- Direz. e Redaz.: Piazza di Trevi, 86 00187 ROMA ANNO XXII - N. 3 Marzo 2974 Spedizione in abbonamento postale Gruppo 111/70 - O R G A N O MENSILE D E L L ' A S S O C I A Z I O N E I T A L I A N A P E R I L C O N S I G L I O DEI C O M U N I D ' E U R O P A Articolazione democratica della Comunità europea di Giuseppe Grosso Il 27 ottobre scorso, mentre tornava i n treno da Vienna, dove aveva tenuto una conferenza giuridica, moriva Giuseppe Grosso, che aveva rivestito per alcuni anni la carica di Presidente della nostra Associazione, quando era Sindaco di Toriizo. Mentre ci riserviamo di fare, in u n prossimo numero di « C o m u n i d'Europa », u n profilo critico dell'uomo di ctiltura e del dirigente europeo, ripvoponzamo oggi ai nostri lettori la prima parte della relazione da lui tenuta al Colloquio sulla politica regionale europea, svoltosi ad Otzenhausen nei giorni 6-8 febbraio 1967, e pubblicata su questo stesso periodico esattamente sette anni fa, nel nunzero di marzo 1967. 1. Premessa fondamentale, ovvia ed indiscutibile, è che una organizzazione democratica delllEuropa non può che fondarsi sulle autonomie locali. L'accentramento degli stati nazionali - che purtroppo sembra ricevere una spinta dallo sviluppo della tecnica e dalla necessità di interventi pubblici, nella forza di inerzia del processo di ingigantimento della macchina burocratica statale contrasta tanto alla formazione effettiva ed efficace di comunità sovranazionali, quanto all'autonomia della vita regionale e locale. Basterebbe constatare che le difficoltà che incontra il faticoso cammino dell'Europa fanno oggi riscontro a difficolta che nei vari paesi contrastano l'autonomo sviluppo della vita dei poteri locali, in senso opposto a quello spirito che vent'anni o r sono aveva ispirato le stesse affermazioni costituzionali. Occorre quindi un costante vigile sforzo e spirito combattivo a difesa dell'indisaol~ibile nesso che lega una concezione democratica delllEuropa al rispetto delle autonomie regionali e locali; e questo nesso deve essere approfondito nella concretczza dei problemi e delle strutture. Un punto nevralgico è rappresentato dalla politica di programmazione e sviluppo, che richiede da un lato una visuale ampia che individui gli squilibrii e la politica rivolta a sanarli (il che richiede una politica veramente europea); e dall'altro lato deve operare sulla base delle possibilità di sviluppo COMUNI D'EUROPA SOMMARIO Articolazione democratica della Comunità europea, di Giuseppe Grosso . . . . . . . . . . 1 Struttura e azione del CCE, di G.M.. . . . . . . . . . . 3 Pensiero e azione dei federalisti europei: I - La Commissione italiana del MFE riunita a Roma a ) alcuni test1 preparatori: Giarini Ruta: Rapporto sull'Europa davanti alla crisi Umberto Serafini: Osservazioni sulla relazione Ruta alla sezione di Roma e in vista della Commissione italiana del 9 febbraio . . . . . . . . 1974 Umberto Serafini: Un primo appunto per uno schema istituzionale delllUnione europea . . . . . . b ) lo svolgimento dei lavori C ) il documento finale . . . 6 9 l0 I1 - Nota sull'attuale situazione politica europea e l'azione dei federalisti europei, di Caterina Chizzola . . . . . . . 10 I11 - La « Targa Europa » 1974 al Movimento Federalista Europeo: a ) le motivazioni illustrate da Giuseppe Petrilli . . b ) il discorso di Mario Albertini. . . . . . . . Anche l'Abruzzo per l'elezione diretta dei delegati italiani al P.E. 4 5 11 13 7 regionale, nel rispetto dell'uomo e della libertà, in modo che la politica di sviluppo sia effettivamente un impulso alla vita che nasca dalla vita stessa, non una sovrapposizione coattiva ad essa. Solo una strutturazione democratica della Comunità Europea, democraticamente articolata ai vari livelli, con intervento diretto dei poteri locali può rispondere a tale esigenza. 2. Poiché nella politica di sviluppo la dimensione regionale costituisce un momento iondamentale ed essenziale, occorre in particolare che esista una organizzazione democratica a livello regionale. La struttura dei diversi paesi europei in proposito è varia; per esempio nella Germania Occidentale la forma federale permette ai Lander di svolgere una funzione importante. I n Italia la costituzione prevede le Regioni, come enti autonomi forniti di un potere legislativo in date materie (nel quadro di principi generali fissati da leggi dello Stato per ciascuna materia) e di funzioni amministrative. Però finora sono state costituite solo alcune Regioni a statuto speciale, mentre le Regioni Foto in prima pagina (in alto): Giuseppe Grosso, allora Presidente della nostra Associazione, presiede il primo « corso quadri n organizzato dalI'AICCE, a Torino, nell'aprile 1967; sono con lui, al tavolo della presidenza, Serafini, Martini e Calsolaro; (in basso): il Presidente del CIME Petrilli consegna al Presidente del MFE, Mario Albertini, la «Targa Europa » per il 1974. a statuto ordinario non hanno ancora avuto attuazione; per la programmazione sono stati provvisoriamente costituiti dei Comitati regionali della programmazione, come organi consultivi del Ministero del Bilancio e della Programmazione, nei quali cntrano fra gli altri i Presidenti delle Province cd i Sindaci di taluni Comuni. I n Francia la posizione ed i poteri che anche rispetto all'amministrazione locale conservano i Prefetti, h a posto questi al centro anche di una individuazione di Regioni ai fini della programmazione. Noi insistiamo che se si vuole evitare di cadere nella tecnocrazia, cioè di incorrere nel pericolo di sovrapporre una astratta politica di sviluppo come una camicia di forza alla vita regionale, occorre che al livello della Regione co'rrisponda una espressione democratica della Regione stessa; ove negli ordinamenti istituzionali di un paese non esista questa organizzazione democratica diretta, a livello regio'nale, occorrerà che questa si formi attraverso i poteri locali minori (Province, Comuni) in modo da trarne una vera e propria espressiomne regionale unitaria. Sarà d'altra parte necessario stabilire la posizione di questa organizzazione democratica regionale riguardo agli enti locali minori, in particolare ai comuni; la Regione non deve diventare essa stessa uno strumento di accentramento; essa deve armonizzare la sua azione con l'autono~mia10,cale; di qui il problema dell'intervento dei comuni e delle province soprattutto nell'attuazione della politica di sviluppo, in modo che i particolarismi siano superati nella visione unitaria regionale, m a questa possa articolarsi nei centri minori. Ed a ciò si ricollega pure il problema delle dimensioni dei comuni, delle dimensioni necessarie per l'attuazione di diversi servizi e l'esplicazione di diversi compiti di autonomia comunale, in particolare il problema dell'associazione dei piccoli comuni, d a una parte, dell'attuazione del decentramento nelle grandi città, dall'altra. marzo 1974 regio'nale europea, la quale deve essere decisa dapli organi della Comunità Europea con una visuale curopca, che non può ris«l\,ersi nella somma di tanti particolarismi, 116 nazionali, né locali, nia insieme con una chiara prospettiva dellc necessità e possibilità di sviluppo dellc diverse regioni. Per altro verso l'attuazione della politica regionale europea non può che trovare il suo epicentro nell'organizzazione democratica regionale e locale, la quale a sua volta deve essere indirizzata dai fini della politica a livello europeo e ricevere da questa alcuni fondamentali canoni urbanistici e di sviluppo, che però non devono essere tali da soffocare l'autono'mia della vita nella autonomia locale. E' dunque un problema di relazioni che comporta tutto un tessuto, m a che pone un'esigenza fondamentale: che a tutti i livelli si esplichi una vita democratica. 4. Oggi le strutture democratiche sono al centro di discussioni, in rapporto a talune difficoltà che sembrano incontrare ed a prospettive di sviluppi o di riforme: i rapporti coi partiti politici, con le organizzazioni di categoria, con lo sviluppo tecnologico, con la opinione pubblica, ed altri aspetti, sono tutti punti nevralgici per questo dibattito che qui non è il luogo di approfondire. Vogliamo però fissare un punto: l'esigenza democratica non può essere soddisfatta da una pura rappresentanza di interessi particolari o di ordini professionali, né di indirizzi tecnologici. Alla base di essa deve stare a tutti i livelli l'assemblea rappresentativa sulla base della rappresentanza popolare integrale nell'ambito territoriale. Le categorie, le espressioni degli interessi, possono recare un contributo attraverso organi consultivi, m a non possono prendere il posto dei vari livelli territoriali di rappresentatività politica: una strutturazione corporativa della società non può qualificarsi né formalmente né sostanzialmente come democratica. Prospettando una strutturazione democratica delllEuropa noi insistiamo quindi sulla 3. Solo sulla base di una strutturazione nccessità di un Parlamento Europeo, in cui democratica regionale e locale, e di una la prima Camera sia espressione di suffragio partecipazione di essa nella determinazione universale e diretto, mentre una seconda Caed attuazione della politica di sviluppo a mera (un Senato) potrebbe essere rapprelivello più alto, può concepirsi una strut- sentativa delle comunità politiche a livello tura democratica europea e quindi una nazionale e regionale. politica regionale europea. E noi insistiamo pure che a tutti i livelli Ciò, in particolare, se si tiene conto del deve esistere una rappresentatività democrafatto che una politica di sviluppo richiede tica, e particolarmente perché questa rapche ai piani economici si accompagnino piani presentatività democratica si generalizzi anterritoriali, cioè una sistemazione del terri- che a livello regionale, cioè a livello di quella torio; e questa sistemazione del territorio regione che costituisce una dimensione esdeve essere articolata attraverso strutture senziale nella politica di sviluppo. che dal livello più strettamente locale (coSarebbe infatti un errore credere che la munale, provinciale, ecc.), salgano a quello i-appresentatività politica popolare-territoregionale, a quello nazionale ed a quello riale ( a suffragio universale) dovesse giosovrana7ionale. care solo su territori più vasti (nazionale Se le necessità di colmare gli squilibri o sovranazionale: livello dei diversi stati; richiedono una visione comunitaria sempre livello dell'Europa) oppure nelle comunità più vasta, ed una politica regionale comuni- locali minori (comuni, province, ecc.), e fare taria europea assume una sua propria chiara invece delle regioni piuttosto una dimenfisionomia, questa politica può raggiungere sione tecnico-economica d a trattarsi attrail suo risultato soltanto se la sistemazione verso commissioni di tecnici o incontri di territoriale corrispondente è Fatta a misura categorie e di interessi, sia pure nell'ambito di uomo; e per questo fine occorre il con- regionale. Da quanto abbiamo detto risulta corso della comunità politica nazionale e chc ciò non implicherebbe la qualifica di sovranazionale e delle comunità locali. democra~ia:anzi ciò distruggerebbe la strutLa realizzazione concreta di questo con- turazione democratica per cadere in una tecnocrazia o in un gioco di interessi a dicorso importa problemi complessi e talvolta delicati; si può dire che gli organi regionali spetto della stessa espressione diretta ed autonoma della vita e delle libertà. devono essere consultati per una politica COMUNI D'EUROPA marzo 1974 Struttura e azione del CCE I n preparazione del Bztreau del Consiglio dei Coinuni d'Europa, che ha avuto luogo a Parigi nei giorni 18 e 19 febbraio, il Comitato esecutivo delllAICCE, convocato alcuni giorni prima, ha ampiamente discusso la situazione di tutto il CCE, individuando alcuni motivi di riflessione e di iniziativa politica, che sono stati sintetizzati nel docu]?lento qui sotto pubblicato. Lo offriamo alla attenzione dei soci del17AICCE per tre ordini di considerazioni: l ) Il documento conferma la reale struttura federale del CCE, in cui ciascuna sezione nazionale, pur godendo di u n largo spazio d'autonomia, è componente essenziale dell'intero organismo e contribuisce alla nzaggiore o minore incisività ed effzcucia dell'Associazione nel suo complesso. La battaglia per l'Europa, divenuta in questi ultimi tempi più ardua per le note vicende, richiede u n CCE nel quale tutte le componenti nazionali siano allineate su livelli politici ed organizzativi proporzionati agli obiettivi che si vogliono raggiungere. Per questo, il Comitato Esecutivo delllAICCE ha voluto richiamare l'attenzione dei colleghi europei membri del Bztreau sulla necessilà di raflorzare in modo particolare la Sezione britannica, che agisce i n u n contesto ancora fortemente diviso tra fautori ed oppositori della Comunità europea. Al tempo stesso I'AICCE ha voluto sottolineare l'urgenza della creazione di una Sezione danese e di una irlandese del CCE affinché la presenza dell'Associazione copra tutti i Paesi membri della Comunità. Attualmente, come è noto, sono i n corso iniziative, non ancora organiche, di collaborazione al CCE di rappresentanti locali irlandesi, mentre i n Danimarca la minore politicizzazione degli Enti locali e residue resistenze dell'opinione pubblica ad una concezione politica dell'unione europea rendono più difficile la penetrazione del CCE. 2 ) L'AICCE è profondamente convinta che, nella inevitabile sproporzione tra obiettivi e mezzi, si impone una rigorosa pianificazione delle priorità del CCE. Questo deve perciò innanzitutto accentuare la sua pressione diretta, politica, dal basso, soprattutto dopo i deludenti risultati delle azioni di vertice, anche delle più spettacolari, come le ricorrenti conferenze dei Capi di Stato e di Governo. I n secondo luogo il CCE dovrà puntare sul rafforzamento della Comunità europea che, nonostante le sue insufficienze, rimane il più i1alido punto di riferimento per la prosecuzione della battaglia europea. I n terzo luogo il CCE si impegnerà nel quadro del Consiglio d'Europa, che è attualmente in una difficile fase di ricerca della propria identità, soprattutto a seguito dell'allargamento della Comunità europea: rimane naturalmente particolarmente importante per il CCE, in questo ambito, la sua partecipazione alla Conferenza europea dei Poteri locali. 3 ) Con il documento che pubblichiamo, I'AICCE rivendica una funzione trainante all'interno del CCE. Non per ragioni di prestigio fornzale ma perché essa è consapevole di essere la Sezione più attenta e sensibile agli aspetti politici dell'integrazione, al suo significato per lo stesso sviluppo della democrazia europea, per u n tipo di società diverso da quello nel quale viiliamo. Questo risultato è, natttralmente, merito di tutti gli amministratori comunali, provinciali e regio. nali che partecipano alla vita delllAssociazione. Era opportuno quindi far loro sapere che le loro preoccupazioni, le loro istanze, le loro sollecitazioni, vengono proiettate dalla Sezione italiana sul piano europeo con una azione di stimolo che non può non lasciare u n segno positivo sull'intera organizzazione. Il documento approvato dal Comitato Esecutivo è stato poi presentato e iilustrato al Bureau europeo del CCE dal Segretario generale aggiunto delllAICCE, Gianfranco Martini. 3 Nello stesso Bztreau si è fatto il punto sulla preparazione politica degli XZ Stati generali del CCE (Vienna). I n particolare, è proseguito l'esame degli schemi dei rapporti preiiisti nel prograinma ed è stata accolta la proposta della Sezione italiana di chiedere ad alcune personalità politiche e della cultura di prendere la parola nella seduta plenaria di chiusura per riaffermare rigorosan~ente la necessità che l'Europa si unisca sulla base di quei i~aloridi libertà, di democrazia, di rispetto della persona umana che u n trentennio f a caratterizzarono la Resistenza europea. Il Bureau ha anche proceduto all'elezione delle cariche statzltarie. Sono stati confermati il Presidente Cravatte, il Vicepresidente Lugger, il Segretario generale Philippoi~ich, i revisori dei conti Dozio e Hammer. Sono stati altresì designati i membri del Comitato di Presidenza; per la Sezione italiana sono stati eletti: Giancarlo Piombino, Umberto Serafini e Gian Carlo Zoli (titolari); Giuseppe Bufardeci e Gianfranco Martini (supplenti). considerazioni Il Comitato Esecutivo dell'AICCE, riunito a Roma il 13 febbraio 1974, ha esaminato l'ordine del giorno del prossimo Bureau del CCE a Parigi, previsto per i giorni 18 e 19 febbraio, formulando le considerazioni seguenti: L'elezione del Presidente e del Vice-Presidente del CCE, del Segretario generale e u r o peo e dei membri del Comitato di Presidenza deve essere fatta nel quadro di un ribadito rispetto dello Statuto del CCE e nello spirito politico che mosse i suoi fondatori. Malgrado la sua crisi, la Comunità euro pea è tuttora il nucleo intorno al quale si può e si deve fare la battaglia per la Federazione europea sovranazionale, democratica e rispettosa delle autonomie locali: pertanto ogni sforzo dovrà essere prodotto per realizzare non nominali Sezioni del CCE in tutti e nove i Paesi della Comunità; in particolare occorrerà dare consistenza reale alla Sezione britannica, a cui ancora non aderiscono Enti locali come tali, e creare Sezioni danese e irlandese. Rinforzare e rendere effettiva una Sezione del CCE ovvero fondarla ex novo non significa compiere negoziati diplomatici, a livello internazionale, con funzionari di associazioni nazionali o internazionali di Comuni e di altri Enti, ma piuttosto impone contatti diretti con le singole Amministrazioni locali di quei Paesi, con le correnti europeiste dei rispettivi partiti politici, con le organizzazioni federaliste ed europeiste in Ioco. L'Esecutivo delllAICCE ha sottolineato fermamente che una Sezione del CCE non sarà pienamente tale finché ad essa non aderiscano, a termini dello Statuto del CCE, Enti locali (non soltanto amministratori locali a titolo individuale) e finché essa non sia capace, attraverso organi di stampa perio~dici, di far conoscere regolarmente agli Enti l o cali del proprio Paese le decisioni prese democraticamente da tutto il CCE; 1'Esecutivo è d'avviso che i rappresentanti di una Sezione nazionale, a cui non aderiscano Enti locali come tali, non possano avere voto deliberativo negli organi sovranazionali, ma soltanto consultivo, altrimenti la democrazia sovranazionale del CCE sarebbe una finzione priva di significato reale. L'Esecutivo nazionale dell'AICCE insiste infine affinché l'attività europea del CCE non viva eccessivamente delle iniziative spontanee e talvolta occasionali prese qua e là, ma risulti rigorosamente pianificata, al fine: a ) di svolgersi in maniera omogenea su tutto i1 territorio coperto da Sezioni nazionali del CCE; b ) di dare la precedenza all'attività diretta, politica, di pressione dal basso, promossa dallo stesso CCE e volta particolarmente alla richiesta di una Assemblea Costituente europea; in secondo luogo di permettere un intervento adeguato nei punti nevralgici della attività della Comunità europea; soltanto in terzo luogo di dedicarsi ad affrontare le proposte del Consiglio d'Europa, che sono di minore rilievo politico (nell'ambito del Consiglio d'Europa dovrà in ogni caso esser sempre privilegiata la CEPL, come espressione democratica dei Poteri locali). L'Esecutivo insiste finalmente perché le attività tradizionali del CCE (per esempio i gemellaggi) vengano fortemente ripoliticizzate, nel momento in cui i governi nazionali sembrano aver perduto ogni capacità di iniziativa europea e in cui tutto il processo di integrazione ha un livello tanto più basso di quello degli anni '50, quando la Assemblea ad hoc preparò un progetto di Comunità politica sovranazionale. (approvata all'unanimità). COMUNI D'EUROPA 4 marzo 1974 PENSlERO E AZIONE DEI FEDERALISTI EUROPEI se giudicando che 1'E~iropat: spenta, ogni nazionc tentasse di restaurare il proprio equilibrio, compromesso dal petrolio, scendendo in guerra economico-finanziaria contro il viciilo. L'espediente di rovinare il vicino » fu già il codice selvaggio degli Anni 30, della Grande Crisi. Nonostante l'applicazione di tale espediente nessuna delle nazioni europee riuscì allora a salvarsi dalla crisi, come credere che possano essere risparmiate oggi che sono politicamente tanto più deboli ed economicamente tanto più v~ilnerabili? Poiché le Patrie non hanno più ragione, la ragione non ha più Patria in Europa. Lo dimostrano le varie delezazioni di paesi europei che si succedono in visita nelle capitali arabe con il proposito ognuna di soffiare l'affare » alle altre. Lo dicono chiaramente certi articoli di stampa che esprimono l'opinione di gruppi vicini ai centri di potere. « Le Monde » del 26 gennaio cita il seguente articolo apparso sul settimanale Aspects de la France »: « Si è fatto sognare troppo i francesi con " l'Europa ". Si diceva che essa doveva portare la pace, la sicurezza e la prosperità: le nazioni erano ormai superate. Oggi ci si rende conto che la nazione francese rimane una buona vecchia realtà e che la sorte di ciascuno di noi t: legata a quella di questa comunità che ha forgiato la storia e che costituisce per noi l'ipocrisia oltre i limiti del consentito. Inula più sicura delle protezioni di fronte ai tilmente la Commissione Ortoli si riunisce e sussulti che agitano il pianeta n. lancia fulmini su Giscard, inutilmente i Questa situazione ha diverse conseguenze. ministri del Consiglio comunitario contiLa prima è che essa sancisce il definitivo nuano a salmodiare le loro litanie sull'unione economica: la Comunità è finita, non rimane che seppellirla con un minimo di decoro, ma anche con raccomandabile rapidità, perché a questo punto averne i rottami fra le sambe non fa altro che creare intralci e difficoltà supplementari (si veda il caso dei mercati agricoli comunitari che a questo punto, a furia di rattoppi e diritti compensativi, sono peggio del mantello di Arlecchino) n. A questo punto saremmo completamente fuori dalla realtà se conf'ermassimo la strategia del progetto di legge. Essa presupponeva due condizioni che sono venute a mancare: lo sviluppo del processo di confederazionc ed i tempi lunghi. I1 nostro compito in questo momento è di individuare il nuovo scenario e di elaborare una strategia adeguata. La Stampa » del 25 gennaio illustra il meccanismo della crisi visto da Guido Carli. Nel 1974 i paesi fornitori di petrolio accumuleranno 65 miliardi di dollari. Le riserve in oro e valute dci paesi dell'Europa OcciGianni Ruta dentale ammo'ntano a 75 miliardi di dollari, di cui 35 miliardi appartengono alla Germania Occidentale. Sempre nel 1974 il disa- fallimento del metodo funzionalista avviato vanzo europeo e giapponese a causa del- d a Monnet e Schuman nel 1949 e risuscil'aumento del prezzo del petrolio raggiuntato dopo il fallimento della CED, con la gerà la somma di almeno 32 miliardi di conferenza di Messina del 1956 che portò dollari. Dunque escludendo la Germania di ai Trattati costitutivi delllEuratom e della Bonn, questo gruppo di paesi dovrebbe perCEE. Oggi è chiaro a tutti che se l'Europa dere nel 1974 tutte le sue riserve di valute. si farà, come esige la sua salvezza, occorrerà E nel 1975 e negli anni successivi quando il puntare subito alla costituzione di un godisavanzo sarà presumibilmente maggiore? verno europeo sottoposto al controllo demoLa conclusione è una sola: la situazione è cratico del popolo europeo, degli Stati e ingovernabile. Ma non vi è un male senza delle Regioni. Sarà quindi il govcrno europeo a d assicurare la realizzazione di quei fini un peggio, ed il peggio sarà, secondo Carli, l'approi!aziotie, ~ l uparte della Comn?issiorze italiana del MFE, d i Ltn clocunzei~lopolitico con il cl~tulesi è deciso il lancio cli ufza « peli:.iolle per atirihlcire al P a r l a i ~ ~ e nEztrot~ peo il mandato costituente. Tali testi sono il Rapporto prepctrato d~z1Segretario della sezione romccna del MFE Gianni Ruta, sulla situazione europeu e due Note del Segretario generale de1l1AICCE Umberto Serafini. Seg u o ~ il ~resoconto ~ dei lavori del1,a Conzmissionti itctiiaiza del 9 febbuaio, con il relativo docuniento approvato all'unanirnità, nonché una Nota del Segretario generale dell'UEF Caterina Chizzola. Completano la rubrica i testi dei discorsi prorzunciati da Giuseppe Petrilli e Mario Albertini, in occasione dell'ctssegnazione al i2/lovimeiito Federalista Ettropeo della « Targa Europa » da parte del Movinzento Europeo. Fedele alla sua impostazione federalista e 1,endendosi conto che la gruve crisi che rtttraversa in q ~ l e s t onzoiizc~ztoil processo di integrazione europea richiede unci conoscenza approfondita sia della dottrina federalista che dei nzezzi di lotta per procedere alla creazione della Federazione europea, « Comuni d'Europa » ha intensificato in questi ultiirzi tei~zpii sccoi sforzi per clnre urz quadro più conzpleto possibile di q ~ t a n t onel campo del pensiero e dell'uzione federalisti si v a svolgendo in Europa. Con questo nutnero riprendiamo, in forma piìt organica, questo iinpegiio corztando di pubblicare, di voltu in volta, tutto quello che riteniamo valido per la più ilnporlante battaglia di questo secolo: quella per la Federazione europea. I n questo nuiliero pubblichiamo - qui di seguito - alcuni testi che hanno preceduto l La Commzsszone italiana del MFE riunita a Romn a) alcuni testi preparatori Gianni Ruta: Rapporto sull'Europa davanti alla crisi Lo scenario che oggi ci si apre davanti i3 ben diverso da quello entro cui si proiettava la strategia del nostro movimento. L'Europa comunitaria sembrava fino a qualche mese fa ancora avviata lungo un processo di integrazione confederale, secondo il programma elaborato dal vertice di Parigi del '72. In quest'ambito si inseriva il progetto di legge di iniziativa popolare per le elezioni a suffragio diretto dei delegati italiani al Parlamento europeo. L'approvazione di tale legge, portando alle e'lezioni unilaterali prima e generali poi, avrebbe fatto saltare le contraddi~ioni del processo di confederazione, affermando con il principio elettorale l'attribuzione al Parlamento europeo di un mandato costituente. Oggi l'Europa ì: Frantumata, sebbene la crisi debba ancora scoppiare. I nostri porti sono in attesa delle petroliere che ci salveranno dalla paralisi per condannarci alla bancarotta. Sono solo le prime avvisaglic e già tutto scricchiola. La parola d'ordine non t: Stati Uniti d'Europa, bensì ognuno per sé ed Allah per tutti. Jobert a Gedda chiede a re Feisal di far la spesa in Francia. Moro fa il giro delle capitali arabe per spiegare cbe gli italiani sono più bravi. 11 Cancelliere dello Scacchiere insegue lo Scià lungo le pistc di St. Moritz perché risparmi ad Elisabctta le umiliazioni inflitte a Baldovino. I1 vertice di Parigi? Fantasia di altri tempi. Pompidou a Poitiers difende la libera circolazione delle merci ed il mercato comune agricolo: la Comunità europea è tutta qui. Scalfari sulll« Espresso » del 27 gennaio si esprime liberamente: « La Comunità europea era già d a mesi in condizione larvale. Da sabato scorso non esistc più né di fatto e neppure di nome, se non si vuole spingere (( (( (( marzo 1974 inutilmente perseguiti dalle impotenti istituzioni comunitarie. La seconda conseguenza è che il deteriorarsi dei rapporti di scambio con i paesi produttori di materie prime in generale e di petrolio in particolare determinerà all'interno dei paesi europei una diminuzione del potere d'acquisto e probabilmente una forte recessione a meno che non si preferisca un'inflazione selvaggia il cui effetto sarà un considerevole allargamento ed inasprimento dell'area dello scontento. La terza prevedibile conseguenza è chc i ceti più favoriti cercheranno di difendere i propri privilegi appellandosi alla nazione ed al rispetto della legge e dell'ordine, con conseguente spostamento a destra dell'asse politico moderato e rafforzamento di tuttc le tendenze nazionaliste e rcazionarie. Questa situazione non consente di farsi sovercl-iic illusioni, ma impone che si valuti correttamente la portata della crisi C le diverse possibilità che ha l'Europa di affrontarla a seconda che si presenti unita o divisa. Occorre mostrare alle grandi masse popolari. ai partiti ed ai sindacati che meolio le rappresentano, che la Federazione Europca se realizzata subito è l'unica alternativa alla disoccupazione, all'emareinazione ed alla miseria e che invece a qiicsto destino le condannano le nazioni che si apprestano a frontcegiare la crisi scatenando una uiicrra commercialc a colni di svalutazioni e di accordi preferenziali con i paesi produttori di petrolio. L'Europa è la sa1vezr.a. Combinando le riserve monetarie di tutti, comnrese ouelle tedesche C rivalutando l'oro sarà uossibile assicurare d i . approvvi,uionnmenti dcl 1974 C dei 1975. A o~iestopunto la Federazione F.!?ronca potrebbc avviare con i paesi prodiittori un nrogramma combinato che prima petrolio e materie prime ed ai un rapido sviluppo economico, s i realizzerebbe in tal modo una contrattazione proo;rammata. sli,l~evidente interdiDendenZa tra la canacità nrO. duttiva d e l l ~ ~ u r o pea la capacità del T~~~~ ~~~d~ di assicurare le materie prime ed il petrolio di cui essa ha bisogno, così da accrescere il benessere sociale di tutti. Occorre dire chiaramente ciua.nto Frave sia la crisi che sta nei- colnirci. Ciò che muore non è tanto l'idea uenerosa (li una Eurona chc unendosi riesce a s~iblimarc quanto di più valido essa ha saputo esnrimcrc nellq sua storia. Ciò chc muore è la nostra civiltà, cpià profondamente imnoverita da tutte lc meschinità che I-ianno alimentato Ic nostre divisioni. Con essa perirà la nostra l i b e r t i quel tanto di benessere che ci rende oggi ~!n'jso,lain un gran mare di miseria C la speranza di un domani di pace, di giustizia e di libertà per noi e per tutti. La crisi che ci appi-estiamo a d affrontare offrc I'i.iltima occasione per costruire l'Eli]-opa C per salvarci. Essa impone una rapida e revisione degli attuali schemi stratep-ici ed opei-ativi, Molte idee che erano buonc fino a ieri oggi non lo sono più ed altre che ci siamo abituati a considerare non valide. og-i possono esserlo. Per effcttiiare una talc vcrifica alla luce della nuova situazione occorrerebbe convocare quanto prima una Conferenza speciale del MFE e richiedere altresì la convocazio~nedi iin Congresso straordinario delilUEF. La nuova strategia unitaria che ne scaturirà dovrà consentii-ci COMLINI D'EUROPA di muoverci nella crisi, valutando l'opportunità di iniziative quali: - la costituzione di un governo ombra europeo per proporre all'opinione pubblica ed alle forze politicl-ie e sindacali il confronto t r a le possibili scelte di un governo europeo e l'insufficienza dei governi nazionali davanti alla crisi; - l'avvio di una petizione per la Costituente Europea o per l'attribuzione del mandato costituente al Parlamento Europeo; - I'organizza/ione di elezioni primarie « clandestine » a sostegno del governo ombra; - la formazione di gruppi parlamentari fcderalisti impegnati a battersi all'interno dei parlamenti nazionali affinché sia convocata la Costituente Europea o sia conferito il mandato costituentc al Parlamento Europeo; - la presentazione, ox7e ciò sia possibile od opportuno, di una lista federalista alle elezioni nazionali affinché la via lrerso 1'Europa possa esscre costantemente segnalata dalla tribuna degli stessi parlamenti nazionali. chiamando a raccolta o denunziando, a seconda del caso, l'attcpgiamento delle forze nolitichc democratiche e popolari. Su questi elementi e sugli altri che a questi possono essere aggiunti ì: bene chc si apra subito un dibattito fra di noi e che esso sia ampio, approfondito c preciso quanto più è possibile. Umberto Serafini: Osservazioni sulla relazione Ruta alla sezione di Roma e in vista della Commissione italiana del MFE del 9 febbraio 1974 Ero personalmente già scettico sulle possibilità di raggi~ingimentodi una fase confederale della Comunità: in realtà da tempo decide le cose importanti un direttori0 extracomunitario dei grandi del MEC », che poi si incarica bilateralmente di persuadere medi e minori (cioè Italia, Benelux, ecc.). La campapna per l'elezione unilaterale dei delegati al Parlamento Europeo è stata ottima pcr il periodo di realizzazione e di assestamento della riunificazione dei fcdcralisti nelllUnion des fédévalistes euvope'ens (UEF); sono inoltre contrario per principio alle clamorose a~itocritichc masochistichc; si tratta peraltro di inquadrare ora l'obictcontivo delle elezioni europee in un testo sia esterno, di politica generale, sia delle forze federaliste, Wistrich (nell'articolo The Way t0 Euyopean Goi~eunmenf)C Ruta, a livelli assolutamente diversi, si pongono entrambi il problema del governo europeo come problema in qualche modo centrale: (< larc e sociale, che dovrebbc gestire questo governo-ombra, raccogliendo intorno alle sue indicazioni sempre nuove forze; sul terreno infatti delle forze Ruta rimane a Lin livello vagamente radical-populista e ripete generose, ma arcaiche posizioni federaliste, come se il problema di una nuova società europea oggi non esistesse né fosse sentito, e rimanesse soltanto un passatempo adatto a Platone. H o sempre insistito perché i federalisti interessati alla polifiqtre d'aboud (la politica che si puì, realizzare con le forze già disponibili e le cose che si potrebbero far subito, cc si fosse sul momento al governo) e i federalisti interessati al « modello di società avvenire » si pongano come due poli di una dialettica interna C non come alternativi: debbo dire che oggi la politiqzre cl'abord la ritengo anch'io molto importante; ma ritengo necessario che non si tratti di un pragmatismo cieco, né di una passiva presa d'atto di « tendenze (popolari o no), perché occorrc collocare la politique d'abovd nella stratcqia della costruzione di una nuova società europea. I1 inodello, chc è neccssario i fcderalisti proucnspno, non deve esser cercato nelI'iperuranio: è sem?licemcnte una ipotesi di lavoro a lunna scadenza, nella quale noi fedcralisti dobbiamo insistere per una sintesi a priori fra contenuti societari e istituzioni. Giustamente Mario Albertini in un recente appunto ha sottolincato, scnza neanche spin,persi a lunuhissimo tcrminc, che le istituzioni federali di una Europa unita ogei non possono essere le stesse del '700 americano; io ho fatto altrettanto in un appunto scritto più o meno contcmporanean-iente ("): ma è certo che la scelta di unlEuropa che pianifica e delle rclativc istituzioni è una scelta di un modello, soprattutto sc si esca dall'equivoco di i.ina pianificazione oscillante tra la democrazia cd il corporativismo e, creando yli strumcnti per il pieno primato della politica sull'economia, si faccia la precisa scelta di una fcdcrazione anti-capitalistica ('come avrcbbe detto Horkheimer, si faccia la scelta di un'Europa della Ragione contro l'Europa delli: rnzionalizzazioni settoriali ovvero della raqicme strumentale). Io penscrci a iin Novcrno ombra di un fronte der~zocuntico ettuopeo, che rivendichi si~bitoil Parlamento europeo cletto direttaniente: ), a ) coin!, arbitro democratico - includente le ooposizioni (che. sommate, potrebbero formare in Europa una maggioranza. sia purc relativa). e tuttc le minoranze delle irrisolubili contcse tra i governi na7ionali; h) ma soprattutto per dar vita allo Staa ) Wistrich a livcllo possibilista, pro- tuto nolitico della Comunità (compiti costiponendo una diversa utilizzazione dci trat- tilenti), che (rcneri ~ u e l governo curopeo tati comunitari, senza vclieità « rivol~lzi0- chc dovrà si~bentrarca1 rroverno-ombra genarie » C ironjzzando sui modelli »: ma cgli stito dal Frontc democratico europco. v~ioleanche le elezioni dirette del Parlamento Tuttavia vn Fronte democratico europco Europeo, non ci spiega perché i governi nazionali dovrebbero acccttare il suo mar- iion si ccstituisce ( e tantomeno ha i suoi chingegno (visto che finora hanno usato martiri, nci casi di emerqcnza) se non vive dei trattati!: diinentica di dire cosa dell'inotcsi di una niiova società europca, debbono fare i fedcl-alisti ( e anche il ~ ~ per~ la i quale - valza la peri? spendcrc un mento Europeo); presso impeszno umano: d'altro canto è evidente che nli obiettivi ctico-nolitici di questo h ) Ruta fa la ragionevole proposta del governo-ombra, che implica l'analisi della si- fronte democratico europeo trascendono l'imt~iazioneyeneralc a breve e a medio termine: (*) Il secondo appunto si p~ibblica qui di seguito ( N . (l. R . ) . ma non approfondisce il tipo di forza popo- COMUNI D'EUROPA 6 mediato angolo visuale della politique d'abord. I compiti del fronte democratico europeo (che comprenderà t r a l'altro nel suo seno sindacalisti, intellettuali, ecc.) saranno poi anche compiti di costruzione in qualche modo diretta, sovranazionale, della società europea: solo che nessuno commetterà l'errore della grande contestazione del '68, cioè quello di non porsi il problema del potere, delle istituzioni e del programma (fermo rimanendo che il momento contestativo era sacrosanto, anche perché contestava quelle classi dirigenti per noi incapaci e indegne in quanto cresciute nell'acquitrino nazionale). In questo quadro l'elezione unilaterale viene a trovare una collocazione diversa: non è un momento di una strategia dedotta da un quadro confederale che non sussiste, m a può essere ugualmente utilizzata, entro certi limiti di tempo, come ponte dell'asino della parte « recuperabile » della classe politica nazionale. Rimane il problema delle forze che oggi csistono all'interno dellllJEF: si può pensare a una alleanza dei federalisti italiani con una parte dei federalisti francesi, col grosso dell'Europa Unioiz tedesca, con alcuni belgi, olandesi e inglesi (Christopher Layton, John Pinder, ecc.)? Rimane anche il problema dei rapporti delllUEF col Movimento Europeo che, malgrado gli sforzi di qualcuno di noi, a partire almeno dal 1964 (Stati generali del CCE a Roma) rigetta la politica del fronte democratico europeo. D'altra parte i più vecchi amici federalisti ricorderanno che io ero anche contrario alla vecchia interpretazione di Rifflet di un fronte democratico europeo come « trust di cani sciolti »: da una parte c'è l'avanguardia federalista, m a dall'altra essa, quando opera, deve sapersi « sporcare le mani » con le forie politiche e sociali reali, saggiandone le tensioni interne e facendone emergere, secondo un punto di vista europeo, le contraddizioni (e non limitarsi a f a r leva sui ribelli epidermici, gli ambiziosi inappagati, i « trombati », ecc.). Finalmente io sento ovviamente come assai vivo il problema della collocazione del Consiglio dei Comuni d'Europa in questo contesto di lotta: esso non è e non può essere un'avanguardia di soli militanti come I'UEF. ma è pur sempre composto (si ricordi) di enti territoriali cioè di corpi politici vòlti a soluzioni (e siano pure micro-soluzioni) globali; insomma il CCE non è un'organizzazione settoriale. C'è anche la scadenza degli Stati generali di Vienna (maggio 1974), nei riguardi della quale il Bureau delllUEF deve essere sensibilinato: è un'occasione che il CCE offre ai federalisti (dico un'occasione positiva) e non può essere ridotta a motivo di « inattesa preoccupazione n. Roma, 8 febbraio 1974. marzo 1974 eventuali annotazioni esplicative delle intenzioni) oppure limitarsi all'indicazione di alcuni istituti fondamentali nel quadro di una «dichiarazione di obiettivi e di intenzioni »? Vedremo. Comunque dovrà essere u n testo sufficientemente breve e sufficientemente preciso e concreto - la nostra K Comunità federale » dovrà, nello stesso tempo, scatu~ireda un processo evolutivo delle attuali istituzioni comunitarie e non aver paura di compiere un salto di qualità: essa dovrà infatti recepire alcune esigenze istituzionali del K modello di società europea », che viene schizzato nel resto della relazione politica; essa dovrà anche tener conto che uno Stato federale oggi non è la stessa cosa che uno Stato federale al tempo di Hamilton (del resto un'esperienza più moderna e ricca di utili suggestioni è quella della Germania di Bonn) - il nostro progetto federale non si può fingere che emergu dal nulla o da un «club di visionari »: negli anni cinquanta c'è stato il tentativo dell'Assemblea ad hoc; il Movimento Europeo costituì un Comité d'Etudes pour la Constitution Européenne (le cui Résolutions sono in u n opuscolo stampato nel 1952 a Bruxelles) occorrerà tenere presenti gli « Studi fedevalisti», redatti sempre per conto del Movimento Europeo sotto la guida di due studiosi americani (Boivie e Friedrich, quest'ultimo un tedesco nafzlralizzafo):essi sono stati tradotti in italiano comunque il progetto di Stato federale più aperto alle esigenze di una società inoderna e progressista rimane sempre « L'ordine politico delle Coinzlnifà » di Adriano Olivetfi (1945; ristainpato recentemente): in esso è delineato coerenteinente il quadro istituzionale di una pianificazione globale, che per Olivetti è una « sintesi a priori » di programmazione economica e di pianificazione del territorio (aménagement du territoire, town and country planning, Raumplanung), cioè uno sviluppo razionale rapportato costantemente al territorio ove si verifica e all'iloriio persona e coinunità - che ci vive (il CCE ha spesso tenuto presente il pensiero di Adriano Olivetti) - - una bozza di Costituzione non deve necessariamente includere riferimenti all'organo costituente che dovrà farla sua: ma qui occorrerà chiarire che il Parlamento Europeo dovrà avere il compito di redigere un primo Statuto politico, dotato dell'essenziale per la partenza di una Comunità federale, e di emanare altresì una dichiarazione di intenzioni, che prenderanno corpo successivamente pertanto la bozza sarà utile che preveda anche una « dichiarazione di diritti ( c f r . M L'avventura europea » di Spinelli, pag. 146 sg.) e anche l'indicazione dellu possibile reali??azione in due o più tenzpi di taluni istituti; ad esempio: in un primo tempo si ipoti?zare unu Canzera popolare e un può Umberto Serafini: Un primo a~punto ver uno schema istituzionale del- Senato degli Stati che sia la diretta emanazione dell'attuale Consiglio dei Ministri col'Unione europea munitario, e in questa fase si può pensare (traccia di linee per una Costituzione federale a una Conferenza dei poteri regionali e loe di una esposizione di obiettivi, alla cui attuazione un processo costitilente, non necescali, organo consultivo (che, insieme a un sariamente istantaneo, dovrebbe prima o poi Consiglio europeo del lavoro e dell'educatrovare strumenti istituzionali adeguati) zione, dovrebbe riinpiazzare il corporativo - Per gli undicesimi Stati generali (Vien- Comitato econo~ilicoe sociale, che va canna, maggio 1974) è bene tracciare una vera e cellato tout court: il che non contraddice al propria bozza di Costituzione federale (con fatto che, per un piano di sviluppo razionale )) della Comunità, siano pensabili anche altri strumenti federali, come ad esempio il Consiglio europeo della ricerca scientifica e tecnologica, a finanziamento sovranazionale, di cui feci cenno nella mia relazione politica agli Stati generali di Roma, 1964; ecc. ecc.); in una seconda fase il Senato degli Stati può diventare il Senato degli Stati e delle Regioni (ovvero delle Regioni, in proporzione diversa rappresentative degli Stati), riassorbendo la Conferenza di cui sopra ( a parte il problema dei Poteri locali minori: per questi si tratterà piuttosto di garentirne l'autogoverno che non di dar loro una diretta rappresentanza federule) - la K dichiarazione dei diritti e dei doveri » (sempre che i doveri non suonino troppo arcaicamente « mazziniani »: ma di doveri si tratta) potrebbe constare di 5 punti: l - i diritti individuuli del liberalisino, visti soprattutto in base a ciò che oggi più sottilmente li minaccia (per es. l'attacco alla privacy in conseguenza dello sviluppo d~ certa tecnologia: cfr. i 3 voll. CC Razionalità sociale e tecnologie dell'informazione - descrizione e critica dell'utopia tecnocratica n, atti del Seminario internazionale di Courmayeur del settembre 1971, a cura del Cenfro Studi della Fondazione Adriuno Olivetti) 2 - i diritti economico-sociali del sociulisnio tradizionale ( c f r . anche lo Statuto dei 3 - i diritti relativi ulla possibilità concreta di esercizio dei formali diritti democratici (informazione, espressione, associazione...), alla possibilità del godimento di certi consumi sociali (non solo « materiali - per es. sanità - ma anche culturali), di un tempo libero non egernonizzato dalla logica della produzione, di una decente qualità di vita (natura e insediamento umano: cfr. il recente convegno a Roma delllINARCH, con gli interventi di Ludovico Quaroni e di Rosario Assunto, sul diritto a una cittù umana e, quindi, a veder rispettate certe regole) 4 - diritti delle comunità territoriali ininori (Poteri locali: cfr. la Carta europea delle libertà locali D, proclamata dagli Stati genevali di Versailles nel 1953 - coi necessari aggiornamenti - e la (C Carta federalista dei Poteri locali », proclamata dai V I Stati generali - Vienna, 1962 -) e delle ininoranze etniche (senza cadere nell'héraudisino!). Iingzlistiche, religiose, ecc. C( 5 - diritti della Coinzlnità inondiale in potenza (attraverso I'evolzlzione federale delle Nazioni Unite) verso la Federazione europea ( e quindi doveri della Federazione europea verso l'ordine sovranazionale planetario, la pace, ecc.) in particolare, doveri della Federazione europea verso i Paesi nzeno fortunati (eguuglianza internazionale): il discorso è con?plesio, perché non investe solo il fallo che i ricchi debbono aiutare i poveri, nia anche [o: pii~ttosto]che l'amministrazione di beni naturali / moneta / ecc. deve diventare comune, perché i diversi fattori sono interdipendenti ( c f r . il problema dell'energiu, il monopolio delle sue fonti da parte di alcuni Paesi, fuori dei quali si trovano molti altri Paesi sia a forte industriali?zazione che poco sviluppati o in via di sviluppo; insomma contestazione dell'imperialis~iro e basi per COMUNI D'EUROPA marzo 1974 7 una democrazia sociale planetaria: o sarà la fine del m o n d o « in progresso ») - una problemutica che occorre introdurre i n pieno nel « nuovo federalismo della bozza è quella dell'esigerzza di istituzioni adeguate a una prograrnrnazione o pianificazioiie globale ( c f r . quanto detto sopra d i Olivetti), che richiede l'organizzuzione della società e del suo sviluppo i n n o m e della ragione ( u m a n a ) e contro le razionalizzazioni o ottimizzuzioni puramente settoviali (corporativismo; la tecnologia avanzata in qirest'ultimo quadro ha dato luogo a u n pairroso n e o - f e ~ ~ d a l e s i m oin ) ; questo senso 18a critica al « consumismo » non vuol dire l'ipotesi di una società di stagnazione, m a il rifiuto dei constrini indotti dalle esigenze delle ottinzizzazioi~i o razionalizzazioni settoriali: si tratta di partire dall'rromo e rrletleve l'industria ( e la tecnologia) al suo servizio ciò iinplica il rifiuto d i tutte le rappresentanze di interessi « organizzati o « costituiti », siano padronali siano dei lavoratori integrati nel sistema ( e cioè legati al K modello », capitalistico o socialbirrocratico); ciò iii~plicail rifiuto, senz'altro, della cogestione (della parte corporativa del Mitbestimmung), m a anche una accentuata cautela nei riguardi dell'autogestione (la vita globale dell'rromocittadino si svolge tutta sul territorio, di crri l'officina, l'azienda agricola, l'ufficio soizo solo parte: e poi non è detto che l'nnarcosindacalismo, implicito i n certa filosofia dell'autogestione, non porti anch'esso ul cancro della razionalizzazione settoriale, non nzediuta - a priori! - nell'interesse generale) )) - bisogna stare attenti alle ambiguità che porta coli sé il discorso della « c r i s i dell'Esecutivo » proprio nella fase storica i n cui si delineerebbe u n « primato dell'Esecutivo » I'Esecutiilo « forte » perché oggi non ci pzri~ essere soluzione di continuità nel governo d i irna società che, oltre ad avere la bomba atonzica, presenta i pericoli indicati (la Roberto Vacca in ((Medioevo prossimo venturo » (crisi dei sistemi) e tanti altri pericoli, è u n discorso poggiato su mancate soluzioni democratiche del problema ( s i pensi all'intelligente accorgii77ento costituzionale della Germania d i Bonn, che cioè non si può far cadere u n Goverizo se n o n si ha la maggioranza per sostituirlo) dell'Esecirtivo sul Parlail « primato nzento, perché 1'Esec~ltivo è « inevitabili i ~ e n t en meglio organizzato del Parlamento, è una prospettiva sbagliata e antidemocratica: il relatore d'opposizione al Parlamento, per eseinpio. dovrà ormai avere accesso ai calcolatori usati dal Governo per far quel « qualcosa n, che l'opposizione deve essere in condizione d i criticare il discorso corretto è uiz altro: ferii70 riiiianendo che non si può tornare interaiiiente a prima delle X I I tavole (cioè i patrizi decidono in base a ragioni nzisteriose, sconosciute ai - o troppo coizoscirrte dai - ' plebei), l'era della pianifica:.ioi~e è (nzi si concerla la seinplificuzioize) più zrn'èra tli niizi~iinistrazioiie clie di leggi ( c h e vengono .so.siit~rile da K criteri n: qllesii, sì. debbono essere pubblici e certi, coine le leggi, ed eguali per t u t t i ) : pertanto cade una parte della divisione tradizionale dei poteri, il Parlctiiiento stimola e controlla (beninteso, Anche l'A bruzzo per l'elezione diretta dei delegati italiani al Parlamento Europeo I nostri lettori già cono. scoilo le analoghe iniziative prese, su sollecitazione delI'AICCE. dalle Regioni Piemonte e Uinbria (che hanno dato b~ogoai disegni di legge, approvati dai rispettivi Consigli regioilali il 3 iiiaggio 1973, il prinio, e il 29 novenzbre 1973, il seconrlo, e registrati al Senato della Repubblica coi numeri 1142 e 1438): oggi riprorlucianzo il testo della relaziotre che accoinpagna il disegtio di legge n. 1516, che cotitie?ie la proposta di eleziotie utiilaterale a .suffragio r~nivei-salediretto dei delegati italiani al Parlanzento Europeo, approvatu dal Consiglio regionale d'Abrirzzo il 19 dicembre 1973. I A T O DELLA E P U.B L LA LEGisLAruR A (N. 1516) D ~ ~ ~ GDI N LEGGE O . preunt.io a c o n s ~ ~ ud o d'Abnirro raesmuiu n 1' waBulo aorniN1crro - . dei , ln4 . unilaterale a ~uffragiou"ivenale italiani al Parlamento eU'OPw 0xo~nvor.1SENATORI, il vertice europeo del 20 ottobre 1972 ha fissato al 1980 la scadenza per la costituzione dell'unione curopea, ha deciso di aflrontare i problemi istituzionali nel 1975 ed ha inteso rilanciare l'unione econoniica e monetaria; infine, in questo quadro, ma con riferimento all'unione, ha potenziato la politica regionale e la politica sociale c comune. Dieci giorni dopo, a Lussemburgo, il Consiglio dei ministri finanziari dclla Comunità si è trovato di fronte, per la prima volta in maniera concreta, ai difficili problemi del coordinamento, nonché dell'integrazione economica e l'inanziaria condizionata da una moneta con-iunc. Dal l o gennaio 1973, conie è noto, è divenuta ufficiale l'Europa dei Nove, per l'ingresso nella Comunità economica europea della Danimarca, della Gran Bretagna e delllIrlanda, mentre non va sottaciuto che, in precedenza, la Norvegia, attraverso il voto popolare, aveva detto il suo « no D all'iiigresso nell'Europa. Ciò premesso, in punto di fatto, varrà considerare la portata pratica dellc risoluzioni degli Stati generali di Nizza, la posizione critica assunta dall'Associazione dei Comuni, province, regioni, sezione italiana (AICCE) e da tutto il Consiglio dei coniuni d'Europa (CCE), nonché le complesse ed alle volte deludenti vicende che non hanno portato ad una politica monetaria europea, per trarne il convincimento che i poteri locali, e prime tra tutti le Regioni, non possono sottrarsi alla loro storica responsabilità non intervenendo politicamente nel processo di integrazione sovranazionale in corso. Di qui, la richiesta diretta espressamente a tutte le Regioni ed a tutti gli enti locali della Rcpubblica italiana da parte della direzione nazionale delllAICCE. La Regione Abruzzo non può restare estranea a tale processo, che la riguarda direttamente per i suoi problemi di sottosviluppo, da inquadrarsi, per ovvi motivi, nella politica regionale comunitaria e nella politica sociale eomunc. Così è per tutte le Regioni che, nella prospettiva di avviamento della Coinunità europea vcrso un autentico bicanieralisnio (Catncra dei popoli e Camera delle regioni c Lander), soiio interessate direttamente ad una efficace politica regionale comunitaria, sovranazionalc e democratica, che tenda ai seguenti obiettivi: - realizzare l'unione di tutte le forze regionalistiche ed autoiioniistc, al di sopra delle frontiere cd in alleanza con i sindacati dei lavoratori; - assumere le rivendicazioni delle Regioni sottosviluppate e periferiche; - sviluppare un'azione comune pcr un piano europeo volto a superare, d'intesa con le Regioni sottosviluppate, i problemi delle Regioni congestionate e di quelle in declino produttivo. PerchC ciò sia, come è nei voti dei federalisti e rcgionalisti europei, occorre riconoscere, innanzi tutto, che attenta valutazione merita il fatto che, nella fase attuale del processo di integrazione europea, non sono più ottenibili concreti progressi attraverso i metodi del gradualisrno e del funzionalismo; ma solo tnediante l'intervento diretto del popolo europeo nel procedimento di unificazione delllEuropa, e cioè attraverso l'elezione diretta del Parlamento europeo. Attualmente non va negato che il quadro dell'integrazione europea è dominato dallo scontro tra la linea di sviluppo sempre più confederale della CEE, che dovrebbe consolidarsi attraverso la istituzionalizzazione dei vertici dei Capi di Stato e di Governo, e la linea di sviluppo federale e democratico che passa attraverso l'elezione diretta del Parlamento europeo, che implicherebbe necessariamente la nascita di un potere federale democratico europeo. Non viene cioè condivisa la linea confederale che implica che le fondamentali decisioni comuni vengano adottate all'unanimità da organi di carattcre diplomatico, che determinano l'impossibilità concreta di una programmazione curopea che affronti e risolva il problema degli squilibri economici, sociali c territoriali, esistenti non solo in Italia ma nella intera Europa, ed impediscono in sostanza un'cfficace, incisiva politica regionale. T1 Consiglio regionale d'Abruzzo ha già avuto modo di approvare all'unanitnità un ordine del giorno, presentato dal consigliere regionale Lucci, tendente a sollecitare il Senato della Repubblica per la conclusione favorevole dell'iter del disegno di legge di iniziati~zapopolare n. 1 avente lo stesso oggetto. In sostanza, il presente disegno di Icggc proposto nel testo elaborato dalllAICCE vuole concorrere a superare resistenze dilatorie ed a raggiungere lo stesso scopo di quello di iniziativa popolare (registrato al Senato con il n. 1) e di analoghi provvedimenti che hanno iniziato l'iter in altri Paesi della Comunità, al Fine di isolare i Paesi reticenti circa l'attuazione degli articoli 138, 108 e 112, rispettivatnente, dei trattati istitutivi della CEE, delllEuratoni e della CECA (rivisto) ed operare una pressione coordinata per le elezioni europee generalizzate e siinultanee. 8 continua a far anche leggi: n o n si è detto che non ce ne sia più bisogno); oltre ad attenuarsi la divisione dei poteri nel senso Locke-Montesquieu, cade la divisione di competenze (la vecchia coesistenza di sfere di « competenze riservate ») fra Stato federale e Stati federati, fra Regioni ( e Poteri locali minor;) e Stato: la pianificazione concede una autonomia di « inomenti » e n o n di « cor7ipetenze » (M.S. Giannini ha parlato, sia pure in senso u n po' diverso, di « morte delle autonomie n) COMUNI D'EUROPA che il potere centrale, d'altronde, non avochi a sé quanto possono e debbono fare la Regione o il C o ~ n u n e ) ,m a che si presenta anche come esigenza di superare il parallelismo ( c o n purallele che n o n si incontrano) fra comunità politica e (C società spontanea » (quanto sia spontanea, lo si sa!): le Regioni m a (vorrei chiedere) anche i Laender tedeschi quanto controllano o regolano la crescita delle aree metropolitane? (certo, uno almeno dei fattori di questa crescita va governato prevalentemente a livello sovraregionale, m a ciò n o n catnbia il problema) - principio di sussidiarietà - e allora? allora il nuovo garentisrno federale dovrà basarsi sull'equilibrio degli b ) la pianificazione democratica ha una autogoverni esistenti ai diversi livelli; ciascun Iii~ello di autogoverno dovrà poi conciliare via ascendente (la raccolta dei dati, dei pastabilità e deinocrazia, con una rinnoi~ata reri, ecc.), una formulazione centrale, una dialettica Esecutivo-Asseii~blea (federale, na- via discendente (attribuzione ai varii livelli zionale, regionale, comunale, ecc.) dell'esecuzione e... della possibilità, anche finanziariu, di eseguire): si pianifica in base c'è poi il problema di far valere, accanto a una certa situazione economica, sociale, alla « distinzione » dei m o ~ n e n t ie dei livelli, umana, eccetera, poi la congiuntura (questa il problenza della loro reale collabor~azione angtrilla) sconvolge tutto; bene: ammettianzo nell'àtnbito del piano globale e razionale: che la congiuntura faccia mutare, con ritmo a ) pena la frustrazione, il disainore più rapido del pianificar democratico, lo per le istittrzioni e il qualunquistizo, a cia- spendibile e che della valutazione dello scun livello deve essere a f f i d a t o solo q~lat7to spendibile sia investito il vertice den~ocrapuò effettivamente inandarsi avanti e tutto tico (potere centrale); quello tuttavia che quello che può mandarsi avanti a quel Ii- non è ammissibile è che poi le variazioni vello: è la questione della « efficacia detno- nella ripartizione della spesa siano fatte, in cratica D, ben nota ai federalisti ( c h e Io esclitsiva, dal potere centrale e, sovente per Stato nazionale non pretenda di fare quanto esso, dalla burocrazia centrale (influenzata può fare solo la Federazione continentale e dai lobbies): occorre pertanto creare u n marzo 1974 organo di agile collegatnento fra gli Esecutivi dei varii livelli per decidere (responsabilmente perché consapei~olinente)le variazioni di spesa, con le rispettive nuove attribtrzioni al centro e in periferia (questo è u n tipico problema della collaborazione fra gli Esecutivi, al di sopra di indebite egemonizzazioni, ed è altresì u n tipico problema di u n federalisino integrale moderno, che non sia f e r m o alla farnigerata « Charte di Montreux - 1964 -, da m e duramente attaccata ... a Montreux) - c'è il problema specifico d i u n Esecutivo federale, oggi, nelllEuropa che vuole uscire da esasperati nazionalistni: quindi di u n Esecutivo che non abbia solo presenti i rapporti politici, ideologici, ecc., ma tenga realisticamente presenti ... le gelosie nazionali (insomma, almeno per u n certo periodo, c'è il problema del dosuggio nazionale dei metiibri delI'Esecutivo federale). Sono ancora incerto se per ora ciò voglia dire che la formazione dell'Esecutivo federale dovrà essere affidata al Senato degli Stati ( e x Consiglio dei Ministri comunitario), dando alla Camera popolare di appoggiare o respingere - la Corte di Giustizia federale (strlla cui forinazione non h o ancora idee chiare, salvo ad aver presenti i paurosi atteggiamenti reazionari della Corte Costituzionale italiana nei campi della scuola, dell'urbunistica, dell'autonomia regionale, ecc.: per cui da noi qualcuno parla, per esempio, di necessarie integra~ioni (C regionali » della Corte Costituzionale, ecc.) dovrà in qualche modo occuparsi di tutta la tematica della C dichiarazione dei diritti » (cfr., tra l'altro, l'art. 1-111 della « Carta europea delle libertà loccili >, del CCE) - ci sono poi le questioni del meccanismo elettorale, dei partiti, ecc. è chiaro, an7i è ovvio che un'infltlenza fondameiztale strlla qualità dei partiti la ha l'assetto societario: nia a questo effetto trna bozza di Costittlzione europea, ntulgrado la « dichiarazione dei diritti ( e dei doveri) n, la prospettivci di una pianificazione globale, l'anticorporatii~istno, ecc., riniane piuttosto neutra in ogni iiiodo, data la loro rilei~anza costituzionale », i partiti non potranno rimanere assenti dalla bozza; d'altronde è stato osservato (sia pure con qualche esagerazione, e non distinguendo sufficienten~ente fra partiti e partiti) che i partiti sono figli del sistema elettorale (il quale a sua volta ... è figlio dei partiti): il che non nzi dice ancora quale meccanismo elettorale suggerire per ttna Comunità federale europea (proporzionale; vroporiionale corretta alla maniera tedesca: colleyio uninominale u!lfinglese senza ballottaggio; o ..) piuttosto curerei che su scala federale sia, in ciascun collegio, assicurata una corretta cernieru fra detizocrazia diretta P deinocrazia rappresentativa (il che itizplica una reale democrazia di base, quartieri democratici, circondari rtlrali deniocratici, centri comunitari. ecc.), senza la quale, oltretutto, si affermano partiti burocratici e corporativi - sotto il controllo della Camera popolare federale e coi? la partecinazione di t u t t e le formazioni politiche della Comunità, che abbiano avtcto almeno il 10°h dei suffragi in uf7 parlan~ento( i n quale delle Caniere? me- marzo 1974 diamente, se è uno Stato a regime bicamerale?) nazionale o 1 rappresentante nella stessa Camera popolare federale, sono favorevoie alla creazione ( c o n f i ~ a n Z i a m e n t 0federale automatico e adeguato ai compiti di istituto, che andrebbero ampiamente precisati) di una Agenzia di stampa sovranazionale, quotidiana e diffusa in tutte le regioni della Comunità federale ( n o n si dovrebbe trattare di una specie di Gazzetta ufficiale, m a di uno strumento per u n confronto di idee e per una garantita circolazione di notizie) - specie nella fase iniziale, può giuocare u n ruolo importante rrna « Corizmissione di mediazione per il bilancio » (mediazione fra Consiglio dei Ministri coriztlnitario e Camera popolare), f e r m o rimanendo che l'iniziativa passa interamente all'Esecutivo ( e x Cornmissione comunitaria): tale Commissione è stata proposta da Brandt, a simiglianza di COMUNI D'EUROPA quella tedesca che c'è fra Bundestag e Bundesrat, nel recente discorso al Parlamento Europeo - C'? il problema di una Corte dei Conti federale (cfr. anche qui il discorso di Brandt al Parlamento Etlroaeo) - c'è il problema di u n Tribunale fiscale federale ( c f r . relazione Serafini agli Stati generali di R o m a ) - il Consiglio europeo del lavoro e dell'educazione dovrà garentire una certa « condizione operaia », contribuire alla promozione umana dei lavoratori ( e dei cittadini europei t u t t i ) e non alla mobilità della manodopera a profitto del capitale ( e tale da rendere le regioni sovraccariche ancor più sovraccariche e le già povere u n vero deserto umano), ecc.: esso non doilrù invece svolgere compiti più o meno apertamente corparativi. Roma, 23 gennaio 1974. b) lo svolgimento dei lavori Una campagna popolare perché venga af fidata subito al Parlamento Europeo la stesura del progetto di Unione politica, è stata decisa dalla Commissione italiana del Movimento Federalista Europeo nella sua riunione del 9 febbraio a Roma, presente anche il Segretario generale delllUEF, Caterina Chizzola, in occasione dell'assegnazione al Movimento della « Targa Europa » per il 1974. La relazione introduttiva ai lavori è stata tenuta da Mario Albertini, presidente del MFE, che ha esordito affermando che in questo momento di crisi, come ha recentemente sostenuto anche Spinelli, non bisogna cedere né al pessimismo né all'ottimismo: bisogna lottare perché la lotta per l'Europa è aperta. Se la Comunità muore, è il ciclo storico dell'integrazione europea che finisce proprio mentre si notano certi segni di vitalità, come i ravvedimenti tedeschi sui problemi della politica regionale comunitaria e l'impegno politico europeo dei c o m ~ n i s t i(di cui l'ultimo e più importante atto è stata la Conferenza di Bruxelles del 26-28 gennaio 1974). I1 fatto stesso - ha detto Albertini - che il Partito comunista si interessi ai problemi della Comunità dimostra che queste sono ancora un corpo vivo sul quale poter operare, anche se non sappiamo se vinceremo o rimarremo sconfitti. In questo momento il ruolo del MFE è quello di sollecitare i partiti, cui spetta di fare la battaglia finale, perché concentrino il loro impegno sulla politica europea. Albertini ha quindi dichiarato la sua adesione al Piano Spinelli D, il quale indica con chiarezza una prospettiva politica alle forze politiche, che vuole impegnare direttamente ad un sì o ad un no, e permettc inoltre una rapida soluzione della crisi, come a suo tempo avvenne con l'« Assemblea ad hoc N. I1 problema, ha continuato Albertini, è quello di mettere in marcia l'Assemblea costituente tenendo però presente che la Comunità può creare solo una Costituzione di transizione, poiché, al contrario di quanto avviene normalmente, qui non si tratta di dare una Costituzione ad uno Stato che esiste già ma, anzi, nel nostro caso non possiamo indicare con precisione nemmeno i principali istituti costituzionali dei Paesi della Comunità, mancando le linee generali di esperienza: per cui solo dopo quattro o cinque anni di periodo transitorio si potranno trarre gli insegnamenti per una effettiva Costituzione europea. Ma il periodo transitorio inizia con il trasferimento dei poteri a livello europeo e su questa strada si pone la soluzione proposta da Spinelli, secondo il quale solo il Parlamento Europeo, fra tutte le Istituzioni comunitarie, può essere investito del compito costituente, cioè essere incaricato di redigere, per il 1975, il rapporto sull'Unione europea, come hanno deciso i Capi di Stato e di Governo nel Vertice di Parigi. A questo punto è importante sottolineare che, ha proseguito Albertini, sulla posiione di Spinelli hanno manifestato la loro convergenza tutte le forze politiche e sociali italiane. nonché il Movimento Europeo e il Consiglio dei Comuni d'Europa. In particolare, il MFE si trova d'accordo con Spinelli anche perché l'iniziativa per l'elezione a suffragio universale della delegazione italiana al Parlamento Europeo .è complementare con la sua proposta. Albertini h a poi sostenuto c h ~l'Italia si trova in posizione privilegiata in questa battaglia, non solo perché tutti i partiti antifascisti si sono dichiarati d'accordo su di essa m a anche perché l'Italia si è sempre trovata all'avanguardia sul problema euroveo, dalla Resistenza ai tempi della CED: vale la pena ricordare che in condizioni meno favorcvoli - senza l'unione doganale ed agricola, portata avanti in questi anni dalla CEE, e senza l'appoggio dei partiti della sinistra, schierati contro l'unità europea -, sulla base di urla proposta di Spinelli che Dc Gasperi fece propria e fccc accettare dal Consiglio dei Ministri della Comunità (nonostante la riluttanza di Schuman e di Adenauer), l'Italia chiese ed ottenne di affidare alllAssemblea della CECA il compito di redigere lo Statuto della Comunità politica. Allora, per pochi voti al Parlamento francese, la battaglia fu perduta. Oggi possiamo vincere, m a dobbiamo organizzarci e batterci con vigore, puntando su un preciso strumento da portare avanti e cioè una K petizione » al Parlamento Europeo, attraverso una campagna popolare 9 nella quale il Movimento Federzlista Europeo coinvolga tutti i partiti costituzionali e prestando attenzione anche alla contestazione che la battaglia europea dovrebbe far riflettere e maturare. Questa campagna deve giovarsi anche della collaborazione dei sindacati, nonché del Movimento Europeo e del Consiglio dei Comuni d'Europa, che hanno già intrapreso una serie di azioni europee, come quella lanciata da Serafini sulla problematica istituzionale. Albertini ha concluso la sua relazione sostenendo che le varie iniziative si possono riunificare intorno alla « petizione », che deve però essere sulla proposta di Spinelli, perché o affronta il tema costituzionale o non serve a nulla. Dopo la relazione politica si è aperto il dibattito. Per primo ha preso la parola Andrea Chiti-Batelli, il quale ha dichiarato fra l'altro che il cosiddetto « Piano Spinelli » (cioè: mandato costituente al Parlamento europeo, opportunamente rieletto ad hoc) è valido ove ad esso si aggiunga l'impegno dei governi a sottoporre tale progetto direttamente a ratifica dei Parlamenti nazionali o, secondo le consuetudini e le leggi dei vari Stati, a referendum. Gianni Ruta, segretario della sezione di Roma, ha illustrato la mozione che la Commissione italiana, dopo qualche modifica proposta da Gino Majocchi e Mario Albertini, ha fatto propria (v. il testo integrale a pag. 10). Carlo Meriano ha esposto alla Commissione italiana le difficoltà incontrate nel portare avanti in seno al Bureau Exécutif delI'UEF la linea politica italiana. La timidezza del Bureau e paralizzante, Secondo certi membri del Bureau, l'unico atteggiamento concreto ì: il suqqerimento ai governi, non essendovi vossibilità di aziorie alla base. Sergio Pistone ha proposto di riprendere il tema del governo a sei (cioè un governo, in Italia, dai liberali ai comunisti), per evitare che i partiti si concentrino sul problema interno escludendo quello europeo. Lo sbocco della crisi in Italia è una dittatura, se non si prospetta una via di uscita europea. Dopo gli interventi di Bernstein, Caizzi, Lancellotti, Lucarclli, Zanzi, Usai, G. Majocchi, Timossi, Chizzola, Granelli e Orsello, è stato approvato all'unanimità il suddetto documento Ruta-A1bertini. termine cici lavori si è passati 7ione delle cariche. La Giunta csccutiva risulta così con~posta:Mario Albertini, presidente; Gian Picro Orscllo, vicepresidente; Alberto Majocchi, segretario; Alfonso 10770, vicesegretario; Teresa Caizzi, tesoriere; J. Di Cocco, S. Granelli. C. Meriano, F. Praussello, G. Ruta, U. Serafini e G. Vigo, membri. Alla Giunta esecutiva ì. stato affidato il compito di redigere proposte concrete per il lancio della campagna popolare per la raccolta di firme sul testo di una o più petizicni, da realizzarsi attraverso la mobilitazione di tutte le forze federaliste, europeiste e dei partiti costituzionali. Precedentemente, in mattinata, la Commissione ita liana si era riunita, sempre alllHotel Palatino, per esaminare alcuni problemi organizzativi e illustrati da una relazione del segretario nazionale Alberto Majocchi, che ha csposto i suggerimenti, pervenuti alla segreteria, di variazione del nuovo regola- marzo 1974 COMUNI D'EUROPA 1O mento del MFE, divenuto, dopo l'unificazione dei federalisti europei, la sezione italiana dell'unione Europea dei Federalisti. Dopo una breve discussione, il regolamento è stato approvato all'unanimità. Si è poi aperta la discussione sul problema della stampa federalista, introdotta da Sante Granelli, a nome del « gruppo di lavoro sulla stampa D: è stato deciso di trasformare l'at- C) tuale « Milano Federalista in « L'Unità Europea n, organo del Movimento, riprendendo così la testata del primo giornale federalista creato da Spinelli nel 1943. A questo periodico, dedicato alla discussione politica, si affiancherebbe il bollettino « Europa Federata », curato dalla sezione di Bologna, con il compito di informare i militanti sulla vita del MFE e delllUEF. il documento finale La Commissione Italiana del Movimento Federalista Eiiropeo riunita a Roma i1 9 febbraio 1974, cienza degli attuali strumenti decisionali pur essendo evidente i'impossibilità di qualsiasi risposta nazionale. CONSTATATO che la crisi che si sta abbattendo sull'Europa è generalizzata, nel senso che coinvolge tutto e tutti ed è ingovemabile nel senso che non consente alcuna soluzione nel quadro degli attuali rapporti internazionali. che se l'Europa affronterà la crisi in ordine sparso, come sarà inevitabile se non si awia immlediatamente il meccanismo costituente per costruire la Federazione Europea in tempi brevi, i rigurgiti di nazionalismo, di cui ovunque si vedono segni evidenti, troveranno il loro naturale alleato in tutte le tendenze reazionarie, rendendo così precarie le attuali istituzioni democratiche, le conquiste sociali e le prospettive di realizzare quel diverso modello di sviluppo oggi più che mai indispensabile. DICHIARA che la reazione dei governi i quali tendono a rinchiudersi in se stessi alla rioerca di soluzioni nazionali entrando in concorrenza l'uno con l'altro per offrire i loro prodotti ai nuovi ricchi del petrolio e per comprimere le importazioni che provengono da paesi i quali hanno anch'essi il problema di riequilibrare una bilancia dei pagamenti destinata ad essere fortemente deficitaria, non può che aggravare la crisi generale, senza per questo alleviare quella di nessuno. INDICA le opportunità che offre la crisi in quanto contesta la validità degli attuali rapporti: - tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, caratterizzati fino ad oggi da un crescente divario tra l'abbondanza c0ns-istica degli uni e la miseria irriscattabile degli altri; - tra gli stati europei che fanno capo alla Comunità, in quanto mostra I'insuffi- .-AWERTE AUSPICA che il progetto di legge di iniziativa popolare per l'elezione a suffragio diretto dei delegati italiani al Parlamento Europeo venga immediatamente approvato al fine di rafforzare il ruolo costituente che dovrà essere assolto dal Parlamento Europeo. (approvato all'unanimità) di Caterina Chizzola 2. La crisi in atto è, in effetti, diversa da quelle che l'Europa ha conosciuto fino ad oggi. E' la prima volta che una crisi delle Comunità europee coincide con una crisi degli Stati membri, di modo che non si può risolvere l'una senza risolvere l'altra. Solo rimettendo in moto l'integrazione europea potremo evitare i l ritorno al na~ioi-ialismo economico c al i-ia~ionalisn-iopolitico che ne deriva e che già riafliora. 3. Generalmente si pensa che l'errore dei govcrni è di non aver coordinato le loro politiche economica, regionale ed energetica 5 . L'Europa non ha ancora superato lo stadio del coordinamento, neanche dopo il periodo transitorio del Mercato Comune. Da allora, l'Europa ha regredito invece di procedere. Possiamo quindi chiederci se la crisi attuale può essere risolta con il semplice coordinamento politico. 6. La risposta la si può trovare presso Hamilton: « Sperare nel mantenimento dell'armonia fra diversi Stati indipendenti vicini RITIENE che il compito dei federalisti sia quello di rivolgersi al popolo europeo mediante una petizione per l'attribuzione al Parlamento Europeo del mandato costituente ed alle forze politiche e sindacali democratiche perché tale mandato gli sia attribuito, nella formula nota come «Piano Spinelli », coli tutta l'urgenza richiesta dalla presente situazione. N o t a s~lll'attuale sitnazione poh'ticd enropea e l'azione d e i federalisti enropei 1. La situazione in cui si trova attualmente l'Europa sta diventando drammatica. E' una crisi generale e necessita una soluzione globale. ranza ed è stata introdo'tta la regola dell'unanimità. I1 Consiglio dei Ministri (cioè i governi nazionali) è divenuto, in pratica, l'organo decisionale, mentre il ruolo della Commissione è stato ridotto a quello di organo tecnico. Un tale sistema non poteva funzionare a lungo, come dimostra la crisi attuale. di non aver dato l'avvio ad una politica estera né a d una politica di difesa. Ma bisogna chiedersi: perché tutto ciò non è stato fatto e come siamo arrivati a questa crisi? C 4. La Comunità non ha realizzato l'Unione cconomica e monetaria perché i governi hanno falsato il meccanismo previsto dai Trattati di Roma. Infatti essi sono riusciti ad impedire le elezioni dirette dei membri del Parlamento europeo (articolo 138) e quindi la partecipazione dei cittadini. Tali elezioni erano state previslc come un m e u o di sostegno e di contrappeso democratico al voto a maggioranza del Consiglio e ai poteri della Commissione. Ma, invece di sviluppare il sistema previsto dai trattati di Roma, è stato abolito il voto a maggio- Caterina Chizzola c sovrani vorrebbe dire perdere di vista il corso uniforme degli avvenimenti umani e andare contro l'esperienza dei secoli D. S e riconosciamo questa verità t: possibile far ripartire l'Europa. 7. Non si può dar prova di realismo se non attraverso la volontà di fare una vera politica economica con nove governi anziché con uno. E ciò è ancora più vero per quel che riguarda la politica estera. Del resto non è concepibile riuscire ad integrare l'Europa conducendo separatamente una politica agricola, una politica industriale, una politica energetica, una politica regionale, ecc. I n politica « tout se tient ». Tutti questi problemi da risolvere fanno parte della politica stessa, che deve essere condotta nell'interesse dei cittadini. 8. Ma non è possibile fare una politica comune senza l'appoggio dei partiti e dei cittadini. D'altra parte i partiti in questo momento non sono in condizione di fare una politica europea, se la loro forza deriva soltanto dalle elezioni nazionali. E' dunque necessario che i cittadini chiedano alle forze politiche di difendere i loro interessi al livello europeo. 9. La sola iniziativa che i partiti possono prendere per premere sui governi ( e sul Consiglio dei Ministri) è di trasferire al Parlamento europeo il compito di elaborare la struttura istituzionale, minimum neces- COMUNI D'EUROPA marzo 1974 sario per il funzionamento di un governo europeo. Nello stesso tempo, è necessario organizzare le elezioni dirette del Parlamento europeo, onde poter sostenere una politica europea comune attraverso la voce dei cittadini e dei partiti che traggono la loro forza da queste elezioni europee e assicurare così il funzionamento dell'avvio ad una vita politica democratica europea. 10. Perché agire sul Parlamento europeo? Perché il Parlamento europeo è l'unico 01-gano a livello europeo che rappresenti i cittadini europei e i loro interessi. 11. I1 tempo stringe. Tenuto conto della crisi generale, I'UEF non può permettersi di impegnarsi su soluzioni parziali o transitorie, per due motivi: -primo, è arrivato il momento di lottare per l'applicazione dei principi federa- listi e per assicurare così la nostra credibilità; - secondo, perché bisogna concentrare le nostre esigue f o r ~ esul solo scopo che è divenuto urgente, la federazione europea. 12. Una simile azione presuppone una chiara interpretazione della definizione Unione europea.. Non bisogna dimenticare che l'idea di Unione europea è volutamente ambigua e vaga, e che è stata preannunciata come il risultato dell'attuale « cooperazione politica, intergovernativa, vigente in seno alllEuropa dei " Nove " D. Questa cooperazione, costellata di Vertici regolari, costituisce un'operazione diversiva, destinata a mantenere in Europa, sotto l'apparenza di atteggiamenti comuni, uno stato di sovranità fra~ionata. Bruuellcs, 22 fcbbraio 1974. (( La «Targa EnroPa 1974 a l Movimento Fededista Enropeo a) le motivazioni illustrate da Giuseppe Petrilli Istituita nel 1971 quale solenne riconosci- ranze della Resistenza europea, è indubbiamento dei meriti acquisiti da singole permente ciò che rende diverso, oggi come ieri, l'europeismo italiano da quello della generasonalità o da gruppi associati nella battaglia lità dei Paesi europei, nato, al di là dell'impolitica per il conseguimento dell'unità pegno di alcuni isolati pionieri, sotto l'impuleuropea, la Targa Europa è stata successiso e nella scia delle iniziative assunte dai vamente attribuita dal Consiglio Italiano del Governi nazionali tra la fine degli anni '40 Movimento Europeo all'allora Presidente e l'inizio del decennio successivo e dalle della Repubblica On.le Giuseppe Saragat c quali uscirono le istituzioni dell'attuale CoalllOn.le Emilio Colombo, personalità che munità Europea. Nella presente gravissima nell'esercizio delle più alte cariche dello crisi di tali istituzioni e dell'intero processo Stato e in tutta la loro carriera politica si di integrazione in atto nel nostro Continente, erano segnalate per il loro attaccamento alla causa che noi difendiamo. Per la prima volta la Targa viene assegnata quest'anno ad una Associazione politica, la CommisNonostante gli aumenti vertiginosi sione Italiana del Movimento Federalista dei costi della carta e tipografici, CoEuropeo. Da un punto di vista puramente muni d'Europa D non solo ha conserFormale, basterebbe questo accostamento, e vato invariato per diversi anni il suo soprattutto questa priorità, a sottolineare prezzo, ma ha addirittura notevolmenla considerazione che le forze politiche e te aumentato il numero medio delle sociali e le associazioni federate nel nostro pagine ed è riuscito a contenere entro Consiglio hanno inteso manifestare per l'orlimiti estremamente modesti l'aumento ganizzazione unitaria dei federalisti italiani, delle tariffe di abbonamento che si è destinandole la Targa Europa per il 1973, visto costretto a ritoccare per il 1974. anno in cui cadeva il trentennale della sua Comuni d'Europa » prega quindi i costituzione, avvenuta a Milano nei giorni suoi abbonati di rinnovare con sollecicalamitosi che segnarono l'avvio del nostro tudine l'abbonamento per il 1974: essi secondo Risorgimento. appoggeranno così il più vecchio e Comc ogni atto del Movimento Europeo, agguerrito organo di stampa della batla consegna della Targa Europa non è tuttaglia federalista, che vive autonomo tavia un adempimento formale, m a un gesto e si diffonde col loro contributo. politico. Con la celebrazione odierna, il nostro Consiglio intende in primo luogo riaficrmarc pubblicamente e solennemente la propria fedeltà alla matrice federalista del- la scelta che abbiamo compiuto attribuendo ai federalisti italiani la Targa Europa per il l'intero europeismo italiano e il suo fermo 1973 acquista peraltro un significato poliintendimento di perseverare nella lotta per tico più diretto, e diciamo pure polemico, un'Europa unita intesa - come recita testualmente il preambolo dcl nostro Statuto - indicando chiaramente non soltanto la nostra volontà di rimanere fedeli all'ispirazione «secondo il messaggio di Ventotene che ispirò la Resistenza antifascista, quale fede- politica e al retaggio morale che ci hanno razione Fra tutti gli Stati Europci a regime costantemente animati fino ad ora, m a la dcmocratico che possano e vogliano aderirvi nostra persuasione che questa ispirazione e questo retaggio siano oggi più attuali che in piena parità di diritti e di doveri ». La mai, proprio nella misura in cui la crisi presenza di questa matrice ideale, che ci ricollcga direttamente alle lotte e alle spe- presente costituisce una drammatica illustra- zione dell'inadeguatezza e dell'impotenza delle soluzioni sperimentate finora. I federalisti italiani sono stati spesso accusati, in Italia e fuori, di settarismo e di astrattezza, perché non hanno mai voluto rinunziare alla propria anima, conservando, attraverso le mutevoli e spesso deludenti vicende del processo di integrazione, una visione organica ed universaliz~ante delle proprie motivazioni e dei propri obiettivi finali. Questa scelta di fondo derivava certo in parte da un livello di approfondin~ento culturale notevolmente superiore a quello riscontrabile altrove, m a si radicava altresì in un approccio al problema europeo che in via di prima approssimazione potrebbe cssere definito piuttosto qualitativo che quantitativo. Fin dal manifesto di Ventotene - la cui novità storica rispetto al pensiero politico dell'epoca non ha certo bisogno di essere rilevata ancora una volta - i fondatori del federalismo italiano e principalmente Altiero Spinelli mostravano chiaramente di rifiutare una concezione puramente strumentale, e per così dire dimensionale, del processo federatore da porre in atto nell'ambito europeo. In altri termini, essi non proponevano la soluzione federale soltanto come lo strumento necessario per adeguare la cornice statuale della società europea alla dimensione richiesta dall'e\~oluzionetecnicoeconomica della società industriale, ma vi scorgevano un traguardo storico di portata universale, poiché solo il superamento della divisione delllEuropa in Stati nazionali sovrani avrebbe consentito, secondo la loro intuizione prccorritrice, di strappare dalle radici la mala pianta dcll'autoritarismo congenito allo Stato nazionale moderno fin dalle sue prime origini giacobine e del quale il fascismo era stato soltanto l'espressione storica più recente. In virtù di questa intuizione, i federalisti si ponevano senza equivoco su di una linea chiaramente antitetica a quclla che puntava esclusivamente a restaurare, in Italia e in Europa, gli istituti e i costumi della d e m o c r a ~ i aprcfascista. Derivava di qui l'inconfondibile accento liberatorio del loro appello politico e la connessione strutturale da essi stabilita tra macrofederalismo e micro-federalismo, tra costruzione di un diverso e più civile assetto dei rapporti internazionali c profondo rinnovamento autonomistico all'interno della struttura costituzionale dei singoli Paesi. Dcrivava di qui anche il loro mondialismo. implicito del resto nel significato universale che, in una prospettiva storica ancora sostanzialmente eurocentrica, non si sarebbe potuto mancare di attribuire ad un radicale rinnovamento politico-istituzionale dell'assetto europeo. Non si trattava soltanto di garantire stabilmente la pace, dopo le convulsioni belliche chc l'Europa stava allora vivendo, ma di creare i presupposti di un ordine internazionale più partecipativo, nel quale l'antica ispirazione democratica ed internazionalista ad una conviven~a tra lc singole comunità nazionali fondata sull'uguaolianza e sul reciproco rispetto trovassc finalmente le modalità istitu~ionali della propria r e a l i z ~ a ~ i o n storica. e Questa aspiralione universalistica avrebbe trovato più tardi un ulteiioi-e approfondimento ncl pen5iero di Mario Albertini - divenuto ormai per tanta parte patrimonio comune di tutti i federalisti italiani - per il quale il supcramento dell'identificazione storica tra Stato e Nazionc nell'ambito di uno Stato plurina- 12 i-ionale costituisce appunto il contributo necessario che l'Europa, ed essa sola, può dare alla liberazione della democrazia contemporanea dalle sue contraddizioni e dai cedimenti alle ricorrenti tentazioni autoritarie della ragione di Stato. Senza avere a mente queste posizioni di principio non si comprenderebbe nulla dcll'atteggiamento dei federalisti italiani. Né - per non fare che due soli esempi di grande momento - la loro opposizione ad un approccio di tipo funzionalista o confcderale, né la loro intransingente e sempre rinnovata professionc di antifascismo. In entrambi i casi, si tratta di atteggiamenti dettati dalla consapevolezza di un pericolo ricorrente e destinato a riproporsi ovunque in forme diverse, finché persista la divisione delllEuropa in Stati nazionali sovrani. La loro opposizione a formule politiche tendenti a rinviare indefinitamente la soluzione dei veri nodi istituzionali del processo di integrazione deve essere vista essa stessa come una manifestazione concreta e storicamente attuale della continuità del loro antifascismo, chc non è riducibile alla sola battaglia contro la persisten~adi regimi dichiaratamente fascisti in alcune aree periferiche del nostro Contincnte. a quel modo che una politica di sviluppo territoriale equilibrato a livello europco non è certo riducibile ai problemi specifici posti dalle 7one cosiddette depresse. C'è comunque una ragione più immediata di richiamare alla memoria questi temi di fondo, familiari a quanti come noi sono da anni impegnati in una comune battaglia. Siamo giunti oggi, come ho già avuto occasione di notare, a d una crisi di eccezionale gravità dcll'intcro processo di integrazione, crisi che a mio giudizio non è una delle tante incontrate finora, ma il momento terminale di una generale involuzione, destinata ad indicare senza possibilità di equivoci i limiti strutturali e il fallimento necessario degli sforzi compiuti finora, e ad imporre una generale riconsiderazione dclla congruità tra metodi ed obicttivi. A questo riguardo, il recente Vertice di Copenaghen tra i Capi di Stato e di Governo della Comunità Iia reso manifesta, per la pochezza dei suoi risultati e per la sostanziale paralisi politira che gli ha fatto seguito a livello delle istituzioni comunitarie e principalmente del Consiglio dei Ministri, lo scarso fondamento dellc speranze riposte da taluno in una progressiva istituzionalizzazione degli incontri di questo tipo, da cui non potranno uscire se non gcneriche dichiarazioni di intenzioni e la sostanziale constaiazione delI'im~ossibilità di riungere a soluzioni efficaci e adeguate alla ,gravità e all'urgenza dei ~ r o b l e m i all'ordine del giorno. Siamo oiunti al punto che le stesse critiche di valore ri\.olte dai federalisti al metodo del veriicc appaiono quasi riassorbite e riassu~itf:iiclla vcrifica pura e semplice della sua in<:fficacia. M? con il metodo del vertice è la stcssa Comunità chc: minaccia di disfarsi, nella misura in cui non soltanto non ricsce a propredirc: sulla via dell'unione economica e monetaria, ma addirittura vacillano posizioni che nai-i'vano ormai stabilmente conquistate. La recente fli.ittuazione tirl franco ha dato l'ultimo colpo a niianti persistevano a credere che la riduzione dei margini di oscillazione tra le parità nazionali costituisse davvero una sorta di camicia di forza. capace di imporre di per sé un progressivo coordinamento dellc politiche COMUNI D'EUROPA economiche degli Stati membri. Anche se il travagliato raggiungimento di un accordo in ordine all'entità e al campo di applicazione del Fondo regionale potrà consentirci di sbloccare la fase acuta delle tensioni che si manifestano attualmente nei rapporti intracomunitari, non mi sembra dubbio che la prospettiva del passaggio alla seconda tappa si sia sostanzialmente allontanata e che non si possa evitare di riproporre un discorso intorno ai motivi strutturali delle difficoltà incontrate fin qui, come sembra del resto ammettere, almeno in termini formali, anche una recentissima decisione del Consiglio dei Ministri della Comunità. Per di più, la politica agricola comune, appesantita com'è da un sistema di pagamenti compensativi resi necessari per f a r fronte in qualche modo ai contraccolpi delle fluttuazioni monetarie, è ormai ridotta a un simu- marzo 1974 lacro di se stessa, mentre appare sempre più chiaro quanto poco affidamento si possa fare sulla stessa unione doganale in una situazione in cui le decisioni unilaterali degli Stati membri in ordine ai mutamenti delle parità hanno l'effetto di ricostituire discriminazioni commerciali che tanto faticosamente ci si era sforzati di eliminare. In queste condizioni, lo stesso consolidarsi di una ferma opposizione europea ai progetti kissingeriani di cooperazione globale euro-nippo-americana (opposizione di cui l'esito del recentissimo Consiglio dei Ministri dedicato ai problemi energetici h a costituito una nuova testimonianza), non offrc di per sé un apprezzabile elemento di speranza, nella misura in cui la ricerca di una effettiva autonomia internazionale della Comunità avviene su posizioni soltanto negative e in definitiva immobilistica. L'Europa chc nelle foto (in alto): un aspetto della sala durante la consegna della Targa Europa D; (in basso): Albertini pronuncia il suo discorso; al suo fianco, da sinistra, i Vicepresidenti Giampiero Orsello e Margherita Barnabei, il Presidente Petrilli, il Segretario generale Lotti e il Tesoriere Enzo Dalla Chiesa marzo 1974 si afferma di voler difendere si presenta sempre più come una scatola vuota e come la copertura formale di una politica intesa a garantire soltanto l'autonoma iniziativa inlernazioilalc dei singoli k'aesi membri, ini~ i a t i v adi cui l'attuale corsa alla conclusione ci1 accordi bilaterali con i Paesi produttori U i petrolio ci fornisce un ultimo C squallido esempio. 111 realta, inai come ora è apparsa con tanta tragica evidenza la mancanza di alternative nazionali alla soluzione federale del problema europeo. Abbiamo detto spesso che la crisi dell'internazionalicmo costituiva una riprova negativa della validità delle impostazioni federaliste, ma oggi possiamo dire che la verità della tesi centrale del Manifesto di Ventotene, secondo cui l'obiettivo, fallendo il quale ogni altro progresso non è che apparenza, è costituito dal superamento della divisione delllEuropa in Stati nazionali sovrani, risulta storicamente provata dalla rapida senescenza e dall'ormai inarrestabile involuzione che le strutture statuali nazionali manifestano sotto i nostri occhi da un capo all'altro d'Europa. Tutlo ciò è argomento di comune consta. tazione e lo rilevano ormai quotidianamente anche i giornalisti meno provveduti. E' appunto la forza di queste constatazioni negative (mancanza di alternative al processo d'integrazione e manifesta incapacità delle forze politiche nazionali a realizzarlo), che si assommano esaltandosi, ciò che oggi offre potenzialmente una più larga udienza al nostro discorso. Nella misura in cui si diffonde la persuasione che nel nuovo equilibrio internazionale congelato in funzione degli interessi delle superpotenze e in primo luogo degli Stati Uniti, secondo lo schema metternichiano che ispira la diplomazia di Kiscinger, l'unità europea è la sola alternativa possibile ad una definitiva e radicale satellizzazione degli Stati nazionali europei e a una loro correlativa inevitabile involuzione autoritaria, il problema dei metodi e delle procedure, in definitiva delle istituzioni, non può non acquistare nuova attualità, come in effetti sta avvenendo. E' significativo che anche forze politiche un tempo pregiudizialmente ostili all'integrazione europea, ricerchino oggi, sia pur faticosamente, nuove strategie a livello continentale con una più realistica considerazione di tutti gli aspetti del problema, come è apparso chiaro, tra l'altro, nella recente Conferenza di Bruxelles dei Partiti comunisti delllEuropa Occidentale, i cui risultati meritano da parte nostra la più attenta considerazione. Se è vero che problemi come quelli del rapporto tra Unione monetaria e politica regionale, dello squilibrio tra i livelli di integrazione multinazionale raggiunti dal capitale economico e finanziario e la capacità di intervento degli Stati nazionali, delle conseguenze politiche, oltre che economi'che, delle migrazioni di manodopera di origine comunitaria ed extra comunitaria all'interno dell'area integrata, esigeranno un impegno crescente da parte di tutte le forze di ispirazione federalista per consentirci di collocare la nostra azione in un contesto di preoccupazioni concrete, è altrettanto vero che l'approfondimento di questi problemi conduce, e maggiormente condurrà in avvenire, le forze politiche e sociali più consapevoli a misurarsi inevitabilmente con la tematica istituzionale di cui siamo portatori. I1 significato politico dell'assegnazione ai federalisti italiani della Targa Europa per COMUNI D'EUROPA il 1973 emerge con assoluta chiarezza da queste constatazioni. Io non esito a dire che, per quanto paradossale possa sembrare, l'attuale momento storico è propizio ai federalisti forse più di quanto lo sia stato ogni altro momento, dalla Liberazione ad oggi. Se è comprensibile che degli curopeisti occasionali, privi di una adeguata capacità di analisi storica, possano attraversare un momento di grave sfiducia di fronte al manifestarsi delle presenti difficoltà, è viceversa naturale che i federalisti, e soprattutto i federalisti italiani, vedano nelle ultime vicende l'ormai maturo adempimento delle loro previsioni circa la crisi inevitabile e progrediente degli Stati nazionali europei. In questo senso, più che un fatto celebrativo, l'attribuzione di questa targa rappresenta per l'intero europeismo italiano una scelta di campo ed un esplicito riconoscimento della necessità d'impostare la nostra futura azione politica in termini decisamente alternativi rispetto all'europeismo ufficiale. Fare un discorso alternativo non significa perallro fare parte per se stessi e ritirarsi sull'Avei-itino delle proprie astratte esercitazioni utopiche, secondo una tentazione ricorrente, che ha troppo spesso indebolito in passato la presenza politica degli stessi federalisti e di cui rimane ancora qualche traccia nel persistente settarismo di taluni gruppi, per buona sorte marginali. Significa al contrario portare avanti, nel momento stesso in cui si denunziano senza cedimenti le contraddizioni dell'europeismo ufficiale, una paziente opera di coagulo di tutte le forze politiche e sociali disponibili per un discorso alternativo. Credo di poter dire che il Movimento Europeo abbia dimostrato coi fatti, almeno in Italia, la propria attitudine a divenire sempre più l'alveo entro cui si opera tale coagulo, estendendo, direttamente o indirettamente, il dialogo a tutte le forze politiche e sociali operanti nell'arco costituzionale, per le quali la costruzione di una struttura costituzionale europea si presenta oggi quale compito comune, come lo fu a suo tempo la definizione dello stesso quadro costituzionale italiano. A quel modo che la campagna per l'clczionc unilaterale direlta dei nostri delegati al Parlamento europeo ha costituito e costituisce tuttora l'occasioi-ic principe per portare avanti qucsta battaglia nel nostro Paese, così a livello europeo un'operazione analoga può e deve essere tentata a mio parere, nonostante le condizioni politiche ancor meno favorevoli, per quanto riguarda la proposta Spinelli tendente all'elaborazione da parte del Parlamento europeo di un progetto di Trattato relativo ai contenuti politico-istituzionali dell'unione europea. Ad entrambi questi fini, condizione insostituibile del successo è comunque a mio giudizio una stretta unità d'azione tra federalisti e Movimento Europeo e principalmente tra i federalisti italiani e il CIME, che, saldamente uniti da una comune piattaforma di principio, si trovano ad operare in condizioni sostanzialmente analoghe a livello europeo. Di questa unità d'azione si sono già avute prove notevoli in un recente passato ed altre si avranno con ogni verosimiglianza nel prossimo futuro. Anche la cerimonia odierna è un momento di questa azione unitaria. Riconoscendo, in modo solenne, ma non per questo retorico, l'impegno dei militanti di base che hanno fatto in questi trent'anni la storia del federalismo italiano e che sono tuttora la nostra più diretta proiezione nella multiforme realtà regionale e locale del nostro Paese, il Movimento Europeo si augura di aver dato l'avvio ad una ristrutturazione capillare della nostra presenza politico-organizzativa, capace di garantire, nel doveroso rispetto delle diverse cay-atterizzazioni, quell'impatto coordinato e unitario che è la sola garanzia della fecondità dei nostri sforzi comuni. B) il discorso di Mario AIE Ringrazio a nome di tutti i militanti del Movimento Federalista Europeo il Presidente del Consiglio Italiano del Movimento Europeo e il CIME tutto, non soltanto perché abbiamo avuto questo riconoscimento, ma per il modo con il quale lo abbiamo avuto. Questo riconoscimento S un fatto politico che vuole essere una occasione per riconsiderare la politica europea che il Paese, che l'Europa ha fatto in questi ultimi dieci anni e sottporre questa nostra riconsiderazione della politica europea alle forze politiche, alle forze che hanno la capacità e la possibilità, se vogliono, di invertire questo processo. Quindi penso che tocchi anche a me non di fare un discorso retorico ma di parlare di politica e di parlare di come noi vediamo la situazione oggi. A noi pare, prima di tutto, che l'Europa stia di fronte ad un fatto nuovo nella storia dell'integrazione europea; l'Europa per la prima volta retrocede! noi, federalisti, europeisti, osservatori politici, avevamo sempre dato, dell'integrazione europea, una diagnosi storica di fondo; l'integrazione europea è un processo che avanza o muore, è un processo che non può fermarsi. Noi abbiamo per la prima volta l'esperienza storica non solo di una siasi ma di un regresso e non occorre, dopo le parole del prof. Petrilli, insistere su questo concetto; traspare, nelle analisi che si fanno della situazione politica, per la prima volta nella storia dell'integrazione europea, la coincidenza della crisi dell'integrazione europea con la crisi della politica nazionale degli Stati. In effetti si ha la sensazione di essere giunti ad una svolta storica, e sembra effettivamente che le cose stiano in questo modo: se riusciamo a rimettere in marcia l'integrazione europea, possiamo evitare la ricaduta nel nazionalismo ecoi-iomico che non potrebbe non essere che la prima fase della ricaduta nel nazior-ialismo politico, con tutte le conseguenze catastrofiche che appaiono subito di fronte al nostro pensiero. Se invece non riusciamo a rimettere in marcia l'Europa fatalmente caschiamo di nuovo nel nazionalismo; l'aspetto reale della crisi sembra proporre qucsta coincidenza di crisi nazionale e di crisi dell'integrazione europea che, potenzialmente, è un grosso fattore di aiuto per la soluzione di questa, perché può rendere disponibili le forze che sono preoccupate della crisi nazionale, sempreché si riesca ad adeguare la coscienza alla natura della realtà. COMUNI D'EUROPA marzo 1974 lettuali europei quello di far coincidere la nazione politica sono falliti, che non c'è un crisi delllEuropa con l'incapacità di affron- solo esempio vitale di confederazione, salvo tare i problemi della coordinazione e di una i casi nei quali la confederazione è la mapolitica estera comune. schcra clell'egen~oi~ia di uno Staio sugli altri Stati associati. Quindi, se vogliamo avere un'iclea di questo quadro che si e s\~iluppato dalla fine del La sioria ci dice chc i l primo cspcrimento perio'do transitorio del MEC, vedianlo le di coordinazione politica riuscito, cioè la forze politiche reali - che sono quelle che Federazione Americana ha avuto successo possono risolvere la situazione o farla pre- perché Hamilton, Washington, Jefferson, cipitare nella crisi - puntare su obiettivi Madison, hanno puntato sulla premessa della di coordinazione politica. E' qui che do- coordinazione politica, il potere comune; vremmo ricordarci la grande lezione di quando, in una Federa~ionc,in un'unione di Hamilton: sperare nella permanenza dell'ar- Stati, in un processo integrativo, giunge il monia fra molti Stati indipendenti vicini è momento dclla coordinazione politica, giunge perdere di vista il corso uniforme degli il momento della scelta: o si fonda il potere avvenimenti umani e andar contro l'espe- comune che può sostenere, attraverso i parrienza accun~ulatadal tempo. Quando 1'Eu- titi, i cittadini, ecc. le politichc comuni e la ropa punta su obiettivi di coordinazione coordinazione politica, oppure si retrocede politica nuota contro corrente, perché la e si scompare; oggi noi siamo di fronte alla formazione della coordinazione politica è possibilità della sconfitta; bisognerebbe avere nell'ambito degli Stati e quindi la forma- il coraggio di ammetterlo. E la possibilità zione della volontà politica e gli obiettivi della sconfitta ha un volto preciso, ed è non coincidono, il mezzo non corrisponde al una cosa che abbiamo di fronte agli occhi: fine. Ed abbiamo, effettivamente, questa 6 la sclerotizzazione della Comunità. Se la specie di schizofrenia politica che, del resto, Comunità si ridurrà entro due o tre anni il prof. Petrilli ha così bene messo in evi- alla situazione di fantasma, di relitto di denza per quanto riguarda la situazione una battaglia perduta, come è il Consiglio petrolifera, per cui si cerca di prendere una d'Europa, direi che l'Europa è finita in posizione negativa comune che copre poi questo ciclo storico-politico perché, mansolo la tendenza a riprendere di fatto, nella cando la Comunità, viene a mancare quel prassi, la politica nazionale. riferimento generale che quel tanto d'inteI o penso che questa sia la grande lezione grazione europea che c'è mantiene con i che il federalismo ha ancora da dare prima partiti politici, con le forze reali. Noi podi scomparire dalla scena - speriamo - tremmo pensare (è arduo dare giudizi di con la nascita delllEuropa: che non si può storia contemporanca ma dobbiamo darli più puntare su obiettivi di coordinazione se vogliamo farc politica) che la sclerosi politica, che il nostro fallimento è l'aver della Comunità significherebbe la fine delpuntato su questi obiettivi, che dovremmo l'integrazione europea in questo ciclo storicoavere il coraggio federalistico di constatarc, politico: e quindi possiamo già dare un insieme ai primi federalisti - quelli che han volto preciso alla sconfitta. Ma, e qui vorrei fatto la federazione americana - quale .è richiamarmi al prof. Petrilli, il fatto che stata la sorte di tutte le confederazioni della l'Europa può morire è il fatto che l'Europa storia: cioè che tutti i meccanismi di coordipuò vivere. Noi federalisti non ci eravamo mai illusi, e per questo eravamo stati accusati di dottrinalismo, che si potesse trasferire il potere ad una nuova Comunità togliendolo agli Stati, salvo che in situazione di crisi. E crediamo anche che si può vincere veramente solo quando si può essere sconfitti; Istituto di credito di diritto pubblico questa è una lezione de~llastoria; e quindi Fondato nel 1539 dal fatto che oggi possiamo essere sconfitti, traiamo motivo non dico di essere ottimisti, Fondi patrimoniali e riserve: L. 99.754.952.734 ma di gettar via sia l'ottimismo che il pessiDIREZIONE GENERALE - NAPOLI mismo. Se si può essere sconfitti si può vincere; e dato che si può esscre sconfitti e si può vincere non c'è più problema, tutto il nostro animo dovrebbe essere completaTutte le operazioni ed i serviai di banca mente rivolto a occuparci di quello che si può fare; e quello che si può fare in Italia CREDITO AGRARIO - CREDITO FONDIARIO è molto perché, dopotutto, l'Italia presenta CREDITO INDUSTRIALE E ALL'ARTIGIANATO in due settori una situazione d'avanguardia. MONTE DI CREDITO SU PEGNO Per un verso, per quanto riguarda le organizzazioni europeistiche c federalistiche, in 498 FILIALI I N ITALIA Italia c'è questa profonda unità d'azione tra i federalisti - che sono stati anche dei dottrinari, degli estremisti, negli anni passati ORGANIZZAZIONE ALL'ESTERO ed il Movimento Europeo. Per un altro \7erso, questa situazione che riguarda i fedeFiliali: Buenos Aires - New York ralisti ed il Movimento Europeo riguarda Rappresentanze: Bruxelles Buenos Aires - Francoforte s / M anche l'intero schieramcnto dei partiti poliLondra - New York - Parigi - Zurigo tici dell'arco coslituzionale. L'Italia è il solo Paesc della Comunità che presenta questa Banca affiliata situazione: tutti i Partiti costituzionali, con Banco di Napoli (Ethiopia) Share Co. - Asmara i recenti cambiamenti di condotta del ParUfficio cambio permanente a bordo T/hl u Raffaello n tito Comunista, sono tutti, in linea ufficiale, programmatica, favorevoli all'elezione geneCorrispondenti in tutto il mondo rale del Parlamento Europeo e ad una comunità democratica sovranazionale. Sotto questo aspetto il federalismo, e non solo il nostro, c neanche quello di Spinelli, ma lo stesso federalismo di Hamilton, il federalismo che segna la coscienza della nascita nclla storia delle vere unioni di Stati, ha qualche cosa di preciso da dire anche per quanto riguarda l'a~ionc;e io penso che Spinelli, non a caso, abbia potuto essere nel '50-'51, e ricominci forse ad esserlo oggi, l'autore dclla proposta di azione cruciale. In londo dovremmo rifarci ad una frase di Hamilton che noi abbiamo messo nella copertina della nostra piccola rivista: « sperare nel mantenimento dell'armonia tra più Stati indipendenii e vicini significa perdere di vista il corso uniforme degli avvenimenti umani e andare contro l'esperienza accumulata dal tempo D. In fondo l'Europa della fine del periodo transitorio del MEC sta cercando di andare contro l'esperienza dei secoli; lotta contro corrente, e non è un caso che si sia fermata, e cominci a retrocedere. Dalla fine del periodo transitorio del MEC, l'Europa punta le sue possibilità di progredire sulla coordinazione politica, che si è cercato di trovare soprattutto sul piano economico e monetario. Ciò ha fatto nascere naturalmente, anche per lo stesso stadio di sviluppo già raggiunto dall'unione doganale e dall'unione agricola, tutti i problemi che si pongono nel quadro della politica regionale, della politica dell'energia, della politica industriale e sociale. I n costanza comunque l'Europa, da allora, quale che sia il terreno sul quale ciò avviene, cerca di procedere ponendosi obiettivi di coordinazione politica, e molti pensano ancora oggi che 1'Europa non sia riuscita a risolvere la crisi che è nata dal nuovo equilibrio internazionale, dai nuovi equilibri sociali, perché non è andata più in là, proponendosi obiettivi di coordinazione politica in settori più decisivi: è un tipico atteggiamento di taluni intel- B A N C O DI NAPOLI - COMUNI D'EUROPA marzo 1974 Per quanto riguarda la proposta Spinelli di battersi per affidare al Parlamento ELIropeo i l compito di redigere lo Statuto dell'unione europea, chc i. un mezzo pratico cd crricace per risolvere una crisi, la sua in1portanc.a sta i11 questo: c'c una crisi, ci vuole una soluzione rapida; la solu~iono rapida è questa, perché ogni altra proposta di soluzione andrebbe a finire in centri dove ricomincerebbero i compromessi ed i mercanteggiamenti. L'unico atto politico elficace in una situazione politica come l'attuale è di trasferire il potere di occuparsi dell'unione europea al Parlamento Europeo. Anche sotto questo aspetto l'Italia è un Paese privilegiato; nel 1951 l'Italia ha chiesto ed ottenuto che l'Assemblea allargata della CECA definisse lo Statuto della Comunità politica; in quella occasione, bisogna ricordarlo, per parlare il linguaggio della verità che è di rito in una situazione storica così difficile, De Gasperi dovette lottare, perché Shuman e Adenauer non volevano né l'elezione diretta del Parlamento Europeo, né la Comunità politica. Io ho avuto il privilegio di leggere il verbale della seduta del Consiglio dei Ministri della Comunità dell'll dicembre 1951 e in quel testo si legge che De Gasperi ha spinto questa proposta fino quasi ad un ricatto politico, fino alla soglia della crisi. E in effetti le parole conclusive del Presidente di turno del Consiglio dei Ministri, furono press'a poco queste: abbiamo acceduto alle richieste del nostro amico De Gasperi per fargli un favore. Si trattava dell'art. 7 a che poi è diventato l'art. 38: l'articolo che prevedeva lo sviluppo dell'Assemblea, la redazione dello Statuto di una comunità politica, ecc. Dobbiamo parlare di COMUNI questo precedente perché nutrivamo la sensazione che non vj possa essere una iniziativa europea da parte delllItalia perché l'Italia attraversa una situazione di crisi più Por-tc di quella degli altri Paesi; ma I'cnorn~e esempio di Dc Gasperi dimostra che la forza di un'iniziativa curopca sta nella qualità dell'iniziativa; se l'iniziativa è efficace, risolutiva, è veramente confrontata alle cose, non importa chi le piglia; in realtà l'iniziativa di De Gasperi è anche allora stata in parte l'iniziativa di Spinelli; ma s e l'idea è giusta rispetto alla situazione, essa diventa una forza. Nel campo europeo questa è la situazione. Quindi l'Italia può e deve prendere l'iniziativa. Anzi essa è il Paese che più di ogni altro può prenderla presto e bene; è il Paese che, in più, avendo una legge d'iniziativa popolare al Senato per l'elezione unilaterale europea, potrebbe far pesare su questo processo, certamente difficile, una spada di Damocle. Nenni mi ha recentemente mandato una lettera a questo proposito dicendo appunto che noi avremmo potuto far pesare una spada di Damocle sui vertici se, avendo già approvato in Senato la legge, noi facessimo sapere a tutti i Paesi europei che ad una scadenza legale ci sarà un'elezione europea in Italia. Ciò avrebbe costituito un forte stimolo. Se questa legge fosse varata, l'Italia non solo avrebbe molte capacità di prendere l'iniziativa e potrebbe anche invocare il precedente, m a avrebbe anche la possibilità di far pesare questa spada di Damocle. Certamente se i Partiti, se il Governo assumeranno l'atteggiamento proposto dai federalisti - e noi faremo il possibile perché lo assumano -, nella misura in cui si dovrà affrontare una battaglia che durerà qualche mese, un anno, due anni, il tempo di questa crisi, si dovrà tener ferma qucsta proposta risolutiva, questa lormula alternativa. Fino ad oggi, chi si C occupato delllUnione Europea? Anche le ultime reationi del Consiglio dei Ministri sono molto ambigue: tutti si occupano delllUnione Europea, tutti gli organi comunitari, compreso il Comitato dei Rappresentanti permanenti, le Istituzioni, come se si trattasse di un ennesimo mercanteggiamento. Ma lo Statuto, qualunque esso sia, dovesse essere, persino confederale, deve essere redatto da un Comitato di Saggi o da unlAssemblea politica; non è una cosa che possa essere preparata separatamente da Tizio, Caio e Sempronio, e poi risultare dal compromesso tra le loro proposte: questa è la maniera con cui si fanno i compromessi quando si prendono delle decisioni materiali. Ma non si può redigere così lo Statuto delllUnione Europea o il rapporto sull'Unione Europea previsto dal Vertice di Parigi. Per questo, a me pare che il nostro dovere sia quello di tener ferma questa formula alternativa che ripropone Spinelli e che nel '51, in fondo, ha perduto per pochissimi voti al Parlamento francese, quando le sinistre erano contro l'Europa. Oggi abbiamo una situazione in cui possiamo rifare lo stesso tentativo in una situazione più matura, sul terreno economico e sociale, invece che sul terreno militare e senza l'ostilità dei Partiti di sinistra. Se avremo il coraggio di portare avanti questa battaglia e se riusciremo ad imporre una nuova Assemblea ad hoc, avremo fondate prospettive di vincere. Siamo t r a la vittoria e la sconfitta. Siamo nel momento della lotta. D'EUROPA Organo delllA.I.C.C.E. ANNO XXII - N. 3 - Marzo 1974 Direttore resp.: UMBERTO SERAFINI Redattore capo: EDMONDO PAOLINI I- DIREZIONE, REDAZIONE E AMMINI- 6,784.556 STRAZIONE Piazza di Trevi, 86 - Roma - tel. 6.795.712 Indir. telegrafico: Comuneuropa Roma Abbonamento annuo L. 2.500 - Abbonamento annuo estero L. 3.000 - Abbonamento annuo per Enti L. 10.000 - Una copia L. 250 (arretrata L. 500) - Abbonamento sostenitore L. 150.000 - Abbonamento benemerito L. 300.000. CASSA DI I SPARM IO DI FIRENZE a?s:rzio della Toscana I versamenti debbono essere effettziati sul C/C postale n. 1133749 intestato a: « Comuni d'Europa, periodico mensile Piazza di Trevi, 86 - Roma n (specificand o la causale del versamento), oppure a mezzo assegno circolare - non trasferibile - intestato a «Comuni d'Europa ». Aut. del Trib. di Roma n. 4696 dell'll-6-1955 Associato all'USPI Unione Stampa Periodica Italiana TIPOGRAFICA CASTALDI - ROMA-1974 tutti i servizi di banca per l'Italia e per l'Estero operazioni di " leasing " e di " factoring " Ufficidi Rappresentanza in Francoforte sul Meno e in Londra Terminali Olivetti per l'automazione dei servizi demogratici La città cresce, i bisogni aumentano. I cittadini chiedono un rapporto diverso col loro Comune. Una volta si facevano in silenzio lunghe code per uno "stato di famiglia" e questo si chiamava pazienza, o anche virtù civica: invece era solo l'atteggiamento di chi aspettava un documento come una concessione. Ora non si accettano più snervanti attese o giornate di lavoro perdute. Qualcuno chiama questo insofferenza: invece ci troviamo di fronte a un cittadino che serite il Comune custode dei suoi stessi diritti, come un amico al quale si dà del tu. Dal Lei al tu. Un nuovo tipo di dialogo che richiede strumenti nuovi di comunicaziorie. I terminali Olivetti sono la risposta a questo problema. Iri colloquio diretto con le "memorie" che contengono i dati a n a g r a f i , in pochi secondi forniscono i documenti richiesti già stampati e senza errori: certificati individuali e di famiglia, carte di identità, libretti di lavoro, certificazioni per Enti Pubblici, ecc. Anche nelle sedi accentrate, più vicine agli abitariti dei diversi quartieri. I terminali Olivetti assicurano informazioni rapide per servizi efficienti: anagrafe, igiene e sanità, uffici elettorali, pubblica istruzione. - Direz. e Redaz.: Piazza di Trevi, 86 00187 ROMA ANNO XXII N. 4 Aprile 1974 Spedizione in abbonamento postale Gruppo 111/70 - - O R G A N O MENSILE D E L L ' A S S O C I A Z I O N E I T A L I A N A PER I L C O N S I G L I O D E I C O M U N I D ' E U R O P A I1 Portogallo è in Europa I1 Portogallo sta dando in questi giorni una lezione a coloro che pongono tutte le loro speranze di realizzazione dell'unità europea in un felice compromesso fra gli uomini di governo e in una sapiente tessitura dei diplomatici, impegnati non di rado a conciliare l'inconciliabile. Senza dubbio sta agli uomini di governo, e non alle barricate, di stipulare dei Trattati, ivi incluso quello che conferirà al Parlamento europeo la redazione della Costituzione federale: ma non bisogna dimenticare il fatto che i governi passano e, anzi, che siamo noi stessi che possiamo contribuire - se occorra - a farli passare. I1 20 ottobre 1972 il portoghese Mario Soares (insieme allo spagnolo Tierno Galvàn) interveniva al « Controvertice » organizzato a Parigi dalla Gioventù federalista europea (eravamo lì presenti anche in diversi responsabili del Consiglio dei Comuni d'Europa): soltanto degli ingenui come noi potevano non scartare a priori l'eventualità che quell'esule dal tratto modesto divenisse. abbastanza presto, uno dei leaders di un Portogallo finalmente aperto a sostanziali trasformazioni democratiche. Noi federalisti europei non siamo, per principio, né ottimisti né pessimisti: ci rifiutiamo solamente di inchinarci a quella cosiddetta realtà, che i realisti di professione credono immobile. I1 primo aprile, a Lussemburgo, il messaggero del governo provincial-socialista di Harold Wilson ha gettato i a realisti europei nella più profonda costernazione: a sera essi ormai sospettavano che bisognasse poco meno che attendere una nuova èra geologica, con la Gran Bretagna popolata - in seguito a mutazioni genetiche - da uomini di tipo diverso, per poter ricominciare a C negoziare D l'unità politica europea. Ma già il giorno appresso il Padreterno decise di chiamare in cielo il Presidente Pornpidou: donde una immediata campagna elettorale francese, al termine della quale non è impossibile ipotizzare un nuovo corso D e l'adesione francese all'elezione diretta del Parlamento europeo. Mentre la campagna francese raggiunge l'acme, ecco i fatti di Portogallo: chi non vede la grande occasione oiferta ai democratici di lungo corso di trascinare anche la Spagna fuori COMUNI D'EUROPA 2 aprile 1974 - dall'isolamento totalitario e di dar vita a un autentico slancio di rinnovamento europeo? Se un contesto siffatto maturasse, come potrebbe un qualsiasi signor Callaghan continuare ad affermare, senza pensarci due volte, che l'intenzione di creare una Unione Europea nel 1980 gli sembra cc presupponga cambiamenti privi di ogni realismo, che non SOMMARIO I1 Portogallo è in Europa . . . . 1 Rinvio degli Stati generali di Vienna e suoi motivi politici . . . 3 L'Unione Europea e la lotta per la Ragione, di Umberto Scrafirli 3 Construir uma nova vida - Destruir o sistema, di Arzdrea Cliiti Batelli . . . . . . . . . . 9 . . . . 11 E ora, tocca alla Spagna! ..., di a. C.A. . . . . . . . . . . 12 Proposte di Grenoble per i lavoratori migranti, di Antenore . . 14 Dialogo AICCE-Regioni sui problemi della Comunità, di G. M. 16 Dalla parte della verità Pensiero e azione dei Federalisti europei: Piano Spinelli e a petizione D federalista. . . . . . . . . 18 L'ora della prova per l'Italia e per l'Europa . . . . . . . 19 La Regione Toscana e la politica comunitaria europea . . . . 20 Gli ideali di un economista, di U.S. . . . . . . . . . . . 21 rispondono ai desideri dei nostri popoli e certo non a quelli del popolo britannico >,? L'estensione della democrazia a tutta la penisola iberica e la conseguente porta aperta all'entrata del Portogallo e della Spagna nella Comunità europea stabilirebbero un nuovo baricentro della Comunità, contribuendo a superare un certo squilibrio che si verifica tra la sua componente nord e la sua componente sud. I1 discorso sulla democrazia politica nel processo di unificazione europea dovrebbe riprendere il sopravvento su quello puramente mercantile, che è stato fatto proprio e che si è tentato di imporre come esclusivo da parte degli inglesi: ciò dovrebbe aiutare a tener nel giuoco la Germania federale che, titubante nel difendzre nel merito l'autonomia europea, si è pur sempre dichiarata a favore della sovranazionalità e di istituzioni politiche europee. La costituente portoghese e - perché no? la costituente spagnola dovrebbero svolger- Foto in prima pagina: (in alto) il Beguinage di Dixmude a Bruges, città dove si terrà la prossima Assemblea dei Delegati del CCE, che lancerà il messaggio politico che era stato predisposto per gli Stati generali di Vienna [foto del Commis- sariato generale del turismo belga]; (in basso) vent'anni fa moriva Alcide De Gasperi, uno dei rari uomini politici che abbia dato all'unità europea il primato nel suo impegno politico (nella foto: De Gasperi è - da sinistra - con Adenauer, Robert Schuman, Stikker e Bech). si in un quadro politico generale, di cui I'elemento caratterizzante sarebbe la costit~iente europea. Ma fermiamoci per un momento al Portogallo. I1 processo di democratizzazione del Portogallo (appena iniziato e tutt'altro che privo di temibili scogli nel prossimo cammino) richiama molti problemi, che si pongono all'intera Comunità europea. Cominciamo col problema co!oniale. I1 Portogallo, che si trova a dover prendere decisioni che diano piena credibilità alla sua democrai.ia, è il medesimo che soffre - a sua volta - del problema dei lavoratori migranti nella CEE: come l'Italia (fra i Pacsi della Comunità), ma anche come la Spagna, la Grecia, la Turchia, la Jugoslavia e il Maghreb. La stessa ragione sociale, economica e politica, che non permette oggi di lasciare irrisolto il problema meridionale » in Italia o in Europa, vieta non solo di continuare nel colonialismo tradizionale e più rozzo - e del resto nella fattispecie lo hanno vietato anzitutto gli eroici guerriglieri delle colonie portoghesi e coloro che ( a cominciare dalla pattuglia di missionari cattolici) ne hanno preso coraggiosamente le parti -, ma vieta altresì di cercare di sostituirlo con un sottile neo-colonialismo. Possiamo, in questo caso, anche consentire con Callaghan: « la Comunità (europea) allargata deve adottare una politica commerciale e una politica d'aiuto intese a favorire non solo i " territori associati d'oltremare " in Africa ma i paesi in fase di sviluppo del mondo intero »; senonché Callaghan si deve persuadere che una politica così lungimirante - e coerente, del resto, con le esigenze chiaramente emerse alla recente conferenza delllONU sulle materie prime - la può condurre un governo europeo: i singoli governi nazionali possono condurre solo politiche settoriali e di emergenza o lasciar fare alle Superpotenze. Ora o il Portogallo non porta a fondo la decolonizzazione, e in tal caso rimangono tutti i motivi attuali di crisi e, in più, i suoi lavoratori si trovano scoperti in un discorso globale con le forze popolari della Comunità europea; o la porta a fondo, e allora gli interessi costituiti - portoghesi e no, dai pieds noirs alle multinazionali - renderanno ben difficile la vita alla democrazia portoghese, che non può dunque rimanere isolata e deve operare nel contesto della democrazia europea in costruzione. Del resto - ecco un altro problema - il Portogallo deve rifiutare il ruolo di appendice europea delllAmerica latina, deve rifiutare senz'altro di farsi strumento di interessi particolaristici degli Stati Uniti d'America, ma non può dare un ulteriore contributo al prmesso di balcanizzazione europea. Certo, Kissinger-Metternich non mostra grande sensibilità per le istan7e razionali e ideali, cui non corrisponda una adeguata disponibilità di forza e di autorità; anzi è sensibile solo alle autorità costituite, purché rispettino fra di loro un preciso galateo, che è quello di aiutarsi a conservar se stesse e, con ciò, l'equilibrio internazionale: ma bisogna dargli atto che l'equilibrio, che lo preoccupa, è l'equilibrio del terrore. Va dunque da sé che l'unica maniera per superare i blocchi è quella di contribuire a costituire un più efficace e legittimo sistema di sicurezza: e per i Paesi dell'Europa occidentale - ivi incluso il Portogallo - ciò vuol dire (diversamente dalla contraddittoria politica gollista) parlare anzitutto e sempre attraverso la voce unitaria della Comunità europea. Per ora, dunque, occorre dar forza ad un coerente punto di vista europeo nell'ambito del Patto Atlantico: obiettivo moderato ma preciso che, auspicato spesso a parole, è stato disatteso nei fatti ed è servito anzi a confondere le idee, quasi che gli europei frattanto non debbano mirare a una loro inconfondibile autonomia nei campi della moneta e del commercio internazionale e dei rapporti con il Terzo e il Quarto mondo. La minaccia americana di ritiro completo delle truppe dalla Germania occidentale è un ricatto inconsistente, perché è una minaccia contro la stessa politica estera americana e, in definitiva, contro l'efficacia dello stesso giuoco kissingeriano. Ciò premesso, ci si osserverà che noi consigliamo alla rinata democrazia portoghese, per salvarsi e progredire, di operare nel quadro di una Comunità politica europea che non esiste. Qui sta effettivamente il dramma e di qui viene l'enorme responsabilità del fronte democratico europeo ». Mentre un confronto pacifico si tenta tra Europa ovest ed Europa est, mentre il Medio Oriente e il Mediterraneo chiedono ai Paesi della Comunità europea posizioni politiche comuni prima che preoccupazioni mercantili o di piccolo cabotaggio, mentre la libertà torna in Portogallo per opera dei guerriglieri africani e non dei democratici europei, i partiti europei, i sindacati europei, i poteri locali europei hanno grossi doveri, e non possono rimanere ancora una volta a rimorchio degli avvenimenti, ma li debbono precedere e condizionare. Non c'è tempo da perdere: proporre politiche comuni ai portoghesi, prenderne l'effettiva iniziativa, garentire i l proprio appoggio continuativo, e nello stesso tempo uscire dall'impasse comunitaria e puntare, subito, alla Costituzione politica europea. Operare insieme e dar vita alla Legge fondamentale, che assicuri la permanenza, la irreversibilità di questo agire comune e permetta la formazione del governo democratico, sovranazionale, che dovrà portarlo avanti. Soprattutto: non aspettare i governi, anche se sono governi formati da uomini dei nostri partiti. Chi sta al governo è prigioniero, quasi sempre, del quadro in cui deve quotidianamente operare: ne esce solo se è costretto. Noi dobbiamo costringere i governi. Ma noi stessi non avremo capacità infinite di pressione: dobbiamo quindi servircene nel senso giusto. Il senso giusto è chiedere e ottenere che sia il Parlamento Europeo a redigere lo Statuto politico europeo; è chiedere e ottenere che tutti gli europei partecipino alla elezione diretta di questo Parlamento, e dunque siano dietro ad esso a dargli forza come a cosa loro. Va da sé che questa partecipazione dovrà mettere le sue radici nella realtà di ogni giorno ad opera degli stessi partiti, che interverranno nelle elezioni europee; dei sindacati e dei poteri locali, che dovranno imporsi e imporre una strategia europea alla politica sociale e alla politica regionale. I1 rilancio europeo sapremo dunque metterlo in atto partendo da Lisbona? COMUNI D'EUROPA aprile 1974 Rinvio degli Stati gSenerali d i Vienna e suoi motivi politic Nell'ottobre 1956 d e n u n c i a m m o - in una seduta burrascosa degli S t a t i generali d i Francoforte sul Meno ( i t e r z i ) - i prodronii del gollisrno: si era agli sgoccioli della IV Repubblica e, silurato il progetto iniziale delI'Euratortz (un'autentica m e s s a i n c o m u n e d i tutta la politica nucleare), si prospettava già la bortzba atomica francese ( i l « detonatore » d i d e Gaulle). Poi è iniziata l'era gollista: u n lungo periodo i n cui cinque regimi sostanzialmente corporativi e obiettivamente nazionalisti hanno ricevuto dal sesto u n cortzodo alibi per n o n far I'Ei~ropa. I Trattati d i R o m a , largamente disattesi, n o n hantzo portato oltre u n a modesta unione dogariale e u n a discutibile politica agricola cortzurie. Frattanto u n n u o v o grande Paese, irisiertze a d u e minori, è entrato a far parte della C o m u n i t à europea, la Gran Bretagna. Molti democratici si sono battuti per la sua entrata nel MEC, guardando piìi alle sue nobili tradizioni democratiche e parlamentari che allo spirito mercantile c o n cui ora negoziava col Continente. Cornclnque fin q u i potevamo illuderci che, critici d i questo mercato coniune, gli inglesi riori respingessero la strategia democratica, a cui s i ispirarono i Trattati d i Roriia. Giorrii o r sono, viceversa, parlando a n o m e del nuovo Governo laburista il Ministro Callaghan a Lussemburgo ci h a f a t t o brutalniente sapere che la Gran Bretagna respinge il grande, astratto e impopolare disegno europeo, preferendo u n a dorata e privilegiata dipendenza dalla destra americana (sulla linea del Premier conservatore Mac Millan dell'incontro d i Nassau, che m a n d ò in bestia - n o n senza ragione - d e Gaulle). I n questa situazione è m o r t o il presidente Pompidou e s i stanno per svolgere in Francia elezioni che - quale che sia il vincitore - segneranno presumibilmente la fine del regime gollista, anche se u n gollista dovesse restare alla testa dello Stato. Queste elezioni sono v e n u t e a coincidere puntualm e n t e con la data fissata per gli S t a t i generali d i V i e n n a e ci costringotzo a rinviare ( a t e m p o indeterminato) la rrzatzifestazione, perché n é potreriiriio fare a itzerio della presenza francese, n é sarebbe utile prendere i m portanti decisioni collettive alla vigilia d i u n a possibile svolta politica d i grande rrzomento. Approfittianio della sosta per fare u n esam e d i coscienza. I n realtà noi a b b i a m o atteso fin qui, prevalentemente, che « l'Europa cadesse dal cielo n: m e n t r e l'Europa deve essere frutto d i urla lotta quotidiana d i t u t t e le forze democratiche, sociali, culturali. N o n c'è alternativa democratica all'unità dei nostri Paesi, c'è solo un'alternativa coloniale e satellitaria, c'è la vittoria delle multinazioriali, c'è l'avvilimento definitivo delle nostre Nazioni. I n particolare per l'Italia c'è c o m e alternativa u n « destino » rrzediterraneo d i tipo greco o franchista. Riandiamo d u n q u e , i n u n rapido rrzomento d i sosta e d i riieditazione, alle rrzigliaia d i lettere d i t u t t a la Resistenza europea che vedevano c o m e unico obiettivo razionale, uscendo dalla torriienta, la costituzioize d i un'Europa federata. Prepariamoci a stringere i ranghi nel fronte democratico europeo D. Respingiamo l'atteggiamento passivo e pro- i~incialedei riostri partiti e dei nostri sindacati ( l e eccezioni c o n f e r m a n o la regola). Orgatzizziartzoci per dichiarare illegittima la gestione d i cose più grandi d i loro » d a parte dei nostri Stati nazionali e per chiedere l'Assemblea Costituente europea. Ogni Conzune, ogni Provincia, ogni Regione dovrà diventare u n centro attivo d i federalismo europeo, nello spirito dell'articolo 11 della nostra Costituzione repubblicana, e dov r à stringere legami politici diretti cotz gli altri C o m u n i e Poteri locali della Comunità 3 europea - che deve restare tuttora il campo realistico della tzostra lotta -. Il Consiglio dei Conil~tzid'Europa è nato prima delle Coinunità europee e n o n sarà certo la crisi conzunitaria a spaventarci o a fermarci. Al lavoro, dunque! S a p p i a m o quante difficoltà ci aspettano, i n u n a società sclerotizzatu, scettica, alienata c o m e la nostra: m a dobb i a m o vincerle. Dobbiarno perfino superare quel rispetto unlano, per cui chi parla d i Europa nelle riunioni « più iniportanti » d i governo - centrale o locale -, d i partito, d i sindacato, viene considerato u n ingenuo se n o n u n seccatore: m a lo supereremo. La ragione è dalla nostra parte: dall'altra è la posizione dei rentiers del potcre, u n potere che del resto è i n via d i progressiva, rapida svalutazione. L'Unione Europea e la lotta per la Ragione sintesi della relazione d i U m b e r t o Serafini, i n e m b r o della Presidenza europea del CCE e Segretario generale della Sezione italiana ( A I C C E ) , prevista per gli S t a t i generali d i V i e n n a e ora destinata all'Assertzblea dei Delegati del CCE (giugno '74) e alle forze politiche e sociali del « fronte democratico europeo ». 1 - L'impossibilità di decidere E' utile partire anche oggi dalle conclusioni degli Stati generali di Nizza per esaminare alcune caratteristiche irrinunciabili della Unione Europea proposta dai Capi di Stato e di Governo per il 1980. La riunione di Nizza fu nel giugno 1972, il Vertice europeo di Parigi nell'ottobre 1972. A Nizza noi ci schierammo contro la proposta di un Segretariato politico europeo (con probabile sede a Parigi), ma soprattutto contro la moltiplicazione di centri europei di decisione, spesso in contraddizione fra di loro. Noi sostenemmo che è impossibile decidere da una parte le questioni di politica economica e da un'altra parte le questioni di politica pura. In realtà dietro la moltiplicazione dei centri europei di decisione si nasconde la scarsa volontà dei Governi o di alcuni Governi di creare un autentico potere europeo: ora noi affermiamo che senza un potere europeo non ci sarà mai una vera unione europea. Ma le domande allora divengono: quale potere europeo? come arrivare a questo potere europeo? 2 - dei Comuni d'Europa e di tutto il grande movimento fcderalista e democratico europeo. Soprattutto ci sforzeremo di delineare i caratteri di una Unionc Europea, che soddisfi le richieste della base democratica dei nostri Paesi, di cui gli amministratori locali sono un elemento fondamentale, e delle forze talora irrequiete ma vive della nostra società. Chi meglio di noi amministratori locali può battersi per ristabilire il primato dell'interesse generale e della politica (nel suo significato criginario e classico) sugli interessi particolari, che si sono impadroniti della tecnologia e la usano disordinatamente, provocando nella società le stesse cunseguenze terribili che ha il cancro sull'individuo umano? Chi meglio di noi si può battere contro il nazionalismo, che pro'spera di nuovo nelle nostre capitali, e nello stesso tempo in favorc di una reale partecipazione di tutti i cittadini alla vita politica e allo sviluppo della nostra società? Chi meglio di noi può battersi a lavore di un sistema, che garantisca una migliore qualità di vita e uno sviluppo economico, che tenga conto in ogni momento delle esigenze del territorio e delle leggi della natura? I velleitari I Capi di Stato e di Governo hanno delineato ai Vertici europei di Parigi e di Copenaghen una missione molto ambiziosa per l'Unione Europea e anche alcuni obiettivi a medio termine non facili e complessi: non sembra tuttavia che essi abbiano a p profondito realisticamente e con la dovuta spregiudicatezza gli strumenti necessari per realizzare tutto ciò. Inoltre i Capi di Stato e di Governo hanno fornito una idea molto l à g a e imprecisa della struttura che dovrebbe avere l'unione Europea. Noi ci preoccuperemo di dare una risposta a queste esigenze: una risposta adeguata ai nostri bisogni intellettuali e spirituali (cioè valida idealmente per restare fedeli e coerenti al nostro impegno nella lotta per l'Europa unita, a cui razionalmente non troviamo si possa dare alcuna alternativa politica) e anche adeguata alle necessità pratiche dell'azione politica del Consiglio 3 - Strade sbagliate Per arrivare ai caratteri positivi della Unione Europea, da noi richiesti, dobbiamo sottolineare in via preliminare alcune posizioni che, a nostro avviso, vanno definitivamente superate. Una Unione Europea non può funzionare ( e neanche si può pervenire ad essa) attraverso l'integrazione distinta di diversi settori della politica. Quello che è stato chiamato l'approccio funzionale può essere stato utile per coinvolgere nel processo di integrazione forze economiche, sociali, culturali, politiche, ma in realtà una integrazione sovranazionale veramente tale - cioè irreversibile - di un settore non ha mai avuto luogo. La stessa CECA - Comunità europea per il carbone e per l'acciaio - si pensava funzionasse ormai stabilmente mercé i suoi organi sovranazionali, ma in 4 COMUNI D'EUROPA aprile 1974 realtà funzionava perché la tenevano in 4 - I1 campo d'azione della realtà. Al contrario: non si è comvita una felice congiuntura economica e Anzitutto occorre riconfermare che, mal- piuto automaticamente - per le ragioni un propizio (ma labile) clima politico. A grado la crisi della Comunità, il nucleo da noi esposte sopra - neanche un sostanun certo punto - e no'i siamo giunti a centrale della lotta oggi non può non esse- ziale passaggio dall'unione doganale alla quel punto - o si procede verso l'integra- re l'Europa dei Nove. Veramente dovremmo unione cconomica. Ciò era facilmente prezione generale e coordizata di tutti i settori prima chiarire, se p u r ce ne è ancora bi- vedibile già da quando nel 1965 venne rechiave (unione economica e monetaria, po- sogno, che va scartata l'Europa cc dall1Atlan- spinto il « pacchetto » Hallstein. Occorre litica sociale, politica estera, politica di di- tico agli Urali n: è una formulazione fuori dunque una spinta, coordinata e prolunfesa, ecc.) o il processo si inverte e si va gata nel tempo, delle forze federaliste e della storia e, caso mai, si sarebbe dovuto verso la disintegrazione: la vita infatti non di tutte le forze democratiche che sapremo dire l'Europa dalllAtlantico al Mar di si ferma e quel che non ha avuto il suo Bering » (oppure « dallfAtlantico alla fron- unire ad esse, in un quadro politico diquadro europeo, si sviluppa a suo modo nel verso da quello fin qui dominato dai negotiera sovietica occidentale n); l'idea, infatti, quadro nazionale, moltiplicando nuovi in- di dividere in due l'Unione Sovietica o è ziati intergovernativi. teressi costituiti (vested interests), che deter- una provocazione verso I'URSS o una presa La parola d'ordine dovrà essere « demominano una forza centrifuga sempre più cratizzare la Comunità »: solo infatti una in giro verso gli europei. I n secondo luogo robusta. più larga partecipazione di tutte le forze occorre chiarire che non è un nostro attuale E' stato detto giustamente che tutto è problema quello di rivolgerci ai soli Paesi popolari alla costruzione europea potrà percollegato (tout se tient) e che i diversi mettere di rendere evidenti le posizioni minori del sistema sovietico: su di essi poaspetti della vita associata sono interdipen- trà avere una rilevante influenza, di caratnazionaliste e in difesa di interessi pridenti: la moneta comune implica, per esem- tre esemplare, l'esistenza di una grande Covilegiati o settoriali. Non di rado queste popio, una politica economica comune, ma sizioni si trovano non solo cc a destra D, munità federale delllEuropa occidentale. In questa non può essere disgiunta da una ma anche a sinistra »: la conduzione diterzo luogo dobbiamo dire che ci si rivolge politica sociale e da una politica regionale, plomatica e tecnocratica della Comunità ai soli Stati delllEuropa occidentale a repure comuni; una politica comune verso dà ad esse un comodo alibi e non permette gime democratico: l'Unione Europea, ovil Medio Oriente implica una struttura eco- viamente, non può non essere democratica l'affermazione delle reali forze di progresso. nomica comune, che permetta di sostener- (un discorso a parte andrebbe fatto per la Le elezioni europee a suffragio universale la coerentemente; ecc. Occorre aggiungere Jugoslavia, in equilibrio fra due sistemi e e diretto non sono certo tutto il processo che la politica generale comune deve essere che comunque non è pervenuta a un audi democratizzazione della Comunità, m a continua e irreversibile. ne rappresentano oggi il principale punto tentico pluralismo politico). La politica generale comune non può sudi riferimento: senza di esse Ie azioni delle Ciò premesso, è evidente che il movimenbire soluzioni di continuità. L'idea di conce- to per l'Europa unita comprende e dovrà organizzazioni sociali e di massa non riupire disegni comuni ai Vertici europei, sensciranno a liberarsi coerentemente dal quacomprendere tutti i Paesi democratici delza creare le istituzioni politiche sovranaziod r o intergovernativo. I1 CCE sostiene ciò l'Europa occidentale: m a non tutti questi nali per attuarli giorno per giorno, dimo- Paesi possono essere inclusi in un progetto da tempo e dovrà rimanere fedele a questa stra la mancanza di realismo dei nostri sua impostazione. immediato di Unione Europea. L'Austria, governanti, oppure la loro scarsa volontà Frattanto c'è un problema politico immeper esempio, è legata a un trattato di Stato di unificare l'Europa. diato. sul quale dobbiamo definire il nostro che ne condiziona le scelte; altri Paesi debNessun Governo responsabile, d'altra paratteggiamento. I1 Vertice europeo di Parigi bono dirci preliminarmente s e scelgono la te, può fare accettare sostanziali sacrifici, decise di invitare le istituzioni comunineutralità o l'Europa (fermo rimanendo in nome della Comunità europea, al protarie » ad elaborare un progetto di Unione che, secondo noi, la costruzione delllEuropa prio Paese senza avere la garanzia che il Europea entro il 1975, progetto da sottoè il massimo contributo a una pace stabile). processo di integrazione sia globale e irreporre ad un successivo Vertice; il Vertice I1 passaggio della Spagna, della Grecia e versibile, e che quindi nel tempo si attuerà europeo di Copenaghen ha espresso il condel Portogallo da regimi fascisti a un regiper ciascun Paese i1 pareggio dei profitti vincimento che bisogna accelerare i tempi: m e democratico deve essere comunque un e delle perdite. Ciò può avvenire solo attrama entrambi i Vertici hanno evitato di obiettivo a non lungo termine degli europeiverso una Comunità federale, basata su un pro'nunciarsi sui caratteri federali o semplisti, poiché questi Paesi inquinano I'atmo« p a t t o storico », cioè su una Legge fondacemente confederali da conferire all'unione sfera dell'Europa occidentale e spostano mentale comune (Costituzione Europea), Europea e hanno mostrato la tendenza a troppo a Nord il baricentro della democrasovranazionale e democratica. In particovoler affidarc, nell'attesa, l'evoluzione della zia europea, determinando una sempre più lare ciò impli'ca che non basta dare un accentuata - e quindi pericolosa - scis- Comunità a ulteriori approcci settoriali, nonché a decisioni che dovrebbero prenpotere decisionale effettivo al Consiglio dei sione fra Nord e Sud Europa. dere, di tempo in tempo, Vertici « p i ù freMinistri della Comunità e far decidere il Restando f r a i Nove, occorre sottolineare quenti ». A loro volta la Commissione eseConsiglio a maggioranza: è necessaria una la doppia faccia della Gran Bretagna. Dr cutiva di Bruxelles, il Parlamento Europeo Camera po,r>olare, eletta a suffragio uni- un lato non solo ci importa la posizione di e il Consiglio dei Ministri della Comunità avanquardia del Regno Unito nella società versale e diretto (cioè europeo'), attraverso hanno cominciato a interessarsi del proindustriale, ma la straordinaria esperienza la quale si possano discutere fra tutti i getto di Unione Europea, ma in maniera democratica britannica, irrinunciabile nella cittadini della Comunità i problemi di ciaassolutamente inadeguata. costruzione della Comunità federale euroscun Paese federato, anche con l'ausilio di In questa situazione noi non abbiamo pea. Dall'altro lato la perdurante sfiducia partiti e di organizzazioni democratiche a difficoltà a fare nostro il cosiddetto (c piano di buona parte della classe politica britanSpinelli n, anche per eliminare ogni dubbio struttura sovranazionale, preoccupati di por- nica - a destra e a sinistra di poter che da parte nostra si vogliano sollevare tare avanti - su scala euro'pea - pro- portare il continente al tradizionale staildifficoltà di metodo. Quello che a noi pregrammi politici fra di loro alternativi. dard politico britannico, fa si che il procesme - come abbiamo detto - è che si ponRiepilogando': non si avrà Unio'ne Eusro- so di integrazione europea sia visto spesso Fa senza indugio e correttamente il prostrumentalmente, cioè come qualcosa da pea senza una Costituzione federale, che blema del « potere europeo »: questo potere utilizzare (oppure no) a scopi mercantili: preveda un Governo europeo responsabile in democrazia non può non essere esercia un Parlamento Europeo, di cui una Ca- gli europeisti non possono accettare questo tato che attraverso una Costituzione (o Staatteggiamento britannico per le stesse ramera sia eletta a suffragio universale dituto politico). Una Costituzione deve essere gioni, per cui non possono accettare la viretto. Quanto ad alcuni aspetti che, in elaborata da un Parlamento, ove sono presione gollista (cioè prevalentemente fransenti le diverse forze politiche. Quindi. se questa ora di crisi della so'cietà industriale, cese) dellPEuropa; né possono accettare i ci interessano nella struttura - più in con- « rapporti speciali n della Gran Breta-ma ciò avviene nell'anno in corso, siamo d'accreto - della Unione Europea, ci verremo cordo che i Nove Governi - facendo un con gli USA fra un momento, dopo avere esaminato aldeciso passo avanti rispetto al Vertice di cuni problemi immediat'i della nostra lotta 5 - Come arrivare a un potere europeo Parigi - conferiscano a questo Parlamento e le forze che ci pare giusto chiamare al Specificato il terreno d'azione, occorre Europeo (le cui delegazioni nazionali senza indugio potrebbero essere ridesignate ad nostro fianco. Vogliamo cioè fermarci prima, aggiungere che l'evoluzione automatica della hoc) il compito di redigere - non andando brevemente, ad esaminare cc come arrivare a d Comunità europea da unione doganale a un potere europeo ». oltre l'estate dell'anno prossimo - un procomunità politica si è dimostrata fuori (( - aprile 1974 COMUNI D'EUROPA p Ma se il quadro della « Costituente euro- (1958) ci invitava a riflettere sulla «nuova getto di Statuto di Unione Europea, nel pea deve diventare il quadro porlitico sta- società » Carlo Schmid: il quale poco do'po qualc sia prevista l'elezione a suffragio pubblicava un saggio senz'altro stimolante, bile del nostro operare, è poi evidente che universale e diretto della Camera popolare: La seconda rivoluzione industriale » (in ciascun Paese dovrebbe ratificare subito un fronte democratico muove le più vive K Propylaen - Weltgeschichte n, 1961, Frankdopo - in base alle pro'prie leggi - il forze so'ciali, capaci di rinnovamento, crefurt - Berlin). Io mi permetterò anche di progetto, che entrerebbe in vigore con cin- sce anchc dopo le sconfittc, acquista una sempre maggio're compattezza soltanto qua- ricordare qui un libro più vecchio, L'or-dine que ratifiche (ovviamente limitataniente ai Paesi che hanno ratificato); seguirebbero le lora gli si diano obiettivi strategici tali da politico delle comunità » del 1945, scritto tcnsione » fra gli elezioni europee a suffragio universale diretto. suscitare la necessaria da Adriano Olivctti, uno dei fondatori del uomini, da indurre al sacrilicio degli inte- CCE (aderì all'incontro di Seelisbcrg del E' un atto di buona volontà, che noi ressi personali o particolari, insomma da de- 1950): l'autore metteva in guardia i fedcracompiamo pe'r offrire ai Governi una via terminare una rivoluzione. Questo è stato relativaiiierilc facile, attraverso la quale far listi contro una società il cui sviluppo fosse uscire la Comunità europea dalla sua crisi l'errore portato avanti fin qui: indurre la affidato alla tecnocrazia e al profitto capigente a credere - per ripetere l'espressione attuale. Conferendo al Parlamento Europeo talistico e ove l'economia non fosse al sercompiti costituenti, i Governi nazi'onali pos- di Altiero Spinelli - che l'Europa K cadrà vizio della persona umana e della comunità dal cielo bell'e fatta. sono liberarsi dalla rete degli interessi parlomcale « a misura d'uomo D, né regolata da Ora un obiettivo strategico importante è ticolari e contraddittori, che attualmente una pianificazione democratica. li condiziona C li paralizza in campo eu- senza dubbio quello di ridare agli europei Noi amministratori locali sperimentiamo ropeo. Naturalmente affinché il piano Spi- uniti il controllo dei grandi accadimenti continuamente la difficoltà di difendere la nelli P abbia un significato C un seguito chc dctcrminano il loro destino, accadi- nostra autono'mia non soltanto dallo Stato politico sia in caso di successo che in caso menti che separatamente essi non riescono centralizzato e burocratico ma dalle forze di insuccesso, esso andrà appoggiato aper- più a padroneggiare: sicché riuri si sentono e~ono'mi~che che, indipendentemente da noi, tamente da tutta una serie di azioni popo- più liberi. Ma l'unione non basta. E' necesportano avanti lo sviluppo della società, sario soprattutto prospcttare ad essi il di- modificando la vita dei nostri amministrati. lari dirette, su cui il CCE potrà accordarsi con le avanguardie federaliste, e dalle forze segno di una nuova società europea - come D'altronde ci rendiamo conto che la nostra si diceva all'inizio - in condizione di supe- autonomia non può essere la stessa richicdemocratiche che sappiano capire che la fase dell'approccio funzionale all'unità eu- rare le terribili strozzature della odierna sta ai tempi dello Stato del laissez faire: ropea è finita e comincia quella della N co- società industriale, la minaccia di uno svi- è difficile del resto insiste're in una autostituente demomcratica». Il CCE dovrà ri- luppo non controllato dalla ragione ma dal nomia locale basata su un « dominio risercordare lo spirito del suo Appello di Esslin- profitto, la alienazione umana sempre più vato P , nel momento in cui viene demitizzata generalizzata. Con una traccia di questo digen per l'Assemblea Costituente europea la stessa interpretazione tradizionale della la nostra re(1955) e chiedere ragione ai movimenti eu- segno desideriamo ~o~ncludefre cosiddetta ((separazione dei poteri » (cfr. lazione. ropeisti tradizionali della loro incapacità di Louis Althusser, « Montesquieu la politique costituire un autentico « fronte democract l'histoire x, Paris, 1964). Ebbene, mentre tico europeo » (europaisclze demokratische noi amministriamo la nostra città o il nostro 6 L'obiettivo di una nuova società Aktiongeineinsclzaft), proposto dagli Stati piccolo Co'mune, mentre deliberiamo e cergenerali di Roma (1964). chiamo di attuare un piano regolatore, menUna Comunità federale in prossimità del tre con altre amministrazioni vicine cerE' chiaro che noi diamo ai Go'verni una 2000 non può essere del tutto uguale, per o'ccasione per superare l'impasse: ma con- forma e per contenuti, a una Comunità fe- chiamo di realizzare la pianifi'cazione del tinueremo poi la nostra lotta contestando derale costituitasi alla fine del secolo XVTTI: territorio (uméizagemeizt du territorie, Raurnormai ai Governi nazionali - co'n sempre anche se quella americana ha dimostrato plariinng, t o ~ mund country plunning), altri poteri - pubblici e privati - pianificano maggiore durezza - il diritto di fabbricare una indubbia capacità di adattamento ai l'Europa senza la partecipazione popolare e dunque, separatamente (e spesso in piena tempi nuovi. Già agli Stati generali di Liegi reclamando', nei Consigli dei nostri Comuni e di tutti i nostri Poteri locali e regionali, l'elezione a suffragio universale C diretto dell'Assemblea Costituente europea. In pari tempo e in questo quadro condurremo coi nostri alleati democratici una lotta continua per I'integrazione di base dell'Europa: integrazione sovranazionale dei sindacati e rivendicazioni europee dei lavoratori; spinta per creare una struttura europea dei partiti: collaborazione sovranazionale sempre più stretta fra i nostri Poteri locali; intesa europea fra gli uomini della cultura; lotta comune per una scuola veramente democratica e decisa ad affrontare i reali problemi umani della società industriale; coordinamento (appunto nel fronte democratico europeo) di tutte queste forze e di tutte plenaria dei 111 Stati generali alla Paulskirche di Francoforte sul Meno (1956): il segretario generale delltAICCE (in « I Comuni e l'Europa di domani n, relazione politica congressuale) denuncia le premesse della bomba atomica francese queste azioni. <( <( - aprile 1974 COMUNI D'EUROPA guato, a una estensione del federalismo su Costituzione austriaca posteriore alla I Guerscala mondiale: l'analisi dei modelli precera mondialt e nella Costituzione spagnola del 1931: ina i11 questo dopoguerra l'idea cienti ci induce a credere che essi noi1 possano essere la base degli Stati Uniti del di Kegioile iia s u b i ~ ouil approionclimento, Moiiclo; e questo :ì invece un obiettivo che pcrche si è tentato di rivederne il ruolo nel contesto di una soccità industriale avan- ci dobbiamo porre mentre lottiamo per gli Stati Uniti d'Europa: cioè un obiettivo clic zata. Se 11 Comune, il Circondario rurale (Landkreis) c il quartiere della grande città è correlato al passaggio dall'equilibrio dcl metropolitana hanno il vantaggio di stabilire terrore alla pace vera. Tornando al modello europeo » e porl'immediato contatto tra amministratori e amministrati - e quindi di essere l'even- tando avanti - per semplici accenni - il discorso sulla nuova società D, vorremmo tuale cerniera fra la democrazia diretta e la democrazia rappresentativa -, essi poi, data a questo punto sottolineare una linea di la loro piccola dimensione, identificano tendenza, che rappresenta oggi - in qualsiasi società industriale avanzata, dotata di troppo spesso gli interessi settoriali di un sol tipo di lavoratore e queili globali » un grande pat'rimonio tecnologico - la midel cittadino: la Regione (che no'n dovrebbe iiaccia più grave (e, al limite, definitiva) mai essere troppo piccola) ha invece larga- contro l'eguaglianza degli uomini e la loro mente nel suo seno lavoratori dei settori libertà. Intendiamo parlare della paurosa primario (agricoltura), seco'ndario (industria) capacità di razionalizzazione ( o ottimizzae terziario (servizi); si verifica in essa la zione) settoriale o particolaristica, che capresenza di iiiteressi contrastanti; essa può ratterizza una società in cui si ha poi, agli dunque liberarsi dalla pressione di un so'lo effetti della sua organizzazione complessiva interesse settosriale e iniziare una sintesi e della gerarchia dei suoi valori, l'eclisse della ragione, per dirla col filosofo e sociopolitica, che non dovrà mai essere la somma degli interessi particolari (corporativismo). logo tedesco Max Horkheimer. Horkheimer denunciava ciò già nelle lezioni tenute negli La Regione parteciperà alla pianificazione, rappresentando il punto di incontro con- anni quaranta - esule in Ameri'ca - alla creto della pianificazione socio-economica e Columbia University, affermando appunto di quella del territorio (ecco la chiave di che egli non si appagava del concetto di ravòlta di una autentica po'litica regionale » zionalità che sta alla base della co'ntemporaeuropea), e garantirà presso lo stesso po- nea cultura industriale D (cfr. di Max Ho'rtere centrale le esigenze complesse della kheimer il saggio « Eclipse of Reason », periferia (Senato delle Regioni, Conferenza entrato poi nella più ampia raccolta in lingua interregionale, ecc.). tedesca dal titolo emblematico Zur Kritik Riepilogando possiamo affermare che la der instrumentellen Vernunft » - critica delautonomia locale dovrebbe dunque essere la ragione strumentale -). Questa tendenza ripensata come momento (autonomo) di par- cosmporta alcuni problemi essenziali nel ditecipazione al piano globale, e anche w m e segno di una nuova società », che si proelemsento fondamentale di un moderno ga- ponga come alternativa di fondo, legato alrantismo. Ma se tutto si fermasse qui, si l'unità europea, alle attuali impotenti sotratterebbe di un giuoco fin troppo sempli- cietà nazionali. ce: invece è qui che nascono i maggiori problemi, poiché rimangono da stabilire il A - I1 primo problema riguarda i1 fatto funzionamento del pluralismo politico entro Nonostante gli aumenti vertigiche la « razionalizzazione » della produzione questo schema, il rapporto conccreto fra in campo economico, compiuta sotto l'impenosi dei costi della carta e tipoeconomia e politica (e pertanto la scelta rativo del profitto capitalistico (e sotto la grafici, « Comuni d'Europa » non e la realizzazione del regime di proprietà spinta dell'affermazione particolaristica delsolo ha conservato invariato per e del modello di sviluppo), gli strumenti le tecnostrutture »), degrada la qualità di diversi anni il suo prezzo, ma ha e i modi per attuare il primato della poli- vita e praticamente vanifica la democrazia addirittura notevolmente aumentica», la partecipazione effettiva del citta- politica. Maurice Duverger (in Janus. Les tato il numero medio delle pagine dino (sovrano) alla politica, l'autonomia deux faces de l'occident )p, del 1972) ha già ed è riuscito a contenere entro della cultura, la garanzia della privacy, cioè rilevato come nella società occidentale ad limiti estremamente modesti l'audella più intima libertà dell'individuo. Que- alta industrializzazione sia di tutta evidenza mento delle tariffe di abbonamensti ed altri sono i grossi problemi che si la contraddizione fra l'accrescimento delle to, che si è visto costretto a ritoc? debbono affsrontare e risolvere per realiz- quantità prodotte e la degradazione della care per il 1974. zare quella « società nuova », retta da un qualità della vita, che poggia sull'imperaK Comuni d'Europa » prega quinsistema federale e autonomista, che noi protivo del profitto n. Più recentemente J. K. di i suoi abbonati di rinnovare poniamo come obiettivo di fondo del fronte Galbraith, l'economista « kennedyano » del con sollecitudine l'abbonamento neo-capitalismo avanzato, ha pubblicato (Bodemocratico europeo ». per il 1974: essi appoggeranno I1 « modello europeo » vuo'le risolvere i ston, 1973) un libro ( « Economics and the così il più vecchio e agguerrito l'economia e l'interesse problemi dell'Europa occidentale » ( a demo- Public Purpose organo di stampa della battaglia cratica » o capitalistica », secondo l'amccento pubblico) in cui - distrutti i miti del capifederalista, che vive e si diffonde talismo e dell'economia classica e neo-clasche la propria origine politica o culturale col loro contributo. induce a privilegiare), ma ha altresì l'ambisica (Keynes) - dichiara inconciliabili sizione di arricchire il panorama mondiale stema capitalistico e democrazia sociale o di un modello, che superi i limiti evidenti - meglio - democrazia tozlt cozlrt, appro negli altri modelli in campo, quelli che dando (come egli scrive) a un nuovo sotro-poteri del potere centrale, frenandone le prevaricazioni e riportandolo continua- - pur costretti dall'èra atomica ad accet- cialismo imposto dalle circostanze ». Galtare la coesistenza - aspirano comunque braith constata che l'economia di un Paese mente alla realtà delle esigenze sociali, di cui esso deve compiere l'interpretazione sin- ad una leadership mondiale, l'americano, il capitalistico di industrializzazione avanzata (gli USA) si articola in due parti, il sistetetica; ma nello stesso tempo il potere cen- sovieti'co e - in qualche modo - il cinese. ma di pianificazione D e il a sistema di mertrale deve spingere i poteri locali a supe- L'ambizione dei democratici europei non è rare le loro inevitabili tendenze part~icola- certo rivolta a un primato planetario, che, cato D: il primo coincide sostanzialmente anche se mantenuto sul puro piano intel- col settore tradizionalmente chiamato moristiche. A proposito di quest'ultimo punto si è nopolistico od oligopolistico e comprende lettuale o morale, rappresenterebbe pur un ristretto numero di società giganti (giant delineata da tempo, nel pensiero dei fede- sempre la nostalgia di un eurocentrismo, che corporations); il secondo è rappresentato dal ralisti e nella prassi democratica, l'impor- non vogliamo in alcun modo ristabilire. Si tanza di un potere intermedio: la Regione. tratta piuttosto della ferma volontà di dare resto dell'economia privata (agricoltura, picEssa affonda le sue radici storiche nella cole imprese, servizi, ecc.). I1 «sistema di un contributo, attraverso un modello ade- contraddizione con noi), lo sviluppo economico generale e gli investimenti sul nostro stesso territorio, con gli inerenti spostamenti della popolazione lavoratrice e coi1 le relative modificazioni della « qualità di vita ». Occorre pertanto ridurre ad unità le due pianificazioni, se vogliamo perscguire un modello di sviluppo razionale; cioè abbiamo bisogno di una pianificazione globale, insieme socio-economica e territoriale. Ma chi guiderà questa pianificazione globale? Sembra evidente che questa pianificazione globale debba nascere da un equilibrio di potere centrale (statuale) e di poteri periferici. O forse più che la parola equilibrio », la quale dà una idea statica del rapporto fra centro e periferia, dovremmo parlare di un collegamento, di tipo non burocratico, fra centro e periferia, di una dialettica fra potere centrale e poteri periferici (poteri locali). I1 potere centrale è più portato a verificare l'aspetto quantitativo, schematico, delle so~luzioni; i poteri periferici a verificare l'incidenza locale, concreta, qualitativa, di queste soluuioni proposte. D'altro canto ai poteri periferici pare debba essere affidato un momento iniziale del piano (l'informazione sulle singole, diverse situazioni) e un momento finale di esecuuione e controllo, mentre al potere centrale spetta senza dubbio il confronto tra le molteplici esigenze periferiche, lo stato del sistema » (accumulazione di capitale, congiuntura, ecc.) e certi obiettivi generali, che sono di volta in volta le conclusioni democratiche del pluralismo politico, in cui vogliamo articolata la nostra rrs pzlblica. Infine, secondo una versione moderna del garantismo, i poteri locali - basati sull'autogoverno democratico - dovranno fungere via via da con- (( (( (( (( (( (( (( (( (( (( (( (( (( )) )), aprile 1974 COMUNI D'EUROPA 7 pianificazione » (privata ma - soprattutto - particolaristica) egemonizza il sistem a di mercato » e, non solo mette il potere politico di fronte a una situazione precostituita difficilmente modificabile secondo I'iiiteresse generale, ma domina la burocrazia dello Stato C determina un modcllo di sviluppo e adclirittura una linea po~litica sccondo gli interessi oligopoiistici. La collusione tra potere economico e Stato porta per esempio al fatto che noi abbiamo missili pluristadio e spedizioni sulla Luna, m a insufficiciiti abitazioni ed eccessiva aria iriquinata D. Ciò genera anche un consumismo aberrante e una mitologia dello sviluppo (di uno sviluppo globalmente irrazionale, specilichiamo noi), che non può non portare a conseguenze gravi o catastrofiche (il deterioramento ecologico m a anche l'inflazione incoercibile). Vorremmo qui osservare che tutta la polemica - europea e no .- sulla ((crescita zero », seguita alla pubbli~cazione(1971) dello studio su « I limiti del!a crescita » intrapreso dal Massacl~ussets Institute of Technology per conto del Club di Roma (cfr. « Report on the limits of growth / rapport sur les limites de la croissance » dell'Assemblea Consultiva del Consiglio d'Europa, do'c. 3233, Strasburgo 1973), riguarda un tipo di sviluppo come quello descritto da Galbraith, non qualsiasi tipo di sviluppo. Piuttosto è utile aggiungere di passaggio che in un altro senso ci può essere la necessità di bloccare qaulsiasi sviluppo ed instaurare una «economia di gueira » e un regime di « sofferenza pianificata n, e cio'è se non si riesce ad evitare lo scoppio della bomba demografica: qui sarebbe colpevole farsi illusioni teorico-pratiche sulla base di determinati convincimenti morali. Rispettiamo questi co~nvincimenti - anche se dissentiamo da essi (gli uomini non debbono mo'ltiplicarsi, perché si sono già moltiplicati) - a condizione che chi li professa sia poi pronto a sopportare e a far sopportare le grandi, Jean Bareth, cha ha fatto incarnare il a federalismo integrale (federalismo sovranazionale e infranazionale) D in una grande organizzazione di massa, i1 CCE anzi grandissime sofferenze e la dura limitazione di libertà, che deriveranno immancabilmente dall'incremento demografico no11 braith's Utopia » di Paul M. S~veezyin M The mento della pianificazione privata? E quale frenato. New York Review of Bo'oks del 15 novem- esito hanno avuto, infatti, alcuni tentativi Galbraith fa comunque - in conseguenza bre 1973): m a quel che sembra incontro di programmazione pubblica da parte di sinalla sua analisi - cinque proposte: 1) pro. vertibile è il giudizio complessivamente pes- goli Stati nazionali europei? prietà e gestione dei punti deboli del N siVogliamo infine aggiungere che da quanstema di mercato » (case, trasporti, sanità) simistico che Galbraith dà del modello capitalistico americano. Col pessimismo di Galt o detto fin qui si ricava agevolmente come debbono essere affidati al potere pubblico; braith noi pensiamo che si dovrebbe giu«modello europeo » non si possa co'nciil 2) piccole imprese, artigianato, ecc., debcorporativibono essere persuasi a unirsi in forme asso- dicare altresì l'obiettivo di una « società liare con nessuna forma di ciative, sottoposte a un pubblico controllo affluente », che sottostava alla istituzione del smo D, cioè di collaborazione organica f r a dei prezzi di vendita, ma garantendo ai lavo- MEC - a parte le carenze che sai sono veri- capitale e lavo'ro (il corpo~rativismoprende ratori un salario minimo (che dovrà aumen- ficate entro lo stesso angolo visuale dei suoi il suo nome dalle corporazioni medievali, tare col livello medio di vita); 3) non si ideatori nel non compiuto disegno di inte- ma oggi si potrebbe ben dire che sia lo strucorporations » persegue il pieno impiego (anche se si favo- grazione economica -, e pensiamo pure che mento delle gigantesche delle società giganti dell'industrialismo ideo~lo'gia si dovrebbe respingere la sottile risce) ma si stabilisce un salario garantito avanzato') o addirittura di rappresentanza oppure un'entrata alternativa per coloroche tecnocratica contenuta nelle proposte al. l'Europa di « Le déf8i américain » (Paris, degli « interessi organici » - ci'oè di intenon trovano un lavoro; 4 ) le società giganti ressi particolari e settoi-iali - in luo'go della 1967) di J. J. Servan-Schreiber. Ma quel che debbono diventare di proprietà pubblica rappresentanza poslitica - ci02 degli inte(circa il modo, Galbraith prospetta lo svi- ci interessa di più in questa sede è osser. ressi globali del cittadino -. Dalle cose preluppo delle esperienze roosveltiane del tem- vare che il tipo di economia e di assetto proprietario descritti ( e criticati) d a Gal- cedenti si capisce anche il perché della perp o della Tennessee Valley Authority); 5) una plessità o addirittura dell'avversione di una braith renderebbero vuota di significato « agenzia pubblica coordinerà i diversi s e t buona parte dei gruppi politici pro'gressisti quella pianificazione globale e democratica, tori della vita economica, che rientrano nel che abbiamo ipotizzato sopra per una Eu- euro~pei, di una parte dei sindacalisti (in sistema di pianificazione ». ropa federata e modernamente auto~nomista. prevalenza dei Paesi latini), di mo~ltiintelVari punti dell'analisi e, naturalmente, Quale margine di autonomia avrebbe la pia- lettuali democratici nei riguardi della Mitancor più le proposte di Galbraith hanno bestinznzting (cogestio'ne, codecisione) nelle nificazi'one pubblica se, dietro di essa, in trovato riserve e critiche in America non aziende industriali: non si è contro la Mitpianifieffetti continuasse a comandare la solo, come è ovvio, a destra, m a anche a hestinznzung in quanto c o n t r i b ~ i s ~ calla a tucaziosne privata? Peggio: no'n sarebbe forse sinistra, negl,i ambienti radicali e in quelli tela di co~ndizioni umane di lavoro o alla stessa pianificazione pubblica uno strusocialisti (per es. cfr. la recensione N Gal<( (( (( (( COMUNI D'EUROPA l'esercizio della democrazia nella fabbrica o al collegamento della fabbrica col mondo democratico circostante, ma in quanto renda la classe lavoratrice corresponsabile di quella « pianificazione privata », oligopolistica, di cui parla Galbraith. B - I1 secondo problema è che una pianificazione globale, aflidata al potere politico, può determinare - anche se in teoria articolata, come noi abbiamo proposto, in una dialettica fra potere centrale e poteri regionali e locali - una tale concentrazione di potere (con ottimizzazione del potere fine a se stesso) che segni la fine della libertà dei cittadini. Siamo in uiia società che, al limite, può accostarsi a quella immaginata in « I1 mondo nuovo » ( « Brave New World », 1932) di Aldous Huxley, ove compariva la pianificazione genetica (chi ha letto il romanzo, ricorderà il processo di bokanovskificazione). In sostanza dietro il potere centrale e dietro i poteri locali è necessaria una pluralità di partiti politici - intesi questi ultimi come mediatori, con proposte di programmi alternativi, fra i singoli cittadini e il potere -: altrimenti, di fronte a cittadini isolati l'uno dall'altro, il detentore del potere è praticamente inamovibile e l'articolazione fra potere centrale e poteri locali, espressione di elezioni democratiche differenziate, non dà nessuna garanzia. Ma non basta: nella attuale società massificata, dominata dalle tecnostrutture e dai persuasori occulti, occorre risalire ancora più a monte. I1 liberalismo moderno è pervenuto alla conquista di una serie di libertà che sono irrinunciabili: habeas corpus, libertà di pensiero, di espressione, di associazione, ecc. I1 movimento socialista non negò, in linea di principio, queste libertà, ma sottolineò N U O V I P O T E R I LOCALI A D E R E N T I ALL' A I C C E Comuni: ARSIE' (BL) COSTABISSARA (VI) ENEGO (VI) GIOIA TAURO (RC) PETTORAZZA GRIMANI (RO) SAN VENDEMIANO (TV) STIENTA (RO) TAGLIO DI P 0 (RO) VILLA CARCINA (BS) VILLANOVA MARCHESANA (RO) Pop. 4.050 3.025 3.096 15.016 1.850 7.42 1 3.055 7.789 8.278 1.446 l'abissale distanza ilella possibilità di fruirne fra i diversi cittadini e le diverse classi sociali, talché per alcuni risultava uno scherno poter godere sulla carta di certi diritti. Oggi siamo a un terzo stadio: ossia è tale il costo dell'organizzazione associativa e risultano ai più talmente inaccessibili i mezzi di comunicazione di massa, per non parlare dell'uso dei calcolatori elettronici e delle più sofisticate strumentazioni dell'informa- tica, che bisogna consentire - sia pure in vario modo - ai partiti, alle opposizioni politiche nelle assemblee democratiche delle Istituzioni, alle minoranze, alla cultura, agli individui di non essere soffocati o corrotti da chi gestisce il potere, di poterlo controllare e di poter gestire realmente, attivamente, le proprie rispettive libertà (cfr. per parecchi aspetti della questione « Razionalità sociale e tecnologie dell'informazione - descrizione e critica dell'utopia tecnocratica », 3 volunli di atti del Seminario internazionale tenutosi a Courmayeur, Italia, nel settembre 1971 a cura della Fondazione Adriano Olivetti - Milano, 1973 (") -). Vorremmo inoltre sottolineare particolarmente l'importanza di poteri locali di base, idonei a rappresentare la cerniera fra la democrazia diretta e la democrazia rappresentativa (i quartieri delle grandi e medie città, i circondari rurali o Landkreise, ecc.), e l'esigenza di dotarli adeguatamente degli strumenti necessari alla partecipazione p o p e lare alla democrazia (cominunity centres o centres sociaux o Dorfgerneinschafthutlser; tipografie socializzate; giornali di quartiere e di circondario rurale finanziati pubblicamente; disponibilità di canali radiotelevisivi; ecc.). I n sostanza lo stesso pluralismo dei partiti non è vitale, se essi non hanno possibilità di nascere, cresccre, operare disponendo di strutture socializzate di informazione, studio, dibattito, espressione, che evitino il loro condizionamento a priori e la loro corruzione. Codeste strutture socializzate contribuiranno a rendere difficile la gestione unicamente dall'alto, oligarchica, dei partiti, favorendo alla base lo sviluppo di una vita politica e culturale comunitaria. Infine bisogna ricordare che non c'è società libera se essa non si fonda su una scuola veramente democratica, non strumentalizzata dal potere, finanziata pubblicamente e collegata alla comunità locale, e se in essa non può vivere concretamente una dialettica fra i tempi brevi della politica e i tempi lunghi della cultura. Qui torna utile citare un famoso « poscritto » della opera di Sidney e Beatrice Webb K Soviet Communism: a New Civilisation? » (1935; 38 edizione 1945), ove si affermava che non c'è libertà e progresso in una società nella quale non si abbia l'effettiva possibilità di «pensare pensieri nuovi e di formulare anche le più inattese idee nuove ». C - Il terzo problema è sollevato dalla massima « razionalizzazione » particolare esistente in un più vasto contesto irrazionale: quella delle Comunità statuali formalmente « sovrane » - nazionali o plurinazionali in un assetto planetario disintegrato e assolutamente irrazionale. La coesistenza fra le Comunità statuali si basa attualmente su un equilibrio bipolare con tendenza verso la multipolarità: essa vede Potenze imperiali, che impiegano le tecnologie più sofiI ' ) Vedi ~ r e s e n t a z i o n edi Umberto Serafini. relazioni e 'ikervent: di Alain Touraine, Serge Mallet, Luciano Gallino, Miche1 Crozier, Franco Mornigliano, Pierre Naville, Paolo Sylos Labini, Michael V. Posner, Edward B. Stuttard. Stuart J . Woolf, Pasquale Saraceno, Anatol Rapoport, Alberto Predieri, Stefano Rodotà. Andrea Manzella, Mario G. Losano, Jean Blondel, Roberto Vacca, Roberto Guiducci, Guido Martinotti, ecc. aprile 1974 sticate per rimanere capaci di overkill - cioè di uccidere più volte il medesimo ilemico -, t una organizzazione « coloniale » o « satellitaria » del rcsto del mondo, ccndotta in Funzione della conservazionc dell'equilibrio internazionale, che in realtà e un « equilibrio del terrore ».Tutto ciò comporta spese folli per gli armamenti, mentre in molti Paesi incalza la fame e si profilano terribili gli effetti della bomba demografica. Le materie prime in questo contesto vengono impiegate irrazionalmente, non si rispettano le regole del « riciclaggio » e si ccmpromette sempre di più - con danno e rovine per tutti - l'ecosistema planetario. D'altra parte l'equilibrio del terrore giustifica obiettivamente la conservazione dello statu quo e comunque il tentativo di evitare a qualunque costo le vacanle di potere al vertice dei rispettivi sistemi, perché esse pctrebbero permettere lo scoppio fulmine0 di una conflagrazione bellica generalizzata e la fine della storia del pianeta. Come fare avanzare in questo contesto la ragione « non strumentale » ? E' evidente che l'obiettivo è la Federazicne mondiale, cioè una autentica Organizzazione delle Nazioni Unite. Ma è anche evidente che questo obiettivo non può raggiungersi mettendo insieme sistemi a struttura antitetica. L'avvio verso una determinata Comunità federale europea e verso un determinato modello europeo di sviluppo potrà dunque essere l'esempio vivo, e quindi efficace, di un superamento razionale delle antitesi: le quali, oltretutto, forniscono un alibi alle continue pretese della « ragion » di Stato. 7 - La lotta per la ragione Concludendo ci sembra soprattutto di dover ribadire: la costruzione sovranazionale e democratica delllEuropa non ha alternative, se non quella dell'assunzione definitiva del ruolo di satelliti da parte delle nostre Nazioni e il loro deterioramento progressivo economico, sociale, politico. Facile o difficile, l'unica battaglia ragionevole è quella per gli Stati Uniti d'Europa: coloro che avversano i federalisti europei non hanno il coraggio di guardare la realtà in faccia. Roma, rnarzo 1974 Poscritto Dopo la conclusione della relazione avvenimenti diversi, m a tutti di grande rilievo, hanno mutato la congiuntura politica: discorso di Callaghan al Consiglio della Comunità europea a Lussemburgo, morte di Pomp i d o ~ ~convegno , sulle materie prime promosso da Boumedienne presso I'ONU, liberazione del Portogallo, misure economiche « autarchiche » italiane. Tuttavia questi avve. nimenti, anche se potrebbero ( e potranno) dar luogo a u n Poscritto più lungo del presente. non giustificano in nessun modo modifiche sostanziali aila relazione. Al contrariO: portano a'1a ribalta~se più radicale prevista nel paragrafo 5 ( c o m e arrivare a u n potere europeo). - aprile 1974 COMUNI D'EUROPA Construir urna nova vida - Destruir o sistema di Andrea Chiti-Batelli I recenti fatti portoghesi hanno dato improvvisa popolarità, anche fuori del Paese, al nome del primo oppositore del vecchio regime che il generale Spinola ha accolto, reduce da un lungo esilio politico: il socialista Mario Soares. Il saggio « Construir uma nova vida - Destruir o sistema » a lui in gran parte dedicato, che qui pubblichiamo, era stato scritto alcuni mesi addietro, quando il Soares ci aveva inviato dalla Francia le opere che in esso si menzionano: esigenze redazionali avevano poi costretto a rimandarne finora la pubblicazione. Non apportiamo viodifica alcuna alle nostre parole: le riflessioni che ci suggeriva quest'inverno l'attività clandestina e in eszlzo di Soares valgono anche in primavera, per la sua attività pubblica e in patria. Solo vogliamo aggiungere una nota malinconica, in tanto giustificato ottimismo per l'avvenire del Portogallo. Se una dittatura vecchia di quasi mezzo secolo, e tarlata fin nelle più intime fibre è caduta, ciò non è stato dovuto all'azione, alla pressione, allo stimolo, all'esempio di un'Europa politica e democratica che non c'è e non si cura del ri~ondoiberico-lusitano più di quanto non si curi di quello ellenico ( o se ne cura, di fatto, solo per ait~tarlisottobanco); ma allo shock d i una guerra coloniale i cui nodi non potevano più esser rimaizdati e - molto probabilmente - a una sotterranea azione dell'America (è una ragionevole ipotesi avanzata da più di un commentatore) a cui un alleato colonialista e costretto, dalla logica della guerra, alla tortura e al genocidio non può non risultare assai scomodo, specie ai fini della politica africana di quella grande potenza. Questa è I ' « identità europea », questa è l'« indipendenza » che ci promette, e che sola può darci, l'Europa delle patrie. Ma qual'è, e da dove viene, la risposta a tale Europa? Qttal'è il posto che il Portogallo libero potrà prendere nella corriunità dei popoli europei democratici, se tale cotnunità è in disfacimento? I1 problema del Portogallo - che qui riassumeremo considerando alcuni dei principali scritti di uno dei più coraggiosi e lucidi oppositori del regime, il socialista Mario Soares - ci richiama all'alternativa e al K préalable » europeo, come il problema spagnolo, per due ordini di ragioni. Anzitutto per le cause remote e di fondo: la debolezza di una den~ocraziache non può affermarsi e realizzarsi su base nazionale, e tanto meno in un Paese di otto milioni di abitanti, costituisce la causa prima della sfiducia, dello scetticismo, dell'apatia e insieme del disordine e del caos che creano le condizioni per l'affermarsi di una dittatura che poi, alleandosi con le forze reazionarie e del grande capitale, stabilizzerà e istituzionalizzerà quella progressiva segre%azione dell'opinione pubblica e delle masse da ogni interesse e sensibilità politica. In secondo luogo per le prospettive future: così chiuso entro la fcrrca morsa di un regime che ha troppe solidarietà internazionali, in primo luogo negli Stati Uniti, e troppi aiuti, diretti e indiretti, anche da Paesi europei (si ricordi quanto ha dctto Tierno nel volume recentemente pubblicato dallo I.A.I.) (1) che pur a parole e ipocritamente prendono, quando d e ~ o n o pronunciarsi ufficialmente, le loro distanze dal regime portoghese e si opporrebbero a una sua adebione e associazione a organismi europei, - in tale situazione, dicevo, il Portogallo appare condannato a d un servaggio ancora lungo, e la battaglia dei democratici portoghesi, pur coraggiosa ed esemplare, appare disperata. I1 problema coloniale complica ulteriormente, e aggrava, questo quadro già così fosco: giacché, se perfino in un Paese come la Francia, libero e pluralista, C con forti e agguerrite opposizioni, si è potuta risolvere la guerra di Algeria solo a prezzo dell'avvento di un regime forte e che, quasi a compenso di quella rinuncia, ha dovuto porre in primo piano la grandeur nazionale e le pretese egemoniche, e di conseguenza frenare e distorcere, con conseguenze ancora incalcolabili, il processo di integrazione europea; quanto maggiore sarebbe il trauma - e quindi quanto maggiori sono le capacità del regime di aggrapparsi allo status quo e di tentare di sopravvivere - in una situazione così intricata e dall'avvenire così oscuro, e con margini, quali quelli di cui dispone il Portogallo, tanto più ridotti, all'intcrno come sulla scena internazionale? Giacché questo è il quarto elemento di forza delle dittature, dove la prospettiva di un cambiamento di regime si ponga nei termini puramente nazionali: il rischio del salto nel buio, rischio che esse diligentemente coltivano e propagandano, per assicurarsi sempre meglio la rassegnazione e l'acquiescenza dell'opinione pubblica. Gli echi della querra civile spagnola non possono non aver lasciato una loro traccia, e una traccia profonda, anche nel Portogallo, e fin tra le nuove generazioni. Esaminando consimili situazioni - fosche, per non dire dispcratc, per l'avvenire della democrazia - in molti Paesi latino-americani alcuni coraggiosi studiosi dei loro problemi (2) hanno osato affermare la necessità, per usare le loro stesse parole, di un « catalizzatore esterno», di condizioni ab extra create da una nuova situazione internazionale, e capaci di sbloccare quella chiusura che altrimenti non è possibile spezzare dall'interno. Una tale affermazione suona a molti assurda, una fuga in avanti senza basi, quando non addirittura blasfema, una inammissibile e impossibile rinuncia alle responsabilità nazionali: ché la liberazione della Nazione deve essere opera, si dice, essenzialmcntc dei suoi cittadini, o lo è solo in apparenza. Ciò è indubbiamente vero: e Soares stesso non perde mai occasione per ripetere nei suoi scritti che la redenzione del Portogallo è e non può essere se non compito dei portoghesi. Ma quello a cui qui, e negli altri ( I ) E. TICKNOG ~ I . v ~ YSF>U~!!I?(I , 1?1en10ralldun?, Istituto Aflari Iiiiei-nazioriiili. Roina. r Il Mulino, Bologna, 1972, 101 pp. (2) Alludo segnatamente allo studio dei problemi latino-aniri-icarii, per me capitale, di K . O . Hansen, Regional Infegration: Reflection o n a Decade ot Theoretical Effort, M World Politics M, gennaio 1969, pp. 242-271. casi analoghi, noi pensiamo, e pensano gli eminenti studiosi sopra citati, non è una azione sostitutiva di tale lotta nazionale, sibbene un decisivo aiuto esterno che crei le condizioni internazionali essenziali perché quell'opera interna di redenzione possa avere successo. E questo è un punto che ci pare debba invece esserc riaffermato e ribadito, se si vuol tenere conto insieme della realtà C dell'esperien~a. Vediamo ora di toccare meno sommariamente quei diversi punti a cui sopra si è fatto cenno. Anzitutto il vizio di origine: la carenza strutturale e permanente di una democrazia, che in un ambito nazionale è necessaria. mente gracile e incerta, e in modo speciale in un Paese di relativamcnte piccole digeograf che, economiche, demomensioni grafiche -: causa prima del nascere, e del durare, di regimi autoritari. Ha scritto appunto il Soares nel suo libro più noto e meditato, dedicato alle vicende del suo Paese e alla lotta di liberazione che egli conduce (3) - scritto che, per avere forma e contenuto prevalentemente autobiografici, non è per questo politicamente meno istruttivo -: - « Nel 1926 il Portogallo traversava una crisi profonda, dovuta alle difficoltà di adattamento delle strutture e alla sete di giustizia sociale delle masse popolari. ~isgraziatakentela Repubblica non seppe trovai-e gli uomini capaci di procedere alle rifortne urgenti che si itnponevano. La libertà era totale. ma stava lentamente trasfortnandosi in anarchia. I partiti non erano se non razgruppamenti senza radici nella realtà del Paese. mentre il Parlamento era impotente davanti al disordine che cresceva n. Un regime liberale ha potuto affermarsi per un secolo, pur con tare e difetti gravi, nel Paese; m a non ha resistito di fronte al sorgere di nuove rivendicazioni popolari: e lo stesso Soares, in altra e più recente pubblicazione (4) ne ha visto chiaramente le cause storiche, dovute al fatto che il Portoga110 non era e non è un Paese moderno, industriale e dinamico - quale, poniamo, la Gran Bretagna, capace di assorbire le lotte sindacali e la battaglia del proletariato senza contraccolpi gravi per il sistema democratico - ma una nazione ripiegata su se stessa, dissanguata anzitutto dalla conquista e successivamente dallo sfruttamento coloniale, operato prima in Brasile e poi in Africa, scnza vere prospettive di Paese moderno, chiuso com'era e resta in un ristretto ambito nazionale. E, come in Italia, la partecipazione alla prima guerra mondiale e il peso gravissimo che essa costituì per il Paese dette il colpo di grazia. Da qui la nascita della dittatura, di cui Soares chiaramente definiscc, nclla seconda delle due opere citate, le caratteristiche essenziali: « Alla domanda se il regime attualc rappresenti la inera continuazione di quello salazarista rispondo affermativamente, con la riserva che il salazarismo non fu immutabile nel tempo: esso ha evoluto con le circostanze, nazionali e internazionali, conservaiido tuttavia sempre una certa (3) M ~ R I OSOIRCS,Le Portuga~l baillonné, Paris, E . Calmann-Lévy, 1972, pp. 314. ( 4 ) MIRTOSOIRES, ~ & s : r ~ ~Ui ~r I Cnovo izida - Destr~rir o sistema. Por zim Partito Socialisla forte, c o m b a f i v o e etica.. Textos K Portugal Socialista n, Roma, Tip. SETI, agosto 1973, pp. 80. 1O COMUNI D'EUROPA aprile 1974 - identità, che ha consistito nell'essere sempre un regime di estrema destra, al potere per servire gl'interessi delle classi privilegiate e del grande capitale, gestendo il Paese con metodi antidemocratici (regime poliziesco) e fondandosi sull'apatia politica e sull'oscui-antismo delle masse, tenute al margine dell'evoliizione del pensiero politico mondiale D (p. 8). tuto scalzare, e forse neppure scalfire, i regimi in questione, è certo che un fatto assai più lento e meno drammatico quale la distensione potrà creare solo, per quelle dittature, momenti di malessere e difficoltà solo transitori, destinati a d esser più o meno facilmente riassorbiti finché la protezione della fredda ragione di stato americana resterà al loro [ianco (la recentissima funzione di porta-aerei terrestre svolta Tale essendo la natura del regime, e tali dal Portogallo durante il conflitto mediole forze che lo sostengono, all'interno come orientale rafforza tale considerazione) e finall'estcrno, quali speranze si possono riporre ché la connivenza più o meno occulta, m a in in un ritorno, a breve o a medio termine, ogni caso attiva e dinamica del grande capia un regime democratico? tale internazionale, anche europeo, e dei noSoares rileva che solo la guerra fredda stri establishments resterà in piedi. E per le poté dare una boccata di ossigeno alle due stesse ragioni non è di per sé conclusivo dittature iberica e lusitana, mettendo in - è ancora Soares che parla, e affermare auge sulla scena internazionale un anticomunismo dietro il quale si potevano contrab- sempre nella seconda opera ( e dice anche lì bandare le politiche più reazionarie e anti- cosa verissima) - che « il regime ha ormai democratiche, appunto come quella porto- perso la sua base ideologica (corporativismo Fascista, totalmente disadatto al mondo di ghese e spagnola, che, dopo la sconfitta dei regimi fascisti delllAsse, si erano sentite oggi), senza riuscire a trovare una dottrina sostitutiva, dato che il " desenvolvimentimancare il terreno sotto i piedi; e ritiene che la fine di tale guerra fredda crei di s m o " tecnocratico non è riuscito a radicarsi nuovo una situazione favorevole per i demo- in Portogallo ». Questo è certo un elemento cratici portoghesi. Ora, che tale situazione di debolezza, ma non ancora il principio della fine, se persistono le omertà e i punper essi sia destinata, in tale nuovo clima, telli esterni che sopra si diceva. a migliorare sembra incontrovertibile. Ma il ragionamento può essere, e con maggior Tali, e non altre, sono le condizioni intcrverosimiglianza, in qualche modo rovesciato: nazionali: condizioni che hanno una funzione nel senso che se neppure un evento così trau- decisiva nel ridurre le possibilità di lotta e matico come la disfatta nazi-fascista ha po- di liberazione nazionale dei democratici por- toghesi, come di quelli spagnoli; ed è in tal senso che la Federazione Europea potrebbe costituire non già un ersatz e uno strumento che si sostituisca alla loro lotta, m a per l'appunto la creazione di un grande polo politico, di una grande entità continentale con una sua precisa ragione di stato per più lati collidente con quella delle grandi potenze all'esterno, e aperta all'interno a un regime di profonde riforme, sì da ribaltare, per il primo come per il secondo m e tivo, quelle condizioni internazionali attualmente frenanti, e anzi paralizzanti, e dar vita invece ad un opposto quadro dinamico, in cui verrebbe in primo piano l'interesse della Federazione Europea a che un Portogallo libero, come una Spagna e una Grecia libere, divengano membri di pieno diritto della nuova Federazione continentale e svolgano in essa in pieno la loro funzione. Valgono qui, per la vocazione e la necessaria appartenenza europea del Portogallo - e in ordine alla mutilazione inammissibile che una sua assenza significherebbe e significa per l'Europa - le stesse, e anche qui pertinentissime, considerazioni che altrove abbiamo formulato relativamente alla Spagna, sulla scorta di Tierno Galvàn, nella prefazione al volume sopra citato dell'eminente socialista madrileno. Ma è evidente chc una tale funzione di ribaltamento - modificare radicalmente le condizioni della bilancia interna (che oggi alterano il libero confronto delle forze politiche portoghesi e creano un permanente ed insormontabile harzdicap a danno dei ruppi democratici o a favore della dittatura), e non sostituirsi a tali lotte -, tale funzione, dicevo, potrà essere svolta da una Europa federale, democratizzata nelle sue strutture e profondamente riformata nella sua società, e non certo dall'attuale Europa comunitaria. Qui forse i socialisti e democratici portoghesi vedono co'n ancor maggior chiarezza e realismo dei loro compagni spagnoli i limiti di questa Europa ufficiale, e la denunziano senza mezzi termini, in altra brochure (S), anch'essa largamente ispirata al pensiero del leader socialista lusitano, quando scrivono con grande efficacia, anche se non riescono a rendersi conto della mutazione qualitativa di carattere istituzionale che sarebbe necessaria perché le carenze che essi lamentano venissero risolte, e gli obiettivi a cui essi mirano raggiunti, o almeno avvicinati - dalle Comunità funzionali alla Federazione politica -: « I1 futuro internazionale del Portogallo non può essere immaginato indipendentemente dagli Stati europei vicini. L'iriternazionalismo non propone ai lavoratori portoghesi il ristabilimcnto di un'autarchia chc rapprcsenta un'aberrazione c condurrebbe al dominio economico esterno, snecialmente nord-americano. Per cl~iestoil Partito Socialista porioghest: ai'l'crma che l'idea europea so\.rannazionalc deve esscrc consolidata, non solo pcr opporre una resistcnza efficacc al capitalismo internazionale, dominato dagli Stati Uniti, ma anche p ~ r c h é un'Europa socialista svolga efficacemente il compito che deve essere suo nell'equilibrio mondiale e possa contribuire in tal modo a consolidare la pace. [...l Ciì) nonostante il Partito Socialista porto- (5) Declui-ucuo de principios r proyrolitia rlo Particlo .Sf~cirili.~ta. Texto? N Portueal Soci?lista n, Roin?. C La Tiposrafica settembre 1973, pp. 65. Come dice il titolo, questo voliimetto conticne una lunaa risoluzione appi-o\,aia ncl Conrresso clcl Partito Socirilista portoghese dell'estate scorta, di cui diremo fra poco. aprile 1974 ghese considera che non si possa avallare, in nome dell'internazionalismo, l'istituzionalizzazione di una Europa basata su fondamenti neocapitalistici ed imperialistici, proiezione a livello internazionale della società capitalistica che esiste o che si deve combattere a livello nazionale. L'attuale Comunità Europea è tuttora una crea. zione del patronato multinazionale e il Mercato Comune, in forza della sua politica economica, ha facilitato la penetrazione dei capitali ameri. cani, europei e multinazionali nei diversi Paesi dell'Europa occidentale, penetrazione particolarmente grave perché si dirige di preferenza verso - e implica una subordinazione dei - settori economici tecnicamente più avanzati. Così si comprende come la Comunità Europa non si sia costituita fino ad ora come una entità distinta dagli Stati Uniti nei principali consessi internazionali D. Dopo avere rilevato l'importanza crescente che il consolidamento di un'effettiva unità europea riveste di fronte al rafforzarsi dei totalitarismi - dalla Spagna alla Grecia al Portogallo - il documento che stiamo citando riafferma che i socialisti portoghesi non possono limitarsi ad un atteggiamento di mera aspettativa, e dovranno invece mandare avanti, in collaborazione con le forze socialiste di altri Paesi, la prospettazione di una strategia alternativa della Comunità, in conformità con gli obiettivi di trasformazione della società che essi si propongono, con particolare riguardo alle relazioni con il Terzo Mondo e ad una nuova struttura del commercio internazionale. Sono affermazioni di importanza capitale, e che devono far riflettere, giacché esse ci danno la misura di quanto grandi siano le responsabilità degli europei ancora liberi, per avere lasciato a mezzo e senza vera struttura e vocazione politica una costruzione, come quella comunitaria, che, se subisse la mutazione federale, potrebbe costituire un potente polo attrattivo sui popoli e sulle forze democratiche e anti-autoritarie, specie dei Paesi non liberi, e un non meno fondamentale fattore corrosivo nei confronti delle dittature e dei regimi totalitari, tanto dell'Est come dell'Ovest. Ma continuiamo la nostra analisi della situazione portoghese, sempre sulla scorta delle analisi del Soares. La spoliticizzazione è profonda, e colpisce le stesse masse lavoratrici e la gioventù, tanto da porre un vero e proprio problema di una crisi della coscienza nazionale, reso più grave dalla prospettiva della decolonizzazione. I1 problema non è nuovo, osserva Soares nella seconda delle sue opere citate, da cui sono tratti anche i brani riferiti più oltre: a e prima gli uomini della cosidetta generazione del '70 - Antero de Quental con le sue Causas da Decadeizcia dos Pavos Peninsulares iios Uliinios Tres Sécitlos, Oliveira Martins e lo stesso Teofilo Braga, sia pure da un punto di vista diverso -; poi uomini come Sampaio Bnino. Bazilio Teles e soprattutto Antonio Sergio; e finalmente, nell'epoca contemporanea, studi co. ine quelli, che cito a titolo meramente esemplificativo, di Vittorino Maqalhaes Godinho (O Socialismo e o futuro da Peninsula), di F . Pereira de Moura (Para onde vai a economia poriiiguesa), di Joao Martins Pereira (Peilsar Porircgal Hoie), di Mario Sottomayor Cardia (O Dilema da Poliiica Poriugltesa), di Francisco Sarsfield Cabral (Urna perspeciiva sobre Poriugal) )>, hanno di nuovo lumeggiato il problema, così nellc sue radici storiche come nella sua realtà attuale. Dove dunque trovare una leva intema COMUNI D'EUROPA su cui appoggiarsi, quando così opaca e sorda è tuttora l~opinione pubblica, e quando anche il mondo circostante è ostile o al più disposto solo a lip-services? E' una domanda che, in una prospettiva nazionale, è destinata, almeno per molto tempo, a restar senza risposta. 11 tabile: il Portogallo deve ristrutturare il suo futuro nazionale nel limite del proprio territorio europeo " Ma appunto la necessità di questa ristrutturazione in termini nazionali, e solo nazionali, pone il problema, o il pretesto, del salto nel buio: che il regime, in Portogallo come dalla parte della verità La pace è qualcosa che non si deve solo tnantenere, tna creare, e creare a partire dalla verità, dalla giustizia, dall'amore e dalla libertà, a partire dalla coscienza politica dell'zlomo... Per questo, parlare di pace in Mozambico senza parlare siticerameiite della guerra che lo macchia di sangue, sarebbe eludere il problema f o ~ damentale, sarebbe aunientare la violenza ... Ripensare alla guerra, oggi e qul, significa riconoscere lealmente i conflitti che, dentro e fuori il nostro ambtto, concorrono alla distruzione della pace ... e interrogarci serenamente se questa guerra costituisce u n mezzo degno e appropriato a risolvere il conflitto aperto; se alla base della contesa non sia in causa, più che una "aggressione " da u n lato e una " legittim a difesa" dall'altro, una giusta aspiraziotie di questo popolo alla enzaiicipazione D. (dalla riflessione pastorale nella VI1 Giornata mondiale della pacc di D. Manuel, Vescovo di Nampula, gennaio 1974) « Notz basta l'assenza di guerra armata per parlare di pace, e la repressione non è pace, come non lo è la viltà né l'adattamento esteriore, secondo le parole di Paolo V I , che non si stanca di ripetere che la pace è conseguenza della giustizia. Sotto questo aspetto v i sotio in Portogallo situazioni che ci turbano: - l'afflizione in cui vive gran parte della popolazione, econotnicanzente più debole, i n seguito a2 crescente aumento del costo della vita; - le coizdizioizi inurnane in cui vivono molti, in seguito a gravi carenze nell'alimentazione, nell'abitaziotle, nell'igiene e nella salirte; - uoinini e famiglie che si vedono obbligati a partire dalla propria terra per sopravvivere o procacciarsi u n ai~veniretnigliore; - condizioni di lavoro e ritmi di prodtczione che trasformano gli uomini in macchine; - mancanza di sicurezza dei lavoratori che rischiano il licenziamento senza giusta causa; - squilibrio fra i guadagni delle imprese e quelli dei loro dipendenti; - conflitti con gli studenti e ricorso sistei~i~aticoalle intimidaziotzi e alla repressione come mezzo per risolvere questi consegtlenti pi*oble~ni». (dall'omelia di 15 Padri di Porto del 1" gennaio 1974, in La vocc dclle Comunità crisitane di Porto D) K Considerata la guerra ingiusta contro i popoli dell'Angola, del Mozambico e della Guinea... manifestianio la nostra solidarietà con i popoli delle colonie in lotta per la loro libertà nonché con tutti i portoghesi che hanno lottato e lottatzo conseguentemente per l'instaurazione di una società giusta e facciamo vivo appello a tutte le persone che halino coscienza di questa situazione perché si uniscano in uno sforzo coerente di lotta contro lo sfrutfamento e l'oppressione esercitati sul popolo lavoratore D. (dichiarazione approvata il 30 e 31 dicembre 1972 da un gruppo di alcune ccntinaia di cristiani e non cristiani, riuniti nella « Cappella da Calcada Bento da Rocha Cabral » a Lisbona) Vi è poi, come già si è accennato, il problema coloniale. Certo la saggezza popolare ha ragione, quando afferma, commentando le guerre di retroguardia, incivili e senza speranza, che il Portogallo combatte in AfriC:' '' estamo' a gastar o que aquilo que ja perdemos D. E Soares ha ancor più ragione quando aggiunge: « La perdita dell'Africa è ad ogni modo inevitabile a medio termine: tanto se si segua la via iifficiale che conduce a una subordinazione progressiva degl'interessi cosidetti portoghesi a i caDitale straniero, alle coinpagnie multinazionali e all'Africa del Sud (con le contraddizioni inevitabili ed esplosive che ciò coinporta), sia che ci si ponga sulla via democratica, che implica il riconosc~mentodel diritto all'autodeterminazione e la concessionc dell'indipendenza ai popoli coloniali. In entrambi i casi il risultato è inevi~ ~- in Spagna, cerca, come si diceva, di tener vivo con ogni mezzo, t r a l'altro sforzandosi - è ancora Soares che lo rileva - di accreditare la convinzione che tra esso e il comuil vuoto, e che appunto una nismo vi dittatura comunista sia la sola alternativa alla dittatura attuale. E la stessa opposizione, che non può non condurre contro un regime del tipo di quello spagnolo una lotta se non frOnportoghese tale e ad oltranza, giacché ogni compromesso sarebbe un compromesso sui principi, deve, se non vuole rifugiarsi in una innocua non violenza, accentuare necessariamente gli di rottura, la radicalizzazione della battaglia: favorendo per contraccolpo pro- COMUNI D'EUROPA 12 prio quella strategia della paura su cui il regime punta, e con ragione, molte delle sue carte, perché ne conosce l'efficacia. Scrive ancora il Soares ( e ancora una volta come si potrebbe dargli torto?): « Ci troviamo coinvolti in una guerra totale contro un regime, dalla qunlc o usciremo vincitori o risultrrà la distruzione completa delle generazioni successive. Qucsto sentimento, assoluto, dobbiamo saperlo comunicare a tutti i nostri compagni. [...] Non appare oggi all'orizzonte nessuna soluzione concreta di alternativa pncifica. Dobbiamo pcrtanto passare, come diceva il Generale Delgado, dalla fase di "odio addomcsticato" alla lotta aperta senza esistazioni. Già una parte dclla gioventù ha fatto questa scelta. E noi, come partito, ci dobbiamo porre risolutamente sulla medesima strada D. I1 partito al quale Soares allude è, come già si è accennato, il risorto Partito Socialista, recentemente ricostituitosi in Germania, a conclusione di un congresso della << Azione Socialista Portoghese che ha appunto deciso di dargli vita e di trasferirsi nella nuova organizzazione, come è testimoniato dalla terza pubblicazione poc'anzi citata. Limitandosi alla mera indicazione di obiettivi generali, tale enunciazione sistematica che dei principi del socialismo portoghese vuol distinguersi dalla socialdemocrazia, perché chiede una riforma radicale della società in senso anti-capitalista; ma che tiene altresì a diversificarsi dal comunismo, perché aspira ad una società democratica, aperta, pluralista e dal volto umano - non entra nel problema dei mezzi, e delle forme di lotta da condurre per giungere allo scopo. Ma il problema resta aperto, così come restano i rischi di contraccolpo « cileno » che, anche in Europa, sussistono ogniqualvolta si ponga in atto un tentativo di fare il passo più lungo della gamba. )) - Ora è qui forse la funzione più importante, e sulla quale più ci piace insistere, che l'esistenza della Federazione Europea potrebbe svolgere, per quel ribaltamento » che si diceva del t r e n d conservatore e immobilista che oggi domina così sulla scena internazionale come all'interno dei singoli Stati europei. Se l'opposizione nei Paesi dittatoriali e fascisti potesse porsi, come obiettivo primo e pregiudiziale, il rovesciamento del regime al fine di consentire l'adesione del Portogallo, degli altri Stati interessati, a una Comunità Europea libera e democratica, in cui l'ordine, il rispetto delle libertà e dei diritti civili, la tutela dei principi costituzionali e le garanzii: di una società aperta e pluralista sarebbero nelle mani delle autorità federali, dei tribunali federali, della Costituzione federale, lo spauracchio del caos, della guerra civile, del bagno di sangue risulterebbe per tutti, e in modo assai più manifesto, esser solo un argomento capzioso e propagandistico, uno strumento meramente pretestuoso e inconsistente per meglio assicurare lo status quo, il privilezio economico e il potere politico di una casta dirigente sempre più lontana dai veri interessi del Paese e delle aspirazioni popolari: e una possibilità nuova, e ben più reale e a breve termine, sarebbe aperta alla democrazia portoghese. Per questo, dicevo, la meditazione sui problemi altrui non può andare disgiunta da aprile 1974 quella sulle capitali responsabilità nostre; né la partecipazione e la solidarietà con la lotta dei democratici portoghesi da un impegno e da una lotta di tutti noi per costruire l'Europa politica. E ora, tocca alla Spagna Nel momento in cui il Portogallo, dopo quasi mezzo secolo di dittatura, sembra decisamente avviato a un ritorno a quel regime democratico che lo sottrarrà alle follie di un assurdo e anacronistico impegno coloniale e lo aprirà a una nuova vocazione europea, lo sguardo si rivolge con particolare attenzione alla Spagna, dove i fatti lusitani non potranno non aver contraccolpi e ravvivare le forze del dissenso, sempre attive dietro le sbarre della censura e della polizia del regime; e anche qui non si può non deplorare l'assenza radicale di unlEuropa politica, che di esse sarebbe i l naturale polo di coagulo e di spinta, e che fornirebbe ad esse un obiettivo e un ideale all'altezza dei tempi, rispetto al quale definirsi in contrasto al sistema. Ha scritto un giovane oppositore, Raul Morodo, che è anche un brillante docente universitario: « Se in trctte le società la lotta per la partecipazione sociale e politica è stata e cotitinua ad essere uno dei temi politici chiave, nelle società In trasfornzazione come qilella spagnola di oggi acquista utia rileval7;a ttltta particolare. [...I E' duiique evidente che l'incorporazione della Spagna nel2'Europo passa per la partecipazione di tutti gli spagi7oli - e non solo di una rninoronza - agli a f f a r i pubblici [...l: en~argitiare e discriminare all'interno sigtiifica di fatto emarginare la Spugna dal coizcerto democratico etiropeo » (1). Proprio dall'università, dagl'intellettuali, dai giovani può venir la spinta - forse ancora lenta, ma certo crescente e a medio termine decisiva - in un Paese che non soffre del trauma, clie sembra essere stato decisivo nel Portoyallo, di un dissanguamento in una guerra coloniale sempre più iniqua e al tempo stesso sempre più disperata. Perciò, dopo aver ascoltato il leader socialista lusitano, in ordine ai massimi probleilii politici del suo Paese, sarà opportuno ascoltare il leader socialista iberico, Tierno Galvàn, circa i fermenti universitari spagnoli. I1 libro in argomento a cui ci riferiamo ( 2 ) è stato scritto da Tierno all'indomani della rivolta universitaria del '68, che ha interessato, in misura maggiore o minore, tutti i Paesi e'iropei ( e non solo europei), non escliisa la Spagna, anche se ha potuto esser pubblicato solo quasi quattro anni dopo (3), ma le siie riflessioni mantengono tutta la loro attualità; e più nella traduzione italiana, completata anche da un più recente saggio sociologo sui giovani di oggi. ( I ) R. Morodo, i E s pusible la par-iecipaciòil politica ?. Inlorrnaciones n , Madrid, 26 Icbbi-aio 1974. ( 2 ) E . Tierno Galviii. Anatomia dclla protesta giovanile, Palermo, Palumbo, 1973 (traduzione e introduzione di Giacinto Lentini). (3) E . Tierno Galoàn, La rebelidli juvenil y e1 problema e n la Unive!-sidad, Madrid, Seminarios y Ediciones, 1972. e I1 problema universitario è sentito dagli oppositori spagnoli, dai docenti privati della cattedra per le loro idee, dagli uomini pensosi dei problemi dell'educazione, e perciò contrari al regime, essenzialmente come un problema politico: la riforma dell'università è la riforma del sistema. Così Josè Luis Aranguren - appunto un professore ed eminente cattolico, allontanato già da alcuni anni, proprio come Tierno, dagli atenei iberici - scriveva, in un suo lucido saggio apparso nel momento stesso in cui si svolgeva il maggio francese (4): « La democratizzazione della educazione si è t,.asformata in un,aspettativa nazionale e in crna necessità economica, oltre che in una esigenza morale ... La missione dell'llniversità consiste nel restituire alla società la sua coscienza, nel demitizzare ciitictimente gl'idoli imposti ». E concludeva il suo breve saggio affermando che un'università « pericolosa » è sempre preferibile a una università sterile. ~ ~poche~ parole l erano l ~ bastate ad Aranguren per porre a fuoco il problema di fondo degli universitari spagnoli dissidenti, che vivono come un loro profondo ed essenziale dramma politico ciò che Ortega y Gasset, nel suo celebre libro sulla missione dell'Università - recentemente tradotto anche in italiano - aveva enunziato come serena e distaccata verità filosofica: essere impossibile un'università buona in una cattiva società. Ed è perciò a quel fondamentale tema politico che la loro attenzione è rivolta, e non ai singoli aspetti tecnici di una riforma che oggi l'università di massa rende necessari. Allo stesso modo è concepito un volume di Antonio Tovar, anch'esso pubblicato in quel medesimo anno (5), che è in realtà una violenta denuncia politica del franchismo; come pure un'opera, anch'essa di quell'anno, di Pedro Lain Entralgo (6), che è, nello stesso senso, una palinodia di un uomo che - proprio come Dionisio Ridruejo (7) - aveva ingenuamente aderito, in gioventù, al franchismo, per poi allontanarsene progressivamente e riconoscerne le insuperabili carenze di fondo, anche nell'ambito accademico. Allo stesso modo, e cioè in senso eminentemente politico, reagisce di fronte al problema dell'università anche Tierno: il quale anzi dà forse - di quella rigorosa relazione sociologica condizionante che inter(4) J. L. Araiiguren, E1 problema universitario, Barcellona, Editoria1 Nova Terra, 1968. ( 5 ) A. Tovar, Unii~ersirlady E d ~ i c o c i ò n (le inasas, Barcellona, Ariel, 1968. (6) P. Lain E n t r a l ~ o ,E1 prublemu de la Uiiiversidad. Rrfle.riories de urgencia, Madrid, Cuadernos para e1 dialogo, 1968. (7) D. Ridi-ucio, Scritto in Spagna, Milano, Edizioni di Comunità, 1962. COMUNI D'EUROPA aprile 1974 corre fra società e stato, da un lato, e università dall'altro - la dimostrazione più rigorosa e profonda. « L'università prepara male i giovani alle loro responsabilità d i adulti D, egli dice, e li prepara sempre peggio perché le contraddizioni della società i n cui viviamo appaiono c o n forza s e m p r e maggiore e la sua ilnmoralità risulta s e m p r e più evidente »: l'università offre cioè « un'educazione che serve al sistema economico-sociale capitalista », nel senso che essa è itn inodo coerente e controlbato d i difesa contro i tentativi d i sostituire il sistellia che sta al potere, assimilando la nozione di sapere alla nozione di privilegio: saper d i più significa guadagnar d i più, e guadagnar d i più significa aver più privilegi n. I1 che è tanto più immorale, in quanto ormai le élites sono coscienti che la loro ideologia serve solo a mantenere i loro interessi dominanti e noti credono i n essa n, ma solo nel potere c o m e difesa ed espressione dei loro interessi ». Così, in quella sua funzione « educativa D (se, per ccntrasto, la si può chiamar così), « l'unii~ersitu è rilnasta, d i fronte ai suoi stessi protagonisti, sprovvista d i giustificazi'one nzorale e sociale ». A tal punto che pienamente giustificata appare, secondo Tierno, la ribellione giovanile e proprio nel suo puro e indefinito no, aunque n o sepa q u é Ii'ay detras del no. Per quanto un tale atteggiamento abbia certo, per le ragioni sopra indicate, un suo preciso significato in Spagna, esso non l'ha però, a rigore, in assoluto, giacché cade altrimenti nella critica, da più parti mossa alla contestazione studentesca, critica che rimprovera ad essa la cieca assenza di un programma. Ma Tierno è di ciò coscientissimo, e insiste a lungo nel suo studio sulla necessità di un « n o dialettico », e ciok di una partecipazione giovanile activa y real. E', la stessa parola - « partecipazione » che abbiamo visto, cominciando, esser al centro anche dell'attenzione di Morodo. Con queste parole Tierno pone un problema che non è specifico della Spagna e dei regimi dittatoriali della penisola iberica o di quella ellenica, giacché anche altrove, in Europa, nei nostri paesi che pur definiamo liberi, la d e m o c r a ~ i aè lungi dall'esser perfetta, e l'università ben lontana dall'ideale delineato da Aranguren. Ed è qui appunto che si inserisce il nostro préalable europeo: la costruzione di unlEuropa democratica, condizione e premessa per una società più libera, realmente capace di consentire una partecipazione » alla vita comunitaria. E' un peccato che questo tema traspaia così raramente negli antifranchisti iberici dopo le splendide, ma isolate pagine ad esso dedicate (ma prima della guerra civile, e in un clima dunque tutto diverso) da Ortega, 13 nella sua « Ribellione delle masse »; e che anche uomini, come Tierno, che pur si proclamano federalisti europei, non calino questa loro convinzione nel concreto del loro discorso sociologico e politico, sì chc essa non resti come qualcosa di estrinseco, che non fa corpo col loro pensiero. Ma, come si diceva, questo rilievo deve essere essenzialmente rivolto contro noi stessi. E' l'incapacità ventennale dei popoli europei liberi di realilzare un'Europa politica e democratica che ha condannato per così lungo tempo il mondo iberico e lusitano, e condanna quello greco a regimi a cui il resto delllEuropa contrappone solo blande critiche a parole e consistenti aiuti economici e militari nei fatti, in sostanziale collusione - al di là delle velleità verbali golliste - con la politica statunitense. E' quella perdurante assenza di ogni serio disegno di unità europea che rende più difficile il risveglio portoghese, che condanna alla semiclandestinità uomini comc Tierno, che non consente alcun ottimismo per l'avvenire politico della Grecia. Non resta dunque se non sperare che la lezione portoghese dia i suoi frutti, e non costituisca anch'essa una delle tante occasioni perdute per l'Europa comc lo sono state negli anni trascorsi la Grecia o la Cecoslovacchia. a. c.-b. la banca aperta. DITORINO 194 Sportelli in Piemonte e Valle d'Aosta. 14 COMUNI D'EUROPA aprile 1974 zione dei lavoratori. Spetta anche agli Enti locali la responsabilità di dare una risposta di civiltà agli assillanti interrogativi di centinaia di migliaia di lavoratori che stanno costitr~errdoormai un « nttovo proletariato x e assumendo le caratteristiche (sociologiche e politiche) di una vera e propria minoCoinunità europea sotto il profilo sociale, « Conzuni d'Europa » ha già più volte riserratzza all'interno dei singoli Stati che li econoinico, citlturale e politico. L'atteggiavato ainpio spazio ull'attività svolta dal mento che la Comunità intende assumere ospitano. I loro diritti non sono spesso ricoConsiglio dei Coinuni d'Europa in favore dei lavoratori inigranti. Essa riguarda sia di fronte a questo problema contribuisce nosciuti dalla legge (soprattutto per quanto l'analisi di alcuni probleini posti dal fenoa determinare la sua immagine agli occhi riguarda i lavoratori proveizienti dai Paesi meno nzigratorio nella Comunità europea, dei Paesi membri e dei Paesi ad essa esterni. esterni dalla Comuizità) e comirizque non e che si ricollegano più diretfamente ai com- Gran parte delle politiche poste i n essere in sempre garantiti in linea di fatto. piti degli Enti locali, sia la sollecitazione I temi introdotti della relazione di Marsede comuizitaria si ripercuotono in modo nei confroizti di questi ultimi affinché assu- più o nieizo rilevante in questo delicato tini soizo stati poi ampiamente ripresi nella mano iniziative concrete in tale canipo, sia settore: la politica agricola, per quaizto ri- relazione del direttore del servizio provinla pressione politica sui governi e sulle Istiguarda le regioni agricole più sfavorite e ciale di inlmigrazione di Liegi, Pollain, che tuzioizi comunitarie perché adottino unn ha tracciato u n vasto ed interessante panocaratterizzate quindi da u n forte esodo; la politica più rispettosa di una cooperazioize politica sociale, che, ovviunlente, coinvolge rama delle possibilità offerte ai lavoratori tra i popoli ciilente a fondnriiento relazioni una serie di iniziative che incidono sulla imnligrati in Belgio di partecipare sia alla più giuste e alctini irrinzinciabili valori umapiena occupazione, sulle condizioni di vita vita socio-economica sia a quella politica. Il ni e sociali. e di lavoro, sulla formazione professioizale relatore ha descritto la sitrrazione di questi In questo quadro si collocano l'indagine e sulla libera circolazione; la politica indu- lavoratori all'irrterno delle orgcrnizzazioni condotta qualche (inno fa dal CCE sull'at- striale, che rimane uno dei principali presindacali, dei consigli d'impresa, dei comitivitir svolta dagli Enti territoriali di parsupposti per la creazione di nrrovi posti di tati per la sicurezza e l'igiene dei luoghi di tenza e di arrivo dei lavoratori migranti, lavoro; la politica energetica, dalla quale lavoro, delle commissioni paritetiche di dacotzclzisusi con un ampio studio rimesso alla tori di lavoro e lavoratori negli organismi di dipendono vasti settori produttivi e qztindi Commissione della Comunità europea, e i la stabilità dell'occupazione (come i recenti gestioize e per il corztenzioso della sicurezza Colloqtri st~cce.ssivaii7entesvoltisi nel 1971 e avvenirneirti hanno draininaticamente con- sociale e la loro reale posizione nei procecli1973 rispettivainente a Miihlheiin e a Rus- fermato); la politica commerciale: la poli- nietrt; giudiziari interessanti il rapporto di selsheinl. Un apposito Grrtppo di lavoro, tica delle relazioni esterne della Comunità, lavoro. Per quanto rigrrarda la partecipaiilcaricuto di elaborure tin docilti~ento che che può essere determitzante per un diverso zione degli iriiniigrati alla vita politica, il facesse il punto szli vari aspetti dell'esodo relatore ha fatto riferimento ad alcirne prorapporto di scambio con i Paesi terzi, tale inigrntorio più direttainente connessi con i da ripercuotersi sulle possibilità di sviluppo poste di legge izazioizali per estendere ad conzpiti spett'cinti agli Enti locali, ha adeill- interno di ouesti Paesi; infine la politica essi il diritto elettorale attivo e passivo a piuto al iilundato ricevrrto nel nzese di noregionale, che, all'interno della Comunità. livello con?unale, proposte che pongono, tra vembre scorso: detto documento è stato tende a colpire alla radice le condizioni di l'altro, alcuni problemi costititzionali. Anche riprodotto integralmente sul n. 11/73 di que- squilibrio territoriale che alimentai10 - in l'esperienzg, sia pure recente, dei Consigli sta rivista. misura ancora così rilevante - i flussi mi- comunali coizsultivi degli immigrati itz algratori. ctrrze città belghe, tedesche e olaizdesi, ha A Russelshein? due temi erano emersi con Nella sila relazione Martini ha soprattutto formato oggetto di rtiz'iizteressante illustraparticolare insistenza: quello del sempre più insistito sui coii~pitispettanti agli Enti ter- zione. nuiizeroso flrtsso di immigrazioize proveniente da Paesi esterni alla Con?unità (particolar- ritoriali, di emigrazione e di immigrazione, Tale tema essen7iale è stato approfondito per contribliire alla solrtzione dei gravi proa livello di aizalisi politica r giuridica, dal inetzte dalla Turchia, dall'Africa del nord, prof. Rigaux, dclllUiziversità di Loi~anio.nella blemi sociali e politici dei lavoratori, che si dalla Spagna, ecc.) e quello dell'effettivo tra~feriscoiio da u n Paese all'altro della sua relazione su « I presuppocti del rico~ioriconosciinei~to dei fondamentali diritti di Coinunità ancora sotto la prevalente snintu scimento dei diritti nolitici ai lavoratori 111;libertà e di partecipazione civica e politica del bisogno e non già a seguito di una libera granti,. I n essa è stato posto l'accento degli iminigruti nella comunità che li ospita. ~ c e l t ache sola può trasformare, nei fatti. la sulle persistenti discriminazioni che la conPer questo nlotivo il CCE ha promosso, iii collaborazione con la Commissioize della tradizionale enligrazione in libera circola- cezione dello Stato izazionale provoca nei Comunità europea e con la città di Grenoble, nella quale vivono nunlerosi lavoratori provenienti sia dall'ltalia, si8a dal bacino del Mediterraneo, un Coizvegno che si è svolto nei giovili 8 e 9 marzo, con la partecipazione di ilunlerosi amministratori locali, dirigenti sociali e rappresentanti siizdacali europei, rappresentanti diplomatici e responsabili di uffici di emigrazione di alcuni Paesi dell'Africa inediterranea, ed esperti. Il Convegno è stato aperto da una relazione di Carlo Ramacciotti, della Direzione generale degli Affari sociali della Commissione della CEE, il quale ha illi4strato il prograinina di azione sociale con?rrniturio, con particolare riferiinetzto ai prohlenzi dei lavoratori inigranti e agli interventi del Fondo sociale ezrropeo il? questo settore, fornendo poi, iicl corso della discussione, ulteriori interessanti iilforinazioni sulle iniziative e gli inlpegni conzitnitari a tale riguardo. Successivuiiiente ha preso la parola Giunfranco Martini, responsabile del settore studi del CCE, il quale ha situato il Convegno nel qttadro della complessa presenza del CCE nel processo di integrazione comunitaria. I Grenoble: il rappresentante della CEE, Ramacciotti, svolge la sua relazione. Alla sua destra il lavoratori ~nigranticostitrriscono infatti un vicesindaco della città, Gensburger e il sindaco Dubedout; alla sinistra Elisabetta Gateau, aggiunta problema noil 111arginale,nia essenziale per la al Segretario generale del CCE Proposte di Grenoble per i lavoratori migranti (lavoro, condizione umana e comunità territoriale) aprile 1974 COMUNI D'EUROPA 15 dei problemi posti, i partecipanti al Colloconfronti dei cosiddetti stranieri », soprat- igienico-sanitari, gli alloggi e la promozione quio sottolineano il contributo essenziale che tutto per quanto riguarda il reale godimento sociale. delle libertà pubbliche (sicurezza di sogUna visita ad un apposito ufficiocomunale, possono apportare in questo campo, sul piano psicologico e sul piano delle iniziative giorno, sicurezza del posto di lavoro, garan- decentrato in un quartiere cittadino occupato concrete, i poteri locali e regionali. zie contro eventuali misure di espulsione) nella sua totalità da inzmigrati, ha consene le loro attività politiche. tito di verificare, nella pratica quotidiana, 6. - A questo proposito va ribadito che la Questi problemi non hanno mancato di spesso drammatica, il sollecito ed intelli- comunità locale che riceve i lavoratori misuscitare un ampio dibattito perché essi gente interessamento del Comune per i loro granti deve essere in condizione non solo vanno alla radice di una concezione profonproblemi. di accoglierli, m a anche di stabilire un vero Il colloquio di Grenoble non si è con- e proprio dialogo propizio agli scambi fra damente innovativa dei rapporti tra gli Stati cluso con l'approvazione di una risoluzione, membri della Comunità e che coinvolge le diverse culture. trattandosi di un incontro di studio caratalcuni concetti tradizionali del diritto pub7. - Tra queste iniziative, il Consiglio dei blico e privato. S i è anche discusso a Gre- terizzato da una partecipazione assai eteronoble sui tempi e le modalità di una azione genea. Esso tuttavia ha permesso ugual- Comuni d'Europa ha già sottolineato che la creazione di Consigli consultivi di immimente di individuare alcuni orientamenti tendente a garantire agli immigrati i diritti per la prossima attività del CCE in questo grati eletti (in corso di attuazione specialelettorali su base comunale, tenuto conto della obiettiva differenza di situazioni esi- campo, che sono stati sintetizzati in un mente in numerosi comuni belgi, olandesi e tedeschi) sia uno dei mezzi efficaci per stente, almeno al giorno d'oggi, tra i lavo- documento che dovrà poi essere oggetto di renderc possibile un reale inserimento di ratori provenienti dagli Stati membri della valutazioni da parte degli organi statutari del CCE, e di cui riportiamo integralmente questi lavoratori nella comunità che li acComunità e quelli ad essa esterni. coglie. Tali concetti sono stati ripresi nella comu- il testo qui di seguito. Per quanto riguarda i diritti politici dei Fra i vari punti in esso toccati ci sembra nicazione fatta dall'Ambasciatore d'Algeria lavoratori migranti, deve esscre possibile particolarmente utile sottolineare l'impegno in Francia, Bedjaoui, applicati ad una serie di considerazioni ed esperienze specifiche vi- del CCE di promuovere prossimamente un risolvere questo problcma, in un primo tem guardanti la massiccia emigrazione proveincontro tra i rappresentanti dei Comitati po almeno per gli appartenenti ai paesi niente dal bacino Mediterraneo e particolarconsultivi di immigrati, già in funzione in della Comunità europea, mediante la creamente dai Paesi del Magreb e diretta verso varie città della Comunità europea. in modo zione di una « cittadinanza europca ». la Comunità europea. da permettere un concreto confronto di 8. - Inoltre, i partecipanti al Colloquio La serie delle relazioni è stata chiusa dal situazione e di risultati e un progressivo chiedono che il Consiglio dei Ministri della Vicesindaco di Grenoble, Gensburger, che nziglioramento della loro struttura e del Comunità europca approvi, nel più breve ha portato a conoscenza dei partecipanti loro funzionamento, nonché per più stretti tempo possibile, la proposta della Commisuna serie di iniziative prese dall'amministracontatti tra la nostra Associazione e la Co- sione di rendere applicabile l'articolo 4 dcl zione co71zunale della città in favore dei lavo- munità, specie per l'estensione del Fondo regolamento del nuovo Fondo socialc euroratori migranti, soprattutto per quanto ri- sociale europeo a favore dei lavoratori mi- peo (che permetterebbe soprattutto di ottcguarda il loro arrivo e i primi contatti con granti. nere degli aiuti finanziari per la formazione il nuovo ambiente, i problemi scolastici ed Antenore professionale e l'alloggio) ai lavoratori migranti, apportando così un contributo comunitario essenziale alla soluzione di alcuni problemi concreti. Essi ricordano inoltre l'urgenza che il Consiglio dei Ministri giunga ad un accordo sulla messa in opera del Fondo di sviluppo regionale, rendendo così I1 colloquio su « I lavoratori migranti o voluto far ricorso ai mezzi e agli strupossibile un contributo allo sviluppo equimenti idonei a tale risultato. nella Comunità europea », organizzato 1'8 e il librato delle regioni della Comunità e la 9 marzo dal Consiglio dei Comuni d'Europa creazione di posti di lavoro nellc rcgioni di 2. Inoltre, in cambio del loro contributo (CCE), su invito della città di Grenoble, ha provenienza. all'espansione economica della Comunità riunito i rappresentanti (eletti locali e reeuropea, questi lavoratori spesso non si sono 9. - La Comunità europea deve elaborare gionali) delle sezioni nazionali del CCE, i visti riconoscere nemmeno alcuni diritti es- una concreta politica comunitaria dell'immirappresentanti dei sindacati, l'Ambasciatore senziali nell'ambiente di lavoro e per la loro grazione, permettendo una reale veduta d'ind'Algeria in Francia, ed i rappresentanti delle partecipazione alla vita della comunità che sieme dei problemi. Ma, pur mettendo in missioni diplomatiche e consolari del Mali accoglie. pratica una simile politica, la Comunità deve rocco, della Turchia e della Jugoslavia. prepararsi ad una progressiva diminuzione I partecipanti, dopo aver ascoltato le rela3. - Questa situazione precaria è ancora di questo tipo di immigrazione e negoziare zioni di Gianfranco Martini, J. Pollain, Ray- più drammatica per i lavoratori migranti accordi globali in grado di trasformare mond Gensburger e F. Rigaux, e la comu- provenienti da paesi che non sono membri nicazione dell'Ambasciatore d'Algeria in Fran- della Comunità, non essendo essi normal- l'equilibrio economico e finanziario delle recia, Mohammed Bedjaoui, sono giunti alle mente protetti dai regolamenti comunitari. lazioni con i paesi di emigrazione e di metseguenti conclusioni, che, dopo essere state Questo ha prodotto un'autentica discrimina- tere in opera nei loro confronti una politica di cooperazione, il cui scopo sarebbe sopratsottoposte agli organi statutari del CCE, zione, seguita da tensioni, squilibri e da un tutto quello di ridurre a lunga scadenza saranno inviate alla Commissione, al Conreale pericolo per la pace sociale. l'immigrazione forzata. siglio dei Ministri della Comunità e ai go4. I1 Consiglio dei Comuni d'Europa ha verni nazionali, e saranno ampiamente dif10. - Infine, è urgente che, in questo come l'obbligo di attirare pubblicamente I'attenfuse nell'ambito del Consiglio dei Comuni in altri campi, la Comunità ponga in atto zione della Comunità e dei governi su questa una regolare consultazione delle organizzad'Europa. autentica carenza della società europea e zioni europee che rappresentano gli enti l o 1. - Dopo due decenni di prosperità senza sull'urgenza di elaborare e di garantire l'apcali e regionali della Comunità, il cui ruolo precedenti, fondata in gran parte sul lavoro plicazione di una normativa comunitaria che è essenziale per la soluzione di taluni prodi milioni di emigranti, la società europea consenta finalmente di prendere i provve- blemi posti dal fenomeno migratorio. non è sempre riuscita ad assicurare, nella dimenti necessari. Tale normativa dovrcbbe 11. - Gli organi del CCE dovranno promuomaggior parte dei casi, un idoneo insericondurre all'elaborazione di un vero « statuto vere, nel più breve tempo possibile, un inmento sociale di questi lavoratori, sia per europelo D dei lavoratori, in grado di assicontro dei rappresentanti dei Comitati conquanto riquarda gli alloggi, la scolarizzazione curare loro una concreta e reale protezione, sultivi di immiqrati già in funzione. Questo dei figli. la salute e l'igiene degli ambienti un'eguaglianza di diritti sul piano sociale, incontro dovrebbe aver luogo in una città dove vivono, sia sotto il profilo della possie un diritto di co-determinazione in tutti i che abbia già un'esperienza di questi conbilità di acquisire una formazione profesproblemi che li riguardano. sigli consultivi, in modo da permettere un sionale che permetta loro un'effettiva promoe concreto confronto di situazioni e di utile 5. Considerando anche che tutte le misure zione sociale. concernenti i lavoratori migranti devono risultati e u n progressivo miglioramento Sia i poteri pubblici a livello locale, regiodella loro struttura e del loro funzionaavere l'appoggio dell'opinione pubblica e nale, nazionale ed europeo, che, in primo mento. hanno bisogno di una reale comprensione luogo, l'economia privata, non hanno saputo le conclusioni operative COMUNI D'EUROPA 16 aprile 1974 P - nel Friuli-Venezia Giulia Dialogo AICCE-Regioni sui problemi della Comunità europea La pronta e positiva risposta data dalle Regioni a statuto ordinario (quelle a statuto speciale sono associate ormai da molti anni) all'appello rivolto loro di aderire alllAICCE, ha notevolmente rafforzato quest'ultima, per le specifiche caratteristiche dei nuovi Enti, per le loro attribuzioni legislative, per il peso politico che ne contraddistingue il ruolo nell'ordinamento italiano. D'altra parte, però, l'ingresso massiccio delle Regioni ha contribuito anche ad aumentare le responsabilità della nostra Associazione, che è chiamata a soddisfare nuove e specifiche esigenze. Infatti l'attività legislativa regionale che, in alcune materie, si interseca direttamente con quella comunitaria, ha bisogno di una continua e tempestiva verifica della situazione normativa della Comunità europea, in modo da tenerne il debito conto, ad esempio, nella procedura di controllo degli aiuti allo sviluppo prevista dal Trattato CEE e per il migliore utilizzo delle possibilità finanziarie offerte dall'integrazione comunitaria sotto forma di appositi Fondi settoriali (il FEOGA, il Fondo sociale europeo) e di altre provvidenze che le autorità regionali, anche pur non essendone le dirette beneficiarie, debbono egualmente avere ben presenti nella loro funzione programmatrice e di coordinamento. I n altre parole, I'inforiizaziorie sui problemi e sulla situazione della Comunità diviene sempre più una componente non marginale dell'attività re2ionalc: essa non soltanto assume. ovviamente, un significato tccnico-funzionale (cioè finalizzato a meglio legiferare e amministrare), ma costituisce anche e soprattutto il veicolo attraverso il quale le Regioni possono essere sensibilizzate e mobilitate affinché esercitino il peso politico che è loro pronrio in favore di reali e decisivi progressi, in senso sovranazionale e democratico. della unificazione curopca. Per ollesto motivo I'AICCE ha predispostc un piano di iniziative e di incontri interesssnti direttamente le Regioni, canace di fornire l'occasione di un dialono tra eli eletti reoicnali e l'Associazione sui problemi e le nrc.spi:tti\e della Comunità europea e sulle loro riperc~issicni wlla snzcifica realtà reuionale. Tra l'altro questi contatti qiovano anche a creare i prcsiipposti pcr la creazione o il raficrzaincnto. ove oià esistano. delle Federazioni regionali delllAICCE. Questo prosramrna di incontri ha avuto inizio alla fine del 1973 con un Conveqno in Valle D'Aosta ed ì. continuato a Trieste e a Udine, alla line del gennaio 1974, pei- la Regione Friuli-Venezia Giulia. Altre iniziative analoghe sono nià in corso di progettazione per la Basilicata, la Campania, la Sardegna, le Marche c eli Abruzzi. Nel Friuli-Venezia Giulia è stata adottata una f o r r n u l ~comnlessa idcnea a copi-ire tiitta la realtà degli Enti territoriali. tenendone preseritr le obiettive differenziazioni. I1 29 .genna;o vi è stata a Trieste. presso il nalazzo della Giunta regionale, una riunione di lavoro co1i il Presidente e qli A.ssessori ~ i direttarncnti: intcrcssati ai problemi dello sviluppo socio-economico regionale, acco'mpam a t i dai 101-0collaboratori; il ,qiorno siiccessivo. ad Udine, nella sala del Consiglio provinciale, si è svolto invece l'incontro con rap- presentanti delle Amministrazioni provinciali e comunali, con l'intervento degli Assessori regionali competenti per i problemi comunitari e per il settore degli Enti locali. La riunione di Trieste è stata presieduta dal Presidente della Regione, Antonio Comelli, il quale ha sottolineato l'utilità dell'iniziativa proposta dall'AICCE, prontamente accolta dalla Regione ed attuata con la collaborazione dell'ufficio per l'Italia della Comrnissione della Comunità europea e della Banca europea per gli investimenti. I1 saluto del Presidente è stato fortemente politicizzato con la riaffermazione della volontà europeistica della Regione e del suo impegno a contribuire attivamente alla creazione di una Europa rispettosa delle autonomie e capace di assicurare alle popolazioni uno sviluppo territorialmente più equilibrato. Alcuni temi accennati dal Presidente Comelli sono stati poi ampiamente ripresi, nel suo intervento introduttivo, dall'Assessore delegato per i problemi della Comunità europea, Giovanni Cocianni, che ha esposto le ragioni della creazione di un apposito servizio regionale per i problemi europei, auspicando che l'esempio sia largamente seguito dalle altre Regioni, come del resto sollecitato dalla Direzione Nazionale dell'AICCE nella sua riunione del 21 marzo 1973. Cocianni si è quindi soffermato sul problema, così attuale, dell'attuazicne delle direttive comunitarie che coinvolge il rispetto non solo degli obblighi internazionali ma anche dei precetti costituzionali in materia di competenze regionali. Sono state anche ricordate, nella sua esposizione introduttiva, alcune condizioni che caratterizzano la Regione Friuli-Venezia Giulia sotto il profilo socio-econcmico e che la rendono meritevcle degli interventi comunitari in lavore dello sviluppo regionale. Come già i l Presidente Comelli, anche Cocianni ha ribadito la volontà della Regione di rafforzare la collaborazione con I'AICCE in un impegno unitario con le altre Regioni a statuto ordinario e speciale. Ha preso poi la parola il Segretario generale aggiunto delllAICCE, Gianfranco Martini, il quale si è soffermato sui problemi della politica regionale comunitaria nel contesto dell'attuale delicato momento dell'integrazione europea, a tutt'oggi arenatasi alla prima fase, l'unione doganale, con gravi rischi di invuluzione. In particolare, Martini si è intrattenuto sul progettato Fondo europeo di sviluppo regionale, indicandone le possibilità e le procedure di intervento proposte dalla Commissione di Bruxelles e che si ispirano ai seguenti tre criteri: complementarietà rispetto alle politiche nazionali, elasticità di gestione, inserimento degli investimenti in specifici programmi di sviluppo. La politica regionale comunitaria non deve essere una politica di assistenza, ma una politica tesa a realizzare una situazione di maggiore equilibrio economico e so'ciale nell'ambito dell'intera Comunità; essa coinvolge perciò anche aspetti politici ed istituzionali essenziali, in quanto la sua validità e la sua stessa efficacia dipendono anche dal grado di sovranazionalità che essa riuscirà ad assumere e dal livello di partecipazione delle varie istanze, specie territoriali, che potrà essere assicurato alla sua elaborazione ed attuazione. L'AICCEha concluso Martini - favorirà questa partecipazio'ne delle Regioni italiane all'attività della Comunità europea, particolarmente tramite l'ufficio di collegamento aperto dal Consiglio dei Comuni d'Europa a Bruxelles, che è a dis?osizione di tutti gli enti territoriali. Successivamente il rappresentante delllUfficio per l'Italia della Comunità europea, Nicola Di Gioia, ha illustrato le possibilità di utilizzo, da parte delle Regioni, del FEOGA e del Fondo sociale inserendole opportunamente nel quadro della politica agricola e della politica sociale comunitarie. I1 relatore si è soffermato a esaminare le cause che hanno portato al prevalere della politica di sostegno dei prezzi dei prodotti rispetto alla razionalizzazione delle strutture e le nuove possibilità aperte in quest'ultimo campo ì ~ Trieste: la sede della Regione Friuli-Venezia Giulia COMUNI D'EUROPA aprile 1974 17 dalle direttive comunitarie n. 159, 160 e 161 dell'aprile 1972. Quando al Fondo sociale, Di Gioia ha elencato le possibilità di intervento, con particolare riguardo ad alcuni specifici settori più direttamente legati alla realtà socio-economica del Friuli-Venezia Giulia. Nel concludere, Di Gioia ha ricordato l'impegno dell'UEficio comunitario da lui rappresentato per una migliore informazione sulla realtà europea in Italia. Ha preso poi la parola Giorgio Ratti, in rappresentanza della Banca europea per gli investimenti, il quale si è soffermato dettagliatamente sulle possibilità di intervento finanziario in favore di progetti concernenti la valorizzazione di regioni meno sviluppate, o che contemplirio l'ammodernamento e la riconversione di imprese o la creazione di nuo- Leggete: IL MONTANARO d 'Italia Trieste: la riunione nella sala della Giunta regionale Rivista dell'unione Nazionale Comuni ed Enti Montani Roma - Viale del Castro Pretorio, 116 Direttore resp.: Giuseppe Piazzoni SOMMARIO N. 3-4 - Aprile 1974 Attualità Stato e Regioni nel discoi'so programmatico delI'on. Rumor Sollecitato al Ministro Bisaglia il rifinanziamento della legge 1102 Il disegno di legge al Senato GIUSEPPEPIALZONL:Approvata in Sardegna la legge per le Coniunità montane Il testo della legge Leggi approvate in Abruzzo, Puglie e Molise I1 convegno delle Comunità montane del Mezzogiorno - La mozione finale Trasferite alle regioni le prime foreste demaniali Vita deIl1UNCEM Convocato il Consiglio Nazionale Comunità Montane Emilia-Roinagna. Incontro Presidenti Comunità montane e Consorzi di bonifica Prima Conferenza delle Comunità montane in Toscana Riunite le Comunità della Lombardia Costituite nuove Conlunità montane Convegni e Riunioni Roma: La giornata torestale mondiale Vicenza: La cultura tradizionale delle popolazioni montane tra sviluppo r conservazione Catanzaro: Conferenza regionale dell'agricoltura Bologna: Bonifica r Regioni Problemi europei Convegno Italia-Austria sui problemi della silvicoltura e della ditesa del suolo Riunioni a Bolzano e Salisburgo delle Commissioni delle Regioni Alpine Il CCE sui problemi dei lavoratori migranti Abbonamento annuo L. 5.000 Sostenitore L. 10.000 - Un numero L. 500 C.C.P. n. 1/58086 intestato a: S.r.l. u I1 Montanaro m Viale del Castro Pretorio, 116 - Roma ve attività richieste dalla graduale realizzazione del Mercato comune o elaborati nell'interesse comune di più Stati membri. Il relatore ha anche ricordato gli interventi già effettuati dalla BEI nella Regione FriuliVenezia Giulia, assicurando la più attenta considerazione dell'Istituto per le esigenze e le proposte che potranno essere formulate in futuro dalla Regione stessa. Al termine delle relazioni si è aperto il dibattitc al quale hanno partecipato 1'Assessore regionale all1,industria e al commercio, Nereo Stopper, il Presidente delllEnte regionale di sviluppo dell'agricoltura (ERSA), Mario Lucca, l'Assessore regionale al lavoro e all'assistenza sociale Giacomo Romano, il Direttore regionale all'assessorato all'agricoltura Angeli, il Direttore regionale della programmazione, Cian e il Direttore delllERSA, Bellavite. Tutti gli interventi hanno to'ccato i vari punti esposti dai relatori, con particolare riferimento agli orientamenti generali della politica regionale agricola e sociale della Co'munità e ad alcune questioni specifiche poste dall'utilizzo dei Fondi comunitari. I n sede di replica, Martini ha fo'rnito chiarimenti sulle procedure di approvazione dei progetti regio'nali e di controllo degli aiuti regionali da parte della Comunità; ha anche preannunciato l'elaborazione da parte del1'AICCE di una proposta di legge di iniziativa regionale sulla istituzionalizzazione dei modi di partecipazione delle Regioni all'elaborazione e all'attuazione delle politiche comunitarie nelle materie di loro competenza. I1 giorno successivo, 30 gennaio, a Udine, alla presenza di numerosi rappresentanti di amministrazioni provinciali e comunali della Regione si è svolto un incontro sul tema: « I1 ruolo degli enti locali nell'integrazione europea D. Dopo i saluti degli Assessori regionali, Giovanni Cocianni e Salvatore Varisco, del Vice-Presidente della Provincia, Aldo Madile, del Sindaco di Udine, Bruno Cadetto, e del Sindaco di Trieste, Marce110 Spaccini, ha tenuto la relazione generale Gianfranco Martini che ha sottolineato i problemi di fondo che caratterizzano la c e struzione europea alle soglie del 1974 tali da richiedere, oggi più che mai, un impegno convergente di tutte le forze di base per il rilancio di una iniziativa politica, che valga a dare nuovo slancio a d una Comunità che sembra dimentica delle sue ragioni ideali e di alcune esigenze permanenti di sviluppo in senso sovranazionale e democrati'co della società euro8pea. Tra queste forze gli Enti territoriali hanno un ruolo essenziale e a questi il Consiglio dei Comuni d'Europa fa appello perché, con azio'ne convergente, si facciano promotori di una vasta mobilitazione, non più dilazionabile, della pubblica opinione. Ha preso p0.i la parola Giovanni Vicario, delegato permanente della Regione FriuliVenezia Giulia negli o'rgani statutari delI'AICCE, che ha ricordato la sua concreta esperienza di federalista e di amministratore regionale per richiamare gli eletti locali della Regione alla responsabilità di partecipare a questo impegno unitario in favore dell'Europa. Successivamente Di Gioia, per la Commissione della Comunità europea, e Ratti, per la BEI, hanno fo'rnito interessanti elementi di informazione e di indirizzo per le amministrazioni locali su alcune iniziative che esse potrebbero assumere co'l concorso finanziario della Comunità europea. Si è aperto quindi il dibattito. Sono intervenuti il Segretario regionale del MFE Comessatti, che ha ricordato il 30" anniversario della fondazione del Movimento Federalista sorto nel clima ideale della Resistenza, 1'Assessore regionale Cocianni, che ha assunto l'impegno di una attività promozionale della Federazione regionale dell'AICCE nel Friuli-Venezia Gi~ilia,i Sindaci di Fiumicello, di Trieste, di Codroipo, di Pavia di Udine e il Vice Sindaco di Aquileia. Tutti hanno espresso la loro soddisfazione per il Convegno e la loro adesione alla proposta di federazione regionale: accanto al richiamo a moltiplicare i gemellaggi, gli scambi culturali, l'informazione tecnica sui pro,blemi europei, essi hanno espresso un preciso impegno politico in favore delllEuropa al di sopra delle diverse posizioni ideologiche, cui i vari amministratori locali si rifanno, e una chiara coscienza delle responsabilità che ad essi competono in vista di unlEuropa che sia veramente una comunità democratica di popoli. G . M. COMUNI D'EUROPA 18 aprile 1974 PENSIERO E AZIONE DEI FEDERALISTI EUROPEI Piano Spinelli e ((petizione federalista L 3 )) La Conlmissione italiana del MFE si è riunita u Milano do~iienica7 aprile. Albertiiii ha svolto la relazione inrrodutriva. Egli ha analizzato le riperczissioni S L I I piano Spinelli ( 1 ) della vittoria laburista alle elezioni britanniche. Gli inglesi, rimasti I~lori della Comunità negli anrzi facili iii cui si realizzava il mercato comune con benefici e f f e t t i per le economie dei Paesi membri, zono entrati negli anni difficili allorché notz erano più procrastinabili le scelte politiche di fotldo. Adesso o l'Europa realizza l'unione politica, affermandosi come una identità distinta ed aperta verso il Mondo, oppure ricade iiell'orbita americana, rimanendone soggetta per ulz periodo più o meno lungo. Lu pretesa del governo americano, che gli siano sottoposte preventivamente le iniziative europee, tende a dare alla Comunità europea le caratteristiche del COMECON. La posizione del governo britatznico è pericolosa non solo perché si fa strumento dei citati obiettivi USA in Etiropa, m a anche perché così facendo crea nuovo spazio all'azione di quanti, sia nell'ambito dei governi, che nell'UEF, tendono ad evadere le scelte immediate che impotze la costruzione europea. Il pericolo è grande ed è adesso che si gioca la sorte dell'Europa. Occorre combattere tenendo presente che l'obiettivo è europeo, m a l'irzterloc~ltoreè nazionale. Occorre pertanto (1) Per il e Piano Spinelli n v. in questo numero la sintesi della relazione SeraEini << L'Unione europea e la lotta per la Ragione. al paragrafo 5, 1" colonna. I s~ltesctit~i c,tlsdini che i ptoblemi di politica interna siano esami~zari i-icercatido qtrelle soluzioni che Ircvoriscono il tzecessario sbocco europeo. L'MFE deve prendere posizione a favore di uno schieraniento politico irzterno di unità antifascita, per la difesa dal nazionalismo e dall'imperialismo che ininacciano l'Italia e l'Europa. Il comprotnesso storico può salvare la democrazia in Italia se posto in chiave europea, conle unità neces,saria di t u t t o l'arco costituzionale per gestire la fase costituente dell'Europa. Alle forze politiche e sociali antifasciste i federalisti devono rivolgersi ponendo l'accento sia sul « piarzo Spinelli » e sulla relativa petizione (2), che sulle elezioni uni(2) V. * Comuni d'Europa n di marzo, pag. 10, ove documento finale n) si riporta la delibera della Commissione italiana del MFE (9 Eebbi-aio) di organizzare una petizione popolare a lavore del Piano Spinelli. Successivamente (in seguito a un Bureau a Francoforte sul Meno dell'union des Féderalistes Europiens (UEF) del 19 marzo il Segretario generale, Caterina Chizzola, si indirizzava ai Segi-etari federalisti dei diversi Paesi per precisare i modi di una petizione al Parlamento Europeo, in base all'art. 48 del suo Regolamento, per il Piano Spinelli lasciando a ciascuna struttura nazionale di stabilire le modalità pratiche. L'art. 48 del Regola. mento del P.E. (capitolo XII, a Petizioni P) recita: (<<il C 1. Le petizioni al Parlamento devono menzionare il nome, la qualifica, la nazionalità e il domicilio di ciascuno dei firmatari. 2. Le petizioni che soddisfano alle condizioni previste nel paragrafo 1, vengono iscritte in un ruolo generale, nell'oi-dine in cui esse sono pervenute. 3. Dette petizioni sono i-inviate dal presidente ad una delle commissioni costituite a mente del paragrafo 1 euioppi l tlC. un democratico auropco non è I N F O R M A N O porstbiicrealtrrsie esaiumtca. monelarka I'untons e poli. eurapsa ds\l'intogiarionc auropaa ba ~ i àintescalo il giada di uniti riggiuiita Hnora. ed e cori grava c h e . r e non rarra I s r a a l s in Lampo. piovocheih la dlrgiegszione della Comuniti e u m p a con conraguenre che srrumeianno ie pioponiai di una rstaoirala storica che ia stiri sha gli Impegni dei vertici di Pari@ a di Copanhi9en auli'unh dell'articolo 37 che, preliminarmente, dexe esaminare se esse rientrano nell'ambito delle attività delle Comunità. 4. Su richiesta della commissione competente, le petizioni dichiarate ricevibili sono trasmesse dal pi-esidente, con il parere della commissione, alla Commissione o al Consiglio delle Comunità. La commissione che ha proceduto all'esame ha facoltà di presentare una relazione al Parlamento. 5. Le petizioni indicate al paragrafo 2 nonché la decisione di trasmissione o la decisione di presentai-e una relazione vengono annunciate in seduta pubblica. Tali comunicazioni vengono raccolte nel processo verbale. Ne viene dato avviso al firmatario. 6. I1 testo delle petizioni iscritte al ruolo, nonché il testo del parere della commissione, che accompagna la trasmissione della petizione, vengono depositati negli archivi del Parlamento, ove potranno Essere consultatj da qualsiasi rappresentante p ) . lonoscritti c l t t d t n i CONSTATATO che sinre laterali, evitando che l'accettazione del pritno serva come alibi per evctdere le seconde. Dopo la reiazione di Albertini, si è aperto il dibattito. Chiti Baielli ha detto che la petizione, specie se completara dalla mozione parlamentare presentara dopo l'ultinza riunione della Commissione italiana, può essere L I H valido struniento di stimolo dilllo establishment politico. Ma a questa azione andrebbe affiancata un'altra di contestazione frontale, articolata in una serie di azioni particolari, quali quella aiitiniilitarista e quali quelle o f f e r t e dal referendum sul divorzio e dagli 8 referendum proposti dal partito radicale. Levi ha detto che il compromesso storico contiene l'ambiguità di isolare il problema europeo rispetto a quello nazionale. Tuttavia esso non ha sbocco a livello tzuzionale, mentre può averlo a livello europeo. Al riguardo significativo è risultato il discorso tenuto a Torino da Ingrao, che di ritorno dal Vietnani ha sottolitieato airopa w n 8- siml mantenuti sanatodalli ~ ~ ~ ~ b bdl l aver i c speesntate al Pailanisnto auiopro le seguente pc~izione I sonorsilnl slndlnl sui-i sonsutstoche rame un potare dsmwrslico europeo non è possibile raalizzsre l'unione csarmmisn, rnone. tiri. a politlu wmpei deil'integraiiona auiopci ha giè intaccato ii grado di unili raggiunto rinoia. ed è cori greve che. la fsmita in tempo. provosherb la disgregsrione dal18 Comuniih europea con conseguenze c h i assui .non nieianrm la p m p y ~ ~ i o rdl d UM c i l u b o t s storica - c k 911 imp<jnl dei vertici dl Parigi s dl-Copcnhsgsn r u l l ' ~ n % cu?opai non sono steli mantenuti che il P a r l a a n t o euiupo, unico ,appesantanto s lire110 europeo dai cittadini e u r o p l . iivandl. &i il .ua d)r)ndmeiedi ahborire ooho i1 piii biers ta.rnina, s non plU Iardl delis fime del 1974. 11 rapporto rull'un.- -vi. d a d o torma d uno St.tuto che stiblllsu un governo europeo issponreblla divmti d m p.rl-nto mimo m auìir.9)a unlrairale diratto s che 81. dotato di potar1 sulticienti per portire i compi. w n t o I'unlane plftlf.. .conade- moncluti d.iI'Luiw - ~dam.mIl Rilimsnto europeo di i r r i piosentilo h i t a a s i petizl- .I Pailnrnanto Italiano p i s h 6 onsm pi &l p a u n o Ilill.no l'Impegno di sortanera CM Isr-za questi psiriar nai cmtiall k l i iltii gorsinl d.Ih Commitli mrncpes . il - - - che il Piilamanto ai-a. unlso iappresantms a Iirello o u v dei sittsdinl europei. ilvendihi Il suo dliitlodoreis di slebonra anuo Il più b s r a tmine. s nwi plu tiidl dalli fine d d (914. il ,apparto sutllJnlon. e u i o p a . daodo !mii d u m 8mtuto &e .Isblllmcs un govaro ai-o iaipa..blba dnontl d rin P.iC mmto .!sito a sri:ira~iounlvsiaeli dlratb e che .li dmam dl potwi w i k l o n t i per m u a n ewnpimanto i'uniona politica. oemmlcs D rnonitiiia ddllwoyr INFORMANO i C H I E D O N O Fh. Il S D ~ U ~del* O Rspubbilci miangs dal govecrm italhrm l'Impegna di lostanera con l e r m a u i quasta *o m1 eodrati degli ehrl porsin1 &Il. Comunill eu-. la scheda della petizione al P.E. e quella di sostegno da presentare ai due rami del Parlamento nazionale (qui: al Senato) paii- aprile 1974 il ruolo arzti-imperialistico che avrebbe la Federazione europea ed ha lanciato la parola d'orrlilie: unificare I'Eiiropa contro l'imperialismo uinericano. Meriano lzu de:to che gli italiani sono isolati al vertice dell'UEF, come peraltro sono isolati al vertice del ME e del CCE. Noiiostante ciò gli italiani sono gli i ~ n i c iu proporre in queste i,arie sedi inizialiiie adeg~iute ctllu siluuzione e pei-ciì, stevso riescoizo arl avere u n effetto trailiunte sugli altri. Zanzi ha sostenuto la necessità di sviluppare l'azione federalistu tenendo sempre ben presente l'obiettivo strategico. Egli ha detto che in una sitliazione di stallo lo schieranzento reazionario si allarga, allontanando sempre pik l'Italia dal- COMUNI D'EUROPA - - - I'Etlropa e preparando il paese ad una svolta autoritaria. Il compromesso storico - egli ha sostenuto - consente di fare all'interno la resistenzu ul \ascislno erl all'e.stertlo di costruire l'Eli ropa. Albertini concllidetirlo ha detto che sta finendo il periodo post-bellico e che il Monrlo si sta preparando ad tinu grande prova che coinvolgerà uomini ed istittrzioizi. Esiste iriz problenlu di schieramento che no11 p t ~ ò essere risolto sul pialio dei principi percht; altrimenti ci si trasforma in una setta. Occorre portare le divisioni sul terreno europeo perché questo è quello risolutivo. L'MFE deve organizzare il piccolo germe federalista in vista dello scontro per una alternativa di potere ezfropeo. L'ora della prova per l'Italia e per 19Ezcropa(*) I1 Movimento Federalista Europeo non partecipa alla lotta politica nazionale come parte fra le parti perché il suo unico scopo è la fondazione della Federazione europea. Ma in questa ora grave e forse estrema della vita delllItalia e delllEuropa ha il dovere di pronunciarsi sul governo nazionale, facendo osservare, con le parole scritte da Luigi Einaudi nel 1954 mentre era Presidente della Repubblica, che l'Italia è in crisi perché lo stato italiano è polvere senza sostanza n; e che il tempo a disposizione per fare l'Europa diventa sempre più breve perché la divisione degli europei « s t a facendo cadere gli uni nell'orbita nord-americana e gli altri in quella russa ». Non sono i partiti che hanno messo in crisi lo stato. E' lo stato che ha messo in crisi i partiti. Nessuna formula di governo può salvare l'Italia. E' questa la realtà che paralizza i partiti. I partiti stanno perdendo la capacità di conoscere, di scegliere e di volere perché non hanno più la possibilità di ravvisare, in una formula di governo, né il loro avvenire né quello delllItalia. I fatti hanno già pronunciato la loro dura sentenza. 11 centro-destra costituzionale non trova nel Paese un consenso sufficiente. I1 compromesso storico è inconcepibile nel quadro italiano perché ridurrebbe all'impotenza le forze storiche che hanno fatto l'Italia, riaprendo la falla autoritaria nella borghesia e spaccando in due il Paese. I1 centro-sinistra, invece di colmare la frattura storica t r a la società civile e la società politica, l'ha aggravata. I n Italia è spento lo stato, ma è vivo il popolo. E solo mobilitando il popolo, con l'impegno di tutti i partiti costituzionali che seppero unirsi per battere il fascismo, è possibile tenere a freno la crisi in Italia: e preparare, con una vigorosa iniziativa europea, l'alternativa storica, politica e sociale della Federazione europea al sistema degli Stati nazionali, giustamente colpito a morte dall'esito della seconda guerra mondiale. L'Europa non è stata fatta, nonostante venti e più anni di integrazione europea, l'atteg(*) E' il testo, scritto da Mario Albertini, di un volantino stampato dalla Commissione italiana del MFE per illustrare il significato politico della campagna per la = petizione D. --- 19 p p p - p -- Adenauer, l'Italia ha già tentato questa via nel 1951. E allora, nel clima della guerra fredda, che aveva schierato contro la Comunità i partiti comunisti c parte di quelli socialisti, la battaglia l'u perduta nel Parlamento Iranccsc, a s t a t ~ i t oredatto, solo per pochi voti. Oggi, nel clima della distcnsionc, con il Partito Comunista Italiano favorevole, l'evoluzione del Partito Comunista Francese, la bilancia delle forze è cambiata. La Francia, la Germania c la Gran Bretagna hanno scelto l'Europa ma sono esitanti sulla via da seguire per farla. L'Italia, il solo paese nel quale tutti i partiti costituzionali sono favorevoli all'clczione diretta del Parlamento europeo e ad una Comunità democratica sovrannazionale, può e deve indicare la via, ripetendo il tentativo del 1951. Approvando tempestivamente la proposta di legge di iniziativa popodarc per l'elezione diretta dei membri italiani al Parlamento europeo presentata nel 1969, c riconoscendo per prim a il diritto di voto europeo dei cittadini, l'Italia può dare la prova della fermezza con la quale intende battersi per affidare al Parlamento europeo il compito che gli compete, c dare inizio alla mobilitazione della opinione pubblica europea. giamento favorevole della popolazione e le professioni di fede eluropea della maggior parte dei partiti di tutti i paesi, perché i governi, dopo aver realizzato l'unione doganale e quella agricola, hanno preteso assurdamente e colpevolmente di realizzare l'unione monetaria ed economica, di impostare politiche europee nei settori sociali, regionale, industriale ed energetico, e di avviare l'unione politica, sei-iza chiedere l'appoggio dei cittadini e senza consentire l'espressione della L'Italia non può tenere a lreno da sola la loro volontà. I Trattati di Roma prevedono crisi economica. A cominciare dall'inflazione, l'elezione a suffragio universale diretto del tutte le difFicoltà economiche che si maniParlamento europeo. I governi, in dispregio festano in Italia si manifestano anche in Eudei Trattati e del fondamento stesso della ropa, ed hanno la stessa causa che è podemocrazia, non hanno chiamato alle urne litica e non economica: la debolezza deli cittadini europei. 1 partiti hanno il grave l'Europa divisa nei confronti degli Stati torto di aver subito questa politica che h a rimesso l'Europa nelle mani degli americani e delle società multinazionali; e di non essersi battuti Mensile del Movimento Federalista Europeo (Sezione Italiana dell'U. E. F.) per rovesciarla con sped. abb. post. - gr. iiI - 70% lire 200 anno I n.s. la partecipazione del popolo. L'Europa può essere fatta affidando al Parlamento europeo, cioè ai partiti e ai loro elettori, il comd i ALTIERO SPINELLI pito di redigere la N e l l ' o r m a i l o n t a n a primavera d e l 1943 u s c i v a i l primo numero de "L'L! costituzione europea. NITA' EUROPEA". Ancora diie a n n i dovevano t r a s c o r r e r e prima c h e Fascismo e n a z i o n a l i s m o F o s s e r o s p a z z a t i v i a d a l l e t e r r e d'Europa, e con e s s i i l 11 vertice di Parigi n a z i o n a l i s m o i n g e n e r a l e , come modo d i v i v e r e e d i s e n t i r e d e i p o p o l i , F o s s e s e n t i t o q u a l e c o s a r i p u g n a n t e e da e l i m i n a r e . ha deciso che le istiMa i l m e s s a g g i o de "L'UNITA' EUROPEA" andava a l d i l à d e l l a l o t t a !i tuzioni della Comumediata c o n t r o i l Fascismo, a l d i l à d e l l e imminenti r e s t a u r a z i o n i demonità devono elaborac r a t i c h e . Diceva c h e l i b e r t à e p r o g r e s s o non s a r e b b e r o s t a t e a c q u i s i ~ i o n i s o l i d e s e i po re entro il 1975 un AL M.lrE: LA TARGA EUROPA 1974 poli du E~~~~~ non s i Fossero r i u n i rapporto sull'Unione t i i n una reale europea. L'Italia defederazione, ed annunziava l a f o ~ ve battersi perché d a r i o n e d i un moquesto rapporto sia vimento c h e non --t affidato al ParlamenIn queato numero: to europeo con un Pag.4 I Lavori d e l l a Corm.It. d e l WE mandato ben preciPaq.7 L'n int<,i-vcnto so: quello di rediged i Jcan REY - d a re lo statuto della " LE SOIH " Pae.4 A prapasita de' Comunità, da sottola c o n f r r e n r a d i porre alla ratifica dei Kashineton e d e i l'europeismo d i Parlamenti nazionali Pompidoii - ( f r l e non all'esame delle Pag.26 I l PCI a l l a Nella s e d e romana del C.I.M.E. i:iiiccpp<, p r t r i l l i cuniaena a cancellerie. Con De rovif rrcnza di Maria Alhrrfini l a Targa Eui.i>pn l F u i . \ i z i o a p a c c . I 4 c ~ r o . I i r u x r l l r s (am) Gasperi che riuscì a superare l ' o ~ ~ o s i z i o il primo numero di «L'Unità europea n, il nuovo organo del Movine di schuman e di mento Federalista Europeo L'UNITA: EUROPEA marzo 1974 LA LOTTA PER L'EUROPA CONTINUA 1 COMONI D'EUROPA Uniti d'America. Cercando di risolvere queste difficoltà solo nel quadro italiano, e con misure esclusivamciite econamiche e monetarie, il governo italiano ha aggravato la situazione, e rischia di gettare l'Italia nell'abisso cti una recessione congiunta con l'inflazione, dell'isolamcnto dall'Europa e della definitiva subordinazi~neagli Stati Uniti d'America. E' ormai evidente che dietro la scelta del governo italiano di rimettere le cose a posto in Italia, per ricongiungcrla poi con l'Europa, non <è n6 la volontà di salvare l'Italia né quella di fare l'Europa. C'k solo il cedimento alle Icrze che stanno dividendo l'Europa e travolgendo l'Italia: in primo luogo, e allo scoperto, il nazionalismo del governo francesc e lo spirito cgemonico del governo americano. Ma la riscossa contro queste forze, per ora prevalenti, è possibile perché il cedimento dipende più dalla debolezza del governo che da quella degli elettori e dei partiti. I1 vero problema da risolvere è perciò quello del governo. E non c'è che una soluzione. Si tratta, in primo luogo, di aprire un grande dibattito nel Paese circa la politica c lo schieramento necessari per combattere in Europa il nazionalismo del governo francese e lo spirito egemonico di quello americano, per riformare in Italia la pubblica amm'inistrazionc, per rianimare i comuni e far avanzare, in ispecie nel Sud, le I-egio'ni. Si tratta, in secondo luogo, di affidare a tutto il popolo, con un governo di unità antifascista, la gestione di questa fase costituzionale della vita dcll'Italia e deli'Europa. L'unica alternativa è la rassegnazione ad un futuro che non è nemmeno pensabile, che paralitzando il pensiero paralizza la volontà. Coloro che si ostinano a discriminare sulla sinistra il PCI e sulla destra il PLI, e pretendono di salvare l'Italia senza il concorso di tutto il popolo e delle sue forze storiche, devono essere messi di fronte alle loro responsabilità: !i in gioco l'anima dell'Italia, l'eredità della Resistenza. Coloro che non sanno ancora trovare urla via, perché proiettano nel futuro i pericoli del passato, devono tener presente che il voto europeo, e il conseguente schieramento europeo dei partiti, distruggerà il MSI, rafforzerà il PLI e collocherà il PCI nell'area democratica, restituendo al sistema dei partiti la forza di cui ha bisogno per affrontare le grandi svolte politiche e sociali del nostro tempo. IV Per creare la premessa di un grande dibattito costituzionale europeo ed italiano il Movin~entoFederalista Europeo, con la collaborazione del Movimento Europeo e dei Comuni d'Europa, ha promosso nel 1969 la presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare per l'elezione diretta dei membri italiani del Parlamento europeo. I partiti in Parlamento non l'hanno né approvata né respinta, ma un numero crescente di comuni, di province e di regioni, con ordini del giorno e proposte di legge di iniziativa regionale, sta schierandosi a favore del riconoscimento del diritto di voto europeo dei cittadini. Per chiamare a raccolta tutte le forze sul terreno decisivo, quello della formazione del governo europeo, il Movimento Federalista Europec sta per lanciare nel quadro europeo, con le a!tre cirganizzazioni nazionali dell'Unione Europea dei Federalisti una campagna di raccolta di firme per una petizione, da presentare e riprescntare finché sia necessario, al Parlamento europeo e ai Parlamenti nazionali. I1 Movimento Federalista Europeo si rivolgz a tutti i cittadini, a tutti i partiti antifascisti, ai sindacati, a tutte le Iorze sociali chr hanno scelto l'Europa. Ma, nello stesso tempo, intende porre i partiti di fronte alle loro responsabilità. Non si può rianiinare la volontà politica senza il coraggio di distruugerz ciò che va distrutto, senza l'idea di un avvenire da co'struire. L'Italia ha bisogno delllEuropa per sop- aprile 1974 pravvivere e rinnovarsi. L'Europa ha bisogno di un governo europeo per non soccombere nella prova di forza che si sta sviluppando nel quadro mondiale; e può dar vita a questo governo solo affrontando questa prova. Come sempre, con il momento della prova è giunto anche quello della verità. L'Europa dei profeti disarmati è caduta. L'Europa senza governo è alla mercè di chi vuole dividerla. L'idea di costruire l'Europa senza lotta politica, senza chiamare il popolo alla lotta, senza fare le scelte politiche, economiche e sociali del nostro tempo è finita come finiscono tutte le illusioni. Bisogna battersi. Bisogna battersi perché ormai siamo di fronte solo alla vittoria o alla sconfitta. La Regione Toscana e la politica comunitaria europea In occasione della presenfazione degli a f t i del Convegno a Le politiche sociali e regionali della Comunità europea » (organizzafo dalla Giunta regionale toscana a Firenze nel luglio 1973), il 28 febbraio scorso si è svolto, presso la sede roinn~za della Regione, u n inconfro cui hanno partecipato, oltre al Presidente della Giunta Lelio Lagorio, il Presidente della Regione Lombardia Piero Bassetti, il Co~nnzissariodella CEE Altiero Spinelli e il Ministro per l'ordinamento regionale Mario Toros (per I'AICCE era presente il Segretario generule aggiunto Gianfranco Martini). L'incontro ha permesso anche di aprofondire i temi della politica europea, con particolare riguardo al ruolo che le Regioni intendono svolgere nella politica comunitaria. Nelle foto: (a fianco) la copertina del volume che raccoglie gli atti del convegno di Firenze; (sotto) Bassetti, Toros, Lagorio e Spinelli nella sede romana della Regione Toscana. aprile 1974 COMONI D'EUROPA Gli ideali di i I n morte di Luigi Einaudi « Comuni d'Europa D ristampò il memorabile suo discorso La guerra e l'tinità europea D, pronunciato all'Assemblea costituente italiana il 27 ltiglio 1947. Nel centenario della nascita t10 pensato fosse interessante riprodurre la sua recensione al libro di Giovanni Agnelli (industriale) e di Attilio Cabiati (professore al Regio Istituto Stiperiore di Commercio di Genova) sti Federazione europea o Lega delle Nazioni (fratelli Bocca editori, Torino 1918): apparsa in « L a Riforma Sociale », novembre-dicembre 1918, essa fu poi inserita nella raccolta di scritti einaudiani intitolata Gli ideali di u n economista D, uscita fra i « Quaderni della Voce (serie quarta, Firenze 1921). « Gli ideali di tin econoi~iista» fu da ine acquistato da tina bancarella di libri usati negli anni universitari, credo intorno al 1938, e m i è venuta recentemente la curiosità di rivedere la vecchia recensione. La curiosità non nzi hli deluso perché lo scritto « preistostorico » ci mostra cosa sia rimasto costante e cosa si sia evoluto nella problematica federalista di questo liberale di grande ingegno, di cui sono noti - circa il nostro teina soprattutto due momenti, quello delle lettere inviate dal 3 luglio 1917 al 17 ottobre 1919 a Luigi Albertini, direttore del Corriere della Sera » ( v . «Lettere politiche » di Junius, Bari 1920, editore Laterza) e quello degli scritti federalisti del periodo della Resistenza ( v . La guerra e I'uizità europea » di Luigi Einazzdi, 3" edizione, Milano 1953, edizioni di Comunità). Nella recensione compare il dato essenziale e costante del pensiero di Einaudi: non c'è unione fra più Stati senza u n potere centrale. Ci sono altri punti i n cui il pensiero del nostro autore si è ulteriormente precisalo (la sfera delle conipetenze di uno Stato federale rispetto a quella degli Stati federati) o !?a avuto approfondinzenti (liberismo e divisione del lavoro). Ci sono punti, infine, che ci sorprendono: l'idea, per esempio, che il canzpo di lotta a noi proponibile sia quello di una specie di Commonwealth latino, da portare avunti sti basi federali. Potrà sorprendere anche che il federalista Einaudi - rigoroso federalista « costituzionale si presenti poi FU scala mondiale come funzionalista D. La recensione, insomma, è anche uno specchio del torn7ento del penszero liberale circa i rapporti fra potere e « libertà economica ( q u i sarebbe di rito riclzianiare il Robbins). M c izon vogliai710 in poche e frettolose rzglie e con semplicisnio sovrapporci al lettore attento di questo ii7zportante documento iiitellettuale. Solo ci preme di ricordare coine Einaudi abbia via via ravviciizato sempre più il suo federalismo e il suo atitonomismo ( a V i a il Prefetto! s), talché capì molto bene il senso della lotta del Consiglio dei Coniuni d'Europa e poté in pzena coerenza niandarc la sua adesione motii~ataai 11 Stati generali (quelli di Venezia, dell'ottobre 1954). U.S . )) Federazione europea o Società delle Nazioni? G. AGNELLI e A. CABIATI: Federazione Europea o Lega delle Nazioni? Un vol. di pp. VII-126. In deposito presso i Fratelli Bocca, Ed., Torino, 1918 I1 libro, che qui si annuncia, scritto in collaborazione da un fine economista nostro collaboratore, il prof. Attilio Cabiati, e da Giovanni Agnelli, industriale, creatore ed amministratore delegato di una delle maggiori e più celebri fabbriche di automobili del mondo, la Fiat, viene in buon punto. Pensato e discusso sin dalle fine del 1916, scritto evidentemente nel primo semestre di questo anno, quando la Germania, affermato il suo dominio nelle province Baltiche, vinta la Russia, schiacciata la Rumenia, pareva avesse trasformato in realtà il sogno della Mittel Europa da Anversa a Bagdad e sembrava dovesse vincere le ultime resistenze francesi, mentre l'Austria tracotante minacciava dal Piave, è divenuto di ancor più viva attualità oggi che le parti sono mutate e l'Intesa ha vinto. La premessa necessaria all'attuazione del loro piano, che gli A.A. pongono in fine del volume: bisogna vincere - è un fatto compiuto. E su questa base si può cominciare a ricostruire. Come? I n una recensione non è possibile seguire lo sviluppo compiuto del pensiero degli autori, che è fondato sulla miglior letteratura in proposito e nutrito di appropriati ricordi storici e di sodi ragionamenti. I1 « nodo vitale » del problema, come lo chiamano gbi A.A., è il seguente: I1 concetto di « società delle nazioni » è troppo vago, instabile per potere dar luogo ad una creazione politica permanente. L'esperienza storica è lì per provare l'impossibilità di raggiungere fini concreti sulla base di una semplice lega di nazioni: dalla confederazione 21 delle città greche del 470 a. C., alle Province Unite del secolo XVIII, dal Sacro Romano Impero (800-1806) alla Confederazione germanica del secolo XIX, dalla Santa Alleanza alla Confederazione nord-americana del 1776-87. Tutti insuccessi indisputabili e necessari: perché nessun Stato può esistere laddove manca un potere centrale munito di mezzi pecuniari propri e di un esercito. Se le Federazioni di Stati conducono alla discordia ed alla guerra, resistono e prosperano invece gli Stati federali: Confederazione Svizzera, Stati Uniti d'America ed anche Impero Germanico. Bisogna interpretare il concetto della società delle nazioni non nel senso di una società di Stati indipendenti, i quali assumerebbero impegni di buona amicizia e prometterebbero di accordarsi per punire i recalcitranti violatori della pace comune - che è poco più del vecchio concetto della «bilancia delle potenze m; ma addirittura nel senso di una « Europa federale n. Stati indipendenti e liberi di sviluppare in ogni senso le loro attitudini e le loro capacità di vita e di progresso, salvo ché in alcuni campi determinati: politica estera, forze armate di terra e di mare, finanza federale, politica doganale. Questi compiti sarebbero affidati ad un potere centrale, ad imitazione di ciò che accade in quei tipi di Stati federali in cui il governo centrale ha quei soli poteri che gli sono assegnati dalla costituzio'ne. Fo'rze potenti spingo'no alla creazione di questo ente superiore: 1) la impossibilità di poter fare fro'nte alle conseguenze finanziarie della guerra altrimenti che col ridurre le forze armate alle poche decine di migliaia d'uomini necessari al mantenimento dell'ordine pubblico; 2) la difficoltà di potere diversamente distruggere a fondo le caste militari viventi sulla guerra; 3) la difficoltà di semplificare la vita togliendo gli impacci ora esistenti nei passaggi da Stato a Stato; 4) la possibilità, che vi sarebbe. di risolvere il problema delle colonie. impedendo che queste diventino campo di sfruttamento dei singoli Stati: 5) la necessità (( )) il Presidente della Repubblica Einaudi si intrattiene con (da sinistra): Carandini, Parri, Spinelli, Benvenuti, Cappi ed Ernesto Rossi, in occasione di una delle prime manifestazioni federaliste di questo dopoguerra a Roma COMONI D'EUROPA aprile 1974 l'industria americana dopo la guerra di in cui sarebbero gli Stati federali più in- con la caduta di tutte le barriere doganali. secessione n. Quando gli industriali italiani, dietro nella legislazione sociale, nella igiene, Basta pensare alla pesantezza dell'armamentario artificioso che oggi grava su quasi tutta nella istruzione di portarsi al livello dei che la pensano come l'Agnelli, sapranno l'Europa continentale; ai « doppioni » indu- accordarsi per una linea d'azione decisa o paesi più progrediti; 6) i vantaggi enormi striali creati dalla protezione; alla distru- coerente, che sia di freno alle pretese ed della unificazione dei mercati. Qui fa d'uopo zione quotidiana di ricchezze che ne deriva; riprodurre la bella pagina scritta dagli A.A., agli spropositi dei loro colleghi protezionisti, non tanto perché essa porta la firma del agli ostacoli contro la rapidità degli scambi per lo più tali per mancanza di riflessione? Cabiati, le cui idee erano ben note, quanto e della circolazione dei beni; alla farragiSul « punto vitale » non v'è dubbio che perché essa reca altresì la firma di uno dei nosa legislazione economica che tutto ciò imhanno ragione gli A.A.; d'accordo in ciò con più intraprendenti capitani industriali della porta, con una non meno farraginosa e cotutti gli studiosi seri che si sono occupati stosa burocrazia, per comprendere come baN I n Europa eravamo arrivati nuova Italia: a questo colmo di assurdo, che ogni fab- sterebbe l'estirpazione di questo cancro dal- dell'argomento. I1 concettto di K società delle l'Europa, per compensarci in breve degli nazioni » è utile come parola d'ordine; è brica che sorgeva in uno Stato costituiva una spina nel cuore per ogni altro Stato: che, sforzi a cui ci ha assoggettato la guerra. una formula politica conveniente per chiamentre le superbe invenzioni tecniche del Quale è la persona ragionevole la quale rire le posizioni, distinguere, anche in seno vapore applicato ai trasporti di terra e di può, senza timore, prospettare la possibilità alle nazioni delllIntesa, coloro che vollero mare, dell'elettricità come forza motrice, del che, dopo un conflitto così gigantesco, si la guerra per fini di sopraffazione, da coloro teleprafo e del telefono avevano ormai an- possa riprendere una politica economica di che vollero conseguiti i fini nazionali, come nullato le distanze e reso il mondo un unico preferenze, di esclusivismi, di localizzazione, grande centro e mercato internazionale, i riversandone il carico sui consumatori esau- necessaria premessa al raggiungimento di piccoli uomini si affannavano con ogni loro sti? Una economia europea la quale, sosti- nuovi alti scopi. Ma è un concetto indubmossa ad annullare gli immensi benefici tuendosi con prudenza e graduali adatta- biamente indefinito. Bisognando cominciare dal dargli un contenuto, l'unico contenuto delle grandi scoperte, creando artificiosa- menti alle economie particolaristiche degli mente mercati isolati e piccoli centri di pro- odierni singoli Stati, realizzi in pieno la serio, vitale è quello dello « Stato federale D. duzione e di consumo. E sembravano non divisione del lavoro, ci darà, col beneficio Non basta una associazione più o meno accorgersi che il sistema protezionista aveva massimo dei produttori, quel ribasso dei umanitaria fra Stati sovrani; fa d'uopo un finito con l'uccidere se stesso e col rendere prezzi che permetta ai consumatori di sop- super-Stato, fornito di organi propri e di il lavoro una tortura e non una gioia. Poi- portare gli oneri finanziari della guerra forze finanziarie adeguate. Ma a quale terché, volendo ogni Stato proseguire gli stessi senza un esaurimento delle proprie forze ritorio si deve estendere questo Stato fedefini, produrre di tutto, produrre su vasta fisiche e creative. I1 problema delle riparti- rale? Ho paura che nel momento presente scala, mai come nell'ultimo ventenni0 quella zioni delle materie prime, quello dei tra- lo C< Stato federale europeo D, quale è proconcorrenza che si aveva avuto in mira di sporti, quello dei prodotti alimentari, che gnosticato dagli A.A., sia nel tempo stesso evitare si era fatta più acuta, più spasmoaffannano tutti i comitati europei per lo troppo e troppo poco. Troppo, se si pon dica, più raffinata e violenta. Si lavorava studio del dopo guerra, si troveranno auto- mente alle profonde differenze nazionali in grande, sempre più in grande, a squadre maticamente risolti. E l'ampliarsi gigantesco che intercedono fra una contrada ed un'altra e con fuochi continui, con un margine di guadel mercato da nazionale in continentale delllEuropa. Italiani, francesi, spagnoli, tedagno sempre più ridotto, con lo spavento farà sì che gli industriali, superato il primo deschi, magiari, slavi del sud, bulgari, greci, incessante di ciò che faceva, di ciò che pen- periodo di assestamento, troveranno dinanzi polacchi, russi, rumeni, scandinavi sono pronsava, di ciò che inventava l'estero. Solo a sè tali capacità insospettate di assorbiti a mandare rappresentanti ad un parlal'Europa federale potrà darci la realizzazione mento, che le industrie ne riceveranno lo mento federale, a pagare imposte comuni, più economica della divisione del lavoro, stesso slancio gigantesco di cui diede prova a mantenere un solo esercito? Par dubbio; e par dubbio perciò che l'uomo di Stato debba proporsi di raggiungere una mèta, la quale non abbia probabilità di essere sentita dai suoi governanti. I1 processo di forS m A m M m mazione di Stati nazionali, violentemente impedito dall'esistenza di Stati anacronistici, come l'Austria-Ungheria, la Turchia, la Russia, deve prima avere il suo compimento. Questo vogliono i popoli che fin qui erano oppressi a r. I. da popoli stranieri egemonici; e non capirebbero affatto se si volesse sostituire al loro presente un altro ideale. Per essi, e forse anche da un punto di vista generale, la Amministrazione: Corso Mazzini, 54 Tel. 21.4.08 costituzione di un'Europa federale sulla baLaboratorio: Viale Marconl, 9 se degli Stati preesistenti alla guerra sarebbe stata una sventura. I1 « troppo » sta F A E N Z A (Ravenna) dunque in ciò che unlEuropa federale non si può concepire costituita se non da e fra popoli, i quali vi siano spinti da comunanza di interessi, di affetti, di tradizioni, di volontà, di scopi da conseguire. Questa la premessa di tutti gli Stati federali: Stati Uniti, Canadà, Australia, Africa del Sud, Impero germanico, Svizzera. Finora, questa comunanza non si sente se non da una parte dei popoli delllIntesa; una parte, dico, chè dalllIntesa si è già straniata la Russia, mentre i legami che l'avvincono ai popoli liberati dalla Russia e dalllAustria sono ancora poco saldi. D'altro canto unlEuropa federale è troppo poco. PREZZI DI CONCORRENZA Comprenderemo in essa l'Inghilterra? Ma allora non si può più parlare di una Euro- SOCIETAARTISTICA MARMI - Lavorazione pregiata di marmi e pietre Specializzata in caminetti, balaustre, altari aprile 1974 COMONI D'EUROPA pa federale D, bensì di un grande Stato mondiale federale comprendente la comunità britannica delle nazioni c le nazioni europee, con le loro colonie. Chi sappia le difficoltà quasi insormontabili che si incontrano per dare una costituzione veramente federale alla cornmonwealth britannica, impallidisce al pensiero di creare un ente ancor più vasto e complicato. Rimarrà fuori l'Inghilterra? In tal caso, l'Europa federale sarebbe una Europa media ingrandita, in cui dominerebbe probabilmente il gruppo nazionale più compatto, quello germanico. Tra i risultati probabili di una siffatta formazione politica v'ha una futura lotta di supremazia fra l'Europa continentale e il mondo anglobsassone (Impero britannico e Stati Uniti d'America). Dopo avere lottato a morte e sacrificato milioni di vite e centinaia di miliardi di ricchezze, Francia ed Italia abbandonerebbero i loro fedeli alleati d'oggi e si fonderebbero con chi voleva ridurli a vassalli. In conclusione, il piano di una Europa federale non è abbastanza realistico perché è troppo razionale, troppo economico. Se i popoli sapessero ragionare e ragionassero soltanto dal punto di vista del loro vantaggio, quel piano sarebbe tra le cose attuabili. Non mi pare oggi lo sia, perché non tiene abbastanza conto degli imponderabili: sentimento di nazionalità, tradizioni, amor della indipendenza, decisione a vivere miseramente pur di ricuperare una vetta od un fiume sacro. I1 mondo è bello e grande a causa degli imponderabili. Bisogna costruire tenendo conto di essi. In articoli sulla Mi- n e r v a , scritti a parecchie riprese dal 1915 al 1918, ho delineato quali siano, a parer mio, le vie della ricostruzione. La guerra presente ha rinsaldato una di queste grandi costruzioni di super-Stati: la comunità britannica delle nazioni; ed il Beer nel suo classico libro ha descritto le forze le quali spingono alla unione dei popoli di lingua inglese: comunità britannica e Stati Uniti d'America. Dal mondo slavo in effervescenza non si sa cosa verrà fuori; ma non è fuor di luogo immaginare il sorgere di due federazioni slave, l'una del Sud - Boemia, Jugoslavia, Bulgaria - l'altra del Nord-Est corrispondente all'incirca all'antica Russia. I tedeschi rimarranno, blocco compatto, al centro d'Europa. Sarebbe un disastro storico se Italia e Francia, ricondotte ai loro storici naturali confini, non riuscissero a ricostruire l'antico impero romano d'occidente. Dopo millecinquecento anni di spinte germaniche dal nord ed arabe dall'oriente, gli eredi delle genti latinizzate da Roma sono riusciti a ricondurre le loro bandiere quasi agli antichi confini. Se la Spagna entrasse nella nuova costellazione politica, il mare mediterraneo diventerebbe nuovamente nella sua parte occidentale un lago latino. Colonie immense da sfruttare, territori politicamente annessi da colonizzare non farebbero difetto: un'opera di secoli da compiere si presenta ai nostri occhi. E tutto ciò senza rinunciare alle nostre caratteristiche di cultura, di lingua, di tradizioni. Irresistibilmente, l'America del Sud finirebbe di aderire ad una Unione latina. La quale non starebbe a pro dell'unione BANCO DI NAPOLI 23 anglo-sassone; ma neppure troppo al di sotto ed, avendo comuni le origini nella medesima guerra di liberazione, difficilmente potrebbe essere tratta a lotta cruenta con essa. Frattanto, se a poco a poco si attiverà la parte veramente sostanziosa dell'idea wilsoniana della lega delle nazioni: unioni internazionali specifiche doganali, coloniali, ferroviarie, fluviali, per gli stretti, monetarie, ecc. ecc., simili a quelle già esistenti pcr le poste, per i telegrafi, per la protezione della proprietà letteraria ed industriale, verranno a poco a poco meno i sentimenti che oggi spingono alla guerra. Quando questa parrà assurda agli uomini, come oggi pare assurdo il cannibalismo ed a molti il duello, la guerra cesserà da sè. E gli uomini faranno, senza accorgersene, l'ultimo passo non verso 1'Europa federale, ma verso la costituzione di un organo supremo, che noi oggi non sapremmo neppure bene definire, per regolare gli affari comuni a tutti i popoli del mondo. E nessuno dei grandi aggregati politici esistenti: quello anglo-sassone, quelli latino e germanico e slavo e cino-giapponese vedrà una menomazione della propria indipendenza nella creazione di quest'organo comune, perché le menti degli uomini saranno abituate all'idea che non a tutto è capace lo Stato, sia nazionale, sia supernazionale e che, come in uno Stato vi sono comuni e province e governo centrale, così nel mondo possono coesistere governi diversi, gli uni applicati a risolvere problemi nazionali, gli altri supernazionali o mondiali. (Da La R i f o r m a Sociale, nov.-dic. 1918). COMUNI D'EUROPA Organo dell'A.1.C.C.E. Istituto dl credito dl dlritto pubbllco Fondato nel 1539 ANNO XXII - N. 4 - Aprile 1974 Fondi patrimoniali e riserve: L. 99.754.952.734 Direttore resp.: UMBERTO SERAFINI Redattore capo: EDMONDO PAOLINI DIREZIONE GENERALE - NAPOLI E AMMINIDIREZIONE, REDAZIONE STRAZIONE Piazza di Trevi, 86 - Roma Tutte le operasioni ed i servisi di banca - tel. 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Consumo: 16,6 km con un litro* &ai 500'~opocino" - 7974 La Fiat continua a costruire l'automobile più economica ed è l'automobile che mantiene il consumo della benzina alla portata di tutti 4 osti motore 5 9 4 cm3. 2 3 CV fDINI. oltre 705 kmlh. Consumo: oltre 19 k m con un litro" Fiat 726 "Consumo medio, secondo norme CUNA