dono promesso da Gesù a chi rimane nel
suo amore: «Vi ho detto queste cose perché la
mia gioia sia con voi e la vostra gioia sia piena»
(Gv,15–11).
1,70 Euro IT
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DON BOSCO OGGI
Per ricordare la
dolcezza della gioia e
l’amarezza della fatica,
ecco i semplicissimi
peperoni in agrodolce.
Dio benedica
e ricompensi largamente
la carità dei nostri
benefattori.
se
Peperoni in agrodolce
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# L’AMORE
E LA VITA
ABITANO NELLA FAMIGLIA
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E SI SACRIFICA PER GLI ALTRI.
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36 A MATHI E A NOLE.
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3 ottobre 2015
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