ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ
Cianobatteri in acque destinate al consumo umano
LINEE GUIDA
PER LA GESTIONE DEL RISCHIO
Volume 2
A cura di
Luca Lucentini e Massimo Ottaviani
per il “Gruppo nazionale per la gestione del rischio cianobatteri
in acque destinate a consumo umano”
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria
ISSN 1123-3117
Rapporti ISTISAN
11/35 Pt. 2
Istituto Superiore di Sanità
Cianobatteri in acque destinate a consumo umano. Linee guida per la gestione del rischio. Volume 2.
A cura di Luca Lucentini e Massimo Ottaviani per il “Gruppo nazionale per la gestione del rischio cianobatteri in
acque destinate a consumo umano”
2011, viii, 67 p. Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Questo volume rappresenta una trasposizione sintetica e pratica dello stato delle conoscenze dal settore della
ricerca e dello sviluppo tecnologico nel campo dei cianobatteri (riportato in maniera più approfondita nel volume
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 1). Le linee guida consistono di istruzioni operative e raccomandazioni gestionali rivolte
ai sistemi idrici per migliorare la qualità della risposta alle problematiche dei cianobatteri garantendo l’ottimizzazione
degli interventi a protezione della salute e la razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse. Concepite come strumento
per la vigilanza sanitaria e ambientale di routine, le linee guida descrivono la strutturazione e implementazione di un
sistema basato sull’approccio Alert Level Framework e sui principi dei Water Safety Plan per la gestione del rischio
esteso all’intera filiera idro-potabile, dal controllo dell’invaso ai punti di utenza. Specifica trattazione trovano le
strategie di risposta alle emergenze e le misure di mitigazione del rischio, comprendenti prevenzione e trattamenti di
rimozione di cianobatteri e tossine, e dei piani di emergenza. Sono, infine, riportati i principi e gli strumenti per
garantire un’adeguata informazione e comunicazione tra le parti interessate e i consumatori e le informazioni, i criteri
e le metodologie necessarie all’implementazione di un sistema di sorveglianza sindromica (osservatorio
epidemiologico).
Parole chiave: Cianobatteri; Cianotossine; Acque destinate a consumo umano; Acque potabili; Valutazione del
rischio; Gestione del rischio
Istituto Superiore di Sanità
Cyanobacteria in water for human consumption: Guidelines for risk management. Volume 2.
Edited by Luca Lucentini and Massimo Ottaviani for “National Group for cyanobacteria risk management in water
for human consumption”
2011, viii, 67 p. Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2 (in Italian)
This report represents the synthetic transposition of the state of knowledge from research and technological
development in the field of cyanobacteria, reported in detail in the volume Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 1. The
guidelines consist of operating and management recommendations addressed to water supply systems and aimed at
improving the quality of the response to emerging issues of cyanobacteria, ensuring optimization of interventions in
health protection and rational use of resources. They are designed as a tool for health and environmental monitoring
routine, and describe the structuring and implementation of a system based on an Alert Level Framework and the
principles of Water Safety Plans for the risk management extended to the drinking water supply chain, from the
reservoir to control user points. There is also a specific discussion of strategies for emergency response and
contingency plans, and risk mitigation measures, including prevention and treatment for removal of cyanobacteria
and toxins. Finally, the principles and methods to ensure adequate information and communication between
stakeholders and consumers, and information, criteria and methodologies needed to implement a system of syndromic
surveillance (epidemiological observatory) are also reported.
Key words: Cyanobacteria; Cyanotoxins; Waters for human consumption; Drinking waters; Risk assessment; Risk
management
Per informazioni su questo documento scrivere a: [email protected].
Il rapporto è accessibile online dal sito di questo Istituto: www.iss.it.
Citare questo documento come segue:
Lucentini L, Ottaviani M per il “Gruppo nazionale per la gestione del rischio cianobatteri in acque destinate a consumo umano”
(Ed.). Cianobatteri in acque destinate a consumo umano. Linee guida per la gestione del rischio. Volume 2. Roma: Istituto
Superiore di Sanità; 2011. (Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2).
Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e Direttore responsabile: Enrico Garaci
Registro della Stampa - Tribunale di Roma n. 131/88 del 1° marzo 1988
Redazione: Paola De Castro, Sara Modigliani e Sandra Salinetti
La responsabilità dei dati scientifici e tecnici è dei singoli autori.
© Istituto Superiore di Sanità 2011
viale Regina Elena, 299 – 00161 Roma
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Il documento è stato realizzato da:
Gruppo nazionale per la gestione del rischio cianobatteri in acque destinate a consumo umano
Coordinamento
Massimo Ottaviani*
Luca Lucentini
Normativa e procedure
Liliana La Sala
Rossella Colagrossi
Lucia Bonadonna
Paola Bottoni
Biologia dei cianobatteri
Patrizia Albertano
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Direzione Generale Prevenzione Sanitaria, Ministero della Salute, Roma
Direzione Generale Prevenzione Sanitaria, Ministero della Salute, Roma
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Dipartimento di Biologia, Università di Roma Tor Vergata, Roma
Limnologia ed ecologia dei cianobatteri
Neil Thomas William Ellwood
Dipartimento di Scienze Geologiche, Università di Roma 3, Roma
Aldo Marchetto
Istituto per lo Studio degli Ecosistemi, Consiglio Nazionale delle Ricerche,
Pallanza
Specie tossiche e produzione di cianotossine
Emanuela Viaggiu**
Dipartimento di Biologia, Università di Roma Tor Vergata, Roma
Giuseppe Morabito
Istituto per lo Studio degli Ecosistemi, Consiglio Nazionale delle Ricerche,
Pallanza
Simonetta Della Libera
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Valutazione del rischio da cianotossine e valori di riferimento
Laura Achene
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Lucia Bonadonna
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Luca Lucentini
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Massimo Ottaviani*
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Metodi di identificazione di cianobatteri
Roberta Congestri
Dipartimento di Biologia, Università di Roma Tor Vergata, Roma
Emanuela Viaggiu**
Dipartimento di Biologia, Università di Roma Tor Vergata, Roma
Domenico D’Alelio
IASMA Research and Innovation Centre, Fondazione Edmund Mach, San
Michele all’Adige
Metodi innovativi e in-situ per il controllo di cianobatteri
Giuseppe Morabito
Istituto per lo Studio degli Ecosistemi, Consiglio Nazionale delle Ricerche,
Roma
Mariano Bresciani
Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente, Consiglio
Nazionale delle Ricerche, Milano
Andrea Lami
Istituto per lo Studio degli Ecosistemi, Consiglio Nazionale delle Ricerche,
Pallanza
i
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Metodi di determinazione di cianotossine
Sara Bogialli
Dipartimento di Scienze Chimiche, Università degli Studi di Padova, Padova
Luca Lucentini
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Anna Milandri
Centro Ricerche Marine, Cesenatico
Federica Nigro Di Gregorio
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Valentina Fuscoletti
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Misure di prevenzione alla captazione
Neil Thomas William Ellwood
Dipartimento di Scienze Geologiche, Università di Roma 3, Roma
Pier Paolo Abis
Acquedotto Pugliese, Bari
Lorenza Meucci
Società Metropolitana Acque, Torino
Franca Palumbo
Laboratori Iren Acqua Gas, Genova
Sistemi e procedure di monitoraggio dell’invaso
Nicola Ungaro
ARPA Puglia – Sezione Bari, Bari
Vera Sangiorgi
ARPA Lazio – Sezione Latina, Latina
Ilen Bianco
ARPA Lazio – Sezione Latina, Latina
Trattamenti di acque contaminate da cianobatteri e loro tossine
Enrico Veschetti
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Pier Paolo Abis
Acquedotto Pugliese, Bari
Lorenza Meucci
Società Metropolitana Acque, Torino
Franca Palumbo
Laboratori Iren Acqua Gas, Genova
Emanuele Ferretti
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Sara Bogialli
Dipartimento di Scienze Chimiche, Università degli Studi di Padova, Padova
Sistemi di sorveglianza, allerta e gestione delle emergenze
Massimo Ottaviani*
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Luca Lucentini
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Rossella Colagrossi
Direzione Generale Prevenzione Sanitaria, Ministero della salute, Roma
Maria Mattiacci Delle Salette*** ASL Roma C, Roma
Patrizia Albertano
Dipartimento di Biologia, Università di Roma Tor Vergata, Roma
Informazione e comunicazione sul rischio
Barbara De Mei
Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute,
Istituto Superiore di Sanità, Roma
Daniela Mattei
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Maria Mattiacci Delle Salette*** ASL Roma C, Roma
Eva Benelli
Agenzia di Editoria Scientifica Zadig, Roma
Osservatorio epidemiologico e modelli di sorveglianza sindromica
Cinzia Germinario
Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana, Università degli
Studi di Bari Aldo Moro, Bari
Rosa Prato
Dipartimento di Scienze Mediche e del Lavoro, Università degli Studi di
Foggia, Foggia
Silvio Tafuri
Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana, Università degli
Studi di Bari Aldo Moro, Bari
Domenico Martinelli
Dipartimento di Scienze Mediche e del Lavoro,Università degli Studi di
Foggia, Foggia
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Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Editing
Luca Lucentini
Patrizia Albertano
Franca Palumbo
Maria Mattiacci Delle Salette***
Daniela Mattei
Laura Achene
Segreteria tecnica
Mattea Chirico
Federica Nigro Di Gregorio
Valentina Fuscoletti
Ilaria Di Giacomo
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Dipartimento di Biologia, Università di Roma Tor Vergata, Roma
Laboratori Iren Acqua Gas, Genova
ASL Roma C, Roma
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore
di Sanità, Roma
Dipartimento del Farmaco, Istituto Superiore di Sanità, Roma
* dal 1° luglio 2011 collabora come esperto
** Collabora come membro esperto di AlgaRes srl, c/o Parco Scientifico Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Roma
*** dal 1° novembre 2011 collabora come esperto
iii
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
iv
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
INDICE
Acronimi ............................................................................................................................................... vii
1. Indirizzi internazionali: Water Safety Plan e Alert Level Framework
Luca Lucentini, Patrizia Albertano, Massimo Ottaviani ...............................................................
1
1.1. Applicazione dei criteri dei WSP al rischio cianotossine ........................................................
1.1.1. WSP per valutazione e gestione del rischio nella filiera idro-potabile .......................
1.1.2. WSP per il controllo delle cianotossine ......................................................................
1.2. Approccio ALF per il controllo delle cianotossine..................................................................
1.2.1. Sistemi ALF................................................................................................................
Bibliografia...........................................................................................................................
1
1
3
4
5
8
2. Sistema nazionale di sorveglianza, allerta
e gestione del rischio per il controllo delle cianotossine
in acque destinate al consumo umano
Luca Lucentini, Massimo Ottaviani, Patrizia Albertano, Maria Mattiacci delle Salette .............. 10
2.1. Sistema di sorveglianza e allerta..............................................................................................
2.2. Provvedimenti e limitazioni d’uso...........................................................................................
2.3. Azioni specifiche raccomandate in relazione al sistema ALF .................................................
Bibliografia...........................................................................................................................
Allegato 2.1. .........................................................................................................................
10
14
15
16
17
3. Piani di risposta all’emergenza
Massimo Ottaviani, Maria Mattiacci delle Salette, Luca Lucentini .............................................. 19
3.1. Tavolo tecnico .........................................................................................................................
3.2. Informazioni decisionali ..........................................................................................................
3.3. Processo decisionale ................................................................................................................
Bibliografia...........................................................................................................................
19
20
21
21
4. Osservatorio epidemiologico e modelli di sorveglianza sindromica:
strutturazione e funzionamento del sistema
Cinzia Germinario, Silvio Tafuri, Domenico Martinelli, Rosa Prato ............................................ 22
4.1. Aspetti generali........................................................................................................................
4.2. Rischio ambientale ..................................................................................................................
4.3. Modalità di esposizione ...........................................................................................................
4.4. Patologie correlate all’esposizione ..........................................................................................
4.5. Cooperazione inter-istituzionale per le attività di sorveglianza...............................................
4.6. Sorveglianza epidemiologica degli effetti dell’esposizione cronica a cianotossine ................
4.7. Sorveglianza epidemiologica degli effetti dell’esposizione acuta a cianotossine....................
Bibliografia...........................................................................................................................
v
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23
23
24
24
25
27
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
5. Informazione e comunicazione sul rischio
Barbara De Mei, Daniela Mattei, Maria Mattiacci delle Salette, Eva Benelli............................... 30
5.1. Informazione e comunicazione nell’ambito della gestione del rischio da cianobatteri ...........
5.1.1. Importanza della comunicazione interna ....................................................................
5.2. L’ascolto quale presupposto per una comunicazione efficace.................................................
5.2.1. Ascolto attivo ed empatia ...........................................................................................
5.2.2. Come attivare l’ascolto empatico ...............................................................................
5.2.3. Ascoltare per comunicare l’incertezza........................................................................
5.3. Ascoltare la percezione del rischio ..........................................................................................
5.4. Pianificazione della comunicazione ........................................................................................
5.5. Elementi fondamentali del piano di comunicazione................................................................
5.6. Scelta dei mezzi di comunicazione..........................................................................................
5.7. Conclusioni..............................................................................................................................
Bibliografia...........................................................................................................................
31
32
33
34
35
36
37
37
38
40
41
42
Appendice
Cianobatteri: sintesi dello stato delle conoscenze e raccomandazioni specifiche........................... 45
Glossario.............................................................................................................................................. 61
vi
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
ACRONIMI
ADDA
ALF
API
ATP
ANA-a
BMAA
CCM
CID
CIMF
CMA
CV
CYN
d.i.
DAD
DOC
DP
DPI
DRP
DS
EDTA
ELISA
EP
FEP
FLD
FP
FRP
GAC
GC
GPS
HPLC
HRMS
IARC
LC
LLE
LOD
LPS
MC
MRM
MS
NOAEL
NOD
NOM
NRPS
NTU
PAC
PAR
PKS
POC
PTFE
Q-TOF
3-Amino-9-methoxy-2,6,8-trimethyl-10-phenyl-4,6-DecaDienoic Acid
Alert Level Framework
Atmospheric Pressure Ionization
Adenosine Triphosphate
Anatossina-a
Beta-Methylamino-L-Alanine
Centro Nazionale per la prevenzione e il Controllo delle Malattie
Collision Induced Dissociation
Cyanobacterial Incident Management Framework
Concentrazione Massima Ammissibile
Coefficente di Variazione
Cylindrospermopsin
diametro interno
Diode Array Detector
Dissolved Organic Carbon
Declustering Potential
Dispositivi di Protezione Individuali
Dissolved Reactive Phosphorus
Deviazione Standard
EthyleneDiamineTetraacetic Acid
Enzyme-Linked Immunosorbent Assay
Entrance Potential
Fluorinated Ethylene Propylene
Fluorescence Detector
Focusing Potential
Filtred Reactive Phosphorus
Granular Activated Carbon
Gas Cromatography
Global Positioning System
High Performance Liquid Chromatography
High Resolution Mass Spectrometry
International Agency for Research on Cancer
Liquid Chromatography
Liquid/Liquid Extraction
Limit of Detection (limite di rivelabilità)
Lipopolisaccaridi
Microcistine
Multiple Reaction Monitoring
Mass Spectrometry
No Observed Adverse Effect Level
Nodularina
Natural Organic Matter
Non-Ribosomal Peptide Synthetase
Nephelometric Turbidity Unit
Powdered Activated Carbon
Photosynthetically Active Radiation
Polyketide Synthase
Particolate Organic Carbon
Politetrafluoroetilene
Quadrupole Time Of Flight
vii
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
RF
RP
SPE
SRP
TC
TDI
TEF
TIC
TIS
TLC
TOC
TP
tr
UPLC
UV
VOC
WHO
WSP
Response Factor
Reactive Phosphorus
Solid Phase Extraction
Soluble Reactive Phosphorus
Total Carbon
Tolerable Daily Intake
Toxicity Equivalent Factor
Total Inorganic Carbon
Turbo Ion Spray
Thin Layer Chromatography
Total Organic Carbon
Total Phosphorus
tempo di ritenzione
Ultra Performance Liquid Chromatography
Ultraviolet Light
Volatile Organic Compound
World Health Organization
Water Safety Plan
viii
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
1. INDIRIZZI INTERNAZIONALI: WATER SAFETY PLAN
E ALERT LEVEL FRAMEWORK
Luca Lucentini (a), Patrizia Albertano (b), Massimo Ottaviani (a)
(a) Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore di Sanità, Roma
(b) Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Roma
L’analisi critica della letteratura, il confronto delle strategie elaborate sul piano
internazionale, le esperienze dibattute nell’ambito del gruppo di lavoro, convergono sulla
definizione di un sistema di gestione del rischio per il controllo delle cianotossine nelle acque
destinate al consumo umano articolato su due piani:
– un approccio preventivo di valutazione del rischio e controlli “a barriera multipla”
secondo i principi dei Water Safety Plan (WSP) della World Health Organization (WHO)
(1-4);
– il rispetto, nei punti di conformità stabiliti dal DL.vo 31/2001 (art. 6), del valore massimo
ammissibile per le cianotossine, attualmente fissato per la MC-LR pari a 1,0 µg/L, valore
da applicare, per il principio di massima precauzione, alla somma delle concentrazioni
delle microcistine (cfr. volume 11/35 Pt. 1 sez. 2.3).
Su tali basi il sistema integrato di gestione del rischio da applicare a livello nazionale, che
segue il modello dell’Alert Level Framework (ALF) è riportato in sez. 2.3. Esso costituisce,
insieme ai piani di gestione dell’emergenza (cfr. sez. 3), la parte centrale delle linee guida
fornendo i criteri decisionali e attuativi nella fase di prevenzione e gestione dei fenomeni tossici
legati a fioriture di cianobatteri in acque da destinare a consumo umano.
La sez. 1.1. introduce i concetti generali dei WSP e i principi per la loro applicazione nel
controllo delle cianotossine.
1.1. Applicazione dei criteri dei WSP
al rischio cianotossine
1.1.1. WSP per valutazione e gestione del rischio nella filiera idro-potabile
In questi ultimi anni sono stati ridefiniti in modo sostanziale i limiti dei sistemi di controllo
della qualità delle acque destinate al consumo umano, sino ad oggi contraddistinti da una
sorveglianza su segmenti più o meno circoscritti del ciclo captazione  trattamenti 
distribuzione  utenza e/o da un monitoraggio a campione sulle acque distribuite. L’evoluzione
delle conoscenze in materia di analisi del rischio ha, infatti, decisamente spostato l’interesse
verso la realizzazione di un sistema globale di gestione del rischio esteso all’intera filiera idrica
dalla captazione al punto di utenza finale.
È questo l’approccio contenuto nei WSP, introdotti di recente dalla WHO con la revisione
delle linee guida sulla qualità delle acque potabili (1) e consolidati nelle seguenti edizioni fino
alla più recente del 2011 (3). È un approccio recepito a livello normativo in diversi Paesi
dell’area europea e proposto per una possibile introduzione nella revisione della Direttiva
98/83/CE sulla qualità delle acque destinate al consumo umano.
1
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Il modello dei WSP, di fondamentale semplicità nei suoi aspetti generali, è finalizzato a
ridurre drasticamente le possibilità di contaminazione delle acque captate, ad attenuare o
rimuovere la presenza di fattori di rischio chimico e microbiologico attraverso trattamenti delle
acque adeguatamente progettati, eseguiti e controllati, ed, infine, a prevenire eventuali
ricontaminazioni in fase di stoccaggio e distribuzione dell’acqua fino al punto di utenza.
La strategia presenta un’elevata flessibilità ed è applicabile a qualsiasi sistema di produzione
e distribuzione a prescindere dalla sua natura, forma giuridica, politica gestionale, estensione e
complessità.
I principi contenuti nei WSP, riportati sinteticamente in Tabella 1, possono essere considerati
come una rivisitazione e riorganizzazione di diversi criteri e procedure gestionali che hanno sino
ad oggi presieduto alla produzione e alla distribuzione di acque di qualità adeguata al consumo
umano, soprattutto quando basati su sistemi di assicurazione della qualità a norma ISO
9001:2001; un esempio tra questi, è il sistema di controllo multibarriera basato su un processo
integrato di prevenzione della contaminazione microbiologica delle acque. Figurano, nel
contempo, importanti elementi di analisi e gestione del rischio mutuati da altri settori produttivi
e, in primo luogo, dal sistema HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points), cogente
nell’industria alimentare e standardizzato a livello di normazione (5).
Tabella 1. Rappresentazione sintetica dei principi dei WSP
Fase del piano
Finalità
Formazione di un team
multidisciplinare
con definizione di ruoli
e responsabilità
 Definire i rischi associati alle singole componenti/fasi del sistema idrico.
 Valutare l’efficacia del sistema nel garantire standard di qualità igienicosanitaria adeguati.
Descrizione
del sistema idrico
 Rappresentare in dettaglio il sistema in tutte le sue componenti/fasi
(diagramma di flusso): area di captazione, captazione, trattamenti, rete
di stoccaggio e distribuzione, sistemi di distribuzione interni.
 Identificare le tipologie di utenze e gli utilizzi delle acque
in distribuzione.
Analisi dei pericoli e
identificazione
delle priorità di rischio
 Identificare i potenziali fattori di rischio biologico, fisico e chimico
associati ai diversi elementi del sistema, e i possibili eventi
che possano causare un rischio sanitario per l’utenza.
 Stabilire una scala di priorità tra i rischi sulla base dei potenziali effetti
e delle probabilità di accadimento, come fondamento di ogni processo
decisionale.
Definizione e validazione
di misure adeguate per tenere
sotto controllo i rischi
 Identificare e verificare azioni per tenere sotto controllo ogni rischio
significativo, attraverso barriere fisiche o attività adeguate a prevenire,
eliminare o ridurre la probabilità di accadimento o mitigarne
le conseguenze.
Misure di controllo
e monitoraggio
 Realizzare su base sistematica una serie di controlli di processo
e di prodotto adeguati ad assicurare l’efficacia del sistema a tenere
il rischio sotto controllo: ciascuna misura di controllo deve essere
pianifcata in termini di procedure di attuazione, limiti di sicurezza
e azioni correttive da intraprendere in caso di deviazioni significative
da tali limiti.
Verifica del piano
 Valutare l’efficacia complessiva del piano nel garantire la conformità
dell’acqua al punto di utenza agli standard di qualità igienico-sanitaria.
Documentazione
e revisione
 Assicurare e documentare nel tempo l’efficacia di funzionamento
del piano, sulla base dei risultati conseguiti o in seguito al verificarsi
di incidenti o emergenze.
2
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Un WSP dovrebbe, per sua natura, essere sviluppato su ogni specifico sistema idrico.
Difficoltà in fase di progettazione e implementazione del piano possono essere riscontrate
soprattutto per sistemi di gestione idrica di limitate dimensioni (Small Water Supplies, SWS)
che rappresentano una significativa quota nel panorama acquedottistico italiano, e che trovano
uno spazio specifico anche nei manuali applicativi dei WSP (3, 6).
1.1.2. WSP per il controllo delle cianotossine
Le fioriture di cianobatteri possono verificarsi in ambienti naturali non compromessi ma, più
di frequente, hanno luogo in corpi idrici oggetto di interferenze umane che favoriscono
direttamente o indirettamente lo sviluppo algale. A promuovere quest’ultimo è, in molti casi,
l’immissione di nutrienti con conseguente eutrofizzazione per effetto di attività agricole,
zootecniche o reflui civili, o, in altre circostanze, la modifica del corso dei fiumi per effetto
della realizzazione di invasi per il prelievo delle acque, che aumentano il tempo di ritenzione e
di esposizione alla luce solare del corpo idrico (7). Un ruolo nell’espansione dei fenomeni di
bloom algale da cianobatteri è riconosciuto anche ai cambiamenti climatici, che, oltre agli effetti
sulle temperature, possono indurre alterazioni drastiche del regime idrodinamico degli invasi,
come nel caso di regimi di secche seguiti rapidamente da onde di piena che rendono disponibili
nutrienti immobilizzati nei sedimenti (8-10).
È in effetti frequente lo sviluppo massivo di cianobatteri tossici in invasi in precedenza non
interessati da fenomeni di proliferazioni, ed è, d’altra parte, da considerare ordinario il ripetersi
di fenomeni di bloom in invasi già colpiti. In quest’ultimo caso, infatti, le popolazioni di
cianobatteri, una volta insediate, risultano persistere nell’ambiente acquatico e tendono a
proliferare in condizioni ambientali favorevoli (cfr. sez. 1.1 del Rapporto ISTISAN 11/35 Pt 1).
La possibilità di interrompere l’occorrenza di tali fenomeni nel tempo si correla a complesse
azioni di risanamento ambientale di lungo periodo, come il controllo dell’immissione dei
nutrienti, la limitazione dell’attività di sedimentazione o la rimozione dei sedimenti. La portata
di tali interventi, la cui trattazione esula comunque dagli scopi di queste linee guida, vede il
coinvolgimento di molteplici funzioni nel contesto della gestione globale delle acque interne,
politica ambientale, strategie di sviluppo e allocazione delle risorse.
In Figura 1 è riportata in forma schematica una serie di interventi preventivi e di misure di
controllo che possono essere attuate nel corpo idrico e nella filiera idro-potabile per eliminare o
ridurre i rischi di presenza di cianotossine nelle acque distribuite per consumo umano; la
rappresentazione rende l’idea dell’articolazione delle diverse azioni, intese come controllo a
barriera multipla nei diversi stadi della filiera, dell’entità delle diverse misure, anche in termini
di estensione spazio-temporale degli interventi, e, nel contempo, della necessità di comporre le
diverse azioni in una strategia integrata e globale di prevenzione e controllo secondo i principi
dei WSP della WHO (1-3).
Strutturare un controllo delle cianotossine basato sull’approccio dei WSP, i cui elementi
salienti sono stati in precedenza richiamati, presenta alcuni vantaggi fondamentali così
riassumibili:
– L’approccio preventivo consente di ridurre l’esposizione correlata ad eventuali
superamenti dei livelli di tossine nelle acque distribuite che, nel caso del solo
monitoraggio sulle acque in distribuzione, potrebbero essere ravvisati tardivamente.
– Le misure di prevenzione adottate per il rischio da cianotossine sono efficaci per la
protezione delle acque rispetto a numerosi altri fattori di rischio, ad esempio il controllo
degli scarichi di reflui animali previene altri problemi legati all’eutrofizzazione come
pure la diffusione di agenti di malattie a trasmissione oro-fecale e protozoi (es. Giardia,
Cryptosporidium).
3
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
– Analogamente le misure di trattamento adottate per la mitigazione dei rischi da
cianotossine (es. filtrazione a carboni attivi) contribuiscono al controllo di altri parametri
critici come sottoprodotti di disinfezione e trialometani che tendono ad accumularsi
proprio in forza del maggior tenore di sostanza organica nell’acqua dovuta alla massa
algale.
Figura 1. Interventi preventivi e misure di controllo nel corpo idrico e nella filiera idro-potabile
per eliminare o ridurre i rischi di presenza di cianotossine
nelle acque distribuite per consumo umano
1.2. Approccio ALF per il controllo delle cianotossine
Dal punto di vista sanitario, la principale ricaduta degli eventi legati a proliferazioni di
cianobatteri è connessa all’utilizzo potabile delle acque. Il rischio è determinato dalla eventuale
presenza nelle acque non propriamente degli organismi fitoplanctonici ma dei metaboliti tossici
da questi prodotti. Le cianotossine, infatti, presenti in concentrazioni significative in forma
intra-cellulare e/o disciolta, in acque da destinare a consumo umano, se non efficacemente
rimosse nella filiera dei trattamenti di potabilizzazione, potrebbero persistere sino ai punti di
utenza e, se in concentrazioni superiori ai livelli di sicurezza, rappresentare un fattore di rischio
per il consumo delle acque.
Sotto il profilo della sorveglianza, le cianotossine sono a tutti gli effetti fattori di rischio
chimico. Tuttavia, la determinazione sistematica di queste nelle acque, a differenza di quanto
avviene con altri parametri regolarmente oggetto di monitoraggio, non è di norma praticata. Le
cianotossine non sono espressamente incluse tra i parametri da monitorare ai sensi della
Direttiva 98/83/CE e dal suo recepimento nazionale, DL.vo 31/2001 e s.m.i. D’altra parte, sulla
base di specifiche valutazioni del rischio, alcuni paesi hanno ritenuto utile stabilire l’obbligo di
4
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
monitoraggio per le cianotossine nella normativa sulla qualità delle acque potabili (cfr. sez.
2.1.1 del Rapporto ISTISAN 11/35 Pt. 1).
In termini generali, essendo la proliferazione di cianobatteri generalmente circoscritta a
limitati intervalli di tempo, la presenza di tossine in concentrazioni potenzialmente rilevanti per
la salute si ha solo per brevi periodi, e, pertanto, un controllo regolare nell’arco di tutto l’anno
può risultare inappropriato sotto il profilo dell’allocazione delle risorse. A ciò si aggiunga che,
nell’ambito dei periodi di bloom, i livelli di cianotossine possono variare significativamente in
pochi giorni, richiedendo una frequenza ravvicinata nella sorveglianza, laddove un controllo di
routine continuativo nell’arco di un anno dovrebbe prevedere necessariamente intervalli di
tempo prolungati tra i campionamenti, e potrebbe così risultare poco efficace nell’identificare
situazioni di rischio sanitario. I metodi di controllo delle tossine ai fini di conferma risultano,
infine, allo stato attuale non disponibili nell’ambito dell’intero territorio e richiedono risorse
strumentali e umane piuttosto onerose.
Su queste basi, sono state da tempo messe a punto delle strategie di controllo e gestione del
rischio basate su una sorveglianza integrata del corpo idrico e della filiera di potabilizzazione,
modulate sui livelli di rischio esistenti nelle acque grezze e sui sistemi di trattamento posti in
essere. Un approccio consolidato a livello internazionale e sul quale si basa il sistema proposto
in queste linee guida è la sequenza monitoraggio-azioni definita ALF e descritta di seguito.
1.2.1. Sistemi ALF
L’approccio ALF definisce un modello di tipo multistadio, strutturato in una serie di misure
che prevedono diversi controlli delle acque con misure di gestione del rischio differenziate e
funzionali al livello di rischio di contaminazione stimato nelle acque di origine superficiale
(livelli di rivelazione e allerta) e alle possibili azioni di mitigazione poste in essere nella filiera
di potabilizzazione. I criteri generali dell’ALF, sono applicati anche ad invasi con destinazioni
d’uso diverse dal consumo umano, quali acque ricreazionali o di irrigazione, sulla base di una
differente valutazione del rischio, funzionale all’utilizzo specifico delle acque. Di conseguenza,
in tali contesti, le basi decisionali, i limiti di sicurezza adottati e le azioni di risposta possono
risultare anche notevolmente diverse rispetto a quelle presentate in queste linee guida.
Riferendosi alle acque destinabili a consumo umano, è utile dare un cenno degli approcci
proposti negli ultimi due decenni, per presentare poi il modello di gestione del rischio
raccomandato a livello nazionale nelle linee guida:
– Sistema Burch
Il sistema proposto da Burch nel 1993 utilizza come elementi di attivazione di misure di
risposta differenziate, il numero di cellule rilevate nelle acque grezze, definendo tre livelli
(11):
- Livello di allerta 1: ridotti livelli di cellule: 500-2.000 cellule/mL;
- Livello di allerta 2: livelli di cellule moderate: 2.000-15.000 cellule/mL;
- Livello di allerta 3: elevati, persistenti livelli di cellule, superiori a 15.000 cellule/mL.
Nei livelli 1 e 2 le acque sono considerate idonee alla destinazione umana mentre, in
mancanza di specifiche misure di mitigazione del rischio, il livello 3 comporta la non
idoneità al consumo umano. Diverse azioni sono proposte in funzione degli stadi di
allerta, sia dal punto di vista della sorveglianza (identificazione specie-specifica della
popolazione algale, analisi delle cianotossine) che della risposta (modifiche nella
profondità dell’opera di presa, trattamenti delle acque), insieme a raccomandazioni sul
processo decisionale.
5
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
– Sistema WHO
Alcuni anni più tardi la WHO (7) ha ripreso l’approccio ALF in un modello basato sulla
valutazione della concentrazione di cianobatteri rilevati nelle acque di origine che
definisce i seguenti tre stadi:
- Livello di vigilanza: associato alla rilevazione dei cianobatteri, che richiede
l’intensificazione del monitoraggio algale;
- Livello di allerta 1: attivato per concentrazioni di cianobatteri superiori a 2.000
cellule/mL (clorofilla-a superiore a 1 µg/mL), in cui si ravvisa la possibilità di presenza
di cianotossine pari al valore guida (1,0 µg/L per MC-LR) e si richiede l’attivazione di
determinazioni analitiche sui livelli di cianotossine e l’applicazione di misure idonee di
trattamento per la rimozione di cellule algali e tossine, accompagnato dalla
segnalazione alle autorità sanitarie;
- Livello di allerta 2: corrispondente a concentrazioni superiori a 100.000 cellule/mL
(clorofilla-a superiore a 50 µg/L) per cianobatteri tossici, in corrispondenza del quale,
oltre all’intensificazione dei monitoraggi e il potenziamento/ottimizzazione dei sistemi
di trattamento, si procede all’identificazione di approvvigionamenti idrici alternativi in
emergenza, con adeguata comunicazione tra le autorità sanitarie e mezzi di
comunicazione.
– Sistema CIMF
I principi dell’ALF sono stati integrati in piani gestionali più generali definiti
Cyanobacterial Incident Management Framework (CIMF) (13) che prevedono un sistema
più articolato tra monitoraggio di routine, livello di vigilanza e tre livelli di allerta, in cui
il passaggio da uno stadio di allerta al successivo è determinato dalla positività di diversi
indicatori tra i quali, oltre a quelli comuni finalizzati alla determinazione di cellule algali
e cianotossine, si propone anche il saggio biologico.
– Sistema australiano
Il modello Burch (11) è stato anche ridefinito e integrato nel protocollo nazionale
australiano (14) di monitoraggio di cianobatteri e cianotossine nelle acque superficiali che
definisce:
- Livello di rivelazione: concentrazione di cianobatteri superiore a 500 cellule/mL;
- Livello di allerta 1: concentrazione di cianobatteri superiore a 2.000 cellule/mL;
- Livello di allerta 2: concentrazione di cianobatteri superiore a 5.000 cellule/mL;
- Livello di allerta 3: concentrazione di cianobatteri superiore a 50.000 cellule/mL.
Il sistema utilizza anche la misura del biovolume di cianobatteri in alternativa ai conteggi
algali e considera la determinazione delle cianotossine negli ultimi stadi di allerta quale
criterio di valutazione del rischio per il consumo delle acque.
– Sistema Newcombe
Un’evoluzione più recente del sistema basato sui principi della WHO (12) ed elaborato
sulla base dei progressi sulle conoscenze anche rispetto al potenziale di produzione di
tossine specie-specifico è stato proposto da Newcombe (15) e identifica un livello di
rivelazione e tre differenti livelli di allerta. La definizione dei diversi livelli e le azioni
associate a ciascun livello di allerta sono qui brevemente descritti:
- Livello di rivelazione: concentrazioni di cianobatteri indicativamente definite nel range
500-2.000 cellule/mL.
È utile per identificare uno stadio precoce di bloom algale. Laddove nel sistema di
gestione idrica non sia operativo un adeguato monitoraggio sui cianobatteri, se ne
6
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
raccomanda l’implementazione su base settimanale, integrando le informazioni con
frequenti ispezioni visive sul corpo idrico per rivelare presenza di schiume o
colorazioni delle acque.
- Livello di allerta 1: concentrazioni di cianobatteri della specie Microcystis aeruginosa
nel range 2.000-6.500 cellule/mL, in acque prelevate in corrispondenza dell’opera di
presa.
È definito sulla base di criteri conservativi per garantire un intervallo di tempo di 4-6
giorni, prima che lo sviluppo della popolazione possa raggiungere livelli tali da
configurare presenza di cianotossine pari al valore guida (livello di allerta 2). A livello
di allerta 1 si consiglia la notifica alle autorità sanitarie locali e, ove praticabile,
l’attivazione delle determinazioni analitiche sulle cianotossine. Altre decisioni devono
essere prese caso per caso sulla base delle informazioni disponibili in merito alla
tossicità della specie, il quadro pre-esistente, con particolare attenzione alla storicità
degli episodi di proliferazioni di cianobatteri, la pronta disponibilità di eventuali
approvvigionamenti alternativi, la tipologia e lo stato di efficienza dell’impianto di
potabilizzazione.
- Livello di allerta 2: segnala, in mancanza di dati specifici sui livelli di tossina, la
possibilità che le acque in ingresso alla filiera di potabilizzazione presentino
concentrazioni di microcistine nell’intorno del valore guida; la stima è conservativa
assumendo che la popolazione algale sia altamente tossica e tutta la tossina prodotta sia
rilasciata nelle acque e non venga rimossa dai trattamenti. La concentrazione di M.
aeruginosa che definisce il livello 2 è infatti calcolata assumendo, in condizioni di
peggior caso, una quota di tossina per cellula (toxin quota) pari a 0,2 pg, che,
considerando una concentrazione pari a 6.500 cellule/mL, risulterebbe in una
concentrazione di tossina pari a 1,3 μg/L, valore guida assunto nelle linee guida
australiane (14). La stima presenta evidentemente un elevato grado di approssimazione
in quanto la toxin quota nelle popolazioni naturali di cianobatteri è notevolmente
variabile e di difficile definizione e, peraltro, si differenzia da specie a specie. Su
queste basi, assumendo nella stima gli stessi criteri sopra riportati e valori di toxin
quota riferiti alle singole specie, una valutazione più specifica per il livello di allerta 2
è stato proposto in Australia per le specie algali più diffuse, con i seguenti valori (15):
- Microcystis aeruginosa:
6.500 cellule/mL;
- Anabaena circinalis:
20.000 cellule/mL;
- Cylindrospermopsis raciborskii:
15.000 cellule/mL;
- Nodularia spumigena:
40.000 cellule/mL.
Questo livello di allerta comporta una decisione sulla notifica di allerta sanitario e di
eventuali limitazioni d’uso laddove siano assenti sistemi di trattamento delle acque e
non sia possibile determinare con adeguata frequenza le concentrazioni di tossine. A
livello operativo si raccomanda un monitoraggio assiduo, almeno settimanale sulle
cianotossine e sulla composizione dei cianobatteri.
- Livello di allerta 3: si configura per concentrazioni superiori a 65.000 cellule/mL,
riferito a cellule tossiche di Microcystis aeruginosa, e rappresenta un potenziale di
produzione di tossina nelle acque da destinare a consumo a concentrazioni nell’intorno
o superiore a dieci volte il valore guida.
Deve essere effettuata notifica all’autorità sanitaria, qualora non attuata in precedenza,
e definita accuratamente una valutazione dei rischi che tenga anzitutto conto delle
misure di trattamento poste in essere e della loro adeguatezza – sia per tecnologie
impiegate che per efficienza e stato di manutenzione dei sistemi esistenti –
7
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
considerando anche l’esistenza di categorie di consumatori sensibili, Qualora le misure
di mitigazione dei rischi non siano considerate adeguate, sono richiesti provvedimenti
di limitazioni d’uso e implementazione di piani di risposta all’emergenza. In ogni caso
è richiesto il proseguimento del monitoraggio (frequenza consigliata 3-7 giorni) per
evidenziare il declino della popolazione e la riduzione di livelli di tossine entro la
soglia di sicurezza. Misure specifiche, soprattutto in caso di limitazioni d’uso delle
acque, devono essere adottate per assicurare una adeguata comunicazione con i media
e la popolazione, da parte delle autorità sanitarie.
Il passaggio da un livello di allerta superiore a uno inferiore è determinato dal declino
della popolazione di cianobatteri e/o dall’adozione di misure di prevenzione e/o
mitigazione del rischio considerate appropriate da parte dell’autorità sanitaria.
Bibliografia
1. World Health Organization. Guidelines for drinking-water quality. Volume 1. Recommendations. 3rd
Edition. Geneva: WHO; 2004.
2. World Health Organization. Water safety plans managing drinking-water quality from catchment to
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3. World Health Organization. Guidelines for drinking-water quality. 4th Edition. Geneva: WHO; 2011.
4. Chorus I (Ed.). Current approaches to cyanotoxin risk assessment, risk management and regulations in
different countries. Dessau-Roßlau: Federal Environmental Agency; 2005.
5. UNI EN ISO 22000. Sistemi di gestione per la sicurezza alimentare. Requisiti per qualsiasi
organizzazione nella filiera alimentare. Milano: Ente Nazionale Italiano di Unificazione; 2005.
6. World Health Organization. Water safety plan manual: Step-by-step risk management for drinkingwater suppliers. 3rd edition .Vol. 1. Geneva: WHO; 2008.
7. Chorus I, Bartram J (Ed.). Toxic cyanobacteria in water: a guide to their public health consequences,
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drinking-water reservoir in the South of Italy. In: Sinisi L, Aertgeerts R (Ed.). Guidance on water
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Grazia M, Ungaro N, Petruzzelli R, Tartari G, Guzzella L, Mingazzini M, Copetti D. Unprecedented
cyanobacterial bloom and microcystin production in a drinking water reservoir in the South of Italy: a
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Scientific symposium. International meeting on health and environment: challenges for the future.
Abstract book. Rome (Italy), December 9-11, 2009. Roma: Istituto Superiore di Sanita; 2009.
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11. Burch MD. The development of an alert levels and response framework for the management of
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University of Adelaide. 17th February 1993, Adelaide, S. Australia; 1993.
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and fresh waters. Geneva: WHO; 2003.
8
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
13. Van Baalen L, Du Preez HH. Incident management framework for blue-green algal toxins, Final
Report April 2001. Rand Water, South Africa; 2001.
14. National Water Quality Management Strategy. Australian drinking water guidelines 6. Australian
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http://www.nhmrc.gov.au/_files_nhmrc/publications/attachments/eh34_adwg_11_06.pdf;
ultima
consultazione 18/02/2011.
15. Newcombe G, House J, Ho L, Baker P, Burch M. Management strategies for cyanobacteria (bluegreen algae) and their toxins: a guide for water utilities. Adelaide: Water Quality Research Australia
Limited; 2010. (Research Report 74).
9
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
2. SISTEMA NAZIONALE DI SORVEGLIANZA,
ALLERTA E GESTIONE DEL RISCHIO
PER IL CONTROLLO DELLE CIANOTOSSINE
IN ACQUE DESTINATE AL CONSUMO UMANO
Luca Lucentini (a), Massimo Ottaviani (a), Patrizia Albertano (b), Maria Mattiacci delle Salette (c)
(a) Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore di Sanità, Roma
(b) Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Dipartimento di Biologia, Roma
(c) ASL Roma C
In accordo con gli obiettivi generali delle linee guida, questa sezione è finalizzata a fornire
gli strumenti operativi di supporto nella gestione del rischio correlato alla presenza di
cianobatteri, in particolare di specie potenzialmente tossiche, in corpi idrici utilizzati per la
produzione di acque potabili.
I criteri elaborati dal gruppo di lavoro e descritti in questa sezione sono destinati
principalmente alle autorità sanitarie territoriali, preposte alla valutazione del rischio e al
giudizio di conformità sulle acque destinate al consumo umano ai sensi del DL.vo 31/2001 e
s.m.i. e ai gestori dei sistemi idrici di produzione di acque destinate al consumo umano.
2.1. Sistema di sorveglianza e allerta
Il modello proposto si basa sui risultati di monitoraggio del conteggio algale eseguito sulla
base delle prescrizioni normative o pianificato dal gestore e/o dall’autorità ambientale o
sanitaria, anche sulla base delle indicazioni sulla potenziale suscettibilità e vulnerabilità del
sistema all’insediamento e sviluppo di popolazioni di cianobatteri, raccomandando che il
monitoraggio sia intensificato negli invasi storicamente interessati da bloom e tenendo in
principale conto dell’andamento stagionale delle fioriture.
I criteri elaborati e proposti, basati su principi di Alert Level Framework (ALF) elaborati e
consolidati a livello internazionale, compongono un albero decisionale in cui azioni di
monitoraggio e gestionali sul sistema idrico vengono implementate in modo sequenziale, in
risposta all’andamento della crescita algale nelle acque in ingresso alla filiera di trattamento e
tenendo conto delle misure di prevenzione e mitigazione del rischio proprie del sistema di
gestione. I livelli di allerta sono definiti mediante valori di parametri associati al rischio di
presenza di cianotossine nelle acque. In particolare, per ciascun livello di concentrazione algale
rilevato nel corpo idrico, nell’intorno del punto di captazione, è definibile un livello di rischio per
la potenziale presenza di cianotossine nell’acqua al punto di utenza, in funzione del quale si
innestano una serie di misure modulari che possono includere l’intensificazione delle frequenze di
monitoraggio sui cianobatteri e sulle cianotossine, l’implementazione e/o ottimizzazione dei
trattamenti delle acque, la notifica all’autorità sanitaria e, come ultima misura, l’adozione di
limitazioni d’uso della risorsa idrica con parallela attivazione di piani di emergenza.
L’approccio è fondato sul modello schematizzato in Figura 1, e sullo schema riassuntivo dei
livelli di rischio riportato in Tabella A1 (in allegato al capitolo). Il primo è applicato alla filiera
di potabilizzazione e descrive la stima del livello di protezione del sistema, in termini di
prevenzione e mitigazione del rischio di presenza di cianotossine nelle acque al punto di
10
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
consegna/utenza; il secondo è finalizzato alla gestione del rischio nell’intero sistema dalle acque
in ingresso fino alla distribuzione ai punti di consegna/utenza.
sì
Classe
di protezione
relativa
Tecniche di prevenzione e trattamenti
con performance comprovate
in precedenti bloom
no
sì
cellulare11
Condizioni potenziali di lisi cellulare
no
Monitoraggio e gestione della captazione
(es. opere di presa
a posizione/profondità variabile)
Disinfezione
efficace
nella
inattivazione
delle
cianotossine55
sì
MIN
I
no
no
II
sì
Trattamenti di rimozione di cellule algali
adeguatamente gestiti22
no
III
sì
no
Trattamenti di rimozione di cianotossine
3,4
adeguatamente gestiti3,4
IV
sì
MAX
1
2
3
4
5
Alcune circostanze in grado di indurre lisi cellulare: trattamenti alghicidi, pre-ossidazione, senescenza della
popolazione algale, pompaggi ad alte pressioni (cfr. sez. 3.3 Box 10-11)
Alcuni metodi efficaci per la rimozione di cellule di cianobatteri: coagulazione e sedimentazione o
flottazione, filtrazione a sabbia, ultrafiltrazione (cfr. sez. 3.3 Box 10-11)
Alcuni metodi efficaci per la rimozione di cianotossine: filtrazione su carboni attivi, ultrafiltrazione, ozono (cfr.
sez. 3.3 Box 10-11)
L’efficacia del sistema di rimozione/inattivazione dipende dalle tecnologie applicate, dimensionamento
dell’impianto, caratteristiche delle acque, livelli di alghe e tossine in entrata, manutenzione, ecc. (cfr. sez.
3.3 Box 5)
L’efficacia del sistema di disinfezione dipende dalle tecnologie applicate, dimensionamento dell’impianto,
caratteristiche delle acque, livelli di alghe e tossine in entrata, manutenzione, ecc. (cfr. sez. 4.2.3.2 vol. 1)
Figura 1. Stima del livello di protezione del sistema di gestione idrica
I criteri utilizzati per la definizione degli stati di allerta, la valutazione del livello di rischio,
le azioni specifiche e le misure di protezione e mitigazione da implementare sono descritte di
seguito:
– Livello di rivelazione 0
Questo livello è finalizzato ad evidenziare, nel corso di un monitoraggio sistematico, la
possibile insorgenza di un bloom ad uno stadio preliminare. I livelli di conteggio algale,
11
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
riferiti a specie tossiche, sono indicativamente assunti nel range 500-2.500 cellule/mL. In
questo stadio non si ravvisa alcun rischio sanitario immediato, anche nei casi in cui siano
osservabili modifiche di carattere organolettico delle acque. Le azioni raccomandate
consistono nel proseguire o intensificare il monitoraggio sulle specie algali nelle acque in
entrata all’impianto, integrando i dati con frequenti ispezioni nell’invaso per evidenziare
eventuale presenza di schiume o cambiamenti di colore a diverse profondità. In termini
del tutto indicativi lo sviluppo della popolazione algale fino a raggiungere concentrazioni
proprie del livello di allerta può evidenziarsi in una settimana o poco meno (viene assunto
un tempo di ca. 4 gg. per il raddoppiamento della popolazione), a seconda delle
condizioni ambientali.
Come per gli altri stadi del sistema, si assume che il campione venga prelevato
nell’intorno dell’opera di presa in modo da riferirsi direttamente al rischio per il consumo
umano delle acque; altri campioni possono tuttavia essere prelevati nell’invaso e possono
essere utili a studiare l’eventuale distribuzione dei cianobatteri nella colonna d’acqua o
nelle altre zone del corpo idrico o, nel caso di prelievi di schiume in cui le concentrazioni
algali sono notevolmente elevate, per evidenziare il profilo tossicologico della
popolazione, in termini di composizione e livelli di tossina prodotta, mediante metodi di
conferma. Sono a tal fine di particolare utilità i sistemi di early-warning.
– Livello di allerta 1
Questo livello definisce un insediamento e sviluppo della popolazione di cianobatteri nel
corpo idrico tale da configurare, in uno scenario massimamente precauzionale, un potenziale
di produzione di tossina nelle acque da destinare a consumo a concentrazioni nell’intorno del
valore guida. La stima dei valori di concentrazione algale per il livello di allerta, definita
anche come “surrogato del pericolo” (1) è, infatti, ottenuta con criteri conservativi
considerando tutta la popolazione algale come produttrice di tossina, stimando un valore
elevato di tossina prodotta per singola cellula e assumendo che tutte le tossine prodotte siano
in forma libera nelle acque, si presentino come le varianti più tossiche e non vengano rimosse
nel corso dei trattamenti.
Nella valutazione sono stati seguiti criteri definiti dalla World Health Organization (WHO)
(2) e ripresi da altri autori (1, 3, 4), assumendo una stima conservativa del valore di tossina
associato a ciascuna cellula e definendo da questo il numero di cellule necessario per
ottenere una concentrazione di tossine nelle acque nell’intorno del valore di riferimento. Per
quanto riguarda la toxin quota si rimanda alla sez. 2.2. e 2.4. del Rapporto ISTISAN 11/35
Pt. 1 per considerazioni più approfondite e, in questa sede si considera un valore medio di
0,2 pg/cell (1, 3) per le diverse specie algali tossiche. Nel caso di presenza di P. rubescens,
tuttavia, sulla base del principio di massima precauzione, delle informazioni diffuse in
letteratura (1, 3, 5), che considerano il genere associato ad una più elevata produzione di
cianotossine – indicazioni confermate dai dati di molteplici monitoraggi nazionali valutati
dal gruppo di lavoro – si assume una toxin quota pari al doppio di quella definita per le altre
specie di cianobatteri tossici, adottando un valore soglia di cellule di conseguenza ridotto.
Le azioni da implementare in corrispondenza del livello di allerta 1 comprendono:
- notifica ad autorità sanitaria locale, nel caso il monitoraggio sia stato effettuato dal
gestore (controllo interno), da agenzie ambientali o da gruppi di ricerca;
- attivazione di un monitoraggio regolare su base quindicinale o meglio settimanale, in
funzione dello stato di protezione dell’impianto e della disponibilità di risorse,
mediante conteggio algale;
- valutazione del rischio associabile alla potenziale presenza di tossine nelle acque in
uscita dall’impianto di potabilizzazione e in distribuzione, sulla base del livello di
12
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
protezione dell’impianto; ove disponibili sono fondamentali in tal senso i dati storici
relativi all’efficienza dell’impianto in fase di bloom.
La valutazione della protezione può basarsi, in linea generale, sui criteri definiti in Figura
1. In tale modello è considerato inadeguato, al livello di allerta 1, un grado di protezione
di classe I-II, che può verificarsi in piccoli sistemi di gestione. La valutazione deve
comunque tenere conto del corretto dimensionamento dell’impianto e delle condizioni
generali di funzionamento e manutenzione (può essere utile l’ispezione agli impianti, la
verifica dello stato di manutenzione interna ed esterna, ordinaria e straordinaria, la
frequenza dei controlavaggi degli impianti, i dati interni sul monitoraggio operativo,
rispetto ad esempio alle pressioni di esercizio degli impianti di filtrazione, ecc.); tenere
conto, infine, dell’obbligo di trattamento delle acque prima della loro destinazione al
consumo umano disposto dal DL.vo 152/2006, relativamente ai pre-trattamenti in
funzione della classificazione del corpo idrico.
Laddove il livello di protezione dell’impianto sia considerato comunque inadeguato si
dovrà in primo luogo implementare la determinazione delle cianotossine con frequenza
quindicinale o settimanale; le determinazioni di cianotossine devono riferirsi al contenuto
totale (intra- ed extra-cellulare) e sono di norma effettuate sulle acque in entrata e in
uscita ed, eventualmente, in distribuzione, in questo caso considerando almeno un punto
prossimale e uno distale della rete in cui l’acqua distribuita non è miscelata; ottimizzare
per quanto possibile le misure di mitigazione nella filiera di potabilizzazione assicurando
un’adeguata clorazione; questa dovrebbe essere effettuata aumentando il tempo di
contatto e, in mancanza di altre misure di protezione, mantenendo livelli di cloro residuo
in distribuzione almeno a concentrazioni di 0,1-0,2 mg/L o anche superiori,nel caso
l’autorità sanitaria lo ritenga necessario, in fase di allerta 1-2, tenendo conto anche dei
risultati del controllo sui sottoprodotti di disinfezione.
Ai fini applicativi, sulla base delle esperienze nazionali maturate, è da considerare che in
un invaso caratterizzato da insediamento stabile di cianobatteri, le concentrazioni algali
definite per il livello di allerta sono ampiamente superate in periodi più o meno prolungati
nel corso dell’anno e, nella norma, non comportano alcuna limitazione d’uso della risorsa
idrica in quanto adeguatamente gestite nella filiera idrica di potabilizzazione. In effetti,
nel caso il sistema idrico “conviva” da tempo con l’occorrenza più o meno periodica di
cianobatteri le misure sopra riportate, espresse in forma necessariamente generale e
conservativa, dovranno essere adattate al contesto e ottimizzate, anche in termini di
risorse, sulla base dell’esperienza acquisita. È quanto mai necessario, in tali casi, la
conservazione della documentazione del sistema di controllo interno da parte del gestore
idrico che evidenzi l’efficacia delle misure poste in essere sulla base dei dati storici
ottenuti in situazioni di bloom, inclusi dati di test operativi interni quali ad esempio jar
test per la rimozione delle cellule algali.
La frequenza di monitoraggio deve essere mantenuta sino a che 2 consecutivi risultati
attestino il rientro ad un livello di rischio inferiore, in seguito ai quali la frequenza può
essere progressivamente ridotta.
– Livello di allerta elevato 2
Sulla base dei valori determinati per il livello di allerta viene quindi definito un livello di
allerta elevato 2, che rappresenta uno sviluppo della popolazione di cianobatteri nel corpo
idrico tale da configurare un potenziale di produzione di tossina nelle acque da destinare a
consumo, a concentrazioni nell’intorno di dieci volte il valore guida. In questo caso, nella
gestione del rischio deve essere principalmente considerata l’esistenza nel sistema idrico di
misure di trattamento adeguate per mitigare i rischi, in mancanza delle quali sono richiesti
13
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
provvedimenti di limitazioni d’uso e implementazione di piani di risposta all’emergenza.
Ad integrazione delle misure descritte in precedenza per i livelli di rischio inferiori, si
raccomanda, in questa fase:
- informazione all’autorità sanitaria locale sull’evoluzione del fenomeno;
- implementazione di un monitoraggio regolare su base bisettimanale mediante conteggio
algale;
- determinazione settimanale o (meglio) bisettimanale delle cianotossine su acque in
entrata, in uscita dal potabilizzatore e in distribuzione (almeno un punto prossimale e
uno distale della rete in cui l’acqua distribuita non è miscelata);
- ottimizzazione delle misure di mitigazione nella filiera di potabilizzazione, assicurando
un’adeguata clorazione;
- attivazione per un’eventuale implementazione dei piani di risposta all’emergenza (cfr.
sez. 3).
Ai fini applicativi, sulla base delle esperienze nazionali maturate, è da considerare che in
un invaso caratterizzato da insediamento stabile di cianobatteri, le concentrazioni algali
definite per il livello di allerta elevato possono essere superate in periodi per lo più
ristretti nel corso dell’anno e, se correttamente gestiti, possono non comportare
limitazioni d’uso della risorsa idrica. Anche in questa fattispecie, nel caso il sistema
idrico sia interessato dall’occorrenza più o meno periodica di cianobatteri le misure sopra
riportate devono essere adattate al contesto e ottimizzate, anche in termini di risorse, sulla
base dell’esperienza acquisita.
Il piano descritto riporta necessariamente in forma schematica tre livelli di rischio
rappresentativi. Situazioni intermedie (es. per concentrazioni algali comprese tra 5.000 e
50.000 cell/L) saranno gestite con decisioni adeguatamente commisurate al livello di
rischio, da valutare caso per caso sulla base dello schema generale.
La frequenza di monitoraggio deve essere mantenuta sino a che due risultati sequenziali
attestino il rientro ad un livello di rischio inferiore, in seguito ai quali la frequenza può
essere progressivamente ridotta.
2.2. Provvedimenti e limitazioni d’uso
Lo stato delle conoscenze sulla valutazione del rischio correlato alla presenza di crescita
massiva di cianobatteri in acque da destinare al consumo umano, come descritto nelle precedenti
sezioni di queste linee guida, indica che il rischio sanitario si correla unicamente alla produzione
di acque destinate al consumo, contaminate con livelli di cianotossine superiori ai valori guida.
È utile anche ricordare che la definizione dei valori di riferimento, riguarda esposizione di tipo
cronico, vale a dire un consumo prolungato, formalmente “nell’intero arco di vita”, di acque
contaminate con cianotossine a livelli superiori ai valori di riferimento.
Su tali basi, il gruppo di lavoro raccomanda la limitazione d’uso delle acque potabili in
seguito a riscontro di concentrazioni di tossine superiori ai valori massimi ammissibili nelle
acque in distribuzione.
Il valore massimo ammissibile provvisorio per la MC-LR in acque destinate al consumo
umano è pari a 1,0 μg/L riferito al contenuto di tossina totale (intra ed extra-cellulare). Sulla
base di un approccio ampiamente conservativo nei confronti della protezione della salute, con
sovrastima nella valutazione della tossicità, secondo l’approccio di stima di peggior caso, il
valore dì 1,0 g/L deve essere riferito alla somma delle concentrazioni dei diversi congeneri di
MCs presenti nel campione, considerati come equivalenti di MC-LR. A tal fine devono essere
ricercati con metodi di conferma i congeneri di microcistine determinabili al meglio delle
14
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
potenzialità analitiche disponibili e, come criterio minimo, i congeneri per i quali sono
attualmente commercialmente disponibili standard analitici, Dem-MC-RR, MC-RR, MC-YR,
Dem-MC-LR, MC-LR, MC-LA, MC-LY, MC-LF, MC-LW. La ricerca di cianotossine deve
essere estesa ad altre classi di composti, come ad esempio cilindrospermopsina e anatossina, in
presenza di bloom (per allerta superiore a 1) di specie produttrici di tali tossine; il valore
massimo ammissibile di cianotossine diverse dalle microcistine può essere fissato secondo
quanto previsto dal DL.vo 31/2001, art. 11(1)(b).
In presenza di contaminazione al di sopra del valore massimo ammissibile le limitazioni
d’uso riguardano, in generale, il solo utilizzo potabile e la preparazioni di alimenti in cui l’acqua
sia ingrediente essenziale, con particolare riguardo per le categorie a rischio. In casi di
limitazioni d’uso per superamenti dei limiti di riferimento devono essere attivati i piani di
risposta all’emergenza e il ricorso ad implementazione di approvvigionamenti idrici alternativi,
predisposizione dell’osservatorio epidemiologico, comunicazione e quanto altro descritto in sez.
4-6 di questo volume.
È comunque da considerare ai fini dell’adozione delle limitazioni d’uso quanto stabilito in
art. 10(1) del DL.vo 31/2001, sulla necessità di tenere conto dell’entità del superamento e dei
potenziali rischi per la salute umana, nonché dei rischi che potrebbero derivare da
un’interruzione dell’approvvigionamento o da una limitazione di uso delle acque erogate; le
eventuali limitazioni d’uso devono prevedere in primo luogo il ricorso ad approvvigionamenti
alternativi e l’implementazione urgente di trattamenti adeguati per il rientro in conformità delle
acque distribuite.
2.3. Azioni specifiche raccomandate in relazione
al sistema ALF
Nella precedente sezione sono stati presentati i criteri e le strategie in base alle quali è
possibile stimare il grado di rischio da cianotossine nella filiera di produzione e distribuzione di
acque per consumo umano e definire possibili risposte volte a prevenire l’esposizione dei
consumatori.
Gli elementi alla base dello sviluppo e implementazione del sistema, in particolare per
quanto riguarda la valutazione del rischio, sono stati approfonditi nel volume “Cianobatteri nelle
acque destinate al consumo umano: stato delle conoscenze per la valutazione del rischio”.
Si ritiene comunque utile, in questa sezione, richiamare gli elementi chiave e le azioni
raccomandate per i diversi aspetti strategici alla base dell’implementazione dell’ALF. A tal fine,
in Tabella 1 si riportano gli aspetti fondamentali che presiedono alla strutturazione e
implementazione del sistema riguardo, in particolare, alla valutazione del rischio per lo
specifico sistema idrico, ai metodi di sorveglianza e controllo posti in essere, alle misure di
risposta e comunicazione previste in emergenza. Per ciascun determinante considerato è
indicato un riferimento ad uno specifico “riquadro” di approfondimento (Box). In ciascuno dei
riquadri riportati (in Appendice A) è richiamata, per ciascuno degli elementi determinanti del
sistema ALF:
– una nota di sintesi in merito allo stato delle conoscenze;
– alcune raccomandazioni specifiche nel contesto della prevenzione e gestione dei rischi;
– la sezione di approfondimento corrispondente, per quanto riguarda gli elementi inerenti la
valutazione del rischio e i metodi di sorveglianza e controllo, o in questo stesso volume,
per gli aspetti relativi alla risposta in emergenza.
15
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Tabella 1. Aspetti fondamentali del sistema ALF
Determinante del sistema ALF
Box*
Probabilità
di accadimento
di fenomeni tossici
nell’invaso e nel
sistema idrico e
valutazione del rischio
Fattori ambientali che presiedono alla proliferazione di cianobatteri
Specie tossiche e impatto sulle acque per consumo umano in Italia
Tossine da cianobatteri
Normativa e valori di riferimento
Analisi del sistema idrico
1
2
3
4
5
Metodi di sorveglianza
e controllo
Determinazione di cianobatteri tossici
Controlli early warning alla captazione
Metodi per la determinazione di cianotossine
6
7
8
Misure di mitigazione
del rischio
Misure di prevenzione: controlli alla captazione e sui nutrienti
Rimozione di cianobatteri e loro metaboliti
Prodotti di degradazione delle cianotossine
9
10
11
Risposta all’emergenza
Piani di risposta all’emergenza
Sistema di sorveglianza epidemiologia
Informazione e comunicazione del rischio
12
13
14
* I box vengono riportati nell’Appendice A di questo volume
Bibliografia
1. Newcombe G, House J, Ho L, Baker P, Burch M. Management strategies for cyanobacteria (bluegreen algae) and their toxins: a guide for water utilities. Adelaide: Water Quality Research Australia
Limited; 2010. (Research Report 74).
2. World Health Organization. Guidelines for drinking-water quality. 4th Edition. Geneva: WHO; 2011.
3. Chorus I, Bartram J (Ed.). Toxic cyanobacteria in water. A guide to their public health consequences,
monitoring and management. London: E & FN Spon; 1999.
4. World Health Organization. Water Safety Plans managing drinking-water quality from catchment to
consumer. Geneva: WHO; 2005.
5. Burch MD, Harvey FL, Baker PD, Jones G. National protocol for the monitoring of cyanobacteria
and their toxins in surface fresh waters. ARMCANZ National Algal Management. Draft V6.0 for
consideration LWBC; 2003.
16
17
Allerta elevato per possibile
rischio sanitario:
conteggio algale associato
a potenziale presenza
di cianotossine nelle acque
da destinare al consumo
(prima della filiera di
potabilizzazione)
a livelli pari a 10x del
massimo ammissibile7,8
nelle acque destinate
al consumo umano
2 Livello di allerta elevato
Allerta per possibile
rischio sanitario:
conteggio algale associato
a potenziale presenza
di cianotossine nelle acque
da destinare al consumo
(prima della filiera
di potabilizzazione)
a livelli pari al valore
massimo ammissibile7,8
1 Livello di allerta
Rivelazione della presenza
di cianobatteri
potenzialmente tossici
nel corso del monitoraggio3,4
0 Livello di rivelazione
Base decisionale
2.500 cell/mL4,6
25.000 cell/mL4,6
Insediamento e sviluppo della popolazione di
cianobatteri nel corpo idrico tale da configurare in
condizioni di peggiore scenario7 un potenziale di
produzione di tossine nelle acque da destinare a
consumo a concentrazioni nell’intorno di 10x il valore
riferimento massimo ammissibile (1,0 μg/L MC-LR8).
Misure di prevenzione e trattamento adeguate
devono essere implementate per mitigare i rischi,
altrimenti sono richiesti provvedimenti di limitazioni
d’uso e implementazione di piani di risposta
all’emergenza16 e adeguata informazione e
comunicazione17
Altre specie tossiche: 50.000 cell/mL4,6
oppure
P. rubescens:
Insediamento e sviluppo della popolazione di
cianobatteri nel corpo idrico tale da configurare in
condizioni di peggiore scenario7 un potenziale di
produzione di tossina nelle acque da destinare a
consumo a concentrazioni nell’intorno del valore
massimo ammisibile (1,0 μg/L MC-LR8)
Altre specie tossiche: 5.000 cell/mL4,6
oppure
P. rubescens:
Rivelazione di cianobatteri a ridotte concentrazioni,
non configurabili rischi sanitari immediati.
Clorofilla cianobatterica: 1-2,5 μg/L
oppure
Specie potenzialmente tossiche4,6:
500-2.500 cell/mL
Definizione della soglia
e rischio configurabile1
Notifica ad autorità sanitaria5
Monitoraggio regolare settimanale o preferibilmente
bisettimanale mediante conteggio algale6,11,12
Determinazione cianotossine frequenza settimanale o
preferibilmente bisettimanale11 su acque in entrata, in uscita
dal potabilizzatore e in distribuzione8,10,11,12,13
Ottimizzare e/o potenziare le misure di mitigazione nella filiera
di potabilizzazione9,14
Assicurare un’adeguata clorazione15
Predisposizione dei piani di emergenza16 informazione e
comunicazione17
Notifica ad autorità sanitaria locale in circostanze dove i
fenomeni non sono ricorrenti/sistematici e adeguatamente
gestiti, a conoscenza dell’autorità sanitaria5.
Implementare monitoraggio regolare su base quindicinale o,
preferibilmente, settimanale mediante conteggio algale6,11,12
almeno sulle acque in entrata e uscita dall’impianto.
Se il livello di protezione del sistema è considerato
inadeguato9 implementare analisi settimanale9,10,11,12
di cianotossine nelle acque in entrata e, se necessario,
in uscita dall’impianto e/o in distribuzione13.
Ottimizzare per quanto possibile le misure di mitigazione
nella filiera di potabilizzazione9,14
Assicurare un’adeguata clorazione15
Intensificare ispezione visiva sull’invaso.
Implementare monitoraggio regolare
almeno su base quindicinale del conteggio algale o clorofilla
cianobatterica6,11,12
Azioni raccomandate
Tabella A1. Schema riassuntivo dei livelli di rischio e della loro gestione adottati nel sistema di sorveglianza
Limitazioni d’uso2
in seguito a
riscontro di
concentrazioni di
tossine superiori ai
valori massimi
ammisibili nelle
acque in
distribuzione8, 13
Limitazioni d’uso2
in seguito a
riscontro di
concentrazioni di
tossine superiori ai
valori massimi
ammissibili nelle
acque in
distribuzione8,13
-
Provvedimenti
ed eventuali
limitazioni d’uso2
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Allegato 2.1.
18
16
17
13
14
15
12
11
10
9
8
6
7
5
4
3
2.
massimo ammissibile di cianotossina nell’acqua al punto di utenza), stimato a partire dal livello di cianobatteri presenti nelle acque, sulla base di una stima conservativa dei livelli di
potenziale produzione cellulare (toxin quota); il rischio configurabile è inteso come il potenziale verificarsi nell’acqua fornita all’utenza di contaminazione da cianotossine nell’intorno o
superiore al valore massimo ammissibile.
Nell’adozione delle limitazioni d’uso considerare comunque quanto stabilito in art. 10(1) del DL.vo 31/2001 e s.m.i., sulla necessità di tenere conto dell’entità del superamento e dei
potenziali rischi per la salute umana, nonché dei rischi che potrebbero derivare da un’interruzione dell’approvvigionamento o da una limitazione di uso delle acque erogate; le
eventuali limitazioni d’uso devono prevedere in primo luogo il ricorso ad approvvigionamenti alternativi e l’implementazione urgente di trattamenti adeguati. Ulteriori approfondimenti in
sez. 2.1.1. Pt.1 e Box 4 e 14 in Pt. 2.
Il monitoraggio di routine sull’invaso deve essere previsto sulla base della normativa vigente (cfr. sez. 2.1. Pt. 1, Box 4 in Pt. 2) o dai piani di rischio eventualmente configurati dal
gestore idrico sulla base di una stima dei rischi secondo l’approccio WSP.
Valori determinati su campioni prelevati nell’intorno dell’opera di presa o nelle acque in entrata (acque grezze), laddove non sia praticabile il campionamento nell’invaso; altre
valutazioni possono essere effettuate sulla base di conteggi su campioni prelevati in altre zone e/o profondità del corpo idrico, indicative della possibilità di concentrazioni pari ai valori
soglia definiti nell’intorno dell’opera di presa (ad esempio tenendo conto della possibilità di spostamento in verticale sulla colonna d’acqua delle masse algali); approfondimenti in sez.
1.1 e 1.2 e Appendice B in Pt. 1, e Box 1-2, 6-7 in Pt. 2.
In circostanze in cui il rischio da cianobatteri sussiste nel sistema idrico con ricorrenza periodica o sistematica e/o prolungata (in linea di massima configurabile in due o più mesi in cui
persiste lo stato di allerta 1-2), i dati dei controlli interni sul rischio da cianobatteri e tossine, inclusi dati di monitoraggio, potranno essere forniti dal gestore con modalità e frequenza
da concordare con l’Autorità sanitaria a seconda dei casi, in funzione dell’entità delle contaminazione, delle misure di prevenzione e mitigazione adottate dall’impianto (in base al
dimensionamento dell’impianto, tecnologie utilizzate per la potabilizzazione, grado di manutenzione e controllo degli impianti) e dell’esperienza maturata da parte del sistema idrico; in
linea di massima per sistemi idrici con esperienza pluriennale nella gestione del rischio che adottino adeguati e collaudati sistemi di controllo potrebbe essere prevista una
comunicazione semestrale o annuale dei dati (sintesi dei dati di concentrazione di cianobatteri e, ove necessario, dei livelli di tossine sulle acque in entrata, uscita e distribuzione) e
interventi effettuati, salvo casi di eventi straordinari di contaminazione.
Per approfondimenti sulle specie potenzialmente tossiche si rimanda a sez. 1.2. e 1.4. Pt. 1 e Box 2 in Pt. 2;
Criteri di massima precauzione considerando tutta la popolazione algale come produttrice di tossina, stimando un valore elevato di tossina prodotta per singola cellula e assumendo
che tutte le tossine prodotte siano in forma libera nelle acque, si presentino come le varianti più tossiche e non vengano rimosse nel corso dei trattamenti.
Il valore massimo ammissibile per le cianotossine, nei punti di conformità stabiliti dal DL.vo 31/2001 (art. 6), è attualmente fissato per la MC-LR pari a 1,0 μg/L, come somma delle
concentrazioni dei diversi congeneri di microcistine, espressi come equivalente di MC-LR. Devono essere ricercati con metodi di conferma i congeneri di microcistine determinabili al
meglio delle potenzialità analitiche disponibili e, come criterio minimo, i congeneri per i quali sono commercialmente disponibili standard analitici, allo stato attuale dem-MC-RR, MCRR, MC-YR, dem-MC-LR, MC-LR, MC-LA, MC-LY, MC-LF, MC-LW. La ricerca di cianotossine deve essere estesa ad altri composti, come ad esempio cilindrospermopsina e
anatossina in presenza di bloom (allerta superiore a 1) di specie potenziali produttrici di tali tossine; il valore massimo ammissibile di cianotossine diverse dalle microcistine potrà
essere fissato secondo quanto previsto dal DL.vo 31/2001, art. 11, c.1, b; approfondimenti in sez. 2.3. Pt. 1 e Box 4 in Pt. 2.
A titolo di riferimento può essere considerato inadeguato un livello di protezione di classe I-II in Figura 1, valutando comunque l’adeguatezza di dimensionamento dell’impianto e le
condizioni di funzionamento e manutenzione; si richiama inoltre l’obbligo di trattamento delle acque prima della loro destinazione al consumo umano disposto dal DL.vo 152/2006,
relativamente ai pre-trattamenti in funzione della classificazione del corpo idrico; approfondimenti in sez. 4. Pt. 1, Box 5, 9-10 in Pt. 2;
Le determinazioni di cianotossine devono riferirsi al contenuto totale (intra- ed extra-cellulare); il metodo analitico deve essere adeguato allo scopo (cfr. sez. 3.3, Appendice A in Pt. 1
e Box 8 in Pt. 2).
La frequenza di monitoraggio deve essere stabilita sulla base del livello di rischio stimato (in primo luogo concentrazione algale e livelli di tossina sulle acque in entrata, e laddove
necessario in uscita e distribuzione, stima dell’efficienza di abbattimento da parte del sistema verificata via via nel corso del monitoraggio, e altri indicatori operativi quali ad esempio
torbidità, TOC, ecc.).
Mantenere la frequenza di monitoraggio sino a che 2 consecutivi risultati attestino il rientro ad un livello di rischio inferiore, in seguito ai quali la frequenza può essere
progressivamente ridotta.
Per il controllo delle acque in distribuzione considerare almeno un punto prossimale e uno distale della rete in cui l’acqua distribuita non è miscelata con acque di altra origine;
Misure di protezione III-VI (Figura 1) devono essere implementate per concentrazioni superiori al livello di allerta 1; approfondimenti in sez. 4. Pt. 1, Box 5, 9-12 in Pt. 2;
ca. 0,1-0,2 mg/L di cloro residuo, aumentando, ove possibile, il tempo di contatto in fase di disinfezione; concentrazioni di cloro più elevate (es. 0,5 mg/L) possono essere
raccomandate per periodi ristretti in emergenza considerando, tuttavia, che il controllo dei sottoprodotti di disinfezione può risultare critico in considerazione dell’incremento del carico
di sostanza organica dovuto alle masse algali nelle acque in entrata; monitorare di conseguenza i livelli di sottoprodotti di disinfezione quali trialometani e/o cloriti in funzione delle
tecniche adottate per la eventuale pre-ossidazione e la post-disinfezione; approfondimenti in sez. 4.2. e 4.3. Pt. 1, Box 10-11 in Pt. 2.
cfr. sez. 3-4 Pt. 2;
cfr. sez. 5 Pt. 2.
1. Per soglia si intende il limite di concentrazione di tossine massimo accettabile nell’acqua dell’invaso in entrata al sistema di gestione idrica (per precauzione posto pari al valore
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
3. PIANI DI RISPOSTA ALL’EMERGENZA
Massimo Ottaviani (a), Maria Mattiacci delle Salette (b), Luca Lucentini (a)
(a) Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore di Sanità, Roma
(b) ASL Roma C
Lo stato di emergenza si configura con l’evidenza di un rischio sanitario per il consumatore
per la presenza di cianotossine nelle acque a livelli superiori ai valori massimi ammissibili. È da
sottolineare che, in molti casi, il manifestarsi dello stato di emergenza è molto rapido, anche di
pochi giorni, e l’arco temporale in cui ha luogo l’emergenza è generalmente ristretto a qualche
settimana.
È evidente pertanto che la gestione in sicurezza dell’emergenza, l’impatto sanitario,
economico e sociale sui consumatori dei fenomeni sono correlati alla tempestività degli
interventi e all’adeguatezza delle azioni. Questi aspetti necessitano pertanto di:
– preparazione con congruo anticipo del piano di emergenza;
– impegno coordinato e pianificato di tutte le parti interessate in fase di emergenza con
rispetto delle procedure predisposte;
– preparazione delle risorse umane, mediante adeguato training.
È da rilevare che piani di emergenza sono già predisposti da parte di ogni gestore dei sistemi
idrici di produzione di acque destinate al consumo umano, configurando diversi scenari che
abbiano effetti sul servizio idrico, come ad esempio eventi climatici estremi o potenziali atti ostili
ai danni del sistema. I piani definiscono, in genere, le singole mansioni e responsabilità
prevedendo l’istituzione di “unità di crisi” all’interno delle aziende e identificano mezzi e
attrezzature per l’emergenza, quali gruppi elettrogeni, serbatoi mobili e autobotti, scorte d’acqua e
insacchettatrici, mezzi di trasporto, dotazioni della sala operativa, ecc., anche in coordinamento tra
Aziende della stessa Provincia/Regione, eventualmente coordinate dalle Prefetture.
I piani descritti nella presente sezione in risposta ad emergenze da cianobatteri possono
pertanto utilmente integrare al loro interno misure di gestione di crisi già predisposte dai sistemi
di gestione idrica.
3.1. Tavolo tecnico
La strutturazione preventiva di un tavolo tecnico può garantire in fase di emergenza un
gruppo decisionale multidisciplinare, competente e coordinato in grado di gestire al meglio le
diverse fasi di crisi.
Idealmente la composizione del tavolo tecnico deve garantire:
– coinvolgimento delle funzioni chiave locali, in materia sanitaria e ambientale, gestori
idrici, autorità di bacino e altri portatori di interesse;
– esperti in differenti discipline quali biologia, chimica, tossicologia, medicina, ingegneria
idraulica, agraria;
– supporto, ove necessario, da parte di enti nazionali, quali ad esempio componenti del
gruppo nazionale cianobatteri per fornire in tempi rapidi strumenti informativi e tecnicoscientifici essenziali;
– disponibilità di dati completi in tempo reale su cui deve basarsi il processo decisionale;
– informazione, comunicazione e trasparenza nelle decisioni.
19
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
In Tabella 1 è riportata, a titolo di esempio, la task force formata per affrontare
un’emergenza idro-potabile da cianobatteri che ha interessato nel 2009 l’invaso di Occhito (1)
utilizzato per molteplici finalità tra cui captazione di acque destinate al consumo umano in un
ampia area della Puglia.
Tabella 1. Task force formata per affrontare l’emergenza idro-potabile da cianobatteri
che ha interessato nel 2009 l’invaso di Occhito
Ente
Funzioni, ruolo, contributo
Autorità Regionale Coordinamento
Provincia Informazioni su utenze sensibili, percezione del rischio, attività economiche
e altre specifiche problematiche
Sindaci dei comuni
interessati Informazioni su utenze sensibili, percezione del rischio, attività economiche
e altre specifiche problematiche
Destinatari dei provvedimenti sul territorio
Protezione civile
Definizione di eventuali misure di approvvigionamenti idrici in emergenza
Autorità sanitaria locale Preposta istituzionalmente alle decisione sulla valutazione del rischio e
idoneità al consumo delle acque
Istituto Superiore di Sanità Supporto informativo tecnico-scientifico, opinione sulle soluzioni proposte
Determinazione dei livelli di tossine nelle acque
Autorità Regionale
Prevenzione Ambientale Dati sulla composizione quali-quantitativa delle specie algali nel bacino,
acque grezze in entrata e uscita dal potabilizzatore e in distribuzione
Consorzio di Bonifica
Autorità di bacino Dati sul regime idro-dinamico del bacino, sugli utilizzi delle acque
Attuazione delle misure di gestione del bacino concordate (es. livelli del
bacino, analisi dei sedimenti)
Gestore idrico
Dati sui controlli interni
Attuatore delle misure di prevenzione e mitigazione del rischio nella filiera
idro-potabile
Osservatorio epidemiologico
e servizio di primo soccorso Predisposizione delle osservazioni sui quadri sindromici eventualmente
generati dal consumo di acque contaminate
Ufficio comunicazione
regionale Informazione alla popolazione
3.2. Informazioni decisionali
La disponibilità di informazioni consolidate in fase di emergenza vale a garantire tempi di
risposta adeguati alle necessità e decisioni certe. A tal fine, sono al minimo necessarie le
seguenti informazioni:
– lista dei ruoli chiave (organizzazioni, enti, persone) e contatti essenziali (ad esempio
fornitori di carboni attivi);
– procedure essenziali per la gestione dei fenomeni;
– informazioni logistiche e tecniche essenziali, ad esempio localizzazione di possibili
approvvigionamenti idrici alternativi e relative portate.
20
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
3.3. Processo decisionale
Sulla base delle esperienze maturate si ritiene utile richiamare, a titolo indicativo, il processo
decisionale che ha luogo in fase di emergenza, e che deve essere supportato da adeguate
conoscenze tecniche-scientifiche:
– analisi della situazione e valutazione obiettiva dei pericoli;
– identificazione e coinvolgimento delle funzioni chiave nelle azioni di monitoraggio,
controllo delle decisioni sulla modalità di fornitura;
– individuazione delle priorità per le azioni come ad esempio integrazione dei sistemi di
trattamento delle acque con altre pratiche e tecnologie;
– definizione / selezioni delle opzioni possibili con analisi dell’impatto in termini di
costi/benefici;
– predisposizione di misure di approvvigionamenti idrici supplementari;
– misure di allerta alla Protezione Civile per la fornitura idrica in emergenza;
– trattamenti adeguati per la mitigazione del rischio (es. integrazione con GAC di filtri a
sabbia pre-esistenti);
– comunicazione ai consumatori e utenti;
– strutturazione di azioni di medio-lungo periodo quali analisi dei fattori che inducono la
fioritura algale;
– valutazione dei rischi correlati ad usi diversi dal consumo umano quali agricoltura, pesca,
usi ricreativi, produzione alimentare.
Bibliografia
1. Assennato G, Blonda M, Cudillo B, Gifuni S, Petruzzelli R, Pastorelli AM, Ungaro N. Cyanobacteria
bloom in the Occhito artificial lake (Southern Italy): relationship between Planktothrix rubescens
density and microcystin concentration. Fresenius Environmental Bulletin 2010;9:1795-801.
21
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
4. OSSERVATORIO EPIDEMIOLOGICO
E MODELLI DI SORVEGLIANZA SINDROMICA:
STRUTTURAZIONE E FUNZIONAMENTO
DEL SISTEMA
Cinzia Germinario (a), Silvio Tafuri (a), Domenico Martinelli (b), Rosa Prato (b)
(a) Dipartimento di Scienze Biomediche e oncologia Umana, Università degli Studi di Bari Aldo Moro, Bari
(b) Dipartimento di Scienze Mediche e del Lavoro, Università degli Studi di Foggia, Foggia
4.1. Aspetti generali
La presenza di cianobatteri in fonti di approvvigionamento idrico è documentata in diverse
regioni italiane dalla fine degli anni ’80 (1). Già nel 1989 sulla superficie del Lago di Garda
sono state registrate estese fioriture estive di Anabaena lemmermannii e Planktothrix rubescens
(2). Successivamente, alla fine dell’estate del 1997, nelle acque del lago di Iseo è stata accertata
un’importante fioritura di Anabaena flos-aquae (3).
Negli anni seguenti, fioriture di cianobatteri sono state osservate nei laghi delle Marche (4),
Sardegna (5), Umbria, Lazio (4) ed Emilia Romagna (6).
Nell’ultimo decennio si sono intensificate le segnalazioni sulla presenza nelle acque interne,
in particolar modo lacustri, di fioriture di cianobatteri, legate al determinarsi di condizioni
eutrofiche dei corpi idrici superficiali per eccesso di immissione di nutrienti, in particolare
fosforo e azoto.
A partire dall’inverno 2008-2009 anche il lago di Occhito, posizionato al confine tra la
Provincia di Foggia e la Provincia di Campobasso, è stato interessato da una estesa fioritura
algale, attribuita alla specie Planktothrix rubescens (7, 8), con contaminazione di acque
destinate ad uso irriguo, al consumo umano e alla mitilicoltura. Tale evento, verificatosi in un
contesto tradizionalmente povero di risorse idriche come la regione Puglia, ha determinato una
vera e propria crisi legata alle possibili limitazioni della fornitura di acqua potabile ad ampi
territori della provincia di Foggia.
Gli effetti sulla salute umana dell’esposizione a cianotossine sono stati variamente
documentati e la diffusione della fioritura di cianobatteri all’interno dei corpi idrici rendono
necessaria la realizzazione di un sistema di sorveglianza epidemiologica sulle popolazioni
esposte. La segnalazione di eventi sanitari, soprattutto se compatibili con una formale
definizione di caso, da parte di operatori sanitari o di laboratori, permette ai servizi di sanità
pubblica di implementare tutte quelle misure necessarie per prevenire l’ulteriore diffusione della
malattia.
Il sistema di sorveglianza in oggetto deve tener conto dei seguenti elementi:
– entità del rischio ambientale;
– possibili modalità di esposizione;
– differenti patologie correlate all’esposizione.
22
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
4.2. Rischio ambientale
La sorveglianza ambientale si baserà su un sistema di monitoraggio della presenza di
cianobatteri nei bacini idrici del territorio di competenza. Per il monitoraggio ambientale la
World Health Organization (WHO) raccomanda il modello ALF (Alert Level Framework) di
risposta alle fioriture di cianobatteri, sviluppato per la prima volta in Australia nel 1991 (9).
Tale sistema è basato sull’individuazione di 4 livelli (detection level, alert level 1, 2 e 3),
scansionati sulla base della concentrazione di cellule di cianobatteri ovvero della presenza di
Microcystis aeruginosa o del biovolume totale di tutti i cianobatteri. Su tali basi è strutturato il
sistema di sorveglianza nazionale descritto nella sez. 2.
A seconda degli obiettivi della sorveglianza e della eventuale necessità di avviare misure di
profilassi, sarà necessario disporre di serie sistematiche e storiche di dati ovvero di dati
aggiornati e tempestivi.
4.3. Modalità di esposizione
La principale modalità di esposizione alle cianotossine è la via orale, attraverso l’ingestione
volontaria di acque potabili o alimenti (prodotti ittici o prodotti agricoli) o l’ingestione
accidentale/involontaria di acque ad uso ricreazionale. L’esposizione può avvenire anche per via
cutanea o inalatoria.
4.4. Patologie correlate all’esposizione
Gli effetti sulla salute umana dell’esposizione a cianotossine possono essere, in base ai tempi
di esposizione e di latenza, acuti e cronici.
Le endotossine LPS (Lipopolisaccaridi) presenti nella parete cellulare dei cianobatteri
possono determinare irritazione di pelle e mucose, come dimostrato in un trial svolto su
volontari esposti a colture di Microcystis aeruginosa, Aphanocapsa incerta e
Cylindrospermopsis raciborskii (10). Inoltre, le endotossine LPS possono essere pirogene (11) e
determinare sintomatologia gastrointestinale (12).
Le cianotossine appartenenti al gruppo dei peptidi ciclici (microcistine e nodularine) sono
note per causare danno epatico attraverso il blocco delle fosfatasi (13). In particolare, dosi molto
elevate di queste tossine possono portare a decesso per insufficienza epatica acuta in un tempo
compreso tra alcune ore e pochi giorni, come verificato nel corso di una epidemia di
intossicazione da microcistina presente nell’acqua di dialisi in un gruppo di emodializzati in
Brasile nel 1996 (14). L’esposizione cronica a tali tossine potrebbe essere associata
all’insorgenza di epatocarcinoma (13).
Le cianotossine appartenenti al gruppo degli alcaloidi includono sia neurotossine, come
anatossina e saxitossina, sia la cilindospermopsina, di cui è documentata un’azione epatotossica
e un’azione generalmente citotossica. Tutte le cianotossine appartenenti a questo gruppo
possono essere letali a dosi elevate perché inibiscono la respirazione; in particolare, le
anatossine determinano crampi respiratori e la saxitossina paralisi. Tuttavia, non sono noti casi
di decessi legati all’esposizione a cianotossine alcaloidi. Sia l’aplisiatossina, prodotta da
Lyngbya, Schizothrix e Planktothrix, sia la lingbiatossina, prodotta da Lyngbya, possono avere
un effetto acuto irritante a livello della pelle. L’esposizione alla cilindrospermopsina potrebbe
23
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
essere associata a danno renale (15, 16). Un effetto cronico di promozione dei tumori è stato
attribuito alla lingbiatossina e all’aplisiatossina, mentre la cilindrospermopsina sembra avere un
possibile ruolo genotossico e carcinogenetico (17).
Infine, l’esposizione a b-N-methylamino-l-alanina (BMAA), prodotta da diverse specie di
cianobatteri, sembra associata allo sviluppo di malattie neurodegenerative come la sclerosi
laterale amiotrofica (18-21).
4.5. Cooperazione inter-istituzionale
per le attività di sorveglianza
Al fine di integrare nel sistema di sorveglianza epidemiologica dati epidemiologici e
ambientali, sarà necessario stabilire opportune sinergie tra gli enti deputati alla tutela ambientale
(Agenzie per la Protezione dell’Ambiente e del Territorio), le strutture incaricate della
sorveglianza epidemiologica (Osservatori Epidemiologici, Strutture di Epidemiologia delle
Aziende Sanitarie Locali) e l’Autorità Sanitaria Locale (Sindaco supportato dal Servizio di
Igiene e Sanità Pubblica) che deve assumere eventuali provvedimenti restrittivi o limitativi a
tutela della pubblica salute. Tale raccordo potrà essere formalizzato attraverso la costituzione di
tavoli di lavoro inter-aziendali o regionali o conferenze di Servizi, come definito nella sez. 3.
A titolo di esempio, si riporta quanto accaduto in Puglia nel corso dell’emergenza idrica del
Lago di Occhito, dove con Determina n° 48 del 09.03.2009 il Dirigente del Servizio
Programmazione Assistenza Territoriale e Prevenzione ha costituito un tavolo Tecnico
Interistituzionale per il monitoraggio del fenomeno della alga Planktothrix rubescens
nell’invaso di Occhito e nella rete di distribuzione della provincia di Foggia, composto da
dirigenti di Servizio dell’Assessorato alle Politiche della Salute, rappresentanti dell’Acquedotto
Pugliese, della Protezione Civile, dell’Ufficio Territoriale di Governo, della Provincia,
dell’Autorità di Bacino, del Consorzio di Bonifica della Capitanata, dell’Agenzia Regionale per
la Protezione Ambientale e dell’Azienda Sanitaria Locale territorialmente competente (22).
4.6. Sorveglianza epidemiologica degli effetti
dell’esposizione cronica a cianotossine
Nei casi in cui le acque interessate da fioriture di cianobatteri in corpi idrici superficiali siano
utilizzate a scopo potabile, può configurarsi un rischio da esposizione cronica. Tuttavia, tale
evento è da ritenersi improbabile, in quanto i trattamenti ai quali sono sottoposte le acque
superficiali prima della loro distribuzione sono effettuati in modo da ottenere una forte
riduzione dei livelli delle cellule dei cianobatteri e delle cianotossine disciolte (23). Inoltre, ad
oggi, non esistono studi ad hoc sulla tossicità cronica da cianotossine; sono presentiin letteratura
unicamente studi ecologici sull’effetto cronico dell’esposizione a cianotossine.
Uno studio svolto da Svircev et al. ha indagato l’incidenza e la mortalità per epatocarcinoma
in alcune regioni della Serbia, delle quali una era interessata da episodi di fioritura di
cianobatteri nei bacini idrici con documentata presenza di microcistina. Dallo studio è emerso
che sia la mortalità che l’incidenza di epatocarcinoma erano superiori in quest’ultima regione,
facendo ipotizzare una possibile correlazione tra la patologia e la presenza dei cianobatteri nei
bacini (24).
24
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Uno studio di Pilotto et al. condotto in Australia ha inteso valutare l’associazione tra
l’esposizione ad acque contaminate con cianotossine nel primo trimestre di gravidanza e alcuni
outcome come il basso peso alla nascita, l’età gestazionale e la prematurità, ricavati dalle serie
storiche di dati sulla natalità. Dallo studio è emerso come la maggiore esposizione a
cianotossine nel primo trimestre di gravidanza possa determinare una maggiore incidenza di
neonati con basso peso alla nascita, prematuri e con difetti congeniti. Tuttavia, dallo studio non
è emersa una relazione lineare tra dose e risposta (25).
Caller et al. attraverso l’esame dei flussi sanitari routinari hanno dimostrato che nei cittadini
che abitavano vicino al Lago di Mascoma a Enfield (USA), contaminato da cianobatteri
produttori di BMAA, l’incidenza di sclerosi laterale amiotrofica risultava da 10 a 25 volte
superiore rispetto all’atteso calcolato sulla media nazionale (21).
Al momento, il disegno di studio più facilmente utilizzabile per la valutazione di esposizione
cronica a cianotossine è, dunque, quello di tipo ecologico, data la difficoltà di stimare in
maniera corretta l’esposizione individuale a tali tossine per un periodo di tempo prolungato e, di
contro, la relativa semplicità dello svolgimento di tali studi.
Anche in Italia tale modello di indagine potrebbe essere riproducibile attraverso l’utilizzo di
flussi come registri tumori, CeDAP (Certificati di Assistenza al Parto), registri nominativi delle
cause di morte e archivi delle schede di dimissione ospedaliera, e la disponibilità presso le
Agenzie Regionali di Protezione Ambientale, di serie storiche di risultati di esami effettuati su
bacini idrici per la rivelazione di cianobatteri e cianotossine.
È necessario ricordare tuttavia che tradizionalmente il ruolo degli studi ecologici è stato
quello di analisi esplorative, in cui si presuppone che i livelli di esposizione al fattore di rischio
considerato siano omogenei in tutta la popolazione, circostanza che non è necessariamente
verificabile nel caso dell’esposizione a cianotossine. Inoltre, tali studi risentono particolarmente
del confondimento legato alla correlazione tra diverse esposizioni ambientali; ad esempio, in
acque dove si realizza la presenza di cianobatteri potrebbe essere favorita la sussistenza di altri
fattori di rischio microbiologico e chimico che potrebbero essere associati all’outcome di salute
ricercato (26).
4.7. Sorveglianza epidemiologica degli effetti
dell’esposizione acuta a cianotossine
Sono disponibili ad oggi alcuni studi di tossicità acuta su topo per quanto riguarda
l’esposizione a cianotossine; in particolare, l’organo bersaglio maggiormente sensibile
all’esposizione sembra essere il fegato (27, 28).
È possibile che nelle acque potabili vengano raggiunte concentrazioni di cianotossine in
grado di dar luogo ad effetti acuti a causa di fioriture di cianobatteri o schiume, avarie del
sistema di potabilizzazione, utilizzo di agenti disinfettanti che causano il rilascio di grandi
quantità di cianotossine intracellulari non intercettate successivamente, ovvero
approvvigionamento con acque grezze non sottoposte a trattamenti di potabilizzazione.
I contributi presenti in letteratura sulla sorveglianza degli esiti di esposizione acuta a
cianotossine sono altresì esigui o anedottici. A partire dal 1949 sono comparsi alcuni casereport che hanno descritto una serie di condizioni associate all’esposizione a cianobatteri
presenti in acque di balneazione: febbre, eruzioni cutanee, sintomi gastrointestinali, cefalea,
mialgia, polmonite, vertigini e stomatiti. Stewart et al. nel 2006 hanno effettuato un studio di
coorte prospettico per stimare l’incidenza di sintomi acuti correlabili all’esposizione individuale
a cianotossine presenti in acque dei laghi del Queensland e del New South Wales (Australia) e
25
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
del centro della Florida (29). I partecipanti allo studio sono stati reclutati nel corso di un triennio
(1999-2002) tra i frequentanti i laghi per motivi ricreativi; in particolare, il reclutamento è
avvenuto nel corso di 54 giorni, per lo più durante la stagione estiva. I partecipanti hanno
compilato un questionario conoscitivo e successivamente sono stati ricontattati telefonicamente.
Nel questionario conoscitivo preliminare venivano indagate variabili demografiche, malattie
croniche e recenti malattie acute. Al follow-up è stata indagata l’insorgenza di sintomi
respiratori, cutanei, oculari e gastrointestinali. Negli stessi giorni venivano effettuate le analisi
per la ricerca della presenza di cianobatteri e cianotossine nei laghi frequentati dai bagnanti
intervistati. Dall’indagine è emerso che la frequenza di sintomi respiratori risultava maggiore
nei soggetti che si erano esposti alle acque maggiormente contaminate da cianobatteri.
In una indagine condotta con l’invio postale di questionari in Australia nel 2007, con il
coinvolgimento di 5000 residenti nella zona di Deception Bay/Bribie Island e nel nord di
Moreton Bay (Queensland), area interessata dalla fioritura di Lyngbya majuscola, il 34% dei
soggetti esposti ad attività ricreazionali marine riferiva almeno un sintomo respiratorio, cutaneo
o oculare, con maggiore incidenza di sintomi cutanei (30).
Osborne e Shaw, attraverso l’analisi degli accessi ai servizi di pronto soccorso di Fraser
Island, hanno dimostrato che in occasione della fioritura di Lyngbya majuscola si è osservato un
eccesso di accessi soprattutto per sintomatologia cutanea (31).
Alla luce delle esperienze internazionali presentate, il monitoraggio degli effetti acuti
dell’esposizione a cianotossine può essere effettuato attraverso studi di coorte prospettici o
retrospettivi che hanno l’indubbio vantaggio del rigore metodologico ma che hanno una relativa
utilità in sanità pubblica, in quanto non consentono di avere informazioni tempestive a supporto
delle decisioni dell’autorità sanitaria.
Parimenti, non risulta ipotizzabile nel caso delle intossicazioni da cianotossine un sistema di
sorveglianza basato sul modello dei sistemi di notifica delle malattie infettive che si fonda sulla
segnalazione di casi con diagnosi clinicamente o laboratoristicamente definite. Nelle
intossicazioni da cianotossine, infatti, la diagnosi clinica presenta margini di incertezza, o
avviene a distanza di tempo rispetto all’esordio di sintomi poco specifici perché comuni a
diverse patologie.
Per tale ragione, sono stati da tempo avviati in diversi contesti sistemi di sorveglianza in cui
vengono segnalati i casi in soggetti affetti da un insieme di segni e sintomi aspecifici che più
propriamente configurano non una specifica patologia ma una sindrome.
L’obiettivo di questi sistemi è identificare precocemente potenziali minacce per la salute
pubblica, in modo da mettere in atto una risposta rapida (32).
Durante la fioritura algale nel lago di Occhito verificatasi tra il 2008 e il 2009 è stato
sperimentato un sistema di sorveglianza sindromica, basato sul monitoraggio continuo degli
accessi ai servizi di pronto soccorso, continuità assistenziale e medicina generale. Tale sistema
si basava sulla segnalazione al Servizio di Igiene e Sanità Pubblica dei casi di sospetta
intossicazione da cianotossine attraverso portale web dedicato o flusso informativo cartaceo.
Nell’ambito di tale sistema sono stati definiti:
– il territorio di riferimento della sorveglianza, identificato nei Comuni che comprendevano
nel proprio comprensorio i laghi interessati da episodi di fioritura dei cianobatteri o che
sono approvvigionati da risorse idriche potenzialmente inquinate;
– il set temporale in cui svolgere la sorveglianza, definito tenendo conto dei dati di
monitoraggio ambientale e dei fattori che ne condizionano la stagionalità;
– la definizione di caso elaborata sulla base della conoscenza dei meccanismi di tossicità
delle cianotossine presenti nelle risorse idriche di pertinenza dell’ambito territoriale.
– una semplice modalità di trasmissione dei dati (web-based);
26
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
– la modalità di restituzione delle informazioni a tutti gli operatori partecipanti alla
sorveglianza.
L’identificazione di una frequenza di eventi superiore alla soglia attesa, stabilita in base ai
dati storici disponibili, faceva scattare l’allarme sanitario.
A titolo di esempio, se si considera che la fioritura di cianobatteri è più frequente nella
stagione estiva, durante la quale la frequenza di episodi febbrili con mialgia è essenzialmente
bassa, un improvviso incremento della segnalazione settimanale di accessi al pronto soccorso o
visite del medico di medicina generale per sindromi febbrili con mialgia in una popolazione
potenzialmente esposta a cianotossine potrebbe essere suggestivo di un aumento della
concentrazione delle stesse nei bacini idrici.
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29
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
5. INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE SUL RISCHIO
Barbara De Mei (a), Daniela Mattei (b), Maria Mattiacci delle Salette (c), Eva Benelli (d)
(a) Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, Istituto Superiore di
Sanità, Roma
(b) Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore di Sanità, Roma
(c) ASL Roma C
(d) Agenzia di comunicazione scientifica Zadig, Roma
La comunicazione rappresenta una componente fondamentale all’interno del più ampio
processo di gestione del rischio e attraversa in modo trasversale ognuna delle fasi presenti in
tale complesso schema concettuale: dall’identificazione delle situazioni di pericolo, valutazione
del rischio e stima dell’esposizione, alla definizione delle priorità nella sorveglianza e negli
interventi di prevenzione, fino all’attivazione di misure di mitigazione del rischio e di risposta
all’emergenza (1).
L’Ufficio Regionale Europeo della World Health Organization (WHO/Europe) suggerisce di
tenere distinti i singoli passaggi, di conservare la trasparenza del processo e di attivare una
comunicazione efficace tra tutti i partecipanti in tutte le fasi del processo stesso (2).
È pertanto opportuno che le Istituzioni di riferimento decidano di comunicare fin dall’inizio
e in tutte le fasi del flusso decisionale, secondo modalità strategicamente definite, evitando di
ricorrere alla comunicazione quando non se ne può fare a meno o quando scoppia
“un’emergenza”, improvvisando gli interventi e perdendo in tal modo credibilità.
La pianificazione delle iniziative di comunicazione rappresenta un presupposto fondamentale
per garantire interventi non improvvisati, concordati tra i soggetti e le Istituzioni coinvolte,
monitorati e orientati al raggiungimento di obiettivi comunicativi identificati in modo chiaro
nella strategia del piano.
La realizzazione di un piano di comunicazione rappresenta un importante riconoscimento
istituzionale del ruolo della comunicazione concepita come intervento strategico, intenzionale e
competente. La pianificazione evidenzia, inoltre, l’impegno da parte delle Istituzioni a
promuovere lo scambio e l’interazione tra le diverse figure coinvolte nella situazione di rischio,
sia in qualità di soggetti attivi nella valutazione e gestione del rischio che in qualità di cittadini
esposti, favorendo in tal modo la partecipazione ai processi decisionali e la condivisione delle
scelte.
Oggi, anche nella gestione di rischi sanitari legati a problematiche ambientali, si tende a
prediligere un approccio comunicativo di tipo partecipativo, basato sulla condivisione delle
informazioni, percezioni e scelte tra diversi interlocutori e sul “rafforzamento dell’autonomia”
(3).
Vengono quindi tendenzialmente evitate strategie di comunicazione del rischio basate su
flussi d’informazione dall’alto verso il basso (4, 5), caratterizzate da un passaggio
unidirezionale di conoscenze e decisioni che si ritiene possano essere accettate
indipendentemente dalla propria volontà; tali strategie sono affiancate e/o sostituite da strategie
fondate sul dialogo e la partecipazione attiva e integrata.
D’altra parte solo attraverso lo scambio comunicativo è possibile alimentare tale complesso
processo interattivo tra le Istituzioni scientifiche centrali, la comunità locale, i mass media e i
cittadini e quindi poter favorire la circolazione non solo di informazioni e valutazioni
scientifiche sul rischio, ma anche di opinioni, di percezioni individuali e collettive, di
preoccupazioni o di reazioni.
30
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Il dialogo tra le parti e la partecipazione è condizione fondamentale per l’attivazione nella
cittadinanza del processo di consapevolezza del problema ambientale che la riguarda e per il
superamento del duplice rischio di allarmismo e fatalismo (6).
Secondo tale impostazione sarebbe, pertanto, più opportuno parlare di comunicazione “sul”
rischio piuttosto che di comunicazione “del” rischio, in quanto il rischio non rappresenta
soltanto il contenuto di un messaggio che un soggetto esperto invia a dei soggetti non esperti,
ma l’argomento intorno al quale, in una prospettiva di costruzione sociale del rischio medesimo,
le parti interessate (stakeholder) comunicano tra loro e elaborano strategie condivise per
affrontarlo e gestirlo (7, 8).
Pertanto anche l’applicazione del Principio di Precauzione con l’avvio di misure di
protezione e mitigazione del rischio da parte della struttura pubblica, va considerato non solo
come un intervento preventivo, ma anche come un’iniziativa volta allo sviluppo nella
collettività del processo di partecipazione attiva e consapevole alla gestione del rischio (9).
5.1. Informazione e comunicazione nell’ambito
della gestione del rischio da cianobatteri
La comunicazione sui rischi sanitari è stata definita come scambio interattivo di informazioni
e opinioni tra individui, gruppi e istituzioni, tra soggetti coinvolti in merito alla valutazione e
alla gestione di un rischio per la salute. Portatori di interessi (stakeholder) che possono
intervenire nel processo decisionale e che perseguono differenti obiettivi, ricoprono ruoli
diversi, e presentano competenze e percezioni disomogenee (2, 10, 11).
Tale approccio comunicativo, fondamentale nella gestione di tutti i fenomeni che
rappresentano un rischio per la salute e che coinvolgono Istituzioni competenti, organizzazioni
pubbliche e private, singoli individui e la collettività, non considera solo l’informazione tecnicoscientifica sulla natura del rischio, ma anche i fattori emotivi legati alle reazioni dei diversi
interlocutori. Affinché tale impostazione possa trovare applicazione operativa, è necessario
prevedere una pianificazione concordata delle iniziative, identificando in modo chiaro obiettivi,
target coinvolti, mezzi, tempi e criteri di valutazione.
In particolare, in Italia un’attenta pianificazione delle iniziative di comunicazione da parte
delle Istituzioni si rende necessaria per la gestione di un fenomeno di carattere naturale, in
aumento negli ultimi anni, rappresentato dalle fioriture di cianobatteri potenzialmente tossici e
dalla formazione di schiume ad opera degli stessi nelle acque interne, con particolare
riferimento alle acque da destinare e destinate al consumo umano. In tale contesto, i suddetti
fenomeni raffigurano un rischio sanitario emergente e non trascurabile, soprattutto per quanto
riguarda la possibile esposizione dell’uomo a differenti tossine (cianotossine) che tali organismi
possono produrre, causando un forte allarme sociale che le Istituzioni non possono trascurare.
Inoltre, alcuni punti critici nel processo comunicativo, quali l’esistenza di dati e informazioni
incomplete e a volte non concordate, derivanti da attività condotte da enti differenti, la diversità
delle modalità di esposizione e i diversi effetti tossici che le cianotossine possono esercitare, la
difficoltà della popolazione a riconoscere il significato e l’attendibilità dei “valori guida”,
evidenziano la necessità di promuovere prima di tutto un’efficace comunicazione interna alla
comunità scientifica e alle Istituzioni di riferimento preposte alla sorveglianza e gestione delle
risorse idriche e della filiera idro-potabile, quale presupposto per garantire una comunicazione
omogenea e trasparente tra tutte le figure interessate alla problematica.
31
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Tale scenario richiede pertanto una strategia comunicativa che ponga attenzione sia ai
processi della comunicazione interna sia a quelli della comunicazione esterna rivolta ai
molteplici soggetti coinvolti con ruoli, interessi e percezioni diverse.
5.1.1. Importanza della comunicazione interna
Va sottolineato che un’efficace comunicazione all’interno della comunità scientifica e delle
Istituzioni direttamente impegnate nella gestione del rischio rappresenta un presupposto
fondamentale per una più efficace comunicazione esterna, sia nella fase in cui il fenomeno è
presente, ma non in forma acuta, con un livello di allerta “0” che esclude un rischio sanitario
immediato, sia nelle successive fasi del sistema di sorveglianza e di allerta fino alla fase di
emergenza e post emergenza.
In particolare nelle situazioni di emergenza il processo comunicativo risulta ancor più
difficoltoso in quanto in breve tempo intervengono una serie di fattori molto complessi che
rendono ancora più problematica la gestione del rischio. Sono spesso proposti criteri e approcci
discordanti sia per la valutazione che per la gestione dei fenomeni e si trovano ad agire
molteplici autorità con competenze diverse in materia sanitaria o ambientale, inoltre, i gruppi di
interesse richiedono frequentemente azioni diverse, tra loro contrastanti, in un contesto che vede
un’alta percezione dei rischi accentuata dalle posizioni discordanti di coloro che partecipano al
processo decisionale.
Le Linee Guida possono senz’altro contribuire in modo significativo a facilitare il processo
della comunicazione interna in quanto, oltre a fornire strumenti per la strutturazione appropriata
di misure di prevenzione e preparazione all’emergenza, contribuiscono a chiarire e armonizzare
i ruoli e le attività delle autorità, organizzazioni e gruppi d’interesse coinvolti nei sistemi di
sorveglianza ambientale, allerta e gestione dell’emergenza, nonché nel sistema di sorveglianza
epidemiologica istituito in seguito ad allerta sanitaria.
A tal proposito è opportuno evidenziare che quando si verifica un incremento di segnalazioni
di casi di sospetta intossicazione e si rende necessaria la realizzazione di un sistema di
sorveglianza epidemiologica sulle popolazioni esposte, l’attivazione di processi comunicativi e
di sinergie tra gli Enti, le Strutture e le Autorità coinvolte assume un’importanza fondamentale.
Un’efficace comunicazione interna può infatti favorire l’integrazione dei dati epidemiologici
e ambientali e può rafforzare l’interazione tra tutti i soggetti impegnati nella realizzazione del
sistema: enti deputati alla tutela ambientale (Agenzie per la Protezione dell’Ambiente e del
Territorio), strutture incaricate della sorveglianza epidemiologica (Osservatori Epidemiologici,
Strutture di Epidemiologia delle Aziende Sanitarie Locali), Autorità Sanitaria Locale,
Amministrazione locale (Sindaco supportato dal Servizio di Igiene e Sanità Pubblica) che ha il
compito di assumere provvedimenti restrittivi o limitativi a tutela della salute pubblica. Anche
la restituzione delle informazioni a tutti gli operatori partecipanti, ai cittadini e ai gruppi
d’interesse può essere facilitata da efficaci processi di comunicazione interna.
La condivisione delle attività può, inoltre, creare condizioni favorevoli per comunicare in
modo omogeneo con la popolazione interessata che deve necessariamente essere informata sulle
iniziative svolte nell’ambito della sorveglianza e sulle finalità.
È fondamentale sottolineare che l’efficacia della comunicazione interna è potenziata quando
gli Enti e i soggetti che partecipano con ruoli, funzioni e responsabilità diverse alla gestione del
rischio, sono sostanzialmente orientati allo scambio e al dialogo e quando considerano
realmente importante la creazione di sinergie essenziali per la costruzione e il mantenimento
della rete territoriale. Spesso la rete coinvolge figure e istituzioni chiave non direttamente
impegnate nella gestione dei rischi, ma strategicamente importanti per rafforzare la
32
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
comunicazione con i cittadini, come ad esempio i medici di medicina generale, i pediatri di
famiglia o ancora la realtà scolastica.
Pertanto, la collaborazione integrata e la circolazione delle informazioni tra tutte le figure
professionali delle Istituzioni e Servizi partecipanti alla gestione del rischio può senz’altro
favorire la pianificazione coordinata delle attività e delle priorità, facilitare il processo
comunicativo con la popolazione, i media e i soggetti sociali e attivare una partecipazione
responsabile e consapevole della collettività, coinvolgendo e valorizzando figure credibili, che
rivestono un ruolo significativo e di orientamento per la popolazione (12).
5.2. L’ascolto quale presupposto
per una comunicazione efficace
Le informazioni provenienti dal mondo scientifico sui rischi correlati a proliferazione di
cianobatteri potenzialmente tossici, confermano che il regime attuale di controlli garantisce la
sicurezza delle acque al consumo, con un’elevato grado di tutela per la salute pubblica. Anche
in presenza di contaminazione al di sopra del valore massimo ammissibile vengono attivati piani
di risposta all’emergenza e adottati provvedimenti di limitazioni d’uso con particolare riguardo
per le categorie a rischio, prevedendo il ricorso ad approvvigionamenti alternativi e
l’implementazione urgente di trattamenti adeguati per il rientro in conformità delle acque
distribuite.
Anche il flusso decisionale attivato in occasione di un’emergenza idro-potabile è ben
definito sulla base delle indicazioni del DL.vo 31/2001 e, in linea generale, nelle linee guida
regionali sull’applicazione del decreto e sono pertanto identificati in modo chiaro i differenti
ruoli.
Tuttavia, la popolazione interessata è molto preoccupata e in alcuni casi esprime scetticismo
e perplessità nei confronti di decisioni prese in situazioni di rischio o di emergenza, fino a
manifestare, in talune circostanze, una totale mancanza di fiducia verso le Istituzioni.
Le valutazioni tecnico-scientifiche anche se ben argomentate sono spesso sottovalutate o
ignorate e l’“alga rossa”, con riferimento alle diffuse fioriture ad opera di Plankthotrix
rubescens in diversi invasi italiani, è identificata come causa dell’insorgenza di gravi
intossicazioni e, in base ai tempi di esposizione e di latenza, di effetti acuti e cronici.
La preoccupazione per la propria salute e per quella dei propri familiari, nonché la paura di
un possibile evento dannoso, aumenta la percezione del rischio. Gli studi sui fattori che
influenzano la percezione del rischio evidenziano che questa è prevalentemente alimentata da
fattori emotivi al punto che a determinare il rischio percepito concorrono un insieme di
componenti che corrispondono soprattutto all’“offesa percepita” (outrage), più che al pericolo
vero e proprio cioè alla causa del danno (hazard) (13). È opportuno che le Istituzioni accolgano
e “ascoltino attivamente” la preoccupazione delle persone e siano consapevoli delle
“determinanti” dell’offesa che caratterizzano il rischio percepito, in modo da avere maggiori
opportunità per comprendere l’origine della percezione e per poterla fronteggiare (14).
L’ascolto insieme all’empatia, alla competenza ed esperienza, all’onestà e alla chiarezza, alla
dedizione e all’impegno, rappresenta uno dei fattori determinanti all’origine della credibilità e
fiducia del pubblico (15).
Più del 50% della credibilità della comunicazione dipende dal modo in cui il pubblico
percepisce colui o colei che comunica (“chi” comunica). Se le persone percepiscono empatia,
ascolto e attenzione per la loro preoccupazione, per il loro modo di vivere e sentire il rischio,
saranno più disponibili ad ascoltare e ad avere fiducia. Se invece chi comunica non è credibile
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Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
perché “distante” dal pubblico, centrato esclusivamente sui propri obiettivi informativi, il livello
della fiducia sarà destinato ad abbassarsi e nello stesso tempo la componente emotiva della
percezione tenderà a prevalere sulla componente cognitiva. Pertanto il contenuto della
comunicazione anche se corretto e scientificamente fondato non sarà recepito dal pubblico,
perché veicolato nell’ambito di un processo relazionale privo di empatia, poco attento al
riconoscimento delle reali esigenze informative del target, della sua emotività e della sua
percezione.
In questi casi spesso si assiste alla trasformazione del processo comunicativo in un conflitto
tra posizioni discordanti in cui prevalgono, a volte anche in modo scomposto, le reazioni
emotive e si perde di vista il “problema centrale”, il tema, la situazione oggetto dello scambio
comunicativo.
L’ascolto attivo da parte delle Istituzioni alimenta il rapporto di fiducia e permette di
prendere in considerazione la percezione del rischio delle persone che non sempre corrisponde a
quella degli esperti (16).
5.2.1. Ascolto attivo ed empatia
Ascolto ed empatia sono abilità comunicative, competenze che possono essere apprese in
specifici contesti formativi e che l’operatore può utilizzare nella relazione professionale per
migliorare l’efficacia della comunicazione.
L’ascolto rappresenta il primo passo nella relazione professionale, si basa sull’empatia e
sull’accettazione del punto di vista dell’altro, sulla creazione di un rapporto positivo e di un
clima non giudicante (17). Serve a dimostrare interesse e attenzione per le esigenze
dell’interlocutore, a creare un rapporto di fiducia e collaborazione, premessa per una futura
alleanza.
È possibile ascoltare mettendosi nei panni dell’altro, entrando empaticamente nel suo
schema di riferimento e cercando di vedere il “mondo” con i suoi occhi in modo da cogliere le
informazioni dal suo punto di vista sia razionale che emotivo (pensieri, vissuti, emozioni,
significati) per poter capire le sue richieste e i suoi bisogni.
Ascoltare empaticamente significa perciò aprirsi all’esperienza dell’altra persona, seguire,
comprendere il più pienamente possibile la sua preoccupazione, la sua emozione, ponendosi dal
suo stesso punto di vista. Vivere per un po’ “come se” si fosse veramente l’altro, ma senza mai
dimenticare che è “come se”. Se questa condizione di “come se” manca, allora non parliamo più
di empatia, ma di identificazione.
Essere empatici non vuol dire, confondersi con il punto di vista dell’altro o assumerlo come
proprio, anche perché in molti casi non lo si condivide. Piuttosto significa contattare e
riconoscere ciò che appartiene a se stessi (cosa io farei, penserei, deciderei, proverei in quella
stessa situazione) e essere capaci nello stesso tempo di silenziare il proprio punto di vista per
“vedere il mondo con gli occhi dell’altro” per riconoscere e accettare, senza giudizi e
interpretazioni, ciò che l’altro percepisce, pensa, prova o decide e fa in quella stessa situazione.
L’empatia si alimenta attraverso la distinzione e non attraverso la confusione.
Nella relazione professionale tra operatore esperto e pubblico l’abilità dell’empatia
contribuisce a mantenere distinti i ruoli, infatti, solo distinguendo è possibile riconoscere la
propria emotività e affrontare le reazione emotive del pubblico, evitando atteggiamenti difensivi
spesso causa di situazioni conflittuali e di escalation simmetriche. Solo distinguendo è possibile
mantenere in modo trasparente, la giusta distanza dal pubblico, essere emozionalmente
partecipi, ma senza bruciarsi. Se l’interlocutore percepisce trasparenza, cioè accordo tra le
emozioni manifestate e quelle realmente provate, si apre con fiducia, altrimenti si chiude in
difesa.
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Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Quindi comunicare in modo empatico significa anche essere congruenti tra ciò che si pensa e
si prova e ciò che si esprime con la comunicazione verbale e non verbale. Significa essere
capaci di non emettere giudizi, separandosi temporaneamente dal proprio mondo valoriale e
percettivo per immergersi in quello dell’altro, “come se” fosse il proprio. Significa evitare la
direttività, il consiglio, l’interpretazione.
Ma ciò non basta, perché ascoltare in modo empatico è anche capacità di restituire tale
riconoscimento e comprensione.
5.2.2. Come attivare l’ascolto empatico
L’ascolto può essere attivato attraverso lo sviluppo di canali comunicativi bidirezionali che
possano favorire la circolazione delle informazioni e la creazione di momenti di scambio utili
per poter conoscere le esigenze informative del pubblico, le sue preoccupazioni e per poter
argomentare le scelte che motivano alcuni interventi piuttosto che altri.
Gli operatori possono disporre di diversi mezzi di comunicazione e strumenti che facilitano
l’ascolto della percezione del rischio della popolazione generale o di specifici gruppi: interviste
vis a vis, interviste telefoniche, interviste con figure chiave, analisi della stampa e dei media,
focus group, dibattiti pubblici, colloquio faccia a faccia.
L’interazione che si stabilisce tra operatore e persona/e attraverso la relazione interpersonale
rappresenta generalmente la modalità più efficace per attivare lo scambio bidirezionale, per
ascoltare e approfondire il livello della percezione del rischio, i vissuti personali, le
informazioni recepite, le aree deboli e per creare le basi di un rapporto di fiducia e
collaborazione.
Nell’ambito della relazione interpersonale è possibile utilizzare una specifica metodologia
definita rispecchiamento empatico che, attraverso tecniche comunicative appropriate, può
facilitare l’ascolto, favorendo la focalizzazione sul punto di vista dell’altro e sulla sua
percezione del rischio (18).
Le tecniche fondamentali del rispecchiamento empatico sono le seguenti: riformulazione,
delucidazione, abilità nel porre le domande, uso dei messaggi in prima persona (“Io penso che”,
“Secondo me”).
La “riformulazione” è una tecnica che consiste nel ridire ciò che l’altro ha appena detto
utilizzando le stesse parole o in maniera più concisa con altri termini, non aggiungendo nulla di
proprio al contenuto. In tal modo l’operatore può ottenere l’accordo da parte della persona e la
persona ha la conferma di essere stata ascoltata. Si può approfittare del momento in cui la
persona è alla fine di un periodo per intervenire e riprendere ciò che è stato appena comunicato:
“Mi sta dicendo che…”, “Lei vuol dire che…”, “In altre parole…”, “A suo avviso perciò…”,
“Così, secondo lei…”.
La persona se si riconosce nella riformulazione è sicura di essere stata ascoltata e compresa e
così è portata a esprimersi ulteriormente e a collaborare. È anche facilitata a rimanere
concentrata sul problema e su come lo vive.
La “delucidazione” agevola l’autocomprensione sottolineando, attraverso la comunicazione
verbale, le emozioni che accompagnano il contenuto. Si coglie dal non verbale oltre che dal
verbale: “Mi sembra di cogliere dal suo sguardo uno stato di preoccupazione”; “Dalle sue parole
ho l’impressione di cogliere delle perplessità rispetto a quanto sto dicendo”.
La “capacità di indagine” è l’abilità nel saper porre domande, scegliendo la tipologia più
adeguata in base alla fasi del colloquio.
Le “domande aperte” sono da preferire nella fase iniziale del colloquio, lasciano ampia
possibilità di risposta, tendono ad ampliare e approfondire la relazione, stimolano l’esposizione
di opinioni e pensieri (come, cosa vorrebbe, potrebbe, può approfondire, cosa ne pensa).
35
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Le “domande chiuse” sono circoscritte, costringono ad una sola risposta specifica, spesso
forzano una risposta, restringono e rendono più mirata la comunicazione, richiedono solo fatti
oggettivi e a volte possono sembrare limitative e ostacolanti (quando?, dove?, chi?).
Le domande che iniziano con il “perché” possono essere percepite dalla persona come
colpevolizzanti o accusatorie, pertanto andrebbero evitate.
L’uso dei messaggi in prima persona (“Io penso che”, “Secondo me”) facilita la distinzione
tra ciò che riguarda l’operatore esperto e ciò che riguarda la persona, permettendo di evitare
situazioni conflittuali e favorendo un clima non giudicante e un processo decisionale autonomo.
5.2.3. Ascoltare per comunicare l’incertezza
L’ascolto empatico può favorire il processo di “comunicazione dell’incertezza” sulla cui
importanza è fondamentale riflettere soprattutto in un ambito, quale la comunicazione dei rischi
da cianobatteri, in cui emergono diverse criticità e in cui le informazioni sono spesso incomplete
e a volte discordanti.
La “comunicazione dell’incertezza” corrisponde alla comunicazione dei processi e non dei
risultati, cioè alla descrizione argomentata delle scelte fatte o che si faranno e della motivazione
che determina alcune decisioni piuttosto che altre. Dichiarando e argomentando l’incertezza è
possibile accorciare la distanza tra una valutazione scientifico-probabilistica del rischio e una
valutazione personale soggettiva determinata dalla percezione del rischio cha aumenta quando
sale il livello dell’emotività (19).
La comunicazione sull’incertezza deriva da una scelta di fondo: l’intenzione delle Istituzioni a
voler comunicare e richiede pertanto, una strategia e una pianificazione del processo comunicativo
favorita dalla partecipazione e collaborazione integrata degli organismi e dei sistemi coinvolti a
livello regionale e nazionale. Infatti poiché la comunicazione dell’incertezza comporta la scelta di
argomentazioni e di ipotesi che possano spiegare in modo trasparente ai cittadini il motivo di
alcune decisioni piuttosto che di altre, è essenziale che tale scelta sia condivisa tra le figure e le
organizzazioni coinvolte nel processo di comunicazione. La condivisione crea i presupposti per la
formulazione di messaggi omogenei, comprensibili, che siano in grado di far capire alle persone il
motivo delle scelte, le conseguenze che potranno comportare, le ragioni in base alle quali al
momento, si preferisce seguire determinati percorsi piuttosto che altri.
È fondamentale che le persone capiscano e che siano informate anche se in modo incerto,
dichiarando “ciò che si sa e ciò che non si sa”.
Quando le persone ricevono spiegazioni argomentate su ipotesi e/o percorsi scelti perché
considerati allo stato attuale delle conoscenze più probabili o più adeguati, hanno la possibilità
di valutare la situazione con maggiore serenità e con maggiore “padronanza” e di collocare le
scelte all’interno del loro contesto di vita. Al momento dell’emergenza saranno molto
probabilmente più collaborative, disponibili a far fronte a situazioni difficili.
Inoltre quando le persone capiscono e partecipano alle scelte si sentono rispettate e hanno
fiducia nelle Istituzioni che ascoltano e che comprendono le preoccupazioni dei singoli e della
collettività e che si preoccupano di informare in modo comprensibile. Se invece sentono di
essere “manipolate”, fuorviate, perdono la fiducia ed è più probabile che rispondano con
negazione e panico o che ignorino nella situazione di massima emergenza le indicazioni.
A volte le istituzioni evitano di fare ipotesi o tendono a rassicurare “Non preoccupatevi, state
tranquilli, è tutto sotto controllo”, preferiscono “non dire”, ma “non si può non comunicare”
perché anche il silenzio è una forma di comunicazione (20).
L’informazione va sempre data, riferendo ciò che si è fatto, ciò che si sta facendo, ciò che si
intende fare, la trasparenza è in genere la scelta migliore.
36
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
5.3. Ascoltare la percezione del rischio
Nella comunicazione dei rischi da cianobatteri l’ascolto empatico rappresenta senza dubbio
una risorsa fondamentale per cogliere i principali timori della popolazione interessata,
soprattutto per quanto riguarda categorie più vulnerabili come ad esempio i bambini e le donne
in gravidanza. Le persone, infatti, tendono a basare la propria valutazione del rischio non sul
calcolo del numero possibile di morti, di feriti o di danni all’ambiente, ma sulla presenza
percepita di caratteristiche specifiche delle situazioni di rischio e su alcune proprietà percepite
della fonte di rischio (20), come ad esempio la familiarità col rischio, il controllo personale, la
comprensione, gli effetti sui bambini, gli effetti sulle generazioni future, il coinvolgimento
personale, l’incertezza dei dati scientifici, la volontarietà di esposizione, la fiducia nelle
istituzioni (3).
Pertanto, poiché la preoccupazione delle persone cresce se gli effetti tossici delle fioriture di
alghe rosse creano condizioni di rischio specificatamente per i bambini e per le persone più
sensibili come le donne in gravidanza, l’impegno delle istituzioni deve necessariamente essere
rivolto, non solo a garantire condizioni di sicurezza effettive nei diversi contesti, ma anche a
prendere in considerazione questa preoccupazione e a favorire la circolazione di informazioni
argomentate e di indicazioni che possano permettere alle persone, e in particolare ai genitori, di
fare scelte funzionali per la tutela della salute dei propri figli e di avere fiducia nelle istituzioni
di riferimento.
L’attività di controllo delle fioriture di cianobatteri potenzialmente tossici, nonché l’adozione
di interventi preventivi e di contrasto delle condizioni favorevoli alla formazione di fioriture
costituiscono senza dubbio risposte determinanti all’allarme della collettività. Tali iniziative
vanno però comunicate e condivise con i soggetti coinvolti, compresa la popolazione, attraverso
specifiche iniziative di comunicazione pianificate, coordinate e monitorate da parte delle
Istituzioni competenti.
Il modello di comunicazione scientifica e quindi di comunicazione del rischio al quale far
riferimento è il modello partecipativo basato sulla valorizzazione dello scambio interattivo tra
tutte le parti (22), sull’attenzione alla componente emotiva della percezione individuale e
collettiva (23), nonché sulla comprensione delle problematiche sociali e individuali, essenziale
per rendere il dato scientifico conoscenza utilizzabile dai cittadini.
5.4. Pianificazione della comunicazione
A tal proposito il DL.vo 31/2001, ossia l’attuazione della Direttiva 98/83/CE relativa alla
qualità delle acque destinate al consumo umano, prevede (art. 10) che le autorità competenti
forniscano informazioni ai consumatori sui provvedimenti adottati nel caso di superamento dei
parametri oggetto della Direttiva, tenendo però presente che il parametro “alghe” viene
considerato un parametro accessorio, ossia la sua ricerca viene effettuata secondo il giudizio
dell’autorità sanitaria competente.
Inoltre, anche il DL.vo 116/2008, ossia il recepimento della Direttiva 2006/7/CE, relativa
alla gestione della qualità delle acque di balneazione affida alle autorità sanitarie locali il
compito di approntare piani di monitoraggio specifici per il territorio interessato da fioriture di
cianobatteri per la valutazione del rischio includendo l’informazione al pubblico. È quindi
possibile dedurre, da quanto indicato anche nella normativa vigente, la centralità del ruolo
svolto dalle autorità sanitarie locali nella pianificazione, attivazione e valutazione delle attività
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Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
di comunicazione compresa la funzione di “porta voce” soprattutto nelle fasi di emergenza, in
particolare nel rapporto con i media.
A ciò va aggiunto che le autorità sanitarie locali nello svolgimento di tale attività devono
necessariamente coordinarsi e condividere le iniziative con le altre istituzioni e organizzazioni
presenti nella realtà locale e/o attive a livello regionale e nazionale che a loro volta, possono
assumere in fasi diverse, ma organizzate, il ruolo di conduttori del processo comunicativo (24):
– autorità regionali;
– gestori di acquedotti;
– amministrazioni locali (Sindaco);
– figure professionali delle Istituzioni Sanitarie presenti sul territorio (operatori delle ASL
delle strutture ospedaliere, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta);
– istituzioni, associazioni e figure significative presenti nel contesto sociale (associazioni
dei cittadini, scuole, insegnanti, parroci);
– altre istituzioni locali (ARPA);
– strutture e amministrazioni provinciali;
– protezione civile;
– osservatorio epidemiologico;
– media locali;
– istituzioni scientifiche (Istituto Superiore di Sanità, Università);
– Ministero della Salute.
Molti dei soggetti sopra indicati svolgono un significativo ruolo all’interno della comunità
locale e hanno possibilità di interagire con le persone in spazi e tempi diversi e anche con
rapporti differenziati, ponendoli in una condizione senz’altro favorevole non solo per
collaborare alla diffusione di informazioni corrette, omogenee, libere da opinioni e giudizi
personali, ma anche per raccogliere indicazioni sulla percezione dei singoli e sulle
preoccupazioni prevalenti. Questo ultimo aspetto risulta di fondamentale importanza per
impostare iniziative di comunicazione future.
5.5. Elementi fondamentali del piano di comunicazione
La pianificazione della comunicazione prevede lo sviluppo di diversi elementi di seguito
esposti.
Identificazione di chi attiva il processo comunicativo (chi comunica) cioè l’indicazione
chiara dell’autorità che avvia, coordina e segue il processo.
Identificazione del target della comunicazione: popolazione generale e popolazione
direttamente interessata, ma alternativamente, in base alle fasi del processo comunicativo, anche
gli altri soggetti coinvolti (chi è il target).
Definizione del contenuto della comunicazione (cosa). Il contenuto della comunicazione
dovrà essere aggiornato periodicamente sulla base delle evidenze acquisite fino a quel momento
e dovrà essere corretto, omogeneo, espresso con linguaggio comprensibile, centrato sul target,
comunicato con messaggi chiari e inequivocabili, anche ripetuti, che rispondano alle
preoccupazioni del target e dimostrino empatia.
È essenziale che siano adeguatamente considerate e dichiarate, di volta in volta, le incertezze
o l’assenza di informazioni, che le evidenze siano separate in modo chiaro e argomentato dalle
opinioni e dai giudizi, in quanto ciò alimenta la credibilità delle Istituzioni scientifiche e il
rapporto di fiducia e collaborazione con le figure istituzionali di riferimento e con le relative
strutture istituzionali (25).
38
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Affinché i dati possano essere pienamente compresi dai cittadini (come previsto dal DL.vo
195/2005, attuazione della Direttiva 2003/4/CE, sull’accesso del pubblico all’informazione
ambientale), e quindi possano assumere le caratteristiche di un messaggio significativo e
rilevante per la salute, è opportuno che il processo comunicativo si sviluppi in itinere, secondo
criteri specifici e condizioni condivise e che il contenuto della comunicazione venga concordato
di volta in volta tra esperti, Istituzioni e Amministrazioni locali, sulla base dei dati raccolti e
delle evidenze disponibili, ponendo attenzione alla percezione del rischio individuale e
collettiva. Per raccogliere informazioni sulla percezione del rischio sarà possibile ricorrere a
mezzi e modalità specifiche: coinvolgimento di opinion leader, coinvolgimento di altre figure
professionali del territorio, interviste telefoniche, analisi di quanto diffuso dai media, focus
group, colloquio faccia a faccia.
Identificazione delle attività e dei mezzi di comunicazione (come): mezzi di comunicazione
integrabili, scelti di volta in volta in base all’obiettivo comunicativo, ai destinatari, alle
disponibilità economiche, alle risorse umane, ai tempi, al contesto: comunicati stampa,
interviste rilasciate a media locali o nazionali, siti internet, lettere, opuscoli informativi,
colloquio telefonico, colloquio vis a vis, dibattiti pubblici, pubblicazioni scientifiche, convegni
scientifici, interventi in incontri sul problema. Soprattutto per i mezzi di comunicazione che
utilizzano la relazione interpersonale va posta particolare attenzione non solo alla
comunicazione verbale, ma anche a quella non verbale (espressione del volto, sguardo, gesti e
movimenti del corpo, postura, mimica) e paraverbale (volume, timbro e tono della voce, ritmo,
sospiri, silenzi).
Individuazione dei tempi della comunicazione (quando): scelta del momento per iniziare ad
informare, il tempo dedicato alla comunicazione, i tempi dell’operatore e i tempi della persona,
il tempo (fase storico-sociale) in cui avviene la comunicazione, data d’inizio e termine di una
campagna informativa, disponibilità da parte delle Istituzioni a rispondere in tempi brevi alle
richieste dei media.
Definizione del contesto della comunicazione (dove): contesto esterno in cui avviene lo
scambio comunicativo e contesto interno di chi attiva il processo comunicativo inteso come
spazio personale interno dedicato alla relazione e all’ascolto.
Definizione degli obiettivi della comunicazione (perché): gli obiettivi possono essere intesi
in senso generale (la comunicazione è un diritto, un dovere professionale, favorisce la
costruzione di reti, lo scambio delle informazioni, la collaborazione integrata tra le istituzioni, la
costruzione della credibilità istituzionale, la crescita della consapevolezza e dell’empowerment
individuale e collettivo), e in senso specifico in riferimento alle conoscenze, agli atteggiamenti e
ai comportamenti. Infatti un intervento comunicativo in base ai mezzi che utilizza, ai tempi e
alle risorse può avere come obiettivo il miglioramento delle conoscenze, una modifica degli
atteggiamenti, che riguardano ciò che le persone pensano o provano rispetto a un determinato
fenomeno e più a lungo tempo una modifica dei comportamenti.
Si riporta di seguito uno schema utile per organizzare la pianificazione del processo
comunicativo:
Chi attiva il processo
comunicativo
Target
Obiettivi
comunicativi
Attività di
comunicazione
Mezzi di
comunicazione
Monitorggio
Valutazione
………
……….
………
………
………
………
Dal punto di vista operativo, in fase iniziale, per avviare il processo di pianificazione
dell’attività di comunicazione si può prevedere la costituzione di un gruppo di lavoro
multidisciplinare, composto da esperti di diverse Istituzioni, da rappresentanti delle Strutture e
39
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Amministrazioni regionali e comunali interessate, con il compito di definire, organizzare e
condividere la strategia di comunicazione, di favorire la circolazione delle informazioni e la
collaborazione integrata tra i soggetti coinvolti, di formulare messaggi “chiave” ed
eventualmente di prevedere momenti formativi di approfondimento anche sulle competenze
comunicative.
5.6. Scelta dei mezzi di comunicazione
Le pubblicazioni scientifiche rappresentano la fonte d’informazione principale sul tema,
tuttavia per il linguaggio utilizzato e per il livello di approfondimento sono rivolte ad un target
specifico di esperti della materia.
Pertanto si deve prevedere di informare costantemente le figure sanitarie e non presenti sul
territorio con modalità differenziate e/o con specifici materiali scritti sia individualmente che in
gruppo (lettera, e-mail, contatto telefonico, incontri, newsletter, bollettini, schede informative
tematiche SIT, Sistema Informativo Territoriale).
Nelle fasi di emergenza per facilitare il contatto con la popolazione residente nei comuni
interessati, può essere efficace inviare una lettera ad personam in cui venga spiegato con
linguaggio semplice, in modo sintetico e per gradi la situazione, le iniziative avviate, le modalità
di svolgimento, i tempi e soprattutto i vantaggi che ne possono derivare per la singola persona o
per i suoi familiari. Questo iniziale contatto può creare le premesse per ulteriori occasioni di
relazione con le singole persone, soprattutto se nella lettera sono indicati numeri telefonici e/o
siti web di riferimento e il Servizio e/o i Servizi da poter contattare.
Contemporaneamente la realizzazione di un opuscolo informativo e di una locandina da
esporre in luoghi identificati nella stesura del piano di comunicazione (studi di Medici di
Medicina Generale, servizi ASL, farmacie e tutti i luoghi considerati idonei per la diffusione
delle informazioni) può contribuire alla circolazione di informazioni che descrivano la realtà del
contesto, che focalizzino l’attenzione sui rischi per la salute e che nello stesso tempo forniscano
indicazioni su come evitare i rischi e sulle azioni preventive da poter attuare a livello
individuale e collettivo.
L’opuscolo deve contenere pochi messaggi, significativi e chiari per il target al quale è
rivolto, cioè centrati sulle loro specifiche esigenze informative e sulle eventuali preoccupazioni
o perplessità, deve inoltre descrivere le azioni che le amministrazioni pubbliche e le istituzioni
sanitarie hanno intrapreso e/o intraprenderanno nel prossimo futuro e indicare un numero
telefonico di riferimento con il nome del Servizio che lo promuove. Ciò in funzione del
consolidamento del rapporto fiduciario. Il linguaggio utilizzato deve essere semplice e chiaro,
attento alle esigenze di comprensibilità e chiarezza del target al quale è rivolto, evitando quindi
l’uso di termini tecnici comprensibili solo a pochi.
L’opuscolo, corredato da un’impostazione grafica idonea a renderlo attraente e leggibile,
orientativamente dovrebbe comprendere 4-6 facciate e potrebbe essere allegato a eventuali
lettere inviate ai cittadini o ancora consegnato dagli operatori competenti nell’ambito di Servizi
di riferimento o di incontri pubblici appositamente organizzati.
La locandina deve invece riprendere i contenuti dell’opuscolo in forma sintetica e riportare le
parole chiave. L’opuscolo e la locandina rappresentano mezzi di comunicazione unidirezionali
adeguati per raggiungere un obiettivo conoscitivo (informare i cittadini) rispondendo alle
specifiche esigenze informative delle persone target.
La loro efficacia può essere tuttavia potenziata se utilizzati in modo integrato con altri
interventi comunicativi bidirezionali personalizzati (colloquio vis a vis). Il valore informativo
dell’opuscolo è infatti potenziato se consegnato alla persona dall’operatore al termine di un
40
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
colloquio di chiarimento. In questo contesto, l’opuscolo rappresenta un mezzo di comunicazione
che va a rafforzare le informazioni già scambiate nel colloquio.
L’articolazione dell’opuscolo deve prevede lo sviluppo dei seguenti punti:
– descrizione sintetica della problematica e del rischio (che cosa è);
– definizione della sua importanza per la salute (perché è importante);
– descrizione delle azioni intraprese e/o che verranno intraprese dalle amministrazioni
pubbliche e dalle istituzioni sanitarie (cosa si può fare);
– modalità del contributo di ogni singolo cittadino su come evitare i rischi e sulle azioni
preventive da poter attuare a livello individuale e collettivo (è fondamentale il contributo
di ognuno).
Tali modalità comunicative potranno essere integrate da campagne informative diffuse dai
media soprattutto locali. Per questo motivo gli Uffici Stampa istituzionali dovrebbero sempre
informare attraverso comunicati stampa il pubblico dei giornalisti in modo tale che non colmino
il “vuoto” di informazioni con notizie poco attendibili o allarmistiche. A tal proposito è
essenziale che le Istituzioni e le figure professionali alle quali è affidato il compito di
comunicare con i media siano a conoscenza di alcuni criteri e di alcune “regole” fondamentali
per dialogare e collaborare con tale target, tale aspetto può essere oggetto di specifiche iniziative
di formazione.
Inoltre, interventi comunicativi vis a vis quali dibattiti pubblici sul tema o incontri
personalizzati all’interno di contesti istituzionali specifici possono potenziare l’efficacia dei
messaggi, soprattutto se i conduttori sono in grado di utilizzare specifiche competenze
comunicativo-relazionali e di counselling, da poter eventualmente approfondire in contesti
formativi dedicati (26).
Negli ultimi anni in America soprattutto nelle situazioni di emergenza vengono utilizzati
molto frequentemente nuovi mezzi di comunicazione come i social media che sono già molto
radicati nella società americana e che possono rappresentare una soluzione per informare in
modo veloce il pubblico in un momento di crisi. Oltre 40 milioni di americani utilizzano più
volte al giorno, strumenti come Facebook, Twitter e altre tecnologie analoghe che sono ormai
largamente diffusi anche nella nostra società. Naturalmente, i social media non possono e non
devono sostituire gli altri strumenti d comunicazione, ma se sfruttati in modo strategico,
possono essere utilizzati per rafforzare gli attuali sistemi (27).
5.7. Conclusioni
Dalle riflessioni fatte riguardo la comunicazione sui rischi da cianobatteri si possono
evidenziare alcuni punti essenziali relativi sia all’approccio comunicativo che alle modalità di
conduzione delle iniziative di comunicazione.
Prima di tutto la comunicazione sul rischio non può essere improvvisata, ma va pianificata
dalle Istituzioni di riferimento e va condotta in modo consapevole e strategico utilizzando
competenze specifiche.
Inoltre comunicare non significa informare in modo unidirezionale o educare, ma significa
attivare il dialogo e lo scambio tra tutti i soggetti coinvolti nella situazione di rischio con diversi
ruoli e responsabilità. Pertanto va posta particolare attenzione ai processi della comunicazione
interna tra coloro che si occupano direttamente della gestione del rischio comprese le figure
chiave che possono contribuire alla comunicazione sul territorio.
La comunicazione sui rischi aumenta la sua efficacia se si basa sull’ascolto della percezione
del rischio, di ciò che le persone pensano e provano rispetto al rischio e alle sue conseguenze.
Le persone pur differenziandosi per interessi e competenze sono comunque capaci di
41
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
reinterpretare le informazioni che ricevono, utilizzarle o rifiutarle a seconda dei propri scopi e
dei propri valori.
Il compito della strategia comunicativa è molto diverso da quello di informare il pubblico o
convincerlo della bontà delle scelte compiute dai tecnici o dall’autorità decisionale; si tratta
piuttosto di avviare un processo in cui evidenziare le differenze di posizione, riconoscerle,
proporre e argomentare le scelte riguardanti la gestione dei rischi, ascoltando le preoccupazioni
del pubblico e evitando di etichettare il punto di vista discordante dalla valutazione scientifica
come percezione distorta o di gap di conoscenza fra pubblico ed esperti.
Bibliografia
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Gazzetta Ufficiale n. 165 del 16 luglio 1999 - Supplemento Ordinario n. 132
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42
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
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43
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
44
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
APPENDICE
Cianobatteri: sintesi dello stato delle conoscenze
e raccomandazioni specifiche
45
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
46
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
BOX 1
Fattori ambientali che presiedono alla proliferazione di cianobatteri
Le proprietà ecofisiologiche specifiche dei diversi cianobatteri sono molto diverse e consentono loro di
occupare nicchie ecologiche differenti negli ecosistemi acquatici, rispondendo in modo differenziato ai
fattori ambientali che ne regolano la crescita, e che sono principalmente l’intensità luminosa, la
temperatura, la stabilità della colonna d’acqua e i principali nutrienti, sia in termini di disponibilità che di
rapporto tra le loro concentrazioni. L’interazione tra gli effetti dei diversi fattori ambientali sulla crescita dei
cianobatteri rende difficile una previsione delle fioriture.
In termini generali si può dire che i cianobatteri preferiscono una temperatura dell’acqua relativamente
elevata, una stratificazione stabile, un’intensità luminosa elevata, ed elevate concentrazioni di fosforo, ma
esistono importanti eccezioni a questa generalizzazione, e le strategie di gestione devono comprendere la
conoscenza della composizione tassonomica della popolazione e l’ecologia delle specie interessate.
Raccomandazioni
La comprensione dei fattori ambientali che favoriscono la proliferazione dei cianobatteri in uno specifico
corpo idrico è di importanza fondamentale per la gestione del rischio.
Tuttavia è importante disporre di informazioni relative allo stato ambientale del corpo idrico prima della
fioritura, perché le analisi effettuate durante e dopo la fioritura sono fortemente influenzate dalla fioritura
stessa e possono essere fuorvianti.
Una raccolta sistematica dei parametri ambientali caratteristici dei corpi idrici in presenza di fioriture di
cianobatteri e in assenza di tali fioriture potrebbe essere utilizzata per creare un quadro di riferimento
regionale delle condizioni ambientali che favoriscono tali fioriture negli ambienti mediterranei.
Approfondimenti
sez. 1.1. Volume 11/35 Pt.1
47
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Box 2
Specie tossiche e impatto sulle acque per consumo umano in Italia
L’abbondante sviluppo di cianobatteri planctonici tossici (bloom) è un evento comune nelle acque dolci,
salmastre e marine e rappresenta un grave problema ambientale e sanitario. Dei circa 150 generi noti di
cianobatteri, più di 40 comprendono specie responsabili della produzione di cianotossine e proprio in base
alla capacità di produrre questi composti vengono distinti in produttori e non produttori
Allo stato attuale delle conoscenze sono riconosciute potenzialmente tossiche le seguenti specie algali:
Anabaenopsis milleri
Anabaena perturbata var. tumida, A. bergii, A. lapponica
Aphanizomenon ovalisporum, Aph. isatschenkoi, Aph. flos-aquae
Aphanocapsa cumulus
Cylindrospermopsis raciborskii
Dolichospermum (Anabaena) circinale, D. flos-aquae, D. lemmermannii, D. viguieri, D. planctonicum,
D. spiroides
Hapalosiphon hibernicus
Limnothrix redekei
Lyngbya majuscula, L. wollei
Microcystis aeruginosa, M. flos-aquae, M. viridis, M. wesenbergii, M. botrys
Nodularia spumigena
Oscillatoria tenuis, O. nigroviridis
Planktothrix sp. FP1, P. agardhii, P. rubescens, P. formosa
Phormidium formosum
Raphidiopsis curvata, R. mediterranea
Schizotrix calcicola
Umezakia natans
In Italia, fioriture imputabili allo sviluppo di specie tossiche di cianobatteri sono ascrivibili a specie
appartenenti ai generi Microcystis, Planktothrix, Aphanizomenon, Dolichospermum (ex Anabaena) e
Cylindrospermopsis.
A oggi, in letteratura, sono disponibili dati sulla presenza di specie tossiche solo per 61 laghi tra i circa 500
distribuiti sul territorio (tralasciando i corpi lacustri minori) in 13 regioni su 20.
Raccomandazioni
Attualmente i processi di potabilizzazione in uso sono in grado di rimuovere gran parte delle cellule algali
anche se la somma del contenuto di tossine presenti a livello intra- ed extracellulare è generalmente
considerata nell’acqua potabile l’indice più importante nella valutazione del rischio di esposizione a tali
tossine, per quanto riguarda l’acqua da destinare al consumo umano. Per le cianotossine, la normativa
italiana non prevede, a tutt’oggi, valori di riferimento: qualora si sospetti la presenza di forme tossiche in
concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana, l’autorità sanitaria
competente provvederà all’allestimento dei piano di controllo come previsto nel DL.vo 31/2001, art. 8 e
relativi allegati per la ricerca dei parametri accessori. L’organizzazione mondiale della sanità (WHO),
tuttavia, ha definito dei valori guida per alcune specie tossiche già inserite da molte nazioni nei
regolamenti delle proprie legislazioni.
Approfondimenti:
sez. 1.2. e 1.4. Volume 11/35 Pt.1
48
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Box 3
Tossine da cianobatteri
Le tossine prodotte dai cianobatteri sono numerose e varie: molte ne vengono scoperte e molte devono
ancora essere adeguatamente caratterizzate. In base alla loro specifica tossicità, esse possono essere
distinte in tre gruppi principali:
- le epatotossine, che danneggiano il fegato;
- le neurotossine, che agiscono bloccando la trasmissione sinaptica;
- le citotossine, che bloccano la sintesi proteica;
- le dermatotossine: un’ampia varietà di tossine e lipopolisaccaridi che provocano irritazioni
all’epidermide e alle mucose.
Tra le epatotossine le più diffuse sono le microcistine e le nodularine.
Microcistine e nodularine hanno meccanismi d’azione simili: agiscono inibendo gli enzimi fosfatasi PP1 e
PP2A, portando ad una iperfosforilazione delle proteine citoscheletriche degli epatociti. La conseguenza è
una perdita dell’architettura dei sinusoidi epatici che può portare all’accumulo di sangue nel fegato fino alla
morte per shock emorragico.
Tra le citotossine, la cilindrospermopsina agisce come inibitore della sintesi proteica, causando la necrosi
dei tessuti.
Tra le neurotossine cianobatteriche citiamo l’anatossina-a e l’anatossina-a(s).
L’anatossina-a è un agente depolarizzante pre- e postsinaptico: si lega ai recettori dell’acetilcolina
bloccando la trasmissione nervosa a livello di SNC, SNP e placche neuromuscolari, con conseguente
paralisi muscolare e asfissia. L’anatossina-a(s) blocca l’attività acetilcolinesterasica del sistema nervoso
periferico: l’accumulo dell’acetilcolina iperpolarizza i neuroni, bloccando la trasmissione di successivi
segnali.
Raccomandazioni
L’assunzione delle tossine può avvenire attraverso acque potabili, acque per uso medico, acque ad uso
ricreativo, verdure irrigate con acque contenenti cianotossine, pesci e molluschi eduli che hanno
accumulato microcistine, consumo di integratori alimentari a base di cianobatteri. Pertanto:
evitare che le tossine raggiungano le persone attraverso le vie di assunzione note
evitare che si creino le condizioni per la produzione soprattutto di microcistine, ovvero controllare in
particolare le fioriture di M. aeruginosa e P. rubescens
Approfondimenti:
sez. 1.3. Volume 11/35 Pt.1
49
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Box 4
Normativa e valori di riferimento nazionali
In riferimento alla tutela dei corpi idrici superficiali rispetto alla presenza di cianobatteri e cianotossine, il DL.vo
152/2006 e s.m.i. (T.U.) con particolare riferimento all’ultimo emendamento alla Parte III dell’Allegato I contenuto
nel D.M. 260/2010, definisce il parametro “percentuale di cianobatteri caratteristici di acque eutrofe” tra gli
elementi che compongono il calcolo per la valutazione dell’EQB fitoplancton per i tipi lacustri aggregabili nel
macrotipo I1. Per questo e per tutti i parametri biologici, chimici e fisico-chimici inseriti nel T.U. vigono modalità e
tempistiche stabilite per i monitoraggi di sorveglianza, operativo e di indagine (Tabella 3.6 del Decreto). Per le 3
tipologie di monitoraggio è stabilito un ciclo annuale di campionamenti con frequenze di 6 volte per il fitoplancton
e con cadenza bimestrale per i parametri fisico-chimici che devono comunque essere associati ai prelievi di
fitoplancton. Per il monitoraggio di sorveglianza e operativo di tutti i corpi idrici superficiali, è prevista una
cadenza mensile, se del caso, per le sostanze chimiche prioritarie della Tabella 1/A, mentre è prevista una
cadenza trimestrale, se del caso, per le sostanze della Tabella 1/B. Si rimanda al Decreto per ulteriori dettagli ed
eccezioni. Il T.U. prevede l’effettuazione di monitoraggi operativi e/o di sorveglianza più intensivi, come
frequenze e come siti di campionamento, per elementi chimici o biologici che mostrano grande variabilità
naturale o causata da pressioni antropiche. Frequenze più ravvicinate sono anche previste per il monitoraggio di
indagine da effettuare in particolari situazioni “di allarme o a scopo preventivo per la valutazione del rischio
sanitario e l’informazione al pubblico”. Le tempistiche individuate per il monitoraggio di sostegno sono
dimensionate rispetto alla popolazione approvvigionata e sono analoghe a quanto riportato nel DL.vo 31/2001.
Riguardo alla tutela delle acque potabili, il DL.vo 31/2001 e s.m.i., stabilisce che l’Autorità sanitaria può disporre
controlli periodici sulle alghe, inclusi cianobatteri, in corpi idrici da destinare al consumo umano, in base all’ Art.
4, comma 2 e all’Art. 8(3) e all’Allegato I parte C (parametri accessori).
Il sistema di gestione del rischio per il controllo delle cianotossine nelle acque destinate al consumo umano
deve basarsi sul rispetto, nei punti di conformità stabiliti dal DL.vo 31/2001 (art. 6), del valore massimo
ammissibile per le cianotossine. In Italia il valore massimo ammissibile provvisorio per la MC-LR in acque
destinate al consumo umano è pari a 1,0 µg/L riferito al contenuto di tossina totale (intra ed extra-cellulare).
Sulla base di un approccio ampiamente conservativo nei confronti della protezione della salute, con
sovrastima nella valutazione della tossicità, secondo l’approccio di stima di peggior caso, il valore dì 1,0 µg/L
deve essere riferito alla somma delle concentrazioni dei diversi congeneri di MCs presenti nel campione,
considerati come equivalenti di MC-LR. A tal fine devono essere ricercati i congeneri di microcistine
determinabili al meglio delle potenzialità analitiche disponibili e, come criterio minimo, i congeneri per i quali
sono attualmente commercialmente disponibili standard analitici, Dem-MC-RR, MC-RR, MC-YR, Dem-MCLR, MC-LR, MC-LA, MC-LY, MC-LF, MC-LW.
Raccomandazioni
- Si possono estrapolare opportune tempistiche per il monitoraggio dei cianobatteri in base a quanto
riportato nel T.U. circa la determinazione routinaria del fitoplancton in monitoraggi di sorveglianza e
operativi di invasi (6 controlli/anno). La ricerca di cianotossine andrebbe effettuata in situazioni di
criticità, deducibili dai parametri biologici, chimici e fisico-chimici, nonché da presenze pregresse. Il T.U.
prevede, per tutte i tipi di monitoraggio, frequenze più ravvicinate di quelle stabilite per elementi chimici
e biologici in caso di fluttuazioni stagionali naturali o da impatto antropico, come nel caso di cianobatteri
e cianotossine, su decisione dell’Autorità competente. Si ritiene che un monitoraggio routinario dei
cianobatteri con cadenza bimestrale/semestrale, da effettuare o meno in concomitanza con quello del
fitoplancton a seconda dei tipi di corpi idrici superficiali da utilizzare per l’approvvigionamento
idropotabile, possa efficientemente garantire la tutela delle risorse interessate e segnalare eventuali
situazioni di allarme.
- Nell’adozione delle limitazioni d’uso considerare comunque quanto stabilito in art. 10, c. 1 del DL.vo
31/2001.
- La ricerca di cianotossine va estesa ad altre classi di composti (es.: cilindrospermopsina e anatossina),
in presenza di bloom (per allerta superiore a 1) di specie produttrici di tali tossine; il valore massimo
ammissibile di cianotossine diverse dalle microcistine può essere fissato secondo quanto previsto dal
DL.vo 31/2001 e s.m.i., art. 11(1)(b).
- I valori di riferimento stabiliti sono da intendersi provvisori e possono essere revisionati sulla base
dell’aggiornamento dello stato delle conoscenze sulla valutazione del rischio.
Approfondimenti
sez. 2. Volume 11/35 Pt.1
50
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Box 5
Analisi del sistema idrico
La valutazione della vulnerabilità di un sistema idrico in merito al rischio di presenza di cianotossine nella
acque in distribuzione fino all’utenza richiede un’adeguata formazione del valutatore; un particolare
significato assume per la valutazione della vulnerabilità del sistema l’esame storico degli episodi di
proliferazione di cianobatteri tossici e dell’efficacia delle misure di gestione implementate dal sistema
L’approccio da seguire si basa sui WSP e sul sistema ALF descritto in sezioni 2 e 3 di questo volume.
Tutte le informazioni contenute nel volume 11/35 Pt. 1 contengono elementi utili per valutare la
vulnerabilità del sistema idrico a proliferazioni di cianobatteri tossici con potenziale produzione di
cianotossine e persistenza delle tossine (intra o extracellulari) nelle acque in distribuzione fino all’utenza.
In Figura 2 della sezione 3 di questo volume è riportato in forma schematica un processo di stima del
livello di protezione del sistema, che si basa sull’analisi delle misure di prevenzione e mitigazione del
rischio della presenza di cianotossine nelle acque al punto di consegna/utenza.
Raccomandazioni
- La valutazione della vulnerabilità di un sistema idrico in merito al rischio di presenza di cianotossine
nella acque in distribuzione fino all’utenza richiede un’adeguata formazione del valutatore; un
particolare significato assume per la valutazione della vulnerabilità del sistema l’esame storico degli
episodi di proliferazione di cianobatteri tossici e dell’efficacia delle misure di gestione implementate dal
sistema.
- Lo studio con l’aggiornamento in merito allo stato delle conoscenze sul rischio cianobatteri descritto nel
volume 11/35 Pt. 1 e approfondito nei riferimenti ivi citati fornisce nozioni idonee agli scopi di analisi del
sistema.
- Ulteriori approfondimenti caso per caso possono essere condivisi con il “Gruppo nazionale per la
gestione del rischio cianobatteri in acque destinate a consumo umano”.
Approfondimenti
Volume 11/35 Pt.1; sez. 1. 11/35 Pt.2.
51
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Box 6
Determinazione di cianobatteri tossici
Nell’ambito di un sistema integrato di controllo della qualità delle acque destinate al consumo umano,
l’osservazione di campioni, l’identificazione e il conteggio al microscopio di cianobatteri tossici
rappresentano informazioni essenziali per la segnalazione preliminare di potenziali rischi e per dirigere
analisi di accertamento e contromisure. L’identificazione certa, a livello di specie, dei cianobatteri è
un’operazione complessa, che necessita la combinazione di dati molecolari e morfologici. I sistemi
moderni di classificazione, che integrano queste informazioni, conservano in molti casi la definizione dei
generi tradizionali, basata su caratteri morfologici evidenziabili in microscopia, ed ecologici. Ne consegue
che è spesso possibile distinguere a livello di genere i cianobatteri nei campioni, purché si osservi un
numero adeguato di individui al fine di tener conto della notevole instabilità morfologica e morfometrica
dovuta alle condizioni ambientali e alle fasi di crescita.
L’utilizzo di metodi molecolari, soprattutto l’amplificazione di marcatori genetici molecolari attraverso PCR
combinata al sequenziamento dei geni che codificano per alcune delle principali cianotossine,
rappresenta, ad oggi, uno strumento promettente per il rilievo della presenza e la stima dell’abbondanza di
specie tossiche nelle acque. Sebbene questo approccio consenta di superare i limiti per lo più associati
all’osservazione al microscopio (attraverso cui, per inciso, non è possibile distinguere tra individui tossici e
non tossici appartenenti alla stessa specie), si ritengono ancora necessari ulteriori avanzamenti teoricopratici, affinchè esso possa essere adottato in analisi routinarie.
Raccomandazioni
- L’identificazione e il conteggio al microscopio di generi di cianobatteri tossici sono necessari per
segnalare rischi per la salute umana.
- L’identificazione certa, a livello di specie, di cianobatteri necessita dell’integrazione di dati molecolari e
morfologici, la conoscenza di tali criteri tassonomici è un’esigenza reale.
- L’analisi al microscopio è supportata da tecniche molecolari che consentono l’attribuzione specifica e la
quantificazione di genotipi produttori di tossine nei campioni.
Approfondimenti
Volume 11/35 Pt.1: sez. 3.1. e Appendice A
52
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Box 7
Controlli early warning alla captazione
L’analisi dei pigmenti algali è stata ampiamente utilizzata per determinare la struttura della comunità
fitoplanctonica in campioni di acqua come supplemento o alternativa al conteggio microscopico. I metodi
presentati sono da intendersi come metodi per il monitoraggio delle fioriture di cianobatteri in tempi rapidi e
su larga scala spaziale. Danno una quantificazione della biomassa algale in generale e cianobatterica in
particolare, in termini di clorofilla e/o pigmenti algali, con gradi diversi di definizione tassonomica secondo
il metodo impiegato. L’impiego della fluorimetria in situ e del telerilevamento per il monitoraggio delle
fioriture sfruttano le proprietà ottiche di alcuni pigmenti accessori del complesso antenna periferico del PS
II (ficobiline e clorofille): entrambe le metodiche, confrontando i dati misurati in situ con spettri di
riferimento, forniscono una quantificazione dei cianobatteri in termini di contributo alla clorofilla totale. Le
più evolute sonde fluorimetriche permettono di distinguere cianobatteri con ficoeritrine da cianobatteri con
ficocianine e anche di implementare lo strumento con spettri di fluorescenza per singole specie. Nel
remote sensing si possono utilizzare la maggior parte dei sensori a disposizione per una mappatura
qualitativa e una vasta copertura dell’ecosistema considerato: in caso di fioriture meno massiccie
(concentrazioni minori di 20 mg/m3) e per mappature quantitative è necessario utilizzare sensori
iperspettrali, che abbiano la capacità di isolare e discriminare la regione dello spettro elettromagnetico in
cui si ha la risposta caratteristica ed esclusiva dei cianobatteri. Nella tecnica HPLC, la possibilità di
separare carotenoidi specifici, permette di quantificare l’importanza dei cianobatteri rispetto ad altre classi
algali. Per l’analisi dei pigmenti algali viene più frequentemente scelta la tecnica della cromatografia in
fase inversa liquida ad alta pressione. Associando a queste misure informazioni sul contenuto cellulare di
clorofilla e di tossine nei cianobatteri è possibile individuare delle soglie di rischio per diversi livelli di
allerta.
Raccomandazioni
- Considerare il comportamento ecologico degli organismi da monitorare per la corretta interpretazione
dei profili fluorimetrici.
- Prevedere la raccolta di dati sui parametri chimico-fisici utili per la calibrazione dei dati da remote
sensing e scegliere la tipologia di sensore in funzione dei risultati che si vogliono ottenere.
- Utilizzare procedure di campionamento e conservazione adeguate allo scopo.
- Adottare metodi analitici per la determinazione dei pigmenti algali in funzione delle risorse disponibili e
degli scopi della ricerca.
Approfondimenti
sez. 3.2 Volume 11/35 Pt.1
53
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Box 8
Metodi per la determinazione di cianotossine
Nella gestione del rischio correlato alla presenza di cianobatteri in acque da destinare e destinate al
consumo umano, le indagini di screening sono utilizzate per individuare rapidamente la presenza e le
classi di tossine prodotte. Generalmente basati su saggi biologici o, più usate, tecniche immunologiche o
biochimiche, i test di screening forniscono informazioni qualitative e/o semiquantitative sulla presenza
dell’analita o della classe di analiti oggetto di indagine con una sensibilità adeguata al livello tossicologico
di interesse, semplicità nell’esecuzione ed elevata produttività. I metodi di screening immunoenzimatici per
le microcistine tendono in linea di massima ad una limitata sovrastima del dosaggio degli analiti.
I metodi di conferma, basati sulla determinazione di proprietà chimico-fisiche quali peso molecolare,
presenza di gruppi cromofori o funzionali in grado di dare reazioni specifiche, garantiscono l’identificazione
e la quantificazione delle diverse classi e congeneri di cianotossine con elevato grado di certezza. La
cromatografia liquida accoppiata a rivelatori selettivi, come gli spettrometri di massa, è il sistema di
elezione per la determinazione chimica delle cianotossine.
Le informazioni che i metodi di screening e di conferma sono in grado di fornire possono essere utilizzate
con sistema di analisi multi-stadio, così come previsto dai principi del Water Safety Plan.
Raccomandazioni
- Utilizzare procedure di campionamento e conservazione adeguate allo scopo: ai fini di una valutazione
dell’esposizione: porre particolare attenzione alle procedure di conservazione e preparazione del
campione (es. filtrazione) adatte alla determinazione del contenuto totale (intracellulare+extracellulare)
di tossine. L’informazione desumibile dai risultati analitici, soprattutto per controlli sull’invaso, è
determinata dalla rappresentatività del campione (posizione e profondità rispetto all’opera di presa) oltre
che da una valutazione complessiva del sistema secondo lo schema WSP e ALF descritto il sez. 3 di
questo volume.
- L’adozione di metodi analitici di screening e conferma per la determinazione delle cianotossine è
determinata dalle risorse disponibili e dagli scopi della ricerca: i metodi di screening sono utili in fase di
emergenza e per controlli di routine, i metodi di conferma devono supportare i processi decisionali e la
valutazione del rischio associata all’invaso e al sistema idrico, secondo i modelli WSP, ad esempio in
possibile presenza di molteplici congeneri di tossine.
- Adottare procedure di assicurazione e controllo qualità, quali ad esempio uso di uno standard interno
adeguato, quando possibile.
Approfondimenti
Volume 11/35 Pt.1: sez. 3.3. e Appendice B
54
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Box 9
Misure di prevenzione: controlli alla captazione e sui nutrienti
Un piano efficace per il monitoraggio e le azioni preventive / correttive è molto importante per la gestione
dei corpi idrici naturali potenzialmente a rischio di insorgenza di fioriture inaspettate di cianobatteri. Tali
misure possono contribuire fortemente a mettere in atto azioni indirizzate a ridurre il rischio di sviluppo di
una fioritura. Inoltre la conoscenza delle interazioni tra il carico di nutrienti, i rapporti tra azoto e fosforo e i
cambiamenti avvenuti nel tempo nell’utilizzo del territorio sono molto utili al fine di identificare e
selezionare le migliori azioni correttive da applicare. Le strategie di prevenzione risultano quindi essere
molto importanti ai fini della gestione complessiva di fenomeni di bloom algali in corpi idrici superficiali.
Le sorgenti esterne di nutrienti alle acque riceventi sono molte, e, spesso, le tipologie diffuse, come quelle
derivanti dall’agricoltura o dall’atmosfera sono molto più difficili da gestire rispetto alle fonti puntuali.
Gli apporti esterni di nutrienti possono essere gestiti attraverso lavori di bonifica nell’areale drenante o una
migliore gestione del territorio, mediante una diminuzione dell’utilizzo di fertilizzanti, restrizioni per
l’accesso degli animali da allevamento ai laghi e ai fiumi, l’aumento delle zone di rispetto ripariali e il
ripristino delle lagune e foreste nelle zone marginali. In ogni caso la concomitante riduzione del carico sia
interno che esterno è molto importante, ma la rimozione del carico interno è spesso un’attività molto
complessa e onerosa, i cui potenziali effetti collaterali sull’ambiente non sono ancora ben noti.
Il sistema più compatibile sotto il profilo ambientale per attuare misure preventive è quello delle
manipolazioni idrogeologiche che possono ridurre gli effetti legati ad aumenti del tempo di residenza
dell’acqua ma è spesso difficile da attuare nella pratica. In caso di forti fioriture da cianobatteri le tecniche
di modifica del flusso sono molto complesse e possono essere realisticamente applicate solo per corpi
idrici di piccole dimensioni. In tali evenienze le procedure fisiche sembrano essere la migliore opzione
ambientale da adottare, ma il loro uso deve essere valutato caso per caso. Le procedure di tipo chimico
potrebbero essere potenzialmente molto utili, ma richiedono ancora molti studi per valutarne il reale
impatto sull’ambiente.
Quindi, un forte impegno è necessario per trovare soluzioni tecniche sostenibili e per diminuire il carico di
nutrienti e la comparsa inaspettata di alghe e cianobatteri.
Alcune di queste attività possono anche contribuire ad alleviare gli effetti avversi legati al progressivo
riscaldamento climatico in atto e all’aumento del carico dei nutrienti. In termini generali si deve tenere
conto del fatto che il recupero di un corpo idrico in termini di abbattimento dei fenomeni di eutrofizzazione
può essere molto differito nel tempo rispetto alla riduzione degli apporti di fosforo derivanti da cause
esterne e, comunque, in funzione della serie storica di apporti di nutrienti. Questo soprattutto in corpi idrici
caratterizzati da notevoli estensione e interessati da fenomeni idrodinamici complessi e da uno scambio di
soluti tra acqua e sedimenti.
Raccomandazioni
- Per un management efficace delle risorse di acqua dolce è di fondamentale importanza applicare un
monitoraggio periodico che fornisca indicazioni tempestive sulla potenziale insorgenza di condizioni che
favoriscano nel breve bloom algali da cianoficee.
- Sia le sorgenti di apporti interni che esterni vanno ridotte per favorire un più veloce recupero del sistema
eutrofizzato. In ogni caso l’efficacia delle azioni mirate alla riduzione di apporti interni è fortemente
condizionata da una parallela attività di riduzione degli apporti esterni.
- Sino a che non verranno pienamente comprese le implicazioni correlate all’uso di metodi chimici, le
procedure di tipo fisico, anche se spesso molto complesse, rappresentano l’opzione migliore soprattutto
ai fini della salvaguardia dell’ambiente acquatico, anche se vanno comunque valutate di caso in caso.
Approfondimenti
sez. 4.1. Volume 11/35 Pt.1
55
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Box 10
Rimozione di cianobatteri e loro metaboliti
In presenza di fioriture algali potenzialmente tossiche, un’adeguata strategia di contenimento del livello
totale di tossine nell’acqua potabile in distribuzione si basa innanzitutto sulla rimozione dei cianobatteri con
interventi che limitino al minimo il fenomeno della lisi cellulare. A tal fine tra i possibili trattamenti descritti in
letteratura (preossidazione, microstacciatura, filtrazione lenta su sabbia o attraverso la sponda di un fiume,
coagulazione e flocculazione, flottazione, filtrazione su membrana) i risultati migliori sono stati ottenuti
impiegando tecniche di filtrazione, quali quella lenta su sabbia, la micro e l’ultrafiltrazione.
Dal momento che non è possibile escludere la concomitante presenza di tossine esocellulari derivanti
dalla rottura della parete cellulare dei cianobatteri, è comunque consigliabile l’implementazione di
trattamenti specifici per la loro rimozione, come l’adsorbimento su carbone attivo, l’osmosi inversa, la
clorazione e l’ozonizzazione.
Raccomandazioni
- Implementare trattamenti che riducano al minimo la lisi cellulare;
- Otttimizzare le condizioni di trattamento con test preliminari su scala pilota e/o di laboratorio.
Approfondimenti
sez. 4.2. Volume 11/35 Pt.1
56
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Box 11
Prodotti di degradazione delle cianotossine
Le cianotossine, in seguito a trattamenti di potabilizzazione, possono generare prodotti di trasformazione
potenzialmente tossici. L’identificazione e il potenziale tossicologico di questi prodotti di trasformazione
devono essere presi in considerazione nell’ambito del WSP. L’ossidazione con cloro, attualmente il
processo di potabilizzazione più utilizzato per la rimozione delle cianotossine, può generare composti di
degradazione che sono stati studiati per assicurare una corretta gestione del rischio correlato
all’esposizione a cianotossine nelle acque destinate a consumo umano. I dati scientifici disponibili
dimostrano che le microcistine e la cilindrospermopsina sono efficacemente abbattute dal cloro e formano
rispettivamente 7 e 2 prodotti di degradazione, caratterizzati con tecniche mass-spettrometriche. Questi
prodotti di degradazione sono associati ad una bassa tossicità acuta e ad una ridotta attività con bio-saggi
su topi e protein-fosfatasi. L’anatossina-a invece mostra una scarsa reattività nei confronti della clorazione.
Raccomandazioni
- Allo stato attuale delle conoscenze i processi di clorazione tipici nella pratica acquedottistica, gli unici ad
essere stati studiati approfonditamente, non risultano associati a possibili esposizione a prodotti tossici
di reazione da cianotossine potenzialmente presenti nelle acque di origine.
- Aggiornare periodicamente lo stato delle conoscenze su trattamenti con potenziale impatto sulla salute
umana.
Approfondimenti
sez. 4.3. Volume 11/35 Pt.1.
57
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Box 12
Piani di risposta all’emergenza
Lo stato di emergenza si configura con l’evidenza di un rischio sanitario per il consumatore per la
presenza di cianotossine nelle acque a livelli superiori ai valori massimi ammissibili. È da sottolineare che,
in molti casi, il manifestarsi dello stato di emergenza è molto rapido, anche di pochi giorni, e l’arco
temporale in cui ha luogo l’emergenza è generalmente ristretto a qualche settimana.
È evidente pertanto che la gestione in sicurezza dell’emergenza, l’impatto sanitario, economico e sociale
sui consumatori dei fenomeni sono correlati alla tempestività degli interventi e all’adeguatezza delle azioni.
Questi aspetti necessitano pertanto di:
- preparazione con congruo anticipo del piano di emergenza;
- impegno coordinato e pianificato di tutte le parti interessate in fase di emergenza con rispetto delle
procedure predisposte;
- preparazione delle risorse umane, mediante adeguato training.
Piani di emergenza sono di regola predisposti da parte di ogni gestore dei sistemi idrici di produzione di
acque destinate al consumo umano, configurando diversi scenari che abbiano effetti sul servizio idrico,
come ad esempio eventi climatici estremi o potenziali atti ostili ai danni del sistema. I piani esistenti sono
eventualemnte da integrare con il rischio da cianotossine ma presentano elementi comuni quali la
definizione di singole mansioni e responsabilità, l’istituzione di “unità di crisi” all’interno delle aziende,
l’identificazione di mezzi e attrezzature per l’emergenza,anche in coordinamento tra Aziende della stessa
Provincia/Regione, eventualmente coordinate dalle Prefetture.
Raccomandazioni
- Strutturare in anticipo piani di risposta all’amergenza, integrando con il rischio da cianotossine i piani di
emergenza già esistenti nel sistema idrico.
- Strutturare preventivamente un tavolo tecnico che possa garantire in fase di emergenza un gruppo
decisionale multidisciplinare, competente e coordinato in grado di gestire al meglio le diverse fasi di
crisi.
- Definire i dati a supporto e il processo decisionale secondo quandto indicato rispettivamente in sezione
4.2. e 4.3 di questo volume.
Approfondimenti
sez. 3. Volume 11/35 Pt.2
58
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Box 13
Sistema di sorveglianza epidemiologica
Gli effetti sulla salute umana dell’esposizione a cianotossine sono stati variamente documentati e la
diffusione della fioritura di cianobatteri all’interno dei corpi idrici rendono necessaria la realizzazione di un
sistema di sorveglianza epidemiologica sulle popolazioni esposte. La segnalazione di eventi sanitari
permette ai servizi di sanità pubblica di implementare tutte quelle misure necessarie per prevenire
l’ulteriore diffusione della malattia.
Il sistema di sorveglianza in oggetto deve tener conto dei seguenti elementi:
entità del rischio ambientale, attraverso monitoraggio della presenza di cianobatteri nei bacini idrici del
territorio di competenza, attraverso modelli come ALF, raccomandato dalla WHO;
possibili modalità di esposizione (orale o occasionalmente cutanea o inalatoria);
differenti patologie correlate all’esposizione, acuti (irritazione di pelle e mucose, insufficienza epatica
acuta, arresto respiratorio) e cronici (insorgenza di neoplasia e malattie neurodegenerative).
La valutazione degli effetti legati ad esposizione cronica a cianotossine, per lo più legata alla loro presenza
in corpi idrici, è stata effettuata in passato con studi ecologici, attraverso la comparazione di serie storiche
di dati di monitoraggio ambientale e fonti di dati correnti. Il monitoraggio degli effetti acuti dell’esposizione
a cianotossine può essere effettuato attraverso studi di coorte prospettici o retrospettivi che hanno
l’indubbio vantaggio del rigore metodologico. Entrambe le tipologie di studi hanno una relativa utilità in
sanità pubblica, in quanto non consentono di avere informazioni tempestive a supporto delle decisioni
dell’autorità sanitaria.
Raccomandazioni
- Al fine di monitorare gli effetti sulla salute umana di fioriture di cianobatteri in bacini idrici è
raccomandato l’avvio di uno sistema di sorveglianza sindromica.
Tale sistema si basa sulla segnalazione all’autorità di sanità pubblica dei casi di sospetta intossicazione
da cianotossine attraverso portale web dedicato o flusso informativo cartaceo.
Nell’ambito di tale sistema è necessario definire:
- il territorio di riferimento della sorveglianza
- il set temporale in cui svolgere la sorveglianza, tenendo conto dei dati di monitoraggio ambientale
e dei fattori che ne condizionano la stagionalità
- un sistema di cooperazione inter-istituzionale formalizzato attraverso tavoli tecnici costituiti dai vari
enti e autorità competenti (sanità pubblica, agenzie di protezione ambientale, protezione civile,
autorità di bacino, comuni, ecc)
- la definizione di caso elaborata sulla base della conoscenza dei meccanismi di tossicità delle
cianotossine presenti nelle risorse idriche di pertinenza dell’ambito territoriale
- una semplice modalità di trasmissione dei dati (web-based)
- la modalità di restituzione delle informazioni a tutti gli operatori partecipanti alla sorveglianza.
- L’identificazione di una frequenza di eventi superiore alla soglia attesa, stabilita in base ai dati storici
disponibili, innesca l’allarme sanitario.
Approfondimenti
sez. 4. Volume 11/35 Pt.2
59
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Box 14
Informazione e comunicazione del rischio
Nell’ambito della comunicazione del rischio è di fondamentale importanza che le Istituzioni di riferimento
mettano in atto piani di comunicazione secondo modalità strategicamente definite, evitando di adottare
interventi nei soli casi di “emergenza”.
In Italia, il fenomeno delle fioriture di cianobatteri potenzialmente tossici in acque destinate e da destinare
al consumo umano rappresenta un rischio sanitario emergente con risvolti sociali spesso non trascurabili
da parte delle Istituzioni. Attività di prevenzione e sorveglianza su tali fenomeni, tra i quali, ad esempio, il
controllo delle condizioni che presiedono a proliferazioni anomale, costituiscono risposte determinanti
sotto il profilo della corretta gestione dei rischi e, parallelamente, sotto il profilo della comunicazione,
possono essere utilmente condivise con i soggetti coinvolti, compresa la popolazione, soprattutto in
contesti caratterizzati da un elevato livello di interesse e partecipazione. Le autorità sanitarie locali
svolgono un ruolo fondamentale nella pianificazione, attivazione e valutazione delle attività di
comunicazione condividendo contenuti e azioni con le altre istituzioni e organizzazioni presenti nella realtà
locale e/o attive a livello regionale e nazionale. Queste possono comprendere, tra l’altro, gestori di
acquedotti, amministrazioni locali, figure professionali delle Istituzioni Sanitarie presenti sul territorio,
Istituzioni, associazioni e figure significative presenti nel contesto sociale, strutture e amministrazioni
regionali e provinciali, media locali, istituzioni scientifiche e altri portatori di interesse, che possono
assumere, con modalità organizzate, il ruolo di conduttori del processo comunicativo.
Un adeguato piano di comunicazione prevede diversi elementi quali l’identificazione di chi comunica e del
target della comunicazione, la definizione dei contenuti, l’identificazione delle attività dei mezzi e dei tempi,
la definizione del contesto e degli obiettivi. Dal punto di vista operativo è utile la costituzione di un gruppo
di lavoro multidisciplinare, composto da esperti di diverse Istituzioni, con il compito di definire, organizzare
e condividere la strategia di comunicazione, favorire la circolazione delle informazioni e la collaborazione
integrata tra i soggetti coinvolti, formulare messaggi “chiave” ed eventualmente prevedere azioni formative
specifiche. Mezzi efficaci di comunicazione comprendono opuscoli informativi e locandine da esporre in
luoghi identificati nella stesura del piano di comunicazione, come studi medici, servizi ASL, farmacie, o
campagne informative specifiche da parte dei media soprattutto locali. Modalità comunicative vis a vis
sono costituite da dibattiti pubblici sul tema o incontri personalizzati all’interno di contesti istituzionali
specifici. In fase di emergenza sono da privilegiare mezzi di comunicazione che consentano il contatto
diretto con la popolazione residente nei comuni interessati, come ad esempio lettere ad personam che
illustrino con linguaggio semplice e sintetico la situazione e il rischio, le iniziative avviate per la sua
gestione, le modalità di svolgimento delle attività e gli effetti previsti, i tempi e le raccomandazioni per la
singola persona o per i suoi familiari, dibattiti pubblici che possano favorire l’esplicitazione da parte della
popolazione interessata di specifiche preoccupazioni o perplessità e rafforzare il rapporto di fiducia e
collaborazione con la Autorità che si rendono disponibili ad ascoltare e ad argomentare le eventuali
decisioni.
Raccomandazioni
- Piani di comunicazione a partire dalle fasi iniziali non solo durante le emergenze.
- Pianificazione, da parte delle autorità sanitarie locali, di strategie di comunicazione fondate sul dialogo e
partecipazione attiva e integrata con particolare attenzione alla componente emotiva della percezione
individuale e collettiva.
- Coordinamento e condivisione da parte delle autorità sanitarie locali delle iniziative con le altre istituzioni
e organizzazioni presenti nella realtà locale e/o attive a livello regionale e nazionale.
- Aggiornamento degli operatori coinvolti nella gestione del rischio e formazione sulle competenze
comunicative affinché possano disporre di strumenti per comunicare in modo efficace con i diversi
interlocutori.
Approfondimenti
sez. 5. Volume 11/35 Pt.2
60
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
GLOSSARIO
Ai fini delle presenti linee guida si applicano le seguenti definizioni.
Accuratezza: Scostamento tra il risultato di una prova e il valore di riferimento convenuto. L’accuratezza
è determinata dall’esattezza e dalla precisione.
Acque destinate al consumo umano: Si definiscono tali le seguenti tipologie: 1) acque trattate o non
trattate, destinate ad uso potabile, per la preparazione di cibi e bevande, o per altri usi domestici, a
prescindere dalla loro origine, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, mediante
cisterne, in bottiglie o in contenitori; 2) acque utilizzate in un’impresa alimentare per la
fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l’immissione sul mercato di prodotti o di sostanze
destinate al consumo umano, escluse quelle, individuate ai sensi del DL.vo 31/2001 art. 11,
comma 1, lettera e), la cui qualità non può avere conseguenze sulla salubrità del prodotto
alimentare finale.
Acque interne: Tutte le acque superficiali correnti o stagnanti e tutte le acque sotterranee all’interno della
linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali.
Acque sotterranee: Tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo nella zona di saturazione e
a contatto diretto con il suolo o il sottosuolo.
Acque superficiali: Le acque interne, ad eccezione delle acque sotterranee; le acque di transizione e le
acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse
anche le acque territoriali.
Algoritmo: Procedura costituita da un insieme finito di operazioni semplici ordinate in sequenza per
raggiungere un risultato determinato. Termine di uso comune nel campo dell’informatica
(algoritmo di classificazione automatica, algoritmi di trasformazione di una immagine, ecc.).
Analisi del rischio: Processo costituito da tre componenti interconnesse: valutazione, gestione e
comunicazione del rischio.
Analisi diretta: Determinazione dell’analita eseguita analizzando il campione senza ricorrere a tecniche
di estrazione, purificazione e concentrazione. La semplice diluizione o modifica del pH è
generalmente intesa come analisi diretta.
Analita: Sostanza che si deve rilevare, individuare e/o quantificare, nonché i derivati che emergono
durante la sua analisi.
Assorbimento: Processo fisico nel quale una radiazione che colpisce un materiale viene assorbita e
trasformata in un altro tipo di energia, spesso in energia termica
Autorità d’ambito: La forma di cooperazione tra comuni e province ai sensi dell’art. 9, comma 2, della
legge 5 gennaio 1994, n. 36, e, fino alla piena operatività del servizio idrico integrato,
l’amministrazione pubblica titolare del servizio.
Bacino idrografico: Il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di
torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o delta.
Benthos (o bentos): Categoria ecologica che comprende gli organismi acquatici, sia d’acqua dolce sia
marini, che vivono in stretto contatto con il fondo o fissati ad un substrato solido. Essa comprende
tutte le alghe fanerogame acquatiche o piante acquatiche, animali che camminano o strisciano,
animali sessili e tubicoli, ossia che vivono immersi nel fango con un’estremità che sporge.
C-18: Colonne analitiche per cromatografia liquida a fasi legate, costituite da catene alchiliche a 18 atomi
di carbonio come fase stazionaria.
Capping: Realizzazione di uno strato di copertura superficiale.
61
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Carotenoidi: Classe di pigmenti organici che si trovano negli organismi fotosintetici. Esistono oltre 600
tipi di carotenoidi conosciuti; vengono normalmente suddivisi in due classi: i caroteni (che sono
idrocarburi, quindi privi di ossigeno) e le xantofille (che invece lo contengono). Sono pigmenti
accessori che nella fotosintesi consentono di assorbire lunghezze d’onda differenti rispetto alla
clorofilla e che proteggono quest’ultima dalla fotoossidazione.
Clorofilla: Pigmento di colore verde, presente nelle menbrane dei cloroplasti delle cellule vegetali e negli
organismi procarioti che realizzano la fotosintesi clorofilliana. La struttura della molecola è
caratterizzata dalla presenza di un eterociclo porfirinico, al centro del quale è coordinato uno ione
Mg.
Contenuto extra cellulare di tossine: Contenuto di tossine nel campione di acqua da attribuire alla sola
frazione disciolta nell’acqua, o frazione libera.
Contenuto intracellulare di tossine: Contenuto di tossine nel campione di acqua da attribuire alla
somma di frazione contenuta all’interno delle cellule (frazione intracellulare) e alla frazione
disciolta nell’acqua (frazione extracellulare).
Contenuto totale di tossine: Contenuto di tossine nel campione di acqua da attribuire alla frazione
contenuta all’interno delle cellule (frazione intracellulare).
Corpo idrico artificiale: Un corpo idrico superficiale creato da un’attività umana.
Corpo idrico fortemente modificato: Un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni
fisiche dovute a un’attività umana, è sostanzialmente modificata,come risulta dalla designazione
fattane dallo Stato membro in base alle disposizioni della Dir. 2000/60/CE allegato II.
Corpo idrico sotterraneo: Un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde
acquifere.
Corpo idrico superficiale: Un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un
bacino artificiale,un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, acque di
transizione o un tratto di acque costiere.
Disco di Secchi: Disco di colore bianco o a spicchi bianchi e neri, di diametro normalmente compreso tra
30 cm e 1 metro utilizzato per una stima della trasparenza delle acque lacustri e marine, valutando
la profondità a cui diviene invisibile.
Effetto matrice: Variazione della risposta strumentale causata dalla presenza di composti organici e
inorganici nel campione da analizzare e differenti dagli analiti da determinare.
Esattezza: Concordanza tra il valore medio ottenuto da un’ampia serie di risultati e un valore di
riferimento accettato. L’esattezza viene in genere espressa come distorsione precisione.
Estrazione: Procedura di isolamento degli analiti dal resto della matrice. Spesso il processo è combinato
con un arricchimento della concentrazione dell’analita da determinare.
Eutrofizzazione (dal greco eutrophia): Condizione di ricchezza di sostanze nutritive in un dato
ambiente. Generalmente individua una sovrabbondanza di nitrati e fosfati in un ambiente
acquatico.
Falda acquifera: Uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e permeabilità
sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l’estrazione di quantità
significative di acque sotterranee.
Fattore limitante: Elemento presente in minore quantità rispetto al fabbisogno degli organismi, che
limita quindi la loro crescita.
Ficobiline: Pigmenti idrosolubili presenti nelle membrane fotosintetiche dei cianobatteri e nei cloroplasti
delle alghe rosse e delle criptofite, dove svolgono la funzione di pigmenti accessori. Sono presenti
nelle membrane fotosintetiche associate a proteine. Si dividono in ficoeritrine, di colore rosso e in
ficocianine e alloficocianine di colore azzurro.
62
Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Fitoplancton: Insieme di organismi autotrofi presenti nel plancton dotati di capacità fotosintetica. Sono
cianobatteri e microalghe, ovvero microrganismi in grado di sintetizzare sostanza organica a
partire dalle sostanze inorganiche disciolte, utilizzando la radiazione solare come fonte di energia.
Fiume: Un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma che può essere parzialmente
sotterraneo.
Fluorescenza: Proprietà di alcune sostanze di riemettere, a lunghezza d’onda maggiore e quindi a energia
minore, le radiazioni elettromagnetiche ricevute. Un esempio di questo processo lo vediamo in
tutti i materiali che contengono pigmenti fluorescenti, come ad esempio nell’inchiostro degli
evidenziatori e vernici fluorescenti.
Fosforo reattivo: Concentrazione di fosforo misurata per via spettrofotometrica (metodo al molibdato)
senza ossidazione del campione.
Fosforo totale: Concentrazione di fosforo presente nelle acque, misurata attraverso un ossidazione del
campione e successiva analisi spettrofotometrica. Comprende anche gran parte del fosforo
organico disciolto e il fosforo presente negli organismi presenti nel campione.
Gestione del rischio: Processo, distinto dalla valutazione del rischio, consistente nell’esaminare
alternative di intervento consultando le parti interessate, tenendo conto della valutazione del
rischio e di altri fattori pertinenti e,se necessario, compiendo adeguate scelte di prevenzione e di
controllo.
Gestore: Il gestore del servizio idrico integrato, così come definito dall’art. 2, comma 1, lettera o-bis) del
DL.vo 11 maggio 1999, n. 152, e successive modifiche, nonché chiunque fornisca acqua a terzi
attraverso impianti idrici autonomi o cisterne, fisse o mobili.
Graphitized Carbon Black (GCB): Materiale adsorbente utilizzato per cromatografia.
HILIC (Hydrophilic Interaction Liquid Chromatography): Colonne analitiche per cromatografia liquida
a fasi legate, costituite da fase stazionaria polare.
HLB (Hydrophilic Lypophilic Balanced): Materiale adsorbente utilizzato per cromatografia ed
estrazione, costituito da polimeri con caratteristiche miste idrofiliche e lipofiliche.
Impianto di distribuzione domestico: Le condutture, i raccordi, le apparecchiature installati tra i
rubinetti normalmente utilizzati per l’erogazione dell’acqua destinata al consumo umano e la rete
di distribuzione esterna. La delimitazione tra impianto di distribuzione domestico e rete di
distribuzione esterna, di seguito denominata punto di consegna, è costituita dal contatore, salva
diversa indicazione del contratto di somministrazione.
Inquinamento: L’introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze o di calore
nell’aria, nell’acqua o nel terreno, che possono nuocere alla salute umana o alla qualità degli
ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi
acquatici, perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi
dell’ambiente.
Inquinante: Qualsiasi sostanza che possa inquinare, in particolare quelle elencate nell’allegato VIII della
Direttiva 2000/60/CE.
Interferente: Composto della matrice che puoi interferire nell’estrazione o nella determinazione finale
dell’analita, causando falsi positivi/negativi o inattendibilità della analisi quantitativa.
Ione pseudo molecolare: Ione registrato in spettrometria di massa e relativo alla massa molecolare del
composto. Generalmente si tratta di ioni molecolari con aggiunta o perdita di un protone, del tipo
[M+H]+ oppure [M-H].
Ion-pairing: Reagente che serve a migliorare la selettività della fase mobile (l’eluente organico)
nell’analisi cromatografica. Si tratta di molecole che possiedono una carica opposta a quella
dell’analita di interesse e una regione idrofobica che si lega alla fase stazionaria e che,
combinandosi con gli ioni dell’eluente e pareggiando le cariche della fase stazionaria, migliora la
separazione degli analiti.
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Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2
Ipolimnio: Strato più profondo e più freddo di un lago.
Lago: Un corpo idrico superficiale interno fermo.
Limite minimo di rendimento: Contenuto minimo di analita in un campione che deve essere rilevato e
confermato. Tale limite è volto ad armonizzare il rendimento analitico dei metodi per le sostanze
per le quali non è stato stabilito un limite consentito
Litorale: Linea di confine tra la terra e l’acqua di un oceano, golfo, mare o grande lago.
Livello di interesse: Concentrazione della sostanza o dell’analita in un campione che è significativa per
determinare la sua conformità alla legislazione.
LOAEL (Lowest Observed Adverse-Effect Level): Il più basso livello di dose (esposizione) in cui si
osserva un effetto.
Matrice: Insieme di tutte le sue parti, incluse proprietà chimiche e fisiche e influenze reciproche, da
analizzare e differenti dagli analiti.
Metalimnio o termoclino: Strato delle acque in cui si verifica un cambiamento di temperatura secondo
un gradiente rapido fra lo strato caldo superficiale (epilimnio) e quello freddo sottostante
(ipolimnio).
Metodi biochimici: Metodi di analisi che utilizzano come principio base di determinazione la misura
dell’attività biologica di una sostanza tramite la misura delle reazioni biochimiche coinvolte.
Metodi di conferma: Metodi che forniscono informazioni complete o complementari atte ad identificare
la sostanza in modo univoco e, se necessario, quantificarla al livello di interesse.
Metodi immunologici: Metodi di analisi che utilizzano come principio base di determinazione una
interazione antigene-anticorpo.
Metodo di screening: Metodo utilizzato per rilevare la presenza di una sostanza o di una classe di
sostanze al livello di interesse. Tali metodi consentono di analizzare un elevato numero di
campioni in tempi brevi e vengono impiegati per vagliare campioni molto numerosi alla ricerca di
potenziali risultati non conformi. Sono progettati specificamente per evitare falsi risultati
conformi.
Metodo qualitativo: Metodo analitico che identifica una sostanza sulla base delle sue proprietà chimiche,
biologiche o fisiche.
Metodo quantitativo: Metodo analitico che determina la quantità o la frazione di massa di una sostanza
in modo che possa essere espressa come valore numerico di unità appropriate.
MIP (Molecular Imprinted Polimer): Materiale adsorbente utilizzato per estrazione, costituito da
polimeri aventi cavità o siti di azione specificamente sviluppati per analiti o classe di analiti.
MS/quadrupolo/quadrupolo: Detector mass spettrometrico quadrupolare a bassa risoluzione, può essere
a singolo e triplo.
NOAEL (No Observed Adverse Effect Level): Il più alto livello per il quale non si sono statisticamente
verificati significativi aumenti di effetti negativi, per frequenza o severità, per la popolazione
soggetta ai test, rispetto ad un’opportuna popolazione di riferimento.
NOEL (No Observed Effect Level): Il più alto livello per il quale non si sono statisticamente verificati
significativi effetti per la popolazione soggetta ai test, rispetto ad un’opportuna popolazione di
riferimento.
Orbitrap™: Detector mass spettrometrico ad alta risoluzione.
Pericolo: Una fonte di possibile danno fisico alle persone.
Periodo di piena circolazione: Periodo stagionale, normalmente in inverno, in cui la differenza di
temperatura tra epilimnio e ipolimnio non è sufficiente a generare una differenza di densità tale da
impedire alla forza del vento di rimescolare completamente le acque del lago. In laghi molto
profondi o poco esposti al vento la circolazione può essere solo parziale, non interessando tutto
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l’ipolimnio. Si noti che esistono laghi, detti meromittici, in cui uno strato profondo non si
rimescola mai con le acque superficiali.
Precisione: Concordanza tra i risultati di prove indipendenti ottenuti in condizioni concordate
(predeterminate). La misura della precisione è espressa, in genere, in termini di imprecisione e
calcolata quale deviazione standard del risultato della prova. Una minore precisione è determinata
da una deviazione standard più ampia.
Pretrattamento: Operazioni preliminari al trattamento del campione vero e proprio consistente in
estrazione e purificazione. Sono esempi di pretrattamento: congelamento, essiccazione, filtrazione
e modifica del pH.
Proprietà ottiche apparenti (Apparent Optical Properties, AOP): Proprietà che dipendono dal medium
ma anche dalla struttura geometrica del campo di luce.
Proprietà ottiche inerenti (Inherent Optical Properties, IOP): Proprietà che dipendono solamente dal
medium e risultano pertanto indipendenti dalle condizioni di luce al suo interno.
Purificazione: Processo di eliminazione di composti della matrice dall’estratto contente gli analiti da
determinare.
Radiometro PAR: Strumento per la misura dell’intensità della radiazione fotosinteticamente attiva, cioè
della radiazione luminosa a lunghezze d’onda utilizzabili dalle clorofille. Convenzionalmente si
considerano le lunghezze d’onda comprese tra 400 e 700 nm.
Rapporto di Redfield: Rapporto teorico ottimale tra carbonio, fosforo e azoto per la crescita delle alghe.
Riflessione: Processo per il quale la radiazione che colpisce la superficie di un materiale viene rinviata,
tutta o in parte, nello stesso mezzo dall’interfaccia che separa i due mezzi considerati senza che
avvenga un cambiamento nella frequenza della radiazione.
Riproducibilità: Precisione in condizioni di riproducibilità, ovvero condizioni alle quali si ottengono
risultati di prove con lo stesso metodo su elementi di prova identici in laboratori differenti con
differenti operatori che utilizzano apparecchiature differenti.
Rischio: Funzione della probabilità e della gravità di un effetto nocivo per la salute, conseguente alla
presenza di un pericolo.
Risposta spettrale: La risposta di un materiale come funzione della lunghezza d’onda dell’energia
elettromagnetica incidente, particolarmente in termini di energia misurabile emessa o riflessa.
Robustezza: Misura della capacità di una procedura analitica di non essere alterata da piccole (deliberate)
variazioni dei parametri che, a priori, possono prevedibilmente influenzarne i risultati. Qualifica
l’affidabilità della procedura durante il lavoro di routine.
Saggio biologico: Determinazione dell’attività o della quantità di materiale biologicamente attivo,
mediante la misurazione dei suoi effetti su organismi viventi.
Selettività: Capacità di una tecnica analitica di non risentire della presenza d’interferenti o d’altri
componenti diversi dall’analita in esame. Talvolta si usa il termine specificità per esprimere la
stessa proprietà. La selettività di un metodo analitico nei confronti di due diversi analiti può essere
espressa per mezzo del rapporto delle loro sensibilità.
Sensibilità: Rapporto tra la variazione del segnale (responso) e la variazione dello stimolo (es.
concentrazione) che l’ha prodotta. Nel caso dei diagrammi di calibrazione, la sensibilità è la
pendenza della funzione di calibrazione: può essere costante o meno.
Sensore: Qualsiasi dispositivo che raccoglie l’energia elettromagnetica proveniente dalla scena e la
converte in un segnale elettrico che porta informazioni relative alla scena stessa. Sotto questo
termine, per assimilazione, viene anche designata la camera fotografica.
Servizi idrici: Tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attività
economica.
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Sorveglianza sindromica: Sistemi di sorveglianza epidemiologica basati non sulla diagnosi di malattia,
ma sulla presenza di un insieme di segni e sintomi, che costituiscono una sindrome. Questo tipo di
sorveglianza è meno specifica ma allo stesso tempo è molto più sensibile, perché prende in
considerazione anche tutti i casi di diagnosi incerta che altrimenti non verrebbero segnalati dai
medici. Questi sistemi hanno quindi l’obiettivo di identificare precocemente potenziali minacce
per la salute pubblica, in modo da mettere in atto una risposta rapida per ridurre morbilità e
mortalità, e possono utilmente integrare le informazioni che derivano dalle sorveglianze dei casi di
malattie già in vigore nella maggioranza delle nazioni.
Sottobacino: Il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti,
fiumi ed eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d’acqua (di solito un
lago o la confluenza di un fiume).
SPE (Solid Phase Extraction): Tecnica di estrazione basata sulla cromatografia solido-liquida, che
utilizza diversi materiali adsorbenti solitamente inseriti in cartucce.
Specificità: Capacità di un metodo di distinguere tra l’analita che si intende misurare e le altre sostanze.
Tale caratteristica è prevalentemente una funzione della tecnica di misura descritta, ma può
variare in base alla classe del composto o della matrice.
Spettroradiometro: Spettrometro in grado di misurare la densità del flusso raggiante delle linee di
emissione o di assorbimento della sorgente su tutto lo spettro. Lo spettroradiometro realizza
immagini di una scena simultaneamente in molte strettissime bande spettrali contigue. A ogni
pixel, anziché pochi valori di radianza, viene quindi associato uno spettro continuo che può essere
usato per identificare le caratteristiche di sorgente di luce.
Standard interno/standard di processo: Sostanza non contenuta nel campione avente proprietà fisicochimiche il più possibile simili a quelle dell’analita da identificare e che viene aggiunta ad ogni
campione nonché ad ogni soluzione di calibrazione.
Stratificazione estiva: Periodo stagionale in cui la differenza di temperatura tra le acque superficiali
calde e quelle profonde fredde è sufficiente a mantenere una stratificazione stabile.
Stratificazione termica: Formazione all’interno di un lago di due strati a densità differente a causa di
differenze di temperatura. Nei laghi sufficientemente profondi delle aree temperate si ha genere
una stratificazione estiva, con uno strato superiore (epilimnio) più caldo delle acque profonde
(ipolimnio). Nelle aree più fredde si può formare una stratificazione inversa invernale, con le
acque superficiali a temperatura inferiore rispetto alle acque profonde che avranno la temperatura
di massima densità dell’acqua (circa 4°C).
Strato eufotico: Strato d’acqua in cui si può verificare la fotosintesi, convenzionalmente inteso come lo
strato d’acqua in cui l’intensità luminosa è pari o superiore all’1% dell’intensità luminosa che
raggiunge la superficie lacustre.
Studio di coorte: Sorveglianza dell’insorgenza di eventi sanitari in un gruppo che sperimenta una data
esposizione ad un fattore di rischio, in un periodo di tempo selezionato. Lo studio di coorte
permette di verificare i possibili fattori di rischio di una popolazione attraverso il confronto della
diversa incidenza di un determinato evento sanitario (es. una malattia da esposizione a
cianotossine), fra il gruppo esposto al fattore di rischio, e il gruppo non esposto.
Studio ecologico: Studi dell’associazione tra una variabile indipendente (fattore di rischio) e una
variabile dipendente (tasso di morbosità). L’unità di osservazione è costituita da una popolazione
o da una comunità. Vengono misurati sia il fattore di rischio che il tasso di morbosità.
TDI (Tolerable Daily Intake): Dose che può essere ingerita ogni giorno per tutto l’arco della vita senza
avere alcun rischio apprezzabile per la vita.
Trappola ionica: Detector mass spettrometrico, può essere a configurazione tridimensionale o lineare
(LIT).
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Valore guida: Valore di concentrazione di una specie chimica o agente microbiologico che, considerando
un consumo effettivo nell’arco di tutta la vita, non comporta alcun rischio significativo per la
salute.
Valutazione del rischio: Processo su base scientifica costituito da quattro fasi:individuazione del
pericolo, caratterizzazione del pericolo, valutazione dell’esposizione al pericolo e
caratterizzazione del rischio
Zooplancton: Costituisce con il fitoplancton e il batterioplancton una delle tre parti del plancton ed è
composto da organismi animali, ma che si lasciano trasportare dalla corrente. Lo zooplancton
viene usualmente diviso in tre fasce in funzione delle dimensioni degli individui:
mesozooplancton, macrozooplancton, megaplancton.
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Stampato da Tipografia Facciotti srl
Vicolo Pian Due Torri 74, 00146 Roma
Roma, ottobre-dicembre 2011 (n. 4) 25° Suppl.
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