ASSISTENZA ALLA GRAVIDANZA FISIOLOGICA: ANALISI E CONFRONTO DELLE LINEE GUIDA NICE CON QUELLE ITALIANE E LORO APPLICAZIONE Nicoletta Ansanelli, Ostetrica Paola Agnese Mauri, Ostetrica Daniela Calistri 1. SCOPO DELLA RICERCA L’idea di questa tesi è nata dopo aver partecipato ad un incontro di Mondostetrica durante il quale veniva presentata la figura dell’ostetrica inglese, il suo campo d’azione e la sua autonomia operativa. Lo scopo della ricerca è di mettere a confronto la figura dell’ostetrica italiana con quella inglese, soprattutto per quanto riguarda la loro autonomia operativa nella gestione e assistenza della gravidanza fisiologica. Partendo dal confronto delle linee guida nazionali italiane e inglesi e delle raccomandazioni internazionali per l’assistenza alla gravidanza fisiologica, viene delineato il punto di partenza nei due paesi, per poi verificare, attraverso i questionari alle donne in Italia e alle ostetriche con esperienza lavorativa in Inghilterra, quale sia la realtà nella pratica clinica nei due paesi. Viene proposta infine, l’identificazione degli elementi migliori e vincenti nelle due realtà, in modo da poter proporre un’assistenza ostetrica ideale, in cui la donna sia realmente e consapevolmente protagonista del suo percorso nascita. 2. LINEE GUIDA: cosa sono, come nascono e a quale scopo Secondo la definizione dell'Institute of Medicine statunitense, le linee guida sono "raccomandazioni di comportamento clinico, elaborate mediante un processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni di esperti, con lo scopo di aiutare i medici e i pazienti a decidere le modalità assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche"1. La storia delle linee guida nasce nel 1972 con la pubblicazione da parte di Archie Cochrane del trattato “Effective and Efficiency”. La prima funzione della linee guida è di educazione, formazione ed aggiornamento in quanto queste rappresentano una sintesi critica delle informazioni scientifiche disponibili sulla efficacia degli interventi sanitari. Seconda funzione è quella di rendere possibile il monitoraggio della pratica clinica individuando i comportamenti clinici più appropriati, il loro utilizzo ed i conseguenti risultati ottenuti. Terza funzione è la promozione del miglioramento continuo dell’attività assistenziale in quanto le linee guida sono fondamentali strumenti a base di una azione di governo clinico. Le linee guida orientano ad una attività clinica più omogenea riducendo la variabilità dei comportamenti. 1 Institute of Medicine. Guidelines for clinical practice: from development to use. Washington DC; National Academic Press, 1992. 1 LINEE GUIDA NICE Nel 1999 in Gran Bretagna nasce il National Institute Of Health And Clinical Excellence, con lo scopo di stilare linee guida nazionali per la promozione della salute, che diventeranno degli standard di riferimento di alta qualità nell’assistenza sanitaria a livello mondiale. Le prime linee guida per l’assistenza alla gravidanza fisiologica “Antenatal care. Routine care for the healthy pregnant woman” vengono stilate nel 20032. Sono rivolte a qualsiasi operatore sanitario che venga coinvolto nell’assistenza alle gravide, ma anche alle donne stesse che, possono partecipare in prima linea alla gestione del loro percorso nascita. Le linee guida sono state stilate da un gruppo di professionisti, composto da due ostetriche, due ginecolgi, un ecografista, un neonatologo, due rappresentanti dell’utenza. L’ultimo aggiornamento con relative revisioni risale al 2008. LINEE GUIDA NAZIONALI DI RIFERIMENTO “Praticare una buona medicina, è un compito estremamente impegnativo e difficile per una serie di motivi. Uno di questi è che la quantità di nuove conoscenze prodotta ogni anno in campo biomedico rende difficile, almeno per il medico che non opera in un campo iperspecialistico, prendere sistematicamente le proprie decisioni basandole sulle migliori prove scientifiche disponibili.3” Da ciò nasce in Italia l’esigenza di poter disporre di linee guida e raccomandazioni basate su revisioni sistematiche della letteratura, che consentano di prendere decisioni razionali basate sulle prove di efficacia, riducendo al minimo la variabilità individuale nelle scelte cliniche, legata alla carenza di conoscenze e alla consuetudine. Vengono pubblicate così nel 2004 le linee guida nazionali di riferimento per l’assistenza alla gravidanza e parto fisiologico. Queste raccomandazioni sono state elaborate da un gruppo di esperti provenienti dalle maggiori società scientifiche, come ostetrico-ginecologi, neonatologi, anestesisti, epidemiologi e ostetriche. RACCOMANDAZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ Nel 1996, un gruppo di lavoro dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità ha prodotto un documento nato dall’esigenza di valutare le procedure routinarie eseguite nell’assistenza alla gravidanza, cercando di valorizzare quelle effettivamente valide e basate su evidenze scientifiche. 2 Antenatal care. Routine care for the healthy pregnant woman. Nice 2003 L. Pellegrini, direttore dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali. Presentazione alle linee guida di riferimento nazionali: assistenza alla gravidanza e al parto fisiologico. 3 2 Nel 2002 vengono redatte dall’OMS delle raccomandazioni “WHO Antenatal care randomized trial: manual for the implementation of the New Model”, basate su un nuovo modello di cure antenatali, che limita il numero delle visite e degli esami diagnostici al numero che è stato provato dalle evidenze scientifiche essere quello che migliora l’outcome materno fetale. I risultati degli studi effettuati su questo trial dimostrano che non vi è significativa differenza tra il modello standard e il nuovo del 2002 a livello di comparsa delle principali patologie gravidiche. Questo fa si che il suddetto documento diventi il nuovo riferimento del modello di assistenza dell’OMS. L’OMS afferma: “Il fine di una moderna medicina perinatale è quello di ottenere una mamma e un bambino in perfetta salute con il livello di cure più basso compatibile con la sicurezza.4” 3. MATERIALI E METODI Sono state analizzate e poste a confronto le linee guida Nice, (“Antenatal care. Routine care for the healthy pregnant woman”) e quelle di riferimento nazionali, (“Assistenza alla gravidanza e al parto fisiologico”), per avere un’idea d’insieme su come vengono progettati gli interventi assistenziali nei due paesi. Sono state analizzate anche le raccomandazioni dell’organizzazione mondiale della sanità, “WHO Antenatal care randomized trial: manual for the implementation of the New Model”. Prendendo in considerazione i principali atti assistenziali che vengono analizzati nelle linee guida, è stato poi stilato un questionario, che potesse mettere in luce come e da chi è stata seguita la gravidanza di donne a termine di gravidanza o puerpere afferenti alla clinica Mangiagalli di Milano. Unico criterio di esclusione è stata la presenza di problemi per i quali la gravidanza non potesse più essere considerata fisiologica. Per ottenere un confronto con la realtà inglese è stato formulato in seguito un questionario da proporre via e-mail a ostetriche che avessero avuto esperienza lavorativa in Gran Bretagna. Il numero dei questionari è molto esiguo, ma comunque può essere preso in considerazione per avere un’idea di confronto. 4. ANALISI DEI RISULTATI ANALISI E CONFRONTO DELLE LINEE GUIDA Il confronto delle linee guida Nice e di quelle ministeriali non è stato semplice in quanto i due documenti, pur affrontando le stesse argomentazioni principali, sono stati stilati con un’impronta differente. Nonostante entrambe le linee guida trattino dell’assistenza alla gravidanza fisiologica, quelle inglesi sono improntate puramente sulla fisiologia, cosa 4 WHO Care in Normal Birth: a pratical guide. 3 differente per quelle italiane. Sono state quindi analizzate le due singolarmente e messi a confronto i punti paragonabili. Le linee guida Nice, basandosi sul presupposto che la gravidanza è un processo normale e fisiologico, si prefiggono lo scopo di essere anche una guida informativa accessibile alle donne che volessero consultarla; utilizzano un linguaggio abbastanza semplice, mantenendo sempre il più possibile la descrizione di ciò che è la fisiologia; fondamentale per queste raccomandazioni è infatti che l’assistenza sia woman-centred. Alla gravida inglese viene proposto un modello assistenziale nel quale il medico della mutua verifica la buona salute della donna e affida la sua assistenza a un’ostetrica. Le linee guida Nice sostengono che l’intervento del ginecologo nell’assistenza a una gravidanza fisiologica non migliori l’outcomes perinatale, quanto questo avvenga nel caso insorgano invece delle complicazioni. Per la linee guida del Ministero della Salute italiana “La gravidanza ed il parto pur essendo eventi fisiologici possono complicarsi in modo non sempre prevedibile e con conseguenze gravi per la donna, il feto ed il neonato”. La gravidanza quindi, anche quella fisiologica, necessita di una supervisione medica, laboratoristica e strumentale in quanto potrebbe in qualsiasi momento deviare dalla fisiologia. L’importanza comunicativa e relazionale per l’assistenza alla gravida non viene neanche presa in considerazione dalle linee guida italiane, che utilizzano un approccio più distaccato, un linguaggio più tecnico e di difficile comprensione se non per gli operatori sanitari, risultando a primo impatto un manuale, seppur molto valido, più specifico per medici nella gestione della gravidanza sotto il punto di vista puramente clinico. Per quanto riguarda l’OMS è stato preso in considerazione il nuovo modello di assistenza alla gravidanza, “WHO Antenatal Care Randomized Trial: Manual for the implementation of the New Model”, che riduce al minimo il numero degli interventi eseguiti in gravidanza. Questo documento ricalca abbastanza quello del Nice, in quanto il concetto di base è il fatto che l’operatore sanitario debba partire dal rispetto della donna, anche nelle cose più semplici, come la gentilezza, la disponibilità e l’ascolto; sottolinea l’importanza dell’attenzione posta a tutte quelle situazioni che devino dalla fisiologia, ma anche a tutte quelle attenzioni da fornire alla donna per renderla il più autonoma possibile nella gestione della sua gravidanza. ANALISI DEI QUESTIONARI: le donne in Mangiagalli Nel periodo da fine settembre a inizio novembre 2010, sono stati consegnati 200 questionari all’interno della clinica ostetrico-ginecologica Mangiagalli di Milano, alle degenti dei reparti di sala parto, puerperio e puerperio Santa Caterina. Di questi 143 sono stati riconsegnati e ne è stata fatta l’analisi e l’interpretazione. Le donne selezionate erano a termine di gravidanza o puerpere, l’età media rilevata è di 31,4 anni con un livello d’istruzione medio alto; unico criterio di esclusione è stata la presenza di problemi in gravidanza, per i quali la stessa, non potesse più essere considerata fisiologica. Il questionario è composto da 23 domande, alcune con risposta chiusa, a scelta tra diverse possibilità, altre a risposta libera, a seconda di ciò che è risultato più idoneo al 4 quesito posto. Le seconde sono state divise in classi di risposte similari, prima di procedere all’analisi percentuale. Le domande sono state analizzate ottenendo i seguenti risultati: • Le prime volevano mettere in evidenza quali operatori sanitari vengono scelti dalle donne per occuparsi della loro gravidanza e perché. Schematizzando i risultati si può affermare: - il 72% ha scelto come operatore un ginecologo privato. - Il 19,6% quello di una struttura pubblica. - Il 4%, quello di un consultorio. - Il 3% un’ostetrica di una struttura pubblica. - Lo 0,7% quella di un consultorio. - Lo 0,7% ha scelto altro operatore. Nessuna delle 143 donne prese in analisi ha dichiarato di aver scelto un’ostetrica privata. Per quanto riguarda la motivazione che le donne riportano riguardo la loro scelta, il 35,6% aveva già un ginecologo di fiducia, che mantiene anche per la gravidanza, al 27,3% invece viene consigliato da conoscenti o amici. Nel 10,5% dei casi le donne scelgono in base alla “fama” di un ginecologo o ospedale di essere bravi o particolarmente professionali. Il 9,8% dichiara di proseguire con lo stesso operatore che ha seguito gravidanze precedenti, mentre l’8,4% si basa su fattori di comodità, sia come luogo che come tempistiche per gli appuntamenti e la reperibilità: “il ginecologo che ho scelto è reperibile 24 ore su 24”. Infine il 4,2% dichiara che l’operatore le è stato assegnato “a caso”, dopo essersi rivolta a una struttura pubblica o un consultorio. Il 4,2% delle donne analizzate non risponde alla domanda. Queste due domande sono nate dall’esigenza di capire quale sia la visione delle donne riguardo l’operatore sanitario più adatto ad accompagnarle durante la gestazione. Dalle linee guida Nice e dalle esperienze inglesi analizzate si evince che in Inghilterra il sistema è più omogeneo, nel senso che le donne, quando sospettano una gravidanza fanno una visita dal medico della mutua che le indirizzerà verso l’assistenza di un’ostetrica o di un medico ginecologo a seconda del suo stato di salute. In Italia invece questa suddivisione delle donne in alto e basso rischio non si evince, in quanto la grande maggioranza, il 95,6%, prende comunque come punto di riferimento il medico ginecologo. • Il 94,4% delle donne sapeva di essere gravida alla prima visita e alla domanda su quali segni o sintomi le abbiano fatto pensare a questa possibilità, il 75,5% risponde il mancato arrivo del ciclo mestruale, che ha portato il 55% di queste ad eseguire un test di gravidanza, di quelli acquistati in farmacia. Il 10,4% delle donne che sapevano di essere gravide riporta sintomi quali nausea e stanchezza, alcune delle quali sottolineando comunque la mancata mestruazione. Il 9,7% dichiara come sintomo principale il turgore e gonfiore al seno, mentre l’1,4% riporta insieme tutti i sintomi elencati. Non rispondono alla domanda il 3% delle donne. 5 • La domanda successiva ha creato forse un po’ di confusione nelle donne, o non è stata posta chiaramente. “L’operatore sanitario che ha seguito la sua gravidanza ha accettato la sua diagnosi?”. Per quanto riguarda il 16,8% che dichiara di no, l’esame che viene effettuato con maggior frequenza per verifica della diagnosi stessa è l’ecografia nel 50% dei casi, seguito da test di gravidanza e esame delle βHCG nell’8,3% dei casi; nel 33,4% dei casi dichiarano di aver eseguito sia l’ecografia che uno degli altri due test proposti nelle risposte. Il dubbio sulla comprensione della domanda si pone nell’analisi delle donne che dichiarano che l’operatore sanitario ha accettato la loro diagnosi, (83,2%) in quanto, se così fosse, non avrebbe dovuto far nessun altro accertamento per confermarla, invece il 35,3% dichiara di essere stata sottoposta a esami di verifica, che nello specifico sono stati l’ecografia per il 52,5%, il test di gravidanza per il 9,5%, l’esame per le βHCG per il 7%, altro per il 2,4% e l’ecografia con uno degli altri test per il 28,6%. • Per quanto riguarda il numero degli incontri in gravidanza l’intervallo che si ricava dalle risposte ai questionari va da un minimo di 4 a un massimo di 12 incontri; il 2% delle donne non fornisce alcuna risposta. Per la varietà e il numero delle risposte i risultati sono stati suddivisi in intervalli come segue: - tra 4 e 6 incontri il 15,4%. - Tra 7 e 9 incontri il 55,3%. - Tra 10 e 12 incontri il 27,3% La maggioranza delle donne, il 55,3%, riporta tra 7 e 9 incontri. Si evince che come numero di visite non ci si discosta molto da quello consigliato sia dal Nice che dal Ministero italiano. Infatti, come specificato nell’analisi delle stesse , le linee guida Nice consigliano un numero di 7 visite per le pluripare e 10 per le nullipare, mentre quelle ministeriali lasciano un range di scelta tra 5 e 8 incontri. • La durata degli incontri è stata analizzata con una domanda a risposta multipla, suddividendo in intervalli di tempo compresi tra un minimo di circa 15 minuti e un massimo di più di 60 min. Il tempo dedicato al singolo incontro risultato più frequente è quello compreso tra 15 e 30 minuti, 55,9%, seguito da quello compreso tra 30 e 60 minuti, 30%; il 7,8% ha dichiarato che gli incontri durano circa 15 minuti e il 6,3% 60 minuti. Nessuna donna dichiara incontri che durino più di 60 minuti o “altro”. • Sono state poi stilate diverse tipologie di incontri, partendo da ciò che le linee guida Nice e OMS suggeriscono, cercando di riadattarli all’esperienza clinica italiana. Per una più chiara esposizione vengono di seguito riportate le possibilità di risposta formulate: 1. In tutti gli incontri veniva eseguita, oltre al controllo degli esami anche l’ecografia e l’esplorazione vaginale, lasciando comunque sempre uno spazio adeguato a domande e dubbi. 2. In tutti gli incontri veniva eseguito il controllo degli esami e quando necessario anche la visita vaginale e l’ecografia, lasciando comunque sempre uno spazio adeguato a domande e dubbi. 6 3. In tutti gli incontri veniva eseguita, oltre al controllo degli esami anche l’ecografia e l’esplorazione vaginale, senza che ci fosse il tempo adeguato per le domande e per le spiegazioni riguardanti i miei dubbi 4. In tutti gli incontri veniva eseguito il controllo degli esami e quando necessario anche la visita vaginale e l’ecografia, senza che ci fosse il tempo adeguato per le domande e per le spiegazioni riguardanti i miei dubbi. Solo il 21% risponde con il secondo modello, che è quello che si avvicina di più a quello consigliato dal Nice e dall’OMS, mentre il 77% risponde con il primo modello, nel quale, oltre al controllo degli esami, viene anche eseguita l’ecografia e l’esplorazione vaginale a ogni visita. Il restante due percento risponde le altre due tipologie. Se, come specificato in precedenza, per il numero di incontri non si differisce molto da quelli consigliati da entrambe le linee guida, per quanto riguarda la tipologia, le considerazioni da effettuare sono differenti. La tipologia 2, quella che si avvicina maggiormente a quella Nice, (nonostante gli esami ematici non vengano eseguiti di routine e l’esplorazione vaginale non sia mai prevista), non è quella scelta dalla maggior parte delle donne, nonostante anche le linee guida italiane dichiarino che un numero tanto elevato di ecografie e esplorazioni vaginali non migliori l’outcome materno-fetale. Il numero indicato dagli studi considerati nelle linee guida italiane come ecografie da effettuare nel terzo trimestre di gravidanza è di una. • Per quanto riguarda le ecografie effettuate durante la gravidanza queste vengono analizzate per quanto riguarda il loro numero e le spiegazioni che vengono date dall’operatore sanitario riguardo il loro significato ed utilità. l risultati riguardo al numero delle ecografie sono compresi in un intervallo che va da 3 a 13, per la varietà e il numero delle risposte i dati sono stati suddivisi in intervalli come segue: - 3 ecografie il 4,9% delle donne. - 4-6 ecografie il 27,3%. - 7-9 ecografie il 40,6%. - 10-12 ecografie il 25,1%. - 13 ecografie il 0,7% L’1,4% delle donne non risponde. • L’81% delle donne dichiara di aver ricevuto informazioni riguardo il significato delle ecografie, ma alla domanda che richiede che cosa sia stato spiegato il 19% di queste non risponde. La restante percentuale dà risposte vaghe e poco complete, ma comunque ben suddivisibili in gruppi di tipologie di risposta. Il 57,8% risponde che l’operatore sanitario ha spiegato che le ecografie servono per verificare la crescita del feto, il suo stato di benessere, la crescita e il funzionamento corretto dei vari organi fetali; solo il 9% di queste parla anche di placenta e liquido amniotico. Il 12% dichiara invece che le è stato spiegato di volta in volta che cosa si poteva vedere nello schermo dell’ecografo e il 6% risponde: “Mi ha spiegato il perché si fanno e a cosa servivano”. La piccola percentuale rimanente dichiara che servono per testare l’andamento della gravidanza o solo per vedere malformazioni fetali. 7 Si riportano alcune risposte delle donne: “Le ecografie servono a monitorare la vitalità del feto, lo stato di salute e la crescita”. “Tengono sotto controllo la crescita del feto” “Mi spiegava passo dopo passo cosa si vedeva nello schermo” • Si chiede poi quante esplorazioni vaginali siano state eseguite in gravidanza e si identifica un intervallo compreso tra 1 e 12. I dati sono stati suddivisi in intervalli come segue: - 1-3 esplorazioni vaginali il 11,9% delle donne. - 4-6 esplorazioni vaginali il 27,2%. - 7-9 esplorazioni vaginali il 44,9%. - 10-12 esplorazioni vaginali il 14%. Il 2% delle donne non risponde. Come per il numero delle ecografie la percentuale maggiore indica 7-9 esplorazioni, (“una ogni incontro mensile”). Questi dati emergono nonostante le linee guida italiane non si esprimano riguardo un numero di esplorazioni e il Nice evidenzi che non è consigliata l’esplorazione vaginale come atto assistenziale di routine, essendo dimostrato che con essa non possa essere determinata accuratamente né l’età gestazionale, né il rischio di parto pretermine, né eventuali sproporzioni cefalo-pelviche. • Le domande successive hanno lo scopo di capire quante donne effettuano test non invasivi di diagnosi prenatale, quali e perché prendono questa decisione. Il 49,6% effettua test non invasivi, di cui il 40,8% solo il duo test, il 12,7% solo la traslucenza nucale, il 35,5% entrambi. Il restante 11% effettua il tritest. Per quanto riguarda la motivazione della scelta sono state stilate cinque possibilità partendo dal presupposto che le linee guida, soprattutto quelle Nice, specificano l’importanza del fatto che i test di diagnosi prenatale debbano essere una scelta meditata della coppia e non essere proposti dall’operatore né come esami importanti né di routine. Vengono riportate di seguito le possibilità di risposta con le relative percentuali26: 1. E’ stata una mia scelta, meditata dopo che il medico mi ha spiegato in maniera esauriente tutte le possibilità, l’utilità dei test, i loro rischi e la valenza dei risultati. 71,8%. 2. Mi sono stati proposti come esami di routine e li ho eseguiti. 10,4%. 3. Era già una mia scelta eseguirli. 14,2%. 4. Sono stata convinta dal medico che li riteneva importanti. 3,6%. 5. Altro • La stessa analisi viene fatta per i test invasivi di diagnosi prenatale. Si può notare come meno donne vi ricorrano, sebbene la percentuale sia comunque non esigua, 38%. Di queste il 63% ricorre all’amniocentesi e il 37% alla villo centesi. Sono state utilizzate le stesse possibilità della domanda precedente riguardo la motivazione della scelta e si può notare come qui l’85,3% dichiari che è stata una sua scelta, meditata dopo consulto con l’operatore sanitario, 59,3% risposta 1, o già presa in precedenza, 26% risposta 3. C’è anche qui una percentuale del 14,7% che dichiara di essere stata convinta dal medico, perché ne ha 8 sottolineato l’importanza, 12% risposta 4, o li ha proposti come esami di routine, 2,9% risposta 2. Meno donne ricorrono a esami invasivi di diagnosi prenatale e una maggior percentuale aveva già preso questa decisione prima di rivolgersi all’operatore sanitario. Per quanto riguarda le donne che dichiarano di essere state convinte dal medico, le percentuali totali sono sovrapponibili, ma gli esami non invasivi vengono proposti più spesso come esami di routine, rispetto a quelli invasivi. Tutto questo viene sottolineato per l’importanza che le linee guida del Nice danno al couseling per la diagnosi prenatale; la scelta spetta alla coppia, supportata dall’operatore sanitario, che fornisce tutte le informazioni necessarie a una scelta libera e serena. • Viene presa in considerazione la scelta del luogo del parto e se questa sia stata discussa con l’operatore sanitario. Il 70% delle donne dichiara di non averne discusso con l’operatore, il 63% perché già sapeva dove avrebbe voluto partorire. Nel 18,8% dei casi è l’operatore stesso a proporre la struttura dove lavora, mentre solo nell’11,2% dei casi la donna discute dell’argomento con l’operatore e riceve le informazioni necessarie per scegliere. Questo argomento non viene affrontato dalle linee guida ministeriali, mentre il Nice sottolinea l’importanza della scelta del luogo del parto. Alle donne inglesi, vengono fatte diverse proposte, tra cui anche il parto al domicilio quando possibile, perché la gravida possa scegliere il meglio per lei a seconda delle sue aspettative e del decorso della sua gravidanza. • Viene chiesto alle donne quanti e quali esami ematici ha eseguito in gravidanza e quali informazioni le ha dato l’operatore sanitario rispetto agli stessi. L’analisi di queste risposte non è stata semplice; alla prima domanda “quanti e quali” il 20,3% delle donne non risponde, il 42,7% indica solo un numero, di cui il 50% è 9 (“ogni incontro mensile”) e il 17,5% risponde “quelli prescritti, di routine”. Il restante 19,5% prova a fare un elenco degli esami effettuati, ma confuso e impreciso nella maggior parte dei casi; sono sempre comunque presenti l’emocromo e i virologici, in molti casi espressi solo con “esame per HIV e il resto…”. Il 73,4% delle donne dichiara che l’operatore sanitario le fornisce informazioni sugli esami ematici che le vengono eseguiti, ma alla domanda “se si quali informazioni le ha dato?” il 29,5% non risponde e le risposte della restante percentuale sono confuse e semplicistiche per la maggior parte. Il 31,4% risponde che l’operatore le spiega l’importanza e l’utilità degli stessi, il 15,3% invece che sono esami di routine quindi importanti da eseguire. Solo il 5,7% delle donne dichiara che vengono spiegati i vari valori degli esami, cosa significano e cosa succede se non fossero nei range di normalità, mentre il restante 18,1% cerca i descrivere quali siano nello specifico gli esami effettuati, ma con risultati poco analizzabili. Per tutti i principali atti assistenziali proposti in gravidanza, (ecografia, esplorazione vaginale ed esami ematici), si nota come in Italia ci si discosti numericamente dalle indicazioni delle linee guida. Ci si interroga sul perché, se realmente gli operatori li ritengono necessari o se sono solo una forma di quell’”ostetricia difensiva” dietro la quale molti si tutelano, visto l’ingente aumento dei contenziosi medico legali. 9 • Nelle tre domande successive si indaga su come l’operatore sanitario si ponga di fronte ad argomentazioni quali l’alimentazione in gravidanza, lo stile di vita e i sintomi che potrebbero insorgere. Per quanto riguarda l’alimentazione il 92% delle donne dichiara che l’operatore sanitario fornisce informazioni sulla corretta alimentazione in gravidanza, (70% “molto chiaramente”, 22% “di sfuggita”). Le donne a cui non sono state fornite informazioni o solo di sfuggita dichiarano per il 25% di non cercarle comunque da nessuna altra fonte. Tra quelle invece che le cercano non spicca una fonte di informazioni che predomini sulle altre. Quello che trova maggiore afferenza è internet, mentre le mamme sono una delle fonti meno ricercate, questo a dimostrare ancora una volta quanto ci si stia staccando dall’idea tradizionale del sapere tramandato tra donne. Anche un 16% delle donne a cui le informazioni sono state date molto chiaramente ricercano riscontri in altre fonti. Stessa analisi viene effettuata per le domande sulle informazioni che le donne ricevono riguardo allo stile di vita migliore da adottare durante la gravidanza: l’89,5% delle donne dichiara che l’operatore sanitario fornisce informazioni sull’argomento, (70,6% “molto chiaramente”, 18,9% “di sfuggita”). Le donne a cui non sono state fornite informazioni o solo di sfuggita dichiarano per il 20% di non cercarle comunque da nessuna altra fonte. Ben il 41,5% delle donne a cui le informazioni sono state date molto chiaramente ricercano comunque riscontri in altre fonti. Per quanto riguarda le informazioni date dall’operatore sanitario su come vivere serenamente i sintomi che possono presentarsi durante la gravidanza, l’analisi delle risposte è la stessa. L’83,9% delle donne dichiara che l’operatore sanitario fornisce informazioni sull’argomento, (72,7% “molto chiaramente”, 11,2% “di sfuggita”). Le donne a cui non sono state fornite informazioni o solo di sfuggita dichiarano per il 30,3% di non cercarle comunque da nessuna altra fonte. Ben il 50% delle donne a cui le informazioni sono state date molto chiaramente ricercano comunque riscontri in altre fonti, che sono le stesse utilizzate per l’alimentazione e lo stile di vita. Le linee guida Nice sottolineano l’importanza di fornire informazioni per l’alimentazione corretta, anche se si soffermano poco sull’argomento, se non per consigliare eventuali supplementazioni; le linee guida ministeriali però non sono da meno, in quanto i consigli dati riguardano le modificazioni metaboliche come ipoglicemia a digiuno e l’iperglicemia postprandiale. Viene consigliata se necessaria una terapia antiemetica, specificando i farmaci adatti. Per quanto riguarda invece lo stile di vita entrambe le linee guida prendono in considerazione l’importanza delle informazioni e dei consigli dati alle donne, specialmente per quanto riguarda l’assunzione di medicinali, l’esercizio fisico, la possibilità di affrontare viaggi, sui rapporti sessuali e sull’utilizzo di alcool, fumo e droghe. Abbiamo visto dall’analisi delle linee guida che, ancora una volta il Nice entra più nello specifico di questi argomenti, che per quanto riguarda i sintomi non vengono proprio trattati dal Ministero italiano, ma non avendo chiesto alle donne quali informazioni vengono date, non si può fare un’analisi precisa dell’applicazione delle linee guida riguardo l’argomento. Interessante sarebbe effettuare uno studio per capire quale qualità di informazioni vengono fornite, capire se effettivamente le donne che rispondono di averle ricevute chiaramente hanno una visione corretta. 10 • Il 47,5% delle donne ha partecipato a un corso di accompagnamento alla nascita, la cui frequenza le è stata consigliata dall’operatore che segue la sua gravidanza solo nel 29,4% dei casi. Nel 44,1% dei casi le donne hanno cercato da sole informazioni a riguardo e nel 26,5% dei casi da amiche o altro. Questo rispecchia come nelle linee guida italiane non si parli per niente della possibilità di consigliare alle donne la partecipazione a un corso di accompagnamento alla nascita, mentre nelle linee guida Nice questo sia specificato come argomento da trattare in uno degli incontri con le donne; si dà importanza al fatto che potrebbe essere un modo ottimale per confrontarsi con altre future mamme e avere la possibilità di condividere e risolvere dubbi e domande. • Per quanto riguarda le informazioni date dall’operatore sanitario su come vivere serenamente l’allattamento al seno, l’analisi delle risposte è la stessa utilizzata per gli altri consigli dati alle donne, ma solo il 41,3% delle donne dichiara che l’operatore sanitario fornisce informazioni sull’argomento, (35% “molto chiaramente”, 6,3% “di sfuggita”), percentuale che induce molto a pensare. Le donne a cui non sono state fornite informazioni o solo di sfuggita dichiarano solo per il 13% di non cercarle da nessuna altra fonte, indice di interesse per l’argomento e ben il 53,3% delle donne a cui le informazioni sono state date molto chiaramente ricercano comunque riscontri in altre fonti. Per quanto riguarda le fonti vale lo stesso discorso fatto per l’alimentazione, lo stile di vita e i sintomi, anche se per quanto riguarda l’allattamento vi è una percentuale maggiore di ricerca tra le mamme e “altro”, che molte delle donne dichiarano essere il corso preparto e l’ostetrica che lo tiene. L’allattamento al seno purtroppo è un argomento spesso poco preso in considerazione dalla classe medica, nonostante sia molto importante per le donne e i loro bambini; questo è dimostrato sia dai risultati dei questionari, dove solo il 35% delle donne ricevono informazioni soddisfacenti e ne ricercano altre da altre fonti, sia dal fatto che non se ne parli per niente neanche nelle linee guida italiane. Anche qui le linee guida Nice specificano l’allattamento come importante argomento da trattare in uno degli incontri con le donne. • Le ultime domande entrano più nel merito di quella che è la figura dell’ostetrica e di come viene considerata in Italia e solo il 63% delle donne risulta a conoscenza del fatto che l’ostetrica ha la possibilità e l’autonomia di assistere la gravidanza fisiologica. • La domanda successiva “se l’avesse saputo si sarebbe fatta seguire dall’ostetrica?”, era stata formulata in modo che rispondessero solo le donne che non ne erano a conoscenza, ma in realtà solo un 7,7% delle donne totali non risponde, (e queste comprendono quel 3,7% che effettivamente già è stato seguito da ostetriche). Dalle suddette risposte emerge che solo il 25,9% delle donne si farebbe seguire da un’ostetrica e il 2% è indeciso a riguardo. Le motivazioni apportate dalle donne sul perché possano dare o meno la possibilità a un’ostetrica di seguire la loro gravidanza sono state anch’esse suddivise in classi. Le donne che dichiarano di non volersi fare assistere da un’ostetrica apportano le seguenti motivazioni: il 62% dichiara di fidarsi di più della figura medica, che crede avere maggiori competenze, (nel 28% di questi casi dichiarano di essere seguite già da tempo da quel ginecologo), il 11 7,6% risponde che lo stesso operatore ha già seguito una gravidanza precedente e che visto il grado di soddisfazione, non cambierebbe, il 3,3% vorrebbe avere entrambi gli operatori, sempre il 3,3% non sa o non ci ha mai pensato e il 18,5% non risponde alla domanda. Il restante 5,5% si suddivide tra risposte difficilmente classificabili, quindi vengono riportate come scritte dalle donne: - “Mi ero informata per avere un’ostetrica, ma è troppa cara.” - “No, perché gli operatori sanitari sanno già quello che devono fare.” - “Perché ho già un figlio e penso di essere già abbastanza esperta.” - “Non sapevo potesse fare esami strumentali.” Queste risposte rispecchiano quanto poco sia conosciuta in Italia la figura dell’ostetrica e quanto poco ci sia nelle mentalità delle donne Italiane l’idea che essa abbia l’autonomia di seguire una gravidanza fisiologica. Leggendo attentamente le risposte per intero, si evince come l’ostetrica sia considerata una figura non ben definita, atta solo al sostegno morale della donna ed in particolare nel momento del parto. Le donne che rispondono che si farebbero seguire da un’ostetrica apportano invece le seguenti motivazioni: il 43,2% delle donne crede che dall’ostetrica avrebbe avuto un’assistenza migliore e che abbia tutte le competenze per poter assistere la gravidanza fisiologica, il 21,6% vorrebbe aver avuto più tempo e sostegno per i suoi dubbi e crede che con l’ostetrica avrebbe ottenuto ciò. Il 13,5% delle donne trovano che l’ostetrica potrebbe assicurare una maggiore continuità nell’assistenza, mentre il 5,4% di queste donne vede nell’ostetrica una figura rassicurante e di sostegno. Il 16,2% non risponde alla domanda. Viene riportata a titolo di esempio la risposta di una mamma: - “Pensavo che un gine fosse la persona più adatta, devo dire che con il senno di poi ho molto rivalutato la figura dell’ostetrica, che in più di un’occasione mi è stata di grande aiuto e conforto. Credo abbia tutte le competenze per fare questo lavoro e sarei felice se mi seguisse in una futura gravidanza”. • L’ultima domanda riguarda la soddisfazione delle mamme e cosa vorrebbero cambiare dell’assistenza che hanno ricevuto. Il 65,7% delle donne non cambierebbe nulla riguardo la sua assistenza, perché si ritiene molto soddisfatta, mentre il 19% dichiara “avrei voluto che ci fosse più tempo dedicato all’ascolto di ciò che provavo e alle spiegazioni dei i miei dubbi e domande”. Il 2% avrebbe voluto fare più esami ed ecografie, mentre l’1,4% avrebbe voluto farne meno. Il 5,6% risponde “Altro” e 6,3% non risponde. Nonostante un’alta percentuale di donne si ritenga soddisfatta dell’assistenza ricevuta il 25,9% delle donne prende in considerazione l’eventualità di potersi fare seguire da un’ostetrica e questo dovrebbe invitare a una riflessione. 12 ANALISI DEI QUESTIONARI: le ostetriche “inglesi” Non avendo potuto, come già spiegato, verificare sul campo cosa effettivamente avviene nella pratica clinica in Inghilterra, si è cercato di ottenere un riscontro seppur minimo di ciò che si evince dalle linee guida Nice e dal racconto fornitoci durante il mondo ostetrica del 9 maggio 2008 da Silvia Motta e Giulia Vigotti, riguardo la loro esperienza lavorativa. Il questionario è stato stilato a immagine e somiglianza di quello proposto alle donne in clinica ostetrico-ginecologica Mangiagalli, in modo da avere un riscontro più confrontabile possibile. I questionari sono stati inviati via e-mail e sono tornati solo in numero di 6, di cui 5 compilati da ostetriche italiane, che lavorano in Inghilterra e uno da un’ostetrica inglese. I sei questionari sono identici per quanto riguarda le domande a risposta multipla e praticamente identici, almeno per quanto riguarda il significato, anche per le domande a risposta aperta, quindi si farà una descrizione generalizzata delle risposte. Nonostante il numero esiguo di questionari ottenuti, che non ci permette di dare una valenza statistica ai risultati, il fatto che siano tutti e 6 identici e descrivano la stessa tipologia di assistenza esposta da Silvia Motta e Giulia Vigotti, può far pensare che in Inghilterra vi sia un’assistenza più uniforme sul territorio e che riesce ad attenersi, come vedremo, alle indicazioni delle linee guida. Le risposte alle 20 domande vengono così analizzate: • Tutte le donne che pensano di essere gravide si rivolgono al medico della mutua, (GP). • Tutte la ostetriche sostengono che l’operatore sanitario accetta la diagnosi dalla donna; nel caso in cui dovessero esserci dei dubbi viene eseguito, sempre dal medico della mutua, un test di gravidanza. • Viene descritto poi dalle ostetriche cosa succede dopo la diagnosi: per riportare questo al meglio viene riportato quello risposto da una delle ostetriche, che riassume alla perfezione quello esplicitato da tutte e sei. “Il medico della mutua dopo aver fatto la prima visita con anamnesi personale, invia un fax all’ospedale di riferimento della donna, (ogni donna ne ha uno, tutto calcolato a livello geografico, utilizzano i codici postali). Il fax viene ricevuto dalle ostetriche che gestiscono l’ambulatorio della gravidanza, che smistano i “referral” a seconda dell’indirzzo della donna e della condizione clinica. Tutte le donne in ogni caso, (sia che siano tot fisiologiche sia che abbiano qualche patologia pre esistente), vedranno un’ostetrica per la prima visita vera e propria, chiamata “booking”, dove viene compilata la cartella che poi la donna porterà sempre con sé. Questo primo incontro è molto importante e si devono affrontare molti temi. Si fanno i primi prelievi e si controlla che la donna abbia prenotato la prima ecografia, (che corrisponde alla translucenza nucale se la donna la desidera). L’incontro dura fra 1 ora e 1 ora e mezza.”30 Come si può notare ciò che avviene è ciò che viene descritto nelle linee guida Nice, che non specificano solo il fatto che, anche in caso di presenza di patologia, il primo incontro verrà comunque gestito da un’ostetrica, cosa che dà ancor di più autonomia e fiducia operativa alla categoria. 13 • Il numero degli incontri dichiarati dalle ostetriche è in tutti i questionari esattamente quello consigliato dal Nice: 7 per le pluripare, 10 per le nullipare. Questo messo a confronto con l’enorme variabilità rilevata dai questionari italiani, ci sottolinea come l’assistenza inglese sia più precisa e si attenga a un unico modello assistenziale permettendo alla donne di ricevere un’assistenza il più simile possibile, nonostante la diversità degli operatori. • Anche per quanto riguarda la durata e la tipologia degli incontri tutte e sei le ostetriche sono d’accordo nel rispondere che gli incontri durano tra 15 e 30 minuti, tranne il primo che dura minimo 60 minuti. Alla domanda su come vengono svolti gli incontri, sono state date le stesse possibilità di risposta del questionario alle donne, ma tutte e sei le ostetriche hanno dichiarato di non trovare in nessuna la risposta esatta e hanno aggiunto la loro. Riportiamo una di queste in rappresentanza di tutte: “Non c’è tra queste una risposta davvero adeguata. Gli esami vengono fatti solo 3 volte in gravidanza, quindi non si controllano ad ogni incontro. La visita vaginale non viene MAI eseguita. Viene PROPOSTA solo dopo le 41 settimane per lo scollamento delle membrane, eseguito a post termine prima di cominciare l’induzione. Quello che viene testato a ogni incontro sono i parametri vitali, battito, dipstick urine, misurazione sinfisi fondo, movimenti attivi fetali.”31 Anche in questo caso si seguono pedissequamente le linee guida Nice. • Le ecografie che vengono eseguite sono due, una intorno alla 12-13 settimana per la datazione della gravidanza e l’eventuale traslucenza nucale, se la donna lo desidera. La seconda è l’ecografia morfologica, che viene eseguita intorno alla settimana 20. • Secondo le ostetriche l’operatore sanitario spiega il significato delle ecografie, il motivo per cui vengono eseguite e anche i loro limiti. Ci sono diversi opuscoli che devono essere consegnanti alla donna per facilitare la comprensione. Ciò rimanda a un particolare considerato importante dalle linee guida inglesi, che è quello dei supporti cartacei che vengono messi a disposizione delle donne per cercare di informarle nella maniera migliore e più completa riguardo svariati argomenti. Questa possibilità nelle linee guida italiane non viene menzionata e l’esperienza sul campo può far dichiarare anche che non avvenga, se non in qualche ambulatorio o consultorio. • Come già anticipato nella descrizione degli incontri la visita vaginale non viene mai eseguita, se la gravidanza è fisiologica e non subentrano fattori di rischio. Questo riporta alle considerazioni già analizzate per quanto riguarda le esplorazioni vaginali. • Per quanto riguarda la diagnosi prenatale vengono proposti esami non invasivi quali il duo test con traslucenza nucale o il quadri test, ma mai come esami di routine. Non vengono invece proposti esami invasivi, a meno che non siano presenti particolari fattori di rischio. 14 • L’unica domanda in cui sono state ricevute risposte differenti è quella che riguarda il luogo del parto. Il 50% delle ostetriche dichiarano che le donne non discutono la scelta con l’operatore, perché sanno già dove vogliono partorire, mentre il 50% risponde che vengono fatte varie proposte a seconda delle aspettative e delle condizioni cliniche della donna. Il realtà le ostetriche che rispondono in questo modo specificano poi che viene proposto il parto a domicilio, ma l’altra opzione è comunque l’ospedale di appartenenza. Vero è però che le donne hanno in Inghilterra, cosa che in Italia non esiste, la possibilità di compilare con l’ostetrica un birth plan, che permetta di esprimere la loro idea e i loro desideri riguardo a come vorrebbero gestire il loro travaglio-parto. • Tutte le ostetriche riportano il seguente schema degli esami che vengono eseguiti in gravidanza: “Vengono eseguiti due esami ematici in gravidanza: emocromo, infettivologici, (rosolia, epatite B, Sifilide e HIV) gruppo sanguigno e screening per le anemie falciformi e talassemia al primo incontro in gravidanza (8-13 settimane). Emocromo e gruppo vengono ripetuti a 26-30 settimane. Altri esami ematici vengono eseguiti su indicazione clinica o anamnesi positiva riguardo a determinate problematiche (per esempio diabete).”32 Anche queste risposte tutte uguali riportano a un modello standard di assistenza; anche se è vero che sugli esami eseguiti il confronto con il questionario italiano non può essere fatto, rispondendo qui operatori sanitari e donne nel secondo caso, può essere fatto sul numero di esami, nettamente superiore in Italia. Tutte le ostetriche dichiarano che vengono fornite informazioni precise su qualsiasi esame effettuato, che richiede inoltre sempre il consenso della donna. Anche in questo caso vengono menzionati presidi cartacei illustrativi da distribuire alle gravide. • Sempre riguardo alla comunicazione, le ostetriche dichiarano che vengono fornite chiaramente alle donne informazioni sull’alimentazione, sullo stile di vita consigliato, sui sintomi che potrebbero insorgere e sull’allattamento al seno. Viene inoltre consigliata la partecipazione a un corso di accompagnamento alla nascita. • All’ultima domanda del questionario “Secondo la sua esperienza lavorativa e quello che ha potuto osservare, quale percentuale di gravidanze fisiologiche viene assistita dall’ostetrica in completa autonomia?”33, le ostetriche rispondono che se la donna è in salute e la sua gravidanza è fisiologica il 100% delle stesse viene assistita dalle ostetriche in totale autonomia. 5. CONCLUSIONI E PROPOSTE Il lavoro eseguito sulle linee guida inglesi ed italiane, sui questionari proposti e le preziose testimonianze prese in considerazione, hanno permesso di descrivere e mettere a confronto due tipologie di assistenza risultate profondamente diverse. 15 E’ differente prima di tutto il punto di riferimento e come ci si rapporta ad esso nei due paesi: le linee guida. Oltre a differire, come già evidenziato nel confronto, nella loro struttura e impostazione di base, è differente come i due paesi si approcciano ad esse. In Inghilterra le linee guida della Nice vengono considerate in misura molto maggiore, seguendo sempre il filone conduttore della fisiologia, sono un modello importante per gli operatori, ma anche per la popolazione. Tutte le donne con una gravidanza fisiologica seguono un percorso unico, simile ed omogeneo, che prevede il medico di base che testa il loro stato di salute e un’ostetrica che le seguirà e renderà partecipi di tutto il loro percorso nascita. E’ un ostetrica differente da quella italiana, il suo paese le permette per esempio, pur lavorando per il Sistema Sanitario Nazionale di operare anche sul territorio, avendo così la possibilità di seguire più da vicino la gravida, anche nella sua vita di tutti i giorni, vicino ai suoi cari, lasciata nel suo mondo. E’ diversa agli occhi della società, è una figura professionale reale, basa la sua assistenza sul rapporto con la donna, il rispetto dei suoi valori e il massimo coinvolgimento, della stessa e di chi le sta vicino, nel suo percorso assistenziale. Questo in Inghilterra è permesso anche e soprattutto dal diverso contesto sociale e lavorativo in cui questa filosofia assistenziale è condivisa da tutti gli operatori sanitari, nel rispetto dei i vari ruoli professionali. Si evince dalle testimonianze analizzate, che l’assistenza sembra seguire molto marcatamente ciò che le linee guida consigliano, per esempio nel numero di atti assistenziali eseguiti, il minore possibile, (esami ematici solo in due incontri, due ecografie e nessuna visita vaginale), o nell’importanza che viene data al rapporto di fiducia e informazione che si instaura tra l’ostetrica e la donna. Quest’ultima ha il diritto di ricevere tutte le informazioni necessarie per affrontare e vivere serenamente la sua gravidanza; ha a disposizione una persona che può stare accanto a lei e alla sua famiglia, anche in situazioni di difficoltà, la reale protagonista è la donna. In Italia l’approccio all’assistenza ostetrica è totalmente differente. La figura dell’ostetrica è prettamente ospedaliera, tranne per quelle ostetriche che lavorano nei consultori o praticano la libera professione, ma sul territorio sono realmente esigue. Le linee guida del Ministero della Sanità seguono, un filone che non è sempre improntato sulla pura fisiologia e, nonostante in alcuni aspetti, (ad esempio quantità di esami ematici, ecografie e esplorazioni vaginali), si avvicinino nella teoria a quelle inglesi, nella pratica clinica questo poi viene a mancare, e ci si trova di fronte a un numero di atti assistenziali sproporzionato rispetto a quello che le evidenze scientifiche dimostrano sufficienti. Si evince dall’analisi dei questionari che l’assistenza in Italia non sembra seguire una logica comune, ma più che altro una logica legata all’operatore che segue quella gravidanza. Il 95,6% delle gravide si rivolge a un ginecologo, per lo più privato, viene a mancare così nella maggior parte dei casi la continuità dell’assistenza alla donna, che si affida completamente al suo ginecologo per 9 mesi e poi? Ciò che succede si osserva perfettamente nella pratica di tutti i giorni. Ma chi è l’ostetrica italiana? Una figura che in pochi conoscono, è “quella che una volta faceva nascere i bambini in casa”, che viene associata maggiormente al momento del parto, ma più che altro come figura marginale o solo di sostegno emotivo. Perché tutto questo? Forse le origini di queste differenze vanno cercate proprio in alcune dinamiche e impostazioni sociali e sanitarie. Con la medicalizzazione del percorso nascita e l’ospedalizzazione del parto, in Italia l’ostetrica ha perso quello che era il suo ruolo, 16 lasciandolo sempre di più alla figura del medico, che per sua natura e formazione cura, non accompagna; la gravida è diventata paziente, e l’ostetrica una figura sfocata sullo sfondo di uno scenario ospedaliero, che le toglie il suo ruolo in troppi ambiti. Nella mente della donne si è insinuata l’idea di gravidanza che viene esplicitata anche dalle linee guida ministeriali, processo si fisiologico, che potrebbe però sfociare nella patologia in qualsiasi momento e non basta quindi una figura professionale preparata a riconoscere questo evento e intervenire affidando la donna a chi possa fornirle l’assistenza aggiuntiva che necessita, è necessario comunque il medico, meglio se fidato o di fama conosciuta. Le gravide si trovano in Italia oramai in una condizione tale da doversi affidare completamente nelle mani dell’operatore, perché non hanno strumenti per poter gestire neanche i sintomi più semplici e normali delle loro gravidanze; spesso ci si approfitta di questa condizione per far passare come leciti e necessari atti assistenziali in esubero, che servono al sistema forse come protezione dalle conseguenze legali di errori, forse per interessi politico-economici, che sono presenti nel nostro paese non solo in questo contesto. Dai questionari distribuiti in Mangiagalli emerge comunque una soddisfazione delle donne nei confronti di questa tipologia di assistenza, anche se quasi il 30% delle stesse, dopo il parto prende in considerazione la possibilità di affidare la sua assistenza ad un’ostetrica. Questo dato merita una riflessione: forse se si tornasse a considerare la gravidanza e il parto come un evento del normale vivere quotidiano e si conoscessero quali atti assistenziali sono realmente necessari forse qualcosa cambierebbe nella loro soddisfazione. Le basi per questo ragionamento ci sono, però dovrebbe partire anche dagli operatori e dalle ostetriche stesse, convinte nel voler apportare modifiche per riavere quei campi di azione e quell’autonomia che sono riconosciuti solo formalmente alla loro professione. Sarebbe innanzi tutto interessante approfondire alcune tematiche dello studio, come per esempio l’osservazione sul campo anche dell’assistenza inglese, che il progetto iniziale prevedeva, ma che le tempistiche e la burocrazia non ci hanno permesso di effettuare. Si potrebbe partire poi dallo studio delle linee guida, attraverso corsi di formazione per operatori, sensibilizzandoli al tema. Sarebbero interessanti scambi interculturali, tra i diversi paesi, con la possibilità per le studenti di fare periodi di tirocinio in realtà operative diverse. Il coinvolgimento delle ostetriche nell’organizzazione degli atti assistenziali ospedalieri e nella compilazione e revisione delle linee guida stesse, potrebbe essere ampliato, chiedendo la loro collaborazione. Questi sono solo dei suggerimenti per uno scopo che è molto più complesso e richiederebbe tempo e fatica per raggiungerlo. Riportare che paesi come l’Inghilterra, parlando sempre di gravidanze e parti a basso rischio, riescono ad attuare un’ostetricia meno invasiva, ma dimostrata dalle evidenze scientifiche, comunque ottimale per non mettere a rischio la salute di mamma e bambino è uno spunto di riflessione molto importante per tutti i nostri operatori. 17