IL MEDIATORE EUROPEO, OMBUDSMAN DELL’UNIONE: PRIME OSSERVAZIONI EMPIRICHE di Luigi Cominelli+ Il Trattato di Maastricht ha istituito il Mediatore europeo, attribuendogli le funzioni di ombudsman (difensore civico) dell’Unione Europea1. Con questo lavoro si è inteso tentare un’analisi dell’attività svolta da quest’istituzione, partendo da quelli che sono i presupposti della difesa civica e giungendo a considerare i risultati ottenuti dal Mediatore sino a oggi. 1. Il rapporto fra cittadino e pubblici poteri In questo lavoro sosteniamo l’ipotesi che il difensore civico sia un istituto proprio di una tradizione di relazioni fra cittadini e pubblici poteri improntata a un modello anti-autoritario. Riteniamo autoritari i sistemi politici e i modelli di cittadinanza in cui gli apparati pubblici si proiettano sulla società e ne modellano a propria immagine le strutture. L’istituto del difensore civico è nato in Svezia nel 1809 con il nome di ombudsman (nelle lingue scandinave, ‘intermediario’ o ‘procuratore’). Anche nei secoli precedenti, in questo come in altri paesi europei, operavano funzionari pubblici incaricati di ricevere le doglianze proposte da chiunque nei confronti dei pubblici poteri, ma è nel 1809 che ne viene sancita e costituzionalizzata l’indipendenza. Nel 1919 viene istituito anche in Finlandia e nel 1953 in Danimarca, e da qui si diffonde nel secondo dopoguerra, prima in Norvegia (1962) e poi in numerosi paesi anglosassoni tra cui la Nuova Zelanda (1962), il Regno Unito (1967), alcune province del Canada e numerose città e Stati degli Usa. 1. Vedi gli articoli 21 e 195 del Trattato che istituisce la Comunità Europea (TCE). Sociologia del diritto n. 1, 2001 91 Se esaminiamo questo bacino di diffusione originario, ci pare di notare come tutti questi paesi presentino a grandi linee una caratteristica comune. In un’ideale suddivisione del mondo occidentale che tenga conto delle modalità con cui i diritti di cittadinanza sono sorti e si combinano, questi paesi possono essere definiti societari3: qui sono gli assetti sociali a informare l’organizzazione pubblica e di governo, mentre nei modelli statalisti viceversa è lo stato che tende a proiettarsi sulla società. Al principio degli anni ‘70 ancora non esiste un ombudsman al di fuori dei paesi scandinavi e dei paesi di common law. La sequenza temporale di diffusione potrebbe essere la seguente: area scandinavat0 Æ paesi anglosassonit1 Æ resto del mondot2 L’ombudsman incarna alla perfezione lo spirito dei modelli istituzionali societari. In questi paesi, l’estensione dei diritti avviene in genere più per richieste dal basso che per una strategia d’integrazione dall’alto. Il grado di coesione interno è elevato, e anche la conflittualità verso l'esterno è piuttosto bassa. L’economia è forte a sufficienza da non dover ricorrere con troppa frequenza a sussidi centralizzati4, la transizione verso la democrazia e il consolidamento della rule of law sono graduali. Il ruolo rilevante di queste “richieste dal basso” non implica di per sé una tensione verso l’egualitarismo e la redistribuzione. Il contenuto delle richieste che mirano ad ampliare la sfera dei diritti riguarda piuttosto la tendenza conservatrice o progressista di un modello di cittadinanza, e quindi la tendenza a preservare o a mutare l’assetto sociale presente. Indice del conservatorismo o del progressismo sono piuttosto la forza e l'ampiezza delle legislazioni sociali. Un’esemplificazione chiarirà meglio il concetto: nei paesi societari il suffragio non è necessariamente più esteso che nei modelli statalisti. Non è l'estensione a distinguere questo modello bensì la portata del voto, cioè l'influenza concreta che il voto esercita sui processi decisionali pubblici. In una formula riassuntiva, “la cultura statalista vede l’artificialità degli assetti sociali e si ripromette di correggerli attraverso un’immissione di razionalità […]. La cultura societaria, al contrario, teme gli interventi razionali a vasto raggio, ha fiducia nella spontaneità”5. Se questa descrizione è valida, non è azzardato ritenere che questi caratteri divergenti si traducano in sensibili differenze anche sul piano della vita concreta degli ordina3. G. Zincone, Da sudditi a cittadini, Il Mulino, Bologna 1992, pp. 83-84. 4. Ivi, p. 83. 5. Ivi, p. 111. 92 menti. Anche se le istituzioni democratiche degli stati occidentali sono articolate secondo schemi standard, possono divergere i valori primari che muovono il sistema e lo spirito che anima la collettività. Per il tema particolare che qui interessa, nel sentire comune dei paesi societari l’apparato pubblico ha una funzione servente rispetto alla collettività. Nei contesti societari, le funzioni amministrative vengono svolte da organizzazioni burocratiche che si ispirano al principio della responsabilità verso il pubblico e perseguono la professionalizzazione. L’azione amministrativa attenua le sue connotazioni formalistiche e d’impersonalità, e mira a coniugare efficienza ed economicità. In questi sistemi, il potere costituito tiene maggiormente in conto le tradizionali obiezioni che vengono rivolte alle strutture burocratiche: eccesso di ritualismo (norme fini a sé stesse), difesa corporativa dei propri interessi e deresponsabilizzazione dei funzionari6. È nei modelli societari che trovano più facilmente spazio gli strumenti informali di tutela dei diritti e si apre la strada alle soluzioni conciliative. Il potere pubblico non è sacro e infallibile: questo è l'assunto di fondo dal quale partire nel delineare le regole del gioco e nello stabilire i judicial remedies e i non-judicial remedies. Le pretese messe in campo nel conflitto giuridico vengono spogliate della loro veste di astrazione formale, senza che per questo ne sia ridotta l’efficacia. Anche l’attività delle corti, al di là dell’ossequio per le formule di rito, pare guidata esplicitamente dalla considerazione per la sostanza delle richieste. I paesi societari privilegiano un sistema di garanzie dei diritti che dà la preferenza alla soddisfazione delle esigenze del singolo, piuttosto che alla coerenza del sistema. La tutela delle posizioni individuali appare prioritaria e gli strumenti giuridici riflettono coerentemente questo principio. 2. Il difensore civico (l’ombudsman) L'International Bar Association si è occupata di studiare e promuovere la diffusione dell’ombudsman nel mondo anglosassone, e ha redatto una descrizione dell'attività dei difensori civici che è stata largamente accolta a livello internazionale: “è un ufficio istituito dalla costituzione o per legge e ricoperto da un funzionario pubblico indipendente di alto grado, responsabile verso il parlamento, [che] riceve dalla persona offesa i reclami contro agenzie governative, funzionari o impiegati pubblici oppure agisce di sua 6. R.K. Merton, "Struttura burocratica e personalità", Teoria e struttura sociale [1949], vol. II, Il Mulino, Bologna 1971, pp. 403-421. 93 iniziativa, e ha il potere investigare, di raccomandare azioni correttive e di redigere relazioni”. Ci pare di individuare nell’insieme di queste funzioni una forte tensione verso la partecipazione democratica diretta. È proprio in questo senso che viene proposta l’azzeccata definizione del difensore civico come di un “agente del contratto sociale”7. Chi è vittima di un’ingiustizia da parte dei pubblici poteri spesso è riluttante a sporgere un reclamo, a causa delle pressioni sociali esercitate per indurre comportamenti conformi agli imperativi dell’organizzazione8. Non si tratta solo di pressioni di natura oppressiva o autoritaria: alla loro origine possono esservi anche i valori condivisi dall’individuo che ne è soggetto, come ad esempio i doveri di solidarietà verso la collettività. Resistere a un ordine dell’autorità può essere vissuto come espressione di egoismo sociale. Il ricorso all’ombudsman fornisce una veste ufficiale alle pretese del cittadino e l’assistenza tecnica per farle valere, e consente di superare questo genere di inibizioni9. 2.1. La tutela dei diritti umani Si è parlato del difensore civico anche come di un “magistrato naturale dei diritti umani” di fronte ai comportamenti materiali della burocrazia10. Il riferimento ai diritti umani rischia di essere inteso in maniera fuorviante. L’ombudsman si occupa senza dubbio di quel tipo di diritto fondamentale dell’individuo che consiste nell’essere trattato umanamente e in maniera equa dalle pubbliche autorità, e che storicamente trova le sue origini nell’epoca pionieristica dei diritti fondamentali come diritto di “resistenza all’oppressione”. Può occuparsi quindi della lesione di ogni posizione individuale, se e in quanto questa lesione possa essere messa in relazione diretta o indiretta con un comportamento della pubblica autorità. Nella tutela di questi diritti l’ombudsman ha quindi un campo di azione teoricamente illimitato. In realtà, i poteri dell’ombudsman sono inevitabilmente più circoscritti. Anzitutto perché il modello prevalente di difensore civico, con l’eccezione 7. A. Papisca, "Il Difensore Civico per la (ri)qualificazione costituzionale in Italia, in N. Olivetti e L. Strumendo (a cura di), Il difensore civico. Tutela e promozione dei diritti umani e di cittadinanza, Cedam, Padova 1997, p. 17. 8. G.E. Caiden, International Handbook of the Ombudsman: Country Surveys, Greenwood Press, Westport [etc.] 1983, p. XVII. 9. Ibidem. 10. C. Falqui Massidda, “Il Difensore Civico e la tutela dei diritti umani nella Regione Emilia Romagna”, in N. Olivetti Rason e L. Strumendo (a cura di), Il difensore civico. Tutela e promozione dei diritti umani e di cittadinanza, cit., p. 50. 94 dell’ombudsman svedese, prevede che il controllo si arresti di fronte all’esercizio delle funzioni giurisdizionali. In secondo luogo, perché anche la funzione legislativa è fuori del suo campo di azione. Di fronte a un organo giurisdizionale o a un parlamento irrispettosi dei diritti fondamentali, il difensore civico non può quindi che cedere il passo. Ma il motivo principale per cui la definizione di “garante dei diritti umani” va accolta con cautela, è che il concetto di diritto dell’uomo è entrato nella coscienza comune anche in un’accezione lievemente diversa da quella classica11. L’espressione “diritti umani”, nell’opinione comune è spesso associata alle prerogative individuali più preziose e intangibili. Parlando di “violazione dei diritti umani” non si evocano certo le negligenze di un ufficio pubblico, ma piuttosto situazioni tragiche come le lotte di liberazione, il genocidio o i crimini di guerra. Si è giustamente osservato che “un atteggiamento troppo pragmatico potrebbe portare ad annacquare i requisiti dell’ufficio dell’Ombudsman, al punto che anche il ministro cinese che si occupa dei reclami o lo stesso Fidel Castro potrebbero iniziare a definirsi ‘ombudsman’”12. Ma le considerazioni appena svolte non riguardano il modo di concepire i poteri dell’ombudsman o i limiti entro i quali questi devono essere esercitati. Suggeriscono invece una “strategia di comunicazione” modellata sul destinatario del messaggio. Una definizione “minima”, ricavata dalla prassi dell’attività dell’ombudsman, non impedisce che l’ufficio affronti questioni di grande rilevanza. Al contrario, una definizione dettata da un wishful thinking può ingenerare confusione e causare frustrazioni. 2.2. Pubblicità, informalità, ragionevolezza e giudizio di equità Da lato più propriamente operativo, l’attività dell’ombudsman si caratterizza per la pubblicità e l’informalità. L’ombudsman può esercitare una pressione effettiva sulle amministrazioni solo quando acquista la stima del pubblico. Un’opera di pubblicizzazione costante e comprensibile delle sue 11. La definizione cui si fa riferimento è quella che coincide con i diritti di cittadinanza individuati da T.H. Marshall, raggruppabili nelle tre generazioni dei diritti civili, politici e sociali. Gregorio Peces-Barba parla oggi di una quarta generazione di diritti, composta dal diritto allo sviluppo, alla pace e alla protezione dell’ambiente: vedi G. Peces-Barba, Teoria dei diritti fondamentali, ed. it. a cura di V. Ferrari, trad. it. di L. Mancini, Giuffrè, Milano 1993, p. 162. 12. J. Söderman, Is there a classic parliamentary Ombudsman?, discorso tenuto a Vienna il 4 giugno 1997 in occasione del 20° anniversario dell’Ombudsman austriaco: www.euro-ombudsman.eu.int. 95 indagini è la condizione necessaria per fare presa sull’opinione pubblica, al punto che il buon funzionamento dell’istituto potrebbe essere rilevato anche solo dal numero dei reclami ricevuti, senza che abbia un particolare rilievo la percentuale di quelli fondati e di quelli che hanno esito positivo, o l’importanza delle questioni sollevate13. La libertà di forme nelle relazioni che intercorrono fra l’ombudsman e i denuncianti è assoluta. Il più delle volte il contatto è diretto, senza l’intermediazione di un operatore professionale del diritto. Le norme che regolano le procedure da seguire per la trattazione delle denunce si limitano per lo più a fissare l’obiettivo da raggiungere, senza disciplinare in maniera minuziosa i termini e i passi procedurali. La definitiva caratterizzazione in senso informale dell’ombudsman coincide con la fase della sua espansione a livello mondiale. Il ruolo originario dell’ombudsman scandinavo era quello di esercitare un controllo sulle attività amministrative nell'interesse dell'organo legislativo: la difesa dell’interesse individuale leso assumeva solo una funzione strumentale. Mentre si completa il passaggio dalla monarchia assoluta allo stato liberale di diritto, l’ombudsman assume il ruolo di protettore dei diritti individuali. Nel secondo dopoguerra, quando il primato e la coerenza interna del diritto statale divengono l'oggetto di critiche sempre più massicce e ricorrenti, l’ombudsman si afferma definitivamente come strumento di difesa dei diritti e di risoluzione delle controversie alternativo alla giurisdizione. Un tentativo di spiegare la crisi della legalità porterebbe troppo lontano. Si può però accennare a una delle ipotesi formulate, secondo la quale questa crisi sarebbe la conseguenza di un abuso degli strumenti del diritto, concretizzatosi con l'ipertrofia del corpo normativo e con il sovraccarico delle corti, e causato dal tentativo di imbrigliare una crisi più ampia, quella economica e sociale14. In questo periodo si originano forti spinte verso le forme alternative di diritto e giustizia: se fino a questo momento la razionalizzazione dei sistemi giuridici ha significato incremento di regole e forme, ora si sostiene la necessità di ricercare modalità meno strutturate, poiché vi sono situazioni in cui il diritto interviene in maniera più efficace con strumenti snelli e informali. L'impatto del principio di informalità è andato ben oltre la semplificazione procedurale, e ha finito per tradursi in una concezione articolata della struttura dei sistemi giuridici. Il sistema giuridico è allo stesso tempo il 13. I.E. Nebenzahl, “The Direct and Indirect Impact of the Ombudsman”, in G.E. Caiden (ed.), International Handbook of the Ombudsman: Country Surveys, cit., pp. 60-62. 14. R. Matthews, “Reassessing Informal Justice”, in R. Matthews (ed.), Informal Justice?, Sage Contemporary Criminology, London 1988, p. 4. 96 termine attivo di un potere pressoché illimitato e il termine passivo di un processo di delimitazione di sfere, e “[l]’informalità, nella sua flessibilità e intangibilità e nella sua evocazione del naturale, fornisce modalità che conciliano le opposizioni fra questi [due] aspetti”15. L’informalità diviene un valore da perseguire nel ripensamento degli istituti giuridici e porta a ricercare nuovi “modi non giudiziali di trattazione delle dispute”16. Nel delineare il quadro di queste tendenze, Roger Matthews individua le lineeguida nel campo della giustizia criminale, e indica alcuni principi che valgono in realtà per tutte le branche del diritto. In primo luogo, viene stimolata la partecipazione attiva della persona offesa al procedimento. In secondo luogo, si ricerca un incremento dell’accesso alla giustizia, perseguendo la realizzazione di un apparato istituzionale che non appaia più ostile e incomprensibile. Terzo obiettivo è in realtà una terna di valori, costituiti dalla deprofessionalizzazione, dal decentramento e dalla deregolamentazione. Infine, si parla di minimizzazione della stigmatizzazione e della coercizione, per favorire l’aspetto consensuale su quello autoritativo17. L’ombudsman sembra rispondere a tutti questi “criteri”. La presenza nell’ordinamento giuridico di un organo come l’ombudsman costituisce una sorta di ammissione, da parte di coloro che detengono il potere, che il sistema presenta delle falle che i rimedi tradizionali non riescono a coprire e alle quali è meglio trovare un rimedio in altri modi. Dovendo definire l’attività del difensore civico nel suo aspetto assiologico, possiamo individuare il valore nella ragionevolezza. “La problematica coesistenza fra i vari aspetti costitutivi del diritto (diritti, giustizia, legge) e l’adeguatezza fra casi e regole richiedono un particolare atteggiamento spirituale da parte di chi opera giuridicamente. Questo atteggiamento, che è in stretto rapporto col carattere pratico del diritto, s i denomina ‘ragionevolezza’ per alludere sempre alla necessità di uno spirito di ‘adattamento’ di qualcuno, rispetto a qualcosa o a qualcun altro, in modo di evitare conflitti attraverso soluzioni che soddisfino tutti nella maggior misura consentita dalle circostanze. […] [L]a ‘ragionevolezza’, da requisito soggettivo del giurista, è diventato requisito obiettivo del diritto. ‘Ragionevole’ è il diritto quando si presta a essere sottomesso a quella esigenza di composizione e apertura, quando cioè non è chiuso alla coesistenza pluralistica”.18 15. Ibidem. 16. R. Matthews, “Reassessing Informal Justice”, in R. Matthews (ed.), op. cit., p. 4. 17. Ivi, p. 4 e sgg. 18. G. Zagrebelsky, Il diritto mite: legge, diritti, giustizia, Einaudi, Torino 1992, pp. 203-204. 97 La diffusione dell’ombudsman è l’indice di una mutata concezione del diritto, che diffida delle soluzioni nette e aspira a una “giustizia del caso concreto”, che riconosca le ragioni reciproche dei contendenti. Il “diritto ragionevole” richiede altrettanto equilibrio nella sua applicazione: richiede un sindacato di equità adeguato alla fattispecie concreta. È proprio l’equità che assume un ruolo nuovo nell’ordinamento. “[L’equità] risorge oggi in forme del tutto originali e viene a caratterizzare l'insieme del diritto, come conseguenza della costituzionalizzazione dei diritti e dei princìpi di giustizia e della relativa fine dell'onnipotenza della legge”19. Un giudizio tipicamente equitativo è quello cui è chiamato l’ombudsman: le norme di buona amministrazione spesso non sono sufficientemente codificate, e la loro individuazione avviene sulla base del buon senso e della ragionevolezza. Anche il Mediatore Europeo opera in base a un parametro normativo generale ed elastico, dato dal concetto di “cattiva amministrazione” (maladministration). Informalità, ragionevolezza ed equità consentono all’ombudsman di “deideologizzare” il conflitto, e l’approccio conciliativo rimuove il riferimento ai principi giuridici astratti. Alle parti vengono prospettati i vantaggi di una composizione amichevole e si riconosce che l’interesse degli individui è negli “effetti sostanziali” che coinvolgono i “profili personali extra-legali”20. 2.3. L’ombudsman: critiche Occorre certamente dare conto dei rilievi critici che sono stati mossi alla nostra figura di amicus civis. Non senza qualche ragione, si è sostenuto che la mancanza di poteri coercitivi condizioni fortemente l’efficacia dell’ombudsman, e che la sua forza verrebbe a dipendere in maniera quasi esclusiva dalle capacità personali di chi riveste l’incarico. Oltre a questo, si è anche affermato che le competenze dell’ombudsman sono troppo vaste, ed egli non sarebbe in grado di acquisire una conoscenza approfondita in nessuno dei settori di cui si occupa. Ci pare tuttavia di dover prendere in considerazione una critica in particolare, secondo la quale l’ombudsman agirebbe ai margini dei reali poteri 19. Ivi, p. 205. Nella Common Law, come è noto, l’Equity è un corpo di norme che sorse nel XIII secolo, dall’attività di ricezione delle petizioni rivolte al sovrano per ottenere giustizia. Questo compito era svolto principalmente dalla Court of Chancery, inizialmente in maniera discrezionale, sulla base di principi di coscienza. Successivamente si consolidò un sistema di norme e massime stabili, denominato appunto Equity. 20. P.L. Gaggero, “Ombudsman”, Enciclopedia Garzanti del Diritto, Milano 1993. 98 decisionali. In base a questa opinione, il ruolo dell’ombudsman si ridurrebbe di fatto a quello di difensore degli strati bassi, che non dispongono di mezzi più incisivi21. Riguardo a questo, è certamente vero che i difensori civici si occupano raramente delle questioni di particolare valore economico: in questi casi il cittadino, quando ne ha la possibilità, preferisce rivolgersi agli organi giudiziari, che sono percepiti come più saldi e affidabili22. La convinzione che un organo privo di poteri coercitivi, o la cui competenza sia limitata alle questioni “bagatellari”, non possa incidere sui processi decisionali reali è tuttavia erronea. Un’istituzione che si occupa anche dei ritardi, dei disservizi e delle scortesie diviene lo strumento di tutela verso quei comportamenti dell’amministrazione contro i quali il cittadino rinuncia a protestare e a chiedere giustizia (poiché la loro entità non giustifica per il singolo l’esborso richiesto da una procedura giudiziaria), ma che sommati tra loro vengono a incidere pesantemente sul bilancio complessivo dei rapporti tra individuo e poteri pubblici. Infine, il problema più rilevante al quale ci sembra di dover trovare una risposta è quello della reale influenza dell’ombudsman sul funzionamento della pubblica amministrazione. La diffusione dei difensori civici, avvenuta principalmente nei paesi a democrazia consolidata, ha indotto spesso a sostenere che la difesa civica non sia tanto la causa dei comportamenti virtuosi, quanto un suo effetto. In altri termini, si è obiettato che l’ombudsman nasca e si affermi laddove il comportamento della pubblica amministrazione sia già tendenzialmente virtuoso, e che la sua funzione sia quella di correggere le disfunzioni meno gravi di un’organizzazione sostanzialmente già sana. Rispondere a questa obiezione non è agevole, se non dopo un’attenta considerazione dei risultati del difensore civico in azione “sul campo”. 3. Uno sguardo sull’attività del Mediatore Europeo Il primo Mediatore europeo è il finlandese Jacob Söderman, eletto nel luglio del 1995 dal Parlamento europeo dopo tre scrutini e rieletto nell’ottobre del 1999 per un secondo mandato. Söderman, oltre ad essere un giurista preparato (ha esercitato la professione forense e insegnato 21. A. Di Giovine, “L’ombudsman in Scandinavia”, in C. Mortati (a cura di), L'ombudsman: (il difensore civico), Utet, Torino 1974, p. 45. 22. Talvolta i difensori civici affrontano anche questioni di una certa importanza, specialmente nei paesi in cui la loro competenza si estende a settori “sensibili”, come l’amministrazione sanitaria o l’amministrazione penitenziaria e di polizia. 99 “Diritto sociale”), è stato una figura eminente della politica del suo paese (prima membro del parlamento finlandese, poi Ministro della giustizia e Ministro degli affari sociali) e fino alla sua elezione a Mediatore europeo ha ricoperto il ruolo di ombudsman nazionale finlandese. Le prime proposte per l’introduzione di un difensore civico nell’ordinamento europeo risalgono alla metà degli anni ‘70, e furono dovute all’iniziativa dei parlamentari europei del Regno Unito e del gruppo conservatore europeo. Questo dovrebbe indurre a una riflessione critica: il problema delle disfunzioni burocratiche è stato sollevato e “cavalcato” dai settori meno entusiasti verso l’integrazione europea. Gli organi di governo comunitari lo hanno a lungo ignorato e poi minimizzato. 3.1. Mandato e nomina del Mediatore L’ufficio del Mediatore si trova a Strasburgo, presso la sede del Parlamento europeo. L’anno seguente alla sua istituzione è stata creata una sede secondaria a Bruxelles, per consentire un contatto più agevole con gli uffici della Commissione, che rappresentano il grosso dell’apparato amministrativo comunitario e che sono quindi più frequentemente interessati dalle indagini del Mediatore (circa l’85% di quelle effettuate). In base al suo Statuto, l’ufficio del Mediatore costituisce un’unità amministrativa autonoma, dotata di bilancio e personale proprio23. Dopo una prima fase di grande crescita, l’organico si è ora assestato sulle 30 unità circa. I posti sono ricoperti da funzionari provenienti da altre amministrazioni comunitarie, il che rappresenta una circostanza forse criticabile: la provenienza “interna” potrebbe avere un’influenza negativa sull’effettiva indipendenza e sul rigore dei controlli. Il Mediatore Europeo è abilitato a ricevere le denunce di qualsiasi cittadino dell’Unione e di qualsiasi persona fisica o giuridica che abbia la residenza o la sede sociale in uno Stato membro, e che riguardino casi di cattiva amministrazione nell’azione di organi o istituzioni comunitarie (esclusi la Corte di Giustizia e il Tribunale di primo grado nell’esercizio delle loro funzioni giurisdizionali)24. Queste norme individuano quello che il Mediatore stesso definisce come il suo mandato. 23. Decisione del Parlamento europeo del 9 marzo 1994, sullo Statuto e le condizioni generali per l'esercizio delle funzioni del Mediatore (94/262/CECA, CE, Euratom). 24. Vedi l’art. 195 TCE. 100 Figura 1. Denunce esaminate per anno (1995-1999) numero dei reclami 1.617 1.412 1.041 131 1995 1996 1997 1998 2.000 1.800 1.600 1.860 1.400 1.200 1.000 800 600 400 200 1999 Una denuncia può quindi essere esaminata quando risponde a tutte queste condizioni: 1) se viene sporta da un cittadino dell’Unione o da chi risiede in uno Stato membro; 2) se riguarda un caso di cattiva amministrazione; 3) se l’episodio di cattiva amministrazione riguarda un organo o un’istituzione comunitaria, salvo la Corte o il Tribunale di primo grado25. Con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, il mandato del Mediatore Europeo è stato esteso agli organismi che operano nel campo della cooperazione giudiziaria e di polizia inclusi nel “terzo pilastro” dell’Unione26. Nel corso dei primi cinque anni di attività, oltre i due terzi delle denunce esaminate esulavano dal mandato del Mediatore (cioè non rispondevano ai tre requisiti sopra menzionati) e sono quindi state archiviate. Le grande maggioranza delle denunce è inammissibile perché non riguarda organi o istituzioni comunitari. La causa di questo fenomeno consi25. Per un caso particolarmente interessante che riguarda la competenza del Mediatore su un atto del Consiglio adottato nell’ambito nel “terzo pilastro”, e quindi al di fuori del controllo delle altre istituzioni comunitarie, vedi la decisione Statewatch, nella Relazione per il 1997, pp. 20 e 21. La stessa questione ha dato vita a un progetto di raccomandazione formulato dal Mediatore e riguardante l’accesso ai documenti del Consiglio nel campo della giustizia e degli affari interni: vedi la denuncia 1055/25.11.96/Statewatch/UK/IJH, nella Relazione per il 1998, p. 268 e sgg. 26. Vedi l’art. 41 del nuovo Trattato sull’Unione Europea (TUE). 101 ste nel fatto che la maggior parte degli atti comunitari viene applicata direttamente dalle pubbliche amministrazioni nazionali. Il cittadino tende in questi casi a rivolgersi a un organo dell’Unione, poiché è lì che si trova la fonte delle norme. Figura 2. Motivi di inammissibilità delle denunce non riguarda istituzioni o organi comunitari 93% non cittadino o non residente UE 1% riguarda la Corte o il Tribunale nell'esercizio della giurisdizione 1% non concerne un caso di cattiva amministrazione 5% Tabella 1. Rapporto fra denunce ammissibili e inammissibili per anno 1995 1996 1997 1998 1999 denunce ammissibili 29 22,14% 323 35,07% 368 26,94% 411 31,09% denunce non ammissibili 102 77,86% 598 64,93% 998 73,06% 911 68,91% 1.140 73,36% totale 131 1.322 1.554 921 1.366 414 26,64% Ci si potrebbe domandare perché la competenza del Mediatore non sia stata estesa anche al controllo delle amministrazioni nazionali. In primo luogo, vi era forse il timore di un numero di reclami tale da paralizzare le attività dell’ufficio. Timore non infondato, visto che vi è già un sensibile ritardo nel trattare le denunce ammissibili, nonostante queste rappresentino una percentuale che si aggira intorno al 30% del totale. In secondo luogo, si è probabilmente creduto che con un’estensione del mandato di quel genere, il Mediatore avrebbe in parte sottratto alla Commissione il 102 suo ruolo di “guardiano dei Trattati”27, ma questa versione pare poco credibile, poiché abbiamo verificato come l’attività dell’ombudsman riguarda in generale la correttezza procedurale dell’azione amministrativa, più che il merito delle decisioni. Tabella 2. Trattamento delle denunce inammissibili (1995-1999) 1995 1996 1997 1998 1999 tot. 598 998 911 1.140 3.749 9 130 254 266 322 981 10 47 99 90 213 459 alla Commissione 3 43 76 154 149 425 alla Corte di Giustizia - 1 1 1 2 5 ad altri organismi 3 27 73 106 101 310 25 248 503 617 787 24,5% 41,5% 50,4% 67,7% 69,0% 58,1% 77 350 495 294 353 1569 inammissibili 102 di cui comunque indirizzate: a un ombudsman nazionale o regionale al Parlamento come petizioni Totale indirizzate dal Mediatore % sul totale delle denunce inammissibili Non indirizzate 2180 Per una quota significativa delle denunce inammissibili, il Mediatore ha consigliato al ricorrente di rivolgersi alla Commissione. Più che di irregolarità amministrative, in questi casi le amministrazioni nazionali venivano accusate di applicare il diritto comunitario in maniera illegittima e tale da giustificare l’avvio di una procedura d’inadempimento. 27. M.J. Fernández de Landa Montoya, El control interinstitucional en la Unión Europea, Ararteko, Vitoria-Gasteiz 1996, p. 350. 103 3.3. La cattiva amministrazione Fra i requisiti di ammissibilità, la delimitazione dell’ambito di competenza del Mediatore ratione materiae è costituita dalla ricorrenza di un caso di cattiva amministrazione. Il concetto di cattiva amministrazione era sconosciuto alla tradizione giuridica comunitaria, ed è stato mutuato dal diritto inglese, che lo ha sviluppato e precisato anche attraverso l’attività del Parliamentary Commissioner28. Secondo la nozione elaborata dalla dottrina, la cattiva amministrazione consisterebbe in tre tipi di vizi29: 1. l’illegalità degli atti amministrativi di natura decisionale; 2. l’incompetenza, la violazione di forma ad substantiam, le violazioni dei Trattati o di altre norme comunitarie relative alla loro applicazione e lo sviamento di potere; 3. l’illegalità nell’esercizio di potere discrezionale. Peraltro, nell’attività giurisdizionale della Corte di Giustizia si trovano riferimenti al concetto simmetrico di “buona amministrazione”, anche se non ne viene precisato il contenuto. Più rilevante è sicuramente la definizione che lo stesso Mediatore ha dato della cattiva amministrazione nella prima Relazione annuale al Parlamento, sforzandosi di delimitare il campo d’azione delle sue indagini: “[…] si è in presenza di cattiva amministrazione quando un’istituzione o un organo della Comunità non agisce conformemente ai Trattati e agli atti comunitari che lo vincolano, o quando contravviene alle regole e ai principi di diritto stabiliti dalla Corte di giustizia o dal Tribunale di primo grado. […] L’esperienza dei mediatori nazionali dimostra che è meglio non tentare di definire con rigore quello che può costituire cattiva amministrazione. È proprio il carattere aperto del termine uno degli elementi che distinguono il ruolo del mediatore da quello del giudice”30. Presentando all’assemblea la Relazione del Mediatore per il 1996, la Commissione per le Petizioni del Parlamento ha chiesto di definire in maniera più precisa che cosa si intenda per “cattiva amministrazione”. Nella 28. Il Parliamentary Commissioner svolge le funzioni di difensore civico nel Regno Unito: sul punto vedi alcune considerazioni di M.J. Fernández de Landa Montoya, El control interinstitucional en la Unión Europea, cit., p. 346. In merito al concetto di cattiva amministrazione, l’autore cita le Conclusioni dell’Avvocato generale M.W. Van Gervern, presentate il 29 giugno del 1993 nella causa C-137/92, Commissione contro BASF AG e altri. 29. A. Pliakos, “Le Médiateur de l’Union Européenne”, Cahiers de Droit Européen, nn. 5 e 6, pp. 588 e 589. 30. Mediatore Europeo, Admissibilité des plaintes, Relazione per il 1995, cap. I.3.2. 104 Relazione per il 1997, il Mediatore ha quindi tentato una definizione più sintetica: “Si è in presenza di cattiva amministrazione quando un organismo pubblico non opera conformemente a una norma o a un principio per esso vincolante”31. Per quanto apparentemente più precisa, questa definizione non dà conto di tutte le sfumature di un concetto “di buon senso” come è quello di cattiva amministrazione, che si presta a essere meglio descritto attraverso casi ed esemplificazioni. È lo stesso Mediatore che afferma come il significato della buona o della cattiva amministrazione venga solitamente stabilito e concretizzato caso per caso32. L’esigenza di conoscere con certezza i comportamenti che gli amministrati possono pretendere dagli amministratori potrebbe essere meglio soddisfatta da un “codice di buona amministrazione”, adottato da ogni istituzione e destinato ai propri funzionari sotto forma di decisione resa pubblica all’esterno, anche se priva di efficacia vincolante in senso stretto33. Nel novembre del 1998 il Mediatore ha avviato un’indagine di propria iniziativa volta ad accertare l’esistenza e l’accessibilità presso ogni istituzione di un Codice di buona prassi amministrativa nelle relazioni con il pubblico e ne ha proposto un modello alle istituzioni comunitarie. La limitazione del mandato del Mediatore ai casi di cattiva amministrazione comporta un ulteriore limite: tutte le denunce che mettono in causa decisioni di natura politica sono considerate inammissibili. Questo riguarda in particolare le decisioni del Parlamento e delle sue commissioni, anche quando presentino profili di natura amministrativa. 3.4. La ricezione delle denunce Le denunce al Mediatore possono rivestire qualsiasi forma: nella grande maggioranza dei casi vengono sporte per lettera, ma vengono accettate anche quelle orali o telefoniche. Spesso le denunce sono sporte con l’assistenza di un legale, anche se il patrocinio non è richiesto. Ogni denuncia viene registrata, e al reclamante viene inviata una conferma scritta nella quale sono indicati la procedura che verrà seguita e il nome del funzionario che se ne occupa. I funzionari dell’ufficio responsabili del trattamento delle denunce sono denominati giuristi. 31. Mediatore Europeo, Relazione per il 1997, p. 23. 32. Mediatore Europeo, Relazione per il 1997, p. 25. 33. Una proposta in questo senso è stata formulata dall’on. Roy Perry nel 1997. Vedi la Relazione per il 1997, p. 25. 105 Il primo esame che viene compiuto sulla denuncia è volto ad accertarne l’ammissibilità. Se rientra nel mandato, il giurista procede ad avvisare l’istituzione o l’organo interessati. Il Parlamento europeo ha stabilito ulteriori requisiti di procedibilità. Le denunce non possono riguardare questioni che siano oggetto di un procedimento giurisdizionale34. Devono risultare chiaramente l’oggetto della denuncia e l’identità del reclamante. La denuncia va presentata entro due anni dalla conoscenza dei fatti che la giustificano e deve essere preceduta dai passi amministrativi appropriati presso gli organi e le istituzioni interessate. Se l’oggetto della denuncia riguarda i rapporti di lavoro fra istituzioni comunitarie e loro dipendenti, devono essere previamente esaurite le possibilità interne di ricorso amministrativo35. Se il termine di decadenza di due anni e la determinatezza della domanda costituiscono principi di correttezza procedurale, gli ultimi due requisiti paiono più che altro ispirati dalla volontà di evitare che al Mediatore vengano indirizzati un numero eccessivo di reclami. Quasi il 40% delle denunce che rientravano nel mandato del Mediatore non rispondevano ai requisiti sopra elencati e sono state dichiarate irricevibili. Le cause di irricevibilità più ricorrenti sono il mancato compimento dei preventivi passi amministrativi e l’indeterminatezza della domanda. 3.5. La provenienza delle denunce Il paese dal quale proviene la maggior parte delle denunce è in termini assoluti la Francia (circa il 14%), seguita dalla Germania, dalla Spagna, dall’Italia e dal Regno Unito (da quest’ultimo proviene circa il 9% dei reclami). Si tratta dei cinque paesi più grandi dell’Unione Europea, che insieme raccolgono quasi l’80% della popolazione. In termini relativi, sono però i cittadini dei paesi piccoli a rivolgersi con più frequenza al Mediatore: ai primi tre posti sono il Lussemburgo, la Finlandia e il Belgio. Per il Lussemburgo e il Belgio, la spiegazione risiede probabilmente nei ricorsi proposti dai dipendenti delle istituzioni europee al Mediatore in materia di rapporti di lavoro36. Per la Finlandia, è ipotizzabile che il fattore determinante sia la notorietà di Söderman in patria. Da Irlanda, Portogallo e Spagna proviene un numero di reclami per abitante che è superiore alla media dell’Unione. Sostanzialmente in parità 34. Vedi gli artt. 1.3 e 2.6 dello Statuto del Mediatore. 35. Vedi l’art. 2 dello Statuto del Mediatore. 36. J. Söderman, La ciudadanía europea, discorso tenuto a Vitoria il 9 dicembre 1996. 106 sono la Francia (che ospita il Parlamento europeo), la Grecia, la Svezia e la Danimarca. Sotto la media sono invece l’Austria, i Paesi Bassi, l’Italia, la Germania e il Regno Unito. Figura 3. Provenienza geografica delle denunce 25 20 15 10 % 5 0 GER UK FRA IT SPA NL GR BEL POR SVE AUT % reclami DK FIN IRL LUX Altri % abitanti Da questi dati emerge come la presenza di un ombudsman nazionale, anche con una lunga tradizione, non sembri influire sulla frequenza con cui i cittadini degli stati membri ricorrono al Mediatore. Il confronto con i dati di accesso alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee evidenzia che la provenienza delle denunce al Mediatore riflette solo in parte la provenienza dei ricorsi giurisdizionali37. Per quanto riguarda la natura dei soggetti che sporgono reclami al Mediatore, vi è un’assoluta prevalenza di denunce inviate direttamente da cittadini (quasi il 90%). Le altre vengono presentate da persone giuridiche, rappresentate in pari misura da società e da associazioni. È invece trascurabile il numero di denunce che vengono trasmesse al Mediatore per il tra37. Nel decennio 1980-1990, sul totale dei ricorsi presentati alla Corte di giustizia, quelli sporti dai cittadini britannici hanno rappresentato solo il 5,1%. M. Condinanzi, “Il mediatore europeo: primi risultati e qualche considerazione”, Il diritto dell’Unione Europea, 1996, n. 1, p. 576. Per i dati sui ricorsi britannici alla Corte di Giustizia questo autore cita C. Harding, “Who Goes to Court in Europe? An Analysis of Litigation against the European Community”, European Law Review, 1992, p. 105 e sgg. 107 mite di un parlamentare europeo, così come le petizioni rivolte al Parlamento che vengono deferite al Mediatore38. Tabella 3. Natura dei denuncianti 1995 1996 1997 1998 1999 Denunce inviate direttamente al Mediatore: da singoli cittadini da associazioni da imprese totale trasmesse da un deputato del Parlamento petizioni al Parlamento deferite al Mediatore tot. ricevute 24 717 1.067 1.237 1.458 1 46 57 63 90 40 38 60 23 26 803 1.162 1.360 1.571 3 29 17 9 11 - 10 2 3 3 29 842 1.181 1.372 1.585 1 3.6. Gli interessi portati davanti al Mediatore È opportuno provare a individuare, benché in maniera poco più che sommaria, in quali campi viene richiesto più frequentemente l’intervento del Mediatore. Si tratta di una questione che non riguarda il tipo di ingiustizia lamentata, ma piuttosto l’oggetto degli interessi che vengono fatti valere. La classificazione dei reclami in base a questo criterio presenta inevitabilmente un aspetto di arbitrarietà, visto che ogni questione può rilevare da più punti di vista e coinvolgere diversi interessi materiali. È necessaria un’avvertenza preliminare: l’analisi si è limitata alle denunce procedibili sulle quali il Mediatore ha avviato un’indagine e che hanno portato pertanto all’emanazione di una decisione. Si tratta di oltre 600 decisioni, emanate dal 1995 fino a tutto il 1998. Il problema che viene sollevato più spesso è il mancato intervento della Commissione sulle denunce inviatele dai cittadini per segnalare la viola38. Vedi l’art. 2 delle Disposizioni di esecuzione. 108 zione del diritto comunitario da parte degli stati membri (137 reclami)39. Un alto numero di reclami riguarda anche le procedure di assunzione e di concorso per il reclutamento di personale delle istituzioni comunitarie (102 reclami). Infine, vengono spesso portate davanti al Mediatore questioni che riguardano la trasparenza nella gestione dei fondi e dei programmi comunitari (63 reclami) e i rapporti di lavoro fra le istituzioni e i loro dipendenti (59 reclami)40. 3.7. Il carico di reclami pendenti Nel corso dei primi cinque anni di attività, il numero delle denunce ricevute dal Mediatore è aumentato costantemente. Considerando l’esperienza dei difensori civici nazionali, è prevedibile che debba trascorrere ancora qualche tempo prima che il numero delle denunce ricevute si stabilizzi. All’inizio della sua attività, il Mediatore affermava che la durata media della procedura, considerando il tempo necessario per le audizioni, la raccolta delle informazioni e la traduzione dei documenti, sarebbe stata di sei mesi circa41. Questa stima si è rivelata ottimistica e presentando al Parlamento la Relazione per il 1997 si è stabilito un nuovo obiettivo: un mese per completare l’esame sull’ammissibilità di una denuncia e un anno per giungere alla decisione, salvo i casi che richiedono indagini particolarmente complesse. L’incremento del carico di lavoro e la durata della procedura si ripercuotono sull’efficienza dell’ufficio, che secondo Söderman è ancora sottodimensionato. Nei primi anni di attività, il numero dei reclami arretrati da smaltire è lievemente aumentato (dai 196 del 1996 ai 278 del 1999), ed è invece auspicabile che venga azzerato del tutto o quasi. Uno dei punti di forza degli istituti di difesa civica è la celerità con cui le questioni sottopo39. Su queste denunce sarebbe possibile operare una distinzione ulteriore, basata sulla normativa di cui si lamenta la violazione (le norme che gli stati membri sono accusati di violare più frequentemente sono quelle relative alla tutela ambientale, al reciproco riconoscimento dei diplomi e alla concorrenza). Tuttavia, il ruolo di “guardiano dei Trattati” ricoperto dalla Commissione ha un valore di per sé sostanziale, ed assume un rilievo autonomo nel rapporto fra cittadini e amministrazione comunitaria, giustificando la classificazione di questi reclami in una categoria unica. Così ha scelto di fare anche il Mediatore, che oltre a considerare il mancato intervento della Commissione fra le tipologie di “cattiva amministrazione”, lo considera anche come l’oggetto della denuncia. 40. Fra le questioni che rientrano in quest’ultima categoria, quelle più ricorrenti riguardano i diritti pensionistici, le questioni disciplinari e le indennità previste dallo Statuto dei funzionari. 41. Mediatore europeo, Prefazione, Relazione per il 1996. 109 ste vengono trattate. Il Mediatore sembra consapevole del problema, e afferma che “il carico arretrato di reclami può facilmente trasformarsi in una caratteristica permanente dell’ufficio dell’ombudsman se non viene affrontato incisivamente quando si accumula”42. Se l’obiettivo di riuscire a esaminare l’ammissibilità della denuncia entro un mese dalla ricezione sembra raggiunto, vi sono ancora dei problemi per il raggiungimento di una decisione entro l’anno. 3.8. Le indagini Sulle denunce procedibili il Mediatore compie un’ulteriore valutazione circa la necessità o meno di effettuare un’indagine. La selezione è in questo caso meno rigida e nell’80% dei casi l’indagine viene avviata. Generalmente, l’opportunità di procedere a un’inchiesta è esclusa quando il problema sia già all’esame della Commissione per le petizioni del Parlamento, oppure quando sia in corso un procedimento giurisdizionale che riguarda una questione anche diversa, ma rilevante per il merito della questione. Quando decide di avviare un’inchiesta il Mediatore invia una copia della denuncia all’istituzione interessata, invitandola a formulare un parere entro un termine, che di solito non supera i 3 mesi, e specificando le questioni particolari sulle quali è necessaria una risposta. Il parere dell’istituzione è inviato anche al cittadino, che può esprimere le sue valutazioni. Questo scambio di opinioni richiede un certo tempo, ma è stato istituito dal Mediatore a tutela di un basilare principio di garanzia: le informazioni fornite da uno dei soggetti coinvolti non possono essere prese in considerazione se non viene acquisita la posizione della controparte43. Dopo questa prima fase, non è raro che la denuncia perda la sua ragion d’essere. Il semplice chiarimento delle rispettive posizioni porta spesso l’istituzione a venire incontro alle richieste del reclamante o induce quest’ultimo a desistere. In caso contrario, il Mediatore procede nell’accertamento dei fatti e verifica se effettivamente si sia prodotto un caso di cattiva amministrazione. Quando il comportamento dell’istituzione è stato corretto, la denuncia viene archiviata con una decisione motivata della quale vengono informati sia il reclamante che l’istituzione. Quando è accertato un caso di cattiva amministrazione il Mediatore verifica in primo 42. Mediatore europeo, Relazione introduttiva alla Commissione per le petizioni, Bruxelles, 17 febbraio 1999. 43. Mediatore europeo, Relazione per il 1998, p. 27. 110 luogo se sia possibile una soluzione amichevole. Questo si verifica in un numero di casi poco significativo: se fosse possibile arrivare a una soluzione conciliativa, l’accordo sarebbe già raggiunto prima dell’avvio delle indagini. Accertata l’impossibilità di una conciliazione amichevole, se non è più possibile eliminare le conseguenze del comportamento scorretto e la questione non ha implicazioni generali, il Mediatore chiude il caso formulando un’osservazione critica all’istituzione. Questo genere di intervento è stato previsto per iniziativa del Mediatore, che lo ha introdotto con le sue Disposizioni di esecuzione44. Se invece è possibile rimediare alle conseguenze della cattiva amministrazione, o il caso abbia implicazioni generali di particolare gravità, il Mediatore accerta formalmente la cattiva amministrazione e redige una relazione corredata da un progetto di raccomandazione, invitando l’istituzione a formulare un parere circostanziato nel quale si dichiari la volontà o meno di aderire alla proposta contenuta nel progetto. Se il Mediatore ritiene la risposta dell’istituzione non soddisfacente, può indirizzare una relazione speciale al Parlamento. I poteri di indagine del Mediatore trovano un limite nel segreto professionale: in base a esso, le amministrazioni e i funzionari possono infatti rifiutarsi di rispondere. Questa limitazione è stata spesso criticata, in particolare perché i funzionari sono obbligati a deporre secondo le istruzioni ricevute dall’amministrazione di provenienza. Anche se fino ad ora non è mai stato rifiutato l’accesso a un fascicolo, né alcun funzionario è mai stato chiamato a testimoniare, si tratta di disposizioni che potrebbero ostacolare la lotta alle frodi e alla corruzione, e che potrebbero essere eliminate solo con una modifica dello Statuto. Quasi l’85% delle denunce che hanno dato l’avvio a un’indagine riguarda la Commissione europea. La maggior parte degli uffici amministrativi delle Comunità fa capo alle Direzioni Generali in cui la Commissione è articolata. Gli uffici amministrativi delle altre istituzioni svolgono attività per lo più di rilievo interno, e i reclami contro di essi provengono spesso 44. “[S]i tratta di una prassi tradizionale per la maggior parte dei difensori civici nazionali. […] L'introduzione di un commento comporta inoltre che il Mediatore europeo non è obbligato a ricorrere troppo frequentemente alla procedura formale del progetto di raccomandazione. Di fatto, un ricorso eccessivo a questa possibilità, che presenta dopo tutto un leggero carattere sanzionatorio, potrebbe determinare una sua perdita di efficacia”. J. Söderman, Il ruolo del Mediatore Europeo, discorso pronunciato in occasione della 6a Riunione dei Difensori Civici nazionali d’Europa, Gerusalemme, 9-11 settembre 1997, p. 3. 111 dai loro stessi dipendenti, o da soggetti che in precedenza erano legati a essi da un rapporto contrattuale. I controlli sui possibili casi di cattiva amministrazione possono essere svolti dal Mediatore anche con iniziative autonome45. Le indagini condotte su iniziativa del Mediatore sono avviate per giungere a una conclusione di carattere generale sulle questioni che sono frequentemente oggetto di denunce. Questo è dimostrato dal fatto che circa un terzo dei progetti di raccomandazione finora emanati dal Mediatore sono stati formulati al termine di un’indagine di questo tipo. Così è stato anche per tre delle quattro relazioni speciali indirizzate fino ad oggi al Parlamento europeo. Il Mediatore ha avviato tredici indagini di propria iniziativa, che fra le altre cose hanno riguardato l’accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni, le procedure di concorso e i limiti di età per l’assunzione del personale, il trattamento delle denunce presentate alla Commissione per le presunte violazioni del diritto comunitario da parte degli Stati membri, l’esistenza di un codice di buona amministrazione presso le istituzioni e i ritardi della Commissione nei pagamenti ai privati. 3.9. I risultati delle indagini Gli esiti complessivi delle indagini del Mediatore sono esposti nella Figura 4. La conclusione di gran lunga più ricorrente è che non viene riscontrata “cattiva amministrazione”. Analizzando alcune decisioni, vi è l’impressione che i giuristi incaricati delle indagini adottino talvolta un atteggiamento eccessivamente garantistico nei confronti degli uffici indagati, quasi applicando in loro favore una sorta di presunzione d’innocenza. Anche se versiamo in un campo in cui si discute dei poteri discrezionali dell’amministrazione, sembra quasi che sull’autore della denuncia gravi lo stesso tipo di onere probatorio che si rinviene nel processo civile o penale: egli deve dedurre tutti gli elementi che dimostrino chiaramente la scorrettezza del comportamento denunciato. Se non vi riesce, le indagini non vengono approfondite e l’amministrazione passa indenne il controllo. Questo atteggiamento non è costante, e va indubbiamente collegato con lo stile personale del giurista che si occupa del caso. Come si è già ricordato, molti funzionari dell’ufficio del Mediatore provengono da altre amministrazioni comunitarie, ed è possibile che talvolta tendano a immedesimarsi nelle posizioni di queste. 45. Vedi l’art. 195 del TCE e l’art. 9 delle Disposizioni di esecuzione. 112 Figura 4. Esito delle indagini(1996-2000) relazioni speciali al parlamento conciliazioni amichevoli progetti di raccomandazione valutazioni critiche all'istituzione questioni risolte dall'istituzione cattiva amministazione non riscontrata - 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 Nei casi in cui viene accertato un episodio di cattiva amministrazione, l’istituzione è indotta a venire incontro alle richieste del ricorrente, oppure viene formulato un commento critico. Il numero dei progetti di raccomandazione e delle relazioni speciali al Parlamento, che rappresentano gli strumenti più formali e incisivi di cui dispone il Mediatore, è apparentemente esiguo46. Questa circostanza è probabilmente il frutto dell’impronta personale di Söderman. Grazie all’esperienza maturata come ombudsman finlandese, l’attuale Mediatore ha probabilmente maturato la convinzione che nei casi privi di rilievo generale, l’interesse del cittadino sia soddisfatto in maniera altrettanto efficace con un intervento più agile e privo di carattere sanzionatorio per l’istituzione, come è appunto l’osservazione critica. 46. L’elevato numero di progetti di raccomandazione formulati nel corso del 1999 e del 2000 (rispettivamente 10 e 13) è dovuto anche alla reiterazione di alcuni progetti formulati negli anni precedenti, indirizzati a istituzioni che ancora non esistevano al tempo dell’indagine. Così è avvenuto ad esempio per il progetto di raccomandazione sull’accesso del pubblico ai documenti, inviato ad Europol e alla Banca Centrale Europea. 113 Tabella 4. Esito delle indagini per anno (1996-2000) 1996 cattiva amministazione non riscontrata questione risolta dall'istituzione valutazione critica all'istituzione progetto di raccomandazione conciliazione amichevole relazione speciale al parlamento altro* 1997 1998 1999 2000 82 59 96 107 112 12 16 51 62 76 32 21 29 27 31 2 - 1 10 13 - 3 4 1 1 - 1 - 1 2 2 8 9 10 15 *Instaurazione di un procedimento giurisdizionale, ritiro della denuncia, altri fatti che hanno determinato l’irricevibilità Il potere più incisivo di cui dispone il Mediatore è quello di indirizzare una relazione al Parlamento europeo. Ogni anno viene presentata la Relazione annuale, con i risultati delle indagini condotte e l’esposizione delle questioni più rilevanti. Quando trova delle resistenze alla sua azione, e in ogni altro caso in cui sia necessario per i suoi compiti di vigilanza, il Mediatore può indirizzare al Parlamento una Relazione speciale. Fino ad oggi, questo potere è stato esercitato solo in quattro casi. La prima relazione speciale è stata presentata nel 1997, al termine dell’indagine sull’accesso pubblico ai documenti delle istituzioni47. In seguito a un’indagine di propria iniziativa avviata nel 1997, il Mediatore ha indirizzato una seconda relazione speciale nel 1999, riguardo al problema della segretezza nelle procedure di concorso per il reclutamento del personale della Commissione48. 47. Relazione speciale al Parlamento del 15/12/1999. L’indagine di propria iniziativa che ha dato origine alla relazione è la 616/PUBAC/F/IJH. Con questa relazione, il Mediatore ha invitato il Parlamento ad accertare se il contenuto delle disposizioni che consentivano l’accesso ai documenti fosse idoneo. In secondo luogo, veniva chiesto di verificare se tali disposizioni fossero disponibili in tutte le lingue e adeguatamente pubblicizzate. Infine, il Mediatore invitava il Parlamento a occuparsi direttamente del ritardo della Corte di Giustizia nell’adottare disposizioni in materia. 48. Relazione speciale al Parlamento del 18/10/1999 (1004/97/PD). La Commissione, accogliendo in parte il progetto di raccomandazione formulato al termine dell’inchiesta, 114 Figura 5. Uno sguardo d’insieme sull’esito delle denunce ricevute (1995-1999) indagini chiuse con decisione motivata 12% denunce che esulano dal mandato del Mediatore 74% indagini non giustificate 3% denunce non ricevibili 11% La terza e la quarta relazione sono state presentate nel 2000, e hanno riguardato rispettivamente l’emanazione e l’accessibilità al pubblico di un codice di buona amministrazione presso ogni istituzione comunitaria49, e il rifiuto della Commissione di comunicare a un’impresa i nominativi di alcuni funzionari, motivato con l’esigenza di tutela dei dati personali50. aveva acconsentito a comunicare ai candidati i nomi dei membri della commissione esaminatrice, ma non a fornire una copia delle prove corrette a coloro che lo richiedevano. Sollevando il problema di fronte al Parlamento, il Mediatore ha ottenuto il risultato di convincere la Commissione a rivedere la sua posizione. 49. Relazione speciale al Parlamento, aprile 2000 (www.euro-ombudsman.eu.int). Accertato che numerose istituzioni, fra cui il Parlamento e il Consiglio, ancora non avevano adottato alcuna decisione in questo senso, e che la decisione della Commissione non aveva carattere vincolante, il Mediatore ha invitato il Parlamento ad adottare un regolamento comunitario (cioè un atto cogente e di portata generale). 50. Relazione speciale al Parlamento, novembre 2000 (www.euro-ombudsman.eu.int). I funzionari avevano partecipato a una riunione durante la quale erano state discusse alcune questioni rilevanti per gli interessi commerciali del ricorrente. Di fronte all’ulteriore rifiuto opposto dalla Commissione, il Mediatore ha sollevato la questione davanti al Parlamento, chiedendo che venisse emanata una risoluzione che induca la Commissione a cedere. 115 3.10. La percezione pubblica del Mediatore Il problema più serio che il Mediatore ha affrontato in questi primi anni del suo lavoro è stato certamente quello della scarsa informazione dei cittadini sul suo ruolo. Come denuncia l’elevato numero di reclami inammissibili, anche coloro che lo conoscono non sempre ne comprendono i reali poteri. Nel primo periodo della sua attività, il Mediatore ha investito una notevole quantità di risorse per pubblicizzare i suoi interventi: si è recato in visita in tutti i paesi e ha preparato opuscoli informativi destinati al pubblico e stampati in grandi tirature, pubblicando le decisioni, gli interventi e i comunicati stampa su un sito Internet. La politica d’informazione al pubblico sembra avere raggiunto qualche risultato, e il numero dei reclami inammissibili è in diminuzione. Sul successo del Mediatore nel nostro paese, ci auguriamo che non pesi la traduzione fuorviante che è stata data del termine “ombudsman” nella versione italiana dei Trattati. Uno dei primi elementi che incidono sulla percezione del suo ruolo è sicuramente la denominazione ufficiale, e a questo proposito si è sostenuto a ragione che la scelta del termine “mediatore” non sia stata fra le più felici, o che addirittura sia stata scorretta51. Nel linguaggio giuridico e in quello comune il termine “mediatore” viene riferito a un soggetto terzo che agevola la conclusione di un contratto fra altre due parti, oppure a un soggetto che favorisce la risoluzione di una controversia internazionale fra stati o tra fazioni in lotta. Nel nostro caso, la scelta di questo termine non si spiega quindi se non con una frettolosa traduzione letterale del testo redatto in francese, utilizzato per le trattative della Conferenza Intergovernativa. In Francia, l’ombudsman nazionale si chiama médiateur, ma questo è dovuto a una scelta compiuta in origine dal legislatore, che consapevolmente volle mettere in risalto le funzioni conciliative dell’istituto. Nell’ordinamento italiano esistono da tempo ombudsmen regionali e municipali, che nella legislazione anche recente hanno assunto il nome di “difensore civico” e che con questa denominazione hanno ormai acquisito una certa notorietà. Dal punto di vista della coerenza e della comprensibilità, la definizione più corretta per l’ombudsman dell’Unione sarebbe stata quella di “difensore civico europeo”. A conferma di questo, negli altri paesi dell’Unione la traduzione ha badato più alla sostanza dell’istituto che non alla fedeltà letterale e per lo più si è utilizzato il termine “ombudsman”, ampiamente conosciuto a livello 51. G. Tesauro, Diritto comunitario, Cedam, Padova 1994, p. 40-41. 116 internazionale e difficilmente equivocabile per quanto riguarda la natura e la sostanza dei poteri. Nella traduzione inglese, i Trattati parlano quindi di “European Ombudsman”. Con una scelta altrettanto corretta, in alcuni paesi si è preferito utilizzare la denominazione usata per l’ombudsman locale. Le versioni in spagnolo e portoghese dei Trattati parlano rispettivamente del “Defensor del Pueblo Europeo” e del “Provedor de Justiça Europeu”. 4. Conclusioni Per ciò che riguarda gli effetti dell’istituzione del Mediatore sulle dinamiche interne alle istituzioni comunitarie, potrebbe essere utile verificare i cambiamenti indotti nel sistema di tutela dei diritti. Anche la Corte di Giustizia e il Tribunale di primo grado, al pari del Mediatore, si occupano della correttezza dell’azione amministrativa, ma lo fanno con gli strumenti propri degli organi giurisdizionali, quindi in maniera costosa e non particolarmente celere. La scelta se rimettersi all’intervento dei tribunali comunitari o a quello dell’ombudsman viene esercitata in prima persona dal cittadino, a seconda che egli prediliga l’autorità dei primi o la celerità e l’informalità del secondo. Sembra ancora presto per verificare quali siano gli effetti deflattivi sull’accesso alla giustizia. Uno sguardo sull’esito “procedurale” dei reclami ricevuti fino a tutto il 1999 potrebbe portare a credere che gli interessi dei cittadini siano scarsamente tutelati (Figura 5). Sul totale dei reclami presentati, è stata avviata un’indagine in poco più del 10% dei casi, e meno della metà delle indagini avviate ha avuto un esito che si possa definire favorevole al cittadino52. Ma è da considerare che una raccomandazione o un’osservazione critica del Mediatore non sempre rappresentano la condizione sufficiente per assicurare soddisfazione al reclamante. Come abbiamo visto, le istituzioni comunitarie non sono vincolate alle decisioni del Mediatore. E del resto, anche il semplice chiarimento delle rispettive ragioni, prodromico a un’azione giudiziaria, o l’accertamento che l’amministrazione ha operato correttamente, rispondono adeguatamente a una richiesta di giustizia. È indubitabile che l’operato del Mediatore stia migliorando qualitativamente. Oggi, oltre i due terzi dei reclami irricevibili sono indirizzati all’organo competente. Il problema più grave rimane l’alto numero dei 52. Ai fini di quest’analisi possiamo considerare come decisioni favorevoli al cittadino le conciliazioni, le questioni risolte dall’istituzione, le osservazioni critiche, i progetti di raccomandazione e le relazioni speciali. 117 reclami inammissibili, ma si tratta per certi versi di un fenomeno inevitabile. Allo stato attuale, i contatti dei cittadini con le amministrazioni europee sono poco frequenti, e la percentuale dei reclami inammissibili sul totale sembra comunque in calo. Come può essere valutata l’istituzione del Mediatore nell’ordinamento comunitario? Una critica ricorrente afferma che l’introduzione di un ombudsman non vale a colmare il deficit di democrazia che affligge l’Unione europea. Ma quest’obiezione non riguarda l’oggetto della nostra indagine, e dovrebbe essere contestata anche per l’assunto di fondo sul quale è basata. Andrebbe verificato, come sembra invece implicito in questa posizione, se le condizioni di democraticità dell’ordinamento comunitario debbano necessariamente coincidere con quelle degli ordinamenti nazionali, questione sulla quale la dottrina politica e costituzionalistica non sembrano avere ancora una posizione precisa. Al contrario, l’introduzione del Mediatore ci conferma che anche in sede comunitaria la concezione condivisa del potere pubblico è in via di ridefinizione in senso democratico e partecipativo. 118