Musulmani e cristiani : un rapporto difficile di Mons. Luciano Baronio Una stagione difficile In questo ultimo periodo di tempo si stanno moltiplicano i fatti di sangue che colpiscono i cristiani e le loro comunità , perlopiù quando sono riuniti in preghiera, da parte di musulmani, sedicenti tali e lo sono in realtà, appartenenti all’ala fondamentalista. Così è avvenuto in Nigeria, come già in Egitto, in Pakistan, in India, in Kenia e di nuovo in Nigeria dove passano casa per casa per scoprire e colpire i cristiani (vedi Corriere della Sera del 9 luglio 2012). Al di là del dolore e dello sconcerto questi fatti che si moltiplicano devono suscitare in tutti delle serie considerazioni perché non possiamo passare sotto silenzio o sorvolare su avvenimenti così gravi e così pericolosi, non solo per i rapporti tra le due religioni ma anche per la pace nel mondo. Costituiscono infatti un serio problema politico, a livello internazionale, mentre dobbiamo lamentare l’inadeguatezza delle reazioni dell’Occidente e delle sue Istituzioni. Siamo obbligati a interrogarci su ciò che precede e scatena questi fatti. La nostra riflessione non si sofferma tanto a considerare i rapporti tra cristianesimo e Islam (tema generalissimo e amplissimo) quanto invece guarda più concretamente alla convivenza tra musulmani e cristiani che si incontrano, si conoscono e vivono sullo stesso territorio, qui e altrove. Episodi di tensione, pur di natura ed entità diversa, sono avvenuti anche da noi. Tutto ciò porta, all’attenzione della pubblica opinione, con una eccezionale forza d'urto il problema dell'Islam in Europa e in Italia. E’ presente, non da ora, nonostante l’apparente bonaccia, un pericoloso stato d'animo che di tanto in tanto riaffiora e che, volere o no, tutti ci coinvolge. Da un Iato vi é la pretesa di chi vorrebbe imporre decisioni, a dir poco, "discutibili", o porre addirittura “condizioni” al popolo ospitante, non curante della sua cultura, delle sue leggi e del rispetto dovuto alle sue Istituzioni, dall’altra la mal sopportazione di una presenza non prevista e crescente che pone inevitabilmente problemi di vario genere alla nostra società. Per chi li vuol vedere. Molto eloquente in merito è quanto è avvenuto a Milano, in occasione della festa islamica a chiusura del Ramadan, che ha avuto vasta eco sulla stampa. Si è visto con sorpresa e sconcerto – da parte di due personalità di spicco del mondo islamico – un atteggiamento e si sono ascoltate parole dure e francamente “sbagliate” sia nei riguardi del Sindaco della città, assente dalla cerimonia – “uno sgarbo e una offesa per la nostra comunità. Lo segneremo nella nostra memoria” 1 (capito?) e soprattutto verso l’Arcivescovo il cui messaggio scritto, portato a mano da un suo delegato, è finito in una tasca e lì è rimasto. Sono fatti che parlano da sé, che non hanno bisogno di spiegazioni, tanto sono chiari – hanno semplicemente fatto e detto ciò che pensavano! – né servono dietrologie più o meno remote o più o meno dotte che sviano dal guardare in faccia il problema. La reazione generale, di volta in volta giustificata, va al di là dei fatti più gravi, presi singolarmente, per configurasi come un vero problema dalle conseguenze difficilmente valutabili che va affrontato collocandolo nel quadro generale del rapporto tra musulmani e cristiani che domanda una riflessione pacata anche se molto difficile, che non può nascondere la realtà, per sottovalutazione, per paura, o per falso irenismo. Verrebbe da dire: calma! occorre prima mettere a posto tutti i tasselli del “ mosaico” per poter averne una visione complessiva ed una valutazione oggettiva. Due atteggiamenti opposti Si manifestano, su sponde opposte, due atteggiamenti, sbagliati ambedue, uno per difetto e l’altro per eccesso: l’irenismo e il fondamentalismo. * L’ irenismo è pericoloso perché ispirato da un ottimismo un po’ miope, frutto di superficialità e di pigrizia intellettuale. Non costa nulla ma fa molti danni. Infatti ignorando ciò che sta avvenendo e la storia che ci presenta periodi di convivenza pacifica e periodi di violenze, di repressioni e di persecuzioni cruente, come sta avvenendo anche oggi, porta fuori strada. I problemi ignorati o minimizzati puntualmente si ripresentano in tutta la loro crudezza. L’atteggiamento irenico è pericoloso anche per un altro motivo: influenzando l’opinione pubblica ad un atteggiamento acritico, in verità non favorisce l’incontro e il dialogo, ma la resa interiore. E non vale il dire, a propria giustificazione, che in fondo si tratta di minoranze perché, sono proprio le minoranze fanatiche e agguerrite, come la storia insegna, che conducono il gioco scatenando violenze e guerre, soprattutto se hanno il consenso, anche solo tacito, delle masse per le quali non siamo in grado di misurare fino a che punto siano contagiate dagli stessi sentimenti e fino a che punto subiscano il fascino che esercita sempre chi combatte per una causa considerata giusta. Tutto questo ci deve rendere molto attenti e responsabili, consapevoli che il rapporto interetnico e interreligioso é un tema delicatissimo dal quale dipende il futuro della convivenza umana e della pace. Occorre capire per evitare che, a condizioni date, prevalgano pari reazioni guidate dall’emotività, dalla paura, e Dio non voglia, dalla violenza sia pure per legittima difesa. Perché allora sarebbe una guerra senza fine. * Il fondamentalismo che sta all’opposto e che si sta allargando sempre di più, conquistando nuovi spazi un po’ ovunque, essendo da essi considerato il modo 2 più deciso per affermare la propria identità e la propria forza, sia all’interno della società cui si appartiene che di fronte al mondo. Non si tratta solo di atti isolati di terrorismo: questa è una violenza programmata e finalizzata a scopi ben precisi resi evidenti anche dalle modalità di tempo e di luogo scelte per compierli: quasi sempre nel tempo sacro della domenica e nelle chiese, mentre la comunità è riunita in preghiera. In questo modo è chiaro che si vogliono colpire i cristiani e distruggerne i simboli, per cancellarne la memoria. In questo senso , con questi gesti, l’Islam si pone in evidente opposizione al cristianesimo. Non solo con la violenza ma anche con la prepotenza come è avvenuto, per fare un esempio, a Iznik in Turchia, dove l’antichissima basilica di S.Sofia è stata trasformata in moschea, senza neanche avvertire e tanto meno consultare i cattolici, come lamenta Mons.Ruggero Franceschini, presidente della Conferenza Episcopale della Turchia: “ Siamo amareggiati: nessuno ci ha avvertiti né consultati.” Si tratta di un edificio costruito dall’imperatore Giustiniano nel VI secolo, di grande importanza storica e simbolica perché vi fu celebrato il II° Concilio di Nicea ( VIII secolo) convocato da papa Adriano (cfr. Il Messaggero, 8 novembre 2011). Analoga denuncia è sta fatta dall’Arcivescovo di Cipro, Chrisostomos II°. II - L'incontro con l'Islam è inevitabile Tuttavia l’incontro con l’Islam non solo è inevitabile, ma necessario per una convivenza ispirata al rispetto reciproco e per la pace nel mondo. Il tema "prende" perché si tratta di due religioni assai diverse, anche se legate da rapporti antichissimi e da alterne, e tuttora controverse, vicende storiche. Qui siamo messi alla prova. • I punti di riferimento che possono orientare la nostra riflessione sono tre: il primo è costituito dal fatto della immigrazione sempre più estesa e varia, che ha portato sul nostro territorio uomini e donne appartenenti ad altre culture e ad altre religioni, in particolare all'Islam; il secondo è costituito dalla religiosità che i musulmani esprimono che suscita curiosità ed interrogativi diversi; il terzo dalla comunità cristiana che improvvisamente si è trovata a contatto diretto, con una religione totalizzante, finora lontana e che considera sé stessa come l'ultima "parola", cioè come la rivelazione definitiva di Dio (è sorta nel VII sec. dopo Cristo). Ora è la comunità cristiana che è invitata ad essere il "soggetto pensante” che vuol capire quale sia il rapporto giusto da tenere, che da un lato riconosca la loro legittima diversità e dall’altro non venga meno, secondo i tempi e i modi opportuni, al dovere di annunciare la salvezza in Cristo unico salvatore a partire da quei germi di verità (detti anticamente i "Semi del Verbo") sparsi in ogni religione e in ogni cultura. Questo può avvenire solo come frutto di una fede viva 3 e di un rinnovato slancio missionario – che pare assopito se non addirittura spento nelle nostre comunità – che deve nutrirsi della necessaria conoscenza della mentalità e del linguaggio delle persone alle quali si rivolge. III - L'immigrazione: fenomeno planetario di fine secolo e di inizio millennio • Partiamo anzitutto da alcuni dati: 1 - Non solo i musulmani oggi sono tra noi, ma lo è il mondo islamico, in tutta la sua complessità, particolarmente quello del Paesi arabi. Esso è salito alla ribalta dell'attenzione dell’Occidente, soprattutto europeo, già negli anni ’70, in occasione della crisi petrolifera (1975) per poi crescere in occasione della prima crisi libica e soprattutto della "guerra del golfo", nei suoi due tragici conflitti. Questi eventi hanno avuto, come era inevitabile, un impatto traumatico anche per l’Europa. La loro presenza crescente tra noi, soprattutto all’inizio, è stata accompagnata da sentimenti contrastanti: sorpresa, fastidio, diffidenza e paura come per un pericolo incombente da cui bisogna difendersi in ogni modo e con ogni mezzo; o da un interesse, via via crescente, di ordine culturale, politico, economico e religioso. 2 - Il fenomeno immigratorio ha portato in Europa milioni di musulmani 3 - Si é sviluppata in questi anni una rete di moschee o di altri luoghi di preghiera. Sono circa 2500 – secondo una stima – e forse più, da Palermo a Stoccolma che rendono visibile e palpabile una presenza ed una "sfida". 4 – Con il passare del tempo è nato un nuovo modo di guardare all’Islam da parte soprattutto delle realtà ecclesiali. Dall'aiuto materiale all’immigrato musulmano si sta passando ad una considerazione complessiva circa la sua identità che non può essere colta prescindendo dalla sua fede religiosa che non è considerata - come per il cittadino europeo che si ritiene "laico" – un fatto marginale da non prendere in considerazione, ma l’ asse portante del sistema sociale. IV - L'Islam ci é sconosciuto • Bisogna ammettere che l'Islam ci é sconosciuto o meglio è conosciuto da molti attraverso "pre - comprensioni" dovute a pregiudizi e a stereotipi che si trascinano da secoli, nell’immaginario collettivo occidentale, come lo è per l'Islam nei nostri confronti. La paura che può nascere da motivi reali, è alimentata dalla ignoranza. Se non si conosce chi si ha davanti si diventa quanto meno diffidenti, anche a motivo di eventi traumatici lontanissimi nel tempo, ma non dimenticati e a causa 4 di una sostanziale reciproca estraneità tra i due "mondi". Ciò non permette una conoscenza ed una comprensione della realtà dell’altro. Ad esempio, si pensa generalmente che l’Islam, sia una realtà monolitica ed uniforme, mentre invece esso è paragonabile ad un "arcipelago". Infatti non vi è un solo Islam ma diversi Islam, corrispondenti ai diversi modi di intendere e di vivere la fede nel Corano. Questa diversificazione è normale per i musulmani: non hanno una "autorità" che dia il senso di un cammino comune, né vi è un "magistero" che, interpretando il testo sacro, definisca per tutti le regole della fede. La divisione più profonda da essere antagonista, fonte di continui scontri e di guerre, è quella tra Sunniti – che rivendicano la discendenza genealogica da Maometto - e gli Sciiti che seguono un loro calendario religioso e si contendono il potere. Inoltre il Corano non può essere né interpretato (qui nascono le radici del fondamentalismo religioso) né tradotto, ma solo accolto così come è, perché è da essi considerato parola dettata direttamente da Allah al profeta Maometto. Resta pur vero però che il fondamentalismo non è identificabile, tout court con l’Islam. Ne è una corrente, per lo più politica, difficile da quantificare e da valutare anche se dà vita ad atteggiamenti inaccettabili e a fatti clamorosi di violenza, spesso contagiosi, come sta avvenendo ultimamente soprattutto in Nigeria. Giustificandoli. V – L’Islam e l’Europa • Anche l’ appartenenza spirituale all’Islam è tutt’altro che monolitica perché ha gradi e intensità diverse. Ci sono gli indifferenti che non se curano; ci sono coloro che considerano la fede un fatto privato, per i quali l’Islam si riduce ad una realtà di riferimento ideologico-culturale; ci sono poi i praticanti, gli attivi che vivono la "daua" (la missione), e che si pensa costituiscano circa il 20% del totale. Essi si fanno carico dell’islamizzazione del mondo. Tema sul quale si continua a discutere. Infatti ci si domanda: l’islamizzazione dell’Europa - per limitarci solo ad essa - è o non è nelle loro intenzioni e nei loro piani o addirittura, come qualcuno afferma, si sta già attuando? Chi dice di si, asserisce che essa viene portata avanti attraverso la presenza sempre più estesa delle moschee nelle grandi città europee e soprattutto attraverso la crescita demografica. Si attuerebbe così una islamizzazione dal basso, strisciante ed inarrestabile, la quale avrebbe - secondo alcuni - come meta ultima la costituzione, nei paesi europei, del modello di Repubblica islamica. Come si vede non è un problema da poco, anche se tuttora controverso. L’Islam ha sempre guardato all’Europa per le sue mire espansioniste, in vari momenti della storia. Ce lo ricorda anche lo studio di Franco Gardini“ Il Turco a Vienna. Storia del un grande assedio del 1683” che fu tolto esattamente l’11 settembre di quell’anno! 5 Proprio su questo tema sono intervenuti sia il Card. Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia e il Card. Adrianus Johannes Simonis, Arcivesco di Utrech e primate d’Olanda noto per i rapporti particolarmente felici stabiliti con i musulmani da lui assiduamente avvicinati per studiarne la la cultura e la religiosità. Ambedue hanno rilasciato dichiarazioni allo scopo per mettere in guardia sul pericolo dell’islamizzazione dell’Europa condotta avanti silenziosamente (vedi Rassegna stampa del 23 dicembre 2009). Basti pensare per esempio alla situazione della Francia: al numero delle moschee costruite e al contrario alle chiese cristiane chiuse o abbandonate, secondo i dati forniti dalla stampa. Infatti in Francia, secondo una ricerca compiuta nel 2011 i musulmani sono il gruppo religioso più visibile e prolifico. Secondo il Frech Institute of Public Opinion si stanno costruendo più moschee che chiese. Dato confermato dal presidente del Consiglio Islamico di Francia che ha dichiarato: stiamo costruendo centinaia di edifici di culto islamici, mentre la chiesa in dieci anni ne ha costruito solo venti. Molte delle 60 chiese chiuse di recente saranno convertite in moschee. Forti di questi numeri i musulmani francesi sono diventati assertivi come non mai! ( da Il Foglio del 25 ottobre 2011). L’intellettuale francese, filosofo, molto noto per le pubblicazioni e gli interventi pubblici sui temi più difficili della società francese e dell’Europa ha affermato:” Mi inquieta il fatto che oggi il nome proprio più diffuso nella regione di Parigi sia Mohamed, assunto anche da francesi” (Letture, 22 luglio 2012). VI - La mancanza di reciprocità • Si deve comunque prendere atto con rammarico che i musulmani non accettano e perciò non vivono la reciprocità con le altre religioni, in particolare con la religione cattolica. E questo è un fatto molto negativo. Questo avviene in modo clamoroso nei paesi nei quali sono maggioranza, per cui, mentre reclamano per sé il diritto di "cittadinanza" nei paesi a maggioranza cristiana, presso di sé non Io concedono agli altri. Per essi la reciprocità non si dà, semplicemente, perché, non ci può essere, in quanto considerano la propria come l'unica fede, alla quale solamente - per disegno di Dio - spetta il diritto di affermarsi. E' un atteggiamento mentale che si riflette nei comportamenti minimi quotidiani, anche a livello individuale. Ad esempio, mentre i cristiani, con libertà di spirito, entrano, anche solo per curiosità, in una moschea, quando ne hanno l’opportunità, un musulmano convinto difficilmente entra in un tempio cristiano. Sarebbe una contaminazione ed un tradimento. Anche se le cose stanno cambiando. Soprattutto non siamo tenuti ad offrire ciò che non ci viene richiesto, come è avvenuto anche da noi. Tale generosità che non risponde ad una domanda diventa un regalo – e i regali non portano mai bene! – fino a sorprendere addirittura chi lo riceve, suscitando interrogativi e interpretazioni diverse. Il caso 6 limite è avvenuto quando in una diocesi è stato offerta una chiesa ( sconsacrata?) perché ne facessero il loro luogo di preghiera (moschea), provocando un giudizio fortemente negativo negli stessi destinatari che derisero i cristiani che “vendono” il loro tempio ( vedete cosa ne fanno dei luoghi sacri!). Sorpresa che si é trasformata in rifiuto di entrare in un tempio cristiano con la croce e le raffigurazioni sacre che essi non possono accettare. Anche l’accoglienza e il dono devono avere una loro gradualità quella stessa che Dio ha usato con il suo popolo per educarlo e condurlo in modo sapiente a meglio apprezzare, con il tempo, il dono della salvezza. Se è vero che un cristiano non deve porre la condizione della reciprocità per adempiere ciò che è giusto da parte sua, non è così per la politica che, nell’ambito nazionale e nei rapporti internazionali, ha il diritto e il dovere di esigerla usando gli strumenti a sua disposizione perché vengano rispettati i diritti umani, compresa la libertà di religione e di culto. VII - La via della conoscenza II contatto diretto - che è non sufficiente per una conoscenza approfondita - ha però il vantaggio della concretezza ed è un ottimo punto di partenza per una pastorale che vuole rispondere ai problemi che incontra e che può costituire materia interessante per la stessa riflessione culturale in generale e teologica in particolare che anche la gente comune si pone. In particolare i giovami che stanno fianco a fianco nella scuola e nell'ambiente di lavoro. Quando si stabilisce una consuetudine di rapporti, il modo di vivere del musulmano dà la possibilità di cogliere alcuni elementi e di "ritagliare", per cosi dire, alcune tessere che possono entrare nella costruzione del mosaico della sua identità socio-culturale e soprattutto religiosa e di evidenziarne la diversità. • Ci deve guidare una conoscenza vera di ciò che l'Islam è, senza ingenuità da parte nostra e, nonostante tutto, senza posizioni preconcette, che finiscono per aggravare i rapporti che possono compromettere ancora di più una convivenza già difficile. Essa, beninteso, non deve assolutamente essere pagata tacendo la nostra identità culturale e religiosa. Naturalmente occorre che sappiamo, noi per primi, chi siamo, in che cosa e soprattutto in Chi crediamo. Il discorso dunque si allarga e coinvolge i contenuti della fede. In corrispondenza anch’essi dovrebbero avere maggiore stima della loro religione difendendola perché non venga asservita e manipolata per altri scopi, soprattutto politici. VIII - I CINQUE PILASTRI 7 Il modo di vivere del credente musulmano ha dei punti fermi; i cinque principi fondamentali di azione, detti per la loro importanza i cinque pilastri, che sostengono ed ispirano ogni musulmano credente: 1) la professione di fede in Dio - la sottomissione (Islam) e la docilità all’insegnamento intangibile di Maometto. Islam significa appunto sottomissione a Dio e alla sua legge che è spirituale e politica, nello stesso tempo; 2) La preghiera, 5 volte al giorno, rivolti verso la Mecca; 3) Il digiuno nel mese del Ramadam (28 giorni); 4) L’aiuto ai poveri mediante un’imposta (Io Zakat); 5) Il pellegrinaggio alla Mecca. IX - Con quali pensieri? • Occorre anzitutto conoscere e far conoscere, da parte del cristiano, ciò che il magistero della chiesa ha detto in merito. Il Concilio Vaticano II ci ha dato lo splendido decreto "Nostra Aetate" del 28 ottobre 1965 sulle relazioni della chiesa con le religioni non cristiane. La riflessione è continuata con "Dialogo e missione", e "Annuncio e missione" del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Sono particolarmente importanti due discorsi di Giovanni Paolo II: il primo tenuto a Casablanca in Marocco ai giovani musulmani (splendido per il contenuto e per il metodo) il 19/8/1985 e il secondo a Jakarta, in Indonesia il 10 ottobre 1989. • Prendere in mano i testi di storia per ricordare avvenimenti del passato, dove, insieme a cose tragiche ci sono stati momenti ed incontri di civiltà, mediante scambi culturali e commerciali. E molti incontri di dialogo con protagonisti che hanno segnato la storia dei rapporti. Basta evocare alcuni nomi: S. Francesco d’Assisi, Raimondo Lullo ( XIV sec.) pensatore e teologo catalano che ha dedicato la sua vita al dialogo interreligioso; Nicolò Cusano Vescovo di Bressanone (XV sec.) che scrisse il “De pace fidei”, nel 1453 subito dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi, il quale attraverso il sogno di un “Concilio celeste” convocato da “Cristo come Logos universale” presenta un dialogo immaginario dove interloquiscono di volta in volta il Verbo, Pietro, Paolo, il Greco, l’Italiano, l’Arabo, l’Indù, il Caldeo, il Giudeo, lo Scita, il Persiano, il Siro, lo Spagnolo, il Turco, il Tedesco, il Tartaro, l’Armeno, il Boemo, l’Inglese con la finalità di dimostrare possibile una convivenza pacifica tra le varie religioni attraverso “la pace della fede” come meta e come metodo: il coraggio della pace religiosa che si tradurrà anche in pace politica; Federico Borromeo con il suo prezioso opuscolo “Luce 8 mattutina. Dialogo sulla vera fede tra un cristiano e un musulmano”; Louis Massignon (1883-1962) studioso della mistica islamica alla quale ha dedicato vari studi, Charles De Foucauld, La Pira, ecc. ultimamente possiamo citare Georges Anawati (1905-1994) domenicano, fondatore dell’Istitute Dominicain d’Etudes Orientales (IDEO) del Cairo da lui voluto come luogo privilegiato per lo studio della Civiltà Islamica. Quasi a coronamento possiamo citare ciò che Giovanni Paolo II ha detto ai capi religiosi a Jakarta: "Pertanto non ci si potrà mai aspettare dai credenti che compromettano la verità che sono chiamati a promuovere, nelle loro vite. Tuttavia, una salda adesione alla verità delle proprie convinzioni non implica in alcun modo l'essere chiusi agli altri. E’ piuttosto un invito ad aprirsi al dialogo...”. Il dialogo improntato al rispetto con gli altri ci permette inoltre di essere arricchiti dalle loro vedute, sfidati dalle loro domande e forzati ad approfondire la conoscenza della verità. La fedeltà alla verità della propria tradizione religiosa rende il dialogo con gli altri necessario e fecondo" (in l’Osservatore Romano, 11/10/1989, 6). Ciò che si deve paventare é l'ignoranza. Essa non é una scusante, é una colpa ed é la madre di tutti i mali. A causa di essa si passa reciprocamente dalla incomprensione alla paura, dalle reazioni incontrollate all’intolleranza, all’odio o al razzismo, dal sincretismo (mescolare elementi di religioni diverse) e alla svendita della propria fede senza conoscere né ciò che si lascia né ciò che si abbraccia. X - Per un rapporto fecondo 1. Nel rapporto con i musulmani va qualificato sempre di più dal punto di vista religioso il nostro comportamento ( ispirazione, motivazioni, modalità ecc.), al quale sono particolarmente sensibili, e che possono far sorgere nel loro animo delle domande "salutari", in ordine alla nostra fede in Cristo. 2. Occorre una notevole attenzione perché non identifichino il cristianesimo con l'Occidente cosa che Giovanni Paolo II ha sempre fatto con forza per es. durante il conflitto della guerra del golfo, nella prima e nella seconda fase. 3. Dare la possibilità di conoscere la religione cristiana a chi lo chiede liberamente, attraverso iniziative organiche e stabili mediante una vera forma di catecumenato. 9 4. L'incontro con l’Islam ed il confronto inevitabile che ne scaturisce ci deve spingere ad una verifica sul nostro modo "occidentale” di vivere la fede. I musulmani hanno un forte senso di Dio, non conoscono la secolarizzazione. Per cui il loro scontro é con la modernità secolarizzata delle società cristiane, più che con il cristianesimo in quanto tale. La secolarizzazione ci devasta, con la perdita del senso di Dio da parte di molti che tocca la vita quotidiana e che ha portato all’abbandono anche di pratiche importanti quale, per esempio, la pratica condivisa della Quaresima – come lo è per essi il mese del Ramadam - e di altri aspetti che dovrebbero ispirare il costume di vita. Abbiamo di che riflette per riscoprire ed impegnarci a vivere quei tesori di fede il cui valore non può essere tradito, senza effetti negativi anche sui credenti di altre religioni. XI - Il Mediterraneo e le tre religioni monoteiste • Il rapporto con l'Islam per uscire dalle strettoie va portato al largo. Esso va considerato alla luce e nel contesto della riscoperta del valore e del ruolo planetario del Mediterraneo, come bacino culturale e come culla delle religioni monoteiste, l’ebraica, la cristiana e la musulmana. Questa tematica era avvertita nella sua importanza vitale e proposta da Giorgio la Pira, soprattutto in riferimento alla pace nel mondo le cui sorti - e lo aveva profeticamente intuito già alla fine degli anni '5O - egli riteneva indissociabilmente legate a quella dei rapporti fra le tre grandi religioni monoteiste. Per questo egli promosse dal 1958 quei "colloqui per il Mediterraneo" giustamente famosi, per "novità e singolarità", allo scopo di favorire i rapporti tra i Paesi, le culture e le grandi religioni monoteiste che si affacciano sul Mediterraneo e che riconoscono come padre comune nella fede, il patriarca Abramo, nato ad Ur dei Caldei, sito nell’attuale Iraq. Inoltre, se la presenza ed il confronto diretto con l'Islam da un Iato creano problemi nuovi, del tutto inediti, d’altra parte vanno considerati come un'occasione provvidenziale che ci spinge a riscoprire con maggior forza lo specifico della nostra fede, che non ha nulla da temere dal confronto. La vita quotidiana, che si identifica con la vita reale della gente, diventa il riflesso, talora inconsapevole, della cultura di un popolo. Si impara così a conoscere, per esempio, che il musulmano dà un significato religioso ai dati anagrafici, particolarmente al nome, cosi come diverso è il suo rapporto con il vestito, il cibo, il lavoro, l’osservanza della legge (la legalità), i valori morali, la famiglia, la donna ecc. Per quanto riguarda la donna - tema che più di altri incuriosisce e preoccupa l'Occidente – vi è da riconoscere che soffre di una"'oggettiva" inferiorità. Non vi è né parità - nonostante i tentativi fatti da un movimento femminista, già presente in Egitto negli anni '30, - né autonomia: la donna é ciò che l'uomo, ha deciso che sia. 10 Non è chiaro se questo stato di inferiorità dipenda dal fattore religioso o da quello culturale o da entrambi o se si tratta invece della consacrazione coranica di una mentalità culturale precedente. Per quanto riguarda l'aspetto morale individuale e sociale - senza cadere nel pericolo di generalizzazioni - si nota la facilità nel rompere il legame coniugale (ciò viene da essi giustificato dal fatto di voler evitare il pericolo dell'adulterio o della prostituzione) la pratica dell’aborto e l’uso dell'alcool nonostante il severo divieto della legge coranica. Si tratta, come si vede di alcuni elementi indicativi, partendo dai quali si può sviluppare una riflessione, utile non solo alla nostra conoscenza, ma anche al dialogo e al confronto. In questa linea é importante favorire e sviluppare i rapporti personali. L'ambito scolastico ne è certamente il luogo privilegiato per lo specifico che gli è proprio, attraverso la crescita e lo sviluppo dell’interculturalità, purché chi guida questa ricerca sia davvero competente e non strumentalizzi l’argomento per altri fini. Gli stessi mass-media - soprattutto la stampa - dedicano all'Islam attenzione e spazio crescenti. I cristiani non possono mancare a questo appuntamento. Con l’aiuto di Dio. INDICE MUSULMANI E CRISTIANI: UN RAPPORTO DIFFICILE 1) Una stagione difficile 2) Due atteggiamenti opposti 3) L’incontro con l’Islam è inevitabile 4) L’immigrazione: fenomeno planetario di fine secolo e di inizio millennio. 5) L’Islam è sconosciuto. 11 6) L’Islam e l’Europa 7) La mancanza di reciprocità. 8) La via della conoscenza. 9) I CINQUE PILASTRI. 10)Con quali pensieri? 11)Per un rapporto fecondo. 12)Il mediterraneo e le tre religioni monoteiste. 12