Istituto MEME
associato a
Université Européenne
Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles
IL PAZIENTE PSICHIATRICO AUTORE DI REATO
Scuola di Specializzazione:
Relatore:
Collaboratori:
Contesto di Project Work:
Scienze Criminologiche
Dr.ssa Roberta Frison
Assistente Sociale
Centro di Salute Mentale
Mezzacorana (Trento)
Tesista Specializzando: Angelo Denaro
Anno di corso: Primo
Modena: 13 giugno 2009
Anno Accademico: 2008 - 2009
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Angelo Danaro - SST in Scienze Criminologiche (Primo anno) A.A. 2008/2009
Indice dei Contenuti
1. Introduzione ................................................................................................ 3
2. Anamnesi remota e prossima…………………………………………….. 4
3. Considerazioni psicopatologiche ………………………………………… 7
4. Violazione delle regole sociali e giuridiche ..…………………………….. 9
5. L’incendio nel Codice Penale …………………………………………….. 10
6. Mediazione Penale ……………………………………………………….... 11
7. Cronogramma del percorso ………………………………………………. 16
8. Genogramma ……………………………………………………………..... 18
Bibliografia ………………………………………………………………….... 19
Sitografia ...………………………………………………………………........ 19
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1. INTRODUZIONE
Il protagonista della storia che presentiamo è Tomas, un giovane adulto di 23
anni, che ha commesso lo stesso reato in due circostanze diverse: ha appiccato il
fuoco per ritorsione verso le vittime e per motivi oggettivamente banali, futili.
Oggettivamente, invece, la modalità impulsiva per l’intolleranza alle frustrazioni,
diventa per il paziente il modo più importante di reagire e interagire.
Ha avuto un’infanzia difficile con un affido in famiglia e uno in comunità.
Attualmente è ospite di una comunità dove sono emersi grossi problemi di
gestione dati dal suo comportamento, dei rapporti con la famiglia e con la madre
in particolare. E’ proprio in questo contesto che Tomas ha commesso il secondo
reato, per cui è stata richiesta la collaborazione al nostro Centro Salute Mentale
nel progetto di soggiorno.
Identificato come l’autore, dopo interrogatorio nella locale caserma dei
Carabinieri, è stato rilasciato a piede libero. Il giudice competente, cui era
pervenuta la notizia, aveva riscontrato che già a suo carico vi era una denuncia
analoga, risalente a quattro anni prima. Dopo un colloquio con l’assistente
sociale, che sottolineava la necessità di restituire al paziente le conseguenze
giuridiche delle azioni delittuose, il Magistrato ha ritenuto di prendere in
considerazione un percorso di giustizia riparativa.
L’obiettivo della sua scelta e degli operatori dei servizi che hanno in carico il
paziente è quello che egli possa fare un percorso per acquisire, nell’ambito di un
progetto terapeutico, una maggiore capacità cognitiva, un migliore controllo delle
proprie emozioni ed azioni, un aumento delle competenze relazionali, una
considerazione dell’altro con le sue istanze, le sue aspettative, i suoi diritti e una
consapevolezza della sofferenza delle vittime dei suoi reati.
Delineeremo la sua storia personale cercando di tracciare le difficoltà in età
evolutiva, il disagio che ne è derivato e i bisogni attuali. Si proveranno a
ricostruire i difficili rapporti con le figure parentali, la lunga storia istituzionale e
un profilo della sua personalità per capire le motivazione dei suoi gesti.
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2. ANAMNESI REMOTA E PROSSIMA
Tomas nasce il 04.02.1986. E’ primogenito di genitori molto giovani che molto
presto entrano in aspro conflitto. Il padre trascorre molto tempo fuori casa per il
suo lavoro di meccanico al quale aggiunge anche quello trascorso al bar a bere.
Quando torna a casa è alterato e aggressivo nei confronti della moglie, che,
esasperata, pensa all’ipotesi di tornare con il figlio presso la casa dei suoi. Nel
corso del 1992 giungono dalla scuola le prime segnalazioni ai servizi di
Neuropsichiatria Infantile e Psicologia: Tomas manifesta deficit di attenzione,
difficoltà nell’adattamento e nell’apprendimento, instabilità emozionale e disturbi
del comportamento, incapacità di rispettare le regole e di interagire positivamente
nel gruppo.
I genitori minimizzano i disagi del bambino, si dicono disponibili in un primo
momento a collaborare ad un progetto di sostegno psicologico ma di fatto non lo
sono. Fanno numerosi traslochi, per cui Tomas cambia più volte scuola durante
l’anno. La psicologa dirà che questo elemento ha contribuito a rendere caotica la
sua esperienza relazionale, impedendo la formazione di legami stabili e sicuri. In
collaborazione con il Servizio Sociale vengono individuati prima un’insegnante
di sostegno e successivamente una struttura semiresidenziale che accoglie il
bambino. L’obiettivo è da una parte dare a lui un aiuto per fare i compiti di scuola
e offrire un contenimento ai suoi problemi comportamentali; dall’altra, sollevare
la famiglia dalla difficile gestione di un bambino che manifesta già un’instabilità
del carattere e segni di ipercinesia.
Nel 1993 nasce Katrin, la figlia secondogenita. I problemi e i conflitti non si
attenuano, anzi, il padre continua ad essere aggressivo verbalmente e fisicamente
verso la moglie e spesso anche verso i figli.
Si arriva così al 1996 e dopo numerosi traslochi la madre si trasferisce presso la
famiglia d’origine, lasciando Tomas con il padre e portando con sé la figlia
minore. Dopo circa un anno inizierà una nuova relazione dalla quale avrà una
terza figlia.
Viene informato della situazione il Tribunale dei Minori, l’équipe curante pensa
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che l’ambiente familiare risulta essere iatrogeno e propone ai genitori
l’affidamento di Tomas ad una famiglia in un paese non molto distante.
Essi accettano la proposta. Tomas sviluppa verso Bice, la madre affidataria, un
rapporto indelebile nel quale si rifugerà spesso in seguito, per quanto sia rimasto
con lei solo un anno. Essa, infatti, rimane incinta dell’ultima dei suoi tre figli e
decide di interrompere l’affido.
Essendo sospesa la potestà genitoriale, Tomas, su indicazione dei servizi, viene
accolto nel Villaggio S.O.S. nel 1997. La comunità che lo ospita è costituita da
unità abitative collocate in un parco alla periferia della città. Ogni abitazione
ospita da 3 a 6 persone con operatori presenti 24 ore al giorno.
Durante il suo soggiorno Tomas chiede spesso di poter trascorrere i giorni di
vacanza con Bice, anziché con la madre. Sebbene quelle con la donna e il
Villaggio rappresentino le esperienze più durature e stabili, Tomas chiede di
essere riaccolto dalla madre poiché Bice non sembra disponibile a tenerlo
stabilmente con sé.
Per quanto una relazione della psicologa avesse espresso forti perplessità sul suo
rientro a casa, la madre, gravata dalle pressanti richieste di lui ormai in piena
adolescenza, presenta istanza di riconoscimento della patria potestà al Tribunale
per i Minori con la mediazione del servizio sociale. La domanda viene accolta ed
egli torna in una famiglia ricostituita che ha quasi 17 anni. Il patrigno, Libero,
cerca di coinvolgerlo nella sua piccola attività di commercio ambulante, ma il
figliastro è scostante, pretende soldi, abusa di alcol e cannabis, scompare spesso
anche quando sono distanti molti chilometri da casa. A volte Libero apprende
dalla moglie che Tomas è tornato con mezzi di fortuna, altre volte devono
andarlo a cercare di notte perché non rientra negli orari concordati e lo trovano
con altri coetanei che, come lui, sono allo stato brado.
Il tentativo del patrigno di stabilire un ordine e delle regole, richiamando Tomas
alle sue responsabilità per le promesse fatte prima di lasciare il Villaggio S.O.S.,
è del tutto inutile. Anzi, il ragazzo nega la funzione genitoriale del patrigno.
Ormai stanchi i genitori decidono che Tomas non può stare più con loro, credono
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di non potergli essere di aiuto viste le difficoltà che incontrano a gestire il suo
comportamento. E poi vogliono proteggere anche le altre due figlie dal “cattivo
esempio”. Inoltre, sostenendo che possa e debba fare qualcosa, collocano Tomas
a spese loro in un appartamento nel paese dove abita il padre biologico che del
ragazzo non si è mai preso cura. Questi vive con una nuova compagna e due
figlie. Tra i due si instaura una relazione, ma i rapporti sono tesi: Tomas chiede
sempre soldi e poi ne combina di tutti i colori. Il padre lo allontana per la
vergogna: Tomas è diventato una preoccupazione per tutti gli abitanti del paese.
Egli appicca il fuoco al fienile di uno dei vicini, la cui unica colpa è di essere
amico del padre e di aiutarlo quando ha delle difficoltà.
Tomas confessa la sua colpa agli agenti che lo interrogano, viene anche
denunciato ma non riceve nessuna sanzione.
Il ragazzo torna temporaneamente dalla madre, anagraficamente è già adulto, ha
superato la maggiore età ma non riesce a mantenere nessuno dei lavori che lo zio
materno gli procura: ha un atteggiamento vanaglorioso, irridente e beffardo, si
prende confidenze con persone più anziane di lui, pretende di condurre mezzi
agricoli che di fatto poi danneggia, nutre fantasie di un’efficienza che non ha.
I due anni e mezzo trascorsi un po’ nella casa dei genitori, un po’ nel paese di
origine del padre e poi di nuovo con i genitori rinforzano nel giovane adulto una
modalità di funzionamento inadeguata e disadattiva.
La madre e il patrigno si rendono conto che Tomas è lontano dall’essere
autonomo e sembrano sfiniti e incapaci di gestirlo. Gli propongono una comunità
a Lecce, dove rimane per 16 mesi.
Nel dicembre del 2007 Tomas chiede a Bice di poter trascorrere con lei e la sua
famiglia le vacanze di natale. La comunità pugliese è costosa per la madre e
l’ambiente comunitario è avvertito come rigido e frustrante.
Così Tomas trascorre presso la ex famiglia affidataria cinque mesi nel corso dei
quali i componenti sono ormai in crisi. Bice si rivolge al Servizio Sociale che
trova un posto nella comunità dove viene inserito nel maggio del 2008.
In agosto Tomas appicca il fuoco ad un cassonetto nel piazzale di un negozio di
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frutta e verdura nei pressi della comunità. I gestori ormai da anni, volendo offrire
un aiuto economico, richiesto quasi con modalità di accattonaggio dagli ospiti
della comunità, li coinvolgono in piccole attività come spazzare il piazzale
antistante il negozio. Poi offrono loro una paghetta come premio per la
disponibilità dimostrata.
Analoga opportunità è accaduta al nostro protagonista, ma presto egli è escluso.
Tende ad essere troppo invadente, a trattare gli altri con estrema prossimità,
anche i clienti, considera il coinvolgimento di una volta come il contratto per
sempre, pretende le cose, le considera dovute. Al posto suo vengono preferiti gli
altri, lui è escluso. E quando si rende conto di essere privato del privilegio, utile
per soddisfare almeno il bisogno di fumare, comincia a nutrire invidia verso il
suo compagno e odio verso i gestori del negozio; pensa ad un’azione di ritorsione
nei loro confronti e qualche giorno dopo incendia il cassonetto.
3. CONSIDERAZIONI PSICOPATOLOGICHE
Già nel 1996 la neuropsichiatra infantile, in una certificazione, riporta che Tomas
presenta “disturbi dell’apprendimento con iperattività e irrequietezza”. In altre
parole aveva formulato una diagnosi di “Disturbo da deficit d'attenzione ed
iperattività”.
L’ADHD è un disturbo del comportamento caratterizzato da inattenzione,
impulsività e iperattività motoria che rende difficoltoso e in taluni casi impedisce
il normale sviluppo e integrazione sociale dei bambini. Si tratta di un disturbo
eterogeneo e complesso, multifattoriale che nel 70-80% dei casi è rilevato in
comorbilità con altri disturbi. La coesistenza di più disturbi aggrava la
sintomatologia rendendo complessa sia la diagnosi sia la terapia. Quelli più
frequentemente associati sono il disturbo oppositivo-provocatorio e i disturbi
della condotta, i disturbi specifici dell'apprendimento (dislessia, disgrafia, ecc.), i
disturbi d'ansia e, con minore frequenza, la depressione, il disturbo ossessivocompulsivo, il disturbo da tic, il disturbo bipolare.
Sembra l’attuale esame obiettivo del nostro protagonista.
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Nel 2001, su richiesta del Tribunale per i Minori, la psicologa, in possesso
probabilmente di maggiori elementi di giudizio sulla personalità del ragazzo
rispetto a quelli dati della neuropsichiatra infantile 5 anni prima, esprime in una
certificazione la diagnosi di “Ritardo mentale lieve” e permanenza delle difficoltà
di attenzione e di concentrazione.
L’osservazione diretta e indiretta ci fa pensare ad un quadro clinico complesso
per il quale parlare di comorbilità appare più un interesse di tipo accademico che
pratico o teorico. Tomas presenta sintomi clinicamente significativi fin
dall’infanzia e la sua personalità si è progressivamente organizzata in modo
caotico e disordinato. Scrive la psicologa che le uniche esperienze di relativa
stabilità sono quelle fatte con la famiglia affidataria, durata un anno, e quella nel
Villaggio S.O.S., dagli 11 ai 17 anni. In precedenza Tomas non ha avuto modo di
sperimentare una costanza percettiva. Insicurezza e ansia sono le vere costanti
della sua vita. Nel suo quadro clinico attuale ci sono i tratti marcati di una
personalità psicopatica con significative oscillazioni del tono dell’umore anche
per perturbazioni minime interne o dell’ambiente circostante. L’unica certezza
per il giovane adulto è una tendenza ad agire impulsivamente sempre gli stessi
comportamenti (tratti ossessivo-compulsivi).
Non è raro da un punto di vista epidemiologico che la valutazione del livello
intellettuale sia al limite nei soggetti che provengono da famiglie di condizioni
socio-economiche mediocri. Inoltre è certo che nella famiglia di Tomas le
relazioni fossero molto disturbate.
Gibello (D. Marcelli, A. Braconnier, Adolescenza e psicopatologia, Masson,
2005) descrive tre elementi che sarebbero caratteristici del funzionamento
cognitivo degli adolescenti psicopatici: la disprassia, la discronia, la disgnosia.
La disprassia descrive una particolare incapacità a prevedere gli effetti di
un’azione, di anticiparne le conseguenze. L’adolescente dispassico è goffo,
maldestro, si muove come un elefante in una cristalleria, fa male a sé stesso, si
graffia, si ferisce, involontariamente danneggia le cose a cui tiene.
La discronia indica l’incapacità a pensare e a investire l’oggetto tenendo conto
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del suo carattere di permanenza nel tempo. L’oggetto esiste solo quando è
presente. Il brusco disinvestimento di persone o beni materiali quando non sono
immediatamente disponibili è la conseguenza sul piano clinico. Se durante i brevi
permessi a casa Tomas non ottiene dalla madre ciò che desidera o si aspetta le
dice che non andrà più a trovarla e anzi le annuncia che andrà a trovare la
famiglia affidataria.
La disgnosia descrive i disturbi della funzione semiotica per cui la relazione tra il
significato e il significante è disarticolata. In altre parole nell’adolescente
psicopatico vi è un disturbo della rappresentazione verbale. Da un punto di vista
clinico se ne ha dimostrazione nella frequenza con la quale si osservano disturbi
del linguaggio in questi soggetti (i test mettono in evidenza un QI verbale
inferiore rispetto a quelli di performance) e una grave difficoltà ad utilizzare il
linguaggio come veicolo privilegiato delle interazioni umane (l’agire diventa la
modalità principale di relazione).
Gibello sostiene che la disgnosia sia responsabile di una frattura radicale
nell’esperienza degli oggetti, frattura che si situerebbe fra l’oggetto nella sua
materialità e la sua rappresentazione verbale.
4. VIOLAZIONE DELLE REGOLE SOCIALI E GIURIDICHE
Come risulta evidente il comportamento di Tomas sembra guidato unicamente da
regole interne per cui gli altri, nella migliore delle ipotesi, rappresentano un
mezzo per il raggiungimento dei suoi scopi e obiettivi oppure semplicemente non
esistono. Le relazioni interpersonali si complicano nel momento in cui le sue
aspettative vengono disattese. Non esiste un meccanismo di regolazione interno
che orienta Tomas fra un comportamento facoltativo, prescritto o proscritto.
Semplicemente egli non conosce le regole, oppure esse non sono
sufficientemente sedimentate.
L’unica sanzione (reazione che l’ordinamento giuridico minaccia a chi viola le
norme) che Tomas ha sperimentato è l’espulsione. Nessuna riflessione, dunque,
sui propri comportamenti o sul disagio e la sofferenza di chi ha subito un suo
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gesto offensivo. Viceversa, deliberata appare la sua volontà nel volere provocare
un danno a colui che egli ritiene persecutore (elemento soggettivo del delitto
doloso). In entrambi i casi in cui Tomas commette reato appiccando il fuoco, si
rappresenta in anticipo il fatto, concentra la sua volontà nella realizzazione del
fatto rappresentato. E’ consapevole di realizzare il fatto tipico.
5. L’INCENDIO NEL CODICE PENALE
La ratio per l’incriminazione del reato di incendio è la tutela della vita e della
sicurezza degli individui, intesi in senso collettivo, dal pericolo - accertato
presuntivamente (1°comma art.423 c.p.) o in concreto (2°comma art.423 c.p.) inerente all’espandersi delle fiamme, e quindi dal nocumento che potrebbe
derivare ad un numero indeterminato di persone.
Il danneggiamento seguito da incendio (art.424 c.p.) consiste nel fatto di colui
che “al solo scopo di danneggiare la cosa altrui, appicca il fuoco ad una cosa
propria o altrui se dal fatto sorge il pericolo di un incendio”.
Questo delitto è aggravato “se segue l’incendio”, vale a dire, qualora, in
conseguenza del fatto, si verifichi un incendio.
Dunque, il delitto di danneggiamento seguito da incendio, sussiste allorché il
fatto viene realizzato con il solo intento e cioè con il dolo specifico di
danneggiare la cosa altrui. L’incendio che ne sorge è una conseguenza, non
voluta, causalmente riferibile (per colpa) alla sua azione od omissione.
Naturalmente quando al fine di danneggiare si associa quello di cagionare
l’incendio, è applicabile l’art. 423 e non l’art. 424 c.p.
Mentre, se il fuoco provocato è di lievi proporzioni e non è tale da creare un
pericolo per un numero indeterminato di persone, si parla di semplice
danneggiamento: art.635 c.p.. Commette così il reato di danneggiamento colui
che, nell’appiccare il fuoco alla cosa altrui al solo scopo di danneggiarla,
raggiunge l’intento senza cagionare un incendio od il pericolo di incendio. Se,
invece, dal fatto sorge il pericolo di un incendio o se segue l’incendio, il delitto
contro il patrimonio diventa più propriamente un delitto contro la pubblica
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incolumità, secondo le ipotesi di cui all’art. 424 c.p.
Altro aspetto del reato è il dolo, che consiste nella coscienza e volontà di
appiccare il fuoco sapendo che esso ha le caratteristiche dell’incendio.
Per l’incendio la procedibilità è prevista d’ufficio, l’Autorità giudiziaria
competente è il Tribunale monocratico, l’arresto è obbligatorio in flagranza,
mentre sono consentite sia il fermo di indiziato che le misure cautelari personali.
Nel caso del fuoco appiccato al fienile vi è la possibilità che a Tomas sia
attribuita la violazione dell’art. 423 c. p. oppure di quella dell’art. 424 c.p.
(dovrà essere valutato se il delitto commesso da Tomas sia stato di pericolo
presunto o di pericolo reale); mentre nel caso del fuoco appiccato al cassonetto
della spazzatura in un piazzale può essergli attribuita la violazione dell’art. 635
c.p..
6. MEDIAZIONE PENALE
Come risulta evidente da una lettura del Codice Penale, il nostro protagonista ha
commesso lo stesso tipo di reato in due circostanze diverse.
Nel primo, l’aver appiccato il fuoco ad un fienile, si potrebbe configurare un
delitto contro la pubblica incolumità, secondo le ipotesi di cui all’art. 424 c.p.;
nel secondo, invece, il delitto di danneggiamento previsto e punito dall’art. 635
per avere appiccato il fuoco al cassonetto della spazzatura al solo scopo di
danneggiare il proprietario, ma senza cagionare un incendio od il pericolo di
incendio.
Qualunque sia la configurazione dei reati che il Tribunale giudicherà più idonea,
nella realizzazione di entrambi i casi, lo scopo di Tomas è quello di trarre
soddisfazione dalla sofferenza di chi, dal suo punto di vista, lo ha frustrato. Ma
tutto quello che riesce ad ottenere è un danno all’altro e soprattutto a sé stesso.
Secondo la famosa teoria della stupidità umana, enunciata nel suo arguto libello
dal titolo Allegro ma non troppo (Il Mulino, 1988), Cipolla definirebbe il nostro
giovane uomo uno sprovveduto, perché con il suo gesto delittuoso, provocando
un danno all’altro, non procura a sé alcun beneficio se non l’alienazione.
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Come curanti ci poniamo di fronte alla sua incapacità di prevedere le
conseguenze delle sue azioni, ma anche alla necessità di elaborare una strategia
per favorire che egli possa acquisire gli strumenti per realizzare un progetto verso
il quale spontaneamente tende e che desidera: l’autonomia. Per realizzare un
progetto così ambizioso è importante che impari a negoziare con chi lo circonda.
Ci sembra importante da un punto di vista terapeutico che egli possa cominciare
a pagare i propri debiti con l’altro e la collettività.
Molti critici letterari sono concordi nel ritenere che probabilmente madame
Bovary non si sarebbe suicidata se non avesse contratto un quantità enorme di
debiti.
Clinicamente anche Tomas sarebbe a rischio di depressione grave ove realizzasse
di essere responsabile della sua esclusione sociale.
Ritenendo che da una pena restrittiva Tomas non tragga quel beneficio di
riabilitazione per cui è prevista, siamo propensi a considerare più opportuna una
misura alternativa. E avendo già un progetto di cura, questa potrà essere ricercata
attraverso l’istituto della mediazione penale.
“La mediazione è un processo di risoluzione dei conflitti che coinvolge
l’intervento di una terza parte neutrale, con l’intento di favorire accordi volontari
tra le parti. In ambito penale, la mediazione avviene tra vittime e autore del reato:
le due parti possono, con l’aiuto di un soggetto terzo neutrale, discutere e trovare
una soluzione ai problemi che sorgono dalla commissione del reato. La
mediazione tra autore e vittima introduce una modifica importante nel processo
penale, restituendo alle parti il potere di discutere del fatto di reato e delle sue
conseguenze e di trovare delle forme di riparazione adeguate.
Dalla mediazione solitamente ci si attendono tre effetti: la responsabilizzazione
dell’autore di reato, la soddisfazione della vittima e la deflazione giudiziaria.
Rispetto al primo effetto, l’incontro diretto con la vittima permette all’autore di
reato di prendere coscienza delle conseguenze concrete del proprio gesto e di
dovere fare i conti con le esigenze e i sentimenti di chi ha subito quel gesto. La
responsabilizzazione dell’autore di reato comporta una diminuzione della
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recidiva, ossia della commissione di reati dello stesso tipo da parte del medesimo
soggetto.
Riguardo all’effetto di soddisfazione, spesso la vittima sente il bisogno di trovarsi
di fronte l’autore del reato per capire le ragioni del suo gesto, per avere un
risarcimento del danno derivante dal reato o, semplicemente, per esprimere la
propria sofferenza direttamente a chi l’ha causata. La soddisfazione potrà
consistere, quindi, in una compensazione economica o in una riparazione
simbolica.
L’utilizzo della mediazione, infine, soprattutto per reati minori ma diffusi,
consente di ridurre il carico di processi e quindi di migliorare l’efficacia del
sistema della giustizia in termini di rapidità e qualità della risposta.
Ricerche empiriche dimostrano che la mediazione è uno strumento efficace per la
riduzione della recidiva e consente effettivamente la soddisfazione della vittima.
Riguardo la deflazione giudiziaria i dati a disposizione non permettono di
valutare l’incidenza dell’attività di mediazione sul carico processuale: i
programmi di mediazione penale sono ancora marginali nel sistema di giustizia
odierno.
L’amministrazione regionale del Trentino Alto Adige, ha provveduto, dunque, ad
istituire, prima in Italia, i Centri per la mediazione penale per adulti a carattere
pubblico (uno per la Provincia di Bolzano e uno per la Provincia di Trento)
rendendo operativo l’art. 29 del d.lgs.274/2000. Il carattere pubblicistico
dell’iniziativa garantisce la gratuità e fruibilità del servizio stesso da parte degli
utenti.
Fonte giuridica della giustizia riparativa in Italia è il d.lgs. 274/00 sulla
competenza penale del Giudice di Pace che ha dato attuazione all’art. 14 legge
delega 468/1999, con il quale il Governo ha devoluto alla magistratura onoraria
la competenza a giudicare su una serie di reati minori quali ad esempio percosse,
lesioni personali lievi, ingiurie, minacce etc.
Si tratta, in gran parte, di illeciti penali relativi alla micro-conflittualità privata,
conflitti ritenuti non particolarmente gravi dal sistema giudiziario tradizionale ma
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che in realtà comportano gravi disagi per chi li vive e che se non eliminati,
statistiche alla mano, spesso sfociano in illeciti penali di notevoli proporzioni
invasive. Fu dunque avvertita da parte del Governo la primaria esigenza di
avvicinare la giustizia al cittadino. Risultato, questo, che fu raggiunto in primis
attribuendo la competenza penale de quo ai Giudici di Pace e in secondo luogo
introducendo nel c.p.p. un vero e proprio procedimento penale speciale corredato
da un apparato sanzionatorio del tutto autonomo dal sistema delle pene contenuto
nel Codice Rocco.
La legge delega 468/99 ed il Decreto di attuazione 274/00 hanno recepito in toto
gli orientamenti di riforma del diritto penale sostanziale e processuale
relativamente alla mediazione penale e al risarcimento del danno. Le nuove
norme vanno, dunque, analizzate alla luce di questa nuova filosofia di
"mediazione-riparazione" affinché si possa cogliere in pieno la loro portata
innovativa in materia penale. Il procedimento innanzi al giudice di Pace
attribuisce, finalmente, alla persona offesa dal reato un ruolo dinamico nel
processo, affinché si pervenga ad una soluzione del conflitto che sia per la parte
stessa veramente soddisfacente.
Ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. 274/2000, infatti, la persona offesa nel caso di
reato procedibile a querela di parte, può citare in giudizio direttamente il soggetto
al quale il reato è attribuito; essa ha un vero e proprio potere d’impulso.
Tuttavia il ruolo di "massima esaltazione del ruolo della vittima del reato" può
individuarsi nel tentativo di conciliazione che il giudice di Pace deve esperire ai
sensi dell’art. 29, co. 4., del D.Lgs. /2000. Ex art. 29, nell’ipotesi in cui
l’imputazione riguardi un reato perseguibile a querela, la norma attribuisce
inequivocabilmente al Giudice di Pace un ruolo di impulso alla mediazione, per
arrivare ad una composizione degli interessi in conflitto, nell’udienza di
comparizione delle parti.
Tale udienza ha, infatti, lo scopo primario di "favorire, nei reati perseguibili a
querela, la composizione conciliativa e comunque di evitare, ove possibile, di
procedere al dibattimento".
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Le nuove norme configurano in sostanza una fase preconciliativa al di fuori del
processo, demandata a soggetti terzi, all’uopo preparati, attribuendo al contempo
al Giudice una limitata conoscenza dei fatti/atti di mediazione e stabilendone
l’inutilizzabilità ai fini della decisione.
Le fasi salienti della mediazione si possono così brevemente riassumere:
-l’incarico al Centro di mediazione viene assegnato dal Giudice di Pace;
-a seguito della richiesta di mediazione il coordinatore del Centro di mediazione
nomina il mediatore responsabile del fascicolo in ordine al procedimento penale
in oggetto;
-il mediatore responsabile del fascicolo provvede all’invio di lettere informative
unitamente ad un opuscolo informativo all’imputato, alla persona offesa ed ai
rispettivi difensori;
-seguono i primi contatti telefonici con ciascuna delle parti, invitandole a dei
colloqui preliminari individuali. Questi ultimi si svolgono alla presenza di una
coppia di mediatori (di cui uno é il responsabile del fascicolo) e hanno una
funzione informativa e di prima raccolta delle impressioni e dei vissuti delle
parti, nonché di ricezione del fondamentale consenso all’incontro di mediazione
vero e proprio.
All’incontro di mediazione vero e proprio partecipano tutte le persone coinvolte
nel conflitto alla presenza dell’equipe di mediatori, il cui numero varia a seconda
del numero delle persone coinvolte.
Al termine della mediazione viene redatto l’esito (positivo o negativo) della
stessa, che verrà comunicato al Giudice” (http://www.ristretti.it).
Per quanto l’atteggiamento di Tomas sia irridente nei confronti del percorso
giudiziario, sostenendo apertamente con l’avvocato che cura la sua difesa che
nessuno gli farà mai niente per i reati che ha commesso, pensiamo che
l’inserimento nel procedimento sopra descritto possa non lasciarlo indifferente.
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7. CRONOGRAMMA DEL PERCORSO…
LA STORIA DI TOMAS
04.02.86
Nasce Tomas primogenito di genitori
molto giovani che scoprono molto
presto le ragioni di un aspro conflitto.
Il padre è alcolista e violento con la
moglie e con il bambino.
Nel 1992
Giungono le prime segnalazioni dalla
scuola ai servizi di Neuropsichiatria
infantile e Psicologia: Tomas manifesta
deficit
di
attenzione,
difficoltà
nell’adattamento e nell’apprendimento,
instabilità emozionale e disturbi del
comportamento, incapacità a rispettare
le regole e ad interagire positivamente
nel gruppo. I genitori minimizzano i
disagi del bambino.
1993
Nasce Katrin, la figlia secondogenita.
La madre fa sempre più fatica e il marito
non è di nessuno aiuto. I conflitti non si
attenuano, il padre continua ad essere
aggressivo verbalmente e fisicamente
verso la signora anche verso i figli.
1996
Dopo numerosi traslochi la madre si
trasferisce presso la famiglia d’origine
lasciando Tomas con il padre.
Dopo un anno trova un nuovo
compagno.
L’équipe multidisciplinare pensa che
l’ambiente risulta essere iatrogeno e
tossico. I genitori accettano che Tomas
sia affidato.
Ma la madre affidataria rimane incinta
dopo un anno e rinuncia all’affido
perché oneroso e difficile. Con Bice, il
nome della donna, Tomas sviluppa un
rapporto indelebile nel quale egli si
rifugerà spesso in seguito.
1997
Tomas viene accolto nel Villaggio
S.O.S. Il clima è di protezione e
indulgenza. Tomas chiede spesso di
poter trascorrere i giorni di vacanza con
Bice, anziché con la madre.
Bice e il Villaggio sono le esperienze più
durature e stabili.
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2003
Tribunale per i Minori restituisce la
patria potestà alla madre: Tomas torna a
casa.
Ogni tentativo del patrigno di
coinvolgere Tomas nella sua attività
commerciale risulta inutile.
Egli da grossi problemi di gestione:
mente continuamente, pretende soldi,
abusa di alcol e cannabis.
2004
La madre e il patrigno decidono di
collocare Tomas a spese loro in un
appartamento nel paese dove abita il
padre naturale.
Questi vive con una nuova compagna e
due altre figlie.
Dopo i primi tentativi di instaurare una
relazione il padre si sente tradito dai
disastri che combina Tomas in paese.
Tomas appicca il fuoco al fienile di uno
dei vicini, amico del padre. Viene
denunciato, confessa la sua colpa, ma
non riceve nessuna sanzione.
2005
La madre e il patrigno non sono in grado
di gestire Tomas e gli propongono una
comunità a Lecce, dove rimane per 16
mesi.
2007
La comunità è troppo costosa e rigida: le
vacanze di natale trascorse a casa di
Bice, sicuramente più buona e
permissiva degli operatori, diventano il
pretesto per rinunciarvi.
Trascorre così circa sei mesi ospite del
sua ex madre affidataria, che si rivolge
ai servizi sociali perché non ne può più
di tutti i guai che combina.
2008
A giugno giunge nella comunità dove
attualmente si trova e ad agosto brucia
un cassonetto della spazzatura per
ripicca contro i proprietari di un negozio
di verdure.
2009
Ad aprile si avvia un procedimento
penale nei suoi confronti.
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8. Genogramma della coppia genitoriale di Tomas
np
np
nm
n
m
zp
MT
PT
T
zm
L
K
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Bibliografia:
C. M. Cipolla, “Allegro ma non troppo”. Il Mulino, 1988.
G. Gullotta e coll., “Elementi di psicologia giuridica e di diritto psicologico”,
Giuffre Editore, 2002.
D. Marcelli, “Psicopatologia del bambino”, Masson, 1998.
D. Marcelli, A. Braconnier, “Adolescenza e psicopatologia”, Masson, 2005.
Sitografia:
http://www.giustizia.it
http://it.wikipedia.org
http://www.unitn.it
http://www.ristretti.it
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Istituto MEME: Il paziente psichiatrico autore di reato