MODULO 2. 2.1 Sistemi di intervento e soggetti preposti Nelle società precapitalistiche (o in quelle a basso livello tecnologico) non esiste una sfera autonoma che possa definirsi assistenziale: la cura dei bambini, vecchi, ammalati è della comunità, è parte intrinseca delle relazioni familiari e interpersonali. La sicurezza, la sopravvivenza è garantita dalla solidarietà, dalla partecipazione collettiva al ciclo produttivo, ciascuno per la sua parte (bambini/il pascolo; anziani/l’esperienza e le regole; gli adulti/il controllo). Ma contenuti e significati del termine assistenza hanno una evoluzione lenta “carità elemosine, opere di misericordia “opera pia, hotel Dieu, ospizio”, filantropia. Non a caso Cavour definisce l’intervento pubblico “carità legale”. A monte delle trasformazioni terminologiche si incontrano realtà diverse, esigenze diverse. Realtà storicamente determinate, strutture socio-economiche, patrimoni di conoscenze, norme. E’ con il basso medioevo che si osservano i primi processi di differenziazione delle attività assistenziali. Il feudalesimo stesso disegnava un assetto sociale basato su di un contratto esplicito o implicito dove la condizione del singolo dipendeva rigorosamente dalla sua posizione rispetto la terra che, a sua volta, determinava i diritti e doveri dei singoli. La concessione di un feudo assicurava all’imperatore guerrieri a cavallo, cavalieri e soldati per le spedizioni militari (crociate). I grandi Feudatari e la catena dei vassalli, valvassori e valvassini personificavano il suo potere su un determinato territorio (dall’887 anche ereditario). L’ultimo anello della catena, i servi della gleba, avevano doveri e diritti, e potevano affrancarsi partecipando alle spedizioni militari organizzate dal Signore o nelle Compagnie di ventura. Nel 1315-17 la peste bubbonica e polmonare causa una grande contrazione demografica, che travolge il rapporto servo-signore. I servi si affrancano, operazione questa insita nei valori del cristianesimo primitivo, e nel momento in cui i Signori si sentono esonerati dalla cura, la Chiesa si sostituisce ai Signori perché il povero rappresenta il Cristo in terra e il “prendersi cura” viene indicato al cristiano dalle Opere di misericordia come strumento di redenzione.1 “E’ più facile che un cammello entri per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli”: l’ammonimento sotto la cui minaccia prende forma il sistema medioevale della carità Da questo punto di vista l’aiuto vale non solo per chi riceve i doni, ma anche per chi li dà, dal momento che è in gioco la salvezza della sua anima. Se la povertà è cara a Dio allora si dovrà avere cura dei poveri. Non era dunque lo sguardo compassionevole sui mendicanti che stimolava la disposizione a dare, quanto il futuro della propria anima. 1 7 spirituali e 7 corporali, attraverso le quali si manifesta la carità secondo la tradizione catechista. Sono Opere corporali: dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti. 9 La funzione dell’assistenza è quindi quella di rispondere ai bisogni di coloro che non hanno terra da cui ricavare il sostentamento. Ne è un esempio significativo, in epoca successiva in Inghilterra, quando le enclosures, ossia le recinzioni dei campi e delle aree demaniali per assicurare l’allevamento intensivo delle pecore (la lana è la materia prima della nascente industria manifatturiera), espellono i poveri dalla terra. L’Enclosures Act del Parlamento inglese risale al 1759 e gli acri recintati ammontavano a 330.000. Privo di terra il povero non gode più della protezione della comunità, si trasforma in mendicante rappresentando un pericolo sia di contagio che per la sicurezza sociale. Conseguenza dell’allontanamento dalla terra è il dilatarsi del fenomeno dei poveri vaganti; di qui la costante connessione tra il controllo della povertà e l’organizzazione amministrativa dell’intervento assistenziale. 2.2 L’intervento e la competenza. La Chiesa e il principio di carità Già nella storia più lontana dell’intervento assistenziale trovano spazio termini come emarginazione, utente, risorse, professionalità (intesa come competenza), prestazione. In tutte le società, quale sia o sia stato, il livello di sviluppo e l’organizzazione sociale ed economica, esistono persone o gruppi che rappresentano il motore del sistema, la locomotiva; altri che aderiscono, si immettono nel processo adeguando o affinando modalità e strumenti (creando economie esterne, processi di supporto, profili professionali, indotto). Altri ancora che rimangono ai margini. Sino a che la marginalità è fisiologica e può essere risolta all’interno dell’assetto socio-economico preesistente non si hanno interventi; quando diventa disfunzionale, allora si rendono necessarie azioni di carattere contenitivo, riparativo, o anche di recupero. Esiste una soglia di tolleranza sociale della emarginazione, definita dalla percentuale di emarginati che una società è in grado di tollerare senza dissesti o repressioni. Soglia che variava e varia a seconda delle circostanze storiche, economiche, sociali e eticoreligiose. Nell’alto medioevo elemosine, tavole dei poveri, ospizi, offrono il panorama dei provvedimenti originati dal superamento di tale soglia di tolleranza e dalla preoccupazione di evitare la mendicità e il mancato controllo delle malattie. L’evoluzione delle istituzioni ospedaliere e l’apertura dei lebbrosari è dunque un atto di buon governo, oltre che di assistenza. Le persone erranti, i declassati (la povertà non consiste solo nella mancanza dell’avere, ma nel venir meno dell’essere, come i senza averi causa il maggiorascato, i pellegrini, gli orfani, i soldati senza soldo, gli esclusi a causa di crimini e gli asociali propriamente detti) erano i destinatari dell’intervento, gli utenti di oggi. La Chiesa (per molti secoli l’agenzia assistenziale più imponente) fa della carità una condizione di redenzione e di equilibrio sociale insieme, ed i beni ecclesiastici costituiscono il patrimonio cui attingere per i poveri. Ai vescovi viene prescritto, sin dal 511, di destinare ai bisogni dei poveri un quarto del loro reddito; nelle parrocchie rurali invece un terzo delle offerte.2 La carità veniva in qualche modo sanzionata attraverso la certezza ed il quantum delle risorse. 10 Nell’870, il vescovo di Reims, nel sostenere che le sole elemosine non sono sufficienti per le opere di misericordia ma che, per ricevere i poveri o gli ospiti negli ospedali occorre personale in quantità necessaria, introduce il principio dell’addetto, colui che svolge l’attività di assistenza in forma stabile. Di qui il mestiere, la competenza, la professione. Sono i monasteri benedettini che hanno provveduto a tramandare la memoria e le modalità dell’intervento assistenziale con le Regole. L’ospitalità nei monasteri è ascritta a vera e propria liturgia, la liturgia della Porta.28 Qui, aveva luogo la distribuzione delle elemosine ai poveri e anche l’ammissione dei pellegrini alla foresteria. Sin dal sec. XI la Porta rappresenta il servizio che centralizza sia la beneficenza, sia l’ospitalità. Con delega espressa dell’abate, l’incarico di tale funzione è affidato al Padre portinaio, che doveva essere un monaco anziano e prudente, in grado di distinguere tra le varie categorie di persone che sollecitavano aiuti: prelati, chierici, laici in viaggio, mendicanti o vagabondi, infermi e malati. Tanto che, per amministrare questa funzione che diventava via via più complessa, viene previsto una specie di organico: il custos hospitum per la foresteria e, l’ elemosynarius, per l’incarico di provvedere ai poveri. A queste due funzioni furono attribuiti cespiti diversi -programmazione delle risorse, diremmo oggi-: l’elemosiniere aveva l’incarico di dispensare la decima, da sempre riservata ai poveri; agli ospiti viene riservata un secondo cespite, la nona, da prelevarsi direttamente dai beni del monastero. In seguito la carica dell’elemosiniere si diffuse perché le opere di misericordia, moltiplicandosi, assumevano stabilità e modalità organizzative diverse nel processo di adattamento alle condizioni della vita sociale e dell’economia monetaria. Nascono così, nei borghi rurali, le Elemosinerie, dispensari decentrati o piccoli ospizi, annessi alla pieve. -Sedi e decentramento- , nel linguaggio odierno. L’amministrazione dei servizi assistenziali si modella quindi in organizzazione e sedi decentrate. E non solo più Chiesa e Abbazie sono i soggetti preposti, con l’espansione dell’economia monetaria i laici, soprattutto quelli della classe emergente dei mercanti, gestiscono direttamente ospedali e opere di misericordia. Al personale religioso si affianca anche il personale laico. Il buon funzionamento degli istituti di ricovero deve essere garantito da personale competente, il cui modo di fare e di dare assume rilevanza. Dare con cortesia e con rispetto dell’altro assume valore in sé. Non più, o solo, perché la carità è garanzia di salvezza, opera di misericordia, ma principio e valore di convivenza, di reciprocità. Se l’ospedale è la casa dei poveri, il lebbrosario invece è destinato ad allontanare dalla società i ricchi quanto i poveri per arginare la diffusione delle infezioni, gli ospizi Bons Enfants, sono riservati ai bambini, orfani e poveri. Distinzione delle funzioni, specializzazione. E con l’ingresso dei laici nel campo dell’ assistenza si arriva alla compresenza di opere e istituzioni a gestione differenziata, laica e confessionale, -il sistema dei servizi-. Si può sostenere che la nuova politica assistenziale, comune ai paesi protestanti e cattolici, trovi alcuni secoli più tardi nel 1506, la sua completa teorizzazione nel libro “De subventione pauperorum” dell’umanista J.L. Vivès, pubblicato a Bruges. …..Due assessori municipali con un segretario dovranno visitare tutti i poveri, sia nell’ospizio che a domicilio. Dovranno annotare i loro modi di vivere, i loro bisogni, il 2 liturgia: l’insieme di tutti gli atti con cui la Chiesa manifesta in forma sociale e pubblica il suo culto. 11 numero dei loro figli, i modi di vivere prima di cadere nella miseria, e le circostanze che li hanno condotti alla povertà. I mendicanti dovranno spiegare quali ragioni li portarono a elemosinare. L’interrogatorio degli ammalati sarà fatto da un medico. Quando sarà completata l’anagrafe dei poveri, gli assessori comunali incaricati dell’assistenza prenderanno ciascuno una decisione senza tener conto di alcuna raccomandazione. I mendicanti sani riceveranno una specie di foglio di via con i mezzi per recarsi ai loro paesi d’origine. Gli altri poveri dovranno lavorare o in laboratori o presso privati o al proprio domicilio o mettersi al servizio della città o degli ospedali. Se non conoscono nessun mestiere, dopo un esame attitudinale, se ne insegnerà loro uno. Per quelli sprovvisti di intelligenza, si troverà un lavoro non qualificato. Né i ciechi, né i vecchi devono rimanere oziosi. I mentecatti dovranno essere trattati con dolcezza e i contagiosi isolati. Ci sarà un’assistenza per le donne decadute. Ci saranno piani di soccorso per le vittime degli incendi, delle inondazioni, dei naufragi, In tutti casi l’assistenza deve essere sufficiente e deve sempre condurre a un lavoro Un programma integrale di intervento: indagine sociale razionalizzazione delle risorse, differenziazione dell’intervento, necessità del lavoro (anche coatto), espulsione dei forestieri. 2.3 Attori e interlocutori nell’ambito dei sistemi di intervento. L’assistenza pubblica: Poor law e work house L’interdipendenza tra i controllo della povertà e l’organizzazione amministrativa dell’assistenza statalizzata, come già e stato detto, avviene in epoca più vicina a noi. Già il fenomeno della scarsezza di uomini per le grandi epidemie di peste, 1315-1317, quando muoiono due poveri per ogni ricco ha segnato un cambiamento. I servi si affrancano ed è la penuria di mano d’opera assieme alla visibilità sociale del povero, che comporta ulteriori trasformazioni alla esigenza di tutela. Dall’XI al XV secolo, prima in Italia, poi nei Paesi bassi, poi in tutta Europa occidentale, si consuma lentamente la crisi dell’aristocrazia feudale e avanzano i ceti del commercio e dell’artigianato, non come forze subalterne di una società stratificata ma come classi economicamente indipendenti e influenti di una società aperta. Sono queste le forze che tra il XV e XVIII secolo promuovono quello che è stato definito il capitalismo commerciale. Ed è nella fase del capitalismo commerciale che si verifica la prima grande accumulazione di ricchezze che costituirà il trampolino di lancio del capitalismo industriale e il terreno di cultura delle borghesie nazionali e di un sistema economico dinamico. E’ nell’agricoltura inglese che si verifica una prima fase di innovazione e di ristrutturazioni profonde. In Inghilterra , proprio le enclosures, ossia le recinzioni dei pascoli e delle terre demaniali per l’organizzazione precapitalistica dell’industria tessile, con il conseguente aumento dei prezzi e della gente senza possibilità di sostentamento (nel 1700 gli agricoltori sono il 70% della popolazione attiva, nel 1800 12 sono ridotti al 37%), determinano tutte le condizioni favorenti l’assetto organizzativo e giuridico dell’assistenza. 4 Ma la Poor law, promulgata nel 1601 dalla regina Elisabetta ha radici più lontane, a partire dallo scisma di Enrico VIII (1534). Infatti quando la monarchia britannica si impadronisce della Chiesa d’Inghilterra e del suo patrimonio se ne accolla anche l’eredità passiva tra cui, sotto il profilo economico, rientra il dovere della carità. L’assistenza ai poveri o meglio la carità, condizione di redenzione e di equilibrio sociale, alla quale la Chiesa provvedeva attingendo ai beni ecclesiastici diventa compito dello Stato. E’ Enrico VIII ad ordinare ai fabbricieri delle parrocchie e a due overseers of the poors di fare la questua nelle domeniche e nelle festività da distribuire ai poveri. Nel 1562 la questua si trasforma in contribuzione obbligatoria e nel 1572 diventa una imposta. Elisabetta con la Poor Law regolamenta le precedenti disposizioni attraverso l’introduzione di una tassa settimanale per il soccorso ai poveri invalidi e vecchi, per l’apprendistato dei giovani sotto i 24 anni se maschi, 21 se femmine, l’avviamento al lavoro degli adulti abili. Legge che resterà operante sino al 1834, tranne piccole modificazioni. Con questa legge le parrocchie, intese come unità amministrative elementari del Governo locale, attraverso gli overseers, ispettori deputati all’amministrazione dell’assistenza pubblica, o più drasticamente “sorveglianti dei poveri” riscuotono la poor rate. Una tassa per i poveri nati o che vivono da almeno cinque anni nella parrocchia (domicilio di soccorso, 1662). Gli ispettori, nominati annualmente dai Giudici di Pace, hanno la funzione di accogliere la domanda del povero, di investigare sulle sue condizioni e di stabilire se possiede o meno il diritto all’assistenza. I poveri invalidi sono assistiti a domicilio mentre vengono istituite le work house, case di lavoro coatto, in cui inserire i poveri validi. La parrocchia assume il significato di delimitazione e definizione territoriale dell’intervento, come le pievi nella precedente situazione dell’assistenza ecclesiale. Come, se vogliamo rischiare sul piano analogico, il DPR 616/77 attuativo della L. 382/75 che introduce norme sull’ordinamento regionale e sulla organizzazione della pubblica amministrazione . Uno spazio fisico e un contesto organizzativo che, nei tre esempi sopra riportati assume valenze diverse, anche se definisce e delimita l’accesso all’intervento assistenziale: • la parrocchia, richiamata dalla Poor Law, è caratterizzata dall’egoismo localistico, dalla chiusura. Ogni parrocchia assiste solo i propri poveri e prevede l’espulsione dei forestieri o l’arresto e la deportazione nelle colonie. Tanto che nel 1662 viene istituito un ulteriore vincolo giuridico: il domicilio di soccorso, attraverso il quale venivano riconosciuti quali beneficiari dell’intervento assistenziale solamente i poveri residenti. Con la possibilità di far acquisire la residenza legale a chi avesse lavorato sul territorio della Parrocchia almeno per un anno. Ma la dimensione localistica e protezionistica faceva sì che i contratti dei fittavoli fossero quasi sempre di 51 settimane 5. 4 la produzione capitalistica è caratterizzata da: -l’ accumulazione e dall’investimento di capitali da parte di individui privati -la separazione tra lavoro e proprietà dei mezzi di produzione -la libertà giuridica del lavoratore (forza lavoro in vendita) 5 Il domicilio di soccorso è un istituto tutt’ora valido anche in Italia. Previsto nella legge Crispi del 1890 13 • • Per le pievi si tratta di un decentramento funzionale, un punto di riferimento degli Elemosinieri.. Un decentramento funzionale/normativo quello previsto dal DPR 616/77. Le competenze assistenziali -art. 22- “inerenti a quelle attività che attengono al quadro della sicurezza sociale, alla predisposizione ed alla erogazione di servizi gratuiti o di prestazioni economiche, sia in denaro che in natura, a favore dei singoli o di gruppi, qualunque sia il titolo in base al quale sono individuati” sono trasferite ai Comuni, l’Ente locale territoriale, l’istituzione più vicina al cittadino, in contrapposizione al precedente sistema assistenziale degli enti nazionali, disciolti perché non democratici, governati da consigli di amministrazione di nomina politica o partitica, appesantiti da costi di gestione, incontrollabili. Un’altra delle caratteristiche della Poor Law è che viene fatto divieto all’accattonaggio e al vagabondaggio. L’indolenza e la pigrizia sono punite con frustrate, i recidivi bollati a fuoco. 6 Oppure deportati in Australia, colonia penale dal 1788. L’economia capitalistica in Inghilterra si rafforza anche grazie e forme di protezionismo intrinseche alla legge stessa: gli overseers, ad esempio, hanno il compito non solo di amministrare le work house, ma di fissare i salari massimi. E gli overseers sono tutti nominati dai giudici di pace che fanno parte della classe dirigente imprenditoriale.7 Inoltre i soldi raccolti dalla poor rate tra gli abbienti e gli imprenditori, servono per l’apprendistato obbligatorio nelle work house dei fanciulli nullatenenti o di quelli riottosi. Le case di lavoro si trasformano in una vera e propria tratta di mano d’opera. Soprattutto di bambini poveri che, opportunamente addestrati, hanno come destinazione la fabbrica; anche perché le parrocchie non chiedevano di meglio che sbarazzarsi delle bocche inutili da sfamare. Nelle fabbriche le condizioni di vita non erano certo migliori delle work house. Anzi, il legame tra gli interessi degli amministratori pubblici e degli imprenditori era tale che spesso le case di lavoro venivano appaltate agli imprenditori stessi, i quali per ridurre i costi del mantenimento degli ospiti imponevano sacrifici durissimi, lavori faticosi, una disciplina di ferro, senza molta distinzione fra fanciulli e vecchi, qualche volta malati o dementi. Un regime umiliante da togliere la voglia di farne la prova (Al proposito si suggerisce la lettura di C. Dickens “Le avventure di Oliver Twist”, dal 1° al 7° capitolo. Oscar Mondadori, Milano 1999) E’ in questo periodo che si hanno le grandi innovazioni tecnologiche applicate alla produzione. Nel 1760 viene inventata il filatoio idraulico che fa spostare le unità produttive dai laboratori artigiani a domicilio lungo i corsi d’acqua. Nel 1769 James Watt inventa la macchina a vapore. Una vera e propria rivoluzione che comporta ulteriori delocalizzazioni e la concentrazione delle attività industriali là dove le economie di scala sono più appetibili (strade, mezzi di trasporto, mano d’opera presente, attività estrattive). 5 Il domicilio di soccorso è un istituto tutt’ora valido anche in Italia. Previsto nella legge Crispi del 1890, richiedeva come requisito per l’accesso alla assistenza la dimora stabile e continuativa nel Comune per 5 anni. Nel 1954 gli anni sono stati ridotti a 2. 6 v. R. Cerami “Emarginazione e assistenza sociale”, Feltrinelli economica, Milano 1979: cap. 1° Le origini dell’assistenza sociale in Inghilterra. 7 solo nel 1794, un emendamento alla Poor Law, rende elettiva tale carica, aprendola anche ai rappresentanti dei ceti popolari di ambedue i sessi. 14 Una cardatrice meccanica, introdotta nel 1780, permetteva ad un operaio assistito da un ragazzo di fare il lavoro di sette operai specializzati. Di qui i movimenti di ribellione e sabotaggio delle macchine, noti sotto il nome di “luddismo” (da Ned Ludd che nel 1779 spezzò un telaio meccanico). Le nuove tecnologie sono ritenute la causa della nuova disoccupazione (forza lavoro latente) e dei bassi salari soprattutto da parte dei lavoratori a domicilio. I focolai luddisti sono diffusi su tutto il territorio nazionale e il Parlamento interviene con una dura repressione che prevede la pena di morte. 2.4 Esercito industriale di riserva e previdenza In Inghilterra l’insufficienza della pubblica assistenza, il carattere repressivo, il protezionismo strisciante delle parrocchie a favore dell’industria nascente spinge i lavoratori verso forme di mutualità a base solidaristica e volontaria: le società di mutuo soccorso (Friendly societies che nascono nel 1706. Nel 1801 sono oltre 5000) Il repentino processo di sviluppo della tecnologia applicata alla produzione industriale, iniziata in Inghilterra nel XVIII secolo, non solo permette un aumento della produzione quasi illimitato ma, essendo condensato in un lasso di tempo molto stretto anche mutamenti sociali imponenti. Con la maggiore ricchezza o minore povertà si registra un aumento della popolazione e, soprattutto la sua concentrazione nei centri urbani. Con l’abbandono della produzione familiare e artigianale per le innovazioni tecnologiche applicate alla produzione si preferiscono localizzazioni prima accanto ai corsi d’acqua e poi alle miniere di carbone Era stato l’aumento della domanda di lavoro causato dalle recinzioni a spingere i mercanti ad anticipare macchine e materia prima per ritirare successivamente il prodotto finito dalle aziende familiari e immetterlo direttamente nella rete commerciale senza intermediazioni. In seguito l’accumulazione di capitale, forme diverse di commercio, prima fra tutte l’esportazione, la sperimentazione e l’adozione delle macchine meccaniche, fa sì che i commercianti diventino padroni e organizzatori di fabbriche. I lavoratori concentrati nelle fabbriche diventano operai salariati. Il salto si compie con la mercificazione del lavoro. Chi lavora non vende più il prodotto della produzione come nelle aziende familiari, vende la sua forza lavoro. Forza lavoro che viene remunerata secondo precise prescrizioni, per un tempo predeterminato dal datore di lavoro e remunerato secondo la legge della domanda e dell’offerta. Come ogni altra merce. E’ nato il proletariato, è nata l’industria moderna. I rapporti di produzione capitalistici determinano tre categorie permanenti di sovrappopolazione relativa (relativa perché riferita alla sola popolazione attiva) che costituisce l’esercito di riserva, il serbatoio della forza lavoro delle fabbriche: - fluttuante (i disoccupati) - latente (gli addetti alle attività precapitalistiche, come i laboratori artigianali)) - stagnante (il lavoro nero). 15 Si tratta di una funzione fisiologica di un sistema economico industrializzato, ma se ad essa si aggiungono malati, deboli, vecchi, per la legge della domanda e dell’offerta, le condizioni di vendita della forza lavoro si indeboliscono, perché questi ultimi tendono a fare abbassare i salari. Ecco l’associazionismo operaio che con le Società di Mutuo Soccorso assicura i soci dai danni derivanti dalla produzione facendosi carico dei sussidi per malattia, disoccupazione, vecchiaia, infortunio. Tali società assumono anche funzioni sia di miglioramento delle condizioni sociali e culturali sia di resistenza, essendo vietate dalla legge le coalizioni operaie. Si viene a verificare l’incontro di un triplice interesse: • dei lavoratori sani e giovani, una necessità strategica rispetto al potere contrattuale, allontanare dal mercato di lavoro della forza lavoro debole e debilitata e provvedere al suo sostentamento rafforzando gli interventi di copertura assistenziale delle SMS. • dei detentori del capitale, degli imprenditori di estromettere dal mercato del lavoro vecchi e malati per mantenere una potenzialità selettiva epurata dalla disoccupazione che, tendenzialmente, si cronicizza. Di qui la opportunità di trasferire al potere pubblico le funzioni di carattere previdenziali. • del potere pubblico che ha un suo preciso interesse, garantire la pace sociale in quanto l’estromesso dal mercato del lavoro si sentirà “beneficiato” dalla copertura del rischio. Il Parlamento inglese guarda con interesse il proliferare delle SMS che, entrando in pieno nella logica della produzione capitalistica, assicurano non solo il controllo sociale ma assumono una funzione di contrasto al movimento luddista, per il quale sino ad allora la mera repressione si era dimostrata insufficiente. Si rende però necessaria una tutela governativa e, nel 1793, viene promulgata la legge per l’incoraggiamento e l’aiuto alle SMS (Rose’s Act, da George Rose) che prevede vantaggi economici a quelle società che abbiano fatto omologare il proprio Statuto, si astengano da volontà rivendicative e dallo svolgere attività politiche e che, soprattutto, introducano soci onorari di diversa estrazione sociale, ossia imprenditori, borghesi benpensanti, assolutamente refrattari a tentazioni rivendicazioniste. La Rose’s Act è la prima legge che sposta dal 1640 (Poor Law) l’asse dell’intervento assistenziale dal pubblico a iniziative private e che porta ad una attenuazione del domicilio di soccorso. I soci delle SMS sono dispensati dal removal (ordine di allontanamento dei disoccupati non residenti) e, le SMS, ottengono il diritto di raccogliere sul posto i membri ammalati se da esse assistiti. Anche questa soluzione indirettamente favorisce l’espansione industriale, perché spezzandosi il vincolo che legava l’indigente alla parrocchia un tempo risolutivo per l’assetto della proprietà terriera, si crea mobilità: una delle componenti essenziali del perenne serbatoio di forza lavoro cui attingere. In Germania il Cancelliere Bismark, per promuovere da un lato il benessere dei lavoratori e garantire la massima efficienza all’economia tedesca, dall’altro per 10 prevenire richieste di alternative più radicali di stampo socialista, è il primo a trasformare la mutualità privata in pubblica, con l’Istituto delle Assicurazioni Sociali obbligatorie (1883-1913). Le SMS accantonavano quote di salario per reintegrare la forza lavoro menomata, malati e infortunati, e per compensare la forza lavoro già erogata, pensioni di vecchiaia. Nelle assicurazioni obbligatorie muta la forma del prelievo (prelievo anziché accantonamento, ma sempre incidente sul salario), gli scopi sono uguali. In Inghilterra solo nel 1911 viene emanato il National Insurance Act che prevede l’assistenza sanitaria e sussidi per i lavoratori ammalati, finanziato attraverso la contribuzione dei lavoratori, degli imprenditori e dello Stato. malattia, maternità Infortuni Invalidità, vecchiaia Disoccupazione 1883 Germania, 1893 Svezia, 1911 Inghilterra, 1930 Francia, 1943 Italia; 1884 Germania, 1897 Inghilterra, 1898 Italia, 1901 Svezia 1889 Germania, 1911 Inghilterra, 1910 Francia, 1919 Italia, 1934 Svezia; 1911 Inghilterra e Svezia, 1915 Italia, 1927 Germania. In Francia invece, negli anni della Poor Law, non esistono particolari interventi di assistenza ai poveri tranne la creazione degli Hopitaux generaux come forma di internamento sistematico dei poveri per riassorbire la smobilitazione dopo la guerra dei Trent’anni (1618-1648). Nel 1893 viene emanata la legge che prevede l’assistenza sanitaria per gli indigenti, sia a domicilio che in ospedale. In Italia Vittorio Amedeo II nel 1716 emana l’editto sugli ospizi, che fa obbligo ai Comuni del ricovero dei mendicanti. 2.4 Nuovi attori del sistema assistenziale Le SMS che avevano anche funzioni secondarie come istituire scuole e biblioteche, erogare sussidi alle famiglie dei soci richiamati alle armi, istituire cooperative di consumo, nascono e si espandono anche in Italia. Alcuni industriali “illuminati” si pongono analoghi obiettivi di opere sociali “per l’elevazione e il benessere del lavoratore”, che affidano alle prime assistenti sociali. In Inghilterra incontriamo le ladies superintendents o le industrial welfare workers; in Francia le surintendents d’usine; in Italia le segretarie sociali di fabbrica. Infatti durante la prima guerra mondiale nelle fabbriche aumenta la presenza delle donne, già massiccia nel primo processo di industrializzazione a cavallo del secolo. La nascente industria aveva infatti bisogno delle donne per formare quello che in economia viene definito “l’accumulazione primitiva” del capitale, remunerando il loro lavoro molto meno di quello dell’uomo. 11 Soprattutto negli stabilimenti tessili: un esempio italiano riguarda lo stabilimento tessile di Fara d’Adda: 650 uomini, 2-3 lire al giorno; 680 donne lire 0,60-1,30; 220 ragazzi, lire 0,60-0,90. La mano d’opera femminile è una scelta strategica per mantenere bassi i salari (nel 1904 nell’industria tessile contiamo 370 donne per 100 uomini 8). Nel 1921 nasce l’Istituto Italiano per l’Assistenza Sociale che raccoglie “studiosi di problemi sociali con il sacro fuoco della vocazione, dell’entusiasmo, della perseveranza, sì da vincere lo scetticismo e l’indifferenza dei datori di lavoro, nonché l’opposizione dei lavoratori”.9 Il servizio sociale di fabbrica è caratterizzato dal ruolo di “ponte” fra gli interessi del singolo e della collettività, del dipendente e dell’azienda e solo in seguito assumerà maggiore formalizzazione, diffusione e prestigio sociale. Tra le animatrici dell’Istituto è Paolina Tarugi che mette a disposizione la sua esperienza maturata negli anni 1919-20 nelle iniziative di reinserimento dei reduci. Nel 1928 la Confederazione Generale dell’Industria ingloba l’Istituto che opera sino al 1945. Già nel 1929 le assistenti sociali sono 350 che lavorano con il medico di fabbrica e le assistenti sanitarie visitatrici. Nel 1934 nasce la Scuola superiore di servizio sociale a San Gregorio al Celio in Roma. In America invece la prima scuola per social workers apre a New York nel 1876 e nel 1907 la prima Scuola universitaria. In Inghilterra la formazione universitaria inizia nel 1915 e in Francia la scuola delle consigliere sociali del lavoro nel 1917. 2.5 Grandi Donne nella storia del welfare “L’influenza della casa al di là delle nostre case” Le donne esercitano un ruolo influente nella organizzazione dei servizi sociali, oggi come assistenti sociali e presenze attive nel volontariato, ieri come ideatrici e amministratrici nelle associazioni di assistenza pubblica. Nella storia dell’arte testimoniano questo ruolo i bellissimi quadri di Frans Hals delle Regentessen (1641) esposti nel museo di Haarlem. Possedere concretezza amministrativa è una consapevolezza pacata e radicata che deriva alle donne da generazione in generazione. Negli scritti suffragisti, ad esempio, si sostiene che l’aspetto domestico e politico delle cose siano stati troppo a lungo separati e si fanno sempre più frequenti le analogie tra la gestione della casa e la gestione dello Stato, le elaborazioni concettuali del lavoro di cura ed il suo trasferimento dalla sfera privata a quella pubblica. Il richiamo alle suffragiste è tutt’ora significativo, soprattutto rispetto alla tentazione, diffusa tra le assistenti sociali, di prendere le distanze dal femminile, forse per il retaggio negativo di definizione del servizio sociale come professione debole perchè esercitata prevalentemente da donne. I valori della protezione dei deboli, dello spirito di abnegazione tradizionali strumenti della subordinazione femminile diventano strumenti di autonomia e sono volti ad un uso diverso. Le suffragiste se ne servono per affermare professioni sociali e nuovi stili di vita. 8 9 Morandi “Storia della grande industria in Italia” , Torino 1959 P. Tarugi “L’assistente sociale di fabbrica”, UNSAS, Milano 1952 12 Josephine Butler (1828-1906), ad esempio, moglie di un direttore di college, saggiamente nel suo scritto “L’influenza della casa al di là delle nostre case” del 1869, osserva che “ci sono campi in cui vengono svolti servizi altrettanto importanti per la comunità che sono 14trascurati, lasciati in balia delle spietate forze economiche, senza tenere in alcuna considerazione il benessere delle persone interessate -qualità della vita?- sebbene dal loro benessere dipenda necessariamente, nel lungo periodo, l’efficienza del servizio stesso. Nel campo della filantropia c’è attualmente una tendenza verso le regole centralizzate, le grandi associazioni e istituzioni, un sistema uniforme. Io ho dubbi su qualunque trattamento in blocco dei poveri, criminali, alunni delle scuole e così via. Credo che esso sia così poco fondato su una visione filosofica della natura e delle società umane che, portato alle estreme conseguenze, ridurrebbe i nostri poveri in una condizione peggiore di quella di partenza. Per correggere le tendenze estreme di questo tipo, credo che nulla possa servire se non una ampia immissione di elementi propri della casa all’interno di ospizi, di ospedali, scuole, orfanatrofi, manicomi, riformatori e anche, prigioni”.10 J. Butler è anche attiva nella lotta contro il controllo legale della prostituzione e attraverso il Comitato contro la tratta delle bianche, entra in contatto con Ersilia Majno a Milano. Jane Addams, Presidente della National Conference of Social Work nel 1909 e premio Nobel per la pace ex equo nel 1931, fonda il primo social settlement 11 a Chicago nel 1889. Prende in affitto il secondo piano di Hull-House un edificio abbandonato in uno dei quartieri più poveri di Chicago, abitato prevalentemente da immigrati, molti dei quali italiani. La scelta del luogo è motivata dal fatto che, tra il 1880 e il 1920, Chicago è l’epicentro del movimento riformista americano, ossia un contesto culturale favorevole alla sperimentazione sociale e assistenziale. Inoltre, in quegli anni la sua popolazione aumenta da 150.000 abitanti a oltre 2 milioni di abitanti, per l’85% immigrati o figli di immigrati. Diventa il più grande centro del commercio del bestiame, la sede di numerosi stabilimenti industriali e della confezione e finitura a domicilio dei capi di abbigliamento a cui si dedicavano prevalentemente le immigrate italiane che, a causa di questo lavoro a domicilio, non impareranno mai la lingua del paese ospitante. In Hull House i residenti e le residenti, soprattutto queste ultime, hanno l’unico scopo di vivere tra i poveri “come vicine”. Il concetto di neighbor -vicinato- insieme a quello di simpatethic understanding -comprensione empatica- evoca condivisione e inclusione ed evita qualsiasi idea di dipendenza e di subordinazione di coloro che si trovano in condizioni di bisogno da coloro che si credono in grado di andare incontro a tali bisogni. 10 Da Anna Rossi Doria La libertà delle donne. Voci della tradizione politica suffragista, Ed. Rosenberg Sellier, Torino 1990 J. Butler parlava a ragion veduta. Moglie di un direttore di college quando si trasferisce con lui a Liverpool lavora nelle workhouses. Ne conosce a fondo gli orrori, ma soprattutto la perversa razionalità del “Panocticon Plan” (Bentham 1806-1873) che prevede per le carceri edifici a forma di stella dove dal centro i secondini possono tenere sotto controllo il maggior numero di detenuti. Massimo controllo minimo sforzo: un modello trasferibile a ospedali, istituti di correzione per minori, manicomi, workhouse. 11 Il movimento dei settlement, nato in Inghilterra nel 1880, si diffonde rapidamente negli Stati Uniti. Se nel 1981 i settlement erano 6, tra cui il più noto era quello di Hull House; nel 1897 erano 74; nel 1910 400. 13 La realizzazione di una cittadinanza piena era un obiettivo diverso da quello della tradizionale attività filantropica che non si poneva né il problema del distacco esistente tra benefattori e beneficiati, né aveva come fondamento il principio democratico dell’uguaglianza. I compiti che Hull House si prefiggeva sono così espressi nel suo Statuto “Offrire un centro per una vita sociale e civica più elevata; intraprendere e conservare iniziative filantropiche ed educative, indagare e migliorare le condizioni dei distretti industriali di Chicago” Le residenti iniziano la loro la loro vita nel quartiere invitando i vicini alle serate sociali: il venerdì era dedicato ai tedeschi, il sabato agli italiani. Tra il 1989 e il 1895 Hull House da un piano di un edificio si ingrandisce fino a diventare un complesso di fabbricati che, oltre all’asilo, al campo estivo, alle cucine, all’ambulatorio, agli spazi destinati ai vari club tematici, comprendono una galleria d’arte, un museo del lavoro, una biblioteca, un teatro. E ancora, locali destinati ai servizi sociali, alloggi che potevano accogliere sfrattati, donne abbandonate, spazi per la musica, gli incontri culturali e di studio, i dibattiti sulle teorie sociali. Si calcola che le persone che settimanalmente varcavano le soglie del settlement fossero migliaia. “Imparare la vita dalla vita stessa” definisce la cornice filosofica del pensiero di Jane Addams, quel Pragmatismo che poneva un’enfasi particolare sul rapporto fra la conoscenza e l’esperienza di vita. Come le riconosce William James uno degli esponenti di spicco di questa corrente di pensiero “ il fatto è, signora, che lei non è come tutti noi, che cerchiamo la verità e tentiamo di esprimerla, lei abita la realtà”. J. Addams (1860-1935), figlia di un ricco imprenditore e senatore dell’Illinois di fede quacchera, è una delle prime donne a ottenere un titolo di studio universitario. Dopo la laurea, dovendo affrontare il problema del proprio ruolo in una società che negava alle donne l’accesso alle carriere e a campi diversi da quello dell’ambito domestico, cerca risposte attraverso un viaggio in Europa. A Londra, viene a contatto con l’ esperienza del settlement movement attraverso il canonico Samuel Barnett (1844-1913), il quale sosteneva come la conoscenza diretta dei poveri potesse avvenire solo condividendone l’esperienza di vita. L’idea di vivere tra le persone che avevano bisogno di aiuto fu propagandata da Barnett soprattutto a Oxford, dove aveva insegnato teologia. Barnett proponeva ai suoi studenti, futura classe dirigente del paese, di trasferirsi nei quartieri degradati al fine di studiare la vita dei ceti non privilegiati, di favorire qualche forma di istruzione, di prestare aiuto personale e, nel contempo capire quali erano i reali problemi dei poveri, quanto fossero vittime di un sistema sociale iniquo più che di se stessi. L’obiettivo era quello di porre in contatto uomini e donne istruite con i poveri per un mutuo beneficio, perché attraverso la reciproca conoscenza e fiducia si favoriva lo scambio di risorse e di valori umani in possesso di entrambi i gruppi di popolazione. Durante il tempo libero gli studenti avrebbero avviato programmi educativi e culturali, collegandosi alle associazioni di lavoratori come le Società di Mutuo Soccorso, ai comitati distrettuali delle COS e agli uffici della pubblica assistenza. E nel futuro, ciascuno a seconda del ruolo di responsabilità ricoperto, avrebbe potuto porvi rimedio attraverso le riforme sociali. Venivano così fondati i social settlements in cui vivevano questi antesignani dei social workers e che, idealmente, dovevano costituire il luogo di incontro degli abitanti della zona. L’esempio più autorevole fu la Tonybee Hall di Londra, fondato da Arnold Tonybee, che proseguì la sua attività sino al 1914 e che ebbe tra i suoi residenti William 14 Beveridge. Il quale, da questa esperienza prenderà spunto molto più tardi per la elaborazione del “Rapporto sulla sicurezza sociale” (1942)12, tradotto in legge nel periodo 1944-1951. Toynbee Hall aveva 16 stanze per i residenti, una sala per 300 studenti, sale di ritrovo e di conversazione, ambulatori medici, ecc. Il contributo più significativo del settlement movement fu che l’atteggiamento ancora pervaso di paternalismo del “benefattore” veniva sostituito dalla cooperazione e dall’apprendimento reciproco, attraverso l’esperienza del “vicinato”. E, nella Hull House di Chicago, questo contributo è arricchito dal valore della domesticità. Infatti la Addams come molte femministe non accetta la limitazione della libertà di azione femminile alla sfera domestica che ritiene, da sempre, non soltanto una ingiustizia sociale, ma la causa della povertà spirituale della vita collettiva. Attribuire invece alla domesticità un ampio significato sociale e morale e in essa individuare il modo specifico per le donne di servire gli altri la nobilita ad una azione di civic housekeeping13 . Una estensione del lavoro domestico che consenta ai valori della cura, della protezione dei deboli, della responsabilità, fonti dell’auctoritas femminile di essere riconosciuti nella vita pubblica. “Io non credo che le donne siano migliori degli uomini. E’ vero, non abbiamo fatto fallire ferrovie, corrotto parlamentari e nemmeno abbiamo fatto molte delle spaventose cose fatte dagli uomini, ma dobbiamo anche ricordarci che non ce n’è mai stata data l’occasione (J. Addams)” L’impegno sociale della Addams è senza precedenti: sincretico, fondato sulla convinzione che lo sviluppo di una comunità non avviene attraverso l’intervento assistenziale, ma dalla offerta di più servizi -sociali e culturali-, tali da produrre l’evolversi autonomo dell’individuo unitamente al mantenimento delle culture originali. Non c’è riforma sociale che fra il 1880 e il 1925 non porti il suo nome o il suo contributo: dalla istituzione Tribunale per i Minorenni (!898) a quella dell’ufficio dell’Ispettorato del lavoro nell’Illinois (1893), all’ approvazione della legge sul lavoro minorile (1902). Quasi idolatrata per lungo tempo, con la entrata in guerra degli Stati Uniti diventa oggetto di ostilità. Il suo impegno pacifista, attraverso la riproposizione dei valori della cura, della conservazione della vita, della conciliazione “Sono le donne che hanno avuto la responsabilità dei bambini e degli anziani, e di tutte quelle persone che richiedono cure particolari. Quando un uomo muore in combattimento, il lavoro delle donne muore con lui”, si scontra con il patriottismo dilagante. La sua idea di “cittadinanza intelligente” pervasa da una quotidianità fatta di cura e protezione della vita, amicizia, solidarietà, compassione viene bollata a partire dal 1915 come il sogno ingenuo di un tempo ormai trascorso.14 12 William Beveridge, 1879-1963, economista , direttore della London School of Economics e prima vicedirettore (1905-1907) di Toynbee Hall, dove inizia i suoi studi sulla disoccupazione che saranno il tema centrale di tutta la sua vita di studioso. 13 Definizione che deriva dagli scritti di Otis Tufton Mason, studioso di etnologia, che nelle società primitive individuava nella casa il luogo della civilizzazione. 14 le notizie riguardanti Jane Addams e Hull House sono tratte da “Donne, immigrati, governo della città. Scritti sull’etica sociale” di Jane Addams, a cura e con introduzione di Bruna Bianchi, Ed. Spartaco, Santa Maria Capua Vetere 2004 15 Oggi ritroviamo il pensiero e l’ azione della Addams ancora in forma puntuale nell’attualità della prassi metodologica fondante la professione di assistente sociale. Si tratta di principi e comportamenti mai traditi dalla Addams, a partire da: la consapevolezza incarnata nel genere, nella classe e in un luogo preciso; il saper reagire alle situazioni con emozioni -orrore, sgomento, umorismo, ironia-; il pervicace rifiuto a considerare Hull House un laboratorio sociale; il saper scrivere come una “vicina” e, da vicina, dare inizio allo sforzo teorico di raccontare la situazione in modo che il principio teorico emerga dalla situazione così come viene raccontata; il raccontare attraverso la forma della narrazione e non della tipizzazione ideale. A ben riflettere l’assistente sociale è sostenuta da valori e da principi fondanti l’agire professionale, il cui obiettivo è quello di aiutare le persone a sviluppare autonomia e responsabilità. Una azione con e non per le persone, in termini di reciprocità dove il centro dell’ interesse sono le relazioni sociali che comprendono anche il rapporto con le risposte date dall’assistente sociale per vedere meglio cosa succede in sé stessi e nella realtà che ci circonda. 2.6 Le social workers primitive individuavano nella casa il luogo della civilizzazione. In questo stesso periodo in America nasce il servizio sociale professionale. Il gruppo di “madri” fondatrici faceva parte del gruppo più ampio di riformatori sociali che si erano proposti di affrontare i problemi della industrializzazione e della conseguente disordinata urbanizzazione. Alcune di loro lavoravano nelle comunità locali, si battevano per una legislazione in materia sociale e facevano parte dei movimenti abrogazionisti e per i diritti delle donne. Altre, impegnate nell’insegnamento e nella ricerca, hanno sviluppato le prime teorie della pratica del servizio sociale e, come Mary Richmond, fondato le prime scuole e scritto il primi testo, Social Diagnosis (1917). Mary nasce anche lei in Illinois, come June Addams, nel 1861. E’ orfana e di origini sociali modeste. Approda al lavoro sociale casualmente, da lavori impiegatizi generici, quando le viene offerto un posto provvisorio di tesoriere nella COS (Charity Organization Societies) di Belleville, sua città natale. Il suo impegno, la sua intelligenza organizzativa la condussero via via a incarichi sempre più importanti, nonostante la giovane età e la mancanza di titoli accademici. Viene chiamata a dirigere la COS di Filadelfia nel 1899, fatto eccezionale nella storia delle COS, sino ad allora dirette da uomini influenti. Alle donne erano riservate le friendly visiting. Tra i primi problemi che affronta c’è la formazione profressionale degli operatori, iniziata a New York con l’organizzazione di una “Summer school” di quattro settimane. Nel 1909, le viene offerta la direzione di un nuovo Dipartimento della Russel Sage Foundation con compiti di studio, insegnamento nel campo della organizzazione dell’assistenza, presso la Columbia University. La sua vita si snoda parallela a quella della Addams, entrambe impegnate nel campo dell’assistenza con approdi differenti. 16 Richmond non è ricca e le sue prime esperienze hanno luogo nelle “Sunday school” che, dalla iniziale attività catechistica passano ai più impegnativi corsi di Educazione degli adulti. Addams viaggia e a Londra conosce l’esperienza dei settlements. La distanza culturale e geografica fra le due è grande, la prima lavora a New York City, la seconda a Chicago. La prima ritiene che “la democrazia non è una funzione organizzativa (politica), è una abitudine quotidiana”, la seconda inserisce il suo pensiero all’interno del Pragmatismo, secondo cui è possibile “Imparare la vita dalla vita stessa”, attraverso il nesso fra conoscenza e esperienza di vita. Durante la guerra il riformismo radicale di Addams e il suo impegno pacifista ne offuscano il prestigio: le viene preferita la Richmond che invece ha messo a disposizione della Croce Rossa le sue competenze professionali . La seconda industrializzazione in America e altrove 15 ha mutato profondamente la struttura urbana. L’America contadina si impoverisce, il passo dalla cultura di frontiera alla cultura urbana avviene con la nascita delle metropoli, cui partecipano milioni di immigrati provenienti dalle zone povere di Europa. Il problema dei nuovi poveri, il lavoro nei social settlements, porta alla considerazione che “l’ambiente sociale e non la debolezza individuale era la principale causa dell’indigenza e che il colore della pelle di un uomo o il suo accento non erano motivi sufficienti per trattarlo da inferiore”16 Un diverso modo di concepire la povertà (non più come colpa o fallimento individuale, punizione della pigrizia, conseguenza della inefficienza, causata da tare ereditarie o degenerazione morale) conduce alla consapevolezza che la soluzione non può essere ricercata nella filantropia, nel volontarismo filantropico che privilegiava solo il povero meritevole, bensì nella carità scientifica. Con queste finalità nascono, pur sempre di carattere privato, le Charity Organization Societies (COS) che, organizzate in Comitati di distretto per delimitare il territorio di intervento, basano l’intervento assistenziale sulla analisi scientifica dei bisogni attraverso la friendly visiting. In modo che l’aiuto offerto sia adeguato al problema specifico e non sia solo di carattere economico o alimentare, ma comporti una gamma più ampia di possibilità: assistenza medica, ricerca di un lavoro, un prestito per iniziare una nuova attività lavorativa, consigli e interessamento. Vengono elaborate alcune domande-chiave, rispondendo alle quali i Comitati potevano assumere una linea, interpretativa e decisionale, comune per ciascuno dei casi incontrati: 1. qual è la causa che è all’origine del problema? 2. Quali effetti avrebbe il soccorso caritatevole su tale “causa”? 3. E’ opportuno che l’intervento assistenziale sia operato dalla COS, oppure che il caso sia demandato all’intervento pubblico? Le COS nascono nel 1877 e già nel 1900 sono presenti in 125 città; nel 1917 mutano il nome in National Conference of Social Work. Lo strappo e la nostalgia per le comunità agricole abbandonate degli assistiti, determina negli “operatori” delle COS una particolare attenzione alla ricostruzione dei rapporti di vicinato e alle relazioni interpersonali, così come dalla coscienza delle cause sociali della povertà deriva la necessità di trasformare la relazione col povero, di 15 Le Courbisier in un suo studio riferisce che dal 1870 al 1910 città come Parigi passano da 600.000 abitanti .000.000; Londra da 800.000 a 7.000.000; New York da 60.000 a 5.500.00016 V. M.Tirabassi, Il faro di Beacon Street. Social workers e immigrate negli Stati Uniti, F.Angeli, Milano 1990 17 giustificare l’ingerenza nella sua vita privata non più in nome di un potere dato dalla superiorità sociale (filantropia), ma dalla superiore esperienza di vita (competenza). La povertà non è più attribuita alla sola debolezza di carattere, ma ad un mix di ignoranza, confusione, solitudine, disperazione . Di qui l’esigenza di una formazione professionale, delle prime scuole di servizio sociale con l’introduzione del casework, il lavoro sul singolo caso. Anche il fenomeno dell’ immigrazione da oltre oceano contribuisce a rafforzare il processo di professionalizzazione dell’intervento assistenziale. Nel periodo 1909-1914 arrivano 8.795.386 immigrati negli States e le prime social workers sono chiamate a lavorare nei porti di sbarco (New York, Baltimora, Boston, S.Francisco). Anche il sistema sanitario americano trae le sue origini nei porti con il Marine Hospital service del 1776: avamposti quarantenari per arginare le epidemie di colera e febbre gialla. A causare l’emigrazione verso gli States era la povertà; ad esempio per gli Irlandesi la responsabilità risale alla grande carestia del 1845-49, quando la peronospora della patata, un fungo che attacca le foglie del tubero, ha distrutto il raccolto per anni. Le social workers, nei porti di accesso, in collaborazione con i Marine Hospital service prestavano assistenza a chi non passava l’ispezione sanitaria ed erano costretti a fermarsi per la quarantena. Garantivano il contatto con i parenti, davano informazioni sulla legislazione, stilavano appelli alle Commissione Generale perché non venisse rifiutato il visto di ingresso. Era durante le procedure di sbarco, con la vista medica, che le famiglie venivano divise: uomini da una parte, donne e bambini dall’altra. Chi non superava la vista medica veniva inviato o dallo psichiatra o all’ospedale per accertamenti, senza una spiegazione, una parola. Le famiglie incomplete attendevano i congiunti in una stanza di detenzione. Chi superava la visita passava all’ufficio immigrazione e di lì, finalmente, in America. 17 Nonostante il numero di immigrati, l’accoglienza è positiva perché essi andavano a incrementare quel vasto e mobile esercito di lavoratori, qualificati e non, necessario alla prosperità del sistema industriale. L’interpretazione è quella che tempo, lavoro, le forze benefiche dell’America “way of life” avrebbero inesorabilmente convertito le popolazione immigrate e rese americane (teoria del melting pot). Soltanto in occasione della leva del 1918 l’Amministrazione si accorge che l’esercito americano è per ¾ di stranieri e che, molti, non capivano l’inglese. Il processo di americanizzazione non viene più lasciato al caso: corsi di lingua e politiche mirate. Nel 1924 si hanno anche le prime restrizioni dell’immigrazione attraverso la “Quota Act” e, con la crisi economica del 1929 e per tutto il periodo della depressione, l’atteggiamento di accoglienza o di indifferenza si trasforma in ostilità per la competizione occupazionale, per l’influenza che le politiche razziali di Hitler e Mussolini riverberano negli States. Per le assistenti sociali sorgono nuovi problemi: riunificazioni delle famiglie causa le espulsioni, conflitti generazionali, acquisizione della cittadinanza. Oramai la loro presenza è una costante: è del 1904 la istituzione della prima Scuola universitaria. 17 1874, nasce la prima associazione professiona1e; 1898 la prima scuola (privata); 1904 la prima scuola universitaria; 1940 il riconoscimento giuridico. 18 Commento [E S1]: In America solo il Sistema sanitario non osserva l’evoluzione della filantropia, dell’assistenza, del servizio sociale, ma si modifica nel tempo attraverso una dinamica di tipo incrementale, secondo le seguenti tappe: Inizio secolo. Mentre in Europa venivano attivate forme di assicurazione obbligatoria contro le malattie, a partire dalla Germania di Bismark nel 1883, in USA i sostenitori del german style sono violentemente osteggiati dall’AMA (American Medical Association), dagli ospedali, dagli imprenditori e persino dal nascente movimento sindacale in nome del liberismo classico. Anni trenta. Con la crisi dell’economia e con l’acutizzarsi di situazioni di grave disagio sociale ritornano le pressioni a introdurre l’assicurazione obbligatoria. Nel 1935 l’Amministrazione Roosevelt emana la prima legge di protezione sociale (Social Security Act) che introduceva l’indennità di disoccupazione, le pensioni di vecchiaia e l’assicurazione nazionale contro le malattie. Ancora una volta l’opposizione dell’AMA costringe Roosevelt ad eliminarla dal pacchetto per non compromettere l’approvazione della legge. Nascono iniziative a livello di comunità e di impresa di tipo volontaristico come Blue Cross che garantivamo l’assistenza sanitaria sulla base di una quota prepagata uguale per tutti (ad es. insegnanti ed alunni delle scuole, operai e impiegati, ecc.) che rappresentano la prima riforma di tipo incrementale. La seconda guerra mondiale. La seconda riforma incrementale si manifesta nel corso della guerra quasi casualmente. Il governo per controllare l’inflazione decide di bloccare i salari e gli imprenditori, per attrarre la manodopera senza infrangere la legge, iniziano a offrire a manager e operai benefici accessori come l’assicurazione sanitaria. Un benefit doppiamente vantaggioso per imprenditori e dipendenti, non tassabile e deducibile dalle tasse. Questo tipo di assistenza privata si diffonde e nel tempo diventa un beneficio garantito almeno nelle grandi aziende. La proposta Truman. Alla fine della guerra l’amministrazione Truman inserisce nell’agenda politica un programma di assicurazione sanitaria: nuovamente l’AMA si oppone sostenuta dalle assicurazioni private e dagli imprenditori che raccolgono un milione di dollari per finanziare una campagna contraria. Gli anni sessanta. Preso atto che è impossibile introdurre forme di assistenza universalistica di tipo europeo o canadese , i riformatori si spostano su obiettivi parziali, ma raggiungibili come il potenziamento dell’assistenza sanitaria alle categorie in condizioni di maggior bisogno o debolezza. Nel 1965 vengono votati dal Congresso, a maggioranza democratica, l’istituzione di Medicare e Medicaid, rispettivamente programmi di assistenza agli anziani e ai poveri. Gli anni settanta. Poiché Medicaid copre solo il 25% della popolazione povera, si cercano correttivi attraverso la creazione delle Healt maintenance organisation che, diversamente dai meccanismi assicurativi privati, garantiscono: la finalità no profit; limitato numero di medici cui rivolgersi, per lo più dipendenti delle HMO; valorizzazione dell’assistenza di base; interventi di prevenzione. Gli anni ottanta. Rappresentano il momento più critico dell’aumento della spesa sanitaria. Che, nel decennio, passa da dollari pro capite 1,067 a 2,738 mentre l’incidenza sul PIL aumenta dall’ 8,9 al 12,2% (in Inghilterra lo spostamento è dal 5,3 al 5,6%, in Canada dal 6,8 al 8,7% e in Germania stabile all’8,9%). L’aumento non è tanto determinato dai programmi Medicare e Medicaid quanto dal lievitare dei costi assicurativi, basato sul rimborso delle spese sostenute: visite, medicinali, ricoveri. Il correttivo richiesto dalle imprese è l’abbandono del sistema a rimborso a favore della quota prepagata che implica il ricorso a medici e ospedali dipendenti o convenzionati con le società assicurative. 19 Gli anni novanta. Bill Clinton eletto nel 1992 ripropone il tema della copertura sanitaria universale almeno per alcuni servizi essenziali. La lobby delle società assicurative è naturalmente contraria, dà vita ad una campagna violenta (300 milioni di dollari il costo) che alimenta le paure della classe media come l’intrusione del Governo nelle loro vite, la perdita dei benefit acquisiti dall’azienda, l’aumento delle tasse a favore della minoranza più povera, e il progetto viene ritirato. Oggi dati recenti del Boureau of Census dicono che la popolazione americana per il 62,6% è assistita dalle assicurazioni private basate sull’impiego; l’8,3% da assicurazioni individuali; il 13,5% da Medicare e l’ 11,2% da Medicaid; il 3,4 dall’organizzazione sanitaria militare; il 14,6 è priva di copertura. Indicativa la lettera di una lettrice al New York Times (2003) “Il socialismo di stile europeo non sembra così male dal punto di vista dei vantaggi per la classe media. Io trovo che le tasse che pago hanno un ben misero ritorno. Sarei ben felice di pagare le tasse se ciò mi garantisse che non morirò in povertà o di non essere costretta a soffrire grandemente per la mancanza di una buona assistenza medica. Se le forze del mercato sono così buone perchè per l’assistenza sanitaria non funzionano? Perché i prezzi delle assicurazioni stanno salendo e le prestazioni scendendo? Se le forze del mercato hanno fallito nel fornire un beneficio per i lavoratori che pagano i premi perché dovremmo aspettarci che la competizione e il coinvolgimento del mercato salveranno Medicare?” 2.7 L’YWCA E’ in questo scenario che si colloca la nascita degli International institutes da parte dell’YWCA (Young Women’s Christian Association). Esperienza emblematica, ascrivibile non solo alla genealogia di genere del servizio sociale (le Madri), ma di particolare attualità (mediazione linguistico-culturale, formazione delle mediatrici ex L. 40/98) Le origini dell’YWCA risalgono all’ Inghilterra dove, dopo la guerra di Crimea (18531856), viene aperta la prima casa per ospitare e “promuovere il benessere morale e religioso delle giovani donne che si mantenevano da sole”. Durante il conflitto Florence Nightingale si era recata a Scuteri per lavorare negli ospedali da campo, dove si moriva non solo per le ferite ma per la sporcizia e la trascuratezza. A lei si erano aggiunte altre 38 donne, infermiere volontarie, ed è sulla scia di questa impresa che si affermano nuove e più organizzate presenze femminili nel lavoro sociale, tra cui l’YWCA. Se lo scopo primario è l’evangelizzazione, un secondo scopo si fa avanti prepotente: l’assistenza anche materiale causato dal mutamento in atto nelle metropoli. Le tradizionali occupazioni femminili (domestiche, cameriere, stiratrici) vengono abbandonate per le fabbriche e gli uffici. Nel 1900 le donne in fabbrica sono 5 milioni, dieci anni dopo sono 8 milioni. Ragioniere, contabili, dattilografe, sono donne. L’attenzione si sposta alla qualità della vita di questa nuova “popolazione”. Donne che si occupano di donne, che ne individuano i bisogni senza grandi sforzi interpretativi. 20 Dai primi meeting noon (incontri che avevano luogo nelle aziende durante l’intervallo per il pranzo e dedicati alla musica, alla lettura della Bibbia, alla preghiera18) si organizzano corsi di ginnastica correttiva (il rachitismo è una malattia da cause sociali), la formazione dei club o attività di gruppo (forte è l’influenza di John ed Evelyn Dewey per quanto riguarda la partecipazione alle attività di gruppo per lo sviluppo, attraverso il senso della appartenenza, delle capacità adattive e della personalità). Le donne dell’YWCA si rendono presto conto che il loro intervento è diretto a donne spesso stanche morte, soggette a orari massacranti, con salari insufficienti: di qui l’impegno volto alla parità salariale, all’orario di lavoro, all’osservanza del riposo settimanale. Questa attenzione alle condizioni fisiche ed economiche delle donne che lavorano, si estendono inevitabilmente alle condizioni di vita donne immigrate. Le leaders dell’YWCA sentono la necessità di creare uno speciale programma che risponda ai bisogni particolari delle immigrate: gli international institutes (il primo nel 1910 a New York, diretto da Terry Bremer, AS di una settlement house). Il programma si fa carico, come interlocutrici, di donne e ragazze, suddivise in tre categorie: - le nuove arrivate 16-35 anni - le ragazze che si mantengono da sole - le ragazze che vivono in famiglie in cui la dominanza etnica è alta. I servizi, invece riguardano: - l’immigrazione, con visite domiciliari per l’inserimento, le difficoltà d’ordine burocratico, l’interpretariato; - l’istruzione, il lavoro di gruppo (lezioni, club, educazione degli adulti) allo scopo di favorire i rapporti sociali;19 - la comunità, iniziative tese a far conoscere le tradizioni del “vecchio mondo”. Si riteneva necessario rieducare i vecchi americani quanto insegnare le usanze locali agli stranieri e, perciò, si organizzano i Folk Festivals (musiche popolari, canti e danze, cibi etnici, artigianato20 ). La filosofia deriva dalla tradizione YWCA, la “creazione di donne”, attraverso lo sviluppo della personalità secondo l’esperienza del social casework di Mary Richmond (sviluppare la personalità dell’individuo attraverso l’adattamento di ogni singolo all’ambiente e la realizzazione dei propri programmi personali): - le origine etniche e l’identità culturale sono il fuoco dell’attenzione, sul quale sviluppare l’intervento anche se la distinzione di fondo rimane: gli International Institutes non si occupano delle donne perché immigrate, ma delle immigrate perché donne. - Altra peculiarità è la creazione di una nuova figura professionale, le segretarie nazionali. Donne di seconda generazione dei gruppi etnici di cui l’I.I. si occupa, interpreti non solo linguistiche delle immigrate (mediazione culturale). 18 Curiosa coincidenza: alla Olivetti, negli anni ’50-60, analoghi incontri avevano luogo durante il dopo mensa per l’ascolto di musica classica, presentazione e lettura di libri, incontri con scrittori. attività con le stesse finalità e matrice culturale hanno luogo in Italia nei Centri sociali aperti nei quartieri di edilizia popolare, negli anni dei flussi migratori interni sud-nord, per analoghe difficoltà di inserimento culturale, di comprensione di codici di comportamento e stili di vita. 20 da pag. 119 in M. Tirabassi. A Torino, dal 1996 per le stesse finalità, l’assessorato per le risorse culturali e la comunicazione organizza la manifestazione Identità e differenza, due settimane dedicate a dibattiti, spettacoli, mostre, stand di artigianato e di degustazione di cibi etnici, ecc 19 21 Il finanziamento e l’organizzazione, infine, si basano su: - l’YWCA e sulle casse locali (community chest) - Comitati direttivi nominati dall’YWCA - Standards organizzativi basati sull’efficienza e sulla riproducibilità (circolari e istruzioni sulle attività dei club e le modalità di conduzione, le relazioni con la leadership delle comunità etniche, ecc.). Niente era lasciato al caso o all’intuito. - Formazione permanente degli operatori . Questa attenzione all’identità culturale, compresa l’appartenenza religiosa, fa cadere lo scopo di evangelizzazione, la matrice cristiana di derivazione YWCA degli Istituti che, nel 1930, si separano. Il punto di frizione è anche motivato dalla considerazione che “il lavoro sociale deve essere rivolto sia agli uomini che alle donne ed aumenta la sua efficacia se non collegato a una istituzione religiosa”. 2.8 L’Unione Femminile Nazionale Un parallelo, una analogia con L’IWCA la incontriamo a Milano, negli stessi anni. Un gruppo di signore della borghesia colta, tra cui Ersilia Majno, colpite dalla rivolta socialista del maggio 1898 (Bava Beccaris che reprime nel sangue i moti popolari milanesi per il caro vita) e soprattutto della violenza delle operaie “sentirono che la redenzione della donna, e conseguentemente la difesa del fanciullo non potevano che essere opera e dovere delle donne”21 E’ già stato detto come la filantropia rappresentasse un polo di attrazione per le donne intellettuali e della borghesia, sia perché era un modo legittimo e alto per uscire di casa, sia perchè permetteva di impegnarsi in funzioni di cura organizzate (L’influenza della casa al di là della nostra casa), mettendo in campo abilità e attitudini sino allora misconosciute. Viene così fondata nel 1899 la Casa dell’Unione Femminile. Il nome “Casa” esercita un fascino particolare, l’associazione brucia i tempi e il 14 novembre 1900 inaugura la sede con una conferenza di Ada Negri sulla poetessa Browning iniziatrice in Gran Bretagna del movimento per la difesa del fanciullo. Tra le prime adesioni ci sono l’Associazione generale delle operaie (800 socie) e L’Associazione genio e Lavoro (200 socie) e le Scuole Preparatorie operaie, 150 alunne. Il programma dell’associazione si basa (riporta l’opuscolo di presentazione citato in nota) sui principi della vera democrazia ed è animato da quelli del più sano femminismo. Occorre infatti precisare che il movimento suffragista italiano vede l’accento posto sul suffragio universale, sull’uguaglianza dei diritti civili e politici, ma anche sul lavoro come percorso verso e per l’emancipazione (donne oppresse per l’appartenenza di classe). Ed è anche condizionato dalla presenza delle “Grandi Madri”, donne autorevoli come Maria Montessori che propugnano una nuova forma spirituale di femminismo: un maternalismo femminista come connotazione di genere e anche perchè più accettabile in una cultura ancora arcaica e cattolica, dove la struttura familiare è molto forte. Le opere della Casa hanno una successione temporale, oltre che una modernità di impostazione, che stupisce: ma si tratta di “donne”, per cui la capacità imprenditiva della classe di provenienza si coniuga con la concretezza e il sincretismo di “genere”, 21 “Cinquant’anni di vita dell’Unione Femminile”, Milano 1948 22 all’epoca non sempre riconosciuto. Infatti, in quegli stessi anni, un giornalista dell’Avanti così descriveva le 1400 partecipanti al I° congresso nazionale delle donne socialiste: “Oggi c’è il sole e, con il sole negli occhi e la primavera nel sangue, le congressiste sono graziosamente femine e meno tenacemente feministe”. E, ancora di un‘altra, arrivava a dirla “più rubescente del solito parla con la solita simpatica autorità di nomina birichina e veste un abito di un viola indefinibile”. (sic) Del resto nel 1884 A.Alfani scrive ne “Il carattere degli italiani” (Ed. Barbera, Firenze) che ….Donne istruite non vuole dire educate. Vuol dire anzi che le donne hanno un’arma che probabilmente adopereranno a offesa propria e altrui.… Le opere sono le seguenti: 1900 - Ufficio indicazioni e assistenza (l’antenato di tutti i Patronati)c on lo scopo di: - dare indicazioni sulle varie possibilità di assistenza - aiutare i bisognosi alle pratiche da d rivolgere alle istituzioni - allontanare dalla beneficenza i “non bisognosi” che la sfruttano - raccogliere notizie sul pauperismo per studiarne le cause e i possibili rimedi - preparare praticamente la donna ad una forma di attività sociale alla quale è chiamata per le sue attitudini 1902 - Ricreatorio La Fraterna, che ha origine dallo sciopero delle “piscinine”, le piccole apprendiste, bimbe di 9 anni che guadagnavano dai 20 ai 50 centesimi al giorno, con un orario dalle 11 alle 14 ore, senza possibilità di imparare un mestiere. Il ricreatorio organizza anche una scuola di disegno professionale, attività di canto, di ginnastica correttiva, di letture educative, ecc. 1905 - Ufficio di collocamento per personale di servizio, soprattutto minorenne. Altro compito è quello dei corsi di perfezionamento di cucina per una presenza delle donne sul mercato del lavoro più qualificata e contrastare la “Tratta delle bianche”.Infatti l’Unione aveva aderito (1901) al Comitato contro la regolamentazione della prostituzione con il valore aggiunto della prevenzione. 1909 - Dormitorio-pensione nella nuova sede di Corso Porta Nuova 32 (l’attuale indirizzo). Il dormitorio doveva accogliere le domestiche e le cameriere appena arrivate dalla campagna e sottoposte al più bieco sfruttamento delle agenzie di collocamento e dei padroni, oppure durante i periodi di disoccupazione, ad un prezzo modico. Vengono anche istituiti corsi di alfabetismo e corsi professionali. Il dormitorio, che più tardi ospiterà anche impiegate e studentesse è diretto da una assistente sociale. 1911–12 (guerra libica) l’opera Pro esercito, di aiuto alle famiglie dei combattenti che continua anche per tutta la durata della guerra 15-18. 1915 - Casa materna, ossia un nido per i bambini dei richiamati in modo da permettere alle donne di lavorare nelle fabbriche. 1916 - Cooperativa Cucine popolari e Ristoranti economici, per permettere alle donne della classe operaia occupate nelle industrie belliche di trovare cibi sani, economici da consumare in luogo o da portarsi a casa. 1919 - Viene fondata la Cassa Maternità, una società di mutuo soccorso che distribuiva alle socie medicinali, tessere per visite mediche, farine lattee, uova, indumenti per bambini. E’ di questo tempo l’iniziativa Lettini a prestito, rivolta alle 23 puerpere bisognose che ricevevano per un periodi di due anni circa un lettino per accogliere i neonati. Finito il tempo i lettini erano disinfettati, rimessi a nuovo e riammessi al prestito. Nello stesso periodo vengono organizzati Scuole di riavviamento al lavoro per le donne espulse dalle fabbriche per far posto ai reduci. Le “donne ricacciate in casa come galline nel pollaio a covare nella solitudine e nel silenzio (M. Mazzoni)”, non sono tutte disposte a rientrare nei ranghi silenziose e quasi scusandosi. Sono diventate forza lavoro e non solo una specie di “uomini a termine (A. Bravo)”. 1926 – A Milano esisteva l’Asilo sfrattati, un luogo che alla sera ospitava i reietti, i senza tetto, tra cui madri e gestanti. Ad esse si provvede con l’opera Cucine materne con lo scopo di fornire alle madri povere, gestanti e nutrici, un pasto giornaliero sano e abbondante. Questa opera raccoglie in sé quello spirito particolare che informa tutte le opere (come è sottolineato dalla stessa Unione Femminile) “il sentimento di solidarietà fraterna verso la donna ma specialmente verso quella che lavora e che tribola”. Accanto alle opere sociali vi sono attività politiche (l’impegno per il suffragio femminile, il disegno di legge per la presenza delle assistenti sociali di fabbrica, la difesa dei diritti delle donne e dei fanciulli, le assicurazioni sociali, la laicità della scuola); culturali di alto livello (Il giornale parlato ad esempio: ogni 15 giorni personalità della letteratura, della scienza, dell’economia trattavano argomenti di attualità offrendo al pubblico punti di vista e occasioni di approfondimento. Oppure le commissioni consultive di educatrici e madri per discutere della scuola, dell’apprendimento). Vengono aperte sezioni dell’Unione Femminile in altre città, prima fra tutte Roma che organizza la prima Scuola per analfabeti dell’Agro romano. Nel 1939 l’Unione è costretta dal fascismo a sospendere ogni attività e a sciogliere l’associazione, anche per la presenza di donne ebree tra le socie fondatrici. Nel 1945, a guerra finita, la ripresa con attività di nuovo in sintonia con i tempi: il programma di segretariato sociale aperto alle donne sofferenti, indecise, bisognose di consiglio, di aiuto. Al programma collabora Paolina Tarugi che ne farà, dal punto di vista tecnico, un campo di sperimentazione per la Scuola di Assistenza sociale da lei fondata. Poi le Scuole per genitori e le lotte per la riforma del diritto di famiglia, la contraccezione, il divorzio. Oggi l’Unione dà vita alla struttura denominata Archivi Riuniti delle donne, che raccoglie fondi archivistici personali di donne impegnate nella politica, arte e letteratura. Ha una ricca biblioteca, promuove convegni e seminari sulla storia delle donne e nel 1994 si immette in internet con tutte le risorse informative a sua disposizione attraverso un accesso guidato. 24 2.9 Maria Montessori Il femminismo italiano focalizza attenzione e interventi al binomio madre/bambino: influisce certamente la struttura arcaica della società civile insieme al pensiero “forte” di alcune donne che arrivano al femminismo dalla medicina, come Maria Montessori.22 Donna “eccellente” di successo sociale e scientifico che inventa un metodo pedagogico 23 rivolto ai bambini dell’età prescolare che, in brevissimo, tempo è sperimentato e adottato ovunque, in Italia, Europa, America. Metodo che nasce come tutto il pensiero e la scrittura femminile “a partire da sé”, da una esperienza di vita intima, filtrata dalle emozioni. La biografia di Maria Montessori è quasi da manuale: figlia unica, un padre funzionario dello Stato con trascorsi liberali (ha partecipato alle guerre di indipendenza, lui suddito dello Stato Pontificio), una madre, coltissima autodidatta, nipote di Antonio Stoppani (il prete-scienziato liberale che cercava di conciliare scienza e fede), nasce a Roma nel 1870. Frequenta la Regia Scuola Tecnica M. Buonarroti, due sole allieve femmine, il Regio Istituto Tecnico Da Vinci. Decide di studiare medicina (materia che si sta trasformando da scienza speculativa a scienza positiva basata sull’osservazione e sulla sperimentazione) per contribuire al progresso sociale. Si iscrive a Fisica e Matematica per poi transitare, dopo due anni alla Facoltà di Medicina. Il padre, che voleva farne una maestra, l’accompagna sia all’università che in ospedale, luoghi che le donne (siamo nel 1890) non potevano frequentare da sole. In aula poteva entrare solo quando tutti gli studenti fossero seduti, per eliminare ogni possibilità di comunicazione. Apparentemente dura nell’indifferenza richiesta dal positivismo soffre per non essere apprezzata per quello che è, una donna sensibile e intelligente, ma per la sua capacità di sopprimersi, di annullarsi nello stereotipo dello scienziato distaccato. Maria, apparentemente controllata, segue i suoi impulsi perchè ritiene che l’uomo non possa vivere senza gioia, stimoli emotivi, amore. Un episodio oscuro (o meglio oscurato) sconvolge la sua vita: partorisce un figlio segreto, frutto della relazione con un suo collega scienziato positivista. La maternità nascosta, l’abbandono del bambino la segnano profondamente e la staccano dal mondo maschile del positivismo. Rifiuta la diseguaglianza sessuale, si impegna nella lotta contro la prostituzione, considerata dai positivisti un male necessario, dove i clienti delle prostitute erano considerati normali, mentre le prostitute ricevevano lo stigma della anormalità, destinate a diventare tali perchè “affette da una eccessiva e maschile libido”. Una donna normale, ragionavano gli scienziati, aveva un appetito sessuale moderato, legato al desiderio di diventare madre. “La tolleranza barbarica delle masse contro la prostituzione, la seduzione, la illegittimità e l’abbandono dei nati” la indignano. Per Maria Montessori la maternità è l’ unica forza creatrice che può trasformare la donna sottomessa nella la madre “virile”, intelligente, attiva, armata contro la crudeltà della vita. “La donna dei vecchi tempi” scriveva “piegava la testa e sembrava bella, ma non lo era; la donna che comincia a lottare, affronta i conflitti, alza la testa, assume quel portamento che la rende veramente bella perché è adatto alle sue aspirazioni femministiche di libertà” 22 Marjan Schwegman, “Maria Montessori”, Il Mulino, Bologna 1999 23 “Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle case dei bambini” 25 Nella sua pedagogia l’importanza dell’amore materno prende non solo le distanze dal principio positivistico della separazione assoluta tra soggetto e oggetto, ma anche dalla identità maschile della scienza, introducendo un elemento chiaramente femminile. Maria vuole vivere il suo rapporto con l’oggetto, unendo amore e scienza. Il rapporto con l’oggetto ha come tramite la “voce”. “Essa è, in questa riscossa dell’umanità che si affratella e cerca pace, ciò che era lo squillo della tromba nei secoli guerreschi” Per questo motivo sarà sempre lei a controllare personalmente la preparazione di tutti coloro che volevano seguire il suo Metodo, ad aprire le Case dei bambini poi affidate alle sue allieve più fedeli. Le Case dei bambini non erano delle scuole ma dei progetti sociali in cui si esprimevano gli ideali del “movimento umanitario”. Un movimento internazionale a cui apparteneva la Società Umanitaria di Milano che si poneva come fine una riforma sociale e politica attraverso “l’elevazione morale della umanità”. Per questo motivi le Case, per Maria Montessori, servivano non solo ad educare i piccoli, ma a risolvere alcuni dei problemi della famiglia, a partire dalle madri Finalmente tranquille quando erano al lavoro, libere di riappropriarsi della propria individualità alla pari degli uomini, libere di essere amate per se stesse e “ non come mezzo di benessere e di riposo” Dalla apertura delle prime Case dei bambini, la sua storia fatta di successi: dopo 15 anni dall’abbandono, il figlio che lei andava a trovare senza svelarsi, la riconosce come madre e la segue. Diventa il suo custode e segretario, anche se Maria Montessori lo riconoscerà ufficialmente come figlio soltanto alla sua morte (1952) nel suo testamento. (E l’Italia, come lieu de mémoire, ha riprodotto sulla banconota da 1000 lire il suo ritratto). 26