Crisi economica in Nord Africa La situazione economica L’economia dell’Africa, o l’insieme delle attività economiche e delle risorse umane del continente, è difficile da descrivere: delle 54 nazioni che formano il continente – a cui vanno aggiunti alcuni territori appartenenti a nazioni europee – 25 appaiono tra i paesi più poveri della terra, ma allo stesso tempo, alcune nazioni hanno livelli di vita paragonabili a quelli occidentali (come Sudafrica e Botswana). Alcuni paesi dove la popolazione ha un livello di vita estremamente basso, sono ricchi di risorse minerarie e inoltre, il livello di povertà assoluta – da anni ormai comparato all’introito di un dollaro USA al giorno per persona – può dare risultati contrastanti: in alcune aree, questa è una cifra più che sufficiente per condurre una vita normale, altrove, anche all’interno dello stesso paese, è assolutamente insufficiente anche solo per i bisogni di base di una persona. Le cause della crisi Le ragioni della povertà di molti paesi africani sono molte e complesse: il colonialismo, prima, e il processo di decolonizzazione, poi, hanno bloccato lo sviluppo naturale delle società africane, hanno spesso fatto retrocedere i processi produttivi, hanno creato barriere al libero movimento di persone e cose. I primi governi indipendenti hanno inoltre ceduto al dispotismo e alla corruzione rampante, aggravando la situazione e impedendo l’utilizzo delle risorse, spesso ingenti, che avrebbero potuto dare una forte spinta allo sviluppo economico. Nella maggioranza dei paesi una minoranza detiene il controllo delle risorse mentre la maggioranza non migliora la sua posizione sociale. Tipologia di cause Le principali cause della crisi economica dell’Africa sono: Cause geografiche Cause legate alla salute Cause storiche Guerre Cause geografiche Le barriere geografiche – il più grande e caldo deserto e la seconda più grande foresta tropicale del mondo sono in Africa – spesso impediscono il libero movimento di beni e servizi. Anche i fiumi, con poche eccezioni – Nilo, Congo e Zambesi a tratti - non permettono una buona penetrazione verso l’interno. La mancanza di strade asfaltate di grande percorrenza e la presenza di piste inaffidabili durante la stagione delle piogge, sono altri fattori che frenano la crescita. Inoltre, molte nazioni sono lontane dai porti marini, con conseguenti alti costi di trasporto dei beni producibili localmente. Sebbene non sia corretto addossare tutte le colpe dello stato attuale dell’Africa al colonialismo, è indubbio che la spartizione dell’Africa tra le potenze europee e le strutture messe in atto nei vari paesi hanno gravemente influito sulla mancanza di sviluppo. Le economie locali sono state organizzate verso l’esportazione di materie prime, e non sulla loro trasformazione per la vendita di un prodotto finito. Le potenze coloniali hanno, in alcuni casi, tentato di migliorare la loro presenza durante gli ultimi anni del colonialismo, dotando i vari paesi di strutture che sarebbero servite per lo sviluppo futuro e preparando piani di sviluppo economico. L’aumento demografico ha però reso del tutto inadeguate queste misure: l’Africa muore di sovrappopolazione (5,3 bambini per donna nella zona subsahariana, con un picco di 7,4 in stati come il Niger) Cause storiche Cause legate alla salute Uno dei drammi che colpiscono i paesi africani è la vastità dell’infezione HIV/AIDS, la difficoltà di superare il problema posto da malaria e tubercolosi, la poca disponibilità di personale medico preparato al di fuori delle grandi zone urbane. L’HIV/AIDS ha colpito duramente le fasce più produttive, e spesso le fasce meglio preparate dal punto di vista intellettuale. La malaria continua ad essere la singola causa più alta di morte nelle zone subsahariane, specialmente per i bambini sotto i 5 anni di età. Pochi paesi africani possono permettersi di fornire gratuitamente medicine per combattere l’HIV/AIDS, e quelli che lo fanno devono dedicare quasi tutto il bilancio sanitario a questo programma, con gravi conseguenze per gli altri settori. La produzione di medicine generiche è ancora lontana dal soddisfare la richiesta interna, mentre molte medicine necessarie a contenere le malattie più gravi devono essere importate o prodotte sotto licenza, con conseguenti alti costi per la popolazione locale. Guerre Negli ultimi 15 anni, si sono combattute più guerre in Africa che non nel resto del mondo. Guerre tra stati e guerre civili hanno distrutto le infrastrutture, deviato l’uso di grossi capitali dallo sviluppo, creato barriere e inimicizie che bloccano il libero commercio e limitano la crescita. Il Sudan non ha conosciuto pace – se non per brevi periodi - sin dall’indipendenza; la Somalia non ha un governo da due decenni e l’insicurezza nel paese è totale; l’Uganda convive con una guerra civile da due decenni…e la lista potrebbe continuare. Le guerre si sono dimostrate una buona fonte di finanziamento per alcuni – vendita di armamenti, mercato illegale di materie prime – ma un terribile fardello da portare per i più poveri !. Le conseguenze A Pantelleria riprendono gli sbarchi degli immigrati dai Paesi dell’Africa del Nord. Vengono dalla Tunisia liberatasi da Ben Ali (dittatore per 23 anni, nella foto) a bordo di carrette del mare: arrivano e arriveranno sempre più numerosi, perché i regimi arabi stanno cadendo e regna l’incertezza. Questi sono i veri problemi di cui dovremmo occuparci anche in Italia: a Pantelleria è arrivata solo una minima parte dei milioni di arabi che arriveranno in Europa dopo il crollo di Ben Ali, di Mubarak (rais egiziano) e chissà, forse anche di governanti di altri Paesi nordafricani. L’Europa non sembra in grado di fronteggiare l’arrivo di quest’ondata. Le opinioni Gustavo De Santis (nella foto), Professore di Demografia all’Università di Firenze a proposito del fenomeno migratorio a seguito dello sfaldamento dei regimi in Tunisia, Egitto e Libia afferma: “l'immigrazione è una potenzialità che andrebbe saputa gestire: ma puntando fortissimamente all'integrazione, non all'esclusione. Incidentalmente, una volta integrati (es. con regolare permesso di soggiorno e prospettive di diventare italiani), gli stranieri "si comportano" meglio di noi: delinquono meno, vanno meno spesso in ospedale o dal dottore, lavorano di più, ... Insomma, l'Italia ne ha bisogno, e avrebbe tanto da guadagnare da un'oculata gestione dei flussi di ingresso”. Cosa fare? Oggi solo un mondo multipolare basato sulla cooperazione e non sulla competizione è l’unica alternativa. Bisogna una volta per tutte isolare chi persegue l’egemonia , per primi i grandi capitalisti americani , e costruire le relazioni del mondo sulla base della collaborazione e del reciproco vantaggio . Questo servirà a portare maggiore equilibrio , a diminuire i divari economici e ragionare seriamente sui principali problemi da affrontare congiuntamente. Oggi le popolazioni sull’altra sponda del Mediterraneo chiedono pane , lavoro, sviluppo economico , aumenti salariali. I giovani egiziani chiedono un riconoscimento professionale e di poter vivere come i loro coetanei europei . Perciò il Parlamento Europeo , invece di dividersi su come fronteggiare l’esodo da questi paesi verso l’Europa passando prima di tutto dall’Italia , deve prima di tutto dichiarare pubblicamente di accogliere il significato positivo della protesta popolare che ha avuto nella piazza centrale del Cairo il suo centro. Progetto realizzato da Nicoletta De Luca classe IV sez. I