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Direz. e Redaz.: Piazza di Trevi, 86
00187 ROMA
ANNO XXII - N. 3 Marzo 2974
Spedizione in abbonamento postale Gruppo 111/70
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O R G A N O MENSILE D E L L ' A S S O C I A Z I O N E
I T A L I A N A P E R I L C O N S I G L I O DEI C O M U N I D ' E U R O P A
Articolazione
democratica della
Comunità europea
di Giuseppe Grosso
Il 27 ottobre scorso, mentre tornava i n
treno da Vienna, dove aveva tenuto una conferenza giuridica, moriva Giuseppe Grosso,
che aveva rivestito per alcuni anni la carica
di Presidente della nostra Associazione, quando era Sindaco di Toriizo.
Mentre ci riserviamo di fare, in u n prossimo numero di « C o m u n i d'Europa », u n
profilo critico dell'uomo di ctiltura e del
dirigente europeo, ripvoponzamo oggi ai nostri lettori la prima parte della relazione da
lui tenuta al Colloquio sulla politica regionale europea, svoltosi ad Otzenhausen nei
giorni 6-8 febbraio 1967, e pubblicata su questo stesso periodico esattamente sette anni
fa, nel nunzero di marzo 1967.
1. Premessa fondamentale, ovvia ed indiscutibile, è che una organizzazione democratica delllEuropa non può che fondarsi
sulle autonomie locali. L'accentramento degli
stati nazionali - che purtroppo sembra ricevere una spinta dallo sviluppo della tecnica
e dalla necessità di interventi pubblici, nella
forza di inerzia del processo di ingigantimento della macchina burocratica statale contrasta tanto alla formazione effettiva ed
efficace di comunità sovranazionali, quanto
all'autonomia della vita regionale e locale.
Basterebbe constatare che le difficoltà che
incontra il faticoso cammino dell'Europa
fanno oggi riscontro a difficolta che nei vari
paesi contrastano l'autonomo sviluppo della
vita dei poteri locali, in senso opposto a
quello spirito che vent'anni o r sono aveva
ispirato le stesse affermazioni costituzionali.
Occorre quindi un costante vigile sforzo
e spirito combattivo a difesa dell'indisaol~ibile nesso che lega una concezione democratica delllEuropa al rispetto delle autonomie regionali e locali; e questo nesso
deve essere approfondito nella concretczza
dei problemi e delle strutture.
Un punto nevralgico è rappresentato dalla
politica di programmazione e sviluppo, che
richiede da un lato una visuale ampia che
individui gli squilibrii e la politica rivolta
a sanarli (il che richiede una politica veramente europea); e dall'altro lato deve operare sulla base delle possibilità di sviluppo
COMUNI D'EUROPA
SOMMARIO
Articolazione democratica della
Comunità europea, di Giuseppe
Grosso
. . . . . . . . . .
1
Struttura e azione del CCE, di
G.M..
. . . . . . . . . .
3
Pensiero e azione dei federalisti
europei:
I - La Commissione italiana del
MFE riunita a Roma
a ) alcuni test1 preparatori:
Giarini Ruta: Rapporto sull'Europa davanti alla crisi
Umberto Serafini: Osservazioni sulla relazione Ruta
alla sezione di Roma e in
vista della Commissione
italiana del 9 febbraio
. . . . . . . .
1974
Umberto Serafini: Un primo appunto per uno schema istituzionale delllUnione europea . . . . . .
b ) lo svolgimento dei lavori
C ) il documento finale . . .
6
9
l0
I1 - Nota sull'attuale situazione
politica europea e l'azione dei
federalisti europei, di Caterina Chizzola . . . . . . .
10
I11 - La « Targa Europa » 1974 al
Movimento Federalista Europeo:
a ) le motivazioni illustrate
da Giuseppe Petrilli . .
b ) il discorso di Mario Albertini. . . . . . . .
Anche l'Abruzzo per l'elezione diretta dei delegati italiani al P.E.
4
5
11
13
7
regionale, nel rispetto dell'uomo e della
libertà, in modo che la politica di sviluppo
sia effettivamente un impulso alla vita che
nasca dalla vita stessa, non una sovrapposizione coattiva ad essa.
Solo una strutturazione democratica della
Comunità Europea, democraticamente articolata ai vari livelli, con intervento diretto
dei poteri locali può rispondere a tale
esigenza.
2. Poiché nella politica di sviluppo la dimensione regionale costituisce un momento
iondamentale ed essenziale, occorre in particolare che esista una organizzazione democratica a livello regionale. La struttura dei
diversi paesi europei in proposito è varia;
per esempio nella Germania Occidentale la
forma federale permette ai Lander di svolgere una funzione importante. I n Italia la
costituzione prevede le Regioni, come enti
autonomi forniti di un potere legislativo in
date materie (nel quadro di principi generali fissati da leggi dello Stato per ciascuna
materia) e di funzioni amministrative. Però
finora sono state costituite solo alcune Regioni a statuto speciale, mentre le Regioni
Foto in prima pagina (in alto): Giuseppe Grosso,
allora Presidente della nostra Associazione, presiede il primo « corso quadri n organizzato dalI'AICCE, a Torino, nell'aprile 1967; sono con
lui, al tavolo della presidenza, Serafini, Martini
e Calsolaro; (in basso): il Presidente del CIME
Petrilli consegna al Presidente del MFE, Mario
Albertini, la «Targa Europa » per il 1974.
a statuto ordinario non hanno ancora avuto
attuazione; per la programmazione sono stati
provvisoriamente costituiti dei Comitati regionali della programmazione, come organi
consultivi del Ministero del Bilancio e della
Programmazione, nei quali cntrano fra gli
altri i Presidenti delle Province cd i Sindaci
di taluni Comuni.
I n Francia la posizione ed i poteri che
anche rispetto all'amministrazione locale
conservano i Prefetti, h a posto questi al
centro anche di una individuazione di Regioni ai fini della programmazione.
Noi insistiamo che se si vuole evitare di
cadere nella tecnocrazia, cioè di incorrere
nel pericolo di sovrapporre una astratta
politica di sviluppo come una camicia di
forza alla vita regionale, occorre che al
livello della Regione co'rrisponda una espressione democratica della Regione stessa; ove
negli ordinamenti istituzionali di un paese
non esista questa organizzazione democratica
diretta, a livello regio'nale, occorrerà che
questa si formi attraverso i poteri locali
minori (Province, Comuni) in modo da
trarne una vera e propria espressiomne regionale unitaria.
Sarà d'altra parte necessario stabilire la
posizione di questa organizzazione democratica regionale riguardo agli enti locali minori, in particolare ai comuni; la Regione
non deve diventare essa stessa uno strumento
di accentramento; essa deve armonizzare la
sua azione con l'autono~mia10,cale; di qui il
problema dell'intervento dei comuni e delle
province soprattutto nell'attuazione della politica di sviluppo, in modo che i particolarismi siano superati nella visione unitaria
regionale, m a questa possa articolarsi nei
centri minori. Ed a ciò si ricollega pure il
problema delle dimensioni dei comuni, delle
dimensioni necessarie per l'attuazione di
diversi servizi e l'esplicazione di diversi
compiti di autonomia comunale, in particolare il problema dell'associazione dei piccoli
comuni, d a una parte, dell'attuazione del
decentramento nelle grandi città, dall'altra.
marzo 1974
regio'nale europea, la quale deve essere decisa
dapli organi della Comunità Europea con
una visuale curopca, che non può ris«l\,ersi
nella somma di tanti particolarismi, 116
nazionali, né locali, nia insieme con una
chiara prospettiva dellc necessità e possibilità
di sviluppo dellc diverse regioni.
Per altro verso l'attuazione della politica
regionale europea non può che trovare il
suo epicentro nell'organizzazione democratica
regionale e locale, la quale a sua volta deve
essere indirizzata dai fini della politica a
livello europeo e ricevere da questa alcuni
fondamentali canoni urbanistici e di sviluppo, che però non devono essere tali da soffocare l'autono'mia della vita nella autonomia locale.
E' dunque un problema di relazioni che
comporta tutto un tessuto, m a che pone
un'esigenza fondamentale: che a tutti i livelli
si esplichi una vita democratica.
4. Oggi le strutture democratiche sono al
centro di discussioni, in rapporto a talune
difficoltà che sembrano incontrare ed a prospettive di sviluppi o di riforme: i rapporti
coi partiti politici, con le organizzazioni di
categoria, con lo sviluppo tecnologico, con la
opinione pubblica, ed altri aspetti, sono tutti
punti nevralgici per questo dibattito che qui
non è il luogo di approfondire. Vogliamo
però fissare un punto: l'esigenza democratica
non può essere soddisfatta da una pura rappresentanza di interessi particolari o di ordini professionali, né di indirizzi tecnologici.
Alla base di essa deve stare a tutti i livelli
l'assemblea rappresentativa sulla base della
rappresentanza popolare integrale nell'ambito territoriale. Le categorie, le espressioni
degli interessi, possono recare un contributo
attraverso organi consultivi, m a non possono
prendere il posto dei vari livelli territoriali
di rappresentatività politica: una strutturazione corporativa della società non può qualificarsi né formalmente né sostanzialmente
come democratica.
Prospettando una strutturazione democratica delllEuropa noi insistiamo quindi sulla
3. Solo sulla base di una strutturazione nccessità di un Parlamento Europeo, in cui
democratica regionale e locale, e di una
la prima Camera sia espressione di suffragio
partecipazione di essa nella determinazione
universale e diretto, mentre una seconda Caed attuazione della politica di sviluppo a
mera (un Senato) potrebbe essere rapprelivello più alto, può concepirsi una strut- sentativa delle comunità politiche a livello
tura democratica europea e quindi una
nazionale e regionale.
politica regionale europea.
E noi insistiamo pure che a tutti i livelli
Ciò, in particolare, se si tiene conto del
deve esistere una rappresentatività democrafatto che una politica di sviluppo richiede
tica, e particolarmente perché questa rapche ai piani economici si accompagnino piani
presentatività democratica si generalizzi anterritoriali, cioè una sistemazione del terri- che a livello regionale, cioè a livello di quella
torio; e questa sistemazione del territorio regione che costituisce una dimensione esdeve essere articolata attraverso strutture
senziale nella politica di sviluppo.
che dal livello più strettamente locale (coSarebbe infatti un errore credere che la
munale, provinciale, ecc.), salgano a quello
i-appresentatività politica popolare-territoregionale, a quello nazionale ed a quello
riale ( a suffragio universale) dovesse giosovrana7ionale.
care solo su territori più vasti (nazionale
Se le necessità di colmare gli squilibri
o sovranazionale: livello dei diversi stati;
richiedono una visione comunitaria sempre
livello dell'Europa) oppure nelle comunità
più vasta, ed una politica regionale comuni- locali minori (comuni, province, ecc.), e fare
taria europea assume una sua propria chiara
invece delle regioni piuttosto una dimenfisionomia, questa politica può raggiungere
sione tecnico-economica d a trattarsi attrail suo risultato soltanto se la sistemazione
verso commissioni di tecnici o incontri di
territoriale corrispondente è Fatta a misura
categorie e di interessi, sia pure nell'ambito
di uomo; e per questo fine occorre il con- regionale. Da quanto abbiamo detto risulta
corso della comunità politica nazionale e
chc ciò non implicherebbe la qualifica di
sovranazionale e delle comunità locali.
democra~ia:anzi ciò distruggerebbe la strutLa realizzazione concreta di questo con- turazione democratica per cadere in una
tecnocrazia o in un gioco di interessi a dicorso importa problemi complessi e talvolta
delicati; si può dire che gli organi regionali
spetto della stessa espressione diretta ed
autonoma della vita e delle libertà.
devono essere consultati per una politica
COMUNI D'EUROPA
marzo 1974
Struttura e azione del CCE
I n preparazione del Bztreau del Consiglio
dei Coinuni d'Europa, che ha avuto luogo
a Parigi nei giorni 18 e 19 febbraio, il Comitato esecutivo delllAICCE, convocato alcuni
giorni prima, ha ampiamente discusso la
situazione di tutto il CCE, individuando
alcuni motivi di riflessione e di iniziativa
politica, che sono stati sintetizzati nel docu]?lento qui sotto pubblicato. Lo offriamo alla
attenzione dei soci del17AICCE per tre ordini
di considerazioni:
l ) Il documento conferma la reale struttura federale del CCE, in cui ciascuna sezione nazionale, pur godendo di u n largo
spazio d'autonomia, è componente essenziale dell'intero organismo e contribuisce
alla nzaggiore o minore incisività ed effzcucia dell'Associazione nel suo complesso.
La battaglia per l'Europa, divenuta in questi
ultimi tempi più ardua per le note vicende,
richiede u n CCE nel quale tutte le componenti nazionali siano allineate su livelli politici ed organizzativi proporzionati agli obiettivi che si vogliono raggiungere. Per questo,
il Comitato Esecutivo delllAICCE ha voluto
richiamare l'attenzione dei colleghi europei
membri del Bztreau sulla necessilà di raflorzare in modo particolare la Sezione britannica, che agisce i n u n contesto ancora
fortemente diviso tra fautori ed oppositori
della Comunità europea. Al tempo stesso
I'AICCE ha voluto sottolineare l'urgenza
della creazione di una Sezione danese e di
una irlandese del CCE affinché la presenza
dell'Associazione copra tutti i Paesi membri
della Comunità.
Attualmente, come è noto, sono i n corso
iniziative, non ancora organiche, di collaborazione al CCE di rappresentanti locali irlandesi, mentre i n Danimarca la minore
politicizzazione degli Enti locali e residue
resistenze dell'opinione pubblica ad una concezione politica dell'unione europea rendono
più difficile la penetrazione del CCE.
2 ) L'AICCE è profondamente convinta
che, nella inevitabile sproporzione tra obiettivi e mezzi, si impone una rigorosa pianificazione delle priorità del CCE. Questo deve
perciò innanzitutto accentuare la sua pressione diretta, politica, dal basso, soprattutto
dopo i deludenti risultati delle azioni di
vertice, anche delle più spettacolari, come
le ricorrenti conferenze dei Capi di Stato e
di Governo.
I n secondo luogo il CCE dovrà puntare
sul rafforzamento della Comunità europea
che, nonostante le sue insufficienze, rimane
il più i1alido punto di riferimento per la
prosecuzione della battaglia europea.
I n terzo luogo il CCE si impegnerà nel
quadro del Consiglio d'Europa, che è attualmente in una difficile fase di ricerca della
propria identità, soprattutto a seguito dell'allargamento della Comunità europea: rimane naturalmente particolarmente importante per il CCE, in questo ambito, la sua
partecipazione alla Conferenza europea dei
Poteri locali.
3 ) Con il documento che pubblichiamo,
I'AICCE rivendica una funzione trainante
all'interno del CCE. Non per ragioni di prestigio fornzale ma perché essa è consapevole
di essere la Sezione più attenta e sensibile
agli aspetti politici dell'integrazione, al suo
significato per lo stesso sviluppo della democrazia europea, per u n tipo di società diverso
da quello nel quale viiliamo. Questo risultato è, natttralmente, merito di tutti gli amministratori comunali, provinciali e regio.
nali che partecipano alla vita delllAssociazione. Era opportuno quindi far loro sapere
che le loro preoccupazioni, le loro istanze, le
loro sollecitazioni, vengono proiettate dalla
Sezione italiana sul piano europeo con una
azione di stimolo che non può non lasciare
u n segno positivo sull'intera organizzazione.
Il documento approvato dal Comitato
Esecutivo è stato poi presentato e iilustrato
al Bureau europeo del CCE dal Segretario
generale aggiunto delllAICCE, Gianfranco
Martini.
3
Nello stesso Bztreau si è fatto il punto
sulla preparazione politica degli XZ Stati
generali del CCE (Vienna). I n particolare,
è proseguito l'esame degli schemi dei rapporti preiiisti nel prograinma ed è stata accolta la proposta della Sezione italiana di
chiedere ad alcune personalità politiche e
della cultura di prendere la parola nella seduta plenaria di chiusura per riaffermare
rigorosan~ente la necessità che l'Europa si
unisca sulla base di quei i~aloridi libertà, di
democrazia, di rispetto della persona umana
che u n trentennio f a caratterizzarono la Resistenza europea.
Il Bureau ha anche proceduto all'elezione
delle cariche statzltarie. Sono stati confermati il Presidente Cravatte, il Vicepresidente
Lugger, il Segretario generale Philippoi~ich,
i revisori dei conti Dozio e Hammer. Sono
stati altresì designati i membri del Comitato di Presidenza; per la Sezione italiana
sono stati eletti: Giancarlo Piombino, Umberto Serafini e Gian Carlo Zoli (titolari);
Giuseppe Bufardeci e Gianfranco Martini
(supplenti).
considerazioni
Il Comitato Esecutivo dell'AICCE, riunito
a Roma il 13 febbraio 1974, ha esaminato
l'ordine del giorno del prossimo Bureau
del CCE a Parigi, previsto per i giorni 18
e 19 febbraio, formulando le considerazioni
seguenti:
L'elezione del Presidente e del Vice-Presidente del CCE, del Segretario generale e u r o
peo e dei membri del Comitato di Presidenza
deve essere fatta nel quadro di un ribadito
rispetto dello Statuto del CCE e nello spirito
politico che mosse i suoi fondatori.
Malgrado la sua crisi, la Comunità euro
pea è tuttora il nucleo intorno al quale si
può e si deve fare la battaglia per la Federazione europea sovranazionale, democratica e rispettosa delle autonomie locali:
pertanto ogni sforzo dovrà essere prodotto
per realizzare non nominali Sezioni del CCE
in tutti e nove i Paesi della Comunità; in
particolare occorrerà dare consistenza reale
alla Sezione britannica, a cui ancora non
aderiscono Enti locali come tali, e creare
Sezioni danese e irlandese.
Rinforzare e rendere effettiva una Sezione
del CCE ovvero fondarla ex novo non significa compiere negoziati diplomatici, a livello internazionale, con funzionari di associazioni nazionali o internazionali di Comuni
e di altri Enti, ma piuttosto impone contatti
diretti con le singole Amministrazioni locali
di quei Paesi, con le correnti europeiste dei
rispettivi partiti politici, con le organizzazioni federaliste ed europeiste in Ioco.
L'Esecutivo delllAICCE ha sottolineato fermamente che una Sezione del CCE non sarà
pienamente tale finché ad essa non aderiscano, a termini dello Statuto del CCE, Enti
locali (non soltanto amministratori locali a
titolo individuale) e finché essa non sia capace, attraverso organi di stampa perio~dici,
di far conoscere regolarmente agli Enti l o
cali del proprio Paese le decisioni prese
democraticamente da tutto il CCE; 1'Esecutivo è d'avviso che i rappresentanti di una
Sezione nazionale, a cui non aderiscano Enti
locali come tali, non possano avere voto deliberativo negli organi sovranazionali, ma soltanto consultivo, altrimenti la democrazia
sovranazionale del CCE sarebbe una finzione priva di significato reale.
L'Esecutivo nazionale dell'AICCE insiste infine affinché l'attività europea del CCE non
viva eccessivamente delle iniziative spontanee e talvolta occasionali prese qua e là,
ma risulti rigorosamente pianificata, al fine:
a ) di svolgersi in maniera omogenea su
tutto i1 territorio coperto da Sezioni nazionali del CCE;
b ) di dare la precedenza all'attività diretta, politica, di pressione dal basso, promossa dallo stesso CCE e volta particolarmente alla richiesta di una Assemblea Costituente europea; in secondo luogo di permettere un intervento adeguato nei punti nevralgici della attività della Comunità europea;
soltanto in terzo luogo di dedicarsi ad affrontare le proposte del Consiglio d'Europa,
che sono di minore rilievo politico (nell'ambito del Consiglio d'Europa dovrà in ogni
caso esser sempre privilegiata la CEPL, come espressione democratica dei Poteri locali).
L'Esecutivo insiste finalmente perché le
attività tradizionali del CCE (per esempio i
gemellaggi) vengano fortemente ripoliticizzate, nel momento in cui i governi nazionali
sembrano aver perduto ogni capacità di iniziativa europea e in cui tutto il processo di
integrazione ha un livello tanto più basso
di quello degli anni '50, quando la Assemblea ad hoc preparò un progetto di Comunità politica sovranazionale.
(approvata all'unanimità).
COMUNI D'EUROPA
4
marzo 1974
PENSlERO E AZIONE DEI FEDERALISTI EUROPEI
se giudicando che 1'E~iropat: spenta, ogni
nazionc tentasse di restaurare il proprio
equilibrio, compromesso dal petrolio, scendendo in guerra economico-finanziaria contro il viciilo. L'espediente di rovinare il
vicino » fu già il codice selvaggio degli
Anni 30, della Grande Crisi. Nonostante l'applicazione di tale espediente nessuna delle
nazioni europee riuscì allora a salvarsi dalla
crisi, come credere che possano essere risparmiate oggi che sono politicamente tanto
più deboli ed economicamente tanto più v~ilnerabili?
Poiché le Patrie non hanno più ragione,
la ragione non ha più Patria in Europa. Lo
dimostrano le varie delezazioni di paesi
europei che si succedono in visita nelle
capitali arabe con il proposito ognuna di
soffiare l'affare » alle altre. Lo dicono
chiaramente certi articoli di stampa che
esprimono l'opinione di gruppi vicini ai
centri di potere. « Le Monde » del 26 gennaio
cita il seguente articolo apparso sul settimanale Aspects de la France »: « Si è fatto
sognare troppo i francesi con " l'Europa ".
Si diceva che essa doveva portare la pace,
la sicurezza e la prosperità: le nazioni erano
ormai superate. Oggi ci si rende conto che
la nazione francese rimane una buona vecchia realtà e che la sorte di ciascuno di noi
t: legata a quella di questa comunità che ha
forgiato
la storia e che costituisce per noi
l'ipocrisia oltre i limiti del consentito. Inula più sicura delle protezioni di fronte ai
tilmente la Commissione Ortoli si riunisce e
sussulti che agitano il pianeta n.
lancia fulmini su Giscard, inutilmente i
Questa situazione ha diverse conseguenze.
ministri del Consiglio comunitario contiLa prima è che essa sancisce il definitivo
nuano a salmodiare le loro litanie sull'unione
economica: la Comunità è finita, non rimane
che seppellirla con un minimo di decoro,
ma anche con raccomandabile rapidità, perché a questo punto averne i rottami fra le
sambe non fa altro che creare intralci e
difficoltà supplementari (si veda il caso dei
mercati agricoli comunitari che a questo
punto, a furia di rattoppi e diritti compensativi, sono peggio del mantello di Arlecchino) n.
A questo punto saremmo completamente
fuori dalla realtà se conf'ermassimo la strategia del progetto di legge. Essa presupponeva due condizioni che sono venute a mancare: lo sviluppo del processo di confederazionc ed i tempi lunghi. I1 nostro compito
in questo momento è di individuare il nuovo
scenario e di elaborare una strategia adeguata.
La Stampa » del 25 gennaio illustra il meccanismo della crisi visto da Guido Carli.
Nel 1974 i paesi fornitori di petrolio accumuleranno 65 miliardi di dollari. Le riserve
in oro e valute dci paesi dell'Europa OcciGianni Ruta
dentale ammo'ntano a 75 miliardi di dollari,
di cui 35 miliardi appartengono alla Germania Occidentale. Sempre nel 1974 il disa- fallimento del metodo funzionalista avviato
vanzo europeo e giapponese a causa del- d a Monnet e Schuman nel 1949 e risuscil'aumento del prezzo del petrolio raggiuntato dopo il fallimento della CED, con la
gerà la somma di almeno 32 miliardi di
conferenza di Messina del 1956 che portò
dollari. Dunque escludendo la Germania di
ai Trattati costitutivi delllEuratom e della
Bonn, questo gruppo di paesi dovrebbe perCEE. Oggi è chiaro a tutti che se l'Europa
dere nel 1974 tutte le sue riserve di valute.
si farà, come esige la sua salvezza, occorrerà
E nel 1975 e negli anni successivi quando il
puntare subito alla costituzione di un godisavanzo sarà presumibilmente maggiore? verno europeo sottoposto al controllo demoLa conclusione è una sola: la situazione è
cratico del popolo europeo, degli Stati e
ingovernabile. Ma non vi è un male senza
delle Regioni. Sarà quindi il govcrno europeo
a d assicurare la realizzazione di quei fini
un peggio, ed il peggio sarà, secondo Carli,
l'approi!aziotie, ~ l uparte della Comn?issiorze
italiana del MFE, d i Ltn clocunzei~lopolitico
con il cl~tulesi è deciso il lancio cli ufza « peli:.iolle per atirihlcire al P a r l a i ~ ~ e nEztrot~
peo il mandato costituente. Tali testi sono
il Rapporto prepctrato d~z1Segretario della
sezione romccna del MFE Gianni Ruta, sulla
situazione europeu e due Note del Segretario
generale de1l1AICCE Umberto Serafini. Seg u o ~
il ~resoconto
~
dei lavori del1,a Conzmissionti itctiiaiza del 9 febbuaio, con il relativo
docuniento approvato all'unanirnità, nonché
una Nota del Segretario generale dell'UEF
Caterina Chizzola.
Completano la rubrica i testi dei discorsi
prorzunciati da Giuseppe Petrilli e Mario
Albertini, in occasione dell'ctssegnazione al
i2/lovimeiito Federalista Ettropeo della « Targa
Europa » da parte del Movinzento Europeo.
Fedele alla sua impostazione federalista e
1,endendosi conto che la gruve crisi che rtttraversa in q ~ l e s t onzoiizc~ztoil processo di integrazione europea richiede unci conoscenza
approfondita sia della dottrina federalista
che dei nzezzi di lotta per procedere alla creazione della Federazione europea, « Comuni
d'Europa » ha intensificato in questi ultiirzi
tei~zpii sccoi sforzi per clnre urz quadro più
conzpleto possibile di q ~ t a n t onel campo del
pensiero e dell'uzione federalisti si v a svolgendo in Europa. Con questo nutnero riprendiamo, in forma piìt organica, questo iinpegiio corztando di pubblicare, di voltu in volta,
tutto quello che riteniamo valido per la più
ilnporlante battaglia di questo secolo: quella
per la Federazione europea.
I n questo nuiliero pubblichiamo - qui di
seguito - alcuni testi che hanno preceduto
l
La Commzsszone italiana del MFE
riunita a Romn
a) alcuni testi preparatori
Gianni Ruta: Rapporto sull'Europa davanti alla crisi
Lo scenario che oggi ci si apre davanti i3
ben diverso da quello entro cui si proiettava
la strategia del nostro movimento. L'Europa
comunitaria sembrava fino a qualche mese
fa ancora avviata lungo un processo di integrazione confederale, secondo il programma
elaborato dal vertice di Parigi del '72. In
quest'ambito si inseriva il progetto di legge
di iniziativa popolare per le elezioni a suffragio diretto dei delegati italiani al Parlamento europeo. L'approvazione di tale legge,
portando alle e'lezioni unilaterali prima e
generali poi, avrebbe fatto saltare le contraddi~ioni del processo di confederazione,
affermando con il principio elettorale l'attribuzione al Parlamento europeo di un mandato costituente.
Oggi l'Europa ì: Frantumata, sebbene la
crisi debba ancora scoppiare. I nostri porti
sono in attesa delle petroliere che ci salveranno dalla paralisi per condannarci alla
bancarotta. Sono solo le prime avvisaglic
e già tutto scricchiola. La parola d'ordine
non t: Stati Uniti d'Europa, bensì ognuno
per sé ed Allah per tutti. Jobert a Gedda
chiede a re Feisal di far la spesa in Francia. Moro fa il giro delle capitali arabe per
spiegare cbe gli italiani sono più bravi. 11
Cancelliere dello Scacchiere insegue lo Scià
lungo le pistc di St. Moritz perché risparmi
ad Elisabctta le umiliazioni inflitte a Baldovino.
I1 vertice di Parigi? Fantasia di altri tempi.
Pompidou a Poitiers difende la libera circolazione delle merci ed il mercato comune
agricolo: la Comunità europea è tutta qui.
Scalfari sulll« Espresso » del 27 gennaio si
esprime liberamente: « La Comunità europea
era già d a mesi in condizione larvale. Da
sabato scorso non esistc più né di fatto e
neppure di nome, se non si vuole spingere
((
((
((
marzo 1974
inutilmente perseguiti dalle impotenti istituzioni comunitarie.
La seconda conseguenza è che il deteriorarsi dei rapporti di scambio con i paesi
produttori di materie prime in generale e
di petrolio in particolare determinerà all'interno dei paesi europei una diminuzione del
potere d'acquisto e probabilmente una forte
recessione a meno che non si preferisca
un'inflazione selvaggia il cui effetto sarà un
considerevole allargamento ed inasprimento
dell'area dello scontento. La terza prevedibile
conseguenza è chc i ceti più favoriti cercheranno di difendere i propri privilegi appellandosi alla nazione ed al rispetto della legge
e dell'ordine, con conseguente spostamento
a destra dell'asse politico moderato e rafforzamento di tuttc le tendenze nazionaliste
e rcazionarie.
Questa situazione non consente di farsi
sovercl-iic illusioni, ma impone che si valuti
correttamente la portata della crisi C le
diverse possibilità che ha l'Europa di affrontarla a seconda che si presenti unita o divisa.
Occorre mostrare alle grandi masse popolari.
ai partiti ed ai sindacati che meolio le rappresentano, che la Federazione Europca se
realizzata subito è l'unica alternativa alla
disoccupazione, all'emareinazione ed alla
miseria e che invece a qiicsto destino le
condannano le nazioni che si apprestano a
frontcegiare la crisi scatenando una uiicrra
commercialc a colni di svalutazioni e di accordi preferenziali con i paesi produttori
di petrolio. L'Europa è la sa1vezr.a. Combinando le riserve monetarie di tutti, comnrese ouelle tedesche C rivalutando l'oro
sarà uossibile assicurare d i . approvvi,uionnmenti dcl 1974 C dei 1975. A o~iestopunto la
Federazione F.!?ronca potrebbc avviare con i
paesi prodiittori un nrogramma combinato
che
prima
petrolio
e materie
prime ed ai
un rapido sviluppo
economico, s i realizzerebbe in tal modo una
contrattazione proo;rammata.
sli,l~evidente interdiDendenZa tra la canacità nrO.
duttiva d e l l ~ ~ u r o pea la capacità del T~~~~
~~~d~ di assicurare le materie prime ed
il petrolio di cui essa ha bisogno, così da
accrescere il benessere sociale di tutti.
Occorre dire chiaramente ciua.nto Frave
sia la crisi che sta nei- colnirci. Ciò che
muore non è tanto l'idea uenerosa (li una
Eurona chc unendosi riesce a s~iblimarc
quanto di più valido essa ha saputo esnrimcrc nellq sua storia. Ciò chc muore è la
nostra civiltà, cpià profondamente imnoverita
da tutte lc meschinità che I-ianno alimentato
Ic nostre divisioni. Con essa perirà la nostra
l i b e r t i quel tanto di benessere che ci rende
oggi ~!n'jso,lain un gran mare di miseria C
la speranza di un domani di pace, di giustizia e di libertà per noi e per tutti.
La crisi che ci appi-estiamo a d affrontare
offrc I'i.iltima occasione per costruire l'Eli]-opa C per salvarci. Essa impone una rapida
e
revisione degli attuali schemi
stratep-ici ed opei-ativi, Molte idee che erano
buonc fino a ieri oggi non lo sono più ed
altre che ci siamo abituati a considerare non
valide. og-i possono esserlo. Per effcttiiare
una talc vcrifica alla luce della nuova situazione occorrerebbe convocare quanto prima
una Conferenza speciale del MFE e richiedere altresì la convocazio~nedi iin Congresso
straordinario delilUEF. La nuova strategia
unitaria che ne scaturirà dovrà consentii-ci
COMLINI D'EUROPA
di muoverci nella crisi, valutando l'opportunità di iniziative quali:
- la costituzione di un governo ombra
europeo per proporre all'opinione pubblica
ed alle forze politicl-ie e sindacali il confronto t r a le possibili scelte di un governo
europeo e l'insufficienza dei governi nazionali davanti alla crisi;
- l'avvio di una petizione per la Costituente Europea o per l'attribuzione del mandato costituente al Parlamento Europeo;
- I'organizza/ione di elezioni primarie
« clandestine » a sostegno del governo ombra;
- la formazione di gruppi parlamentari fcderalisti impegnati a battersi all'interno dei parlamenti nazionali affinché sia
convocata la Costituente Europea o sia conferito il mandato costituentc al Parlamento
Europeo;
- la presentazione, ox7e ciò sia possibile
od opportuno, di una lista federalista alle
elezioni nazionali affinché la via lrerso 1'Europa possa esscre costantemente segnalata
dalla tribuna degli stessi parlamenti nazionali. chiamando a raccolta o denunziando,
a seconda del caso, l'attcpgiamento delle
forze nolitichc democratiche e popolari.
Su questi elementi e sugli altri che a
questi possono essere aggiunti ì: bene chc si
apra subito un dibattito fra di noi e che
esso sia ampio, approfondito c preciso
quanto più è possibile.
Umberto Serafini: Osservazioni sulla
relazione Ruta alla sezione di Roma
e in vista della Commissione italiana
del MFE del 9 febbraio 1974
Ero personalmente già scettico sulle possibilità di raggi~ingimentodi una fase confederale della Comunità: in realtà da tempo
decide le cose importanti un direttori0 extracomunitario dei grandi del MEC », che poi
si incarica bilateralmente di persuadere medi
e minori (cioè Italia, Benelux, ecc.).
La campapna per l'elezione unilaterale dei
delegati al Parlamento Europeo è stata ottima pcr il periodo di realizzazione e di
assestamento della riunificazione dei fcdcralisti nelllUnion des fédévalistes euvope'ens
(UEF); sono inoltre contrario per principio
alle clamorose a~itocritichc masochistichc;
si tratta peraltro di inquadrare ora l'obictcontivo delle elezioni europee in un
testo sia esterno, di politica generale, sia
delle forze federaliste,
Wistrich (nell'articolo The Way t0 Euyopean Goi~eunmenf)C Ruta, a livelli assolutamente diversi, si pongono entrambi il problema del governo europeo come problema
in qualche modo centrale:
(<
larc e sociale, che dovrebbc gestire questo
governo-ombra, raccogliendo intorno alle sue
indicazioni sempre nuove forze; sul terreno
infatti delle forze Ruta rimane a Lin livello
vagamente radical-populista e ripete generose, ma arcaiche posizioni federaliste, come
se il problema di una nuova società europea
oggi non esistesse né fosse sentito, e rimanesse soltanto un passatempo adatto a
Platone.
H o sempre insistito perché i federalisti interessati alla polifiqtre d'aboud (la
politica che si puì, realizzare con le forze
già disponibili e le cose che si potrebbero
far subito, cc si fosse sul momento al governo) e i federalisti interessati al « modello
di società avvenire » si pongano come due
poli di una dialettica interna C non come
alternativi: debbo dire che oggi la politiqzre
cl'abord la ritengo anch'io molto importante;
ma ritengo necessario che non si tratti di un
pragmatismo cieco, né di una passiva presa
d'atto di « tendenze (popolari o no), perché
occorrc collocare la politique d'abovd nella
stratcqia della costruzione di una nuova
società europea.
I1 inodello, chc è neccssario i fcderalisti
proucnspno, non deve esser cercato nelI'iperuranio: è sem?licemcnte una ipotesi di
lavoro a lunna scadenza, nella quale noi
fedcralisti dobbiamo insistere per una sintesi a priori fra contenuti societari e istituzioni.
Giustamente Mario Albertini in un recente
appunto ha sottolincato, scnza neanche spin,persi a lunuhissimo tcrminc, che le istituzioni federali di una Europa unita ogei non
possono essere le stesse del '700 americano;
io ho fatto altrettanto in un appunto scritto
più o meno contcmporanean-iente ("): ma è
certo che la scelta di unlEuropa che pianifica
e delle rclativc istituzioni è una scelta di
un modello, soprattutto sc si esca dall'equivoco di i.ina pianificazione oscillante tra la
democrazia cd il corporativismo e, creando
yli strumcnti per il pieno primato della politica sull'economia, si faccia la precisa scelta
di una fcdcrazione anti-capitalistica ('come
avrcbbe detto Horkheimer, si faccia la scelta
di un'Europa della Ragione contro l'Europa
delli: rnzionalizzazioni settoriali ovvero della
raqicme strumentale).
Io penscrci a iin Novcrno ombra di un
fronte der~zocuntico ettuopeo, che rivendichi
si~bitoil Parlamento europeo cletto direttaniente:
),
a ) coin!, arbitro democratico - includente le ooposizioni (che. sommate, potrebbero formare in Europa una maggioranza.
sia purc relativa). e tuttc le minoranze delle irrisolubili contcse tra i governi na7ionali;
h) ma soprattutto per dar vita allo Staa ) Wistrich a livcllo possibilista, pro- tuto nolitico della Comunità (compiti costiponendo una diversa utilizzazione dci trat- tilenti), che (rcneri ~ u e l governo curopeo
tati comunitari, senza vclieità « rivol~lzi0- chc dovrà si~bentrarca1 rroverno-ombra genarie » C ironjzzando sui modelli »: ma cgli
stito dal Frontc democratico europco.
v~ioleanche le elezioni dirette del Parlamento
Tuttavia vn Fronte democratico europco
Europeo, non ci spiega perché i governi
nazionali dovrebbero acccttare il suo mar- iion si ccstituisce ( e tantomeno ha i suoi
chingegno (visto che finora hanno usato
martiri, nci casi di emerqcnza) se non vive
dei trattati!: diinentica di dire cosa
dell'inotcsi di una niiova società europca,
debbono fare i fedcl-alisti ( e anche il ~
~ per~ la i quale
- valza la peri? spendcrc un
mento Europeo);
presso impeszno umano: d'altro canto è evidente che nli obiettivi ctico-nolitici di questo
h ) Ruta fa la ragionevole proposta del
governo-ombra, che implica l'analisi della si- fronte democratico europeo trascendono l'imt~iazioneyeneralc a breve e a medio termine:
(*) Il secondo appunto si p~ibblica qui di seguito
( N . (l. R . ) .
ma non approfondisce il tipo di forza popo-
COMUNI D'EUROPA
6
mediato angolo visuale della politique
d'abord.
I compiti del fronte democratico europeo
(che comprenderà t r a l'altro nel suo seno
sindacalisti, intellettuali, ecc.) saranno poi
anche compiti di costruzione in qualche
modo diretta, sovranazionale, della società
europea: solo che nessuno commetterà l'errore della grande contestazione del '68, cioè
quello di non porsi il problema del potere,
delle istituzioni e del programma (fermo
rimanendo che il momento contestativo era
sacrosanto, anche perché contestava quelle
classi dirigenti per noi incapaci e indegne
in quanto cresciute nell'acquitrino nazionale).
In questo quadro l'elezione unilaterale
viene a trovare una collocazione diversa:
non è un momento di una strategia dedotta
da un quadro confederale che non sussiste,
m a può essere ugualmente utilizzata, entro
certi limiti di tempo, come ponte dell'asino
della parte « recuperabile » della classe politica nazionale.
Rimane il problema delle forze che oggi
csistono all'interno dellllJEF: si può pensare a una alleanza dei federalisti italiani
con una parte dei federalisti francesi, col
grosso dell'Europa Unioiz tedesca, con alcuni belgi, olandesi e inglesi (Christopher
Layton, John Pinder, ecc.)?
Rimane anche il problema dei rapporti
delllUEF col Movimento Europeo che, malgrado gli sforzi di qualcuno di noi, a partire
almeno dal 1964 (Stati generali del CCE a
Roma) rigetta la politica del fronte democratico europeo.
D'altra parte i più vecchi amici federalisti ricorderanno che io ero anche contrario
alla vecchia interpretazione di Rifflet di un
fronte democratico europeo come « trust di
cani sciolti »: da una parte c'è l'avanguardia
federalista, m a dall'altra essa, quando opera,
deve sapersi « sporcare le mani » con le
forie politiche e sociali reali, saggiandone
le tensioni interne e facendone emergere,
secondo un punto di vista europeo, le contraddizioni (e non limitarsi a f a r leva sui
ribelli epidermici, gli ambiziosi inappagati, i
« trombati », ecc.).
Finalmente io sento ovviamente come assai
vivo il problema della collocazione del Consiglio dei Comuni d'Europa in questo contesto di lotta: esso non è e non può essere
un'avanguardia di soli militanti come I'UEF.
ma è pur sempre composto (si ricordi) di
enti territoriali cioè di corpi politici vòlti
a soluzioni (e siano pure micro-soluzioni)
globali; insomma il CCE non è un'organizzazione settoriale.
C'è anche la scadenza degli Stati generali
di Vienna (maggio 1974), nei riguardi della
quale il Bureau delllUEF deve essere sensibilinato: è un'occasione che il CCE offre
ai federalisti (dico un'occasione positiva) e
non può essere ridotta a motivo di « inattesa
preoccupazione n.
Roma, 8 febbraio 1974.
marzo 1974
eventuali annotazioni esplicative delle intenzioni) oppure limitarsi all'indicazione di alcuni istituti fondamentali nel quadro di una
«dichiarazione di obiettivi e di intenzioni »?
Vedremo. Comunque dovrà essere u n testo
sufficientemente breve e sufficientemente
preciso e concreto
- la nostra K Comunità federale » dovrà,
nello stesso tempo, scatu~ireda un processo
evolutivo delle attuali istituzioni comunitarie e non aver paura di compiere un salto
di qualità: essa dovrà infatti recepire alcune
esigenze istituzionali del K modello di società
europea », che viene schizzato nel resto della
relazione politica; essa dovrà anche tener
conto che uno Stato federale oggi non è la
stessa cosa che uno Stato federale al tempo
di Hamilton (del resto un'esperienza più
moderna e ricca di utili suggestioni è quella
della Germania di Bonn)
- il nostro progetto federale non si può
fingere che emergu dal nulla o da un «club
di visionari »: negli anni cinquanta c'è stato
il tentativo dell'Assemblea ad hoc; il Movimento Europeo costituì un Comité d'Etudes
pour la Constitution Européenne (le cui
Résolutions sono in u n opuscolo stampato
nel 1952 a Bruxelles)
occorrerà tenere presenti gli « Studi fedevalisti», redatti sempre per conto del
Movimento Europeo sotto la guida di due
studiosi americani (Boivie e Friedrich, quest'ultimo un tedesco nafzlralizzafo):essi sono
stati tradotti in italiano
comunque il progetto di Stato federale
più aperto alle esigenze di una società inoderna e progressista rimane sempre « L'ordine politico delle Coinzlnifà » di Adriano
Olivetfi (1945; ristainpato recentemente): in
esso è delineato coerenteinente il quadro
istituzionale di una pianificazione globale,
che per Olivetti è una « sintesi a priori » di
programmazione economica e di pianificazione del territorio (aménagement du territoire,
town and country planning, Raumplanung),
cioè uno sviluppo razionale rapportato costantemente al territorio ove si verifica e
all'iloriio
persona e coinunità - che ci
vive (il CCE ha spesso tenuto presente il
pensiero di Adriano Olivetti)
-
- una bozza di Costituzione non deve
necessariamente includere riferimenti all'organo costituente che dovrà farla sua: ma
qui occorrerà chiarire che il Parlamento
Europeo dovrà avere il compito di redigere
un primo Statuto politico, dotato dell'essenziale per la partenza di una Comunità federale, e di emanare altresì una dichiarazione
di intenzioni, che prenderanno corpo successivamente
pertanto la bozza sarà utile che preveda
anche una « dichiarazione di diritti ( c f r .
M L'avventura europea » di Spinelli, pag. 146
sg.) e anche l'indicazione dellu possibile reali??azione in due o più tenzpi di taluni
istituti; ad esempio: in un primo tempo si
ipoti?zare unu Canzera popolare e un
può
Umberto Serafini: Un primo a~punto
ver uno schema istituzionale del- Senato degli Stati che sia la diretta emanazione dell'attuale Consiglio dei Ministri col'Unione europea
munitario, e in questa fase si può pensare
(traccia di linee per una Costituzione federale
a una Conferenza dei poteri regionali e loe di una esposizione di obiettivi, alla cui attuazione un processo costitilente, non necescali, organo consultivo (che, insieme a un
sariamente istantaneo, dovrebbe prima o poi
Consiglio europeo del lavoro e dell'educatrovare strumenti istituzionali adeguati)
zione, dovrebbe riinpiazzare il corporativo
- Per gli undicesimi Stati generali (Vien- Comitato econo~ilicoe sociale, che va canna, maggio 1974) è bene tracciare una vera e cellato tout court: il che non contraddice al
propria bozza di Costituzione federale (con fatto che, per un piano di sviluppo razionale
))
della Comunità, siano pensabili anche altri
strumenti federali, come ad esempio il Consiglio europeo della ricerca scientifica e tecnologica, a finanziamento sovranazionale, di
cui feci cenno nella mia relazione politica
agli Stati generali di Roma, 1964; ecc. ecc.);
in una seconda fase il Senato degli Stati
può diventare il Senato degli Stati e delle
Regioni (ovvero delle Regioni, in proporzione diversa rappresentative degli Stati),
riassorbendo la Conferenza di cui sopra
( a parte il problema dei Poteri locali minori:
per questi si tratterà piuttosto di garentirne
l'autogoverno che non di dar loro una diretta rappresentanza federule)
- la K dichiarazione dei diritti e dei doveri » (sempre che i doveri non suonino
troppo arcaicamente « mazziniani »: ma di
doveri si tratta) potrebbe constare di 5
punti:
l - i diritti individuuli del liberalisino,
visti soprattutto in base a ciò che oggi più
sottilmente li minaccia (per es. l'attacco alla
privacy in conseguenza dello sviluppo d~
certa tecnologia: cfr. i 3 voll. CC Razionalità
sociale e tecnologie dell'informazione - descrizione e critica dell'utopia tecnocratica n,
atti del Seminario internazionale di Courmayeur del settembre 1971, a cura del Cenfro
Studi della Fondazione Adriuno Olivetti)
2 - i diritti economico-sociali del sociulisnio tradizionale ( c f r . anche lo Statuto dei
3 - i diritti relativi ulla possibilità concreta di esercizio dei formali diritti democratici (informazione, espressione, associazione...), alla possibilità del godimento di
certi consumi sociali (non solo « materiali
- per es. sanità - ma anche culturali), di
un tempo libero non egernonizzato dalla logica della produzione, di una decente qualità di vita (natura e insediamento umano:
cfr. il recente convegno a Roma delllINARCH,
con gli interventi di Ludovico Quaroni e
di Rosario Assunto, sul diritto a una cittù
umana e, quindi, a veder rispettate certe
regole)
4 - diritti delle comunità territoriali ininori (Poteri locali: cfr. la Carta europea
delle libertà locali D, proclamata dagli Stati
genevali di Versailles nel 1953 - coi necessari aggiornamenti - e la (C Carta federalista dei Poteri locali », proclamata dai V I
Stati generali - Vienna, 1962 -) e delle
ininoranze etniche (senza cadere nell'héraudisino!). Iingzlistiche, religiose, ecc.
C(
5 - diritti della Coinzlnità inondiale in
potenza (attraverso I'evolzlzione federale
delle Nazioni Unite) verso la Federazione
europea ( e quindi doveri della Federazione
europea verso l'ordine sovranazionale planetario, la pace, ecc.)
in particolare, doveri della Federazione
europea verso i Paesi nzeno fortunati (eguuglianza internazionale): il discorso è con?plesio, perché non investe solo il fallo che
i ricchi debbono aiutare i poveri, nia anche
[o: pii~ttosto]che l'amministrazione di beni
naturali / moneta / ecc. deve diventare comune, perché i diversi fattori sono interdipendenti ( c f r . il problema dell'energiu, il
monopolio delle sue fonti da parte di alcuni
Paesi, fuori dei quali si trovano molti altri
Paesi sia a forte industriali?zazione che poco
sviluppati o in via di sviluppo; insomma
contestazione dell'imperialis~iro e basi per
COMUNI D'EUROPA
marzo 1974
7
una democrazia sociale planetaria: o sarà
la fine del m o n d o « in progresso »)
- una problemutica che occorre introdurre i n pieno nel « nuovo federalismo
della bozza è quella dell'esigerzza di istituzioni adeguate a una prograrnrnazione o
pianificazioiie globale ( c f r . quanto detto
sopra d i Olivetti), che richiede l'organizzuzione della società e del suo sviluppo i n n o m e
della ragione ( u m a n a ) e contro le razionalizzazioni o ottimizzuzioni puramente settoviali
(corporativismo; la tecnologia avanzata in
qirest'ultimo quadro ha dato luogo a u n
pairroso n e o - f e ~ ~ d a l e s i m oin
) ; questo senso 18a
critica al « consumismo » non vuol dire l'ipotesi di una società di stagnazione, m a il rifiuto dei constrini indotti dalle esigenze
delle ottinzizzazioi~i o razionalizzazioni settoriali: si tratta di partire dall'rromo e rrletleve l'industria ( e la tecnologia) al suo
servizio
ciò iinplica il rifiuto d i tutte le rappresentanze di interessi « organizzati o « costituiti », siano padronali siano dei lavoratori
integrati nel sistema ( e cioè legati al K modello », capitalistico o socialbirrocratico); ciò
iii~plicail rifiuto, senz'altro, della cogestione
(della parte corporativa del Mitbestimmung),
m a anche una accentuata cautela nei riguardi
dell'autogestione (la vita globale dell'rromocittadino si svolge tutta sul territorio, di crri
l'officina, l'azienda agricola, l'ufficio soizo
solo parte: e poi non è detto che l'nnarcosindacalismo, implicito i n certa filosofia
dell'autogestione, non porti anch'esso ul cancro della razionalizzazione settoriale, non
nzediuta - a priori! - nell'interesse generale)
))
- bisogna stare attenti alle ambiguità che
porta coli sé il discorso della « c r i s i dell'Esecutivo » proprio nella fase storica i n cui
si delineerebbe u n « primato dell'Esecutivo »
I'Esecutiilo « forte » perché oggi non ci
pzri~ essere soluzione di continuità nel governo d i irna società che, oltre ad avere la
bomba atonzica, presenta i pericoli indicati
(la Roberto Vacca in ((Medioevo prossimo
venturo » (crisi dei sistemi) e tanti altri
pericoli, è u n discorso poggiato su mancate
soluzioni democratiche del problema ( s i
pensi all'intelligente accorgii77ento costituzionale della Germania d i Bonn, che cioè
non si può far cadere u n Goverizo se n o n si
ha la maggioranza per sostituirlo)
dell'Esecirtivo sul Parlail « primato
nzento, perché 1'Esec~ltivo è « inevitabili i ~ e n t en meglio organizzato del Parlamento,
è una prospettiva sbagliata e antidemocratica: il relatore d'opposizione al Parlamento,
per eseinpio. dovrà ormai avere accesso ai
calcolatori usati dal Governo per far quel
« qualcosa n, che l'opposizione deve essere
in condizione d i criticare
il discorso corretto è uiz altro: ferii70
riiiianendo che non si può tornare interaiiiente a prima delle X I I tavole (cioè i patrizi decidono in base a ragioni nzisteriose,
sconosciute ai - o troppo coizoscirrte dai - '
plebei), l'era della pianifica:.ioi~e è (nzi si
concerla la seinplificuzioize) più zrn'èra tli
niizi~iinistrazioiie clie di leggi ( c h e vengono
.so.siit~rile da K criteri n: qllesii, sì. debbono
essere pubblici e certi, coine le leggi, ed
eguali per t u t t i ) : pertanto cade una parte
della divisione tradizionale dei poteri, il
Parlctiiiento stimola e controlla (beninteso,
Anche l'A bruzzo per l'elezione diretta
dei delegati italiani al Parlamento Europeo
I nostri lettori già cono.
scoilo le analoghe iniziative
prese, su sollecitazione delI'AICCE. dalle Regioni Piemonte e Uinbria (che hanno
dato b~ogoai disegni di legge,
approvati dai rispettivi Consigli regioilali il 3 iiiaggio 1973,
il prinio, e il 29 novenzbre 1973,
il seconrlo, e registrati al Senato della Repubblica coi numeri 1142 e 1438): oggi riprorlucianzo il testo della relaziotre che accoinpagna il disegtio di legge n. 1516, che
cotitie?ie la proposta di eleziotie utiilaterale a .suffragio
r~nivei-salediretto dei delegati
italiani al Parlanzento Europeo, approvatu dal Consiglio
regionale d'Abrirzzo il 19 dicembre 1973.
I A T O DELLA
E P U.B L
LA
LEGisLAruR A
(N. 1516)
D ~ ~ ~ GDI
N LEGGE
O
.
preunt.io
a c o n s ~ ~ ud
o
d'Abnirro
raesmuiu
n 1' waBulo
aorniN1crro
- .
dei
,
ln4
.
unilaterale a ~uffragiou"ivenale
italiani al Parlamento eU'OPw
0xo~nvor.1SENATORI,
il vertice europeo del 20 ottobre 1972 ha fissato al 1980 la scadenza
per la costituzione dell'unione curopea, ha deciso di aflrontare i problemi istituzionali
nel 1975 ed ha inteso rilanciare l'unione econoniica e monetaria; infine, in questo quadro,
ma con riferimento all'unione, ha potenziato la politica regionale e la politica sociale c
comune.
Dieci giorni dopo, a Lussemburgo, il Consiglio dei ministri finanziari dclla Comunità
si è trovato di fronte, per la prima volta in maniera concreta, ai difficili problemi del
coordinamento, nonché dell'integrazione economica e l'inanziaria condizionata da una
moneta con-iunc.
Dal l o gennaio 1973, conie è noto, è divenuta ufficiale l'Europa dei Nove, per l'ingresso
nella Comunità economica europea della Danimarca, della Gran Bretagna e delllIrlanda,
mentre non va sottaciuto che, in precedenza, la Norvegia, attraverso il voto popolare,
aveva detto il suo « no D all'iiigresso nell'Europa.
Ciò premesso, in punto di fatto, varrà considerare la portata pratica dellc risoluzioni
degli Stati generali di Nizza, la posizione critica assunta dall'Associazione dei Comuni,
province, regioni, sezione italiana (AICCE) e da tutto il Consiglio dei coniuni d'Europa
(CCE), nonché le complesse ed alle volte deludenti vicende che non hanno portato ad
una politica monetaria europea, per trarne il convincimento che i poteri locali, e prime
tra tutti le Regioni, non possono sottrarsi alla loro storica responsabilità non intervenendo politicamente nel processo di integrazione sovranazionale in corso. Di qui, la
richiesta diretta espressamente a tutte le Regioni ed a tutti gli enti locali della Rcpubblica italiana da parte della direzione nazionale delllAICCE.
La Regione Abruzzo non può restare estranea a tale processo, che la riguarda direttamente per i suoi problemi di sottosviluppo, da inquadrarsi, per ovvi motivi, nella
politica regionale comunitaria e nella politica sociale eomunc.
Così è per tutte le Regioni che, nella prospettiva di avviamento della Coinunità europea
vcrso un autentico bicanieralisnio (Catncra dei popoli e Camera delle regioni c Lander),
soiio interessate direttamente ad una efficace politica regionale comunitaria, sovranazionalc e democratica, che tenda ai seguenti obiettivi:
- realizzare l'unione di tutte le forze regionalistiche ed autoiioniistc, al di sopra
delle frontiere cd in alleanza con i sindacati dei lavoratori;
- assumere le rivendicazioni delle Regioni sottosviluppate e periferiche;
- sviluppare un'azione comune pcr un piano europeo volto a superare, d'intesa
con le Regioni sottosviluppate, i problemi delle Regioni congestionate e di quelle in
declino produttivo.
PerchC ciò sia, come è nei voti dei federalisti e rcgionalisti europei, occorre riconoscere, innanzi tutto, che attenta valutazione merita il fatto che, nella fase attuale del
processo di integrazione europea, non sono più ottenibili concreti progressi attraverso i
metodi del gradualisrno e del funzionalismo; ma solo tnediante l'intervento diretto del
popolo europeo nel procedimento di unificazione delllEuropa, e cioè attraverso l'elezione
diretta del Parlamento europeo.
Attualmente non va negato che il quadro dell'integrazione europea è dominato dallo
scontro tra la linea di sviluppo sempre più confederale della CEE, che dovrebbe consolidarsi attraverso la istituzionalizzazione dei vertici dei Capi di Stato e di Governo, e
la linea di sviluppo federale e democratico che passa attraverso l'elezione diretta del
Parlamento europeo, che implicherebbe necessariamente la nascita di un potere federale democratico europeo.
Non viene cioè condivisa la linea confederale che implica che le fondamentali decisioni comuni vengano adottate all'unanimità da organi di carattcre diplomatico, che
determinano l'impossibilità concreta di una programmazione curopea che affronti e
risolva il problema degli squilibri economici, sociali c territoriali, esistenti non solo in
Italia ma nella intera Europa, ed impediscono in sostanza un'cfficace, incisiva politica
regionale.
T1 Consiglio regionale d'Abruzzo ha già avuto modo di approvare all'unanitnità un
ordine del giorno, presentato dal consigliere regionale Lucci, tendente a sollecitare il
Senato della Repubblica per la conclusione favorevole dell'iter del disegno di legge di
iniziati~zapopolare n. 1 avente lo stesso oggetto.
In sostanza, il presente disegno di Icggc proposto nel testo elaborato dalllAICCE vuole
concorrere a superare resistenze dilatorie ed a raggiungere lo stesso scopo di quello di
iniziativa popolare (registrato al Senato con il n. 1) e di analoghi provvedimenti che
hanno iniziato l'iter in altri Paesi della Comunità, al Fine di isolare i Paesi reticenti
circa l'attuazione degli articoli 138, 108 e 112, rispettivatnente, dei trattati istitutivi della
CEE, delllEuratoni e della CECA (rivisto) ed operare una pressione coordinata per le
elezioni europee generalizzate e siinultanee.
8
continua a far anche leggi: n o n si è detto che
non ce ne sia più bisogno); oltre ad attenuarsi la divisione dei poteri nel senso
Locke-Montesquieu, cade la divisione di competenze (la vecchia coesistenza di sfere di
« competenze riservate ») fra Stato federale
e Stati federati, fra Regioni ( e Poteri locali
minor;) e Stato: la pianificazione concede
una autonomia di « inomenti » e n o n di
« cor7ipetenze » (M.S. Giannini ha parlato,
sia pure in senso u n po' diverso, di « morte
delle autonomie n)
COMUNI D'EUROPA
che il potere centrale, d'altronde, non avochi
a sé quanto
possono e debbono fare la Regione o il
C o ~ n u n e ) ,m a che si presenta anche come
esigenza di superare il parallelismo ( c o n purallele che n o n si incontrano) fra comunità
politica e (C società spontanea » (quanto sia
spontanea, lo si sa!): le Regioni m a (vorrei
chiedere) anche i Laender tedeschi quanto
controllano o regolano la crescita delle aree
metropolitane? (certo, uno almeno dei fattori
di questa crescita va governato prevalentemente a livello sovraregionale, m a ciò n o n
catnbia il problema)
- principio di sussidiarietà
-
e allora? allora il nuovo garentisrno federale dovrà basarsi sull'equilibrio degli
b ) la pianificazione democratica ha una
autogoverni esistenti ai diversi livelli; ciascun
Iii~ello di autogoverno dovrà poi conciliare via ascendente (la raccolta dei dati, dei pastabilità e deinocrazia, con una rinnoi~ata reri, ecc.), una formulazione centrale, una
dialettica Esecutivo-Asseii~blea (federale, na- via discendente (attribuzione ai varii livelli
zionale, regionale, comunale, ecc.)
dell'esecuzione e... della possibilità, anche
finanziariu, di eseguire): si pianifica in base
c'è poi il problema di far valere, accanto a una certa situazione economica, sociale,
alla « distinzione » dei m o ~ n e n t ie dei livelli, umana, eccetera, poi la congiuntura (questa
il problenza della loro reale collabor~azione angtrilla) sconvolge tutto; bene: ammettianzo
nell'àtnbito del piano globale e razionale:
che la congiuntura faccia mutare, con ritmo
a ) pena la frustrazione, il disainore più rapido del pianificar democratico, lo
per le istittrzioni e il qualunquistizo, a cia- spendibile e che della valutazione dello
scun livello deve essere a f f i d a t o solo q~lat7to spendibile sia investito il vertice den~ocrapuò effettivamente inandarsi avanti e tutto tico (potere centrale); quello tuttavia che
quello che può mandarsi avanti a quel Ii- non è ammissibile è che poi le variazioni
vello: è la questione della « efficacia detno- nella ripartizione della spesa siano fatte, in
cratica D, ben nota ai federalisti ( c h e Io
esclitsiva, dal potere centrale e, sovente per
Stato nazionale non pretenda di fare quanto esso, dalla burocrazia centrale (influenzata
può fare solo la Federazione continentale e dai lobbies): occorre pertanto creare u n
marzo 1974
organo di agile collegatnento fra gli Esecutivi dei varii livelli per decidere (responsabilmente perché consapei~olinente)le variazioni di spesa, con le rispettive nuove attribtrzioni al centro e in periferia (questo è
u n tipico problema della collaborazione fra
gli Esecutivi, al di sopra di indebite egemonizzazioni, ed è altresì u n tipico problema
di u n federalisino integrale moderno, che
non sia f e r m o alla farnigerata « Charte di
Montreux - 1964 -, da m e duramente
attaccata ... a Montreux)
- c'è il problema specifico d i u n Esecutivo federale, oggi, nelllEuropa che vuole
uscire da esasperati nazionalistni: quindi di
u n Esecutivo che non abbia solo presenti i
rapporti politici, ideologici, ecc., ma tenga
realisticamente presenti ... le gelosie nazionali (insomma, almeno per u n certo periodo,
c'è il problema del dosuggio nazionale dei
metiibri delI'Esecutivo federale). Sono ancora incerto se per ora ciò voglia dire che
la formazione dell'Esecutivo federale dovrà
essere affidata al Senato degli Stati ( e x Consiglio dei Ministri comunitario), dando alla
Camera popolare di appoggiare o respingere
- la Corte di Giustizia federale (strlla cui
forinazione non h o ancora idee chiare, salvo
ad aver presenti i paurosi atteggiamenti
reazionari della Corte Costituzionale italiana
nei campi della scuola, dell'urbunistica, dell'autonomia regionale, ecc.: per cui da noi
qualcuno parla, per esempio, di necessarie
integra~ioni (C regionali » della Corte Costituzionale, ecc.) dovrà in qualche modo occuparsi di tutta la tematica della C dichiarazione dei diritti » (cfr., tra l'altro, l'art. 1-111
della « Carta europea delle libertà loccili >,
del CCE)
- ci sono poi le questioni del meccanismo
elettorale, dei partiti, ecc.
è chiaro, an7i è ovvio che un'infltlenza
fondameiztale strlla qualità dei partiti la ha
l'assetto societario: nia a questo effetto trna
bozza di Costittlzione europea, ntulgrado la
« dichiarazione dei diritti ( e dei doveri) n,
la prospettivci di una pianificazione globale,
l'anticorporatii~istno, ecc., riniane piuttosto
neutra
in ogni iiiodo, data la loro rilei~anza
costituzionale », i partiti non potranno rimanere assenti dalla bozza; d'altronde è
stato osservato (sia pure con qualche esagerazione, e non distinguendo sufficienten~ente
fra partiti e partiti) che i partiti sono figli
del sistema elettorale (il quale a sua volta ...
è figlio dei partiti): il che non nzi dice ancora quale meccanismo elettorale suggerire
per ttna Comunità federale europea (proporzionale; vroporiionale corretta alla maniera tedesca: colleyio uninominale u!lfinglese senza ballottaggio; o ..)
piuttosto curerei che su scala federale
sia, in ciascun collegio, assicurata una corretta cernieru fra detizocrazia diretta P deinocrazia rappresentativa (il che itizplica una
reale democrazia di base, quartieri democratici, circondari rtlrali deniocratici, centri
comunitari. ecc.), senza la quale, oltretutto,
si affermano partiti burocratici e corporativi
- sotto il controllo della Camera popolare
federale e coi? la partecinazione di t u t t e le
formazioni politiche della Comunità, che
abbiano avtcto almeno il 10°h dei suffragi in
uf7 parlan~ento( i n quale delle Caniere? me-
marzo 1974
diamente, se è uno Stato a regime bicamerale?) nazionale o 1 rappresentante nella
stessa Camera popolare federale, sono favorevoie alla creazione ( c o n f i ~ a n Z i a m e n t 0federale automatico e adeguato ai compiti di
istituto, che andrebbero ampiamente precisati) di una Agenzia di stampa sovranazionale, quotidiana e diffusa in tutte le regioni
della Comunità federale ( n o n si dovrebbe
trattare di una specie di Gazzetta ufficiale,
m a di uno strumento per u n confronto di
idee e per una garantita circolazione di notizie)
- specie nella fase iniziale, può giuocare
u n ruolo importante rrna « Corizmissione di
mediazione per il bilancio » (mediazione fra
Consiglio dei Ministri coriztlnitario e Camera
popolare), f e r m o rimanendo che l'iniziativa
passa interamente all'Esecutivo ( e x Cornmissione comunitaria): tale Commissione è
stata proposta da Brandt, a simiglianza di
COMUNI D'EUROPA
quella tedesca che c'è fra Bundestag e
Bundesrat, nel recente discorso al Parlamento Europeo
- C'? il problema di una Corte dei Conti
federale (cfr. anche qui il discorso di Brandt
al Parlamento Etlroaeo)
- c'è il problema di u n Tribunale fiscale
federale ( c f r . relazione Serafini agli Stati
generali di R o m a )
- il Consiglio europeo del lavoro e dell'educazione dovrà garentire una certa « condizione operaia », contribuire alla promozione umana dei lavoratori ( e dei cittadini
europei t u t t i ) e non alla mobilità della manodopera a profitto del capitale ( e tale da
rendere le regioni sovraccariche ancor più
sovraccariche e le già povere u n vero deserto
umano), ecc.: esso non doilrù invece svolgere compiti più o meno apertamente corparativi.
Roma, 23 gennaio 1974.
b) lo svolgimento dei lavori
Una campagna popolare perché venga af
fidata subito al Parlamento Europeo la stesura del progetto di Unione politica, è stata
decisa dalla Commissione italiana del Movimento Federalista Europeo nella sua riunione
del 9 febbraio a Roma, presente anche il
Segretario generale delllUEF, Caterina Chizzola, in occasione dell'assegnazione al Movimento della « Targa Europa » per il 1974.
La relazione introduttiva ai lavori è stata
tenuta da Mario Albertini, presidente del
MFE, che ha esordito affermando che in
questo momento di crisi, come ha recentemente sostenuto anche Spinelli, non bisogna
cedere né al pessimismo né all'ottimismo:
bisogna lottare perché la lotta per l'Europa
è aperta. Se la Comunità muore, è il ciclo
storico dell'integrazione europea che finisce
proprio mentre si notano certi segni di vitalità, come i ravvedimenti tedeschi sui problemi della politica regionale comunitaria e
l'impegno politico europeo dei c o m ~ n i s t i(di
cui l'ultimo e più importante atto è stata
la Conferenza di Bruxelles del 26-28 gennaio 1974). I1 fatto stesso - ha detto Albertini - che il Partito comunista si interessi
ai problemi della Comunità dimostra che
queste sono ancora un corpo vivo sul quale
poter operare, anche se non sappiamo se
vinceremo o rimarremo sconfitti. In questo
momento il ruolo del MFE è quello di sollecitare i partiti, cui spetta di fare la battaglia
finale, perché concentrino il loro impegno
sulla politica europea.
Albertini ha quindi dichiarato la sua adesione al Piano Spinelli D, il quale indica
con chiarezza una prospettiva politica alle
forze politiche, che vuole impegnare direttamente ad un sì o ad un no, e permettc
inoltre una rapida soluzione della crisi, come
a suo tempo avvenne con l'« Assemblea ad
hoc N. I1 problema, ha continuato Albertini,
è quello di mettere in marcia l'Assemblea
costituente tenendo però presente che la
Comunità può creare solo una Costituzione
di transizione, poiché, al contrario di quanto
avviene normalmente, qui non si tratta di
dare una Costituzione ad uno Stato che
esiste già ma, anzi, nel nostro caso non
possiamo indicare con precisione nemmeno
i principali istituti costituzionali dei Paesi
della Comunità, mancando le linee generali
di esperienza: per cui solo dopo quattro o
cinque anni di periodo transitorio si potranno trarre gli insegnamenti per una effettiva Costituzione europea. Ma il periodo
transitorio inizia con il trasferimento dei
poteri a livello europeo e su questa strada
si pone la soluzione proposta da Spinelli,
secondo il quale solo il Parlamento Europeo,
fra tutte le Istituzioni comunitarie, può essere investito del compito costituente, cioè
essere incaricato di redigere, per il 1975, il
rapporto sull'Unione europea, come hanno
deciso i Capi di Stato e di Governo nel
Vertice di Parigi.
A questo punto è importante sottolineare
che, ha proseguito Albertini, sulla posiione di Spinelli hanno manifestato la loro
convergenza tutte le forze politiche e sociali
italiane. nonché il Movimento Europeo e il
Consiglio dei Comuni d'Europa. In particolare, il MFE si trova d'accordo con Spinelli anche perché l'iniziativa per l'elezione
a suffragio universale della delegazione italiana al Parlamento Europeo .è complementare con la sua proposta. Albertini h a poi
sostenuto c h ~l'Italia si trova in posizione
privilegiata in questa battaglia, non solo
perché tutti i partiti antifascisti si sono
dichiarati d'accordo su di essa m a anche
perché l'Italia si è sempre trovata all'avanguardia sul problema euroveo, dalla Resistenza ai tempi della CED: vale la pena
ricordare che in condizioni meno favorcvoli
- senza l'unione doganale ed agricola, portata avanti in questi anni dalla CEE, e senza
l'appoggio dei partiti della sinistra, schierati
contro l'unità europea -, sulla base di urla
proposta di Spinelli che Dc Gasperi fece
propria e fccc accettare dal Consiglio dei
Ministri della Comunità (nonostante la riluttanza di Schuman e di Adenauer), l'Italia
chiese ed ottenne di affidare alllAssemblea
della CECA il compito di redigere lo Statuto
della Comunità politica. Allora, per pochi
voti al Parlamento francese, la battaglia fu
perduta. Oggi possiamo vincere, m a dobbiamo organizzarci e batterci con vigore, puntando su un preciso strumento da portare
avanti e cioè una K petizione » al Parlamento
Europeo, attraverso una campagna popolare
9
nella quale il Movimento Federzlista Europeo coinvolga tutti i partiti costituzionali
e prestando attenzione anche alla contestazione che la battaglia europea dovrebbe far
riflettere e maturare.
Questa campagna deve giovarsi anche della
collaborazione dei sindacati, nonché del Movimento Europeo e del Consiglio dei Comuni
d'Europa, che hanno già intrapreso una serie
di azioni europee, come quella lanciata da
Serafini sulla problematica istituzionale.
Albertini ha concluso la sua relazione
sostenendo che le varie iniziative si possono
riunificare intorno alla « petizione », che
deve però essere sulla proposta di Spinelli,
perché o affronta il tema costituzionale o
non serve a nulla.
Dopo la relazione politica si è aperto il
dibattito. Per primo ha preso la parola
Andrea Chiti-Batelli, il quale ha dichiarato
fra l'altro che il cosiddetto « Piano Spinelli »
(cioè: mandato costituente al Parlamento
europeo, opportunamente rieletto ad hoc)
è valido ove ad esso si aggiunga l'impegno
dei governi a sottoporre tale progetto direttamente a ratifica dei Parlamenti nazionali
o, secondo le consuetudini e le leggi dei vari
Stati, a referendum.
Gianni Ruta, segretario della sezione di
Roma, ha illustrato la mozione che la Commissione italiana, dopo qualche modifica
proposta da Gino Majocchi e Mario Albertini, ha fatto propria (v. il testo integrale
a pag. 10).
Carlo Meriano ha esposto alla Commissione italiana le difficoltà incontrate nel portare avanti in seno al Bureau Exécutif delI'UEF la linea politica italiana. La timidezza
del Bureau e paralizzante, Secondo certi
membri del Bureau, l'unico atteggiamento
concreto ì: il suqqerimento ai governi, non
essendovi vossibilità di aziorie alla base.
Sergio Pistone ha proposto di riprendere
il tema del governo a sei (cioè un governo,
in Italia, dai liberali ai comunisti), per
evitare che i partiti si concentrino sul problema interno escludendo quello europeo.
Lo sbocco della crisi in Italia è una dittatura, se non si prospetta una via di uscita
europea.
Dopo gli interventi di Bernstein, Caizzi,
Lancellotti, Lucarclli, Zanzi, Usai, G. Majocchi, Timossi, Chizzola, Granelli e Orsello,
è stato approvato all'unanimità il suddetto
documento Ruta-A1bertini.
termine cici lavori si è passati
7ione delle cariche. La Giunta csccutiva
risulta così con~posta:Mario Albertini, presidente; Gian Picro Orscllo, vicepresidente;
Alberto Majocchi, segretario; Alfonso 10770,
vicesegretario; Teresa Caizzi, tesoriere; J. Di
Cocco, S. Granelli. C. Meriano, F. Praussello,
G. Ruta, U. Serafini e G. Vigo, membri.
Alla Giunta esecutiva ì. stato affidato il
compito di redigere proposte concrete per
il lancio della campagna popolare per la
raccolta di firme sul testo di una o più
petizicni, da realizzarsi attraverso la mobilitazione di tutte le forze federaliste, europeiste e dei partiti costituzionali. Precedentemente, in mattinata, la Commissione ita
liana si era riunita, sempre alllHotel Palatino, per esaminare alcuni problemi organizzativi e illustrati da una relazione del
segretario nazionale Alberto Majocchi, che
ha csposto i suggerimenti, pervenuti alla
segreteria, di variazione del nuovo regola-
marzo 1974
COMUNI D'EUROPA
1O
mento del MFE, divenuto, dopo l'unificazione
dei federalisti europei, la sezione italiana
dell'unione Europea dei Federalisti. Dopo
una breve discussione, il regolamento è stato
approvato all'unanimità.
Si è poi aperta la discussione sul problema
della stampa federalista, introdotta da Sante
Granelli, a nome del « gruppo di lavoro sulla
stampa D: è stato deciso di trasformare l'at-
C)
tuale « Milano Federalista in « L'Unità Europea n, organo del Movimento, riprendendo
così la testata del primo giornale federalista
creato da Spinelli nel 1943. A questo periodico, dedicato alla discussione politica, si
affiancherebbe il bollettino « Europa Federata », curato dalla sezione di Bologna, con
il compito di informare i militanti sulla
vita del MFE e delllUEF.
il documento finale
La Commissione Italiana del Movimento
Federalista Eiiropeo riunita a Roma i1 9 febbraio 1974,
cienza degli attuali strumenti decisionali
pur essendo evidente i'impossibilità di qualsiasi risposta nazionale.
CONSTATATO che la crisi che si sta abbattendo sull'Europa è generalizzata, nel senso
che coinvolge tutto e tutti ed è ingovemabile nel senso che non consente alcuna soluzione nel quadro degli attuali rapporti internazionali.
che se l'Europa affronterà la
crisi in ordine sparso, come sarà inevitabile
se non si awia immlediatamente il meccanismo costituente per costruire la Federazione Europea in tempi brevi, i rigurgiti di
nazionalismo, di cui ovunque si vedono segni
evidenti, troveranno il loro naturale alleato
in tutte le tendenze reazionarie, rendendo
così precarie le attuali istituzioni democratiche, le conquiste sociali e le prospettive
di realizzare quel diverso modello di sviluppo oggi più che mai indispensabile.
DICHIARA che la reazione dei governi i
quali tendono a rinchiudersi in se stessi alla
rioerca di soluzioni nazionali entrando in
concorrenza l'uno con l'altro per offrire i
loro prodotti ai nuovi ricchi del petrolio e
per comprimere le importazioni che provengono da paesi i quali hanno anch'essi il
problema di riequilibrare una bilancia dei
pagamenti destinata ad essere fortemente
deficitaria, non può che aggravare la crisi
generale, senza per questo alleviare quella
di nessuno.
INDICA le opportunità che offre la crisi
in quanto contesta la validità degli attuali
rapporti:
- tra paesi sviluppati e paesi in via di
sviluppo, caratterizzati fino ad oggi da un
crescente divario tra l'abbondanza c0ns-istica degli uni e la miseria irriscattabile
degli altri;
- tra gli stati europei che fanno capo
alla Comunità, in quanto mostra I'insuffi-
.-AWERTE
AUSPICA che il progetto di legge di iniziativa popolare per l'elezione a suffragio diretto dei delegati italiani al Parlamento
Europeo venga immediatamente approvato al
fine di rafforzare il ruolo costituente che
dovrà essere assolto dal Parlamento Europeo.
(approvato all'unanimità)
di Caterina Chizzola
2. La crisi in atto è, in effetti, diversa da
quelle che l'Europa ha conosciuto fino ad
oggi. E' la prima volta che una crisi delle
Comunità europee coincide con una crisi
degli Stati membri, di modo che non si può
risolvere l'una senza risolvere l'altra. Solo
rimettendo in moto l'integrazione europea
potremo evitare i l ritorno al na~ioi-ialismo
economico c al i-ia~ionalisn-iopolitico che
ne deriva e che già riafliora.
3. Generalmente si pensa che l'errore dei
govcrni è di non aver coordinato le loro
politiche economica, regionale ed energetica
5 . L'Europa non ha ancora superato lo
stadio del coordinamento, neanche dopo il
periodo transitorio del Mercato Comune. Da
allora, l'Europa ha regredito invece di procedere. Possiamo quindi chiederci se la crisi
attuale può essere risolta con il semplice
coordinamento politico.
6. La risposta la si può trovare presso
Hamilton: « Sperare nel mantenimento dell'armonia fra diversi Stati indipendenti vicini
RITIENE che il compito dei federalisti
sia quello di rivolgersi al popolo europeo
mediante una petizione per l'attribuzione al
Parlamento Europeo del mandato costituente
ed alle forze politiche e sindacali democratiche perché tale mandato gli sia attribuito,
nella formula nota come «Piano Spinelli »,
coli tutta l'urgenza richiesta dalla presente
situazione.
N o t a s~lll'attuale sitnazione poh'ticd enropea
e l'azione d e i federalisti enropei
1. La situazione in cui si trova attualmente
l'Europa sta diventando drammatica. E' una
crisi generale e necessita una soluzione
globale.
ranza ed è stata introdo'tta la regola dell'unanimità. I1 Consiglio dei Ministri (cioè
i governi nazionali) è divenuto, in pratica,
l'organo decisionale, mentre il ruolo della
Commissione è stato ridotto a quello di organo tecnico. Un tale sistema non poteva
funzionare a lungo, come dimostra la crisi
attuale.
di non aver dato l'avvio ad una politica
estera né a d una politica di difesa. Ma
bisogna chiedersi: perché tutto ciò non è
stato fatto e come siamo arrivati a questa
crisi?
C
4. La Comunità non ha realizzato l'Unione
cconomica e monetaria perché i governi
hanno falsato il meccanismo previsto dai
Trattati di Roma. Infatti essi sono riusciti
ad impedire le elezioni dirette dei membri
del Parlamento europeo (articolo 138) e
quindi la partecipazione dei cittadini. Tali
elezioni erano state previslc come un m e u o
di sostegno e di contrappeso democratico
al voto a maggioranza del Consiglio e ai
poteri della Commissione. Ma, invece di
sviluppare il sistema previsto dai trattati
di Roma, è stato abolito il voto a maggio-
Caterina Chizzola
c sovrani vorrebbe dire perdere di vista il
corso uniforme degli avvenimenti umani e
andare contro l'esperienza dei secoli D. S e
riconosciamo questa verità t: possibile far
ripartire l'Europa.
7. Non si può dar prova di realismo se
non attraverso la volontà di fare una vera
politica economica con nove governi anziché
con uno. E ciò è ancora più vero per quel
che riguarda la politica estera.
Del resto non è concepibile riuscire ad
integrare l'Europa conducendo separatamente una politica agricola, una politica
industriale, una politica energetica, una politica regionale, ecc. I n politica « tout se
tient ». Tutti questi problemi da risolvere
fanno parte della politica stessa, che deve
essere condotta nell'interesse dei cittadini.
8. Ma non è possibile fare una politica
comune senza l'appoggio dei partiti e dei
cittadini. D'altra parte i partiti in questo
momento non sono in condizione di fare
una politica europea, se la loro forza deriva
soltanto dalle elezioni nazionali. E' dunque
necessario che i cittadini chiedano alle forze
politiche di difendere i loro interessi al livello
europeo.
9. La sola iniziativa che i partiti possono
prendere per premere sui governi ( e sul
Consiglio dei Ministri) è di trasferire al
Parlamento europeo il compito di elaborare
la struttura istituzionale, minimum neces-
COMUNI D'EUROPA
marzo 1974
sario per il funzionamento di un governo
europeo. Nello stesso tempo, è necessario
organizzare le elezioni dirette del Parlamento europeo, onde poter sostenere una
politica europea comune attraverso la voce
dei cittadini e dei partiti che traggono la
loro forza da queste elezioni europee e assicurare così il funzionamento dell'avvio ad
una vita politica democratica europea.
10. Perché agire sul Parlamento europeo?
Perché il Parlamento europeo è l'unico 01-gano a livello europeo che rappresenti i cittadini europei e i loro interessi.
11. I1 tempo stringe. Tenuto conto della
crisi generale, I'UEF non può permettersi di
impegnarsi su soluzioni parziali o transitorie, per due motivi:
-primo, è arrivato il momento di lottare per l'applicazione dei principi federa-
listi e per assicurare così la nostra credibilità;
- secondo, perché bisogna concentrare
le nostre esigue f o r ~ esul solo scopo che è
divenuto urgente, la federazione europea.
12. Una simile azione presuppone una chiara interpretazione della definizione Unione
europea.. Non bisogna dimenticare che
l'idea di Unione europea è volutamente
ambigua e vaga, e che è stata preannunciata come il risultato dell'attuale « cooperazione politica, intergovernativa, vigente in
seno alllEuropa dei " Nove " D. Questa cooperazione, costellata di Vertici regolari, costituisce un'operazione diversiva, destinata a
mantenere in Europa, sotto l'apparenza di
atteggiamenti comuni, uno stato di sovranità
fra~ionata.
Bruuellcs, 22 fcbbraio 1974.
((
La «Targa EnroPa 1974
a l Movimento Fededista Enropeo
a) le motivazioni illustrate da Giuseppe Petrilli
Istituita nel 1971 quale solenne riconosci- ranze della Resistenza europea, è indubbiamento dei meriti acquisiti da singole permente ciò che rende diverso, oggi come ieri,
l'europeismo italiano da quello della generasonalità o da gruppi associati nella battaglia
lità dei Paesi europei, nato, al di là dell'impolitica per il conseguimento dell'unità
pegno di alcuni isolati pionieri, sotto l'impuleuropea, la Targa Europa è stata successiso e nella scia delle iniziative assunte dai
vamente attribuita dal Consiglio Italiano del
Governi nazionali tra la fine degli anni '40
Movimento Europeo all'allora Presidente
e l'inizio del decennio successivo e dalle
della Repubblica On.le Giuseppe Saragat c
quali uscirono le istituzioni dell'attuale CoalllOn.le Emilio Colombo, personalità che
munità Europea. Nella presente gravissima
nell'esercizio delle più alte cariche dello
crisi di tali istituzioni e dell'intero processo
Stato e in tutta la loro carriera politica si
di integrazione in atto nel nostro Continente,
erano segnalate per il loro attaccamento
alla causa che noi difendiamo. Per la prima
volta la Targa viene assegnata quest'anno
ad una Associazione politica, la CommisNonostante gli aumenti vertiginosi
sione Italiana del Movimento Federalista
dei
costi della carta e tipografici, CoEuropeo. Da un punto di vista puramente
muni d'Europa D non solo ha conserFormale, basterebbe questo accostamento, e
vato invariato per diversi anni il suo
soprattutto questa priorità, a sottolineare
prezzo, ma ha addirittura notevolmenla considerazione che le forze politiche e
te aumentato il numero medio delle
sociali e le associazioni federate nel nostro
pagine ed è riuscito a contenere entro
Consiglio hanno inteso manifestare per l'orlimiti estremamente modesti l'aumento
ganizzazione unitaria dei federalisti italiani,
delle tariffe di abbonamento che si è
destinandole la Targa Europa per il 1973,
visto costretto a ritoccare per il 1974.
anno in cui cadeva il trentennale della sua
Comuni d'Europa » prega quindi i
costituzione, avvenuta a Milano nei giorni
suoi abbonati di rinnovare con sollecicalamitosi che segnarono l'avvio del nostro
tudine l'abbonamento per il 1974: essi
secondo Risorgimento.
appoggeranno così il più vecchio e
Comc ogni atto del Movimento Europeo,
agguerrito organo di stampa della batla consegna della Targa Europa non è tuttaglia federalista, che vive autonomo
tavia un adempimento formale, m a un gesto
e si diffonde col loro contributo.
politico. Con la celebrazione odierna, il nostro Consiglio intende in primo luogo riaficrmarc pubblicamente e solennemente la
propria fedeltà alla matrice federalista del- la scelta che abbiamo compiuto attribuendo
ai federalisti italiani la Targa Europa per il
l'intero europeismo italiano e il suo fermo
1973 acquista peraltro un significato poliintendimento di perseverare nella lotta per
tico
più diretto, e diciamo pure polemico,
un'Europa unita intesa - come recita testualmente il preambolo dcl nostro Statuto - indicando chiaramente non soltanto la nostra volontà di rimanere fedeli all'ispirazione
«secondo il messaggio di Ventotene che
ispirò la Resistenza antifascista, quale fede- politica e al retaggio morale che ci hanno
razione Fra tutti gli Stati Europci a regime costantemente animati fino ad ora, m a la
dcmocratico che possano e vogliano aderirvi nostra persuasione che questa ispirazione e
questo retaggio siano oggi più attuali che
in piena parità di diritti e di doveri ». La
mai, proprio nella misura in cui la crisi
presenza di questa matrice ideale, che ci
ricollcga direttamente alle lotte e alle spe- presente costituisce una drammatica illustra-
zione dell'inadeguatezza e dell'impotenza
delle soluzioni sperimentate finora.
I federalisti italiani sono stati spesso
accusati, in Italia e fuori, di settarismo e
di astrattezza, perché non hanno mai voluto
rinunziare alla propria anima, conservando,
attraverso le mutevoli e spesso deludenti
vicende del processo di integrazione, una
visione organica ed universaliz~ante delle
proprie motivazioni e dei propri obiettivi
finali. Questa scelta di fondo derivava certo
in parte da un livello di approfondin~ento
culturale notevolmente superiore a quello
riscontrabile altrove, m a si radicava altresì
in un approccio al problema europeo che in
via di prima approssimazione potrebbe cssere definito piuttosto qualitativo che quantitativo. Fin dal manifesto di Ventotene - la
cui novità storica rispetto al pensiero politico dell'epoca non ha certo bisogno di essere
rilevata ancora una volta - i fondatori del
federalismo italiano e principalmente Altiero
Spinelli mostravano chiaramente di rifiutare
una concezione puramente strumentale, e
per così dire dimensionale, del processo
federatore da porre in atto nell'ambito
europeo. In altri termini, essi non proponevano la soluzione federale soltanto come
lo strumento necessario per adeguare la
cornice statuale della società europea alla
dimensione richiesta dall'e\~oluzionetecnicoeconomica della società industriale, ma vi
scorgevano un traguardo storico di portata
universale, poiché solo il superamento della
divisione delllEuropa in Stati nazionali sovrani avrebbe consentito, secondo la loro
intuizione prccorritrice, di strappare dalle
radici la mala pianta dcll'autoritarismo congenito allo Stato nazionale moderno fin dalle
sue prime origini giacobine e del quale il
fascismo era stato soltanto l'espressione storica più recente. In virtù di questa intuizione, i federalisti si ponevano senza equivoco su di una linea chiaramente antitetica
a quclla che puntava esclusivamente a restaurare, in Italia e in Europa, gli istituti e i
costumi della d e m o c r a ~ i aprcfascista. Derivava di qui l'inconfondibile accento liberatorio del loro appello politico e la connessione strutturale da essi stabilita tra macrofederalismo e micro-federalismo, tra costruzione di un diverso e più civile assetto dei
rapporti internazionali c profondo rinnovamento autonomistico all'interno della struttura costituzionale dei singoli Paesi. Dcrivava di qui anche il loro mondialismo.
implicito del resto nel significato universale
che, in una prospettiva storica ancora sostanzialmente eurocentrica, non si sarebbe
potuto mancare di attribuire ad un radicale
rinnovamento politico-istituzionale dell'assetto europeo. Non si trattava soltanto di
garantire stabilmente la pace, dopo le convulsioni belliche chc l'Europa stava allora
vivendo, ma di creare i presupposti di un
ordine internazionale più partecipativo, nel
quale l'antica ispirazione democratica ed
internazionalista ad una conviven~a tra lc
singole comunità nazionali fondata sull'uguaolianza e sul reciproco rispetto trovassc
finalmente le modalità istitu~ionali della
propria r e a l i z ~ a ~ i o n storica.
e
Questa aspiralione universalistica avrebbe trovato più
tardi un ulteiioi-e approfondimento ncl pen5iero di Mario Albertini - divenuto ormai
per tanta parte patrimonio comune di tutti i
federalisti italiani - per il quale il supcramento dell'identificazione storica tra Stato
e Nazionc nell'ambito di uno Stato plurina-
12
i-ionale costituisce appunto il contributo necessario che l'Europa, ed essa sola, può dare
alla liberazione della democrazia contemporanea dalle sue contraddizioni e dai cedimenti alle ricorrenti tentazioni autoritarie
della ragione di Stato.
Senza avere a mente queste posizioni di
principio non si comprenderebbe nulla dcll'atteggiamento dei federalisti italiani. Né
- per non fare che due soli esempi di
grande momento - la loro opposizione ad
un approccio di tipo funzionalista o confcderale, né la loro intransingente e sempre
rinnovata professionc di antifascismo. In
entrambi i casi, si tratta di atteggiamenti
dettati dalla consapevolezza di un pericolo
ricorrente e destinato a riproporsi ovunque
in forme diverse, finché persista la divisione
delllEuropa in Stati nazionali sovrani. La
loro opposizione a formule politiche tendenti
a rinviare indefinitamente la soluzione dei
veri nodi istituzionali del processo di integrazione deve essere vista essa stessa come
una manifestazione concreta e storicamente
attuale della continuità del loro antifascismo,
chc non è riducibile alla sola battaglia contro la persisten~adi regimi dichiaratamente
fascisti in alcune aree periferiche del nostro
Contincnte. a quel modo che una politica
di sviluppo territoriale equilibrato a livello
europco non è certo riducibile ai problemi
specifici posti dalle 7one cosiddette depresse.
C'è comunque una ragione più immediata
di richiamare alla memoria questi temi di
fondo, familiari a quanti come noi sono da
anni impegnati in una comune battaglia.
Siamo giunti oggi, come ho già avuto occasione di notare, a d una crisi di eccezionale
gravità dcll'intcro processo di integrazione,
crisi che a mio giudizio non è una delle
tante incontrate finora, ma il momento terminale di una generale involuzione, destinata ad indicare senza possibilità di equivoci
i limiti strutturali e il fallimento necessario
degli sforzi compiuti finora, e ad imporre
una generale riconsiderazione dclla congruità tra metodi ed obicttivi. A questo
riguardo, il recente Vertice di Copenaghen
tra i Capi di Stato e di Governo della Comunità Iia reso manifesta, per la pochezza dei
suoi risultati e per la sostanziale paralisi
politira che gli ha fatto seguito a livello
delle istituzioni comunitarie e principalmente
del Consiglio dei Ministri, lo scarso fondamento dellc speranze riposte da taluno in
una progressiva istituzionalizzazione degli
incontri di questo tipo, da cui non potranno
uscire se non gcneriche dichiarazioni di
intenzioni e la sostanziale constaiazione delI'im~ossibilità di riungere a soluzioni efficaci e adeguate alla ,gravità e all'urgenza
dei ~ r o b l e m i all'ordine del giorno. Siamo
oiunti al punto che le stesse critiche di valore ri\.olte dai federalisti al metodo del
veriicc appaiono quasi riassorbite e riassu~itf:iiclla vcrifica pura e semplice della
sua in<:fficacia. M? con il metodo del vertice
è la stcssa Comunità chc: minaccia di disfarsi, nella misura in cui non soltanto non
ricsce a propredirc: sulla via dell'unione economica e monetaria, ma addirittura vacillano
posizioni che nai-i'vano ormai stabilmente
conquistate. La recente fli.ittuazione tirl franco ha dato l'ultimo colpo a niianti persistevano a credere che la riduzione dei margini di oscillazione tra le parità nazionali
costituisse davvero una sorta di camicia
di forza. capace di imporre di per sé un
progressivo coordinamento dellc politiche
COMUNI D'EUROPA
economiche degli Stati membri. Anche se
il travagliato raggiungimento di un accordo
in ordine all'entità e al campo di applicazione del Fondo regionale potrà consentirci
di sbloccare la fase acuta delle tensioni che
si manifestano attualmente nei rapporti intracomunitari, non mi sembra dubbio che
la prospettiva del passaggio alla seconda
tappa si sia sostanzialmente allontanata e
che non si possa evitare di riproporre un
discorso intorno ai motivi strutturali delle
difficoltà incontrate fin qui, come sembra
del resto ammettere, almeno in termini formali, anche una recentissima decisione del
Consiglio dei Ministri della Comunità. Per
di più, la politica agricola comune, appesantita com'è da un sistema di pagamenti compensativi resi necessari per f a r fronte in
qualche modo ai contraccolpi delle fluttuazioni monetarie, è ormai ridotta a un simu-
marzo 1974
lacro di se stessa, mentre appare sempre più
chiaro quanto poco affidamento si possa
fare sulla stessa unione doganale in una
situazione in cui le decisioni unilaterali
degli Stati membri in ordine ai mutamenti
delle parità hanno l'effetto di ricostituire
discriminazioni commerciali che tanto faticosamente ci si era sforzati di eliminare.
In queste condizioni, lo stesso consolidarsi
di una ferma opposizione europea ai progetti kissingeriani di cooperazione globale
euro-nippo-americana (opposizione di cui
l'esito del recentissimo Consiglio dei Ministri dedicato ai problemi energetici h a costituito una nuova testimonianza), non offrc
di per sé un apprezzabile elemento di speranza, nella misura in cui la ricerca di una
effettiva autonomia internazionale della Comunità avviene su posizioni soltanto negative
e in definitiva immobilistica. L'Europa chc
nelle foto (in alto): un aspetto della sala durante la consegna della Targa Europa D; (in basso):
Albertini pronuncia il suo discorso; al suo fianco, da sinistra, i Vicepresidenti Giampiero Orsello
e Margherita Barnabei, il Presidente Petrilli, il Segretario generale Lotti e il Tesoriere Enzo
Dalla Chiesa
marzo 1974
si afferma di voler difendere si presenta
sempre più come una scatola vuota e come
la copertura formale di una politica intesa
a garantire soltanto l'autonoma iniziativa
inlernazioilalc dei singoli k'aesi membri, ini~ i a t i v adi cui l'attuale corsa alla conclusione
ci1 accordi bilaterali con i Paesi produttori
U i petrolio ci fornisce un ultimo C squallido
esempio. 111 realta, inai come ora è apparsa
con tanta tragica evidenza la mancanza di
alternative nazionali alla soluzione federale
del problema europeo. Abbiamo detto spesso
che la crisi dell'internazionalicmo costituiva
una riprova negativa della validità delle impostazioni federaliste, ma oggi possiamo
dire che la verità della tesi centrale del
Manifesto di Ventotene, secondo cui l'obiettivo, fallendo il quale ogni altro progresso
non è che apparenza, è costituito dal superamento della divisione delllEuropa in Stati
nazionali sovrani, risulta storicamente provata dalla rapida senescenza e dall'ormai
inarrestabile involuzione che le strutture
statuali nazionali manifestano sotto i nostri
occhi da un capo all'altro d'Europa.
Tutlo ciò è argomento di comune consta.
tazione e lo rilevano ormai quotidianamente
anche i giornalisti meno provveduti. E' appunto la forza di queste constatazioni negative (mancanza di alternative al processo
d'integrazione e manifesta incapacità delle
forze politiche nazionali a realizzarlo), che
si assommano esaltandosi, ciò che oggi offre
potenzialmente una più larga udienza al
nostro discorso. Nella misura in cui si diffonde la persuasione che nel nuovo equilibrio
internazionale congelato in funzione degli
interessi delle superpotenze e in primo luogo
degli Stati Uniti, secondo lo schema metternichiano che ispira la diplomazia di Kiscinger, l'unità europea è la sola alternativa
possibile ad una definitiva e radicale satellizzazione degli Stati nazionali europei e
a una loro correlativa inevitabile involuzione
autoritaria, il problema dei metodi e delle
procedure, in definitiva delle istituzioni, non
può non acquistare nuova attualità, come in
effetti sta avvenendo. E' significativo che
anche forze politiche un tempo pregiudizialmente ostili all'integrazione europea, ricerchino oggi, sia pur faticosamente, nuove
strategie a livello continentale con una più
realistica considerazione di tutti gli aspetti
del problema, come è apparso chiaro, tra
l'altro, nella recente Conferenza di Bruxelles
dei Partiti comunisti delllEuropa Occidentale, i cui risultati meritano da parte nostra
la più attenta considerazione. Se è vero che
problemi come quelli del rapporto tra
Unione monetaria e politica regionale, dello
squilibrio tra i livelli di integrazione multinazionale raggiunti dal capitale economico
e finanziario e la capacità di intervento
degli Stati nazionali, delle conseguenze politiche, oltre che economi'che, delle migrazioni
di manodopera di origine comunitaria ed
extra comunitaria all'interno dell'area integrata, esigeranno un impegno crescente
da parte di tutte le forze di ispirazione
federalista per consentirci di collocare la
nostra azione in un contesto di preoccupazioni concrete, è altrettanto vero che l'approfondimento di questi problemi conduce,
e maggiormente condurrà in avvenire, le
forze politiche e sociali più consapevoli a
misurarsi inevitabilmente con la tematica
istituzionale di cui siamo portatori.
I1 significato politico dell'assegnazione ai
federalisti italiani della Targa Europa per
COMUNI D'EUROPA
il 1973 emerge con assoluta chiarezza da
queste constatazioni. Io non esito a dire
che, per quanto paradossale possa sembrare,
l'attuale momento storico è propizio ai federalisti forse più di quanto lo sia stato ogni
altro momento, dalla Liberazione ad oggi.
Se è comprensibile che degli curopeisti occasionali, privi di una adeguata capacità di
analisi storica, possano attraversare un momento di grave sfiducia di fronte al manifestarsi delle presenti difficoltà, è viceversa
naturale che i federalisti, e soprattutto i
federalisti italiani, vedano nelle ultime vicende l'ormai maturo adempimento delle
loro previsioni circa la crisi inevitabile e
progrediente degli Stati nazionali europei.
In questo senso, più che un fatto celebrativo, l'attribuzione di questa targa rappresenta per l'intero europeismo italiano una
scelta di campo ed un esplicito riconoscimento della necessità d'impostare la nostra
futura azione politica in termini decisamente
alternativi rispetto all'europeismo ufficiale.
Fare un discorso alternativo non significa
perallro fare parte per se stessi e ritirarsi
sull'Avei-itino delle proprie astratte esercitazioni utopiche, secondo una tentazione ricorrente, che ha troppo spesso indebolito in
passato la presenza politica degli stessi federalisti e di cui rimane ancora qualche traccia
nel persistente settarismo di taluni gruppi,
per buona sorte marginali. Significa al contrario portare avanti, nel momento stesso in
cui si denunziano senza cedimenti le contraddizioni dell'europeismo ufficiale, una paziente
opera di coagulo di tutte le forze politiche
e sociali disponibili per un discorso alternativo. Credo di poter dire che il Movimento
Europeo abbia dimostrato coi fatti, almeno
in Italia, la propria attitudine a divenire
sempre più l'alveo entro cui si opera tale
coagulo, estendendo, direttamente o indirettamente, il dialogo a tutte le forze politiche e
sociali operanti nell'arco costituzionale, per
le quali la costruzione di una struttura costituzionale europea si presenta oggi quale compito comune, come lo fu a suo tempo la
definizione dello stesso quadro costituzionale
italiano. A quel modo che la campagna per
l'clczionc unilaterale direlta dei nostri delegati al Parlamento europeo ha costituito e
costituisce tuttora l'occasioi-ic principe per
portare avanti qucsta battaglia nel nostro
Paese, così a livello europeo un'operazione
analoga può e deve essere tentata a mio
parere, nonostante le condizioni politiche
ancor meno favorevoli, per quanto riguarda
la proposta Spinelli tendente all'elaborazione
da parte del Parlamento europeo di un
progetto di Trattato relativo ai contenuti
politico-istituzionali dell'unione europea. Ad
entrambi questi fini, condizione insostituibile del successo è comunque a mio giudizio
una stretta unità d'azione tra federalisti e
Movimento Europeo e principalmente tra i
federalisti italiani e il CIME, che, saldamente uniti da una comune piattaforma di
principio, si trovano ad operare in condizioni sostanzialmente analoghe a livello europeo. Di questa unità d'azione si sono già
avute prove notevoli in un recente passato
ed altre si avranno con ogni verosimiglianza
nel prossimo futuro. Anche la cerimonia
odierna è un momento di questa azione unitaria. Riconoscendo, in modo solenne, ma
non per questo retorico, l'impegno dei militanti di base che hanno fatto in questi trent'anni la storia del federalismo italiano e
che sono tuttora la nostra più diretta proiezione nella multiforme realtà regionale e
locale del nostro Paese, il Movimento Europeo si augura di aver dato l'avvio ad una
ristrutturazione capillare della nostra presenza politico-organizzativa, capace di garantire, nel doveroso rispetto delle diverse
cay-atterizzazioni, quell'impatto coordinato e
unitario che è la sola garanzia della fecondità dei nostri sforzi comuni.
B) il discorso di Mario AIE
Ringrazio a nome di tutti i militanti del
Movimento Federalista Europeo il Presidente
del Consiglio Italiano del Movimento Europeo e il CIME tutto, non soltanto perché
abbiamo avuto questo riconoscimento, ma
per il modo con il quale lo abbiamo avuto.
Questo riconoscimento S un fatto politico
che vuole essere una occasione per riconsiderare la politica europea che il Paese, che
l'Europa ha fatto in questi ultimi dieci anni
e sottporre questa nostra riconsiderazione
della politica europea alle forze politiche,
alle forze che hanno la capacità e la
possibilità, se vogliono, di invertire questo
processo.
Quindi penso che tocchi anche a me non
di fare un discorso retorico ma di parlare
di politica e di parlare di come noi vediamo
la situazione oggi. A noi pare, prima di
tutto, che l'Europa stia di fronte ad un
fatto nuovo nella storia dell'integrazione
europea; l'Europa per la prima volta retrocede! noi, federalisti, europeisti, osservatori
politici, avevamo sempre dato, dell'integrazione europea, una diagnosi storica di fondo;
l'integrazione europea è un processo che
avanza o muore, è un processo che non può
fermarsi.
Noi abbiamo per la prima volta l'esperienza storica non solo di una siasi ma di
un regresso e non occorre, dopo le parole
del prof. Petrilli, insistere su questo concetto; traspare, nelle analisi che si fanno
della situazione politica, per la prima volta
nella storia dell'integrazione europea, la coincidenza della crisi dell'integrazione europea
con la crisi della politica nazionale degli
Stati.
In effetti si ha la sensazione di essere
giunti ad una svolta storica, e sembra effettivamente che le cose stiano in questo modo:
se riusciamo a rimettere in marcia l'integrazione europea, possiamo evitare la ricaduta
nel nazionalismo ecoi-iomico che non potrebbe non essere che la prima fase della
ricaduta nel nazior-ialismo politico, con tutte
le conseguenze catastrofiche che appaiono
subito di fronte al nostro pensiero. Se invece non riusciamo a rimettere in marcia
l'Europa fatalmente caschiamo di nuovo nel
nazionalismo; l'aspetto reale della crisi sembra proporre qucsta coincidenza di crisi
nazionale e di crisi dell'integrazione europea
che, potenzialmente, è un grosso fattore di
aiuto per la soluzione di questa, perché può
rendere disponibili le forze che sono preoccupate della crisi nazionale, sempreché si riesca ad adeguare la coscienza alla natura
della realtà.
COMUNI D'EUROPA
marzo 1974
lettuali europei quello di far coincidere la nazione politica sono falliti, che non c'è un
crisi delllEuropa con l'incapacità di affron- solo esempio vitale di confederazione, salvo
tare i problemi della coordinazione e di una
i casi nei quali la confederazione è la mapolitica estera comune.
schcra clell'egen~oi~ia
di uno Staio sugli altri
Stati associati.
Quindi, se vogliamo avere un'iclea di questo
quadro che si e s\~iluppato dalla fine del
La sioria ci dice chc i l primo cspcrimento
perio'do transitorio del MEC, vedianlo le
di coordinazione politica riuscito, cioè la
forze politiche reali - che sono quelle che
Federazione Americana ha avuto successo
possono risolvere la situazione o farla pre- perché Hamilton, Washington, Jefferson,
cipitare nella crisi - puntare su obiettivi Madison, hanno puntato sulla premessa della
di coordinazione politica. E' qui che do- coordinazione politica, il potere comune;
vremmo ricordarci la grande lezione di
quando, in una Federa~ionc,in un'unione di
Hamilton: sperare nella permanenza dell'ar- Stati, in un processo integrativo, giunge il
monia fra molti Stati indipendenti vicini è momento dclla coordinazione politica, giunge
perdere di vista il corso uniforme degli
il momento della scelta: o si fonda il potere
avvenimenti umani e andar contro l'espe- comune che può sostenere, attraverso i parrienza accun~ulatadal tempo. Quando 1'Eu- titi, i cittadini, ecc. le politichc comuni e la
ropa punta su obiettivi di coordinazione
coordinazione politica, oppure si retrocede
politica nuota contro corrente, perché la
e si scompare; oggi noi siamo di fronte alla
formazione della coordinazione politica è possibilità della sconfitta; bisognerebbe avere
nell'ambito degli Stati e quindi la forma- il coraggio di ammetterlo. E la possibilità
zione della volontà politica e gli obiettivi
della sconfitta ha un volto preciso, ed è
non coincidono, il mezzo non corrisponde al
una cosa che abbiamo di fronte agli occhi:
fine. Ed abbiamo, effettivamente, questa 6 la sclerotizzazione della Comunità. Se la
specie di schizofrenia politica che, del resto,
Comunità si ridurrà entro due o tre anni
il prof. Petrilli ha così bene messo in evi- alla situazione di fantasma, di relitto di
denza per quanto riguarda la situazione una battaglia perduta, come è il Consiglio
petrolifera, per cui si cerca di prendere una
d'Europa, direi che l'Europa è finita in
posizione negativa comune che copre poi questo ciclo storico-politico perché, mansolo la tendenza a riprendere di fatto, nella
cando la Comunità, viene a mancare quel
prassi, la politica nazionale.
riferimento generale che quel tanto d'inteI o penso che questa sia la grande lezione grazione europea che c'è mantiene con i
che il federalismo ha ancora da dare prima
partiti politici, con le forze reali. Noi podi scomparire dalla scena - speriamo - tremmo pensare (è arduo dare giudizi di
con la nascita delllEuropa: che non si può
storia contemporanca ma dobbiamo darli
più puntare su obiettivi di coordinazione
se vogliamo farc politica) che la sclerosi
politica, che il nostro fallimento è l'aver
della Comunità significherebbe la fine delpuntato su questi obiettivi, che dovremmo
l'integrazione europea in questo ciclo storicoavere il coraggio federalistico di constatarc,
politico: e quindi possiamo già dare un
insieme ai primi federalisti - quelli che han
volto preciso alla sconfitta. Ma, e qui vorrei
fatto la federazione americana - quale .è richiamarmi al prof. Petrilli, il fatto che
stata la sorte di tutte le confederazioni della
l'Europa può morire è il fatto che l'Europa
storia: cioè che tutti i meccanismi di coordipuò vivere.
Noi federalisti non ci eravamo mai illusi,
e per questo eravamo stati accusati di dottrinalismo, che si potesse trasferire il potere
ad una nuova Comunità togliendolo agli
Stati, salvo che in situazione di crisi. E
crediamo anche che si può vincere veramente solo quando si può essere sconfitti;
Istituto di credito di diritto pubblico
questa è una lezione de~llastoria; e quindi
Fondato nel 1539
dal fatto che oggi possiamo essere sconfitti,
traiamo motivo non dico di essere ottimisti,
Fondi patrimoniali e riserve: L. 99.754.952.734
ma di gettar via sia l'ottimismo che il pessiDIREZIONE GENERALE - NAPOLI
mismo. Se si può essere sconfitti si può
vincere; e dato che si può esscre sconfitti
e si può vincere non c'è più problema, tutto
il nostro animo dovrebbe essere completaTutte le operazioni ed i serviai di banca
mente rivolto a occuparci di quello che si
può fare; e quello che si può fare in Italia
CREDITO AGRARIO - CREDITO FONDIARIO
è molto perché, dopotutto, l'Italia presenta
CREDITO INDUSTRIALE E ALL'ARTIGIANATO
in due settori una situazione d'avanguardia.
MONTE DI CREDITO SU PEGNO
Per un verso, per quanto riguarda le organizzazioni europeistiche c federalistiche, in
498 FILIALI I N ITALIA
Italia c'è questa profonda unità d'azione tra
i federalisti - che sono stati anche dei dottrinari, degli estremisti, negli anni passati ORGANIZZAZIONE ALL'ESTERO
ed il Movimento Europeo. Per un altro
\7erso, questa situazione che riguarda i fedeFiliali: Buenos Aires - New York
ralisti ed il Movimento Europeo riguarda
Rappresentanze: Bruxelles Buenos Aires - Francoforte s / M
anche l'intero schieramcnto dei partiti poliLondra - New York - Parigi - Zurigo
tici dell'arco coslituzionale. L'Italia è il solo
Paesc della Comunità che presenta questa
Banca affiliata
situazione: tutti i Partiti costituzionali, con
Banco di Napoli (Ethiopia) Share Co. - Asmara
i recenti cambiamenti di condotta del ParUfficio cambio permanente a bordo T/hl u Raffaello n
tito Comunista, sono tutti, in linea ufficiale,
programmatica, favorevoli all'elezione geneCorrispondenti in tutto il mondo
rale del Parlamento Europeo e ad una comunità democratica sovranazionale.
Sotto questo aspetto il federalismo, e non
solo il nostro, c neanche quello di Spinelli,
ma lo stesso federalismo di Hamilton, il federalismo che segna la coscienza della nascita nclla storia delle vere unioni di Stati,
ha qualche cosa di preciso da dire anche
per quanto riguarda l'a~ionc;e io penso che
Spinelli, non a caso, abbia potuto essere nel
'50-'51, e ricominci forse ad esserlo oggi,
l'autore dclla proposta di azione cruciale.
In londo dovremmo rifarci ad una frase
di Hamilton che noi abbiamo messo nella
copertina della nostra piccola rivista: « sperare nel mantenimento dell'armonia tra più
Stati indipendenii e vicini significa perdere
di vista il corso uniforme degli avvenimenti
umani e andare contro l'esperienza accumulata dal tempo D. In fondo l'Europa della fine
del periodo transitorio del MEC sta cercando
di andare contro l'esperienza dei secoli; lotta
contro corrente, e non è un caso che si sia
fermata, e cominci a retrocedere. Dalla fine
del periodo transitorio del MEC, l'Europa
punta le sue possibilità di progredire sulla
coordinazione politica, che si è cercato di
trovare soprattutto sul piano economico e
monetario. Ciò ha fatto nascere naturalmente, anche per lo stesso stadio di sviluppo
già raggiunto dall'unione doganale e dall'unione agricola, tutti i problemi che si
pongono nel quadro della politica regionale,
della politica dell'energia, della politica industriale e sociale. I n costanza comunque
l'Europa, da allora, quale che sia il terreno
sul quale ciò avviene, cerca di procedere
ponendosi obiettivi di coordinazione politica, e molti pensano ancora oggi che 1'Europa non sia riuscita a risolvere la crisi che
è nata dal nuovo equilibrio internazionale,
dai nuovi equilibri sociali, perché non è
andata più in là, proponendosi obiettivi di
coordinazione politica in settori più decisivi:
è un tipico atteggiamento di taluni intel-
B A N C O DI NAPOLI
-
COMUNI D'EUROPA
marzo 1974
Per quanto riguarda la proposta Spinelli
di battersi per affidare al Parlamento ELIropeo i l compito di redigere lo Statuto dell'unione europea, chc i. un mezzo pratico
cd crricace per risolvere una crisi, la sua
in1portanc.a sta i11 questo: c'c una crisi, ci
vuole una soluzione rapida; la solu~iono
rapida è questa, perché ogni altra proposta
di soluzione andrebbe a finire in centri dove
ricomincerebbero i compromessi ed i mercanteggiamenti. L'unico atto politico elficace
in una situazione politica come l'attuale è
di trasferire il potere di occuparsi dell'unione
europea al Parlamento Europeo.
Anche sotto questo aspetto l'Italia è un
Paese privilegiato; nel 1951 l'Italia ha chiesto
ed ottenuto che l'Assemblea allargata della
CECA definisse lo Statuto della Comunità
politica; in quella occasione, bisogna ricordarlo, per parlare il linguaggio della verità
che è di rito in una situazione storica
così difficile, De Gasperi dovette lottare,
perché Shuman e Adenauer non volevano
né l'elezione diretta del Parlamento Europeo,
né la Comunità politica. Io ho avuto il
privilegio di leggere il verbale della seduta
del Consiglio dei Ministri della Comunità
dell'll dicembre 1951 e in quel testo si legge
che De Gasperi ha spinto questa proposta
fino quasi ad un ricatto politico, fino alla
soglia della crisi.
E in effetti le parole conclusive del Presidente di turno del Consiglio dei Ministri,
furono press'a poco queste: abbiamo acceduto alle richieste del nostro amico De
Gasperi per fargli un favore. Si trattava dell'art. 7 a che poi è diventato l'art. 38: l'articolo che prevedeva lo sviluppo dell'Assemblea, la redazione dello Statuto di una comunità politica, ecc. Dobbiamo parlare di
COMUNI
questo precedente perché nutrivamo la sensazione che non vj possa essere una iniziativa europea da parte delllItalia perché
l'Italia attraversa una situazione di crisi
più Por-tc di quella degli altri Paesi; ma
I'cnorn~e esempio di Dc Gasperi dimostra
che la forza di un'iniziativa curopca sta
nella qualità dell'iniziativa; se l'iniziativa è
efficace, risolutiva, è veramente confrontata
alle cose, non importa chi le piglia; in
realtà l'iniziativa di De Gasperi è anche
allora stata in parte l'iniziativa di Spinelli;
ma s e l'idea è giusta rispetto alla situazione, essa diventa una forza.
Nel campo europeo questa è la situazione.
Quindi l'Italia può e deve prendere l'iniziativa. Anzi essa è il Paese che più di ogni
altro può prenderla presto e bene; è il Paese
che, in più, avendo una legge d'iniziativa
popolare al Senato per l'elezione unilaterale
europea, potrebbe far pesare su questo
processo, certamente difficile, una spada di
Damocle. Nenni mi ha recentemente mandato una lettera a questo proposito dicendo
appunto che noi avremmo potuto far pesare
una spada di Damocle sui vertici se, avendo
già approvato in Senato la legge, noi facessimo sapere a tutti i Paesi europei che ad
una scadenza legale ci sarà un'elezione europea in Italia. Ciò avrebbe costituito un
forte stimolo.
Se questa legge fosse varata, l'Italia non
solo avrebbe molte capacità di prendere
l'iniziativa e potrebbe anche invocare il precedente, m a avrebbe anche la possibilità di
far pesare questa spada di Damocle. Certamente se i Partiti, se il Governo assumeranno l'atteggiamento proposto dai federalisti - e noi faremo il possibile perché lo
assumano -, nella misura in cui si dovrà
affrontare una battaglia che durerà qualche
mese, un anno, due anni, il tempo di questa
crisi, si dovrà tener ferma qucsta proposta
risolutiva, questa lormula alternativa.
Fino ad oggi, chi si C occupato delllUnione
Europea? Anche le ultime reationi del Consiglio dei Ministri sono molto ambigue: tutti
si occupano delllUnione Europea, tutti gli
organi comunitari, compreso il Comitato dei
Rappresentanti permanenti, le Istituzioni,
come se si trattasse di un ennesimo mercanteggiamento. Ma lo Statuto, qualunque esso
sia, dovesse essere, persino confederale, deve
essere redatto da un Comitato di Saggi o da
unlAssemblea politica; non è una cosa che
possa essere preparata separatamente da
Tizio, Caio e Sempronio, e poi risultare dal
compromesso tra le loro proposte: questa
è la maniera con cui si fanno i compromessi quando si prendono delle decisioni
materiali. Ma non si può redigere così lo
Statuto delllUnione Europea o il rapporto
sull'Unione Europea previsto dal Vertice di
Parigi. Per questo, a me pare che il nostro
dovere sia quello di tener ferma questa
formula alternativa che ripropone Spinelli
e che nel '51, in fondo, ha perduto per pochissimi voti al Parlamento francese, quando
le sinistre erano contro l'Europa.
Oggi abbiamo una situazione in cui possiamo rifare lo stesso tentativo in una situazione più matura, sul terreno economico e
sociale, invece che sul terreno militare e
senza l'ostilità dei Partiti di sinistra. Se
avremo il coraggio di portare avanti questa
battaglia e se riusciremo ad imporre una
nuova Assemblea ad hoc, avremo fondate
prospettive di vincere. Siamo t r a la vittoria
e la sconfitta. Siamo nel momento della
lotta.
D'EUROPA
Organo delllA.I.C.C.E.
ANNO XXII - N. 3 - Marzo 1974
Direttore resp.: UMBERTO SERAFINI
Redattore capo: EDMONDO PAOLINI
I-
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REDAZIONE
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TIPOGRAFICA CASTALDI
- ROMA-1974
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ANNO XXII N. 4 Aprile 1974
Spedizione in abbonamento postale Gruppo 111/70
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-
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I T A L I A N A PER I L C O N S I G L I O D E I C O M U N I D ' E U R O P A
I1 Portogallo
è in Europa
I1 Portogallo sta dando in questi giorni
una lezione a coloro che pongono tutte le
loro speranze di realizzazione dell'unità
europea in un felice compromesso fra gli
uomini di governo e in una sapiente tessitura dei diplomatici, impegnati non di rado
a conciliare l'inconciliabile. Senza dubbio sta
agli uomini di governo, e non alle barricate,
di stipulare dei Trattati, ivi incluso quello
che conferirà al Parlamento europeo la redazione della Costituzione federale: ma non
bisogna dimenticare il fatto che i governi
passano e, anzi, che siamo noi stessi che
possiamo contribuire - se occorra - a
farli passare.
I1 20 ottobre 1972 il portoghese Mario Soares (insieme allo spagnolo Tierno Galvàn)
interveniva al « Controvertice » organizzato
a Parigi dalla Gioventù federalista europea
(eravamo lì presenti anche in diversi responsabili del Consiglio dei Comuni d'Europa):
soltanto degli ingenui come noi potevano non
scartare a priori l'eventualità che quell'esule
dal tratto modesto divenisse. abbastanza
presto, uno dei leaders di un Portogallo finalmente aperto a sostanziali trasformazioni
democratiche.
Noi federalisti europei non siamo, per principio, né ottimisti né pessimisti: ci rifiutiamo solamente di inchinarci a quella cosiddetta realtà, che i realisti di professione
credono immobile. I1 primo aprile, a Lussemburgo, il messaggero del governo provincial-socialista di Harold Wilson ha gettato i
a realisti
europei nella più profonda costernazione: a sera essi ormai sospettavano che
bisognasse poco meno che attendere una
nuova èra geologica, con la Gran Bretagna
popolata - in seguito a mutazioni genetiche - da uomini di tipo diverso, per poter
ricominciare a C negoziare D l'unità politica
europea. Ma già il giorno appresso il Padreterno decise di chiamare in cielo il Presidente Pornpidou: donde una immediata
campagna elettorale francese, al termine
della quale non è impossibile ipotizzare un
nuovo corso D e l'adesione francese all'elezione diretta del Parlamento europeo. Mentre
la campagna francese raggiunge l'acme, ecco
i fatti di Portogallo: chi non vede la grande
occasione oiferta ai democratici di lungo
corso di trascinare anche la Spagna fuori
COMUNI D'EUROPA
2
aprile 1974
-
dall'isolamento totalitario e di dar vita a un
autentico slancio di rinnovamento europeo?
Se un contesto siffatto maturasse, come
potrebbe un qualsiasi signor Callaghan continuare ad affermare, senza pensarci due
volte, che l'intenzione di creare una Unione
Europea nel 1980 gli sembra cc presupponga
cambiamenti privi di ogni realismo, che non
SOMMARIO
I1 Portogallo è in Europa . . . .
1
Rinvio degli Stati generali di Vienna e suoi motivi politici . . .
3
L'Unione Europea e la lotta per
la Ragione, di Umberto Scrafirli
3
Construir uma nova vida - Destruir o sistema, di Arzdrea Cliiti
Batelli . . . . . . . . . .
9
. . . .
11
E ora, tocca alla Spagna! ..., di
a. C.A. . . . . . . . . . .
12
Proposte di Grenoble per i lavoratori migranti, di Antenore . .
14
Dialogo AICCE-Regioni sui problemi della Comunità, di G. M.
16
Dalla parte della verità
Pensiero e azione dei Federalisti
europei:
Piano Spinelli e a petizione D federalista. . . . . . . . .
18
L'ora della prova per l'Italia e
per l'Europa . . . . . . .
19
La Regione Toscana e la politica
comunitaria europea
. . . .
20
Gli ideali di un economista, di
U.S. . . . . . . . . . . .
21
rispondono ai desideri dei nostri popoli e
certo non a quelli del popolo britannico >,?
L'estensione della democrazia a tutta la
penisola iberica e la conseguente porta aperta all'entrata del Portogallo e della Spagna
nella Comunità europea stabilirebbero un
nuovo baricentro della Comunità, contribuendo a superare un certo squilibrio che si
verifica tra la sua componente nord e la
sua componente sud. I1 discorso sulla democrazia politica nel processo di unificazione
europea dovrebbe riprendere il sopravvento
su quello puramente mercantile, che è stato
fatto proprio e che si è tentato di imporre
come esclusivo da parte degli inglesi: ciò
dovrebbe aiutare a tener nel giuoco la Germania federale che, titubante nel difendzre
nel merito l'autonomia europea, si è pur
sempre dichiarata a favore della sovranazionalità e di istituzioni politiche europee.
La costituente portoghese e - perché no? la costituente spagnola dovrebbero svolger-
Foto in prima pagina: (in alto) il Beguinage di
Dixmude a Bruges, città dove si terrà la prossima Assemblea dei Delegati del CCE, che lancerà
il messaggio politico che era stato predisposto per
gli Stati generali di Vienna [foto del Commis-
sariato generale del turismo belga]; (in basso)
vent'anni fa moriva Alcide De Gasperi, uno dei
rari uomini politici che abbia dato all'unità europea il primato nel suo impegno politico (nella
foto: De Gasperi è - da sinistra - con Adenauer, Robert Schuman, Stikker e Bech).
si in un quadro politico generale, di cui I'elemento caratterizzante sarebbe la costit~iente
europea.
Ma fermiamoci per un momento al Portogallo. I1 processo di democratizzazione del
Portogallo (appena iniziato e tutt'altro che
privo di temibili scogli nel prossimo cammino) richiama molti problemi, che si pongono all'intera Comunità europea. Cominciamo col problema co!oniale.
I1 Portogallo, che si trova a dover prendere decisioni che diano piena credibilità
alla sua democrai.ia, è il medesimo che soffre - a sua volta - del problema dei lavoratori migranti nella CEE: come l'Italia
(fra i Pacsi della Comunità), ma anche come
la Spagna, la Grecia, la Turchia, la Jugoslavia
e il Maghreb. La stessa ragione sociale, economica e politica, che non permette oggi di
lasciare irrisolto il problema meridionale »
in Italia o in Europa, vieta non solo di continuare nel colonialismo tradizionale e più
rozzo - e del resto nella fattispecie lo hanno
vietato anzitutto gli eroici guerriglieri delle
colonie portoghesi e coloro che ( a cominciare dalla pattuglia di missionari cattolici)
ne hanno preso coraggiosamente le parti -,
ma vieta altresì di cercare di sostituirlo con
un sottile neo-colonialismo. Possiamo, in questo caso, anche consentire con Callaghan:
« la Comunità (europea) allargata deve adottare una politica commerciale e una politica
d'aiuto intese a favorire non solo i " territori associati d'oltremare " in Africa ma i
paesi in fase di sviluppo del mondo intero »;
senonché Callaghan si deve persuadere che
una politica così lungimirante - e coerente,
del resto, con le esigenze chiaramente emerse alla recente conferenza delllONU sulle materie prime - la può condurre un governo
europeo: i singoli governi nazionali possono
condurre solo politiche settoriali e di emergenza o lasciar fare alle Superpotenze. Ora
o il Portogallo non porta a fondo la decolonizzazione, e in tal caso rimangono tutti i
motivi attuali di crisi e, in più, i suoi lavoratori si trovano scoperti in un discorso globale con le forze popolari della Comunità
europea; o la porta a fondo, e allora gli
interessi costituiti - portoghesi e no, dai
pieds noirs alle multinazionali - renderanno
ben difficile la vita alla democrazia portoghese, che non può dunque rimanere isolata
e deve operare nel contesto della democrazia europea in costruzione.
Del resto - ecco un altro problema - il
Portogallo deve rifiutare il ruolo di appendice europea delllAmerica latina, deve rifiutare senz'altro di farsi strumento di interessi
particolaristici degli Stati Uniti d'America,
ma non può dare un ulteriore contributo al
prmesso di balcanizzazione europea. Certo,
Kissinger-Metternich non mostra grande sensibilità per le istan7e razionali e ideali, cui
non corrisponda una adeguata disponibilità
di forza e di autorità; anzi è sensibile solo
alle autorità costituite, purché rispettino fra
di loro un preciso galateo, che è quello di
aiutarsi a conservar se stesse e, con ciò,
l'equilibrio internazionale: ma bisogna dargli atto che l'equilibrio, che lo preoccupa,
è l'equilibrio del terrore. Va dunque da sé
che l'unica maniera per superare i blocchi
è quella di contribuire a costituire un più
efficace e legittimo sistema di sicurezza: e
per i Paesi dell'Europa occidentale - ivi
incluso il Portogallo - ciò vuol dire (diversamente dalla contraddittoria politica gollista)
parlare anzitutto e sempre attraverso la voce
unitaria della Comunità europea. Per ora,
dunque, occorre dar forza ad un coerente
punto di vista europeo nell'ambito del Patto
Atlantico: obiettivo moderato ma preciso
che, auspicato spesso a parole, è stato disatteso nei fatti ed è servito anzi a confondere
le idee, quasi che gli europei frattanto non
debbano mirare a una loro inconfondibile
autonomia nei campi della moneta e del
commercio internazionale e dei rapporti con
il Terzo e il Quarto mondo. La minaccia americana di ritiro completo delle truppe dalla
Germania occidentale è un ricatto inconsistente, perché è una minaccia contro la
stessa politica estera americana e, in definitiva, contro l'efficacia dello stesso giuoco
kissingeriano.
Ciò premesso, ci si osserverà che noi consigliamo alla rinata democrazia portoghese,
per salvarsi e progredire, di operare nel
quadro di una Comunità politica europea
che non esiste. Qui sta effettivamente il
dramma e di qui viene l'enorme responsabilità del
fronte democratico europeo ».
Mentre un confronto pacifico si tenta tra
Europa ovest ed Europa est, mentre il
Medio Oriente e il Mediterraneo chiedono
ai Paesi della Comunità europea posizioni
politiche comuni prima che preoccupazioni
mercantili o di piccolo cabotaggio, mentre la
libertà torna in Portogallo per opera dei
guerriglieri africani e non dei democratici
europei, i partiti europei, i sindacati europei,
i poteri locali europei hanno grossi doveri,
e non possono rimanere ancora una volta
a rimorchio degli avvenimenti, ma li debbono precedere e condizionare. Non c'è tempo da perdere: proporre politiche comuni
ai portoghesi, prenderne l'effettiva iniziativa, garentire i l proprio appoggio continuativo, e nello stesso tempo uscire dall'impasse
comunitaria e puntare, subito, alla Costituzione politica europea. Operare insieme e
dar vita alla Legge fondamentale, che assicuri la permanenza, la irreversibilità di questo agire comune e permetta la formazione
del governo democratico, sovranazionale, che
dovrà portarlo avanti.
Soprattutto: non aspettare i governi, anche
se sono governi formati da uomini dei nostri partiti. Chi sta al governo è prigioniero,
quasi sempre, del quadro in cui deve quotidianamente operare: ne esce solo se è costretto. Noi dobbiamo costringere i governi.
Ma noi stessi non avremo capacità infinite
di pressione: dobbiamo quindi servircene
nel senso giusto. Il senso giusto è chiedere
e ottenere che sia il Parlamento Europeo
a redigere lo Statuto politico europeo; è
chiedere e ottenere che tutti gli europei
partecipino alla elezione diretta di questo
Parlamento, e dunque siano dietro ad esso
a dargli forza come a cosa loro. Va da sé
che questa partecipazione dovrà mettere le
sue radici nella realtà di ogni giorno ad
opera degli stessi partiti, che interverranno
nelle elezioni europee; dei sindacati e dei
poteri locali, che dovranno imporsi e imporre una strategia europea alla politica
sociale e alla politica regionale.
I1 rilancio europeo sapremo dunque metterlo in atto partendo da Lisbona?
COMUNI D'EUROPA
aprile 1974
Rinvio degli Stati gSenerali d i Vienna
e suoi motivi politic
Nell'ottobre 1956 d e n u n c i a m m o - in una
seduta burrascosa degli S t a t i generali d i
Francoforte sul Meno ( i t e r z i ) - i prodronii
del gollisrno: si era agli sgoccioli della IV Repubblica e, silurato il progetto iniziale delI'Euratortz (un'autentica m e s s a i n c o m u n e d i
tutta la politica nucleare), si prospettava già
la bortzba atomica francese ( i l « detonatore »
d i d e Gaulle). Poi è iniziata l'era gollista:
u n lungo periodo i n cui cinque regimi sostanzialmente corporativi e obiettivamente nazionalisti hanno ricevuto dal sesto u n cortzodo
alibi per n o n far I'Ei~ropa. I Trattati d i
R o m a , largamente disattesi, n o n hantzo portato oltre u n a modesta unione dogariale e
u n a discutibile politica agricola cortzurie.
Frattanto u n n u o v o grande Paese, irisiertze
a d u e minori, è entrato a far parte della
C o m u n i t à europea, la Gran Bretagna. Molti
democratici si sono battuti per la sua entrata
nel MEC, guardando piìi alle sue nobili tradizioni democratiche e parlamentari che allo
spirito mercantile c o n cui ora negoziava col
Continente. Cornclnque fin q u i potevamo
illuderci che, critici d i questo mercato coniune, gli inglesi riori respingessero la strategia democratica, a cui s i ispirarono i Trattati d i Roriia. Giorrii o r sono, viceversa, parlando a n o m e del nuovo Governo laburista il
Ministro Callaghan a Lussemburgo ci h a f a t t o
brutalniente sapere che la Gran Bretagna
respinge il grande, astratto e impopolare disegno europeo, preferendo u n a dorata e privilegiata dipendenza dalla destra americana
(sulla linea del Premier conservatore Mac
Millan dell'incontro d i Nassau, che m a n d ò in
bestia - n o n senza ragione - d e Gaulle).
I n questa situazione è m o r t o il presidente
Pompidou e s i stanno per svolgere in Francia elezioni che - quale che sia il vincitore - segneranno presumibilmente la fine
del regime gollista, anche se u n gollista dovesse restare alla testa dello Stato. Queste
elezioni sono v e n u t e a coincidere puntualm e n t e con la data fissata per gli S t a t i generali d i V i e n n a e ci costringotzo a rinviare
( a t e m p o indeterminato) la rrzatzifestazione,
perché n é potreriiriio fare a itzerio della presenza francese, n é sarebbe utile prendere i m portanti decisioni collettive alla vigilia d i u n a
possibile svolta politica d i grande rrzomento.
Approfittianio della sosta per fare u n esam e d i coscienza. I n realtà noi a b b i a m o atteso
fin qui, prevalentemente, che « l'Europa cadesse dal cielo n: m e n t r e l'Europa deve essere
frutto d i urla lotta quotidiana d i t u t t e le
forze democratiche, sociali, culturali.
N o n c'è alternativa democratica all'unità
dei nostri Paesi, c'è solo un'alternativa coloniale e satellitaria, c'è la vittoria delle multinazioriali, c'è l'avvilimento definitivo delle
nostre Nazioni. I n particolare per l'Italia c'è
c o m e alternativa u n « destino » rrzediterraneo d i tipo greco o franchista.
Riandiamo d u n q u e , i n u n rapido rrzomento
d i sosta e d i riieditazione, alle rrzigliaia d i
lettere d i t u t t a la Resistenza europea che
vedevano c o m e unico obiettivo razionale,
uscendo dalla torriienta, la costituzioize d i
un'Europa federata. Prepariamoci a stringere
i ranghi nel fronte democratico europeo D.
Respingiamo l'atteggiamento passivo e pro-
i~incialedei riostri partiti e dei nostri sindacati ( l e eccezioni c o n f e r m a n o la regola).
Orgatzizziartzoci per dichiarare illegittima la
gestione d i cose più grandi d i loro » d a
parte dei nostri Stati nazionali e per chiedere l'Assemblea Costituente europea.
Ogni Conzune, ogni Provincia, ogni Regione
dovrà diventare u n centro attivo d i federalismo europeo, nello spirito dell'articolo 11
della nostra Costituzione repubblicana, e dov r à stringere legami politici diretti cotz gli
altri C o m u n i e Poteri locali della Comunità
3
europea - che deve restare tuttora il campo realistico della tzostra lotta -. Il Consiglio
dei Conil~tzid'Europa è nato prima delle Coinunità europee e n o n sarà certo la crisi conzunitaria a spaventarci o a fermarci.
Al lavoro, dunque! S a p p i a m o quante difficoltà ci aspettano, i n u n a società sclerotizzatu, scettica, alienata c o m e la nostra: m a dobb i a m o vincerle. Dobbiarno perfino superare
quel rispetto unlano, per cui chi parla d i
Europa nelle riunioni « più iniportanti » d i
governo - centrale o locale -, d i partito,
d i sindacato, viene considerato u n ingenuo
se n o n u n seccatore: m a lo supereremo. La
ragione è dalla nostra parte: dall'altra è la
posizione dei rentiers del potcre, u n potere
che del resto è i n via d i progressiva, rapida
svalutazione.
L'Unione Europea e la lotta per la Ragione
sintesi della relazione d i U m b e r t o Serafini, i n e m b r o della Presidenza europea del CCE e
Segretario generale della Sezione italiana ( A I C C E ) , prevista per gli S t a t i generali d i V i e n n a
e ora destinata all'Assertzblea dei Delegati del CCE (giugno '74) e alle forze politiche e sociali del « fronte democratico europeo ».
1
-
L'impossibilità di decidere
E' utile partire anche oggi dalle conclusioni degli Stati generali di Nizza per
esaminare alcune caratteristiche irrinunciabili della Unione Europea proposta dai
Capi di Stato e di Governo per il 1980.
La riunione di Nizza fu nel giugno 1972,
il Vertice europeo di Parigi nell'ottobre 1972.
A Nizza noi ci schierammo contro la proposta di un Segretariato politico europeo (con
probabile sede a Parigi), ma soprattutto
contro la moltiplicazione di centri europei
di decisione, spesso in contraddizione fra
di loro. Noi sostenemmo che è impossibile
decidere da una parte le questioni di politica economica e da un'altra parte le questioni di politica pura. In realtà dietro la
moltiplicazione dei centri europei di decisione si nasconde la scarsa volontà dei Governi o di alcuni Governi di creare un autentico potere europeo: ora noi affermiamo che senza un potere europeo non ci
sarà mai una vera unione europea.
Ma le domande allora divengono: quale
potere europeo? come arrivare a questo
potere europeo?
2
-
dei Comuni d'Europa e di tutto il grande
movimento fcderalista e democratico europeo. Soprattutto ci sforzeremo di delineare
i caratteri di una Unionc Europea, che soddisfi le richieste della base democratica dei
nostri Paesi, di cui gli amministratori locali
sono un elemento fondamentale, e delle forze talora irrequiete ma vive della nostra
società. Chi meglio di noi amministratori
locali può battersi per ristabilire il primato
dell'interesse generale e della politica (nel
suo significato criginario e classico) sugli
interessi particolari, che si sono impadroniti della tecnologia e la usano disordinatamente, provocando nella società le stesse
cunseguenze terribili che ha il cancro sull'individuo umano? Chi meglio di noi si
può battere contro il nazionalismo, che
pro'spera di nuovo nelle nostre capitali, e
nello stesso tempo in favorc di una reale
partecipazione di tutti i cittadini alla vita
politica e allo sviluppo della nostra società? Chi meglio di noi può battersi a
lavore di un sistema, che garantisca una
migliore qualità di vita e uno sviluppo economico, che tenga conto in ogni momento
delle esigenze del territorio e delle leggi
della natura?
I velleitari
I Capi di Stato e di Governo hanno delineato ai Vertici europei di Parigi e di Copenaghen una missione molto ambiziosa
per l'Unione Europea e anche alcuni obiettivi a medio termine non facili e complessi:
non sembra tuttavia che essi abbiano a p
profondito realisticamente e con la dovuta
spregiudicatezza gli strumenti necessari per
realizzare tutto ciò. Inoltre i Capi di Stato
e di Governo hanno fornito una idea molto
l à g a e imprecisa della struttura che dovrebbe avere l'unione Europea.
Noi ci preoccuperemo di dare una risposta a queste esigenze: una risposta adeguata ai nostri bisogni intellettuali e spirituali
(cioè valida idealmente per restare fedeli e
coerenti al nostro impegno nella lotta per
l'Europa unita, a cui razionalmente non
troviamo si possa dare alcuna alternativa
politica) e anche adeguata alle necessità
pratiche dell'azione politica del Consiglio
3
-
Strade sbagliate
Per arrivare ai caratteri positivi della
Unione Europea, da noi richiesti, dobbiamo
sottolineare in via preliminare alcune posizioni che, a nostro avviso, vanno definitivamente superate.
Una Unione Europea non può funzionare
( e neanche si può pervenire ad essa) attraverso l'integrazione distinta di diversi
settori della politica. Quello che è stato
chiamato l'approccio funzionale può essere
stato utile per coinvolgere nel processo di
integrazione forze economiche, sociali, culturali, politiche, ma in realtà una integrazione sovranazionale veramente tale - cioè
irreversibile - di un settore non ha mai
avuto luogo. La stessa CECA - Comunità
europea per il carbone e per l'acciaio - si
pensava funzionasse ormai stabilmente
mercé i suoi organi sovranazionali, ma in
4
COMUNI D'EUROPA
aprile 1974
realtà funzionava perché la tenevano in 4 - I1 campo d'azione
della realtà. Al contrario: non si è comvita una felice congiuntura economica e
Anzitutto occorre riconfermare che, mal- piuto automaticamente - per le ragioni
un propizio (ma labile) clima politico. A grado la crisi della Comunità, il nucleo
da noi esposte sopra - neanche un sostanun certo punto - e no'i siamo giunti a
centrale della lotta oggi non può non esse- ziale passaggio dall'unione doganale alla
quel punto - o si procede verso l'integra- re l'Europa dei Nove. Veramente dovremmo unione cconomica. Ciò era facilmente prezione generale e coordizata di tutti i settori
prima chiarire, se p u r ce ne è ancora bi- vedibile già da quando nel 1965 venne rechiave (unione economica e monetaria, po- sogno, che va scartata l'Europa cc dall1Atlan- spinto il « pacchetto » Hallstein. Occorre
litica sociale, politica estera, politica di di- tico agli Urali n: è una formulazione fuori
dunque una spinta, coordinata e prolunfesa, ecc.) o il processo si inverte e si va
gata nel tempo, delle forze federaliste e
della storia e, caso mai, si sarebbe dovuto
verso la disintegrazione: la vita infatti non
di tutte le forze democratiche che sapremo
dire l'Europa
dalllAtlantico al Mar di
si ferma e quel che non ha avuto il suo Bering » (oppure « dallfAtlantico alla fron- unire ad esse, in un quadro politico diquadro europeo, si sviluppa a suo modo nel
verso da quello fin qui dominato dai negotiera sovietica occidentale n); l'idea, infatti,
quadro nazionale, moltiplicando nuovi in- di dividere in due l'Unione Sovietica o è
ziati intergovernativi.
teressi costituiti (vested interests), che deter- una provocazione verso I'URSS o una presa
La parola d'ordine dovrà essere « demominano una forza centrifuga sempre più
cratizzare
la Comunità »: solo infatti una
in giro verso gli europei. I n secondo luogo
robusta.
più
larga
partecipazione di tutte le forze
occorre chiarire che non è un nostro attuale
E' stato detto giustamente che tutto è problema quello di rivolgerci ai soli Paesi
popolari alla costruzione europea potrà percollegato (tout se tient) e che i diversi
mettere di rendere evidenti le posizioni
minori del sistema sovietico: su di essi poaspetti della vita associata sono interdipen- trà avere una rilevante influenza, di caratnazionaliste e in difesa di interessi pridenti: la moneta comune implica, per esem- tre esemplare, l'esistenza di una grande Covilegiati o settoriali. Non di rado queste popio, una politica economica comune, ma
sizioni si trovano non solo cc a destra D,
munità federale delllEuropa occidentale. In
questa non può essere disgiunta da una
ma
anche a sinistra »: la conduzione diterzo luogo dobbiamo dire che ci si rivolge
politica sociale e da una politica regionale,
plomatica e tecnocratica della Comunità
ai soli Stati delllEuropa occidentale a repure comuni; una politica comune verso
dà ad esse un comodo alibi e non permette
gime democratico: l'Unione Europea, ovil Medio Oriente implica una struttura eco- viamente, non può non essere democratica
l'affermazione delle reali forze di progresso.
nomica comune, che permetta di sostener- (un discorso a parte andrebbe fatto per la
Le elezioni europee a suffragio universale
la coerentemente; ecc. Occorre aggiungere Jugoslavia, in equilibrio fra due sistemi e
e diretto non sono certo tutto il processo
che la politica generale comune deve essere che comunque non è pervenuta a un audi democratizzazione della Comunità, m a
continua e irreversibile.
ne rappresentano oggi il principale punto
tentico pluralismo politico).
La politica generale comune non può sudi riferimento: senza di esse Ie azioni delle
Ciò premesso, è evidente che il movimenbire soluzioni di continuità. L'idea di conce- to per l'Europa unita comprende e dovrà
organizzazioni sociali e di massa non riupire disegni comuni ai Vertici europei, sensciranno a liberarsi coerentemente dal quacomprendere tutti i Paesi democratici delza creare le istituzioni politiche sovranaziod r o intergovernativo. I1 CCE sostiene ciò
l'Europa occidentale: m a non tutti questi
nali per attuarli giorno per giorno, dimo- Paesi possono essere inclusi in un progetto
da tempo e dovrà rimanere fedele a questa
stra la mancanza di realismo dei nostri
sua impostazione.
immediato di Unione Europea. L'Austria,
governanti, oppure la loro scarsa volontà
Frattanto c'è un problema politico immeper esempio, è legata a un trattato di Stato
di unificare l'Europa.
diato. sul quale dobbiamo definire il nostro
che ne condiziona le scelte; altri Paesi debNessun Governo responsabile, d'altra paratteggiamento. I1 Vertice europeo di Parigi
bono dirci preliminarmente s e scelgono la
te, può fare accettare sostanziali sacrifici,
decise di invitare le
istituzioni comunineutralità o l'Europa (fermo rimanendo
in nome della Comunità europea, al protarie » ad elaborare un progetto di Unione
che, secondo noi, la costruzione delllEuropa
prio Paese senza avere la garanzia che il
Europea entro il 1975, progetto da sottoè il massimo contributo a una pace stabile).
processo di integrazione sia globale e irreporre
ad un successivo Vertice; il Vertice
I1 passaggio della Spagna, della Grecia e
versibile, e che quindi nel tempo si attuerà
europeo di Copenaghen ha espresso il condel Portogallo da regimi fascisti a un regiper ciascun Paese i1 pareggio dei profitti
vincimento che bisogna accelerare i tempi:
m e democratico deve essere comunque un
e delle perdite. Ciò può avvenire solo attrama entrambi i Vertici hanno evitato di
obiettivo a non lungo termine degli europeiverso una Comunità federale, basata su un
pro'nunciarsi sui caratteri federali o semplisti, poiché questi Paesi inquinano I'atmo« p a t t o storico », cioè su una Legge fondacemente confederali da conferire all'unione
sfera dell'Europa occidentale e spostano
mentale comune (Costituzione Europea),
Europea e hanno mostrato la tendenza a
troppo a Nord il baricentro della democrasovranazionale e democratica. In particovoler affidarc, nell'attesa, l'evoluzione della
zia europea, determinando una sempre più
lare ciò impli'ca che non basta dare un
accentuata - e quindi pericolosa - scis- Comunità a ulteriori approcci settoriali,
nonché a decisioni che dovrebbero prenpotere decisionale effettivo al Consiglio dei
sione fra Nord e Sud Europa.
dere, di tempo in tempo, Vertici « p i ù freMinistri della Comunità e far decidere il
Restando f r a i Nove, occorre sottolineare
quenti
». A loro volta la Commissione eseConsiglio a maggioranza: è necessaria una
la doppia faccia della Gran Bretagna. Dr
cutiva
di Bruxelles, il Parlamento Europeo
Camera po,r>olare, eletta a suffragio uni- un lato non solo ci importa la posizione di
e il Consiglio dei Ministri della Comunità
avanquardia
del
Regno
Unito
nella
società
versale e diretto (cioè europeo'), attraverso
hanno cominciato a interessarsi del proindustriale, ma la straordinaria esperienza
la quale si possano discutere fra tutti i
getto di Unione Europea, ma in maniera
democratica
britannica,
irrinunciabile
nella
cittadini della Comunità i problemi di ciaassolutamente inadeguata.
costruzione della Comunità federale euroscun Paese federato, anche con l'ausilio di
In questa situazione noi non abbiamo
pea. Dall'altro lato la perdurante sfiducia
partiti e di organizzazioni democratiche a
difficoltà a fare nostro il cosiddetto (c piano
di buona parte della classe politica britanSpinelli n, anche per eliminare ogni dubbio
struttura sovranazionale, preoccupati di por- nica - a destra e a sinistra
di poter
che da parte nostra si vogliano sollevare
tare avanti - su scala euro'pea - pro- portare il continente al tradizionale staildifficoltà di metodo. Quello che a noi pregrammi politici fra di loro alternativi.
dard politico britannico, fa si che il procesme - come abbiamo detto - è che si ponRiepilogando': non si avrà Unio'ne Eusro- so di integrazione europea sia visto spesso
Fa senza indugio e correttamente il prostrumentalmente, cioè come qualcosa da
pea senza una Costituzione federale, che
blema del « potere europeo »: questo potere
utilizzare
(oppure
no)
a
scopi
mercantili:
preveda un Governo europeo responsabile
in democrazia non può non essere esercia un Parlamento Europeo, di cui una Ca- gli europeisti non possono accettare questo
tato che attraverso una Costituzione (o Staatteggiamento britannico per le stesse ramera sia eletta a suffragio universale dituto politico). Una Costituzione deve essere
gioni, per cui non possono accettare la viretto. Quanto ad alcuni aspetti che, in
elaborata
da un Parlamento, ove sono presione gollista (cioè prevalentemente fransenti le diverse forze politiche. Quindi. se
questa ora di crisi della so'cietà industriale, cese) dellPEuropa; né possono accettare i
ci interessano nella struttura - più in con- « rapporti speciali n della Gran Breta-ma
ciò avviene nell'anno in corso, siamo d'accreto - della Unione Europea, ci verremo
cordo che i Nove Governi - facendo un
con gli USA
fra un momento, dopo avere esaminato aldeciso passo avanti rispetto al Vertice di
cuni problemi immediat'i della nostra lotta
5 - Come arrivare a un potere europeo Parigi - conferiscano a questo Parlamento
e le forze che ci pare giusto chiamare al
Specificato il terreno d'azione, occorre Europeo (le cui delegazioni nazionali senza
indugio potrebbero essere ridesignate ad
nostro fianco. Vogliamo cioè fermarci prima, aggiungere che l'evoluzione automatica della
hoc)
il compito di redigere - non andando
brevemente, ad esaminare cc come arrivare a d
Comunità europea da unione doganale a
un potere europeo ».
oltre l'estate dell'anno prossimo - un procomunità politica si è dimostrata fuori
((
-
aprile 1974
COMUNI D'EUROPA
p
Ma se il quadro della « Costituente euro- (1958) ci invitava a riflettere sulla «nuova
getto di Statuto di Unione Europea, nel
pea deve diventare il quadro porlitico sta- società » Carlo Schmid: il quale poco do'po
qualc sia prevista l'elezione a suffragio
pubblicava un saggio senz'altro stimolante,
bile del nostro operare, è poi evidente che
universale e diretto della Camera popolare:
La seconda rivoluzione industriale » (in
ciascun Paese dovrebbe ratificare subito un fronte democratico muove le più vive
K Propylaen - Weltgeschichte n, 1961, Frankdopo - in base alle pro'prie leggi - il
forze so'ciali, capaci di rinnovamento, crefurt - Berlin). Io mi permetterò anche di
progetto, che entrerebbe in vigore con cin- sce anchc dopo le sconfittc, acquista una
sempre maggio're compattezza soltanto qua- ricordare qui un libro più vecchio, L'or-dine
que ratifiche (ovviamente limitataniente ai
Paesi che hanno ratificato); seguirebbero le lora gli si diano obiettivi strategici tali da
politico delle comunità » del 1945, scritto
tcnsione » fra gli
elezioni europee a suffragio universale diretto. suscitare la necessaria
da Adriano Olivctti, uno dei fondatori del
uomini, da indurre al sacrilicio degli inte- CCE (aderì all'incontro di Seelisbcrg del
E' un atto di buona volontà, che noi
ressi personali o particolari, insomma da de- 1950): l'autore metteva in guardia i fedcracompiamo pe'r offrire ai Governi una via
terminare una rivoluzione. Questo è stato
relativaiiierilc facile, attraverso la quale far
listi contro una società il cui sviluppo fosse
uscire la Comunità europea dalla sua crisi l'errore portato avanti fin qui: indurre la
affidato alla tecnocrazia e al profitto capigente a credere - per ripetere l'espressione
attuale. Conferendo al Parlamento Europeo
talistico e ove l'economia non fosse al sercompiti costituenti, i Governi nazi'onali pos- di Altiero Spinelli - che l'Europa K cadrà
vizio della persona umana e della comunità
dal cielo bell'e fatta.
sono liberarsi dalla rete degli interessi parlomcale « a misura d'uomo D, né regolata da
Ora un obiettivo strategico importante è
ticolari e contraddittori, che attualmente
una pianificazione democratica.
li condiziona C li paralizza in campo eu- senza dubbio quello di ridare agli europei
Noi amministratori locali sperimentiamo
ropeo. Naturalmente affinché il piano Spi- uniti il controllo dei grandi accadimenti
continuamente la difficoltà di difendere la
nelli P abbia un significato C un seguito chc dctcrminano il loro destino, accadi- nostra autono'mia non soltanto dallo Stato
politico sia in caso di successo che in caso menti che separatamente essi non riescono
centralizzato e burocratico ma dalle forze
di insuccesso, esso andrà appoggiato aper- più a padroneggiare: sicché riuri si sentono
e~ono'mi~che
che, indipendentemente da noi,
tamente da tutta una serie di azioni popo- più liberi. Ma l'unione non basta. E' necesportano avanti lo sviluppo della società,
sario soprattutto prospcttare ad essi il di- modificando la vita dei nostri amministrati.
lari dirette, su cui il CCE potrà accordarsi
con le avanguardie federaliste, e dalle forze segno di una nuova società europea - come
D'altronde ci rendiamo conto che la nostra
si diceva all'inizio - in condizione di supe- autonomia non può essere la stessa richicdemocratiche che sappiano capire che la
fase dell'approccio funzionale all'unità eu- rare le terribili strozzature della odierna
sta ai tempi dello Stato del laissez faire:
ropea è finita e comincia quella della N co- società industriale, la minaccia di uno svi- è difficile del resto insiste're in una autostituente demomcratica». Il CCE dovrà ri- luppo non controllato dalla ragione ma dal
nomia locale basata su un « dominio risercordare lo spirito del suo Appello di Esslin- profitto, la alienazione umana sempre più
vato P , nel momento in cui viene demitizzata
generalizzata. Con una traccia di questo digen per l'Assemblea Costituente europea
la stessa interpretazione tradizionale della
la nostra re(1955) e chiedere ragione ai movimenti eu- segno desideriamo ~o~ncludefre
cosiddetta ((separazione dei poteri » (cfr.
lazione.
ropeisti tradizionali della loro incapacità di
Louis Althusser, « Montesquieu la politique
costituire un autentico « fronte democract l'histoire x, Paris, 1964). Ebbene, mentre
tico europeo » (europaisclze demokratische
noi amministriamo la nostra città o il nostro
6 L'obiettivo di una nuova società
Aktiongeineinsclzaft), proposto dagli Stati
piccolo Co'mune, mentre deliberiamo e cergenerali di Roma (1964).
chiamo di attuare un piano regolatore, menUna Comunità federale in prossimità del
tre con altre amministrazioni vicine cerE' chiaro che noi diamo ai Go'verni una
2000 non può essere del tutto uguale, per
o'ccasione per superare l'impasse: ma con- forma e per contenuti, a una Comunità fe- chiamo di realizzare la pianifi'cazione del
tinueremo poi la nostra lotta contestando derale costituitasi alla fine del secolo XVTTI:
territorio (uméizagemeizt du territorie, Raurnormai ai Governi nazionali - co'n sempre anche se quella americana ha dimostrato
plariinng, t o ~ mund country plunning), altri
poteri - pubblici e privati - pianificano
maggiore durezza - il diritto di fabbricare una indubbia capacità di adattamento ai
l'Europa senza la partecipazione popolare e
dunque, separatamente (e spesso in piena
tempi nuovi. Già agli Stati generali di Liegi
reclamando', nei Consigli dei nostri Comuni
e di tutti i nostri Poteri locali e regionali,
l'elezione a suffragio
universale C diretto dell'Assemblea Costituente
europea. In pari tempo
e in questo quadro condurremo coi nostri alleati democratici una
lotta continua per I'integrazione di base dell'Europa:
integrazione
sovranazionale dei sindacati e rivendicazioni
europee dei lavoratori;
spinta per creare una
struttura europea dei
partiti: collaborazione
sovranazionale sempre
più stretta fra i nostri
Poteri locali; intesa europea fra gli uomini
della cultura; lotta comune per una scuola
veramente democratica
e decisa ad affrontare i
reali problemi umani
della società industriale;
coordinamento (appunto nel fronte democratico europeo) di tutte
queste forze e di tutte
plenaria dei 111 Stati generali alla Paulskirche di Francoforte sul Meno (1956): il segretario generale delltAICCE (in
« I Comuni e l'Europa di domani n, relazione politica congressuale) denuncia le premesse della bomba atomica francese
queste azioni.
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-
aprile 1974
COMUNI D'EUROPA
guato, a una estensione del federalismo su
Costituzione austriaca posteriore alla I Guerscala mondiale: l'analisi dei modelli precera mondialt e nella Costituzione spagnola
del 1931: ina i11 questo dopoguerra l'idea cienti ci induce a credere che essi noi1 possano essere la base degli Stati Uniti del
di Kegioile iia s u b i ~ ouil approionclimento,
Moiiclo; e questo :ì invece un obiettivo che
pcrche si è tentato di rivederne il ruolo
nel contesto di una soccità industriale avan- ci dobbiamo porre mentre lottiamo per gli
Stati Uniti d'Europa: cioè un obiettivo clic
zata. Se 11 Comune, il Circondario rurale
(Landkreis) c il quartiere della grande città è correlato al passaggio dall'equilibrio dcl
metropolitana hanno il vantaggio di stabilire terrore alla pace vera.
Tornando al modello europeo » e porl'immediato contatto tra amministratori e
amministrati - e quindi di essere l'even- tando avanti - per semplici accenni - il
discorso sulla nuova società D, vorremmo
tuale cerniera fra la democrazia diretta e la
democrazia rappresentativa -, essi poi, data a questo punto sottolineare una linea di
la loro piccola dimensione, identificano tendenza, che rappresenta oggi - in qualsiasi società industriale avanzata, dotata di
troppo spesso gli interessi settoriali di un
sol tipo di lavoratore e queili
globali » un grande pat'rimonio tecnologico - la midel cittadino: la Regione (che no'n dovrebbe iiaccia più grave (e, al limite, definitiva)
mai essere troppo piccola) ha invece larga- contro l'eguaglianza degli uomini e la loro
mente nel suo seno lavoratori dei settori libertà. Intendiamo parlare della paurosa
primario (agricoltura), seco'ndario (industria) capacità di razionalizzazione ( o ottimizzae terziario (servizi); si verifica in essa la zione) settoriale o particolaristica, che capresenza di iiiteressi contrastanti; essa può ratterizza una società in cui si ha poi, agli
dunque liberarsi dalla pressione di un so'lo effetti della sua organizzazione complessiva
interesse settosriale e iniziare una sintesi e della gerarchia dei suoi valori, l'eclisse
della ragione, per dirla col filosofo e sociopolitica, che non dovrà mai essere la somma
degli interessi particolari (corporativismo). logo tedesco Max Horkheimer. Horkheimer
denunciava ciò già nelle lezioni tenute negli
La Regione parteciperà alla pianificazione,
rappresentando il punto di incontro con- anni quaranta - esule in Ameri'ca - alla
creto della pianificazione socio-economica e Columbia University, affermando appunto
di quella del territorio (ecco la chiave di che egli non si appagava del concetto di ravòlta di una autentica po'litica regionale » zionalità che sta alla base della co'ntemporaeuropea), e garantirà presso lo stesso po- nea cultura industriale D (cfr. di Max Ho'rtere centrale le esigenze complesse della kheimer il saggio « Eclipse of Reason »,
periferia (Senato delle Regioni, Conferenza entrato poi nella più ampia raccolta in lingua
interregionale, ecc.).
tedesca dal titolo emblematico Zur Kritik
Riepilogando possiamo affermare che la
der instrumentellen Vernunft » - critica delautonomia locale dovrebbe dunque essere la ragione strumentale -). Questa tendenza
ripensata come momento (autonomo) di par- cosmporta alcuni problemi essenziali nel ditecipazione al piano globale, e anche w m e
segno di una nuova società », che si proelemsento fondamentale di un moderno ga- ponga come alternativa di fondo, legato alrantismo. Ma se tutto si fermasse qui, si l'unità europea, alle attuali impotenti sotratterebbe di un giuoco fin troppo sempli- cietà nazionali.
ce: invece è qui che nascono i maggiori
problemi, poiché rimangono da stabilire il
A - I1 primo problema riguarda i1 fatto
funzionamento del pluralismo politico entro
Nonostante gli aumenti vertigiche la « razionalizzazione » della produzione
questo schema, il rapporto conccreto fra
in campo economico, compiuta sotto l'impenosi dei costi della carta e tipoeconomia e politica (e pertanto la scelta
rativo del profitto capitalistico (e sotto la
grafici, « Comuni d'Europa » non
e la realizzazione del regime di proprietà
spinta dell'affermazione particolaristica delsolo ha conservato invariato per
e del modello di sviluppo), gli strumenti
le tecnostrutture »), degrada la qualità di
diversi anni il suo prezzo, ma ha
e i modi per attuare il primato della poli- vita e praticamente vanifica la democrazia
addirittura notevolmente aumentica», la partecipazione effettiva del citta- politica. Maurice Duverger (in Janus. Les
tato il numero medio delle pagine
dino (sovrano) alla politica, l'autonomia
deux faces de l'occident )p, del 1972) ha già
ed è riuscito a contenere entro
della cultura, la garanzia della privacy, cioè rilevato come nella società occidentale ad
limiti estremamente modesti l'audella più intima libertà dell'individuo. Que- alta industrializzazione sia di tutta evidenza
mento delle tariffe di abbonamensti ed altri sono i grossi problemi che si la contraddizione fra l'accrescimento delle
to, che si è visto costretto a ritoc?
debbono affsrontare e risolvere per realiz- quantità prodotte e la degradazione della
care per il 1974.
zare
quella « società nuova », retta da un
qualità della vita, che poggia sull'imperaK Comuni d'Europa » prega quinsistema
federale
e
autonomista,
che
noi
protivo del profitto n. Più recentemente J. K.
di i suoi abbonati di rinnovare
poniamo come obiettivo di fondo del fronte
Galbraith, l'economista « kennedyano » del
con sollecitudine l'abbonamento
neo-capitalismo avanzato, ha pubblicato (Bodemocratico europeo ».
per il 1974: essi appoggeranno
I1
« modello europeo » vuo'le risolvere i
ston, 1973) un libro ( « Economics and the
così il più vecchio e agguerrito
l'economia e l'interesse
problemi dell'Europa occidentale » ( a demo- Public Purpose
organo di stampa della battaglia
cratica
» o
capitalistica
», secondo l'amccento pubblico) in cui - distrutti i miti del capifederalista, che vive e si diffonde
talismo e dell'economia classica e neo-clasche la propria origine politica o culturale
col loro contributo.
induce a privilegiare), ma ha altresì l'ambisica (Keynes) - dichiara inconciliabili sizione di arricchire il panorama mondiale
stema capitalistico e democrazia sociale o
di un modello, che superi i limiti evidenti - meglio - democrazia tozlt cozlrt, appro
negli altri modelli in campo, quelli che
dando (come egli scrive) a un nuovo sotro-poteri del potere centrale, frenandone
le prevaricazioni e riportandolo continua- - pur costretti dall'èra atomica ad accet- cialismo imposto dalle circostanze ». Galtare la coesistenza - aspirano comunque
braith constata che l'economia di un Paese
mente alla realtà delle esigenze sociali, di
cui esso deve compiere l'interpretazione sin- ad una leadership mondiale, l'americano, il
capitalistico di industrializzazione avanzata
(gli USA) si articola in due parti, il sistetetica; ma nello stesso tempo il potere cen- sovieti'co e - in qualche modo - il cinese.
ma di pianificazione D e il a sistema di mertrale deve spingere i poteri locali a supe- L'ambizione dei democratici europei non è
rare le loro inevitabili tendenze part~icola- certo rivolta a un primato planetario, che, cato D: il primo coincide sostanzialmente
anche se mantenuto sul puro piano intel- col settore tradizionalmente chiamato moristiche.
A proposito di quest'ultimo punto si è
nopolistico od oligopolistico e comprende
lettuale o morale, rappresenterebbe pur
un ristretto numero di società giganti (giant
delineata da tempo, nel pensiero dei fede- sempre la nostalgia di un eurocentrismo, che
corporations); il secondo è rappresentato dal
ralisti e nella prassi democratica, l'impor- non vogliamo in alcun modo ristabilire. Si
tanza di un potere intermedio: la Regione. tratta piuttosto della ferma volontà di dare
resto dell'economia privata (agricoltura, picEssa affonda le sue radici storiche nella
cole imprese, servizi, ecc.). I1 «sistema di
un contributo, attraverso un modello ade-
contraddizione con noi), lo sviluppo economico generale e gli investimenti sul nostro
stesso territorio, con gli inerenti spostamenti della popolazione lavoratrice e coi1
le relative modificazioni della « qualità di
vita ». Occorre pertanto ridurre ad unità
le due pianificazioni, se vogliamo perscguire un modello di sviluppo razionale;
cioè abbiamo bisogno di una pianificazione
globale, insieme socio-economica e territoriale. Ma chi guiderà questa pianificazione
globale?
Sembra evidente che questa pianificazione
globale debba nascere da un equilibrio di
potere centrale (statuale) e di poteri periferici. O forse più che la parola equilibrio »,
la quale dà una idea statica del rapporto
fra centro e periferia, dovremmo parlare
di un collegamento, di tipo non burocratico, fra centro e periferia, di una dialettica
fra potere centrale e poteri periferici (poteri
locali). I1 potere centrale è più portato a
verificare l'aspetto quantitativo, schematico,
delle so~luzioni; i poteri periferici a verificare l'incidenza locale, concreta, qualitativa, di queste soluuioni proposte. D'altro
canto ai poteri periferici pare debba essere
affidato un momento iniziale del piano (l'informazione sulle singole, diverse situazioni)
e un momento finale di esecuuione e controllo, mentre al potere centrale spetta senza
dubbio il confronto tra le molteplici esigenze periferiche, lo
stato del sistema »
(accumulazione di capitale, congiuntura, ecc.)
e certi obiettivi generali, che sono di volta
in volta le conclusioni democratiche del
pluralismo politico, in cui vogliamo articolata la nostra rrs pzlblica. Infine, secondo
una versione moderna del garantismo, i poteri locali - basati sull'autogoverno democratico - dovranno fungere via via da con-
((
((
((
((
((
((
((
((
((
((
((
((
((
))
)),
aprile 1974
COMUNI D'EUROPA
7
pianificazione » (privata ma - soprattutto - particolaristica) egemonizza il sistem a di mercato » e, non solo mette il potere
politico di fronte a una situazione precostituita difficilmente modificabile secondo I'iiiteresse generale, ma domina la burocrazia
dello Stato C determina un modcllo di sviluppo e adclirittura una linea po~litica sccondo gli interessi oligopoiistici. La collusione tra potere economico e Stato porta
per esempio al fatto che noi abbiamo missili pluristadio e spedizioni sulla Luna, m a
insufficiciiti abitazioni ed eccessiva aria iriquinata D. Ciò genera anche un consumismo
aberrante e una mitologia dello sviluppo (di
uno sviluppo globalmente irrazionale, specilichiamo noi), che non può non portare a
conseguenze gravi o catastrofiche (il deterioramento ecologico m a anche l'inflazione
incoercibile).
Vorremmo qui osservare che tutta la polemica - europea e no .- sulla ((crescita
zero », seguita alla pubbli~cazione(1971) dello
studio su « I limiti del!a crescita » intrapreso
dal Massacl~ussets Institute of Technology
per conto del Club di Roma (cfr. « Report
on the limits of growth / rapport sur les
limites de la croissance » dell'Assemblea
Consultiva del Consiglio d'Europa, do'c. 3233,
Strasburgo 1973), riguarda un tipo di sviluppo come quello descritto da Galbraith,
non qualsiasi tipo di sviluppo. Piuttosto è
utile aggiungere di passaggio che in un altro
senso ci può essere la necessità di bloccare
qaulsiasi sviluppo ed instaurare una «economia di gueira » e un regime di « sofferenza pianificata n, e cio'è se non si riesce
ad evitare lo scoppio della bomba demografica: qui sarebbe colpevole farsi illusioni teorico-pratiche sulla base di determinati convincimenti morali. Rispettiamo questi co~nvincimenti - anche se dissentiamo
da essi (gli uomini non debbono mo'ltiplicarsi, perché si sono già moltiplicati) - a
condizione che chi li professa sia poi pronto
a sopportare e a far sopportare le grandi, Jean Bareth, cha ha fatto incarnare il a federalismo integrale (federalismo sovranazionale e infranazionale) D in una grande organizzazione di massa, i1 CCE
anzi grandissime sofferenze e la dura limitazione di libertà, che deriveranno immancabilmente dall'incremento demografico no11 braith's Utopia » di Paul M. S~veezyin M The mento della pianificazione privata? E quale
frenato.
New York Review of Bo'oks del 15 novem- esito hanno avuto, infatti, alcuni tentativi
Galbraith fa comunque - in conseguenza
bre 1973): m a quel che sembra incontro di programmazione pubblica da parte di sinalla sua analisi - cinque proposte: 1) pro.
vertibile è il giudizio complessivamente pes- goli Stati nazionali europei?
prietà e gestione dei punti deboli del N siVogliamo infine aggiungere che da quanstema di mercato » (case, trasporti, sanità) simistico che Galbraith dà del modello capitalistico
americano.
Col
pessimismo
di
Galt
o
detto fin qui si ricava agevolmente come
debbono essere affidati al potere pubblico;
braith
noi
pensiamo
che
si
dovrebbe
giu«modello
europeo » non si possa co'nciil
2) piccole imprese, artigianato, ecc., debcorporativibono essere persuasi a unirsi in forme asso- dicare altresì l'obiettivo di una « società liare con nessuna forma di
ciative, sottoposte a un pubblico controllo
affluente », che sottostava alla istituzione del smo D, cioè di collaborazione organica f r a
dei prezzi di vendita, ma garantendo ai lavo- MEC - a parte le carenze che sai sono veri- capitale e lavo'ro (il corpo~rativismoprende
ratori un salario minimo (che dovrà aumen- ficate entro lo stesso angolo visuale dei suoi il suo nome dalle corporazioni medievali,
tare col livello medio di vita); 3) non si
ideatori nel non compiuto disegno di inte- ma oggi si potrebbe ben dire che sia lo strucorporations »
persegue il pieno impiego (anche se si favo- grazione economica -, e pensiamo pure che mento delle gigantesche
delle
società
giganti
dell'industrialismo
ideo~lo'gia
si dovrebbe respingere la sottile
risce) ma si stabilisce un salario garantito
avanzato') o addirittura di rappresentanza
oppure un'entrata alternativa per coloroche tecnocratica contenuta nelle proposte al.
l'Europa di « Le déf8i américain » (Paris, degli « interessi organici » - ci'oè di intenon trovano un lavoro; 4 ) le società giganti
ressi particolari e settoi-iali - in luo'go della
1967) di J. J. Servan-Schreiber. Ma quel che
debbono diventare di proprietà pubblica
rappresentanza poslitica - ci02 degli inte(circa il modo, Galbraith prospetta lo svi- ci interessa di più in questa sede è osser.
ressi globali del cittadino -. Dalle cose preluppo delle esperienze roosveltiane del tem- vare che il tipo di economia e di assetto
proprietario descritti ( e criticati) d a Gal- cedenti si capisce anche il perché della perp o della Tennessee Valley Authority); 5) una
plessità o addirittura dell'avversione di una
braith renderebbero vuota di significato
« agenzia pubblica
coordinerà i diversi s e t
buona parte dei gruppi politici pro'gressisti
quella pianificazione globale e democratica,
tori della vita economica, che rientrano nel
che abbiamo ipotizzato sopra per una Eu- euro~pei, di una parte dei sindacalisti (in
sistema di pianificazione ».
ropa federata e modernamente auto~nomista. prevalenza dei Paesi latini), di mo~ltiintelVari punti dell'analisi e, naturalmente,
Quale margine di autonomia avrebbe la pia- lettuali democratici nei riguardi della Mitancor più le proposte di Galbraith hanno
bestinznzting (cogestio'ne, codecisione) nelle
nificazi'one pubblica se, dietro di essa, in
trovato riserve e critiche in America non
aziende
industriali: non si è contro la Mitpianifieffetti
continuasse
a
comandare
la
solo, come è ovvio, a destra, m a anche a
hestinznzung
in quanto c o n t r i b ~ i s ~ calla
a tucaziosne
privata?
Peggio:
no'n
sarebbe
forse
sinistra, negl,i ambienti radicali e in quelli
tela
di
co~ndizioni
umane
di
lavoro
o alla
stessa
pianificazione
pubblica
uno
strusocialisti (per es. cfr. la recensione N Gal<(
((
((
((
COMUNI D'EUROPA
l'esercizio della democrazia nella fabbrica
o al collegamento della fabbrica col mondo
democratico circostante, ma in quanto renda la classe lavoratrice corresponsabile di
quella « pianificazione privata », oligopolistica, di cui parla Galbraith.
B - I1 secondo problema è che una pianificazione globale, aflidata al potere politico,
può determinare - anche se in teoria articolata, come noi abbiamo proposto, in una
dialettica fra potere centrale e poteri regionali e locali - una tale concentrazione di
potere (con ottimizzazione del potere fine a
se stesso) che segni la fine della libertà dei
cittadini. Siamo in uiia società che, al limite,
può accostarsi a quella immaginata in « I1
mondo nuovo » ( « Brave New World », 1932)
di Aldous Huxley, ove compariva la pianificazione genetica (chi ha letto il romanzo,
ricorderà il processo di bokanovskificazione). In sostanza dietro il potere centrale
e dietro i poteri locali è necessaria una pluralità di partiti politici - intesi questi ultimi
come mediatori, con proposte di programmi
alternativi, fra i singoli cittadini e il potere -: altrimenti, di fronte a cittadini isolati l'uno dall'altro, il detentore del potere
è praticamente inamovibile e l'articolazione
fra potere centrale e poteri locali, espressione di elezioni democratiche differenziate,
non dà nessuna garanzia. Ma non basta:
nella attuale società massificata, dominata
dalle tecnostrutture e dai persuasori occulti,
occorre risalire ancora più a monte.
I1 liberalismo moderno è pervenuto alla
conquista di una serie di libertà che sono
irrinunciabili: habeas corpus, libertà di pensiero, di espressione, di associazione, ecc.
I1 movimento socialista non negò, in linea
di principio, queste libertà, ma sottolineò
N U O V I P O T E R I LOCALI
A D E R E N T I ALL' A I C C E
Comuni:
ARSIE' (BL)
COSTABISSARA (VI)
ENEGO (VI)
GIOIA TAURO (RC)
PETTORAZZA GRIMANI (RO)
SAN VENDEMIANO (TV)
STIENTA (RO)
TAGLIO DI P 0 (RO)
VILLA CARCINA (BS)
VILLANOVA MARCHESANA
(RO)
Pop.
4.050
3.025
3.096
15.016
1.850
7.42 1
3.055
7.789
8.278
1.446
l'abissale distanza ilella possibilità di fruirne
fra i diversi cittadini e le diverse classi
sociali, talché per alcuni risultava uno scherno poter godere sulla carta di certi diritti.
Oggi siamo a un terzo stadio: ossia è tale
il costo dell'organizzazione associativa e risultano ai più talmente inaccessibili i mezzi
di comunicazione di massa, per non parlare
dell'uso dei calcolatori elettronici e delle
più sofisticate strumentazioni dell'informa-
tica, che bisogna consentire - sia pure in
vario modo - ai partiti, alle opposizioni
politiche nelle assemblee democratiche delle
Istituzioni, alle minoranze, alla cultura, agli
individui di non essere soffocati o corrotti
da chi gestisce il potere, di poterlo controllare e di poter gestire realmente, attivamente, le proprie rispettive libertà (cfr. per
parecchi aspetti della questione « Razionalità
sociale e tecnologie dell'informazione - descrizione e critica dell'utopia tecnocratica », 3
volunli di atti del Seminario internazionale
tenutosi a Courmayeur, Italia, nel settembre 1971 a cura della Fondazione Adriano
Olivetti - Milano, 1973 (") -).
Vorremmo inoltre sottolineare particolarmente l'importanza di poteri locali di base,
idonei a rappresentare la cerniera fra la
democrazia diretta e la democrazia rappresentativa (i quartieri delle grandi e medie
città, i circondari rurali o Landkreise, ecc.),
e l'esigenza di dotarli adeguatamente degli
strumenti necessari alla partecipazione p o p e
lare alla democrazia (cominunity centres o
centres sociaux o Dorfgerneinschafthutlser;
tipografie socializzate; giornali di quartiere
e di circondario rurale finanziati pubblicamente; disponibilità di canali radiotelevisivi; ecc.). I n sostanza lo stesso pluralismo dei
partiti non è vitale, se essi non hanno possibilità di nascere, cresccre, operare disponendo di strutture socializzate di informazione, studio, dibattito, espressione, che evitino il loro condizionamento a priori e la
loro corruzione. Codeste strutture socializzate contribuiranno a rendere difficile la
gestione unicamente dall'alto, oligarchica, dei
partiti, favorendo alla base lo sviluppo di
una vita politica e culturale comunitaria.
Infine bisogna ricordare che non c'è società libera se essa non si fonda su una
scuola veramente democratica, non strumentalizzata dal potere, finanziata pubblicamente e collegata alla comunità locale, e
se in essa non può vivere concretamente
una dialettica fra i tempi brevi della politica e i tempi lunghi della cultura. Qui torna utile citare un famoso « poscritto » della
opera di Sidney e Beatrice Webb K Soviet
Communism: a New Civilisation? » (1935;
38 edizione 1945), ove si affermava che non
c'è libertà e progresso in una società nella
quale non si abbia l'effettiva possibilità di
«pensare pensieri nuovi e di formulare
anche le più inattese idee nuove ».
C - Il terzo problema è sollevato dalla
massima « razionalizzazione » particolare esistente in un più vasto contesto irrazionale:
quella delle Comunità statuali formalmente
« sovrane » - nazionali o plurinazionali in un assetto planetario disintegrato e assolutamente irrazionale. La coesistenza fra le
Comunità statuali si basa attualmente su
un equilibrio bipolare con tendenza verso
la multipolarità: essa vede Potenze imperiali, che impiegano le tecnologie più sofiI ' ) Vedi ~ r e s e n t a z i o n edi Umberto Serafini. relazioni
e 'ikervent: di Alain Touraine, Serge Mallet, Luciano
Gallino, Miche1 Crozier, Franco Mornigliano, Pierre
Naville, Paolo Sylos Labini, Michael V. Posner, Edward
B. Stuttard. Stuart J . Woolf, Pasquale Saraceno, Anatol
Rapoport, Alberto Predieri, Stefano Rodotà. Andrea Manzella, Mario G. Losano, Jean Blondel, Roberto Vacca,
Roberto Guiducci, Guido Martinotti, ecc.
aprile 1974
sticate per rimanere capaci di overkill
- cioè di uccidere più volte il medesimo
ilemico -, t una organizzazione « coloniale » o « satellitaria » del rcsto del mondo,
ccndotta in Funzione della conservazionc
dell'equilibrio internazionale, che in realtà
e un « equilibrio del terrore ».Tutto ciò comporta spese folli per gli armamenti, mentre
in molti Paesi incalza la fame e si profilano
terribili gli effetti della bomba demografica.
Le materie prime in questo contesto vengono impiegate irrazionalmente, non si rispettano le regole del « riciclaggio » e si
ccmpromette sempre di più - con danno
e rovine per tutti - l'ecosistema planetario.
D'altra parte l'equilibrio del terrore giustifica obiettivamente la conservazione dello
statu quo e comunque il tentativo di evitare
a qualunque costo le vacanle di potere al
vertice dei rispettivi sistemi, perché esse
pctrebbero permettere lo scoppio fulmine0
di una conflagrazione bellica generalizzata
e la fine della storia del pianeta. Come fare
avanzare in questo contesto la ragione
« non strumentale » ?
E' evidente che l'obiettivo è la Federazicne mondiale, cioè una autentica Organizzazione delle Nazioni Unite. Ma è anche evidente che questo obiettivo non può raggiungersi mettendo insieme sistemi a struttura antitetica. L'avvio verso una determinata Comunità federale europea e verso un
determinato modello europeo di sviluppo
potrà dunque essere l'esempio vivo, e quindi
efficace, di un superamento razionale delle
antitesi: le quali, oltretutto, forniscono un
alibi alle continue pretese della « ragion »
di Stato.
7
-
La lotta per la ragione
Concludendo ci sembra soprattutto di
dover ribadire: la costruzione sovranazionale e democratica delllEuropa non ha alternative, se non quella dell'assunzione definitiva del ruolo di satelliti da parte delle
nostre Nazioni e il loro deterioramento progressivo economico, sociale, politico. Facile
o difficile, l'unica battaglia ragionevole è
quella per gli Stati Uniti d'Europa: coloro
che avversano i federalisti europei non
hanno il coraggio di guardare la realtà in
faccia.
Roma, rnarzo 1974
Poscritto
Dopo la conclusione della relazione avvenimenti diversi, m a tutti di grande rilievo,
hanno mutato la congiuntura politica: discorso di Callaghan al Consiglio della Comunità europea a Lussemburgo, morte di Pomp i d o ~ ~convegno
,
sulle materie prime promosso da Boumedienne presso I'ONU, liberazione del Portogallo, misure economiche
« autarchiche » italiane. Tuttavia questi avve.
nimenti, anche se potrebbero ( e potranno)
dar luogo a u n Poscritto più lungo del presente. non giustificano in nessun modo modifiche sostanziali aila relazione. Al contrariO: portano a'1a ribalta~se
più radicale prevista nel paragrafo 5 ( c o m e
arrivare a u n potere europeo).
-
aprile 1974
COMUNI D'EUROPA
Construir urna nova vida - Destruir o sistema
di Andrea Chiti-Batelli
I recenti fatti portoghesi hanno dato improvvisa popolarità, anche fuori del Paese,
al nome del primo oppositore del vecchio
regime che il generale Spinola ha accolto,
reduce da un lungo esilio politico: il socialista Mario Soares.
Il saggio « Construir uma nova vida - Destruir o sistema » a lui in gran parte dedicato,
che qui pubblichiamo, era stato scritto alcuni mesi addietro, quando il Soares ci aveva
inviato dalla Francia le opere che in esso si
menzionano: esigenze redazionali avevano poi
costretto a rimandarne finora la pubblicazione. Non apportiamo viodifica alcuna alle
nostre parole: le riflessioni che ci suggeriva quest'inverno l'attività clandestina e in
eszlzo di Soares valgono anche in primavera,
per la sua attività pubblica e in patria.
Solo vogliamo aggiungere una nota malinconica, in tanto giustificato ottimismo per
l'avvenire del Portogallo. Se una dittatura
vecchia di quasi mezzo secolo, e tarlata fin
nelle più intime fibre è caduta, ciò non è
stato dovuto all'azione, alla pressione, allo
stimolo, all'esempio di un'Europa politica e
democratica che non c'è e non si cura del
ri~ondoiberico-lusitano più di quanto non si
curi di quello ellenico ( o se ne cura, di fatto,
solo per ait~tarlisottobanco); ma allo shock
d i una guerra coloniale i cui nodi non potevano più esser rimaizdati e - molto probabilmente - a una sotterranea azione dell'America (è una ragionevole ipotesi avanzata da più di un commentatore) a cui un
alleato colonialista e costretto, dalla logica
della guerra, alla tortura e al genocidio non
può non risultare assai scomodo, specie ai
fini della politica africana di quella grande
potenza.
Questa è I ' « identità europea », questa è
l'« indipendenza » che ci promette, e che sola
può darci, l'Europa delle patrie. Ma qual'è,
e da dove viene, la risposta a tale Europa?
Qttal'è il posto che il Portogallo libero potrà
prendere nella corriunità dei popoli europei
democratici, se tale cotnunità è in disfacimento?
I1 problema del Portogallo - che qui riassumeremo considerando alcuni dei principali
scritti di uno dei più coraggiosi e lucidi oppositori del regime, il socialista Mario Soares
- ci richiama all'alternativa e al K préalable » europeo, come il problema spagnolo,
per due ordini di ragioni.
Anzitutto per le cause remote e di fondo:
la debolezza di una den~ocraziache non può
affermarsi e realizzarsi su base nazionale, e
tanto meno in un Paese di otto milioni di
abitanti, costituisce la causa prima della
sfiducia, dello scetticismo, dell'apatia e insieme del disordine e del caos che creano
le condizioni per l'affermarsi di una dittatura che poi, alleandosi con le forze reazionarie e del grande capitale, stabilizzerà e
istituzionalizzerà quella progressiva segre%azione dell'opinione pubblica e delle masse
da ogni interesse e sensibilità politica.
In secondo luogo per le prospettive future: così chiuso entro la fcrrca morsa di
un regime che ha troppe solidarietà internazionali, in primo luogo negli Stati Uniti,
e troppi aiuti, diretti e indiretti, anche da
Paesi europei (si ricordi quanto ha dctto
Tierno nel volume recentemente pubblicato
dallo I.A.I.) (1) che pur a parole e ipocritamente prendono, quando d e ~ o n o pronunciarsi ufficialmente, le loro distanze dal regime portoghese e si opporrebbero a una
sua adebione e associazione a organismi europei, - in tale situazione, dicevo, il Portogallo appare condannato a d un servaggio
ancora lungo, e la battaglia dei democratici
portoghesi, pur coraggiosa ed esemplare, appare disperata.
I1 problema coloniale complica ulteriormente, e aggrava, questo quadro già così
fosco: giacché, se perfino in un Paese come
la Francia, libero e pluralista, C con forti
e agguerrite opposizioni, si è potuta risolvere la guerra di Algeria solo a prezzo dell'avvento di un regime forte e che, quasi a
compenso di quella rinuncia, ha dovuto porre
in primo piano la grandeur nazionale e le
pretese egemoniche, e di conseguenza frenare e distorcere, con conseguenze ancora
incalcolabili, il processo di integrazione europea; quanto maggiore sarebbe il trauma
- e quindi quanto maggiori sono le capacità
del regime di aggrapparsi allo status quo e
di tentare di sopravvivere - in una situazione così intricata e dall'avvenire così oscuro, e con margini, quali quelli di cui dispone
il Portogallo, tanto più ridotti, all'intcrno
come sulla scena internazionale?
Giacché questo è il quarto elemento di
forza delle dittature, dove la prospettiva di
un cambiamento di regime si ponga nei termini puramente nazionali: il rischio del salto
nel buio, rischio che esse diligentemente
coltivano e propagandano, per assicurarsi
sempre meglio la rassegnazione e l'acquiescenza dell'opinione pubblica. Gli echi della
querra civile spagnola non possono non aver
lasciato una loro traccia, e una traccia profonda, anche nel Portogallo, e fin tra le
nuove generazioni.
Esaminando consimili situazioni - fosche,
per non dire dispcratc, per l'avvenire della
democrazia - in molti Paesi latino-americani alcuni coraggiosi studiosi dei loro problemi (2) hanno osato affermare la necessità,
per usare le loro stesse parole, di un « catalizzatore esterno», di condizioni ab extra
create da una nuova situazione internazionale, e capaci di sbloccare quella chiusura
che altrimenti non è possibile spezzare dall'interno. Una tale affermazione suona a
molti assurda, una fuga in avanti senza basi,
quando non addirittura blasfema, una inammissibile e impossibile rinuncia alle responsabilità nazionali: ché la liberazione della
Nazione deve essere opera, si dice, essenzialmcntc dei suoi cittadini, o lo è solo in apparenza.
Ciò è indubbiamente vero: e Soares stesso
non perde mai occasione per ripetere nei
suoi scritti che la redenzione del Portogallo
è e non può essere se non compito dei portoghesi. Ma quello a cui qui, e negli altri
( I ) E. TICKNOG ~ I . v ~ YSF>U~!!I?(I
,
1?1en10ralldun?, Istituto
Aflari Iiiiei-nazioriiili. Roina. r Il Mulino, Bologna, 1972,
101 pp.
(2) Alludo segnatamente allo studio dei problemi
latino-aniri-icarii, per me capitale, di K . O . Hansen,
Regional Infegration: Reflection o n a Decade ot Theoretical Effort, M World Politics M, gennaio 1969, pp. 242-271.
casi analoghi, noi pensiamo, e pensano gli
eminenti studiosi sopra citati, non è una
azione sostitutiva di tale lotta nazionale,
sibbene un decisivo aiuto esterno che crei
le condizioni internazionali essenziali perché quell'opera interna di redenzione possa
avere successo. E questo è un punto che
ci pare debba invece esserc riaffermato e
ribadito, se si vuol tenere conto insieme
della realtà C dell'esperien~a.
Vediamo ora di toccare meno sommariamente quei diversi punti a cui sopra si è
fatto cenno.
Anzitutto il vizio di origine: la carenza
strutturale e permanente di una democrazia,
che in un ambito nazionale è necessaria.
mente gracile e incerta, e in modo speciale
in un Paese di relativamcnte piccole digeograf che, economiche, demomensioni
grafiche -: causa prima del nascere, e del
durare, di regimi autoritari.
Ha scritto appunto il Soares nel suo libro
più noto e meditato, dedicato alle vicende
del suo Paese e alla lotta di liberazione che
egli conduce (3) - scritto che, per avere
forma e contenuto prevalentemente autobiografici, non è per questo politicamente
meno istruttivo -:
-
« Nel 1926 il Portogallo traversava una crisi profonda, dovuta alle difficoltà di adattamento
delle strutture e alla sete di giustizia sociale
delle masse popolari. ~isgraziatakentela Repubblica non seppe trovai-e gli uomini capaci di
procedere alle rifortne urgenti che si itnponevano. La libertà era totale. ma stava lentamente
trasfortnandosi in anarchia. I partiti non erano
se non razgruppamenti senza radici nella realtà
del Paese. mentre il Parlamento era impotente
davanti al disordine che cresceva n.
Un regime liberale ha potuto affermarsi
per un secolo, pur con tare e difetti gravi,
nel Paese; m a non ha resistito di fronte al
sorgere di nuove rivendicazioni popolari: e
lo stesso Soares, in altra e più recente pubblicazione (4) ne ha visto chiaramente le
cause storiche, dovute al fatto che il Portoga110 non era e non è un Paese moderno,
industriale e dinamico - quale, poniamo,
la Gran Bretagna, capace di assorbire le
lotte sindacali e la battaglia del proletariato senza contraccolpi gravi per il sistema
democratico - ma una nazione ripiegata
su se stessa, dissanguata anzitutto dalla
conquista e successivamente dallo sfruttamento coloniale, operato prima in Brasile
e poi in Africa, scnza vere prospettive di
Paese moderno, chiuso com'era e resta in
un ristretto ambito nazionale. E, come in
Italia, la partecipazione alla prima guerra
mondiale e il peso gravissimo che essa costituì per il Paese dette il colpo di grazia.
Da qui la nascita della dittatura, di cui
Soares chiaramente definiscc, nclla seconda
delle due opere citate, le caratteristiche essenziali:
« Alla domanda se il regime attualc rappresenti
la inera continuazione di quello salazarista rispondo affermativamente, con la riserva che il
salazarismo non fu immutabile nel tempo: esso
ha evoluto con le circostanze, nazionali e internazionali, conservaiido tuttavia sempre una certa
(3) M ~ R I OSOIRCS,Le Portuga~l baillonné, Paris, E .
Calmann-Lévy, 1972, pp. 314.
( 4 ) MIRTOSOIRES, ~ & s : r ~ ~Ui ~r I Cnovo izida - Destr~rir
o sistema. Por zim Partito Socialisla forte, c o m b a f i v o e
etica.. Textos K Portugal Socialista n, Roma, Tip. SETI,
agosto 1973, pp. 80.
1O
COMUNI D'EUROPA
aprile 1974
-
identità, che ha consistito nell'essere sempre un
regime di estrema destra, al potere per servire
gl'interessi delle classi privilegiate e del grande
capitale, gestendo il Paese con metodi antidemocratici (regime poliziesco) e fondandosi sull'apatia politica e sull'oscui-antismo delle masse,
tenute al margine dell'evoliizione del pensiero
politico mondiale D (p. 8).
tuto scalzare, e forse neppure scalfire, i
regimi in questione, è certo che un fatto
assai più lento e meno drammatico quale
la distensione potrà creare solo, per quelle
dittature, momenti di malessere e difficoltà
solo transitori, destinati a d esser più o
meno facilmente riassorbiti finché la protezione della fredda ragione di stato americana resterà al loro [ianco (la recentissima funzione di porta-aerei terrestre svolta
Tale essendo la natura del regime, e tali
dal Portogallo durante il conflitto mediole forze che lo sostengono, all'interno come
orientale rafforza tale considerazione) e finall'estcrno, quali speranze si possono riporre
ché la connivenza più o meno occulta, m a in
in un ritorno, a breve o a medio termine,
ogni caso attiva e dinamica del grande capia un regime democratico?
tale internazionale, anche europeo, e dei noSoares rileva che solo la guerra fredda
stri establishments resterà in piedi. E per le
poté dare una boccata di ossigeno alle due
stesse ragioni non è di per sé conclusivo
dittature iberica e lusitana, mettendo in
- è ancora Soares che parla, e
affermare
auge sulla scena internazionale un anticomunismo dietro il quale si potevano contrab- sempre nella seconda opera ( e dice anche lì
bandare le politiche più reazionarie e anti- cosa verissima) - che « il regime ha ormai
democratiche, appunto come quella porto- perso la sua base ideologica (corporativismo
Fascista, totalmente disadatto al mondo di
ghese e spagnola, che, dopo la sconfitta dei
regimi fascisti delllAsse, si erano sentite oggi), senza riuscire a trovare una dottrina
sostitutiva, dato che il " desenvolvimentimancare il terreno sotto i piedi; e ritiene
che la fine di tale guerra fredda crei di s m o " tecnocratico non è riuscito a radicarsi
nuovo una situazione favorevole per i demo- in Portogallo ». Questo è certo un elemento
cratici portoghesi. Ora, che tale situazione di debolezza, ma non ancora il principio
della fine, se persistono le omertà e i punper essi sia destinata, in tale nuovo clima,
telli esterni che sopra si diceva.
a migliorare sembra incontrovertibile. Ma
il ragionamento può essere, e con maggior
Tali, e non altre, sono le condizioni intcrverosimiglianza, in qualche modo rovesciato:
nazionali: condizioni che hanno una funzione
nel senso che se neppure un evento così trau- decisiva nel ridurre le possibilità di lotta e
matico come la disfatta nazi-fascista ha po- di liberazione nazionale dei democratici por-
toghesi, come di quelli spagnoli; ed è in tal
senso che la Federazione Europea potrebbe
costituire non già un ersatz e uno strumento
che si sostituisca alla loro lotta, m a per
l'appunto la creazione di un grande polo
politico, di una grande entità continentale
con una sua precisa ragione di stato per
più lati collidente con quella delle grandi
potenze all'esterno, e aperta all'interno a
un regime di profonde riforme, sì da ribaltare, per il primo come per il secondo m e
tivo, quelle condizioni internazionali attualmente frenanti, e anzi paralizzanti, e dar
vita invece ad un opposto quadro dinamico,
in cui verrebbe in primo piano l'interesse
della Federazione Europea a che un Portogallo libero, come una Spagna e una Grecia
libere, divengano membri di pieno diritto
della nuova Federazione continentale e svolgano in essa in pieno la loro funzione. Valgono qui, per la vocazione e la necessaria
appartenenza europea del Portogallo - e
in ordine alla mutilazione inammissibile che
una sua assenza significherebbe e significa
per l'Europa - le stesse, e anche qui pertinentissime, considerazioni che altrove abbiamo formulato relativamente alla Spagna,
sulla scorta di Tierno Galvàn, nella prefazione al volume sopra citato dell'eminente
socialista madrileno.
Ma è evidente chc una tale funzione di
ribaltamento - modificare radicalmente le
condizioni della bilancia interna (che oggi
alterano il libero confronto delle forze politiche portoghesi e creano un permanente
ed insormontabile harzdicap a danno dei
ruppi democratici o a favore della dittatura), e non sostituirsi a tali lotte -, tale
funzione, dicevo, potrà essere svolta da una
Europa federale, democratizzata nelle sue
strutture e profondamente riformata nella
sua società, e non certo dall'attuale Europa comunitaria. Qui forse i socialisti e
democratici portoghesi vedono co'n ancor
maggior chiarezza e realismo dei loro compagni spagnoli i limiti di questa Europa ufficiale, e la denunziano senza mezzi termini,
in altra brochure (S), anch'essa largamente
ispirata al pensiero del leader socialista lusitano, quando scrivono con grande efficacia,
anche se non riescono a rendersi conto della
mutazione qualitativa di carattere istituzionale che sarebbe necessaria perché le carenze
che essi lamentano venissero risolte, e gli
obiettivi a cui essi mirano raggiunti, o almeno avvicinati - dalle Comunità funzionali
alla Federazione politica -:
« I1 futuro internazionale del Portogallo non
può essere immaginato indipendentemente dagli
Stati europei vicini. L'iriternazionalismo non
propone ai lavoratori portoghesi il ristabilimcnto
di un'autarchia chc rapprcsenta un'aberrazione
c condurrebbe al dominio economico esterno,
snecialmente nord-americano. Per cl~iestoil Partito Socialista porioghest: ai'l'crma che l'idea
europea so\.rannazionalc deve esscrc consolidata,
non solo pcr opporre una resistcnza efficacc al
capitalismo internazionale, dominato dagli Stati
Uniti, ma anche p ~ r c h é un'Europa socialista
svolga efficacemente il compito che deve essere
suo nell'equilibrio mondiale e possa contribuire
in tal modo a consolidare la pace.
[...l Ciì) nonostante il Partito Socialista porto-
(5) Declui-ucuo de principios r proyrolitia rlo Particlo
.Sf~cirili.~ta.
Texto? N Portueal Soci?lista n, Roin?. C La
Tiposrafica
settembre 1973, pp. 65. Come dice il titolo,
questo voliimetto conticne una lunaa risoluzione appi-o\,aia ncl Conrresso clcl Partito Socirilista portoghese dell'estate scorta, di cui diremo fra poco.
aprile 1974
ghese considera che non si possa avallare, in
nome dell'internazionalismo, l'istituzionalizzazione di una Europa basata su fondamenti neocapitalistici ed imperialistici, proiezione a livello
internazionale della società capitalistica che esiste o che si deve combattere a livello nazionale.
L'attuale Comunità Europea è tuttora una crea.
zione del patronato multinazionale e il Mercato
Comune, in forza della sua politica economica,
ha facilitato la penetrazione dei capitali ameri.
cani, europei e multinazionali nei diversi Paesi
dell'Europa occidentale, penetrazione particolarmente grave perché si dirige di preferenza verso
- e implica una subordinazione dei - settori
economici tecnicamente più avanzati. Così si
comprende come la Comunità Europa non si sia
costituita fino ad ora come una entità distinta
dagli Stati Uniti nei principali consessi internazionali D.
Dopo avere rilevato l'importanza crescente che il consolidamento di un'effettiva unità
europea riveste di fronte al rafforzarsi dei
totalitarismi - dalla Spagna alla Grecia
al Portogallo - il documento che stiamo citando riafferma che i socialisti portoghesi
non possono limitarsi ad un atteggiamento
di mera aspettativa, e dovranno invece mandare avanti, in collaborazione con le forze
socialiste di altri Paesi, la prospettazione
di una strategia alternativa della Comunità,
in conformità con gli obiettivi di trasformazione della società che essi si propongono,
con particolare riguardo alle relazioni con
il Terzo Mondo e ad una nuova struttura
del commercio internazionale.
Sono affermazioni di importanza capitale,
e che devono far riflettere, giacché esse ci
danno la misura di quanto grandi siano le
responsabilità degli europei ancora liberi, per
avere lasciato a mezzo e senza vera struttura e vocazione politica una costruzione, come
quella comunitaria, che, se subisse la mutazione federale, potrebbe costituire un potente
polo attrattivo sui popoli e sulle forze democratiche e anti-autoritarie, specie dei Paesi
non liberi, e un non meno fondamentale fattore corrosivo nei confronti delle dittature e
dei regimi totalitari, tanto dell'Est come dell'Ovest.
Ma continuiamo la nostra analisi della situazione portoghese, sempre sulla scorta
delle analisi del Soares.
La spoliticizzazione è profonda, e colpisce
le stesse masse lavoratrici e la gioventù,
tanto da porre un vero e proprio problema
di una crisi della coscienza nazionale, reso
più grave dalla prospettiva della decolonizzazione. I1 problema non è nuovo, osserva
Soares nella seconda delle sue opere citate,
da cui sono tratti anche i brani riferiti più
oltre:
a e prima gli uomini della cosidetta generazione
del '70 - Antero de Quental con le sue Causas
da Decadeizcia dos Pavos Peninsulares iios Uliinios Tres Sécitlos, Oliveira Martins e lo stesso
Teofilo Braga, sia pure da un punto di vista
diverso -; poi uomini come Sampaio Bnino.
Bazilio Teles e soprattutto Antonio Sergio; e
finalmente, nell'epoca contemporanea, studi co.
ine quelli, che cito a titolo meramente esemplificativo, di Vittorino Maqalhaes Godinho (O
Socialismo e o futuro da Peninsula), di F . Pereira de Moura (Para onde vai a economia poriiiguesa), di Joao Martins Pereira (Peilsar Porircgal Hoie), di Mario Sottomayor Cardia (O
Dilema da Poliiica Poriugltesa), di Francisco
Sarsfield Cabral (Urna perspeciiva sobre Poriugal) )>,
hanno di nuovo lumeggiato il problema, così
nellc sue radici storiche come nella sua realtà
attuale. Dove dunque trovare una leva intema
COMUNI D'EUROPA
su cui appoggiarsi, quando così opaca e sorda è tuttora l~opinione pubblica, e quando
anche il mondo circostante è ostile o al più
disposto solo a lip-services?
E' una domanda che, in una prospettiva
nazionale, è destinata, almeno per molto
tempo, a restar senza risposta.
11
tabile: il Portogallo deve ristrutturare il suo
futuro nazionale nel limite del proprio territorio
europeo
"
Ma appunto la necessità di questa ristrutturazione in termini nazionali, e solo nazionali, pone il problema, o il pretesto, del salto
nel buio: che il regime, in Portogallo come
dalla parte della verità
La pace è qualcosa che non si deve solo tnantenere, tna creare, e creare a partire dalla verità, dalla giustizia, dall'amore e dalla libertà, a partire dalla coscienza
politica dell'zlomo... Per questo, parlare di pace in Mozambico senza parlare siticerameiite della guerra che lo macchia di sangue, sarebbe eludere il problema f o ~
damentale, sarebbe aunientare la violenza ... Ripensare alla guerra, oggi e qul,
significa riconoscere lealmente i conflitti che, dentro e fuori il nostro ambtto,
concorrono alla distruzione della pace ... e interrogarci serenamente se questa guerra
costituisce u n mezzo degno e appropriato a risolvere il conflitto aperto; se alla base
della contesa non sia in causa, più che una "aggressione " da u n lato e una " legittim a difesa" dall'altro, una giusta aspiraziotie di questo popolo alla enzaiicipazione D.
(dalla riflessione pastorale nella VI1 Giornata mondiale della pacc di D. Manuel, Vescovo
di Nampula, gennaio 1974)
« Notz basta l'assenza di guerra armata per parlare di pace, e la repressione
non è pace, come non lo è la viltà né l'adattamento esteriore, secondo le parole di
Paolo V I , che non si stanca di ripetere che la pace è conseguenza della giustizia.
Sotto questo aspetto v i sotio in Portogallo situazioni che ci turbano:
- l'afflizione in cui vive gran parte della popolazione, econotnicanzente più
debole, i n seguito a2 crescente aumento del costo della vita;
- le coizdizioizi inurnane in cui vivono molti, in seguito a gravi carenze
nell'alimentazione, nell'abitaziotle, nell'igiene e nella salirte;
- uoinini e famiglie che si vedono obbligati a partire dalla propria terra per
sopravvivere o procacciarsi u n ai~veniretnigliore;
- condizioni di lavoro e ritmi di prodtczione che trasformano gli uomini in
macchine;
- mancanza di sicurezza dei lavoratori che rischiano il licenziamento senza
giusta causa;
- squilibrio fra i guadagni delle imprese e quelli dei loro dipendenti;
- conflitti con gli studenti e ricorso sistei~i~aticoalle intimidaziotzi e alla
repressione come mezzo per risolvere questi consegtlenti pi*oble~ni».
(dall'omelia di 15 Padri di Porto del 1" gennaio 1974, in La vocc dclle Comunità crisitane
di Porto D)
K Considerata la guerra ingiusta contro i popoli dell'Angola, del Mozambico e
della Guinea...
manifestianio la nostra solidarietà con i popoli delle colonie in lotta per la
loro libertà
nonché con tutti i portoghesi che hanno lottato e lottatzo conseguentemente
per l'instaurazione di una società giusta
e facciamo vivo appello a tutte le persone che halino coscienza di questa situazione perché si uniscano in uno sforzo coerente di lotta contro lo sfrutfamento
e l'oppressione esercitati sul popolo lavoratore D.
(dichiarazione approvata il 30 e 31 dicembre 1972 da un gruppo di alcune ccntinaia di
cristiani e non cristiani, riuniti nella « Cappella da Calcada Bento da Rocha Cabral » a
Lisbona)
Vi è poi, come già si è accennato, il problema coloniale. Certo la saggezza popolare
ha ragione, quando afferma, commentando
le guerre di retroguardia, incivili e senza
speranza, che il Portogallo combatte in AfriC:' '' estamo' a gastar o que
aquilo que ja perdemos D. E Soares ha ancor
più ragione quando aggiunge:
« La perdita dell'Africa è ad ogni modo inevitabile a medio termine: tanto se si segua la via
iifficiale che conduce a una subordinazione progressiva degl'interessi cosidetti portoghesi a i caDitale straniero, alle coinpagnie multinazionali
e all'Africa del Sud (con le contraddizioni inevitabili ed esplosive che ciò coinporta), sia che
ci si ponga sulla via democratica, che implica
il riconosc~mentodel diritto all'autodeterminazione e la concessionc dell'indipendenza ai popoli
coloniali. In entrambi i casi il risultato è inevi~
~-
in Spagna, cerca, come si diceva, di tener
vivo con ogni mezzo, t r a l'altro sforzandosi
- è ancora Soares che lo rileva - di accreditare la convinzione che tra esso e il comuil vuoto, e che appunto una
nismo vi
dittatura comunista sia la sola alternativa
alla dittatura attuale.
E la stessa opposizione, che non può non
condurre contro un regime del tipo di quello
spagnolo una lotta se non frOnportoghese
tale e ad oltranza, giacché
ogni
compromesso
sarebbe un compromesso sui principi, deve,
se non vuole rifugiarsi in una innocua non
violenza, accentuare necessariamente gli
di rottura, la radicalizzazione della
battaglia: favorendo per contraccolpo pro-
COMUNI D'EUROPA
12
prio quella strategia della paura su cui il
regime punta, e con ragione, molte delle sue
carte, perché ne conosce l'efficacia.
Scrive ancora il Soares ( e ancora una
volta come si potrebbe dargli torto?):
« Ci troviamo coinvolti in una guerra totale
contro un regime, dalla qunlc o usciremo vincitori o risultrrà la distruzione completa delle
generazioni successive. Qucsto sentimento, assoluto, dobbiamo saperlo comunicare a tutti i nostri compagni. [...] Non appare oggi all'orizzonte
nessuna soluzione concreta di alternativa pncifica. Dobbiamo pcrtanto passare, come diceva
il Generale Delgado, dalla fase di "odio addomcsticato" alla lotta aperta senza esistazioni.
Già una parte dclla gioventù ha fatto questa
scelta. E noi, come partito, ci dobbiamo porre
risolutamente sulla medesima strada D.
I1 partito al quale Soares allude è, come
già si è accennato, il risorto Partito Socialista, recentemente ricostituitosi in Germania,
a conclusione di un congresso della << Azione
Socialista Portoghese che ha appunto deciso di dargli vita e di trasferirsi nella nuova
organizzazione, come è testimoniato dalla
terza pubblicazione poc'anzi citata.
Limitandosi alla mera indicazione di obiettivi generali, tale enunciazione sistematica
che
dei principi del socialismo portoghese
vuol distinguersi dalla socialdemocrazia, perché chiede una riforma radicale della società in senso anti-capitalista; ma che tiene
altresì a diversificarsi dal comunismo, perché aspira ad una società democratica, aperta, pluralista e dal volto umano - non
entra nel problema dei mezzi, e delle forme
di lotta da condurre per giungere allo scopo.
Ma il problema resta aperto, così come restano i rischi di contraccolpo « cileno » che,
anche in Europa, sussistono ogniqualvolta
si ponga in atto un tentativo di fare il passo
più lungo della gamba.
))
-
Ora è qui forse la funzione più importante,
e sulla quale più ci piace insistere, che l'esistenza della Federazione Europea potrebbe
svolgere, per quel ribaltamento » che si diceva del t r e n d conservatore e immobilista
che oggi domina così sulla scena internazionale come all'interno dei singoli Stati europei.
Se l'opposizione nei Paesi dittatoriali e fascisti potesse porsi, come obiettivo primo e
pregiudiziale, il rovesciamento del regime
al fine di consentire l'adesione del Portogallo, degli altri Stati interessati, a una Comunità Europea libera e democratica, in cui
l'ordine, il rispetto delle libertà e dei diritti
civili, la tutela dei principi costituzionali e
le garanzii: di una società aperta e pluralista
sarebbero nelle mani delle autorità federali,
dei tribunali federali, della Costituzione federale, lo spauracchio del caos, della guerra
civile, del bagno di sangue risulterebbe per
tutti, e in modo assai più manifesto, esser
solo un argomento capzioso e propagandistico, uno strumento meramente pretestuoso
e inconsistente per meglio assicurare lo status quo, il privilezio economico e il potere
politico di una casta dirigente sempre più
lontana dai veri interessi del Paese e delle
aspirazioni popolari: e una possibilità nuova, e ben più reale e a breve termine, sarebbe aperta alla democrazia portoghese.
Per questo, dicevo, la meditazione sui problemi altrui non può andare disgiunta da
aprile 1974
quella sulle capitali responsabilità nostre;
né la partecipazione e la solidarietà con la
lotta dei democratici portoghesi da un impegno e da una lotta di tutti noi per costruire
l'Europa politica.
E ora, tocca alla Spagna
Nel momento in cui il Portogallo, dopo
quasi mezzo secolo di dittatura, sembra decisamente avviato a un ritorno a quel regime democratico che lo sottrarrà alle follie
di un assurdo e anacronistico impegno coloniale e lo aprirà a una nuova vocazione europea, lo sguardo si rivolge con particolare
attenzione alla Spagna, dove i fatti lusitani
non potranno non aver contraccolpi e ravvivare le forze del dissenso, sempre attive
dietro le sbarre della censura e della polizia
del regime; e anche qui non si può non deplorare l'assenza radicale di unlEuropa politica, che di esse sarebbe i l naturale polo
di coagulo e di spinta, e che fornirebbe ad
esse un obiettivo e un ideale all'altezza dei
tempi, rispetto al quale definirsi in contrasto
al sistema.
Ha scritto un giovane oppositore, Raul
Morodo, che è anche un brillante docente
universitario:
« Se in trctte le società la lotta per la partecipazione sociale e politica è stata e cotitinua ad
essere uno dei temi politici chiave, nelle società
In trasfornzazione come qilella spagnola di oggi
acquista utia rileval7;a ttltta particolare. [...I
E' duiique evidente che l'incorporazione della
Spagna nel2'Europo passa per la partecipazione
di tutti gli spagi7oli - e non solo di una rninoronza - agli a f f a r i pubblici [...l: en~argitiare e
discriminare all'interno sigtiifica di fatto emarginare la Spugna dal coizcerto democratico etiropeo » (1).
Proprio dall'università, dagl'intellettuali,
dai giovani può venir la spinta - forse ancora lenta, ma certo crescente e a medio
termine decisiva - in un Paese che non
soffre del trauma, clie sembra essere stato
decisivo nel Portoyallo, di un dissanguamento in una guerra coloniale sempre più iniqua
e al tempo stesso sempre più disperata.
Perciò, dopo aver ascoltato il leader socialista
lusitano, in ordine ai massimi probleilii politici del suo Paese, sarà opportuno ascoltare
il leader socialista iberico, Tierno Galvàn,
circa i fermenti universitari spagnoli.
I1 libro in argomento a cui ci riferiamo ( 2 )
è stato scritto da Tierno all'indomani della
rivolta universitaria del '68, che ha interessato, in misura maggiore o minore, tutti i
Paesi e'iropei ( e non solo europei), non escliisa la Spagna, anche se ha potuto esser pubblicato solo quasi quattro anni dopo (3), ma
le siie riflessioni mantengono tutta la loro
attualità; e più nella traduzione italiana,
completata anche da un più recente saggio
sociologo sui giovani di oggi.
( I ) R. Morodo, i E s pusible la par-iecipaciòil politica ?.
Inlorrnaciones n , Madrid, 26 Icbbi-aio 1974.
( 2 ) E . Tierno Galviii. Anatomia dclla protesta giovanile, Palermo, Palumbo, 1973 (traduzione e introduzione
di Giacinto Lentini).
(3) E . Tierno Galoàn, La rebelidli juvenil y e1 problema
e n la Unive!-sidad, Madrid, Seminarios y Ediciones, 1972.
e
I1 problema universitario è sentito dagli
oppositori spagnoli, dai docenti privati della
cattedra per le loro idee, dagli uomini pensosi dei problemi dell'educazione, e perciò
contrari al regime, essenzialmente come un
problema politico: la riforma dell'università
è la riforma del sistema.
Così Josè Luis Aranguren - appunto
un professore ed eminente cattolico, allontanato già da alcuni anni, proprio come
Tierno, dagli atenei iberici - scriveva, in un
suo lucido saggio apparso nel momento stesso in cui si svolgeva il maggio francese (4):
« La democratizzazione della educazione si è
t,.asformata in un,aspettativa nazionale e in
crna necessità economica, oltre che in una esigenza morale ... La missione dell'llniversità consiste nel restituire alla società la sua coscienza,
nel demitizzare ciitictimente gl'idoli imposti ».
E concludeva il suo breve saggio affermando che un'università « pericolosa » è
sempre preferibile a una università sterile.
~
~poche~ parole
l erano
l
~ bastate ad
Aranguren per porre a fuoco il problema di
fondo degli universitari spagnoli dissidenti,
che vivono come un loro profondo ed essenziale dramma politico ciò che Ortega y Gasset, nel suo celebre libro sulla missione dell'Università - recentemente tradotto anche
in italiano - aveva enunziato come serena
e distaccata verità filosofica: essere impossibile un'università buona in una cattiva società. Ed è perciò a quel fondamentale tema
politico che la loro attenzione è rivolta, e
non ai singoli aspetti tecnici di una riforma
che oggi l'università di massa rende necessari.
Allo stesso modo è concepito un volume
di Antonio Tovar, anch'esso pubblicato in
quel medesimo anno (5), che è in realtà
una violenta denuncia politica del franchismo; come pure un'opera, anch'essa di quell'anno, di Pedro Lain Entralgo (6), che è,
nello stesso senso, una palinodia di un
uomo che - proprio come Dionisio Ridruejo (7) - aveva ingenuamente aderito,
in gioventù, al franchismo, per poi allontanarsene progressivamente e riconoscerne le
insuperabili carenze di fondo, anche nell'ambito accademico.
Allo stesso modo, e cioè in senso eminentemente politico, reagisce di fronte al
problema dell'università anche Tierno: il
quale anzi dà forse - di quella rigorosa relazione sociologica condizionante che inter(4) J. L. Araiiguren, E1 problema universitario, Barcellona, Editoria1 Nova Terra, 1968.
( 5 ) A. Tovar, Unii~ersirlady E d ~ i c o c i ò n (le inasas, Barcellona, Ariel, 1968.
(6) P. Lain E n t r a l ~ o ,E1 prublemu de la Uiiiversidad.
Rrfle.riories de urgencia, Madrid, Cuadernos para e1 dialogo, 1968.
(7) D. Ridi-ucio, Scritto in Spagna, Milano, Edizioni
di Comunità, 1962.
COMUNI D'EUROPA
aprile 1974
corre fra società e stato, da un lato, e università dall'altro - la dimostrazione più rigorosa e profonda. « L'università prepara
male i giovani alle loro responsabilità d i
adulti D, egli dice, e li prepara sempre peggio
perché le contraddizioni della società i n cui
viviamo appaiono c o n forza s e m p r e maggiore
e la sua ilnmoralità risulta s e m p r e più evidente »: l'università offre cioè « un'educazione che serve al sistema economico-sociale
capitalista », nel senso che essa è itn inodo
coerente e controlbato d i difesa contro i
tentativi d i sostituire il sistellia che sta al
potere, assimilando la nozione di sapere alla
nozione di privilegio: saper d i più significa
guadagnar d i più, e guadagnar d i più significa aver più privilegi n. I1 che è tanto più immorale, in quanto ormai le élites sono coscienti che la loro ideologia serve solo a
mantenere i loro interessi dominanti e noti
credono i n essa n, ma solo nel potere c o m e
difesa ed espressione dei loro interessi ».
Così, in quella sua funzione « educativa D
(se, per ccntrasto, la si può chiamar così),
« l'unii~ersitu è rilnasta, d i fronte ai suoi
stessi protagonisti, sprovvista d i giustificazi'one nzorale e sociale ». A tal punto che
pienamente giustificata appare, secondo Tierno, la ribellione giovanile e proprio nel suo
puro e indefinito no, aunque n o sepa q u é
Ii'ay detras del no.
Per quanto un tale atteggiamento abbia
certo, per le ragioni sopra indicate, un suo
preciso significato in Spagna, esso non l'ha
però, a rigore, in assoluto, giacché cade
altrimenti nella critica, da più parti mossa
alla contestazione studentesca, critica che
rimprovera ad essa la cieca assenza di un
programma. Ma Tierno è di ciò coscientissimo, e insiste a lungo nel suo studio sulla
necessità di un « n o dialettico », e ciok di
una partecipazione giovanile activa y real.
E', la stessa parola - « partecipazione » che abbiamo visto, cominciando, esser al
centro anche dell'attenzione di Morodo.
Con queste parole Tierno pone un problema che non è specifico della Spagna e dei
regimi dittatoriali della penisola iberica o
di quella ellenica, giacché anche altrove, in
Europa, nei nostri paesi che pur definiamo
liberi, la d e m o c r a ~ i aè lungi dall'esser perfetta, e l'università ben lontana dall'ideale
delineato da Aranguren. Ed è qui appunto
che si inserisce il nostro préalable europeo:
la costruzione di unlEuropa democratica,
condizione e premessa per una società più
libera, realmente capace di consentire una
partecipazione » alla vita comunitaria.
E' un peccato che questo tema traspaia
così raramente negli antifranchisti iberici
dopo le splendide, ma isolate pagine ad esso
dedicate (ma prima della guerra civile, e in
un clima dunque tutto diverso) da Ortega,
13
nella sua « Ribellione delle masse »; e che
anche uomini, come Tierno, che pur si proclamano federalisti europei, non calino questa
loro convinzione nel concreto del loro discorso sociologico e politico, sì chc essa non
resti come qualcosa di estrinseco, che non
fa corpo col loro pensiero.
Ma, come si diceva, questo rilievo deve
essere essenzialmente rivolto contro noi stessi. E' l'incapacità ventennale dei popoli europei liberi di realilzare un'Europa politica
e democratica che ha condannato per così
lungo tempo il mondo iberico e lusitano, e
condanna quello greco a regimi a cui il
resto delllEuropa contrappone solo blande
critiche a parole e consistenti aiuti economici e militari nei fatti, in sostanziale collusione - al di là delle velleità verbali golliste - con la politica statunitense. E' quella
perdurante assenza di ogni serio disegno di
unità europea che rende più difficile il risveglio portoghese, che condanna alla semiclandestinità uomini comc Tierno, che non
consente alcun ottimismo per l'avvenire politico della Grecia.
Non resta dunque se non sperare che la
lezione portoghese dia i suoi frutti, e non
costituisca anch'essa una delle tante occasioni perdute per l'Europa comc lo sono
state negli anni trascorsi la Grecia o la Cecoslovacchia.
a. c.-b.
la banca aperta.
DITORINO
194 Sportelli in Piemonte e Valle d'Aosta.
14
COMUNI D'EUROPA
aprile 1974
zione dei lavoratori. Spetta anche agli Enti
locali la responsabilità di dare una risposta
di civiltà agli assillanti interrogativi di centinaia di migliaia di lavoratori che stanno
costitr~errdoormai un « nttovo proletariato x
e assumendo le caratteristiche (sociologiche
e politiche) di una vera e propria minoCoinunità europea sotto il profilo sociale,
« Conzuni d'Europa » ha già più volte riserratzza all'interno dei singoli Stati che li
econoinico, citlturale e politico. L'atteggiavato ainpio spazio ull'attività svolta dal
mento che la Comunità intende assumere
ospitano. I loro diritti non sono spesso ricoConsiglio dei Coinuni d'Europa in favore
dei lavoratori inigranti. Essa riguarda sia
di fronte a questo problema contribuisce
nosciuti dalla legge (soprattutto per quanto
l'analisi di alcuni probleini posti dal fenoa determinare la sua immagine agli occhi
riguarda i lavoratori proveizienti dai Paesi
meno nzigratorio nella Comunità europea, dei Paesi membri e dei Paesi ad essa esterni. esterni dalla Comuizità) e comirizque non
e che si ricollegano più diretfamente ai com- Gran parte delle politiche poste i n essere in sempre garantiti in linea di fatto.
piti degli Enti locali, sia la sollecitazione
I temi introdotti della relazione di Marsede comuizitaria si ripercuotono in modo
nei confroizti di questi ultimi affinché assu- più o nieizo rilevante in questo delicato
tini soizo stati poi ampiamente ripresi nella
mano iniziative concrete in tale canipo, sia
settore: la politica agricola, per quaizto ri- relazione del direttore del servizio provinla pressione politica sui governi e sulle Istiguarda le regioni agricole più sfavorite e
ciale di inlmigrazione di Liegi, Pollain, che
tuzioizi comunitarie perché adottino unn
ha tracciato u n vasto ed interessante panocaratterizzate quindi da u n forte esodo; la
politica più rispettosa di una cooperazioize
politica sociale, che, ovviunlente, coinvolge
rama delle possibilità offerte ai lavoratori
tra i popoli ciilente a fondnriiento relazioni
una serie di iniziative che incidono sulla
imnligrati in Belgio di partecipare sia alla
più giuste e alctini irrinzinciabili valori umapiena occupazione, sulle condizioni di vita
vita socio-economica sia a quella politica. Il
ni e sociali.
e di lavoro, sulla formazione professioizale
relatore ha descritto la sitrrazione di questi
In questo quadro si collocano l'indagine
e sulla libera circolazione; la politica indu- lavoratori all'irrterno delle orgcrnizzazioni
condotta qualche (inno fa dal CCE sull'at- striale, che rimane uno dei principali presindacali, dei consigli d'impresa, dei comitivitir svolta dagli Enti territoriali di parsupposti per la creazione di nrrovi posti di
tati per la sicurezza e l'igiene dei luoghi di
tenza e di arrivo dei lavoratori migranti,
lavoro; la politica energetica, dalla quale
lavoro, delle commissioni paritetiche di dacotzclzisusi con un ampio studio rimesso alla
tori di lavoro e lavoratori negli organismi di
dipendono vasti settori produttivi e qztindi
Commissione della Comunità europea, e i la stabilità dell'occupazione (come i recenti gestioize e per il corztenzioso della sicurezza
Colloqtri st~cce.ssivaii7entesvoltisi nel 1971 e
avvenirneirti hanno draininaticamente con- sociale e la loro reale posizione nei procecli1973 rispettivainente a Miihlheiin e a Rus- fermato); la politica commerciale: la poli- nietrt; giudiziari interessanti il rapporto di
selsheinl. Un apposito Grrtppo di lavoro,
tica delle relazioni esterne della Comunità,
lavoro. Per quanto rigrrarda la partecipaiilcaricuto di elaborure tin docilti~ento che
che può essere determitzante per un diverso zione degli iriiniigrati alla vita politica, il
facesse il punto szli vari aspetti dell'esodo
relatore ha fatto riferimento ad alcirne prorapporto di scambio con i Paesi terzi, tale
inigrntorio più direttainente connessi con i
da ripercuotersi sulle possibilità di sviluppo
poste di legge izazioizali per estendere ad
conzpiti spett'cinti agli Enti locali, ha adeill- interno di ouesti Paesi; infine la politica
essi il diritto elettorale attivo e passivo a
piuto al iilundato ricevrrto nel nzese di noregionale, che, all'interno della Comunità. livello con?unale, proposte che pongono, tra
vembre scorso: detto documento è stato
tende a colpire alla radice le condizioni di
l'altro, alcuni problemi costititzionali. Anche
riprodotto integralmente sul n. 11/73 di que- squilibrio territoriale che alimentai10 - in
l'esperienzg, sia pure recente, dei Consigli
sta rivista.
misura ancora così rilevante - i flussi mi- comunali coizsultivi degli immigrati itz algratori.
ctrrze città belghe, tedesche e olaizdesi, ha
A Russelshein? due temi erano emersi con
Nella sila relazione Martini ha soprattutto
formato oggetto di rtiz'iizteressante illustraparticolare insistenza: quello del sempre più
insistito sui coii~pitispettanti agli Enti ter- zione.
nuiizeroso flrtsso di immigrazioize proveniente
da Paesi esterni alla Con?unità (particolar- ritoriali, di emigrazione e di immigrazione,
Tale tema essen7iale è stato approfondito
per contribliire alla solrtzione dei gravi proa livello di aizalisi politica r giuridica, dal
inetzte dalla Turchia, dall'Africa del nord,
prof. Rigaux, dclllUiziversità di Loi~anio.nella
blemi sociali e politici dei lavoratori, che si
dalla Spagna, ecc.) e quello dell'effettivo
tra~feriscoiio da u n Paese all'altro della
sua relazione su « I presuppocti del rico~ioriconosciinei~to dei fondamentali diritti di
Coinunità ancora sotto la prevalente snintu
scimento dei diritti nolitici ai lavoratori 111;libertà e di partecipazione civica e politica
del bisogno e non già a seguito di una libera granti,. I n essa è stato posto l'accento
degli iminigruti nella comunità che li ospita.
~ c e l t ache sola può trasformare, nei fatti. la
sulle persistenti discriminazioni che la conPer questo nlotivo il CCE ha promosso,
iii collaborazione con la Commissioize della
tradizionale enligrazione in libera circola- cezione dello Stato izazionale provoca nei
Comunità europea e con la città di Grenoble,
nella quale vivono nunlerosi lavoratori provenienti sia dall'ltalia, si8a dal bacino del
Mediterraneo, un Coizvegno che si è svolto
nei giovili 8 e 9 marzo, con la partecipazione
di ilunlerosi amministratori locali, dirigenti
sociali e rappresentanti siizdacali europei,
rappresentanti diplomatici e responsabili di
uffici di emigrazione di alcuni Paesi dell'Africa inediterranea, ed esperti.
Il Convegno è stato aperto da una relazione di Carlo Ramacciotti, della Direzione
generale degli Affari sociali della Commissione della CEE, il quale ha illi4strato il
prograinina di azione sociale con?rrniturio,
con particolare riferiinetzto ai prohlenzi dei
lavoratori inigranti e agli interventi del
Fondo sociale ezrropeo il? questo settore,
fornendo poi, iicl corso della discussione,
ulteriori interessanti iilforinazioni sulle iniziative e gli inlpegni conzitnitari a tale riguardo.
Successivuiiiente ha preso la parola Giunfranco Martini, responsabile del settore studi
del CCE, il quale ha situato il Convegno
nel qttadro della complessa presenza del CCE
nel processo di integrazione comunitaria. I
Grenoble: il rappresentante della CEE, Ramacciotti, svolge la sua relazione. Alla sua destra il
lavoratori ~nigranticostitrriscono infatti un vicesindaco della città, Gensburger e il sindaco Dubedout; alla sinistra Elisabetta Gateau, aggiunta
problema noil 111arginale,nia essenziale per la
al Segretario generale del CCE
Proposte di Grenoble per i lavoratori migranti
(lavoro, condizione umana e comunità territoriale)
aprile 1974
COMUNI D'EUROPA
15
dei problemi posti, i partecipanti al Colloconfronti dei cosiddetti stranieri », soprat- igienico-sanitari, gli alloggi e la promozione
quio sottolineano il contributo essenziale che
tutto per quanto riguarda il reale godimento sociale.
delle libertà pubbliche (sicurezza di sogUna visita ad un apposito ufficiocomunale, possono apportare in questo campo, sul
piano psicologico e sul piano delle iniziative
giorno, sicurezza del posto di lavoro, garan- decentrato in un quartiere cittadino occupato
concrete, i poteri locali e regionali.
zie contro eventuali misure di espulsione) nella sua totalità da inzmigrati, ha consene le loro attività politiche.
tito di verificare, nella pratica quotidiana,
6. - A questo proposito va ribadito che la
Questi problemi non hanno mancato di spesso drammatica, il sollecito ed intelli- comunità locale che riceve i lavoratori misuscitare un ampio dibattito perché essi gente interessamento del Comune per i loro
granti deve essere in condizione non solo
vanno alla radice di una concezione profonproblemi.
di accoglierli, m a anche di stabilire un vero
Il colloquio di Grenoble non si è con- e proprio dialogo propizio agli scambi fra
damente innovativa dei rapporti tra gli Stati
cluso con l'approvazione di una risoluzione,
membri della Comunità e che coinvolge
le diverse culture.
trattandosi di un incontro di studio caratalcuni concetti tradizionali del diritto pub7. - Tra queste iniziative, il Consiglio dei
blico e privato. S i è anche discusso a Gre- terizzato da una partecipazione assai eteronoble sui tempi e le modalità di una azione
genea. Esso tuttavia ha permesso ugual- Comuni d'Europa ha già sottolineato che
la creazione di Consigli consultivi di immimente di individuare alcuni orientamenti
tendente a garantire agli immigrati i diritti
per la prossima attività del CCE in questo grati eletti (in corso di attuazione specialelettorali su base comunale, tenuto conto
della obiettiva differenza di situazioni esi- campo, che sono stati sintetizzati in un mente in numerosi comuni belgi, olandesi
e tedeschi) sia uno dei mezzi efficaci per
stente, almeno al giorno d'oggi, tra i lavo- documento che dovrà poi essere oggetto di
renderc
possibile un reale inserimento di
ratori provenienti dagli Stati membri della
valutazioni da parte degli organi statutari
del CCE, e di cui riportiamo integralmente questi lavoratori nella comunità che li acComunità e quelli ad essa esterni.
coglie.
Tali concetti sono stati ripresi nella comu- il testo qui di seguito.
Per quanto riguarda i diritti politici dei
Fra i vari punti in esso toccati ci sembra
nicazione fatta dall'Ambasciatore d'Algeria
lavoratori migranti, deve esscre possibile
particolarmente utile sottolineare l'impegno
in Francia, Bedjaoui, applicati ad una serie
di considerazioni ed esperienze specifiche vi- del CCE di promuovere prossimamente un risolvere questo problcma, in un primo tem
guardanti la massiccia emigrazione proveincontro tra i rappresentanti dei Comitati po almeno per gli appartenenti ai paesi
niente dal bacino Mediterraneo e particolarconsultivi di immigrati, già in funzione in della Comunità europea, mediante la creamente dai Paesi del Magreb e diretta verso
varie città della Comunità europea. in modo zione di una « cittadinanza europca ».
la Comunità europea.
da permettere un concreto confronto di
8. - Inoltre, i partecipanti al Colloquio
La serie delle relazioni è stata chiusa dal
situazione e di risultati e un progressivo
chiedono che il Consiglio dei Ministri della
Vicesindaco di Grenoble, Gensburger, che
nziglioramento della loro struttura e del Comunità europca approvi, nel più breve
ha portato a conoscenza dei partecipanti
loro funzionamento, nonché per più stretti
tempo possibile, la proposta della Commisuna serie di iniziative prese dall'amministracontatti tra la nostra Associazione e la Co- sione di rendere applicabile l'articolo 4 dcl
zione co71zunale della città in favore dei lavo- munità, specie per l'estensione del Fondo regolamento del nuovo Fondo socialc euroratori migranti, soprattutto per quanto ri- sociale europeo a favore dei lavoratori mi- peo (che permetterebbe soprattutto di ottcguarda il loro arrivo e i primi contatti con granti.
nere degli aiuti finanziari per la formazione
il nuovo ambiente, i problemi scolastici ed
Antenore
professionale e l'alloggio) ai lavoratori migranti, apportando così un contributo comunitario essenziale alla soluzione di alcuni
problemi concreti. Essi ricordano inoltre
l'urgenza che il Consiglio dei Ministri giunga
ad un accordo sulla messa in opera del
Fondo di sviluppo regionale, rendendo così
I1 colloquio su « I lavoratori migranti
o voluto far ricorso ai mezzi e agli strupossibile un contributo allo sviluppo equimenti idonei a tale risultato.
nella Comunità europea », organizzato 1'8 e il
librato delle regioni della Comunità e la
9 marzo dal Consiglio dei Comuni d'Europa
creazione di posti di lavoro nellc rcgioni di
2.
Inoltre,
in
cambio
del
loro
contributo
(CCE), su invito della città di Grenoble, ha
provenienza.
all'espansione
economica
della
Comunità
riunito i rappresentanti (eletti locali e reeuropea, questi lavoratori spesso non si sono
9. - La Comunità europea deve elaborare
gionali) delle sezioni nazionali del CCE, i
visti riconoscere nemmeno alcuni diritti es- una concreta politica comunitaria dell'immirappresentanti dei sindacati, l'Ambasciatore
senziali nell'ambiente di lavoro e per la loro
grazione, permettendo una reale veduta d'ind'Algeria in Francia, ed i rappresentanti delle
partecipazione alla vita della comunità che
sieme dei problemi. Ma, pur mettendo in
missioni diplomatiche e consolari del Mali accoglie.
pratica una simile politica, la Comunità deve
rocco, della Turchia e della Jugoslavia.
prepararsi ad una progressiva diminuzione
I partecipanti, dopo aver ascoltato le rela3. - Questa situazione precaria è ancora
di questo tipo di immigrazione e negoziare
zioni di Gianfranco Martini, J. Pollain, Ray- più drammatica per i lavoratori migranti
accordi globali in grado di trasformare
mond Gensburger e F. Rigaux, e la comu- provenienti da paesi che non sono membri
nicazione dell'Ambasciatore d'Algeria in Fran- della Comunità, non essendo essi normal- l'equilibrio economico e finanziario delle recia, Mohammed Bedjaoui, sono giunti alle
mente protetti dai regolamenti comunitari. lazioni con i paesi di emigrazione e di metseguenti conclusioni, che, dopo essere state
Questo ha prodotto un'autentica discrimina- tere in opera nei loro confronti una politica
di cooperazione, il cui scopo sarebbe sopratsottoposte agli organi statutari del CCE,
zione, seguita da tensioni, squilibri e da un
tutto quello di ridurre a lunga scadenza
saranno inviate alla Commissione, al Conreale pericolo per la pace sociale.
l'immigrazione forzata.
siglio dei Ministri della Comunità e ai go4.
I1
Consiglio
dei
Comuni
d'Europa
ha
verni nazionali, e saranno ampiamente dif10. - Infine, è urgente che, in questo come
l'obbligo di attirare pubblicamente I'attenfuse nell'ambito del Consiglio dei Comuni
in altri campi, la Comunità ponga in atto
zione della Comunità e dei governi su questa una regolare consultazione delle organizzad'Europa.
autentica carenza della società europea e
zioni europee che rappresentano gli enti l o
1. - Dopo due decenni di prosperità senza
sull'urgenza di elaborare e di garantire l'apcali e regionali della Comunità, il cui ruolo
precedenti, fondata in gran parte sul lavoro
plicazione di una normativa comunitaria che
è essenziale per la soluzione di taluni prodi milioni di emigranti, la società europea
consenta finalmente di prendere i provve- blemi posti dal fenomeno migratorio.
non è sempre riuscita ad assicurare, nella
dimenti necessari. Tale normativa dovrcbbe
11. - Gli organi del CCE dovranno promuomaggior parte dei casi, un idoneo insericondurre all'elaborazione di un vero « statuto
vere,
nel più breve tempo possibile, un inmento sociale di questi lavoratori, sia per
europelo D dei lavoratori, in grado di assicontro dei rappresentanti dei Comitati conquanto riquarda gli alloggi, la scolarizzazione
curare loro una concreta e reale protezione,
sultivi di immiqrati già in funzione. Questo
dei figli. la salute e l'igiene degli ambienti
un'eguaglianza di diritti sul piano sociale,
incontro
dovrebbe aver luogo in una città
dove vivono, sia sotto il profilo della possie un diritto di co-determinazione in tutti i
che abbia già un'esperienza di questi conbilità di acquisire una formazione profesproblemi che li riguardano.
sigli consultivi, in modo da permettere un
sionale che permetta loro un'effettiva promoe concreto confronto di situazioni e di
utile
5.
Considerando
anche
che
tutte
le
misure
zione sociale.
concernenti i lavoratori migranti devono risultati e u n progressivo miglioramento
Sia i poteri pubblici a livello locale, regiodella loro struttura e del loro funzionaavere l'appoggio dell'opinione pubblica e
nale, nazionale ed europeo, che, in primo
mento.
hanno
bisogno
di
una
reale
comprensione
luogo, l'economia privata, non hanno saputo
le conclusioni operative
COMUNI D'EUROPA
16
aprile 1974
P
-
nel Friuli-Venezia Giulia
Dialogo AICCE-Regioni
sui problemi della Comunità europea
La pronta e positiva risposta data dalle Regioni a statuto ordinario (quelle a statuto
speciale sono associate ormai da molti anni)
all'appello rivolto loro di aderire alllAICCE,
ha notevolmente rafforzato quest'ultima, per
le specifiche caratteristiche dei nuovi Enti,
per le loro attribuzioni legislative, per il peso
politico che ne contraddistingue il ruolo nell'ordinamento italiano. D'altra parte, però,
l'ingresso massiccio delle Regioni ha contribuito anche ad aumentare le responsabilità
della nostra Associazione, che è chiamata a
soddisfare nuove e specifiche esigenze. Infatti l'attività legislativa regionale che, in alcune materie, si interseca direttamente con
quella comunitaria, ha bisogno di una continua e tempestiva verifica della situazione
normativa della Comunità europea, in modo
da tenerne il debito conto, ad esempio, nella
procedura di controllo degli aiuti allo sviluppo prevista dal Trattato CEE e per il migliore utilizzo delle possibilità finanziarie offerte dall'integrazione comunitaria sotto forma di appositi Fondi settoriali (il FEOGA, il
Fondo sociale europeo) e di altre provvidenze
che le autorità regionali, anche pur non essendone le dirette beneficiarie, debbono
egualmente avere ben presenti nella loro funzione programmatrice e di coordinamento.
I n altre parole, I'inforiizaziorie sui problemi
e sulla situazione della Comunità diviene
sempre più una componente non marginale
dell'attività re2ionalc: essa non soltanto assume. ovviamente, un significato tccnico-funzionale (cioè finalizzato a meglio legiferare
e amministrare), ma costituisce anche e soprattutto il veicolo attraverso il quale le Regioni possono essere sensibilizzate e mobilitate affinché esercitino il peso politico che
è loro pronrio in favore di reali e decisivi
progressi, in senso sovranazionale e democratico. della unificazione curopca.
Per ollesto motivo I'AICCE ha predispostc
un piano di iniziative e di incontri interesssnti direttamente le Regioni, canace di fornire l'occasione di un dialono tra eli eletti
reoicnali e l'Associazione sui problemi e le
nrc.spi:tti\e della Comunità europea e sulle
loro riperc~issicni wlla snzcifica realtà reuionale. Tra l'altro questi contatti qiovano
anche a creare i prcsiipposti pcr la creazione
o il raficrzaincnto. ove oià esistano. delle
Federazioni regionali delllAICCE. Questo prosramrna di incontri ha avuto inizio alla fine
del 1973 con un Conveqno in Valle D'Aosta ed
ì. continuato a Trieste e a Udine, alla line
del gennaio 1974, pei- la Regione Friuli-Venezia Giulia. Altre iniziative analoghe sono
nià in corso di progettazione per la Basilicata, la Campania, la Sardegna, le Marche c
eli Abruzzi.
Nel Friuli-Venezia Giulia è stata adottata
una f o r r n u l ~comnlessa idcnea a copi-ire tiitta
la realtà degli Enti territoriali. tenendone
preseritr le obiettive differenziazioni. I1 29
.genna;o vi è stata a Trieste. presso il nalazzo
della Giunta regionale, una riunione di lavoro co1i il Presidente e qli A.ssessori ~ i
direttarncnti: intcrcssati ai problemi dello
sviluppo socio-economico regionale, acco'mpam a t i dai 101-0collaboratori; il ,qiorno siiccessivo. ad Udine, nella sala del Consiglio provinciale, si è svolto invece l'incontro con rap-
presentanti delle Amministrazioni provinciali
e comunali, con l'intervento degli Assessori
regionali competenti per i problemi comunitari e per il settore degli Enti locali.
La riunione di Trieste è stata presieduta
dal Presidente della Regione, Antonio Comelli,
il quale ha sottolineato l'utilità dell'iniziativa
proposta dall'AICCE, prontamente accolta
dalla Regione ed attuata con la collaborazione dell'ufficio per l'Italia della Comrnissione della Comunità europea e della Banca
europea per gli investimenti. I1 saluto del
Presidente è stato fortemente politicizzato
con la riaffermazione della volontà europeistica della Regione e del suo impegno a contribuire attivamente alla creazione di una
Europa rispettosa delle autonomie e capace
di assicurare alle popolazioni uno sviluppo
territorialmente più equilibrato. Alcuni temi
accennati dal Presidente Comelli sono stati
poi ampiamente ripresi, nel suo intervento introduttivo, dall'Assessore delegato per i problemi della Comunità europea, Giovanni Cocianni, che ha esposto le ragioni della creazione di un apposito servizio regionale per
i problemi europei, auspicando che l'esempio
sia largamente seguito dalle altre Regioni,
come del resto sollecitato dalla Direzione
Nazionale dell'AICCE nella sua riunione del
21 marzo 1973. Cocianni si è quindi soffermato sul problema, così attuale, dell'attuazicne delle direttive comunitarie che coinvolge il rispetto non solo degli obblighi internazionali ma anche dei precetti costituzionali
in materia di competenze regionali. Sono
state anche ricordate, nella sua esposizione
introduttiva, alcune condizioni che caratterizzano la Regione Friuli-Venezia Giulia sotto
il profilo socio-econcmico e che la rendono
meritevcle degli interventi comunitari in
lavore dello sviluppo regionale. Come già
i l Presidente Comelli, anche Cocianni ha ribadito la volontà della Regione di rafforzare
la collaborazione con I'AICCE in un impegno
unitario con le altre Regioni a statuto ordinario e speciale.
Ha preso poi la parola il Segretario generale aggiunto delllAICCE, Gianfranco Martini,
il quale si è soffermato sui problemi della
politica regionale comunitaria nel contesto
dell'attuale delicato momento dell'integrazione europea, a tutt'oggi arenatasi alla prima
fase, l'unione doganale, con gravi rischi di
invuluzione. In particolare, Martini si è intrattenuto sul progettato Fondo europeo di
sviluppo regionale, indicandone le possibilità
e le procedure di intervento proposte dalla
Commissione di Bruxelles e che si ispirano
ai seguenti tre criteri: complementarietà
rispetto alle politiche nazionali, elasticità di
gestione, inserimento degli investimenti in
specifici programmi di sviluppo. La politica
regionale comunitaria non deve essere una
politica di assistenza, ma una politica tesa a
realizzare una situazione di maggiore equilibrio economico e so'ciale nell'ambito dell'intera Comunità; essa coinvolge perciò anche
aspetti politici ed istituzionali essenziali, in
quanto la sua validità e la sua stessa efficacia dipendono anche dal grado di sovranazionalità che essa riuscirà ad assumere e dal
livello di partecipazione delle varie istanze,
specie territoriali, che potrà essere assicurato
alla sua elaborazione ed attuazione. L'AICCEha concluso Martini - favorirà questa partecipazio'ne delle Regioni italiane all'attività
della Comunità europea, particolarmente tramite l'ufficio di collegamento aperto dal Consiglio dei Comuni d'Europa a Bruxelles, che
è a dis?osizione di tutti gli enti territoriali.
Successivamente il rappresentante delllUfficio per l'Italia della Comunità europea,
Nicola Di Gioia, ha illustrato le possibilità di
utilizzo, da parte delle Regioni, del FEOGA
e del Fondo sociale inserendole opportunamente nel quadro della politica agricola e
della politica sociale comunitarie. I1 relatore
si è soffermato a esaminare le cause che
hanno portato al prevalere della politica di
sostegno dei prezzi dei prodotti rispetto alla
razionalizzazione delle strutture e le nuove
possibilità aperte in quest'ultimo campo
ì ~
Trieste: la sede della Regione Friuli-Venezia Giulia
COMUNI D'EUROPA
aprile 1974
17
dalle direttive comunitarie n. 159, 160 e 161
dell'aprile 1972. Quando al Fondo sociale, Di
Gioia ha elencato le possibilità di intervento,
con particolare riguardo ad alcuni specifici
settori più direttamente legati alla realtà
socio-economica del Friuli-Venezia Giulia.
Nel concludere, Di Gioia ha ricordato l'impegno dell'UEficio comunitario da lui rappresentato per una migliore informazione sulla
realtà europea in Italia.
Ha preso poi la parola Giorgio Ratti, in
rappresentanza della Banca europea per gli
investimenti, il quale si è soffermato dettagliatamente sulle possibilità di intervento finanziario in favore di progetti concernenti la
valorizzazione di regioni meno sviluppate, o
che contemplirio l'ammodernamento e la riconversione di imprese o la creazione di nuo-
Leggete:
IL MONTANARO
d 'Italia
Trieste: la riunione nella sala della Giunta regionale
Rivista dell'unione Nazionale
Comuni ed Enti Montani
Roma
-
Viale del Castro Pretorio, 116
Direttore resp.: Giuseppe Piazzoni
SOMMARIO
N. 3-4
-
Aprile 1974
Attualità
Stato e Regioni nel discoi'so programmatico delI'on. Rumor
Sollecitato al Ministro Bisaglia il rifinanziamento
della legge 1102
Il disegno di legge al Senato
GIUSEPPEPIALZONL:Approvata in Sardegna la
legge per le Coniunità montane
Il testo della legge
Leggi approvate in Abruzzo, Puglie e Molise
I1 convegno delle Comunità montane del Mezzogiorno - La mozione finale
Trasferite alle regioni le prime foreste demaniali
Vita deIl1UNCEM
Convocato il Consiglio Nazionale
Comunità Montane
Emilia-Roinagna. Incontro Presidenti Comunità
montane e Consorzi di bonifica
Prima Conferenza delle Comunità montane in
Toscana
Riunite le Comunità della Lombardia
Costituite nuove Conlunità montane
Convegni e Riunioni
Roma: La giornata torestale mondiale
Vicenza: La cultura tradizionale delle popolazioni
montane tra sviluppo r conservazione
Catanzaro: Conferenza regionale dell'agricoltura
Bologna: Bonifica r Regioni
Problemi europei
Convegno Italia-Austria sui problemi della silvicoltura e della ditesa del suolo
Riunioni a Bolzano e Salisburgo delle Commissioni delle Regioni Alpine
Il CCE sui problemi dei lavoratori migranti
Abbonamento annuo L. 5.000
Sostenitore L. 10.000
- Un numero
L. 500
C.C.P. n. 1/58086 intestato a:
S.r.l. u I1 Montanaro m
Viale del Castro Pretorio, 116
- Roma
ve attività richieste dalla graduale realizzazione del Mercato comune o elaborati nell'interesse comune di più Stati membri.
Il relatore ha anche ricordato gli interventi
già effettuati dalla BEI nella Regione FriuliVenezia Giulia, assicurando la più attenta
considerazione dell'Istituto per le esigenze e
le proposte che potranno essere formulate in
futuro dalla Regione stessa.
Al termine delle relazioni si è aperto il
dibattitc al quale hanno partecipato 1'Assessore regionale all1,industria e al commercio,
Nereo Stopper, il Presidente delllEnte regionale di sviluppo dell'agricoltura (ERSA),
Mario Lucca, l'Assessore regionale al lavoro
e all'assistenza sociale Giacomo Romano, il
Direttore regionale all'assessorato all'agricoltura Angeli, il Direttore regionale della programmazione, Cian e il Direttore delllERSA,
Bellavite. Tutti gli interventi hanno to'ccato i
vari punti esposti dai relatori, con particolare riferimento agli orientamenti generali
della politica regionale agricola e sociale della
Co'munità e ad alcune questioni specifiche
poste dall'utilizzo dei Fondi comunitari.
I n sede di replica, Martini ha fo'rnito chiarimenti sulle procedure di approvazione dei
progetti regio'nali e di controllo degli aiuti
regionali da parte della Comunità; ha anche
preannunciato l'elaborazione da parte del1'AICCE di una proposta di legge di iniziativa
regionale sulla istituzionalizzazione dei modi
di partecipazione delle Regioni all'elaborazione e all'attuazione delle politiche comunitarie nelle materie di loro competenza.
I1 giorno successivo, 30 gennaio, a Udine,
alla presenza di numerosi rappresentanti di
amministrazioni provinciali e comunali della
Regione si è svolto un incontro sul tema:
« I1 ruolo degli enti locali nell'integrazione
europea D. Dopo i saluti degli Assessori regionali, Giovanni Cocianni e Salvatore Varisco, del Vice-Presidente della Provincia, Aldo
Madile, del Sindaco di Udine, Bruno Cadetto, e del Sindaco di Trieste, Marce110
Spaccini, ha tenuto la relazione generale
Gianfranco Martini che ha sottolineato i
problemi di fondo che caratterizzano la c e
struzione europea alle soglie del 1974 tali
da richiedere, oggi più che mai, un impegno
convergente di tutte le forze di base per il
rilancio di una iniziativa politica, che valga
a dare nuovo slancio a d una Comunità che
sembra dimentica delle sue ragioni ideali
e di alcune esigenze permanenti di sviluppo
in senso sovranazionale e democrati'co della
società euro8pea. Tra queste forze gli Enti
territoriali hanno un ruolo essenziale e a
questi il Consiglio dei Comuni d'Europa fa
appello perché, con azio'ne convergente, si
facciano promotori di una vasta mobilitazione, non più dilazionabile, della pubblica
opinione.
Ha preso p0.i la parola Giovanni Vicario,
delegato permanente della Regione FriuliVenezia Giulia negli o'rgani statutari delI'AICCE, che ha ricordato la sua concreta
esperienza di federalista e di amministratore regionale per richiamare gli eletti locali della Regione alla responsabilità di partecipare a questo impegno unitario in favore dell'Europa. Successivamente Di Gioia,
per la Commissione della Comunità europea,
e Ratti, per la BEI, hanno fo'rnito interessanti elementi di informazione e di indirizzo
per le amministrazioni locali su alcune iniziative che esse potrebbero assumere co'l
concorso finanziario della Comunità europea.
Si è aperto quindi il dibattito. Sono intervenuti il Segretario regionale del MFE Comessatti, che ha ricordato il 30" anniversario
della fondazione del Movimento Federalista
sorto nel clima ideale della Resistenza, 1'Assessore regionale Cocianni, che ha assunto
l'impegno di una attività promozionale della Federazione regionale dell'AICCE nel
Friuli-Venezia Gi~ilia,i Sindaci di Fiumicello,
di Trieste, di Codroipo, di Pavia di Udine e
il Vice Sindaco di Aquileia. Tutti hanno
espresso la loro soddisfazione per il Convegno e la loro adesione alla proposta di federazione regionale: accanto al richiamo a moltiplicare i gemellaggi, gli scambi culturali,
l'informazione tecnica sui pro,blemi europei,
essi hanno espresso un preciso impegno politico in favore delllEuropa al di sopra delle
diverse posizioni ideologiche, cui i vari amministratori locali si rifanno, e una chiara
coscienza delle responsabilità che ad essi
competono in vista di unlEuropa che sia
veramente una comunità democratica di popoli.
G . M.
COMUNI D'EUROPA
18
aprile 1974
PENSIERO E AZIONE DEI FEDERALISTI EUROPEI
Piano Spinelli e ((petizione federalista
L
3
))
La Conlmissione italiana del MFE si è riunita
u Milano do~iienica7 aprile. Albertiiii ha svolto
la relazione inrrodutriva. Egli ha analizzato le
riperczissioni S L I I piano Spinelli ( 1 ) della vittoria
laburista alle elezioni britanniche. Gli inglesi,
rimasti I~lori della Comunità negli anrzi facili
iii cui si realizzava il mercato comune con benefici e f f e t t i per le economie dei Paesi membri,
zono entrati negli anni difficili allorché notz
erano più procrastinabili le scelte politiche di
fotldo. Adesso o l'Europa realizza l'unione politica, affermandosi come una identità distinta
ed aperta verso il Mondo, oppure ricade iiell'orbita americana, rimanendone soggetta per
ulz periodo più o meno lungo.
Lu pretesa del governo americano, che gli
siano sottoposte preventivamente le iniziative
europee, tende a dare alla Comunità europea
le caratteristiche del COMECON. La posizione
del governo britatznico è pericolosa non solo
perché si fa strumento dei citati obiettivi USA
in Etiropa, m a anche perché così facendo crea
nuovo spazio all'azione di quanti, sia nell'ambito
dei governi, che nell'UEF, tendono ad evadere
le scelte immediate che impotze la costruzione
europea. Il pericolo è grande ed è adesso che
si gioca la sorte dell'Europa. Occorre combattere tenendo presente che l'obiettivo è europeo,
m a l'irzterloc~ltoreè nazionale. Occorre pertanto
(1) Per il e Piano Spinelli n v. in questo numero la
sintesi della relazione SeraEini << L'Unione europea e la
lotta per la Ragione. al paragrafo 5, 1" colonna.
I
s~ltesctit~i
c,tlsdini
che i ptoblemi di politica interna siano esami~zari i-icercatido qtrelle soluzioni che Ircvoriscono
il tzecessario sbocco europeo. L'MFE deve prendere posizione a favore di uno schieraniento
politico irzterno di unità antifascita, per la difesa dal nazionalismo e dall'imperialismo che
ininacciano l'Italia e l'Europa. Il comprotnesso
storico può salvare la democrazia in Italia se
posto in chiave europea, conle unità neces,saria
di t u t t o l'arco costituzionale per gestire la fase
costituente dell'Europa. Alle forze politiche e
sociali antifasciste i federalisti devono rivolgersi
ponendo l'accento sia sul « piarzo Spinelli » e
sulla relativa petizione (2), che sulle elezioni uni(2) V. * Comuni d'Europa n di marzo, pag. 10, ove
documento finale n) si riporta la delibera della
Commissione italiana del MFE (9 Eebbi-aio) di organizzare una petizione popolare a lavore del Piano Spinelli.
Successivamente (in seguito a un Bureau a Francoforte
sul Meno dell'union des Féderalistes Europiens (UEF)
del 19 marzo il Segretario generale, Caterina Chizzola,
si indirizzava ai Segi-etari federalisti dei diversi Paesi
per precisare i modi di una petizione al Parlamento
Europeo, in base all'art. 48 del suo Regolamento, per
il Piano Spinelli lasciando a ciascuna struttura nazionale
di stabilire le modalità pratiche. L'art. 48 del Regola.
mento del P.E. (capitolo XII, a Petizioni P) recita:
(<<il
C 1.
Le petizioni al Parlamento devono menzionare il
nome, la qualifica, la nazionalità e il domicilio di ciascuno dei firmatari.
2. Le petizioni che soddisfano alle condizioni previste
nel paragrafo 1, vengono iscritte in un ruolo generale,
nell'oi-dine in cui esse sono pervenute.
3. Dette petizioni sono i-inviate dal presidente ad una
delle commissioni costituite a mente del paragrafo 1
euioppi
l
tlC.
un
democratico auropco non è
I N F O R M A N O
porstbiicrealtrrsie
esaiumtca. monelarka
I'untons
e poli.
eurapsa
ds\l'intogiarionc auropaa ba ~ i àintescalo il giada di uniti riggiuiita Hnora. ed e cori grava
c h e . r e non rarra I s r a a l s in Lampo. piovocheih la dlrgiegszione della Comuniti e u m p a con conraguenre
che srrumeianno ie pioponiai di una rstaoirala storica
che ia
stiri
sha gli Impegni dei vertici
di Pari@ a di Copanhi9en
auli'unh
dell'articolo 37 che, preliminarmente, dexe esaminare se
esse rientrano nell'ambito delle attività delle Comunità.
4. Su richiesta della commissione competente, le petizioni dichiarate ricevibili sono trasmesse dal pi-esidente,
con il parere della commissione, alla Commissione o
al Consiglio delle Comunità.
La commissione che ha proceduto all'esame ha facoltà
di presentare una relazione al Parlamento.
5. Le petizioni indicate al paragrafo 2 nonché la decisione di trasmissione o la decisione di presentai-e una
relazione vengono annunciate in seduta pubblica.
Tali comunicazioni vengono raccolte nel processo verbale.
Ne viene dato avviso al firmatario.
6. I1 testo delle petizioni iscritte al ruolo, nonché il
testo del parere della commissione, che accompagna la
trasmissione della petizione, vengono depositati negli
archivi del Parlamento, ove potranno Essere consultatj
da qualsiasi rappresentante p ) .
lonoscritti c l t t d t n i
CONSTATATO
che sinre
laterali, evitando che l'accettazione del pritno
serva come alibi per evctdere le seconde.
Dopo la reiazione di Albertini, si è aperto il
dibattito.
Chiti Baielli ha detto che la petizione, specie
se completara dalla mozione parlamentare presentara dopo l'ultinza riunione della Commissione italiana, può essere L I H valido struniento
di stimolo dilllo establishment politico. Ma a
questa azione andrebbe affiancata un'altra di
contestazione frontale, articolata in una serie
di azioni particolari, quali quella aiitiniilitarista
e quali quelle o f f e r t e dal referendum sul divorzio
e dagli 8 referendum proposti dal partito radicale.
Levi ha detto che il compromesso storico
contiene l'ambiguità di isolare il problema europeo rispetto a quello nazionale. Tuttavia esso
non ha sbocco a livello tzuzionale, mentre può
averlo a livello europeo. Al riguardo significativo
è risultato il discorso tenuto a Torino da Ingrao, che di ritorno dal Vietnani ha sottolitieato
airopa w n
8-
siml
mantenuti
sanatodalli ~ ~ ~ ~ b bdl l aver
i c speesntate al Pailanisnto auiopro le seguente pc~izione
I sonorsilnl slndlnl sui-i
sonsutstoche rame un potare dsmwrslico europeo non è possibile raalizzsre l'unione csarmmisn, rnone.
tiri. a politlu wmpei
deil'integraiiona auiopci ha giè intaccato ii grado di unili raggiunto rinoia. ed è cori greve che.
la
fsmita in tempo. provosherb la disgregsrione dal18 Comuniih europea con conseguenze c h i assui
.non
nieianrm la p m p y ~ ~ i o rdl
d UM c i l u b o t s storica
- c k 911 imp<jnl dei vertici dl Parigi s dl-Copcnhsgsn r u l l ' ~ n % cu?opai non sono steli mantenuti
che il P a r l a a n t o euiupo, unico ,appesantanto s lire110 europeo dai cittadini e u r o p l . iivandl.
&i il .ua d)r)ndmeiedi ahborire ooho i1 piii biers ta.rnina, s non plU Iardl delis fime del 1974. 11 rapporto
rull'un.- -vi. d a d o torma d uno St.tuto che stiblllsu un governo europeo issponreblla divmti d
m p.rl-nto
mimo m auìir.9)a unlrairale diratto s che 81. dotato di potar1 sulticienti per portire i compi.
w n t o I'unlane plftlf.. .conade- moncluti d.iI'Luiw
- ~dam.mIl Rilimsnto europeo di i r r i piosentilo h i t a a s i petizl- .I Pailnrnanto Italiano p i s h 6 onsm
pi &l p a u n o Ilill.no l'Impegno di sortanera CM Isr-za
questi psiriar nai cmtiall k l i iltii gorsinl
d.Ih Commitli mrncpes
.
il
-
-
-
che il Piilamanto ai-a.
unlso iappresantms a Iirello o u v dei sittsdinl europei. ilvendihi Il suo
dliitlodoreis di slebonra anuo Il più b s r a tmine. s nwi plu tiidl dalli fine d d (914. il ,apparto sutllJnlon.
e u i o p a . daodo !mii d u m 8mtuto &e .Isblllmcs un govaro ai-o
iaipa..blba
dnontl d rin P.iC
mmto .!sito a sri:ira~iounlvsiaeli dlratb e che .li dmam dl potwi w i k l o n t i per m u a n ewnpimanto
i'uniona politica. oemmlcs D rnonitiiia ddllwoyr
INFORMANO
i
C H I E D O N O
Fh. Il S D ~ U ~del*
O
Rspubbilci miangs dal govecrm italhrm l'Impegna di lostanera con l e r m a u i quasta
*o
m1 eodrati degli ehrl porsin1 &Il. Comunill eu-.
la scheda della petizione al P.E. e quella di sostegno da presentare ai due rami del Parlamento nazionale (qui: al Senato)
paii-
aprile 1974
il ruolo arzti-imperialistico che avrebbe la Federazione europea ed ha lanciato la parola d'orrlilie: unificare I'Eiiropa contro l'imperialismo
uinericano.
Meriano lzu de:to che gli italiani sono isolati
al vertice dell'UEF, come peraltro sono isolati
al vertice del ME e del CCE. Noiiostante ciò
gli italiani sono gli i ~ n i c iu proporre in queste
i,arie sedi inizialiiie adeg~iute ctllu siluuzione e
pei-ciì, stevso riescoizo arl avere u n effetto trailiunte sugli altri.
Zanzi ha sostenuto la necessità di sviluppare
l'azione federalistu tenendo sempre ben presente
l'obiettivo strategico. Egli ha detto che in una
sitliazione di stallo lo schieranzento reazionario
si allarga, allontanando sempre pik l'Italia dal-
COMUNI D'EUROPA
-
-
-
I'Etlropa e preparando il paese ad una svolta
autoritaria. Il compromesso storico - egli ha
sostenuto - consente di fare all'interno la
resistenzu ul \ascislno erl all'e.stertlo di costruire
l'Eli ropa.
Albertini concllidetirlo ha detto che sta finendo
il periodo post-bellico e che il Monrlo si sta
preparando ad tinu grande prova che coinvolgerà uomini ed istittrzioizi. Esiste iriz problenlu
di schieramento che no11 p t ~ ò essere risolto sul
pialio dei principi percht; altrimenti ci si trasforma in una setta. Occorre portare le divisioni
sul terreno europeo perché questo è quello
risolutivo. L'MFE deve organizzare il piccolo
germe federalista in vista dello scontro per una
alternativa di potere ezfropeo.
L'ora della prova per l'Italia e per 19Ezcropa(*)
I1 Movimento Federalista Europeo non partecipa alla lotta politica nazionale come parte
fra le parti perché il suo unico scopo è la
fondazione della Federazione europea. Ma in
questa ora grave e forse estrema della vita
delllItalia e delllEuropa ha il dovere di pronunciarsi sul governo nazionale, facendo osservare, con le parole scritte da Luigi Einaudi nel 1954 mentre era Presidente della Repubblica, che l'Italia è in crisi perché lo stato
italiano è polvere senza sostanza n; e che il
tempo a disposizione per fare l'Europa diventa sempre più breve perché la divisione
degli europei « s t a facendo cadere gli uni
nell'orbita nord-americana e gli altri in quella russa ».
Non sono i partiti che hanno messo in
crisi lo stato. E' lo stato che ha messo in
crisi i partiti. Nessuna formula di governo
può salvare l'Italia. E' questa la realtà che
paralizza i partiti. I partiti stanno perdendo
la capacità di conoscere, di scegliere e di volere perché non hanno più la possibilità di
ravvisare, in una formula di governo, né
il loro avvenire né quello delllItalia. I fatti
hanno già pronunciato la loro dura sentenza.
11 centro-destra costituzionale non trova nel
Paese un consenso sufficiente. I1 compromesso storico è inconcepibile nel quadro italiano
perché ridurrebbe all'impotenza le forze storiche che hanno fatto l'Italia, riaprendo la
falla autoritaria nella borghesia e spaccando
in due il Paese. I1 centro-sinistra, invece di
colmare la frattura storica t r a la società civile e la società politica, l'ha aggravata.
I n Italia è spento lo stato, ma è vivo il
popolo. E solo mobilitando il popolo, con
l'impegno di tutti i partiti costituzionali
che seppero unirsi per battere il fascismo,
è possibile tenere a freno la crisi in Italia:
e preparare, con una vigorosa iniziativa europea, l'alternativa storica, politica e sociale
della Federazione europea al sistema degli
Stati nazionali, giustamente colpito a morte
dall'esito della seconda guerra mondiale.
L'Europa non è stata fatta, nonostante venti e più anni di integrazione europea, l'atteg(*) E' il testo, scritto da Mario Albertini, di un volantino stampato dalla Commissione italiana del MFE
per illustrare il significato politico della campagna per
la = petizione D.
---
19
p
p
p
-
p
--
Adenauer, l'Italia ha già tentato questa
via nel 1951. E allora, nel clima della guerra
fredda, che aveva schierato contro la Comunità i partiti comunisti c parte di quelli
socialisti, la battaglia l'u perduta nel Parlamento Iranccsc, a s t a t ~ i t oredatto, solo per
pochi voti. Oggi, nel clima della distcnsionc,
con il Partito Comunista Italiano favorevole,
l'evoluzione del Partito Comunista Francese,
la bilancia delle forze è cambiata.
La Francia, la Germania c la Gran Bretagna hanno scelto l'Europa ma sono esitanti
sulla via da seguire per farla. L'Italia, il solo
paese nel quale tutti i partiti costituzionali
sono favorevoli all'clczione diretta del Parlamento europeo e ad una Comunità democratica sovrannazionale, può e deve indicare
la via, ripetendo il tentativo del 1951. Approvando tempestivamente la proposta di legge
di iniziativa popodarc per l'elezione diretta
dei membri italiani al Parlamento europeo
presentata nel 1969, c riconoscendo per prim a il diritto di voto europeo dei cittadini,
l'Italia può dare la prova della fermezza
con la quale intende battersi per affidare al
Parlamento europeo il compito che gli compete, c dare inizio alla mobilitazione della
opinione pubblica europea.
giamento favorevole della popolazione e le
professioni di fede eluropea della maggior
parte dei partiti di tutti i paesi, perché i
governi, dopo aver realizzato l'unione doganale e quella agricola, hanno preteso assurdamente e colpevolmente di realizzare l'unione monetaria ed economica, di impostare politiche europee nei settori sociali, regionale,
industriale ed energetico, e di avviare l'unione politica, sei-iza chiedere l'appoggio dei
cittadini e senza consentire l'espressione della
L'Italia non può tenere a lreno da sola la
loro volontà. I Trattati di Roma prevedono
crisi economica. A cominciare dall'inflazione,
l'elezione a suffragio universale diretto del
tutte le difFicoltà economiche che si maniParlamento europeo. I governi, in dispregio
festano in Italia si manifestano anche in Eudei Trattati e del fondamento stesso della
ropa, ed hanno la stessa causa che è podemocrazia, non hanno chiamato alle urne
litica e non economica: la debolezza deli cittadini europei. 1 partiti hanno il grave
l'Europa divisa nei confronti degli Stati
torto di aver subito questa politica che h a
rimesso l'Europa nelle mani degli americani e delle società
multinazionali; e di
non essersi battuti
Mensile del Movimento Federalista Europeo
(Sezione Italiana dell'U. E. F.)
per rovesciarla con
sped. abb. post. - gr. iiI - 70%
lire 200
anno I n.s.
la partecipazione del
popolo.
L'Europa può essere fatta affidando al
Parlamento europeo,
cioè ai partiti e ai
loro elettori, il comd i ALTIERO SPINELLI
pito di redigere la
N e l l ' o r m a i l o n t a n a primavera d e l 1943 u s c i v a i l primo numero de "L'L!
costituzione europea.
NITA' EUROPEA". Ancora diie a n n i dovevano t r a s c o r r e r e prima c h e Fascismo
e n a z i o n a l i s m o F o s s e r o s p a z z a t i v i a d a l l e t e r r e d'Europa, e con e s s i i l
11 vertice di Parigi
n a z i o n a l i s m o i n g e n e r a l e , come modo d i v i v e r e e d i s e n t i r e d e i p o p o l i ,
F o s s e s e n t i t o q u a l e c o s a r i p u g n a n t e e da e l i m i n a r e .
ha deciso che le istiMa i l m e s s a g g i o de "L'UNITA' EUROPEA" andava a l d i l à d e l l a l o t t a !i
tuzioni della Comumediata c o n t r o i l Fascismo, a l d i l à d e l l e imminenti r e s t a u r a z i o n i demonità devono elaborac r a t i c h e . Diceva c h e l i b e r t à e p r o g r e s s o non s a r e b b e r o s t a t e a c q u i s i ~ i o n i s o l i d e s e i po
re entro il 1975 un
AL M.lrE: LA TARGA EUROPA 1974
poli du E~~~~~
non
s i Fossero r i u n i rapporto sull'Unione
t i i n una
reale
europea. L'Italia defederazione,
ed
annunziava l a f o ~
ve battersi perché
d a r i o n e d i un moquesto rapporto sia
vimento c h e
non
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affidato al ParlamenIn queato numero:
to europeo con un
Pag.4 I Lavori d e l l a
Corm.It. d e l WE
mandato ben preciPaq.7
L'n int<,i-vcnto
so: quello di rediged i Jcan REY - d a
re lo statuto della
" LE SOIH "
Pae.4 A prapasita de'
Comunità, da sottola c o n f r r e n r a d i
porre alla ratifica dei
Kashineton e d e i
l'europeismo d i
Parlamenti nazionali
Pompidoii - ( f r l
e non all'esame delle
Pag.26 I l PCI a l l a
Nella s e d e romana del C.I.M.E. i:iiiccpp<, p r t r i l l i cuniaena a
cancellerie. Con De
rovif rrcnza di
Maria Alhrrfini l a Targa Eui.i>pn l F u i . \ i z i o a p a c c . I 4 c ~ r o .
I i r u x r l l r s (am)
Gasperi che riuscì a
superare l ' o ~ ~ o s i z i o il primo numero di «L'Unità europea n, il nuovo organo del Movine di schuman e di
mento Federalista Europeo
L'UNITA: EUROPEA
marzo 1974
LA LOTTA PER L'EUROPA
CONTINUA
1
COMONI D'EUROPA
Uniti d'America. Cercando di risolvere queste
difficoltà solo nel quadro italiano, e con
misure esclusivamciite econamiche e monetarie, il governo italiano ha aggravato la situazione, e rischia di gettare l'Italia nell'abisso
cti una recessione congiunta con l'inflazione,
dell'isolamcnto dall'Europa e della definitiva
subordinazi~neagli Stati Uniti d'America.
E' ormai evidente che dietro la scelta del
governo italiano di rimettere le cose a posto
in Italia, per ricongiungcrla poi con l'Europa,
non <è n6 la volontà di salvare l'Italia né
quella di fare l'Europa. C'k solo il cedimento
alle Icrze che stanno dividendo l'Europa e
travolgendo l'Italia: in primo luogo, e allo
scoperto, il nazionalismo del governo francesc e lo spirito cgemonico del governo americano. Ma la riscossa contro queste forze,
per ora prevalenti, è possibile perché il cedimento dipende più dalla debolezza del governo che da quella degli elettori e dei partiti. I1 vero problema da risolvere è perciò
quello del governo. E non c'è che una soluzione. Si tratta, in primo luogo, di aprire un
grande dibattito nel Paese circa la politica
c lo schieramento necessari per combattere
in Europa il nazionalismo del governo francese e lo spirito egemonico di quello americano, per riformare in Italia la pubblica
amm'inistrazionc, per rianimare i comuni e
far avanzare, in ispecie nel Sud, le I-egio'ni.
Si tratta, in secondo luogo, di affidare a
tutto il popolo, con un governo di unità antifascista, la gestione di questa fase costituzionale della vita dcll'Italia e deli'Europa.
L'unica alternativa è la rassegnazione ad
un futuro che non è nemmeno pensabile,
che paralitzando il pensiero paralizza la volontà. Coloro che si ostinano a discriminare
sulla sinistra il PCI e sulla destra il PLI,
e pretendono di salvare l'Italia senza il concorso di tutto il popolo e delle sue forze
storiche, devono essere messi di fronte alle
loro responsabilità: !i in gioco l'anima dell'Italia, l'eredità della Resistenza. Coloro
che non sanno ancora trovare urla via, perché proiettano nel futuro i pericoli del passato, devono tener presente che il voto europeo, e il conseguente schieramento europeo dei partiti, distruggerà il MSI, rafforzerà
il PLI e collocherà il PCI nell'area democratica, restituendo al sistema dei partiti la
forza di cui ha bisogno per affrontare le
grandi svolte politiche e sociali del nostro
tempo.
IV
Per creare la premessa di un grande dibattito costituzionale europeo ed italiano il
Movin~entoFederalista Europeo, con la collaborazione del Movimento Europeo e dei
Comuni d'Europa, ha promosso nel 1969 la
presentazione di una proposta di legge di
iniziativa popolare per l'elezione diretta dei
membri italiani del Parlamento europeo. I
partiti in Parlamento non l'hanno né approvata né respinta, ma un numero crescente
di comuni, di province e di regioni, con ordini del giorno e proposte di legge di iniziativa regionale, sta schierandosi a favore del
riconoscimento del diritto di voto europeo
dei cittadini.
Per chiamare a raccolta tutte le forze sul
terreno decisivo, quello della formazione del
governo europeo, il Movimento Federalista
Europec sta per lanciare nel quadro europeo, con le a!tre cirganizzazioni nazionali
dell'Unione Europea dei Federalisti una campagna di raccolta di firme per una petizione,
da presentare e riprescntare finché sia necessario, al Parlamento europeo e ai Parlamenti nazionali. I1 Movimento Federalista
Europeo si rivolgz a tutti i cittadini, a tutti
i partiti antifascisti, ai sindacati, a tutte le
Iorze sociali chr hanno scelto l'Europa. Ma,
nello stesso tempo, intende porre i partiti
di fronte alle loro responsabilità. Non si può
rianiinare la volontà politica senza il coraggio di distruugerz ciò che va distrutto, senza
l'idea di un avvenire da co'struire.
L'Italia ha bisogno delllEuropa per sop-
aprile 1974
pravvivere e rinnovarsi. L'Europa ha bisogno
di un governo europeo per non soccombere
nella prova di forza che si sta sviluppando
nel quadro mondiale; e può dar vita a questo governo solo affrontando questa prova.
Come sempre, con il momento della prova è
giunto anche quello della verità. L'Europa
dei profeti disarmati è caduta. L'Europa
senza governo è alla mercè di chi vuole
dividerla. L'idea di costruire l'Europa senza
lotta politica, senza chiamare il popolo alla
lotta, senza fare le scelte politiche, economiche e sociali del nostro tempo è finita
come finiscono tutte le illusioni. Bisogna
battersi. Bisogna battersi perché ormai siamo di fronte solo alla vittoria o alla sconfitta.
La Regione Toscana e la politica comunitaria europea
In occasione della presenfazione degli a f t i
del Convegno a Le politiche sociali e regionali della Comunità europea » (organizzafo
dalla Giunta regionale toscana a Firenze nel
luglio 1973), il 28 febbraio scorso si è svolto,
presso la sede roinn~za della Regione, u n
inconfro cui hanno partecipato, oltre al
Presidente della Giunta Lelio Lagorio, il
Presidente della Regione Lombardia Piero
Bassetti, il Co~nnzissariodella CEE Altiero
Spinelli e il Ministro per l'ordinamento regionale Mario Toros (per I'AICCE era presente il Segretario generule aggiunto Gianfranco Martini). L'incontro ha permesso anche di aprofondire i temi della politica
europea, con particolare riguardo al ruolo
che le Regioni intendono svolgere nella politica comunitaria.
Nelle foto: (a fianco) la copertina del volume
che raccoglie gli atti del convegno di Firenze;
(sotto) Bassetti, Toros, Lagorio e Spinelli nella
sede romana della Regione Toscana.
aprile 1974
COMONI D'EUROPA
Gli ideali di
i
I n morte di Luigi Einaudi « Comuni d'Europa D ristampò il memorabile suo discorso
La guerra e l'tinità europea D, pronunciato
all'Assemblea costituente italiana il 27 ltiglio 1947. Nel centenario della nascita t10
pensato fosse interessante riprodurre la sua
recensione al libro di Giovanni Agnelli (industriale) e di Attilio Cabiati (professore al
Regio Istituto Stiperiore di Commercio di
Genova) sti Federazione europea o Lega
delle Nazioni (fratelli Bocca editori, Torino
1918): apparsa in « L a Riforma Sociale »,
novembre-dicembre 1918, essa fu poi inserita
nella raccolta di scritti einaudiani intitolata
Gli ideali di u n economista D, uscita fra i
« Quaderni della Voce
(serie quarta, Firenze 1921).
« Gli ideali di tin econoi~iista» fu da ine
acquistato da tina bancarella di libri usati
negli anni universitari, credo intorno al 1938,
e m i è venuta recentemente la curiosità di
rivedere la vecchia recensione. La curiosità
non nzi hli deluso perché lo scritto « preistostorico » ci mostra cosa sia rimasto costante
e cosa si sia evoluto nella problematica federalista di questo liberale di grande ingegno,
di cui sono noti - circa il nostro teina soprattutto due momenti, quello delle lettere
inviate dal 3 luglio 1917 al 17 ottobre 1919 a
Luigi Albertini, direttore del Corriere della
Sera » ( v . «Lettere politiche » di Junius,
Bari 1920, editore Laterza) e quello degli
scritti federalisti del periodo della Resistenza
( v . La guerra e I'uizità europea » di Luigi
Einazzdi, 3" edizione, Milano 1953, edizioni
di Comunità).
Nella recensione compare il dato essenziale
e costante del pensiero di Einaudi: non c'è
unione fra più Stati senza u n potere centrale.
Ci sono altri punti i n cui il pensiero del
nostro autore si è ulteriormente precisalo
(la sfera delle conipetenze di uno Stato federale rispetto a quella degli Stati federati) o
!?a avuto approfondinzenti (liberismo e divisione del lavoro). Ci sono punti, infine, che
ci sorprendono: l'idea, per esempio, che il
canzpo di lotta a noi proponibile sia quello
di una specie di Commonwealth latino,
da portare avunti sti basi federali. Potrà
sorprendere anche che il federalista Einaudi
- rigoroso federalista « costituzionale si presenti poi FU scala mondiale come funzionalista D. La recensione, insomma, è anche
uno specchio del torn7ento del penszero liberale circa i rapporti fra potere e « libertà
economica ( q u i sarebbe di rito riclzianiare il
Robbins).
M c izon vogliai710 in poche e frettolose rzglie e con semplicisnio sovrapporci al lettore
attento di questo ii7zportante documento iiitellettuale. Solo ci preme di ricordare coine
Einaudi abbia via via ravviciizato sempre
più il suo federalismo e il suo atitonomismo
( a V i a il Prefetto! s), talché capì molto bene
il senso della lotta del Consiglio dei Coniuni
d'Europa e poté in pzena coerenza niandarc
la sua adesione motii~ataai 11 Stati generali
(quelli di Venezia, dell'ottobre 1954).
U.S .
))
Federazione europea
o Società delle Nazioni?
G. AGNELLI
e A. CABIATI:
Federazione Europea
o Lega delle Nazioni? Un vol. di pp. VII-126.
In deposito presso i Fratelli Bocca, Ed., Torino, 1918
I1 libro, che qui si annuncia, scritto in collaborazione da un fine economista nostro
collaboratore, il prof. Attilio Cabiati, e da
Giovanni Agnelli, industriale, creatore ed
amministratore delegato di una delle maggiori e più celebri fabbriche di automobili del
mondo, la Fiat, viene in buon punto. Pensato
e discusso sin dalle fine del 1916, scritto evidentemente nel primo semestre di questo
anno, quando la Germania, affermato il suo
dominio nelle province Baltiche, vinta la
Russia, schiacciata la Rumenia, pareva avesse
trasformato in realtà il sogno della Mittel
Europa da Anversa a Bagdad e sembrava
dovesse vincere le ultime resistenze francesi,
mentre l'Austria tracotante minacciava dal
Piave, è divenuto di ancor più viva attualità
oggi che le parti sono mutate e l'Intesa ha
vinto. La premessa necessaria all'attuazione
del loro piano, che gli A.A. pongono in fine
del volume: bisogna vincere - è un fatto
compiuto. E su questa base si può cominciare a ricostruire. Come? I n una recensione
non è possibile seguire lo sviluppo compiuto
del pensiero degli autori, che è fondato sulla
miglior letteratura in proposito e nutrito di
appropriati ricordi storici e di sodi ragionamenti. I1 « nodo vitale » del problema, come
lo chiamano gbi A.A., è il seguente: I1 concetto di « società delle nazioni » è troppo
vago, instabile per potere dar luogo ad una
creazione politica permanente. L'esperienza
storica è lì per provare l'impossibilità di
raggiungere fini concreti sulla base di una
semplice lega di nazioni: dalla confederazione
21
delle città greche del 470 a. C., alle Province
Unite del secolo XVIII, dal Sacro Romano
Impero (800-1806) alla Confederazione germanica del secolo XIX, dalla Santa Alleanza alla
Confederazione nord-americana del 1776-87.
Tutti insuccessi indisputabili e necessari:
perché nessun Stato può esistere laddove
manca un potere centrale munito di mezzi
pecuniari propri e di un esercito. Se le Federazioni di Stati conducono alla discordia ed
alla guerra, resistono e prosperano invece gli
Stati federali: Confederazione Svizzera, Stati
Uniti d'America ed anche Impero Germanico.
Bisogna interpretare il concetto della società
delle nazioni non nel senso di una società
di Stati indipendenti, i quali assumerebbero
impegni di buona amicizia e prometterebbero
di accordarsi per punire i recalcitranti violatori della pace comune - che è poco più del
vecchio concetto della «bilancia delle potenze m; ma addirittura nel senso di una « Europa federale n. Stati indipendenti e liberi di
sviluppare in ogni senso le loro attitudini e
le loro capacità di vita e di progresso, salvo
ché in alcuni campi determinati: politica
estera, forze armate di terra e di mare, finanza federale, politica doganale. Questi compiti
sarebbero affidati ad un potere centrale, ad
imitazione di ciò che accade in quei tipi di
Stati federali in cui il governo centrale ha
quei soli poteri che gli sono assegnati dalla
costituzio'ne. Fo'rze potenti spingo'no alla
creazione di questo ente superiore: 1) la
impossibilità di poter fare fro'nte alle conseguenze finanziarie della guerra altrimenti
che col ridurre le forze armate alle poche
decine di migliaia d'uomini necessari al mantenimento dell'ordine pubblico; 2) la difficoltà di potere diversamente distruggere a
fondo le caste militari viventi sulla guerra;
3) la difficoltà di semplificare la vita togliendo gli impacci ora esistenti nei passaggi da
Stato a Stato; 4) la possibilità, che vi sarebbe. di risolvere il problema delle colonie.
impedendo che queste diventino campo di
sfruttamento dei singoli Stati: 5) la necessità
((
))
il Presidente della Repubblica Einaudi si intrattiene con (da sinistra): Carandini, Parri, Spinelli,
Benvenuti, Cappi ed Ernesto Rossi, in occasione di una delle prime manifestazioni federaliste di
questo dopoguerra a Roma
COMONI D'EUROPA
aprile 1974
l'industria americana dopo la guerra di
in cui sarebbero gli Stati federali più in- con la caduta di tutte le barriere doganali.
secessione n. Quando gli industriali italiani,
dietro nella legislazione sociale, nella igiene, Basta pensare alla pesantezza dell'armamentario artificioso che oggi grava su quasi tutta
nella istruzione di portarsi al livello dei
che la pensano come l'Agnelli, sapranno
l'Europa continentale; ai « doppioni » indu- accordarsi per una linea d'azione decisa o
paesi più progrediti; 6) i vantaggi enormi
striali creati dalla protezione; alla distru- coerente, che sia di freno alle pretese ed
della unificazione dei mercati. Qui fa d'uopo
zione quotidiana di ricchezze che ne deriva;
riprodurre la bella pagina scritta dagli A.A.,
agli spropositi dei loro colleghi protezionisti,
non tanto perché essa porta la firma del agli ostacoli contro la rapidità degli scambi
per lo più tali per mancanza di riflessione?
Cabiati, le cui idee erano ben note, quanto e della circolazione dei beni; alla farragiSul « punto vitale » non v'è dubbio che
perché essa reca altresì la firma di uno dei nosa legislazione economica che tutto ciò imhanno
ragione gli A.A.; d'accordo in ciò con
più intraprendenti capitani industriali della porta, con una non meno farraginosa e cotutti
gli
studiosi seri che si sono occupati
stosa
burocrazia,
per
comprendere
come
baN
I
n
Europa
eravamo
arrivati
nuova Italia:
a questo colmo di assurdo, che ogni fab- sterebbe l'estirpazione di questo cancro dal- dell'argomento. I1 concettto di K società delle
l'Europa, per compensarci in breve degli
nazioni » è utile come parola d'ordine; è
brica che sorgeva in uno Stato costituiva una
spina nel cuore per ogni altro Stato: che, sforzi a cui ci ha assoggettato la guerra. una formula politica conveniente per chiamentre le superbe invenzioni tecniche del Quale è la persona ragionevole la quale rire le posizioni, distinguere, anche in seno
vapore applicato ai trasporti di terra e di può, senza timore, prospettare la possibilità alle nazioni delllIntesa, coloro che vollero
mare, dell'elettricità come forza motrice, del che, dopo un conflitto così gigantesco, si la guerra per fini di sopraffazione, da coloro
teleprafo e del telefono avevano ormai an- possa riprendere una politica economica di
che vollero conseguiti i fini nazionali, come
nullato le distanze e reso il mondo un unico preferenze, di esclusivismi, di localizzazione,
grande centro e mercato internazionale, i riversandone il carico sui consumatori esau- necessaria premessa al raggiungimento di
piccoli uomini si affannavano con ogni loro sti? Una economia europea la quale, sosti- nuovi alti scopi. Ma è un concetto indubmossa ad annullare gli immensi benefici
tuendosi con prudenza e graduali adatta- biamente indefinito. Bisognando cominciare
dal dargli un contenuto, l'unico contenuto
delle grandi scoperte, creando artificiosa- menti alle economie particolaristiche degli
mente mercati isolati e piccoli centri di pro- odierni singoli Stati, realizzi in pieno la serio, vitale è quello dello « Stato federale D.
duzione e di consumo. E sembravano non
divisione del lavoro, ci darà, col beneficio
Non basta una associazione più o meno
accorgersi che il sistema protezionista aveva
massimo dei produttori, quel ribasso dei umanitaria fra Stati sovrani; fa d'uopo un
finito con l'uccidere se stesso e col rendere
prezzi che permetta ai consumatori di sop- super-Stato, fornito di organi propri e di
il lavoro una tortura e non una gioia. Poi- portare gli oneri finanziari della guerra
forze finanziarie adeguate. Ma a quale terché, volendo ogni Stato proseguire gli stessi
senza un esaurimento delle proprie forze ritorio si deve estendere questo Stato fedefini, produrre di tutto, produrre su vasta
fisiche e creative. I1 problema delle riparti- rale? Ho paura che nel momento presente
scala, mai come nell'ultimo ventenni0 quella
zioni delle materie prime, quello dei tra- lo C< Stato federale europeo D, quale è proconcorrenza che si aveva avuto in mira di
sporti, quello dei prodotti alimentari, che
gnosticato dagli A.A., sia nel tempo stesso
evitare si era fatta più acuta, più spasmoaffannano tutti i comitati europei per lo troppo e troppo poco. Troppo, se si pon
dica, più raffinata e violenta. Si lavorava
studio del dopo guerra, si troveranno auto- mente alle profonde differenze nazionali
in grande, sempre più in grande, a squadre
maticamente risolti. E l'ampliarsi gigantesco
che intercedono fra una contrada ed un'altra
e con fuochi continui, con un margine di guadel mercato da nazionale in continentale
delllEuropa. Italiani, francesi, spagnoli, tedagno sempre più ridotto, con lo spavento
farà sì che gli industriali, superato il primo
deschi, magiari, slavi del sud, bulgari, greci,
incessante di ciò che faceva, di ciò che pen- periodo di assestamento, troveranno dinanzi
polacchi, russi, rumeni, scandinavi sono pronsava, di ciò che inventava l'estero. Solo
a sè tali capacità insospettate di assorbiti a mandare rappresentanti ad un parlal'Europa federale potrà darci la realizzazione mento, che le industrie ne riceveranno lo
mento federale, a pagare imposte comuni,
più economica della divisione del lavoro,
stesso slancio gigantesco di cui diede prova
a mantenere un solo esercito? Par dubbio;
e par dubbio perciò che l'uomo di Stato
debba proporsi di raggiungere una mèta, la
quale non abbia probabilità di essere sentita dai suoi governanti. I1 processo di forS m
A m
M
m
mazione di Stati nazionali, violentemente
impedito dall'esistenza di Stati anacronistici,
come l'Austria-Ungheria, la Turchia, la Russia,
deve prima avere il suo compimento. Questo
vogliono i popoli che fin qui erano oppressi
a r. I.
da popoli stranieri egemonici; e non capirebbero affatto se si volesse sostituire al loro
presente un altro ideale. Per essi, e forse
anche da un punto di vista generale, la
Amministrazione: Corso Mazzini, 54 Tel. 21.4.08
costituzione di un'Europa federale sulla baLaboratorio: Viale Marconl, 9
se degli Stati preesistenti alla guerra sarebbe stata una sventura. I1 « troppo » sta
F A E N Z A (Ravenna)
dunque in ciò che unlEuropa federale non
si può concepire costituita se non da e fra
popoli, i quali vi siano spinti da comunanza
di interessi, di affetti, di tradizioni, di volontà, di scopi da conseguire. Questa la premessa di tutti gli Stati federali: Stati Uniti,
Canadà, Australia, Africa del Sud, Impero
germanico, Svizzera.
Finora, questa comunanza non si sente se
non da una parte dei popoli delllIntesa;
una parte, dico, chè dalllIntesa si è già
straniata la Russia, mentre i legami che
l'avvincono ai popoli liberati dalla Russia e
dalllAustria sono ancora poco saldi. D'altro
canto unlEuropa federale è troppo poco.
PREZZI DI CONCORRENZA
Comprenderemo in essa l'Inghilterra? Ma
allora non si può più parlare di una Euro-
SOCIETAARTISTICA MARMI
-
Lavorazione pregiata
di marmi e pietre
Specializzata in caminetti,
balaustre, altari
aprile 1974
COMONI D'EUROPA
pa federale D, bensì di un grande Stato mondiale federale comprendente la comunità
britannica delle nazioni c le nazioni europee,
con le loro colonie. Chi sappia le difficoltà
quasi insormontabili che si incontrano per
dare una costituzione veramente federale
alla cornmonwealth britannica, impallidisce
al pensiero di creare un ente ancor più vasto
e complicato. Rimarrà fuori l'Inghilterra?
In tal caso, l'Europa federale sarebbe una
Europa media ingrandita, in cui dominerebbe probabilmente il gruppo nazionale più
compatto, quello germanico. Tra i risultati
probabili di una siffatta formazione politica
v'ha una futura lotta di supremazia fra
l'Europa continentale e il mondo anglobsassone (Impero britannico e Stati Uniti d'America). Dopo avere lottato a morte e sacrificato milioni di vite e centinaia di miliardi
di ricchezze, Francia ed Italia abbandonerebbero i loro fedeli alleati d'oggi e si fonderebbero con chi voleva ridurli a vassalli.
In conclusione, il piano di una Europa federale non è abbastanza realistico perché è
troppo razionale, troppo economico. Se i
popoli sapessero ragionare e ragionassero
soltanto dal punto di vista del loro vantaggio, quel piano sarebbe tra le cose attuabili. Non mi pare oggi lo sia, perché non
tiene abbastanza conto degli imponderabili:
sentimento di nazionalità, tradizioni, amor
della indipendenza, decisione a vivere miseramente pur di ricuperare una vetta od un
fiume sacro. I1 mondo è bello e grande a
causa degli imponderabili. Bisogna costruire
tenendo conto di essi. In articoli sulla Mi-
n e r v a , scritti a parecchie riprese dal 1915
al 1918, ho delineato quali siano, a parer mio,
le vie della ricostruzione. La guerra presente
ha rinsaldato una di queste grandi costruzioni di super-Stati: la comunità britannica
delle nazioni; ed il Beer nel suo classico
libro ha descritto le forze le quali spingono
alla unione dei popoli di lingua inglese:
comunità britannica e Stati Uniti d'America.
Dal mondo slavo in effervescenza non si sa
cosa verrà fuori; ma non è fuor di luogo
immaginare il sorgere di due federazioni
slave, l'una del Sud - Boemia, Jugoslavia,
Bulgaria - l'altra del Nord-Est corrispondente all'incirca all'antica Russia. I tedeschi
rimarranno, blocco compatto, al centro d'Europa. Sarebbe un disastro storico se Italia
e Francia, ricondotte ai loro storici naturali
confini, non riuscissero a ricostruire l'antico
impero romano d'occidente. Dopo millecinquecento anni di spinte germaniche dal nord
ed arabe dall'oriente, gli eredi delle genti
latinizzate da Roma sono riusciti a ricondurre le loro bandiere quasi agli antichi
confini. Se la Spagna entrasse nella nuova
costellazione politica, il mare mediterraneo
diventerebbe nuovamente nella sua parte
occidentale un lago latino. Colonie immense
da sfruttare, territori politicamente annessi
da colonizzare non farebbero difetto: un'opera di secoli da compiere si presenta ai nostri
occhi. E tutto ciò senza rinunciare alle nostre
caratteristiche di cultura, di lingua, di tradizioni. Irresistibilmente, l'America del Sud
finirebbe di aderire ad una Unione latina.
La quale non starebbe a pro dell'unione
BANCO DI NAPOLI
23
anglo-sassone; ma neppure troppo al di sotto
ed, avendo comuni le origini nella medesima
guerra di liberazione, difficilmente potrebbe
essere tratta a lotta cruenta con essa. Frattanto, se a poco a poco si attiverà la parte
veramente sostanziosa dell'idea wilsoniana
della lega delle nazioni: unioni internazionali specifiche doganali, coloniali, ferroviarie, fluviali, per gli stretti, monetarie, ecc.
ecc., simili a quelle già esistenti pcr le poste,
per i telegrafi, per la protezione della proprietà letteraria ed industriale, verranno a
poco a poco meno i sentimenti che oggi
spingono alla guerra. Quando questa parrà
assurda agli uomini, come oggi pare assurdo
il cannibalismo ed a molti il duello, la guerra
cesserà da sè. E gli uomini faranno, senza
accorgersene, l'ultimo passo non verso 1'Europa federale, ma verso la costituzione di un
organo supremo, che noi oggi non sapremmo
neppure bene definire, per regolare gli affari
comuni a tutti i popoli del mondo. E nessuno
dei grandi aggregati politici esistenti: quello
anglo-sassone, quelli latino e germanico e
slavo e cino-giapponese vedrà una menomazione della propria indipendenza nella creazione di quest'organo comune, perché le
menti degli uomini saranno abituate all'idea
che non a tutto è capace lo Stato, sia nazionale, sia supernazionale e che, come in uno
Stato vi sono comuni e province e governo
centrale, così nel mondo possono coesistere
governi diversi, gli uni applicati a risolvere
problemi nazionali, gli altri supernazionali o
mondiali.
(Da La R i f o r m a Sociale, nov.-dic. 1918).
COMUNI
D'EUROPA
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Fondato nel 1539
ANNO XXII - N. 4 - Aprile 1974
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TIPOGRAFICA CASTALDI - R O M A -1974
1936 - z
a &af
wsfruisoe laprima ufififaria
ed è laufomo6ili
allapor fafa di fuffi
2 posti, motore 5 6 9 cmJ 13 CV, 85 kmlh. Consumo: 16,6 km con un litro*
&ai 500'~opocino"
-
7974 La Fiat continua a costruire
l'automobile più economica
ed è l'automobile
che mantiene il consumo della benzina
alla portata di tutti
4 osti motore 5 9 4 cm3. 2 3 CV fDINI. oltre 705 kmlh. Consumo: oltre 19 k m con un litro"
Fiat 726
"Consumo medio, secondo norme CUNA
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Anno XXII Numero 3 - renatoserafini.org