Editoriale Buone pratiche e qualità dell’assistenza di Stefano Bazzana* L a qualità dell’assistenza erogata ai cittadini sta a cuore al Collegio quanto le condizioni di lavoro di tutti gli infermieri, italiani e stranieri. Questi ultimi, forse più degli altri, vanno accolti e supportati. R iflettere sulla propria esperienza significa pensare a ciò che quotidianamente si fa e porre delle domande quali, “come potremmo farlo meglio?” E anche, “là si lavora veramente bene, cerchiamo di capire il perché!” Nella professione infermieristica come in tutte le altre discipline sanitarie, è costante il richiamo a fornire un’assistenza di qualità che tenga conto della soddisfazione della persona, all’interno di un vero e proprio ‘sistema di qualità’. Tutti ci aspettiamo maggiore efficacia e migliore qualità nella tutela della salute ed i servizi sociosanitari si stanno sempre più orientando sulla base di questo concetto, adottando sistemi di certifica- zione o di accreditamento più o meno volontari. Dal momento che le persone assistite (e non solo) ci richiedono maggiori responsabilità, siamo sempre più chiamati, come professionisti, a rispondere ad aspettative legittimamente crescenti. Tutto ciò si traduce in un’enfasi, all’interno della nostra professione e all’esterno, sul miglioramento continuo della pratica da parte degli operatori, dei datori di lavoro, delle regioni e dei sistemi sanitari in genere. Ognuno di noi, con il proprio gruppo di lavoro, contribuisce certamente a questo miglioramento, con iniziative talvolta semplici e quotidiane, rivolte direttamente ai pazienti oppure indirettamente, Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Editoriale - 1 attraverso il supporto formativo e organizzativo a miglioramenti dell’assistenza o delle relazioni nell’équipe. Abbiamo chiesto pertanto agli iscritti di raccontarci esperienze che avessero declinato i concetti teorici della qualità nella prassi quotidiana, allo scopo di dare visibilità e concretezza al concetto, talvolta fumoso e indefinito, di qualità. Questo editoriale presenta un numero di Tempo di Nursing dedicato proprio ai contributi raccolti in varie strutture della provincia, dove colleghi, con progetti grandi o piccoli, hanno dimostrato che in contesti, anche diversi, è possibile passare dalla teoria alla prassi (e viceversa). Dopo un articolo introduttivo da parte della Dr.ssa Marina Bertoli Responsabile della Qualità per il Collegio IPASVI, il focus della rivista ci offre un’esperienza dell’A.O. Mellini di Chiari, riguardante il tema del rischio di cadute in ospedale, divenuto attuale in tutte le aziende ospedaliere sia per il progressivo aumento degli anziani ricoverati, sia perché considerato un evento sentinella nei programmi di accreditamento e verifica della qualità. Gli autori ci descrivono un piano globale di interventi e di strategie per prevenire, gestire e monitorare in modo efficace tale problematica, molto impattante per la nostra professione. La responsabile del Sitra dell’ASL di Brescia ci presenta invece i risultati di un progetto di miglioramento dell’assistenza alle persone portatrici di stomie intestinali e urinarie, sottolineando l’obiettivo di garantire una personalizzazione e una continuità assistenziale nei percorsi di educazione terapeutica, dimissione e riabilitazione. Un progetto durato tre anni che ha coinvolto infermieri delle diverse strutture di ricovero, pubbliche e private, consentendo loro di attivare confronti e sperimentare approcci rilevanti sia da un punto di vista metodologico sia per i risultati ottenuti. La terza esperienza è ambientata in una Fondazione, la Casa di Riposo di Manerbio Onlus. Interessante scoprire che un argomento quale il dolore, anch’esso molto attuale in ambito ospedaliero perché divenuta obbligatoria la sua valutazione e gestione, viene affrontato organicamente dai colleghi con un progetto finalizzato a 2 - Editoriale ridurre, controllare e se possibile eliminare il dolore nelle persone anziane affette da demenza. L’ultimo contributo, ma non ultimo, ché l’Ospedale dei Bambini sta lavorando per ottenere l’Accreditamento Joint Commission, attiene all’ideazione e all’introduzione di una nuova documentazione assistenziale, relativa all’accertamento e alla pianificazione infermieristica. Emblematica del lavoro svolto, dal mio punto di vista, la seguente frase “Il momento di sperimentazione della documentazione rappresenta anche un’occasione di riflessione collettiva, che unisce i diversi professionisti che hanno partecipato all’esperienza: osservare e discutere insieme e reciprocamente il proprio lavoro contribuisce a migliorare la capacità critica e a rafforzare i processi di progettazione e di decisione.” Infine un progetto in corso anche da parte di IPASVI BS, che intende favorire l’accoglienza dei tanti colleghi provenienti da diverse culture e nazioni, pur nel rispetto rigoroso delle norme che regolano l’iscrizione all’Albo dei professionisti comunitari e non. Questi rappresentano infatti una risorsa ormai irrinunciabile per molti nostri servizi. Buona lettura! * Presidente Collegio IPASVI-BS Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Osservatorio Il lavoro degli infermieri in carcere: cercare la qualità nella criticità. di Moreno Crotti Partel* L a lettera della collega MariaStella merita un piccolo approfondimento per delineare il contesto e le problematiche di una realtà poco conosciuta, che coinvolge, seppur con pochi professionisti, l’intera immagine della professione. “S ono un’Assistente Sanitaria e opero all’interno del carcere cittadino dal 1991 e attualmente anche nell’Istituto di Reclusione di Verziano (dopo il passaggio della Medicina Penitenziaria dal Ministero della Giustizia al Ministero della Salute). Leggendo “Tempo di Nursing” del settembre u.s. ho trovato alcuni articoli sul “malato terminale”, mi ha colpito il titolo ”Nessun uomo è inutile se allevia il peso di qualcun altro”(Ghandi). Per cui con questa mia lettera voglio dare un personale contributo alla discussione aperta sulle pagine del nostro giornale. Il termine carcere deriva dall’ebraico “carcar” uguale tumulare, luogo senza tempo, quindi che nega la vita, ed è un evento drammatico che produce sofferenza e sofferenti restando l’ultima frontiera della disperazione e di drammi umani. Molta della popolazione detenuta appartiene agli strati sociali più deboli e più poveri, dove dominano la scena, la tossicodipendenza e gli extra comunitari. Gli Istituti Penitenziari stanno vivendo situazioni drammatiche per le condizioni di sovraffollamento e di promiscuità. La quotidianità è allarmante, piena di desolazione, di angoscia , di vuoto esistenziale ed emozionale. Ed ecco perché, le manifestazioni psicopatologiche sono particolarmente frequenti. Come Operatore Sanitario quotidianamente mi trovo a contatto con la fragilità e la sofferenza, la nostra etica professionale ci insegna che tutti i cittadini devono ricevere la stessa assistenza sanitaria in qualsiasi luogo siano collocati, anche dentro il carcere; e qualunque sia il proprio status sociale di cittadino, libero o rinchiuso, Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Osservatorio - 3 qualunque sia la razza e fede di appartenenza. La mia scelta lavorativa mi spinge non solo ad assistere e curare ma anche ad ascoltare i disagi, il dolore, il pentimento, i sensi di colpa e la sofferenza di persone, che stanno faticosamente intraprendendo un cammino di riscatto e di espiazione della propria colpa. Tentare di alleviare questo è estremamente complicato e difficile. Talvolta cerco di dare aiuto nella risoluzione di problemi non legati all’assistenza sanitaria ma che visti dall’esterno possano sembrare banali, ma in questo contesto assumono un peso diverso e questo aiuto può diventare uno spiraglio di luce per qualcuno. Lavorare all’interno degli Istituti Penitenziari, mi ha portato a conoscere fragilità che altri non comprendono, a condividere limitazioni spaziali delle libertà individuali dei detenuti, ha inoltre contribuito a far crescere in me una sensibilità diversa verso una realtà e problematiche sconosciute alla comunità esterna, che spesso ignora gli operatori della assistenza sanitaria che operano nel servizio della medicina penitenziaria.” Mariastella Anzoni. ASV 4 - Osservatorio In Italia la sanità penitenziaria è da anni al centro dell’attenzione, da circa due anni, le competenze in materia sono passate dal Ministero della Giustizia al Ministero della Salute. Le condizioni nelle carceri sono critiche, mentre i bisogni di salute sono enormi e richiedono una vera e propria presa in carico dei detenuti, che oltre alle malattie comuni a tutta la popolazione, spesso presentano stati di salute aggravati dalle condizioni di vita legate alla reclusione. Il vissuto di malattia e l’assistenza infermieristica sono destinate ad alterarsi nel carcere, rivestendosi di significati particolari. Un recente studio, condotto dall’Università di Toronto, Facoltà Bloomberg di infermieristica, ha esaminato il ruolo di 500 infermieri che lavorano nel sistema carcerario provinciale dell’Ontario, il quale si occupa di quasi 9.000 persone, in 30 strutture. Nello studio, condotto da Joan Almost e Diane Doran1, prima rassegna globale sugli infermieri che lavorano nelle strutture correzionali in Canada, si è riscontrato che gli infermieri che lavorano nel settore sentono di avere uno scarso controllo sulla loro pratica professionale, a causa delle restrizioni dovute alle ragioni di sicurezza, hanno un minore accesso alle risorse e Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia alle attrezzature necessarie, e un’esperienza più elevata di stress emotivo e di tensione nella relazione col paziente. Lo studio ha anche rilevato che, nonostante la soddisfazione sul lavoro sia leggermente inferiore a quella degli infermieri impiegati in altri settori, coloro che lavorano in carcere registrano livelli di burnout inferiori, oltre che un maggiore proposito di rimanere a fare il proprio lavoro. La ricerca attribuisce questo aspetto al fatto che il lavoro in carcere è molto diversificato e richiede agli infermieri di attingere ad una vasta gamma delle loro competenze. La principale differenza tra carcere e altri settori è che negli istituti penitenziari è importante non solo l’assistenza sanitaria, ma anche la sicurezza, dice Linda Ogilvie, responsabile dei servizi sanitari aziendali per il Ministero della Sicurezza della Comunità e dei servizi correzionali e questo è un equilibrio “unico”, molto particolare. L’ambiente insomma non è favorevole alla costruzione di una relazione terapeutica: se non si dispone di un qualche tipo di meccanismo, che impedisca lo stress emotivo, diventa un ambiente molto difficile in cui lavorare. Ricerche simili sono state effettuate anche nel nostro paese cercando di rilevare la percezione del ruolo infermieristico all’interno degli Istituti di Pena e la relazione “paziente/detenuto e infermiere”2. Venendo al contesto italiano, il Dpcm 1° aprile 2008 (Gazzetta Ufficiale del 30 maggio 2008) ha stabilito che i rapporti di lavoro, le risorse finanziarie, le attrezzature e i beni strumentali in materia di sanità penitenziaria venissero trasferiti dal Ministero della Giustizia al Servizio Sanitario Nazionale. Il rapporto di lavoro degli operatori sanitari (medici, ma soprattutto infermieri) che operavano negli Istituti penitenziari è stato inglobato, con alcune differenze Regionali, tra quelli gestiti dalle Aziende sanitarie locali o dalle Aziende Ospedaliere. La popolazione carceraria coinvolta è molto ampia, sono detenute nelle carceri italiane oltre 55 mila persone, 7.800 delle quali con più di cinquanta anni di età. La quota maggiore si trova in Lombardia (15,1%) seguita dalla Campania (12,6%) e dalla Sicilia (10,9%). Al 31 dicembre 2010 nella nostra regione erano presenti 9.412 detenuti (8.786 uomini, 626 donne), 3.766 in più rispetto alla capacità ricettiva massima3-4. La media dell’indice di sovraffollamento è del 66,5% e la Lombardia si piazza al quarto posto tra le regioni con il più alto tasso di affollamento penitenziario. A Brescia i detenuti nel carcere di Canton Mombello sono 540 (il 65% è composto da extracomunitari) a fronte di una capienza di 280, con un indice di affollamento del 174,3% (il più alto della Lombardia e il secondo in Italia). Il carcere cittadino dovrebbe ospitare solo Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Osservatorio - 5 condannati in via definitiva ma dei detenuti ospitati oltre 200 sono in attesa di giudizio. 5-6 Anche il Direttore Maria Gabriella Lusi, non ha nascosto che la situazione sia complessa: «Il personale ha dato atto di attenzione e umanità, ma le condizioni di detenzione sono difficili»7. In ambito sanitario l’epidemiologia penitenziaria dimostra che i bisogni di salute dei detenuti ruotano intorno a una vera presa in carico del paziente diventando a volte il solo contenitore del disagio sociale, più vicina dunque ai modelli di assistenza territoriale che non a quelli specialistici ospedalieri, proprio come avviene per la popolazione che vive al di fuori delle carceri e che ricorre alla medicina generale molto più spesso di quanto ricorra all’ospedale. E’ auspicabile che, come si è provato a fare a Brescia in questi ultimi anni, in una situazione di così profonda trasformazione limitata dalla scarsità di risorse e da criticità evidenti, si investa sui professionisti. Un’appropriata sanità penitenziaria non potrà che dipendere da un’organizzazione che sia in grado di assicurare tutti i livelli di assistenza medica (di base, specialistica, gestione delle patologie croniche), a questo sarà necessario affiancare l’incentivazione dell’assistenza infermieristica, per favorire la prevenzione, l’educazione ai corretti stili di vita e interventi igienico organizzativi efficaci. Per fare ciò, l’unica possibilità è garantire la quantità e la qualità degli interventi assistenziali, per permettere l’erogazione di prestazioni professionali, erogate da personale riconosciuto, preparato, motivato e coinvolto. 6 - Osservatorio Note 1 - J. Almost e D. Doran, Prison nurses face sex taunts, death threats, CBC. http://www.cbc. ca/news/health/story/2011/01/04/nurses-prison-threats.html?ref=rss 2 - Massei, A. R. Marucci, M. F. Tiraterra, La professione infermieristica negli istituti penitenziari: un’indagine descrittiva Prof. Inf. Vol 60, No 1 (2007) 3 - Bresciaoggi, L’IDV visita il carcere «realtà disumana», 13/02/2011 4 - Giornale di Brescia, Brescia: Canton Mombello, un carcere “incivile” e da chiudere, 2/02/2008 5 - Giornale di Brescia, Brescia: affollamento al 174%, il carcere di Canton Mombello rischia il collasso, 12/01/2011 6 - Bresciaoggi, Canton Mombello? E’ il carcere peggiore, 22/04/2009 7 - Bresciaoggi, Dramma a Canton Mombello: 26enne si impicca nel bagno, 24/02/2010 * Consiglere Collegio Ipasvi. Coordinatore infermieristico U.O. oncoematologia pediatrica Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus Scegliere la qualità di Bruna Marina Bertoli* G arantire una buona qualità dell’assistenza è oggi, probabilmente, una delle maggiori sfide che i sistemi sanitari si trovano ad affrontare. P remessa I processi di innovazione che connotano l’attuale momento storico, le richieste di miglioramento di cure e prestazioni sanitarie da parte dei cittadini, la progettazione delle trasformazioni qualitative ed i contesti socio-economici nei quali avvengono, hanno imposto un cambiamento nel modo di pensare e di gestire le strutture sanitarie. Le problematiche relative alla qualità ed al sistema delle relazioni e delle comunicazioni, la valutazione dell’efficienza e dell’efficacia delle prestazioni, sono componenti centrali del processo di cambiamento. La trasformazione degli enti sanitari in aziende induce quindi le strutture ad affrontare problemi tipici di altri settori, in particolare quelli della gestione dei prodotti, dei servizi, delle risorse e dell’ottimizzazione delle condizioni operative per i gruppi professionali. L’evoluzione della realtà sociale richiede servizi più efficaci, non vincolati unicamente alle componenti materiali delle prestazioni ma riferiti agli elementi di qualità del lavoro che concorrono a determinare le caratteristiche dei beni forniti. E’ necessario individuare e sviluppare metodologie, processi e procedure per coinvolgere la risorsa/cliente con l’obiettivo di gestirla e indirizzarla in maniera efficiente ed efficace. Il Sistema Sanitario Nazionale ha subito una importante rivoluzione e con i decreti 502/517 lo Stato ha introdotto nuove regole, equiparando le strutture sanitarie pubbliche a quelle private accreditate e introducendo il concetto di qualità dell’assistenza nei confronti dei cittadini. Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus - 7 Questi principi sono rafforzati dal DPR 14 gennaio 1997 che introduce l’accreditamento delle strutture sanitarie e prevede che in tutti i presidi devono essere attivati sistemi di valutazione e miglioramento delle attività. Il D.Lgs 229/99 ribadisce la necessità di garantire la qualità dell’assistenza e propone di adottare in via ordinaria il metodo della verifica e revisione della qualità delle prestazioni, nonché il loro costo, al cui sviluppo devono risultare funzionali i modelli organizzativi e i flussi informativi dei soggetti erogatori e gli istituti normativi regolanti il rapporto di lavoro, prevedendo specifici accordi contrattuali tra Regione e Aziende Sanitarie. Da molti anni si leggono, sui periodici e sui quotidiani, articoli sulla qualità, si organizzano corsi e conferenze e si assegnano premi per la qualità. Il miglioramento della qualità è diventato la chiave strategica della competizione a livello nazionale e internazionale e ha suscitato un interesse crescente verso i Sistemi di Gestione per la qualità come metodologia per assicurare la conformità dei prodotti e dei servizi alle aspettative dei clienti. Concetto di qualità Il concetto di qualità ha subito numerose modifiche nel tempo. Nato per l’industria manifatturiera e applicato in principio esclusivamente al collaudo del prodotto finale, esso si è evoluto, trasformandosi prima nel concetto di controllo del processo produttivo, e poi, verso gli anni ‘90, nel concetto di qualità come soddisfazione del cliente. Ciò ha spostato l’attenzione sulla qualità del servizio erogato e del rapporto cliente-fornitore, enfatizzando così il principio della “qualità globale” di tutte le competenze dell’organizza8 - Focus zione. L’utente ha assunto un ruolo centrale e si è trasformato in cliente. Sicuramente diverse definizioni sono possibili e legittime, dipendendo dal sistema nel quale si opera e dalla natura e dal grado di responsabilità di chi opera; di seguito ne troverete alcune: -”nell’analisi finale del mercato, la qualità di un prodotto dipende da quanto bene corrisponde ai modelli delle preferenze del consumatore” (Kuehn & Day 1962); - “conformità dell’assistenza erogata a criteri predefiniti (Donabedian 1970); - “... è il grado in cui un prodotto specifico soddisfa i bisogni di uno specifico consumatore” (Gilmore 1974); - “conformità a requisiti di riferimento standard, definiti di volta in volta da società scientifiche, da norme di legge, da indirizzi regionali, da gruppi o commissioni sulla qualità” (Crosby 1979); - “… è il grado di eccellenza ad un prezzo accettabile ed il controllo della variabilità ad un costo accettabile” (Broh 1982); - “fare le cose giuste la prima volta” (Price 1985); - “… la misura in cui i servizi sanitari prestati aumentano la probabilità di ottenere risultati sperati a livello individuale o di popolazione, secondo le possibilità offerte dalle conoscenze disponibili, entro i vincoli imposti dalle risorse presenti” (Brook, Lohr, 1985); - “l’essenza dell’approccio alla qualità totale è identificare e soddisfare i requisiti dei clienti, sia interni che esterni” (Oakland 1989); - “la qualità deve essere raggiunta in cinque aree fondamentali: persone, mezzi, metodi, materiali e ambiente per assicurare la soddisfazione dei bisogni del cliente” (Newell & Dale 1991); - “… la capacità di un prodotto di rispondere completamente agli scopi per i quali è stato progettato e costruito al più basso costo possibile” (Ahannu Vuori); - “La qualità dell’assistenza consiste nella sua capacità di migliorare lo stato di salute e di soddisfazione di una popolazione nei limiti concessi dalla tecnologia, dalle risorse disponibili e dalle caratteristiche della utenza” (Palmer); - “grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfano i requisiti” (ISO 9000 del 2005: Fondamenti e Terminologia); - “l’insieme di metodi e tecniche che consentono Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Garantire una buona qualità dell’assistenza è oggi, probabilmente, una delle maggiori sfide che i sistemi sanitari si trovano ad affrontare, anche alla luce delle crescenti aspettative dei cittadini, secondo le quali non è più sufficiente che l’assistenza sia «abbastanza» buona: essa deve essere «migliore» e, se non basta, «eccellente». Oggi è sempre più sentita la necessità di garantire livelli assistenziali adeguati ai bisogni di salute della popolazione e, conseguentemente, si va diffondendo una cultura volta alla ricerca di parametri utili per identificare e monitorare gli standard della qualità erogata. Nelle strutture sanitarie, al fine di ottenere un funzionamento efficace, occorre identificare e gestire gli innumerevoli processi che si svolgono all’interno, le loro interrelazioni e interazioni, il grado di dipendenza di un processo dall’altro. I processi sono quelli direttamente connessi alla realizzazione del prodotto/erogazione del servizio (comunemente detti “primari”, quali pro- gettazione, fabbricazione, erogazione, vendite, approvvigionamenti, controlli, ecc) e quelli definiti di “supporto”, quali le attività di gestione in genere, la gestione delle risorse, le misurazioni ed i miglioramenti. La gestione per processi rappresenta una modalità di operare che nasce dalla necessità di dover integrare efficacemente le attività di una funzione con un’altra, mirando al raggiungimento dell’obiettivo finale. Il Sistema di Gestione per la Qualità (SGQ – Fig. n. 1) si configura come strumento di “governo” dei processi e dei risultati al fine di soddisfare i clienti, ma anche per permettere all’azienda di trarre benefici per sé e tutti i membri che la compongono, che sono comunque collegati al successo (o insuccesso) dell’azienda stessa. Il SGQ (secondo la norma UNI EN ISO 9001:2008) deve essere visto come uno strumento volto a promuovere regole e dialogo interno in maniera tale da evitare incomprensioni e di valorizzare al massimo la professionalità e l’iniziativa di tutti gli operatori. Tale metodologia è applicabile in ogni azienda in quanto può essere concepita in maniera diversa in relazione alla missione aziendale o al prodotto/servizio erogato; in altri termini, il SGQ si adatta all’evoluzione dell’azienda stessa e s’implementa nel tempo modulandosi a dimensioni sempre maggiori per il contributo che i soggetti coinvolti apportano. Fondamenti principali sui quali il SGQ deve necessariamente basarsi sono “l’approccio per processi e il miglioramento continuo” (questi due elementi consentono di superare la obsoleta modalità organizzativa della mera ripartizione o attribuzione di compiti alle professionalità presenti Fig. 1 Fig. 2 di realizzare il miglioramento delle prestazioni e la soddisfazione di tutte le parti coinvolte nell’organizzazione”; - “l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un’organizzazione, che ne determinano la capacità di soddisfare le esigenze espresse e implicite, tangibili o intangibili, del cliente”. - “assenza di difetti” nei processi assistenziali riscontrati dagli stessi operatori che svolgono i processi (qualità interna) o dai destinatari dell’intervento o dell’azione (qualità esterna). Il Sistema di Gestione per la Qualità Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus - 9 in azienda, per una visione sistemica delle attività, interpretate quali componenti interconnesse, interdipendenti e costantemente comunicanti tra loro e orientate alla centralità del paziente ormai divenuto a tutti gli effetti “cliente”). Il cliente assume la duplice connotazione “dell’input”, che innesca il macroprocesso della “qualità” e “dell’output”, inteso quale punto d’arrivo che richiede la soddisfazione di quelle stesse aspettative che sono poste all’origine della sequenza. Quando si parla di “cliente” in termini generali, ci si riferisce sia alla persona bisognosa di cure proveniente dall’esterno, sia al cliente interno e cioè al personale interno di una Unità Operativa che, per esempio, riceve una prestazione dai servizi sanitari (radiologie, laboratori ecc.) o dai servizi di supporto non sanitari (farmacia, servizio di bioingegneria, manutenzione ecc.). Il SGQ si fonda sulla norma ISO 9001 e sulla logica del PDCA o ciclo di Deming (Fig. n. 2); esso rappresenta un ciclo dinamico che può essere applicato sia al singolo processo sia alla rete di processi. Il ciclo è strettamente associato alla pianificazione, all’attuazione, al controllo ed al miglioramento continuo dei processi stessi. La fase Plan consiste nell’identificare il problema, nell’analizzarlo, nell’individuare le cause PLAN reali, nel definire e pianificare le azioni correttive. La fase Do consiste nel preparare e applicare le azioni correttive DO pianificate. La fase Check consiste nel verificare i risultati delle azioni CHECK intraprese confrontandoli con gli obiettivi attesi. La fase Act consiste: - nello standardizzare e consolidare le azioni intraprese qualora la fase di check si sia conclusa con esito positivo ACT - nel ripercorrere un nuovo ciclo PDCA se i risultati rilevati nella fase di check non sono soddisfacenti. 10 - Focus Gli obiettivi della qualità possono essere riassunti in: - assicurare la soddisfazione del cliente; - assicurare la soddisfazione dell’operatore; - assicurare la soddisfazione dell’azienda (es. maggiore redditività, competitività). Qualità in sanità Fornire prestazioni di qualità diviene, pertanto, una responsabilità primaria delle istituzioni sanitarie che non può prescindere dal dovere morale ed etico di fornire la massima protezione possibile da eventuali danni conseguenti ad errori umani e di sistema. L’errore e la sua gestione in sanità, più che in ogni altro settore, per la natura stessa delle condizioni di debolezza e fragilità del cliente, diventano il tema centrale attorno al quale si sviluppano tutti i percorsi organizzativi che mirano a garantire la qualità del servizio e la soddisfazione dei bisogni del cliente. Per qualità dell’assistenza sanitaria si intende: - rispondere con rapidità, efficacia ed umanità ai bisogni specifici di salute dei singoli e della comunità, con attenzione ad un utilizzo equilibrato delle risorse disponibili ed un pensiero alle generazioni future; - condividere percorsi e procedure sulle priorità assistenziali definite, con un metodo partecipativo, da tutti gli attori presenti nell’organizzazione facendo uso di un adeguato sistema informativo; - utilizzare procedure tecniche e gestionali appropriate nella prevenzione, cura e riabilitazione; misurarle e valutarle, anche in relazione ai Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia loro esiti, con l’obiettivo di migliorarle di continuo; - decidere i cambiamenti che possono migliorare sia gli esiti che la soddisfazione degli utenti e degli operatori. La qualità dell’assistenza è il risultato finale di un complesso intreccio di fattori che riassumono le capacità di gestione di un sistema sanitario, il grado di razionalità nell’uso delle risorse, le sue competenze nel governo delle innovazioni biomediche e di gestione del rischio, la capacità di indirizzare i comportamenti professionali verso scelte diagnostico-terapeutiche giuste ed efficaci. Si intersecano, in questa prospettiva, l’appropriata erogazione di interventi efficaci sotto il profilo clinico ed organizzativo, lo sviluppo e l’utilizzo di tecnologie sanitarie sempre più complesse e sofisticate, la definizione dei bisogni assistenziali da garantire fornendo al paziente la risposta giusta al momento e nel luogo giusto e gli inevitabili vincoli imposti dalle non infinite risorse disponibili. La qualità dell’assistenza infermieristica è l’insieme delle caratteristiche che conferiscono alla prestazione infermieristica la capacità di soddisfare in modo appropriato il bisogno di assistenza infermieristica, nei limiti concessi dalla competenza professionale dell’infermiere, dalla tecnologia, dalle risorse disponibili e dalle caratteristiche degli utenti/clienti. La professione infermieristica si pone, quindi, nell’ottica di individuare i requisiti che permettono di erogare prestazioni infermieristiche personalizzate, basate sulla definizione del bisogno di assistenza della persona. Il ruolo dell’infermiere è sempre più attivo, in quanto ricerca le modalità più adatte per perseguire dei risultati specifici attraverso il soddisfacimento dei bisogni del cliente. Si delinea, in questa prospettiva, un infermiere promotore del cambiamento che lo porta alla posizione di decisore delle proprie attività/prestazioni e di responsabile del risultato conseguito, in quanto ricerca le modalità più adatte per perseguire risultati specifici attraverso il soddisfacimento dei bisogni del cliente. Gli attori, coinvolti nel SGQ, sono gli stessi infermieri che nel quotidiano: - formalizzano un progetto assistenziale centrato sull’utente/cliente in un contesto organizzativo ad esso coerente (pianifica e scrivi quello che decidi di fare); - svolgono le attività decise (fai quello che hai scritto); - rendono evidente e quantificabile la loro attività utilizzando procedure, protocolli, profili di assistenza scritti, condivisi e documentando le azioni svolte e i risultati ottenuti (dimostra quello che hai fatto e che cosa hai ottenuto); - rivedono le loro azioni alla luce degli standard di competenza, delle evidenze scientifiche, delle valutazioni di efficacia e di quelle espresse dall’utenza e progettano miglioramenti realizzabili e misurabili (pensare a come migliorarlo). L’assistenza infermieristica di qualità può essere, quindi, intesa come “livello al quale il processo di assistenza accresce la possibilità di ottenere risultati voluti e riduce quello di ottenere risultati non voluti” (Holtzrer 1980). La qualità, quindi, non è un “opinione” e la si può attuare attraverso: - la motivazione del personale infermieristico e - il completo coinvolgimento dello stesso. Si deve mirare: a) alla definizione di obiettivi compresi, condivisi e sostenuti da tutti gli operatori a tutti i livelli dell’organizzazione; b) alla definizione delle responsabilità; c) alla definizione di standard confrontabili; Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus - 11 d) a rendere sistematici la valutazione e il confronto dei risultati. Quindi: 1) fare ciò che è utile (efficacia teorica); 2) nel modo migliore (efficacia pratica); 3) con il costo più appropriato (efficienza); 4) a chi (accessibilità) e soltanto a chi ne ha bisogno (appropriatezza); 5) facendo esercitare gli interventi sanitari a chi è competente per farlo (competenza); 6) ottenendo i migliori risultati (soddisfazione del cittadino/utente/persona). Il miglioramento delle performance assistenziali non può prescindere dalle seguenti attività: a) recuperare la centralità del cittadino nella pluralità delle sue dimensioni sociali e culturali, per calibrare concretamente il miglior iter assistenziale possibile, riguardo alle principali tipologie di bisogni; b) integrare le competenze degli operatori sanitari con una sistematica attenzione ai temi e ai valori che guidano la qualità percepita dagli utenti; c) comprendere i significati sociali dei processi di salute/malattia, affrontando così la questione della qualità nella sua complessa articolazione; d) valutare il problema della specializzazione e frammentazione delle competenze, che rende difficile l’integrazione interfunzionale dei processi di cura, in particolare per patologie complesse e di lunga durata; e) implementare le prove di efficacia attraverso l’Evidence Based Medicine e l’Evidence Based Nursing (EBM - EBN) nella pratica clinica e nei percorsi assistenziali, tramite la definizione di Linee Guida. Conclusioni L’applicazione dei principi del SGQ ottiene benefici diretti sul raggiungimento degli obiettivi di mantenimento e miglioramento delle capacità e delle prestazioni e permette anche una riduzione dei costi e dei rischi. All’interno del proprio SGQ, l’azienda sanitaria strategicamente può integrare la norma ISO con l’esperienza dell’accreditamento all’eccellenza e con il rischio clinico, per promuovere un approccio professionale che assuma le valenze della EBM/EBN e che sappia trasferire in modo critico nella realtà il contenuto di Linee Guida e 12 - Focus standard nazionali/internazionali. L’integrazione ed il compenetrarsi di sistemi diversi permette di creare un sistema di governo clinico di successo, in grado di ottenere la fiducia degli operatori e di portare miglioramenti reali all’attività assistenziale erogata al cittadino. 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Consigliere Collegio Ipasvi di Brescia Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Strategie per la riduzione delle cadute in ambiente ospedaliero di Luca Maffei*, Maurizio Bertucco*, Luisa Fiorin*, Federica Reccagni*, Giuseppe Cutillo*, Annamaria Indelicato** P Epidemiologia, classificazione ed eziologia del fenomeno remessa Le cadute dei pazienti ricoverati in ospedale o nelle strutture protette, specie se anziani, rappresentano un problema molto rilevante. Esse costituiscono un evento avverso che si verifica frequentemente in ambito ospedaliero e rappresentano la causa di importanti complicanze nel corso della degenza, nonché la causa di invalidità temporanea e permanente della persona. Le cadute possono causare: traumi cranici, danni cerebrali, lesioni degli organi interni, lesioni dei tessuti molli, fratture, ecc. Oltre ai danni fisici, l’anziano sviluppa un forte senso di insicurezza che lo induce a limitare l’attività fisica compromettendo la propria autonomia e la qualità di vita. La letteratura internazionale definisce l’evento caduta in vari modi: Nel 1987 il “Kellogg International Working Group” definì la caduta come un “involontario trasferimento del corpo al suolo o ad un livello inferiore rispetto a quello precedente, includendo anche quello causato da un colpo violento, dalla perdita di coscienza, da un improvviso ictus o da un attacco epilettico”. Secondo World Health Organisation (WHO 2007) la caduta invece viene definita come “cambiamento nella posizione non intenzionale che costringe una persona ad accasciarsi a terra, sul pavimento o ad un livello più basso escludendo il cambio intenzionale della posizione con appoggio a mobili, pareti o altri oggetti”. Secondo l’OMS (2004) si stima che, nell’arco di un anno, è soggetto a caduta il 30-40%, circa, degli anziani che vivono al proprio domicilio. La percentuale sale al 40-50% negli anziani ospedalizzati e al 50% negli ospiti di istituzioni assistenziali1. Nelle case di riposo si stima che vi siano ogni anno 1,5 cadute per posto letto e in media 2.6 cadute per persona2. I tassi più elevati sono per le persone oltre i 75 anni. Questo dato indica che la frequenza delle cadute aumenta con l’avanzare dell’età. Quasi la metà degli anziani che ha sperimentato una caduta va incontro, entro breve termine, a nuovi eventi traumatici. Vari studi dimostrano che sono gli uomini a cadere più frequentemente prima dei 75 anni mentre negli ultra settantacinquenni la situazione si capovolge. Sempre secondo l’OMS, il 95% delle fratture di femore nelle persone anziane segue un episodio di caduta. Tra questi circa il 50% non riprende più il cammino e il 20% muore entro sei mesi. Ogni anno le cadute coinvolgono: • 30% tra i residenti in comunità; • 50% tra i pazienti in nursing home: di cui 2030% > 65 anni e in 1 caso su 10 presenta lesioni importanti3. Dalla letteratura, secondo diversi studi riguardo alle cadute negli ospedali per acuti, risultano notevoli variazioni. Sul totale dei ricoveri si è verificato che le cadute variano tra 2% e 5%, e tra 2,8 a 18,2 cadute per 1.000 giorni di ricovero4. Altri studi osservazionali5 hanno dimostrato Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus - 13 che, il tasso di cadute varia da: • 5 a 18 per 1000 giorni paziente in area geriatrica; • 10 per 1000 giorni paziente, area medica; • 6-9 per 1000 giorni paziente area chirurgica; • 3-7 per 1000 giorni paziente, ma il dato è considerato sottostimato a causa di diffusounderreporting. In Gran Bretagna 1/3 della popolazione oltre i 65 cade e metà di questi soggetti cade almeno due volte. Per quanto riguarda le cadute in ospedale, in Svezia quasi 1/3 delle fratture dell’anca avvengono nella popolazione ospedalizzata. Negli ospedali australiani, il 38% di tutti gli incidenti che avvengono durante il ricovero sono dovuti a cadute (The Johanna Briggs Institute for EBN, 1998). Il 50% dei pazienti anziani residenti in strutture residenziali cade ogni anno e circa il 7% di questi muore a causa della caduta. La Joint Comission For Acreditation Of Hospital Organization, nel rapporto sugli eventi sentinella del 31 dicembre 2005, li segnala fra i primi eventi sentinella6. In Italia, secondo uno studio condotto nel 2000 presso l‘ULSS 22 della regione Veneto, si è evidenziato che la frequenza delle cadute accidentali è pari allo 0,86% su tutti i ricoveri. Mentre uno studio del 2002 condotto dall’ ASL di Empoli, ha rilevato che le cadute di pazienti si verificano nel 4% di tutti i ricoveri e il 13% di queste sono cadute dal letto o dalla poltrona7. Nella Regione Lombardia, secondo un recente studio (IRER 2009), l’incidenza delle cadute è stimata in 8 pazienti per ogni 1000 giorni di degenza. La distribuzione delle cadute, secondo lo studio sopra richiamato, è rappresentata dal 14 - Focus grafico a fianco riportato. Vari studi classificano le cadute come8: • Cadute prevedibili; quando avvengono nei soggetti esposti a fattori di rischio identificabili (disorientamento, difficoltà nella deambulazione, modifiche della marcia causate da patologie neurologiche, ecc). • Cadute non prevedibili; quando sono determinate da condizioni fisiologiche non prevedibili fino al momento della caduta, cadute che non possono essere previste a priori (crisi apoplettiche, vertigini, reazioni ai farmaci, sincope.) • Cadute accidentali; cadute attribuibili a fattori ambientali o a fatalità: quando la persona cade involontariamente (ad esempio scivolando sul pavimento bagnato). Si stima che circa il 14% delle cadute in ospedale siano classificabile come accidentali, l’8% come imprevedibili mentre il restante 78% rientrerebbe fra le cadute prevedibili. Le cadute hanno un’eziologia multifattoriale: Sono stati descritti più di 400 fattori di rischio. L’evento caduta mette in evidenza: • Carenze organizzative: procedure inesistenti o mal applicate, insufficiente comunicazione tra operatori e tra operatori e pazienti e familiari. • Sottovalutazione dei fattori di rischio: età, precedenti cadute, deficit cognitivi, calzature, assunzione di farmaci. • Sottovalutazione dei rischi ambientali: pavimenti sconnessi o scivolosi, gradini non sicuri, mancanza di appoggio, illuminazione inadeguata. La strategia di prevenzione dell’Azienda Ospedaliera M.Mellini di Chiari L’A.O. di Chiari, seguendo le indicazioni contenute nel documento emanato a luglio 2010 dalla Regione Lombardia “Linee di indirizzo e requisiti minimi regionali per l’implementazione di un sistema per la prevenzione e la gestione del rischio caduta del paziente degente in ospeda- Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia le o in RSA-RSD”, ha implementato, attraverso un Gruppo di Lavoro mutidisciplinare specifico denominato GAD Cadute, una strategia di prevenzione multifattoriale partendo dai seguenti elementi: • Inquadramento dei fattori di rischio • Integrazione dei fattori e delle competenze • Interventi di prevenzione/protezione multipli, mirati e specifici • Monitoraggio degli eventi • Formazione ed addestramento del personale Gli obiettivi principali che il Gruppo di lavoro si è posto nell’introdurre programmi di prevenzione sono stati: • ridurre le cadute; • ridurre i possibili danni correlati; • migliorare o mantenere l’autonomia funzionale e la qualità di vita del paziente; • non ridurre in appropriatamente l’autonomia e la mobilità del paziente; • allocare correttamente le risorse disponibili. La strategia complessiva di prevenzione delle cadute è stata definita più nello specifico da una Linea Guida che l’Azienda ha elaborato e adottato dal titolo: “L.G. Aziendale per la prevenzione delle cadute”. Il documento prevede per l’inquadramento dei fattori di rischio del paziente, una valutazione dei rischi intrinseci caratterizzata da una valutazione medica completa (Stato mentale e psicologico, condizioni fisiche e nutrizionali, visus, forza muscolare, andatura ed equilibrio, malattie croniche coesistenti, terapie farmacologiche ), un assessment infermieristico completo che preveda anche l’utilizzo di una scala di valutazione del rischio caduta. Dopo un’attenta ricerca bibliografica, l’Azienda ha scelto di applicare in via sperimentale la Scala Morse per le seguenti motivazioni: • è uno strumento validato per i pazienti ricoverati in degenze per acuti e lungodegenze; • è uno strumento facilmente compilabile; • è uno strumento il cui uso non prevede particolari azioni di formazione/addestramento del personale; • i tempi di compilazione sono molto ridotti (dai 2 ai 5 minuti). La scala di valutazione deve essere applicata: • All’ingresso in reparto secondo modalità previste da appositi protocolli – linee guida; • Quando il paziente viene trasferito; • Quando vengono osservati e registrati cambiamenti delle condizioni del paziente; • Quando intervengono variazioni terapeutiche; • Periodicamente per i pazienti ad elevato rischio; • A seguito di caduta. La valutazione effettuata prevede, come conseguenza: • La registrazione dell’esito della valutazione nella cartella clinica integrata; • L’ attivazione di eventuali ulteriori approfondimenti; • La definizione degli obiettivi assistenziali e pianificazione degli interventi da attivare; • Il monitoraggio, controllo e valutazione dei risultati ottenuti dagli interventi attivati attraverso puntuali registrazioni sul diario infermieristico. La Linea Guida Aziendale prevede altresì un approccio integrato al problema cadute, che sinteticamente si richiama nei paragrafi successivi. Come valutare i rischi di ambienti e presidi A questo proposito è stata messa a punto una check-list per la valutazione della sicurezza degli ambienti e dei presidi - M LG P7 322 002 002 - che contiene i principali fattori di rischio di ambienti e presidi desunti dall’analisi della letteratura. La check-list è organizzata in 5 sezioni Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus - 15 per guidare i valutatori nell’osservazione dei diversi ambienti e dei presidi del reparto. La check-list per la valutazione della sicurezza degli ambienti e dei presidi viene compilata congiuntamente dal Coordinatore infermieristico e dall’Addetto del Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP) in collaborazione con il Servizio Tecnico. La compilazione della check-list andrà effettuata ad un tempo zero (momento in cui si applica per la prima volta la L.G.) e successivamente in occasione di modifiche degli ambienti o dei presidi. Una copia viene conservata in reparto ed un’altra nell’Ufficio del SPP. Gestione del paziente a rischio di caduta Una volta individuato il paziente a rischio di caduta devono essere messe in atto misure atte a ridurre il rischio di caduta. Un fattore limitante la prevenzione delle cadute del paziente è rappresentato dalla consapevolezza che il problema non è completamente eliminabile, che non è possibile garantire una stretta e continua sorveglianza da parte del personale di assistenza e che molto dipende dalla collaborazione dei familiari. La Linea Guida rilasciata dalla Agency for Healthcare Research and Quality statunitense è tra le più recenti ed è inoltre molto chiara ed approfondita. Dalla linea guida AHRQ possiamo trarre le seguenti raccomandazioni con grado di evidenza A, che sono state recepite anche dalla L.G. dell’A.O. di Chiari: 1. Identificare le persone che hanno una storia di cadute, determinare il rischio di future cadute e ridurre i fattori di rischio individuali. 2. Quando è possibile, si dovrebbe considerare la riduzione delle terapie farmacologiche per le persone anziane che prendono 4 o più farmaci e in generale per quelle che assumono psicofarmaci. 3. La minimizzazione dell’allettamento durante il ricovero per pazienti anziani è una misura pratica e realistica che ha implicazioni per la prevenzione delle cadute così come per altre complicazioni acquisite in ospedale. 4. Non c’è nessuna evidenza scientifica che supporta l’uso di mezzi fisici di contenimento come strategia per la prevenzione delle cadute in pazienti anziani. L’infermiere, la contenzione fisica e le cadute Per contenzione fisica s’intende la messa in atto di tutte le procedure, di mezzi e di dispositivi ap16 - Focus plicati al corpo della persona o nello spazio circostante, atti a limitare la libertà di movimento. Anche le spondine applicate al letto del paziente sono un mezzo di contenzione fisica. Per quanto concerne la contenzione fisica essa è ammissibile solo quando è un trattamento terapeutico e preventivo eccezionale. Il Codice Deontologico dell’Infermiere anno 2009, all’art. 30 sancisce che “L’infermiere si adopera affinché il ricorso alla contenzione fisica sia evento straordinario, sostenuto da prescrizione medica o da documentate valutazioni assistenziali”. Nello specifico della contenzione fisica, gli infermieri propongono per l’assistito una decisione terapeutica che tuteli particolarmente il suo interesse: è fondamentale essere codecisori e co-responsabili di una valutazione ”integrata” e non assunta sulla base del giudizio soggettivo di un solo professionista. Come poc’anzi affermato non c’è nessuna evidenza scientifica che supporta l’uso di mezzi fisici di contenimento come strategia per la prevenzione delle cadute soprattutto nei pazienti anziani. Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Formazione dei professionisti La formazione del personale è un elemento fondamentale per la prevenzione delle cadute. Per questo l’Azienda nel corso del biennio 2010/2011 ha progettato una serie di interventi formativi rivolti al personale clinico e di assistenza partendo dalle aree aziendali con maggior rischio, nell’ottica di fornire informazioni e far sviluppare agli operatori le competenze necessarie per essere in grado di valutare e monitorare il rischio di caduta dei pazienti. La finalità del corso era altresì quella di presentare il sistema aziendale per la prevenzione cadute. Informazione ed educazione sanitaria alla persona ed alla sua famiglia Le strategie di educazione del paziente e dei suoi famigliari hanno sempre dimostrato di avere successo nella prevenzione delle cadute. È infatti importante che le persone assistite, valutate ad alto rischio di caduta, ricevano l’ educazione sanitaria rispetto al propri rischi. E’ stato verificato Altre raccomandazioni di grado inferiore fornite dalla letteratura • Bisogna compiere interventi educativi per il paziente e la sua famiglia che devono essere istruiti riguardo i fattori di rischio, i problemi di sicurezza e le problematiche legate alla limitazione della mobilità. • Controllare l’equilibrio e l’affaticamento durante la mobilizzazione e aiutare le persone che presentano sbandamenti. • Aiutare il paziente a deambulare ad intervalli regolari ricorrendo anche ai familiari e ad altri “caregiver”. • Sorvegliare i pazienti in terapia con diuretico e lassativi. • Valutare la possibilità di collaborazione da parte dei parenti o assistenti, specie durante la notte. • Valutare il grado di sedazione eventualmente necessario. • Controllare la funzionalità del letto, del materasso e delle spondine. • Concordare con il paziente ed i famigliari l’eventuale necessità dell’uso delle spondine. • Controllare che le porte delle camere restino aperte e che il paziente non rimanga da solo. che l’educazione sulle cadute riduce la paura di cadere e migliora l’autoefficacia. L’educazione può essere erogata in modi ed in contesti diversi. Gli studi raccomandano sessioni individuali che possono creare un ambiente rassicurante e più personalizzato, consentendo alla persona di porre domande ed all’infermiere di compiere una valutazione più dettagliata; sono altresì molto utili anche specifici opuscoli informativi. Rilevazione e segnalazione della caduta Quando si verifica la caduta di un paziente, la stessa dovrà essere registrata all’interno della cartella clinica da parte del medico e l’infermiere dovrà registrarla nella cartella infermieristica. Contestualmente bisognerà segnalare l’evento caduta attraverso la SCHEDA DI SEGNALAZIONE DELLE CADUTE IN OSPEDALE. La segnalazione, che è obbligatoria, dovrà essere redatta dal medico della Unità Operativa/Servizio/Ambulatorio o dalla Guardia dalla guardia interdivisionale o dal medico di P.S. . La scheda originale va inviata alla Direzione Medica di Presidio Ospedaliero, una copia va inviata all’U.O. Medicina Legale e Gestione del Rischio Clinico e una copia va tenuta in cartella clinica; nel caso di attività ambulatoriali o di servizi diagnostici una copia va archiviata presso il Servizio. Perché è importante segnalare l’evento caduta? • Per permettere agli operatori di richiamare l’attenzione su eventi indesiderati e su condizioni di rischio • Per mettere l’organizzazione nelle condizioni di rendersi conto dei problemi in modo da poter intervenire per la loro soluzione • Per evidenziare precocemente, all’interno delle strutture, possibili nodi critici e condizioni di rischio, così che possano essere messe in atto strategie preventive e di miglioramento per ridurre i pericoli ed aumentare la sicurezza • Per concorrere alla costruzione di banche dati su condizioni ed eventi a rischio utili alla “comunità” professionale. Conseguenze della caduta Le cadute possono causare fratture, lesioni gravi e in taluni casi possono anche portare il paziente al decesso. Il Ministero della Salute ha emesso una lista di eventi sentinella, ossia di eventi avversi di particolare gravità, che causano morte o gravi danni al paziente e che determinano una perdita di fiducia dei cittadini nei confronti del Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus - 17 Servizio Sanitario; tra gli eventi sentinella è stata inserita anche la morte o grave danno per caduta del paziente (evento sentinella n° 9). Qualora la caduta dia origine a un danno per il paziente l’Operatore Sanitario (medico, infermiere o altro professionista coinvolto nell’evento) comunica, anche telefonicamente, quanto accaduto al Risk Manager e alla Direzione Medica di Presidio. La Direzione Aziendale, oltre a prendere in carico il paziente per mettere in atto tutte le misure necessarie per mitigare il danno e ad attivare i dovuti processi di comunicazione con il paziente e i suoi familiari, attiva la procedura di analisi dell’evento sentinella attraverso la Root Cause Analysis o l’Audit Clinico, nonché effettua la rendicontazione alla Regione e al Ministero della Salute attraverso il cosiddetto SIMES – Sistema Informativo per il Monitoraggio degli Errori in Sanità. Considerazioni conclusive Le conseguenze delle cadute oltre a costituire un impatto sociale rilevante, hanno notevoli ripercussioni anche a livello dell’assistenza sanitaria dal momento che i costi sostenuti per cure, l’assistenza e la riabilitazione sono ingenti. Siamo convinti che le Professioni Sanitarie (ed in particolare Medici ed Infermieri) possono dare un grosso contributo, in termini di competenze, 18 - Focus nell’affrontare il rilevante problema delle cadute in Ospedale adottando tutti gli strumenti a disposizione che nell’articolo sono stati richiamati. È altresì evidente che solo attraverso l’implementazione di strategie preventive multifattoriali che tengano conto dell’inquadramento dei fattori di rischio, dell’integrazione dei fattori e delle competenze, di interventi di prevenzione/ protezione multipli, mirati e specifici, del monitoraggio degli eventi e della formazione ed addestramento del personale sanitario, sarà possibile a nostro giudizio una gestione più efficace di questa problematica. L’aspettativa dell’azienda è quella di ridurre il rischio caduta per tutti i pazienti che accedono alle strutture attraverso l’implementazione di un sistema di interventi integrati in grado di valutare in modo completo i pazienti, facendo emergere quelli con un rischio di caduta e quindi pianificando interventi preventivi efficaci, nonché intervenendo sui fattori ambientali e strutturali molto spesso responsabili di caduta. Infine anche i dati aziendali, seppur parziali, ci consentono comunque di affermare che la sensibilizzazione al tema caduta da parte dei Professionisti Sanitari (soprattutto degli Infermieri) è molto aumentata; questo dato è confermato ad esempio dai report relativi alla qualità cartella clinica dell’ultimo quadrimestre 20109, ove si evince che nel 90% delle cartelle cliniche è Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia documentata la valutazione del rischio caduta e che nel 78% del campione si riscontra una pianificazione infermieristica conseguente ai bisogni di assistenza infermieristica legati al problema caduta. Il futuro ci dimostrerà se il nostro piano ha raggiunto gli obiettivi stabiliti. Bibliografia • AZIENDA OSPEDALIERA DI BOLOGNA POLICLINICO S.ORSOLA–MALPIGHI. (2004), “Suggerimenti di pratica clinica per la prevenzione delle cadute dei pazienti in ospedale”, Centro Studi EBN. • AZIENDA OSPEDALIERA DI CHIARI/REG. 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BUHLER H et al. “Characteristics of Hospitals Inpatient Falls across Clinical Departament”, Gerontology, (54) n.6, pp. 54 4. HANGER HC. et al. (1999), “ An analysis of falls in the hospital: can we do without bedrails?” J Am Geriatr Soc. (47) pp: 529-531. 5. OLIVER D. (2008), ”Quality and Safety in Health Care”, pp. 431-436. 5b.SCHWENDIMANN R. BUHLER H et al. “Characteristics of Hospitals Inpatient Falls across Clinical Departament”, Gerontology, (54) n.6, pp. 54. 6. BARELLI P. (2006),”Informazioni dalla letteratura per una buona pratica infermieristica, Prevenzione delle cadute nell’anziano”. Dossier Infad, 5: pp. 6. 7. PALMISANI A. (2009), “Cadute dal letto Prevenzione ospedalizzati: proposte ergonomiche”, Nursing, pp. 52-57. 8. BARELLI P. (2006), ”Informazioni dalla letteratura per una buona pratica infermieristica: Prevenzione delle cadute nell’anziano”. Dossier Infad, 5, pp. 6. 9. Il campione controllato è rappresentato dal 2% del totale ricoveri/anno. * Componenti del GAD, Gruppo Aziendale Dedicato alle Cadute - A.O. M.Mellini di Chiari (BS) ** Direttore Sanitario Aziendale - A.O. M.Mellini di Chiari (BS) Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus - 19 Migliorare l’assistenza e la continuità assistenziale alle persone portatrici di stomie intestinali e urinarie di Simonetta Di Meo* Introduzione La vita della persona sottoposta ad intervento chirurgico con confezionamento di stomia viene pesantemente condizionata da questa nuova situazione. Le implicazioni sociali, psicologiche, cliniche, relazionali e gli atti della vita quotidiana richiedono un processo di adattamento che, per la sua complessità, deve avere inizio prima dell’intervento e proseguire con continuità anche dopo la dimissione dall’ospedale. Tutto ciò è fortemente influenzato dalla tendenza a ricoveri brevi con dimissioni sempre più precoci e dalla scelta di tecniche chirurgiche molto complesse (Colwell e Gray, 2007) con il confezionamento elettivo di stomie temporanee. L’analisi della situazione nel contesto territoriale dell’ASL di Brescia, sondata anche con uno specifico questionario inviato dall’ASL alle strutture di ricovero e cura nel 2007, ha evidenziato che spesso per le persone stomizzate si presentavano delle criticità alla dimissione e nel periodo successivo, legate a: • limitato utilizzo di procedure di preparazione all’intervento; • ridotta attenzione all’educazione terapeutica relativa alla gestione della stomia e alle norme igienico-comportamentali correlate; • ridotta personalizzazione dei percorsi di dimissione e riabilitazione; • interruzione del percorso assistenziale alla dimissione, con assenza di riferimenti 20 - Focus competenti per l’attività di orientamento, consulenza e sostegno alle problematiche assistenziali, psicologiche, burocratiche quando la persona è al domicilio; • vincoli nella prescrizione/fornitura dei presidi, per assistiti con esigenze non costantemente standardizzabili (almeno nel primo periodo) e, in alcuni casi, conseguente inadeguato utilizzo delle forniture protesiche a disposizione. A fronte di tali elementi e dell’elevato numero di persone portatrici di stomie presenti nel territorio (che risultavano essere pari a 1477 nel 2008, in linea con l’incidenza regionale dello 0,12%), si è costituito un gruppo di lavoro interaziendale di medici e infermieri per condividere le criticità e le modalità per affrontarle. Gli infermieri hanno successivamente approfondito le specifiche indicazioni riferite al processo assistenziale ed elaborato gli strumenti organizzativi ed educativi di supporto, formalmente trasmesse alle Direzioni Sanitarie di tutte le strutture di ricovero e cura nel settembre 2007. Per sostenere l’adozione di questi strumenti l’ASL, nell’ambito del progetto qualità, ha previsto uno specifico addendum nei contratti sottoscritti dalle strutture per gli anni 2008 e 2009. Nel giugno 2009, ad un incontro di verifica del percorso con i rappresentanti delle Direzioni Sanitarie e dei SITRA, si è costituito un nuovo gruppo infermieristico interaziendale (Tabella 1) con l’obiettivo di aggiornare il documento e di condividere criteri e obiettivi minimi per l’assisten- Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia za infermieristica ospedaliera, in funzione della dimissione della persona stomizzata. Per raggiungere tale obiettivo il gruppo ha: • valutato l’applicazione delle indicazioni formulate nel 2007; • condiviso le criticità che ancora presenti nel percorso assistenziale e definito gli obiettivi comuni; • identificato i criteri assistenziali ritenuti vincolanti, suddivisi secondo le fasi assistenziali principali; • selezionato e consultato la letteratura recente relativa all’argomento; • revisionato il precedente documento in linea con le nuove evidenze scientifiche; • elaborato/aggiornato in sottogruppi gli strumenti assistenziali/educativi allegati al documento (Tabella 2 – Gli allegati). Scopo del progetto Lo scopo del documento “Assistenza alle persone portatrici di stomie intestinali e urinarie” (formalmente adottato e trasmesso alle strutture di ricovero e cura nel Settembre 2010) è quello di orientare gli infermieri nel loro lavoro, nei differenti setting di pratica, relativamente: • alla valutazione e gestione delle persone con colostomie, ileostomie e urostomie • alla valutazione e gestione della cute peristomale • alla continuità della cura, nel periodo pre-operatorio, post-operatorio e dopo la dimissione • alla relazione terapeutica con l’utente e la famiglia per migliorare la qualità di vita delle persone stomizzate. Ciò avendo ben presente che la gestione e la cura della persona stomizzata non è standardizzabile, i bisogni frequentemente cambiano e richiedono un piano di cura flessibile che tenga conto della complessità della persona. La struttura e i contenuti del documento L’analisi della letteratura ha evidenziato che la ricerca nel campo delle stomie e la pratica evidence-based è limitata e che il livello delle evidenze spesso riflette opinioni di esperti, referenze dalla letteratura grigia, fogli di opinioni e materiali delle conferenze. Le raccomandazioni presentate traggono, per lo più, spunto dal documento “iaBPG Clinical Best Practice Guidelines, “Ostomy Care and Management” 2009, RNAO”, il più aggiornato tra la letteratura attualmente disponibile. Partendo dalle indicazioni del 2007, il documento è stato strutturato in sezioni relative alle diverse fasi del processo assistenziale, per ognuna delle quali sono stati elaborati/aggiornati gli strumenti organizzativi ed educativi ritenuti utili a supportare la traduzione operativa delle indicazioni. Lo sforzo compiuto dagli infermieri esperti presenti nel gruppo di lavoro è stato quello di mettere a confronto la propria esperienza e gli specifici aspetti organizzativi della struttura di appartenenza, per condividere strumenti realmente e trasversalmente trasferibili nella quotidiana pratica assistenziale. Entrando nel merito dei contenuti, l’analisi del background ha messo in evidenza come in tutti i setting, dagli acuti alle cure a lungo termine/residenziali o domiciliari, una persona con stomia richiede cure specializzate che promuovano l’indipendenza e la qualità della vita per l’interessato, il caregiver e la famiglia. La fornitura di tali cure comincia nella fase pre-operatoria, proseguendo nella fase post-operatoria e nel periodo di riabilitazione, permanendo in molti casi per tutta la vita. Date le problematiche che si trova ad affrontare la persona che vive con una stomia anche solo per un periodo temporaneo, la disponibilità di ambulatori territoriali specifici rappresenta un requisito fondamentale per garantire la continuità assistenziale. La gestione della stomia, il trattamento delle complicanze della cute peristomale, l’accesso alla fornitura degli ausili protesici specifici, la consulenza dietetica e il supporto emotivo sono solo alcuni dei bisogni che richiedono consulenze da parte di esperti. Da quanto sopra premesso, deriva la centralità della relazione terapeutica tra l’infermiere e la persona/famiglia. La relazione terapeutica basata su un processo interpersonale è, infatti, un aspetto centrale della cura infermieristica ed è parte integrante nel determinare la qualità della pratica nella relazione paziente/famiglia (College of Nursing, 1999; RNAO, 2002). La relazione terapeutica ha inizio nella fase preoperatoria, per stabilire un rapporto e ottenere accurate informazioni sull’immaginario e i sentimenti rispetto alla malattia, circa l’immagine corporea, il tipo di intervento chirurgico propo- Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus - 21 sto, la vita a casa, la situazione familiare, i ruoli e le relazioni. Tutte le evidenze (Haugen et. al, 2006; Persson et Larsson, 2005; Erwin-Toth, 1999; Olejnic et al., 2005) dimostrano che la relazione terapeutica tra infermieri e pazienti è importante per un’assistenza soddisfacente nella fase post-chirurgica, per l’adattamento a lungo termine alla stomia e per imparare le abilità necessarie per l’autogestione della stomia. A fronte di tali premesse, l’assistenza infermieristica alla persona sottoposta a chirurgia per confezionamento di stomia è stata suddivisa in quattro macro-fasi, articolate in sotto-processi: FASE 1. ASSISTENZA PRE-OPERATORIA che comprende a) la valutazione globale del paziente/famiglia b) il counselling preparatorio c) il disegno preoperatorio (indicazioni, obiettivi e check list) d) la formulazione del piano di assistenza (con diagnosi e pianificazione standardizzata) e) l’apparecchiatura della stomia in sala operatoria (indicazioni, obiettivi e check list) FASE 2 - ASSISTENZA POST OPERATORIA, che comprende a) Valutazione della stomia nell’immediato postoperatorio e della condizione cutanea peristomale ad ogni cambio del presidio (indicazioni, obiettivi e check list) b) Insegnamento della gestione della stomia (stoma care) c) Valutazione delle conoscenze e dell’apprendimento alla gestione dello stoma care d) Definizione del piano terapeutico e prescrizione dei presidi protesici d) Pianificazione della dimissione ospedaliera 3 - FASE DI FOLLOW-UP Per il paziente e la famiglia, dopo l’intervento chirurgico, è raccomandata la valutazione e il follow up da parte di un infermiere enterostomista al fine di ridurre lo stress psicologico, promuovere la qualità della vita e prevenire le complicanze. 22 - Focus Ambulatorio per enterostomizzati e urostomizzati Per gestire al meglio il processo assistenziale e soprattutto garantire la continuità di cura necessaria, viene ribadita l’opportunità che siano istituiti nelle varie organizzazioni aziendali, ambulatori specifici rivolti a soggetti stomizzati, con personale medico e infermieristico possibilmente dedicato, che possa diventare tutor del processo di assistenza e cura. L’ambulatorio è punto di riferimento in grado di affrontare e risolvere i problemi legati alla gestione e alla riabilitazione conseguenti all’intervento subito. Non essendo previsto nell’attuale Nomenclatore Tariffario Regionale un codice specifico per le prestazioni infermieristiche, la linea di comportamento dell’ASL di Brescia è l’assimilazione del trattamento stomaterapico effettuato in ambulatorio al codice 89.01 “anamnesi e valutazione breve”, previa impegnativa che riporti la dicitura sopra citata: • per i soggetti che accedono ad ambulatori di Strutture diverse da quelle dove è avvenuto l’intervento; • per il soggetti che accedono all’ambulatorio della Struttura che ha effettuato l’intervento dopo 30 giorni dalla dimissione. Verifica E’ prevista una verifica dell’andamento complessivo e degli strumenti a 6 mesi (marzo/aprile 2011), tramite un incontro con gli infermieri che hanno collaborato alla revisione del documento. La rendicontazione trimestrale all’ASL dell’applicazione delle indicazioni (allegato 7 del documento) è in capo alle strutture di ricovero e cura, per le quali ha rappresentato un Addendum contrattuale del Progetto Qualità anche per l’anno 2010. Risultati e considerazioni A distanza di 3 anni dall’avvio del percorso, mi sembra importante sottolineare la rilevanza dell’approccio sia in termini metodologici sia per i risultati concreti già evidenti. Rispetto al primo punto, la costituzione di gruppi di lavoro interaziendali consente di attivare un Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia confronto importante tra professionisti che hanno maturato specifiche competenze, non sempre realizzabile all’interno delle singole strutture. La condivisione di esperienze, di punti di forza, di criticità e di strategie realizzate per affrontarle, all’interno di uno specifico contesto locale rappresentato dal territorio dell’ASL di Brescia, ha permesso di creare una rete di professionisti e una sinergia a favore della continuità dell’approccio assistenziale nei confronti delle persone stomizzate. Tale modalità è già stata utilmente sperimentata anche nell’ambito della revisione dei percorsi diagnostico terapeutico assistenziali (PDTA) relativi a scompenso cardiaco e BPCO, consentendo di condividere ed elaborare strumenti per l’educazione terapeutica di persone affette da tali malattie croniche. Per quanto riguarda i risultati concreti, nell’ambito di alcune Aziende Ospedaliere e Strutture di ricovero e cura private accreditate il documento è stato oggetto di incontri di presentazione/ formazione che hanno visto coinvolti tutti gli operatori interessati dal percorso. L’AO Spedali Civili di Brescia e l’AO di Desenzano del Garda hanno inoltre attivato ex novo l’ambulatorio infermieristico per le persone stomizzate. Il documento e gli allegati sono consultabili sul sito dell’ASL di Brescia www.aslbrescia.it nella sezione Operatori -> altre professioni sanitarie -> infermieri. Bibliografia • Assistenza infermieristica alle persone portatrici di stomie intestinali e urinarie, ASL di Brescia Settembre 2010; • Linee guida per l’educazione terapeutica, l’approccio assistenziale specifico e la continuità di cura ai soggetti portatori di stomie intestinali e urinarie, ASL Brescia Settembre 2007; • iaBPG Clinical Best Practice Guidelines, “Ostomy Care and Management” 2009, RNAO. * Infermiera. Responsabile SITRA ASL Brescia Tabella 1 - Il gruppo di lavoro Strutture di ricovero e cura Piera Baiguera – enterostomista - Ospedale S. Orsola - Fondazione Poliambulanza Mauro Bergamelli - enterostomista - A.O. Spedali Civili Stella Calatafimi – enterostomista – Istituto Clinico S. Rocco Eva Contrini – coordinatrice infermieristica - A.O. Spedali Civili Danila Maculotti – enterostomista - Fondazione Poliambulanza Silvano Mazzucchelli – coordinatore infermieristico -Istituto Clinico S. Anna Andrea Pasinetti - enterostomista - A.O. Spedali Civili Patrizia Roda – enterostomista - A.O. Mellino Mellini Simona Rossi – infermiera - A.O. Spedali Civili ASL Brescia Stefania Beruffi – infermiera Dipartimento Cure Primarie Milena Giovanna Guarinoni – infermiera SITRA Simonetta Di Meo – responsabile SITRA Tabella 2 - Gli allegati al documento 1 - Indicazioni per il disegno pre-operatorio 1A - Check list per il disegno pre-operatorio 2 - Piano di assistenza standardizzato 3 - Indicazioni per la prima apparecchiatura in sala operatoria 4A - Check list per la prima apparecchiatura in sala operatoria 4B - Check list monitoraggio della stomia 5 - Indicazioni per il monitoraggio della stomia 6A-6B-6C - Indicazioni per il paziente ileo/colo/ urostomizzato 7 - Scheda di rendicontazione trimestrale 8 - Modello O3 e Programma terapeutico 9 - Certificazione dei presidi protesici necessari 10 - Organizzazione ASL per l’autorizzazione alla fornitura dei presidi protesici 11 - Questionario di verifica delle conoscenze nella gestione dello stoma care 12 - Scheda di valutazione dell’apprendimento nella gestione dello stoma care 13 - Check list per la dimissione. Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus - 23 La valutazione del dolore nell’anziano affetto da demenza di Angelo Benedetti*, Lidia Annamaria Tomaselli** La scarsa propensione alla valutazione del dolore nell’anziano affetto sia da demenza che da altre problematiche che ne limitano fortemente la funzione cognitiva e comunicativa, rimane ad oggi in Italia un problema solo parzialmente risolto. La International Association for the Study of Pain1 (IASP) da tempo ha definito il dolore come: “un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole, associata ad attuale o potenziale danno tessutale”2 e la letteratura spesso ha messo in evidenza la carenza di una cultura del dolore e la riluttanza dei sanitari nel procedere alla sua misurazione. Tale limitata sensibilità, può essere ricondotta essenzialmente a tutti quei fattori che sono riferibili alla persona assistita, al personale componente l’equipe assistenziale e/o all’organizzazione delle strutture residenziali. Attualmente, presso le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) sono accolte persone di età molto avanzata, fragili, portatrici di molteplici patologie, spesso talmente compromesse dal punto di vista funzionale, da versare in una condizione di limitata o assente autonomia. Difficile risulta per loro la gestione dei più semplici gesti di vita quotidiana, nonché l’agire adeguatamente le competenze comunicative-relazionali, poiché afflitti da svariate forme di demenza o da altre problematiche che ne hanno deteriorato ogni funzione cognitiva. La sintomatologia dolorosa associata alle malattie croniche, causa frequentemente disagio, impotenza, frustrazione, inutile sofferenza e contribuisce a generare nell’anziano molteplici disturbi del comportamento, quali l’agitazione, l’aggressività, l’insonnia, i deliri e l’apatia. 24 - Focus Le recenti disposizioni in campo normativo e professionale3 offrono l’opportunità di riflettere sul tema e stimolano l’avvio di un processo di cambiamento culturale, organizzativo, professionale finalizzato alla rilevazione, monitoraggio e gestione della sofferenza nell’agire quotidiano dei professionisti della salute. Per queste ragioni la Fondazione Casa di Riposo di Manerbio Onlus, sia pure tra mille difficoltà, ha avviato questo processo, con un progetto mirato a valutare il dolore nella persona anziana affetta da demenza. La decisione di focalizzare l’attenzione su persone con difficoltà cognitive porta con sè i seguenti aspetti critici: 1) un’alterata capacità di esprimere il dolore da parte dell’assistito per alterazione delle funzioni cognitive-comunicative; 2) una disomogenea sensibilità e competenza del personale sanitario nel valutare e trattare il dolore; 3) la crescente complessità dei bisogni degli assistiti; 4) la limitatezza delle risorse economiche messe a disposizione. L’analisi del contesto che caratterizza la struttura ha evidenziato la possibilità di far leva sui seguenti punti di forza: 1) consuetudine al lavoro d’equipe; 2) stabilità dell’organico; 3) presenza di formatori nell’equipe assistenziale; 4) interesse del team ad affrontare la tematica della valutazione e gestione del dolore. Gli obiettivi del progetto sono: Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia 1. Sviluppare la cultura della valutazione e gestione del dolore nel personale che opera nella struttura; 2. Migliorare l’assessment infermieristico della persona affetta da demenza o portatrice di disturbi cognitivo /comportamentali 3. Ridurre, controllare o eliminare il dolore, nelle persone con demenza, 4. Introdurre strumenti per la valutazione ed il monitoraggio del dolore utilizzabili dalle diverse figure che operano nell’equipe assistenziale. 5. Potenziare il modello di lavoro in team, al fine di garantire la presa in carico della persona, la piena condivisione degli obiettivi assistenziali e la partecipazione di tutti al raggiungimento dei risultati finali. Il progetto si articola in più fasi, attualmente quasi interamente sviluppate, che sono le seguenti: A) Revisione della letteratura e scelta dello strumento di valutazione del dolore. B) Azione formativa. C) Introduzione dello strumento: fase di sperimentazione. D) Valutazione intermedia e finale. delle persone accolte in struttura, secondo ulteriori diversi stadi di avanzamento del progetto: ·Fase 1: sperimentazione iniziale, caratterizzata da almeno due valutazioni del dolore effettuate con la NOPPAIN (ad assistiti affetti da demenza e/o con funzioni cognitive, capacità comunicative alterate) e la VAS (per le persone ancora in grado di agire efficacemente la comunicazione), coinvolgendo in maniera randomizzata complessivamente 30 assistiti. ·Fase 2: estensione della valutazione, alla globalità delle persone accolte in struttura, al fine di valutare la prevalenza e l’intensità della sintomatologia dolorosa nel complesso riferita dall’assistito o rilevata dall’operatore. ·Fase 3: stesura di una procedura inerente le modalità di applicazione della valutazione del dolore da parte di un gruppo di lavoro interdisciplinare e la sua successiva diffusione a tutto il personale della struttura. A) La revisione della letteratura è esitata nella scelta della scala di valutazione del dolore NOPPAIN4 e NRS5 da utilizzare, la prima nelle persone affette da demenza o disturbi cognitivi, comportamentali e la seconda per tutti gli altri anziani ancora in grado di agire efficacemente la relazione, comunicazione. B) L’azione formativa a supporto della introduzione degli strumenti di valutazione del dolore, ha coinvolto tutto il personale sanitario-assistenziale-educativo della struttura, con l’obiettivo principale di sviluppare una cultura della rilevazione, monitoraggio e gestione del dolore, nonché di revisionare le conoscenze e competenze relative alla valutazione dei bisogni della persona in generale e, nello specifico, alla valutazione del dolore. La metodologia formativa prevedeva l’alternanza tra momenti teorici in aula e momenti di formazione sul campo, allo scopo di addestrare gli operatori al corretto utilizzo degli strumenti di valutazione, mediante la guida e supervisione di alcuni formatori e di un esperto. C) L’introduzione dello strumento prevede gradualmente il coinvolgendo della globalità Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus - 25 D) La valutazione intermedia ha consentito di verificare la corretta compilazione delle schede di valutazione, mentre la valutazione finale ha evidenziato il raggiungimento del- l’obiettivo, ossia la valutazione del dolore nella fase di accoglienza dell’assistito, durante l’aggiornamento periodico del fascicolo socio-sanitario, con conseguente revisione Swot Analysis del progetto: “La valutazione del dolore nell’anziano affetto da demenza”. 1) Punti di Forza Punti di debolezza 2) • Interesse del personale a sviluppare una cultura di contenimento del dolore. • Motivazione del personale al miglioramento della qualità del servizio erogato. Ambiente • Presenza di formatori. Interno • Orientamento alla continuità assistenziale. • Orientamento all’assistenza personalizzata • Modello di lavoro in equipe consolidato. • Bassissimo turn-over del personale. 3) Opportunità • Disponibilità di un esperto, che ha già sperimentato nel proprio setting di cura l’adozione di scale di valutazione del dolore. Ambiente Esterno • Maggiore attenzione alla cultura della valutazione e gestione del dolore nelle persone anziane e/o affette da demenza. • Disposizioni legislative e professionali. • Pubblicazioni inerenti la valutazione del dolore. 26 - Focus • Aumento della complessità clinico- assistenziale delle persone accolte in Rsa. • Rilevante presenza di persone con demenza e/o altri deficit cognitivi. • Scarsa disponibilità di risorse economiche. • Aumento del carico di lavoro per il personale. Minacce 4) • Carente erogazione di risorse economiche regionali per le RSA. • Aumento della domanda di accesso alla RSA, da parte di persone afflitte da patologie con sintomatologia dolorosa (acuta o cronica), associata a disturbi del comportamento, deficit cognitivo e difficoltà comunicative. Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia 0 - 10 N.R.S. (NUMERAL RATING SCALE) 0 1 NESSUN DOLORE 2 3 4 5 6 DOLORE MODERATO del PAI (Piano di Assistenza Individuale) e ogni qualvolta se ne manifesti la necessità. Il confronto tra i componenti l’equipe assistenziale, i formatori e l’esperto si è rivelato molto proficuo, in quanto oltre al controllo della correttezza di compilazione delle schede, ha consentito anche la risoluzione di problematiche e dubbi, emersi in fase applicativa. Allo stato attuale ad ogni assistito è assicurata e documentata una accurata valutazione del dolore, il gruppo di lavoro, ha avviato la stesura di un protocollo per la gestione del dolore, che verrà presentato a tutto il personale della struttura. In conclusione, l’attuazione del progetto ha determinato un miglioramento della qualità dell’assistenza, in quanto si è passati: - da una modalità discrezionale di rilevazione del dolore, caratterizzata dall’assenza di strumenti e modalità di registrazione specifici, ad una misurazione e monitoraggio uniforme effettuati attraverso scale di valutazione validate. - dall’attenzione al dolore legata alla sensibilità di pochi operatori, ad una misurazione assicurata ad ogni assistito da parte di tutti gli operatori. - dall’assenza di dati sulla prevalenza del dolore, alla definizione di una prevalenza del dolore pari al 60% nei 30 assistiti del gruppo della fase C1 del progetto; i dati di prevalenza inerenti la totalità degli assistiti (fase C2), le sedi, l’intensità del dolore, le patologie scatenanti/ correlate, sono ancora in fase di elaborazione. - da una scarsa considerazione del dolore da parte del team assistenziale, ad un aumento dell’attenzione che il dolore stesso riceve durante gli incontri dell’equipe assistenziale finalizzati alla revisione dei PAI o alla condivisione delle strategie di gestione degli assistiti. 7 8 9 10 MAGGIOR DOLORE POSSIBILE Note bibliografiche 1. Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore 2. Zanetti E.Valutare il dolore negli anziani affetti da decadimento cognitivo.Assistenza Anziani.2006(2):59-63. - Zanetti E.La valutazione del dolore nell’anziano con decadimento cognitivo.Bollettino SIGG.2008(6):15-24. - Guglielmi L.La valutazione del dolore in RSA.Atti del convegno Grg del 16.09.2005. - Bianchetti A.L’etica delle demenze: un problema emergente.in Trabucchi M.Le demenze.4^ed.2005. - Chiappan C.R. Syrjala K.L.La misurazione del dolore in Bonica’s Management of Pain. ed.it.2002. - Cester A.Morire in istituzione.Firenze.2007. - M. Ercolani, L. Pasquini: “La percezione del dolore”. Le Edizioni del Mulino, 2007. 3. Legge 38 del 15 marzo 2010, ”Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”. - Linee guida sul dolore 2010, pubblicate dal Ministero della Salute. - IPASVI.Codice Deontologico degli Infermieri.Roma.2009. - JCAHO.Standard per la sicurezza del paziente. 2008. 4. NOPPAIN - Non-comunicative Patient’s Pain Assessment Instrument- (Lynn Snow et al, 2004) guida gli operatori ad osservare durante le attività di assistenza diretta, quei comportamenti che suggeriscono dolore. È di facile utilizzo, affina la nostra capacità di osservazione e permette di rilevare possibili comportamenti o espressioni dell’assistito che denotano dolore. 5. NRS:Numerical rating scale * Infermiere coordinatore RSA di Manerbio. ** Infermiere dirigente RSA di Manerbio Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus - 27 NOPPAIN (Non-Comunicative Patient’s Pain Assessment Instrument) NOPPAIN (Non-Communicative Patient’s Pain Assessment Instrument) Nome Check List delle attività Nome del operatore: ______________________ dell’ospite: ______________________ Data: ______________________ Ora: ______________________ INDICAZIONi: l’operatore dovrebbe effettuare almeno 5 minuti di assistenza quotidiana all’ospite osservando i comportamenti che suggeriscono dolore. Entrambe le pagine di questa scheda devono essere completate subito dopo il termine delle attività di assistenza. Hai svolto questa attività? (barrare SI/NO) Hai rilevato dolore mentre la svolgevi? (barrare SI/NO) a) mettere a letto l’ospite OPPURE osservare l’ospite che si sdraia � � SI NO � � SI NO b) girare l’ospite nel letto � � SI NO � � SI NO c)passaggi posturali (letto-sedia, sedialetto, sedia-wc, sedia-in piedi) � � SI NO � � SI NO d) mettere seduto l’ospite OPPURE osservare l’ospite che si siede � � SI NO � � SI NO � � SI NO � � SI NO e) vestire l’ospite Risposta al dolore (Cosa hai osservato o ascoltato problematiche durante le manovre assistenziali?) 28 - Focus Hai svolto questa attività? (barrare SI/NO) f) alimentare l’ospite g) aiutare l’ospite a stare in piedi OPPURE osservare l’ospite mentre è in piedi h) aiutare l’ospite a camminare OPPURE osservare l’ospite che cammina i) fare il bagno all’ospite OPPURE fare una spugnatura al letto Hai rilevato dolore mentre la svolgevi? (barrare SI/NO) � � SI NO � � SI NO � � SI NO � � SI NO � � SI NO � � SI NO � � SI NO � � SI NO Chiedere al paziente: “Sente dolore?” � SI NO Chiedere al paziente: “Le faccio male?” � SI NO Identificazione delle aree Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia � � Parole che esprimono dolore? Espressioni di dolore del viso? Stringere una parte dolente? “Che male!” Imprecazioni Smorfie Sussulti Corrugamento della fronte Irrigidire Tenere fermo “Ahi!” “Vai via!” “Basta!” �SI �NO �SI �NO Quanto intensamente? Quanto intensamente? 0 1 la più bassa intensità possibile 2 3 4 5 la più alta intensità possibile 0 1 la più bassa intensità 2 3 possibile 4 5 la più alta intensità possibile Sfregare una parte dolente? gemiti Massaggiare un’area dolente lamenti pianti borbottii possibilit 3 2 3 4 5 la più alta intensità possibile Irrequietezza? Frequenti cambi di posizione impossibilità a stare fermo; opposizione alle cure �SI �NO �SI �NO Quanto intensamente? Quanto intensamente? Quanto intensamente? 2 0 1 la più bassa intensità possibile ansimi �SI �NO 0 1 la più bassa intensità possibile �SI �NO Quanto intensamente? Versi che esprimono dolore? singhiozzi Proteggersi 4 5 la più alta intensità à 0 1 la più bassa intensità possibile e possibil NOPPAIN 2 3 4 5 la più alta intensità 0 1 la più bassa intensità possibile 2 3 4 5 la più alta intensità poss ibile (Non-Communicative Patient’s Pain Assessment Instrument) Cognome Nome operatore:______________________ Cognome Nome assistito:______________________ Data:______________________ Ora:______________________ Stima del dolore del paziente al massimo livello visibile nel corso dell’assistenza (segna la tua risposta) Dolore insopportabile (10) Dolore intenso (7-9) Dolore moderato (4-6) Dolore lieve (1-3) Assenza di dolore (0) Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus - 29 Dalla teoria alla prassi o dalla prassi alla teoria? Il punto di vista attraverso l’esperienza J.C.I. dell’Ospedale dei Bambini di Brescia di Nadia Regonaschi*, Giovanna Ferretti**, Maria Angela Rizzieri*** Non ha l’ottimo artista alcun concetto c’un solo marmo in sé non circoscriva col suo superchio, e solo a quello arriva la man che ubbidisce all’intelletto Michelangelo Buonarroti, Sonetto XIX Secondo la riflessione del filosofo contemporaneo Gadamer, la condizione necessaria per percepire una situazione è rappresentata da una preconoscenza la quale è spesso ben formata grazie alla teoria, ai principi e all’esperienza precedente. Egli sottolinea che la moderna distinzione tra teoria e prassi, azione e pensiero, è essa stessa più teorica che pratica. L’antica, ma brillante intuizione di Aristotele che afferma: “la prassi non è antitetica alla teoria, poiché la stessa teoria è una forma di prassi”, si adatta a questo contesto e porta a pensare di conseguenza che la scarsa consapevolezza dell’identità infermieristica italiana può essere legata alla insufficiente riflessione su cosa sia la prassi infermieristica e quindi il suo rimando alla teoria. Aristotele chiama phrònesis (o saggezza pratica), la razionalità che guida la prassi, la quale richiede esperienza così come conoscenza. Infatti, essa non è un’acquisizione puramente razionale e una volta sperimentata re30 - Focus sta indimenticabile, ma soprattutto, rispetto alla tecnica, differisce per il fine che è la bontà stessa dell’azione. Sulla base del pensiero di questi filosofi in ogni teoria si riconosce la matrice pratica di provenienza e viceversa, e in ogni teoria si riconosce la via attraverso la quale il professionista si può orientare per la risoluzione dei problemi. La questione saliente non è quella di scegliere la teoria o la pratica, ma di saperle correlare tra loro, affrontando il gap tra teoria e pratica e cercando di ridurlo con un’adeguata formazione di base e permanente. Troviamo che il pensiero di Patricia Benner, teorica del nursing, si adatti perfettamente alla realtà italiana, riscattandola in qualche modo. Infatti, è innegabile che nel nostro Paese la conoscenza delle teorie infermieristiche, e la loro applicazione alla pratica sia ancora molto lontana da ciò che si vive, o si è vissuto nei cosiddetti Paesi all’avanguardia dal punto di vista della cultura professionale infermieristica. La Benner afferma che, il più delle volte, la chiarezza concettuale viene dopo e non prima della pratica: l’esperienza è legata al vissuto, a un processo attivo di revisione e affinamento delle nozioni teoriche nel confronto con la Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia realtà operativa. Anche le teoriche J.E.Paterson e L.T.Zderad con la loro “teoria della pratica” affermano che il nursing è una combinazione tra teoria e pratica, in quanto l’una è il presupposto dell’altra e sono entrambe fortemente presenti nel metodo che guida l’incontro con il paziente. Riguardo alle teorie del nursing molti di noi vi vedono solo un inutile insieme di concetti astratti, incapaci di incidere sulla realtà, altri le considerano componente essenziale della scienza infermieristica, e base di una ricerca propriamente infermieristica. Per questi ultimi, sono le teorie del nursing a definire i rapporti tra infermiere e persona assistita e a spiegare le ragioni per le quali l’intervento dell’infermiere arreca beneficio alla persona che sta vivendo esperienze di salute-malattia. Le situazioni cliniche reali sono di gran lunga più complesse e ricche di sfaccettature e di eccezioni rispetto alle teorie e ai modelli formali. La teoria ha un ruolo significativo perché indica dove cercare i problemi assistenziali e come prevederli e individuarli, ma è poi la pratica che rende concrete le conoscenze teoriche e che cambia il grado di competenza dell’operatore. Non tutta la conoscenza può essere catturata in proposizioni teoriche, ma un’adeguata descrizione della conoscenza pratica è essenziale per lo sviluppo e l’ampliamento della teoria. Teoria che deve essere una cornice di riferimento, ma come ha detto il filosofo Popper, non una prigione. Gli infermieri non vedono l’uomo come oggetto, ma come soggetto del proprio interesse, uomo nella sua interezza, psicobiologica, sociale, culturale. L’adozione di una valida teoria del nursing risulta utile ad un infermiere che vuole essere protagonista dell’assistenza, assumendo sia le decisioni, sia la responsabilità delle conseguenze che ne derivano all’assistito. La teoria del nursing svolge una funzione insostituibile nel contribuire a chiarire la natura della disciplina, cioè il contributo specifico, unico che può dare all’umanità e le modalità con cui fornirlo. Il professionista infermiere deve imparare non solo ad applicare alla pratica nozioni teoriche, ma anche a teorizzare, interpretando la realtà in modo da dare Senso all’intervento assistenziale. L’Ospedale dei Bambini di Brescia e Joint Commission International La ricerca di una qualità sempre più elevata ha assunto un carattere strategico nelle aziende sanitarie a causa di fattori quali una limitazione della spesa pubblica, che impone di evitare sprechi e i disservizi, la necessità di alti standard, dovuta alla crescente competizione tra organizzazioni aventi finalità analoghe, e una domanda più esigente da parte dell’utenza. Nelle esperienze internazionali, in particolare anglosassone, il concetto di accreditamento e la necessità di perseguirlo, nasce dall’attività volontaria dei professionisti sanitari di ricercare metodi e strumenti che consentano la diffusione della cultura del miglioramento continuo e della ricerca dell’ottimo, per garantire la qualità delle prestazioni erogate non inferiore a livelli minimi considerati accettabili, che sia soggetta continuamente a revisione e persegua un costante processo di miglioramento. Rappresenta un importante segno di maturità professionale per cui l’obiettivo finale del miglioramento continuo si persegue coinvolgendo le diverse componenti professionali che rivedranno i processi, e formuleranno gli indicatori di esito, di processo e di performance. Nel 2008 maturò presso la direzione aziendale l’intendimento di accreditare secondo la metodologia Joint Commission International (J.C.I.) l’Ospedale dei Bambini (680 operatori di cui 300 appartenenti al profilo infermieristico) e il percorso di accreditamento è formalmente iniziato con la Site visit nel maggio 2009. Per informazioni circa la struttura dell’Ospedale dei Bambini di Brescia si rimanda al sito http://www.ospedalebambinibrescia.it/home.asp Il progetto Attraverso il racconto dell’esperienza in corso di realizzazione all’Ospedale dei Bambini di Brescia c’è l’intento di proporre ai colleghi alcune riflessioni a partire da uno specifico contesto. In particolare il racconto metterà a fuoco l’ideazione e l’implementazione di una “nuova” documentazione assistenziale, relativa all’accertamento e alla pianificazione infermieristica. Questo progetto si è realizzato all’interno di un percorso, molto più articolato, finalizzato all’accreditamento all’eccellenza secondo gli standard Joint Commission International (J.C.I.). Tutta Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus - 31 l’organizzazione ospedaliera, nelle sue varie componenti ed attività e tutti gli operatori sono stati, con gradazioni diverse, coinvolti. Infatti, è stato necessario occuparsi di struttura, processi di lavoro, competenze professionali, governo ed organizzazione avendo come riferimento il Manuale Joint Commission in cui sono raccolti gli standard che riguardano 3 grandi ambiti: 1. la sicurezza, 2. il paziente, 3. l’organizzazione. Al fine di realizzare quanto necessario, tra l’autunno 2009 ad oggi, sono stati attivati 13 gruppi di lavoro, uno dedicato al governo del progetto, gli altri a tematiche specifiche, uno di questi era relativo alla cartella clinica integrata. La cartella clinica, intesa come l’insieme dei documenti sanitari, che testimoniano le condizioni del paziente ed il processo di cura prestatogli, è all’interno del sistema qualità uno dei nodi cruciali per garantire la sicurezza e la qualità al paziente stesso. Complessivamente i gruppi si sono incontrati circa 200 volte, ed hanno coinvolto nel livello propriamente progettuale un centinaio di operatori appartenenti alle diverse qualifiche professionali. La documentazione assistenziale La scelta, la realizzazione e l’utilizzo della documentazione assistenziale è avvenuta all’interno di questo percorso di qualità, si è quindi confrontata nel suo prodursi con gli altri ambiti del progetto, con gli altri aspetti progettuali presenti in Azienda, con le norme e con l’erogazione quotidiana delle prestazioni. Gli standard JCI richiedono che l’assistenza e le cure fornite a ciascun paziente siano pianificate e documentate in cartella clinica, e che le stesse debbano corrispondere ai bisogni identificati: al mutare dei bisogni del paziente deve corrispondere un cambiamento del piano di cura che deve essere registrato in cartella clinica. In accordo con le scelte iniziali, anche per questo ambito viene dichiarata l’importanza di riferimenti e strumenti che sostengano l’uniformità all’interno del Presidio. Lo sviluppo dei lavori ha visto susseguirsi, ma anche sovrapporsi decisioni ed azioni. I componenti del S.I.T.R. di Presidio hanno iniziato durante il luglio 2009 a discutere e riflette32 - Focus re su contenuti e strumenti a disposizione degli infermieri in quel momento. A tal fine si è provveduto alla mappatura di tutta la documentazione in essere, e ad effettuare una ricerca ed un confronto su quanto utilizzato negli altri ospedali pediatrici italiani, oltre che sulle proposte formative dei corsi di Laurea in Infermieristica da cui si attingono infermieri nel corso degli ultimi anni (Università degli Studi di Brescia e Università Federico II di Napoli), in aggiunta alla mappatura dei percorsi formativi posseduti dagli infermieri in servizio. Nell’ottobre 2009 viene istituito un apposito gruppo detto “documentazione infermieristica”, sottogruppo del gruppo “cartella clinica integrata”. Il sottogruppo inizialmente è stato composto da 2 Infermieri, 2 Coordinatori e dalla Re- Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia sponsabile S.I.T.R. con il mandato di elaborare dei “format” rispondenti agli standard J.C.I. e le relative procedure ed istruzioni operative. Nel frattempo, è stato pensato un I° livello di formazione sugli standard della cartella clinica, diretto ad un gruppo selezionato di operatori (che poi avrebbe avuto il compito di “formare” i colleghi), composto da tutti i Coordinatori, 2 Infermieri per reparto, 2 Medici per reparto (RQL e Referente delle SDO), S.I.T.R., Direzione Sanitaria e Referente dell’U.O. Formazione. A questo punto abbiamo ritenuto importante riflettere sulla scelta del modello teorico di riferimento di cui avvalerci per modulare la raccolta dati, l’accertamento infermieristico e la valutazione. La scelta dapprima effettuata dal S.I.T.R. è stata poi illustrata e condivisa con i componenti del gruppo “documentazione infermieristica”. Abbiamo ritenuto obiettivo prioritario lo sviluppo di un linguaggio di cura comune (standardizzato). A tal fine è stato scelto un modello univoco per tutto il Presidio Pediatrico, su cui sviluppare il format dedicato all’accertamento infermieristico in modo da facilitare il ragionamento diagnostico. Il riferimento adottato è stato quello dei Modelli funzionali della salute di Marjory Gordon, in uso presso il corso di Laurea dell’Università di Brescia Nel prendere in esame gli undici modelli funzionali della salute di Gordon su cui modulare l’accertamento infermieristico, ci si è confrontati con la documentazione infermieristica raccolta e già in uso nei reparti. Sono stati identificati gli item di valutazione dei singoli modelli funzionali, ad esclusione di quelli “sessualità/riproduzione” e “valori/convinzioni”, ritenuti dal gruppo inapplicabili per età dei pazienti e/o competenza degli infermieri durante la fase iniziale del progetto. Della documentazione infermieristica già in uso, gli item già presenti sono stati riclassificati all’interno dei modelli, ed arricchiti da quelli relativi alle nuove variabili. Questa fase ha visto un primo allargamento del campo di discussione realizzatosi informalmente tra i membri del gruppo e i colleghi che hanno fornito il materiale già in uso nei reparti. Il confronto con la “saggezza” degli infermieri clinici ha portato ha una progressiva selezione degli item da considerare. L’elaborazione dei nuovi format infermieristici ha richiesto un lavoro di strutturazione e di revisione delle conoscenze possedute dai com- ponenti il gruppo, attraverso lo studio dei principali testi di riferimento (NANDA-I Diagnosi Infermieristiche definizioni e classificazione 2009/2011; Carpenito L.J., (2009), Diagnosi infermieristiche applicazione alla pratica clinica, Milano: CEA; Gordon M. (2008), Manuale delle Diagnosi Infermieristiche, Edises). In ottemperanza agli International Patient Safety Goals, sono state elaborate avvalendosi della collaborazione di gruppi di professionisti di supporto, la scheda di valutazione/rivalutazione del rischio di cadute e lo screening del dolore con relative procedure ed istruzioni operative. La valutazione e rivalutazione dei format ad opera dei consulenti, considerando non solo gli standard d’accreditamento JCI, ma soprattutto il casemix dei pazienti, l’età evolutiva e la loro complessità assistenziale, ha permesso l’elaborazione di tre tipologie di accertamento iniziale infermieristico: uno per la rianimazione pediatrica, uno per l’area neonatale e l’altro generico per l’area medica e chirurgica, che pur conservando l’impianto generale, hanno assunto connotazioni specifiche alle U.O.. A questo punto lo strumento sviluppato è stato testato in due U.O. dove attraverso il processo di accoglienza di alcuni pazienti, ne viene valutata appropriatezza, chiarezza, completezza, ma anche praticità e tempi di compilazione. Gli infermieri coinvolti forniscono un riscontro positivo di applicabilità. Mentre altri “sottogruppi” del gruppo della cartella clinica integrata producono i format loro affidati (F.U.T., valutazione e pianificazione medica, consensi informati), vengono identificate 4 U.O. pilota dove avviare la sperimentazione della nuova cartella clinica integrata. Allo scopo di avere un panorama il più possibile completo e veritiero, sono stati individuati 3 ambiti di speri- Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus - 33 mentazione (dal 8 febbraio al 12 marzo 2010): • chirurgico, • medico, • neonatale. All’U.O. di Terapia Intensiva Neonatale e di Pediatria, scelti obbligatoriamente perché unici, si sono poi aggiunte due candidature volontarie e cioè la U.O. di Chirurgia e Rianimazione. L’entusiasmo, la volontarietà, la disponibilità a mettersi in gioco ed a sperimentare il nuovo da parte dei professionisti di quest’ultime U.O. ci ha piacevolmente stupito e motivato, ed a posteriori possiamo dire che ha rappresentato la disponibilità ed il sentire poi dimostrati verso questa importante parte del progetto, da parte della maggioranza degli infermieri del Presidio. Il passaggio dalla fase di valutazione a quella di pianificazione ha comportato la discussione di più possibilità: • adottare un modello basato sulla rilevazione dei bisogni e quindi sulla successiva erogazione delle prestazioni (es. Cantarelli), • adottare la tassonomia delle diagnosi infermieristiche NANDA-I, e il “modello bifocale” di L.J.Carpenito, • costruire un modello personalizzato all’ospedale. Allo scopo di maturare una decisione che potesse incontrare il più possibile le esigenze dei 34 - Focus professionisti, e quindi ottimizzare le prestazioni effettuate ai pazienti, nel novembre 2009, in occasione del II° livello di formazione (2 giornate) rivolto a tutti gli operatori dei 4 reparti pilota, è stata riservata la seconda giornata agli infermieri, allo scopo di simulare la valutazione di un paziente partendo da cartelle cliniche chiuse e compilate con la “vecchia documentazione”, e quindi sperimentare la stesura della pianificazione. Gli infermieri suddivisi in 6 gruppi ognuno con un tutor, hanno avuto il mandato di: • verificare la completezza del nuovo format per l’accertamento attraverso la raccolta dati, confrontando quest’ultimo con la documentazione in uso, • sviluppare la pianificazione secondo una modalità a loro scelta. Al termine dei lavori ogni gruppo ha esposto quanto elaborato agli altri gruppi. Per quanto riguarda la valutazione infermieristica iniziale vengono raccolte osservazioni e criticità, ma in generale vi è un ritorno positivo su quanto è stato approntato dal gruppo di progetto. Complessivamente il “nuovo” accertamento consente una raccolta dati più completa e puntuale rispetto allo strumento in uso (infatti alcuni dati richiesti dalla nuova documentazione non erano rilevabili dalla lettura di quella precedente). Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia In merito alla pianificazione, due gruppi hanno utilizzato le diagnosi infermieristiche, mentre gli altri si sono concentrati sui “bisogni” del paziente. Durante l’esposizione del lavoro in plenaria la presentazione della pianificazione compiuta con l’utilizzo delle diagnosi risulta chiara e permette di confrontarsi in merito, mentre il lavoro degli altri 4 gruppi pone molti problemi di comprensione e condivisione ed in generale appare meno “strutturato”. Da questa esercitazione, ma soprattutto dalla riflessione effettuata poi con gli infermieri clinici, si è giunti alla decisione di adottare il sistema NANDA-I, e le pianificazioni di Carpenito. Ai professionisti di ogni U.O. è stato poi messo a disposizione un testo completo di L.J.Carpenito Moyet “Diagnosi infermieristiche. Applicazione nella pratica clinica” e due manuali tascabili. A partire dall’elenco dei D.R.G. prevalenti nelle 4 U.O. in sperimentazione, vengono individuati all’interno dell’elenco NANDA-I le denominazioni delle diagnosi infermieristiche (D.I.) più pertinenti allo specifico contesto clinico pediatrico: ne vengono indicate 50. A questo punto sono stati decisi gli elementi della pianificazione che dovranno comporre il format della scheda dedicata: • Titolo della diagnosi, • Cause, • Obiettivi (elenco dei prevalenti in pediatria), • Interventi (elenco dei prevalenti in pediatria), • Registrazione degli interventi, • Valutazione dell’obiettivo. Ad ogni membro del gruppo vengono affidate alcune D.I. con il mandato di partire dai testi di riferimento per poi formulare una scheda di pianificazione contestualizzata all’Ospedale dei Bambini. Il titolo della scheda deve attenersi rigidamente al linguaggio scelto, mentre per le altre sezioni viene concessa maggior libertà espressiva. Nel confronto in aula gli infermieri “più giovani”, chiedono di strutturare maggiormente la descrizione delle cause che portano alla formulazione della diagnosi, dando visibilità sia ai fattori correlati che a quelli secondari. Le esemplificazioni di alcune pianificazioni, chiamano maggiormente in causa gli infermieri “più esperti” dando risalto alla loro competenza capace di cogliere gli aspetti salienti e prevalenti dell’assistenza infermieristica da erogare al paziente. La preoccupazione circa l’impatto del nuovo sistema di pianificazione sui professionisti e la loro adesione in merito era alta, ed il messaggio che abbiamo voluto lanciare è stato quello che stavamo tutti indifferentemente imparando a dichiarare quella parte di lavoro implicito che quotidianamente stavamo già facendo. Un poco alla volta, infermieri, coordinatori e S.I.T.R., insieme, avremmo trovato le parole e il modo per esprimerlo. All’inizio della sperimentazione è stato reso disponibile alle U.O. un database di schede di pianificazione: 55 D.I. e 28 Problemi Collaborativi (C.P.). L’implementazione della nuova documentazione è stata accompagnata da una supervisione che comprendeva la visita presso le U.O. da parte dei membri del gruppo di progetto e loro collaboratori come consulenti per valutare ed affrontare le difficoltà nella realizzazione della nuova modalità. In particolare, nella quotidianità i vari problemi potevano essere annotati in un apposito quaderno, perché potessero essere visionati e risolti dai singoli consulenti, mentre quelli non risolvibili con questa modalità sono stati discussi durante incontri settimanali di un gruppo di professionisti dedicati, composto dai membri del gruppo di progetto e loro collaboratori, dai Coordinatori Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus - 35 delle 4 U.O., e da un membro dell’U.O. Formazione. La necessità di condividere le riflessioni e i suggerimenti che la pratica clinica poneva è stata costante, e gli aggiustamenti in itinere alle schede delle D.I. e al format per l’accertamento infermieristico sono stati continui. Gli infermieri clinici, spontaneamente ed inaspettatamente in quanto non era stato previsto in fase di progettazione, hanno ampliato l’elenco delle D.I. utilizzate, rielaborando i contenuti della pianificazione. Un esempio per tutti, al termine della sperimentazione ci si è ritrovati con tre schede sviluppate differentemente per lo stesso titolo diagnostico “rischio infezione”, di cui era rimasto uguale solo il titolo, ma non cause, fattori correlati ed interventi. Sulla scorta di quest’esperienza nella fase di diffusione della sperimentazione a tutto l’ospedale, abbiamo sollecitato tutte le U.O. a compiere questo lavoro di scelta di D.I. tipiche per la propria casistica con la relativa contestualizzazione delle pianificazioni. La produzione di schede già predisposte è stata racchiusa in un catalogo di D.I. e C.P. aggiornato a Luglio 2010, che attualmente è a disposizione di ogni U.O. in formato elettronico. Primi esiti Nel 2010 è stata realizzata un’analisi della documentazione assistenziale. Sono state valutate: • completezza della compilazione dell’accertamento e delle pianificazioni introdotte, • item di maggior difficoltà, • D.I. e C.P. aperti ed utilizzati e loro distribuzione per titolo, • utilizzo della “scheda educazione al bambino e ai familiari”. Le maggiori difficoltà riguardanti la compilazione dell’accertamento infermieristico risultano essere, pur con specifiche differenziazioni nelle U.O., gli item riguardanti la “pianificazione della dimissione”, le rivalutazioni della “pianificazione della dimissione”;” e la “lingua parlata dai genitori”. Se lo screening iniziale del dolore e del rischio di cadute vengono rilevati, le successive rivalutazioni presentano problematicità. La valutazione delle pianificazioni introdotte ha permesso di rilevare che di n° 142 documentazioni esaminate, n° 36 titoli diagnostici sono 36 - Focus Tabella I: titoli di D.I. più utilizzati nel Presidio Titolo Diagnosi Infermieristica (DI) Rischio infezione Compromissione comfort Rischio allattamento seno inefficace Allattamento seno inefficace Dolore acuto Rischio caduta Rischio disfunzione neuro vascolare periferica Compromissione ruolo genitoriale Compromissione scambi gassosi Ansia del genitore Altre tot. DI=36 Nr Sk % 53 18 16 25.2 8.6 7.6 15 14 14 13 7.1 6.7 6.7 6.2 9 8 4.3 3.8 7 57 3.3 20.5 210 100.0 Tabella II: titoli di P.C. più utilizzati nel Presidio Titolo Problema Collaborativo (CP) Ipoglicemia Iperbilirubinemia Crisi convulsive Sepsi Ipertensione endocranica (CP) Pneumotorace tot. CP=6 Nr Sk % 9 25.2 4 8.6 2 7.6 1 7.1 1 6.7 1 6.7 18 100.0 riportati in n° 210 schede (media 1,4, tabella I), mentre sono individuati n° 6 problemi collaborativi presenti in n° 18 schede (tabella II). Il titolo diagnostico “rischio di infezione” è rappresentato nel 25,2% seguito da “compromissione del comfort”, mentre il problema collaborativo ”ipoglicemia” (50%) è seguito da “iperbilirubinemia”. Le 21 “schede educazione al bambino e ai familiari” consentono sia la valutazione delle necessità educative sia la registrazione degli interventri educativi, come viene esplicitato Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Tabella III: scheda educazione al bambino e ai familiari nel Presidio Item % Interventi conoscenza della patologia gestione della terapia prevenzione dei rischi follow up Destinatari Genitore 23.8 19.0 4.0 9.5 71.5 28.5 Genitore e bambino Metodo Verbale Verbale-pratico Verbale-scritto 52.5 38.0 9.5 Verifica comprensione si no 85.7 14.3 nella tabella III. Oltre ai principali interventi educativi esposti in tabella, vengono erogati i seguenti altri interventi combinati in percentuale diversa: igiene, alimentazione, uso dei presidi, uso delle apparecchiature sanitarie, gestione del dolore e risorse disponibili in comunità. La successiva condivisione e discussione dei dati con i coordinatori ha prodotto l’attivazione spontanea di forme di audit interni in 3 U.O. Una successiva indagine, condotta sempre nel 2010, volta a indagare la percezione, le osservazioni e le valutazioni degli infermieri direttamente coinvolti nell’utilizzazione della nuova documentazione, evidenzia che essi così si esprimono: circa l’accertamento infermieristico secondo i modelli funzionali della salute di Marjory Gordon essi concordano sulla peculiarità che sia “un’attività propria, specifica e distinta dell’infermiere al momento dell’accoglienza del paziente” (96,9%): in particolare come si evidenzia nella tabella IV, si esplicitano le principali caratteristiche di tale accertamento e il suo utilizzo con le ricadute nella quotidianità professionale. L’88,4% del personale intervistato ritiene la pianificazione assistenziale secondo il modello bifocale di L.J. Carpenito e Diagnosi Infermieri- stiche NANDA, essere la “funzione propria dell’infermiere”, e come si evince dalla tabella V il suo utilizzo consente di poter “pensare prima di erogare” e di registrare in un unico documento gli interventi erogati. Si rinviene invece una diversa articolazione delle ricadute nell’operatività quotidiana: a fronte del 55% che si dichiara in accordo sulla riduzione del tempo necessario al passaggio delle informazioni, si assesta sul 62-63% la facilitazione nel passaggio delle informazioni e della comunicazione fra infermieri, la “competenza dell’infermiere” è tale per il 68,2% nella redazione della scheda educazione al bambino e ai familiari, ed in particolare nella tabella VI vengono esplicate le principali finalità nell’utilizzo di tale scheda. Le tre principali ricadute nell’operatività quotidiana sono valutate dagli infermieri con percentuali simili (tra il 63, Tabella IV: Accertamento infermieristico secondo i modelli funzionali della salute di Marjory Gordon nel Presidio l’accertamento consente: % l’identificazione delle alterazioni rilevate l’identificazione dei problemi e delle situazioni di rischio del paziente la raccolta delle informazioni relative alle condizioni psicosociali e relazionali del bambino e della famiglia la conoscenza e la rilevazione dei dati sul livello di autonomia ricadute sulla operatività quotidiana facilita il passaggio delle informazioni 91.5 favorisce la comunicazione fra infermieri riduce il tempo necessario al passaggio delle informazioni 71.5 88.4 84.5 81.4 69.8 54.3 6% e il 68,8%), è una “attività collaborativa” per l’89,9% la scheda per la gestione del dolore e specificamente, come si evince dalla tabella VII, essa risponde sia alle finalità dell’assistere un bambino con dolore, sia allo standard previsto dal programma di accreditamento. Le tre principali ricadute nell’operatività sono tali in una percentuale fra il 70,5% e il 74,4%. Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus - 37 Tabella V: Pianificazione assistenziale secondo il modello bifocale di L.J. Carpenito e Diagnosi Infermieristiche NANDA nel Presidio la pianificazione consente: % la definizione degli obiettivi per il paziente assistito la pianificazione dell’assistenza l’assistenza personalizzata la scelta degli interventi la registrazione tempestiva degli interventi la valutazione periodica del grado di raggiungimento degli obiettivi la rilevazione dei rischi e delle misure per garantire la sicurezza del paziente 82.2 85.3 75.2 85.3 66.7 79.8 77.5 Tabella VI: Scheda educazione al bambino e ai familiari nel Presidio le schede educative consentono: % l’identificazione delle necessità educative del bambino e della famiglia la registrazione tempestiva degli interventi educativi Il raggiungimento degli obiettivi educativi 79.1 77.5 75.2 Tabella VII: Scheda per la gestione del dolore nel Presidio la scheda consente: % la valutazione iniziale e continua del dolore del piccolo la definizione degli obiettivi relativi al contenimento del dolore la registrazione degli interventi terapeutici il monitoraggio clinico 38 - Focus 90.7 82.9 84.5 85.3 Alcune riflessioni L’importanza e la rilevanza sociale della pratica infermieristica derivano dalla loro diretta connessione alla cura del paziente, e la pratica infermieristica deve fare i conti non soltanto con la teoria, ma con le condizioni in cui essa si attua, con le politiche istituzionali, con le priorità politiche, con l’assegnazione delle risorse economiche, all’interno di un sistema multiprofessionale La prassi si “misura” obbligatoriamente con il contesto che assume contemporaneamente sia il significato di vincolo che di risorsa. Una delle condizioni che permette ad una azione di “darsi” è uno spazio e un tempo specifico in cui realizzarsi; pertanto è solo assumendo il vincolo di un contesto (il reparto, la competenza dei professionisti, il tempo lavoro a disposizione, …) che possiamo concretizzare dei gesti di cura. Nelle scelte relative ai riferimenti teorici da adottare, ai modelli gestionali necessari a condurre il progetto abbiamo cercato di far si che venissero poste domande. Domande che aiutassero a far emergere la conoscenza che era/è nascosta nell’esperienza, attraverso percorsi di “nominazione”, organizzazione, correlazione, condivisione. Nella fase pre-progettuale ci si è interrogati su “come fare la valutazione/accertamento e la pianificazione?” Molto rapidamente si è dovuta riformulare la domanda da “come” a “quale valutazione e pianificazione?”. Dal confronto tra le prassi in uso e “quella valutazione”, “quella pianificazione” è emersa la grande domanda: “perché?” Ci sembra che una qualità così intesa, appartenga alla natura di un’assistenza infermieristica che si può avvalere della teoria, ma che contemporaneamente non eluda i dati e le domande che la prassi lavorativa pone e/o impone. Ci piace quindi ricordare una frase di V. Henderson (1978) “Occorre tornare a fare “teoria” della pratica clinica: ogni brava infermiera è una teorica ed una ricercatrice clinica”. L’esperienza maturata, pur evidenziando le difficoltà nell’uso delle diagnosi infermieristiche in riferimento alle manifestazioni, ai fattori correlati e secondari, ed agli interventi specifici per l’ambito neonatale e pediatrico, ha avuto l’esito di rendere il personale infermieristico consapevole del proprio ruolo, permettendogli di apprezzare sul campo quanto un percorso di accre- Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Piano formativo primo e secondo semestre 2011 Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Marzo Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici Imparare a dirsi addio. Il ruolo dell’infermiere nell’accompagnare la persona nella fase finale della vita 31 marzo e 1 aprile 2011 dalle 9 alle 17 14 crediti ECM (in attesa di conferma) Quota iscrizione: Iscritti Brescia Euro 45,00 (pranzo incluso) Altri Collegi Euro 67,50 (pranzo incluso) Studenti gratuito Apertura iscrizioni 1 marzo 2011 Aprile Corso per infermieri Riconoscere e gestire il delirium 7-14 aprile 2011 dalle 14.30 alle 18.30. 8 crediti ECM (in attesa di conferma) Quota iscrizione: Iscritti Brescia Euro 15,00 Altri Collegi Euro 22,50 Studenti gratuito Apertura iscrizioni 7 marzo 2011 Corso per infermieri La documentazione sanitaria-assistenziale in Rsa 21-28 aprile e 5 maggio 2011 dalle 14.30 alle 18.30 12 crediti ECM (in attesa di conferma) Quota iscrizione: Iscritti Brescia Euro 20,00 Altri Collegi Euro 30,00 Apertura iscrizioni 21 marzo 2011 Maggio Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici La progettazione della formazione degli adulti 2, 3 e 9 maggio 2011 dalle 9 alle 17 21 crediti ECM (in attesa di conferma) Quota iscrizione: Iscritti Brescia Euro 60,00 (pranzo incluso) Altri Collegi Euro 90,00 (pranzo incluso) Apertura iscrizioni 2 aprile 2011 Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia VALUTAZIONE GRADIMENTO RIVISTE TEMPO DI NURSING E TEMPO DI NURSING NEWS Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Cognome ____________________________________ Nome ________________________ Indirizzo ______________________________________ Tel. _________________________ Email ________________________________ In quale struttura svolge la Sua attività (Azienda Ospedaliera/Presidio Ospedaliero, ASL, Clinica, università, RSA, Unità Operativa, Sede, Libera Professione: settore d’intervento, sede) __________________________________________________________________________ Incarico svolto __________________________________________________________________________ Rivista Tempo di Nursing Barrare con una crocetta la casella che maggiormente corrisponde al giudizio da Lei attribuito agli indicatori individuati per valutare il gradimento della rivista Tempo di Nursing, pubblicata dal Collegio IP.AS.VI. di Brescia, secondo il gradimento sottoriportato 4 Completamente soddisfatto 3 Molto soddisfatto 2 Poco soddisfatto Per niente soddisfatto Come giudica la veste grafica e l’impaginazione della rivista? Esprima l’interesse attribuito agli articoli Come giudica l’utilità della rivista in riferimento alla Sua attività? Esprima il Suo giudizio sui tempi di consegna della posta, rispetto alla data di emissione della rivista Come giudica il numero di pubblicazioni annue (tre) della rivista? 4 4 4 4 3 3 3 3 2 2 2 2 1 1 1 1 4 3 2 1 Quali altri aspetti fondamentali, ritiene debbano essere presi in considerazione per migliorare ulteriormente il servizio? __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ Eventuali osservazioni e/o suggerimenti __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ Preferisce ricevere la rivista tempo di Nursing □ Solo in formato elettronico □ Solo in formato cartaceo □ Entrambi M INFO 002 Rev.00 Pag. 1 di 2 19.6.2009 Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Rivista Tempo di Nursing News Barrare con una crocetta la casella che maggiormente corrisponde al giudizio da Lei attribuito agli indicatori individuati per valutare il gradimento della rivista Tempo di Nursing News, pubblicata dal Collegio IP.AS.VI. di Brescia, secondo il gradimento sottoriportato 4 Completamente soddisfatto 3 Molto soddisfatto 2 Poco soddisfatto 1 Per niente soddisfatto Come giudica la veste grafica e l’impaginazione della rivista? Esprima l’interesse attribuito alle notizie riportate Come giudica l’utilità della rivista in riferimento alla Sua attività? Esprima il Suo giudizio sui tempi di consegna della posta, rispetto alla data di emissione della rivista Come giudica il numero di pubblicazioni annue (tre) della rivista? 4 4 4 4 3 3 3 3 2 2 2 2 1 1 1 1 4 3 2 1 Quali altri aspetti fondamentali, ritiene debbsano essere presi in considerazione per migliorare ulteriormente il servizio? __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ Eventuali osservazioni e/o suggerimenti __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ Avrebbe preferito compilare il questionario direttamente sul web? □ Sì □ No Grazie per la collaborazione Le risposte ricevute serviranno a migliorare il servizio offerto agli iscritti. Per qualsiasi chiarimento contattare la segreteria del Collegio IP.AS.VI. Il Consiglio direttivo NB: il questionario dovrà essere inviato via Fax al seguente numero: 03043194 Oppure potrà essere spedito per posta al seguente indirizzo: Via P. Metastasio 26 – 25126 BRESCIA M INFO 002 Rev.00 Pag. 2 di 2 19.6.2009 Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia VALUTAZIONE GRADIMENTO RIVISTE TEMPO DI NURSING E TEMPO DI NURSING NEWS Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Giugno Corso per infermieri e assistenti sanitari L’infermiere libero professionista e la medicina del lavoro 10 giugno 2011 dalle 9 alle 17 7 crediti ECM (in attesa di conferma) Quota iscrizione: Iscritti Brescia Euro 25,00 (pranzo incluso) Altri Collegi Euro 37,50 (pranzo incluso) Apertura iscrizioni 10 maggio 2011 Settembre Corso per infermieri e assistenti sanitari Il tirocinio nella formazione degli operatori di supporto fine settembre 2011 dalle 9 alle 18 8 crediti ECM (in attesa di conferma) Quota iscrizione: Iscritti Brescia Euro 25,00 (pranzo incluso) Altri Collegi Euro 37,50 (pranzo incluso) Apertura iscrizioni 1 settembre 2011 Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici (2 uditori) L’infermiere di territorio e la rete dei servizi fine settembre 2011 dalle 9 alle 13 4 crediti ECM (in attesa di conferma) Quota iscrizione: Iscritti Brescia Euro 10,00 Altri Collegi Euro 15,00 Apertura iscrizioni 1 settembre 2011 CONVEGNO Convegno per infermieri L’utilizzo della contenzione fisica nella pratica clinica: cambiare è possibile! 19 maggio 2011 dalle 14,00 alle 20,00 4,5 crediti ECM (in attesa di conferma) Evento gratuito ISCRIZIONE OBBLIGATORIA sul sito IPASVI BS Apertura iscrizioni 1 aprile 2011 CONVEGNO Convegno per medici, infermieri, assistenti sanitari, infermieri pediatrici, ostetriche Fragilità, povertà e diritto alla salute 22 ottobre 2011 dalle 8,30 alle 17,30 4,5 crediti ECM Evento gratuito ISCRIZIONE OBBLIGATORIA sul sito IPASVI BS Apertura iscrizioni 15 settembre 2011 ISCRIZIONI Per iscriversi è necessario collegarsi al sito www.ipasvibs.it e seguire le istruzioni. La quota di iscrizione comprende: partecipazione al corso, materiale didattico, coffee break, pranzo (ove previsto). Le iscrizioni si chiudono 7 giorni prima della data di inizio del corso. NON è previsto il rimborso della quota di iscrizione per coloro che rinunciano a partecipare al corso. I corsi saranno annullati se le iscrizioni sono inferiori al 50% dei posti previsti: in questo caso la quota di iscrizione sarà interamente rimborsata. Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Ottobre Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici (2 uditori) L’accreditamento professionale volontario: una sfida per il futuro degli infermieri fine ottobre 2011 dalle 9 alle 18 16 crediti ECM (in attesa di conferma) Quota iscrizione: Iscritti Brescia Euro 45,00 (pranzo incluso) Altri Collegi Euro 67,50 (pranzo incluso) Studenti gratuito Apertura iscrizioni 1 ottobre 2011 Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici Il governo clinico dei processi assistenziali (1 edizione) 8 ottobre 2011 dalle 9 alle 18 8 crediti ECM (in attesa di conferma) Quota iscrizione: Iscritti Brescia Euro 25,00 (pranzo incluso) Altri Collegi Euro 37,50 (pranzo incluso) Studenti gratuito Apertura iscrizioni 8 settembre 2011 Corso per infermieri Le cadute nell’anziano: strategie di prevenzione 6-13-20 ottobre 2011 dalle 14.30 alle 18.30 12 crediti ECM (in attesa di conferma) Quota iscrizione: Iscritti Brescia Euro 20,00 Altri Collegi Euro 30,00 Studenti gratuito Apertura iscrizioni 6 settembre 2011 Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici L’organizzazione di studio/ambulatorio infermieristico ottobre 2011 dalle 9 alle 13 4 crediti ECM (in attesa di conferma) Quota iscrizione: Iscritti Brescia Euro 10,00 Altri Collegi Euro 15,00 Apertura iscrizioni settembre 2011 Novembre Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici Il governo clinico dei processi assistenziali (2 edizione) 19 novembre 2011 dalle 9 alle 18 8 crediti ECM (in attesa di conferma) Quota iscrizione: Iscritti Brescia Euro 25,00 (pranzo incluso) Altri Collegi Euro 37,50 (pranzo incluso) Studenti gratuito Apertura iscrizioni 19 ottobre 2011 Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici La narrazione nei luoghi della cura 24-25 novembre dalle 9 alle 17 14 crediti ECM (in attesa di conferma) Quota iscrizione: Iscritti Brescia Euro 45,00 (pranzo incluso) Altri Collegi Euro 67,50 (pranzo incluso) Studenti gratuito Apertura iscrizioni 24 ottobre 2011 Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici La formazione degli operatori di supporto: proposta di linee guida per l’insegnamento nelle aree “igienico sanitaria” e “tecnico operativa” novembre dalle 9 alle 18 8 crediti ECM (in attesa di conferma) Quota iscrizione: Iscritti Brescia Euro 25,00 (pranzo incluso) Altri Collegi Euro 37,50 (pranzo incluso) Studenti gratuito Apertura iscrizioni ottobre 2011 Corso per infermieri, assistenti sanitari (2 uditori) La costruzione di un progetto quale strumento dell’infermiere libero professionista 2 giornate in novembre 2011 dalle 9 alle 18 16 crediti ECM (in attesa di conferma) Quota iscrizione: Iscritti Brescia Euro 45,00 (pranzo incluso) Altri Collegi Euro 67,50 (pranzo incluso) Studenti gratuito Apertura iscrizioni ottobre 2011 Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Da una forma perfetta all’essenza della forma … contemplando le Pietà di Michelangelo ditamento volontario può apportare alla qualità assistenziale. Accanto agli sforzi compiuti per migliorare la capacità di scrivere e documentare, è stato basilare concentrarsi sull’accuratezza nel descrivere i problemi del paziente, in relazione a ciò che si pianifica, facendo partecipi i piccoli pazienti e le loro famiglie. Produzione di conoscenza Il momento di sperimentazione della documentazione rappresenta anche un’occasione di riflessione collettiva, che unisce i diversi professionisti che partecipano all’esperienza: osservare e discutere insieme e reciprocamente il proprio lavoro contribuisce a migliorare la capacità critica e a rafforzare i processi di progettazione e di decisione che precedono le iniziative seguenti. L’utilizzo della documentazione come strumento che favorisce la capacità di esplicitare, di “oggettivare” le scelte compiute evidenziandone la correlazione con le proprie conoscenze, comporta anche la possibilità di una maggiore consapevolezza della propria biografia professionale nella sequenza dei diversi percorsi realizzati. Rispetto a questo approccio la documentazione rappresenta un linguaggio comune attraverso cui realizzare il confronto ed attivare processi di benchmarking interni ed esterni una comunità professionale. Michelangelo disse che la statua era già nel blocco di marmo: il suo compito sarebbe stato semplicemente quello di togliere le parti di marmo in eccesso. Il grande artista teorizzava che per scultura è da intendersi solo quell’arte che “... si fa per forza di levare”. Da tenere ben presente che una volta tolto un pezzo da una massa originale, non può più essere messo a posto; pertanto è indispensabile un controllo sulla tecnica. Fin dai tempi più antichi gli scultori hanno fatto ricorso all’uso di “modelli” di piccole dimensioni, in creta o in cera, che servivano sia per l’elaborazione iniziale dell’idea “plastica” sia come punto di riferimento durante la lavorazione. La forma si realizza scavando, tirando fuori dalla massa del marmo il “bello” che dentro c’è. Ma non è un’operazione scontata, un gesto sbagliato lascia il segno sulla pietra, è richiesta una grande padronanza degli strumenti di lavorazione. I modelli non sono l’opera d’arte, ma permettono di elaborare le idee che sono punto di riferimento durante il lavoro. Nel constatare quanto l’assistenza infermieristica sia un insieme di gesti, ad alto contenuto fisico, che lasciano tracce, segni sul corpo del malato il pensiero di Michelangelo è particolarmente illuminante. La continua rivisitazione, con una progressiva limatura/riduzione, che gli item dell’accertamento hanno avuto, ci pare un’operazione “… per forza del levare”, in molti casi sostenuta da infermieri esperti, quelli che Michelangelo direbbe dotati di controllo sulla tecnica. I modelli funzionali della salute di Gordon sono serviti per l’elaborazione iniziale dell’idea di accertamento e possono essere dei punti di riferimento nella valutazione del paziente. Ispirandoci alle parole dello scultore e sulla scorta delle sue opere, osserviamo come il paradigma della Pietà, ha assunto sembianze diverse. Lo scultore e il tema sono i medesimi, ma il blocco di marmo e il tempo sono differenti. L’artista ha fornito progressivamente interpretazioni diverse della deposizione del Cristo. Da una forma, giovanile, “finita” dove la superficie era perfettamente levigata, i particolari numerosi e compiutamente riprodotti, i personaggi composti e quasi sereni lo scultore è passato, durante la senilità, a una forma che perde contorni e confini, diventa “informe”e lascia spazio da protagonista Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Focus - 39 alla materia. Scompaiono i drappeggi delle vesti, la superficie levigata, i dettagli. Emerge intenso il significato del gesto della deposizione. Michelangelo, fa del non-finito il vero e proprio tema delle sue opere più suggestive e moderne. Il non-finito come scelta volontaria e consapevole, unico modo per esprimere anche il non-detto (dall’artista), oppure, se preferiamo, il non-visto (dall’osservatore), un non-finito, quindi, di valenza fisica e psicologica, un modo per porre delle domande e sollecitare delle risposte, perchè più il discorso dell’artista è incompiuto ed indefinito, più sollecita lo spettatore a completarlo e ad interpretarlo. Dalla teoria alla prassi o dalla prassi alla teoria? Questa esperienza, come ci pare anche l’esperienza clinica degli infermieri esperti, ci suggerisce di non fare in merito al quesito una scelta di campo o/o ma e/e. Riformulando allora l’interrogativo iniziale possiamo dire dalla teoria alla prassi E dalla prassi alla teoria, dove il primo e il secondo termine non sono fissi, ma possano essere scambiati tra di loro per mantenere una relazione che sia sempre generativa di nuova conoscenza. Bibliografia • Benner, P.E., L’eccellenza nella pratica clinica dell’infermiere, McGraw-Hill, Milano, 2003. • Calamandrei, C. “Riflessioni sull’ infermieristica e sulla scienza infermieristica”, Nursing Oggi, n. 3, 2003 pp.16-24. • Fawcett, J., Newman, B., Hinton Walzer, P., J., „Sg the discipline Top 10 unfinisched issues to inform the nursing debate in the millennium“, Journal of Advanced Nursing, Jan Forum, 35 (1), 2001, pp. 138-138. • Edwards, S., Liaschenko J., “On the quest for a theory of nursing” Nursing Philosophy, n.4, 2003, pp. 1-3. • Manara, D.F., “Il conflitto tra teoria e prassi nell’assistenza. L’assistenza pratica”, Nursing Oggi, n.3, 2002, pp. 16-28, n.4, 2002, pp. 18-27. • Manara, D. F., Verso una teoria dei bisogni dell’assistenza infermieristica, Lauri Edizioni, Milano, 2000. • Manzoni, E., Storia e filosofia dell’assistenza infermieristica, Masson, Milano,1996. • Motta, P., “La scienza infermieristica alle soglie del terzo millennio: teorie e modelli italiani. Interviste a M. Cantarelli, P. Chiari e R. 40 - Focus Zanotti”, Nursing Oggi, n. 2, 1999, pp.15-30. • Nelson, S., Gordon, S., McGillon, M., “ Saving the practice- Top 10 unfinisched issus to inform the nursing debite in the new millenium”, Nursing Inquiry, 2002, 9 (2), pp. 63-64. • http://en.wiktionary.org/wiki/quality • http://etimologias.dechile.net/?calidad • http://www.etimo.it/?pag=hom •http://it.wikipedia.org/wiki/Pietà_ vaticana#Bibliografia • http://www.homolaicus.com/arte/metodo.htm • http://bmcr.brynmawr.edu/1998/1998-07-13.html * Inf. Coordinatore S.I.T.R. Ospedale dei Bambini, A.O. Spedali Civili di Brescia, ** Inf. Responsabile S.I.T.R. Ospedale dei Bambini, A.O. Spedali Civili di Brescia, ***Inf. Coordinatore, U.O. Formazione A.O. Spedali Civili di Brescia Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Comunicazioni del Collegio Infermieri stranieri: riflessioni e proposte di Ermellina Zanetti, Angelo Benedetti, Stefano Bazzana L a situazione bresciana differisce in modo anomalo dalla situazione nazionale. Gli infermieri stranieri ci sono, lavorano nelle strutture sanitarie e socio sanitarie della nostra provincia, ma non sono iscritti al nostro Collegio I nfermieri stranieri: una presenza necessaria I risultati ottenuti dall’indagine, condotta dal Coordinamento dei 10 Collegi IPASVI della Regione Lombardia, indicano che complessivamente gli infermieri italiani e stranieri iscritti agli Albi della regione Lombardia, al 31 dicembre 2009, sono pari a 53.916 unità, (di cui circa 4.000 stranieri), ai quali si sommano 1.023 infermieri pediatrici. Si evidenzia, pertanto, che i 9.742.676 cittadini residenti in Lombardia al 31 dicembre 2008 potevano contare su una presenza di 5,6 infermieri ogni 1000 abitanti, dato ben al di sotto della media nazionale, che si attesta al 6,2/1000, o di quella europea, pari a 8,9 infermieri per 1.000 abitanti (dati OCSE). La soluzione adottata per colmare il deficit è l’assunzione di infermieri stranieri, tanto che nel triennio 2005-2007 gli infermieri immigrati iscritti ai Collegi sono quadruplicati passando da 6.735 a 30.639 unità in tutta Italia. Tra i Paesi più rappresentati vanno annoverati la Romania, la Polonia e la Bulgaria in Europa, il Perù, la Colombia, il Brasile in America Latina, la Tunisia in Africa, l’India in Asia. Gli stranieri rappresentano una componente non marginale tra gli infermieri. Alla fine del 2008, risultavano infatti iscritti ai Collegi Ipasvi di tutta Italia 33.364 stranieri, in gran parte (82,1%) concentrati al Centro-Nord e per quasi la metà (42,3%) costituita da extracomunitari. A livello nazionale, gli stranieri rappresentano poco meno del 10% del totale degli iscritti (9,4%), arrivando a superare il 12% nel Nord-Est. Significativa, ma molto meno rilevante, la presenza di infermieri stranieri al Sud e nelle Isole, dove si registrano valori intorno al 5%. Mediamente, gli iscritti stranieri risultano di circa tre anni più giovani Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Comunicazioni - 41 dei loro colleghi italiani (39,2 contro 42,4 anni); la differenza di età arriva a sfiorare tuttavia i 7 anni nelle Isole (Federazione Nazionale Collegi Ipasvi, 2009). In alcuni casi la loro concentrazione raggiunge quote importanti: è il caso di Trieste, dove il 10% di infermieri è di nazionalità slovena, o di grandi strutture private, come il San Raffaele di Milano, che conta il 18% di infermieri non italiani, o ancora di numerose residenze sanitarie assistenziali del territorio lombardo che accolgono molti infermieri stranieri sia in regime di dipendenza che con altre forme contrattuali (soprattutto cooperative). Il lavoro in RSA e a domicilio (spesso iniziando come “badanti”) rappresenta spesso il primo impiego in Italia (Blasi et al, 2010). La realtà bresciana Secondo i dati elaborati e aggiornati al 31 gennaio 2011, il totale del numero degli iscritti all’albo del Collegio Ipasvi di Brescia è pari a 7.643 dei quali 7.290 (95,4%) Infermieri, 284 (3,7%) Assistenti Sanitari e 69 (0,9%) Infermieri pediatrici. Gli iscritti stranieri sono 465 dei quali 459 (98,7%) Infermieri, 1 (0,2%) Assistente Sanitaria e 5 (1,1%) Infermieri pediatrici. Gli iscritti stranieri provenienti da paesi comunitari sono 294 (3,8%) e coloro che provengono da paesi 42 - Comunicazioni extracomunitari sono 171 (2,2%). Rispetto alla provenienza la situazione si presenta come segue: • Europa: 85,6%. • America del Sud: 6,7% • Africa: 4,9%; • Asia: 2,8%; I cittadini rumeni rappresentano oltre il 50% degli iscritti stranieri: sono infatti ben 243 (52,3%). Il dato si conferma anche a livello nazionale (Federazione nazionale Collegi Ipasvi, 2009) Mediamente gli iscritti stranieri risultano di circa 5 anni più giovani dei loro colleghi italiani (38,2 contro 43,2 anni). Le donne sono il 92,2% tra gli stranieri comunitari, il 78,4% tra gli extracomunitari. Tra gli italiani iscritti al Collegio di Brescia le donne sono l’86,2%. Il dato più interessante riguarda la prevalenza di iscritti stranieri che a Brescia è del 6%. Appare evidente che il dato è inferiore sia alla media nazionale, pari a 9,4%, sia a quella di Collegi vicini quali il collegio di Milano Lodi dove la prevalenza di stranieri è pari al 10%. Se ai dati associamo la percezione di un numero elevato di infermieri stranieri che lavorano nelle Residenze per Anziani e nelle strutture ospedaliere private accreditate e le numerose segnalazioni giunte in Collegio rispetto ad una non adeguata conoscenza della lingua da parte degli infermieri stranieri, appare evidente che vi sia una maggiore presenza nella nostra provincia di infermieri stranieri rispetto a quanti risultano iscritti al nostro albo. Ciò è reso ancora più evidente se si analizzano i dati dei nuovi iscritti relativi agli ultimi tre anni (2008-2009-2010): mentre a livello nazionale si è registrato un progressivo e costante aumento di infermieri stranieri tra i neo iscritti, che nel 2008 risultavano essere il 28,4% delle iscrizioni complessive, con punte del 35,5% nei Collegi del Nord-Ovest e addirittura del 42,3% nelle Isole (Federazione nazionale Collegi Ipasvi, 2009), a Brescia si è osservata una riduzione tra il 2008 e il 2009 (dal 20% al 13% di neo iscritti stranieri) con un lieve aumento nel 2010, sempre al di sotto della media nazionale, con una prevalenza di nuovi iscritti stranieri pari al 21%. Riflessioni e proposte Dai dati esposti appare chiaro che la situazione bresciana differisce in modo anomalo dalla Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia situazione nazionale. Gli infermieri stranieri ci sono, lavorano nelle strutture sanitarie e socio sanitarie della nostra provincia, ma non sono iscritti al nostro Collegio. La ragione principale consiste nel fatto che da anni il Collegio prima dell’iscrizione (nuova iscrizione o trasferimento da altro Collegio) valuta il requisito della conoscenza e padronanza della lingua italiana mediante un test proposto e valutato da un Istituto Linguistico certificato che attribuisce un livello di conoscenza confrontato con lo standard europeo di riferimento (Livello B1 del quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue). Coloro che non superano il test sono invitati ad approfondire la lingua italiana prima di iscriversi all’esame sostenuto dinnanzi ad una commissione composta da due consiglieri e da un docente di italiano, il cui giudizio condiziona l’iscrizione. Certamente questa procedura, se da un lato garantisce una valutazione oggettiva della conoscenza e padronanza della lingua italiana (compito attribuito dalla legge ai Collegi), dall’altro richiede un tempo maggiore per l’iscrizione, condizione non gradita agli infermieri stranieri e alle organizzazioni che si occupano di reperire infermieri stranieri per il nostro territorio. Il Consiglio Direttivo del Collegio IPASVI di Brescia ha ritenuto di rivolgersi a queste organizzazioni, in particolare alle agenzie interinali, con l’obiettivo di attivare una collaborazione virtuosa che da un lato non svilisca l’iscrizione a mero atto formale e dall’altro accorci i tempi necessari alla stessa, fermo restando la valuta- zione oggettiva del possesso della conoscenza e padronanza della lingua italiana mediante il test proposto e valutato da un Istituto Linguistico certificato. A tale scopo è stata attivata la mappatura sul territorio delle agenzie interinali che si occupano di reperire infermieri, sono state convocate separatamente 3 agenzie che rispondevano al criterio e, anche sulla scorta delle loro osservazioni, è stata rivista la procedura di iscrizione. Siamo, infatti, convinti della necessità che gli infermieri stranieri che lavorano nella nostra provincia siano iscritti al nostro Collegio per due ragioni: 1) è possibile controllare il loro operato e intervenire in situazioni che ci vengono segnalate perché non conformi a quanto previsto dalla normativa; 2) è possibile la tutela dei diritti degli infermieri stranieri che più degli altri sono esposti a situazioni di sfruttamento. Nella commissione Infermieri stranieri è da quest’anno presente una collega rumena (i cittadini rumeni rappresentano oltre il 50% degli iscritti stranieri al nostro Collegio) alla quale abbiamo chiesto di aiutarci a conoscere e comprendere le difficoltà dei colleghi che si inseriscono nelle nostre realtà. Crediamo, infatti, che i processi di integrazione degli infermieri stranieri risulteranno più efficaci se sono considerate e comprese le loro singole culture, se sono conosciuti i percorsi di formazione vigenti nei vari paesi e le difficoltà incontrate nell’ambito dell’esercizio professionale. Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Comunicazioni - 43 La commissione ha inoltre curato una pagina del sito (disponibile anche in lingua inglese, rumena e serbo croata) dedicata agli infermieri stranieri e ha attivato due sedi (una Residenza Assistenziale per Anziani e un’unità operativa ospedaliera) dove è possibile effettuare un periodo di affiancamento, per circa un mese, con la collaborazione di colleghi infermieri disponibili, al fine di conoscere l’organizzazione del lavoro prima dell’inserimento lavorativo. Conclusioni Riferimenti normativi Decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (gu n. 303 del 30/12/1989), Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello stato (convertito in legge n. 39 del 28 febbraio 1990). Legge 6 marzo 1998, n. 40, Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. L’apporto di professionisti stranieri rappresenta certamente per il nostro Paese e per la nostra Provincia una fonte indispensabile affinché possa essere garantito un adeguato servizio, data la situazione di carenza di personale infermieristico. Inoltre l’invecchiamento della popolazione, con conseguente presenza di cronicità e fragilità, sta causando un forte aumento della popolazione anziana bisognosa di assistenza, sia a livello clinico/ospedaliero sia a livello domiciliare e dei servizi. Ciò lascia presagire, che a fronte di questi accresciuti bisogni, stante la deroga ai flussi migratori per la nostra professione, aumenterà sempre più anche la presenza di infermieri stranieri. Il contributo che essi danno è costellato da sforzi e rinunce non indifferenti: oltre ad accettare incarichi generici pur essendo spesso specializzati, questi colleghi si sottopongono a sforzi notevoli per imparare la lingua e la legislazione italiana, per abituarsi alle nostre procedure e ai nostri modus operandi, per formarsi e dare soddisfazione affinché il loro posto di lavoro sia il più duraturo possibile. La qualità dell’assistenza erogata ai cittadini sta a cuore al Collegio quanto le condizioni di lavoro di tutti gli infermieri, italiani e stranieri. Questi ultimi, forse più degli altri, vanno accolti e supportati. Ministero del lavoro e della previdenza sociale, Direzione Generale per l’Impiego, Servizio per i problemi dei lavoratori immigrati extracomunitari e delle loro famiglie, CIRCOLARE N. 53 del 18 maggio 2001, “D.P.R. del 30.3.2001 - Documento Programmatico 2001/2003. DPCM del 9.04.2001 Decreto di programmazione dei flussi per l’anno 2001. Disposizioni attuative”. Bibliografia Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276, Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30. • Federazione nazionale Collegi Ipasvi Rapporto 2008: Albo IP: analisi dei flussi, , 2009 • Silvia Blasi, Boubacar Daou, Giovanni Muttillo, Miriam Magri. Infermieri stranieri in Italia. I luoghi della cura 4 (8);2010: 25-29 44 - Comunicazioni Legge 30 luglio 2002, n. 189, Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo. Decreto Ministro della Salute del 18 giugno 2002, Autorizzazione alle regioni a compiere gli atti istruttori per il riconoscimento dei titoli abilitanti dell’area sanitaria conseguiti in Paesi extracomunitari ai sensi dell’art. 1, comma 10ter, del decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402, convertito in legge dall’art. 1 della legge 8 gennaio 2002, n. 1. (Gazzetta Ufficiale n. 159 del 09 Luglio 2002)Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n.502, Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421. (G.U. Serie Generale n. 305 del 30 dicembre 1992). Legge 14 febbraio 2003, n. 30, Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro. Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Assemblea Annuale degli Iscritti Brescia 5 marzo 2011 Relazione del Presidente di Stefano Bazzana Quest’anno l’assemblea ordinaria degli iscritti si è tenuta invertendo il tradizionale ordine del giorno, che vedeva la premiazione finale degli iscritti, aprendo i lavori con un momento celebrativo e la consegna di un dono ricordo alle colleghe e ai colleghi per i 35 e i 50 anni di iscrizione all’Albo. Per i 35 anni di iscrizione: Addis Maria, Barbariga Elide, Barbieri Elvira Sr.Giovanna, Bodini Giuseppina, Caravaggi Clara, Casali Guido, Cristini Eleonora, Di Pietro Marcella Sr.Elena, Fausti Francesco, Ghirardi Elisabetta, Giugno Daniela, Imperadori Amalia, Laureti Angela Sr.Romana, Leandri Renata, Losio Rosa Marisa, Maranga Enza, Mazzucchelli Giovanna, Morgano Giorgio, Novazzi Maria Giuseppina, Omassi Assunta, Paris Antonio, Pietti Erika, Pola Olga, Pola Elvia, Sega Francesco, Smussi Lodovica Sr.Elisa Sorlini Emila, Tarletti Maria, Tedeschi Domenica, Trolese Salvatore, Zucchi Bruna. Per i 50 anni di iscrizione: Elettra Cerioni, Delia Dusi, Fulvia Mazzei Congratulazioni e un grazie da parte nostra a tutti loro, per quanto hanno fatto in tanti anni per la professione e soprattutto per le persone assistite. La premiazione della signora Elettra Cerioni Gentili colleghe, egregi colleghi, a nome del Consiglio Direttivo e del Collegio dei Revisori dei Conti vi ringrazio per la partecipazione a questa assemblea ordinaria del Collegio Ipasvi di Brescia, che rappresenta un momento importante di informazione, confronto e discussione dei temi a cui l’organismo di rappresentanza professionale è preposto. Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Comunicazioni - 45 La premiazione dei colleghi con 35 anni di iscrizione all’Albo E’ un’occasione formale per fare insieme un bilancio: illustrare le attività svolte nell’anno precedente e quelle programmate per l’anno in corso, ma è anche un momento per condividere i traguardi raggiunti e gli impegni futuri. Si prospettano le politiche professionali ed i progetti da realizzare allo scopo di garantire un adeguato sviluppo professionale degli iscritti ed un miglioramento del servizio offerto ai cittadini. In linea con queste premesse, al fine di dare il benvenuto ai nuovi iscritti che sono entrati a far parte della comunità professionale nel corso dell’anno 2010, l’assemblea inizia con la lettura del primo articolo del Codice Deontologico da parte della neolaureata Dr.ssa Chiara Bonazza. Segue la proiezione del filmato curato da alcuni consiglieri ed iscritti che hanno scelto altri 16 articoli del Codice, recitati da altrettanti colleghi ripresi nei loro contesti di lavoro. Ai neolaureati presenti, in occasione del 150 anniversario dell’Unità d’Italia, il Collegio ha fatto omaggio dell’edizione speciale della Costituzione Italiana. Relazione attività anno 2010 Ferma restando l’attività istituzionale e di segreteria è ormai consuetudine consolidata per il Collegio di Brescia l’assegnazione delle attività progettuali e formative alle diverse commissioni. Per il secondo anno, infatti, sono stati fissati gli obiettivi di ciascuna commissione permanente che, oltre alle attività ordinarie, ha curato la 46 - Comunicazioni progettazione e l’erogazione dei corsi di formazione nel campo specifico. Per lo stesso motivo ogni Responsabile di Commissione fa parte del Comitato Tecnico Scientifico, organismo previsto dal Sistema Regionale ECM/CPD. COMMISSIONE PER LA REDAZIONE DELLA RIVISTA Componenti Consiglio Direttivo: Anna Iannelli (coordinatore), Moreno Crotti Partel; componenti esterni: Carla, Noci, Piera Baiguera, Paola Busi, Patrizia Bevilacqua, Nadia Regonaschi, Luca Maffei, Enrico Ballerini. Incontri della Commissione nel corso del 2010: n. 9 Gli obiettivi della Commissione Tempo di Nursing per il 2010 miravano alla continuazione della linea editoriale inaugurata nel 2009 e alla pubblicazione di tre numeri della rivista nel corso dell’anno. Riguardo al primo obiettivo è stato mantenuto il formato editoriale del dossier focalizzando la rubrica focus nel n. 56 sull’inaugurazione della nuova sede del Collegio Ipasvi e nel n. 57 sul tema della morte. Il secondo obiettivo non è stato raggiunto a causa dell’aumento delle tariffe di spedizione e della conseguente impossibilità di copertura economica. La mancata pubblicazione del n. di dicembre della rivista ha reso impossibile anche il raggiungimento del terzo obiettivo, ovvero la rile- Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia vazione e l’analisi del gradimento da parte dei colleghi cui la rivista è indirizzata, obiettivo che viene riproposto per l’anno 2011. Nel corso del 2010 la Commissione Tempo di Nursing ha contribuito alla pianificazione formativa del Collegio proponendo due eventi formativi: il primo, dal titolo “La narrazione nei luoghi della cura” non ha avuto sufficienti adesioni ed è stato annullato; il secondo dal titolo “La gestione del rischio nelle organizzazioni sanitarie” è stato effettuato in due edizioni. Per l’anno 2011 la Commissione intende mantenere e consolidare il rapporto comunicativo con i colleghi iscritti al Collegio, anche attraverso un sempre maggiore coinvolgimento delle diverse realtà, ospedaliere, extraospedaliere e territoriali in cui gli infermieri operano. A questo fine, nell’approfondimento monotematico contenuto nella rubrica focus, si è cercato nel corso del 2010 e si continuerà nel 2011, di coinvolgere le diverse organizzazioni sanitarie e assistenziali in cui la professione infermieristica è rappresentata, sollecitando la pubblicazione di esperienze. COMMISSIONE FORMAZIONE Componenti del Consiglio Direttivo: Ermellina Zanetti (coordinatore), Carla Agazzi, Anna Iannelli, Daniela Massussi; componenti esterni: Emma Carli, Monica Coccoli, Laura Manara, Lucia Molinari, Carla Noci Obiettivi 2010 realizzati Realizzare, anche attraverso la collaborazione con altri enti e/o associazioni almeno 3 convegni rivolti ciascuno ad oltre 200 professionisti Sono stati proposti due Convegni: La cura alla fine della vita 20 febbraio 2010 Aula Magna G.Tovini Università Cattolica del Sacro Cuore – Sede di Brescia Via Trieste, 17 Brescia. Hanno partecipato: 282 infermieri, 6 assistenti sanitari, 26 medici, 50 studenti corso di laurea in infermieristica per un totale di 364 iscritti. Attualità e Prospettive della Professione Infermieristica. 20 marzo 2010 Aula Magna Facoltà di Medicina, Università degli Studi Brescia. Hanno partecipato: 366 infermieri, 9 assistenti sanitari, 4 infermieri pediatrici, 94 studenti corso di laurea in infermieristica per un totale di 473 iscritti Nel 2010 il Collegio IPASVI di Brescia ha riottenuto l’accreditamento in qualità di Provider Regionale per la Formazione ECM CPD. La commissione ha supportato la realizzazione di 13 corsi accreditati ECM (per massimo 30 partecipanti) proposti dalle singole commissioni (ne sono stati proposti 20 di cui 7 annullati per insufficiente numero di iscrizioni). I corsi sono stati realizzati presso la sede del Collegio e vi hanno complessivamente partecipato 274 professionisti. E’ stata infine attivata la convenzione a tariffe dimezzate con il Collegio Milano-Lodi per favorire l’accesso degli iscritti al programma NursingFad. COMMISSIONE “FORMAZIONE OPERATORI DI SUPPORTO” Componenti del Consiglio Direttivo: Lidia Tomaselli (Coordinatore), Carla Agazzi, Angelo Benedetti, Ermellina Zanetti ; componenti esterni: Lorena Cavagnini, Angela Di Giaimo, Massimo Paderno, Agnese Scalmati Obiettivi per il triennio 2009-2011 1. formazione e consulenza nei confronti degli infermieri che si occupano di FOS (formazione degli operatori di supporto); 2. stesura linee guida per la FOS (partendo da quelle pubblicate dalla Provincia di Brescia nel 2008); 3. costituzione commissione “formazione operatori di supporto” in seno al Coordinamento Collegi Lombardi; 4. dialogo e collaborazione con i referenti in Regione della FOS della formazione degli operatori di supporto e formulare proposte migliorative; promuovere l’aggiornamento dell’elenco dei presidenti ed esperto delle commissioni d’esame alla luce anche di quanto previsto dalla delibera della formazione dell’ASA Attività svolta nel 2010 1. realizzazione di due corsi di aggiornamento a completamento del percorso di formazione, confronto e consulenza ai colleghi che si occupano di formazione degli operatori di supporto: 2. criteri di valutazione del tirocinio nel percorso di formazione degli operatori di supporto; 3. criteri di valutazione nell’esame finale del percorso formativo ASA e OSS; 4. stesura di una prima bozza delle linee guida Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Comunicazioni - 47 Alcuni dei giovani neolaureati presenti alla loro prima Assemblea in collaborazione con un gruppo di colleghi esperti nella formazione, sperimentazione della prima versione presso il CFP Vantini” di Rezzato. La Commissione “Formatori Operatori di Supporto” ha iniziato una collaborazione con la D.G. Sanità, in particolare per la nomina delle figure di Presidente ed Esperto nelle commissioni degli esami finali OSS e per le modalità di conduzione degli stessi. Un ringraziamento a tutti i collaboratori che hanno partecipato ai lavori della commissione, i partecipanti ai corsi di formazione che hanno di fatto reso interessante il dibattito e possibile la crescita del gruppo e il Consiglio Direttivo che ha sostenuto le proposte e i lavori della commissione stessa. COMMISSIONE INFERMIERI STRANIERI Componenti del Consiglio Direttivo: Benedetti Angelo (coordinatore),Magna Elisa, Rossini Silvia, Tomaselli Lidia: componenti esterni : Busi Paola, Cavagnini Lorena, Cristea Raluca Mihaela, , Matteotti Desirè, Pace Stefania. Docenti di italiano: Bassi Sergio, Pattini Chiara, Paroli Ernesto. Principali attività anno 2010 • Somministrazione test per la certificazione della conoscenza della lingua italiana a Infermieri stranieri che sostengono l’esame d’iscrizione presso il nostro Collegio: n. 47 48 - Comunicazioni • Somministrazione test per la certificazione della conoscenza della lingua italiana a Infermieri stranieri trasferiti da altro collegio: n. 17 • Colloqui informativi e d’orientamento (anche telefonici): n. 28 • Insediamento Commissione d’esame: n. 4 (candidati 27 dei quali 17 hanno ricevuto attestazione di idoneità) • Incontri Commissione: n. 6 • Stranieri inseriti nel percorso di “Uditorato formativo”: n. 2 • Eventi formativi progettati e realizzati: n. 3 COMMISSIONE LIBERA PROFESSIONE Componenti del Consiglio Direttivo: Giovanna Bertoglio (Coordinatore), Carla Agazzi, Diego Amoruso, Anna Maria Iannelli; Componenti esterni: Augusta Bezzi, Massimiliano Chimini, Laura Gorni, Francesca Leccardi, Gemma Persavalli, Antonella Sancius, Maria Serina, Agostino Spagnoli Principali attività anno 2010 • n° incontri commissione interna: 32 • n° incontri commissione esterna: 5 • n° colloqui individuali: 50 • Contatti con la cassa ENPAPI per problematiche riguardanti i singoli professionisti 12 • Richieste di pubblicità sanitaria: 5 • Verifica documentazione per apertura/cessazione studi associati/Cooperative: 3 Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia • Eventi formativi: 3 • Gestione dell’elenco Libera Professione. COMMISSIONE PARERI LEGALI FISCALI E PROFESSIONALI. Componenti del Consiglio Direttivo: Stefano Bazzana (Coordinatore), Diego Amoruso, Angelo Benedetti, Ermellina Zanetti; componenti esterni: Lucia Calzoni, Marita Goings, Francesca Leccardi, Cristina Razzini Attività anno 2010 Incontri Commissione: n.5 Incontri con iscritti: n. 14 Redazione Pareri Commissione: n. 43 Redazione Pareri Consulenti: n.9 Pubblicazione pareri: n. 8 COMMISSIONE PROFESSIONALE ACCREDITAMENTO Componenti del Consiglio Direttivo: Moreno Crotti Partel (Coordinatore), Marina Bruna Bertoli, Elisa Magna, Desiree’ Matteotti; componenti esterni: Barbara Apollonio, Lorena Cavagnini, Anna Ferrari, Elena Angela Pasotti, Silvia Rossini, Maria Angela Rizzieri, Rosaria Susta 2 incontri nell’anno 2010: dopo le dimissioni del Coordinatore Claudio Prandelli la nuova Commissione ha ripreso il discorso avviato nell’anno precedente, perseguendo gli obiettivi di sviluppo e crescita della professione attraverso l’accreditamento professionale. Il Collegio ha inoltre partecipato con propri rappresentanti agli incontri promossi da vari Enti, Comitati e Istituzioni in cui è presente. Il Presidente ha partecipato, unitamente ai Collegi Lombardi, agli incontri e ai tavoli tecni- ci presso la D.G. Sanità per la definizione del fabbisogno di personale del S.S.R. per l’A.A. 2010/2011 e 2011/2012. Nell’anno 2010 è stato rilevante l’impegno profuso dai Collegi Lombardi nella causa legale contro la Regione per il riconoscimento di provider “pubblici” e conseguente riduzione delle tariffe ECM/CPD, che peraltro ha avuto proprio in questi giorni un esito positivo. L’attività del Collegio si è inoltre espressa: • Nei 25 incontri del Consiglio Direttivo per la realizzazione delle attività istituzionali fra cui le iscrizioni (243) e le cancellazioni (109) con un saldo positivo annuale di 134 iscritti che porta il numero complessivo a 7645 (gennaio 2011). • Nei periodici incontri delle Commissioni e del Collegio dei Revisori dei Conti per il raggiungimento degli obiettivi specifici. • Nella collaborazione con le rappresentanze dei cittadini e con organizzazioni politiche, sociali, professionali. • Nella partecipazione alle Commissioni d’esame per operatori di supporto (2 rappresentanti per 29 sessioni) su richiesta della Regione e alle Commissioni di Laurea Università Statale e dell’Università Cattolica (2 rappresentanti per 33 giornate). • Nella collaborazione attiva con il Coordinamento Regionale Collegi Lombardi (18 incontri). • Partecipando ai Consigli Nazionali, aderendo agli indirizzi della Federazione IPASVI (7 incontri). Il presidente comunica che nell’ultimo Consiglio Nazionale è stato approvato il Regolamento per l’Istituzione dei Coordinamenti Regionali e si è celebrata la medaglia d’oro assegnata dalla Protezione Civile a CIVES (Infermieri per l’emergenza), per l’attività svolta in Abruzzo. Progetti Realizzati 1. Ricerca Multicentrica sull’utilizzo della Contenzione in Ospedale, RSA, Centri di riabilitazione (Collegi Ipasvi di Brescia, Milano e Aosta). La ricerca ha coinvolto 3281 posti letto in ambito ospedaliero e 6829 posti letto in RSA 2. Indagine conoscitiva in collaborazione con Ordine dei medici sulle attività degli infermieri che lavorano nell’area delle cure primarie Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Comunicazioni - 49 Alcuni partecipanti all’Assemblea Eventi 2010 • Comune di Brescia: Le sfide future della sanità bresciana, 16 gennaio 2010 • Convegno UIL: Quale Servizio Infermieristico in Regione Lombardia, 30 gennaio 2010 • La cura alla fine della vita, Università Cattolica, 20 febbraio 2010 • Giornate 19 e 20 marzo 2010: Attualità e prospettive della Professione Infermieristica • Intervento della Vicepresidente al Convegno “Papilloma Virus”, Darfo Boario T., 17/4/10 • Intervento del Presidente al Convegno nazionale di psicooncologia, Brescia 6 maggio 2010 • Intervento al Convegno “Indicatori di complessità”, Poliambulanza Brescia • Intervento al work shop della Federazione su See&treat, Bologna 10/09/2010. • Saluto al Convegno Prof. Giulini, Università di Brescia, 17/09/2010 • Intervento del Presidente al Convegno Cives, Montichiari 9/10/2010 • Saluto ai Rettori Università degli Studi di Brescia (25 e 30/10/2010) • Intervento al Corso Ordine dei Medici (2,9 e 16 ottobre 2010) • V Conferenza Nazionale IPASVI, Bologna 6 e 50 - Comunicazioni 7 ottobre 2010 • Cassa di Previdenza ENPAPI, Roma 28 ottobre 2010 • Convegno AIL, Brescia 13 novembre 2010 • Intervento del Presidente al Convegno Cisl, Brescia 26/11/2010 Ora la parola passa al tesoriere ma prima voglio esprimere un sincero ringraziamento ai tanti colleghi che hanno collaborato nel corso dell’anno 2010, ai consulenti che ci hanno supportato nei campi specifici (fiscale, legale, informatico, sicurezza, qualità, consulente del lavoro…) Alla nostra Responsabile della Qualità Marina Bertoli che ha garantito il rinnovo della Certificazione del Collegio completando il passaggio alla nuova normativa ISO (16 incontri) e alle impiegate che garantiscono una continuità di presenza e di raccordo tra i diversi organi del Collegio, i consulenti e gli iscritti. Il tesoriere Angelo Benedetti passa quindi ad illustrare all’Assemblea, il Rendiconto generale economico finanziario dell’esercizio 2010 e nello specifico si esaminano dettagliatamente il rendiconto economico-finanziario competenza 2010 ed i residui attivi e passivi al 31.12.2010. (Pubblicati sul sito) Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Al termine della presentazione del bilancio consuntivo 2010, presenta la sua relazione il presidente dei revisori dei conti Sig. Vitaliano Tidoni che conclude esprimendo un giudizio favorevole sulla veridicità del bilancio consuntivo stesso e lo pone all’approvazione dell’assemblea degli iscritti. Il Presidente si appresta a porre all’approvazione degli iscritti il Bilancio Consuntivo, che rappresenta la valorizzazione economica delle attività svolte. Il bilancio consuntivo 2010 viene approvato all’unanimità. Relazione Programmatica Anno 2011 Dal programma triennale…“Sii il cambiamento che vorresti vedere nel mondo” Lo sviluppo che la professione ha conosciuto negli ultimi anni impone al Collegio un ruolo politico e una capacità organizzativa sempre crescente. Il mandato è impegnativo ma la sfida è esaltante. La forza per condurla arriva anche dalla collaborazione dei molti che nelle varie Commissioni hanno dato la loro disponibilità e che ringrazio. COMMISSIONE PER LA REDAZIONE DELLA RIVISTA Per l’anno 2011 la Commissione TDN intende mantenere la linea editoriale inaugurata nel 2009 e in particolare la focalizzazione su di un tema di particolare rilevanza da un punto di vista professionale, ma ha deciso di introdurre nella rivista una nuova rubrica, chiamata “Fuori Focus” per dare la possibilità ai colleghi di pubblicare contributi interessanti, anche non attinenti al tema principale della rivista. La Commissione ha deciso che l’80% dei contributi sarà relativo al focus e il restante 20% ad argomento diverso. Dati i problemi, ancora presenti, di compatibilità economica, il Consiglio Direttivo ha deciso che anche nel 2011 saranno pubblicati due numeri di Tempo di Nursing. Viene riproposto per il 2011 l’obiettivo di rilevare la soddisfazione relativa alla rivista “Tempo di Nursing” attraverso la distribuzione di un questionario che verrà inserito nella rivista e inviato a tutti gli iscritti. Nel questionario si chiederà di esprimere un giudizio sui seguenti aspetti riguardanti la rivista: · Veste grafica e impaginazione · Interesse per gli articoli · Utilità della rivista in riferimento all’attività svolta · Tempi di consegna della posta rispetto alla data di emissione · Congruità del numero pubblicazioni annue di “Tempo di Nursing”, anche in relazione alla pubblicazione di “Tempo di nursing news” COMMISSIONE FORMAZIONE Collegio IPASVI, opportunità NON obbligo! Al fine di illustrare le finalità e le attività del collegio agli studenti del Corso di Laurea la commissione, sentiti i due coordinatori del Corso (Università Statale e Università Cattolica) ha proposto “di mettere in scena” le attività del Consiglio Direttivo del Collegio Ipasvi, in cui emergano alcune delle competenze del Collegio. L’iniziativa è rivolta agli studenti del secondo e del terzo anno di corso. Obiettivi 2011 • Convegno per infermieri, assistenti sanitari, infermieri pediatrici, educatori professionali, logopedisti, fisioterapisti e medici. 30 ° Congresso Nazionale A.N.I.N. La ricerca e gli outcome di salute: i risultati degli infermieri 4- 5 marzo 2011, 9 crediti ECM • Convegno per infermieri: “L’utilizzo della contenzione fisica nella pratica clinica: cambiare è possibile!” Brescia, 19 maggio 2011 dalle 14,00 alle 20,00. 4,5 crediti ECM • In collaborazione con Ordine dei Medici Brescia, Collegio Ostetriche Brescia, Medici senza Frontiere, Save the children, Emergency, Medicus Mundi. Convegno per medici, infermieri, assistenti sanitari, infermieri pediatrici, ostetriche “Fragilità, povertà e diritto alla salute nelle età della vita” . Brescia, 22 ottobre 2011 dalle 8,30 alle 17,30 - 6 crediti ECM COMMISSIONE “FORMAZIONE OPERATORI DI SUPPORTO” Obiettivi Anno 2011 1. Estendere la collaborazione ad altri centri di Formazione per l’applicazione/adozione delle linee guida nel progetto formativo dei corsi ASA e OSS; Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Comunicazioni - 51 2. Pubblicare l’elenco dei Presidenti ed Esperti di commissione esami ASA e OSS e iniziare l’affiancamento dei nuovi presidenti con esperti e viceversa per facilitare l’inserimento dei nuovi componenti; 3. Continuare la collaborazione con la DG Sanità della Regione. Formazione sul campo: A elaborazione/completamento delle linee guida per la formazione degli operatori di supporto; B gli obiettivi del tirocinio degli operatori di supporto; Corsi di formazione: • La progettazione della formazione degli adulti; • Il tirocinio nella formazione degli operatori di supporto (riedizione); • La formazione degli operatori di supporto: proposta di linee guida per l’insegnamento nelle aree “igienico sanitaria” e “tecnico operativa”. 2. Nuova gestione e pubblicazione dell’elenco. 3. Progettazione di eventi formativi. 4. Incontri con Ordine dei Farmacisti e Ordine dei Medici. COMMISSIONE PARERI LEGALI FISCALI E PROFESSIONALI OBIETTIVI 2011 1. Rispondere ai quesiti, segnalare le fonti di risposta, incontrare gli iscritti, e risolvere le questioni riguardanti l’esercizio della Professione infermieristica. 2. Mantenere il servizio di consulenza on line. 3. Formulazione dei pareri da parte del Presidente del Collegio, in collaborazione con i Consiglieri e con altri professionisti nostri consulenti. 4. Effettuare una ricognizione dei quesiti proposti dagli iscritti e costituire un dossier sull’attività di consulenza. 5. Pubblicare il Quesito del Mese. OBIETTIVI 2011 COMMISSIONE INFERMIERI STRANIERI COMMISSIONE ACCREDITAMENTO PROFESSIONALE OBIETTIVI 2011 1. Favorire l’iscrizione al Collegio Provinciale di Brescia degli infermieri stranieri in possesso degli standard formativi e professionali previsti dalla normativa. 2. Facilitare la preparazione all’esame d’iscrizione dell’infermiere straniero e contribuire alla sua crescita professionale. 3. Promuovere l’acquisizione di conoscenze inerenti la legislazione sanitaria, la deontologia e l’esercizio professionale responsabile in Italia. 4. Favorire la conoscenza del contesto d’esercizio professionale infermieristico in Italia, sviluppare e consolidare la conoscenza del linguaggio tecnico scientifico sanitario dei colleghi stranieri al fine di facilitarne l’integrazione nel contesto italiano. 5. Vigilare sulla sussistenza dei requisiti d’iscrizione all’Albo. 6. Promuovere la crescita culturale e professionale degli infermieri stranieri iscritti e/o in attesa di iscrizione presso IPASVI-BS. 1. Formazione di un gruppo di professionisti all’uso e alla valutazione degli strumenti di accreditamento 2. Avvio certificazione della competenza. 3. Attraverso l’introduzione dello strumento scelto tra i professionisti iscritti all’albo, si vogliono porre le basi per una modalità operativa. Progetti 2011 Il presidente illustra brevemente i due progetti in corso, già descritti sugli ultimi numeri di Tempo di Nursing News: Installazione nuovo software interno di gestione degli iscritti COMMISSIONE LIBERA PROFESSIONE OBIETTIVI 2011. 1. Mappatura/controllo dei Liberi Professionisti sul territorio. 52 - Comunicazioni Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia e attivazione dell’area riservata per gli iscritti Il presidente comunica agli iscritti che la diminuzione del numero delle due riviste resa obbligatoria dall’aumento dei costi (quasi triplicati!) previsti dalla manovra finanziaria, sarà compensata con altri mezzi. Coerentemente con quanto dichiarato nel programma presentato agli iscritti, si continuerà a fare informazione attraverso articoli e comunicati stampa (vedi rassegna stampa su www.ipasvibs.it). Il sito stesso, revisionato e costantemente aggiornato, rappresenta un formidabile strumento di comunicazione sia con i professionisti sia con i cittadini (420 aggiornamenti e oltre 40.000 accessi nel corso del 2010). Per quanto riguarda la Formazione a Distanza il presidente ricorda i due progetti FAD promossi dalla Federazione IPASVI. Uno, completamente gratuito e già attivo dalla metà di dicembre, “Med In Fad” (sull’home page del sito www.ipasvi.it), realizzato in collaborazione con la Federazione Ordini dei Medici e Ministero della Salute. Il secondo, promosso da IPASVI e Gutemberg (Giunti, Firenze) con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità, avrà invece un costo calmierato e prevede l’impiego di filmati e lezioni audio realizzate da colleghi esperti nelle varie tematiche. mato con la lettura di alcuni articoli del Codice Deontologico, in proposito propone un’indagine per conoscere, a distanza di 12 anni dall’emanazione del secondo Codice Deontologico degli infermieri e dell’ultima revisione del 2009, come sono percepiti i suoi contenuti dai cittadini e dagli infermieri. Cosa percepisce di ricevere il cittadino e cosa percepiscono di dare gli infermieri che lavorano nelle varie realtà bresciane: ospedaliere, territoriali, sociosanitarie eccetera. CERIONI ELETTRA: fa riferimento alla sua esperienza professionale che l’ha portata a studiare a Colonia e lavorare in Svizzera molti anni fa dove i suoi titoli di infermiera e assistente sanitaria non erano stati riconosciuti e si auspica che si lavori perché questo avvenga. FENOTTI ADRIANO: chiede 1) informazioni rispetto al riconoscimento delle competenze delle assistenti sanitarie di nuova formazione e tecnici della prevenzione; 2) la possibilità che si attivi una commissione a livello regionale al fine di razionalizzare le risor- Il tesoriere Benedetti passa quindi ad illustrare il Bilancio Previsionale 2011, che rappresenta la valorizzazione economica delle attività da sostenere nell’anno. Discussione prendono la parola i seguenti partecipanti all’assemblea: BAZZOLI LAURA: definisce molto bello il fil- Il tesoriere Angelo Benedetti Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Comunicazioni - 53 La Vicepresidente Ermellina Zanetti se, per la costruzione di linee guida e procedure che possano essere poi utilizzate in tutte le aziende ospedaliere del territorio regionale stesso. In proposito il Presidente Bazzana risponde rispetto al primo punto che nella nostra provincia sta aumentando il numero di iscrizioni delle assistenti sanitarie di nuova formazione anche grazie al fatto che il corso è inserito all’interno della nostra Università e fa parte della IV classe di lauree della prevenzione (è uscito dalla classe di laurea infermieristica e ostetrica. Esiste nella realtà una certa confusione rispetto alla loro collocazione, motivo che aveva portato la Federazione Nazionale ad esprimere parere negativo rispetto alla loro iscrizione nei Collegi provinciali. Attualmente, in attesa della riforma ordinistica, l’obbligo di iscrivere gli assistenti sanitari di nuova formazione è rimasto. Rispetto alle loro prestazioni, sei dei quesiti posti al Collegio, con i relativi pareri della commissione pareri legali e fiscali, sono stati formulati da assistenti sanitarie laureate lo scorso anno. I quesiti si concentrano sulla possibilità di svolgere o meno prestazioni infermieristiche come i prelievi e le medicazioni. La Regione Emilia Romagna, dimostrando una certa apertura, nel piano vaccini ha previsto che questi vengano somministrati anche dalle assistenti sanitarie, ma esistono differenze fra 54 - Comunicazioni Regione e Regione. Il Collegio di Brescia, preso atto di documenti fra cui la circolare n°3/2008 della Federazione Nazionale, del parere del consulente legale del Collegio di Brescia avvocato Gamba e della posizione dell’ASL di Brescia ha espresso il parere che le assistenti sanitarie di nuova formazione possano eseguire tutto quanto previsto dal loro ordinamento didattico e si auspica che la riforma ordinistica in corso sciolga questi nodi. Rispetto al secondo punto il presidente afferma che riferirà della proposta all’interno del Coordinamento Collegi Lombardi e proporrà che come prima linea guida possa essere proposta quella sulle contenzioni fisiche (mezzi di protezione e tutela) alla luce del lavoro di ricerca fatto dai due maggiori Collegi della Regione Lombardia in collaborazione con il Collegio di Aosta. MIGHETTI PIETRO: chiede al Collegio, ma meglio ancora alla Federazione Nazionale, come sia possibile rispondere rispetto ad alcune affermazioni ritenute lesive per la professione infermieristica. Si riferisce in particolare ad una informazione data in un telegiornale RAI, in cui si parlava di lavori manuali come l’idraulico, il muratore e sullo stesso piano gli infermieri e le badanti. Affermazione che non tiene conto del percorso formativo e delle responsabilità profes- Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia sionali degli infermieri rispetto alle altre attività citate. L’assemblea condivide quanto affermato dal collega e lo sottolinea con un applauso. Bazzana risponde che sia come Collegio che come Federazione si cerca di rispondere a questo genere di informazioni, cercando tuttavia di evitare l’effetto boomerang, che venga cioè ancora più enfatizzato il messaggio negativo per la professione. Rassicura i presenti che ci sono anche informazioni positive sulla professione infermieristica e cita ad esempio una recente ricerca dell’università Cattolica di Milano che riconosce la professione infermieristica fra quelle intellettuali in crescita e con maggiori sbocchi in futuro. A questa ricerca è stato dato ampio risalto sui quotidiani nazionali. DI MEO SIMONETTA: ringrazia per il lavoro svolto dal Consiglio Direttivo perché riconosce che dietro la presentazione delle attività svolte c’è molto impegno e molte ore di lavoro. Si dichiara contenta per l’approvazione del regolamento dei Coordinamenti regionali da parte della Federazione Nazionale perché conferisce loro un ruolo istituzionale. Ricorda che in Lombardia abbiamo sperimentato e apprezzato il ruolo ed il contributo dell’osservatorio delle professioni sanitarie. Apprezza quindi che il coordinamento dei collegi lombardi possa interfacciarsi con le istituzioni regionali. Per esempio nel 2003 l’osservatorio delle professioni sanitarie aveva avuto un ruolo di orientamento per le aziende nella definizione dei Piani Organizzativi Aziendali. Di Meo esprime la sua preoccupazione per quest’anno in quanto le aziende dovranno ripresentare i nuovi piani organizzativi aziendali e si chiede se il Coordinamento regionale possa interfacciarsi con la Regione in rappresentanza dei dirigenti SITRA. Ricorda che il tentativo di costituire un coordinamento dei dirigenti SITRA non è stato gradito dalla Regione, ma lei ritiene che i dirigenti SITRA infermieri possano essere ben rappresentati dai Collegi e dal Coordinamento dei Collegi Lombardi. Bazzana risponde che uno degli obiettivi principale del Coordinamento è proprio quello di dialogare con la Regione, motivo per cui a fronte di molte difficoltà ha cercato di rimanere compatto. Cita alcune tematiche che hanno trovato delle risposte positive da parte della Regione stessa ed altre che sono tutt’ora in sospeso. Per esempio, sul decreto ECM che ha classificato Ordini e Collegi con le società profit che fanno formazione, portando ad un considerevole aumento delle quote da versare per ogni corso e convegno, il coordinamento ha presentato ricorso e per ora ha ottenuto che per il 2011 venissero riviste le quote da versare. Rimane in sospeso la riduzione delle quote relative all’anno 2010. Bazzana riferisce che non sempre per gli Ordini e i Collegi dialogare con le istituzioni regionali è facile, ma l’impegno c’è. Sul sito del collegio IPASVI di Brescia sono pubblicate alcune note rispetto a quanto intrapreso con la DG Sanità, con l’assessore Bresciani, con il Dr. Lucchina. Informa infine che è stata richiesta la ricostituzione dell’osservatorio delle professioni sanitarie o l’istituzione di un vero e proprio Servizio Infermieristico regionale. Non essendoci altri interventi da parte dei colleghi presenti in sala il Presidente dichiara concluso il dibattito e rivolge un ringraziamento a tutti i partecipanti all’assemblea, ai professionisti che collaborano con il Collegio in qualità di consulenti e a tutti gli iscritti che partecipano, in vario modo, alla vita del Collegio. Chiede di poter procedere alle votazioni per alzata di mano. Il bilancio preventivo 2011 è approvato all’unanimità dei presenti. Valutati gli obiettivi proposti e i risultati da raggiungere, alla luce della continuità e dell’impegno del Consiglio Direttivo, si chiede la fiducia agli iscritti per proseguire nella gestione del Collegio. Grazie per l’attenzione! Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Stefano Bazzana Presidente IPASVI Brescia Comunicazioni - 55 A tutti i liberi professionisti Come anticipato sulle ultime riviste inviate è disponibile sul sito Internet del Collegio l’Area riservata agli iscritti. Ti chiediamo di accedervi, seguire le indicazioni riportate per la registrazione e aggiornare in tempo reale i tuoi dati. Se non disponi di un accesso ad Internet, chiama la Segreteria del Collegio (030.291478) per farti inviare via fax il modulo di aggiornamento. 56 - Comunicazioni Con un elaborato sul tema: “L’infermiere e l’educazione sanitaria ai cittadini: una proposta per la diffusione della cultura della donazione d’organo”, il collega bresciano Gianluca Raineri ha vinto il Memorial Riccardo Maggi organizzato dal Collegio infermieri IPASVI della Spezia. Il Collegio IPASVI di Brescia è lieto di complimentarsi con l’autore oltre che per l’originale contributo fornito alla comunità professionale, anche per l’aver reso tangibile e concreta la norma espressa dall’articolo 40 del Codice Deontologico dell’Infermiere. La cerimonia di premiazione si è svolta nell’ambito dei lavori dell’assemblea ordinaria del collegio spezzino, avvenuta il 31 marzo. Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Fuori Focus L’evoluzione delle competenze tecnico-specifiche ed etico-deontologiche dell’infermiere nel rinnovato scenario del servizio sanitario di Agazzi Carla*, Barboncini Patrizia*, Leni Luciano*, Meneghetti Orietta*, Rota Maria*, Guindani Marilena**, Lorenzini Aldo*** R iceviamo e volentieri pubblichiamo, una sintesi della relazione che ha valso ai colleghi dell’Azienda Ospedaliera Desenzano del Garda Presidio di Manerbio/Leno, il 3° premio al concorso letterario del Collegio Ipasvi Città di Ragusa anno 2010. La Redazione “Se vuoi costruire una nave non radunare uomini per raccogliere il legno e distribuire compiti, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito” Antoine De Saint Exupéry Introduzione I profondi cambiamenti della professione infermieristica, in particolare dagli anni 90 ad oggi, il graduale inserimento degli OSS, hanno evidenziato più volte, per entrambi, ma in particolare per l’infermiere, un parziale ruolo d’apprendista dove ognuno ha imparato tramite la partecipazione a pratiche esperte prendendo parte ad una comunità; man mano che ognuno apprende trasforma anche la sua identità, non acquisisce solo competenze ma un nuovo modo di dar valore alla sua esperienza e di vivere il suo lavoro. Per accompagnare e sostenere questi processi di cambiamento è necessario un programma for- Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Fuori Focus - 57 mativo al fine di modificare le comunità professionali, sviluppandosi e modificandosi poiché sono messe nella condizione di trasformare il contesto lavorativo potenziandolo apprendendo dalle proprie esperienze individuali. In quanto pratica professionale, una forma di conoscenza e di etica socialmente organizzata, l’infermieristica deve far fronte continuamente alla sfida di svilupparsi, apprendendo dall’esperienza e trasmettendo quanto acquisito nei contesti reali. Diventare un membro partecipante della pratica infermieristica implica l’intenzione di prestare aiuto e l’impegno nello svolgimento di attività assistenziali. Purtroppo, ancor oggi l’infermieristica deve far fronte ad un’acuta carenza di personale e, poiché le attività assistenziali eccellenti hanno carattere relazionale e contestuale, il clinico non può assicurare lo stesso risultato essendo vincolato al livello di collaborazione, alle risorse, alle strutture ed ai processi organizzativi disponibili. I cambiamenti avvenuti nell’ambito professionale riconoscono l’importanza dei diritti fondamentali della persona dove sinergicamente convergono le varie figure sanitarie che devono garantire le profonde istanze etiche oggi espresse a livello sociale e devono promuovere un’idea 58 - Fuori Focus di salute che, trascendendo la sola sfera biologica, si confronta sempre più con i connotati che la caratterizzano sul piano psichico, relazionale e sociale. Per gli infermieri, questo significa la capacità di trovare nel Profilo Professionale, nel Codice Deontologico e nell’ordinamento didattico, spunti originali di riflessione e confronto in grado di offrire ulteriore slancio e vigore ad un esercizio professionale che, oggi, anche a fronte dei condizionamenti economici e della spinta all’assiomatizzazione (proceduralizzazione) dell’assistenza, trascina con sé un rischio del tutto evidente: quello di esercitare un’assistenza anonima ed astratta, sostenuta sui soli mezzi (le disponibilità scientifiche e le disponibilità economiche) e non anche sui “modi” (i valori e la personalizzazione dell’assistenza), che, privilegiando le conoscenze e la tecnologia, riduce le effettività esistenziali della persona malata all’interno degli schemi analitico-classificatori del sapere positivo appiattendo, in ultima analisi, i valori di riferimento che debbono ispirare il corretto esercizio professionale. L’elaborato, nel suo svolgimento, tratta l’analisi dell’evoluzione delle competenze dell’infermiere secondo una speculazione legislativa, eticodeontologica, emozionale e dettaglia ogni aspetto nei successivi punti. L’evoluzione della professione infermieristica e del personale di supporto all’assistenza E’ necessaria una sintetica trattazione legislativa per spiegare l’evoluzione della figura infermieristica e degli operatori di supporto all’assistenza per consentire una migliore comprensione dei ruoli che queste figure sono chiamate ad esercitare nella sanità di oggi. Partendo dal 1990, gli infermieri da una professione ausiliaria, sono giunti ad una professione sanitaria, formata in Università, con un campo proprio di autonomia e responsabilità. Il Decreto MURST 02/12/1991 autorizza le Facoltà di Medicina e Chirurgia ad istituire il Diploma Universitario in Scienze Infermieristiche. Con questo avvento avviene una svolta per gli infermieri italiani che puntano ad un duplice obiettivo cioè, l’affermazione dell’assistenza infermieristica come disciplina scientifica autonoma e la promozione di una cultura professionale in grado di contribuire significativamente ad elevare il livello qualitativo dei servizi sanitari. Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Il Dlgs n° 502 del 30/12/1992 e le sue integrazioni Dlgs n° 517 del 07/12/1993, rappresenta la seconda grande svolta per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), ma anche la prima pietra del processo evolutivo della professione infermieristica. Tale decreto da il via su tutto il territorio nazionale alla formazione di primo livello di infermieristica in ambito universitario, sopprime le scuole regionali ed inoltre richiede l’obbligo di un diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado per l’accesso ai relativi corsi. Con il Decreto MURST 02/04/2001 si può affermare che inizia il decollo del corso completo per la formazione infermieristica universitaria. Sono istituite le lauree triennali e specialistiche delle professioni sanitarie con i relativi ordinamenti didattici ed è permesso alla formazione infermieristica di svilupparsi lungo tutto il percorso previsto dal DM n° 509/99. Sul versante dell’esercizio della professione si raggiunge un traguardo importante nell’estate del 1994 con l’approvazione del DM n° 739 del 14/09/1994; tra il 1994 e il 1999 il profilo ha sostenuto una crescita professionale basata sulla consapevolezza di fornire alla collettività un contributo significativo per la salute. Tale decreto non abolisce formalmente il “mansionario” del 1974, ma riconosce all’infermiere responsabilità ampie e di grande rilievo. Con la Legge n° 42 del 26/02/1999 il profilo dell’infermiere afferma finalmente il suo ruolo di protagonista nello sviluppo della professione infermieristica. Abolendo il termine “ausiliaria”, l’infermiere è riconosciuto come professionista sanitario autonomo, responsabile dell’assistenza infermieristica, funzione complementare alla medicina insieme alla quale, a pari dignità, contribuisce a tutelare la salute individuale e della collettività. Altro argomento cardine di questa legge è nel secondo punto dell’art. 1: “alla data di entrata in vigore… è abrogato il regolamento approvato con DPR n° 225 del 14/03/1974 ad eccezione delle disposizioni previste dal titolo V (infermiere generico)…. Il campo proprio di attività e responsabilità delle professioni sanitarie……è determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili professionali e dagli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario di formazione post-base, nonché degli specifici codici deontologici, fatte salve le competenze previste per le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario ove è richiesto il diploma di laurea, nel rispetto delle specifiche competenze”. La legge n° 42/99 stabilisce anche l’equipollenza dei diplomi universitari con quelli conseguiti in base alla precedente normativa, sia per l’esercizio professionale sia per l’accesso alla formazione post-base. Nell’anno 2000 è emanata la Legge n° 251 del 10/08/2000 che sancisce l’autonomia professionale nelle funzioni previste dal profilo professionale e dal codice deontologico e dispone l’adozione di metodologia di pianificazione dell’assistenza per obiettivi. L’art. 7, inoltre, riconosce la possibilità alle aziende sanitarie di istituire il servizio dell’assistenza infermieristica ed ostetrica e di attribuire l’incarico di dirigente del medesimo servizio a queste figure, ai fini di migliorare l’assistenza e la qualificazione delle risorse. Altra conseguenza del tutto inevitabile sarà data dall’istituzione delle cattedre disciplinari e dei vari concorsi per l’insegnamento universitario (Benci L., 2005). La Legge n° 43/2006 art. 6 contiene disposizioni molto importanti ai fini di questa trattazione, stabilisce l’articolazione del Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Fuori Focus - 59 personale laureato appartenente alle professioni sanitarie e dichiara possibile l’istituzione della funzione di coordinamento da parte delle organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie pubbliche interessate con relativi criteri d’attribuzione. Presentiamo ora i presupposti che hanno permesso di approdare alla definizione del profilo di un operatore socio sanitario (OSS) promosso su tutto il territorio nazionale. Dalla metà degli anni settanta si è registrata la tendenza ad affidare i compiti di assistenza infermieristica esclusivamente all’infermiere. Nel 2001, nasce una figura di supporto dell’assistenza sanitaria e sociale, che sarà introdotta nelle organizzazioni. La necessità di avere l’OSS è in relazione a molteplici motivi legati sia a situazioni tendenti ad un uso ottimale delle risorse, alla valorizzazione dei professionisti, che hanno accresciuto le loro conoscenze ed il patrimonio cognitivo attraverso l’avvento della formazione universitaria, sia per la carenza di personale infermieristico, sia per motivi economici. L’OSS nasce come evoluzione di altre figure di supporto; con il provvedimento della Conferenza Stato-Regioni 22 febbraio 2001 sono stati definiti sia il profilo professionale sia l’iter formativo. Da ultimo, registriamo il recente Decreto Legge n° 402 del 12/11/2001, convertito in Legge il 08/01/2002 dove demanda al Ministro della Salute di regolamentare con decreto le figure “di operatori professionali dell’area sanitaria da formare attraverso corsi a cura della regione” . Per quanto riguarda l’ampliamento del contesto 60 - Fuori Focus operativo, il provvedimento della Conferenza Stato-Regioni, specifica che l’OSS svolge la sua attività sia nel settore sociale sia in quello sanitario, residenziale e semiresidenziale, in ambiente ospedaliero e a domicilio dell’utente. L’OSS, rispetto agli altri operatori di supporto all’assistenza, non è più un puro esecutore di ordini, ma ha degli spazi di autonomia. Nel profilo si parla di “proprie aree di competenza” e sono elencate le principali attività previste usando sia verbi che indicano attività autonome (assiste, realizza, cura, mette in atto...), sia verbi che indicano collaborazione con il personale sanitario e sociale (coadiuva, collabora, concorre...). Il 22/10/2002 la Direzione Generale Sanità ha sottoscritto con le OO.SS. Regionali un accordo riguardante “L’inserimento lavorativo del personale con qualifica di OSS” richiamando le prime linee guida elaborate dall’Osservatorio delle Professioni Sanitarie, nelle quali si prevedeva, come intervento per fronteggiare la carenza di personale infermieristico, l’inserimento degli OSS. L’accordo sindacale succitato presumeva inoltre sperimentazioni aziendali orientate a definire modelli assistenziali nei quali trovassero giusta collocazione agli OSS. L’Osservatorio delle Professioni Sanitarie coinvolto fin dall’inizio, è stato chiamato ad elaborare le prime indicazioni per l’inserimento di questa figura. Queste sono state oggetto di confronto con le OO.SS. Regionali ed i Collegi IPASVI. Lo specifico documento elaborato per l’attribuzione all’OSS di compiti funzionali ai processi di lavoro Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia infermieristici, divenne il quadro di riferimento. L’impiego dell’OSS, essendo un operatore di supporto all’assistenza, sarà prevalentemente rivolto al supporto infermieristico; dal canto suo, l’infermiere, ha la responsabilità della gestione dell’assistenza, “identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi, pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico” e, per l’espletamento delle funzioni “si avvale, ove necessario, dell’opera del personale di supporto” (DM 739/94). Per l’attribuzione di attività all’OSS, non è possibile definire un rapporto di delega dell’infermiere nei confronti di questo, poiché risulta inadeguato; all’OSS si affidano azioni e non processi essendo responsabile esclusivamente della corretta esecuzione delle stesse. Affinché l’integrazione fra infermiere ed OSS sia efficace, è indispensabile che vi siano il reciproco rispetto delle proprie competenze, l’assunzione delle responsabilità relative al ruolo, le aspettative personali e professionali raggiungibili e gli strumenti organizzativi e chiare disposizioni operative. Il conseguimento di tale scopo comporta un miglioramento della qualità dei servizi erogati, dell’organizzazione del lavoro, del clima organizzativo e l’ottimizzazione nell’impiego delle risorse. ci aiuta meglio a comprendere come agire nei diversi e distinti ambiti di discrezionalità che la quotidianità professionale ci propone, come porsi nella relazione infermiere/persona nel rispetto dell’autodeterminazione della persona assistita e dei suoi valori, come vivere e interagire nel team professionale, come affrontare situazioni problematiche o dilemmi etici singolarmente o con altri professionisti, come approfondire le norme dettate dal Codice Deontologico e assimilarle in maniera tale da tramutarle in comportamenti professionali spontanei e attenti alla persona. Il “prendersi cura” è agito attraverso la strutturazione di una relazione empatica e fiduciaria soprattutto quando l’assistito vive momenti difficili, diviene “più fragile”, e perciò ancora più bisognoso d’aiuto e sostegno. La responsabilità del prendersi cura della persona si riflette anche nell’art. 5 del Codice “il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e dei principi etici della professione è condizione essenziale per l’esercizio della professione infermieristica”. I principi etici sono delle guide per compiere decisioni e si focalizzano sulla formazione di giudizi morali nella pratica professionale. Essi affermano, in genere, che le azioni di un cero tipo dovrebbero (o non dovrebbero) essere compiute e servono a giustificare le regole che spesso sono osservate nell’assistenza al paziente. I principi etici del prendersi cura della persona assistita Il valore della riflessione etica come elemento per un corretto approccio all’assistenza infermieristica è indispensabile per porre al centro del processo il paziente, per fornire un’assistenza personalizzata e per assicurare la libertà delle scelte e dei valori della persona, e dove il professionista si assume le responsabilità del suo agire. Secondo una prospettiva etico professionale, l’elemento sostanziale in grado di fornire un valore aggiunto nella qualità dei servizi alla salute è rappresentato sempre e in ogni caso dall’uomo e dalla sua coscienza. La dimensione etica riguarda, infatti, l’essere umano, l’essere infermiere e, solo successivamente, l’agire in quanto professionista. Lo scopo dell’etica è la conoscenza delle regole che devono presiedere i rapporti tra l’individuo e la società, affinché l’uno e l’altra possano convivere nel rispetto reciproco (Peroni A., Zanini MP., 2007). Nello specifico professionale l’etica Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Fuori Focus - 61 Alcuni principi fondamentali per la pratica infermieristica sono la beneficenza e non-maleficenza, l’advocacy, la competenza, la cooperazione ed il caring. Servirsi di questi principi, coinvolgendo anche il personale di supporto, può significare sia aiutare gli altri a ottenere ciò che per loro è giovamento, sia/oppure comportarsi in modo tale da prevenire o ridurre i rischi di nuocere al paziente. L’advocacy è spesso definita come il supporto attivo dato a una causa importante. È utilizzato per descrivere la natura del rapporto infermiere-paziente. In letteratura esistono numerose interpretazioni di advocacy (Fry ST., Johnstone MJ., 2004). Una di queste, detta modello di tutela dei diritti, vede l’infermiere come il difensore dei diritti del paziente all’interno del sistema sanitario-assistenziale. Nel suo ruolo di advocate, l’infermiera considera per prima cosa i valori umani fondamentali e in seguito agisce in maniera atta a proteggere la dignità umana, la privacy e le scelte. Il concetto di competenza è costituito da due attributi fondamentali: la capacità di rispondere e la responsabilità. La competenza è un concetto etico importante perché la pratica infermieristica implica un rapporto tra infermiere e persona assistita. La cooperazione è un concetto che comprende la partecipazione attiva con gli altri per prestare ai pazienti un’assistenza di qualità, essenziale per il benessere del paziente. La responsabilità etica dell’infermiere e la responsabilità professionale per la qualità dell’assistenza non vengono meno perché uno o più compiti assistenziali sono stati attribuiti al personale di supporto. Nel rapporto infermierepaziente viene assegnato un importante valore al concetto etico di caring, e i comportamenti orientati al caring sono spesso considerati fondamentali per il ruolo dell’infermiere. Il rapporto infermiere-paziente è di natura “speciale”, poiché determinato dalla necessità del paziente di assistenza infermieristica. Il caring può essere definito come una forma di coinvolgimento con gli altri che crea un interesse in merito a come le altre persone avvertono il mondo che le circonda. Tutto questo richiede “sensibilità, capacità di relazione e coinvolgimento così come capacità di dare assistenza, conoscenze e abilità”. Il concetto di caring è stato sancito come principio basilare per un’etica infermieristica che protegga e rafforzi la dignità umana dei pazienti che ricevono assistenza sanitaria (Fry ST., Johnstone MJ., 62 - Fuori Focus 2004). L’enorme ampliamento concettuale della prospettiva professionale, ha provocato in molti casi, una sorta di destabilizzazione degli assetti professionali e delle capacità dei singoli di inserirsi in questo scenario. È necessario quindi migliorare la propria responsabilità e contribuire a migliorare l’intero sistema, proponendo soluzioni innovative a partire dalla propria esperienza. La deontologia e gli strumenti professionali Nell’attività assistenziale quotidiana alla persona, alla famiglia ed alla collettività è necessaria un’integrazione delle diverse figure professionali ai vari livelli organizzativi che condividano gli obiettivi di salute ed ogni servizio deve essere integrato al fine di aggiungere valore alle professioni sanitarie. L’assistenza infermieristica necessita di un aggiornamento che la renda consapevole, responsabile ed etica, oltre che tecnicamente molto avanzata. La deontologia sanitaria contempla i doveri degli operatori sanitari e detta le norme di comportamento inerenti all’esercizio della professione stessa: i rapporti col malato, con i colleghi e con la società. In campo sanitario, quindi, l’infermiere non è più “l’operatore sanitario” dotato di un diploma abilitante, ma il professionista sanitario responsabile dell’assistenza infermieristica, che assiste la persona e la collettività in una logica olistica attraverso la conoscenza, le competenze ed abilità. La deontologia professionale deve andare di pari passo con le caratteristiche etiche specifiche della professione, essendo quella sanitaria una professione che ha a che fare con la salute, il carattere umanitario diventa prevalente e, dunque, l’attenzione etica rappresenta non solo un presupposto, ma anche una garanzia di qualità della prestazione professionale. Lo scopo prioritario di un Codice Deontologico è quello di guidare il comportamento del professionista nel proprio agire quotidiano e di dichiarare ai cittadini cosa attendersi dal professionista stesso. Gli elementi del codice si possono racchiudere in alcune componenti fondamentali nella professione infermieristica che comprendono norme di condotta deontologica da rispettare. L’infermiere e la persona: le norme dell’agire professionale definiscono i principi guida che strutturano il sistema etico in cui si svolge la relazione con la persona assistita. L’infermiere nella relazione che realizza con interventi specifici, Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia autonomi e complementari, di natura intellettuale, tecnico-scientifica, gestionale, relazionale ed educativa, opera per le persone che ne hanno bisogno, creando delle condizioni affinché i diritti, i valori, la fede religiosa, le consuetudini e la famiglia siano rispettati L’infermiere e la pratica; l’infermiere tramite l’aggiornamento e la formazione continua arricchisce le sue conoscenze professionali. Attraverso la sua condotta personale deve onorare la professione e mantenere la fiducia della collettività verso la professione infermieristica. L’infermiere e la professione: l’infermiere è l’attore principale nella definizione ed applicazione delle norme per la pratica assistenziale, per la gestione, la ricerca e l’insegnamento dell’assistenza infermieristica. L’infermiere e le altre figure professionali: nella quotidianità del lavoro tra colleghi e con gli altri operatori l’approccio dell’infermiere è basato sulla collaborazione, sulla valorizzazione del lavoro d’équipe e sulla tutela della dignità propria e dei colleghi, assumendo comportamenti ispirati al rispetto ed alla solidarietà. L’infermiere e l’organizzazione: i cambiamenti organizzativi negli ultimi anni con lo scopo di ottimizzare, semplificare, razionalizzare hanno mutato l’organizzazione, le professioni e le prestazioni. L’infermiere ed il rapporto con il Collegio: il Codice Deontologico disciplina anche il rapporto tra il professionista sanitario ed il Collegio provinciale cui appartiene, disponendo l’obbli- go deontologico alla segnalazione di tutte quelle situazioni che limitano la qualità delle cure e dell’assistenza e o il decoro dell’esercizio professionale. Sempre negli articoli del Codice Deontologico si rileva il vincolo che si deve instaurare tra il professionista ed il Collegio per rafforzare il senso di appartenenza dell’infermiere alla comunità professionale. E’ attraverso le norme del Codice Deontologico che si manifesta l’impegno per un “saper essere” ad elevata valenza etica, per “un saper assistere” ad alta valenza professionale (Silvestro A., 2009). L’emotivita’, elemento essenziale nel processo assistenziale L’infermiere e, di recente istituzione, anche l’OSS hanno un ruolo ed un’identità che sono state attualizzate nella loro complessità. L’infermiere ha una precisa responsabilità verso i cittadini e si connota per una specificità, che è l’assistenza globale e personalizzata. L’OSS è di supporto nella realizzazione del processo assistenziale assicurando lo svolgimento di precisi compiti. Queste professioni richiedono un equilibrio psicoemozionale, ovvero la maturità personale, sociale, culturale e l’attitudine ad essere disponibili verso gli altri. Le cure infermieristiche, naturalmente fondate sulla comprensione dei bisogni assistenziali, hanno più di altre professioni Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Fuori Focus - 63 sanitarie, la peculiarità di poter meglio raggiungere l’individualità dell’uomo. Hanno frequenti contatti con la persona con la quale, oltre a comunicare, interagiscono in termini di caring psicodinamici. L’infermieristica è una disciplina pratica in quanto si prefigge di rispondere al bisogno di assistenza del cittadino, ma proprio per questo, non può prescindere dallo studio e dalla conoscenza della persona assistita, con la sua storia, la sua cultura, ma anche con le sue aspettative, perseguendo l’obiettivo dichiarato di comprendere l’altro per rispondere ai suoi bisogni assistenziali con efficacia, efficienza, adeguatezza e rispettosità. Il bisogno di assistenza infermieristica è di per sé un fatto relazionale che è segno dell’unicità, dell’irripetibilità e dell’insondabilità oltre che dell’autodeterminazione della persona umana (Manara DF, 2000). Nell’incontro tra operatore e paziente è indispensabile che l’infermiere divenga sensibile non solo ai valori e agli stili di vita espressi dal malato, ma allo stesso significato culturale delle proprie pratiche e convinzioni. È necessario un approccio olistico, condiviso dall’antropologia e dal nursing, che non può focalizzarsi sull’indi- 64 - Fuori Focus viduo senza considerarlo come immerso in un contesto ambientale, sociale e culturale (Cozzi D., Nigris D., 2003). In un’epoca in cui la competenza tecnica ha assunto una considerevole importanza, secondo Buber, ciò che costituisce l’essere umano, è il dialogo. Egli definisce l’ “intuizione” dell’altro per indicare una relazione in cui l’altro diventa “presenza”: la condizione di bisogno evidenzia la necessità di un autentico atteggiamento dialogico in cui i partecipanti attivano una vivente reciprocità. Molti autori hanno posto l’attenzione sulla natura relazionale dell’assistenza infermieristica ed in particolare quella di caring che facilita nella persona una crescita personale armoniosa (Watson, 1979). Buber ritiene che questo tipo di relazione faccia appello all’entità dell’essere e rappresenti una relazione “da uomo a uomo” che fa luce sull’unicità della persona. Secondo Buber, la qualità della presenza e l’apertura di ogni operatore nella relazione che si manifesta con l’”essere con”, permette una profonda comprensione di sé e dell’altro (nella sua globalità e totalità). Tutto lo sviluppo personale è contrassegnato dall’aspirazione verso il Tu e soltanto essa dà Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia consistenza all’Io e ne promuove la crescita; qualora si dimenticasse o si trascurasse questa dimensione, si rinuncerebbe alla propria umanità, alla piena consapevolezza di sé stessi, poiché attraverso l’apertura all’altro la persona coglie la propria vera natura ( Ducci E., 1979). Cara sostiene che il caring sia l’essenza della disciplina infermieristica e, per questo motivo, è necessario che sia presente in tutti i campi d’attività ed anche nella ricerca. La relazione professionale d’aiuto è uno strumento per il processo assistenziale, è un rapporto dinamico che si fonda sull’interazione-scambio tra due o più persone di cui una è in difficoltà (Rogers). E’ centrata sulla persona con lo scopo di restituirle la maggiore autonomia e benessere possibile. Caratteristiche della relazione d’aiuto sono: la fiducia, l’empatia, il calore, l’interessamento, l’accettazione e l’autenticità, l’autonomia e la reciprocità. I valori umanistici sono al centro della cura come base dell’esperienza dell’ “essere con” la persona assistita, ritenendolo come il nucleo dell’esperienza dell’essere con il paziente. Il coinvolgimento dell’infermiere e dell’OSS insieme alla persona assistita si evince dalla loro disponibilità a mettere in gioco la globalità del loro essere per poter “sentire” i bisogni non espressi della persona assistita. L’incontro poggia sui così detti “gesti di esplorazione” e risulta tanto più efficace tanto più in esso gli operatori sanitari ravvisano gli elementi che caratterizzano l’utente. Secondo le antropologhe Els van Dongen e Riekje Elema (2001) il nursing è “un’arte di toccare”, poiché l’efficacia del tocco è centrale. Il tocco riveste un doppio significato, l’intreccio non separabile, fra un aspetto tecnico e una dimensione emozionale. Il lavoro infermieristico, infatti, ha a che vedere con gli aspetti più prosaici dell’aver cura dei corpi altrui: alimentarli, lavarli, aiutarli a muoversi, stare loro accanto mentre muoiono…Questi aspetti della relazione intercorporea sono oggi al centro della ricerca antropologica sull’attività del nursing. Per Egan (1972), l’empatia è un’abilità di notevole importanza che implica il saper stare con gli altri, mostrare una presenza professionale e sviluppare le capacità comunicative di base che possono essere apprese. Attraverso l’empatia, la persona è messa nella condizione di autopercepirsi in modo reale, di autovalutarsi e, all’occorrenza, iniziare la propria intima e consapevole modificazione (Pati L., 2000). Per l’infermiere e l’OSS, il ruolo di advocacy è sinonimo di persona “risorsa”, di confidente del paziente e dei suoi familiari, punto di riferimento e persona su cui contare per il recupero dell’autonomia. Conclusioni Il processo di trasformazione in atto in questi ultimi decenni ha richiesto nuovi modelli organizzativi e la ridefinizione dei ruoli dei diversi soggetti coinvolti nella relazione di cura. Senz’altro è cambiato il ruolo del paziente, non più destinatario di interventi decisi ed attuati nel suo interesse ma unilateralmente scelti dal medico, bensì è riconosciuto come titolare di un incomprimibile diritto all’informazione e alle scelte sulle cure ed è parte attiva del processo decisionale. Si modifica anche il ruolo dell’infermiere, non più operatore sanitario chiamato ad assolvere compiti rigidamente definiti da un mansionario, e in rapporto di subordinazione gerarchica rispetto al medico, bensì professionista sanitario, investito di competenze clinico-assistenziali complementari ma specifiche, e in relazione a queste, di un’ampia gamma di interventi nella cui attuazione opera autonomamente rispetto al medico, assumendosene appieno la responsabilità, prima di tutto nei confronti dell’assistito con cui entra direttamente in relazione (Borsellino P., 2009). L’infermiere, in funzione della sua specifica responsabilità professionale, con la sua ricca dimensione relazionale, educativa, negoziale deve essere il promotore/sostenitore del cambiamento. Se vogliamo umanizzare l’assistenza nel contesto di una medicina altamente tecnologica, dobbiamo fronteggiare la tecnologia, cioè essere in grado di criticarla, non vedendo in essa la risorsa fondamentale per il recupero della salute e per la tutela della dignità della persona. Come antidoto a questa visione puramente tecnica e del potere, dobbiamo riscoprire la capacità di “ascoltare con il cuore” il significato di salute/malattia di ogni persona a cui prestiamo assistenza. Bibliografia • Barman Z., Modernità liquida, traduzione di S. Mimucci, Editori Laterza, 2000, 7° edizione 2005 Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Fuori Focus - 65 • Benci L., Aspetti giuridici della professione infermieristica. Elementi di legislazione sanitaria, McGraw-Hill, 4° edizione giugno 2005 • Benner P., L’eccellenza nella pratica clinica dell’infermiere, l’apprendimento basato sull’esperienza, edizione italiana a cura di C. Calamandrei e L. 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Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia NonSoloLibri Uno su due a cura di Piera Baiguera F ilm di Eugenio Cappuccio. Con Fabio Volo, Ninetto Davoli, Giuseppe Battiston, Tresy Taddei, Agostina Belli. Italia 2006 La storia di questo film non è particolarmente originale, ci racconta di qualcosa che purtroppo capita nella vita e di poco piacevole, ammalarsi improvvisamente, avere paura che tutto finisca, scoprire che non c’è riscatto, eroismo, capire che se sei “stronzo” nella vita di ogni giorno, lo sei anche nella malattia, rendersi conto che esistere è solo una maledetta roulette ( “uno su due ce la fa” dirà qualcuno nel film). Così essere solidali e compassionevoli per qualcuno è difficile, l’egoismo è messo a nudo anche nella malattia. Nel film Lorenzo Maggi è un avvocato ( Fabio Volo lo interpreta in modo ispirato), vive e lavora a Genova a ritmi sostenuti, vuole tutto e subito e se è necessario anche senza farsi scrupoli di ordine etico o morale. Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia NonSoloLibri - 67 Ha lasciato dietro sé fingendo di dimenticare, un’origine modesta ed umile di cui si vergogna, suo padre faceva il portinaio, tiene a distanza affetti e scrupoli, lanciato come è in un riscatto sociale che lo coinvolge a tutto tondo. Anche lo spazzolino da denti della fidanzata semiconvivente, viene maldestramente fatto sparire dal bagno, se il nostro avvocato ha da ricevere altre donne, specialmente se promettono successo e facili affari. Amico e socio di studio è Paolo (Giuseppe Battiston è bravissimo in questo ruolo!) molto più scrupoloso e attento di Lorenzo alle regole , alle leggi e alle persone, ma forse proprio perché amici da tanto tempo si lascia “trascinare” dai modi poco ortodossi dell’amico-collega. Una mattina all’uscita dal tribunale dopo una causa vinta, (ma chissà se l’assistito era davvero innocente?) Lorenzo crolla svenuto in mezzo alla strada. Soccorso viene ricoverato e sottoposto ad una biopsia per capire che cosa non va nel suo cervello, di che cosa si tratta. Saranno i giorni più neri, difficili, in attesa del referto, ma anche della convivenza con gli altri pazienti, con le regole e le abitudini dell’ospedale che il nostro protagonista mal sopporta. Accanto a lui un camionista “ignorante” che non può certo aiutarlo nella sua carriera o procurargli guadagni, questa persona calma che si comporta come se fosse a casa sua, fa dello spirito, è amichevole con lui, Lorenzo non lo “regge”, respinge e rifiuta l’altro perché respinge e rifiuta il se stesso malato. Ma piano piano il racconto della malattia dell’altro, una cicatrice molto più grande della sua in testa, gli alti e bassi delle terapie a cui si sottopone da anni per resistere al male, iniziano a cambiare qualcosa in lui; le certezze, le priorità lentamente si sfaldano, si confondono, cambiano d’ordine. Il pensiero che possa finire è pulsante, presente, palpabile e sovrasta tutto, viene voglia di mandare a quel paese feste, conti in banca e bella gente. Sembra facile e banale a questo punto fare il riesame della propria vita e dei propri valori, ma non è detto e fatto nel film. Non vengono censurati limiti e debolezze umane, di nessuno. Di Lorenzo che vorrebbe tornare ad “azzannare” la vita come prima; di Giovanni (il camionista interpretato da un maturo e bravisssimo Ninetto Davoli), che anche lui ha parecchi scheletri nell’armadio! La vita del nostro avvocato cambia quando è dimesso dall’ospedale in attesa del responso, guar68 - NonSoloLibri da intorno a sé in modo diverso e comincia, lui che non lo ha mai fatto, ad occuparsi con meno egoismo degli altri; della fidanzata a cui comunque non è molto legato, della sorella che vede molto raramente, del socio-amico cui ha sempre imposto i suoi metodi negli affari ai limiti spesso dell’illecito. Nell’attesa di questo referto-biopsia, quasi tutto il film “gira” su questa attesa, c’è un viaggio che Lorenzo fa per il suo amico camionista, ma anche per se stesso; ritovare la figlia di Giovanni e farli incontrare prima che sia troppo tardi. Proprio il bisogno finalmente di una buona azione che valga a riscattarlo, diventa energia per il suo spirito, forza e capacità di affrontare l’esito della biopsia e sperare in un futuro diverso. E’ molto cambiato, il timore e la paura della malattia e della morte, mai provato prima, trasformano l’uomo cinico e ne fanno una persona diversa e benevola. Il film è ambientato in una Genova dall’atmosfera a tratti nebbiosa, invernale, quasi attutita, obnubilata, color grigioferro, ma che sa regalare anche tramonti struggenti e in Umbria, dove il paesaggio dolcissimo invita a meditare e a ritrovarsi. La bellezza e la qualità di questo film è tutta nelle sfumature sottili, nella verità delle cose che si dicono i personaggi a volte in modo crudele, a volte goffo o impacciato, ma sincero. La bellezza è nell’intensità di tutte le interpretazioni dalla prima all’ultima e nella mancanza di ogni retorica. Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Narrare la malattia. Narrazione, clinica e dialogo fra psicoanalisi e biomedicina a cura di Carla Noci A lessandro Guidi e Giuseppe Ricca (a cura di) Editrice Clinamen (2010) Ho iniziato a sfogliare questo libro con grande curiosità e con l’interesse di chi ama il tema della narrazione. Sapendo poi che uno dei curatori e la maggior parte degli autori del volume sono professionisti che operano nell’Università degli Studi di Brescia, ho, a maggior ragione, immediatamente iniziato a leggere le prime pagine. Un poco intimidita da una introduzione il cui senso non mi è parso immediatamente chiaro, probabilmente per la mia scarsa dimestichezza nei confronti del linguaggio psicoanalitico, non mi sono però scoraggiata ed ho iniziato ad avventurarmi nei successivi capitoli che costituiscono, appunto, le molteplici “narrazioni” con le quali gli autori hanno parlato, ciascuno a modo proprio, della malattia. In realtà questo testo rappresenta un ottimo esempio di come, e in quanti modi diversi, sia possibile affrontare il tema della malattia, offrendo al lettore un percorso esplorativo che ciascuno può compiere seguendo un proprio itinerario, secondo i personali interessi. Alcuni autori hanno, per esempio, esplorato la dimensione storica del tema, ricordandoci che fin dall’antichità si è parlato di malati e di malat- Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia NonSoloLibri - 69 tie. Esistono malattie che hanno lasciato tracce nella storia (la lebbra, le grandi “pestilenze”, la sifilide), storie di rimedi e farmaci; ci sono storie di malati e malati nella storia. Le prospettive sono molte, così come i linguaggi possono essere i più diversi: la letteratura, il teatro, la musica, le arti figurative. Fin dai tempi antichi molte forme espressive hanno affiancato il linguaggio della scienza per descrivere ciò che la malattia rappresenta per gli esseri umani: la sofferenza, il dolore, la paura della morte, lo strazio di una perdita, il furore contro un destino che sottrae, attraverso la malattia, persone amate o energie vitali. Alcuni autori hanno dato voce direttamente ai malati da loro curati. Ne emergono pagine di diario che, con le parole della quotidianità, raccontano come sia difficile per un malato, includere nel proprio orizzonte di vita una patologia che lo obbliga a fare i conti con organi che, per una misteriosa ragione, iniziano a non funzionare più e lo rendono schiavo di una macchina per la dialisi, oppure di una angosciata attesa per un trapianto. C’è, fra gli altri, anche il contributo infermieristico che l’autrice, Emma Carli, ha voluto connotare attraverso la presentazione di casi emblematici. Dalla necessariamente sintetica descrizione dei dati anamnestici, emergono elementi di grande rilevanza sia oggettiva, sia soggettiva rispetto al “come” viene affrontata la malattia da chi ne è affetto. Questi elementi, raccolti dagli infermieri attraverso l’ascolto e l’osservazione, orientano la loro operatività per offrire cura e sostegno a coloro che non hanno la forza, o le conoscenze, o la possibilità di reagire alla condizione patologica. E, laddove non sia possibile fare altro, ribadiscono l’importanza dell’essere accanto alla persona che sta concludendo la propria vita, semplicemente accompagnandola e non lasciandola sola negli ultimi istanti. Raccontare il proprio lavoro come professionista sanitario è un esercizio apparentemente facile ma, in realtà, assai complicato, perché si rischia di scadere nella retorica o nei luoghi comuni. Ma dentro i racconti di un malato, di una infermiera, di un medico, ci sono parole di vita vissuta, atmosfere dense di ricordi, richiami a ciò che si deve sapere perché la professione lo richiede, e silenzi rispetto a ciò che non si sa o che può essere detto solo dai gesti o dalla vicinanza solidale. Il tentativo di narrare la malattia è, per tutti, 70 - NonSoloLibri un’impresa assai difficile, perché le parole con cui la si descrive rischiano di mostrarne solo gli aspetti più riconoscibili, ma anche di omettere quelli più sfuggenti ed elusivi. Forse l’unico modo possibile è davvero quello di usare, come è stato fatto in questo testo, un coro di voci differenti, le sole in grado di rendere evidenti le molteplici prospettive attraverso cui si può affrontare un problema che, nell’esistenza umana, prima o poi coinvolge tutti, curanti o destinatari delle cure. Solo così ragione e scienza, sentimenti e conoscenze, riflessioni e pensieri affidati alla narrazione ed all’ascolto possono permettere di “sostare”, come ricordato dal contributo di Paola Manfredi, accanto alle proprie emozioni, mantenendo il contatto con la nostra interiorità angosciata dal mistero del dolore e della sofferenza. Appare allora più chiaro, nella seconda parte del libro dedicata al rapporto fra narrazione e psicoanalisi, il grande valore sia speculativo, sia applicativo, di un nuovo modello di scienza che consenta di uscire dalla pretesa “oggettività” del paradigma bio-medico. Restituire voce a coloro che, come curanti o come curati, praticano la medicina o patiscono la malattia, ricompone quella circolarità positiva che troppo spesso l’artificio della distinzione rende separati e contrapposti. Chi cura avvalendosi della scienza e della tecnica non può dimenticare il limite dell’attività terapeutica, rifiutandosi di accogliere ciò che solo chi è malato può dire con precisione. E lo stesso curante, raccontando la propria esperienza, in cui si alternano sentimenti di potenza e di crisi, di esaltazione e di sconfitta, trae beneficio dalla narrazione, in quanto torna a porsi gli interrogativi fondamentali che stanno all’origine della sua professione. Perché, come insegna l’antica mitologia greca, maestro dell’arte della cura non è colui che è sano, ma chi è testimone della propria ferita, Non a caso la mitologia greca assegna al centauro Chirone la facoltà di insegnare la medicina, perché solo un guaritore ferito, ossia colui che non può guarire se stesso, può conoscere l’oscuro linguaggio del corpo vivente, nel quale si incarnano la vita, la salute, la malattia. Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia Sezione - 71 Sul prossimo numero Il prossimo numero di Tempo di Nursing avrà come tema centrale i “Dilemmi etici” nell’esercizio professionale. Questo tema è sempre più attuale in un contesto sanitario, quale quello odierno, caratterizzato da importanti e rapide innovazioni tecnologiche; un contesto apertamente “laico e pluralista” dove i soggetti coinvolti ( pazienti, familiari, infermieri, medici…) possono sostenere differenti visioni morali, tutte meritevoli di rispetto. I pazienti esigono sempre maggiore tutela nella difesa dei loro diritti: diritto all’informazione, alla presa di decisione sulle proprie cure, alla riservatezza, alla continuità delle cure. Oggi esercitare una buona medicina e una buona assistenza non significa solo portare maggior beneficio al paziente ma vuol dire innanzitutto concordare con lo stesso, che è persona autonoma e capace di determinare le proprie scelte, il piano di cura e di assistenza. La pratica quotidiana dell’assistenza infermieristica è spesso caratterizzata da situazioni in cui l’Infermiere è chiamato ad effettuare scelte, a prendere decisioni cliniche in cui entrano in gioco importanti valori morali e principi etici. Invitiamo quindi tutti i Colleghi che lavorano in prima linea in Ospedale, nelle RSA, sul territorio o in altri contesti assistenziali, coloro che si occupano della formazione dei futuri infermieri, coloro che hanno un ruolo nei Comitati Etici Aziendali a condividere con tutta la “Comunità Infermieristica” la loro esperienza. 72 - Sezione Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia