ADSI Associazione Dimore Storiche Italiane Sezione Emilia Romagna SCRIGNI di MEMORIE GLI ARCHIVI FAMILIARI NELLE DIMORE STORICHE BOLOGNESI BOLOGNA, 27 SETTEMBRE 2008 ENTE PROMOTORE: Associazione Dimore Storiche Italiane - Sezione Emilia Romagna IN COLLABORAZIONE CON: Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna Direzione regionale per i beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna. CURATORI DELLE MOSTRE E AUTORI DEL CATALOGO: Antichissima Compagnia Militare dei Lombardi Conte Gian Lodovico Masetti Zannini Ingegner Franco Manaresi CURA REDAZIONALE: Prof. Paola Galletti Lindsten FOTOGRAFIE: Tiziano Costa Lodovico Pignatti GRAFICA E STAMPA: Sogari Artigrafiche s.r.l. Si ringraziano sentitamente per la disponibilità e per la collaborazione le famiglie e gli enti proprietari dei beni monumentali e archivistici che hanno reso possibile la realizzazione della mostra. IN COPERTINA: Ingresso di Palazzo Bevilacqua 2 Associazione Dimore Storiche Italiane Sezione Emilia Romagna SCRIGNI di MEMORIE GLI ARCHIVI FAMILIARI NELLE DIMORE STORICHE BOLOGNESI Giornate Europee del Patrimonio “Le grandi strade della Cultura: viaggi tra i tesori d’Italia.” BOLOGNA 27 settembre 2008 La tutela e la valorizzazione delle dimore storiche italiane costituisce lo scopo fondante dell’ADSI, Associazione Dimore Storiche Italiane. Ad essa aderiscono i proprietari di edifici privati che per loro peculiari caratteristiche storico-architettoniche rappresentano un valore economico-culturale costituzionalmente riconosciuto di pubblico interesse. Per questo lo Stato italiano -come altri stati europei- ha ritenuto e ritiene che gli edifici storici debbano essere oggetto di particolare considerazione. L’ADSI è stata ed è un attento e partecipe interlocutore con il Governo e la Pubblica Amministrazione. L’ADSI, membro dell’Union of European Historic Houses Associations, ha voluto partecipare attivamente alle Giornate Europee del Patrimonio 2008 raccomandate dal Consiglio d’Europa che anche quest’anno vengono attuate dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali; ha quindi proposto al Ministero la realizzazione di iniziative da porre in essere sul territorio nazionale coinvolgendo i propri Soci, come di fatto sta avvenendo in diverse regioni. Il tema che l’Associazione ha inteso proporre riguarda le dimore storiche e gli archivi familiari, affinché emerga in modo nuovo ed evidente sia l’intima connessione tra queste due fonti della memoria che ben possono essere definiti “scrigni della memoria”, sia l’importanza della corretta conservazione e valorizzazione delle loro peculiarità e della loro simbiosi, che certamente costituisce uno dei principali tesori del nostro “Patrimonio venuto da lontano”. La Sezione Emilia Romagna dell’ADSI, grazie ai propri Soci, apre lo straordinario archivio dell’Antichissima Compagnia Militare dei Lombardi, la fantastica Biblioteca Masetti Zannini e Villa L’Ariosto dove sono conservate bellissime testimonianze della tradizione idraulica e bolognese. Si rivelano così luoghi e carte che rappresentano piccoli segreti che pienamente concorrono alla formazione della grande Storia, essi che, con dedizione e fatica, sono stati conservati e difesi, vengono offerti alla pubblica fruizione, affinché aumenti ulteriormente la consapevolezza della loro importanza e un condiviso consenso e impegno per la loro tutela e valorizzazione. Francesco Cavazza Isolani presidente Associazione Dimore Storiche Italiane Sezione Emilia Romagna 4 INDICE ANTICHISSIMA COMPAGNIA MILITARE DEI LOMBARDI Bologna, via Santa, 1 pag. 6 BIBLIOTECA MASETTI ZANNINI Bologna, via Ca’ Selvatica, 4 pag. 12 L’ARIOSTO - VILLA SILVANI, ORA MANARESI Villanova di Castenaso, via Pederzana, 19 5 pag. 16 Antichissima Compagnia Militare dei Lombardi Archivio della Compagnia dei Lombardi Committenza eccezionale per il restauro di una straordinaria dimora storica bolognese Benedetto XIV Prospero Lambertini Milite e massaro delle Antichissima Compagnia Militare dei Lombardi Nel piccolo e prezioso archivio dell’Antichissima Compagnia Militare dei Lombardi in Bologna sono conservati i documenti che provano la sua storia che risale al XII secolo. Enrico Frati, dottore in legge, che nel 1875 fu primo direttore dell’Archivio di Stato di Bologna, ne aveva realizzato il riordino terminando l’opera nel 1861; I documenti furono da lui disposti nei seguenti titoli: Statuti, Matricole, Verbali delle Adunanze, Istrumenti, Contabilità, Miscellanea. Il dott. Mario Fanti, ben noto ai contemporanei che qui leggono, completò l’opera giungendo ad un inventario pubblicato nel 1970; il lavoro fu svolto partendo da un accurato controllo del materiale riordinato dal Frati e dall’archiviazione della considerevole mole di documenti successivamente raccolti dalla Compagnia. La mostra documentaria allestita nel cortile di Pilato del complesso monumentale della Basilica di S. Stefano presenta alcuni di questi documenti a integrazione di Sala delle riunioni del Corporale quelli che più specificatamente attengono al tema della mostra stessa, incentrato sulle lettere del pontefice e il restauro della sede, che trovano ampio spazio nella pubblicazione all’uopo predisposta dalla Compagnia dei Lombardi. Prospero Lambertini, infatti, aggregato alla Compagnia dei Lombardi nel 1726, ne divenne massaro tredici anni dopo la sua elezione a pontefice della cristianità avvenuta nel 1940, in tale circostanza provvide al pagamento delle spese necessarie per il restauro delle sede e degli arredi. Alcune sue lettere inviate al dott. Mazzi, suo agente a Bologna, ci informano dettagliatamente di come andarono le cose e si ricollegano perfettamente al contenuto di antichi verbali della adunanze conservati presso l’archivio della Compagnia. Nel volume “Cenni storici sulla casa di residenza della Compagnia dei Lombardi – Contributo per una storia di otto secoli”, pubblicato nel 1992, Paolo Mulas Marcello presentò il suo studio “Cenni storici sulla casa di residenza della Compagnia dei Lombardi” del quale di seguito si trascrivono alcuni brani. Dietro l’abside della chiesa dei SS. Vitale ed Agricola, parte integrante della Basilica di S. Stefano, sorge un fabbricato legato intimamente al suggestivo ed irripetibile complesso dei sacri edifici. La casa in via Santa n. 1 ed un’area scoperta detta “Cortiletto di Pilato” sono di 7 proprietà dell’Antichissima e Nobilissima Compagnia Militare dei Lombardi, con esclusione della parte del piano terreno adibita a chiesa della Madonna di Loreto. Un altro ingresso si trova nel “Cortile di Pilato” della Basilica ed è quello che viene utilizzato dalla Compagnia per la sua adunanza annuale dopo la messa celebrata in S. Stefano. La Compagnia dei Lombardi sorse nel tardo secolo XII ed i primi aggregati, originari della Lombardia e della Marca Trevigiana, cominciarono a riunirsi nell’antica chiesa stefaniana dei SS. Pietro e Paolo, ora detta dei SS. Vitale ed Agricola, per le prime assemblee e per gli uffici religiosi. Il primo documento che indica l’esistenza della casa presso la Basilica di S. Stefano come luogo di convegno della Compagnia è lo statuto del 1256. In quel tempo la dimora della Società era costituita da un edificio sito dove è l’attuale chiesa della Madonna di Loreto. In essa si tenevano le riunioni del Corporale (le assemblee) per le deliberazioni, per le elezioni del massaro e dei ministrali, per la distribuzione delle focacce e delle candele e vi si custodivano anche le armi, le bandiere, i trofei e lo stendardo. La Società ebbe i giuspatronati dell’altare maggiore nella chiesa dei SS. Vitale ed Agricola fino al 1660 e dell’altare di S. Benedetto nel ‘700, entrambi siti nella Basilica di S. Stefano. Nel 1844 ebbe anche quello della cappella di S. Sebastiano nella chiesa di S. Giovanni Battista dei Celestini per legato del milite Giovanni Antonio Bertuccini, giuspatronato che non fu accettato in quanto troppo oneroso. Nel 1630 anche Bologna fu colpita dal terribile flagello della peste, la stessa che colpì Milano e ricordata dal Manzoni ne I Promessi Sposi. La popolazione fu decimata e molto probabilmente anche la Compagnia: sappiamo che morì il depositario. Nel 1632 si trovò in tali difficoltà economiche che venne dato mandato a tre soci di fare gli amministratori e il 5 febbraio 1634 fu fatta una Bando di scomunica del 1634 colletta tra i presenti. Probabilmente la Compagnia non era più a conoscenza della consistenza del proprio patrimonio tanto che chiese al Foro arcivescovile di pronunciare una sentenza di scomunica contro coloro che detenevano illegalmente beni mobili ed immobili appartenuti alla Compagnia e contro coloro che erano pur a conoscenza di ciò ma non lo riferivano. Tale sentenza di scomunica, emessa il 20 ottobre 1634, fu preceduta nello stesso anno dall’affissione nelle principali chiese e luoghi pubblici della città da un primo monitorio datato 27 luglio, e da altri due datati rispettivamente 23 agosto e 22 settembre. Il cardinale Girolamo Boncompagni, arcivescovo di Bologna, con lettera autografa del 4 febbraio 1682, invitò a provvedere alla sistemazione della scala pericolante della Compagnia che appoggiava sulla volta della cappella della B.V. di Loreto di 8 proprietà del Seminario sotto pena del pagamento di lire 100. In seguito i ministrali presero contatti con il rettore di detto seminario e fecero effettuare le dovute riparazioni. Il 7 aprile 1695 fu indetta una riunione straordinaria del corporale presso l’ospedale di S. Maria della Morte in quanto era crollato parte del tetto a seguito di una nevicata nel mese di febbraio e venne deliberata la ricostruzione. Le ristrettezze economiche della Compagnia indussero gli ufficiali ad affittare la sala di residenza. Vennero stipulati dei contratti di affitto che ancora si conservano nell’archivio ad iniziare dal 1713. Con tali contratti i conduttori si impegnavano a lasciare libera la sala per la riunione del corporale nella domenica entro l’ottava della Purificazione della Vergine ed ogni qualvolta doveva servire per le adunanze. È interessante rilevare che dal 1723 al 1794 venne concessa in locazione a diversi pittori: Antonio Dardani dal 1723 al 1731 e nel 1735, Giuseppe Busatti, Francesco Nadi detto Sante, Giacomo Donzelli dal 1732 al 1734, Carlo Mazza dal 1756 al 1758, Ubaldo Gandolfi dal 1759 al 1774, Giovanni Akimoff moMatricola della Compagnia scovita dal 1775 al 1776, Angelo Crescimdei Lombardi del 1524 beni dal 1777 al 1781, Giuseppe Santi dal 1782 al 1794. Probabilmente molte delle loro opere, che attualmente si trovano esposte in chiese o gallerie pubbliche e private sparse in tutto il mondo, furono dipinte in questo luogo. Nel secolo XVIII la casa di residenza era in precarie condizioni di manutenzione e la Compagnia si trovava ancora in difficoltà finanziarie, come si desume dai verbali dell’epoca. Il 22 agosto 1740 fu eletto Pontefice un illustre aggregato della Compagnia, il cardinale Prospero Lambertini, che assunse il nome di Benedetto XIV. Successivamente si verificò un avvenimento memorabile e veramente provvidenziale per il sodalizio, l’estrazione alla carica di massaro di papa Benedetto XIV il 4 febbraio 1753. Il Sommo Pontefice avutane notizia incaricò il dott. Mazza, suo agente a Bologna, di riferirgli su quello che avrebbe potuto fare per la Compagnia a memoria del suo massariato e mise a Matricola della Compagnia disposizione della Società duecento scudi. La dei Lombardi del 1554 sala di residenza dei militi fu riattata, anzi quasi totalmente ricostruita, fu decorata di stucchi e fornita di un nuovo bancone per gli ufficiali, di nuovi sedili ed arredi ancora oggi esistenti. I Lombardi si radunarono il 3 febbraio 1754 e indirizzarono al munifico 9 Pontefice una lettera di ringraziamento con la quale veniva anche informato che era stata posta nella sala una epigrafe a sua perpetua memoria. Nel 1828 la Compagnia venne a conoscenza che la Pia Unione del Sacro Cuore di Gesù e della Beata Vergine Lauretana e di S. Gaetano voleva aprire una porta prospicente il cortiletto di proprietà della Compagnia per collegare la sagrestia della chiesa di Loreto con la Basilica Stefaniana. Il 21 marzo gli ufficiali incaricarono il sig. Ignazio Rovatti di avvertire il responsabile sig. Sante Belluzzi di non effettuare alcuna apertura per non introdurre una servitù passiva a carico della Compagnia. Dal verbale del 2 maggio dello stesso anno si desume che la Pia Unione di Loreto aprì, senza permesso, detta porta. Vennero quindi incaricati di farne intimare la chiusura il marchese Giacomo Zambeccari, il conte Camillo Salina ed il sig. Ignazio Rovatti. In seguito il rettore dell’amministrazione di S. Stefano, sig. Gaetano Taboni, a nome della Pia Unione, inviò una petizione agli ufficiali con la quale chiedeva la facoltà di aprire una porta dove esisteva una finestra nel cortile di ragione della Compagnia dei Lombardi, per un tempo determinato, promettendo di ripristinare il tutto al termine della concessione. Gli ufficiali, il 30 maggio 1828, a nome del corporale, deliberarono di esaudire tale richiesta alle seguenti condizioni: la Matricola della Compagnia concessione doveva durare tre anni fino dei Lombardi del 1334 all’8 maggio 1831, dovevano essere pagati annualmente ed anticipatamente tre scudi a titolo di canone, le spese di ripristino dovevano essere a carico del richiedente e la convenzione doveva essere perfezionata con atto scritto. Furono delegati per la trattativa l’avv. Antonio Silvani, il marchese Girolamo Cospi e il conte Camillo Salina. La porta non fu più fatta richiudere. Ancora oggi il padre priore degli Olivetani, a nome della Pia Unione, formula annualmente la richiesta di rinnovo di detta concessione per il passaggio dal “Cortiletto di Pilato” di proprietà della Compagnia. Tale richiesta viene portata al consiglio degli ufficiali e al corporale per l’approvazione. Il 28 agosto 1828 venne proposto l’acquisto della porzione di casa contigua alla sala di residenza e fu firmata una scrittura privata dal depositario conte Camillo Salina e dal sig. Ignazio Rovatti con la quale di impegnarono a comperare dal sig. Filippo Baietti l’immobile. L’acquisto fu perfezionato il 6 febbraio 1829 con rogito del notaio dott. Francesco Marchignoli. Con la riunione del corporale del 7 giugno 1923 fu deliberato di assestare le non floride finanze della Società e di decise di ristrutturare la casa di via San10 ta per ottenere un maggior reddito. Dal sottotetto furono ricavati quattro locali abitabili forniti di servizio igienico, impianto idrico ed elettrico. Venne poi ristrutturato anche l’appartamento del primo piano e ricostruita l’intera scala che dal piano terra conduce alle abitazioni secondo la progettazione e la direzione tecnica del socio nob. Ing. Carlo Chiesa e l’assistenza del socio sig. Francesco Orlandi. La maggior parte della somma occorrente fu sostenuta da dodici militi: il marchese Lamberto Bevilacqua Ariosti, Andrea Giovanardi, il nobile Cristiano Gualandi, il conte Gualtiero Isolani Lupari, il conte Cesare Malvasia Tortorelli, il conte Riccardo Montanari Bianchini, il marchese Angelo Marsigli Lombardi, il marchese Giuseppe Marsigli Lombardi, Enrico Silvani, Paolo Silvani, l’ing. Gino Zucchini e l’ing. Dino Zucchini mediante un deposito temporaneo infruttifero di dodici cartelle del prestito nazionale consolidato al 5% del valore ognuna di lire mille. Tali cartelle vennero rimborsate ai creditori per sorteggio in dodici anni, una all’anno. Nel 1985 il fabbricato era in pessimo stato di manutenzione tanto che si verificarono numerosi infiltrazioni di acqua dal tetto e continue cadute di parti di intonaco dalle facciate. Il giorno 3 febbraio 1985 l’intero corporale, durante l’annuale riunione ordinaria, deliberò di effettuare un radicale restauro dell’antica casa. Tale deliberazione venne recepita dal massaro dott. Marchese Andrea Boschi e dagli ufficiali i quali diedero ordine di iniziare i lavori. Furono eseguiti il rifacimento di tutti gli intonaci, delle tinteggiature dei prospetti esterni, del manto di copertura in coppi con sottostante applicazione di lastre impermeabili di onduline e la verniciatura degli infissi esterni ed interni. Il restauro fu effettuato, secondo le indicazioni della Soprintendenza ai Monumenti, con le oblazioni di quasi tutti i capifamiglia della Compagnia ed inoltre con i contributi di quattro banche cittadine: la Banca Popolare di Bologna e Ferrara, la Banca Popolare dell’Emilia, la Cassa di Risparmio e il Credito Romagnolo. La sala delle riunioni del corporale, residenza ufficiale della società, presenta alle pareti alcune decorazioni a stucco del settecento che incorniciano una epigrafe a ricordo di papa Benedetto XIV, lo stemma della Compagnia con armi, bandiere e le chiavi della città di Imola. L’ambiente ancora riscaldato dal fuoco dell’antico camino è fornito di armadi, panche, sedie e dal bancone degli ufficiali sul quale il giorno delle adunanze vengono collocati alcuni antichi oggetti. Questi sono una cassetta contenente le borse per le estrazioni degli ufficiali, due ciotole colme di fave bianche e nere, due urne per le votazioni, due candelabri, le cinque matricole miniate del 1334, 1524, 1554, 1723 e l’attuale a testimonianza della ininterrotta continuità. 11 Biblioteca Masetti Zannini In una strada appartata della vecchia Bologna, fiancheggiata da un lungo filare di pioppi, che svettano in quello che, sino allo scorso secolo, aveva mantenuto il carattere originario di orto monastico, è situata, nel grande complesso dell’antico monastero di Santa Maria degli Angeli la biblioteca Masetti Zannini. Qui confluirono libri manoscritti di famiglia da diverse proprietà in Romagna, Lombardia e Roma formando così una delle poche biblioteche rimaste in proprietà privata. L’edificio che la ospita apparteneva al monastero agostiniano femminile, eretto alla fine del Cinquecento e considerato un centro ricco di spiritualità. Nel 1810 venne soppresso dal governo napoleonico e venduto dal demanio a diversi proprietari che, in parte, ne cancellarono il ricordo. Dopo diversi passaggi fu acquistato dai fratelli Gualandi come sede principale della loro opera per i sordomuti. Rivelandosi troppo grande per la “Piccola Missione” una parte dell’antico monastero corrispondente al palazzo, giardini e parte rustica, venne comperato dall’Ingegner Luigi Donini, avo materno del pittore Filippo de Pisis, e quindi negli ultimi anni del secolo XIX, passò al conte Antonio Masetti. Diviso poi tra i vari eredi, ed in parte nuovamente alienato, quell’avanzo del complesso di Santa Maria degli Angeli, passò la proprietà del grande edificio rustico (che diede nome alla strada) all’attuale proprietario che nel “Cortile delle Stalle Nuove” trasformò i locali in comoda abitazione ed in cinque grandi camere vi trasportò la libreria riunendola dopo tanta dispersione. Si tratta di volumi stampati e manoscritti che occupano metri lineari 2500 per un complesso di ottantamila libri. Con il restauro dell’edificio vi affluirono varie collezioni quivi ora esistenti: stampe, medaglie, opere d’arte tra cui il ritratto di Cle- 13 mente XI dipinto dal Maratta ed una collezione di effigi di papi. I quadri e alcune statue di provenienza monastica, vennero collocati nella cappella ripristinata dell’edificio ed arricchita di insigni reliquiari già appartenuti a monsignor Antonio Masetti Zannini. Dalla cappella si accede ad un coro sopraelevato con altri cimeli religiosi ed ecclesiastici, tra i quali vi sono quelli appartenuti a Romani Pontefici. Dalla cappella si entra poi alla torre che spazia sul panorama di Bologna. Quanto ai libri il nucleo originario di famiglia proviene da Crespellano e Castelfranco e comprende vari volumi di storia locale, di agraria e una raccolta musicale. Alla fine del secolo XIX, pervenne per successione testamentaria la ricca biblioteca dei conti Zannini, ed anch’essa passò intatta al nipote conte Alessandro Masetti Zannini, che a sua volta lasciò al suo primogenito, Gian Lodovico, il quale da un mezzo secolo ne ha cura. La galleria Zannini di Ferrara venne dispersa tra gli altri eredi, ma con la biblioteca di Bologna rimangono quadri di autore tra cui un autoritratto attribuito ad Annibale Carracci. Ma l’importanza di questi fondi bibliografici ed artistici sta nel fatto che il conte Alessandro Zannini, diplomatico e scrittore, la arricchì con impegno personale e biografico. Le raccolte storiche e giuridiche vennero da lui aggiornate, ed entrarono in suo possesso (ancora conservate nella biblioteca di Bologna) libri riguardanti i luoghi in cui si svolse la sua carriera: quindi Russia, Olanda, Londra, Stoccolma e soprattutto Stati Uniti. Delegato con Costantino Nigra nella Conferenza della Pace dell’Aia, egli morì prematuramente mentre era in corso la sua nomina a Senatore del Regno. Edizioni elzeviriane, libri provenienti da case reali (con le armi di Luigi XVIII e Carlo X, e volumi con le armi papali, da Clemente XVIII a Paolo VI, sono qui conservati con fondi di altre importanti collezioni disperse; citiamo quella di Johan Strindberg, del principe Paolo 14 Borghese, dei principi Giustiniani Bandini, dei conti Servanzi Collio, nonché per eredità o donazioni, quelle dei baroni Monti della Corte, di un ramo dei nobili Averoldi, dell’avvocato Carlo Snider e di Monsignor Dante Balboni e del repertorio della filodrammatica bolognese diretta dall’avv. Bolognesi. La biblioteca Masetti Zannini, oltre ai libri relativi alla Romagna, Emilia e Marche, ne possiede altri su tutte le regioni d’Italia, in particolare per la storia, la letteratura e il folklore. Tutto questo è stato completato dall’attuale proprietario che, nell’arco di sessant’anni ha raccolto tutto quanto riguarda i suoi studi ed in particolare per la storia delle donne, e soprattutto sui monasteri femminili d’Europa. Notevole è la raccolta delle regole e costituzioni monastiche, storie di monasteri e biografie di santi e sante. Per la Giornata del Patrimonio viene esposta una parte della ricchissima collezione di opuscoli bolognesi e medaglie nuziali, con quadri pergamene etc. Oltre alla collezione, quasi completa, dell’ “Illustrazione Italiana” della Lettura, della Illustrazione, della Gazzetta di Bologna, degli Acta Eruditium di Lipsia, di Civiltà Cattolica, del Bollettino del Club Alpino, della Domenica del Corriere e della Rivista Araldica, nonché di annate di altri periodici, la biblioteca Masetti Zannini possiede raccolte di ex-libris, di menu (con quelli delle Corti di Russia, di Baviera, dei Savoja etc.), di dagherrotipi, di fotografie d’epoca, di migliaia di cartoline (tra cui quelle autografe di personaggi storici), di immagini sacre, di cartoline militari, di figurine Liebig, di pergamene, etc. L’importanza di questa biblioteca (attualmente in fase di catalogazione, con l’intervento della Soprintendenza di Emilia e Romagna per il censimento degli incunaboli e cinquecentine) consiste non solo nella conservazione di un secolare e cospicuo patrimonio domestico ma anche nella cernita oculata degli ultimi proprietari che la evidenzia. 15 L’Ariosto Villa Silvani, ora Manaresi Prospetto sud della villa con, a fianco, la “Casa del Fattore” La raccolta di mappe della pianura bolognese È uno scrigno un po’ anomalo quello che viene presentato nella villa L’ARIOSTO a Villanova di Castenaso. Infatti non è un archivio famigliare, anche se nella villa si conserva una parte dell’Archivio SILVANI, famiglia risorgimentale che l’abitò, nel periodo estivo, per poco più di cento anni, dal 1820 al 1944 quando fu semidistrutta da bombardamenti aerei. Si è ritenuto più interessante esporre una raccolta di mappe del territorio bolognese, disegnate e colorate da periti idraulici nei secoli XVII e XVIII, quando il problema delle acque, minacciava di trasformare in paludi anche i campi coltivati in prossimità della città. Il numero delle mappe esposte è molto limitato rispetto al numero complessivo solo in parte inventariato, pubblicato e vincolato ai sensi di legge. La pianura bolognese, formatasi in epoca remota con le alluvioni dei fiumi Po e Reno e di altri corsi d’acqua minori, era stata bonificata in buona parte in epoca romana. Nel primo millennio dell’era cristiana la parte alta della pianura bolognese aveva goduto di una buona sistemazione idraulica poiché poteva sfruttare una rete di fossi che confluivano nei maggiori corsi d’acqua (Samoggia, Reno, Savena, Idice e Quaderna) a loro volta affluenti del ramo principale del Po, il Po di Primaro, che passava da Ferrara e seguiva all’incirca il tracciato dell’attuale Strada Statale Adriatica fino ad Argenta e quindi quello dell’attuale fiume Reno. Questa ottimale sistemazione idraulica ebbe però termine nel sec. XIV. Infatti nel 1152 si verificò in sinistra del fiume Po, nei pressi di Ficarolo, una rotta aprendosi un nuovo alveo verso il mare. Questo nuovo corso, risultando di minor lunghezza e quindi di maggior pendenza, assorbì nel tempo sempre maggiore quantità di acqua, fino a diventare l’attuale Po Grande o Po di Venezia. Diminuendo la portata e quindi la velocità le piene torbide incanalate in Primaro depositavano lungo il letto del fiume le sostanze terrose trasportate invece di portarle fino al mare. Con l’interrimento del Po di Primaro non solo il Reno si trovò in difficoltà, ma anche tutti gli altri torrenti che solcavano la pianura bolognese e ravennate non riuscivano più a scaricare le loro acque nell’originario recipiente dando luogo ad una serie di paludi o valli in cui l’acqua si fermava per quasi tutto l’anno. Inoltre, poiché queste 17 valli si interrivano e si alzavano di livello, l’acqua tendeva a risalire verso terreni più alti, aumentando così sempre più l’estensione dei terreni paludosi fino a pregiudicare le coltivazioni anche delle zone che erano sempre state asciutte e fertilissime. Il problema del Reno e della difesa idraulica della pianura bolognese iniziatosi alla fine del sec. XIV (1758 - cm 80x57, non inventariata) - Pianta topo- con problemi di navigazione lungo grafica di tutta la pianura bolognese, senza indi- il Primaro scoppiò già nel sec. XVI cazione di scala, rappresentante le zone asciutte, aumentando sempre più nei secoli le zone soggette ad allagamenti periodici e le valli successivi, coinvolgendo non solo permanenti. i governi degli stati Estensi e della Chiesa ma anche il Ducato di Mantova e la Repubblica di Venezia. Furono interessati esperti idraulici italiani e stranieri dei quali conserviamo migliaia di studi e pubblicazioni. Si può affermare che la scienza idraulica fluviale è nata presso l’Università di Bologna e in particolare ricordiamo il grande Domenico Guglielmini con il suo corposo studio Della natura dei fiumi, che ancora oggi fa testo. Particolarmente oggetto di discussione era il problema se riportare le acque del Reno in Po, come era in origine, a cui erano assolutamente contrari i Ferraresi e i veneziani per paura delle sue piene e di possibili rotte disastrose. Per ben tre secoli (‘500, ‘600 e ‘700) si succedettero le Commissioni d’inchiesta di idraulici e politici e anche furono realizzate grandi opere come la bonifica per colmata della Valle San Martina e l’escavazione del Cavo Benedettino, voluto da Papa Benedetto XIV, per l’inalveamento di un tratto del Reno. Fondamentale, perché da (1735 - cm 160x91) - Mappa del Torrente Centonaesso deriva l’attuale sistemazione ra in scala 1:15800, dalla strada che va alla chiesa idrografica, fu il chirografo di Papa di Cento di Budrio al suo sbocco nella valle di CamClemente XIII del 22 giugno 1767 potto. Comprende una vasta zona posta tra il Po di che, sulla base della relazione dei Primaro, lo scolo Garda, il torrente Quaderna e il periti Padre Antonio Lecchi S.J., torrente Idice. Vi sono rappresentate, con accurato arch. Tommaso Temanza, e arch disegno, molte chiese, case coloniche, ville e gli Giovanni Verace, ordinò a mons. abitati di Molinella, Traghetto, Consandolo, S. PieIgnazio Boncompagni Ludovisi, tro Capofiume, Durazzo e Selva Malvezzi. Firmata Vice Legato di Bologna, di dare dai periti Antonio Laghi e Antonio Bonacursi. esecuzione ad un complesso di grandiosi lavori da finanziare con l’istituzione del catasto che appunto prende nome dal Boncompagni. In particolare fu eseguito il completo inalveamento del fiume Reno nell’antico alveo del Po di Primaro e l’immissione del Savena in Idice come 18 risulta attualmente. I benefici di tali lavori ebbero però breve durata perché il nuovo corso del Reno in pochi anni si interrì. Intervenne allora Napoleone I che, nel 1805, ordinò di eseguire la immissione di Reno in Po, sempre voluta dai bolognesi ma sempre contestata dai ferraresi e veneziani. I lavori (1819 - cm 142x69 non inventariata) - Profilo e per l’esecuzione del Cavo Napo- mappa del torrente Ravone e della canaletta Ghisileonico furono iniziati nel 1808, liera, con pianta e sezione della Osteria del CHIU’. impiegando fino a 7000 operai, È rappresentata la zona compresa tra il canale di ma successivamente rallentarono Reno, la Via Emilia Ponente, la vain del Chiù e il e furono definitivamente sospesi torrente Ravone. Copia eseguita da Antonio Marnel 1814. Il progetto fu poi ripreso chignoli della mappa redatta da Antonio Laghi. dopo l’alluvione del 1951 realiz- Senza indicazioni di scale. zando il Canale Emiliano - Romagnolo che serve come scolmatore delle piene di Po e di Reno e come canale di irrigazione per una vasta zona del territorio romagnolo. Il problema del Reno fu definitivamente risolto nel 1925 con il completamento della BONIFICA RENANA che, secondo il progetto dell’ing. Pasini, ha realizzato la separazione delle acque alte (con quota da 45 a 12 m.s.m.) che scolano naturalmente in Reno, mentre le acque basse sono convogliate con appositi scoli a Saiarino (terreni in sinistra di Idice) e a Vallesanta (terreni in destra di Idice) dove impianti idrovori le sollevano e le immettono in Reno presso la foce. A Napoleone si deve anche l’istituzione delle Congregazioni Consorziali di Scolo organi permanenti che sostituirono le Assunterie che riunivano i privati interessati a lavori di sistemazione di corsi d’acqua. Tali Assunterie erano promosse dall’Assunteria d’Acque di Bologna ma erano temporanee: dopo la progettazione e l’esecuzione dei lavori, si scioglievano. Nel 1817 il Governo Pontificio confermò le sette Congregazioni Consorziali che durarono fino al 1929 quando furono assorbite dai Consorzi di Bonifica. L’archivio, che comprendeva anche quello delle antiche Assunterie, occupava l’intero piano terra della sede di Via Poeti 8 e fu mandato al macero nell’immediato secondo dopoguerra per affittare i locali ad uso ufficio. Su indicazione del Cav. Vittorio Sarti, ultimo impiegato degli scomparsi Consorzi di Scolo, recuperai nella cantina di un imbianchino tutte le mappe che formano la mia collezione. La rappresentazione cartografica del territorio inizia in epoca antichissima; ricordiamo i MENSORES che al seguito delle le(1658 - cm 65x43) - Valle di Durazzo presso Moli- gioni romane, con la tavoletta nella, con la chiesa e i palazzi Pepoli; è rappresen- pretoriana e la groma, eseguivano tata anche la Torre dei Cavalli. Scala 1:18.630 perfetti rilievi e tracciamenti di 19 strade come ancora oggi si riscontra nella centuriazione della nostra pianura. Dopo il buio del medioevo, con le grandi scoperte geografiche ripresero gli studi cartografici. All’inizio del sec. XVI ogni principe, laico o religioso, voleva vedere il territorio su cui esercitava il potere. Troviamo affreschi murali a Venezia, Firenze, Perugia e Caprarola, ma è soprattutto in Vaticano che vediamo la importantissima Galleria delle carte geografiche, voluta dal Papa bolognese Gregorio XIII e realizzata dal famoso cartografo Ignazio DANTI (1536-1586). In essa troviamo la BONONIENSI DITIO, prima rappresentazione del territorio bolognese. Non considerando l’atlante del Magini, del 1608 e di altri cartografi europei, eseguiti a grande scala e quindi solo indicativi, si può affermare che la prima carta topografica esatta dell’intera pianura bolognese è quella pubblicata, sotto forma di atlante, da Andrea CHIESA nel 1740, in scala 1:34.000 circa; ad essa seguì, nel 1762, una edizione in scala ridotta a 1:68.000 circa. Per necessità tecniche venivano eseguiti rilievi topografici anche in epoche anteriori e infatti la prima mappa della nostra collezione risale al 1658 e riguarda la valle di Durazzo presso Molinella, rappresentata in scala 1:18.630 circa. Il primo rilievo catastale della pianura bolognese fu eseguito, a partire dal settembre 1781, dal perito Giuseppe Cantoni per redigere il Catasto Boncompagni base dell’istituzione del Terratico, la tassa che doveva servire a finanziare i grandi lavori di sistemazione idraulica della pianura. Le mappe che presentiamo non vanno confuse con i cabrei. I cabrei sono le mappe rappresentative delle proprietà terriere di una determinata famiglia o di un istituto religioso, in cui sono normalmente indicate le colture, e riguardano limitate estensioni di terreno. Le mappe idrauliche riguardano in genere un corso d’acqua e tutti i terreni che scolano in esso e sono spesso accompagnate dal rilievo altimetrico dello stesso corso d’acqua. Quasi sempre sono datate e firmate dal perito, spesso un tecnico rinomato anche per costruzioni edilizie come Luigi Maria Casoli (1659 - 1739). Spesso i fabbricati sono rappresentati con minuziosi disegni, vere e proprie miniature che ci consentono di conoscere edifici oggi non più esistenti. Bibliografia 1 - VERONESI Giovanni, Cenni storici sulle vicende idrauliche della bassa pianura bolognese, Bologna - Tip. Ancora - 1858 2 - VERONESI Giovanni, Notizie storiche e statistiche intorno ai Consorzi di Scolo della Provincia di Bologna…, Bologna - Regia Tipografia - 1874. 3 - VERONESI Giovanni, Sulle vicende idrauliche della bassa pianura bolognese - Appendice alla memoria del 1858, Bologna - Tip. Cenerelli - 1887 4 - EVANGELISTI Giuseppe, La pianura bolognese dalla “Padusa” alla “bonifica integrale”, in IL COMUNE DI BOLOGNA, A. XVI (1929) - n. 1 - pag. 22-28 5 - MANARESI Franco, Una raccolta di disegni e mappe della pianura bolognese, in CULTA BONONIA, A. III - n° 1 - Bologna - Patron - 1971, pag. 47-114. 6 - MANARESI Franco, Giovanni Veronesi idraulico e storico della pianura bolognese, in STRENNA STORICA BOLOGNESE (C.B.S.A.) A. XXII - Bologna - Patron - 1972, pag. 89-101 7 - MANARESI Franco, Per una storia della bonifica idraulica della pianura bolognese, in 20 CULTA BONONIA, A. V - n° 2 - Bologna - Patron - 1973, pag. 141-155 8 - VARIGNANA Franca (a cura di), Mappe agricole e urbane del territorio bolognese dei secoli XVII e XVIII, in LE COLLEZIONI D’ARTE DELLA CASSA DI RISPARMIO IN BOLOGNA - I Disegni - vol.II, Bologna - ALFA - 1974 9 - MANARESI Franco, Vicende storiche del torrente Savena, in “il CARROBBIO”, Bologna - L. Parma - 1979, pag. 289-302 10 - 1909-1979, I SETTANT’ANNI DEL CONSORZIO DELLA BONIFICA RENANA, Sala Bolognese - Forni - 1980 11 - MANARESI Franco, La rete idrografica - Il Savena, in “SAN LAZZARO DI SAVENA-– La storia, l’ambiente, la cultura”, Cassa Rurale e Artigiana di Castenaso, 1992 - pag. 351-357 L’ARIOSTO DI VILLANOVA La villa Silvani, ora Manaresi, a Castenaso Il primo rogito (del 1590) che abbiamo reperito riguarda l’acquisto di un prediolo con casa, aia, pozzo, forno… posto in Loco detto Santa Caterina da parte della vedova di Ettore Ariosti, membro della cospicua e famosa famiglia originaria di Bologna e con un ramo trasferitosi a Ferrara comprendente il grande Ludovico. Agli Ariosti rimase poco meno di quaranta anni ma sufficienti per cambiare il toponimo. Infatti quando Marcantonio Pederzani, ricco commerciante di legnami, acquistò la proprietà il 23 novembre 1627, l’ubicazione è così indicata: in loco dicto S. Catherina seu vero il luogo dell’Ariosto. A Marcantonio Pederzani si deve la trasformazione della semplice casa con tetto a due falde e torre piccionaia in palazzo da padroni come viene definito nell’atto di acquisto, del 1695, da parte del marchese Giovanni Giuseppe Orsi, famoso uomo di cultura dell’epoca, celebrato da Ludovico Antonio MuraParticolare del fregio parietale della loggia con tori. Il marchese Orsi, appassional’affresco “Ratto d’Europa” di Agostino Mitelli to commediografo, fece costruire un teatro, in aderenza al lato di ponente della villa, ove quasi certamente recitò anche il giovane Prospero Lambertini, prima di diventare Cardinale e poi Papa, come ricorda Testoni nella celebre commedia. Trasferitosi a Modena, il marchese Orsi, in data 10 febbraio 1718, vendette il palazzo, con annessa tenuta agricola, a un certo Matteo Conti, di cui si hanno poche notizie: certamente era di famiglia borghese ma molto ricca. Suo figlio Pietro sposò, nel 1726, Camilla Castelli, ultima discendente della ricca famiglia di nobiltà feudale che aveva rivestito la dignità senatoria dal 1466 al 1615. La villa mantenne però il nome di “palazzo Conti”, come si riscontra in una mappa del 1785. In data 28 luglio 1820 l’intera proprietà Conti fu acquistata dall’avv. Antonio Silvani, famoso patriota, Ministro della Giustizia nel Governo delle Province Unite del 1831. I suoi discendenti furono protagonisti della vita politica, culturale ed economica 21 bolognese fino al 1945 quando morì Paolo. Nel 1964 scomparve anche Maria, ultima della famiglia e la proprietà passò ai cugini materni Ballerini. La villa fu subito posta in vendita ma le disastrosi condizioni conseguenti gli eventi bellici scoraggiavano ogni possibile acquirente: Infatti nel 1944 la villa era stata occupata da un comando militare tedesco e bombardamenti aerei avevano distrutto l’ala di ponente con il teatro e l’adiacente Casa del Cocchiere. Privo di ogni chiusura il fabbricato fu saccheggiato di ogni suppellettile asportabile, adibito a ricovero di sinistrati e sede di feste danzanti, fino a quando non fu costruito un muro di chiusura peraltro lasciato al grezzo. Solamente nel 1981 fu trovato un compratore in chi scrive. Con rogito in data 19 giugno1981, la villa con il pertinente predio Palazzo passava in proprietà ai fratelli Giovanni, Stefano, Nicolò e Carolina Manaresi con l’usufrutto a favore dei loro genitori Franco e Maria Malfatti. Subito si studiò il progetto di restauro della villa e dell’annessa Casa del Fattore e nel 1982 iniziarono i lavori che si svolsero sotto la sorveglianza e la fattiva collaborazione della Soprintendenza ai Beni Ambientali ed Architettonici (nella persona dell’arch. Ippolita Adamoli). Il 22 maggio 1987 l’opera di restauro poteva considerarsi ultimata e la villa fu aperta al pubblico per ascoltare una conferenza del prof. Eugenio Riccomini, organizzata dalla prof. Maria Grazia Baruffaldi, Assessore alla Cultura del Comune di Castenaso (oggi Sindaco), sul tema “Il fregio dipinto nelle ville bolognesi”. Non è mai stata presa in considerazione la possibile ricostruzione dell’ala adibita a teatro della quale peraltro furono messe in luce le fondamenta, a guisa di reperto archeologico, mentre subito ci si impegnò per il ripristino dell’adiacente “Casa del Cocchiere” della quale restavano il muro perimetrale per un’altezza di circa tre metri e alcune arcate del portico antistante che permettevano una esatta individuazione dell’originaria facciata, di alto valore architettonico. Purtroppo il rudere era stato cancellato anche dalle mappe catastali e il Piano Regolatore Comunale non ne prevedeva il ripristino. Fortunatamente lo stesso Soprintendente arch. Elio GarProspetto sud della “Casa del Cocchiere” zillo si interessò al problema e con lettera in data 11 maggio 2001 confermava l’approvazione del progetto di ripristino invitando il Comune a modificare lo strumento urbanistico. I lavori per il ripristino della Casa del Cocchiere, fabbricato di splendida architettura settecentesca, furono così terminati il 20 ottobre 2005, senza che si potesse completare anche il restauro del monumentale pozzo esterno per l’assoluta mancanza di collaborazione da parte della dirigenza della Soprintendenza succeduta all’arch. Garzillo. Estremamente interessante è l’interno della villa per i soffitti a cassettoni e i fregi parietali affrescati in prevalenza nell’estate del 1632. Alcuni artisti sono stati fa22 cilmente individuati anche perchè hanno lasciato la loro firma. Ad Agostino Mitelli (1609 – 1660) si attribuisce la loggia e l’adiacente Sala delle Stagioni con grande camino; Domenico Ambrogi detto Menghino del Brizio dal nome del suo maestro Francesco Brizio (1583 – 1632) ha firmato e datato gli affreschi della Sala del Tasso dove sono magnificamente rappresentati episodi della Gerusalemme Liberata. Altri affreschi sono stati attribuiti a Giovanni Andrea Seghizzi (1613 – 1684) e allo stesso figlio di Agostino, Giuseppe Maria Mitelli. La tipica loggia che viene attraversata per accedere al retrostante patio ha il soffitto diviso in quattro settori a loro volta ripartiti in sei cassettonati, con fondo di arelle intonacate e riccamente affrescate con mascheroni e volute che incorniciano medaglioni centrali in cui sono rappresentati, alternativamente, angioletti svolazzanti e imprese accademiche. Tali imprese, formate da una rappresentazione simbolica accompagnata da un motto, venivano adottate da singoli individui e non vanno confuse con gli stemmi che identificavano le famiglie e che si tramandavano di generazione in generazione. Il loro uso ebbe inizio in Italia tra le classi colte, a partire dal Rinascimento, e raggiunse la massima diffusione nell’età barocca con il moltiplicarsi delle accademie. Sopra le porte si trovano due stemmi: a mezzogiorno Particolare del soffitto a cassettoni della loggia è rappresentato lo stemma dei Silvani; a tramontana, raschiato lo stemma dei Silvani, è comparso quello dei Pederzani. A fianco degli stemmi e sotto le travi principali vi sono altre imprese. Sul fregio che si svolge nelle pareti laterali della loggia troviamo otto scene mitologiche tratte dalle Metamorfosi di Ovidio. Nella parete di levante, da sinistra, vediamo: Latona e i contadini trasformati in rane; Ulisse e Nausicaa; paesaggio agreste con Mercurio; Ratto d’Europa. Nella parete di ponente, da sinistra vediamo due scene del mito di IO sedotta da Giove nonostante la sorveglianza di Argo, mostro dai cento occhi inviato da Giunone; quindi si ammira la scena di Dafne inseguita da Apollo e la scena di Diana al bagno. Il parco a nord della villa è formato da alberi secolari e ha subito solo opere di pulizia dai rovi che ne chiudevano l’accesso. Il prato a sud con relative alberature è stato realizzato nel 1987, in occasione del restauro, in conformità alla rappresentazione di un affresco del 1632 esistente in una sala interna della villa. 23 Bibliografia 1 - Le Chiese Parrocchiali della Diocesi di Bologna, Bologna - Marchi e Corty - 1844, n. 12, (ricorda solamente l’oratorio che “s’intitola a san Matteo della Pederzani di casa Silvani”) 2 - BESEGHI Umberto, Castelli e ville bolognesi, Bologna - Tamari - 1957, pag. 283 3 - CUPPINI G. - MATTEUCCI A.M., Ville del Bolognese, Bologna - Zanichelli 1969, pag. 221 e scheda di M. FANTI a pag. 353 4 - BENTINI Jadranka, Arte come a Bologna, in “Castenaso la storia i luoghi le immagini”, pag. 187-205, Bologna - L. Parma - 1984 5 - MANARESI Franco, “L’Ariosto” di Villanova - La villa Silvani ora Manaresi a Castenaso, in “il CARROBBIO”, Bologna - L. Parma - 1991, pag. 231-258 6 - MANARESI Franco, Il recupero de “l’Ariosto” di Villanova, in LE DIMORE STORICHE, periodico dell’A.D.S.I., Anno XII - n. 1 - 1996, pag. 5-7. 7 - MANARESI Franco, I Silvani: una famiglia risorgimentale, in STRENNA STORICA BOLOGNESE, (del C.B.S.A.), A. XXXIX - Bologna - Patron - 1989 - pag. 213252 24 A.D.S.I. ASSOCIAZIONE DIMORE STORICHE ITALIANE www.adsi.it SEDE CENTRALE Largo Fiorentini, 1 - 00186 ROMA Tel. (06) 68307426 - Fax (06) 68802930 SEZIONE EMILIA ROMAGNA Via Santa, 1 - 40125 Bologna Tel. e Fax (051) 225928 e-mail: [email protected] Realizzazione grafica e stampa Sogari Artigrafiche s.r.l. - San Felice sul Panaro (MO) - Tel. 0535.85425