Origine e cause
dei conflitti in
Africa e le
guerre
dimenticate
di
Maris Davis Joseph
Profughi del Darfur in una tendopoli provvisoria in Ciad
Il passato ed il presente ci ha abituato a conflitti anche cruenti in Africa,
spesso l'occidente li ha visti, e li vede, come semplici problemi interni, e
che nulla avevano o hanno a che fare con il dorato mondo civile.
Diritti umani, crimini di guerra e crimini contro l'umanità, eccidi, massacri, profughi, emigrazione, dittature cruente, tutto
questo è il prodotto di secoli di sfruttamento dell'Africa da parte di
potenze europee, e non solo europee.
È necessario distinguere però l'Africa mediterranea dall'Africa Sub-Sahariana. Se l'Africa mediterranea era conosciuta al mondo europeo fin
dall'Impero Romano, tutta l'Africa al di sotto del deserto del Sahara era un
continente del tutto sconosciuto. Infatti il deserto è rimasto una barriera
invalicabile ai più fino al XIV secolo. Solo con la conquista araba dell'Africa
mediterranea sono iniziati i primi commerci con le popolazioni dell'Africa
che si trovavano al di sotto del deserto.
Con la scoperta dell'America sono poi iniziate le prime esplorazioni via
nave, scoprendo così che per arrivare all'Africa continentale non era più necessario attraversare il deserto.
Ma il vero dramma dell'Africa è iniziato con la Conferenza di Berlino (18841885) quando le potenze europee di allora si sono spartite l'Africa, dando il
via al processo di colonizzazione che si sarebbe concluso solo all'inizio degli
anni sessanta. Un secolo che ha privato l'Africa, non solo delle sue risorse
naturali, ma soprattutto ha privato l'Africa della sua identità culturale. Ha
privato generazioni e generazioni di africani di vivere della loro identità
culturale, obbligandoli a seguire religioni non loro, imponendo la cultura
europea, alimentando conflitti tribali, riducendo in schiavitù giovani, uomini, bambini e donne.
La fine della colonizzazione "politica" del continente africano non ha però
fatto cessare l'influenza economica dell'Europa sull'Africa. Il petrolio, i minerali preziosi, i minerali rari, i diamanti, immensi territori da adibire ad
agricoltura sono sempre sotto il controllo di multinazionali europee e compagnie straniere, con la complicità di governi e autorità locali.
I fatti africani, anche attuali, appaiono ai più come dei semplici accadimenti senza senso, sconnessi tra di loro, frutto di una sovrastruttura selvaggia,
atavicamente incline al caos della insignificanza. Occorre, invece, reinserire l'Africa nella storia dell'umanità ed analizzare i suoi fatti come pezzi
del mosaico impazzito del disordine mondiale, dalle cause e dalle responsabilità ben identificabili.
Queste cause sono di natura storica, economica e geopolitica. Esistono anche cause endogene che non sono affatto riconducibili alla genetica (vedi
tutte le teorie coloniali o tardo coloniali sull'incapacità intrinseca degli
africani di autogestirsi e di forme di convenzione civile e la conseguente
necessità di ri-colonizzare il continente). Esse trovano la loro genesi nelle
modalità di ingresso dell'Africa nella modernità politica ed economica.
L'uso dell'etnia come strumento politico
L'appartenenza etnica, in se positiva in quanto luogo della manifestazione e
della trasmissione dell'identità individuale e collettiva, diventa uno strumento di potere politico aizzato contro altri gruppi etnici rivali nella corsa
per la conquista violenta del potere e della ricchezza.
Le rivalità etniche (che non sono monopolio esclusivo dell'Africa) sapientemente coltivate dal potere coloniale prima, e dai regimi totalitari poi, dovrebbero spingere gli africani a ridefinire in modo critico il concetto di
stato-nazione che non può avere lo stesso significato che ha avuto nei paesi
dell'Europa.
Esistono, o sono esistite, delle forme tradizionali per garantire la pace sociale e il consenso politico che, se riscoperte e rielaborate secondo le esigenze attuali, possono essere utili a prevenire i conflitti e a ritrovare la
"cultura di pace" intrinseca in molte tradizioni culturali africane.
Lo smarrimento culturale e la modernità
Modernità imposta che gli africani hanno adottato senza assumerla e senza
la volontà (o la capacità) di imprimergli una fisionomia conforme alle aspirazioni dei suoi popoli. Quest'Africa in bilico tra l'attrazione di una modernità "trappola" guidata dagli altri e un'identità violentata e lacerata, ma ancora viva e attuale, stenta a ritrovare una bussola culturale in grado di guidare il suo mutamento e la sua necessaria apertura al mondo.
La violenza che esprime è la spia di uno smarrimento profondo di natura
prioritariamente culturale, ossia la tremenda e drammatica sovrapposizione
tra il retaggio tradizionale e strutture moderne gestite con criteri anacronistici. Il continente africano è abbandonato oggi alla cieca violenza attuata
con strumenti e armamenti moderni sulla base di strutture mentali di tipo
tradizionale.
I conflitti sono il risultato del tradimento del "sole delle indipendenze" da
parte della politica africana, colpevole di aver mancato alle attese e alle
aspirazioni profonde dei popoli africani che, grazie alla lotta anti-coloniale,
avevano sognato orizzonti di libertà, di partecipazione, di equità e di prosperità. Non solo i dirigenti africani si sono accontentati di scimmiottare le
istituzioni occidentali applicate senza discernimento alla realtà africana.
Troppo presto hanno dimenticato i loro popoli per mettersi al servizio degli
interessi esterni e delle ambizioni personali (o del proprio clan) di ricchezza
e di longevità politica.
La geopolitica del petrolio e delle ricchezze
dell'Africa
Suddivisione del mondo al tempo della guerra fredda.
In verde i paesi africani, ex-colonie, considerate terre di conquista.
I conflitti in Africa nascono anche all'interno di un quadro geo-politico in
pieno mutamento. Dal Congresso di Berlino, data di inizio della spartizione
della torta coloniale, fino al "nuovo ordine mondiale" velleitariamente proclamato da George W. Bush all'inizio di questo millennio, passando attraverso
la guerra fredda combattuta accanitamente in Africa (Corno d'Africa, Angola, Africa Australe, Africa occidentale, ecc..) con la sola costanza di aver
trasformato l'intero continente africano in territorio di caccia degli appetiti
insaziabili di espansione e di affermazione delle grandi e delle medie potenze. Il tutto attuato attraverso, potenti compagnie minerarie e petrolifere e
multinazionali senza scrupoli.
Archiviata la guerra fredda l'Africa ha sognato di poter e di dover final-
mente liberarsi dalla tutela obbligata dettata dal carattere bi-polare del
mondo, delle potenze occidentali o di obbedienza sovietica. Il nuovo "ordine" unipolare ha suscitato nuove linee di contrapposizione non più riconducibili alle ideologie ma alla contiguità di interessi economici che strumentalizzano la politica e gli interessi dei governi dei paesi ricchi.
Diamanti insanguinati della Sierra Leone
Potenti multinazionali, potentati economici mondiali che corrompono i governi
locali africani e influenzano i governi dei paesi ricchi sui comportamenti politici da tenere con gli stati africani, e così sono stati sottovalutati conflitti cruenti,
si è soprasseduto su massacri e crimini, si è fatto finta di non vedere tutto ciò
che era scomodo far vedere al ricco occidente. Abbiamo così la geo-politica
del petrolio, del diamante, dell'oro, di questo o quel minerale raro, e
per il controllo di aree economicamente strategiche.
Alcuni paesi africani hanno perso la rendita geo-strategica del periodo della
guerra fredda per diventare terreno di scontro in quanto detentori di preziose ricchezze economiche di importanza vitale per le multinazionali occidentali. Per conservare questi interessi, le potenze occidentali sono pronte
a tutto, compresa la capacità di mantenere con la forza militare governi
corrotti e repressivi (come il Togo e il Congo piuttosto che l'Eritrea e l'Etiopia ) o poteri basati sull'egemonia etnica (Ruanda, Burundi, o il vecchio Sudafrica del'apartheid).
Conflitti che nascono e si sviluppano in un contesto economico globalizzato,
con un unico ruolo assegnato all'Africa, quello di un immenso serbatoio di
materie prime di tipo minerario e agricolo.
Guerre di sopravvivenza
La mancanza di prospettive economiche (tra il 1980 e il 1990, gli investimenti lordi in
Africa hanno conosciuto un ribasso medio annuo del 4,3% e gli investimenti diretti stranieri si sono abbas sati dal 25 al 19% durante gli anni '80)
e il conseguente abbassamento del livello di vita
che genera, rappresentano gravi fattori di instabilità che espongono le popolazioni, soprattutto quelle giovani colpite duramente dalla disoccupazione, ad ogni tipo di strumentalizzazione politica, anche nelle forme più
violente della lotta armata.
Un contesto economico all'interno del quale il debito dei paesi africani costituisce un macigno sulla vita delle popolazioni e una fonte permanente di
instabilità politica e sociale, terreno privilegiato da dove nascono frustrazioni e rivalità tra gruppi etnici e politici. Il conflitto armato spesso nasconde uno scontro di sopravvivenza, una lotta a morte per resistere alla crisi.
Tutto questo è la vera guerra d'Africa che miete milioni di vittime silenziose. Guerra sulla quale, invece, vige la legge del silenzio intriso di cattiva
coscienza e di rimozione collettiva da parte della stampa e dell'opinione
pubblica. Occorre ribadire che le guerre che si scatenano nelle periferie del
mondo sono la piccola spia pericolosa di un disordine e di una violenza che
rischia di allungarsi a tutto il pianeta.
E sotto questo profilo, le guerre d'Africa sono guerre di tutti, vissute
drammaticamente dagli africani, ma corresponsabili delle cause che le scatenano sono tutti i meccanismi che uccidono la speranza di milioni di persone e soffocano la giustizia e la solidarietà. E su questi meccanismi è
possibile agire come cittadini e come donne e uomini sensibili al futuro dell'umanità.
Tipi di guerre africane
Non tutte le guerre africane sono uguali. Per capirne meglio le cause potremmo distinguerle in:
• Conflitti inter-statali. Scoppiati per lo più sino alla fine degli anni
'80, che si limitavano a rivendicazioni di rettifica delle frontiere. Tutti
questi conflitti non sono sfociati in scontri armati anche se, ciclicamente, la minaccia del ricorso alle armi torna prepotentemente a farsi sentire, come succede oggi, per esempio tra Eritrea ed Etiopia. A
questo tipo di conflitti appartengono anche quelli tra Benin e Niger, per la
frontiera lungo il fiume. Egitto e Sudan con il primo che reclama il cuneo di
Wadi Halfa e il tringolo Jabel-Bartaziga-Korosko. Somalia e Etiopia per la regione di Hawd e dell'Ogaden. Monzambico e e Malwi che si contendono la
riva paludosa est del lago Chilwa, e moltissimi altri conflitti.
• Conflitti di natura secessionista. Dove le frontiere coloniali
sono state contestate dall'interno di una stessa nazione (Katanga nell'ex Congo Belga, Biafra in Nigeria) oppure ribellioni interne (Casamance in Senegal, ribellione dei Tuareg nel Mali e nel Niger, Comore in Anjouan, la regione del Kiwu nel conflitto congolese). Il Sud Sudan è l'esempio più recente di questo tipo di conflitto, dopo anni di combattimenti ha
ottenuto l'indipendenza dal Sudan.
• Conflitti etnici. Aggravati con la fine della guerra fredda e guidata
da gruppi etnici, non di rado marginalizzati dai poteri politici, che si
ribellano in nome di una identità etnica a torto o a ragione giudicata
minacciata (Ruanda e Burundi con il conflitto tra tutsi e hutu. La guerra
nell'est della Repubblica Democratica del Congo. La Liberia e la Sierra
Leone. Angola ed ex Congo-Brazaville).
• Fattori politici (il fallimento della decolonizzazione e del processo democratico). Da inquadrare tra i fattori politici anche tutte le ribellioni della
così detta "Primavera Araba" che ha coinvolto quasi tutti i paesi africani che si affacciano sul mediterraneo. Paesi fino a quel momento governati da pesanti dittature islamiche.
• Fattori regionali (la vicinanza dell'Angola con la possibilità per i vari
gruppi in conflitto di stringere alleanze con il governo di Luanda e con la ribellione dell'Unita rimasta fedele al precedente presidente). Fattori personali, molto difficili da cogliere per gli osservatori esterni al continente, riconducibili alle personalità e alle storie dei protagonisti che regolano sulla pelle dei loro concittadini i conti delle loro rivalità e ambizioni (è certamente il caso di Sassou Ngauesso e Pascal Lissouba in Congo,
di Edoardo Santos e Jonas Savimbi in Angola, e altri ancora).
• Conflitti religiosi. Dopo l'11 settembre, ma soprattutto con l'intervento occidentale nelle guerre di Afghanistan e Iraq, sono riemerse le
profonde divisioni religiose presenti in Africa, aggravando, anche le
contrapposizioni etniche. I mussulmani, i Cristiani e la cultura animi sta che spesso si sovrapponevano e convivevano, ora l'integralismo
islamico li ha di nuovo divisi. Si pensi al conflitto della Repubblica
Centrafricana (gruppi islamici di Seleka e il colpo di stato del marzo 2013),
al Mali (integralisti islamici che hanno imposto la legge islamica nel nord risolto con l'intervento francese), oppure in Nigeria (dove il gruppo integralista di Boko-Haram uccide e massacra i cristiani per liberare il nord Nigeria ormai da diversi anni con l'intento di creare uno stato islamico), alla Somalia (dove l'Islam integralista vuole imporre la legge islamica), e i gruppi Tuareg integralisti che operano nel deserto e sempre pronti a mettersi a disposizione di chiunque voglia dichiarare una "guerra santa" in Africa.
Si assiste sempre di più ad una miscela esplosiva di tutti questi fattori che
non agiscono sempre singolarmente, ma che si scatenano e si alimentano
reciprocamente. Non di rado, un conflitto iniziato con la motivazione politica (per esempio la contestazione di un risultato elettorale) può degenerare
in conflitto etnico con risvolti economici.
Attuali conflitti dell'Africa
Mi limito, in questo articolo, solo ad elencarli, riservandomi di approfondirli singolarmente in una prossima pubblicazione. Sono conflitti gravi tutti
alimentati da motivazioni religiose o etniche, con il sottofondo del controllo
delle risorse del minerarie o petrolifere, infatti questi sono tutti paesi ricchi
di petrolio o minerali preziosi.
• Sud Sudan
• Libia
• Darfur
• Repubblica Centrafricana
• Nigeria
• Repubblica Democratica del Congo
• Somalia
• Mali (appena pacificato)
• Eritrea
Dittature e regimi totalitari dell'Africa
Dei 54 Paesi che compongono l'Africa più della metà sono governi dittatoriali, alcuni sono regimi morbidi, altri al contrario veri e propri regimi totalitari cruenti. Tiranni che governano paesi spesso ricchissimi di materie prime e i cui guadagni vengono ripartiti tra una ristretta classe di funzionari
corrotti.
Governi che fanno affari con i ricchi governi occidentali incuranti dei diritti
umani che in quei paesi vengono costantemente violati, e dei crimini che
tutti i giorni quelle popolazioni sono costrette a subire.
Tralasciando i paesi dell'Africa mediterranea, per esempio la Libia dove Gheddafi (al potere dal 1969 al 2011) o l'Egitto di Mubarak (rimasto al
potere per 30 anni dal 1981 al 2011), e dove negli ultimi due anni ci sono state
profonde
trasformazioni
politiche
(Primavera
Araba), nell'Africa
continentale ci sono almeno un'altra decina di regimi totalitari in mano a
dinastie familiari che governano con pugno di ferro pur di non perdere la
loro prerogativa di potere. Paesi che però al mondo occidentale risultano
pacificati, e per questo nessuno se ne interessa, o giudicando i crimini che
avvengono solo come semplici problemi interni a quel paese.
Questi attualmente i regimi africani più longevi:
1. Gabon - la dinastia dei Bongo è al potere da 46 anni.
2. Zimbadwe - Robert Mugabe presidente dal 1980 (la sua presidenza è
anche chiamata il "Regno del Terrore")
3. Guinea Equatoriale - Teodoro Obiang Nguema, al potere
dal 1979 (Si stima che il suo patrimonio personale si aggiri intorno ai 600 milioni di dollari, la rivista Forbes lo colloca all'ottavo posto tra i governanti più
ricchi del mondo).
4. Camerun - Paul Biya, presidente dal 1982 (considerato un presidente
lontano dalla gente, tutti i suoi oppositori vengono sistematicamente emarginati
dalla società civile).
5. Uganda - Yoweri Museweni, presidente dal 1986 (la sua presidenza è
caratterizzata da continui conflitti con i paesi vicini, Rwanda, Sudan, Repubblica Democratica del Congo. Alla fine degli anni '80 intraprese una sanguinosa
guerra civile contro il gruppo armato Lord's Resistance Army comandate dal
generale Joseph Kony e che provocò 800 mila profughi e 500 mila vittime civili, Joseph Kony fu in seguito condannato per crimini di guerra e contro
l'umanità).
6. Burkina Faso - Blaise Campaoré, presidente dal 1987 (ha instaurato
un regime di tipo marxista stretto e si dice che egli stesso abbia ucciso il suo
predecessore Thomas Sankara che aveva portato il paese fuori dalla crisi economica e avviato una profonda trasformazione in senso democratico. Il Burkina Faso è ora uno dei paesi più poveri del mondo).
7. Sudan - Omar Hassan al Bashir, presidente dal 1989 (islamico, ha provocato il conflitto del Darfur, ancora in corso, per il quale è già stato condannato
per genocidio e crimini contro l'umanità, ha poi intrapreso una lotta di religione
armata contro il Sud Sudan in prevalenza cristiano. Sud Sudan che ha ottenuto
l'indipendenza nel 2012).
8. Ciad - Idris Débby, presidente dal 1990 (il paese in è attraversato da continue tensioni e tentativi di colpi di stato sempre risolti anche per l'appoggio
delle truppe francesi. Paese ricco di petrolio, Débby è accusato di trattenere per
se i proventi derivanti dall'estrazione che si calcola ammontino a 486 milioni di
dollari).
9. Etiopia - Meles Zenawi presidente dal 1991 fino alla sua morte avvenuta nel 2012 (il suo è considerato uno dei regimi più cruenti in assoluto,
dove la violazione dei diritti umani era la norma. Attualmente l'Etiopia è
governata da colui che fu il suo vice Haile Mariam Desalegn, e quindi nulla
cambia dal punto di vista delle libertà personali e degli affari da fare con i
governi occidentali).
10.Swaziland - monarchia assoluta dinastia Mswati al potere dall'indipendenza (1968) (l'attuale re Mwati III si sceglie una moglie all'anno durante
una cerimonia a cui partecipano circa 50 mila ragazze provenienti anche da
molti altri paesi africani, i suoi sudditi vivono con meno di un dollaro di reddito al mese).
Riepilogando
Paesi africani nei quali i diritti civili e politici sono del tutto o
fortemente limitati: Guinea, Guinea Equatoriale, Costa d'Avorio, Camerun, Ciad, Sudan, Sud Sudan, Eritrea, Etiopia, Somalia, Repubblica Democratica del Congo, Rwanda, Angola, Zimdabwe, Swaziland.
Paesi africani nei quali i diritti civili e politici sono parzialmente limitati: Gambia, Mauritania, Sierra Leone, Liberia, Burkina Faso,
Togo, Niger, Nigeria, Gabon, Repubblica Centroafricana, Etiopia, Uganda,
Kenya, Tanzania, Zambia, Malawi, Mozambico, Madagascar, Seychelles e Comore.
A questo elenco sono esclusi tutti i paesi islamici che si affacciano sul Mediterraneo e coinvolti nelle insurrezioni interne della così detta "Primavera
Araba", paesi nei quali è ancora incorso una fase di stabilizzazione e democratizzazione.
Nei restanti paesi non elencati (Capo Verde, Senegal, Mali, Ghana, Benin, Sao Tomé e Principe, Namibia, Botswana, Sudafrica, Mauritius ) le garanzie e politiche e tutte le altre libertà sono costituzionalmente garantite.
Articolo scritto e curato da
MarisDavis
http://marisdavis.com/
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Origine e cause dei conflitti in Africa e le guerre dimenticate