Guida Pastorale
per i
Superiori
Curia Generalis
Romae 2002
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INTRODUZIONE
N
el 1984, il Governo Generale, in risposta a una domanda
del XIX Capitolo Generale, ha pubblicato un opuscolo dal
titolo: Guida pastorale per i Superiori. Completava il Direttorio dei Superiori, in uso da quasi 15 anni. Il Direttorio dei Superiori riguardava gli aspetti giuridici e le procedure riguardanti i superiori; la Guida pastorale intendeva offrire indicazioni su altri aspetti,
quali le dimensioni spirituali e pratico-pastorali.
Dopo la pubblicazione dell'edizione del 1984, il contesto nel
quale si vive e si lavora è cambiato notevolmente. Nel 1999, i (vice)provinciali nuovi eletti chiesero al Governo Generale di pensare
seriamente a pubblicarne una nuova edizione. Le Visite Generali
hanno confermato questa esigenza.
Inoltre, negli ultimi vent'anni, sono nate nella Congregazione diverse nuove strutture. Per esempio, le assemblee regionali, gli
incontri regolari dei superiori regionali, la cooperazione tra le province sulle priorità regionali, le assemblee provinciali, le comunità
internazionali, gli apostolati regionali condivisi, i seminari comuni
interprovinciali, sono divenute tutte realtà comuni della vita quotidiana della Congregazione.
Per tutte queste ragioni, è sembrato bene al Governo Generale di offrire alla Congregazione questa nuova edizione della Guida
pastorale per i superiori. Prende come punto di partenza il testo del
1984. Tuttavia si tratta di un testo completamente nuovo, con un
formato diverso. Speriamo sia utile ai Superiori.
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Questo testo non è un nuovo documento legale, che elenca
i doveri, gli obblighi e le responsabilità dei superiori. La forza di
legge riguardante queste materie deriva solamente dai documenti
citati e non dalla Guida pastorale. Speriamo che questa Guida possa
contribuire al rinnovamento attuale della nostra vita religiosa, radicata nelle Costituzioni e Statuti. Speriamo soprattutto che possa
aiutare i superiori nel loro impegno per capire e compiere i doveri
pastorali della loro carica.
Che Cristo Redentore ci benedica nel compimento della nostra missione!
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CAPITOLO 1
UNO STILE REDENTORISTA DI AUTORITÀ ET DI ANIMAZIONE
Ogni congregato e ogni comunità, ciascuno nella sua sfera di azione,
deve prendere parte attiva e responsabile nei vari settori e nelle varie
strutture in cui si organizza il Governo della Congregazione. "A ciascuno infatti è data una manifestazione particolare dello Spirito per
l'utilità comune" Costituzione 92.
I.
L
Introduzione
a nostra professione religiosa è l'atto definitivo che ci fa Redentoristi (cfr. Cost: 54). La Costituzione 35 stabilisce chiaramente che nella comunità tutti sono uguali e tutti sono compartecipi
e corresponsabili, ciascuno a suo modo, nel porre in atto la vita e la missione
intrapresa. Questo è fondamentale per comprendere la nostra autorità e la nostra responsabilità redentorista. Questo è il quadro nel quale comprendiamo ciò che è un superiore.
I superiori possono essere stati designati in diversi modi (elezioni, nomine}. Tuttavia la loro autorità deriva dalle Costituzioni e Statuti approvate dalla Chiesa. Sono stabiliti in ordine gerarchico – superiori locali,
superiori regionali, superiori (vice)provinciali, superiore generale.
Hanno il potere di governare (Cost: 100). Tut-tavia, secondo le nostre
Costituzioni e Statuti, i superiori non sono né monarchi assoluti né co3
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mandanti in capo delle nostre comunità. Il modello che è alla base
dell'autorità è quello proclamato da Gesù nei Vangeli: se qualcuno vuole
essere grande tra di voi, sia il vostro servo (diàkonos - cfr. Mc 10, 43; Mt 20,
26; Lc 22, 26). Nelle nostre strutture di autorità, i superiori devono
servire i confratelli ed esercitare su di essi la loro autorità osservando i
principi e lo spirito proposti nelle nostre Costituzioni e Statuti.
Non è facile definire lo stile. Tuttavia esiste uno stile percettibile di
autorità e di animazione proprio a tutti i superiori redentoristi.
Comprende un certo spirito, un'aattitudine, un modo di vedere le cose, così
come un modo di agire e di comportarsi. Tutto questo dipende molto
dalla capacità dell'individuo a farlo proprio. La personalità del superiore, il suo carattere, ciò che ama o detesta, segnano il suo stile. Alcuni possono farlo proprio più facilmente e in una maniera più efficace di altri. Nessun superiore però lo deve ignorare e dispensarsi di
servire la comunità secondo lo spirito delle Costituzioni e Statuti.
II.
Principi base
L'autorità e l'animazione esercitate dai superiori Redentoristi
devono rispettare alcuni principi di base (cfr. Cost. 91). Questi
devono ispirare tutto il governo della Congregazione per dare una dimensione umana e apostolica alle norme sancite nelle stesse Costituzioni e Statuti. Questi principi costituiscono ciò che noi chiamiamo lo
stile dell'autorità e l'animazione in questa Guida pastorale.
A. L'autorità per la missione (Cost. 1-2; cffr. 54, 97, SG. 091)
La Congregazione esiste in vista di una missione, espressa dalla Vita
Apostolica: questa vita apostolica che fonda insieme la vita di speciale consacrazione a Dio e l'attività missionaria dei Redentoristi (Cost. 1). Le comunità
sono stabilite e strutturate in maniera tale da servire e rispondere ai
bisogni della missione. Di conseguenza il principio fondamentale e
generale che regola ogni autorità e ogni forma di animazione nella
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Congregazione è la missione. Queste nozioni fondamentali impregnano tutte le nostre Costituzioni e statuti.
Essere nominato superiore non è né una ricompensa né un modo
per rendere onore a un confratello. È semmai un invito a servire
che un confratello riceve in vista del progresso della missione, della
Congregazione e della vita religiosa nella comunità.
B. Corresponsabilità (Cost. 92; cfr. 35, 72, 98, 124)
Un altro principio base che regola la missione della Congregazione è
la corresponsabilità. Tale principio dichiara che ogni Redentorista è
corresponsabile del lavoro di tutta la Congregazione e della sua missione. L'autorità suprema della Congregazione non è una persona o
un piccolo gruppo, ma il Capitolo (Cost. 98). Si riconosce così che
corresponsabilità significa che l'autorità è offerta a tutti i confratelli.
Il dinamismo missionario della Congregazione spinge tutti i confratelli a lavorare insieme come comunità. Lo Statuto Generale 049
dice: Lo Spirito Santo distribuisce doni e carismi per l’apostolato (cfr. 1 Cor
12, 1-30). Chi riceve tali carismi ha il diritto e il dovere di usarli a vantaggio
della comunità ecclesiale in comunione con i confratelli, specialmente con chi presiede. Sono questi che devono giudicare sull'aautenticità dei doni e sul loro buon
uso, non per estinguere lo Spirito, ma per esaminare ogni cosa e ritenere ciò che è
buono (cfr. 1 Tes 5,19; IGv 4, 1-7).
L'esercizio di questo principio a livello (vice)provinciale deve rendere evidente che tutti sono responsabili, anche se in maniera diversa.
Così a livello locale, non è solo il superiore responsabile della vita e
del benessere della comunità. Ogni membro della comunità condivide tale responsabilità e deve essere incoraggiato dal superiore ad
assumerla.
Il dialogo è essenziale per l'esercizio della corresponsabiltà. Sono
necessarie strutture per il dialogo. Gli incontri tra confratelli costituiscono una parte indispensabile della nostra vita (cfr. Cost. 98, 99,
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e SG. 089). Questi incontri possono essere tra i consiglieri e il superiore (cfr. Cost. 120, 131; SG. 0108, 0131 oppure riunioni comunitarie dove tutti i membri della comunità vi prendono parte per discutere sulla loro vita apostolica (cfr. Cost. 136), oppure assemblee e
capitoli a livello provinciale (cfr. Cost: 98).
Vi sono dei tempi privilegiati nei quali si esercita la corresponsabilità: 1) riunioni di comunità; 2) visite provinciali; 3) assemblee provinciali; 4) capitoli provinciali; 5) incontri regionali o di settore; 6)
incontri tra superiori e loro consiglieri; 7) visite generali; 8) capitoli
generali.
Molto di quanto è richiesto nelle Costituzioni e Statuti sulla corresponsabilità è fondato sul concetto di una obbedienza attiva e responsabile. La Costituzione 72 ricorda ai superiori: Li guidino in modo
che essi cooperino con obbedienza attiva e responsabile all 'adempimento dei loro
compiti e nel dare vita a nuove iniziative. (cfr. Cost. 71-75). Un'obbedienza
attiva e responsabile è il segno di un Redentorista adulto e ben formato.
C. Il decentramento e la sussidiarietà (Cost. 93 e 94)
Due conseguenze della corresponsabilità sono i principi di decentramento e di sussidiarietà. Il decentramento è descritto nella Costituzione 93: Perciò ogni settore della Congregazione, seguendo i sani principi
del decentramento e le direttive del Governo generale deve regolare le proprie
competenze sia emanando leggi e decreti e curandone l'osservanza, sia coordinando la vita dei congregati in comunione con le altre parti dell'Istituto, con la
Chiesa locale e con la società in cui è inserita. L'autorità nella Congregazione è concepita come ripartita nelle diverse unità.
Il decentramento presuppone la nozione che il potere e l'autorità
nella Congregazione non si concentrano in una sola persona, neppure in un solo ufficio. Potere e autorità sono ripartite e condivise.
Si trovano nel Governo Generale e nelle altre unità, dove i confratelli vivono e lavorano. Questi ultimi conoscono con maggior chia6
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rezza le necessità dell'apostolato negli ambienti e nei contesti culturali dove si trovano a vivere. Le autorità superiori debbono rispettare le
attività e le decisioni prese dalle autorità inferiori (cfr. SG. 0100). Tutto
questo ci conduce al principio fondamentale seguente, contenuto nelle
nostre Costituzioni e Statuti, quello della sussidiarietà.
La sussidiarietà è intimamente legata al decentramento. Questo principio afferma che, per quanto possibile, le decisioni dovranno essere prese da coloro che sono maggiormente impegnati e i più direttamente
interessati a tali decisioni. Non possiamo essere realmente responsabili
della vita e del lavoro della Congregazione, o di qualsiasi altra unità o
comunità, se tutte le decisioni riguardanti la vita e il lavoro vengono
semplicemente imposte dall'alto.
La Costituzione 94 afferma che Tutti gli organi di governo, secondo i principi della sussidiarietà, devono promuovere il senso di responsabilità nei singoli e
nelle comunità. Ciò si verifica quando tutti i congregati e organismi di base
prendono parte attiva nelle decisioni che li riguardano e che sono in grado di
attuare coi propri mezzi. Gli organismi superiori devono sempre aiutare quelli
inferiori secondo il bisogno.
Presi insieme, i principi di decentramento e di sussidiarietà implicano il
rispetto per le persone che sono direttamente responsabili di un certo
settore della nostra missione. Ordinariamente l'autorità superiore non
interviene nelle decisioni di un'istanza subordinata e non ostacola le
decisioni prese a un livello inferiore, senza motivi seri per intervenire.
Tuttavia si possono verificare situazioni nelle quali l'autorità superiore
ha il dovere di intervenire. Tali interventi devono essere fatti in vista
del bene comune e dopo aver consultato il consiglio relativo ed aver
ottenuto il suo consenso (cfr. SG. 0100).
D. La solidarietà (Costituzione 95)
La solidarietà afferma l'unità fondamentale che si trova nel cuore
della nostra vocazione Redentorista. La Costituzione 95 afferma Si
segua il principio della solidarietà per arrivare a una vera cooperazione tra gli
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organismi paralleli e tra gli stessi congregati. Il principio di solidarietà è
essenziale per qualsiasi organizzazione decentrata, se i membri vogliono proteggere la loro unità.
Il decentramento può essere un pericolo per la Congregazione. Se è
esagerato o preso isolatamente dagli altri principi fondamentali che
governano l'esercizio della autorità nella Congregazione, può condurre ad una visione errata della Congregazione vista semplicemente come la somma di diverse parti. La Congregazione non è una federazione di unità indipendenti o quasi indipendenti; e queste unità
non sono a loro volta, federazioni di case canoniche indipendenti o
quasi indipendenti. Il principio di solidarietà afferma la nostra fondamentale unità come una famiglia religiosa. Nessuno tra noi è anzitutto membro di una certa unità e solamente dopo membro della
Congregazione. È esattamente il contrario: i confratelli sono anzitutto Redentoristi e solamente in un secondo tempo sono membri
di una certa provincia, viceprovincia o regione. Questo non esclude
che ogni confratello abbia in particolare le responsabilità della sua
unità e della sua comunità locale.
Per quanto riguarda l'intera Congregazione, lo Statuto Generale
0120 precisa che // Governo Generale esprime l'unità di tutta la Congregazione che deve tutelare, rinsaldando il nesso organico tra le singole partì.
Noi siamo dei confratelli sparsi nel mondo, responsabili gli uni degli
altri, interessati gli uni e gli altri, preoccupati di ciascuno, condividendo le preoccupazioni, i problemi, le necessità economiche e personali degli uni e degli altri. I Redentoristi non possono permettersi
di diventare eccessivamente provinciali nella loro visione. Devono
avere sempre la coscienza della presenza universale della Congregazione e della nostra fondamentale unità come fratelli in Cristo e figli
di Sant'Alfonso nel mondo intero. La comunione e la partecipazione devono essere per noi degli autentici valori.
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La Costituzione l41 afferma che: Ogni (vice)provincia svolge la sua attività
missionaria secondo le esigenze delle persone e dei luoghi, ma deve farlo collaborando sempre con tutta la Congregazione per dar modo ai più forti di aiutare i
più deboli. Lo SG. 011 aggiunge: Per rispondere alle istanze della Chiesa
ogni (vice)provincia deve chiedersi, se sia possibile cooperare con le province che
già lavorano in terre di missione, sia inviando loro uomini e mezzi, sia fondando
nuove missioni.
La solidarietà ci porta a condividere le risorse tra le comunità più
ricche (o più grandi) e le più povere (o più piccole). Per far questo,
ogni unità sceglierà e organizzerà modi e mezzi concreti. Lo Statuto
Generale 0198 stabilisce al riguardo che Comunità e (vice)province si
aiutino volentieri a vicenda sul piano economico e, per quanto è possibile, vengano incontro coi propri beni alle necessità della Chiesa e al sostentamento dei poveri, fermo però restando lo SG. 0193.
È un bel esempio di solidarietà quando i superiori di diverse province guardano oltre le necessità delle proprie unità allo scopo di
stabilire delle priorità regionali. Si tratta di iniziative apostoliche che
i superiori di una regione ritengono di tale importanza che, se una
certa unità non è in grado per qualche ragione di mantenerle, le altre
unità s'accordano di condividerne le responsabilità. Altri esempi di
solidarietà sono i programmi di formazione inter-provinciali, quali il
noviziato in comune o le case di studio. Queste sono espressioni
concrete della Costituzione 142: Quando alcune (vice)province devono affrontare problemi similari, specialmente in materia di apostolato o di formazione, è molto vantaggioso che tali problemi siano proposti e discussi in comune...per
trovare una soluzione comune. Lo Statuto Generale 0185 aggiunge: Non
bisogna insistere troppo sulla divisione territoriale delle (vice)province, ma favorire piuttosto le iniziative comuni.
E. Flessibilità e adattabilità (Costituzione 96)
I principi di flessibilità e di adattabilità derivano dal primo principio
descritto prima: che il governo nella Congregazione è per la missio9
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ne. La Costituzione 96 afferma che La Congregazione, conservando sempre il proprio carisma, deve adattare le sue strutture e istituzioni alle esigenze
del ministero apostolico e a quelle peculiari di ogni missione. Le comunità
possono essere diversamente strutturate nelle diverse parti della
Congregazione. Questo è legittimo e necessario.
Una istituzione dinamica è capace di esprimere la propria identità e
di compiere la sua missione in epoche di cambiamenti e in culture
diverse. Pur rimanendo fedele al proprio carattere essenziale e alle
proprie tradizioni, diventa parte della vita di un popolo. Le istituzioni che non si adattano non hanno più alcuna ragione di essere e
rimangono isolate dal popolo che dovrebbero servire. Quasi sempre
sono destinate a sparire. Non si tratta di un cambiamento per il
cambiamento, ma è una risposta dinamica a nuove situazioni, pur
conservando i tratti essenziali della propria identità.
I principi di adattabilità e di flessibilità evidenziano l'appello lanciato
a tutti i Redentoristi ad essere sensibili ai bisogni dei popoli ai quali
sono al servizio e di rivedere, con creatività, i loro metodi pastorali e
lo stile di vita della propria comunità. Per esempio, il rispetto che
portiamo verso le espressioni religiose culturali ci ha permesso un
buon risultato nelle devozioni popolari, accompagnando la gente e
imparando da essa. Di fatto la Congregazione è al servizio di molti
grandi santuari del inondo.
Come per il decentramento, la comprensione dei principi di adattabilità e di flessibilità può comportare dei rischi. Questo può capitare
quando un individuo mette i propri interessi personali al di sopra
del bene della missione. Può anche accadere quando una comunità
intende la flessibilità come assenza oppure il minimo di strutture per
la vita religiosa.
La Costituzione 134 ci offre un esempio dì sussidiarietà e di flessibilità: La (vice)provincia, per rendere più efficiente il suo apostolato, gode di ade-
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guata libertà e potere per adattare il suo modo di vivere alle esigenze missionarie
locali.
F. Collegialità
Un ultimo principio che regola l'esercizio dell'autorità e dell'animazione dei superiori nella Congregazione è la collegialità. Questa è
descritta nella Costituzione 100 : I Capitoli e i superiori hanno la potestà
ricevuta, per ministero della Chiesa, per governare...Ma i superiori devono esercitare questa potestà in uno spirito di collegialità, insieme con i consiglieri, che
rappresentano la partecipazione della base al governo. La collegialità è fondamentale per la comunità Redentorista: una comunità di fratelli che
lavorano insieme e condividono la loro vita.
Anche se, come norma generale, le decisioni finali spettano al superiore, è altrettanto vero che i superiori non sono isolati nel processo
per arrivare alla decisione. Hanno consiglieri che condividono la
responsabilità e la carica dell'ufficio. Lo Statuto Generale 0106 nota
che i consiglieri possono esigere dal superiore che le riunioni si tengano nel tempo
dovuto; che siano trattati argomenti di loro pertinenza e che possano esaminare
quanto per diritto è sottoposto alla loro ispezione.
Le Costituzioni e Statuti, cosi Come il Direttorio dei Superiori indicano
quando un superiore è obbligato a chiedere il parere dei suoi consiglieri e il modo di farlo. Tuttavia, lo spirito di collegialità va al di là
delle norme legali. Comprende un desiderio vero di condividere la
responsabilità e di cooperare con gli altri a tutti i livelli della nostra
vita, tale condivisione contribuisce alla maturità umana e spirituale di
tutti. Diventa il criterio di discernimento in comunità. Il ruolo del
superiore è quello di unire i confratelli in uno spirito di collegialità,
dove ciascuno può essere ascoltato. Insieme ascoltano la voce dello
Spirito e cercano di prendere, come comunità, le decisioni necessarie.
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Conclusione
Nell'esercizio dell'autorità al servizio dei confratelli, i superiori
sono vincolati da norme precise. Queste norme non intendono
annullare la loro autorità, ma la strutturano in un modo definito,
affinché il governo consenta a tutta la comunità di condividere la
responsabilità della missione. Nella Congregazione, il governo è
collegiale e flessibile; lo si esercita nella solidarietà con i Redentoristi sparsi nel mondo, preoccupati della corresponsabilità di tutti
i confratelli nella missione che ci è stata affidata.
Un superiore Redentorista è un confratello tra gli altri, al quale
viene richiesto un servizio indispensabile e spesso difficile. È
chiamato a guidare e a proporre – compiti difficili oggi. I principi
fondamentali descritti sopra, forniscono il quadro entro il quale si
esercita l'autorità nella Congregazione.
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CAPITOLO 2
IL RUOLO DEL SUPERIORE
Lo Spirito Santo distribuisce doni e carismi per l'apostolato. Chi riceve tali carismi,
ha il diritto e il dovere di usarli a vantaggio della comunità ecclesiale in comunione
con i confratelli, specialmente con chi presiede. Sono questi che devono giudicare sull'autenticità dei doni e sul loro buon uso, non per estinguere lo Spirito, ma per esaminare ogni cosa e ritenere ciò che è buono.
I.
Il superiore come pastore
P
er comprendere il ruolo del superiore nella nostra Congregazione, occorre approfondire il significato del termine pastore nelle
Costituzioni (Cost. 126, 139). Questo ci conduce ad iniziare
questa riflessione sui doveri del superiore guardando all'immagine del
Buon Pastore.
In Giovanni 10, 1-18, l'evangelista paragona la vera preoccupazione di
Gesù per Israele con gli inganni dei responsabili religiosi del tempo.
Come un pastore compassionevole e fedele, il suo modo di guidare il
gregge comprende anche la volontà di morire per le pecore (v. 11; cfr. I
Sam 17, 34-35). Il Vangelo di Giovanni unisce la missione e la morte di
Gesù al suo ruolo di pastore, usando idee che rimandano a Ez 34,
11.16, 23-24 (cfr. l'immagine del pastore martirizzato in Ez 13, 7; Mc
14, 27). Molte rappresentazioni primitive del Cristo nelle catacombe di
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Roma lo mostrano come pastore piuttosto che come il Salvatore crocifisso.
Nella Chiesa primitiva l'immagine di Gesù quale pastore e custode delle
anime (1 P 2, 25) diventa un simbolo per descrivere il compito dei suoi
capi. Si desiderava che la loro vita e le loro attività fossero a immagine
di quelle di Gesù (1 P 5, 1-4; He 13, 17. 20-21), Si insegnava ai capi a
prendersi cura del gregge (1 P 5, 2). I titoli che gli si attribuivano, presbyteros o episkopos, sono direttamente legati al lavoro del pastore (cfr per
esempio, Atti 20, 28-29; 1 P 5, 2-3)
Il pastore è il centro dell'unità. Le pecore si riuniscono attorno a lui.
Colpisci il pastore e le pecore saranno disperse (Za 13, 7). Il pastore fa veramente parte del gregge. È intimamente legato alla sua vita e al suo benessere. Conosce le sue pecore e le chiama ciascuna per nome. Le pecore lo seguono perché conoscono la voce del loro pastore (Gv 10, 4).
Questo stile di responsabilità è diverso dallo stile del capo repressivo. Il
lavoro del pastore e qualsiasi tipo di autorità provengono chiaramente
dalla nozione di servizio (cfr. Lc 22, 25-27): Io sono in mezzo a voi come
colui che serve (Lc 22, 27; cfr. Gv 13, 2-15). Coloro che sono costituiti in
autorità non esercitano un potere autoritario su coloro che gli sono
sottoposti, ma ne divengono i modelli (1 P 5, 3). La funzione del pastore è quella di essere al servizio delle pecore; le pecore non sono là
per il pastore.
Essere superiore nella Congregazione non è mai un mestiere, proprio
perché i superiori sono dei pastori e non dei valletti che controllano regolarmente le óre di servizio. I superiori sono chiamati all'amore per i loro
confratelli e ad aiutarli ad amarsi vicendevolmente. Il Padre li ama soprattutto perché donano la loro vita in tutto ciò che fanno per i confratelli.
In quanto pastore, il superiore conserva il suo gregge unito, mantenendo i confratelli incentrati sulla missione della Congregazione. Al di
là di ogni altro ruolo specifico di amministrazione, la sua fondamentale
responsabilità nei confronti dei membri della comunità è quella di aiu14
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tarli a vivere abbondantemente il carisma Redentorista. Il Vangelo di
San Giovanni, al capitolo 21, mette bene in rilievo la relazione tra l'amore del Cristo e la missione degli apostoli: Simone, figlio di Giovanni mi
ami tu?...pasci le mie pecore. Lo stesso S. Alfonso segnala questo testo (secondo il commento di S. Giovanni Crisostomo) quando tratta del fine
missionario della Congregazione. In quanto pastore, il ruolo chiave del
superiore è quello di manifestare l'amore del Signore tra i confratelli.
II.
Il superiore come animatore
Spesso si attribuisce al superiore il ruolo di animatore; un termine difficile da comprendere in alcune lingue. Che cosa significa?
Il termine animatore suggerisce l'immagine di uno che ispira, spinge all'azione; è una fonte di energia che alimenta la provincia o la comunità
locale. Anche se la realtà è meno vistosa, l'animazione della comunità è
un servizio essenziale del superiore.
I leaders veramente carismatici sono rari. Anche se tra di noi ce ne sono,
sono sempre necessari dei capi che, anche se meno trainanti, possono
influire sulla capacità di un gruppo a operare bene e ad ottenere buoni
risultati. Questo tipo di capi contribuisce a tradurre grandi idee in realtà
concrete. Sa come far emergere buone idee dagli altri. Può anche non
avere le proposte più creative sull'ordine del giorno della comunità o sul
suo lavoro pastorale. Tuttavia, è capace di ascoltare gli altri e creare un'atmosfera dove le idee possono venire fuori. Tali capi spesso sono
meno apprezzati, ma non per questo sono meno importanti.
In quanto animatore, il superiore è il guardiano della visione Redentorista; indica le esigenze della nostra vocazione, sforzandosi di coinvolgere
tutti nella corsa. Il superiore tiene davanti a lui il fine della Congregazione; aiuta gli altri a fare lo stesso. La vocazione e la visione Redentorista
danno senso a ciò che fa. Nulla attira un gruppo più di un sogno, una
visione chiara o un fine nobile. La missione della Congregazione è la
lente d'ingrandimento attraverso la quale vede tutti gli aspetti della vita
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della comunità, comprese le crisi. La conoscenza della nostra storia, con
in più l'entusiasmo per la nostra vocazione nel presente, conferisce al
superiore l'energia necessaria per essere creativo e fedele nel rispondere
ai bisogni della comunità, della Chiesa e del mondo.
Il superiore cerca di trasmettere una presa di coscienza della missione, che
dona valore ai compiti quotidiani e nutre il senso del dovere. Nello sforzo
per mantenere una visione, il superiore stimola gli altri a dimenticare i
propri interessi personali, per darsi essi stessi alla missione della comunità.
Il superiore condivide la parola di Dio con i suoi fratelli nella comunità.
Rimane vicino ai suoi confratelli, soprattutto nei momenti difficili. Si
interessa alla preghiera dei confratelli; cerca i mezzi affinché la sua comunità possa diventare, per le altre, testimone della sua preghiera e della sua riflessione spirituale. Il superiore ha grande cura di offrire tempi
di dialogo tra i membri: messe di comunità concelebrate, giornate di
ritiro mensile, ricreazioni comuni, ecc. Non dimentica che la stessa
comunità deve cercare modelli adeguati per la ricreazione. Questa infatti è un mezzo importante e necessario per promuovere la vita comune. Conosce personalmente ogni confratello. Secondo quanto è
detto nell'edizione del 1984 della Guida Pastorale: Il Superiore deve conoscere
i confratelli, non soltanto di nome, oppure non soltanto come nei "tempi antichi",
quando può darsi siano stati studenti insieme, ma come sono oggi, con la loro personalità 'hic et nunc '.
III. II superiore come amministratore
Un'altra dimensione di responsabilità del superiore è il suo ruolo di
amministratore. Il miracolo del pane e dei pesci, descritto nel Vangelo
di Marco (6, 35 ss), offre una ricca prospettiva sull'amministrazione.
La scena descritta nel testo, pone un problema. La folla che ha seguito
Gesù si trova in un luogo deserto e si sta facendo tardi. Non hanno
mangiato nulla da un bel po' di tempo. Gli apostoli sono preoccupati.
Vi sono diverse soluzioni a problema.
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La folla può essere congedata, affinché possa andare ad acquistare il
necessario nei villaggi o presso qualche contadino dei dintorni. È la
soluzione proposta dagli apostoli. Ognuno doveva prendersi cura di se
stesso. D'altra parte, gli stessi apostoli possono sfamare la folla. È la
soluzione che gli apostoli hanno pensato inizialmente che Gesù proponesse loro, ma che rifiutarono fermamente: Dobbiamo andare noi a
comprare duecento denari di pane e dar loro da mangiare? Intanto Gesù prende
la faccenda in mano e invita gli apostoli ad organizzare la folla in piccoli gruppi. Con molto poco dona cibo in sovrabbondanza e nutre tutti e
ciascuno. Le prime due soluzioni sono presentate per sottolineare la
terza, che viene presentata come la sola vera risposta alla fame della
folla.
È importante notare che gli apostoli sembrano costituire una categoria
a parte dal Cristo e dalla folla, ma senza essere completamente separati
gli uni dagli altri. Sono gli apostoli, su invito di Gesù, ad organizzare la
folla in gruppi: costituiscono una comunità. Sono gli apostoli a distribuire ciò che il Cristo dona loro. Nutrono i gruppi servendoli. In un
modo molto realistico, si può affermare che gli apostoli sono resi responsabili con il Cristo nel ministero.
Gesù risolve un problema che a prima vista sembra insormontabile.
Ciò che gli apostoli non avrebbero in alcun modo potuto fare da soli,
la fanno facilmente in unione con il Cristo all'interno del ministero.
Occorre anche notare che, come in molti miracoli del Signore, quanto
viene prodotto e molto più abbondante di quanto serva per rispondere
ai bisogni o per compiere una determinata azione. I diversi simboli della benedizione del pane e i dodici canestri di pezzi raccolti alla fine indicano il senso escatologico e eucaristico del testo. Il significato per ogni
Redentorista dovrebbe essere chiaro: in Lui è l'abbondante redenzione.
I superiori sono chiamati a prendere la parte nella soluzione dei problemi che riguardano la Congregazione. Non ci si attende certo che
agiscano da soli o che possano risolvere i problemi soltanto con i loro
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doni e talenti. Come uomini di fede, obbedienti al Signore, al servizio
degli altri, amministrano la presenza salvatrice e direttrice di Cristo nella Congregazione. Come dice la Costituzione 23: congregati, chiamati a
continuare la presenza e la missione redentrice di Cristo nel mondo, fanno della sua
persona il centro della loro vita, sforzandosi di aderire a lui sempre più saldamente.
Così è presente nel cuore della comunità lo stesso Redentore col suo Spirito di amore
per formarla e sostenerla. Quanto più stretta è la loro unione con Cristo, tanto maggiore sarà la loro unione reciproca.
Come pastori, i superiori cercano di conoscere le necessità di quanti gli
sono affidati. Quali animatori, si sforzano di condurre la comunità verso i mezzi più ricchi e completi per svolgere la loro missione nella
Chiesa. E come coordinatori, organizzano le comunità in modo da
rendere i loro confratelli efficaci nel loro lavoro, fedeli alla loro consacrazione e dediti alla vita fraterna.
Il servizio dei superiori, nell'organizzare le comunità Redentoriste, è un
esercizio essenziale del loro ministero come capi nella Chiesa. Né i superiori, né le comunità individuali, possono esistere fuori del contesto
più ampio della Chiesa. Per la buona riuscita del nostro ministero, è
essenziale che i superiori siano bene informati circa le necessità e le
risorse della Chiesa locale. Devono conoscere il clero locale e assicurare che le nostre comunità divengano luoghi dove questi colleghi nella
vigna del Signore possono venire e sentirsi a casa propria.
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CAPITOLO 3
IL SUPERIORE (VICE)PROVINCIALE
Il superiore Provinciale deve essere nel suo ufficio un pastore, un animatore e un coordinatore di tutte le comunità e confratelli della Provincia, dando loro tutte le sue
energie per spronarli a vivere degnamente la loro vocazione; a intraprendere e proseguire coraggiosamente i lavori apostolici. Costituzione 126
I.
I
Introduzione
l superiore provinciale o viceprovinciale e i superiori regionali, che
esercitano i loro doveri di superiori maggiori in virtù di una convenzione speciale, hanno un ruolo vitale nella Congregazione. Questa
sezione della Guida riguarda i Redentoristi chiamati a questo ministero.
Quanto è stato detto finora sul servizio dei superiori in generale, si applica anche ai confateli che dirigono le province, le viceprovince o le
regioni.
La vita e il lavoro della (vice)provincia sono rafforzate quando il (vice)provinciale è animato dallo spirito e dalla visione delle Costituzioni e
Statuti. È stato scelto, prima di tutto, per promuovere la missione della
Congregazione. Il suo servizio ai fratelli, come pure il suo stile di vita
debbono essere ordinati a questo fine.
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Più che un semplice amministratore, il (vice)provinciale è un missionario, che rende i membri della (vice)provincia capaci di vivere pienamente la loro vocazione. In quanto superiore maggiore e ordinario della sua unità (SG. 0156), è chiamato ad agire come pastore, amministratore e animatore, al servizio di tuta la comunità (vice)provinciale.
II.
Principi generali
La Costituzione 125 dice che il superiore provinciale Come Moderatore
della Provincia e preside del suo Consiglio, ha il compito di dirigere e organizzare la
Provincia secondo le Costituzioni e gli Statuti Generali e particolari. Con il consiglio, il (vice)provinciale attua le decisioni e le priorità della provincia,
stabilite dal Capitolo (cfr. Cost. 98, 100; SG. 0140, 0141). Inoltre, egli e
il suo consiglio devono conoscere la situazione concreta, i problemi e
le sfide che la (vice)provincia e le comunità particolari affrontano (SG.
0155). Tutto ciò suppone la conoscenza della situazione della Chiesa
locale ed avere buone relazioni con gli ordinari del luogo.
L'unione del superiore (vice)provinciale con il suo consiglio è decisiva
per la coesione di tutta la (vice)provincia. È vero che ci sono esigenze
legali riguardanti la votazione e le distinzioni tra i casi in cui il superiore
è obbligato ad avere il consenso del consiglio e altri nei quali deve solo
chiedere il parere. Tuttavia, il superiore prudente saprà come promuovere il consenso tra i suoi consiglieri.
Il superiore (vice)provinciale è aiutato nell'animazione della provincia
anzitutto dai suoi consiglieri. È aiutato anche dal segretario della provincia (SG. 0170), che è anche il notaio e il cancelliere della curia (vice)provinciale, dall'archivista (SG. 0171) e dall'economo della provincia
(SG. 0172, 0173, 0174). Le unità responsabili di missioni ad gentes,
devono nominare un procuratore delle missioni (SG. 0176) che si occupi
efficacemente delle missioni.
Le Costituzioni e statuti prevedono un certo numero di segretariati in ciascuna (vice)provincia (Cost. 129, 133; SG. 0114, 0166). Questi organi
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consultativi sono previsti per dare forma istituzionale al principio della
corresponsabilità. In quanto tali, devono aiutare il (vice)provinciale e il
suo consiglio a compiere il loro dovere; e sono anche istanze alle quali i
membri della (vice)provincia possono far sentire la loro voce nel governo dell'unità. I segretariati non sono altre forme burocratiche. Sono
strutture che promuovono la solidarietà e la corresponsabilità nel governo della (vice)provincia. I segretariati possono diventare un grande
aiuto per i superiori, soprattutto quando il loro ruolo è ben definito e
che vengano sinceramente consultati.
Conseguentemente il superiore (vice)provinciale non è solo a portare la
responsabilità del governo della (vice)provincia. La corresponsabilità è
un principio fondamentale nelle nostre Costituzioni e Statuti; i superiori
saggi imparano ad essere animatori capaci di delegare e cercare con
rispetto l'aiuto dei loro confratelli nel compimento dei loro doveri.
III.
Problemi particolari
A. Disponibile
Un superiore è anzitutto un pastore per i suoi confratelli, prima di essere un leader e un coordinatore (Cost: 126). Come è già stato detto, deve sforzarsi di conoscere personalmente i confratelli e anche meglio
conosciuto da essi. Nelle province più grandi, questa può essere una
difficoltà. In questo caso bisogna creare delle condizioni di condivisione con i confratelli individualmente e con le comunità, sia formalmente
(p.e. assemblee provinciali), sia in modo informale (p.e. celebrazioni
provinciali o partecipazione a celebrazioni delle comunità locali).
Compito importante del (vice)provinciale è di fare regolarmente visite
informali alle comunità della provincia. Queste visite gettano le basi per
migliorare le relazioni e possono contribuire al buon esito delle visite
formali (canoniche) delle comunità locali. Il superiore (vice)provinciale, perché possa animare e organizzare la sua provincia, deve prima conoscerla. perciò, per
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favorire il dialogo, non solo accoglierà volentieri i confratelli che vanno da lui, ma
visiterà spesso le comunità per viverne la vita. (SG. 0155).
Questa disponibilità dei superiori ad ascoltare e ad assistere i confratelli, fa parte, sin dagli inizi, della nostra tradizione. Sant'Alfonso scriveva
in una lettera del 1774: lo ripeto. Quelli che si trovano lontani mi scrivano
quando ci sono difficoltà. Levatevi dal capo questa idea, che viene certamente dal
diavolo, di disturbarmi quando mi scrivete e venite a visitarmi. Piuttosto mi riempite
di gioia quando vedo che avete fiducia in me. State sicuri che lascio tutto da parte
quando mi trovo a consolare un confratelli e un figlio. Sono molto più interessato ad
aiutare uno dei mìei figli che a qualsiasi altra cosa, giacché questo è il bene che il
Signore vuole che io faccia finché mi trovo in questo ufficio.
B. Communicazione
È responsabilità del (vice)provinciale fare in modo che vi sia una comunicazione frequente ed efficace nella provincia, questo può essere
fatto attraverso lettere circolari che informino tutti i membri della provincia di quanto avviene, oppure nella forma di notiziario del provinciale, redatto e distribuito regolarmente. Molti (vice)provinciali fanno
buon uso della pagina Web su Internet e della posta elettronica, per
essere in contatto con i confratelli. È importante che la comunicazione
sia mantenuta a tutti i livelli della (vice)provincia.
C. Benessere personale
I membri della provincia devono avere i mezzi per conservare e progredire nella vita spirituale. Si raccomanda di conservare i ritiri spirituali
annuali per i confratelli dell'unità e di invitare i confratelli di altre unità
a condividere questo avvenimento spirituale. È anche vantaggioso servirsi delle risorse disponibili nella regione e di quelle offerte dal governo generale. Il superiore (vice)provinciale può contribuire molto incoraggiando uno stile di vita che comprenda la direzione spirituale, la celebrazione del sacramento della riconciliazione e i ritiri annuali. In questo campo è molto importane la testimonianza della propria vita. Il
superiore (vice)provinciale deve essere attento alla propria salute e al
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suo progresso, riservandosi tempo per la preghiera personale, lo studio, la fraternità e la ricreazione. Questa legittima attenzione è necessaria per adempiere efficacemente il proprio incarico.
D. Priorità pastorali
Il superiore (vice)provinciale è responsabile dell'attività pastorale della
(vice)provincia; è guidato dalla conoscenza del carisma della Congregazione e, più concretamente, dalle Costituzioni e Statuti. Poiché la Congregazione ha una missione particolare nella Chiesa, i Redentoristi non
sono affatto liberi di intraprendere qualsiasi lavoro apostolico. Ogni
provincia deve avere una lista di priorità pastorali stabilite dal capitolo
(cfr. Cost. 17). Se un confratello vuole intraprendere un "apostolato
personale", prima di assumerne la responsabilità, deve ottenere il permesso necessario. Questo è importante soprattutto nel caso si dovesse
firmare un contratto che preveda determinati obblighi alla comunità,
nel caso di malattia del confratello o di impossibilità di continuare nella
sua responsabilità. Le priorità apostoliche della (vice)provincia hanno la
priorità su qualsiasi impegno personale. La proliferazione di ministeri
personali ha causato, in un certo numero di unità, una serie di difficoltà
e di malintesi; i superiori maggiori devono procedere con prudenza
quando si tratta di dare questi permessi.
E. Formazione
Un altro settore di grande importanza è la formazione intellettuale e
professionale dei membri della provincia. Questa vale sia per la prima
professione, che per la formazione permanente dei membri (Cost. 82,
90; SG. 081, 082, 084). La formazione è sempre una delle più importanti priorità di ogni unità. È indispensabile che il superiore (vice)provinciale sia interessato e impegnato personalmente nel processo
formativo dei confratelli. Deve conoscere i formatori della propria provincia ed offrire ad essi le risorse di cui hanno bisogno per adempiere
bene la loro missione. Inoltre il superiore deve promuovere uno spirito
di studio permanente nella sua (vice)provincia con programmi sabbati23
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ci, seminari e altro, aperti a tutti i membri. Tali programmi si possono
realizzare a livello provinciale sia nelle comunità locali. Nell'adempimento di queste responsabilità, il superiore (vice)provinciale sarà aiutato dal segretariato per la formazione.
Le Costituzioni e Statuti stanno al cuore della nostra vita. Studiarle seriamente è profittevole per tutti. I superiori maggiori debbono organizzare programmi a questo scopo. Quando una unità manca di risorse necessarie per organizzare tali programmi, una Regione potrebbe offrirne
a beneficio di tutti. Questo sarebbe un eccellente esempio di solidarietà
e di corresponsabilità.
F. I superiori locali
All'inizio del triennio è necessaria una riunione di tutti i superiori locali,
affinché possano vedere esattamente quali sono i loro doveri e discutere su ciò che si può far per adempierli in ciascuna comunità. Questi
incontri possono essere ripetuti durante il triennio; possono essere utili
ai superiori locali per parlare tra loro delle sfide e confrontare le strategie per meglio animare le comunità locali.
G. Il benessere della provincia
I superiori locali hanno spesso bisogno del superiore (vice)provinciale.
Ciò può accadere per un problema pastorale o anche per un problema
personale quale difficoltà create da un confratello disordinato o comunque difficile. Il superiore (vice)provinciale deve cercare mezzi adeguati per preparare i superiori locali ad adempiere bene il loro servizio
di animazione.
Il superiore (vice)provinciale deve preoccuparsi dello stile di vita di ciascuna comunità, della manutenzione degli edifici e delle proprietà della
e della salute dei confratelli. Il superiore (vice)provinciale è responsabile
della stabilità economica della provincia e dei confratelli. L'economo
(vice)provinciale aiuta il (vice)provinciale in questo.
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H. I confratelli assenti dalla comunità
I confratelli che sono legittimamente assenti dalla comunità rimangono
sotto la responsabilità dei loro superiori (cfr. SG. 0211); conseguentemente deve essere previsto un regolare programma di comunicazione
affinché non si sentano isolati dai confratelli o, peggio, non si allontanino e non siano perduti per la Congregazione. Anche i confratelli illegittimamente assenti devono essere ricercati con sollecitudine e aiutati.
I confratelli assenti dalla comunità restano membri della Congregazione. La comunità può essere ritenuta responsabile degli atti da essi
compiuti. Tutta via il SG. 0212 recita che Quando tutti gli sforzi saranno
caduti invano, se non ritorna, sarà dimesso a norma del diritto. Questi casi sono
tra i più difficili e dolorosi che un superiore deve trattare, ma trascurarli
e non fare nulla conduce a gravi conseguenze per l'unità interessata e
anche per tutta la Congregazione.
I. L 'amministrazione dei beni temporali
Il superiore (vice)provinciale, per quanto riguarda l'amministrazione dei
beni materiali della provincia è guidato dalla legge comune della Chiesa
e dalla legge particolare della Congregazione. È sottoposto anche alle
norme che il capitolo (vice)provinciale può stabilire circa il possesso e
l'amministrazione dei beni temporali. Il capitolo determina i limiti entro
i quali i singoli superiori - tenuto conto delle disposizioni della Santa
Sede (SG. 0193) - possono spendere con o senza l'avviso dei loro consiglieri (SG. 0192, 0193, 0194). Le Costituzioni e statuti indicano chiaramente i limiti dell'autorità del superiore (vice)provinciale circa l'uso del
denaro. Occorre conoscere bene queste norme. Per esempio, la legge
della Congregazione specifica che il consiglio (vice)provinciale straordinario deve esaminare e approvare il bilancio annuale e la situazione
finanziaria dell'unità (SG. 0195).
J. Registri e archivi
Il registro dei verbali è molto importante. Il superiore (vice)provinciale
deve assicurarsi che i verbali di tutte le riunioni ufficiali dei consigli
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provinciali straordinari e ordinari siano in ordine. Ci deve essere sempre un processo-verbale ufficiale di tutti i voti e le decisioni prese. Data
la natura di certe informazioni, i superiori devono essere prudenti nella
tenuta dei verbali ufficiali e personali. Il governo (vice)provinciale deve
avere copia di tutti i titoli di proprietà registrate; devono essere facilmente accessibili quando sia necessario.
Il superiore (vice)provinciale è responsabile della buona conservazione
degli archivi della provincia; deve assicurare che la storia della provincia
sia scritta e conservata. La cura degli archivi fa parte dell'eredità e del
patrimonio della Congregazione; è vitale per le generazioni future.
Lo SG. 0163 esige che ogni anno sia inviata al Governo Generale una
relazione; deve presentare sinteticamente lo stato della (vice)provincia e
il bilancio finanziario. Fa parte dei compiti del superiore (vice)provinciale mantenere i contatti con il Governo Generale (SG.
0157, 0163, 01779. Deve anche mantenere i contatti con le altre unità
della Congregazione (SG. 0175, 0176) e con i vescovi delle diocesi dove lavora la (vice)provincia. Deve anche curare i rapporti con le autorità civili e sorvegliare sui regolamenti delle materie legali quando è necessario.
Mentre alcuni di questi contatti sono informali, altri invece sono formali. Il superiore (vice)provinciale deve conservare con cura i documenti di tutti gli accordi e dei contratti. I registri scritti sono essenziali
per una buona amministrazione. Per esempio, lo SG. 011d stabilisce
che Per rendere sempre più efficienti la loro collaborazione, i nostri superiori stipulino una convenzione con gli ordinari dei luoghi sui diritti e i doveri reciproci. Col
medesimo intento, si faccia un inventario preciso dei beni della Congregazione e di
quelli della diocesi. Questo vale anche per le convenzioni tra le province e
le viceprovince (cfr: SG. 090, 0175) o le regioni/missioni, così come i
contratti con gli ordinari del luogo (cfr. SG. 0200-0208). Una buona
conservazione dei registri scritti può prevenire malintesi e difficoltà.
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CAPITOLO 4
IL SUPERIORE LOCALE
Il superiore della comunità deve essere prima di tutto, un pastore spirituale; poi, rettore e amministratore. Il suo primo dovere è servire la comunità, perché sì formi e si sviluppi in Cristo e tutti uniscano le loro
forze per la diffusione del Vangelo. Deve sentirsi anche, in forza dell'ufficio, corresponsabile del bene di tutta la provincia.. Constitution
139
I.
Nozioni generali
C
ome la prima responsabilità del provinciale è la provincia,
così la prima responsabilità del superiore locale è la comunità locale e la sua missione. Deve essere un pastore, un amministratore e un animatore al servizio della comunità. La sua
principale responsabilità è aiutare la comunità a vivere pienamente
la propria vocazione redentorista. Il superiore incoraggia la comunità a promuovere lo sviluppo della persona umana, favorire le relazioni reciproche
e stabilire rapporti veramente fraterni. Ciò presuppone il più gran rispetto delle
persone e delle loro capacità e qualità, promovendo in tutti una maggiore maturità e responsabilità e offrendo ad ognuno la possibilità di scelte personali (Cost.
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36). Come amministratore, incoraggia e fortifica le strutture che uniscono i membri (SG. 030) al servizio dello spirito di comunione fraterna.
I confratelli delle comunità locali ordinariamente contano sulla responsabilità del superiore. Ci si aspetta che sappia guidare e condurre la comunità a vivere questa legge fondamentale della vita: essere una
comunità per la missione. Di fatto, l'animazione del superiore o la
sua mancanza, determinerà la qualità della vita religiosa dei confratelli e dei laici che partecipano al nostro ministero, e anche di quelli
che sono a contatto con la comunità.
I Redentoristi si aspettano che i superiori esercitino la loro autorità
in modo fraterno nel rispetto di ciascun membro della comunità. La
maggior parte dei confratelli desiderano partecipare alle decisioni
importanti che riguardano la loro vita e il loro ministero. Il superiore incoraggia questa volontà di impegnarsi nell'esercizio della corresponsabilità, in modo tale che nella comunità tutti sono uguali e tutti sono
compartecipi e corresponsabili, ciascuno a suo modo, nel porre in atto la vita e la
missione intrapresa (Cost. 35). Lo spirito di responsabilità significa che
il superiore locale non permette che lo si obblighi ad essere il solo
responsabile della vita della comunità.
Le comunità Redentoriste debbono essere comunità apostoliche nelle
quali tutti sono missionari (Cost. 55). Ciò significa che la comunità
stessa partecipa e accetta la responsabilità della missione affidatagli.
Anche se i ministeri possono essere divisi tra i membri della comunità, questa distribuzione non deve essere considerata come un'istituzione di territori separati, dei quali l'unico responsabile sia la persona incaricata.
I superiori locali stimolino attraverso il loro esempio. Le parole cadono nel vuoto quando non sono accompagnate da una pratica evidente. I superiori locali affermeranno la propria autorità con la dedizione ai doveri del loro ufficio, con la loro preghiera e con i sacrifici che compiono per il bene della comunità. È questo stile di go28
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verno che conserva e sviluppa per il meglio la comunità al servizio
di Dio.
Il superiore locale deve essere coadiuvato nel suo ufficio dai consiglieri (SG. 0181), dall'economo della comunità (SG. 0183) e dagli
altri ufficiali ordinari delle nostre comunità, quali il prefetto degli infermi,
degli ospiti e delle messe. Come per i superiori (vice)provinciali, un
superiore saggio incoraggerà la corresponsabilità dei membri della
comunità in tutti i modi possibili.
II.
Alcune direttive pratiche
A. Lavoro dì gruppo e comunicazione
I superiori locali sono uomini capaci di lavorare con gli altri. Questo
talento è particolarmente importante nelle situazioni in cui hanno
diverse responsabilità, quali rettori di comunità e parroco della chiesa. Giacché i doveri di un ufficio non li dispensano dagli altri, è importante saper delegare le responsabilità. Alcune unità normalmente
separano i due uffici, nominando un confratello per ciascun ufficio.
L'esperienza dimostra che questa situazione funziona bene quando i
due vanno d'accordo, sono sensibili alle necessità e ai doveri dell'altro e quando i due sono uomini di dialogo e di flessibilità.
I superiori locali debbono sforzasi ad essere aperti e onesti nei rapporti con i confratelli. Affrontano problemi e cercano di risolverli in
maniera franca e fraterna. Fanno il possibile per essere disponibili
verso i confratelli. In questo campo, prendono l'iniziativa per scoprire i bisogni dei confratelli, prima di aspettare che questi vengano
ad esporli. Alcuni non parleranno mai senza essere invitati. Nelle
situazione di conflitto nella comunità locale, il superiore compie il
primo passo per cercare la riconciliazione.
Il superiore deve trasmettere ai membri della sua comunità, presenti
o assenti, tutte le comunicazioni provenienti dai servizi del governo
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generale o (vice)provinciale. Se trascura questo, si impoveriranno e
diminuiranno le relazioni dei confratelli con la grande comunità Redentorista.
B. Preghiera comune
Il superiore locale si sforzi di essere un uomo d fede e di preghiera.
È il suo ruolo di pastore di fare in modo che la comunità preghi
insieme. Quand'è possibile, dovrebbe prevedere celebrazioni comuni dell'Eucaristia. Poiché il mistero eucaristico esprime e costruisce la comunità, si raccomanda vivamente la concelebrazione o la celebrazione comunitaria
(SG. 028).
Si richiede ai superiori locali di trovare mezzi adeguati per stimolare
la preghiera affinché la vita di preghiera della comunità sia viva e
sentita. Le comunità possono approfittare del giorno di ritiro comunitario. È necessario celebrare le grandi feste della Congregazione: SS. Redentore, Madonna del Perpetuo Soccorso, S. Alfonso e
degli altri santi e beati Redentoristi. Sono occasioni per rafforzare la
nostra identità redentorista e per condividere con i laici il nostro
spirito.
C. Cura per i malati e gli anziani
I superiori debbono provvedere ad avere una attenzione particolari
per i malati e gli anziani. Debbono far in modo che le persone non
restino isolate e abbandonate. Lo SG. 034 dice: / confratelli infermi e
gli anziani, oppressi qualche volta dalla solitudine, devono ricevere sempre particolari attenzioni e premure, specialmente all'avvicinarsi dell'ultima ora. Da
parte loro, i confratelli infermi, anziani o tribolati, sappiano seguire l'invito di
Cristo, abbracciando con fede generosa la loro condizione. La loro vita di preghiera, la loro esperienza, gli stessi servizi che sono ancora in grado di rendere,
possono costituire una fonte di ispirazione per i giovani.
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La cura dei malati e dei confratelli anziani non riguarda soltanto il
superiore locale. Egli deve coordinare le cure fisiche e spirituali.
Nelle grandi comunità, può incaricare allo scopo un confratello.
D. La correzione fraterna
Lo Statuto Generale 094 dichiara: I superiori... con ogni carità e prudenza
e fortezza, sappiano correggere i difetti (dei confratelli) specialmente quelli che
possono recare danno o disturbo alla comunità e all'attività apostolica. Nell'esercizio di questa responsabilità, i superiori dovranno avere una
grande carità, prudenti e forti. Si tratta di casi che fanno danno alla
comunità o alla missione apostolica, come gli abusi di alcool o di
droga, una cattiva condotta sessuale, gravi violazioni della povertà,
un uso imprudente del linguaggio nella predicazione, di temperamento aggressivo e cose simili. In questi casi, l'intervento del superiore può essere necessario. Lo scopo è sempre quello di aiutare il
confratello (Mt 18, 15). Le correzioni devono essere fatte anzitutto
privatamente. Si deve sempre seguire questa norma generale, mai
discutere in riunioni comuni di questioni personali, ma solo dei
problemi. Il superiore deve fare ogni sforzo possibile per aiutare i
confratelli in grandi difficoltà, e se occorre facendo sì che abbiano
un aiuto specializzato in caso di bisogno.
E. Riunioni comunitarie
Il superiore locale organizza le riunioni comunitarie. Si tratta di
tempi messi formalmente da parte per la comunità per studiare seriamente e discutere della propria vita in tutte le dimensioni (cfr.
SG. 0179). Non basta discutere sui problemi della comunità in maniera informale, come per esempio durante i pasti.
Le riunioni comunitarie sono come delle assemblee nelle quali ciascun confratello può esprimersi liberamente in un'atmosfera di rispetto e dove le differenze sono trattate fraternamente. Non è necessario che a presiederle sia sempre il superiore, ma deve essere
sempre chiaro prima chi si assumerà tale responsabilità. Vista l'im31
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portanza di queste riunioni, colui che le dirige deve essere competente per questo incarico.
Le riunioni comunitarie non sostituiscono le altre riunioni che il
superiore locale deve avere con i suoi consiglieri. Deve farle regolarmente una volta al mese. Se questo non si fa, / consiglieri possono
esigere dal superiore che le riunioni si tengano nel tempo dovuto (SG. 0106).
F. L'intimità della comunità
La Costituzione 45 dichiara che Ferme restando le norme sulla clausura, il
superiore legittimo deve determinare il modo e la misura in cui ogni comunità
può aprirsi agli estranei, riservando a se stessa uno spazio esclusivo. È una
fonte perenne di tensione nelle nostre comunità per determinare
fino a dove si può aprire la casa agli estranei. Idealmente si potrebbe
dire che le comunità dovrebbero trovare una soluzione equilibrata
tra l'eccessiva apertura e la chiusura completa agli estranei.
G. Finanze e i beni materiali
Il Superiore locale d'accordo con la comunità, stabilisce il bilancio
della casa. In alcune province, viene data a ciascuno una determinata somma per le spese ordinarie. Il denaro per le vacanze viene dato
in diversi modi.
Il superiore locale deve vegliare anche che la proprietà della comunità sia ben conservata. È importante per il benessere dei confratelli
e per il nostro ministero apostolico. Le nostre comunità devono
essere semplici e tenute bene, questa è una responsabilità di tutta la
comunità.
In molti casi, le nostre Costituzioni e statuti e la legge particolare della
(vice)provincia attribuiscono un ruolo all'economo della casa e ai
consiglieri per disporre dei beni della comunità. Si deve anche tener
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conto dei membri della comunità. Il superiore locale non è libero di
disporre dei beni della comunità come a lui piace.
H. I confratelli che vivono soli
Il superiore locale deve avere una particolare attenzione per questi
confratelli che, per ragioni personali o apostoliche, hanno il permesso di vivere fuori della comunità.
Lo Statuto Generale 026 stabilisce: Fanno parte della comunità di cui
parla la Costituzione 22 anche coloro che, per esigenze di apostolato, o per
mandato della stessa comunità, pur vivendo eccezionalmente soli, compiono un
lavoro comunitario. Lo Statuto 027 aggiunge: Superiori e congregati avranno
cura di ritrovarsi in tempi stabiliti coi confratelli di altre comunità. Ciò vale
principalmente per coloro che, per mandato della comunità alla quale rimangono
spiritualmente uniti, vivono e operano da soli.
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APPENDICE I
UN MODELLO PER FARE UNA VISITA (VICE)PROVINCIALE
I.
Introduzione
U
na visita provinciale permette al governo provinciale di conoscere i confratelli e la provincia. È un'occasione di condivisione fraterna, di incoraggiamento e di assistenza alle comunità
locali da parte del governo provinciale nell'esercizio del suo ministero
di guida. Come dicono i nostri statuti: // superiore (vice)provincìale, perché
possa animare e organizzare la sua (vice)provincia, deve prima conoscerla. Perciò,
per favorire il dialogo, non solo accoglierà volentieri i confratelli che vanno da lui, ma
visiterà spesso le comunità per viverne la vita, deve fare la visita canonica di tutta la
provincia almeno ogni tre anni. Il superiore provinciale visiterà periodicamente le
viceprovince. SG. 0155
II.
Preparazione
Prima dell'inizio della visita, 1 superiore locale con il suo consiglio,
prepara con i visitatori il programma della visita. La comunità dovrà
ricevere un avviso completo sugli incontri di comunità e di ogni altra
riunione che avrà luogo durante la visita
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Durante la visita
1. Ordinariamente la visita inizia con un incontro di preghiera: concelebrazione liturgica o altro.
2. In seguito ci sarà una riunione comunitaria per discutere
sul lavoro pastorale della comunità, la qualità della vita, e
ogni altra materia di interesse della (vice)provincia, comprese le questioni finanziarie.
3. Ciascun membro della comunità potrà incontrare individualmente i visitatori.
4. Il superiore locale organizzerà incontri con il consiglio pastorale locale, con i religiosi che lavorano in parrocchia e
con amministratori di scuola e gli altri gruppi che collaborano al lavoro della comunità.
5. La visita comprende anche l'esame dei registri della comunità e della chiesa, se la comunità ha la cura di una parrocchia. I registri della comunità comprendono le cronache
della casa, i libri delle messe, i verbali delle riunioni comunitarie e i libri parrocchiali.
6. Sui problemi finanziari, potrebbe essere utile avere un
membro del segretariato (vice)provinciale che visiti la comunità ed esamini i libri contabili prima della visita. Il rappresentante del segretariato economico preparerà in tal caso, una relazione per il governo, disponibile prima dell'inizio della visita.
7. La visita si può concludere formalmente o informalmente,
secondo il parere dei visitatori o del superiore locale.
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IV.
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La relazione e il dopo visita
Prima della conclusione della visita, il visitatore prepara una breve relazione e, possibilmente, la discute con la comunità. Copie della relazione possono essere distribuite ai membri della comunità; saranno incoraggiati ad utilizzarle per continuare la valutazione nelle riunioni comunitarie.
Al termine della visita, il Consiglio provinciale straordinario prende
visione delle relazioni, potranno servire per prendere decisioni future.
In seguito si potrà decidere qualche azione concreta col superiore locale, dopo la discussione del consiglio provinciale straordinario, su questioni riguardanti la visita compiuta.
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APPENDICE II
PROBLEMI CHE SORGONO NELLA COMUNITÀ ED
ESIGONO UNA POLITICA PROVINCIALE
(QUANTO SEGUE È TRATTO DA POLITICHE USATE IN
ALCUNE UNITÀ DELLA CONGREGAZIONE.)
I. Dipendenza da alcool e altri problemi di dipendenza
S
iamo coscienti che alcoolismo, tossicomania, l'eccesso alimentare
e l'abuso di medicinali, sono realtà del nostro mondo e della nostra Congregazione. Questi problemi affliggono profondamente
nostri confratelli che ne sono vittime, fisicamente, mentalmente e spiritualmente; compromettono anche una sana atmosfera nella comunità.
In più questi problemi compromettono seriamente le capacità degli
individui nelle loro relazioni con la comunità e la loro capacità di lavorare nella missione della Congregazione.
È vero che le reazioni culturali e sociali di fronte alla dipendenza, variano, ma nessuno può negare che tali problemi compromettono la vita
di nostri confratelli, quella della loro comunità e del popolo per il quale
lavorano. Ogni unità della Congregazione deve formulare una politica
capace di offrire mezzi di cura e di aiuto. Il primo scopo è quello di
liberare l'individuo e la sua comunità da questo malessere e da questa
sofferenza inutile, di ridare salute e dignità personale e permettere al
confratello, se possibile, di riprendere 1 suo ministero.
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Le politiche locali potrebbero prevedere i seguenti punti:
1. La maggior parte dei problemi di dipendenza sono problemi di salute e hanno bisogno di cure. Altri problemi
di dipendenza, quali dipendenza dalla televisione, dai
computer dall'Intemet o giochi con denaro, hanno bisogno di altri interventi e possono avere effetti indiretti
sulla salute dell'individuo.
2. I confratelli che soffrono per questi problemi possono
essere aiutati da interventi appropriati.
3. Per il bene dell'individuo e dell'unità, la condizione di
dipendenza deve essere diagnosticata e curata al più presto.
4. Idealmente la prima decisione di chiedere l'aiuto dovrebbe venire dall'individuo. Tuttavia i problemi di dipendenza riguardano il bene comune e la missione. Per
questo, un costante rifiuto di cercare una cura, richiede
l'intervento del superiore provinciale.
5. Quand'è possibile si rispetti la riservatezza per salvaguardare la dignità del confratello.
Durante o dopo la cura occorre pensare seriamente alla collocazione del confratello. Alcuni possono ritornare dove erano, altri avranno bisogno di cambiare, altri dovranno essere ritirati completamente
dal ministero.
È importante che l'unità sia al corrente della grande assistenza, effettivamente necessaria, fornita dai programmi continuati come Alcolisti anonimi. I confratelli devono essere incoraggiati ad unirsi a quei
programmi e a continuare l'associazione.
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II.
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Problemi di comportamenti sessuali devianti
La possibilità di un comportamento deviato da parte di un confratello, esige da coloro che hanno autorità una risposta sobria e seria.
Esempi di tali comportamenti sono le violenze forzate, l'esibizionismo, carezze e toccamenti, così come l'assillo sessuale. L'atto può
essere compiuto con un uomo o una donna, con un adulto, con un
minore o con un bambino. Questo comportamento, per la nostra
condizione pastorale di religiosi, comporta sempre una violazione
della fiducia. In molti casi è passibile di azione legale. Con un minore o un bambino, l'aspetto dello sfruttamento è particolarmente
grave, (gli abusi verso un minore, da qualsiasi punto di vista, sono ingiusti e
giustamente considerati crimini verso la società, è anche uno spaventoso peccato
agli occhi di Dio) Giovanni Paolo II, aprile 2002.
Lo sfruttamento, anche al di fuori di un comportamento sessuale
esplicito, può costituire un problema, quando si passino i limiti della
normalità ecco alcuni esempi:
Segni eccessivi di affetto, soprattutto verso un minore.
Relazioni, esclusive o segrete, soprattutto con un minore.
Uno scambio esagerato di regali, soprattutto nei confronti di
una persona che si dirige o si consiglia.
Stare frequentemente solo, o cercare motivi per esserlo (p. e. in
vacanza o in viaggio) con un minore.
Inoltre, oggi, ci possono essere abusi via Internet per la pornografia
infantile, in cui non esiste alcun contatto diretto con il bambino.
Occorre anche notare che in molti paesi quest'uso di Internet è illegale.
Gli abusi sessuali non sono problemi esclusivi del Nord America e
dell'Europa. Sempre più appaiono segni che dicono che questo
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problema si presenterà in molti paesi dove si trova la nostra Congregazione. Gli interventi di pastori, di politici, scritti e in protocolli
di intervento, aiuteranno a prevenire scandali e sofferenze inutili.
Come ha dichiarato il Papa Giovanni Palo II nel suo indirizzo ai
cardinali nordamericani: A causa del grande male di cui si sono resi colpevoli alcuni preti e religiosi, la Chiesa stessa è considerata con sospetto, e molte persone si sentono offese dal modo con cui, a loro avviso, i capi della Chiesa si sono
comportati in questa vicenda.
I responsabili della Chiesa e i (vice)provinciali, devono intervenire
per evitare altri danni e altri scandali. Verranno presentati protocolli
di intervento; devono comprendere le responsabilità pastorali della
Congregazione, le esigenze del Diritto Canonico, le Costituzioni e Statuti della Congregazione e gli obblighi degli individui di fronte alla
legge della regione. Di più queste politiche devono stabilire il modo
con il quale il (vice)provinciale esercita la propria autorità, riconoscendo la presunzione di innocenza e dell'inviolabilità del segreto
confessionale.
Le politiche debbono includere l'intervento (così come le condizioni
per la sospensione dal ministero pastorale), il trattamento e la posizione del confratello dopo il programma di cura. Le politiche scritte
devono anche menzionare le procedure da seguire per assistere la
vittima.
III.
Problemi relativi al cattivo uso del denaro della comunità
Il cattivo uso del denaro della comunità con frode o con furto,
quando avviene, deve essere affrontato con discussioni franche e
aperte. Che cosa deve fare un provinciale quando un confratello si
serve dei soldi della questua per intrattenere una relazione? Cosa
deve fare un provinciale quando scopre che un confratello ha accumulato forti debiti sulla carta di credito oppure è vittima della dipendenza dal gioco?
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IV.
Avere a che fare con confratelli difficili o che
non collaborano.
Può accadere che il superiore abbia bisogno di aiuti esterni per trattare con confratelli difficili e che rifiutano ogni tipo di collaborazione. Potrebbe essere necessario l'aiuto di psicologi professionisti, di
operatori sociali o di gruppi psicoterapeutici. Spesso questi confratelli sono vittime di problemi personali talmente profondi, da abusare irragionevolmente del tempo dei responsabili e mettono in crisi la
comunità dove vivono. A volte può essere utile sistemare questi
confratelli i centri di cura come la Casa Aberione a Guadalajara in
Messico, Southdown in Canada, Kedron in Irlanda o St. Luke Institute
negli Stati Uniti. Tuttavia non bisogna dimenticare che le vittime dì
disturbi seri della personalità, continueranno ad aver problemi anche dopo programmi intensivi di cura. In fin dei conti, l'unica soluzione sarebbe quella di non assegnare a un tale confratello qualche
attività dì ministero. Sviluppare strategie per intervenire e programmi di cura possono aiutare a prevenire la sofferenza inutile di
confronti e di frustrazione di coloro che sono in carica.
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APPENDICE III
MODELLO PER LA CONDUZIONE DELLE RIUNIONI
COMUNITARIE
P
rima della riunione, il superiore o il delegato può informarsi
circa l'oggetto o le materie da mettere nel programma della
riunione. Almeno 48 ore prima dovrà essere esposto l'ordine
del giorno, oppure distribuito in qualche modo ai membri della comunità.
Devono essere chiaramente indicati tempo e luogo della riunione.
Spesso una celebrazione liturgica o paraliturgica possono essere di
aiuto all'inizio della riunione. Nuovi argomenti da aggiungere al
programma della riunione, devono essere presentati all'inizio. La
comunità può decidere se accettare di discutere queste aggiunte nella riunione in atto, oppure rimandarle a un'altra riunione, soprattutto se questi nuovi argomenti hanno bisogno di una seria preparazione. La durata della riunione deve essere indicata chiaramente e
accettata sin dall'inizio.
Il moderatore (non necessariamente il superiore) deve guidare la
discussione della comunità sui diversi temi del programma.
Tutti membri della comunità devono avere il tempo per parlare e
per essere ascoltati.
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Al termine della riunione, si rivedono le decisioni e è importante
sapere chi le debba attuare. Si deve inoltre decidere la data, il tempo
e il luogo della prossima riunione (se questo non è già deciso altrimenti, per esempio da un calendario fisso e regolare delle riunioni
comunitarie).
Deve esserci un segretario che prenda nota di tutte le votazioni e
delle decisione adottate. Copie di tale verbale possono essere distribuite in seguito o inviate per posta alla comunità.
Principi per una buona riunione:
-
accordo sul programma
-
indicare chiaramente l'inizio e il termine della riunione (ordinariamente
non dovrebbe durare più di 90 minuti)
46
-
la riunione deve osservare l'orario di inizio e della fine
-
nessuno deve dominare la riunione - il superiore deve stare
attento a non intimidire o dominare gli altri in modo tale
che non siano in grado di esprimere le loro opinioni, anche
se maldestramente. Il moderatore deve aiutare i partecipanti a non allontanarsi dall'argomento e invita ciascuno a
parlare e ad essere ascoltato.
-
Il moderatore deve attenersi al programma
-
Se la comunità è grande, può essere utile dividerla in gruppi
per il dialogo, soprattutto prima di rendere delle decisioni.
-
È importante il post riunione: l'azione deve seguire la riunione. Ci possono essere molte incomprensioni. È necessario assicurarsi che tutti sappiano ciò che si deve fare.
-
Una relazione di quanto è stato realizzato da presentare alla
prossima riunione, assicura tutti che le riunioni sono importanti per la vita della comunità.
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APPENDICE IV
BIBLIOGRAFIA
I
seguenti documenti possono essere utili ai superiori per realizzare il loro ruolo di responsabili:
Costituzioni e Statuti
Il Direttorio dei Superiori, edizione del 1993
La Communicanda 11 sulla vita della Comunità come mezzo per annunciare il Vangelo (1988)
La Communicanda 4, sulla Collaborazione con i laici (1995)
La Communicanda 3, sulla Terza età: Scopriamo il vino migliore
alla fine (2000)
La vita fraterna in comunità (Congregazione per gli Istituti
di vita consacrata e le Società apostoliche (1994).
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APPENDICE V
PROGETTO DI VITA COMUNITARIA
A.
I
Introduzione
I Capitolo Generale del 1997 chiede che ogni comunità della Congregazione prepari un Progetto di Vita Comunitaria (PVC). Ciò deve essere fatto all'inizio di ogni triennio, con un programma annuale basato su: la vita consacrata, la vita fraterna e l'apostolato redentorista. Il governo
(v)provinciale deve approvare tale progetto (postulato 3. 1). Molte unità l'hanno già
fatto. Per altre risulta essere ancora qualcosa di completamente nuovo.
Presentiamo questa appendice come uno strumento per aiutare le comunità. Per le unità che non hanno familiarità con questo genere di
progetto comunitario, offre alcuni principi generali e qualche suggerimento concreto. Per quelle unità che hanno già lavorato a questo PVC,
servirà a ricordare qualche direttiva generale e forse qualche idea per
migliorare quanto è già stato fatto.
I concetti che stanno alla base del PVC non sono nuovi. La vita comunitaria è sempre stata una dimensione importante della nostra vita redentorista. Ecco dunque la legge fondamentale per la vita dei congregati: vivere nella comunità e, per mezzo della comunità, svolgere l'attività apostolica.(Cosi. 21). Questa frase
proviene dalle nostre Costituzioni, non ancora venticinquenni. Ma Alfonso e i primi redentoristi la vivevano già. Cercavano di vivere in comunità strutturate in vista della missione della Congregazione.
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Uno sguardo rapido su quanto avvenne il 9 novembre 1732, rivela che
già il primo gruppo voleva organizzarsi come una comunità missionaria. Ma non sono riusciti ad elaborare un progetto comune. Sembra
che ciascuno dei sei membri avesse una visione e obiettivi diversi. Lo
scacco degli inizi era inevitabile. Era impossibile avere un progetto comune in tali circostanze. Alfonso si è trovato repentinamente solo con
Fratel Vito. Ma ben presto arrivarono altri: Sportelli, Sarnelli, Mazzini,
Rossi, Gerardo ecc. che condividevano con Alfonso una vocazione e
un progetto apostolico di vita comunitaria. L'unicità della visione voluta dai Padri e Fratelli veramente eroici rese possibile la nascita e la crescita della nostra Congregazione. Oggi siamo chiamati a fare qualcosa
di simile in ciascuna delle nostre comunità.
I nostri sono tempi difficili e influiscono, positivamente e negativamente, sul nostro stile di vita redentorista. Sono tempi di grandi cambiamenti sociali, culturali ed ecclesiali. Tra le principali sfide che dobbiamo affrontare, vi è la ricerca di mezzi autentici per vivere la nostra
fraternità come consacrati e missionari.
Il rinnovamento apportato dal Concilio Vaticano II ha cambiato lo
stile della vita comunitaria in tutti gli istituti religiosi. Generalmente, le
Congregazioni impegnate nella vita attiva, erano modellate sulle strutture monastiche. Con il Concilio, hanno abbandonato questi stili di vita
di osservanza monastica.
Le comunità erano regolate da norme strette e dettagliate, in tutto il
mondo si seguivano le stesse norme e le stesse pratiche , stessi programmi e stesse abitudini. Ovunque si andasse, si trovavano in ogni
istituto le stesse forme di preghiera, di atti comuni, ecc. I principi di
centralizzazione e di uniformità richiedevano universalmente la stessa
osservanza. Era sufficiente osservare quanto prescritto per raggiungere
gli obiettivi previsti dalla Congregazione. Norme e osservanze erano
talmente dettagliate al punto da restare ben poco spazio per decisioni
personali e comunitarie.
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Il rinnovamento del Concilio Vaticano II ha scosso profondamente la
vita comunitaria. Esso ha introdotto due principi fondamentali. In
primo luogo, è stata data priorità a uno stile di comunità fraterna, caratterizzata dalla comunione e la partecipazione. Ha privilegiato la persona alla norma. La vita comunitaria doveva offrire lo spazio necessario
per lo sviluppo umano e spirituale per ciascun membro. In secondo
luogo, ogni comunità doveva organizzarsi per rispondere alle necessità
dei tempi e dei luoghi. L'inculturazione e l'integrazione nella vita della
Chiesa e nel contesto sociale sono divenuti criteri importanti.
Le nuove Costituzioni hanno indicato lo spirito e le norme fondamentali
della vita comunitaria del Redentorista. L'organizzazione pratica e dettagliata della comunità, è stata lasciata alle (v)province. La transizione alla
nuova realtà è divenuta come una specie di esperienza liberatrice.
Tuttavia la realtà ci mette di fronte a molte difficoltà. Molte pratiche
sono state abbandonate. A volte, le comunità si sono allontanate da
tutto quanto veniva percepito come costrizione. Il risultato, in alcune
circostanze, non è stato certamente felice. Alcune hanno perso il senso
della loro identità e della missione redentorista, lo spirito di individualismo che spesso si insinua, ha cacciato anche molti aspetti di comunione e di vita fraterna, che erano presenti nella nostra tradizione. L'esperienza ha dimostrato che è più facile abbandonare vecchie pratiche che
costruire nuovi stili di vita.
Tutta una serie di fattori interni ed esterni, impediscono la crescita delle
qualità umane e spirituali necessarie a sviluppare nuovi stili di vita. Tradizionalmente, i religiosi sono stati formati a vivere un'obbedienza passiva
e di sottomissione, senza sentire la necessità di coltivare lo spirito di iniziativa, di corresponsabilità e di creatività, necessari per un rinnovato
impegno nella comunione fraterna. Molti si sentono impreparati per una
condivisione personale e comunitaria dei pensieri, dei sentimenti, di esperienze e progetti, che esigono un dialogo profondo nella comunità.
Lo scopo dunque dell'ultimo Capitolo Generale, proponendo un PVC,
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è quello di promuovere comunità redentoriste autentiche e vive che si
sforzano di vivere fraternamente la loro missione nella Chiesa e nel
mondo. L'esperienza ha dimostrato che dove le comunità hanno sperimentato e vissuto un progetto di vita comune, la vita della comunità
si è rafforzata e arricchita.
B.
Indicazioni generali
Un piano di vita comunitaria non è semplicemente un programma per
organizzare la vita quotidiana dei confratelli. E'molto di più. Si tratta di
uno strumento che tenta di integrare le diverse dimensioni della vita
redentorista indicate nelle nostre Costituzioni. Lo scopo è creare un
processo di vita che apre la strada all'approfondimento della fedeltà al
nostro carisma e alla crescita della nostra spiritualità.
Il PVC da solo, non realizzerà certo comunità ideali. Ciò che ci aiuterà
a vivere una vita più serena e più significativa come comunità, dipenderà molto dall'impegno di ciascuno. Più semplicemente: il PVC ci darà
quello che noi stessi avremo dato per la sua realizzazione. Esige partecipazione e corresponsabilità - e un desiderio di vivere secondo le nostre Costituzioni e Statuti.
Per l'elaborazione del PVC, i membri della comunità si riuniscono come fratelli, coscienti che è lo Spirito del Cristo a riunirli. Ognuno afferma la propria identità e il suo bisogno di appartenenza, accettandosi
vicendevolmente per sviluppare una comunicazione sincera che aiuterà
a risolvere e a discutere le differenze e i conflitti. L'obiettivo comune è
quello di vivere un'esperienza comunitaria di discernimento della volontà di Dio tenendo conto del compito affidato alla comunità.
Il PVC concepisce una strategia per la crescita comunitaria per un anno. Ogni anno deve essere rivisto e adattato alle nuove circostanze. È
necessario anche che sia rivisto e modificato ogni volta che la comunità
riceve un nuovo membro. Il processo di crescita comunitario è lento;
per questo, nessuno deve attendersi che la comunità cambi radicalmen52
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te in un anno. Occorre perseveranza in un progetto che si sviluppa
anno dopo anno. Per sua natura, il progetto di ogni comunità è provvisorio, è come un passo sulla strada verso una fraternità più profonda.
Ci vuole un po' di tempo per sviluppare un PVC viabile e utile. Non ha
importanza il metodo impiegato per l'elaborazione di un PVC, che esige un'accurata preparazione personale e comunitaria.
Bisogna informare la comunità sul PVC: a) in che cosa consiste, b) il
significato che ha per la vita della comunità, e) il metodo che sarà utilizzato per scriverlo. d)come sarà vissuto. Alcune unità penseranno che
sarebbe utile avere qualcuno che abbia esperienza per spiegare alle
proprie comunità lo scopo e il modo di elaborazione di un PVC.
Come preparazione a vivere un PVC, i membri della comunità potranno avere un po' di tempo per riflettere sulla loro esperienza e sulle prospettive della vita comunitaria redentorista. Ognuno dovrebbe approfondire i motivi che lo spingono a perseverare nella Congregazione.
C.
Criteri importanti
Ogni procedimento per scrivere un PVC è ispirato da alcuni principi
fondamentali. Questi convergono a preparare il terreno per un piano
comunitario concreto e pratico.
Realismo. Il PVC non ha la pretesa di essere un progetto ideale. Ogni
programma è rispettoso di ciascun membro e deve tener conto delle
capacità e dei limiti di ognuno. Meglio fare piccoli passi insieme che
preparare un progetto che produca frustrazioni.
E' importante considerare la realtà concreta della comunità. Ognuno
accetta l'altro come è, senza giudizi negativi. Se ciascuno si sente accettato e impara ad accettare l'altro, i membri della comunità avranno la
libertà necessaria per parlarsi insieme e per esprimere ciò che sentono
nell'altro. Quando aumenta la fiducia, ognuno si sente portato più facilmente ad accettare i sacrifici che un progetto comune esige.
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La comunità programma ciò che è realista secondo le possibilità di ciascuno, tenendo conto delle sue necessità e delle sue opzioni.
Chiarezza nei principi. Gli ideali e i valori che danno senso e consistenza alla comune vocazione, vengono partecipati e chiarificati. La
comunità li esprime con parole sue e dalle proprie prospettive. Saranno
questi i criteri che guideranno i nuovi obiettivi e le nuove strategie.
Nella misura in cui la comunità scopre e raggiunge una conoscenza comune dei propri ideali e dei propri valori, diventa più manifesta la sua
identità. Non si tratta di scrivere belle idee; occorre fare emergere oggettivamente le autentiche radici che danno vita e coesione alla comunità.
Una volta redatto, il progetto comunitario diventa un mezzo per ricordare. Di sviluppare e di mettere in pratica i motivi che riuniscono i
membri della comunità. È anche uno strumento per aiutare ciascuno a
giudicare e a discernere la chiamata del Signore hic et nunc. Il PVC intende concretizzare il carisma fondante della nostra Congregazione.
Praticabilità. La comunità sviluppa obiettivi, priorità e strategie che
divengono la carta stradale per la sua crescita e la sua attività. Questi
elementi debbono essere chiari e concreti, capaci di essere valutati e
adattati, flessibili ed efficaci. Le scelte dovranno essere quelle che aiutano la comunità a dare vita ai principi e ai valori che sono stati prima
condivisi e discussi.
Sussidiarietà. Il PVC esprime il discernimento e la volontà dei mem-
bri della comunità. E' importante che partecipino tutti alla redazione.
Nessun membro, neppure il superiore, dovrebbe dominare il processo
in modo tale da imporre le proprie idee e strategie. In tal modo, ognuno sarà meglio disposto a prendersi le responsabilità che il progetto
esige. Ogni membro deve sentirsi responsabile della elaborazione e
dell’attuazione del P VC.
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Il governo (v)provinciale
II governo (v)provinciale stabilisce le esigenze minime che debbono
essere incluse nel PVC e ha la responsabilità di approvare ogni PVC.
Questo fa parte del suo ruolo di animazione e del suo dovere di servire
le comunità. Può dare direttive particolari per il PVC che tengano conto degli statuti, delle politiche e delle priorità delle (v)province.
Il governo (v)provinciale deve aiutare le comunità nella elaborazione
del proprio PVC e deve fornire ogni aiuto necessario. Potrebbe essere
utile predisporre una adeguata struttura per rispondere alle richieste e
per tenere conto dei contributi dei membri adattando il PVC alle necessità della (v)provincia. Un mezzo per fare questo sarebbe quello di
mettere la questione all'ordine del giorno delle riunioni o dell'assemblea
(v)provinciale all'inizio del triennio.
Finalmente, il governo (v)provinciale, deve aiutare le comunità a perseverare nell'attuazione del PVC. Questo lo potrebbe fare mettendo questo tra
gli argomenti da discutere nelle visite formali o informali alle comunità.
E.
Il PVC brevemente
Come già detto, ci sono diversi modi per fare un PVC. La comunità
prepara il suo PVC e lo presenta al governo (v)provinciale per l'approvazione. Deve contenere almeno i seguenti elementi:
•
Un obiettivo concreto e finalità specifiche in ciascuna dimensione della vita comunitaria, cioè la propria vita religiosa,
la vita fraterna e l'apostolato.
•
Strategie concrete per raggiungere questi obiettivi e queste
finalità.
•
La comunità deve anche spiegare la ragione per cui sono
stati scelti questi obiettivi e queste finalità specifiche.
•
Un metodo per la valutazione.
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Il PVC in dettaglio
Quanto segue è la descrizione delle tappe che ordinariamente vengono
seguite nella elaborazione di un PVC. Alcune di queste tappe possono
esigere una intera riunione, mentre altre possono essere trattate insieme
in una sola riunione. Ogni incontro dovrebbe iniziare e concludersi
con una preghiera preparata prima da un membro della comunità. È
anche utile concludere ogni incontro con una celebrazione (può essere
la celebrazione eucaristica o più semplicemente un Gaudeamus).
La preparazione
Per il primo incontro potrebbe essere utile un breve questionario da utilizzare per la preparazione. Ognuno deve riflettere sui seguenti punti:
1. Quale è stata la vostra esperienza di vita comunitaria nell'ultimo anno?
2. Quali sono le necessità che non sono state soddisfatte e le
finalità non raggiunte?
3. Che cosa vorreste chiedere alla comunità al momento di
iniziare a scrivere un PVC?
4. Quali sono i punti particolari e i problemi che devono essere discussi dalla comunità?
La comunità deve procurare di fare la riunione in un luogo il meno
disturbato possibile. La sala deve essere disposta in modo tale da favorire la condivisione della comunità.
Per ogni incontro è necessario che ci sia un coordinatore che diriga la
discussione della comunità. Un altro deve prendere nota. Questo segretario deve soprattutto redigere i punti di consenso, gli accordi e le
decisioni. Deve inoltre coordinare il documento finale.
Se la comunità è numerosa, potrebbe essere consigliabile dividerla in
piccoli gruppi che si riuniscono in seguito per condividere i loro risultati. Il modo di procedere deve essere deciso prima.
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1. Descrizione della comunità: che cosa siamo?
I membri si riuniscono per conoscersi meglio reciprocamente. Condividono la loro esperienza di vita comunitaria nell'ultimo anno o pressappoco. Sottolineano gli aspetti positivi e anche ciò che non ha funzionato. Allora cercano ciò che ciascuno si aspetta da questa comunità.
La comunità redigerà una dichiarazione che comprenda (a) il nome di
ciascuno, con una breve descrizione di ciascuno; (b) descriva la comunità, e le necessità e le attese dei propri membri. Ordinariamente i dettagli della discussione della comunità in questa fase, non vengono inclusi nel PVC, La descrizione presentata è come una foto, che offre
dettagli generali atti a identificare la comunità.
2. Analisi della comunità: come ci vediamo?
La comunità procede guardandosi come un tutto, cioè indicando le proprie forze e i propri limiti, le necessità e le attese, le difficoltà e i problemi
previsti, ecc. Qui prendiamo in considerazione tre dimensioni della nostra vita: /'/ vissuto della vita religiosa, della comunità fraterna e dell'apostolato. Lo
scopo è presentare per iscritto una descrizione della situazione concreta
della comunità; questo lavoro sarà la base delle tappe seguenti.
La comunità fa una descrizione di come si vede essa stessa. Deve esprimere le caratteristiche della comunità. Ordinariamente comprenderà le
sfide particolari e i pericoli che incontra, i problemi di relazione che occorre trattare (quelli ad extra e quelli ad intra), i fatti salienti che affliggono
la comunità, quali la differenza d'età, una descrizione delle responsabilità
che un membro può avere all'esterno della comunità (p. e., compiti del
provinciale o nomine del governo (vice)provinciale), ecc.
3. Valori e ideali: quali principi ci guidano?
A questo punto la comunità si concentra sui principi fondamentali che
saranno i criteri comuni per esprimere un giudizio su ciò che si fa. La
fonte di questi principi, evidentemente, è la Parola di Dio, le nostre Costi57
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tuzioni e Statuti, e l'esperienza di ciascuno per vivere il carisma della congregazione. Per preparare questa condivisione, si possono porre le seguenti domande:
1. Quale testo del Vangelo dovrebbe essere alla base del nostro PVC?
2. Quali sono le Costituzioni e Statuti che riguardano direttamente la situazione della nostra comunità?
3. Quali sono i valori che sono stati essenziali per vivere la nostra vocazione redentorista nella storia della nostra unità?
La comunità concentra la propria attenzione su questi valori fondamentali, che, nel presente momento, sono più importanti, per causa di
chi sono tali e come sono percepiti in quanto comunità. Non si tratta, per
esempio, di riaffermare il Vangelo. La comunità cerca piuttosto di discernere ciò che lo Spirito del Cristo dice hic et nunc nella loro situazione concreta. Di nuovo, la comunità prende in considerazione in particolare le tre dimensioni della vita religiosa, della comunità fraterna e
dell’apostolato.
Al termine della condivisione, la comunità redige una dichiarazione che
esprima brevemente questi valori e questi ideali che condividono come
comunità. Deve essere il frutto del consenso dopo essersi ascoltati e
aver dialogato sulle diverse prospettive.
4. L'obiettivo generale: che cosa vogliamo realizzare?
I passi seguenti seguono logicamente: che cosa ci chiama ad essere il
Signore? La comunità procede per determinare un obiettivo particolare
per l'anno. Quale tipo di comunità vogliamo diventare? In questo momento, raccoglie una visione di ciò che è chiamata ad essere.
I confratelli scrivono ciò che, secondo loro, deve essere l'obiettivo generale della loro vita comunitaria. Attraverso il dialogo, cercano di trovare una dichiarazione sulla quale sono d'accordo e che esprime un
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appello all'impegno di ciascuno. Questo obiettivo generale contiene
ordinariamente scopi particolari che riguardano il campo della vita religiosa, della vita fraterna e dell'apostolato.
5. Strategie: Come raggiungere l’obiettivo generale?
A questo punto, la comunità stabilisce strategie concrete che aiutino a
raggiungere l'obiettivo generale e gli scopi particolari sui quali c'è la stata precedentemente l'intesa. È il momento di precisare il come. Tali strategie debbono essere realiste e tali che tutti le possano mettere in pratica. Ogni scopo particolare contenuto nell'obiettivo deve avere almeno
una corrispondente strategia.
Finalmente la comunità stabilisce le direttive per la propria organizzazione interna: in che modo vivrà il proprio impegno alla visione comune.
6. Gli impegni: programmare le strategie e le responsabilità
personali
Le strategie vengono calate in un programma concreto. La comunità
raggiunge un consenso sugli orari precisi che aiutino a vivere la propria
vita religiosa, la comunità fraterna e l'apostolato. \ dettagli, quali la preghiera
comune, gli incontri comunitari, la ricreazione comune, ecc. devono
tener conto degli Statuti (v)provinciali. L'ordine del giorno deve corrispondere a un impegno sullo stile di vita che consenta la crescita personale e comunitaria.
Per realizzare un'organizzazione comunitaria viabile e un progetto di
comunità realizzabile, ogni membro deve capire le proprie responsabilità nella comunità. Ognuno pone a servizio della comunità i propri
talenti ed esprime la propria disponibilità a compiere i sacrifici necessari per raggiungere gli scopi della comunità.
La comunità deve discutere su come distribuire le diverse cariche e lavori giudicati necessari per la realizzazione del PVC. Per ogni compito
deve essere scritta una descrizione sommaria del lavoro da compiere.
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Siccome le cariche sono distribuite tra i membri, ognuno deve sapere
con chiarezza ciò che ci si aspetta da lui.
7. Come e quando si rivede il PVC?
Nessun PVC sarà completo se non si stabilisce un mezzo di valutazione periodico e su come lo vive la comunità. Abitualmente dovrebbe
esserci una valutazione annuale onde consentire alla comunità di rivedere la propria vita comunitaria. In alcuni casi, la comunità può ritenere
che sia più utile farlo più frequentemente.
La comunità deve anche decidere sulle direttive generali della valutazione. Dovranno essere flessibili ma, allo stesso tempo, prevedere uno
schema concreto. Sarà utile stabilire in che modo la comunità dovrà
prepararsi a questa valutazione.
8. Le risorse
E' altresì utile per la comunità prendere in considerazione tutte le risorse esterne sulle quali poter contare per vivere il PVC nel corso di un
certo anno. Queste risorse comprendono le persone, i luoghi di lavoro
che contribuiscono ali'arricchimento della vita comunitaria e a rendere
più efficace il ministero comunitario.
9. Le ultime fasi
II prodotto finale di questo processo consiste in un documento che esprima il consenso dei membri della comunità. I risultati delle fasi precedenti vengono riassunte in un documento coerente. I membri devono
essere d'accordo sulla redazione finale. Tutti lo sottoscrivono come prova del loro impegno. Il documento deve essere presentato al governo
(v)provinciale per l'approvazione. Se il governo suggerisce qualche modifica, la comunità dovrà riunirsi di nuovo per esaminare e fare le modifiche necessarie attraverso un dialogo con il governo (v)provinciale.
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