PERIODICO QUADRIMESTRALE - ANNO XXXIX - SPEDIZIONE IN ABBONA MENTO POSTALE - 70% FILIALE DI MILANO 2014 RASSEGNA degli AVVOCATI ITALIANI ORGANO UFFICIALE ANF ASSOCIAZIONE NAZIONALE FORENSE ASSITA EDITORE 1 XXXII CONGRESSO NAZIONALE FORENSE PROGRAMMA GIOVEDI’ 9 OTTOBRE (Teatro La Fenice) 8.30 Apertura desk di segreteria presso il Teatro La Fenice 10.00 Apertura dei lavori e intervento di presentazione del Congresso del Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Venezia, avv. Daniele Grasso 10.30 Saluti delle Autorità 10.45 Relazioni: avv. prof. Guido Alpa, Presidente del Consiglio Nazionale Forense avv. Nicola Marino, Presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura avv. Nunzio Luciano, Presidente della Cassa Forense 12.15 Relazioni dei Presidenti delle Associazioni 13.30 Colazione di lavoro 15.00 Completamento delle relazioni dei Presidenti delle Associazioni. interventi programmati 19.00 Chiusura dei lavori c www. ongr oren essof ezia n e v se .it Segreteria Organizzativa Mirco Santi Viaggi s.r.l. Via Torino 151/A - 30172 Mestre (VE) T. 041 25 89 664 | F. 041 25 89 780 [email protected] Ordine degli Avvocati di Venezia Santa Croce 494 - 30135 Venezia T. 041 52 04 545 | F. 041 52 08 914 [email protected] Codice Fiscale: 80011950278 SOMMARIO RASSEGNA degli AVVOCATI ITALIANI 1 ORGANO UFFICIALE ANF ASSOCIAZIONE NAZIONALE FORENSE 2014 ORGANO UFFICIALE ANF ASSOCIAZIONE NAZIONALE FORENSE Marcello Pacifico Metamorfosi di una professione Vincenzo Improta Oltre il mercato, ma con Regole e Diritti Bruno Sazzini Venezia 1994-2014: frammenti di un ventennio Cesare Piazza Né maschio, ne femmina, ermafrodito ha da essere! Giovanni Delucca La Fenice e le specializzazioni Direttore responsabile Marcello Pacifico Direttore editoriale Daniela Bernuzzi Bassi Editore Assita S.p.A. 20123 Milano Via E. Toti, 4 tel. 0248009510 - fax 0248012295 e-mail: [email protected] www.assita.com Comitato di redazione Pier Enzo Baruffi Carmela Milena Liuzzi Francesco Maione Mario Scialla Segreteria di redazione Brunella Brunetti Fotografie di Archivio ANF Indirizzo Internet dell’ANF www.associazionenazionaleforense.it Casella di posta del Direttore [email protected] Periodico quadrimestrale Anno XXXIX Registrazione n. 237 del 26-6-78 del Tribunale di Taranto Realizzazione e stampa Still Grafix - Cernobbio In copertiina: VENEZIA, rilievo del leone di San Marco Mario Scialla I nuovi consigli di disciplina all’esordio 2 4 6 10 13 16 Gigi Pansini Quale riconoscimento per le associazioni maggiormente rappresentative ? 19 Andrea Zanello Il Regolamento Cassa ex art. 21 e dintorni 22 Gigi Pansini 2011-2014: uno tsunami di leggi e sentenze 27 Giovanni Bertino Dopo il Congresso di Bari e la L. 247/12 la professione forense è ancora accessibile ai giovani ? 31 Andrea Noccesi Processo civile: tra poteri del giudice e diritti delle parti 39 Paola Fiorillo Arbitrato, mediazione e negoziazione, il disimpegno dello Stato dalla giurisdizione pubblica 42 Milena Liuzzi L'insostenibilità della Cassa Forense ed equità intergenerazionale ai tempi di facebook 46 Palma Balsamo Il Liga non si tocca! 49 Nicoletta Giorgi Diamo la libertà di scegliere alla giovane avvocatura 52 Mariaflora Di Giovanni Magistratura onoraria: una riforma inutile ed inefficace Nunzio Luciano Il nuovo regolamento per l’erogazione dell’Assistenza 56 58 Redazionale L'ANF Torino Piemonte 60 Redazionale Bologna Una storia di Sindacato 63 Redazionale Sindacato Forense Napoli, 70 anni ma non li dimostra 66 1 EDITORIALE Metamorfosi di una professione Per le nuove tutele dei diritti una nuova Avvocatura di Marcello Pacifico Risistemando giorni addietro fascicoli ed incartamenti dopo un laborioso trasloco mi è capitato tra le mani un foglio un po’ malconcio. Prima di appallottolarlo come altri in precedenza e buttarlo nel cestino una rapida occhiata al contenuto: appunti presi durante un consiglio nazionale dell’ANF tenuto a Catania 4-5 anni fa, postille su un intervento di Antonio Leonardi, uomo ed avvocato di notevole lungimiranza, figura insigne dell’associazionismo forense e non solo. Rileggendo, ho capito perché avessi annotato quelle frasi, trascritte in fretta ma evidenziate più di altre. Dovevano infatti avermi colpito non poco alcuni dei termini e dei concetti che egli esprimeva, sì da indurmi a sottolinearli. Sentir parlare di “degiurisdizionalizzazione” era in effetti una autentica novità, così come lo era la sua previsione di una “deriva privatistica” della giustizia italiana. Se ancora oggi la nostra categoria stenta a prendere atto di tali concetti e problematiche, può ben capirsi come risultasse in quella circostanza quasi incomprensibile quanto andava dicendo Leonardi circa l’esigenza di dover pensare ad un nuovo modello di Avvocato, fuori dalla logica e dall’habitat naturale del processo. C’era già nell’avvocatura chi aveva dunque intuito come una parte della domanda di giustizia fosse destinata ad essere instradata fuori dalla giurisdizione pubblica e come il ruolo dell’avvocato sarebbe andato incontro a profonde mutazioni, da una parte sminuito a vantaggio del potere del 2 giudice, dall’altra compresso da nuove figure professionali interessate ad entrare da protagoniste in un contesto sempre più caratterizzato da interessi economico-finanziari e sempre meno da quei principi di tutela giurisdizionale garantiti al cittadino dalla Costituzione. Tutto ciò si sta oggi rapidamente verificando, con una mutazione profonda della figura e del ruolo dell’avvocato, che va smarrendo la propria funzione sacrale di sostituto processuale della parte per trasformarsi in una sorta di negoziatore tra le parti o queste e il giudice. Un intermediario che altre componenti sociali ed economiche vorrebbero emarginare per inserirsi in un ambito, quello della giustizia, dagli avvocati considerato, a torto, area eternamente protetta, riservata ed inviolabile. *** “Non può esserci un’avvocatura adeguata – è l’ultima delle frasi annotate in quel foglio – se non c’è una giustizia che funziona, e comunque occorre trovare un nuovo modello sociale di avvocato”. Riflessioni quasi profetiche, parole lungimiranti, ritenute dai più all’epoca mere fantasticherie, oggi straordinariamente attuali, visti gli interventi annunciati e pianificati dal legislatore, ma evidentemente non ancora bastanti per chi rappresenta l’avvocatura a livelli istituzionali e portarla ad un deciso cambio di rotta. Oggi il termine “degiurisdizionalizzazione” è entrato anche nel lessico del Ministro Andrea Orlando, che vi ha fatto ricorso in una audizione parlamentare per annunciare che tra le misure per risolvere il default della nostra giustizia era necessario il ricorso a procedure alternative di risoluzione dei conflitti, e dunque, oltre alla mediazione, l’arbitrato ed ora la negoziazione assistita. Una qualche premonizione in tal senso l’avevamo espressa in epoca non sospetta sulle pagine di questa Rivista, titolando il redazionale del n. 1/2013: “Non di sola giurisdizione l’avvocato vivrà. È illusoria la convinzione che possa bastare una nuova legge professionale a risolvere i problemi attuali dell’avvocatura. Occorre ben altro, a cominciare da un’evoluzione culturale e strutturale”. *** Al Congresso Nazionale Forense tenuto a Bari nel 2012 il CNF pose al centro del dibattito l’esigenza che l’avvocatura, o meglio la professione di avvocato, fosse disciplinata da una legge dello Stato e non da norme di rango inferiore. Obbiettivo del tutto condivisibile in linea di principio, in quanto diretto a salvaguardare il riconoscimento costituzionale e l’autonomia della funzione dell’Avvocato, da sempre principi irrinunciabili ed essenziali della professione forense. A distanza di quasi due anni si può prender atto che il riconoscimento e l’autonomia come consacrati dalla L. 247/2012 sono di fatto un mero simulacro, nel senso letterale di un’apparenza che non rinvia ad alcuna realtà sotto-giacente ma che si vorrebbe far valere come effettiva: l’attuazione della nuova legge risulta in buona parte sottratta alle determinazioni dell’avvocatura e demandata ad un legislatore che non si cura più di tanto della pur sbandierata interlocuzione con la categoria. Questa nuova legge professionale è assai limitante per gli avvocati, costretti a districarsi in un ginepraio di regolamenti in un mondo caratterizzato da liberalizzazioni estreme e concorrenza sfrenata. La proliferazione normativa registrata sul fronte della giustizia in questi ultimi due anni non ha precedenti ed è emblematica della scarsa garanzia che si pretendeva far discendere dal riconoscimento formale della legge acclamata al Congresso di Bari e fatta propria da un Governo in articulo mortis. A questo primo aspetto critico deve aggiungersene un altro non meno rilevante: l’aver trascurato l’avvocatura, impegnata in dispute perenni sulla governance interna, di occuparsi in modo adeguato e tempestivo dei cambiamenti in atto in una società sempre più globalizzata e di non aver individuato per tempo quel nuovo modello di avvocato che essa richiede. Un modello professionale che non può prescindere dalla considerazione delle nuove frontiere socio-culturali e dei diritti, dalla globalizzazione dell’economia, dalle specializzazioni, da sinergie professionali finora scoraggiate se non bandite, dalle nuove tecnologie. E che peraltro non può continuare a sopravvivere in un deficit di democrazia interna che ha generato la cristallizzazione di ruoli e un dannoso freno al cambiamento, trascurando criteri meritocratici e rispetto delle minoranze. Oggi più che mai è avvertita la distanza tra la base della categoria, alle prese con seri problemi di sussistenza e chi la rappresenta a livelli istituzionali, di vertice e locali. Due mondi diversi e lontani: l’uno con l’esigenza di preservare cariche e ruoli di apparente privilegio, l’altro alle prese con crescenti difficoltà economiche e privo di un orizzonte rassicurante. *** È di questi giorni l’approvazione del decreto legge n. 132/2014 “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile”, che nella sua pomposa titolazione santifica la lontana previsione fatta in quell’assise catanese dell’ANF, un’associazione che dedica alla politica forense e di categoria una elaborazione attenta e approfondita ma sovente inascoltata. La deriva privatistica della giustizia, segnatamente nel settore civile, è in piena attuazione, l’avvocato deve farsene una ragione e adeguarsi al cambiamento, e dunque ad operare in futuro anche e soprattutto fuori della giurisdizione pubblica. Sul piano legislativo vi era e vi è sicuramente necessità di azioni efficaci. Questo decreto legge non si sottrae purtroppo alla serie infinita di interventi settoriali e disomogenei, laddove v’è invece necessità di un progetto organico complessivo condiviso con l’Avvocatura. E neppure risolverà adeguatamente il problema dell’arretrato, non scorgendosi nella sua stesura misure idonee. Ma tant’è. Si parlerà anche di questi temi a Venezia o il leit motiv congressuale sarà ancora una volta limitato al totem della rappresentanza politica, della sopravvivenza dell’OUA e di quant’altro sin qui poco pragmaticamente emerso dal tavolo ex art. 39 ? 3 Oltre il Mercato, ma con Regole e Diritti Il mercato moderno per funzionare ha bisogno d’istituzioni, di regole per il lavoro, di sanzioni contro i monopoli, di norme a tutela dell’ ambiente, di autorità di controllo di Vincenzo Improta Oltre il mercato: è questo il titolo del nostro congresso di Venezia. Ma siamo davvero certi che si tratti di un obiettivo auspicabile? È siamo altresì convinti della tesi per la quale solo contribuendo ad andare oltre il mercato gli avvocati diverranno protagonisti del cambiamento? Per fornire risposte esaurienti e convincenti è necessario procedere con ordine ed intendersi su un punto decisivo: nella storia dell’umanità non solo le cose, gli oggetti, si sono sempre prodotti, ma anche e soprattutto, sono stati comprati e venduti. Sia nell’antichità, sia nella modernità. E se questo è vero, è possibile allora applicare, parafrasando una distinzione coniata per la democrazia, la seguente formula: esistono storicamente il mercato degli antichi e il mercato dei moderni. E qui le differenze 4 non sono di poco conto. Nell’antichità, infatti, la forza lavoro era costituita perlopiù da schiavi, esistevano condizioni di lavoro disumane, i ricchi erano tali per nascita o grazie alla violenza e non vi era alcun tipo di norma che presiedesse alla produzione e allo scambio, alle garanzie riconosciute ai soggetti produttori e consumatori. Il mercato dei moderni, invece, è figlio della borghesia, di una nuova classe sociale che con il lavoro accumula ed investe: il principio dell’ascription viene sostituito dal principio dell’achievement, secondo cui le posizioni sociali non si acquistano più solo per nascita, ma anche e soprattutto per le capacità individuali. E il mercato moderno per funzionare ha bisogno d’istituzioni, di regole per il lavoro, di sanzioni contro i monopoli, di norme a tutela dell’ ambiente, così come delle istituzioni di controllo, dalle autorità ad hoc alla magistratura. Non a caso esiste tutta una vasta letteratura giuridica ed economica che ritiene il diritto pilastro costitutivo del mercato. Tra i tanti giuristi ricordo Natalino Irti che ha icasticamente fissato il principio secondo il quale lo scambio di beni presuppone il diritto laddove è necessario che ciò che si vende sia di proprietà del venditore e che sia fissata la regola per la quale versando moneta la stessa cosa divenga di proprietà del compratore. Cioè senza la definizione giuridica del diritto di proprietà e delle regole del suo trasferimento non c’è scambio mercantile. La storia della moneta è altrettanto istruttiva, un provvedimento dell’ autorità, infatti, da un certo momento in poi, ha imposto il passaggio dal baratto al pagamento in denaro. Come non si può quindi non riconoscere che c’è un provvedimento giuridico alla base sia del valore da attribuire a dei pezzetti di bronzo o di stagno, sia dell’ obbligo per i venditori di accettarli in cambio della loro merce, pena la morte comminata per chi rifiutasse di accettare la moneta su cui erano effigiati imperatori e re. In tempi molto più vicini a noi Bruno Leoni, filosofo del diritto eccelso e grande avvocato in quel di Pavia argomenta brillantemente nei suoi scritti come in realtà, economia e diritto siano facce della stessa medaglia. Va ricordato che Bruno Leoni è l’unico italiano che può vantare nel suo curriculum la presidenza della Mont Pelerin Society, carica prima di lui assunta da Popper e Hayek e che ci ricorda come nei paesi di common law, il meccanismo di produzione di beni e servizi è determinato dalla mano invisibile e tende all’ordine spontaneo, mentre il diritto nasce e si sviluppa nella multiforme e casuale realtà quando assume le vesti della decisione giurisprudenziale. Per chi volesse approfondire il tema dal punto di vista della letteratura economica è senza dubbio consigliabile la lettura degli scritti del grande economista inglese Ronald H. Coase, tra l’altro di cultura socialista, premio Nobel dell’economia nel 1991 che sostiene in modo esplicito e chiaro che “il mercato corrisponde alla condizione nella quale nessun soggetto ha dominio sull’insieme di scelta di qualche altro soggetto”. Premesso ciò, la domanda che ne consegue è: si può espellere il diritto dalla dimensione del mercato o invece esso va ritenuto un suo pilastro? Si può naturalmente scegliere la soluzione contraria a quella da me sostenuta ma lo si può fare, solo ritenendo le garanzie della libertà estranee alla dimensione giuridica. Se inoltre si esamina il significato sociale del mercato non si può non convenire che esso è storicamente il luogo nel quale a partire da un certo momento della storia e grazie ad esso e alla produzione e allo scambio di merci, anche i figli dei poveri sono riusciti ad emergere nella scala sociale liberandosi dall’ ipoteca della condizione sociale e di lavoro della famiglia di provenienza. La creatività, il merito, il duro lavoro e il riconoscimento che di essi avviene grazie al mercato hanno consentito di liberare persino quella particolare figura di intellettuale che è l’ artista, pittore, scultore, scrittore e poeta dalla condizione servile che fino al Rinascimento esso invece occupava come trastullo e famiglio dei nobili e dei vescovi. Propongo infine all’attenzione un ultimo dato fattuale, empirico e provocatorio e chiedo: ma nel nostro mezzogiorno qualcuno il mercato lo ha mai visto? Dalle mie parti, purtroppo, non conosciamo amministrazioni pubbliche garanti e regolatrici. Al contrario, le amministrazioni entrano a gamba tesa sulla libertà del mercato con inefficienza e corruzione. Qualcuno ha dimenticato il peso sull’ economia della violenza e della sopraffazione messa in atto dalle organizzazioni mafiose e camorriste. Si ricorda il lavoro nero, la devastazione ambientale? Qualcuno forse ha dimenticato la piaga costituita dai tanti falsi imprenditori che invece di rischiare il proprio denaro nell’ impresa ha saccheggiato le risorse pubbliche? Altro che il mercato dei moderni. E noi dovremmo andare oltre ciò che non abbiamo mai praticato? A chi lo sostiene rispondo con ciò che ha affermato il noto economista e filosofo Amartya Sen, anche lui premio Nobel per l’ economia. Oltre il mercato ci sono solo caste e miseria. ■ 5 Venezia 1994 – 2014: frammenti di un ventennio di Bruno Sazzini Non vi è nulla che non sia già stato detto, forse il senso del tutto è nell’inizio e nella fine, con poco da aggiungere se non frammenti di discorsi, immagini e suoni ritrovati nello scaffale della libreria dove si sono accumulati in questo ventennio. Colonna sonora: “The End” dei Doors di un’avvocatura coesa e unita, perno del sistema di giurisdizione pubblica…”. Flash forward: Venezia 2014. L’Avv. Orsoni, Sindaco di Venezia dimissionario ed ex membro di giunta O.U.A., non potrà tenere, per motivi contingenti, l’attesa relazione su “Avvocatura e Legalità”. Il Prof. Alpa ribadisce ad una platea distratta e rassegnata che i diritti non sono merce. Lo stesso avvocato fiorentino, a distanza di venti anni, risale sul palco: “Sto vivendo un incubo, quello di un’Avvocatura frammentata e divisa, messa ai margini della società e della giurisdizione…”. La danza dei grandi rettili.3 Flash back: Venezia 1994. Il Sindaco Cacciari porta i saluti agli avvocati riuniti in congresso alla Fondazione Cini, riconoscendo loro un ruolo determinante per la costruzione dello Stato di diritto, quello di “coscienza critica” nel difficile equilibrio dei poteri tipici di una democrazia. Solo gli avvocati, prosegue Cacciari, sono in grado di conoscere il divario tra la legge e la sua applicazione e di sorvegliare che i margini di discrezionalità nella concreta attuazione siano minimi, vigilando affinché, nel gioco di distinzione dei poteri tipico di un regime democratico, ciascuno si mantenga nei limiti attribuiti dalla Costituzione.1 Corrado Bacci infiamma la platea2 e un giovane avvocato fiorentino sale sul podio e cita M.L. King: “Ho avuto un sogno, quello 6 Il nuovo Organismo, votato nel 1994 con 492 voti a favore e 57 contrari4, disse l’Avv. Pecorella, all’epoca Presidente di U.C.P.I., era la risposta dell’Avvocatura alla capacità espressa dalla Magistratura di organizzarsi in corpo unitario, così da essere altrettanto incisiva. Non bisogna, però, dimenticare l’immediato distinguo dell’Avv. Ricciardi, all’epoca Presidente del C.N.F.: “L’ente istituzionale ha doveri e facoltà irrinunciabili. I magistrati hanno maggior peso perché rappresentano un potere dello Stato, mentre gli Avvocati sono una delle articolazioni della società civile. Meglio trovare un punto d’incontro tra componenti diverse che inseguire una rappresentatività unitaria, la quale può rivelarsi più formale che sostanziale.”5. La Magistratura aveva (ed ha) saputo separare il momento istituzionale (C.S.M.) da quello politico (A.N.M.), trovando però un collante (anche con contaminazioni dovute al peso delle varie correnti) nel comune riconoscimento del proprio ruolo istituzionale, in un idem sentire che accomuna tutta la categoria6. Il modello scelto a Venezia nel 1994, quasi specularmente (C.N.F. l’istituzione e l’Organismo nato dal Congresso il braccio politico), voleva limitare la frammentazione del mondo dell’Avvocatura elevandola a Soggetto Politico, con un forte richiamo alla essenzialità della presenza nella giurisdizione e alla funzione sociale così da superare le diversità per aree di specializzazione, età, reddito, sesso e luogo di esercizio della professione (Sud-Nord; città-provincia; ecc.). I distinguo, come noto, cominciarono l’indomani della sua nascita, perché quello che venne messo subito in discussione non era tanto l’idea della soggettività politica, ma l’inclusività (unitarietà) dello strumento prescelto. Iniziava così dall’anno 1994 il processo darwiniano del nuovo nato di adattamento all’ambiente circostante. Era già tutto previsto. “Si tratta di prendere atto che la difficoltà progressiva dell’O.U.A. non dipende da atteggiamenti soggettivi, ma dagli stessi fattori che ne hanno determinato la nascita. Sommare, infatti, Ordini istituzionalmente e socialmente deboli, ancorché influenti soltanto all’interno della categoria, e con forti disponibilità economiche, alle associazioni, alcune delle quali non si sono mai riconosciute nel modello, non ha consentito di elaborare quella forma nuova, unitaria e generale di rappresentanza, ma ha finito con aggiungere un nuovo soggetto ad un pluralismo rappresentativo debole. Ciò risulta aggravato dall’inevitabile attrazione che esercitano i detentori delle risorse finanziarie e che alla fine impedisce allo stesso organismo di articolare un confronto serio sulle prospettive della rappresentanza.”7 Vesna va veloce.8 La struttura dell’Organismo Unitario è modulata su un modello di dialettica politica interna che, seppur nell’onorevole intento di rendere le decisione più partecipate e discusse- Assemblea/Giunta/Presidente -, è stato poi messo in crisi dal maggior rilievo assunto dai processi mediatici e dalla personalizzazione dell’azione politica degli organi esecutivi. I tempi del confronto nella politica e con la politica si sono progressivamente ristretti e lo stesso Organismo, meglio i suoi vertici, è mutato di conseguenza, più orientato alla comunicazione verso l’opinione pubblica, all’intervento veloce e alle decisioni apicali, nell’accentuazione di una deriva improntata alla leadership di pochi (Presidente e/o Giunta) che ha provocato tensioni sempre crescenti. Il rapporto tra Assemblea dei delegati e Giunta si è fatto via via più difficile, con momenti in cui Presidente ha spesso agito in proprio o sull’apporto di Centro Studi, quasi che solo a questi dovesse essere delegata in esclusiva la funzione di rappresentanza. Un altro passo nell’evoluzione (o involuzione) dell’organo che ha coinvolto sempre meno i rappresentati nelle scelte dichiaratamente politiche, spesso avvenute in chiave di mera convenienza: “ (l’impressione è che)… L’O.U.A. si proponga progressivamente come associazione completamente svincolata dalle componenti associative, che pure dovrebbe rappresentare, privilegiando l’interlocuzione con il sistema degli Ordini (con specifico riferimento alle Unioni distrettuali) dai quali, volenti o nolenti, trae i mezzi che ne garantiscono la sua stessa esistenza….. L’O.U.A. si è progressivamente chiusa in se stessa a difesa della propria sopravvivenza.”9 Il giudizio è anche troppo severo, perché, a parziale giustificazione di chi ha condotto l’O.U.A. in questi anni, è stato difficile svolgere una leadership efficace spendendo una unitarietà continuamente contraddetta sia per la mancanza di una investitura politica condivisa sia per l’incapacità, anche mettendosi in discussione, di trovare un comune denominatore dell’avvocatura nel rispetto del pluralismo d’aggregazione e di proposta. Stabilire di chi siano le responsabilità maggiori è un esercizio vano, perché quel che conta alla fine, per un soggetto politico che vorrebbe il monopolio della rappresentanza, è il risultato finale e questo, purtroppo, nel ventennio è stato di un saldo pesantemente negativo per l’Avvocatura italiana. Da grandi responsabilità sarebbero dovuti nascere grandi poteri10, ma questo non è avvenuto ed è un dato di fatto. The last Waltz11. Il nuovo art. 39 della Legge Professionale, che riconosce il Congresso come luogo centrale dell’Avvocatura nel rispetto e nell’autonomia di ciascuna delle sue componenti associative, inciso che spesso si tende a dimenticare, aggiunge poco alla soluzione, anzi, a suo modo, indebolisce il valore stesso della rappresentanza unitaria come presupposto della soggettività politica, perché non più basata su una convergenza politica di tutte le componenti come espressa nel preambolo dello Statuto. L’equivoco di fondo nasce dal fatto che, in tale contesto, si possa creare una unitarietà a colpi di maggioranza: questo è vero (e democratico) quando tutti riconoscano e accettino “le regole del gioco”, o, diversamente, l’ente riceva la legittimazione a contrattare perché riconosciuta organizzazione a forte coesione interna, in grado di far rispettare gli accordi sia dai propri rappresentati che dalla controparte.12 L’argomento O.U.A., è oggi più divisivo che mai, antitesi vivente dell’unità che si voleva rappresentare come soggetto politico dell’Avvocatura. 7 l’esterno. Molto dipenderà dal nuovo meccanismo per le elezioni del C.D.O. e dal cambiamento che ne potrà nascere, anche se la durata dei mandati, 4 anni rinnovabili, appare eccessivamente lunga e atta a riproporre quel modello (oligarchico) che è stato uno dei mali più grandi nell’arretramento sociale dell’Avvocatura. L’ipotesi estrema opposta vede nel mantenimento dello status quo, utilizzando populisticamente (ma senza popolo, vista la bassa partecipazione all’elezione dei delegati) e nel senso sbagliato lo slogan “un Avvocato un voto”, il cavallo di Troia di una sedicente Avvocatura di base “in qualche misura di classe” spaventata e impaurita, massicciamente maggioritaria, e che si vorrebbe rinchiudere, nel recinto di un terzo (stato) che comunque decida non conta nulla senza il consenso dei CdO e delle associazioni con il bollino blu”13 , manifesto esplicito della rottura della coesione sociale nella categoria e in piena contraddizione con l’idea dell’unitarietà14 nella pretesa di dare il monopolio della rappresentanza a una parte Venezia 1994 – 2014: frammenti di un ventennio Quale che sia la soluzione che verrà da Venezia sarà ancor più evidente che resterà solo un maggiore o minor rilievo dell’Organo, espressione comunque di una sempre più marcata divaricazione tra rappresentanza ed efficacia. Non più l’ambizione di ricercare (ad ogni costo verrebbe da dire) l’unitarietà per dare linfa al soggetto politico e ad una progettualità di ampio respiro, ma la fotografia di una Avvocatura divisa per concezione del ruolo e funzione, per età, per aree territoriali, per specializzazioni, l’esatto contrario dello spirito iniziale. La rappresentanza delle rappresentanze (misto di Ordini, Unioni territoriali con – o senza – quote per le Associazioni maggiormente rappresentative), soprattutto se verrà abrogata l’incompatibilità tra membro di Assemblea e la carica di Consigliere dell’Ordine, avrà più una funzione di contrappeso politico, in una prospettiva tutta da verificare, nel limitare la centralità del C.N.F., in un rapporto tutto interno (centro / periferia) al mondo ordinistico, ma scarsamente rilevante ed efficace verso 8 Venezia, Teatro La Fenice ▲ Dialoghi surreali (ma non troppo) in via Arenula… marginale dell’avvocatura. L’avvocato descritto da Cacciari nel 1994 in questo ventennio ha perso consapevolezza del proprio ruolo; emarginato nella giurisdizione ne mette in discussione la centralità, rincorrendo modelli alternativi non sufficientemente meditati; ambisce (e spera) di far altro (il mediatore, il delegato del giudice, il custode, ecc,); disconosce la solidarietà intergenerazionale e intra categoriale: difficile trovare una sintesi in diversità così laceranti invocando una unitarietà che è mera facciata. Il grande rettile, alla fine della sua evoluzione, forse morirà in laguna, a Venezia: l’unica speranza è che risorga dalle sue ceneri, meno imponente, più adattabile all’ambiente e, soprattutto, terribilmente efficace. Ne abbiamo bisogno. ■ NOTE 1 . “Avvocati e Avvocatura: in uno, tutti” di E. Turrini, G. Facchini e altri, Rivista CDO Torino 1994 2 . “Il Congresso… siete voi, sono gli avvocati eletti con un sistema sufficientemente rappresentativo e democratico, nell’impossibilità di realizzare subito quell’utopistico sogno del 1990: un avvocato un voto, che aveva dei vizi di origine. Un Congresso che si ponga come organismo permanente che esprima la vera volontà dell’Avvocatura”, C. Bacci citato “Avvocati, Congresso e rappresentanza” di A. Ciavola in Altalex 5.11.2004 3 Banco del Mutuo Soccorso “Darwin” 4 La Repubblica, Archivio, 24.10.1994 5 Corriere della Sera; Archivio storico 6 “Le correnti infatti non svolgono solo una attività di animazione e aggiornamento culturale, ma attraverso il ruolo che esercitano nel CSM . i cui componenti sono eletti da una o un’altra corrente- in realtà governano la Magistratura” C. Guarnieri , Giustizia e Politica, Il Mulino, 2003. 7 A. Leonardi- B. Sazzini “Ordini e Associazioni” in Rassegna Avvocati Italiani, 3/2004, pag. 27. En passant: nello stesso pezzo si ipotizzava sia una forma totalmente nuova di rappresentanza politica sia una struttura Ordini e Associazioni. 8 Film di C. Mazzacurati, 1996 9 P.G. Loi “Relazione introduttiva” in Rivista degli Avvocati italiani, 3/2004 10 Parafrasi di “da grandi poteri nascono grandi responsabilità” , Uomo Ragno, film di S. Raimi, 2002. 11 Film di M. Scorsese 1998 12 F. Galgano “La forza del numero e la legge della ragione” Il Mulino 2011 13 G. Valenti in uno dei suoi innumerevoli post su Facebook. 14 “L’ Organismo Unitario, infatti, si pone l’obiettivo da una parte di intervenire costantemente nel dibattito politico e, dall’altra, di elaborare proposte di riforma organica del sistema giustizia in Italia; e tutto ciò ispirandosi sia ai deliberati del Congresso Nazionale Forense, sia alle istanze, alle idee e alle proposte provenienti da tutte le componenti sia istituzionali che associative dell’avvocatura” dal sito OUA. Ore drammatiche in via Arenula in attesa dell’esito del Congresso di Venezia. Ministro Giustizia: “dunque dibatteranno a Venezia le proposte del governo, sfruttando la possibilità che abbiamo dato loro di partecipare al confronto?” Funzionario ministeriale: “in realtà no, vi sarà qualche dotto intervento, ma l’attenzione degli avvocati e rivolta ad altro” Ministro Giustizia: “ altro???” Funzionario ministeriale: “si su come costruire la loro rappresentanza” Ministro Giustizia: “ho capito cose da avvocati italiani... ma sa faccio fatica a capire. So che il CNF con la nuova Legge dice di rappresentare tutte le componenti; il Sindacato, che è anche parte sociale, rivendica questa funzione; i giovani hanno le loro associazioni e, per le specializzioni, ogni associazione specialistica rivendica l’esclusiva, è questo allora?” Funzionario ministeriale: “ma sa… all’inizio doveva essere la sintesi, poi tutti si sono sfilati, ora dicono che tutto è cambiato perché c’è il martello dell’art.39 L.P.” Ministro Giustizia: “????” Funzionario ministeriale: “a dir la verità qui faccio un po’ di fatica anch’io: da una parte c’è chi cerca soluzioni di compromesso e dall’altra invece si pensa a una sorta di assemblea di descamisados. Soprattutto questi stanno facendo una guerra feroce, ma forse avranno dietro il 51% dei 240.000 avvocati” Ministro Giustizia: “beh, anche qui, per noi che facciamo la politica, non capiamo: la partecipazione è bassissima e, se i delegati espressi si dividono a loro volta, abbiamo organi a bassissima legittimazione, per questo alcuni invocano la copertura normativa” Funzionario ministeriale: “non so che dire, forse sarebbe la prima volta che qualcuno assume di avere diritto alla rappresentanza, ma aldilà di questo posso presumere che le decisioni di questo ente si imporranno a tutti gli avvocati” Ministro Giustizia: “posso affermare con certezza di no: CNF, ordini grandi e piccoli, associazioni… continueranno ad esistere e ad interloquire, ciascuno nel proprio ambito: e non si stupisca, doveva essere organismo unitario e ora è solo divisivo e tutto sommato a noi importa il giusto” Funzionario ministeriale: “???” Ministro Giustizia: “Sa la loro irrilevanza se la sono costruita con le proprie mani... Dovrebbero imparare da Togliatti...” Funzionario ministeriale: “Onorevole che dice?” Ministro Giustizia: “Si, all’indomani della fine della guerra, invece di fare la rivoluzione, rimase dentro il CNL, per il bene del paese, almeno questa è l’interpretazione che preferisco. Qui invece siamo alla semplice miopia di un ceto che sta morendo da finiani “ Funzionario ministeriale: “nel senso dell’onorevole?” Ministro Giustizia: “Si, quel misto di rancorosità interpersonale e nessuna lungimiranza politica. Vabbè non perdiamoci altro tempo, se non si preoccupano loro del proprio futuro, non possono certo invocare poi particolari attenzioni. Fermo restando che - alla fine - decido io con chi interloquire e se farlo...” Si spegne la luce. Il Ministro dormirà più che tranquillo. L’Avvocatura meno… 9 Né maschio né femmina, ermafrodito ha da essere! L'art. 39 irrompe con forza impetuosa nelle riflessioni che i partecipanti al XXXII Congresso sono chiamati a fare. Per salvarsi “l’organismo” dovrà essere veramente unitario di Cesare Piazza Correva l'anno duemila, e fra gli altri avvenimenti di rilevanza mondiale accadeva che io fossi il presidente in carica dell'Organismo Unitario dell'Avvocatura. Fra gli altri obbiettivi del mio programma c'era anche quello di migliorare e intensificare la comunicazione fra l'Organismo da una parte e le istituzioni forensi, l'intera comunità degli avvocati, e tutte le formazioni politiche istituzionali e parlamentari dall'altra. Avevamo già provato a editare un bollettino o notiziario periodico, poco più che ciclostilato, ma era chiaro che avremmo dovuto sviluppare un programma editoriale più strutturato, con tanto di testata registrata e direttore responsabile abilitato. "La domanda di registrazione della testata va bene, ma non la posso ricevere se non allegate un certificato di iscrizione nel registro delle imprese" disse un affaccendato cancelliere del tribunale di Roma a me e al collega Eugenio Amaradio (direttore responsabile in pectore) che ci eravamo pre- 10 sentati come postulanti al cospetto dell'"autorità" che sovrintende alla stampa periodica. "Guardi signor cancelliere che noi non siamo un'impresa, siamo un organismo di avvocati." "E allora portatemi il certificato di iscrizione all'ordine" "Purtroppo non è così semplice, signor cancelliere, perché l'organismo non è una società fra avvocati e non ha iscrizione nell'albo." L'affaccendato cancelliere sospese un momento dall'affaccendarsi, ci guardò attentamente in faccia e proruppe: "Ma si può sapere che diavolo siete, allora? Siete un'associazione?" "Bah, no, siamo un organismo eletto da un congresso forense…." "Va bene, se è così portatemi l'atto pubblico di costituzione e lo statuto in copia autentica.." interruppe il cancelliere; e stava riavviandosi alle sue faccende. "Vede, signor cancelliere, il congresso nazionale forense non si è costituito per atto pubblico, è quasi un'istituzione dell'avvocatura, si tiene da cinquant'anni a questa parte…… "Ahò, - riinterruppe il cancelliere, questa volta proprio infastidito - ma che mi venite a dire, che c'è l'usucapione ?" "No, ma sa, noi siamo… siamo…" - soffiò Amaradio, che si era accorto di non poter proferire la parola associazione - siamo come… come un comitato volontario….". "E allora, per i comitati, niente stampa periodica." concluse perentorio il cancelliere, ritornando definitivamente alle sue interrotte faccende. Scendendo le scale del tribunale, ci guardammo negli occhi e ci scappò da ridere. "Sta' a vedere che adesso dovremo indire un convegno mistico-esoterico per sapere chi siamo, d'onde veniamo, e dove andiamo….." dissi, già rassegnato a proseguire col bollettino ciclostilato in attesa di tempi migliori. L’incognita dell’art. 39 L.F. Sono arrivati i tempi migliori? Ora che siamo alle prese col vago e tormentoso terzo comma dell'articolo 39 della legge di ordinamento professionale? Dovrà occuparsene seriamente il prossimo XXXII Congresso Nazionale Forense di Venezia, e speriamo che il cambio generazionale dei delegati non faccia dimenticare le vicissitudini e le sofferenze che hanno accompagnato il precedente esperimento, che ha costituito il fattore antesignano dell'anzidetto terzo comma. Perché è vero che la storia cammina per strade spesso nuove e impreviste, ma è anche vero che la storia è comunque maestra di vita; e dalla storia dell'avvocatura bisogna trarre l'insegnamento dei modi e dei tempi dell'azione politica. E dico "politica" non a caso: perché attuare i deliberati del congresso in materia di proposte sui temi della giustizia e della tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, nonché sulle questioni che riguardano la professione forense, significa nient'altro che "fare politica". Esattamente vent'anni fa, guarda caso proprio a Venezia, si proclamò ad alta voce che l'avvocatura, essendo un "soggetto politico", aveva necessità di un organo di rappresentanza politica, che, individuato nel congresso nazionale forense, si sarebbe espresso mediante un organismo operativo appositamente eletto. E quest'ultimo (congresso di Maratea 1995) si denominò Organismo Unitario dell'Avvocatura. Ma erano tempi in cui, in mancanza di norme di legge in proposito, tutto era frutto di un trascinante volontarismo che riusciva a coprire la prudenza, la perplessità, o anche la contrarietà di molti, all'insegna del "ben fa chi fa, sol chi non fa fa male". Una delle paradossali conseguenze dell'aver gettato il cuore al di là dell'ostacolo fu appunto anche quella che ho narrato in apertura. Ma ora c'è una legge, dobbiamo applicarla, ed è per questo che, sulla scorta delle passate esperienze, dobbiamo riflettere. Innanzitutto: un organismo di proclamata rappresentanza politica dell'avvocatura, o è davvero unitario, o non è. Quando l'idea nacque, appunto vent'anni fa, e poi si concretizzò, l'organismo fu concepito programmaticamente come unitario: e fu concepito - passatemi la metafora - maschio: forte, virile, combattivo, indiscusso e indiscutibile capo della famiglia degli avvocati, punto di riferimento della solidarietà di categoria. E per preservarlo da ogni pericoloso influsso esterno, fu dotato di una sorta di consiglio di famiglia, l'assemblea dei delegati. Probabilmente, al di fuori e al di là delle oneste intenzioni dei compilatori dello statuto, questo fu l'errore logico che introdusse nei fondamenti dell'organismo una contraddizione di sistema che oggi, in sede di rinnovamento, occorre evitare. L'assemblea infatti, così come costituita (componenti eletti dai delegati congressuali dei singoli ordini, su base distrettuale), e da considerarsi come l'organo sovrano dell'avvocatura fra un congresso e l'altro, rimase - ed è sempre fin qui rimasta - priva dell'apporto organico del mondo associativo, tanto da aver potuto fornire il destro (diciamo pure anche il pretesto) ad alcune formazioni associative ambiziose di prendere le distanze dall'OUA e di coltivare una propria soggettività politica diversa, e molte volte divergente. In somma sintesi, si può dire che le varie associazioni non hanno sentito l'organismo come loro proprio, cioè come casa loro, come luogo deputato all'elaborazione, alla mediazione e alla promozione delle scelte politiche. Quando è andata bene, lo hanno considerato come un'altra associazione, come una stella in più nella costellazione delle formazioni esponenziali forensi. Rapporti difficili Sotto altro profilo, è andata anche peggio. I rapporti dell'OUA con le istituzioni dell'avvocatura sono stati da sempre, subito, difficili. E non solo perché fra enti previsti e consacrati dalla legge, e un ente allora non previsto da alcuna legge e nato soltanto per volontà della maggioranza dei partecipanti a un congresso (anch'esso allora non previsto dalla legge) non vi poteva essere comunanza di riferimenti; ma anche perché questa autoreferenzialità fu presa a facile pretesto per sostenere che la rappresentanza della categoria spettava ai "legittimi unti dal Signore" e comunque soltanto a chi avesse veste giuridica, apparato, poteri e denaro per esercitarla. Come via via è poi apparso nell'evolversi di questi rapporti (formalmente sempre rispettosi, ma sostanzialmente intrisi di inimicizia) sono stato sconcertato nel constatare che l'organismo, da maschio che era, si era trasformato in femmina. E non già perché, per scarsa conoscenza di esso, perfino nei discorsi ufficiali la sigla O.U.A. la si è sentita aggettivare al femminile (sai la contentezza di Leonida, Epaminonda, Enea, Andrea, ecc….!) ma perché sostanzialmente esso era diventato una quieta e amabile mater familias: dedita alla casa, alle provviste, ai ricevimenti, alle relazioni sociali, e ovviamente non dotata di risorse proprie che i veri maschi della famiglia (i consigli degli ordini) le mettevano a disposizione solo a loro volontà e piacimento. E salutata con rispetto formale dai figli maggiori (i grandi ordini, primo fra tutti Roma) i quali peraltro si sono sempre fatti gli affari loro a prescindere da lei, perché tanto sono maggiorenni e vaccinati e non devono rendere conto a nessuno. Mi torna in mente, sotto questo aspetto, un incontro 11 Né maschio né femmina, ermafrodito ha da essere! Venezia, Teatro La Fenice (interno) ▲ 12 che io ebbi con il presidente dell'ordine di Roma (allora, l'avv. Cassiani), il quale, con grande bonomia e disponibilità tenne a ripetermi che nella grande famiglia ognuno avrebbe collaborato come i suoi mezzi avrebbero consentito, e che comunque l'ordine di Roma, nella sua posizione di preminenza numerica, sociale e politica, era a totale disposizione per dare una mano all'OUA all'occorrenza: "Se c'è bisogno, che problema c'è? Me lo fai sapere, e io alzo il telefono, chiamo il ministro e gli espongo la questione…." L'art. 39 irrompe ora con forza impetuosa nelle riflessioni che i partecipanti al XXXII congresso sono chiamati a fare. Se vogliamo salvare la funzione politica dell'organismo (notate: la legge avrebbe potuto usare altre parole, chessò: "comitato" o "commissione" o "struttura esecutiva" o "gruppo"; invece lo chiama proprio "organismo", ci sarà un motivo, che dite?), al quale vorremmo motivatamente affezionarci e del quale vorremmo vedere il pieno e acclamato successo, bisogna evitare in ogni modo gli errori e le contraddizioni del passato, coinvolgendo organicamente e responsabilmente tutte le formazioni istituzionali e associative dell'avvocatura in un disegno di vasto respiro, che le riconduca tutte a un'incontestata unitarietà operativa. Insomma, bisogna organizzarsi per stare nella storia, per dare risposte adeguate e flessibili a questo strano, variegato, lacerato, a volte incomprensibile, mondo degli avvocati; un mondo di più di duecentomila individui dei quali ormai, sociologicamente parlando, si sa poco più che nulla. Ma una cosa è certa: un organismo rafforzato nelle sue radici normative deve essere veramente unitario, e non può caratterizzarsi né come maschio (struttura politica combattente anche senza rinforzi, senza retrovie né appoggi istituzionali) né come femmina (struttura di servizio per una casa comune che però rimane di proprietà e conduzione di altri). Ermafrodito, ha da essere. ■ Ermafrodito dormiente (Parigi, Louvre) ▲ La Fenice e le specializzazioni Ovvero il grande mistero delle modalità e dei criteri di scelta del difensore, tra riconoscimenti formali e competenze reali di Giovanni Delucca 1. Probabilmente è un ingenuo artifizio retorico, o forse è solo la suggestione della location dell’apertura del Congresso Nazionale Forense, ma non mi sembra fuori luogo accostare la figura delle specializzazioni forensi a quella del mitologico e pur gettonato pennuto. In parte forse per la resurrezione dell’istituto che, dopo la netta stroncatura operata dal TAR Lazio - Roma (Sezione I, decisione 5151/2011), ha provato a rivivere con la legge professionale che ne menziona ripetutamente l’esistenza. Soprattutto, però, per una sorta di perdurante e sfuggente inafferrabilità, che sembra affidare la fede nella sua stessa esistenza alla presupposizione di una menzione esplicita e diffusa. Vale allora la pena di provare a dedicare qualche rigo all’esercizio non moderno del ragionamento, accostandosi al tema della specializzazione da due punti di vista diversi: quello del mercato e quello delle norme. 2. Il primo aspetto problematico è tanto semplice quanto impegnativa ne è la risposta. Quando una parte avverte l’esigenza di rivolgersi ad un Avvocato specializzato in una data materia, cosa cerca e cosa si aspetta in realtà? Un professionista che sia capace ed aggiornato nella materia? O uno che pratichi soprattutto quella materia? O che tutto il suo impegno lavorativo sia assorbito da quella materia? Oppure che abbia studiato e studi a livello accademico una o più materie? Ovvero che quella materia insegni? Non è semplice e non è certo necessario scegliere tra così diverse risposte che sarebbero peraltro tutte giuste. Il mercato ci dice che, tutto sommato, ognuno dei professionisti rispondenti ad una delle caratteristiche suesposte sarebbe uno specialista. Ogni ipotesi, quindi, ha in sé una scintilla di verità e tutte assieme non possono essere valutate in termini di correttezza normativa, ma semplicemente - e per coerente rispetto della natura delle libere professioni - in termini di adeguatezza all’esigenza che in concreto si presenta al fruitore del servizio. A volte infatti un problema è specifico e oggettivamente limitato; od al contrario, pur essendo specifico, interagisce con aspetti interdisciplinari paralleli e di importanza pari o superiore. A volte il problema è nuovo; altre volte ancora è necessario essere conseguenti alle scelte di professionisti che la parte avversa può avere già fatto. Il grande mistero delle modalità e dei criteri di scelta del difensore, insomma, conduce sovente a risposte di volta in volta diversificate, che giustamente combinano il criterio della necessaria competenza professionale con quello dell’adeguatezza allo specifico bisogno della parte. Parte che, pur avvertendo la necessità di uno “specialista” deve però e per prima cosa riuscire a trovare il “suo” Avvocato. Ed allora il mercato sembra dirci che ha bisogno di informazioni per scegliere con- 13 La Fenice e le specializzazioni sapevolmente, ma non certo di griglie e paletti e men che meno di cartelli di direzione obbligatoria. 14 3. Il secondo corno del ragionamento ha invece a che fare con quello che potrebbe sembrare il simmetrico opposto del mercato, e cioè l’assetto normativo. Anche in questo caso l’excursus non è poi lungo. La già citata sentenza del TAR Lazio aveva fatto una compiuta ricognizione del quadro normativo dal quale emergeva “graniticamente” l’inesistenza di una fonte legittimante “l’introduzione di un istituto, quale quello delle specializzazioni, prima inesistenti, destinato ad innovare profondamente i termini dello svolgimento dell’attività ...” Se quindi nel 2011 non esistevano norme, e tale opinamento era ritenuto dallo stesso TAR come granitico, è alla normazione successiva che occorre rivolgersi per cercare lumi. E tutto sommato la ricerca non è nemmeno attività complessa, posto che è sufficiente soffermarsi sulla Legge Professionale, che all’art.9 disciplina il tema delle specializzazioni, per giustapporre in controluce l’insistita iterazione della locuzione “il titolo di specialista”, con la contemporanea assenza di qualsivoglia assetto o criterio definitorio, con buona pace dei noti canoni redazionali dei testi normativi. La legge professionale, infatti, consente solo di apprendere che l’avvocato specializzato non è soltanto quello divenuto esperto evidentemente in un certo numero di anni (per comprovata esperienza professionale), ma anche colui che si è formato sulla materia, venendo giudicato idoneo. La norma, insomma, nasce incompleta, visto che la riserva di regolamento opera solo per l’individuazione delle modalità per l’ottenimento del titolo, ma di certo non può aiutare a definire - men che meno in senso restrittivo - ciò su cui la legge ha inspiegabilmente sorvolato. 4. In questo contesto lo schema di regolamento predisposto dal Ministero – od anche il regolamento che dovesse essere medio tempore adottato in continuità con le prime stesure - appare del tutto insoddisfacente sia a superare i rilievi logici già mossi, che ad essere minimamente coerente con le finalità di scelta, competenza e trasparenza prefigurate dalla legge. Il Consiglio Nazionale di ANF ha espresso e divulgato un parere critico sullo schema di regolamento circolato nei mesi scorsi, e non occorre qui richiamare un testo articolato e facilmente esaminabile (www.associazionenazionaleforense.it/wp-content/uploads/2014/05/ Deliberato-del-Consiglio-Nazionale-ANF-sul-regolamento-specializzazioni.pdf ) Questa per l’appunto non è sede per riepilogare le censure al lavoro altrui, ma può essere occasione utile per individuare in senso positivo alcuni criteri che sarebbe veramente necessario potessero trovare cittadinanza. Per prima cosa occorre che l’individuazione delle aree (i macrosettori del diritto: civile, penale, amministrativo, tributario) e degli ambiti (le materie: famiglia e lavoro, penale commerciale e reati contro la pubblica amministrazione, contratti pubblici e urbanistica) sia basata non sugli insegnamenti dell’università, o su accostamenti improvvisati, ma derivi da dati esperienziali collegati ai flussi di lavoro. In particolare occorrerebbe farsi carico di valorizzare seriamente tutte le competenze trasversali (come ad esempio la sicurezza sul lavoro o l’edilizia) che settorialmente attraversano diverse aree. Qualsiasi forma di specializzazione, poi, non dovrà mai essere ottenuta esclusivamente in via teorica: non è un titolo culturale, ma una capacità professionale. Così come anche i laureati magna cum laude devono fare la pratica e l’esame di abilitazione, così anche chi frequenta i percorsi formativi dovrà comunque avere un supporto esperienziale di un certo rilievo, poiché l’esperto è tale non solo per il possesso di nozioni, ma soprattutto per l’utilizzo concreto e professionale delle stesse. La comprovata esperienza professionale, poi, rimanda ad un elemento fondante la Professione, e cioè il valore didattico dell’esercizio pratico: sarebbe ingiusto ed antistorico ingabbiare quello che per tutti noi è un valore, in una gabbia meramente quantitativa, uguale per tutte le materie, come per ora è stata immaginata. Una attenta attuazione del principio di uguaglianza è proprio quella di non trattare in modo uguale situazioni diseguali: ed allora non dovrebbe essere originale – ed anzi, ogni Avvocato lo sa, essendo esperienza di vita – quanto i numeri delle pratiche siano aridi ed insufficienti ad esprimere qualità. Ed anzi spesso i numeri mentono, confondendo l’esperienza con la serialità. C’è quindi necessità di pesare e valutare in modo diverso gli impegni professionali, perché dieci pratiche in una materia (e sarebbe antipatico fare esempi), potrebbero comportare un’attività di studio e di attenzione dieci volte inferiore a dieci pratiche in un diverso settore. E ad ognuno di noi il concetto non può essere non chiaro. La politica delle pari opportunità, poi non va declinata solo in termini di genere, ma anche nelle politiche del territorio. In una parola, la specializzazione deve essere una cosa possibile, per ognuno e per ogni materia, ove ve ne siano le condizioni di esperienza professionale. Questo significa assicurare l’attivazione di percorsi di formazione a distanza in tutti gli ambiti, senza limitazioni territoriali e quantitative di fruibilità ed a costi contenuti. 5. Gli Avvocati non hanno bisogno di nuovi corsi da frequentare, ma hanno bisogno di essere conosciuti e riconosciuti. Soffermiamoci a chiederci perché avevamo desiderio di specializzazione: era per poter finalmente dire “mi occupo di questo!”. Tutti sappiamo cos’è un Avvocato specializzato, ma nessuno si da la pena di definirlo, perché invero ogni definizione rischierebbe di togliere qualcosa ad un Professionista che sempre e comunque è tale al cento per cento senza riserve di attività o limitazioni. Ed allora non può andare bene un modello che equipara il solo studio ad anni di esperienza professionale, o che riconosce titoli che potrebbero essere svalutati dal mercato stesso all’atto del loro ottenimento, perché non rappresentativi e non posseduti dagli specialisti Venezia… inquietante ▲ che il mercato stesso riconosce. Prima viene lo status di Avvocato, e poi viene la sua maggiore efficacia in alcuni ambiti piuttosto che in altri. La prima necessità che il tema della specializzazione dovrebbe porre, allora, è quella dell’effettivo riconoscimento amministrativo in capo a coloro che il mercato già conosce come specialisti; dopo di questo è giusto cercare di rendere possibile ad altri colleghi - spesso più giovani - l’accesso al titolo. Quello che non può accadere è invece che gli Avvocati specialisti diventino avvocati in sedicesimo, un genere minore, competente in una unica porzione di diritto. La implicita limitazione della competenza professionale che deriverebbe da una specializzazione debole sarebbe quindi l’anticamera della indifferenziazione della prestazione, che, in nome del riconoscimento di un percorso di solo studio, renderebbe tutti ugualmente grigi, senza le millanta sfumature che rendono l’Avvocatura un mondo eccezionale. Anche per queste considerazioni il percorso avviato non convince in termini di adeguatezza ed efficacia, ma non è ancora tardi. Basta ricordarci da dove siamo partiti e a cosa serve il percorso che abbiamo avviato. Deve servire per prima cosa agli Avvocati, per farsi conoscere meglio e poi ai loro clienti per poter meglio scegliere. ■ 15 I nuovi Consigli distrettuali di disciplina all’esordio I Consigli degli Ordini degli Avvocati hanno recentemente votato i nuovi Consigli distrettuali di disciplina che andranno ad esercitare le loro funzioni nel gennaio del 2015. È un cambiamento storico sul quale occorre riflettere di Mario Scialla contribuito all’elezione a consigliere del primo. Anche l’Associazione Nazionale Forense, da tempo, aveva evidenziato l’opportunità di sanare questo vulnus. Una modifica coraggiosa quindi ma con enormi conseguenze di ordine pratico e strutturale – non ultimo il problema delle rilevanti spese derivanti dalla necessaria creazione di una sede appropriata ove dovrà operare il Consiglio di Disciplina - che complicheranno, e non di poco, l’attività dei Consigli degli Ordini, soprattutto delle città metropolitane. Luci ed ombre Il titolo V della nuova legge forense analizza uno dei temi più importanti e delicati dell’ordinamento professionale, quello della giurisdizione domestica. La riforma fissa subito un principio di indubbia trasparenza, sul quale ruota l’intero sistema: quello sancito dall’art. 50, comma 3, che stabilisce che non possono far parte delle sezioni giudicanti i membri appartenenti all’Ordine cui è iscritto il professionista nei confronti del quale si deve procedere. Tale scelta presenta evidenti garanzie di maggiore terzietà per il giudicante, non tanto per fugare il rischio che si potesse pervenire effettivamente ad una giustizia più “addomesticata”, quanto, semmai, per l’immagine negativa che si poteva diffondere all’esterno: quella di un professionista troppo indulgente nei confronti di altro collega che con il suo voto avesse, in ipotesi, 16 Insieme alle luci ci sono però anche talune ombre perché ad esempio si priva il giudicante di un elemento importante, talvolta essenziale per giungere ad una corretta decisione: quello dell’ancoraggio al territorio. È fondamentale, per chi giudica, conoscere la propria realtà territoriale, i personaggi e gli interpreti che saranno i protagonisti nel procedimento disciplinare in quanto la frequentazione quotidiana con l’ambiente giudiziario e l’interlocuzione costante con la magistratura, che talvolta con le sue segnalazioni innesca il giudizio disciplinare, è garanzia di un risultato migliore. Questo problema veniva risolto con l’impianto ipotizzato dalla riforma tracciata dal DPR dell’agosto 2012 che creava il Consiglio di disciplina su base territoriale che però incontrava un limite, forse ancor più grande: quello cioè di affidare alla decisione, non motivata, del Presidente del Tribunale, la scelta dei quindici componenti, tra i quali non potevano esservi i Consiglieri dell’Ordine in carica, tra la rosa dei trenta nominativi forniti dall’Ordine. Venendo ora alla disamina del procedimento in concreto, non si può negare che lo stesso appaia ben strutturato, moderno, garantista ed improntato sul modello del giusto processo penale. Il rapporto con il processo penale è infatti di assoluta evidenza e non solo perché viene precisamente enucleato nell’articolo 54 ma perché ogni articolo, in realtà, è connotato di riferimenti importanti al processo penale. Sintomatica è la chiarezza utilizzata dalla norma all’art. 56 a proposito della prescrizione dell’azione disciplinare, risolvendo alcuni dubbi che l’ “attuale” disciplina porta ancora con sé. Se infatti è vero, come osservato opportunamente da Ubaldo Perfetti nel suo pregevole testo “Ordinamento e Deontologia Forensi” (Cedam, 2011) e come ribadito dalla giurisprudenza del Consiglio Nazionale Forense, che nessuna durata massima è prevista per il procedimento disciplinare, non potendosi applicare il principio del giusto processo a tale procedimento stante il suo carattere amministrativo, l’articolo 56 evita, finalmente, incertezze di sorta ribadendo tanto il termine ordinario (sei anni), quanto quello di durata massima (sette anni e mezzo). Tale felice scelta è del resto conforme all’orientamento espresso dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione con la decisione n. 29294 del 15 dicembre 2008 e poi, ancora, con la pronuncia, sempre Sezioni unite, dell’8 novembre 2010, n. 22264, che avevano già ritenuto applicabili i principi del giusto processo davanti ai consigli territoriali in tema di impugnabilità delle delibere di apertura dei procedimenti disciplinari. Definita la durata del procedimento Delimitare la durata di ogni processo, anche quello disciplinare, in un tempo ragionevole, è un principio di civiltà giuridica e la riaffermazione di tale sacrosanto diritto non dovrebbe, comunque, comportare particolari ricadute sull’amministrazione della giustizia in quanto, ai sensi dell’art. 50, il Consiglio distrettuale di disciplina svolgerà la propria opera con sezioni più snelle, composte da cinque titolari e da tre supplenti e non, come avviene attualmente nei Consigli dei grandi fori, anche con 15 componenti, determinando sicuramente uno spreco di energie. Un altro aspetto significativo, che merita di essere analizzato, è quello introdotto dal comma 3 dell’articolo 58, ove è previsto che conclusa la fase istruttoria, il consigliere istruttore propone al consiglio distrettuale di disciplina richiesta motivata di archiviazione o di approvazione del capo di incolpazione, depositando il fascicolo in segreteria. Ebbene il Consiglio distrettuale delibererà senza la presenza del Consigliere istruttore, il quale non può far parte del collegio giudicante. Finalmente viene eliminato un aspetto che strideva con i principi dell’indipendenza ed autonomia del giudicante che ormai fanno parte del patrimonio della nostra cultura, in quanto è indiscutibile che la presenza dell’istruttore nel collegio giudicante, con possibilità di argomentazione e quindi di concreto convincimento degli altri consiglieri sulla bontà dell’ ipotesi accusatoria, rappresentava un vulnus dell’intero sistema, accrescendo il rischio di uniformarsi ad una tesi preconcetta. Migliorato il contraddittorio Occorre rimarcare positivamente anche il punto 2 dell’art. 59 che disciplina la possibilità, per l’incolpato ed il suo difensore, di interloquire con il consigliere istruttore, di essere sentiti ed esporre le proprie difese, anche tramite memorie e produzioni documentali. Tale previsione introduce il contraddittorio anche nella fase delle indagini e richiama indirettamente i poteri dell’indagato di cui all’art. 415 bis del codice di procedura penale, al punto che l’istruttore, avuto riguardo al contenuto delle difese, potrebbe proporre l’archiviazione o, solo dopo il decorso del termine concesso per il compimento degli atti difensivi, chiedere al consiglio distrettuale di disciplina di disporre la citazione a giudizio dell’incolpato. I richiami alla procedura penale emergono a chiare tinte anche nei termini per il deposito della lista testimoniale e della motivazione della sentenza, prevedendo un termine di sessanta giorni per i procedimenti relativi a decisioni complesse. In ogni caso, a fugare ogni dubbio concorre la lettera n) del punto 2 dell’art. 59 che precisa come, per quanto non specificatamente disciplinato dal predetto comma, si applicano le norme del codice di procedura penale, se compatibili. La lettera g) del punto 2 dell’art. 59 merita, infine, un autonomo approfondimento anche perché segna la sublimazione del recepimento dello spirito del giusto processo. Si prevede, infatti, come “gli esposti e le segnalazioni inerenti alla notizia di illecito disciplinare e i verbali di dichiarazioni redatti nel corso dell’istruttoria, che non sono stati confermati per qualsiasi motivo in dibattimento, sono utilizzabili per la decisione, ove la persona dalla quale provengono sia stata citata per il dibattimento”. La conseguenza di ciò è che niente potrà più essere sottratto al contraddittorio delle parti e che nulla potrà essere più utilizzato per la decisione se non si è consentita, in precedenza, una adeguata ed efficace partecipazione 17 della difesa. Anche nel procedimento disciplinare, quindi, come in quello ordinario, il metodo di conoscenza e di valutazione dei dati acquisiti sarà quello basato sul contraddittorio. E non è una scelta di poco conto o di modeste implicazioni perché determinerà un procedimento sicuramente più articolato ma anche più accorto e garantista perché la grandezza del metodo accusatorio sta nel fatto che, ove correttamente applicato, riduce il rischio di errori. Uno strumento più moderno e garantista I nuovi Consigli distrettuali di disciplina all’esordio L’avvocatura viene così dotata di uno strumento più moderno ed idoneo a garantire il rispetto delle regole deontologiche che connotano la nostra professione e necessariamente potrà essere utilizzato solo da un difensore dotato di cognizioni specifiche e tecniche oltretutto in considerazione del fatto che anche il nuovo codice deontologico accentua la vocazione verso una maggior tecnicismo. Non varrà più, cioè, la massima tramandata per anni 18 Venezia, nuovo Tribunale di sorveglianza ▲ che il codice deontologico è quello delle buone maniere e che il procedimento disciplinare costituiva la sua naturale applicazione perchè invece oggi la difesa nel processo disciplinare non potrà più prescindere da una conoscenza particolare ed approfondita del rito e degli istituti. Il valore più importante che sottende a questa riforma, però, non è tanto indirizzato all’interno, rivolto cioè esclusivamente all’adozione del metodo migliore (quello del contraddittorio) per l’amministrazione della giurisdizione domestica quanto, invece, all’esterno e si caratterizza per il segnale che propone alla società civile. Quello cioè che l’Avvocatura ha un’organizzazione disciplinare tale che, pur se ispirata al doveroso garantismo, è dotata di strumenti e controlli tali da escludere, in radice, una giustizia addomesticata o inefficiente. All’Avvocatura è quindi ancora concessa una occasione importante, quella cioè di gestire autonomamente la giurisdizione domestica essendo state respinte le istanze, provenienti dalla politica, di inserire tra i giudicanti altre componenti della società come addirittura i rappresentanti delle associazioni dei consumatori. Tale fiducia però, presumibilmente, non sarà illimitata ed allora l’occasione non dovrà essere sprecata rischiando magari un rallentamento in termini di produttività, atteso che, disancorando il giudice dal territorio, sarà più complesso, per gli istruttori ed i giudicanti, amministrare la disciplina fuori sede, impiegando magari del tempo rilevante negli spostamenti che potrebbe incidere poi negativamente sul numero dei procedimenti amministrati. Resta quindi una incognita l’impatto concreto che avranno i Consigli di disciplina, costretti oltretutto a dover tener di conto anche le esigenze, tutt’altro che secondarie, relative ai costi, agli immobili da utilizzare ed al personale da impiegare. Il Consiglio Nazionale Forense e gli Ordini territoriali, soprattutto nell’immediato, saranno quindi gravati da impegni e responsabilità rilevanti ma sarà di sollievo pensare che questi sforzi contribuiranno a fornire un migliore attestato di serietà alla nostra professione. ■ Quale riconoscimento per le associazioni maggiormente rappresentative ? Dubbi, equivoci e criticità per la pervasiva attività di controllo e vigilanza del Consiglio Nazionale Forense di Gigi Pansini Elaborato in bozza il 12 dicembre scorso, il Consiglio Nazionale Forense, nella seduta del 16 luglio 2014, ha approvato il regolamento (n. 4) contenente le norme per l`istituzione e le modalità di tenuta dell’elenco delle associazioni forensi maggiormente rappresentative. Emanato in ottemperanza all’art. 1 comma 3 della L. n. 247/2012 a tenore del quale “All’attuazione della presente legge si provvede mediante regolamenti adottati con decreto del Ministro della giustizia (…) entro due anni dalla data della sua entrata in vigore (…). Il CNF esprime i suddetti pareri entro novanta giorni dalla richiesta, sentiti i consigli dell’ordine territoriali e le associazioni forensi che siano costituite da almeno cinque anni e che siano state individuate come maggiormente rappresentative dal CNF”, non poche perplessità suscitano la portata e il contenuto del regolamento in questione. Preliminarmente, dalla lettura dell’art. 1, comma 3, della L. 247/12 non sembra ricavarsi, in via ultimativa, un potere regolamentare del CNF in subiecta materia: infatti, la “individuazione” da parte del CNF delle associazioni maggiormente rappresentative sembrerebbe, per espressa dizione del citato art. 1, comma 3, L. 247/12, finalizzata alla previa acquisizione (da parte del CNF) di un parere non vincolante, nell’ambito del procedimento ivi previsto e relativo alla adozione dei regolamenti ministeriali necessari per l’attuazione della legge di riforma. Peraltro, sempre l’art. 1, comma 3, della L. 247/12 adopera il termine “individuazione” e non il termine “riconoscimento” (impropriamente utilizzato nell`art. 3 del regolamento), con ciò lasciando intendere che si tratti di una semplice presa d’atto di una realtà preesistente, piuttosto che la necessità di normare un percorso al quale un’associazione debba sottoporsi per essere riconosciuta come rappresentativa. Non a caso, laddove la nuova legge professionale ha inteso prevedere un siffatto percorso di riconoscimento, lo ha espressamente previsto, demandando al Consiglio Nazionale Forense l’emanazione del relativo regolamento: in particolare, quanto sopra è stato significativamente previsto dall’art. 35, comma 1, lett. s), per quanto attiene al riconoscimento delle associazioni specialistiche maggiormente rappresentative. Sotto diverso e non meno importane profilo, le associazioni forensi maggiormente rappresentative oggi esistenti e riconosciute tali dal Congresso Nazionale Forense svolgono un ruolo squisitamente politico e, in quanto tale, ontologicamente diverso da quello disegnato dal Consiglio nazionale Forense nel regolamento in esame1. Obiezioni e criticità Nel merito, poi, non possono sottacersi numerose obiezioni e criticità, in quanto alcuni dei criteri appaiono inconferenti rispetto al ruolo politico sopra evidenziato, quali, ad esempio, la promozione e lo 19 I nuovi Consigli distrettuali di disciplina all’esordio 20 svolgimento di attività formativa, potendosi benissimo dare il caso di un’associazione che, pur rappresentativa sul piano politico, scelga di non impegnarsi nel campo della formazione. Altri criteri, e precisamente quelli dell’art. 3, lett. b) [statuto che preveda espressamente la tutela e la promozione dell’attività difensiva nonché i valori riconosciuti dall’ordinamento professionale], appaiono invece indebite ingerenze nella libera vita associativa, potendosi dare il caso dell’esistenza di associazioni rappresentative che perseguano fini statutari diversi da quelli ivi previsti mentre è discutibile che i criteri previsti dalle lettere d) [almeno 2.500 iscritti e una sede operativa il almeno la metà più uno dei distretti di corte di appello] ed e) [sede nazionale ed un organismo che coordina le attività delle sedi periferiche] siano idonei a conferire rappresentatività ad un’associazione. Gli artt. 5 (procedimento di iscrizione nell’elenco) e 6 (vigilanza e revoca dell’iscrizione), infine, prevedono una pervasiva attività di controllo e vigilanza da parte del CNF ai fini del mantenimento del riconoscimento, sempre sull’erronea ed illegittima presupposizione che si tratti di attribuire ad un’associazione un riconoscimento avente natura costitutiva e non, per quanto detto in precedenza, di prendere atto di una situazione fattuale preesistente. Tuttavia, sebbene le perplessità in ordine alla portata e al contenuto del regolamento possano apparire evidenti al lettore più attento, non altrettanto evidente potrebbe essere l’equivoco terminologico intorno al quale sembra ruotare l’intero regolamento. Equivoco terminologico Così come agevolmente riscontrabile nei lavori preparatori della L. 247/12, nei testi precedenti quello definitivo, l’acronimo “CNF” stava sempre ad individuare il Congresso Nazionale Forense (che ha trovato ampio riconoscimento legislativo nell’art. 39 L. 247/12: “Il congresso nazionale forense è la massima assise dell’avvocatura italiana nel rispetto dell’identità e dell’autonomia di ciascuna delle sue componenti associative”) e non il Consiglio Nazionale Forense (vedasi, per tutti, il testo licenziato dalla Commissione Ristretta del Senato in data 23/11/2010, nel quale viene fatto chiaramente riferimento al Congresso Nazionale Forense2), in linea, peraltro, con le vigenti regole pattizie, che vedono nel Congresso Nazionale Forense l’organo preposto ad individuare in maniera democratica le associazioni maggiormente rappresentative e per ciò stesso dal Congresso riconosciute. A ciò si aggiunga che, da un lato, la rappresentatività politica di un’associazione trova esclusivo riscontro nelle sue capacità di proselitismo, di proposta e di intervento, delle quali l’Istituzione non può che limitarsi a prendere atto e, dall’altro, che al Consiglio Nazionale Forense, per definizione organo terzo ed imparziale, al quale è demandata la fondamentale funzione disciplinare, non può essere riconosciuta la facoltà di intervenire, del tutto discrezionalmente, sulla vita, le regole e il funzionamento di una qualsiasi libera associazione nazionale poiché, opinando diversamente, si rischierebbe un formidabile vulnus democratico, incompatibile non solo con la Carta Costituzionale, ma anche con le norme di rango europeo. Sarebbe stato quindi auspicabile, anche con le sollecitazioni provenienti da tutto il panorama associativo forense, che il Consiglio Nazionale Forense si fosse limitato ad “individuare” nell’immediato quali associazioni maggiormente rappresentative quelle già riconosciute tali dal Congresso Nazionale Forense negli anni passati e, per il futuro, quelle che saranno riconosciute maggiormente rappresentative dal Congresso stesso, anche sulla base dei requisiti indicati all’art.1, co. 3 , l. 247/12. Il Congresso di Venezia, il primo dopo l’approvazione della nuova legge ordinamentale, costituirà un banco di prova anche relativamente a questo tema. Non dimentichiamo che, nel corso dell’ultima giornata dei congressi dell’Avvocatura pre riforma, una sessione era riservata alla discussione e al voto delle istanze delle associazioni che chiedevano un formale riconoscimento a livello nazionale. ■ 1 Per una migliore comprensione, si riporta il testo del Preambolo che precede lo Statuto OUA attualmente vigente: “L’avvocatura italiana svolge funzioni costituzionali nell’ambito della giurisdizione e, nel più vasto contesto sociale, contribuisce alla conoscenza ed all’attuazione dei diritti e degli interessi soggettivi, in tal modo concorrendo all’effettiva applicazione dei principi di uguaglianza e di libertà. 2. - Per lo svolgimento di tali imprescindibili compiti l’avvocatura deve essere libera e non condizionabile da alcun potere politico o economico e deve anzi potersi proporre come soggetto politico, legittimato in quanto tale alla più ampia ed articolata interlocuzione con i poteri e le istituzioni dello Stato e con tutti i protagonisti della vita politica e sociale. 3. – L’attuazione di tale doveroso ruolo presuppone il mantenimento ed il rafforzamento delle istituzioni forensi quali irrinunciabili garanzie non solo dell’autonomia dell’ordine forense ma anche delle qualità morali e delle capacità professionali della categoria. 4. – Parimenti il patrimonio di valori, di cultura e di proposta politica delle libere associazioni forensi è indispensabile presupposto ed ineliminabile contributo per un’effettiva soggettività politica che consenta all’avvocatura di misurarsi con ampio confronto sui problemi e sugli interessi di carattere anche generale e quindi di esprimere il proprio autonomo pensiero propositivo. 5. - Fin dal 1947, nell’atmosfera di recuperata libertà, l’avvocatura ha costantemente convocato ogni biennio il suo Congresso Nazionale, che ha costituito tradizionalmente il luogo e l’occasione per confrontare le opinioni delle varie componenti e per esprimere in maniera unitaria le aspirazioni e le proposte della categoria. Nel solco di tale consolidata tradizione, appare naturale che la sede del Congresso Nazionale Forense sia proclamata come quella ideale per realizzare la confluenza organica e operativa di tutte le componenti dell’avvocatura, che proprio nel Congresso possono trovare ciascuna il proprio spazio e determinare poi in sintesi quell’unità di espressione sulla quale può fondarsi la rappresentanza politica necessaria alla categoria. 6. - Una rappresentanza politica che voglia essere autorevole e influente non può che tendere all’unitarietà, organizzandosi in struttura tale che, assorbendo in sé le dialettiche interne e maturando nel dibattito più esteso possibile quelle soluzioni o proposte che possano essere presentate come provenienti dall’intera categoria, sia valida e riconosciuta interlocutrice abituale dei poteri dello stato e delle forze politiche e sociali. Tutte Roma, una sessione del Consiglio Nazionale ANF ▲ le componenti della categoria hanno ragioni valide per individuare nel Congresso Nazionale Forense, quale assemblea generale dell’avvocatura, organizzata e gestita in comune e garantita al massimo livello istituzionale, la struttura idonea a costituire la base della loro rappresentanza politica. 7. - È dunque interesse ed onere dell’intera avvocatura stringersi - come istituzioni, come associazioni, come aggregazioni culturali e specialistiche, come singoli iscritti all’albo - in un patto di solidarietà politica, giuridica ed organizzativa, allo scopo di dare partecipazione, riconoscimento e sostegno, anche finanziario, al Congresso Nazionale Forense e alla struttura operativa di rappresentanza politica che ne è diretta emanazione, l’Organismo Unitario dell’Avvocatura alla cui autorevolezza e capacità di intervento è necessario dedicare, da parte di tutti, il più ampio e leale supporto. 2 Si legge nel testo richiamato: “ … La potestà regolamentare del CNF prevista dalla presente legge, eccettuata quella relativa al suo funzionamento interno, è esercitata previa richiesta di parere dei consigli dell’ordine territoriali e sentite le associazioni forensi maggiormente rappresentative, come tali individuate dal Congresso nazionale forense di cui all’articolo 36, nonché la Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense per le sole materie di suo interesse e l’organismo previsto dallo statuto del Congresso nazionale forense”. 21 Il Regolamento Cassa ex art. 21 L.P. e dintorni Dopo la previdenza, l’assistenza e, sullo sfondo, il controllo dell’effettività dell’esercizio professionale di Andrea Zanello L’antefatto Con nota del 7 agosto scorso il Ministero del Lavoro ha approvato il testo del Regolamento Cassa ex art. 21, co. 9, L.P. nella sua ultima versione del 20 giugno, dando atto che la Cassa, con le modifiche apportate , “… ha inteso recepire, pressoché integralmente” i rilievi mossi al precedente testo, invitandola, al fine di “garantire la massima trasparenza e certezza del diritto, … a riportare quanto prima nei testi regolamentari interessati” le variazioni conseguenti alla abrogazione delle norme non più in vigore. Si è chiusa così la prima fase del rinnovamento dell’ordinamento forense oggettivamente innescato (comunque la si pensi e lo si valuti) dalla legge n. 247/ 2012 ed è, pertanto, il momento sia per il necessario de-briefing sugli avveni menti dell’ultimo anno e mezzo sia nella prospettiva di quelle tante altre “cose” che restano “da fare”. Tutto è cominciato con la convulsa e - a parere di ANF e dell’ampia fascia di delegati che poco prima a Bari avevano votato contro il disegno di legge - quantomeno affrettata approvazione della legge professionale. L’inquadratura fissa della trasmissione in streaming mostrava il Presidente del Senato che, burocraticamente, scorreva e faceva votare il più rapidamente possibile norme ed emendamenti, interrotto solo dalla reiterata richiesta di verificare il numero legale, stante la palese distrazione dell’assemblea, occupata nelle più importanti questioni di fine legislatura e delle ormai prossime elezioni politiche. 22 Tra le norme così di corsa passate al setaccio (ma già di fatto accet tate - è bene ricordarlo - dalla maggioranza dei delegati di Bari) veniva consacrato il rivoluzionario principio del c.d. “obbligo della doppia iscrizione Albo- Cassa”. La gestione del passaggio al nuovo ordine veniva affidata alla Cassa che, “con proprio regolamento, determina, entro un anno [- non due, come per tutti gli altri numerosi regolamenti -] dalla data di entrata in vigore della presente legge, i minimi contributivi dovuti nel caso di soggetti iscritti senza il raggiungimento di parametri reddituali, eventuali condizioni temporanee di esenzione o di diminuzione dei contributi per soggetti in particolari condizioni e l’eventuale applica zione del regime contributivo”. Il rebus dei nuovi iscritti Incombente rilevantissimo, se si considera che, al dicembre 2012, su 240.000 avvocati iscritti agli Albi, solo 180.000 risultavano iscritti alla Cassa, con una platea di non iscritti di circa 60.000 unità (nume- ro poi riverificato in 56.000 e da ultimo ridotto ancora a 53.000), pari a quasi il 25% della classe forense. Nonché delicatissimo, perché in questi c.d. “60.000” si trovavano (e si trovano) coloro che, giovani o meno giovani, dichiarano un reddito inferiore al minimo (€. 10.300 ai fini Irpef) al di sopra del quale nel vecchio sistema scattava l’obbligo di iscrizione. A complicare le cose, si profilava la scadenza nel corso del 2013 del Comitato dei Delegati, della Presidenza e di parte del Consiglio di Amministrazione. Da qui, visto anche quanto emerso dai social network e dai mille dibattiti ed incontri precedenti e successivi alla campagna elettorale, un delicato e sofferto intrec cio tra la non facile elaborazione delle nuove norme e le ineludibili elezioni: a/ nel febbraio 2013 l’avvio della procedura elettorale sull’inespresso, ma evidente presupposto che i c.d. “60.000” non potes sero essere considerati già automaticamente inseriti a pieno titolo nel sistema; b/ la fissazione della data di voto al novembre 2013, che innescava la decisa reazione del Ministero vigilante, il quale, proprio mentre si stava avviando la discus sione sul regolamento ex art. 21, imponeva una drastica anticipazione del voto: non più a novembre, ma a settembre 2013, con immediata partenza della campagna elettorale; c/ l’emersione di una lettura dell’art. 21 che, con radicale inversione di rotta rispetto a quella di pochi mesi prima, faceva decorrere l’iscrizione alla Cassa (automatica e non più a domanda) già dal 2 febbraio 2013, in coincidenza con l’entrata in vigore della legge professio nale; questa linea trovava espressione nel primo dei 7 articoli approvati, nel settembre 2013, dal Comitato, nella sua “vecchia” composizione; d/ la campagna elettorale ed il voto di settembre 2013; e/ la decisione del neoeletto Comitato, alla ripresa dei lavori, di non rimettere in discussione i primi 7 articoli approvati dal “vecchio” Comitato e di concludere la stesura del regolamento nel testo infine licenziato il 31 gennaio 2014; f/ i rilievi del Ministero (nota del 5 giugno 2014), a nostro avviso né marginali, né di dettaglio, in quanto attinenti la decorrenza dell’iscrizione obbligatoria (da riportare, secondo il Ministero, a data successiva alla approvazione del regolamento, in conformità con la prima originaria impostazione della Cassa); la necessità di un percorso di armonizzazione con i previgenti regolamenti ed infine la necessità di prevedere più numerose e ravvicinate verifiche dei conti, dei minimi e delle agevolazioni a causa della presenza di “elementi di forte indeterminatezza” nelle previsioni attuariali. Il testo regolamentare del 20 giugno 2014 Si è arrivati così al testo del 20 giugno 2014, i cui punti salienti, in estrema sintesi, sono i seguenti: a/ iscrizione non più a domanda (come era nel sistema previgente), ma a mezzo di delibera della Giunta; con decorrenza non più dal 2 febbraio 2013, ma dall’entrata in vigore del regolamento (art. 1); b/ possibilità, per chiunque si iscriva per la prima volta e su base volontaria, di retrodatare la iscrizione per gli anni di praticantato; con la possibilità, per il gruppo dei circa 53.000 “neo- iscrivendi”, di estendere la retrodatazione, purché in regola con l’invio delle comunicazioni obbligatorie, al primo triennio di iscri zione all’Albo, “nonché all’anno 2013” rimasto (per così dire) “pericolosamente in sospeso” in conseguenza della ricordata querelle sulla decorrenza dell’iscrizione (art. 3); c/ agevolazioni sull’ammontare dei minimi dovuti per i primi anni di iscrizione, con particolare riguardo al caso degli iscritti prima del 35° anno di età (art. 7); d/ ulteriori agevolazioni per i percettori di redditi al di sotto dei parametri ed in particolare facoltà di versare, per i primi otto anni di iscrizione, il contributo soggettivo minimo in misura ulteriormente ridotta (in sostanza, la c.d. “metà della metà del minimo”) con riconoscimento di un periodo di contribuzione di sei mesi in luogo dell’intera annualità, ma con la possibilità di recuperare l’intera annualità versando, entro lo stesso termine di otto anni, il residuo dovuto, ma non pagato (art. 9); e/ esoneri temporanei per i casi ex art. 21, co. 7, da esercitarsi una volta sola e, con particolare riferimento alla maternità o adozione, ora ripetibili per un massimo di tre eventi complessivi (art. 10); f/ valutazioni e verifiche in tempi stretti (in sostanza entro un anno dalla entrata in vigore del regolamento) delle agevolazioni di cui all’art. 7, comma 6, nonché della soglia reddituale e del periodo temporale delle ulteriori agevolazioni di cui all’art. 9, queste ultime rivalutabili comunque ogni 4 anni (art. 9, comma 5). Un contesto di grave criticità Da questa complessa vicenda, coeva ad un quadro generale di grave criticità economico- sociale, è innanzitutto (ri)emerso prepotentemente il ruolo fondamen 23 Il Regolamento ex art. 21 L.P. e dintorni 24 tale della previdenza e della assistenza quale minima garanzia di base per un futuro meno incerto e quale investimento indispensabile per la costruzione di un solido percorso professionale di lungo periodo. Sotto il primo profilo (minima garanzia di base), così come sottolineato dal richiamo espresso al “dettato costituzionale” di cui al punto 1 del deliberato del Consiglio Nazionale di ANF del 5/6 ottobre 2013, tra quei cittadini e tra quei “lavoratori” di cui parla l’art. 38 Cost., che devono essere tutelati nel caso di inabilità e di grave difficoltà economica, nonché nel caso di “infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria”, rientrano anche i liberi professionisti, di cui l’avvocatura rappresenta una importante e decisiva quota. E’ quindi un preciso ed imprescindibile diritto/dovere, oltreché un evidente concreto interesse economico e sociale della classe forense quello di provvedere alla propria previdenza ed assistenza, che porta con sé tre ulteriori valori irrinunciabili: - la autonomia della istituzione; - la solidarietà tra gli iscritti, date le caratteristiche proprie della professione, più di altre esposta alle mille variabili della carriera; - la tensione continua verso la massima efficienza ed il più alto livello di affidabilità possibili del sistema gestionale e delle prestazioni. Sotto il secondo profilo (investimento per la carriera), per il professionista che deve fare i conti con la crisi la costruzione di un percorso previdenziale ed assisten ziale di base proiettato sul lungo periodo non è un optional di cui può fare a meno, ma è un indispensa bile “strumento di lavoro” per una prestazione di qualità nell’interesse del cliente, dell’ordinamento e proprio. Il professionista “lavora” con la propria persona e, qualunque sia la sua collocazione operativa (titolare, associato o collaboratore, in tutte le varie forme in cui questa figura si articola), gli sono indispensabili servizi che gli consentano di esprimersi con la serenità, la ponderatezza e l’equilibrio, anche personali, richiesti dal ruolo di cui è investito: da un lato, l’assicurazione per il caso di sinistro; dall’altro, la assistenza per i possibili momenti di difficoltà, nonché la previdenza, come materializza zione e mezzo di verifica, anno dopo anno, del positivo procedere del progetto posto a base della scelta iniziale e traguardo finale dell’esperienza di una vita. Si arriva così al sinallagma costi/benefici. Il punto 2 del ricordato deliberato di ANF di ottobre 2013 richiamava l’attenzione sulla ne cessità di una capillare campagna di informazione per rendere più chiari e trasparenti il sistema di contribuzione, le prestazioni previdenziali ed assistenziali, nonché i criteri di gestione del patrimonio ed i risultati ottenuti. “Pago, pago, ma non avrò mai indietro niente, o briciole!” è l’affermazione troppe volte ripetuta quando si affrontava l’argomento. Di ciò si è avuta significativa eco anche nelle note ministeriali, laddove dapprima è stato richiesto un percorso di armonizzazione tra vecchie e nuove norme per “garantire un’agevole accessibilità ai contenuti sostanziali dei testi normativi” (nota del 05.06.2014) e, dopo (nota del 07.08.2014), laddove si è invitata la Cassa a riportare al più presto nei testi regolamentari le abrogazioni effettuate “al fine di garantire la massima trasparenza e certezza del diritto”. Ciò posto, con il nuovo regolamento si possono e, prima di qualsiasi valutazione di merito, si debbono fare i primi conti, soprattutto per la posizione dei 53.000 “iscrivendi”. La Gestione Separata dell’Inps richiede contributi nella misura del 27,72% per una prestazione pensionistica ragguagliata nella sostanza (come è noto) al c.d. “contributivo secco”. Qualcuno ha fotografato il sinallagma in questo modo: “una percentuale non bassa per avere poco o niente”. Con il nuovo sistema (art. 7) per i più giovani iscritti “under 35” il contributo soggettivo minimo sarà, per i primi 6 anni, di €. 1.390 (fermi restando i contributi do vuti in autoliqui dazione); mentre, per tutti i neo iscritti, il contributo integrativo minimo sarà, per i primi 5 anni, pari a zero e, per i soli iscritti “under 35”, sarà di €. 350,00 per i successivi ulteriori 4 anni (fermi restando l’integrativo del 4% sul volume di affari IVA dichiarato e il contributo per la maternità di €. 151,00). Inoltre (art. 9), i percettori di reddito inferiore ad €. 10.300, qualsiasi sia l’età della prima iscrizione, per i primi otto anni di iscrizione, anche non consecutivi, potranno versare la c.d. “metà della metà” e cioè un contributo soggettivo minimo di €. (1.390 : 2 =) 695, fermo restando lo zero per i primi 5 anni di integrativo minimo ed il resto di cui si è detto sopra. In questo caso sarà però riconosciuto un periodo di contribuzione di 6 mesi ai fini pensionistici (la copertura assistenziale è comunque garantita per l’intero anno; art. 9, comma 3), salvo, sul presupposto di un auspicabile sviluppo di carriera e/o di un superamento della fase di difficoltà, il “paracadute” della possibilità di recupero attraverso il versamento volontario del residuo non versato entro lo stesso arco temporale di otto anni. Calcolatrice alla mano, 695 euro rappresentano il 6,95% di un reddito di €. 10.000 annui e l’11,58% di un reddito di €. 6.000 annui. Tutto ciò a fronte di un impegno dell’Ente a fornire, oltre che l’assistenza da subito, le prestazioni previdenziali (su tutte: pensione di vecchiaia con il c.d. “retributivo corretto, quasi contributivo”; pensione di vecchiaia contributiva; pensione di anzianità; pensione di invalidità etc., ivi compreso, a determinate condizioni, un minimo garantito di circa €. 900,00 lordi al mese), sinteticamente riportate nella “Guida previdenziale” del sito ufficiale e la cui complessiva quantificazione risente (come è noto) in misura non irrilevante dell’applicazione dei meccanismi di solidarietà tipici della previdenza forense (di fatto, i contributi di coloro che hanno redditi più alti finiscono per compensare, a certe condizioni, i conti complessivi dei percettori dei redditi più bassi). Orbene, è evidente che qualsiasi valutazione del sinallagma, rimessa al singolo iscritto (vecchio o nuovo che sia), deve necessariamente partire dai numeri ed in particolare da “questi” numeri: nessun ragionamento potrà essere avviato se non sarà corredato, in modo chiaro e trasparente, da un minimo di dati numerici (percentuali ed importi su tutto) sui costi e sui benefici, sulle entrate e sulle uscite, sulle proiezioni e sulle rese. Un dibattito sul nuovo regolamento Quanto allo stretto merito, non perdono di attualità e concretezza le indicazioni interpretative generali della ricordata delibera del Consiglio Nazionale ANF dell’ottobre 2013, ove si auspicava, tenendo ben d’occhio l’elaborando regolamento: a/ la valorizzazione (e non l’abbandono), pur nel quadro contabile dato, dei meccanismi di solidarietà, soprattutto verso coloro che, tra i 53.000 iscrivendi, sono in possesso di una professionalità che non può e non deve andare dispersa e che intendono investire e valorizzare la propria attività professionale; b/ la necessità di predisporre percorsi che mirino a prestazioni effettive, concrete, decorose e dignitose, “non escluso il ricorso, se necessario ed ove ve ne sia la possibilità contabile ed attuariale, alla solidarietà, seppur in minimi termini”, sull’evidente presupposto che la Cassa ha un obbligo di verità, senza cedere a promesse e/o illusioni, col franco riconoscimento che versamenti “troppo minimi” finirebbero con il tradursi, data l’esiguità delle controprestazioni maturande, in soldi “veramente buttati”; c/ la cauta, ma responsabile apertura verso ipotesi in tutto o in parte alternative, “ma solo sulla scorta di un chiaro, trasparente, condiviso approfondimento dei costi e degli eventuali benefici, degli investimenti necessari e delle rese”; cifre, importi, percentuali e conti senza i quali non potrà mai esserci un serio confronto tra sistemi, né la concreta consapevolezza del sinallagma costi/ benefici (in altri termini: se si ipotizza un versamento inferiore al 6,95%- 11,58% di cui sopra, occorrerà però specificare quanto si intende pagare e quali prestazioni si potranno in tal modo ottenere e, nel contempo, dimostrare “dati alla mano” la tenuta cinquantennale del sistema entrate/uscite). Ma la vera risposta a queste esigenze più che dalla discussione teorica emergerà ormai dai fatti: se nell’immediato futuro l’ampia fascia di valide professionalità che era o, secondo alcuni, è stata immeritatamente tenuta fuori del sistema, avrà potuto farvi ingresso con la prospettiva di una effettiva, concreta e dignitosa pensione (allargando altresì la platea dei contribuenti nell’interesse di tutti), la classe forense potrà fregiarsi di aver raggiunto un non facile traguardo, in contro tendenza rispetto alla difficoltà del momento. Diversamente, si dovrà e, per fortuna, si potrà correre ai ripari. Ed infatti, come ancora una volta la sensibilità di ANF aveva colto, il pilastro fondamentale del sistema sta nella rigorosa quadratura dei conti e nel mantenimento della garanzia dell’equilibrio di lungo periodo tra entrate ed uscite. “Non si può prescindere da rigorose verifiche attuariali, dall’impegno costante nelle verifiche contabili, anche con riferimento alla probabile riduzione della base attiva e dalla drastica riduzione dei redditi della categoria, dalla razionalizzazione dei costi dell’apparato e dall’innalzamento dei livello di redditività del patrimonio e degli investimenti” è stato il refrain dell’Associazione in questi ultimi mesi, ripreso … a più riprese dallo stesso Ministero. Come si è visto, il testo definitivo impone la revisione, entro l’anno, delle agevolazioni di cui all’art. 7, nonchè le soglie reddituali ed il periodo temporale di cui all’art. 9. C’è quindi l’immediata occasione per una prima seria verifica del nuovo sistema, alla quale occorrerà prepararsi con sobria e laica concretezza, senza proclami o promesse non mantenibili, con il massimo impegno sul piano della informazione, cercando di verificare se ed in quale misura la riforma abbia dato la doverosa risposta a coloro che, tra gli iscrivendi, “fanno davvero gli avvocati”, valutando “se necessario ed ove ve ne sia la possibilità 25 contabile ed attuariale” il ricorso “ alla solidarietà, seppur in minimi termini”. Il Regolamento ex art. 21 L.P. e dintorni Dintorni ed orizzonti 26 Ma c’è pure un altro versante sul quale la categoria e la Cassa sono già impegnate. Nel parlare dei “nuovi”, l’Associazione non aveva mancato di sottolineare che la doppia iscrizione Albo – Cassa doveva rappresentare, in un momento di grave crisi economica, anche l’occasione, per i “vecchi” iscritti, “di consolidare la propria posizione ed i programmi già in corso”, in particolare valorizzando “sempre nei limiti imposti dal rigoroso rispetto dei conti” il sistema assistenziale, quale sostegno per i momenti di difficoltà e per i processi di innovazione tecnologica ed organizzativa, soprattutto nelle fasi dello start up e del successivo consolidamento dello studio e della posizione personale e familiare. Con la recentissima presentazione di una prima bozza del nuovo regolamento dell’assistenza, la Cassa ha aperto un dibattito che - si spera - porterà rapidamente ad un testo definitivo. Non è questa la sede per affrontare i singoli aspetti della proposta: ciò che interessa è la consapevolezza (ed è questa la ragione per cui l’Associazione è chiamata a rinnovare il massimo del suo impegno) che si ha l’occasione per rafforzare, sul piatto della bilancia del sinallagma costi/ benefici, il lato dei benefici, anche al fine di cercare soluzioni alla delicatissima contingenza in cui si trova una larga fascia di avvocati “vecchi iscritti” (si parla addirittura di circa 30.000 unità), che hanno difficoltà a fare fronte agli ordinari impegni contributivi. Da ultimo, last, but not least, si profila all’orizzonte il termine, questa volta bien nale, per il regolamento ministeriale, su parere del CNF, che, ex art. 21, comma 1, dovrà stabilire “Le modalità di accertamento dell’esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione, le eccezioni consentite e le modalità per la reiscrizione … con esclusione di ogni riferimento al reddito professionale” . Ma in proposito, per ovvie ragioni di tempi e di spazio, non resta che tenere alta l’attenzione del lettore con la famosa frase che chiudeva le trasmissioni dei primi serial televisivi: “E il resto … alla prossima puntata”. ■ 2011-2014: uno tsunami di leggi e sentenze Un segnale incontrovertibile del mutato atteggiamento del legislatore è dato dalla proliferazione negli ultimi tre anni di interventi normativi praticamente in ogni settore della giustizia, cui hanno fatto seguito rilevanti decisioni giurisprudenziali di Gigi Pansini Decreto legge n. 98 del 6.7.2011 manovra finanziaria (principio generale di riforma in materia di liberalizzazioni dei servizio e delle attività economiche: tutto ciò che non sarà regolamentato sarà libero) Decreto n. 138 del 13.8.2011 manovra finanziaria BIS (Art. 3 comma 5: formazione e tirocinio, accesso libero, determinazione scritta del compenso, polizza professionale, distinzione tra disciplina e amministrazione libera pubblicità, abrogazione di tutte le norme incompatibili con detti principi, testo unico delle professioni) Decreto 150 del 1.9.2011 semplificazione dei riti Legge n. 148 del 14.9.2011 legge conversione del dl 138 di agosto 2011 (delega al governo per riduzione uffici giudiziari) L. n. 183 del 12.11.11 modifiche al c.p.c. e al c.c. - pec - istanza di interesse per appello e cassazione – sanzione per inibitoria infondata – tariffe addio, compensi fissati all’atto dell’incarico – riforma degli ordinamenti – società di capitali – aumento contributo unificato – giustizia tributaria Termine del 13.8.2012 per la regolamentazione degli ordini professionali, pena l’abrogazione - Art. 10: liberalizzate tariffe senza minimi e massimi + società di capitali - Art. 25: impiego della pec nel processo civile - Art. 26: aumento contributo unificato per impugnazione + cancellazione della causa senza istanza di instaurazione - Art. 27: multe per domande di inibitoria infondate nella cause di appello - Art. 28: aumento del contributo unificato DL n. 201 del 6.12.11 (salva-Italia) conferma dell’abrogazione degli ordinamenti professionali con regolamento e tirocinio a 18 mesi Decreto 211 del 22.12.2011 svuota carceri Decreto 212 del 22.12.2011 introduzione dell’istituto del sovraindebitamento – revisione circoscrizione uffici giudici di pace – aumento della competenza per valore dei gdp per la difesa da solo in giudizio e disposizioni in tema di condanna alle spese per chi si difende da solo Mediazione: dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo il giudice può desumere argomenti di prova. Legge n. 214 del 22.12.2011 conversione del decreto salva-italia n. 201/6.12.11 Art. 24, comma 24: obbligo per la Cassa Forense di garantire stabilità tra entrate e uscite x 50 anni Legge n. 218 del 29.12.2011 Legge sul decreto ingiuntivo con modifiche all’art. 645 cpc e con disciplina transitoria Decreto 1 del 24.1.2012 - Art. 2: tribunale delle imprese e relativo contributo unificato (anche in Le società 5/2012) - Art. 9: abrogazione tariffe e parametri ministeriali per la liquidazione – preventivo del professionista - illecito disciplinare - Art. 9: tirocinio 18 mesi - inizia dall’Università - Art. 9 bis: società professionali, maggioranza di 2/3 dei soci professionisti - Art. 10: norme in materia di patrimonializzazione dei confidi estese anche ai confidi costituiti tra professionisti Legge n. 3 del 27.1.2012 composizione della crisi da sovraindebitamento. Riprodotte le norme contenute del DL 212/11 (queste ultime soppresse in sede di conversione con L. 10/2012) (legge stabilità) (cresci-Italia) 27 Legge n. 9 del 17.2.2012 conversione in legge del decreto svuota-carceri n. 211 del 22.12.2011 Legge n. 10 del 17.2.2012 conversione in legge del decreto 212 del 2011 - Soppressione delle norme (artt. 1-11) in materia di crisi da sovraindebitamento contenute nel DL 212/11 (contenute nella L. 3/2012) Legge n. 27 del 24.3.2012 conversione del decreto-legge (cresci-Italia) n. 1 del 24.1.2012 Legge n. 44 del 26.4.2012 applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica: per amministrazioni pubbliche si intendono i soggetti indicati nell’allegato (Cassa Forense) Legge n. 44 del 26.4.2012 conversione del d.l. 3.2.2012 n. 16 in materia di fisco, tributi, efficientamento e potenziamento dell’accertamento fiscale DL n. 83 del 22.6.2012 decreto-sviluppo - Art. 33: introduzione di alcune norme in materia fallimentare - Artt. 54-55-56: norme sulla giustizia civile. Filtro in appello, interventi sulla legge Pinto, scuole della magistratura Legge n. 92 del 28.6.2012 (GU 3.7.2012 n. 153) riforma diritto del lavoro nuovo rito per i licenziamenti irrogati dopo il 18.7.2012 in cui ci sia domanda di applicazione dell’art. 18, anch’esso riformato dalla legge. 6.7.2012 schema DPR geografia giudiziaria Decreto Min. Giustizia 140 del 20.7.12 gazzetta Ufficiale 22.8.2012 n. 195, in vigore dal 23.8.2012 Regolamento parametri liquidazione giurisdizionale dei compensi Legge n. 134 del 7.8.2012 (GU 187 dell11.8.12) conversione, con modificazioni, del decreto sviluppo n. 83 del 22.6.2012 - Misure per la giustizia civile (artt. 54-56) - Filtro in appello - Giudizio di cassazione - Legge Pinto - Scuola Superiore magistratura - Legge fallimentare (art. 33) - Lodo in materia di appalti pubblici (art. 48) DPR n. 137 del 7.8.2012 regolamento sulle professioni Decreto legislativo 155 del 7.9.2012 revisione circoscrizioni giudiziarie – sedi giudiziarie Decreto legislativo 156 del 7.9.2012 revisione circoscrizioni GIUDICI DI PACE Cass. 12.10.2012 nn. 17405/17406 efficacia retroattiva dei parametri Corte Costituzionale 24.10.2012 Inammissibilità mediazione obbligatoria Decreto legge 179 del 18.10.2012 (GU 245 del 19.10.2012) decreto sviluppo bis - nuove norme in tema di sovraindebitamento - modifiche alla legge fallimentare Decreto n. 209 del 15.10.2012 regolamento in tema di telematica nel processo civile e penale Consiglio di Stato n. 6014 28.11.2012 natura pubblica/privata di Cassa Forense Legge n. 228 del 24.12.2012 legge di stabilità 2013 - art. 1 comma 17: contributo unificato in caso di impugnazione rigettata, improcedibile, inammissibile - art. 1 comma 25: aumento contributo unificato in materia amministrativa - art. 1 comma 19: obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali - art. 1 comma 19: modifiche alla facoltà di notificazione per gli avvocati e i procuratori legali e previsione della notificazione tramite pec - art. 1 comma 19: modifiche alle notificazione nell’ambito della legge fallimentare - art. 1 comma 20: modifiche agli artt. 543 e 547 in tema di esecuzione presso terzi (previsione della pec). - applicazione del decreto 1/2012 (DM 140/2012) alle liquidazioni dei compensi per gli avvocati e ex art. 152bis disp att cpc - norme sulla capacità di stare in giudizio (art. 11 D.lgs. n. 546/1992): si applicano anche agli uffici giudiziari per il contenzioso in materia di contributo unificato davanti alle commissioni tributarie provinciali - art 1 commi 189-206: codice antimafia ed azioni esecutive. (G.U. n. 189 del 14.8.2012) (GU n. 213 del 12.9.2012) (GU n. 213 del 12.9.2012) (GU n. 284 del 5.12.2012) (GU n. 302 del 29.12.2012) 28 Legge n. 247 del 31.12.2012 nuova disciplina dell’ordinamento professionale forense Legge n. 4 del 14.1.2013 riforma delle professioni non regolamentate Decreto Min. Giustizia 34 dell’8.2.2013 società tra professionisti ex art. 10 L 183 del 12.11.2011 e ex art. 3 DPR 138/11 DM Giustizia 3.4.2013 n. 48 processo telematico - notificazione per via telematica eseguita dagli avvocati REGOLAMENTO CNF n. 1 dell’11.4.2013 elenco associazioni specialistiche REGOLAMENTO n. 2 del 19.4.2013 sportello del cittadino REGOLAMENTO CNF n. 3 del 24.5.2013 riscossione dei contributi DL 21.6.2013 n. 69 - art. 63 e ss.: 400 giudici ausiliari per la corte d’appello; - art. 73: disciplina della formazione dei giovani laureati presso gli uffici giudiziari - art. 83: esami avvocato: membri di commissione scelti prima tra i magistrati in pensione e poi tra quelli in servizio - artt. 75-80: modifiche al cpc (intervento del PM nel giudizio di cassazione; introduzione - art. 185 bis proposta conciliativa del giudice e non ricusabilità o astensione dello stesso; modifica dell’art. 645 per tutelare il credito nell’opposizione a d.i. prevedendo l’anticipazione della prima udienza e la concessione della provvisoria esecuzione in prima udienza; modifiche al procedimento per la decisione di inammissibilità del ricorso in cassazione; - art. 82: modifiche in tema di controllo del concordato preventivo in bianco - art. 84: NUOVA MEDIAZIONE (modifiche al Dlgs 28/10) DL 28.6.2013 n. 73 decreto lavoro (GU 28.6.2013 n. 150) DL 1.7.2013 n. 78 (GU 2.7.2013 n. 153) decreto carceri 19.7.2013 CNF sospensione regolamento riscossione contributi Legge 6.8.2013 n. 2013 adempimento obblighi legge europea 2013 società tra avvocati: possibile costituzione anche senza la presenza di un legale italiano Legge 9.8.2013 n. 98 conversione del decreto del fare (guida al diritto 37/13) - abrogate le norme sulla semplificazione della motivazione della sentenza e sul foro delle società con sede all’estero - NUOVA MEDIAZIONE (modifiche al Dlgs 28/10) 5 settembre 2013 soppressione sedi distaccate sorte dei COA presso sezioni distaccate soppresse (Guida al diritto 40/13) REGOLAMENTO CNF n. 3 del riscossione dei contributi (in vigore dal 10.12.2013) (adottato dopo la sospensione dell’efficacia (luglio 2013) di quello adottato a maggio ) Circolare 27.11.2013 n. 168322 Ministero Giustizia mediazione civile (guida al diritto 1/2014) chiarimenti del ministero sull’indipendenza e imparzialità dell’organismo, sui costi di avvio, sul deposito dell’istanza di conciliazione e sull’assistenza legale REGOLAMENTO CNF n. 4 del 13.12.2013 osservatorio permanente esercizio giurisdizione Decreto legge 23.12.2013 n. 145 destinazione Italia Decreto legge 23.12.2013 n. 146 decreto carceri (GU n. 15 del 18.1.2013) Entrata in vigore 2.2.2013 (GU n. 22 del 26.1.2013) In vigore dal 26.1.2013 (GU n. 81 del 6.4.2013) (GU 9.5.2013 n. 107) (Decreto del fare) GU 21.6.13 n. 144, suppl.50/L Legge di conversione 9.8.13 n. 99 (GU 22.813 n. 96) GU del 20.8.2013 n. 194 (GU 20.8.2013 n. 194) CNF delibera straordinaria 22/25.11.2013 (attuativo della L. 247/12) (GU 23.12.2013 n. 300) (GU 23.12.2013 n. 300) 29 L. 23.12.2013 n. 147 legge di stabilità 2014 Decreto legge 30.12.2013 n. 150 milleproroghe L. n. 15 27.2.2014 (GU 28.2.2014 n. 49) conversione del decreto legge 150/2013, mille proroghe Proroghe (art. 2 bis: GOT e VPO e GdP al 31.12.2015; art. 9: rinvio al 30.6.2014 l’obbligo del POS per professionisti Regolamento Min. n. 1 del 31.1.2014 modalità elezione componenti consigli distrettuali di disciplina (GU 30.12.2013 n. 304) (attuativo della L. 247/12) Regolamento Min. n. 2 del 31.1.2014 (attuativo della L. 247/12) procedimento disciplinare CNF 31.1.2014 nuovo codice deontologico forense Decreto legislativo 13 del 19.2.2014 correzioni sul taglio dei tribunali Legge n. 9 del 21.2.2014 (GU n. 43 del 21.2.2014) conversione del decreto “destinazione italia” n. 145/13 tribunale delle imprese: integrazioni Legge n. 10 del 21.2.2014 conversione del decreto carceri 146/13 Decreto Ministero Giustizia 7.3.2014 geografia giudiziaria (giudici di pace) DM n. 55 del 10.3.2014 Parametri professione forense Regolamento Min. n. 3 del 20.6.2014 Istituzione scuole forensi Decreto legge 24.6.2014 n. 90 semplificazione e trasparenza amministrativa ed efficienza uffici giudiziari - Art. 9: riforma compensi professionali delle avvocature pubbliche - Art. 18: soppressione sedi distaccate dei TAR - Artt. 44-52 norme sul processo civile telematico - Art. 53: aumento contributo unificato Decreto legge 26.6.2014 n. 92 decreto carceri Antitrust - Bollettino 7.7.2014 osservazioni sulla riforma forense Regolamento CNF n. 4 del 16.7.2014 associazione maggiormente rappresentative Regolamento CNF n. 5 del 17.7.2014 iscrizione albo speciale patrocinio giurisdizioni superiori Corte Giustizia Euopea Sentenza elenchi accessibili per abogados e advocat approvazione ministeriale del regolamento ex art. 21 L. 247/12 approvato il 20.6.2014 Iscrizione obbligatoria a cassa forense Decreto legge 12.09.2014 n. 132 misure urgenti di degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile (GU n. 48 del 27.2.2014) (GU n. 43 del 21.2.2014) (ai sensi art. 3 d. lgs. 156/12) (GU 155 del 2.4.2014) (attuativo della L. 247/12) Pubblicato il 20.6.2014 (GU n. 144 del 24.6.2014) (GU n. 147 del 27.6.2014) (attuativo della L. 247/12) (attuativo della L. 247/12) 17.7.2014 GU n. 192 del 20.8.2014 (G.U. 212 del 12.09.2014) 30 Dopo il Congresso di Bari e la L. 247/2012 la professione forense è ancora accessibile ai giovani ? di Giovanni Bertino La nuova legge professionale non sembra realizzare la preannunciata modernizzazione della figura dell’avvocato ma piuttosto garantire talune rendite di posizione. A distanza di quasi due anni dalla sua approvazione, la nuova legge professionale (corredata dai suoi regolamenti attuativi) conferma le perplessità immediatamente avvertite in ordine alle limitazioni introdotte all’accesso e alla permanenza dei giovani nella classe forense, originando ed amplificando un conflitto inutile ed anzi dannoso tra vecchie e nuove generazioni, quando invece il futuro della professione ormai non è nella giurisdizione ma nel vasto mondo della consulenza stragiudiziale. Al Congresso Nazionale Forense tenutosi a Bari nel novembre 2012, la mozione n. 35, recante come primi firmatari gli Avv. Dario Greco e Nicoletta Giorgi, veniva approvata a larga maggioranza e chiedeva al Parlamento la rapida approvazione della nuova legge professionale forense con lo scopo dichiarato ‘di modernizzare la figura dell’avvocato e il suo ruolo socioeconomico nell’alveo dei principi cardine della professione forense’. I massimi rappresentanti dell’avvocatura affermavano con sicurezza, nella circostanza, che la nuova legge professionale avrebbe garantito la dignità e l’indipendenza dell’avvocato e, soprattutto, un futuro meno incerto per le nuove generazioni. In vista dell’imminente Congresso Forense di Venezia sembra doveroso verificare se gli obiettivi che la classe forense si era prefissata siano stati o meno raggiunti. In particolare, è da chiedersi se con l’approvazione della nuova legge professionale si sia realizzata quell’effettiva preannunciata modernizzazione della figura dell’avvocato o se piuttosto non si siano garantite precipuamente talune determinate rendite di posizione. Analizzando il testo della l. 247/2012 e dei suoi regolamenti attuativi pare doversi propendere purtroppo per la seconda ipotesi. Ed invero, non vi è stata alcuna modernizzazione in grado di permettere all’avvocato di competere sia sul mercato nazionale, che su quello europeo e internazionale, ma ci si è preoccupati per lo più di fissare una serie di limitazioni anacronistiche che hanno reso di fatto più difficile l’ingresso e la permanenza delle nuove generazioni nella classe forense. Di seguito si riportano alcune brevi considerazioni per valutare l’impatto della nuova legge professionale sulla condizione dei giovani avvocati. 31 Dopo il Congresso di Bari e la L. 247/2012 la professione forense è ancora accessibile ai giovani ? Sulla disciplina del tirocinio 32 La l. 247/2012 ha modificato in primo luogo l’impianto del tirocinio professionale, rendendolo più oneroso sia in termini formativi che economici e privo di qualsiasi certezza retributiva. In particolare, ai sensi dell’art. 43 della l. 247/2012, il tirocinio consisterà non solo nella pratica svolta presso uno studio professionale o un ufficio giudiziario, ma anche nella frequenza obbligatoria con profitto per un periodo non inferiore a diciotto mesi di corsi di formazione di indirizzo professionale. Un ulteriore aggravio, quindi, che peserà sul tirocinante. E’ stata eliminata l’opportunità per il praticante abilitato di patrocinare in proprio, con conseguente impossibilità di autonomo sostentamento economico. La l. 247/2012 ha previsto per di più all’art. 41, comma 11, che il compenso al tirocinante sia solo eventuale: ‘decorso il primo semestre, possono essere riconosciuti con apposito contratto al praticante avvocato un’indennità o un compenso per l’attività svolta per conto dello studio, commisurati all’effettivo apporto professionale dato nell’esercizio delle prestazioni e tenuto altresì conto dell’utilizzo dei servizi e delle strutture dello studio da parte del praticante avvocato’. Il risultato di una simile previsione normativa e della gestione del tirocinio è che il praticante è totalmente deresponsabilizzato, non svolge adeguatamente e con passione il proprio lavoro, tanto che, non appena ottenuta l’abilitazione all’esercizio della professione forense, punterà a mettersi in proprio, con conseguente ulteriore atomizzazione del mercato degli studi legali. Sarebbe stato ben più opportuno, invece, garantire al tirocinante un trattamento minimo obbligatorio. Solo allorché al tirocinante deve essere corrisposto un trattamento economico, il dominus ha infatti interesse a selezionare i migliori praticanti, a formarli e a far sì che gli stessi, anche una volta conseguito il titolo di avvocato, rimangano nello studio in modo da ampliarne le competenze e le professionalità. Sul conseguimento del titolo di specialista Atro limite per i giovani avvocati è quello della sostanziale impossibilità di conseguire il titolo di specialista entro pochi anni dall’iscrizione nell’albo degli avvocati. Nella l. 247/2012 la specializzazione, invece di essere considerata come lo strumento per consentire all’avvocato di assecondare le esigenze del mercato e sottrarsi alla concorrenza spietata presente a livello di servizi legali a larga diffusione, diventa incredibilmente il mezzo per eliminare dal mercato le giovani generazioni, di fatto impossibilitate a conseguirla per un buon numero di anni. In particolare, secondo la bozza di regolamento ministeriale, attuativo dell’art. 9, comma 1, l. 247/2012, se il giovane avvocato tenterà di conseguire la specializzazione attraverso i percorsi formativi ivi previsti, dovrà seguire un corso biennale di almeno 200 ore con una prova scritta e una orale al termine di ciascun anno. Ed anche in tale caso dovrà farsi carico dei non indifferenti costi del percorso formativo. Qualora, invece, volesse diventare specialista sulla base ASSOCIAZIONE NAZIONALE FORENSE dal 1982 Convenzione Esclusiva ASSITA NEW R.C. PROFESSIONALE INFORTUNI L EGALCOVER plus L 2014 ® C LAW DIVISION Polizza EGAL OVER plus ® conforme a quanto previsto dall’ Art. 12 della Riforma Ordinamento Forense Cos’è? – è la NUOVA Polizza R.C. Professionale e Infortuni per Avvocati/Studi Associati/Società tra Professionisti, sia Civilisti che Penalisti che Amministrativisti – sempre Convenzionata da ASSITA con A.N.F. Associazione Nazionale Forense Cosa copre? – R.C. Professionale dell’ Avvocato iscritto all’ Albo – Infortuni per gli Studi Professionali Forensi Cosa assicura? – R.C. Professionale: Polizza , tutta l’attività consentita dall’Ordinamento Forense, che comporti danni anche NON patrimoniali e perdita titoli/denaro –Infortuni: Professionale / Extraprofessionale / Rischio in Itinere Quanto costa? ! – meno di quanto si possa immaginare – considerato che è Convenzionata con A.N.F. – ed è stato applicato un criterio di quotazione innovativo Come avere un preventivo personalizzato e senza alcun impegno? – è sufficiente compilare Modulo Richiesta Preventivo – anche on-line e con firma digitale – il riscontro sarà immediato Ufficio Convenzioni S.p.A. 20123 MILANO - Via E. TOTI, 4 Telefono 02 48.00.95.10 r.a. Fax 02 48.01.22.95 - 48.18.897 www.assita.com CAP. SOC. Euro 120.000 INT. VERSATO – REGISTRO IMPRESE MILANO N. 203066 – R.E.A. N. 1066853 - C.F./P.Iva 04937580159 Iscritta al RUI N. A000012675 Riforma Forense - Legge 247/2012 Art.12 - Assicurazione Responsabilità Civile Professionale e Infortuni L C Polizza EGAL OVER plus ® Assicurazione per la R.C. Professionale A) CONDIZIONI ESSENZIALI - Cosa si assicura 1) È una polizza “All Risk”, cioè tutto compreso. Vale a dire che l’Assicurazione copre tutte le attività che l’ Assicurato – Avvocato,Studio Associato o Società tra professionisti – svolge nella sua qualità di Libero professionista iscritto all’Albo e nel rispetto delle vigenti normative e successive modificazioni legislative e/o regolamenti 2) Sono coperti TUTTI i Danni derivanti da errore professionale La Compagnia si obbliga quindi a tenere indenne l’Assicurato per ogni somma che questi sia tenuto a pagare/rimborsare a terzi, compresi i clienti, a titolo di risarcimento per danni involontariamente cagionati a Terzi dei quali sia civilmente responsabile nell’esercizio delle proprie attività 3) Per Danni si intendono Patrimoniali e NON patrimoniali 4) Nello specifico, a titolo esemplificativo e non limitativo, oltre alla prevista attività civile e penale, sono comprese le seguenti attività: - Processo Telematico - Consulenza Fiscale - Funzioni Pubbliche/Giudiziali – Curatore Fallimentare/Commissario Giudiziale e Liquidatore - Funzioni di Arbitro rituale e irrituale 5) Fatto Colposo e/o Doloso di Collaboratori-Sostituti di concetto - Praticanti e Dipendenti facenti parte dello Studio Professionale e per i quali l’Assicurato sia civilmente responsabile 6) Fatto colposo di Sostituti d’Udienza- Professionisti delegati in base all’ Art. 108 – Professionisti delegati quali procuratori o domiciliatari 7) Costi di difesa Sono a carico della Compagnia secondo il disposto dell’Art. 1917 del codice civile, nei limiti di un quarto del massimale indicato in polizza, in aggiunta al massimale stesso. 8) Documenti, somme di denaro, titoli e valori ricevuti in deposito dai clienti La copertura comprende anche la responsabilità civile derivante da: custodia di documenti, somme di denaro, titoli e valori ricevuti in deposito dai clienti, compresa la perdita, distruzione o danneggiamento a seguito di furto, rapina e incendio B) DEFINIZIONI – il significato dei termini previsti in polizza Ai fini di una corretta applicazione delle condizioni contrattuali di polizza in caso di sinistro è indispensabile, oltre che obbligatorio ai fini IVASS, che la polizza contenga le “Definizioni” dei termini usati nelle condizioni contrattuali. C) ESTENSIONI della COPERTURA (già comprese nelle condizioni e nel premio) - Vincolo di solidarietà - D.Lgs. 30/6/2003 - Privacy - Commissione Tributaria - Mediazione e Conciliazione - Attività di Tributarista - Conduzione dei locali adibiti ad uso ufficio - Responsabilità civile verso i prestatori di lavoro D) ESTENSIONI AGGIUNTIVE (con sovrappemio) - Sindaco e Amministratore di Società – Revisore Enti Locali – Organisimi di Vigilanza E) Regime Temporale e Retroattività “Claims made” in quanto copre le richieste di risarcimento avanzate per la prima volta dai Terzi nei confronti dell’Assicurato – Avvocato/Studio Associato/Società tra Professionisti – durante il periodo di validità della Polizza (che comprende anche il periodo di RETROATTIVITA’, il quale, al fine di garantire idonea copertura è illimitato) purché le stesse non si riferiscano ad atti già denunciati ad altra Compagnia. F) Garanzia Postuma In caso di cessazione dell’attività da parte dell’Assicurato o Scioglimento dello Studio Associato o della Società tra Professionisti. Operante a favore dell’Assicurato e/o dai suoi aventi causa per le richieste di risarcimento – riferite ad atti verificatisi durante la vigenza del contratto - avanzate per la prima volta nei confronti dell’assicurato e da questi denunciate alla Compagnia nel periodo temporale stabilito in polizza (che sempre nell’interesse dell’Assicurato è di 5 anni senza alcun costo aggiuntivo) Garanzia a favore degli eredi (altro aspetto della Garanzia Postuma) In caso di decesso dell’Assicurato la Compagnia si obbliga a tenere indenni gli eredi per la resposanbilità professionale incorsa dall’Assicurato (anche questa garanzia è concesso per 5 anni senza costo aggiuntivo) G)MASSIMALI - Limiti di indennizzo Il massimale, che rappresenta l’esposizione massima della Compagnia in caso di sinistro, dovrà necessariamente essere adeguato all’entità ed alla tipologia degli incarichi assunti dall’Assicurato, nonché dal fatturato annuo da questi realizzato. Massimali disponibili: da € 250.000,00 a 2.500.000,00 e fino a 10.000.000,00 per grandi Studi Assicurazione contro gli INFORTUNI A) CONDIZIONI ESSENZIALI - Cosa e chi si Assicura 1) Gli eventi morte o invalidità permanente (con supervalutazione) derivanti da infortuni che l’Assicurato – Avvocato, Studio associato o Società tra professionisti – subisca durante lo svolgimento dell’attività professionale, anche al di fuori dei locali ove viene abitualmente svolta tale attività. 2) Per Assicurati si intendono: a)L’ Avvocato Libero Professionista - In caso di Studio Associato o Società tra Professionisti, gli Avvocati Soci dello Studio o della Società, che svolgono la loro attività in quanto iscritti all’Albo professionale forense. b)Gli Addetti – Ciascun collaboratore, dipendente e/o praticante, anche in qualità di sostituto o di collaboratore esterno occasionale, di cui l’ Assicurato – Avvocato, Studio Associato o Società tra professionisti - si avvale nello svolgimento della propria attività professionale 3) Le attività Oggetto di copertura sono: Avvocato: Rischio Professionale – Rischio Extraprofessionale - Rischio in Itinere Addetti: Rischio Professionale – Rischio in Itinere 4) Limiti di età 75 anni. B)DEFINIZIONI – il significato dei termini previsti in polizza Ai fini di una corretta applicazione delle condizioni contrattuali di polizza in caso di sinistro è indispensabile, oltre che obbligatorio ai fini IVASS, che la polizza contenga le “Definizioni” dei termini usati nelle condizioni contrattuali. C) ESTENSIONI della COPERTURA (già comprese nel premio) - rischio volo – viaggi aerei - guida di autoveicoli - improvviso malore o incoscienza - imperizia, imprudenza o negligenza anche gravi - punture di insetti, morsi di rettili e animali - lesioni da sforzi - asfissia e annegamento D) CONDIZIONI AGGIUNTIVE (già comprese nel premio) - Spese funerarie a seguito di decesso per infortunio - Costi di salvataggio e ricerca - Commorienza E) VALIDITA’ TERRITORIALE MONDO INTERO F) MASSIMALI Più elevati per l’Avvocato/Soci dello Studio o Società tra Professionisti Più bassi per gli Addetti dal NEW R.C. PROFESSIONALE INFORTUNI Convenzione Esclusiva ASSITA L EGALCOVER MODULO RICHIESTA 1982 plus 2014 LAW DIVISION ® PREVENTIVO L’Assicurando fornisce i dati necessari solo per la valutazione del rischio e resta in attesa di conoscere le condizioni per la propria copertura assicurativa. LA FIRMA DEL PRESENTE MODULO NON IMPEGNA LE PARTI ALLA STIPULAZIONE DEL CONTRATTO. Qualora il contratto venga sottoscritto, le dichiarazioni rese formeranno parte integrante della polizza di assicurazione ai fini degli artt. 1892, 1893, 1894 del Codice Civile. L’Assicurando dichiara pertanto che i dati forniti rispondono a verità e dichiara altresì di non aver sottaciuto informazioni relative a circostanze che influiscono sulla valutazione del rischio e conferma che alla data di compilazione del presente modulo NON ha notizia e NON è a conoscenza di circostanze o situazioni che potrebbero determinare nei suoi confronti, ovvero nei confronti dei collaboratori dei quali si avvale, richieste di risarcimento conseguenti allo svolgimento dell’attività professionale. COMPILARE e INVIARE ad assunzione @ assita.com o FAX 02-48.01.22.95 1 ASSICURANDO - AVVOCATO COMPILARE IN STAMPATELLO provincia fax dal cell. P. IVA 2 GARANZIE AGGIUNTIVE Funzioni di Amministratore - Sindaco Revisore - O.D.V. scarica modello A Amministratore di Condomini Incarichi n. Compensi € 3 FATTURATO ANNUO [Al netto di IVA e C.P. esclusi incarichi di Amministratore - Sindaco - Revisore - O.D.V.] € € Esercizio precedente: di cui: per Fusioni e Acquisizioni Societarie € A 250.000,00 B 500.000,00 C 1.000.000,00 D 1.500.000,00 E 2.000.000,00 F 2.500.000,00 di cui: per Fusioni e Acquisizioni Societarie € 4 Scelta MASSIMALI R.C. PROFESSIONALE Previsione Esercizio in corso: * INFORTUNI MORTE da INFORTUNIO A1 AVVOCATO ADDE TTI B1 AVVOCATO ADDETTI INVALIDITÀ PERMANENTE da INFORTUNIO 100.000,00 50.000,00 €100.000,00 €50.000,00 €200.000,00 €100.000,00 €200.000,00 €100.000,00 € € * Art. 12 Legge di Riforma Ordine Forense - Per Addetti si intendono: collaboratori, dipendenti e praticanti in conseguenza dell’attività svolta nell’esercizio della professione anche fuori dai locali dello studio legale, anche in qualità di sostituto o di collaboratore esterno occasionale. Dichiarazioni dell’Assicurato 5 POLIZZE in CORSO o ANNULLATE Polizze in corso per il medesimo rischio? NO SI Compagnia Massimale Scadenza Sono state annullate/disdettate polizze R.C. Professionale? NO SI Quando? Da quale Compagnia? Per quali motivi? Ha richiesto altre quotazioni negli ultimi 90 giorni? NO SI Compagnia 6 SINISTRI - CIRCOSTANZE / EVENTI - Negli ultimi 5 anni: sono state rivolte all’Assicurando richieste di risarcimento per danni imputabili a una sua responsabilità professionale? oppure è a conoscenza di Circostanze o Eventi che possano dare origine a una richiesta di risarcimento? NO SI scarica modello B LA MANCATA COMPILAZIONE DI OGNI PARTE DEL PRESENTE MODULO, PRECLUDE L’INVIO DEL PREVENTIVO [email protected] Data Ricezione preventivo tramite: Firma dell’Assicurando e-mail fax posta MODULO LEGAL COVER PLUS - AVVOCATO - ANF | GIUGNO 2014 Cognome e Nome Indirizzo cap città tel. Iscritto all’Albo di e-mail Cod. Fiscale PEC Con riferimento alla normativa per la tutela del trattamento dei dati personali (D.Lgs 193/2003) si precisa che Assita tratterà i dati personali contenuti nel presente modulo in modo riservato ed al solo fine di poter predisporre la proposta assicurativa. Essi non verranno in ogni caso fatti conoscere a terzi. Nel caso di sottoscrizione della polizza, questa sarà accompagnata da specifica informativa e correlata richiesta di manifestazione di consenso al trattamento dei dati. ▲ ASSOCIAZIONE NAZIONALE FORENSE della comprovata esperienza professionale, occorrerà che dimostri di essere iscritto all’albo da almeno 8 anni e di aver svolto attività specialistica nei 5 anni precedenti con almeno cinquanta incarichi per anno. Anche in tal caso si tratta di requisiti ben difficilmente raggiungibili da parte di un giovane professionista. Sul conseguimento del titolo di cassazionista La nuova legge professionale prevede un percorso ad ostacoli anche per il conseguimento dell’abilitazione all’esercizio della professione forense presso le giurisdizioni superiori. Infatti, secondo quanto prevedono l’art. 22, l. 247/2012 e il regolamento del CNF n. 5 del 16 luglio 2014, chi non maturerà i requisiti per l’iscrizione all’albo speciale secondo la normativa ante 247/2012 e comunque entro il 2016, consistenti nella maturazione di un’anzianità di iscrizione all’albo di 12 anni e pochi altri requisiti per dimostrare l’esercizio effettivo, dovrà, maturati 8 anni di iscrizione all’albo e dimostrato di aver patrocinato ben 10 giudizi in Corte d’Appello negli ultimi 4 anni, frequentare proficuamente un corso organizzato dalla Scuola Superiore dell’Avvocatura. A tale corso, che verrà svolto in buona parte a Roma, si accederà dopo aver prima superato un test di ammissione, valutato da una commissione la cui composizione è decisa dal CNF. Superato il test di accesso l’aspirante cassazionista dovrà pagare un contributo, sempre deciso dal CNF, il cui ammontare ha portato persino a prevedere che vi siano apposite borse di studio per farvi fronte. Borse i cui requisiti di assegnazione sono sempre previsti dal CNF. Una volta effettuata l’iscrizione alla Scuola, il candidato dovrà frequentare almeno 140 ore di corso a Roma e altre 20 ore (forse) presso la propria corte distrettuale. Dovrà poi tornare a Roma in una data individuata dal CNF per svolgere la verifica finale di idoneità. Qui la commissione indicata dal CNF non solo valuterà con una prova scritta e una prova orale le conoscenze giuridiche del candidato ma ne valuterà persino “la maturità”. Sulla difesa d’ufficio La disciplina della difesa d’ufficio è sensibilmente modificata dall’art. 16 della l. 247/2012, così come potrebbe essere attuato sulla base della bozza di decreto legislativo attuativo diffusa dal Ministero della Giustizia. Anche in questo caso l’aspirante difensore d’ufficio potrà chiedere ed ottenere l’iscrizione nella lista dei difensori d’ufficio solo allorché possa dimostrare alternativamente o di aver partecipato ad un corso di formazione biennale in materia penale di almeno 90 ore, o di avere un’anzianità di iscrizione all’albo di almeno 5 anni e una comprovata esperienza nella materia penale, o, infine, di aver conseguito il titolo il titolo di specialista in diritto penale. E’ pertanto evidente che il giovane avvocato non potrà più chiedere l’iscrizione nell’elenco dei difensori d’ufficio con la facilità con cui ciò è avvenuto sino ad ora. Se da un lato tale modifica è senz’altro positiva perché garantisce il requisito della competenza professionale del difensore, dall’altro limita le possibilità dei giovani colleghi di maturare esperienza professionale. Di conseguenza, al fine di coniugare il requisito della competenza del difensore con quello della necessità di acquisire competenze pratiche, il legislatore dovrebbe, ad esempio, prevedere che i giovani difensori, fino alla maturazione dei requisiti previsti dalla legge per l’iscrizione nelle liste dei difensori d’ufficio, possano svolgere un tirocinio formativo in affiancamento ad un difensore d’ufficio iscritto nella lista da almeno cinque anni. Sulle società fra avvocati e sulle associazioni professionali Un ultimo limite della nuova legge professionale è quello della mancanza di un’adeguata disciplina delle società fra e per avvocati, che consenta soprattutto alle nuove generazioni di creare o, comunque, di entrare a far parte di studi professionali di dimensioni adeguate per poter esercitare la professione forense non solo a livello nazionale, ma anche europeo ed internazionale. Invero, il recupero di opportunità di lavoro e di reddito passa necessariamente attraverso il superamento degli studi mononucleari a favore di studi di medie e grandi dimensioni, che sono gli unici in grado non solo di consentire una riduzione e razionalizzazione dei costi, ma anche di rendere possibile il livello di specializzazione necessario per offrire servizi legali a 360 gradi. Sul punto c’è da osservare che la nuova legge professionale non garantisce agli avvocati gli strumenti per muoversi in tale direzione. E’ opportuno sottolineare, in particolare, che il governo non ha esercitato la delega prevista nell’art. 5 della nuova legge professionale, con ciò rendendo di fatto impossibile, secondo quella che è la prevalente interpretazione, il dar vita a società di capitali e cooperative fra avvocati. Per quanto riguarda le società di persone rimane, comunque, ferma la possibilità di costituire 37 Dopo il Congresso di Bari e la L. 247/2012 la professione forense è ancora accessibile ai giovani ? società fra professionisti ai sensi del D. Lgs. 96/2001. Inoltre la nuova legge professionale, secondo l’interpretazione data dal CNF all’art. 5, lett. a), sembrerebbe impedire all’avvocato la possibilità di costituire società multidisciplinari con professionisti iscritti ad altri albi, ai sensi dell’art. 10, l. 183/2011. E’ una limitazione francamente anacronistica, se solo si pensa all’indispensabile interazione fra l’avvocato e altre professioni, quali quella del commercialista o dell’architetto. Non si capisce poi perché gli altri professionisti possano valersi del beneficio dell’ingresso nella compagine societaria di un socio di capitali nella misura massima del 30%, opportunità invece negata agli avvocati. Altro aspetto rilevante è che la forma societaria consentirebbe un più agevole passaggio intergenerazionale dello studio legale e permetterebbe una migliore gestione del welfare della professione e in particolare della famiglia e della maternità. Da ultimo si rileva che il Ministero della Giustizia non ha ancora emanato il regolamento di cui all’art. 4, comma 2, l. 247/2012, con ciò impedendo allo stato la creazione di associazioni professionali multidisciplinari, composte da avvocati e professionisti iscritti ad altri albi. Appare dunque evidente sia la disparità di trattamento praticata dalla legge professionale fra le vecchie e le nuove generazioni, sia l’incapacità della stessa di recepire i cambiamenti verificatisi nel mercato delle 38 professioni legali, non più legato esclusivamente all’esercizio della professione forense nell’ambito della giurisdizione. Una siffatta complessiva situazione crea un inutile conflitto intergenerazionale. Di fatto la L. 247/2012 appare essersi preoccupata essenzialmente di porre vincoli ai giovani avvocati nell’esercizio della professione forense innanzi agli organi giurisdizionali. In realtà è chiaro che a fronte della crisi della giurisdizione, così come è avvenuto in altri paesi, il futuro dell’avvocatura non è più esclusivamente nell’attività giudiziale, ma è nell’attività stragiudiziale e in tutti quei servizi alternativi o complementari alla giurisdizione. La mancanza più grave della nuova legge professionale è pertanto quella di non aver previsto e tenuto conto dell’evoluzione della professione forense e di non aver modernizzato la figura dell’avvocato, così come previsto dalla mozione n. 35 approvata al Congresso Forense di Bari. È auspicabile che dal Congresso Nazionale Forense di Venezia arrivino proposte innovative di modifica alla legge professionale, dirette da una parte ad eliminare le disparità di trattamento in danno dei giovani sopra evidenziate e, per altro verso, a fornire alle nuove generazioni gli strumenti idonei per affrontare un mercato globale. ■ Processo civile: tra poteri del giudice e diritti delle parti È sempre più accentuato nel processo civile il potere di direzione del giudice a scapito delle parti di Andrea Noccesi La vulgata da anni predominante è la seguente: la Giustizia in Italia non funziona perché c’è un’ipertrofia di contenzioso; e c’è un’ipertrofia di contenzioso perché ci sono troppi avvocati che devono guadagnare; le cause durano a lungo perché gli avvocati guadagnano sulla lunghezza delle cause; per gli stessi motivi ci sono troppe impugnazioni che ingolfano le Corti d’Appello e la Corte di Cassazione, la quale ultima (oberata di ricorsi) non è in grado di assolvere alla funzione di nomofilachia. Questi sono, secondo autorevoli opinioni ampiamente diffuse sui mezzi d’informazione, i motivi della lunghezza dei processi e, in special modo delle cause civili. Gli scarsi risultati ai quali si è pervenuti con le convulse e continue riforme degli ultimi anni, accomunate dall’intento di ostacolare l’accesso alla giustizia e parametrare al ribasso i compensi degli avvocati stanno lì a dimostrare inequivocabilmente che quanto sopra riportato non è vero. Limitandoci alla disamina della giustizia civile, è oramai acclarato che il numero dei procedimenti introdotti è in larga parte determinato da inefficienze o mancate risposte della Pubblica Amministrazione, che costringono i cittadini ad agire in giudizio per il riconoscimento e la tutela dei propri diritti. La stessa inefficienza della risposta giudiziaria (alla quale si somma l’inefficacia delle procedure esecutive) è poi concausa importante del proliferare del contenzioso (è stato giustamente osservato che farsi fare causa, anziché pagare i propri debiti, è il modo meno gravoso di ricorrere al credito). L’incertezza del diritto (sostanziale e processuale) dovuta alle continue modifiche legislative ed ai contrastanti indirizzi giurisprudenziali contribuisce inoltre enormemente all’ingenerarsi del contenzioso, in quanto vi è sempre la possibilità (che l’avvocato ha il dovere di prospettare al proprio cliente) di ottenere una pronuncia favorevole. Modifiche processuali inutili senza riorganizzazione degli uffici Non vuole essere quella di cui alle righe che precedono un’auto-assoluzione della categoria forense (che ha le sue responsabilità), ma solo una premessa atta a riportare i termini della questione nel loro alveo proprio ed a stabilire un corretto rapporto di causa-effetto in merito alla genesi dei mali della giustizia civile italiana. Finalmente pare si sia iniziato a comprendere che le riforme sull’organizzazione del comparto Giustizia possono avere un maggior impatto virtuoso delle continue modifiche procedurali (senza oneri aggiuntivi per lo Stato, ma con oneri – eccome – per i cittadini) ed anche l’introduzione del Processo Civile Telematico è un’innovazione che è stata, dalla stragrande maggioranza degli operatori, salutata come un primo passo nella giusta direzione. 39 Processo civile: tra poteri del giudice e diritti delle parti Certo, occorre che la stessa venga accompagnata dalla convinta opera del Governo, che tramite investimenti in risorse materiali ed umane e riqualificazione del personale amministrativo, dia alla macchina la benzina per viaggiare. Parallelamente si è venuto negli anni a delineare un mutato quadro procedurale, destinato a cambiare nuovamente a breve in conseguenza degli interventi che il Governo ha messo in cantiere in tema di degiurisdizionalizzazione, smaltimento dell’arretrato e procedure esecutive (vedasi schema di D.L. “Degiurisdizionalizzazione”) e riforma della procedura civile (vedasi schema di d.d.l. omonimo). Del minimo comune denominatore delle precedenti riforme si è detto sopra; allo stesso modo sono stati introdotti filtri di varia natura (procedurali ed economici) per quanto attiene alle impugnazioni in appello e cassazione, ma non pare che la nomofilachia ne abbia tratto particolare giovamento. Interessanti ed anche condivisibili sono sul punto le osservazioni e le proposte elaborate dalla cd. “Commissione Berruti” in tema di riforma del giudizio d’appello e di cassazione, ma soprattutto dell’organizzazione delle Corti d’Appello e della Corte di Cassazione. Un’altra tendenza comune alle riforme già approvate ed a quelle in corso di approvazione è costituita dalla sottrazione sempre più accentuata del processo civile alla disponibilità delle parti e la sua riconduzione sotto il potere, pressoché assoluto, di direzione del giudice. Nella legislazione vigente un chiaro esempio di quanto sopra è costituito dall’art. 5 comma 2 D.Lgs 29/2010 che consente al giudice (anche d’appello) di “disporre l’esperimento del procedimento di mediazione”, senza 40 prevedere limiti di ripetibilità dell’invito, anche in materie non soggette alla condizione di procedibilità del previo tentativo di conciliazione, indipendentemente dalla durata e dallo stato della causa (con l’unico limite dell’udienza di precisazione delle conclusioni o di discussione), dall’avere o meno le parti già espletato un tentativo di conciliazione e senza obbligo di motivare né di individuare gli argomenti che possano condurre ad una prognosi favorevole del procedimento. Taluni giudici ritengono inoltre la condizione sopravvenuta di procedibilità della domanda derivante dall’invito in conciliazione delegata debba (per ritenersi assolta) essersi concretizzata in un effettivo procedimento di conciliazione da comprovare documentalmente alla prima udienza successiva e che quindi non sia sufficiente l’avvio del procedimento con la mancata conciliazione al primo incontro (come previsto espressamente dall’art. 2 bis D.Lgs 28/10). Non è questa la sede per analizzare la correttezza o meno di siffatta interpretazione, ma la si segnala perché, de iure condito, potrebbe verificarsi che le parti di un processo possano essere più volte inviate in conciliazione delegata e che ogni volta siano obbligate ad andarvi a pena d’improcedibilità della domanda (ripagandone il costo), senza poter eccepire alcunché. Questa è solo la più eclatante delle ipotesi nelle quali le parti si trovano indifese di fronte a provvedimenti interinali del giudice ed altre è possibile rinvenirle nelle recenti riforme (ad esempio il mutamento da rito ordinario in rito sommario o l’estinzione dell’esecuzione per la sua ritenuta infruttousità) e, più in generale in tema di provvedimenti istruttori (non essendo da tempo più previsto il reclamo al collegio sulle ordinanze dell’istruttore). Orbene, se da un lato può comprendersi la necessità di riconsegnare la direzione del processo al giudice, anche per evitare comportamenti strumentali o dilatori di una parte a danno dell’altra, in un corretto sistema di pesi e contrappesi, tale accresciuto potere del giudice dovrebbe essere bilanciato dal potere delle parti di reclamare i provvedimenti endo-processuali. Inoltre, le sopra ricordate riforme in tema di impugnazioni hanno reso enormemente gravose (a volte penalizzanti) le possibilità di impugnare la sentenza, di talchè sovente il processo civile è divenuto, di fatto, un processo di primo ed unico grado. Honoré Daumier, “Gli avvocati” ▲ Ed allora, in quest’ottica già delineata dal legislatore, è rispettoso del diritto di difesa ed è proficuo questo potere assoluto del giudice di primo grado ? Istruttorie e sentenze I numeri delle sentenze riformate nei superiori gradi di giudizio ci dicono che molte impugnazioni sono motivate e spesso le sentenze appellate scontano una fase istruttoria non sufficientemente esaustiva, a sua volta figlia di una mancata corretta individuazione del thema decidendum e del conseguente thema probandum. Occorrerebbe pertanto, rifuggendo illusioni taumaturgiche riposte in procedure alternative al giudizio, potenziare il momento di confronto iniziale fra avvocati e giudice alla prima udienza di trattazione, alla quale si dovrebbe pervenire solo dopo aver esposto negli atti introduttivi e in una successiva memoria per parte (con termini scaglionati) le ragioni del contendere e dell’eccepire (specificamente) ed i mezzi di prova offerti e richiesti. A tale udienza il giudice, debitamente edotto, dovreb- be individuare il novero delle questioni da affrontare ed intanto deciderne talune, nonché (anche formulando un’ipotesi decisoria allo stato degli atti e con riserva delle verifiche istruttorie) tentare la conciliazione; quindi, provvedere sulle richieste istruttorie, laddove non ritenesse motivatamente opportuno effettuare un tentativo di mediazione delegata. I provvedimenti adottati dal giudice (tutti) dovrebbero essere reclamabili al collegio. La perdita di tempo conseguente a tale incombente (oltre che essere sanzionabile, nei confronti della parte che ne avesse abusato, in punto di spese di causa ed ex art. 96 cpc) sarebbe, in un’ottica complessiva, ampiamente ripagata da una più approfondita gestione della causa di primo grado, dalla quale sfocerebbe una sentenza meno attaccabile in sede di impugnazione. Quanto sopra pertanto, oltre che rappresentare una doverosa riconferma del diritto di difesa (art. 24 Cost) rappresenterebbe a ben vedere anche un buon investimento sulla complessiva durata del processo. ■ 41 Arbitrato, mediazione e negoziazione, ovvero il disimpegno dello Stato dalla giurisdizione pubblica di Paola Fiorillo Scoraggiato l’accesso con l’aumento esponenziale dei contributi unificati, chiusura di sedi giudiziarie, riforme processuali schizofreniche, si vuole ora l’avvocato protagonista ma solo sul fronte della giustizia “privata” Piero Calamandrei scriveva….La legge è uguale per tutti. È una bella frase che rincuora il povero, quando la vede scritta sopra le teste dei giudici, sulla parete di fondo delle aule giudiziarie, ma quando si accorge che per invocare l’uguaglianza della legge a sua difesa è indispensabile l’aiuto di quella ricchezza che egli non ha, allora quella frase gli sembra una beffa alla sua miseria. Perché cominciare con questo pensiero? A parere di chi scrive rappresenta la sintesi di quanto accaduto alla Giustizia negli ultimi venti anni. Da quando assistiamo, il più delle volte inermi, come cittadini e come operatori del diritto, al graduale, progressivo disimpegno dello Stato dalla funzione di Giurisdizione Pubblica, in ossequio all’unico principio-guida della spending rewiev. È molto preoccupante l’effetto di sbarramento dovuto alla crescente onerosità dell’accesso alla giustizia per i cittadini, determinata sia dagli “spropositati” aumenti dei contributi unificati, sia dalla chiusura di molti uffici giudiziari sul territorio, ma soprattutto dalla spinta forzata verso forme 42 alternative di soluzione delle controversie giudiziarie che di fatto non sono ancora entrate nella nostra cultura, pertanto poco condivise dalla società, e comunque di dubbia efficacia. Se analizziamo la produzione normativa delle ultime tre legislature ci imbattiamo in una teoria di provvedimenti finalizzati in via principale, se non addirittura esclusiva, alla riduzione della domanda di giustizia, in luogo della qualificazione e della diversificazione dell’offerta. Anche i recenti provvedimenti approvati nel CdM dello scorso 29 agosto rappresentano l’ennesimo attacco alla Giurisdizione, continuando a diffondere la dannosa cultura dei filtri applicati al processo e perpetuando l’esperienza dei tanto deprecati interventi spot in materia di riforme procedurali. Con il dichiarato intento di rendere più efficiente e rapida la macchina giudiziaria, cosa che, tra l’altro, eviterebbe allo Stato di pagare gli indennizzi previsti dalla c.d. Legge Pinto, se non addirittura le condanne in sede comunitaria, sono stati introdotti nuovi ostacoli di natura economica e procedurale che di fatto precluderanno, ovvero renderanno ancora più difficoltoso, il ricorso del cittadino ai servizi giudiziari, con gravi riflessi sul diritto di difesa costituzionalmente garantito. Deriva mercatista della Giurisdizione. Il processo civile si è trasformato in un autentico percorso ad ostacoli teso a concludersi, quasi sempre, con pronunce di rito e non di merito. D’altro canto, l’amministrazione della Giustizia ha subito un indubbio declino, i cui effetti più evidenti sono il progressivo trasferimento delle dispute al di fuori del processo tradizionale e la conseguente, inaccettabile, deriva mercatista della Giurisdizione. Tutto questo non può essere giustificato dalla consapevolezza storica della globalizzazione del diritto, quale conseguenza naturale dell’evoluzione sovranazionale delle istituzioni politiche e delle relazioni economiche. Anche, ed a maggior ragione, in un contesto istituzionale e di mercato modificato, la piena affermazione del principio di legalità non può prescindere dall’efficacia della risposta dello Stato alla domanda di giustizia (penale, civile, amministrativa e tributaria) dei cittadini, nonché dall’efficienza dei meccanismi operativi gestiti dall’Amministrazione giudiziaria. La soluzione, appare ovvio, non può ostacolare la domanda, ma qualificare l’offerta attraverso la creazione di valide alternative alla giurisdizione, ovvero attraverso un ripensamento delle linee politiche di riforma legislativa ed una migliore, improcrastinabile, organizzazione delle risorse umane e materiali esistenti. Il comparto Giustizia non può più essere sistematicamente depauperato delle risorse necessarie ad assicurare il quotidiano funzionamento delle strutture, ma deve diventare, nelle logiche di estensione del Bilancio dello Stato, un capitolo di investimento funzionale al rilancio sociale, prima ancora che economico, del nostro Paese. Il legislatore, fino ad oggi, si è mosso incidendo unicamente sulla Giurisdizione, non con il fine di aumentare il ventaglio delle scelte per il cittadino, ma quasi esclusivamente in un’ottica di contrazione dei costi della funzione, comprimendone l’accesso. È di tutta evidenza che anche il meritevole intento del legislatore di abbattere, con i rimedi normativi proposti, i tempi del processo, in difetto di concreti e urgenti interventi di razionalizzazione delle piante organiche e di ammodernamento delle dotazioni strumentali, rischia di rimanere fine a se stesso, laddove non sarà possibile mettere in esecuzione i provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria e neppure i titoli esecutivi di formazione stragiudiziale, con ritorni negativi sia per l’economia che per la civile convivenza fra i cittadini. Gli interventi normativi che in questi anni si sono succeduti, di fatto non hanno aggredito le vere cause del problema, che devono essere invece ricercate nell’inefficacia stessa della risposta di giustizia (generatrice di contenzioso che si autoalimenta), nella proliferazione della normativa e delle sue interpretazioni (che rende difficoltoso se non impossibile un giudizio di prognosi da parte dell’interprete) e, non ultima, nell’inefficienza della pubblica amministrazione tout court, che sovente rende necessario lo sbocco giudiziario di questioni che dovrebbero trovare tempestiva soluzione in altre sedi. Riforme a costo zero È intollerabile che il nostro Paese sia tra i paesi Europei quello in cui i costi individuali di accesso alla giurisdizione siano fra i più elevati (ed ingiustificati considerati i risultati): lo Stato insiste ad utilizzare il sistema giudiziario per fare cassa, senza investire su di esso. Tutte le cosiddette riforme degli ultimi anni sono state approvate “a costo zero” per le finanze pubbliche, non ultimo il DL 90/14, convertito con legge n.114/14, che ha determinato l’ennesimo ingiustificato aumento del contributo unificato. Molto spesso si è dimenticato che la Giurisdizione è una funzione, e per di più essenziale, che dovrebbe essere svolta in maniera efficace ed efficiente dallo Stato. La risposta statale invece è stata di natura dismissoria: in luogo di approntare i rimedi opportuni adeguando la dotazione di magistrati, di funzionari di cancelleria e di mezzi, lo Stato spinge verso il superamento del proprio monopolio sulla giurisdizione, introducendo riforme a costo zero ed introducendo nell’ordinamento norme confuse e prive di una visione prospettica e sistemica, che si inseriscono in un corpo normativo preesistente senza alcun coordinamento, spesso attraverso lo strumento della decretazione d’urgenza, che mal si addice all’introduzione di riforme strutturali. Tra queste misure come non ricordare il Decreto 28/2010 che introduceva l’istituto della mediazione obbligatoria, la cui formulazione bizzarra ha snaturato completamente lo strumento conciliativo, rendendolo, non solo di difficile attuazione, ma addirittura rischioso nell’ottica di una effettiva tutela dei diritti dei cittadini. Sono state distorte le finalità della mediazione, che da istituto con valore intrinseco è diventato un mero strumento di deflazione delle controversie, con il conseguente eccessivo ampliamento del numero delle materie da sottoporre al tentativo obbligatorio di conciliazione a pena di improcedibilità della domanda, nonché con la previsione di forme “coercitive” implicite, quali quella contenuta nell’art.13 in tema di 43 Arbitrato, mediazione e negoziazione, ovvero il disimpegno dello Stato dalla giurisdizione pubblica spese di giustizia del futuro giudizio. Oggi, alla luce del fallimento, l’istituto in questione è stato mitigato in maniera rilevante con la riforma del 2013, tuttavia non risulta modificata la sua reale funzione di mero strumento deflattivo. La “giustizia” non può avere finalità diverse da quelle che la nostra Costituzione le assegna. Occorrerebbe, pertanto, fermare la deprecata tendenza alla sostanziale “privatizzazione” della giurisdizione, in quanto non compatibile con i principi della Carta, arrestare il processo di razionamento della giurisdizione che mortifica il diritto costituzionale alla difesa. La nostra Costituzione è la legge fondamentale di una democrazia fondata, tra gli altri, sul principio di eguaglianza sostanziale. L’attacco al carattere sociale della Costituzione, addotto in relazione alla limitatezza delle risorse, è stato molto evidente. Lo evidenziano da un lato la progressiva riduzione dello stato sociale, dall’altro il disimpegno dello Stato dalle funzioni a più alto impatto sociale, tra cui la Giustizia: “lo smantellamento dello stato dei servizi… cela il proposito non dico di smantellare ma di ridurre entro limiti ben circoscritti il potere democratico” (N. Bobbio). Non è accettabile la scelta di contenere il ricorso alla giurisdizione con misure deflattive o peggio ancora punitive! Anche gli ultimi interventi del legislatore continuano purtroppo a muoversi nel medesimo solco dei precedenti, con l’introduzione di ulteriori sistemi alternativi alla giurisdizione, con il dichiarato obiettivo di evitare che un buon numero di controversie approdi nelle aule dei tribunali, al fine di restituire margini di manovra ai magistrati per concentrarsi sulle liti a maggiore tasso di difficoltà e per “smaltire” l’arretrato. Ancora una volta, però, nulla si dice sugli investimenti da farsi, sulla necessità di avere più magistrati, più personale di cancelleria, che sia anche più giovane e più preparato alla gestione del processo telematico, nonché risorse finanziarie sufficienti al corretto funzionamento del PCT, che nonostante il grande sostegno profuso dall’Avvocatura, va avanti a stento in molte zone del Paese. Siamo al punto in cui, dopo l’introduzione della media- conciliazione del 2010, tra le misure ad effetto immediato presenti nella schema di decreto legge oggi troviamo la traslatio judicii in sede arbitrale forense delle cause civili pendenti sia in primo grado che in grado d’appello. Questo istituto permetterà alle parti di richiedere congiuntamente la promozione di un procedimento arbitrale (secondo le ordinarie regole 44 dell’arbitrato contenute nel codice di procedura civile espressamente richiamate), e la conciliazione con l’assistenza degli avvocati (negoziazione assistita). Appare evidente il tentativo di realizzare una procedura cogestita dagli avvocati delle parti volta al raggiungimento di un accordo conciliativo che, da un lato, eviti il giudizio e che, dall’altro, consenta la rapida formazione di un titolo esecutivo stragiudiziale. Avvocati protagonisti della giustizia civile ma fuori della giurisdizione pubblica Fin qui tutto bene in linea di principio, l’Avvocatura si è ormai convinta che è necessario creare dei luoghi dirimenti diversi dalla giurisdizione, fermo restando la centralità della stessa, nei quali sia effettivamente possibile decidere le controversie in tempi brevi e a costi contenuti, facendo salve le garanzie irrinunciabili. Ma di contro va detto che, sebbene l’Avvocatura nelle sue varie espressioni associative ed istituzionali abbia tenuto una posizione di grande apertura e di fattiva collaborazione ai tavoli di confronto convocati dall’attuale Guardasigilli, portando un grande contributo di idee, conscia della grave crisi in cui versa la giurisdizione, suggerendo soluzioni ed evidenziato le criticità degli istituti alternativi alla giurisdizione medesima, gli uffici legislativi del Ministero, nello stendere lo schema di DL sulla giurisdizione, non hanno tenuto in alcun conto la voce degli avvocati. Per questo motivo, essere delle Cassandra, si va consolidando, purtroppo, la convinzione che il nuovo arbitrato sì previsto, senza adeguati incentivi per le parti (risparmio fiscale, recupero del contributo unificato ecc) e con il termine di 120 giorni per la conclusione della procedura in appello e la successiva perenzione del giudizio per l’ipotesi di mancata riassunzione entro 60 giorni, non sarà particolarmente attrattivo per le parti in causa, che hanno (specie in appello) già sostenuto notevoli esborsi e ne dovrebbero sostenere altri con l’aggravante di un termine cogente. Vien da dire che, ancora una volta, si è persa una buona occasione. Restano molte perplessità anche sulla efficacia della negazione assistita quale strumento per contribuire alla deflazione del contenzioso e quindi alla riduzione dei tempi dei processi, poiché in molti casi la parte che (per i motivi più disparati) non avrà alcun interesse al raggiungimento dell’accordo, non avvertirà neppure il “pericolo” di una condanna ex art. 96 cpc o ex art. 642 cpc, specie se la suddetta, eventuale, condanna perverrà a diversi anni di distanza e se la parte vittoriosa incontrerà problemi (sovente insuperabili) nel porla in esecuzione. Inoltre il predetto strumento essendo stato previsto come obbligatorio a pena di improcedibilità della domanda e su materie ulteriori e diverse rispetto alla mediazione, ha perso completamente la sua natura di istituto volontario ed alternativo per divenire, anche esso, solo misura deflattiva. Ed ancora, se pure la misura potrebbe nel tempo portare dei benefici, bisogna evidenziare come, nell’ambito del contenzioso civile, che (salvi rari casi) vede contrapposte almeno due parti, delle quali una chiede l’attuazione di un vantato diritto e l’altra (motivatamente o meno) lo contrasta, occorrerebbe provvedere ad un globale recupero di efficienza del processo che pervenga, non tanto ad impedire con balzelli economici l’accesso alla Giurisdizione, quanto a contrastare l’abuso sia dell’azione, come della resistenza assicurando, di contro, l’efficacia alle pronunce. Da ciò deriva la necessità di rendere effettive ed efficaci le procedure esecutive, rimettendo decisamente mano all’intero sistema delle esecuzioni, e non introducendo ulteriori costi od orpelli formali come quello, ad esempio, di imporre al creditore procedente l’onere di iscrivere a ruolo l’esecuzione entro dieci giorni dal pignoramento, oppure che la ricerca telematica venga effettuata solo dall’ufficiale giudiziario, previa espressa autorizzazione del giudice adito. All’opposto, sarebbe stato certamente più efficace consentire il libero e gratuito accesso alle banche dati anche per gli avvocati, sia nell’ottica di effettuare esecuzioni mirate e proficue, sia per evitare il contenzioso (anche di cognizione), rendendo possibile la preventiva conoscenza dello stato debitorio del soggetto col quale ci si accinge a contrarre. Possiamo affermare che ormai siamo di fronte ad una rivoluzione copernicana, perché sta venendo meno la centralità della Giurisdizione di cui l’avvocato è soggetto essenziale, con l’individuazione di nuovi e diversi fronti per la risoluzione delle controversie. L’avvocatura deve acquisirne maggiore consapevolezza, evitando di restare incagliata nel recinto del processo ma di rendersi pronta ad intervenire ovunque via sia un diritto da tutelare, nella consapevolezza che solo con un recupero di efficacia ed effettività della Giurisdizione si potrà incentivare il ricorso a procedure alternative di soluzione delle controversie. ■ 45 L'insostenibilità della Cassa Forense ed equità intergenerazionale ai tempi di face book C’è da fare i conti anche con contrazione del reddito, possibile riduzione degli iscritti per l’entrata a regime dell’iscrizione obbligatoria e la consistente morosità di Carmela Milena Liuzzi "Non lasciatevi rubare la speranza, per favore, non lasciatevi mai rubare la speranza". Papa Francesco Come nelle migliori tradizioni, il nostro legislatore, in genere, si affretta a pubblicare normative importanti e fortemente incisive sulla vita quotidiana quando il livello di attenzione del popolo è più attenuato e distratto da altro. È accaduto allora che due normative fondamentali per la vita dell’avvocato italiano siano state approvate l’una, la famigerata L. 247/2012, pochi minuti prima della fine di una legislatura in una bagarre ormai consueta del nostro Parlamento e nell’atmosfera prenatalizia, l’altra, l’attesissimo regolamento ex art. 21 della stessa, durante la sospensione feriale – anch’essa in queste ore fortemente a rischio di riduzione - ed è stato pubblicato in G.U. il 20 agosto, mentre i pochi avvocati italiani che se lo potevano permettere erano in vacanza e gli altri smanettavano su facebook. Eh sì, perchè nell’era dei social network, la cd. avvocatura di base, che nella definizione dei più è quella portatrice di reddito basso, costituisce una sentinella sempre all’erta, pronta ad aggiornare, ovviamente sul web, ogni più sprovveduto avvocato delle novità legislative. Da quel momento si è così scatenata l’offensiva nei vari gruppi, alcuni dei quali anche piuttosto numerosi, con la proposta delle iniziative più disparate, dalla predisposizione di un ricorso al TAR all’indizione di assemblee pubbliche, con raccolte fondi per le iniziative giudiziarie. Esodati della professione Certo è che la problematica è piuttosto seria e complicata e questo, l’Associazione Nazionale Forense lo ha più volte segna- 46 lato, rischia davvero di determinare una platea di “esodati dalla professione” senza welfare, senza tutele, senza futuro. Corollario di questa situazione, inevitabilmente è, la ricaduta sulla sostenibilità del sistema previdenziale, atteso che, stando a quanto sembra emergere dai dati attuariali trapelati, la Cassa, nel predisporre il Regolamento appena approvato ha presupposto la crescita reddituale e l’aumento dei contribuenti. E, a dire il vero, molte delle norme contenute nel regolamento sembrano sottendere il malcelato intento di “fare cassa”, senza obbligo di contropartita di prestazione di tipo retributivo. Per converso però, in attesa di conoscere gli ultimi dati reddituali che emergono dai Modelli 5 appena inviati, dalla lettura di un’interessante disamina dell’avv. Alessandro Dibattista1 emerge la sconfortante realtà cristallizzata al 31.12.2012, in cui il reddito medio prodotto è pari ad € 46.921,00 (uguale al reddito prodotto nel 1989 (€ 45.367) e si ottiene grazie a quel 10,1% di colleghi che hanno dichiarato un reddito superiore a € 91.550,00, perchè nel restante 89,9%, la media del reddito è pari a € 23.901,00, media lontana anche dai modesti € 32.111,00, attestata del 1985. Una realtà che deve indurci anche ad avere qualche timore per il nostro futuro previdenziale, atteso che, se è pur vero che con l’introduzione della riforma del 2012 il livello di copertura della pensione, per la carriera standard, è passato dal 41,5% della normativa previgente al 2009 all’attuale 99,1%, è altrettanto vero che occorre confrontarsi con una serie di emergenze, tra cui la costante contrazione del reddito, la possibile riduzione della platea degli iscritti all’esito dell’entrata a regime dell’iscrizione obbligatoria, la consistente morosità vantata da Cassa Forense nei confronti degli avvocati italiani. Ritengo interessante, ai fini di questa disamina, riportare le tabelle pubblicate unitamente all’articolo a firma di Giulia Pignatiello2, in quanto dall’analisi delle stesse, emergono, a mio modo di vedere, aspetti spesso trascurati, nella valutazione del contemperamento tra equilibrio del sistema, solidarietà ed equità intergenerazionale. Ipotesi di calcolo della copertura finanziaria del trattamento pensionistico per un nuovo iscritto alla Cassa Forense Risultati/1 - Valutazione in assenza di riforma (normativa C. F. vigente fino al 31/12/2009) TIPOLOGIA di CARRIERA PENSIONE ANNUA INIZIALE MONTANTE CONTRIBUTI VERSATI VALORE ATTUALE RATEI di PENSIONE LIVELLO di COPERTURA FINANZIARIA Minima Standard F Media Alta 11.206 22.936 28.553 38.734 103.499 200.732 253.965 397.674 236.267 483.576 602.015 816.669 43,8% 41,5% 42,2% 48,7% Risultati/2 - Valutazione e normativa vigente dopo la riforma del 2009 TIPOLOGIA di CARRIERA PENSIONE ANNUA INIZIALE MONTANTE CONTRIBUTI VERSATI VALORE ATTUALE RATEI di PENSIONE LIVELLO di COPERTURA FINANZIARIA Minima Standard F Media Alta 11,660 25.193 32.233 41.786 167.494 336.110 425.439 660.693 202.482 439.736 562.623 729.356 82,7% 76,4% 75.6% 90,6% Risultati/3 - Valutazione dopo le ultime modifiche approvate dal Comitato del 5/9/2012 (decorrenza 1/1/2013) TIPOLOGIA di CARRIERA PENSIONE ANNUA INIZIALE MONTANTE CONTRIBUTI VERSATI VALORE ATTUALE RATEI di PENSIONE LIVELLO di COPERTURA FINANZIARIA Minima Standard F Media Alta 11.206 21.425 27.365 36.393 183.486 370.680 469.530 719.241 195.597 373.962 477.648 635.228 93,8% 99,1% 98,3% 113,2% La nostra Cassa, come emerge da questi dati, è stata molto generosa con i propri iscritti e questo, possiamo anche dirlo sottovoce, o far finta che sia poco rilevante, data la sostenibilità attestata dal Ministero, dopo lo “stress-test”, imposto dalla Legge Fornero, ha determinato l’esistenza di un consistente debito previdenziale cumulato nel tempo, per pagare quel 50% e oltre rimasto nelle tasche dei nostri colleghi che hanno beneficiato dei privilegi concessi prima del 2009, è un macigno che pesa su di noi e sui futuri colleghi. Un 50% pagato anche ai colleghi della fascia più alta. 47 L'insostenibilità della Cassa Forense ed equità intergenerazionale ai tempi di face book Se è vero, quindi, che i minimi contributivi sono stati allora aumentati per garantire la copertura quasi totale delle pensioni minime future, è altrettanto vero che nessun sacrificio è stato richiesto a coloro che già oggi stanno beneficiando dei privilegi ante 2009, con la conseguenza che il diritto acquisito da questi diviene inevitabilmente un “indebito arricchimento” alle spalle di coloro i cui diritti pensionistici si stanno acquisendo, a spese proprie. Equità intergenerazionale Uno spunto interessante sul tema, è dato dal Prof. Massimo Angrisani in un suo scritto, a proposito di sostenibilità e patto intergenerazionale3, laddove sostiene “solo se c’è equità intergenerazionale, consentendo a me attivo di beneficiare delle stesse prestazioni pensionistiche attuali a parità di contributi allora posso essere d’accordo sulla solidarietà, altrimenti, pur chiamandola solidarietà,nei fatti è una sorta di stolidità intergenerazionale, una sorta di accettazione passiva del ruolo di vittima previdenziale”. Allora appare del tutto evidente la stortura del sistema, laddove l’ avvocato di 45 anni, iscritto dall’età di 28/30, dapprima si è visto allungare l’età pensionabile fino a 70 anni, poi soggiace all’aumento dei contributi minimi, per pagarsi, di fatto, la propria pensione, ma al contempo paga quel gap di contribuzione maturato dai colle- ghi fino al 2009, quegli stessi colleghi che beneficiando di un periodo storico particolarmente florido, hanno potuto anche creare la propria rendita di posizione, a prescindere dall’aspettativa pensionistica. Da qui, anche, il disagio e la rivolta della cd. avvocatura medio-bassa (quanto a reddito, ovviamente…) per la quale un minimo contributivo, quale quello odierno, costituisce circa il 30% del proprio reddito. E dunque, certamente non riesce a pagare quel minimo, costituendo così un vulnus per il sistema stesso che attraverso quella contribuzione voleva sanare un altro vulnus molto più grave che era evitare l’ulteriore accumulo di debito previdenziale. Se la parola chiave è allora equilibrio, occorre lavorare duro, per ripristinare quel patto di solidarietà che rischia di far saltare il “banco”. La nota ministeriale del 05.06.2014, laddove invitava Cassa Forense a riflettere sulla possibilità di prevedere nuovi ed autonomi contributi, per consentire un accesso soft al sistema per tutti, sembrava aver segnato una buona via per l’inizio di un percorso di riconciliazione tra le avvocature esistenti. La ferma presa di posizione della Cassa, il cui Comitato ha invece ritenuto di insistere, nel mantenere gli importi come esistenti, forse ha causato la più grave frattura all’interno dell’avvocatura italiana, che oggi è chiamata al suo primo Congresso dopo l’approvazione della riforma, a discutere del proprio futuro, anche previdenziale in un clima compromesso dallo sconforto di una generazione di avvocati, forse “bruciata”. C’è tempo per rimediare? Forse. L’avvocatura deve, in questo momento trasformarsi in un’aurea fenice e risorgere da quelle ceneri che la 247/2012 sta creando. Certo è che, una serie di colleghi hanno 90 giorni per decidere del proprio futuro e che, dalla loro scelta, dipenderà anche il nostro di futuro. E forse anche di quello dei nostri figli. E questo, su Facebook qualcuno ha cominciato a capirlo e a scriverlo. ■ NOTE 1 CF News 2 La Previdenza Forense 3/2012 Retributivo Misto sostenibile…sicurezza a 50 anni. 3 “Solidarietà e equità intergenerazionale”pubblicato negli atti del Convegno di Studi di Roma TorVergata dal titolo “La previdenza dei professionisti tra mercato e solidarietà” – Roma 16.05.2003 48 Il Liga non si tocca !! Continua, tra disinformazione e ignoranza, la gogna mediatica su network e media contro l’avvocatura. E quando il giornalista “toppa”, si scusa in ultima pagina “Per prima cosa, ammazzeremo tutti gli avvocati” di Palma Balsamo Un tempo la stampa d’estate era tradizionalmente diversa dagli altri periodi dell’anno. Un po’ perché anche la politica andava in ferie. Un po’ perché gli italiani, sotto l’ombrellone o fra le valli alpine, vorrebbero andare in vacanza anche dai problemi che attanagliano loro e il Paese intero. Vi ricordate i bei tempi in cui le pagine dei quotidiani di agosto ci deliziavano con i reportage del concorso di Miss maglietta bagnata o della sagra della lumaca? Vi ricordate i consigli sulle partenze intelligenti e su come sopravvivere al caldo, i trucchi contro i furti e il bon ton al mare? Quest’anno non è andata così: i focolai di guerra in molte parti del mondo, le orribili decapitazioni ad opera dell’ISIS, il suicidio di Robin Williams. E poi la Grande Riforma della Giustizia, l’ultima e definitiva parola dopo una lunga serie di interventi, tutti risolutivi ed epocali. Quindi largo alle approfondite analisi sulle cause dei mali che affliggono il nostro sistema giudiziario, perché, si sa, se non individui la causa come puoi sconfiggere il male? E il parere è unanime: la giustizia non funziona perché vi è un numero abnorme di processi, e vi sono troppi processi perché esistono troppi avvocati, che vivono di nuove cause. Parliamoci chiaro: l’avvocato, per il solo fatto di esistere, crea enormi problemi al sistema, perché ama scaricare sui Magistrati i problemi esistenziali della gente. I creditori non ti pagano? E gli avvocati fanno causa, quando basterebbe prendere i clienti per cretini per essersi fidati di un insolvente. Tua moglie ti porta via i figli? Ma avresti (William Shakespeare, Enrico VI, parte Seconda, 1588-1592) potuto scegliere meglio con chi sposarti! Insomma creare problemi è la vera vocazione degli avvocati, perché proprio non riescono a vedere quel che è, agli occhi di giornalisti e magistrati, evidente e vivono di infondati pregiudizi. Figuratevi che, pur di giustificare il continuo proliferare di cause, si inventano che gli italiani sono più litigiosi dei loro coinquilini europei non perché amanti della lite temeraria, ma perché costretti dall’altissimo tasso di illegalità sociale e di totale inefficienza da parte dello stesso Stato e delle sue articolazioni, enti previdenziali, banche, assicurazioni, gestori telefonici e compagnia bella. E con tracotante corporativismo continuano ad opporsi ad ogni riforma della Giustizia, denunciando continuamente la stessa cosa: che uno Stato, eticamente e strutturalmente inadeguato, pretende di poter risolvere l’emergenza sempre allo stesso modo: rendendo ancor più difficile e costoso l’accesso alla giustizia e riempiendo di trappole e tagliole il processo civile. E, sempre gli avvocati, proprio loro che hanno determinato lo stato catatonico della giustizia italiana, alzano gli scudi contro le accuse di comportamenti dilatori che vengono loro rivolte, continuando ad osservare che, proprio per effetto delle tante definitive riforme degli ultimi anni, gli avvocati non hanno più alcuna disponibilità del processo, interamente in mano ai Giudici. Per fortuna, dalle valli valdostane di Champoluc, ci pensa il Giudice 49 Il Liga non si tocca !! Davigo, che di corporazioni se ne intende, a ristabilire la verità. Il problema nasce dalla base, in Italia, il numero di processi «non ha uguali nel mondo» e per Davigo negli ultimi 20 anni non si è fatta alcuna riforma perché la giustizia dà da mangiare a 250 mila avvocati: «Questa è una vera bomba sociale. Ogni anno i nuovi avvocati sono 15 mila, si arriverà presto a 400 mila avvocati in totale, a caccia di cause sempre nuove». La lobby degli avvocati si oppone al principio per cui un cliente deve pagare l’onorario soltanto se la causa sarà vinta. «I tribunali sono intasati dalle cause perse, l’Italia è l’unico Paese in cui si va sempre al terzo grado di giudizio, per dilatare i tempi, per sperare nella prescrizione»1. Gli fa eco un altro ex magistrato sulle pagine del Il Fatto quotidiano, che ancora più chiaramente ci illumina2: “Perché il processo civile “è tutto da rifare”? Per due ragioni: ingenuità e opportunità. Garantire il contraddittorio e assicurare di che vivere bene agli avvocati. E se la prende con la solita pretesa degli avvocati di avere termini per contro dedurre:”Se critiche debbono fare, le facciano subito; fa parte del loro mestiere immaginare quello che dirà l’altro; in realtà è quello che ognuno di loro direbbe se fosse al posto del collega; e dunque gli riuscirà facile contraddirle in anticipo”. E poi la soluzione “Ma non è finita qui. C’è da liberarsi di un altro tabù: l’Appello. Non serve a niente. I giudici di 2° grado non sono diversi da quelli di 1° grado; non sono più esperti, più preparati, più lavoratori. Capita addirittura che un giudice lavori in Tribunale, poi si trasferisca in Appello e poi torni in Tribunale. Non c’è nessuna garanzia che il giudizio d’Appello sia più corretto, più approfondito, più professionale di quello di 1° grado: spesso capita proprio il contrario. È solo una roulette; la moltiplicazione delle possibilità di errore. Sicché gli anni persi per il processo di 2° grado (2/3, qualche volta 4) sono del tutto inutili. lo abolissimo, si potrebbero recuperare circa 1200 giudici (tra Appello e Procure Generali); l’organico dei Tribunali potrebbe essere aumentato quasi per la metà; il carico di processi pro capite diminuirebbe corrispondentemente; i processi sarebbero più rapidi. Resterebbe il ricorso in Cassazione per errori di diritto (un giudice che ha applicato una legge che non c’entrava niente o non ha applicato quella che andava bene). Si risparmierebbero soldi (i giudici straordinari, i giudici di pace, i giudici onorari) e tempo. Tanto, tanto tempo. E tutti sarebbero felici e contenti (meno gli avvocati ma la vita è dura)”. A questo punto gli avvocati avranno capito che sono loro il problema, vero?? Ma no, giù ad insistere, sordi e ciechi davanti a cotante illuminate analisi, che non ci 50 si può limitare a ridurre i diritti di difesa delle parti o a costringere l’avvocato a cadere in errore con trucchetti procedurali che fanno torto alla società civile, quella che si aspetta una giustizia sostanziale, non procedurale o virtuale. Giù a rivendicare che non sono utili ulteriori modifiche delle regole processuali, sia perché il processo ha esigenze di garanzia che non sono comprimibili, sia perché continue modifiche hanno l’effetto di introdurre rilevanti momenti di incertezza negli operatori, con effetti opposti a quelli sperati. Duri di comprendonio noi avvocati, e già nel 2012, quando ci fu detto che per rilanciare l’economia bastava rendere sovrumanamente difficile proporre impugnazioni contro le sentenze civili, introducendo filtri e filtrini che neanche in un antro da fattucchiera, abbiamo fatto le cassandre: i giudici di appello l’art. 348 bis c.p.c. non lo avrebbero mai applicato perché, per poter decidere, alla prima udienza e prima della trattazione, se l’appello non ha una ragionevole probabilità di essere accolto, dovrebbero studiare bene e subito tutte le cause. Cosa che, notoriamente non si verifica mai, se è vero che le Corti di Appello hanno inventato l’inutile rinvio per conclusioni a tre o quattro anni di distanza. I tecnici ci hanno da anni spiegato che è la mediazione obbligatoria la panacea per i mali della giustizia civile. Ma gli avvocati si ostinano a rivendicare che i tentativi di conciliazione, specie se forzosi, non hanno mai raggiunto lo scopo sperato di ridurre il numero dei giudizi pendenti. Un giornalista, per una banale svista, scrive che “Il tempo medio per una causa civile o commerciale è di 2.992 giorni (900 in Germania) perché gli avvocati continuano a prendere parcelle basate sulla durata di un caso, mentre i magistrati sono pochi e non vengono valutati sul loro rendimento“?3. E gli avvocati subito lì a scrivere al direttore del quotidiano, a pretendere smentite, a non accontentarsi neppure quando lo stesso giornalista, due giorni dopo ha rettificato: ” nel mio articolo pubblicato giovedì, “Radiografia di un declino”, ho scritto che la parcella degli avvocati è parametrata alla durata dei procedimenti. Invece non è più così dal 2012. Mi scuso dell’errore”. Ma non bastava, e così accuse di ignoranza e gogna mediatica su tutti i social network. Come non rendersi conto che fra le cause scatenanti la crisi economica ci sono le tariffe dei professionisti, in primis quelle forensi, ma ancora di più il diritto di azione? Quel vecchio e risalente diritto che una antiquata norma della Costituzione (nell’ormai lontano 1948) ha improvvidamente garantito a tutti i cittadini. Che diavolo, se la sono presa anche con un mostro sacro della musica come Ligabue, reo di avere messo alla berlina la categoria cantando ”la giustizia che aspetti é uguale per tutti, ma le sentenze sono un pelo in ritardo, avvocati che alzano il calice al cielo sentendosi Dio” 4. E no questo è troppo, il Liga non si tocca… lasciatemi almeno un mito!! Insomma nell’estate 2014 non si è salvato nessuno, quando agli avvocati sarebbe bastato rassegnarsi: la riforma farà aumentare il PIL di un punto, l’economia nazionale si risolleverà e noi italiani saremmo tutti più ricchi e più contenti. In attesa delle magnifiche sorti e progressive, per tutti un consiglio ”estivo”: quando il sole batte forte, coprite la testa ed usate la crema protettiva!! ■ NOTE 1 La Stampa del 17.8.2014 su http://www.lastampa.it/2014/08/17/ edizioni/aosta/davigo-la-riforma-della-giustizia-si-occupa-di-cose-inutili-rzgdw4hYz8zgBlL5rnztlI/pagina.html 2 Il fatto quotidiano del 21.8.2014 su http://www.ilfattoquotidiano. it/2014/08/21/riforma-della-giustizia-il-processo-civile-che-non-finisce-mai/1095560/ 3 La Repubblica del 7.8.2014, Federico Fubini “ RADIOGRAFIA DI UN DECLINO”. 4 La Gazzetta di Reggio del 25.6.2014. Liga finisce nel mirino dei giovani avvocati http://gazzettadireggio.gelocal.it/cronaca/2014/06/25/ news/liga-finisce-nel-mirino-dei-giovani-avvocati-1.9486446 51 DIAMO LA LIBERTÀ DI SCEGLIERE ALLA GIOVANE AVVOCATURA di Nicoletta Giorgi Il termine “giovane” da tempo non indica più un fattore solo anagrafico ma anche una categoria sociologica cui si accompagna una serie di valori e orientamenti ben distinti da quelli della società adulta. 52 Il XXXII Congresso forense di Venezia si intitola “Oltre il mercato. La nuova avvocatura per la società del cambiamento” rilevando, così, l’ambizione di proporre, al termine del consesso, un nuovo modo di svolgere la professione. Un tale gravoso impegno non può prescindere dalla considerazione di quali siano le vere condizioni della professione e in particolar modo quale sia “la condizione della giovane avvocatura”. L’analisi di un tema così ampio non può che partire dalla definizione del concetto di “giovane”. Questo termine da tempo ha smesso di assumere un significato prevalentemente anagrafico ed indica, invece, una categoria sociologica cui si accompagna una serie di valori e orientamenti specifici, ben distinti da quelli della società adulta. In questo senso sono state date diverse definizioni che hanno cercato di ingabbiare i giovani in varie categoria “generazione X”, “generazione mille euro”. Spesso, poi, i giovani sono stati uniformati sotto l’etichetta del disimpegno, del disinteresse per il coinvolgimento nelle tematiche che, prima o poi, li avrebbe visti coinvolti direttamente. Applicando queste categorie alla fascia di età che va dai 25 ai 45 anni dei professionisti che hanno scelto di fare l’avvocato, ossia alla attuale “giovane avvocatura”, si evidenziano prima di tutto alcuni aspetti fondamentali. Se non esiste una condizione omogenea dell’essere giovani, lo stesso vale per l’essere giovani avvocati. Vi sono aspettative, esperienze ed esigenze che sono diverse e che spesso non vengono considerate nell’analisi di una professione, come quella legale, che più di ogni altra ha subito, e sta subendo, una trasformazione agli occhi della società civile, delle istituzioni e, inevitabilmente, di chi ha deciso di farne la propria occupazione. Di certo, oggi, in modo disincantato possiamo affermare che la condizione di precarietà di un mercato in forte crisi si riversa sul professionista, ultimo anello della catena dei “fornitori”. Tuttavia non esiste un solo colpevole nel “giallo” del lento declino della professione. Essa,infatti, è arrivata ad avere un aumento abnorme e incontrollato di iscritti, ad annoverare oltre 50.000 colleghi (su 230.000 circa) che dichiarano un reddito inferiore ad € 10.300,00 e a constatare una situazione in cui il reddito pro- dotto ha interrotto, ormai per quattro anni di seguito, la sua progressione di crescita arrivando a contare circa, secondo gli ultimi dati a disposizione di Cassa Forense, 139.902 posizioni su 230.435 con un reddito medio annuo che va da euro 5.186 ad euro 29.331. Una professione sempre meno attrattiva Appare evidente che la professione di avvocato sta diventando sempre meno attrattiva, dato che, oltre alla passione per una nobile professione quale è, non può mancare la possibilità di trarre dalla stessa il sostentamento per sé e per una eventuale famiglia. Il primo segnale chiaro è dato dalla contrazione delle iscrizioni alla facoltà di giurisprudenza pari al 16% e questo dipende non solo in quanto si scelgono altre facoltà e altri percorsi formativi ma altresì perché il rischio di rimanere disoccupati in Italia aumenta con il crescere dei titoli di studio e la laurea in giurisprudenza ha mostrato, in alcune recenti indagini di Almalaurea, una delle minori percentuali di possibilità di inserimento lavorativo (pari al 41% rispetto ad altre facoltà che vantano oltre il 90%) e una previsione di reddito mensile medio tra i più bassi, circa euro 822,00. Ecco perché parlare della condizione della giovane avvocatura comporta prima di tutto ridiscutere di formazione universitaria rendendola capace di calmierare in modo razionale il numero di laureati e di fornire agli stessi una formazione spendibile nel mercato. È, infatti, già dalla (bassa) competitività della facoltà di giurisprudenza rispetto a facoltà “vicine” (come economia, scienze politiche) che si assiste ad una costante riduzione dell’esclusività di competenza. Mentre, infatti, il laureato in giurisprudenza non ha acquisito negli anni una rinnovata formazione, che tenga conto dell’evoluzione del mercato (dove i beni immateriali oggetto di scambio stanno crescendo smisuratamente per tipologia e numero) e della nascita di nuovi rapporti giuridici (dove i tradizionali istituti di mutuo, locazione ecc. non rispondono più alla complessità dei rapporti), di nuovi piani di contrattazione (si pensi al web che sta sostituendo i noti “locali commerciali”), le altre facoltà inseriscono corsi di diritto strettamente affini al loro curriculum di studio. Si assiste, così, a corsi di diritto ad economia e commercio, a ingegneria, a medicina solo per fare alcune esempi. A giurisprudenza, invece, si perpetua il mantenimento di indirizzi legati ad una figura di avvocato in via di estinzione, appartenente ai ricordi e alle aspettative di quella che oggi non è più la maggioranza nell’avvocatura. Infatti gli infra quarantacinquenni costituiscono oltre il 60% dell’avvocatura con costante caratterizzazione al femminile della professione. Questa condizione determina all’interno della categoria nuove visioni, nuove aspirazioni, nuove necessità. Nuove rispetto a cosa? A quelle che si sono mostrate essere le visioni, aspirazioni e necessità di quella che fino ad oggi è stata la rappresentanza politica e istituzionale dell’avvocatura. Se sicuramente per essere un buon medico non occorre essere stato anche malato, sicuramente per dirigere una categoria professionale profondamente cambiata bisogna non solo conoscerla (il più delle volte non è neppure così) ma farne parte. La riforma forense non aiuta i giovani avvocati La legge di riforma dell’ordinamento professionale n° 247/2012 non sembra aver tenuto conto di questa trasformazione. Non si rinviene nella stessa alcun provvedimento a favore dei giovani e poco o nulla è stato fatto da chi ne era stato investito per attuare la mozione AIGA di Bari di modifica della legge stessa. Facciamo alcuni esempi. I giovani sono chiamati alla formazione permanente, previsione che sarebbe correttamente indirizzata ad elevare la qualità della preparazione e ad aumentare così competenza e competitività, se non fosse che a tale onere sono stati esclusi i colleghi con 25 anni di iscrizione all’albo o con 60 anni di età. Questo comporta un’evidente disparità di trattamento e di condizioni. Porre maggiori spese e minor tempo per conquistare il mercato a chi è nella fase iniziale della propria carriera senza che tale condizione spetti anche a chi è già sul mercato da anni significa con tutta evidenza ostacolare, se non impedire, la normale competitività la qualità del servizio al cittadino. La mozione AIGA presentata al congresso forense di Bari insisteva per la modifica di tale previsione chiedendo che l’ esonero dell’obbligo formativo fosse previsto oltre i 40 anni di iscrizione all’albo; purtroppo è rimasta lettera morta. Appartiene ai giovani la capacità e la propensione 53 DIAMO LA LIBERTÀ DI SCEGLIERE ALLA GIOVANE AVVOCATURA a “fare rete”, organizzazione che aiuta altresì a far fronte alle spese di gestione di una struttura e a creare nuovi contatti utili alla professione; tuttavia agli stessi oggi manca la possibilità di realizzare realtà multidisciplinari in forma societaria, che consentirebbero maggiori competenze e servizi a favore del cittadino. Si rimane fermi all’idea dello studio con un’unica professionalità quasi a voler preservare l’esercizio della professione da “contaminazioni” che in qualche modo potrebbero inficiarne la valenza. Ebbene, questa visione non appartiene alla giovane avvocatura, non soddisfa le esigenze e non risponde alle aspettative di crescita e di creazione di una figura professionale moderna e in grado di trovare nuove risorse nel confronto e nell’ampliamento delle proprie prospettive. È proprio la mancanza di capacità di apertura, la paura del confronto con il “nuovo” modo di essere avvocato che porta le rappresentanze istituzionali ad ostacolare una vera riforma. Dietro ai proclami di tutele della categoria professionale si nasconde la paura che questa nostra professione non possa competere realmente con altre professionalità mantenendo un equilibrio instabile. Questo approccio di “difesa”, evidentemente molto limitante, si esplicita anche quando si discute di tirocinio e collaborazioni. La riduzione da 24 a 18 mesi di pratica, che risponde ad una indicazione europea dalla quale non si torna indietro, rimane argomento di discussione teorica e di rivendicazioni sulla complessità della professione e, anziché essere governata 54 dall’avvocatura per renderla il più proficua possibile, viene dalla stessa congelata nel vecchio schema. Insomma pur di non cambiare si ingabbia il giovane, privandolo della libertà di scegliere come costruire il proprio percorso formativo. Un esempio? L’ostilità allo svolgimento di una parte del periodo di pratica presso un ufficio giudiziario. Premesso che questa è una previsione di legge voluta da gran parte dell’avvocatura, perché temere che questa esperienza svilisca la preparazione del giovane tirocinante? E pur di contrastarla non si opera per disciplinarla al meglio, lasciando al ministero della giustizia la completa regolamentazione. Era, invece, l’occasione per creare quella necessaria rivoluzione culturale che avrebbe consentito finalmente di vedere avvocatura e magistratura come categorie professionali di pari valore, senza necessità di contrapporsi in difesa di inutili corporativismi. Certo la strada è lunga ma bisogna iniziare a percorrerla e non tramandare inutili preconcetti per mantenere un’idea di avvocatura a cui ormai in pochi sono affezionati. Il medesimo atteggiamento di chiusura si riscontra di fronte alla proposta di disciplinare, con una autoriforma dell’avvocatura, i contratti di collaborazione all’interno degli studi. Questo approccio non guarda in faccia la realtà che vede da anni una totale mancanza di tutele, non solo economiche, dei giovani avvocati (non parliamo poi dei praticanti) diversamente dagli altri colleghi professionisti che prestano la loro attività all’interno di studi (si pensi ad ingegneri, architetti, commercialisti) in base a rapporti che riconoscono L'intervento del Ministro della Giustizia On. Andrea Orlando al recente Congresso AIGA di Foggia ▲ come normale la corresponsione di una remunerazione in cambio di servizi. Oggi, l’aspirazione di molti che intraprendono la professioni forense non è più necessariamente quella di aprire uno studio in proprio bensì di collaborare all’interno di studi già avviati. Di fronte a queste affermazioni chi nulla vuol cambiare, perché non ha bisogno che le cose cambino, evidenzia che l’essenza di questa professione rischierebbe di essere gravemente ferita se si ammettesse l’esistenza di un’avvocatura parasubordinata. Peccato che chi sostiene ciò è anche chi non ammette che si possano però qualificare gli avvocati come imprenditori, liberi e autonomi nella gestione della propria impresa, ostacolando o addirittura non promuovendo alcuna iniziativa per far applicare analogicamente gli interventi previsti a sostegno delle PMI. È evidente che l’autonomia e l’indipedenza di giudizio non può venir meno perché si lavora esclusivamente per uno studio legale in quanto lo scopo rimane quello di tutelare il cliente finale, che spesso, se non sempre, vede invece ipoteticamente tradito quel rapporto di fiducia con il professionista espressamente scelto. Oggi, pertanto, la giovane avvocatura è ostacolata nello scegliere come svolgere la propria professione, è messa in condizioni di evidente disparità nel mercato, perché tenuta ad obblighi non uniformemente previsti, e continua ad apparire invisibile agli occhi delle istituzioni che dovrebbe tutelarla come risorsa per la ripresa e lo sviluppo della professione. Manca una politica a favore delle giovani generazioni Perché quindi è mancata una politica a favore delle giovani generazioni? Una prima risposta può essere data dal fatto che solo da pochissimi anni abbiamo una Cassa Forense il cui comitato delegati non è più costituito da avvocati pensionati e solo da quest’anno è stata dimezzata da 10 a 5 anni l’anzianità di iscrizione alla Cassa per poter avere l’elettorato passivo alla stessa. Quest’ultima oggi, in risposta ad una delle poche previsioni lungimiranti della legge 247, ossia l’iscrizione obbligatoria, ha emanato il regolamento contributi prevedendo una serie di agevolazioni per chi alla Cassa non si sarebbe iscritto stante il basso reddito. L’emissione del regolamento che, per quanto poco, pone un’altra voce di spesa a carico dei giovani avvocati già in difficoltà, non ha portato chi di dovere ad agire per implementare le possibilità di reddito dei giovani, né forme di sostentamento per l’avvio della professione e per l’informatizzazione dello studio. Le “pillole” informative sul PCT risultano amare se non accompagnate da interventi di concreto supporto. Il ritardo con cui i più giovani stanno ottenendo spazio nella politica forense ha portato la conseguenza del mancato rinnovamento della nostra categoria professionale con il rischio che oggi, di fronte ad una situazione sempre meno sostenibile, si lasci spazio a movimenti caratterizzati dalla sola polemica, senza proposte, rispondente ad un’esigenza contingente di uscire dal silenzio ma priva di quello che più serve: progettualità e responsabile prospettiva nel futuro. Non può certo passare inosservato, poi, che l’organismo apicale dell’avvocatura, il Consiglio Nazionale Forense, non annovera al suo interno alcuna componente giovane, nè viene consentito che ciò accada facilmente, poiché il requisito per esserne eletti componenti, oltre al consenso degli ordini del distretto di appartenenza (che non è poco), è altresì il titolo di cassazionista, conseguito per lo più, e ancora per poco, con un’anzianità di iscrizione all’albo di 12 anni. Infatti questa conditio sine qua non, mantenuta anche dalla legge 247/12, dal 1 agosto è stata sostituita da un percorso ad ostacoli proposto proprio dal CNF con proprio regolamento. Conseguentemente quello che era ottenibile con una anzianità di iscrizione, e quindi con molta pazienza, salvo sostenere apposito esame a Roma, è ora subordinato ad una stabile permanenza nella capitale e ad un investimento economico per l’iscrizione alla Scuola che deve essere frequentata e per gli esami multisciplinari che devono essere superati. Al problema del ricambio generazionale viene data, quindi, una risposta diametralmente opposta. Ma nulla è per sempre. È evidente che è giunto il tempo della consapevolezza, dello spirito critico, dell’assunzione della responsabilità di lasciare spazio, per alcuni, e di prenderselo, per altri. È giunto il tempo del lavoro serio, dei fatti che sostituiscono le parole, del coraggio di considerare possibile per la nostra categoria anche quanto fino ad oggi le è stato escluso da chi l’ha governata. ■ 55 Magistratura onoraria: una riforma inutile ed inefficace Demolisce l’ufficio del giudice di pace, diminuisce le garanzie di terzietà e indipendenza, confonde ruoli e funzioni. Nulla di nuovo e di buono sotto il sole di Mariaflora Di Giovanni La riforma della giustizia delineata dal Governo risente di tutte le carenze ordinamentali e strutturali che caratterizzano la giustizia in Italia e, in particolare, disattende gli accordi raggiunti in sede di tavolo tecnico con le organizzazioni di categoria e le linee programmatiche ufficialmente pubblicate sul sito del Ministero della giustizia. Non offre rafforzamenti per la tutela dei diritti dei cittadini e, di fatto, avvia anche in questo settore la c.d. rottamazione della domanda di giustizia, con l’intento di ottenere l’abbattimento dei flussi e delle pendenze attraverso meccanismi nebulosi di devoluzione della giustizia in ambito privato, quali negoziazione assistita, mediazione e arbitrato, con ulteriore lievitazione di costi e con tempi di risoluzione delle controversie che non si prevedono più brevi. Insomma, questa riforma contiene in nuce tutte le premessa di una denegata giustizia. Persino la magistratura onoraria nelle sue diverse componenti, il cui prezioso apporto 56 nei settori civile, penale e dell’immigrazione, ha fin qui evitato il tracollo del sistema processuale, è tout court riversata in un unico calderone: l’Ufficio del processo. Viene demolito l’Ufficio del Giudice di Pace, privando di autonomia anche i giudici che lo compongono, destinati ad integrare in parte l’organico del Tribunale, che rimane però giudice di Appello per le sentenze emesse dai Giudici di Pace. A questi giudici sarà affidato e devoluto il 90% del contenzioso civile esistente, oltre quello penale e quello riguardante le espulsioni degli immigrati clandestini, (praticamente l’intero primo grado di giudizio), senza dignitosa retribuzione poichè vengono soppresse le c.d. indennità (sia pur misere e mai indicizzate dal 1991) a favore di non definiti emolumenti collegati al raggiungimento degli obiettivi stabiliti, di volta in volta, dai Presidenti dei Tribunali tenuto conto dei budget attribuiti dal Ministero ai singoli Tribunali. Scompaiono le minimali garanzie di terzietà ed indipendenza normate nella legge istitutiva del Giudice di Pace che, se pur vincitore di un concorso a titoli, è trattato quale mero sostituto del magistrato di ruolo, che potrà imporgli direttive nelle decisione e trattazioni dei processi. Nel ruolo dei Giudici di Pace confluirebbero, indistintamente, anche i GOT, cioè magistrati onorari, meri sostituti del Giudice togato, nelle funzioni dei colleghi togati, e che ricoprono la funzione solo per titoli. Una confusione quindi tra ruoli e funzioni di magistrati onorari, nonostante siano ben distinti tra loro con pari importanza e peculiarità a seconda delle funzioni svolte in attività giudicanti e requirenti, che anzichè migliorare l’attività giurisdizionale sminuirà la funzione della magistratura onoraria, grazie alla quale il sistema giustizia ha continuato finora a dare risposte. Una legge che pertanto aggrava la posizione della magistratura onoraria, negando ancor di più il diritto ad una giusta ed equa retribuzione che deve essere certa e predeterminata; alla previdenza e assistenza; alla indipendenza e terzietà del giudice, che in quanto detentore della funzione giurisdizionale non può essere “indirizzato” nella decisione o nella gestione del processo da altri. In altre parole, è una riforma inutile ed inefficace, che contiene diversi profili di incostituzionalità, che è contraria ad innumerevoli direttive del Consiglio Europeo (anche in relazione alla magistratu- ra onoraria), ma che soprattutto insiste a non considerare l’apporto dato dall’avvocatura al funzionamento del sistema Giustizia nelle funzioni giudicanti a supporto. Nella magistratura onoraria ormai quasi solo avvocati Anche sotto questo fronte il ruolo dell’Avvocatura viene dunque ad essere mistificato relativamente alla gestione del processo. Ed invero, non può trascurarsi che la magistratura onoraria, composta da GOT, VPO e GDP, è formata ormai solo da avvocati tenuti, tranne poche eccezioni, ad aggiornamenti obbligatori periodici a pena di revoca dall’incarico. Ed anche in tal caso l’opera svolta da appartenenti alla categoria forense vedono sottaciute le garanzie e guarentigie che dovrebbero derivare dallo svolgimento di una funzione resa in favore dello Stato e dei cittadini. Senza l’apporto dei GdP il sistema Giustizia sarebbe collassato da tempo. Purtroppo la stessa Avvocatura non ne rivendica il merito ed anzi si accanisce, a volte, contro la magistratura onoraria, quasi fosse un corpo estraneo invece che generosa espressione della classe forense. Quella presentata dal Ministro Orlando è dunque una riforma della giustizia deludente, che disattende tutte le istanze avanzate dalla magistratura onoraria, segnatamente l’aumento di competenze, il mantenimento dello stesso sistema retributivo, poiché incentivante della produttività del GDP, con l’aggiunta della previdenza ed assistenza sanitaria come previsto per legge per tutti i lavoratori. Ma è anche un riforma che non prevede un rinnovo delle risorse del personale amministrativo (ormai insufficiente da anni) e dei mezzi tecnici (desueti ed inservibili per l’avvio del processo telematico), che è punitiva proprio nei confronti di una magistratura onoraria che ha sempre funzionato con efficienza e con costi irrisori se paragonati agli altri capitoli delle spese di giustizia. È auspicabile, quindi una presa d’atto ed una levata di scudi anche da parte dell’Avvocatura a difesa della doman- da di giustizia del cittadino, e in difesa del ruolo della magistratura onoraria, i cui ruoli vedono una prima linea composta quasi solo da Avvocati. L’UNAGIPA (Unione Nazionale Giudici di Pace) ritiene oltremodo grave la situazione ed insopprimibile l’esigenza di difesa della dignità della funzione giurisdizionale e dell’efficienza degli uffici giudiziari. Per questo ha avviato una “procedura di raffreddamento” che prelude alla proclamazione delle astensioni dalle udienze ex art.7 del Codice di autoregolamentazione dello sciopero nei servizi pubblici, ritenendo, per quanto il dicastero della Giustizia la pensi diversamente, che vent’anni di lavoro continuativo non possono essere cancellati da alcuna legge o decreto legislativo di dubbia costituzionalità. ■ Venezia, il Tribunale ▲ 57 Assistenza forense: il nuovo Regolamento per l’erogazione dell’Assistenza di Nunzio Luciano La Commissione Riforma Assistenza alacremente, in tempi brevissimi dal suo insediamento, ha completato i lavori riguardanti la proposta di nuovo Regolamento per l’Assistenza, che andrà a sostituire quello attualmente in vigore deliberato dal Comitato dei Delegati e approvato con Ministeriale del 25 ottobre 2004 e successive modifiche approvate con Ministeriale del 24 luglio 2006 e Ministeriale del 20 maggio 2010. Il 18 luglio u.s. si è svolta in seno al Comitato dei Delegati la discussione generale sul testo elaborato dalla Commissione ed è stato programmato a settembre un incontro con gli Ordini e con le Associazioni di categoria affinchè dal confronto e dal dibattito possano scaturire nuovi spunti e nuove idee. Con la revisione del Regolamento si introducono nuove possibilità di intervento in favore dell’Avvocatura, in un quadro di profondi cambiamenti che la stanno pervadendo, quali la crescita esponenziale del numero degli iscritti, le difficoltà reddituali 58 legati alla attuale difficile congiuntura economica, la difficoltà per i giovani professionisti di trovare adeguato inserimento nel mondo dell’attività professionale, nonchè le rilevanti differenze di reddito tra i professionisti e le professioniste. Precipua finalità che si propone Cassa Forense per l’Assistenza è quella di realizzare una transizione da una concezione classica di sostegno agli iscritti in momenti di difficoltà, che quasi spesso può sfociare in forme di mero assistenzialismo ad una più moderna e dinamica che tenta prevalentemente di aiutare gli avvocati lungo tutto l’arco dello svolgimento dell’attività professionale, includendo l’intero mondo del professionista sia sul piano individuale che familiare. Occorrerà, pertanto, utilizzare al meglio i fondi riservati all’assistenza destinandoli in concreti interventi a sostegno della professione ed individuare accanto alle tradizionali forme di assistenza passiva, quali indennizzi per calamità naturali o per contributo spese funerarie, interventi di welfare attivo ad effettivo sostegno del reddito e della professione. Sono state individuate cinque macro aree di intervento riguardanti: le prestazioni in caso di bisogno, le prestazioni a sostegno della famiglia, le prestazioni a sostegno della salute, le prestazione a sostegno della professione e le prestazioni per spese funerarie. Tra le novità che verrebbero introdotte si segnalano i trattamenti a favore dei titolari di pensione diretta per gli avvocati ultrasettantenni con invalidità civile al 100% e che non siano titolari di assegno di accompagnamento, le erogazioni in caso di familiari non autosufficienti; le borse di studio per gli orfani e per i figli degli iscritti; gli interventi a sostegno della genitorialità; la previsione di polizze long term care e polizze per infortuni; agevolazioni di accesso al credito ed altre forme di intervento sotto forma di convenzioni stipulate al fine di agevolare o ridurre i costi di esercizio della professione. Da quest’ultimo punto di vista si segnala che Cassa Forense, oltre allo studio della riforma dell’assistenza, sta svolgendo un’attività di implementazione dei servizi messi a disposizione degli iscritti, al fine di agevolarne l’attività sia professionale che personale, ottenendo, in considerazione del cospicuo numero di iscritti, condizioni di assoluto favore dalle società convenzionate. ■ Alcuni servizi di Cassa Forense Polizza Sanitaria Convenzioni bancarie Sottoscritta, a seguito di gara europea, la nuova polizza di tutela sanitaria per “grandi interventi chirurgici e gravi eventi morbosi” con Unisalute, valida per il triennio 1.4.2014 – 31.3.2017, con onere economico a carico dell’Ente e, quindi, in forma gratuita ed automatica per tutti gli iscritti alla Cassa, con possibilità di estensione della medesima garanzia al nucleo familiare mediante versamento di un premio pari ad euro 140,00. La polizza prevede che la garanzia operi, in forma diretta o indiretta, in conseguenza di grande intervento chirurgico, grave evento morboso o per malattia oncologica. È stata, inoltre, sottoscritta con Unisalute una convenzione per la polizza sanitaria integrativa, con onere a carico dell’iscritto e possibilità di estensione al nucleo familiare, che prevede che la garanzia sia operante per tutte le forme di ricovero, con o senza intervento chirurgico, parto, alta diagnostica, visite specialistiche ed accertamenti diagnostici, long term care, check-up. Operative, allo stato, due convenzioni in ambito bancario, con Banca Popolare di Sondrio e con Banca Popolare di Vicenza. La convenzione con Banca Popolare di Sondrio prevede delle agevolazioni per l’erogazione di mutui ipotecari, la Forense Card, innovativa carta di credito che prevede tre linee di credito, anche per il pagamento dei contributi previdenziali, e l’anticipazione su liquidazione parcelle per difese d’ufficio. La convenzione con Banca Popolare di Vicenza prevede delle agevolazioni, sia per la sfera professionale che personale, per l’apertura di conto corrente, per affidamenti in conto corrente, per la dotazione del POS, per il remote banking e per i finanziamenti. Polizza RC Professionale Vigenti, allo stato, n. 5 convenzioni per la Polizza RC Professionale, per fornire agli iscritti una ampia possibilità di scelta delle soluzioni più idonee alle proprie esigenze. Corrispondenza on-line e multicanalità Sottoscritta con eMessage una convenzione per corrispondenza on-line e multicanalità; il servizio organizza in un’unica piattaforma telematica i principali canali di comunicazione utilizzati dai professionisti. Tramite la registrazione al software eMessage, gratuita e senza alcun canone, è possibile inviare le proprie comunicazioni direttamente da pc e tablet, in particolare: raccomandata (A.R.), posta prioritaria, posta massiva, corriere espresso, SMS, fax, e-mail Trasporto ferroviario Cassa Forense ha sottoscritto una convenzione con NTV S.p.A. (Italo Treno) per il trasporto ferroviario. La convenzione prevede un trattamento di sconto, valido su tutte le tratte, pari al 15% in ambiente “Club” su offerta “base” ed “economy” e del 7% in ambiente “Prima” su offerta “base” ed “economy”. Banche Dati La convenzione con Visura S.p.A. consente agli iscritti alla Cassa di accedere al servizio di consultazione delle Banche Dati della Pubblica Amministrazione on-line tramite un’unica registrazione. Le banche dati consultabili ed i servizi disponibili: Camere di Commercio, Catasto, Conservatoria, Pubblico Registro Automobilistico, servizio di sentenze on-line della Corte di Cassazione, invio delle sentenze in pdf della Corte di Cassazione, servizio informazioni investigative. Fatturazione elettronica Il servizio, offerto in convenzione da Teamsystem, ottempera alle disposizioni normative ed operative previste e permette di assolvere all’obbligo della emissione, trasmissione, conservazione e archiviazione esclusivamente in forma elettronica delle fatture emesse nei rapporti con la Pubblica Amministrazione. L’obbligo è effettivo dal 6 giugno 2014 per Ministeri, Agenzie Fiscali, Tribunali ed Enti Nazionali di Previdenza, mentre dal 31 marzo 2015 la disposizione si estenderà ai restanti enti nazionali. Il servizio di fatturazione elettronica di Teamsystem viene proposto a condizioni vantaggiose per gli iscritti Cassa con abbonamento “flat” per un massimo di 50 fatture, con possibilità di acquisto di ulteriori pacchetti da 50 fatture. Alberghiere Sono vigenti due convenzioni in ambito alberghiero, con NH Hotels e con Space Hotels. Tali convenzioni prevedono l’applicazione di un trattamento di sconto sulla miglior tariffa disponibile all’atto della prenotazione. Tutte le convenzioni sono riportate nell’area dedicata sul sito internet della Cassa 59 ANF TORINO L’ ANFTorinoPiemonte: qualità prima di tutto Con l’Assemblea generale del 9 settembre 2014 l’ANFTorinoPiemonte, sede di Torino dell’Associazione Nazionale Forense, ha rinnovato le cariche apicali eleggendo Mario Santoro quale Presidente e Arnaldo Narducci e Daniela Antonia Biancofiore Vice Presidenti, così riconoscendo loro, in particolare a Mario Santoro e Arnaldo Narducci, due dei soci fondatori, quel ruolo di trainatori che ha portato l’Associazione nel giro di soli tre anni ad annoverare tra i propri associati ben 180 colleghi. L’ANFTorinoPiemonte nasce perché all’inizio del 2011, Mario Santoro, mancando sul territorio piemontese un’associazione che si riconoscesse nei principi informatori dell’Associazione Nazionale Forense, si faceva promotore, dopo avere sentito 60 prima il collega Renzetti di Roma e poi l’allora responsabile della Comunicazione ANF, Milena Liuzzi di Taranto, della costituzione di un’articolazione territoriale dell’Associazione Nazionale Forense a Torino. Bisogna conoscere la realtà piemontese per poter capire le difficoltà e le diffidenze che si possono incontrare quando in questa regione, in qualsiasi campo o settore qualcuno propone di “fare” qualcosa di nuovo. Finalmente, l’11 aprile 2011 la costituzione dell’ANFTorinoPiemonte veniva formalizzata con la domanda di adesione all’Associazione Nazionale Forense della nuova realtà del Foro di Torino, approvata dal Consiglio Nazionale ANF il 7 maggio 2011. Lo scopo primario di un’Associazione Territoriale che non ha propria storia sul territorio deve essere quello di farne conoscere l’esistenza da un lato, trovare consensi e fare in modo che questi consensi crescano per veicolare al maggior numero possibile di Colleghi le attività e i deliberati dell’Associazione Nazionale, dall’altro. Il leit motiv che ha portato l’ANFTorinoPiemonte a crescere in poco tempo è stato mutato da una sorta di proverbio cinese: “Se devi entrare in un pentagono e tutti i lati sono occupati come fai ad entrarci? Scegli il sesto!.” Per questo ANFTorinoPiemonte ha scelto un modo di proporsi innovativo anche in attività – quella formativa – che altre associazioni svolgevano da tempo, basato sulla perfetta organizzazione e l’eccellente qualità dei relatori. Una simile scelta ha consentito di essere individuati come “affidabili” e ciò ha consentito che si potessero raggiungere quei risultati che si speravano. Quali sono i risultati conseguiti in tre anni di attività? Solo i numeri possono dare senso compiuto all’impegno profuso: 180 associati in tre anni; 61 eventi formativi organizzati, di cui 20 corsi sul processo telematico e 10 sulle notifiche a mezzo pec.; 3 delegati, tra i propri associati, al XXXI Congresso Nazionale Forense di Bari; 3^ posto a Torino alle elezioni delegati Cassa Forense con lista capitanata da Mario Santoro; 1 eletto nel Cda della Fondazione Avvocati Torino ove Arnaldo Narducci ha ottenuto oltre il 50% dei voti espressi; 11 delegati, tra i propri associati, al prossimo XXXII Congresso Nazionale Forense di Venezia e 4 Legal Party con la partecipazione in media di 250/300 colleghi. Adesso si pone il problema di come poter mantenere le posizioni acquisite e accrescerle per il futuro. Senz’altro il campo ove l’ANFTorinoPiemonte si spenderà ancora è la formazione, con accresciuto impegno. Cercherà di organizzare accanto ad eventi formativi singoli su argomenti specifici, incontri articolati su più giornate che diano ai partecipanti una visione, se non specialistica, sicuramente molto ampia e approfondita della materia trattata. Bisogna crescere ancora. Per ottenere questo risultato è necessario tenere uniti gli associati e fare in modo che essi possano crescere con il coinvolgimento di altri colleghi anche non associati. A tal fine già da un paio d’anni ANFTorinoPiemonte organizza i c.d. “direttivi allargati” ove oltre alla partecipazione dei membri del direttivo possono partecipare i soci e altri colleghi invitati dagli associati per far conoscere l’associazione. È indubbio che la conoscenza diretta fa cadere barriere e diffidenze. Questa modalità ha avuto come effetto l’avvicinamento di molti colleghi alla nostra realtà e molti di essi sono divenuti soci. Sempre nella stessa direzione e con lo stesso spirito, si sta procedendo a formare una squadra di calcio ANFTorinoPiemonte che parteciperà ai tornei con altre squadre di professionisti e magistrati. Lo stesso discorso si sta facendo con le altre discipline sportive. IL nuovo direttivo che è uscito dall’Assemblea del 9 settembre 2014 avrà certamente un bel da fare. La volontà c’è e, con essa la passione di tanti colleghi che credono ancora in questa meravigliosa professione e vogliono, con orgoglio, continuare a farne parte. Per questo ci siamo noi … c’è ANFTorinoPiemonte. ■ ANFTorinoPiemonte Presidente Mario Santoro Vice Presidenti Arnaldo Narducci Daniela Antonia Biancofiore Segretario Fabio Fracon Tesoriere Giuseppe D’Elia Componenti Simona Aloisi Andrea Battisti Alessandro Benvegnù Vittorio Camboni Giusy Cosentino Olga Maria De Cesare Fabiana Milone Fabrizio Reale Daniela Maria Rossi Comitato dei garanti Ennio Galasso (presidente) Irene Piccinni (componente) Carola Giacopelli ( componente) Consiglieri Nazionali Mario Santoro Arnaldo Narducci Paolo Pilone Sede: 10121 TORINO Via Giovanni Amendola n. 12 Tel. 011547165 – fax 0115132470 w w w. a n f t o r i n o. i t i n f o @ a n f t o r i n o. i t 61 ANF TORINO L’Avvocato al centro L’avvocato, oltre a doversi aggiornare quotidianamente, per le necessità della professione, per il suo lavoro, deve provvedere ad una serie di ulteriori incombenti, dei quali deve conoscere esistenza, contenuti e obblighi. Una qualsiasi associazione forense e, noi crediamo che , soprattutto, un’associazione come la nostra, deve porre l’avvocato al centro della propria attenzione per essere punto di riferimento e supporto. ANFTorinoPiemonte, ha creduto che un simile ruolo doveva assumere ed anzi lo ha posto come uno dei cardini della sua attività. Per questo sin dall’inizio ha incentrato buona parte della sua attività ad individuare le esigenze dell’Avvocato e a cercare di proporne le relative soluzioni. Già nel 2011 appena costituita, ANFTorinoPiemonte affrontava il tema del “Futuro dell’Avvocato”, in un evento molto parte- 62 Mario Santoro ▲ cipato al quale oltre al rappresentante del CNF, Enrico Merli , era presente anche il Segretario Nazionale ANF, Ester Perifano, che poneva già allora l’accento sulle criticità della futura legge professionale che, poi approvata, ha confermato i dubbi e i timori allora espressi. L’Avvocato al centro era stato parimenti il motivo dell’organizzazione del convengo nazionale di Torino del 5 marzo 2014 “Avvocati e Previdenza”, al quale partecipava, tra l’altro, l’allora Ministro del Lavoro Elsa Fornero. Sulla stessa scia “Tariffe, Parametri e Preventivi” che affrontava il tema delle liberalizzazioni delle Professioni a seguito degli interventi del Governo Monti. Approvata la riforma ordinamentale il 21 dicembre 2012, l’8 febbraio 2013, in occasione del primo Consiglio Nazionale ANF organizzato a Torino, la ATA, con la partecipazione di Mario Napoli, Presidente COA Torino, Sergio Paparo, Presidente COA Firenze, Gaetano Stella, Presidente Confprofessioni, Dario Greco presidente AIGA, e naturalmente Ester Perifano, ha organizzato un vivace dibattito moderato da Isidoro Trovato e introdotto da Mario Santoro, molto apprezzato dagli avvocati torinesi, dal titolo “LA RIFORMA” , affrontava il testo legislativo della Riforma Forense, Anche il tema delle “Società tra Professionisti” non poteva non essere affrontato dall’ATA torinese, sia per l’attualità dell’argomento che per i possibili sviluppi professionali che dalla sua eventuale applicazione potevano derivare. Il dibattito di altissimo livello per la qualità dei relatori, ha visto la partecipazione anche del rappresentante CNF, Enrico Merli e del Segretario Nazionale ANF Ester Perifano. ANFTorinoPiemonte con altri due eventi, anche questi partecipatissimi, attirava l’attenzione degli avvocati su due temi, il primo sull’antiriciclaggio, che gli avvocati debbono ben conoscere essendo loro imposto anche un registro a tal fine (Registro della clientela ai fini antiriciclaggio per professionisti) spiegato magistralmente dal T. Col. Nino Bixio (Formazione Guardia di Finanza) e l’altro sulla “Sicurezza Studi Legali” ove l’ing. Alessio Toneguzzo, consigliere referente commissione sicurezza Ordine Ingegneri e agli altri due esperti, ing. Fabrizio Mario Vinardi e Mauro Piacenza, spiegavano gli obblighi cui devono attenersi gli avvocati nei propri studi. L’importanza degli argomenti è emersa chiaramente quando molti avvocati hanno sentito il bisogno di complimentarsi pubblicamente ammettendo candidamente che non erano assolutamente informati di quanto avevano appreso nelle due occasioni formative. ■ Una storia di persone, di idee, di accadimenti e di entusiasmi non si sa mai come possa andare a finire, perché le associazioni sono come le persone: nascono, crescono, si ammalano, guariscono. Insomma cambiano. Di certo però tutto ha un inizio. L’esperienza del Sindacato Avvocati di Bologna non ha ancora – e confidiamo che non avrà per molto tempo - una data di scadenza, ma ha una data di inizio: quella del 19 dicembre 1980 In questi anni molte cose sono accadute, e a distanza di un po’ di tempo è ancora più apprezzabile l’intuizione di chi volle pubblicare l’opuscolo “Sindacato Avvocati di Bologna, i primi 25 anni”, tuttora scaricabile all’indirizzo web http://www. sindacatoavvocati.bo.it/download/storia-i_ primi_25_anni.pdf Lo sfogliare quelle pagine esime oggi dal dover narrare tanti anni in poche frasi e ricordare un quarto di secolo. Ma ogni articolo di quell’opuscolo ricorda persone e sforzi senza i quali il pur non positivo contesto attuale avrebbe potuto essere peggiore, almeno localmente. Veleggiando ora verso i 34 anni stiamo entrando in un’epoca che dovrebbe rappresentare la maturità dell’associazione, ed indubbiamente il momento attuale cristallizza una stagione di rinnovato entusiasmo e mobilitazione, aggregando Colleghi di varie età ed esperienze. Abbiamo un’impegnativa storia dietro le nostre spalle e con essa tanti Colleghi che partendo o passando dalle fila del Sinda- ANF BOLOGNA Una Storia di Sindacato cato hanno dato lustro e forza al Foro, dal Consiglio dell’Ordine all’OUA, dalla Cassa Forense ad ANF, e così via, Tutto questo è fonte di responsabilità e di impegno per chi vuole dare continuità al lavoro di molti. All’attualità il Sindacato Avvocati di Bologna si caratterizza per la presenza di una sede, utilizzata per piccole assemblee e riunioni di direttivo, ed aperta ai colleghi due volte alla settimana per le necessità di sportello. Un direttivo di dodici componenti costituisce l’organo politico locale e ad esso si affiancano i consiglieri nazionali ed un buon gruppo di almeno una quindicina di colleghi che, pur senza investiture o cariche, sono coinvolti nelle attività della sede. Schematicamente le nostre attività principali: Mailing list: per informare circa 3000 destinatari con mail periodi- Giovanni Delucca ▲ 63 ANF BOLOGNA Una Storia di Sindacato 64 che – almeno quattro o cinque alla settimana - delle iniziative, novità, problemi sia a livello nazionale che locale. Sito web: come punto di contatto, prenotazione eventi e raccolta di informazioni ed attività Sportello previdenza: per consentire agli Avvocati di ricevere informazioni previdenziali da parte di altri Colleghi esperti, che meglio di chiunque altro possono comprendere problemi e questioni. Convenzioni per gli iscritti: per l’accesso a tariffe convenzionate non solo ai servizi bancari ed assicurativi, ma anche all’acquisto di materiale di cancelleria, alle prestazioni sanitarie, ai punti di ristoro. Servizi per gli iscritti: tra i quali il più importante è sempre l’uso della cassetta per il ritiro atti all’ufficio notifiche, per evitare smarrimenti e ritardi e risparmiare tempo. Eventi formativi: concentrati negli ultimi tempi soprattutto sui temi della professione: ordinamento, deontologia, previdenza, politica forense, oltre alla tradizionale attività in materia penale sia sotto la denominazione Prassi Penale, sia in accordo con la Fondazione Forense Bolognese. Gli eventi sono pubblicizzati attraverso la mailing list ed il sistema di prenotazione on line è gestito sul sito internet del Sindacato, che predispone le liste degli ammessi e dell’attesa, con successiva stampa di fogli presenze ed attestati. Complessivamente vengono organizzati una media tra i 30 e i 40 eventi all’anno. Osservatori: partecipando attivamente e costantemente alle attività degli osservatori sulla giustizia sia civile sia penale, e questo presso il Tribunale ed anche presso il Giudice di Pace Organismi di rappresentanza forense: offrendo ai Colleghi del Foro Bolognese l’indicazione di candidati seri e disponibili a proseguire nel Consiglio dell’Ordine, nei Collegi di Disciplina, nel Comitato per le Pari Opportunità, alla CassaForense, al Congresso Nazionale Forense, il lavoro già avviato partendo dal Sindacato Da ultimo, e non per importanza, al Sinda- cato di Bologna piace da un lato incontrare i Colleghi, e dall’altro prendere posizione sui temi della nostra vita professionale. Sul primo punto è importante ricordare sempre quale è il fine e quale è il mezzo. La formazione, i servizi, la sede, sono mezzi per vedere persone, condividere pensieri, suscitare sensibilità e quindi per fare scouting e individuare i futuri dirigenti ed attivisti. Prendere posizione, invece, serve a ricordare a tutti, ed a noi per primi un elemento fondante della rappresentanza sindacale. La coesione di un gruppo sociale si basa essenzialmente sulla condivisione dei valori; ed i valori, per poter essere condivisi, devono prima essere elaborati, enunciati, diffusi e discussi. Mentre tutti ci parlano dei nostri doveri, che abbiamo ben chiari quanto meno per il loro peso nelle nostre vite, il Sindacato di Bologna vuole provare a partire dalla tutela dei diritti. Cominciando dai nostri Il Direttivo del Sindacato Avvocati di Bologna Associazione Sindacale degli Avvocati di Bologna e dell’ Emilia Romagna Aderente alla A.N.F. - Associazione Nazionale Forense Via Garibaldi n. 7 - 40124 - BOLOGNA - Emilia Romagna - Italia Telefono e fax: 051.330096 - [email protected] SPORTELLO PREVIDENZA DIRETTIVO Segretario: Giovanni Delucca (Osservatorio Giustizia Civile, Formazione, Auxilium) Flavia Masè Dari Dante Di Furia Piergiorgio Ognibene Bruno Sazzini Vicesegretario: Francesco Paolo Colliva (Responsabile Settore Penale, Formazione) Tesoriere: Bruno Sazzini (Fondazione Forense, UNEP) OSSERVATORI apertura SEDE Maurizio Andreotti (O.U.A. - Formazione) martedì IL ED IL giovedì DALLE 11 alle 13 Davide Bacchi (Segreteria, Amministrazione) Lorenzo Casanova (Convenzioni) Giangiorgio Cesarini (Osservatorio minori, Processo civile telematico, Confprofessioni) Pierluigi Cevenini (Gestione sito, Osservatorio Giudice di Pace) Flavia Masè Dari (Cassa Forense - Formazione) Sergio Palombarini (Settore Diritto del Lavoro, Gratuito Patrocinio) Vittorio Paolucci (Settori Diritto Amministrativo e Diritto Tributario) Roberto Vicini (Convenzioni) CONSIGLIERI NAZIONALI ANF Giovanni Delucca Maria Anna Alberti Maurizio Andreotti Lorenza Bond Michelina Grillo Vittorio Paolucci Bruno Sazzini Giustizia Civile Giovanni Delucca Maria Anna Alberti Vittorio Paolucci Giustizia Penale Giovanni Delucca Francesco Paolo Colliva Antonella Rimondi Giudice di Pace civile Pierluigi Cevenini Giudice di Pace penale Francesco Paolo Colliva Marco Salmon Francesco Calcatelli FONDAZIONE FORENSE Bruno Sazzini CONFPROFESSIONI Maria Anna Alberti PRESIDENTI e SEGRETARI 1980 – 1981 Achille Melchionda (Presidente) 1982 – 1985 Guido Turchi ,, 1986 – 1988 Gilberto Gualandi ,, 1988 – 1993 Giuliano Berti Arnoaldi Veli ,, sino al 1990 e poi Segretario 1994 – 1995 Sandro Callegaro (Segretario) 1996 – 1998 Michelina Grillo ,, 1999 – 2005 Bruno Sazzini ,, 2006 – 2008 Lorenza Bond ,, 2009 – 2013 Maria Anna Alberti ,, 2013 - Giovanni Delucca ,, Sito - http://www.sindacatoavvocati.bo.it/il-sindacato.php Contatti - http://www.sindacatoavvocati.bo.it/contatti.php Formazione - http://www.sindacatoavvocati.bo.it/eventi.php 65 ANF NAPOLI Sindacato Forense Napoli, 70 anni ma non li dimostra Il Sindacato Forense di Napoli festeggia 70 anni. Una bell’età non c’è che dire, un’età “importante”. Eppur la nostra Associazione, così ricca di esperienza, continua a raccogliere quell’entusiasmo, quella sete di novità, quello spirito di libertà di chi è ancor giovane. In me, che in questo momento ho l’onore di esserne il Segretario è forte l’emozione, ma anche la consapevolezza di non essere all’altezza dei miei predecessori che dal dopoguerra, negli anni, hanno guidato il nostro glorioso sodalizio, illuminandone il percorso con dignità e fierezza. Il Sindacato Forense è una comunità di professionisti che ha voluto rompere la tradizionale solitudine e il forte individualismo che spesso caratterizza la figura dell’avvocato. Una comunità che si alimenta delle relazioni, delle competenze, della reattività al cambiamento dei propri associati. Nell’aiutare i professionisti attraverso l’apprendimento e la formazione permanente, l’influenza e la rappresentanza sociale, il networking, il collegamento internazionale, lo studio e la riflessione costante sulla professione e sulla sua evoluzione. Invero, aderire ad un’associazione come la nostra significa “andare oltre” la richiesta di fornitura di un servizio, significa porsi innanzitutto la domanda “che cosa posso fare per l’associazione e non che cosa può fare l’associazione per me?”. Far parte della comunità significa anche potersi sperimentare e confrontare quotidianamente, all’interno di un sistema professionale sui nuovi strumenti della professione, sui propri skill relazionali, sulle modalità di erogazione della consulenza. La peculiarità della nostra Associazione è Il Tribunale della Vicaria di Napoli in un dipinto di C. Coppola (sec. XVII) ▲ 66 quella di adoperarsi per la costruzione di un’avvocatura omogenea e coesa, con crescita professionale e scambi di esperienza, nel segno del rispetto. Purtroppo i provvedimenti degli ultimi governi in materia di giustizia e processo, uniti alla recessione nazionale, stanno minando la capacità lavorativa: la nuova legge professionale presenta più ombre che luci, i costi connessi all’esercizio dell’attività professionali appaiono a dir poco esorbitanti. In questo momento ci troviamo a dover fronteggiare una condizione difficile, per molti versi drammatica, il futuro appare quanto mai incerto, ma restando uniti, con forza, riusciremo a migliorare quella vita professionale cui ci siamo dedicati con tanto entusiasmo. Giuseppe Camerlingo SINDACATO FORENSE DI NAPOLI Consiglieri Nazionali Giuseppe Camerlingo (Dirigente A.T.A.) Eugenio Pappa Monteforte Francesco Allocati Antonio Valentino Roberto Fiore (C.G.) Vincenzo Pecorella (C.G.) Alessandro Numis Francesco Mazzella (Direttivo Nazionale) Giuseppe Della Rocca (C.G.) Vincenzo Improta Vicepresidente A.N.F. ▲ Giuseppe Camerlingo Avv. Luigi Canale Presidente Delegato Cassa Forense Avv. Vincenzo Improta Avv. Eugenio Pappa Monteforte Segretario: legale rappresentante Avv. Giuseppe Camerlingo Delegato O.U.A. Avv. Vincenzo Improta Vice Segretari: Avv. Eugenio Pappa Monteforte Avv. Dario Borgia Tesoriere Avv. Francesco Allocati ▼ Nuovo Tribunale di Napoli Direttivo Avv. Antonio Valentino Avv. Raffaele Tortoriello Avv. Pietro Fusco Avv. Edoardo Borrelli Avv. Paolo Pannella Avv. Renato Veneruso Avv. Adriano Ruocco Collegio Probiviri Presidente: Avv. Domenico Borrelli Componenti Avv. Maria Licenziati Avv. Claudio La Rosa Avv. Ennio Schiavone Avv. Salvatore Caserta Revisori dei conti Presidente: Avv. Mario Barone Componenti Avv. Francesco Mazzella Avv. Francesco Flagiello Sede: Palazzo di Giustizia – Centro Direzionale Recapiti: Tel. 081 7342000 – 081 2130783 fax 081 7343391 [email protected] 67 La RASSEGNA DEGLI AVVOCATI ITALIANI ringrazia per la collaborazione: Palma BALSAMO Avvocato giuslavorista, patrocinante dinanzi alle magistrature superiori, iscritta al Foro di Catania, è presidente di Confprofessioni Sicilia. Già direttore della Rassegna degli Avvocati italiani. Giovanni BERTINO Avvocato dal 2008, svolge la professione forense prevalentemente nel settore della responsabilità penale del medico, del diritto penale e civile del lavoro e dei reati contro la Pubblica Amministrazione. Dal 2012 fa parte del Direttivo Nazionale dell’Associazione Nazionale Forense. Giovanni DELUCCA Avvocato cassazionista del Foro di Bologna, si interessa prevalentemente di diritto amministrativo. Segretario dell’Associazione Sindacale Avvocati di Bologna e dell’Emilia Romagna dal 2013, è consigliere nazionale dell’Associazione Nazionale Forense dal 2009 e componente del Direttivo Nazionale dal 2014. Mariaflora DI GIOVANNI Laureata in giurisprudenza, con master in Criminologia e Politica Criminale, è stata componente del Consiglio Giudiziario presso la Corte d’Appello dell’Aquila, formatore della Scuola Superiore della Magistratura, collaboratore tecnico della V Commissione Trasporti presso la Camera dei Deputati. Giudice di Pace a Chieti dal 2002, attualmente è Presidente Nazionale dell’Unione Nazionale Giudici di Pace. Paola FIORILLO Avvocato cassazionista del Foro di Salerno, svolge la professione prevalentemente in ambito societario e delle successioni. Responsabile del Sindacato Avvocati di Salerno dal 2010, è attualmente componente del Comitato Pari Opportunità del Foro salernitano e del Direttivo Nazionale dell’Associazione Nazionale Forense. 68 Nicoletta GIORGI Avvocato civilista, iscritta al Foro di Padova, è associata dello Studio De Martini-Ferrante e si occupa di diritto commerciale, societario e fallimentare. È attualmente Presidente nazionale dell’AIGA Associazione Italiana Giovani Avvocati, dopo esserne stata segretario della sezione di Padova, Coordinatore Triveneto e Tesoriere nazionale, Vincenzo IMPROTA Avvocato cassazionista iscritto al Foro di Napoli. Si occupa prevalentemente di civile e amministravo. Attivo nel mondo dell’avvocatura associata, è attualmente Presidente del Sindacato Forense di Napoli, nonché delegato dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura e Consigliere Nazionale dell’Associazione Nazionale Forense. Carmela Milena LIUZZI Avvocato civilista in Taranto, opera nel settore fallimentare ed espropriativo. Dal 1997 dirigente dell’associazione forense “Lucio Tomassini” ANF Taranto, di cui è stata Segretario nel biennio 2008-2010. Componente del direttivo nazionale ANF dal 2006 al 2012, responsabile della comunicazione e dell’area previdenza forense. Componente del Comitato di redazione della Rassegna degli Avvocati Italiani. Nunzio LUCIANO Avvocato cassazionista appartenente al Foro di Campobasso, con pregresse esperienze nell’ufficio legislativo del Ministero dell’Ambiente. Già responsabile della sede AIGA di Campobasso e coordinatore regionale. Dal 2005 delegato di Cassa Forense, ne è poi divenuto componente del CdA e vicepresidente vicario, prima di assumere la carica di Presidente dell’ente previdenziale per il biennio 2014-2016. Andrea NOCCESI Iscritto nell’albo degli avvocati di Firenze dal 1994, cassazionista dal 2007. Civilista, già docente in diritto civile alla Scuola Forense del Sindacato degli Avvocati di Firenze e Toscana, del cui Consiglio Direttivo è membro dal 2009. Attualmente è componente del Direttivo Nazionale dell’ANF. Luigi PANSINI Avvocato in Bari, con attività prioritaria rivolta al diritto fallimentare, collabora con scuole di formazione e riviste per problematiche inerenti le procedure concorsuali. È Segretario del Sindacato Avvocati di Bari e attuale componente del Direttivo Nazionale di ANF. Cesare PIAZZA Iscritto nell’albo degli avvocati di Firenze, cassazionista, è stato consigliere dell’Ordine di Firenze e delegato alla Cassa di Previdenza Forense. Già Segretario Generale della Federavvocati, è stato Presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura dal 1999 al 2000, vice-presidente dell’ANF dal 2006 al 2009 ed è attualmente Consigliere Nazionale ANF. Bruno SAZZINI Avvocato civilista in Bologna, iscritto all’albo delle magistrature superiori, ha svolto il proprio cursus honorum in ANF prima nel Direttivo locale e poi in quello Nazionale Ha ricoperto la carica di Segretario Generale dell’Associazione Nazionale Forense nel periodo 2008-2009, attualmente Consigliere Nazionale ANF. Mario SCIALLA Avvocato penalista, iscritto al Foro di Roma. Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Roma dal 20012, Responsabile dei dipartimenti della Disciplina, Difese di Ufficio e Patrocinio a spese dello Stato. Presidente della sede di Roma dell’ANF dal 2007 al 2009 nonché componente del Direttivo Nazionale dal 2009 al 2012. Attualmente è Consigliere Nazionale dell’ANF. Andrea ZANELLO Avvocato in Roma dal 1982, civilista, mediatore presso ADR Center dal 2010. Già membro della Commissione Media Conciliazione D. Lgs. 28/ 2010, partecipa al Progetto Lavoro del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma. Segretario dell’ATA - ANF Roma. Attualmente componente del Direttivo Nazionale di ANF. ● numero chiuso il 30 settembre 2014 XXXII CONGRESSO NAZIONALE FORENSE VENERDI’ 10 OTTOBRE (Palazzo del Cinema) 8.00 Apertura desk di segreteria presso il Palazzo del Cinema 9.30 Interventi programmati 13.30 Colazione di lavoro 15.00 Interventi programmati 17.00 Discussione e votazione delle mozioni statutarie 19.00 Chiusura lavori SABATO 11 OTTOBRE (Palazzo del Cinema) 8.00 Apertura desk di segreteria presso il Palazzo del Cinema 9.30 Discussione e votazione delle mozioni politiche 13.00 Colazione di lavoro 14.30 Elezione dei delegati dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura 19.00 Chiusura lavori c www. ongr oren essof ezia n e v se .it Segreteria Organizzativa Mirco Santi Viaggi s.r.l. Via Torino 151/A - 30172 Mestre (VE) T. 041 25 89 664 | F. 041 25 89 780 [email protected] Ordine degli Avvocati di Venezia Santa Croce 494 - 30135 Venezia T. 041 52 04 545 | F. 041 52 08 914 [email protected] Codice Fiscale: 80011950278 dal 1982 Convenzione Esclusiva ASSITA ASSOCIAZIONE NAZIONALE FORENSE 2014 LAW DIVISION www.assita.com www.associazionenazionaleforense.it Soluzioni Assicurative per l’AVVOCATO R.C. PROFESSIONALE - INFORTUNI R.C. PROFESSIONALE Giovane Avvocato Consigli dell’Ordine Società di Conciliazione SANITARIA PREVIDENZA - VITA www.anftv.it Legal Cover Plus, Nuova Polizza Avvocati Al via la R.C. Professionale Obbligatoria Assita, soluzioni assicurative per le esigenze di tutti gli avvocati Obbligatorietà Assicurativa, urge ridurre l’onerosità Assita: un nuovo Piano Sanitario per l’Avvocato MILANO - Via E. Toti, 4 (Piazza Conciliazione) ASSITA S.p.A. 20123 00192 ROMA - Via Paolo Emilio, 7 (zona Prati) RUI A000012675 (www.ivass.it) Capitale Sociale € 120.000 int. versato - Reg. Imprese Milano 203066 - REA 1066853 - CF/P.Iva 04937580159 PEC [email protected] - Telefono 02 48.00.95.10 r.a. FAX 02 48.01.22.95 - 48.18.897