Infanzia Maria Domenica nasce ed è battezzata il 9 maggio del 1837 a Mornese. La famiglia era unita, socievole, senza ristrettezze economiche. Da suo papà eredita la saggezza e il buon senso, l’amore al lavoro, la capacità di ammirare e di intuire. Da sua mamma eredita la prontezza, il carattere focoso e l’acutezza intellettuale. Da Don Pestarino, suo educatore e direttore spirituale, apprende l’apertura alla vita, ai valori umani e religiosi, il senso di realismo, il lavorio costante su se stessa. La prima comunione segna una svolta decisiva nelle sue relazioni con Dio. Tutte le mattine si alzava presto per ricevere Gesù. Ciò esigeva da lei purezza di cuore e lotta contro il peccato. Maturazione personale A partire dal 1843 si trasferisce a “LA VALPONASCA”, che si converte per lei in una “scuola di vita”. Lì si occupa delle faccende domestiche come pure dei lavori della campagna. Lì impara e unire preghiera e lavoro. In questo periodo apprende a vivere in solitudine e nel silenzio i contenuti della fede. Lì consacra a Dio la sua verginità come espressione del suo grande amore per Lui. Nel 1855 inizia come Figlia dell’Immacolata il suo lavoro apostolico assieme ad alcune giovani del posto. Derubata di tutti i suoi averi la famiglia Mazzarello è costretta a trasferirsi a Monrese. Bisogna ricominciare tutto da capo. Crisi e purificazione Richiesta da don Pestarino di prestare le sue cure ad alcuni parenti colpiti dal tifo, ha paura e vorrebbe rifiutare. Poi però si fa coraggio e li assiste chiedendo l’aiuto di Dio. Prende il contagio. Durante la malattia sperimenta la fragilità, l’impotenza e insieme una forza e una luce nuova per cominciare la nuova opera a cui Dio la chiama. Durante la sua ricerca della volontà di Dio si verificano due fatti significativi: la visione di Borgoalto l’incontro con don Bosco A Borgoalto, sente la voce di Maria che le dice: “A te le affido”. In questo modo le viene rivelata la sua missione. Con la sua amica Petronila studia da sarta per insegnare alle bambine questo mestiere e per fare in modo che “conoscano ed amino Dio” L’incontro con don Bosco avviene nel 1864. Al vederlo intuisce la sua santità. Ne rimane attratta e si sente in sintonia con le sue parole: “Certo, preghino, ma facciano tutto il bene che possono alla gioventù facendo tutto il possibile per impedire il peccato”. Quattro giovani iniziano la vita comune nella Casa Immacolata, si dedicano a fare del bene alle bambine e alle giovani del luogo accogliendole nella loro casa. Pone le basi di quel Progetto di vita che sarà fatto proprio dall’Istituto delle FMA quale monumento di riconoscenza a Maria Ausiliatrice. Sintetizzò il senso della nuova vocazione in queste asserzioni: “Amare Maria Ausiliatrice, propagare la sua devozione ed essere come lei aiuto della gioventù”. “La vera superiora è Amò il sano divertimento, le gite, la musica, il teatro come elementi educativi. Fu aperta alle innovazioni del suo tempo senza temere né critiche né opposioni. Fondazione e morte Si affina e si realizza la sua missione di confondatrice, madre ed educatrice della prima comunità, vivendo la carità paziente, arricchita dal dono del discernimento spirituale. Dà inizio al primo Collegio delle FMA, non senza difficoltà. Dapprima si pensò ai bambini di Mornese e gli abitanti del luogo aiutarono nella costruzione. Don Bosco, però, chiese in seguito alle suore di occuparsi delle bambine. In piena neve nel febbraio del 1876 partono da Mornese le prime missionarie. Durante il suo ultimo viaggio a St. Cyr, in Francia, si ammala gravemente. Non perse mai il senso della caducità della vita: “Questa vita è molto breve, basta poco perché ci troviamo nell’eternità” “Coraggio, amate figlie, la vita passa presto, ciò che resta sul letto di morte sono le opere buone”. Muore a Nizza il 14 maggio 1881 a 44 anni di età e solo 11 di vita religiosa. “Non ricordo di averla mai vista disgustata o contrariata nei confronti di coloro che la contrariavano” (Madre Enrichetta Sorbone) “La nostra Madre aveva una natura ardente, schietta ma umile. Non vidi mai che nelle sue parole o nei suoi atti trasparisse qualcosa del suo carattere focoso”. (S. Josefina P.) “Era sempre amabile e sorridente, conservò il suo buon umore senza esaltarsi nella gioia né abbattersi nelle difficoltà, al contrario si mostrava sempre allegra” “Sta a noi aiutare Ie giovani a crescere nella virtù, anzitutto con l’esempio, poiché le cose che si insegnano con l’esempio restano più impresse nel cuore e fanno molto più bene; quindi con le parole” M. Mazzarello