RICLASSIFICAZIONE DELLE COPERTURE DI RESPONSABILITA’ CIVILE AZIENDALE E NUOVE COPERTURE Aspetti del rischio datoriale Conegliano, 13 maggio 2009 QUADRO GENERALE DATO OGGETTIVO COSTI SOCIALI DEI DANNI DA LAVORO PER CATEGORIE DI COSTO anni 2003-2005 anno di riferimento 2003 2005 costo incidenza costo incidenza (mln in €) sul PIL (mln in €) sul PIL categoria di costo assicurativo 11.737 0,87% 11.760 0,83% prevenzionale 13.655 1,01% 14.377 1,02% conseguente non 19.073 1,41% 19.308 1,36% assicurativo totale 44.465 3,29% 45.445 3,21% Esclusi quelli di prevenzione, nel 2005 i costi dei danni da lavoro incidono sul PIL per il 2,19% (31,068 miliardi) contro il 2,28% del 2003 (30,081 miliardi). INCIDENZA SUL PIL DEL COSTO INFORTUNI USA 2,20% Svizzera Italia 1,70% UK Germania 1,10% Francia Spagna 1,00% Danimarca Belgio 1,00% Polonia Giappone 0,80% Fonte: HDI-Gerling 0,80% 0,70% 0,70% 0,60% 0,60% Viste le tabelle precedenti, in Italia si spende un punto in più di PIL rispetto a Francia e Gran Bretagna, 0,7 punti rispetto a Spagna e 0,6 rispetto a Germania, anche se vi sono meno infortuni che in questi ultimi due paesi (fonte Eurostat). Su questo dato incidono in particolare tutte le voci di danno risarcibili proprie del sistema italiano. Danno patrimoniale Danno non patrimoniale • rivalsa INAIL (art. 10 e 11 DPR 1124/1965) • rivalsa INPS (L. 222/1984) • danno differenziale (art. 2043 c.c.) • rivalsa INAIL per danno biologico (DPR 38/2000) • danno biologico differenziale (art. 2043 c.c.) • danno morale (art. 2059 c.c.) • danno esistenziale (art. 2059 c.c.) Questo comporta, per le nostre aziende, meno competitività e meno sicurezza perché i costi relativi alla responsabilità civile sottraggono risorse agli investimenti (sicurezza compresa). CAUSE DI QUESTO FENOMENO Cause di questo fenomeno: 1. Settori industriali a basso valore aggiunto basso margine di guadagno anche su fatturati elevati (di fatto diventa impossibile incrementare gli investimenti in sicurezza) 2. Microimprese 3. Basso livello degli investimenti in ricerca e sviluppo l’Italia è al 31 posto nel mondo (dato 2004) equivalente a 1,10% sul PIL (contro il 4,80% di Israele, il 2,68% degli USA e il 2,50% della Germania. Solo Spagna investiva meno di noi: 1,05%) 4. Scarsi investimenti in formazione del personale Working Condition Survey), nonostante rappresentano circa l’85% del totale (Fonte Istat) la formazione riguarda solo il 20% del personale (Fonte European la prova dell’avvenuta formazione ai sensi dell’art. 5 del DPR 626/94 consentiva di ridurre l’ammontare del risarcimento in caso di errore del dipendente infortunato 4.1 Italiani: esiste un problema di cultura che va dall’analfabetismo al possedere un limitato vocabolario (spesso mal interpretato), scarsa capacità di concentrazione sulla parola scritta e scarsa capacità di concentrazione su immagini visive 4.2 Stranieri: strutture linguistiche diverse dalle nostre, tipologie di lingue di tipo fortemente gerarchico e sessista. Inoltre, queste persone spesso imparano la nostra lingua dal 26% di italiani analfabeti funzionali 5. Cultura e sicurezza poco sviluppate specialmente in alcuni settori imprenditoriali RISULTATO 1. Scarso rendimento degli investimenti per addetto (per il 90% delle imprese) 2. Capacità di investimenti in processi e prodotti solo nel 60% delle grandi imprese 3. Stress del personale 4. Limite della crescita del valore aggiunto per addetto, da cui consegue che: a) si trascurano le esigenze di formazione e di innovazione b) si trascurano i fattori di stress che sono all’origine degli infortuni e delle malattie professionali Uno dei punti chiave della filosofia che ha ispirato il nuovo Testo Unico sulla Sicurezza del Lavoro (D.Lgs. 81/2008) è: Capo I Titolo I Art. 2 – Definizioni “…o) SALUTE: stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o infermità; “ Questo fa sì che l’obbligo che l’art. 2087 c.c. pone a carico del datore di lavoro assuma un nuovo contenuto. Riportiamo l’art. 2087 c.c. che detta un principio generale: “L’imprenditore è tenuto ad adottare, nell’esercizio dell’impresa, le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.” Il datore di lavoro deve quindi garantire l’adozione di tutti i sistemi atti a prevenire e proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori nonché a salvaguardare la personalità morale degli stessi. La giurisprudenza è già orientata a riconoscere come inadempiente agli obblighi in materia di igiene e sicurezza del lavoro il datore di lavoro che, pur avendo osservato tutte le specifiche disposizioni in merito, non sia riuscito a tutelare idoneamente l’integrità fisica dei lavoratori. Si ricorda che secondo quanto prescritto dal cod. civ. il datore di lavoro deve comportarsi con la diligenza necessaria, valutata con riguardo alla natura dell’attività esercitata. Ne consegue che al datore di lavoro viene richiesta: a) una particolare accuratezza nell’individuazione dei fattori di pericolo; b) una particolare accuratezza nella scelta delle misure di prevenzione a tutela dell’integrità fisica del lavoratore, anche se non previste da norme di prevenzione o da altre prescrizioni di organi competenti Quindi il dovere di sicurezza del datore di lavoro è regolato da principi che devono essere continuamente aggiornati tenendo conto dei 3 criteri dell’art. 2087 c.c.. • particolarità del lavoro • esperienza • tecnica L’obbligo dell’art. 2087 c.c. non è più solo garantire l’incolumità psicofisica dei lavoratori dagli infortuni e dalle malattie, ma diventa un obbligo attivo di garantire il benessere fisico, mentale e sociale dei collaboratori. Questo comporta che tutte le situazioni di stress sono di fatto una dimostrazione dell’inadempimento del datore di lavoro, tale che se il lavoratore: a) documenta uno stato di non salute con riferimento all’art. 2 del D. Lgs. 81/2008, e b) prova che esiste un nesso causale fra questo e l’attività che svolge per conto del suo datore di lavoro si presume l’inadempimento del datore di lavoro che ha l’onere della prova liberatoria (inesistenza del nesso causale o esistenza di un fatto esclusivo esterno alla sua responsabilità). Sono situazioni che trovano collocazione nel concetto di danno biologico esistenziale. Nelle malattie professionali (in particolare per le malattie non tabellate) è sufficiente che la causa di lavoro abbia un ruolo concausale anche marginale per far scattare la responsabilità del datore di lavoro. NON BASTA PIU’ UN’ANALISI DEI RISCHI RELATIVE ALLE MACCHINE, AGLI IMPIANTI ED AL FLOW CHART. Il datore di lavoro deve garantire un “benessere sociale”. In azienda il dipendente deve sentirsi parte attiva e quindi con un ruolo sociale riconosciuto anche all’esterno. Il concetto è che il lavoratore è risorsa “per” il bene aziendale, non strumento “del” bene aziendale. Da qui la necessità di formare ed informare (la mancanza può portare alla sospensione dell’attività) e l’adozione di misure volte ad evitare il lavoro monotono e ripetitivo (vedi apposita norma UNI ISO 10075). Anche la Dichiarazione Mondiale sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro è in linea con il Testo Unico. Riprendendo il termine STRESS Definizione secondo un accordo europeo “Stato che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali ed è conseguenza del fatto che le persone non si sentono in grado di superare i gap rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti.“ Peraltro, alcuni studi mettono in relazione le sindromi metaboliche con situazioni di stress cronico sul posto di lavoro. Situazioni di stress che danneggiano le abilità cognitive e mnemoniche da cui ne deriva un maggior rischio di incidenti e malattie. MISURE ED AZIONI DA INTRAPRENDERE a) comunicazioni per chiarire obiettivi aziendali ed il ruolo di ogni lavoratore b) formazione dei dirigenti e dei lavoratori: consapevolezza e come affrontare le richieste LAVORO SANO è quello in cui le pressioni sui lavoratori sono appropriate 1. in relazione alla loro capacità e risorse; 2. livello di controllo che hanno sul loro lavoro 3. livello di sostegno che ricevono dalle persone che collaborano DALLE FONTI DI STRESS A COMPORTAMENTI PERSECUTORI COMPORTAMENTI • MOBBING (comportamenti del datore di lavoro o dei superiori oppure dei colleghi, illeciti o leciti, sistematici, ripetitivi, finalizzati a vessare, perseguire o espellere il lavoratore) • BOSSING (mobbing dall’alto, da un superiore gerarchico) • STRAINING (demansionamento ingiustificato ed è sufficiente un solo comportamento) • MOLESTIE SESSUALI (circa 50.000 casi all’anno) • DISCRIMINAZIONI DI VARIO GENERE Sono tutti comportamenti tanto più probabili quanto più è alto il livello di stress delle persone.. Al di là delle varie connotazioni, una che le unisce tutte: chi le mette in essere, “vuole” metterle in essere. Quando c’è la prova del comportamento, il reato che ne consegue diventa DOLOSO. Rimane a carico del datore di lavoro la prova di aver fatto tutto quanto necessario per evitare il danno. E’ IMPORTANTE QUINDI DI DEFINIRE UN CODICE DI COMPORTAMENTO ETICO. LA CAPACITA’ DI GESTIRE IL RISCHIO, E CON ESSA LA VOGLIA DI FARSENE CARICO E DI FARE SCELTE PROIETTATE IN AVANTI, SONO ELEMENTI CHIAVE DELL’ENERGIA CHE ALIMENTA IL PROGRESSO DEL SISTEMA ECONOMICO. (Peter Berstein – Più forte degli dei) IL RISCHIO • Comunemente si intende il rischio come un pericolo o la possibilità di una perdita • Probabilmente perché si tende a sopravvalutare gli eventi insoliti mentre si sottovalutano quelli comuni • Il rischio è una possibilità che qualcosa accada • Quando è possibile misurare la quantità e la qualità del rischio si parla di rischio accettabile • Deve essere un modello razionale • Calcolabile • Collettivo • Trasformabile in una perdita di denaro APPROCCIO AL RISCHIO Tecniche di Risk Management: • non assumersi rischi di entità tale da mettere in crisi la nostra struttura di lavoro E’ una metodologia volta: • alla riduzione delle possibilità di accadimento dei danni • alla mitigazione del costo degli eventi negativi fino a renderlo sopportabile PROFILI DI RISCHIO Rischi tecnici Responsabilità Danni diretti ai beni Danni a cose e persone • Incendio • Danni a terzi • Eventi atmosferici • Danni a prestatori di lavoro • Atti dolosi, vandalici • RC inquinamento • Furto • RC Prodotti • Guasti Danni patrimoniali a terzi Danni indiretti • RC amministratori • Interruzione di attività • RC dirigenti • Perdita di fatturato Con il D. Lgs. 81/2008 viene formalizzato il principio della gestione del rischio come valore aziendale. La creazione di ricchezza e l’ammodernamento produttivo portano alla creazione di nuovi rischi. Tutto lo sviluppo legislativo più recente, dal codice dell’ambiente al recepimento degli accordi di Basilea 2, focalizza l’attenzione a questo principio e pone linee guida per una politica di gestione dei rischi integrata e globale. D. Lgs. 231/2001 e D. Lgs. 81/2008 AMBITI ASSICURATIVI / IMPATTO Danni patrimoniali a terzi Controversie in materia di lavoro RC AMMINISTRATORI E DIRIGENTI RC DATORIALE Direttiva 2004/35 CE – D. Lgs. 152/2006 Danni a cose e persone e danno ambientale • mobbing • Valutare come assicurato l’azienda • Organo di vigilanza • Responsabile della sicurezza • illecita privazione di opportunità di carriera RC INQUINAMENTO • illecito provvedimento disciplinare •Danno ambientale • molestie sessuali, razziali e religiose • interventi di messa in sicurezza di emergenza Miglioramenti/integrazioni • colpevole omissione di promozione • costi di bonifica compresi ripristino dei beni dell’assicurato Danni materiali a cose e persone • interruzione dell’attività dell’assicurato RESPONSABILITA’ CIVILE TERZI ED OPERAI (RCT-RCO) Obbligati ad intervenire “indipendentemente dalla richiesta di risarcimento” Miglioramenti/integrazioni: • oggetto assicurativo per settore RCO • rif. a D. Lgs. 81/2008 TUTELA LEGALE • malattie professionali • definizione estesa di dipendenti N.B: il DOLO è sempre escluso nelle coperture di Responsabilità Civile Attenzione alla presenza del requisito dell’accidentalità su RCT-RCO (incerto il complesso di fattori che concorrono a produrre l’evento) Di fondamentale importanza per l’assicurato “LA GESTIONE DELLA LITE” Per la compagnia si tratta di una facoltà di gestire il sinistro e non di un obbligo (salvo che il contratto non lo preveda espressamente) che si evince da due circostanze: 1. L’art. 1917 c.c. all’ultimo comma prevede espressamente la possibilità per l’assicurato di chiamare in causa l’assicuratore. E’ un diritto inderogabile in capo all’assicurato di azionare giudizialmente il diritto di garanzia mediante la chiamata in causa dell’assicuratore e nell’esercizio di detto diritto non si pone alcuna limitazione. 2. La clausola di gestione della lite contenuta nelle polizze normalmente risulta del seguente tenore: “l’assicuratore assume, fino a quando ne ha interesse, la gestione delle vertenze tanto in sede extragiudiziale che giudiziale, sia civile che penale, a nome dell’assicurato designando ove occorre legali o tecnici e avvalendosi di tutti i diritti e le azioni spettanti all’assicurato stesso.” E’ evidente che, se l’assunzione della lite è condizionata alla esistenza di un interesse peculiare della sola compagnia, non è possibile sostenere che il patto di gestione imponga un obbligo in capo alla stessa a gestire ed assumere la lite, sempre e comunque, perché il semplice venir meno dell’interesse legittima e libera la compagnia dall’obbligazione assunta. Neppure per l’assicurato vige l’obbligo di affidare la gestione del sinistro alla compagnia, salvo il caso in cui la stessa non manifesti la volontà dell’impegno in tal senso. L’art. 1917 cod. civ. ASSICURAZIONE DELLA RESPONSABILITA’ CIVILE prevede: comma 1: “nell’assicurazione della responsabilità civile l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto deve pagare ad un terzo in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto” comma 2: omissis comma 3: “le spese sostenute per resistere all’azione del danneggiato contro l’assicurato sono a carico dell’assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata”. COSA SUCCEDE IN CASO DI SINISTRO? Se il danno è di piccola entità viene gestito dalla compagnia senza alcuna richiesta di mandato a gestire il sinistro fino alla liquidazione del terzo. Quando invece, specie per gli infortuni sul lavoro o per danni a terzi, non si raggiunge l’accordo con il danneggiato o quando la compagnia comunica all’assicurato che il sinistro non è in garanzia, nasce una contrapposizione tra le due parti, che allontana l’assicurato dalla tutela assicurativa. In questo caso, all’assicurato non resta che affidare l’incarico ad un legale di fiducia. Quanto sopra vale per tutte le polizze di Responsabilità Civile. Nel caso in cui all’azienda venga contestata una responsabilità ai sensi del D. Lgs. 231/2001, la stessa ha immediata necessità di un’assistenza legale, indipendentemente dall’esistenza e/o assistenza della polizza di R.C. QUESITI: Ci sono sul mercato coperture assicurative che tutelino l’azienda dalle spese legali che deve sostenere per difendersi? Ci sono compagnie specializzate? Quali sono le coperture del mercato assicurativo? Che somma è possibile assicurare per far fronte alle spese legali? Quali sono i costi per trasferire il rischio alla compagnia di assicurazione? RITENIAMO CHE ROLAND SIA UNA COMPAGNIA IN GRADO DI DARE RISPOSTE A QUESTI QUESITI. GRAZIE PER L’ATTENZIONE LORIS TRENTO Broker di assicurazione MORGAN & MORGAN SRL INTERNATIONAL INSURANCE BROKERS Viale Carducci, 4 - 31015 Conegliano (TV) tel. +39 0438 366311 fax. +39 0438 366363 http://www.morganemorgan.com/ e-mail [email protected] Un ringraziamento particolare a… Fonti: • articoli / elaborazioni dati del Direttore Casualty Dept. Dott. Riccardo Tacconi di HDI-Gerling Industrie Versicherung AG – Rappresentanza Generale per l’Italia