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La domenica,
festa dei cristiani
Commissione congiunta della
Conferenza episcopale tedesca
e delle Chiese ortodosse in Germania
Mentre in alcuni paesi d’Europa si
riapre il dibattito su quale debba essere il giorno di riposo settimanale in un
contesto sempre più segnato dal pluralismo religioso, la Commissione
congiunta della Conferenza episcopale tedesca e delle Chiese ortodosse in
Germania ha pubblicato lo scorso 2
marzo un breve documento, La domenica «giorno di festa primordiale» dei
cristiani, che inaugura una serie di
riflessioni dedicate a «L’anno liturgico della Chiesa nella tradizione dell’Oriente e dell’Occidente». Il testo,
che si rivolge in primo luogo ai credenti ma non perde di vista l’opinione
pubblica nel suo complesso, intende
mettere in luce gli elementi comuni –
maggioritari – e le differenze nel significato attribuito alla domenica tra le
due confessioni cristiane, per favorire
l’arricchimento reciproco e diffondere il più possibile la conoscenza dei
frutti del dialogo ecumenico. «Dalla
celebrazione dell’eucaristia, come forma essenziale della santificazione della domenica, consegue che la domenica è il giorno della comunità e della
famiglia… Per i cristiani vale il fatto
che passare il tempo libero domenicale deve porsi nell’ottica di questa santificazione della domenica».
Opuscolo scaricabile dal sito web www.dbk.de;
nostra traduzione dal tedesco.
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Prefazione
La Commissione congiunta della Conferenza episcopale tedesca e delle Chiese ortodosse in Germania è
stata istituita nel 2007 dalla Conferenza episcopale tedesca e dalla Commissione delle Chiese ortodosse in
Germania (KOKID). Essa prosegue, con la partecipazione delle diocesi canoniche ortodosse che fanno parte
della KOKID, i lavori che erano stati condotti a partire
dal 1981 da una corrispondente commissione della
Conferenza episcopale tedesca e della Metropolia grecoortodossa.1
La Commissione congiunta, sotto la presidenza del
vescovo mons. Gerhard Ludwig Müller, presidente della
Commissione per l’ecumenismo della Conferenza episcopale tedesca, e del metropolita Augustinos di Germania, presidente dell’Assemblea episcopale della
KOKID, si intende come un luogo di dialogo cattolicoortodosso che si confronta prevalentemente con temi
pastorali e pratici risultanti dalla convivenza di cattolici
e ortodossi in Germania. Allo stesso tempo gli incontri
regolari della Commissione servono a sostenere e sviluppare i rapporti cattolico-ortodossi in Germania.
Nella loro seduta costitutiva, il 28-29 marzo 2007, i
membri della Commissione congiunta (vescovi e teologi)
hanno deciso di affrontare il tema dell’anno liturgico
nella Chiesa orientale e occidentale. Il loro scopo è quello di presentare alle comunità e ai fedeli cattolici e ortodossi, così come all’opinione pubblica interessata a questi temi, l’anno liturgico della Chiesa nella tradizione
dell’Oriente e in quella dell’Occidente, sia nei loro punti
comuni sia nelle loro differenze. In particolare si tratta
della celebrazione della domenica, del periodo pasquale, del Natale, di giorni festivi fissi e mobili, dei diversi
calendari liturgici che vengono utilizzati in entrambe le
Chiese.
Con questo volumetto la Commissione congiunta
presenta un primo esito dei suoi lavori. Alle riflessioni
sulla domenica come giorno di festa primordiale dei cristiani viene preposto un capitolo introduttivo sul rapporto tra Chiesa e tempo.
Speriamo che questo volumetto contribuisca a soste-
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nere e approfondire il riconoscimento reciproco e la
mutua comprensione tra cattolici e ortodossi.
Regensburg – Bonn, 15 febbraio 2010.
✠ GERHARD
LUDWIG MÜLLER,
vescovo di Regensburg
metropolita AUGOUSTINOS
DI GERMANIA,
esarca dell’Europa centrale
Su questo testo
Le Chiese del nostro paese, durante gli ultimi anni,
hanno sempre cercato, in collaborazione ecumenica, di
ridestare la consapevolezza dell’opinione pubblica sul significato della domenica.2 Anche questo testo è un richiamo
comune della Chiesa cattolica romana e di quella ortodossa
in Germania a riscoprire il significato della domenica.
1. Che cos’è il tempo per i cristiani?
Il mondo, secondo le parole di sant’Agostino († 430), non
«è stato creato all’interno del tempo, ma insieme al tempo»
(La città di Dio, 11, 6). Allo stesso modo, per san Basilio
Magno († 379) il tempo è apparentato con le creature animali e vegetali di Dio e con le «cose mutevoli» (Prima omelia sull’Esamerone, 5).
Anche la Chiesa vive ed esiste nel tempo, ma non è sottomessa alla sua transitorietà. Essa, infatti, ha parte all’eternità di Dio. Come corpo di Cristo la Chiesa conduce il
mondo nel Regno sovratemporale di colui che, nella Lettera
di Giacomo, viene chiamato «Padre della luce: presso il
quale non c’è variazione né ombra di cambiamento» (Gc
1,17). Questo rapporto con il compimento definitivo del
mondo alla fine del tempo porta la Chiesa alla santificazione del tempo, che trasfigura la nostra quotidianità. Il tempo
viene ordinato in maniera nuova dalla Chiesa a suo proprio
modo: l’«anno» diventa «anno della Chiesa», l’anno cosmico diviene l’anno liturgico con le sue festività, fisse e mobili,
sempre uguali, con i suoi tempi e giorni di quaresima e
digiuno. Al centro di tutte queste feste sta sempre la partecipazione dell’uomo al mistero pasquale del Signore crocifisso
e risorto. La celebrazione dell’eucaristia avviene nello spazio
e nel tempo, e tuttavia sorpassa lo spazio e il tempo. Per i cristiani essa è già oggi partecipazione all’eternità di Dio. Già
nella primissima Chiesa questa celebrazione avveniva la
domenica, la Pasqua settimanale (cf. 1Cor 16,1-3; At 20,712). Per questo la domenica è «il giorno di festa primordiale» dei cristiani e «il fondamento e il nucleo di tutto l’anno
liturgico».3
2. La domenica giorno di festa
primordiale dei cristiani
Come Gesù stesso, i primi cristiani provenienti dall’ebraismo continuarono a celebrare anche il sabato secondo la
legge dell’Antico Testamento. Tuttavia la domenica cristiana ha una sua propria origine e per questo non può essere
fatta derivare dal sabato. Vi è oltretutto una chiara differenza tra il sabato e la domenica cristiana.
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Partendo dalla critica mossa da Gesù al sabato, che si
rivolgeva non contro il sabato in sé ma contro la formalizzazione della sua santificazione (cf. Mc 2,23-28; 3,1-6), si è
giunti ben presto a una differenziazione tra domenica e
sabato. Così la domenica diviene il giorno festivo settimanale della comunità. Di ciò vi sono parecchie testimonianze sia
all’interno sia fuori della Chiesa (si veda, ad esempio, la
Lettera di Plinio 10, 96; la Lettera di Barnaba 15, 9; la Lettera
di Ignazio di Antiochia ai Magnesi 9, 1). San Giustino martire († 165) nella sua Apologia prima afferma: «Ci raccogliamo tutti insieme nel giorno del Sole, poiché questo è il primo
giorno nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia,
creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, il
nostro Salvatore, risuscitò dai morti» (67, 7). Giustino si rifà
qui anche a due passi del Vangelo di Giovanni, dove il
Risorto appare ai suoi discepoli il primo giorno della settimana (Gv 20,19-23.24-29). Per Tertulliano († dopo il 220) è
chiaro il significato privilegiato della domenica: «La domenica riteniamo essere cosa sbagliata digiunare o pregare in
ginocchio» (De corona militis, 3).
3. Il nome della domenica
La comprensione della domenica inizia già con le sue
designazioni. Esse sono diverse nelle varie lingue, ma generalmente sono riconducibili a due significati fondamentali.
Il termine tedesco Sonntag è in connessione con l’antico
computo del tempo e la venerazione allora riservata al Dio
del sole. L’importanza crescente di questo «invincibile Dio
del sole» (Sol invictus) ha favorito l’utilizzo di questo nome.
Per i cristiani il vero sole della giustizia è Cristo. San
Massimo di Torino († 408/23) scrive: «Il giorno del Signore
è per noi venerando e solenne; perché in questo giorno il
Salvatore, come il sole nascente, dopo aver distrutto le tenebre dell’inferno, risplende nella luce della risurrezione. Per
questo tale giorno viene chiamato dai figli del secolo giorno
del sole: perché Cristo, il sole della giustizia che sorge, lo illumina» (Omelia LXI sulla Pentecoste, 1). La designazione di
«Sonntag» (giorno del sole) è prevalente nelle lingue germaniche, scandinave e in altre lingue.
La seconda designazione della domenica come «giorno
del Signore» si trova già nel Nuovo Testamento (si veda, ad
esempio, Ap 1,10), e si rifà alla domenica come giorno della
risurrezione di Gesù Cristo. Si è imposta prevalentemente
nelle lingue neolatine, ma è presente anche in quella greca.
Accanto a essa, nella tradizione bizantina, è presente anche
il significato di «giorno della risurrezione», che si è mantenuto fino a oggi nella lingua russa.
4. La domenica come inizio e fine
della settimana
La Chiesa considera la domenica contemporaneamente
come inizio e fine della settimana, rifacendosi a Levitico
23,36: «Per sette giorni offrirete vittime consumate dal fuoco
in onore del Signore. L’ottavo giorno terrete la riunione
sacra e offrirete al Signore sacrifici consumati con il fuoco».
Per san Basilio Magno la domenica è il «primogenito dei
giorni» e l’«immagine dell’eternità» (Seconda omelia
sull’Esamerone, 8), perché in questo giorno è risorto Cristo.
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Sant’Agostino intende la domenica come l’ottavo giorno del
Signore, «santificato dalla risurrezione di Cristo, che prefigura non solo il riposo dello spirito ma anche quello del
corpo» (La città di Dio, 22, 30). Quindi la domenica come
«ottavo giorno» diviene un segno del mondo che verrà e del
riposo eterno nell’al di là.
Anche san Gregorio Palamas († 1359), nel XIV secolo,
definisce la domenica come l’ottavo giorno in riferimento
alla risurrezione di Cristo. La sacra Scrittura parla di sette
risvegli dalla morte (tre nell’Antico Testamento: uno per
mano del profeta Elia e due attraverso Eliseo; quattro operati da Gesù Cristo nel Nuovo Testamento: la figlia di
Giairo, il figlio della vedova di Nain, Lazzaro e quella dei
morti risuscitati nel giorno della morte di Gesù). Ma la sola
risurrezione, quella del Signore, è l’ottava. Essa è anche la
prima perché, mediante essa, viene donata a tutti gli uomini la speranza nella risurrezione (Omelia XVII, 13).
In questo senso possiamo contrassegnare la domenica
come inizio e fine della settimana, come il primo o l’«ottavo
giorno», il giorno «senza tramonto» del compimento del
mondo alla fine dei tempi.
5. Ogni domenica è una Pasqua
La celebrazione della domenica è legata alla risurrezione di Gesù Cristo. Mediante le apparizioni del Signore risorto viene data ai discepoli la certezza che egli vive. Ogni celebrazione della domenica è una memoria e una confessione
vivente della risurrezione; ossia «ogni domenica è una
Pasqua!». I cristiani si riuniscono intorno al loro Signore e
ne rendono testimonianza comune. Egli non è rimasto prigioniero della morte, come non ha vissuto per se stesso. Al
contrario ha dato la sua vita per gli uomini e, attraverso la
sua morte, ha sottratto alla morte il suo potere. Da allora
Dio, in Gesù Cristo, dona agli uomini che credono in lui una
speranza «contro ogni speranza» (Rm 4,18), e la forza di un
amore che è più forte della morte (cf. Ct 8,6).
La Chiesa ortodossa confessa ogni domenica insieme ai
testimoni oculari della risurrezione di Cristo: «Poiché abbiamo visto la risurrezione di Cristo prostriamoci davanti al
santo Signore Gesù, l’unico senza peccato. Davanti alla tua
croce, o Cristo, noi ci prostriamo lodando e celebrando la
tua santa risurrezione. Tu sei nostro Dio, all’infuori di te non
conosciamo altro Dio. Proclamiamo il tuo nome. Venite,
fedeli tutti, vogliamo prostrarci davanti alla santa risurrezione di Cristo. Vedete, mediante la croce è giunta la gioia in
tutto il mondo. Sempre lodiamo il Signore e celebriamo la
sua risurrezione. Egli ha sopportato la croce per amor
nostro; e mediante la morte ha annientato la morte».
Nella messa domenicale cattolica il prete, nella preghiera eucaristica, prega con parole corrispondenti: «Per questo
ci presentiamo davanti al tuo volto e celebriamo, in comu1 Nei suoi 25 anni d’esistenza la Commissione ha elaborato sei testi
(«Sussidi»), che nell’ottobre del 2006 sono stati pubblicati in un volumetto
unico dalla Conferenza episcopale tedesca con la partecipazione della
Metropolia greco-ortodossa di Germania (SEKRETARIAT DER DEUTSCHEN
BISCHOFSKONFERENZ [a cura di], Die Sakramente [Mysterien] der Kirche
und die Gemeinschaft der Heiligen. Dokumente der Gemeinsamen
Kommission der griechisch-orthodoxen Metropolie von Deutschland und der
Deutschen Bischofskonferenz, «Arbeitshilfen» 203, Bonn 2006).
nione con tutta la Chiesa, il primo giorno della settimana
come il giorno in cui Cristo è risorto dai morti» (II e III preghiera eucaristica; Messale tedesco).
6. La domenica e la santissima Trinità
Ben presto vennero legati alla domenica anche altri
aspetti dell’azione di Gesù: il mandato missionario, il conferimento del potere di rimettere i peccati (assoluzione) e
l’invio dello Spirito Santo che rinvia alla santissima Trinità.
Passo dopo passo vennero collegati con la domenica anche
l’attraversamento del mar Rosso, il giudizio finale, l’incarnazione di Cristo, la nascita, il battesimo nel Giordano e la
miracolosa moltiplicazione dei pani.
Nel 1334 venne introdotta in Occidente la festa della
santissima Trinità, stabilita per la domenica dopo Pentecoste. Ma come già accadeva prima, anche dopo l’introduzione di questa festa venne celebrato in maniera particolare il carattere trinitario di ogni domenica. Nel breviario
tedesco (vol. III, tempo per annum, secondi vespri della
seconda e quarta settimana) troviamo questo inno:
Trinità, Dio trino e uno,
tu, luce incandescente e beata,
ora che il sole si inabissa tramontando
sorgi nei nostri cuori.
Il nostro canto ti loda al mattino,
la sera ti invochiamo,
si elevi a te il nostro cuore
ogni giorno che ci doni.
Tu Padre eterno, Tu Figlio Dio,
tu, alito di entrambi, Santo Spirito:
accogli benevola la nostra supplica,
Trinità onnipotente. Amen.
Nell’Oriente cristiano la Pentecoste, che viene celebrata
nell’ottava domenica dopo Pasqua, viene vissuta in particolar modo come festa della Trinità. Tuttavia è significativo
che nella Chiesa ortodossa gli inni dedicati alla Trinità
(Triadika) vengano cantati ogni domenica dell’anno liturgico nel relativo tono. Nella preghiera domenicale del primo
tono ecclesiastico si dice: «Adoriamo tutti il Padre e il Figlio
e lo Spirito, di pari onore e splendore, la Trinità increata e
il potere divino, che anche le incorporee moltitudini angeliche lodano; e vogliono che anche noi oggi sulla terra esaltiamo con reverenza e fede».
7. La domenica e la celebrazione
della santa eucaristia
I martiri nordafricani di Abitene († 304) erano convinti
che non si potesse vivere senza l’eucaristia (cf. Acta
Sanctorum Saturnini, Dativi et aliorum plurimorum martyrium, 9). Il tempo della settimana e tutta la vita ricevono qui
2 Si vedano le dichiarazioni congiunte della Conferenza episcopale
tedesca e del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania Den Sonntag
feiern (1984), Der Sonntag muss geschätzt bleiben (1985), La nostra responsabilità nei confronti della domenica (1988; Regno-doc. 11,1998,348),
Menschen brauchen den Sonntag (1999).
3 CONCILIO VATICANO II, cost. Sacrosanctum concilium (SC) sulla
sacra liturgia, n. 106; EV 1/191.
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direzione e misura. Così attesta il più antico ordinamento
ecclesiale, la Didaché o Dottrina dei dodici apostoli: «Nel giorno del Signore, riuniti, spezzate il pane e rendete grazie
dopo aver confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro. Ma tutti quelli che hanno qualche discordia
con il loro compagno, non si uniscano a voi prima di essersi
riconciliati, affinché il vostro sacrificio non sia profanato»
(14, 1-2). Nella nascita del «giorno del Signore» (cf. Ap 1,10)
ci si rifece ai banchetti comuni del Risorto con i suoi discepoli, nei quali devono essere visti gli inizi della celebrazione
della mensa eucaristica del Signore dopo Pasqua (1Cor
11,20).
In ogni celebrazione della santa messa o della divina
liturgia per i cristiani si realizza «sempre di nuovo» la donazione di Dio al mondo, perché qui la comunità sente la
parola incoraggiante del Signore risorto: «La pace sia con
voi» (cf. Lc 24,36; Gv 20,19). Nell’eucaristia i cristiani ricevono ciò che essi sono, il «corpo di Cristo», e diventano ciò
che ricevono, ossia «corpo di Cristo». Così scrive
sant’Agostino: «Se voi dunque siete il corpo e le membra di
Cristo, sulla mensa del Signore è deposto il mistero di voi
(…). Siate ciò che vedete e ricevete ciò che siete» (Discorsi,
272). Per questo i cristiani celebrano proprio alla domenica
il banchetto eucaristico «con gioia e semplicità di cuore» (At
2,46).
Come era uso della Chiesa antica, il giorno liturgico inizia già la sera precedente. Per questo nella Chiesa cattolica
romana si può celebrare la messa domenicale già la sera del
sabato.
8. La santificazione della domenica
Nell’epoca pre-costantiniana non vi era ancora un giorno di riposo dal lavoro dei cristiani. Questo infatti li avrebbe «smascherati», poiché sarebbe stato facile scoprire così la
loro appartenenza al cristianesimo allora proibito. Per questo motivo si può anche comprendere perché nei primi scritti dei padri della Chiesa il riposo domenicale non giochi praticamente alcun ruolo, sebbene vi siano continue comparazioni fra il sabato e la domenica. Solo con l’imperatore
Costantino († 337) la domenica fu dichiarata per tutti gli abitanti delle città giorno generale di riposo, durante il quale
non si poteva intraprendere alcun lavoro (tranne quello dei
campi) e alcun affare (all’infuori della liberazione degli schiavi). In seguito furono proibiti anche le udienze dei tribunali,
gli spettacoli del circo, le rappresentazioni teatrali e le corse
dei cavalli. L’imperatore orientale Leone I († 474) si rifiutava addirittura di celebrare il suo onomastico di domenica; si
doveva spostare questa ricorrenza per non disturbare il riposo domenicale.
Nella Chiesa cattolica romana si sviluppò il «precetto
domenicale» come obbligo di coscienza di partecipare la
domenica all’eucaristia.4 Da parte ortodossa a questo precetto corrisponde l’invito di prendere parte ogni domenica
alla liturgia divina. Alla base di entrambi sta il mandato di
Gesù: «Fate questo in memoria di me» (1Cor 11,24; Lc
22,19).
La santificazione della domenica non rappresenta però
una questione formale di carattere cultuale o rituale. «La
domenica ha anche il compito di proteggere da una cre-
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scente o totale economizzazione dell’uomo (…). Così la
domenica è una forma di assenso al mondo e alla vita nel
suo complesso; un giorno di orientamento, di scoperta del
senso della vita e di apertura alla trascendenza e a Dio. Per
questo la celebrazione della domenica, proprio quando si
tratta di un essere liberi dagli obblighi, rappresenta
un’esigenza della dignità umana, una protesta contro la
commercializzazione dell’uomo e contro la sua schiavizzazione produttiva».5
9. «Date all’anima una domenica
e alla domenica un’anima» (P. Rosegger)
La divina liturgia della Chiesa ortodossa termina con le
parole «andiamo in pace». La santa messa della Chiesa cattolica romana termina con l’invio «andate in pace». Dopo
inizia la «liturgia dopo la liturgia», o la «messa della quotidianità»: la continuazione della celebrazione liturgica nella
vita quotidiana dei cristiani. Mentre la catechesi e la pastorale servono prevalentemente a condurre gli uomini alla
liturgia, la diaconia traduce concretamente il comandamento dell’amore celebrato nella liturgia. Per questo la domenica deve essere dedicata in maniera particolare a questa liturgia del prossimo. In tal modo l’unità tra la confessione celebrata e la diaconia vissuta diviene in questo giorno particolarmente visibile.
Dalla celebrazione dell’eucaristia, come forma essenziale della santificazione della domenica, consegue che la
domenica è il giorno della comunità e della famiglia. Di
fronte alla ricchezza di forme della santificazione della
domenica nella pietà popolare e negli usi abituali, rimane
sempre attuale la ricerca di forme contemporanee di modi
adeguati di passare la domenica. Si può trattare di pomeriggi tra famiglie con giochi o chiacchierate, visite ai genitori o
ai nonni, prendersi cura dei rapporti comunitari con i vicini
e gli amici, visita dei malati o in cimitero; sono tutte forme
che possono caratterizzare la domenica, come anche cercare di vincere la solitudine entrando in rapporto con altre
persone. In ogni caso, per i cristiani vale il fatto che passare
il tempo libero domenicale deve porsi nell’ottica di questa
santificazione della domenica.
COMMISSIONE CONGIUNTA DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE TEDESCA
E DELLE
CHIESE ORTODOSSE IN GERMANIA*
4 Ivi.
5 K. LEHMANN, Introduzione alla mostra «Am siebten Tag. Geschichte
des Sonntags» (Il settimo giorno. Storia della domenica) presso la Haus der
Geschichte della Repubblica federale di Germania, Bonn, 24.10.2002;
www.dbk.de.
* Per la Conferenza episcopale tedesca: mons. Gerhard Ludwig
Müller (co-presidente), mons. Gerhard Feige, abate Marianus Bieber
osb, Johannes Hofmann, p. Gregor Hohmann osa, Johannes Öldemann, Hermann-Josef Röhrig, mons. Nikolaus Wyrwoll. Per la
Commissione delle Chiese ortodosse in Germania: metropolita Augustinos
di Germania (co-presidente), arcivescovo Feofan di Berlino, vescovo
Vasillos di Aristi, arciprete Constantin Miron, arciprete Peter Sonntag,
arciprete Mircea Basarab, Konstantin Nikolakopoulos, Assad Elias
Kattan. Amministrazione: Dorothee Kaes (Segreteria della Conferenza
episcopale tedesca), Konstantinos Vliagkoftis (Commissione delle
Chiese ortodosse in Germania).
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La domenica, festa dei cristiani