Scheda 10
Il ricorso al Doping
Pietro Delfini
“il ricorso al doping è un illecito sportivo, il ricorso al doping è un
errore che certamente si paga, il ricorso al doping resta per sempre nel
fisico e nella mente, toglie la salute e fa vivere male la giovinezza e
peggio l’età adulta e la vecchiaia” 1
Pasquale Bellotti
Premessa
In un opuscolo redatto da componenti della Commissione Scientifica
Antidoping del CONI, al primo capitolo si legge:
“In ambito sportivo si definisce Doping la somministrazione o l’uso di tutte le
pratiche o di tutte le sostanze che sono state proibite dalle Autorità Sportive
…. e che compaiono in apposite liste adottate in maniera ufficiale dagli
organismi sportivi” 2.
Correlativamente alla considerazione dei disturbi del comportamento
alimentare, mi sembra, allora, che debba essere posto all’attenzione
quest’altro aspetto.
Un atleta che compete ad altissimo livello si sottopone ad allenamenti
particolarmente frequenti, intensi e dispendiosi. Diviene quindi necessario
reintegrare in tempi brevissimi quanto è stato speso nella pratica sportiva, dai
principi alimentari alle vitamine, dai sali minerali all'acqua, senza dimenticare
1
Bellotti, P., Prima del primo, in: Benzi, G. M., 1998, Le sostanze doping. Tutti gli effetti dannosi
sull’organismo, CONI – SdS – Commissione Scientifica Antidoping, Roma, p. 13.
2
Ceci A., Reggiardo, G., 1998, È un medicinale: leggere attentamente le istruzioni, Commissione
Scientifica Antidoping – CONI – Scuola dello Sport, Roma, p. 9.
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le eventuali contingenze e le necessità dell'organismo per fronteggiare altre
eventuali cause stressanti (malattie) oltre che gli stressor propri delle unità di
allenamento.
Restitutio ad
integrum
Il problema della restitutio ad integrum, nei suddetti casi, può però essere
frainteso e suggerire, erroneamente, la somministrazione, in dosi a volte
elevate, di preparati, di medicinali o di semplici integratori salini.
Il rischio è, però, che all'atleta sfugga il significato di tutto questo, perché è
diventato una sorta di contenitore (di diete, di scalette, di programmi, di cicli e
di microcicli, di vitamine, di integratori, di sali minerali e di medicinali per
correggere stati alterati di salute - ma anche, a volte e purtroppo, effetti
collaterali di altri medicinali - e così via, fino ad arrivare all'assunzione di
sostanze proibite, perché illecite e pericolose per la salute, ossia al doping).
In altri termini il feed-back negativo, tra carenza e restitutio, rischia di
trasformarsi in un feedback positivo, che innesca cioè una serie di reazioni
perverse, sempre più di prima, a spirale, in un loop a cui risulta sempre più
difficile resistere, di cui non si può più fare a meno, anche perché viene
legittimato dalla consapevolezza che tutto può divenire possibile, tramite
l'assunzione di qualche “pilloletta” ad hoc prefabbricata.
Anche perché può risultare più comodo ingerire pillole, piuttosto che
sottoporsi soltanto ad allenamenti lunghi, spesso faticosi e di cui, a volte, non
si vede subito il risultato atteso e, magari, miracoloso 3.
Effetti
Il doping, dunque, lo ribadisco, non sostituisce l’allenamento. Esso, da solo,
non provoca incremento della struttura fisica, né delle capacità di erogare
lavoro muscolare protratto od “esplosivo”.
Ad esempio, l’efficacia degli steroidi nel provocare, in misura variabile e in
alcuni soggetti, un aumento della muscolatura e della forza muscolare, è
subordinata all’esecuzione di allenamenti intensi e regolari, oltre che al
seguire una dieta iperproteica.
Ma, non bisogna mai dimenticare che un atleta che abbia bisogno di
integratori o di "esaltatori" di qualsiasi genere, è un atleta che segue una
dieta non confacente alle sue necessità energetiche e metaboliche e,
contemporaneamente, un atleta allenato male, il quale cerca, perciò, sconti o
percorsi abbreviati per il raggiungimento della migliore forma, per realizzare
una migliore performance.
3
Una precisazione al riguardo: il doping non sostituisce, comunque, l’allenamento. Incide sulla
prestazione perché può mettere in grado di sopportare carichi superiori, in allenamento e in gara.
Proprio per questo, inoltre, consente di accorciare i tempi della preparazione, con effetti spesso
deleteri sulla struttura fisica, oltre, naturalmente ai danni determinati dall’azione diretta delle sostanze
doping, quasi sempre ormoni o principi che su questi agiscono. Gli ormoni esogeni hanno alta
probabilità di determinare, sulla struttura e sul funzionamento dell’organismo umano, influenze
incontrollabili, irreversibili e troppo spesso deleterie, fino alle estreme conseguenze.
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La cultura dell’allenamento
Cos’è il doping
Viceversa un atleta ben allenato, ossia che incrementi i carichi in maniera
graduale e progressiva, rispettando i tempi necessariamente lunghi, che
segua una dieta razionale ed equilibrata e che conosca i propri limiti, le
possibilità di sviluppo e il "progetto" complessivo del suo fare sport, non
solo non avrà bisogno di integratori di qualsiasi genere, ma potrà anche
raggiungere, con certezza assoluta, le massime performance per lui
possibili.
Riassumendo, allora, quanto detto all’inizio, l’atleta deve tenere presente che
secondo il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) si definisce Doping l’uso
di qualsiasi sostanza:
che è stata che è stata proibita
che compaia in una apposita lista 4
Adriana Ceci e Giorgio Reggiardo, inoltre, mettono in guardia l’atleta sulle
possibili gravi conseguenze che la pratica del doping ha sulla salute di chi ne
fa uso e sul fatto che i medicinali sono sostanze autorizzate per curare le
malattie e non possono essere utilizzati per altri scopi.
Anche ammettendo la sua buona fede, l’atleta deve, perciò, fare molta
attenzione, quando assume dei farmaci, ai principi attivi in essi contenuti e
non al nome di fantasia con cui le sostanze medicinali sono
commercializzate.
Anche perché la buona fede è, troppo spesso, la comoda scusa inventata da
chi sia risultato positivo alle sostanze medicinali proibite, a meno che non si
tratti di un caso certificato preventivamente dal medico e seguendo un
protocollo prestabilito, in presenza di stati di salute alterati e di prescrizioni
mediche (restitutio ad integrum).
Anche per questo deve essere bandito l’uso del fai - da – te, a scopo
terapeutico.
Danni
I danni per la salute sono rilevanti, troppi sono i casi documentati delle
conseguenze gravissime (fino alla morte) che hanno colpito atleti dediti (o
sospetti di dedicarsi) ad assunzioni di sostanze proibite, anche a loro
insaputa 5.
Lo ripeto, le sostanze dopanti sono, quasi sempre, ormoni o principi che su
questi agiscono, come gli steroidi anabolizzanti (composti sintetici simili al
testosterone), l’eritropoietina, la somatotropina (ormone della crescita),
per citare i più noti, o gli stimolanti, (quali, ad esempio, la caffeina in dosi
4
ibidem, p. 10.
L’atleta è spesso l’anello più debole della catena, che paga sempre, di persona, il prezzo più
pesante, su di lui vengono scaricate tutte le responsabilità anche quelle di chi, invece, lo sport
gestisce: a volte, l’allenatore, ma quasi sempre un medico compiacente (che non ha quindi, neanche
l’alibi dell’ignoranza dei pericoli) con la complicità delle strutture che lo sport organizzano, gestiscono
o che di esso fanno oggetto di operazioni commerciali.
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superiori a 12 microgrammi per millilitro, quanta ne può essere contenuta in
parecchi caffé presi contemporaneamente) e nessuno può prevedere con
certezza le complesse interazioni di ogni ormone assunto con la complessa
attività ormonale di ogni singolo individuo.
O meglio, nessuno ne può prevedere l’evoluzione, ma comporterà,
sicuramente un grave rischio o un danno spesso irreversibile per la salute.
I principali effetti negativi sono riconducibili all’insorgenza di tumori al fegato
(soprattutto nel caso di uso di anabolizzanti) e danni irreversibili a carico
dell’apparato cardiocircolatorio, compreso l’infarto o l’ictus.
SLA
Ma la conseguenza più sconvolgente sarebbe (se provata) la per ora
ipotizzata influenza della scorretta assunzione di farmaci sull’insorgenza
della SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica).
La SLA è una malattia che si evidenzia come mancanza di nutrimento ai
muscoli scheletrici, di quelli della fonazione, della deglutizione e della
respirazione. Provoca, perciò, la progressiva incapacità a muoversi, a
parlare, a deglutire e a respirare, fino alla morte.
L’aspetto forse più terrificante è che il malato immobile e a cui rimangono
integre solo le funzioni escretorie e sessuali rimane cosciente (di essere
ridotto a meno di un vegetale), fino agli ultimi istanti della sua vita.
Nell’ambito dello sport del calcio sono stati evidenziati, dal 2004 al 2008, 43
casi di SLA 6, su 30.000 calciatori, con un’incidenza circa 24 volte superiore
a quella della restante popolazione.
Doping e droga Altro aspetto da non sottovalutare è che anche il doping, come le altre
droghe può dare assuefazione. Si instaura infatti una sorta di dipendenza nei
riguardi, forse più che della sostanza, degli effetti che ci si attende che essa
produca, anche quando, per limiti biologici ed evolutivi, non si è più in grado
di produrre quella prestazione.
Quindi, pur partendo da presupposti diversi 7, alla fine il dopato, come il
tossicodipendente, si trova a dover fare i conti con un mezzo (altro da sé),
che, come la gratificazione estrinseca, come lo zuccherino, deve essere
continuamente incrementato per essere efficace (almeno così ritiene lui, cioè
che possa essere efficace).
Il passaggio obbligato, allora, può divenire l’assunzione di altre sostanze,
anche, forse, per dimenticare che quando vinceva, se vinceva, non era lui a
salire sul podio, a meritare la medaglia; lo era, invece, il suo vuoto simulacro,
senza motivazioni, senza vere emozioni, senza intenzioni, al quale il doping
serviva da propellente.
6
Il dato è stato accertato dal Procuratore di Torino Raffaele Guariniello.
Non bisogna dimenticare che chi assume droga risponde in genere ad una istanza di annullamento
del sé, che non ritiene adeguato al mondo, alle circostanze e alle situazioni in cui si trova ad doversi
relazionare agli altri o di travisamento della realtà altrimenti ingrata. il ricorso al doping risponde
invece, almeno all’inizio, ad una necessità / voglia (velleitaria) di superamento dei propri limiti
naturali, nel tentativo di affermare il proprio valore sportivo.
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La cultura del
Doping
Ma, oltre ai danni sul piano individuale, ancora più grave e pericolosa è la
cultura che la pratica del doping va affermando.
La “cultura” del doping è sostenuta dall'ideologia della sopraffazione, della
violenza e, quindi, del raggiungimento fraudolento dei propri obiettivi e
affonda le sue radici nella visione miope, nell'ignoranza, nella stupidità.
Essa inoltre impedisce, di fatto, la pratica dello sport (e, quindi, la libertà di
praticarlo) a chi non voglia fare uso del doping.
E in genere, ma non sempre, sono le seconde linee, quelli che con i propri
mezzi non riuscirebbero a primeggiare, i principali, ma non i soli, responsabili
della diffusione del fenomeno.
Alessandro Manzoni, nel XIII capitolo dei promessi sposi, scrive: “E tutti,
alzandosi in punta di piedi, si voltano a guardare da quella parte ….
Alzandosi tutti, vedono né più né meno che se fossero stati con le piante per
terra; ma tant’è, tutti si alzavano” 8.
Anche se Manzoni non lo dice, è presumibile che quelli della prima linea non
si erano alzati sulle punte dei piedi (perché non ne avevano avuto bisogno).
E, in ogni caso, quella descritta era la prospettiva di quelli che si trovavano
dietro.
L’atleta alienato Le seconde linee (le mezze cartucce) sono, dunque, i principali responsabili
della pratica del doping e della relativa cultura che vanno affermando: la
cultura del risultato ad ogni costo, della vittoria con ogni mezzo, antitetica alla
cultura dello sport 9.
Tali “vittorie” dei singoli atleti (ma lo sono poi veramente, atleti?) conducono,
però inevitabilmente, alla negazione e alla sconfitta dell’Atleta come
categoria.
Chi viene coinvolto nella spirale del doping, per arrivismo o smania di
protagonismo, non è più, paradossalmente, protagonista del proprio destino.
Non è più il soggetto delle proprie azioni, soggetto quindi che pensa, sente,
ama, sceglie, agisce, ma diviene l’oggetto del meccanismo e delle strutture
perverse che lo usano.
E' un atleta altro - da – sé, che può realizzarsi / riconoscersi soltanto
attraverso le manifestazioni esteriorizzate (il record o la prestazione), la cui
natura, entità vera e finalità, peraltro gli sfuggono, essendo egli soltanto parte
– oggetto del meccanismo in cui è imprigionato, attraverso un processo di
cattura e legittimizzazione del consenso, che lo rende, dunque, atleta
alienato.
La cultura della vittoria ad ogni costo, anche quello del doping, produce,
inoltre, una riduzione dei neofiti o un incremento degli “abbandoni”.
8
Manzoni, A., 1957, I promessi sposi, Signorelli, Roma, p. 310.
Mi rendo conto che tali posizioni potrebbero essere etichettate come visioni idealistiche e, forse,
anche romantiche di menti non al passo con i tempi e con i ritmi (frenetici) dell’età attuale. Da parte
mia, però, è solo un tentativo di affermare l’esigenza di uno sport senza trucchi e senza danni, per
chi voglia accingersi a praticarlo (i miei come i vostri figli).
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5
La cambiale
in bianco
Infatti, per troppi ragazzi è stato (ed è) come se, al momento dell’avviamento
allo sport avessero dovuto (dovessero) firmare una sorta di cambiale in
bianco, alla cui scadenza (coincidente con il momento della specializzazione,
o dell’ingresso nelle squadre nazionali, o semplicemente del momento di
operare il “salto di qualità”) pagare con l’assunzione in prima persona
(insieme a sostanze e modalità illecite) di rischi e/o danni irreversibili per la
propria salute.
Per alcuni, la conseguenza più logica è, dunque: “non firmo quella cambiale,
ossia lo sport con queste regole, se queste sono le regole, non fa per me”.
Gli altri, quelli che proseguono, in molti sport (ma non in tutti per fortuna), si
troveranno, al momento della specializzazione sportiva, di fronte al dilemma:
“o mi adeguo per mettermi al pari degli altri, con tutte le conseguenze, o sono
destinato ad un ruolo di secondo piano nello sport. Non sono, perciò, libero di
praticare lo sport che ho scelto, nel modo che voglio”.
Conclusioni
1. La “cultura” del doping è antitetica a quello dello sport.
2. Il doping è amorale, perché lede i diritti di chi non ne fa uso.
3. Il doping è reato perseguibile in sede sportiva e in sede penale 10.
4. Il doping è, soprattutto, un pericolo per l’integrità fisica, perché nuoce
sempre, spesso in modo incontrollabile e irreversibile, alla salute.
5. Non vale mai la pena di piegarsi al doping, nemmeno per un oro
olimpico, che è il massimo traguardo raggiungibile da un atleta.
6. Quindi a partire, anzi a prescindere, dalla cultura del doping è
necessario proporre un modello diverso di sviluppo dello sport e delle
attività da esso derivate.
Nella attuale società, infatti, caratterizzata da una richiesta sempre più
pressante di servizi, le attività ludico motorie e sportive vanno assumendo i
contorni sempre più precisi di presidio atto ad elevare sempre più la qualità
della vita dei cittadini, in quanto a caratteristiche proprie, obiettivi
raggiungibili nel breve e lungo termine e semplici mezzi e modalità di
esecuzione e/o pratica.
Non possono, però, prescindere da interventi sempre più qualificati,
specializzati e consapevoli (anche delle problematiche del doping e delle
sue conseguenze) da parte di chi, in possesso di specifiche professionalità,
sia in grado di fornire un contributo corretto per far fare sport, limitando al
massimo le possibilità di danni e di rischi per la salute psico-fisica
dell’utente.
10
Legge 376/2000.
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Doping e
Antidoping
È, perciò, compito di ognuno tenere sempre alta la guardia di fronte alla
minaccia del doping che si dimostra sempre più avanti rispetto
all’antidoping.
Mentre questo si affanna a mettere a punto mezzi e protocolli
scientificamente e giuridicamente inoppugnabili, quello sta già mettendo in
atto risorse enormi per trovare altre sostanze, sempre più difficilmente
riscontrabili, altre forme e altre modalità fraudolente di “truccare le carte”.
Ecco, così, che si passa da forme primitive 11, a mezzi sempre più sofisticati
12
, dagli stimolanti agli steroidi, dalle “bombe” dei ciclisti di prima della
seconda guerra mondiale e dell’immediato dopoguerra all’eritropoietina e
all’ormone della crescita, fino a favoleggiare sull’impiego di cellule staminali,
per riparare o potenziare apparati non adeguati e sui trapianti genetici, fino
ad arrivare all’ultima frontiera (per ora) della possibilità di clonazione o dell’
ipotizzato assemblaggio di organismi geneticamente modificati, in cui siano
state selezionate le caratteristiche essenziali per correre, saltare, tirare di
scherma o giocare a football.
Senza necessità di arrivare alla robotica, di cui alcuni favoleggiano, perché
chi condivide e partecipa della cultura del doping un robot lo è già diventato.
Interessi ed
interrogativi
Ritorna, a questo punto la domanda: cui prodest? E quelle ad essa
correlate:
•
tale ipotetico sportivo (il robot) può servire a realizzare un modello di
sport sostenibile e perseguibile da ogni cittadino?
•
o ci sono interessi commerciali (leggi “finanziamenti”) da parte di
alcuni apparati di ricerca farmaceutica cosiddetta scientifica? 13
•
o ci sono gli interessi delle strutture burocratiche a cui è demandato il
compito di gestire e organizzare lo sport?
•
o ci sono gli interessi di chi lo sport e le imprese sportive racconta e
ha bisogno, per continuare ad essere ascoltato, che esse siano
sempre più eclatanti?
11
Era in uso nell’antichità mangiare le interiora del leone, per assumerne la forza e il coraggio. Allo
stesso scopo, presso alcuni popoli primitivi, si usava mangiare il cuore dei nemici valorosi vinti:
indubbiamente, un certo effetto (l’effetto placebo è stato dimostrato) doveva pur esserci.
12
A volte, sofisticati neanche tanto, se si pensa che gli steroidi anabolizzanti usati fino a non molti
mesi fa erano quelli sintetizzati per uso veterinario. O se si pensa che l’ormone della crescita veniva
estratto dall’ipofisi dei cadaveri, con conseguenze dirette e collaterali, anche per quest’ultimo fatto,
gravissime sulla salute di chi ne ha fatto uso.
13
L’eritropoietina, ad esempio, è un farmaco salva vita per alcune patologie, ma sembra che meno
del 10% di quella prodotta trovi utilizzo secondo questa modalità. Dove finisce il restante 90%?
Perché produrne oltre la richiesta per gli usi terapeutici? O ci sono altre richieste? o ci sono degli
analoghi degli informatori farmaceutici si occupano di far conoscere il prodotto (e ne sollecitano
l’acquisto, inducendo il bisogno) in ambiti di utilizzo del farmaco non propriamente indicati?
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7
•
o ci sono gli interessi dei cosiddetti sponsor, che, sotto le mentite
spoglie del benefattore, dalle vicende sportive di vertice traggono fonti
di introiti (altri investimenti pubblicitari risparmiati, sgravi fiscali, etc.) ?
•
o ci sono altri interessi?
e riassumendo:
quella del doping appare un’opzione sostenibile?
Fate voi!
Da parte mia posso solo concludere con l’appello del mio amico Lino
Bellotti:
“dunque fate e fate fare uno sport pulito, con le regole del far play, per
migliorarvi e stare bene. Se siete capaci ed avete talento, fate anche lo
sport di alto livello e scalate montagne e come gazzelle correte per i
boschi e sulle piste. Ma restate puliti. Così siete, comunque, campioni.”
14
.
Pasquale Bellotti
Domande di riepilogo relative alla scheda “Il ricorso al Doping”
1.
Come si configura il problema della restitutio ad integrum?
2.
Il Doping può sostituire l’allenamento?
3.
Come si definisce il Doping?
4.
Quale può essere il rischio per la salute per chi assume sostanze doping?
5.
Il doping e la droga procedono su percorsi paralleli?
6.
Chi sono i principali responsabili della diffusione del doping?
7.
Perché la pratica del doping produce incremento di abbandoni?
8.
Perché la “cultura” del doping è antitetica a quella dello sport?
9.
Perché è necessario proporre un modello diverso da quello del doping?
14
Bellotti, P., cit., p. 14.
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Scheda 10 Il ricorso al Doping