Pride Rivista mensile - Autorizzazione del tribunale di Milano n.351 del 7-5-1999 - Direttore responsabile: Giovanni Dall'Orto. Distribuzione gratuita in tutti i locali (in edicola o libreria euro 2,5). Trasporto esonerato da DDT ai sensi del DPR n.472 del 14-8-1996 IL MENSILE GAY ITALIANO Copia gratuita ( € 2,5 in edicola e libreria) n. 93 Marzo 2007 ATTUALITÀ Il Dico nell’occhio INTERVISTA Fiorella Mannoia SOCIETÀ Disabili gay 2 pride marzo 07 3 marzo 07 pride Marzo 2007 6 Gianni Rossi Barilli 8 11 Paolo Belmonte 12 15 16 19 20 24 27 Daniela Danna Giulio Maria Corbelli Gian Pietro Leonardi Stefano Bolognini Francesco Belais Antonio Malvezzi 30 36 42 45 46 Stefano Bolognini Alessandro Martini Roberto Cangioli 48 51 54 56 58 60 62 64 66 Pigi Mazzoli GiovanBattista Brambilla Carmine Urciuoli Francesco Gnerre Vincenzo Patanè Massimo Basili Roberto Cangioli Fabio e Gabriele 69 73 78 Paola Dall’Orto Internet Libri Cinema Fumetti Musica Viaggiare low cost Annunci Lettere Le famiglie sui Dico La prenotazione di spazi pubblicitari deve avvenire entro il giorno 5 del mese precedente la pubblicazione (ad esempio: il 5 gennaio per il numero di febbraio). I comunicati stampa (anche per l’aggiornamento della guida ai locali gay d’Italia e per l’agenda) e le grafiche pubblicitarie devono pervenire in redazione entro il giorno 10 del mese precedente la pubblicazione (ad esempio: il 10 gennaio per il numero di febbraio). Non si garantisce la pubblicazione di quanto prenotato o pervenuto oltre tali date. ottobre 06 IL MENSILE GAY ITALIANO Copia gratuita ( € 2,5 in edicola e libreria) n. 93 Marzo 2007 ATTUALITÀ Il Dico nell’occhio INTERVISTA Fiorella Mannoia SOCIETÀ Disabili gay Diritti. Ora Copertina di Fabio Sanvito Il Dico nell’occhio Pacs alla padovana Antiratzisti in piazza Queer Africa Omofobia europea Tra padre e nipote La denuncia impossibile Fiorella for president Un gay sull’isola Cronaca Italia Cronaca estero Disabili e gay Sensualità a corte Non diventare gay Portfolio . Bamboleparty Preservativo doppio? I malnati Edito da Pride_società cooperativa > Amministratore unico_Frank Semenzi > Direttore responsabile_Giovanni Dall’Orto Vicedirettore_Gianni Rossi Barilli > Art director_Marco Burzoni > Segreteria di redazione_Veruska Sabucco. Stampato dal Centro Arti Grafiche di Fino Mornasco (CO). ‚Pride_società cooperativa_via Antonio da Recanate 2_20124 Milano_tel 02 87384843_fax 02 87384844 apertura lun/ven dalle ore 15 alle ore 20 o su appuntamento > email: [email protected] Abbonamento annuale 65 euro_semestrale 35 euro > in francobolli Segreteria di redazione > tel 02 87384843_fax 0287384844 > email: [email protected] Pubblicità Pride > tel 02 87384843_fax 0287384844 > email: [email protected] > Frank Semenzi 335 6133417 Pubblicità Roma > Stefano Bolognini 347 7934646 > email: [email protected] pride Pride Rivista mensile - Autorizzazione del tribunale di Milano n.351 del 7-5-1999 - Direttore responsabile: Giovanni Dall'Orto. Distribuzione gratuita in tutti i locali (in edicola o libreria euro 2,5). Trasporto esonerato da DDT ai sensi del DPR n.472 del 14-8-1996 93 4 5 marzo 07 pride 6 attualità+cultura Il 10 marzo si scende in piazza a Roma per una legge giusta sulle unioni civili. Ben sapendo che il progetto partorito dal governo sui cosiddetti Dico è del tutto inadeguato. Cose che succedono, quando le pretese del papa contano più della dignità delle persone. Diritti. Ora Gianni Rossi Barilli Una soddisfazione almeno ce l’abbiamo. Su queste pagine abbiamo passato lunghi e frustranti anni a sentirci soli nel continuare testardamente (e spesso noiosamente) a occuparci di una legge sulle coppie di fatto che non veniva mai messa all’ordine del giorno. Adesso che quella legge ha conquistato le prime pagine, insidiato la stabilità del governo e minacciato i rapporti diplomatici tra l’Italia e il Vaticano, può sembrarci di avere raggiunto un parziale risultato. Quello che però conta davvero, cioè il riconoscimento della pari dignità delle persone omosessuali in questo paese, è ancora parecchio di là a venire. Per questa ragione è importante che la comunità glbt faccia sentire forti e chiare le proprie ragioni, smettendola di essere il soggetto mancante in un dibattito che la riguarda direttamente. La prima occasione si presenta il 10 marzo con la manifestazione nazionale convocata a Roma sulle unioni civili. Dalla riuscita di questo evento dipende per esempio il fatto che le nostre richieste vengano (o non vengano) prese adeguatamente sul serio da un sistema politico finora molto più preoccupato dalle minacce di guerra santa del Vaticano e dei suoi alfieri parlamentari. La cronaca delle ultime settimane è da questo punto di vista assolutamente imbarazzante, per chi avesse pensato per qualche istante di vivere in una matura democrazia europea. Abbiamo assistito alla lotta all’ultimo sangue e all’ultima virgola sul testo di una legge che riguarda le nostre vite ma doveva essere dettata dal cardinale Ruini. Abbiamo visto un ministro della repubblica (Rosi Bindi) sottoporre preventivamente gli articoli di un disegno di legge del governo alla conferenza episcopale. E un altro (Clemente Mastella) rifiutare di sottoscrivere “per ragioni etiche” lo stesso disegno di legge pur rimanendo al proprio posto. Abbiamo ascoltato a reti unificate gli strilli quotidiani delle gerarchie cattoliche che hanno denunciato presenze sataniche nella vita pubblica e minacciato scomuniche ai politici disobbedienti, sempre continuando a sostenere che la chiesa si occupa solo delle anime e non fa politica. Il papa tedesco ha addirittura avuto la faccia tosta di additare alla pubblica riprovazione l’azione di “lobby” che “cospirano nell’ombra” per distruggere la famiglia. Cose che si facevano anche negli anni trenta del secolo scorso per giustificare la persecuzione degli omosessuali. pride marzo 07 I commenti arrivati a “Pride” E così, dopo che per tutta la vita, quando facevamo qualcosa di buono, dovevamo darci una pacca sulla spalla da soli, ora non ci resterà che l’arduo compito, in uno squallido atrio del municipio, di tentare di darci un bacio da soli, poiché allo “sposo” la notizia arriverà solo tramite raccomandata... Pierangelo Fumagalli - [email protected] Dico solo che non servono a nulla. La Colombia ha equiparato/sta equiparando le coppie etero a quelle omo. Io dico: vaffanculo, tanto casino per nulla. Scusate lo sfogo Roberto Cangioli Al limite ci troveremmo ora con Berlusconi e un’Italia in un tale stato che espatriare sarebbe diventata un’ipotesi molto vantaggiosa. Tutti a Barcellona? Nemo profeta in patria. Pigi Mazzoli - [email protected] PS - Poi esisteva già in italiano il verbo pacsare, ora come dovremmo dire? Dicare? Ci siamo dicati ognuno all’altro? PPS - Ma non basterebbe vietare il matrimonio gay solo a cattolici e musulmani? E magari suggerire alla papessa di limitarsi alla solita scomunica dei non osservanti? PPPS - Perché Casini, che è sposato in chiesa con una donna e convive “civilmente” con un’altra, dice che i suoi sono fatti privati? Caro direttore, avevi ragione tu, quando prevedesti che la legge sulle unioni civili sarebbe stata al di sotto dell’accettabilità. Sarebbe stato meglio essere intransigenti. Ogni giorno vedo insultare i miei sentimenti verso il mio compagno e questo clima da guerra civile mi fa pensare di chiedere asilo in un altro paese europeo che non sia una cultura+attualità Cartolina per la manifestazione Diritti ora! succursale del Vaticano. Sono omosessuale e non mi sono mai nascosto, perché credo che più si è visibili e meglio è per la società, ma ultimamente mi sento come un ebreo sotto il regime nazista, o se preferisce un nero nel regime dell’apartheid sudafricano. Il mio compagno è ultimamente diventato presidente della locale associazione per i diritti gay, e gli eventi a cui assisto giornalmente mi fanno temere per la nostra incolumità, siamo stati insultati per la strada e ogni giorno vedo crescere intorno a noi questo clima di violenza che è di fatto avallata da coloro (religiosi e politici) che affermano che una fetta della popolazione italiana non ha diritti. Mi tornano alla mente le lezioni della mia insegnante di storia che mi aveva scioccato con alcune lezioni di attualità sul razzismo: allora pensavo di essere fortunato a vivere in un paese libero, ma oggi mi sto chiedendo davvero se vivo in un paese libero, quando in un paese qualcuno si permette di dire a qualcun altro: “Tu hai meno diritti di me”, allora quel paese può definirsi in molti modi ma non una democrazia libera, questo mi diceva la mia insegnante molti anni fa. Mi preoccupa molto e mi spaventa vedere il sopravvento del fanatismo religioso cattolico non meno che quello islamico, ma mi preoccupa ancora di più vedere i politici cavalcare quest’ondata di odio per favorire i propri interessi personali: tanto loro le spalle le hanno sempre coperte. Penso però a tutti quegli omosessuali vittime giornalmente di questa violenza verbale e fisica, che ogni giorno si vedono insultare senza avere veramente la possibilità di difendersi. Spero che le persone che aiutano a pensare aumentino in questo paese che ha un gran bisogno di crescere.... Gian Luca Bartellone - bartellone@ infinito.it Non sarebbe il caso di scendere in piazza immediatamente, con qualche azione dimostrativa che faccia clamore? Qua ci vuole un’altra breccia che abbatta le gerarchie vaticane e quelle dei politicanti nostrani che hanno bisogno di una bella ostia avvelenata. Dobbiamo dire basta una volta per tutte, non possiamo più essere merce di scambio tra destra e sinistra e dobbiamo fare in modo che siano smossi dai loro nascondigli tutti i gay e le lesbiche che fanno “i pesci in barile” e che ancora ci vengono a dire che i pride e le manifestazioni di piazza non servono a nulla... Noi in piazza Montecitorio il 25 gennaio c’eravamo, eppure eravamo troppo pochi per dare un segnale forte: forse dobbiamo pensare che la massa della comunità glbt tutto sommato non è poi così scontenta? Cosa dobbiamo aspettare ancora per prendere in mano i nostri destini, la nostra dignità e i nostri sacrosanti diritti? Paolino - [email protected] 7 Sulla sponda teoricamente opposta della politica laica abbiamo invece riscontrato come al solito atteggiamenti a dir poco dimessi. Untuose dichiarazioni di rispetto nei confronti della chiesa e sdegnate prese di posizione contro i pierini della Rosa nel pugno, che hanno proposto la revisione del concordato con il Vaticano in considerazione delle irriducibili ingerenze della chiesa negli affari italiani. Neanche a parlarne. La centralità della collaborazione tra lo stato e la chiesa è stata ribadita in pompa magna con un’apposita cerimonia, alla quale hanno preso parte tutte le più alte cariche della repubblica, per sottolineare che le relazioni con il Vaticano restano solide quali che siano le invasioni di campo del papa e dei suoi vescovi. Il tutto mentre qualcosa di più della metà del parlamento (dai cattolici del centrosinistra all’intera Casa delle libertà) prometteva che nessuna legge contraria alle direttive della chiesa potrà mai essere approvata in questa legislatura. In questo contesto, il disegno di legge sui “Dico” (diritti dei conviventi) licenziato dal governo lo scorso 8 febbraio rischia di apparire come un miracolo di laica obiettività, quando si tratta invece di un compromesso al ribasso che calpesta con gli scarponi chiodati la dignità di gay e lesbiche e il loro diritto a essere pienamente cittadini come gli altri. Alcuni dei “nostri” parlamentari glbt l’hanno definito un passo avanti. E in un certo senso è anche vero, volendo guardare il bicchiere mezzo pieno. Tra il nulla assoluto e il quasi niente c’è effettivamente una notevole differenza. Non può sfuggire tuttavia il fatto che le norme contenute nel disegno di legge (vedi articolo a pagina 8) mettono nero su bianco una discriminazione e una disparità di trattamento tra i cittadini, finora data per scontata ma rimasta perlopiù implicita. Se un domani, com’è tutt’altro che certo, questo provvedimento dovesse ricevere l’approvazione definitiva del parlamento senza modifiche sostanziali, verrebbe sancito il principio che qualunque eterosessuale coniugato vale “per natura” più di qualunque omosessuale convivente. Sarebbe andata così, sià pure meno gravemente, anche se al posto dei Dico il governo avesse fatto propria la proposta di legge sui Pacs. Ma se la trattativa politica istituzionale presuppone ricerche di mediazione che possono comportare prezzi pesanti, non spetta certo ai soggetti titolari di diritti accontentarsi delle briciole per non disturbare il manovratore. Gay e lesbiche che non hanno personali complessi d’inferiorità nei confronti dei loro concittadini eterosessuali, devono essersi accorti che questi Dico sono una mediazione umiliante. E devono viceversa continuare a chiedere pari dignità e pari diritti. Se vogliono farci digerire i Dico con la scusa che la chiesa non vorrebbe nemmeno quelli, dobbiamo rispondere che non ci stiamo. Anche perché Ratzinger e Ruini, molto probabilmente, stapperanno lo champagne se mai i Dico dovessero passare così come sono usciti dalle stanze di palazzo Chigi. Ciascuno insomma faccia la propria parte. Prendendo esempio magari dalla comunità glbt spagnola, che rifiutò ostinatamente di accettare una legge discriminatoria sulle coppie omosessuali finché non arrivò Zapatero a mettere le cose a posto. marzo 07 pride 8 attualità+cultura Il disegno di legge sulle coppie di fatto “anche omosessuali” approvato dal governo è un duro colpo alla nozione di pari dignità e diritti per tutti i cittadini. Il compromesso con i cattolici, alla fine, ha penalizzato i gay e le lesbiche. Niente di nuovo sotto il sole. Il DICO nell’occhio La questione che ha sollevato più risse all’interno della maggioranza di governo è l’articolo 1. La stesura originaria prevedeva che le coppie coviventi, etero e omosessuali, si presentassero agli uffici dell’anagrafe per far registrare la loro unione attraverso una dichiarazione congiunta. E qui apriti cielo: i ministri più fedeli alle direttive vaticane, con Francesco Rutelli in prima fila, hanno fatto il diavolo a quattro per ottenere una modifica di questa espressione, minacciando altrimenti di far saltare l’accordo sull’intera legge. La dichiarazione congiunta, hanno sostenuto, equivarrebbe alla formalizzazione di una specie di matrimonio, il che è inaccettabile. Quindi è stato necessario aprire il vocabolario in cerca di sinonimi più digeribili. La dichiarazione perciò, da congiunta che era, è diventata nel testo definitivo “solo” contestuale. Il significato è assolutamente lo stesso, ma non c’è di mezzo il congiungere, che nei cattolici evoca evidentemente pensieri troppo peccaminosi. Questa distinzione di lana caprina non bastava però a separare a sufficienza il certificato di convivenza dal contratto di nozze. Quindi i saggi legislatori hanno pensato bene di aggiungere una clausola vessatoria: “Qualora la dichiarazione all’ufficio di anagrafe”, recita l’articolo uno, “non sia resa contestualmente da entrambi i conviventi, il convivente che l’ha resa ha l’onere di darne comunicazione mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’altro convivente”. La norma, dal punto di vista logico, è un puro insulto all’intelligenza. Perché mai due conviventi che vogliono registrare la loro unione affettiva non dovrebbero andare insieme in comune? E cosa succederebbe poi se la raccomandata con avviso di ricevimento venisse materialmente ricevuta dal convivente che ha reso la dichiarazione anziché dall’altro che (chissà perché) ne era rimasto all’oscuro? Questo genere di stupidità si giustifica soltanto con il puerile accanimento contro qualunque possibilità di accostare l’unione civile al matrimonio, cercando di farla passare contro ogni buonsenso come un atto individuale. Ovviamente si tratta di una regola del tutto inutile, perché avendone la facoltà, che la legge non nega, tutte le coppie conviventi sceglieranno di registrarsi all’anagrafe contestualmente. Cioè insieme. Le stranezze del primo articolo del disegno di legge non sono però finite qui. Per negare il fatto che le unioni civili servono soprattutto alle coppie unite da vincoli affettivi e sessuali (come appunto avviene nel caso del matrimonio), si è pensato bene di lasciare entrare nel pride marzo 07 magico mondo dei Dico praticamente chiunque, salvo genitori, figli, suoceri, generi, maggiordomi e badanti. L’unione sarà possibile, ad esempio, anche tra fratelli e/o sorelle. Il che diventerà in certi casi una forma di legittimazione dell’incesto di cui probabilmente il governo, distolto da ben altri problemi, non si deve essere accorto. L’articolo 2 spiega che non si può registrare l’atto di convivenza quando si è ammazzato o tentato di ammazzare il coniuge o un altro convivente della persona con cui si convive. Se invece si è fatta lo stesso nei confronti di un fidanzato o fidanzata che non abitava nella stessa casa, non ci sono impedimenti espressi. L’articolo 3 stabilisce poi il carcere da uno a tre anni e la multa da 3.000 a 10.000 euro per la falsa dichiarazione di convivenza. Come dire che su queste cose non si scherza, anche se, considerando il meccanismo della raccomandata con ricevuta di ritorno di cui all’articolo 1 la cosa non è poi del tutto vera. Più grave il contenuto dell’articolo 4, che demanda al buon cuore delle “strutture ospedaliere e di assistenza pubbliche e private” la disciplina delle “modalità di esercizio del diritto di accesso del convivente per fini di visita e di assistenza nel caso di malattia o ricovero dell’altro convivente”. Qui occorreva stabilire con chiarezza l’obbligo degli ospedali di accettare la titolarità di compagni e compagne di vita di una persona ricoverata a prestare assistenza, e magari anche a prendere decisioni in caso di incapacità di intendere e di volere. Ma sarebbe stato troppo, perché occorreva ribadire implicitamente che il compagno e la compagna non sono né il marito né la moglie. Al non trascurabile inconveniente rimedia almeno in parte l’articolo 5, prevedendo che ciascun convivente può delegare l’altro per iscritto a rappresentarlo qualora lui stesso ne fosse incapace. In concreto, comunque, non è certo il massimo andare in ospedale sventolando carte bollate, dovendosi magari fare largo (come spesso accade) tra una folla di ostili parenti di sangue che non hanno mai approvato la relazione del loro congiunto omosessuale. Si noti poi che il disegno di legge non fa cenno in nessun modo al diritto di assistenza in carcere, e non è una mancanza da poco. L’articolo 6 stabilisce invece che l’eventuale partner extracomunitario o apolide di un cittadino italiano “può chiedere il rilascio di un permesso di soggiorno per convivenza”. Che glielo concedano è un altro paio di maniche. Tutto bene all’articolo 7, in cui si dice che della convivenza bisogna tenere conto ai fini dell’assegnazione di alloggi popolari. Meno bene all’articolo 8, secondo il quale si può subentrare nel contratto di affitto, in caso di morte del partner, solo dopo tre anni di convivenza certificata. Anche per ottenere agevolazioni e tutele in materia di lavoro (articolo 9) bisogna vivere insieme da almeno tre anni, quando chi si sposa ne può usufruire dal primo giorno successivo alle nozze. Tutto questo però è niente rispetto alla farsa rappresentata dall’articolo 10, che parla di pensione di reversibilità. Il testo spiega che prima bisognerà riordinare l’intero sistema previdenziale e solo dopo si stabiliranno dei criteri di attuazione, tra cui figurano comunque una durata minima della convivenza e le condizioni patrimoniali della persona che dovrebbe ricevere l’eventuale reversibilità. Un altro sonoro schiaffone si trova all’articolo 11, che disciplina il diritto all’eredità (si suppone in assenza di testamento, ma non è specificato). Per ereditare dal convivente bisognerà dimostrare di aver vissuto insieme per almeno nove anni, cioè per un periodo che un altissimo numero di matrimoni “regolari” neppure si sogna di raggiungere. In pratica chi convive deve essere di base più stabile e più affidabile di chi si sposa. Non è una discriminazione questa (e per giunta paradossale, visto che la propaganda cattolica dà per scontato il contrario)? Infine gli alimenti in caso di separazione, disciplinati dall’articolo 12. Sono previsti solo “nell’ipotesi in cui uno dei conviventi versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento”. E solo “per un periodo proporzionale alla durata della convivenza” che anche qui dev’essere stata almeno triennale. Bontà loro, i legislatori hanno previsto all’articolo 13 che i conviventi possano dimostrare di essere stati tali anche da prima dell’entrata in vigore della legge per usufruire dei benefici previsti. Devono farlo però entro nove mesi e sapendo che la cosa non riguarda il diritto alla pensione di reversibilità. Perché i soldi dell’Inps sono una cosa seria, mentre i contributi dei concubini etero e gay sono evidentemente una sciocchezza. 9 marzo 07 pride 10 pride marzo 07 cultura+attualità 11 Con la registrazione all’anagrafe di un certificato di convivenza, due coppie, una gay ed una eterosessuale, hanno inaugurato quello che è già stato soprannominato “Pacs alla padovana”. Suscitando le solite isterie politiche. Pacspadovana alla Paolo Belmonte Tommaso Grandis e Giorgio Perissinotto sono la prima coppia gay che ha ottenuto il certificato di convivenza “per legame affettivo” regolarmente autorizzato dal comune di Padova. E giustamente hanno festeggiato in pompa magna. Per la rabbia di tutti gli azzeccagarbugli che si affannano in acrobatici distinguo tra coppie sposate e “di fatto”, loro si sono presentati all’appuntamento vestiti con eleganza. E all’uscita dagli uffici comunali, dove hanno ricevuto il sospirato certificato di convivenza, sono stati accolti da molti applausi e lancio di petali di rosa. Qualche amico poi, al momento del brindisi augurale che si è svolto nella Sala bianca del mitico caffè Pedrocchi, ha perfino gridato “Viva gli sposi”. Ecco annientati in un sol colpo gli equilibrismi concettuali che dietro fiumi di parole ambigue mascherano la solita vecchia omofobia. Tommaso ha 27 anni e lavora al “The Block disco club” di Limena, vicino a Padova. Giorgio ne ha 34 e fa il magazziniere. Vivono insieme, si amano e sono stati felici di fare da apripista ai cosiddetti “Pacs alla padovana” insieme alla coppia (eterosessuale) formata da Stefano Bonomo, avvocato civilista trentasettenne, e Alicia Tosoni, medico oncologo trentaduenne. La mattina del 3 febbraio sono andati agli uffici dell’anagrafe e in meno di tre quarti d’ora sono diventati conviventi ufficialmente riconosciuti, dopo aver compilato gli appositi moduli prestampati e accluso l’immancabile marca da bollo. Poi sono iniziati i festeggiamenti, tra i flash dei fotografi, le riprese Tv, le interviste, le felicitazioni di parenti e amici e i mugugni dei tradizionalisti. Hanno fatto ulteriore chiarezza la soddisfazione dei protagonisti e i commenti lividi o pavidi, secondo i casi, di esponenti politici preoccupati delle direttive della chiesa cattolica. Il sindaco diessino di Padova, Flavio Zanonato, appartiene alla categoria dei timorosi. Non è intervenuto alla cerimonia di “certificazione” e ha dichiarato invece: “Non sono dell’idea di enfatizzare questo episodio. Credo che sia il modo meno efficace per rivendicare diritti. Così si finisce per attribuirgli un significato diverso”. Il vicesindaco della Margherita, Claudio Sinigaglia, è apparso ancora più infastidito e ha sottolineato che il certificato di convivenza non ha “nessun valore e nessuna conseguenza”, aggiungendo che “davanti all’anagrafe c’è stata semplicemente una manifestazione politica”. Tutto questo è però ancora nulla, di fronte allo sdegno accesissimo della consigliera della Lega Mariella Mazzetto, secondo la quale l’unione di fronte all’anagrafe “è uno scandalo. Vogliono liberalizzare la famiglia, nemmeno fosse un qualunque farmaco da banco o una tanica di benzina”. A noi, che rinnoviamo gli auguri a Tommaso e Giorgio (e a Stefano e Alicia), non resta che sperare che prima poi a qualcuno venga in mente di liberalizzare anche l’intelligenza. Tommaso e Giorgio esibiscono il certificato appena ottenuto Da molti punti di vista, a cominciare da quello dei diritti concreti, non si è trattato di un vero matrimonio, o Pacs (o Dico) che dir si voglia. Si è trattato, dicono i detrattori, solo del rilascio di un semplice certificato che attesta che due cittadini sono uniti da un vincolo affettivo, come consentito dalla legge anagrafica vigente, e come stabilito da una mozione proposta dal consigliere Alessandro Zan e approvata a larga maggioranza il 4 dicembre scorso dal consiglio comunale di Padova. Il clamore che l’evento ha suscitato è bastato comunque a chiarirne l’importanza simbolica. La festa al “Block” dopo la registrazione e l’immancabile taglio della torta marzo 07 pride 12 attualità+cultura Immagini dalla seconda manifestazione nazionale No Vat, organizzata dal coordinamento Facciamo breccia, che si è svolta a Roma il 10 febbraio. Antiratzisti in piazza Gianni Rossi Barilli Malgrado l’inclemenza di un tempo eccezionalmente piovoso, hanno risposto in migliaia all’appello di Facciamo Breccia a scendere in piazza contro le ingerenze del Vaticano nella vita politica italiana. Associazioni glbt, collettivi femministi, centri sociali e gruppi studenteschi (senza dimenticare atei e agnostici impenitenti) hanno sfilato per le vie della città da Porta San Paolo a Campo de’ Fiori, dove il corteo si è concluso con un doveroso omaggio al monumento di Giordano Bruno, bruciato vivo quattro secoli fa per ordine appunto del Vaticano. In mezzo a tanta gente era però piuttosto ridotta la rappresentanza delle personalità politiche. Solo pochi esponenti di Rifondazione comunista e della Rosa nel pugno hanno infatti avuto l’ardire di sfidare il conformismo imperante, che spinge gli eletti dal popolo a mostrare un atteggiamento umile e dimesso verso le gerarchie cattoliche e le loro pretese di controllo sulla vita dei cittadini. Alla manifestazione No Vat, invece, tutto c’era tranne la preoccupazione di non urtare la suscettibilità del clero. Così si sono fatti notare “sacrileghi” travestimenti da vescovo e da papa, insieme a parecchi slogan del tutto irriverenti. Da “dieci, cento mille Porta Pia” al delizioso “più prati meno preti”. Non per fare un po’ di baccano carnevalesco ma per richiamare l’attenzione sull’indecoroso livello di asservimento della nostra vita pubblica al neotemporalismo vaticano. E per chiedere una politica finalmente laica, insieme all’abolizione dei molti privilegi (prima di tutto economici) di cui gode la chiesa cattolica. Servizio fotografico di Mauro Terzi pride marzo 07 13 marzo 07 pride 14 pride marzo 07 cultura+attualità 15 Dal 20 al 25 gennaio si è svolto a Nairobi, Kenya, il settimo forum sociale mondiale. Daniela Danna ha partecipato, approfittandone per discutere con i padroni di casa della condizione glbt in un paese africano. Queer Africa Daniela Danna [email protected] “Non importa quello che fanno: possono lapidarmi a morte, ma io sono omosessuale”. Parla una donna sudafricana nera: siamo a Nairobi, nel complesso sportivo di Moi. Qui si sono riuniti più di 100.000 attivisti del Forum sociale mondiale, nato in contrapposizione al “Club dei ricchi”, il Forum economico mondiale che negli stessi giorni di fine gennaio elabora le strategie di (mal)governo del pianeta a Davos, tra le nevi delle Alpi svizzere. diffusi sull’omosessualità. Al banchetto della “Coalizione gay e lesbica keniana” si avvicinano infatti moltissimi delegati, con aria di disapprovazione, di sconcerto, e anche un po’ di spavento. Però chiedono informazioni, discutono, e il più delle volte se ne vanno con un sorriso, ammettendo: “Avevo una cattiva opinione dei gay. Ora so”. Sotto l’implacabile sole africano si discute di come resistere: resistere all’invasione delle sementi geneticamente modificate, agli espropri delle terre dei contadini per la costruzione di devastanti dighe, ai tagli alle spese sociali per pagare un debito internazionale ingiusto, agli scippi delle pensioni e dei beni pubblici, al progetto di “costituzione” europea privo del principio della sovranità popolare. “Sono molto felice” dice Lauren, 23 anni, studente di gestione ambientale, volontario nei programmi anti-Hiv con peer educators (educatori “pari”, cioè provenienti dallo stesso ambiente sociale dei destinatari delle informazioni). Anche lui siede al banchetto, e ha partecipato ai momenti pubblici del Forum: la marcia partita da Libera (uno dei più grandi slum del Kenya, casa di un milione di persone senza fogne, acqua, elettricità), portando uno dei tre striscioni delle associazioni omosessuali africane, e la maratona di 14 km da Korogocho (un altro degli slum di Nairobi, dove si trova la famosa missione comboniana di Zanotelli) fino al parco Uhuru, cioè il parco della Libertà. “La Coalizione keniana è un ‘ombrello’ per dieci organizzazioni, la più vecchia nata nel 2000 ed è presente a Nairobi, Mombasa e Kisumu”, racconta Judith, che è studente di legge e ha vent’anni. Nessun politico li sostiene “Perché la società keniana è molto conservatrice, la maggioranza è religiosa, cristiana o mussulmana. C’è molta discriminazione, se dichiari di essere gay persino gli amici possono picchiarti. Oppure ignorarti. L’accettazione è molto rara. Di alcuni personaggi famosi (cantanti, attori) si dice che sono gay, ma nessuno di loro lo ha mai dichiarato”. E di come resistere all’eterosessualità dell’obbligo. Nella tenda del Q spot (il “punto Q” come “queer”) i dibattiti si susseguono per tutti i quattro giorni del Forum, e il grande spazio è sempre pieno. Sono quasi tutti neri e nere, a dimostrazione (se ce ne fosse bisogno) che non è affatto vero che l’omosessualità sia “una malattia importata dai colonizzatori”, come purtroppo pensa la maggior parte degli africani. Al contrario: quello che hanno lasciato gli inglesi e gli altri colonizzatori sono semmai leggi repressive, che in Kenya minacciano chi compie atti omosessuali con la prigione (e naturalmente proibiscono anche la prostituzione…). Se per fortuna per applicare la condanna servono i testimoni, anche in mancanza di prove le persone dall’aria gaia vengono comunque fermate dalla polizia, accusate, costrette a patteggiare e quindi a pagare. Amici delle persone che ho incontrato nel Q spot hanno perso il lavoro, il sostegno della famiglia, hanno dovuto interrompere gli studi. Leila ha perso il negozio che gestiva a Mombasa in condivisione con la famiglia, che l’ha cacciata quando il locale è diventato punto di incontro di gay e lesbiche. “I keniani hanno paura di parlare di sessualità”, dichiara Judith, una dei coraggiosi che al Q spot mettono la propria faccia e la propria storia per contrastare l’ignoranza e il pregiudizio Il Forum sociale mondiale è importantissimo per l’attivismo glbti (“i” per “intersessuale”) in Kenya: le discussioni più vivaci sui mass media sono state proprio a commento della grande visibilità queer. Le opinioni per lo più non sono state favorevoli, ma sfottenti. Le chiese cristiane e i capi mussulmani Le foto sono di Giorgio Caniglia hanno ripetutamente chiesto insieme una netta condanna dell’omosessualità da parte del governo (una dichiarazione che comunque non c’è stata). I momenti pubblici di visibilità durante le manifestazioni per Judith e gli altri sono stati bellissimi: “Eravamo felici, e completamente a nostro agio insieme a tutti gli altri attivisti. Abbiamo ballato, ci siamo divertiti così tanto. Invece il primo dicembre eravamo solo in cinque a portare il nostro striscione”. Le chiedo se tutti condividono le posizioni critiche nei confronti della globalizzazione che il resto del Forum sta esprimendo, e mi confessa di non saperne molto. Ma i temi proposti alla discussione nel Q spot sono profondamente ispirati alla ricerca dell’“altro mondo possibile”, e non solo per i diritti umani ma per quelli sociali ed economici. “Minoranze sessuali e giustizia sociale” è stato il titolo del primo incontro proposto: anche gay e lesbiche lottano per il diritto alla casa e il diritto al lavoro (o al reddito…): “Altrimenti”, conclude uno degli oratori, “essere gay rimane roba da ricchi, come è sempre stata”. marzo 07 pride 16 attualità+cultura Un sondaggio della Commissione europea punta il dito contro le discriminazioni: quelle per orientamento sessuale sono tra le più diffuse. E al primo posto c’è l’Italia. Omofobia europea Giulio Maria Corbelli [email protected] Eccola qui l’Europa del terzo millennio. Quasi quattrocento milioni di persone, due terzi delle quali convinte che per un gay o una lesbica sia difficile dichiararsi. Ventisette nazioni in cui, dove più dove meno, l’omosessualità è ancora un tabù radicato. Un continente accomunato dalla convinzione che poco si faccia per combattere la discriminazione legata all’orientamento sessuale. Il sondaggio “Eurobarometer”, condotto su richiesta della Commissione europea, mette a fuoco la percezione della discriminazione nell’Europa unita, e il ritratto che traccia non è dei più incoraggianti. Nel 2000 sono state emanate due direttive, la 43 e la 78 (rispettivamente dedicate all’equità razziale e alle pari opportunità sul luogo di lavoro), per proibire disparità di trattamento basate su sei forme di discriminazione (sesso, origini etniche, credo personale, età, disabilità e orientamento sessuale). Nonostante queste direttive, però, in molte nazioni la realtà è ancora tutt’altro che rosea. E il nostro paese si trova, come spesso accade, nei vagoni di coda: “L’Italia ha in questo campo una legislazione meno efficace di quella di Ungheria e Romania, dove almeno esistono organismi specifici di lotta alla discriminazione”, spiega Riccardo Gottar- di, co-presidente di Ilga-Europe, l’organismo che rappresenta le associazioni gay e lesbiche nazionali presso le istituzioni europee. Se si parla di discriminazione per orientamento sessuale, l’Italia vanta nel sondaggio di Eurobarometer un primo posto assoluto: il 73% dei nostri connazionali crede che essa sia largamente diffusa nella società, seguito dal 72% dei ciprioti, dal 68% dei greci e dal 67% dei portoghesi. Un primato poco lusinghiero di cui non è difficile intuire le motivazioni. “Dare la colpa al Vaticano sarebbe banale anche se certamente non sbagliato”, commenta ancora Gottardi, “ma il vero problema è l’insipienza della nostra classe politica. Non c’è nessun leader capace di mostrare un minimo scatto d’orgoglio rispetto alle ingerenze cattoliche. Quando la Francia approvò i Pacs, ormai quasi dieci anni fa, il governo francese non perdeva occasione per vantarsene nelle sedi internazionali; la legge sulle unioni di fatto in Italia, qualunque forma prenderà, non sarà presentata con orgoglio da nessuno”. Eppure la maggioranza della popolazione si rende conto del grave deficit esistente a livello legislativo: tre quarti degli intervistati sarebbe favorevole a misure specifiche che garantiscano in Italia pari opportunità a gay e lesbiche sul luogo di lavoro, ritenute utili invece solo dal 66% degli europei. Leggi insomma che rimedino alla condizione sfavorevole vissuta nella società: essere omosessuali è infatti, secondo i nostri connazionali, al quarto posto degli svantaggi sociali dopo la disabilità, le origini Rom o la diversa etnia. La percentuale di chi la pensa così nel Bel Paese raggiunge il 63%, ben al di sopra della media continentale, che si ferma al 54%. I risultati poco lusinghieri raggiunti dall’Italia nell’Eurobarometer, però, potrebbero rivelarsi meno negativi di quello che sembri: se si osserva, infatti, che in Estonia solo il 26% degli intervistati crede che la discriminazione di gay e lesbiche sia largamente diffusa (ma c’è anche un agghiacciante 22% di persone che non sanno cosa rispondere alla domanda), si comprende che almeno in Italia di orientamento sessuale si discute. Uno dei problemi più diffusi relativi a questo argomento è infatti la visibilità: di omosessualità non si deve parlare, i gay e le lesbiche non esistono e quindi non possono essere discriminati. Questa lettura giustificherebbe le percentuali superiori all’80% di cittadini dell’Europa meridionale che credono che l’omosessualità sia un tabù: la pensa così l’86% degli abitanti di Cipro, l’85% dei greci e l’83% dei portoghesi. Sulle sponde del Mediterraneo si salva solo la Spagna, dove meno della metà degli intervistati crede che questo tabù esista ancora. Ma ci sono altri segnali che mettono in evidenza il problema della visibilità: oltre al caso già citato dell’Estonia, sono molti i paesi dell’est in cui pochi vivono l’orientamento omosessuale (altrui) come una condizione problematica. Se solo il 32% dei lettoni crede che la discriminazione di gay e lesbiche sia una realtà diffusa, evidentemente nessuno ha informato il restante 68% dell’indifferenza con cui la polizia di quel paese assiste ai linciaggi pubblici che gli attivisti devono subire appena mettono il naso fuori dalla loro sede. Meno male che ci sono i giovani: sono loro infatti ad alzare le percentuali di coloro che considerano la discriminazione per orientamento sessuale un fenomeno diffuso, mentre chi ha più di 55 anni continua a considerarla un argomento inesistente. In tutto questo cosa fa l’Unione europea per superare le discriminazioni nella società, oltre naturalmente a realizzare interessantissimi sondaggi? “Ben poco”, è costretto ad ammettere anche il copresidente di Ilga-Europe. “Il Parlamento europeo, che nel 2000 e 2001 aveva approvato importanti risoluzioni, ora è fermo su tutto, e su questi argomenti in particolare: dopo le ultime elezioni la composizione è cambiata e ora la maggioranza è di centro-destra, se non proprio di destra. Le incertezze nate dopo la bocciatura del trattato rendono tutto più difficile e costringono a mediazioni complicatissime: pensate che solo dopo le violenze contro i pride in Polonia e a Riga è stato possibile far approvare risoluzioni che non fossero generiche ma richiamassero questi paesi al rispetto dei diritti umani”. Nessun aiuto dalle istituzioni europee, nessun impegno da parte della politica nazionale: la lotta alla discriminazione per orientamento sessuale sembra quindi un problema destinato solo ad aggravarsi. Lo ha già constatato quasi un italiano su due secondo cui, come rivela Eurobarometer, la discriminazione per orientamento sessuale è oggi più diffusa di quanto non fosse cinque anni fa. pride marzo 07 17 via Naz. Adriatica 29_47043 Gatteo Mare (FC) www.villaggiorose.com_tel.0547 86213 marzo 07 pride 18 pride marzo 07 cultura+attualità 19 Dio, fascismo, guerra, omosessualità: questo impegnativo mix è alla base del nuovo libro di Franco Buffoni, Piu luce, padre. Tra padre e nipote Gian Pietro Leonardi http://grammaticadelmancino.blogspot.com Franco Buffoni, poeta di fama internazionale, traduttore raffinato e professore di letterature comparate, torna a riflettere su un’impegnativa eredità paterna, un diario scritto a matita in stenografia su cartine da tabacco in tre campi di concentramento tedeschi tra il ’43 e il ’45. Il diario, già alla base del più significativo volume di poesie di Buffoni, Guerra (Mondadori, 2005), torna in questo nuovo libro in forma di dialogo, Più luce, padre (Luca Sossella, 2006, [email protected]). Non si tratta solo di una necessaria integrazione a quella raccolta, ma è anche un accorato appello da parte di un intellettuale omosessuale, laico e illuminista, contro il conformismo e il qualunquismo della società attuale. Buffoni sceglie come interlocutore il giovane nipote, che si fa portavoce nel testo di posizioni no global. Tra i due si instaura un dialogo filosofico serrato e appassionato su temi quali la figura pa- terna, il fascismo, la guerra, dio e l’omosessualità. Proprio su quest’ultima, che si prefigura nel testo come la punta più avanzata della cultura occidentale verso la dissoluzione delle appartenenze, i due sembrano trovare un punto d’incontro. Così come il disertore, altra figura eroica che emerge dalle pagine del libro, l’omosessuale si “chiama fuori” e si sottrae alla logica dell’onore e dell’orgoglio, logica che finisce per avallare guerre e fanatismi religiosi. Come Primo Levi, il poeta si sente profondamente indignato al punto “da non poter nemmeno provare odio”, e senza cadere nelle trappole della metafisica continua a dialogare e a portare avanti le proprie ragioni di pensatore libero. “Pride” lo ha intervistato. Gli italiani sono atei e bigotti allo stesso tempo. Avere il papato in casa porta anche a questo. Paradossalmente in America ci sono reazioni quasi viscerali, mentre in Italia si è ignorati. Il libro si apre con un’esortazione al dialogo da parte del nipote. Un dialogo su dio, la guerra e l’omosessualità: tre istanze apparentemente mute tra loro. Per me sono inevitabilmente collegate tra loro. Ho raggiunto la consapevolezza di me stesso e quindi della mia natura organicamente omosessuale mentre apprendevo della guerra e di tutto ciò che era accaduto a mio padre nel decennio precedente. La mia privata guerra contro mio padre per avere un’identità è andata di pari passo con la conoscenza della guerra in senso storico, e quindi della natura umana, ma anche con l’affrancamento dell’impianto ideologico cattolico. Ecco perché per me guerra, dio e omosessualità sono collegati e interfacciati: rappresentano la mia adolescenza, il periodo che va dai dodici ai vent’anni. Cosa pensi dei continui anatemi contro l’omosessualità dalle più alte cariche della chiesa? Li manderei tutti a Gerusalemme. Visto che i capi religiosi si sono trovati uniti contro il gay pride di Gerusalemme lì manderei tutti lì e lascerei a Roma i ragazzi della Repubblica romana del ’49. Hanno passato il segno, e questo è chiaro a tutti: stanno combattendo una lotta contro la modernità. Lo stesso Wojtyla, che pur qualche merito ha avuto, ha pavimentato la via al pontefice attuale, marginalizzando l’ala cosiddetta liberal e circondandosi di collaboratori che la pensavano come lui. Quell’istituzione non si salva più, si è autocondannata ad andare in una direzione antimoderna. Tant’è vero che attacchi così serrati all’illuminismo non erano venuti né da Pacelli né da Montini. Come in Guerra, dove la tua poesia si fa civile e politica, anche questo tuo nuovo “romanzo storico-autobiografico in forma dialogica” prende spunto dal diario di tuo padre. Sì, la fonte e il procedimento sono gli stessi. Nella nota finale a Guerra volevo dire molte più cose, ma non potevo perché quello era un testo poetico. Una volta uscito il libro ho pensato di dilatare la nota e da due pagine e mezza sono diventate venticinque, poi mi sono accorto che avevo bisogno di un interlocutore e così le pagine sono diventate automaticamente cinquanta. In quella fase il mio interlocutore era ancora un giornalista anonimo. È stato Enzo Siciliano (uno dei primi lettori del testo insieme a Tommaso Giartosio e Edoardo Albinati) a suggerirmi che l’interlocutore andava connotato psicologicamente. L’ho riscritto, dunque, pensando ai miei veri nipoti. Nel libro ti dichiari “ateo, omosessuale, illuminista e antiproibizionista”. In alcuni paesi chi sostiene posizioni cosi chiare e nette rischia il linciaggio, mentre in Italia vige una sorta di menefreghismo. Verrà il momento che anche costoro chiederanno perdono agli omosessuali, ma come non ho mai accettato le richieste di perdono proferite da Wojtyla nel 2000, mi guarderò bene dall’accettare le loro scuse. Franco Buffoni è nato a Gallarate nel 1948. Vive a Roma e insegna all’università di Cassino. Tra le sue pubblicazioni segnaliamo Suora carmelitana (Guanda, 1997), Carmide a Reading (Empiria, 2002), Il profilo del Rosa (Mondadori, 1999). marzo 07 pride 20 attualità+cultura Insulti, minacce di morte, botte e soprattutto un’odissea per riuscire a denunciare l’accaduto. La vittima ha deciso di rendere pubblica la vicenda. La denuncia impossibile Stefano Bolognini [email protected] Disegno di Massimo Basili Jorg S., tedesco di 26 anni, l’8 gennaio 2007 passeggia nella centralissima via Torino a Milano, in pieno giorno, quando incrocia lo sguardo di un passante. Succede il finimondo. Tutto incomincia a due passi dal Duomo… Ero in centro, vicino a me camminava una persona in compagnia di due donne, e i nostri sguardi si sono incrociati per un istante. Lui ha reagito con una espressione mimica molto aggressiva. Gli ho chiesto “Che c’è”. Ha ribattuto: “Come, che c’è? Non guardarmi”. Io non le mando a dire, e ho risposto: “Guardo chi voglio e poi sei tu quello che ha guardato per primo…”. Oddio, hai cercato la rissa? Non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno, ma tutto sarebbe finito lì se non mi avesse apostrofato con un sonoro “Frocio di merda, ti do due schiaffi!”. Ho deciso immediatamente di chiamare la polizia. Ero stato insultato, “frocio di merda” è un’espressione che la corte di cassazione ha punito come reato. L’uomo s’è accorto che parlavo con le forze dell’ordine e s’è scaldato ulteriormente. Mi ha urlato: “Brutto frocio di merda, ti ammazzo”. Aveva incontrato l’omosessuale sbagliato... Lui mi insultava e minacciava le due donne che lo accompagnavano e che cercavano di calmarlo, io urlavo: “Voglio giustizia”, si era formato un capannello di gente intorno a noi. Alcuni lo trattenevano, lui dava in escandescenze. Si è liberato e mi ha preso a calci e pugni. pride marzo 07 Era un incubo ed era assurdo. Sono finito a terra… Cosa ti ha detto il 113? Mi è rimasto impresso particolarmente il fatto che abbiano prima chiesto: “Chi parla? Lei è un uomo o una donna?”, e solo poi “Dove si trova?” e “Cosa accade?”. A questo punto l’aggressore si è dileguato e tu hai fatto una inutile denuncia contro ignoti. Macché, si è allontanato, ma mi sono rialzato nonostante i dolori e l’ho seguito fino in un bar, dove tentava di nascondersi. Fortuna vuole che ci fossero due finanzieri che prendevano un caffè ai quali ho esposto il caso. Lo hanno fermato e hanno preso gli estremi dei nostri documenti. Lui riteneva che l’avessi provocato e voleva denunciarmi: ma ti pare? Dire per strada ad una persona “Che c’è?” non è reato. Assolutamente, ma anche se lo avessi provocato non è mai giustificabile un’aggressione, né fisica né verbale. Sei poi finito in ospedale. I finanzieri hanno chiamato l’ambulanza, mi doleva tutto: 12 giorni di prognosi per trauma cranico e contusioni multiple. A questo punto decidi di denunciare. Sì, torno a Roma, città nella quale vivo, scrivo il testo della denuncia e mi presento al commissariato di polizia di via Farini. Per “problemi”, così mi hanno detto, non potevano accettare la denuncia e mi suggerivano di tornare un altro giorno. Non ho insistito, anche se so che è il loro dovere accettare una denuncia in qualsiasi momento. Hanno specificato i “problemi”? No, hanno detto “problemi”, ma solo dopo aver letto il testo della denuncia. Se me l’avessero detto subito… Sono allora andato alla polizia alla stazione Termini. Hanno letto il testo molto velocemente e sono stati lapidari: “Non è di nostra competenza”. Non mi andava di litigare, ci sono tanti commissariati di polizia, sono andato a quello di via Marsala. L’agente, dopo una lettura sommaria, ha detto: “La denuncia è da riscrivere, al posto di “al commissariato di polizia” dovevi scrivere “al posto di polizia”, e poi in romanaccio: “Ao ma che t’a fatto questooo, t’à minacciato, ma daaaiii”. Insomma hai denunciato o no? Sì al quarto tentativo e dopo aver ascoltato anche il suggerimento di portare la denuncia ai carabinieri. Ho il verbale tra le mani che dice fra l’altro: “È presente il nominato in oggetto, la quale presenta e consegna la denuncia querela”. Ancora: “viene sottoscritta dall’interessata”. Intende persona interessata forse? Spero di sì, però questi due errori fanno pensare. Cosa chiederai in sede di processo? Chiedo semplicemente giustizia... Fatti come questi sono assolutamente intollerabili e vanno puniti a norma di legge. 21 marzo 07 pride 22 pride marzo 07 23 marzo 07 pride 24 attualità+cultura Fiorella Mannoia: “Esigo uno stato laico che legiferi in quanto tale. Nessuno vieta ai cattolici di non essere gay e praticare l’astinenza! I Pacs? Non so se ce la faremo, l’ingerenza della chiesa ha ormai superato ogni limite”. Mitica! Francesco Belais [email protected] Fiorella for president La rossa Fiorella ha inciso un disco nuovo, Onda tropicale, un album made in Brazil, nel quale ha raccolto i più grandi nomi della canzone brasiliana. Il disco è un omaggio alla cultura e alla musica del paese latinoamericano a cui la cantante si sente particolarmente legata. In gennaio è partita con un tour di oltre cinquanta date, che la porterà in giro per tutta l’Italia. Grintosa, arrabbiata, controcorrente, ha accettato volentieri di parlare con noi. Ecco quello che ci ha raccontato. Innanzitutto complimenti perché hai fatto un disco bellissimo. Grazie. Mi sono voluta fare un regalo, con questo disco. Hai affermato che i brasiliani hanno capito qualcosa che a noi sfugge. A cosa ti riferisci? Alla loro visione della vita, al modo di affrontarla con leggerezza e allegria. Spesso vengono ai miei concerti, con le bandiere, e si distinguono dagli altri, si fanno riconoscere. Io e i miei musicisti siamo rimasti stupiti per il loro calore, ti baciano, ti toccano, non si fanno problemi, urlano di piacere, hanno un approccio diverso dal nostro. Noi abbiamo la tendenza a prenderci un po’ troppo sul serio, siamo troppo concentrati su noi stessi, come se il mondo girasse intorno a noi, loro non sono così. Visto che accenni al fatto di non prendersi troppo sul serio, se ti proponessero di sfilare a un gay pride su un carro di trans brasiliane, con te davanti che canti, accetteresti? Ma perché no? Quello, al di là delle rivendicazioni, è un momento di festa, è questo che la gente non vuole capire. E non vengano a parlarmi di cattivo gusto: ma perché additare sempre i gay? L’altro giorno, per esempio, guardavo la televisione (che tra l’altro non accendo quasi più) ma ero al ristorante, ed ho visto un programma di Papi dove erano tutti nudi. C’era quel filtro che non ti fa vedere, ma questi erano nudi! Voglio dire, si dà addosso al gay pride e poi alle 9 di sera, in televisione, c’è la gente che gira nuda, ma stiamo scherzando, che ipocrisia è? pride marzo 07 Erano cinque anni che non facevi un disco d’inediti, ed in questo periodo hai praticamente vissuto in tournée. Ce l’hai una vita privata, una casa? (Ride) Certo, ce l’ho, e quando sono in giro mi mancano. Però, proprio oggi, durante una traversata, ho capito che questa è la mia vita, io non potrei farne un’altra. Non sarò mai grata abbastanza per questo privilegio troppo grande che mi è stato dato. Fiorella, tu sei pochissimo in televisione. Molti dicono che se non si fanno passaggi televisivi non si vendono i dischi e non si riempiono i teatri. Sei l’eccezione che conferma la regola? No, non ci credo a questa cosa. Io posso parlare a nome anche dei vari De Gregori, Fossati ecc.: più stiamo fuori dalla televisione, meglio è. La Tv non ci aiuta: ci fagocita. Al di là dei pochi passaggi che c’impongono le case discografiche, quando usciamo con un disco, è meglio scappare, perché è un tritacarne molto pericoloso, che usa, mastica e sputa! Io voglio starne fuori, anche perché sono sempre più convinta che le persone che ti vengono a vedere ti somigliano, quando le guardo, dal palco, sento che il loro pensiero è il mio pensiero, questo mi basta. Io sono doppiamente fortunata per la grande libertà che mi ha dato la gente, accordandomi fiducia. La libertà di non essere schiava della televisione, della radio o dei mezzi d’informazione: questo è un privilegio enorme. Tu hai sempre manifestato simpatia per la sinistra. Cosa pensi di questo governo? In realtà siamo tutti scontenti perché vorremmo che fosse di sinistra, però ci sono tante difficoltà perché è una coalizione messa su con le toppe. Ci dobbiamo scontrare con Mastella, con Rutelli e con tanti altri. Quello che vorremmo è un po’ di decisionismo di sinistra, e questo si fa fatica ad ottenerlo perché Prodi non è un uomo di sinistra. Ma dobbiamo accontentarci perché, d’altra parte, l’alternativa è talmente pericolosa, lontana ed assurda, almeno per quello che è il mio punto di vista, che dobbiamo sostenerlo. Da una parte avremmo voglia di gridare: “Basta, dite qualcosa di sinistra!”; dall’altra siamo costretti a stringere i denti e sostenere il governo Prodi perché, almeno per ora, non abbiamo alternativa. In questi giorni il governo sta discutendo il testo di legge sui Pacs (non ti chiedo se sei favorevole perché sarebbe una domanda retorica): credi che ce la faremo o l’avrà vinta Mastella? Ho letto l’altro giorno l’intervista alla moglie di Mastella, è una cosa raccapricciante, come si fa a dire: “Io gli omosessuali li invito anche a pranzo”? È come quelli che dicono: “A me i negri me so’ simpatici”. Non posso credere che, ancora oggi, ci sia gente che fa questi discorsi, mi sento male. È una cosa che non si può sentire. Cosa vuol dire dividere le persone in categorie, ma che frase è? Che ti devo dire: ce la faremo? Non lo so, perché l’ingerenza della chiesa ormai ha passato ogni limite. Tu sei credente? Sono religiosa, ma non sono credente. Ho una mia spiritualità, credo nell’uomo, negli insegnamenti di Cristo, ho letto tutti i vangeli e credo che se fossero presi alla lettera da tutti, preti compresi, non ci saremmo trovati in questa situazione. Però non ho il dono della fede, sono laica, vivo in uno stato laico, e spero che si legiferi in maniera laica. Non siamo in uno stato teocratico: questa è una cosa che non si può più sopportare. I cattolici facciano quello che vogliono della loro vita, gli insegnamenti del papa io non li discuto, lui dice la sua opinione, io la rispetto. Nessuno vieta ai cattolici di non convivere, di non abortire, di non essere gay e praticare l’astinenza. Nessuno li obbliga, possono sposarsi, non divorziare, non usare le cellule staminali, possono fare quello che vogliono, con tutto il mio più grande rispetto... ma siamo in uno stato laico, che deve legiferare in quanto tale. Il papa esprima pure le sue opinioni. Sono le opinioni del papa, non le mie. Io sono una minoranza (anzi non siamo una minoranza, siamo forse la metà del paese) ed esigo che si rispetti la laicità dello stato. Su questo sono categorica e non posso transigere. L’opinione pubblica, secondo me, è a favore dei Pacs, ne sono più che certa. Hanno cercato di dare una falsa notizia, come se fosse un problema soltanto omosessuale: non è così! È una cosa che cultura+attualità cosa per volta sennò ci facciamo del male. Questa non è una cosa semplice, non dobbiamo essere ipocriti neanche noi che la pensiamo in questo modo. Non siamo ancora pronti a questo, abbiamo strada da fare. Intanto cominciamo a riconoscerci come coppie di fatto, etero e gay: questo già mi sembra un grande passo avanti. riguarda tutte le coppie di fatto, omo ed etero. Cercano di confondere l’opinione pubblica, facendo passare la richiesta dei Pacs come una voglia degli omosessuali di sposarsi: non è questo. Io mi auguro che qualcuno dei nostri governanti lo dica, perché questo è un grande inganno, uno dei tanti. Paradossalmente, alcuni esponenti della destra si sono espressi a favore. Ma porca miseria, vogliamo parlarne? Tu lo sai che loro, in parlamento, i Pacs se li sono sottoscritti? Loro hanno la reversibilità della pensione e l’assistenza sanitaria anche se soltanto conviventi. Ma devo dirlo io questo? Perché non lo dicono loro? I parlamentari se la sono fatta, la legge. Anche Casini è un convivente, ci mancherebbe altro che gente come lui poi si schiera contro i Pacs. Stiamo scherzando? Di quale famiglia stiamo parlando, di quella del Mulino bianco? Ma dove stanno ‘ste famiglie, che il 60% delle coppie sono separate? Dove sono queste famiglie di cui tanto si riempiono la bocca dicendo il Pacs è contro la famiglia? Che cos’è quest’ipocrisia? In merito alle adozioni nelle coppie gay, saresti favorevole? Sarei favorevole a tutto perché dove c’è amore i bambini crescono bene. Però pregherei di non mettere troppa carne al fuoco. Questa è una cosa che è meglio lasciarla più avanti. Facciamo una Speriamo che al momento della pubblicazione di quest’intervista ci siano già buone notizie all’orizzonte! Io me lo auguro, ma sono un po’ pessimista. Credo che faranno una cosa raffazzonata all’italiana con un contentino di qua e uno di là. Stanno parlando di anni di convivenza prima di avere certi diritti: ma che discorso è? Di che hanno paura, degli inciuci? Questi possono esserci lo stesso, se vogliamo. Quante coppie di omosessuali sono state costrette a sposarsi con una persona dell’altro sesso, fidata, solo per poter fare godere, un domani, certi di diritti di reversibilità al proprio compagno. Io ho una grande amica che ha perso la sua compagna ed ho assistito ad uno strazio vergognoso. Ha dovuto fingere in ospedale di essere prima la cugina, poi la sorella, e questi che continuavano a domandare e lei, in lacrime, che ha dovuto dire di essere la compagna affinché la facessero passare. Ha dovuto far impietosire, avendo “la fortuna” di trovare un primario che le ha detto: “Signora, venga quando vuole”. Ti rendi conto a che punto siamo? Ma di Adelina Parrillo, ne vogliamo parlare, la conosci questa storia? 25 scinare perché non voleva uscire. Questi hanno fatto la messa per i morti e sono entrati soltanto i parenti, lei è dovuta rimanere fuori. Nei giorni scorsi un altro attentato ha macchiato di sangue una località di Israele, che tu hai cantato in una tua vecchia canzone: “Sorvolando Eilat”. Che ti posso dire? È stato un dolore anche per me. In quel brano cantavi: “Bimbi tende e il vento se li prende…” Stavolta non se li è presi il vento, se li sono presi le bombe. Che scenario si vuole aprire nel mondo di oggi? Hanno condannato a morte quello, ed io sono contraria alla pena di morte, anche se si trattasse di Hitler in persona, ma se Saddam Hussein è colpevole, Bush non è da meno. No, al momento mi sfugge. Sul mio sito c’è una pagina che si chiama “A proposito di”, che io ho dedicato a questa donna, il cui compagno è morto a Nassirya. Lui era un regista che era andato là per fare una fiction sui nostri soldati e stava con loro per documentarsi e prendere appunti. Quando c’è stata la tragedia dell’attentato è morto anche lui. La signora Parrillo non l’hanno fatta entrare in chiesa, perché dopo dieci anni di convivenza non era sposata, l’hanno accompagnata fuori i carabinieri, e stiamo parlando di una coppia etero. Sono cose che in un paese civile non possono esistere. L’hanno sbattuta fuori, l’hanno dovuta tramarzo 07 pride 26 pride marzo 07 cultura+attualità 27 Per la prima volta a un reality italiano partecipa un concorrente dichiaratamente gay. Anche se un trucco c’è: si tratta infatti non di un italiano, ma di un olandese, Pascal Horbach, in Italia per amore. Lo abbiamo intervistato. Un gay sull’isola Antonio Malvezzi L’olandese Pascal Horbach è il primo concorrente gay dichiarato di un reality italiano, la seconda edizione di Desconocidos, dal 7 marzo sul canale Sky Match music. Fibra tosta e spirito avventuroso, questo trentaseienne naturalizzato italiano ha visto nascere dietro le quinte il primo Grande fratello. Un “gigante buono” di un metro e ottantacinque sorretto da un abbondante 44 di piedi, un viso che ricorda vagamente il fascino moro dello splendido attore hard Dino DiMarco, un corpo tonico che parla da solo: ecco Pascal Horbach, trentaseienne nato a Boxmeer, Paesi Bassi così bassi da sfiorare la Germania, ma giramondo per vocazione e ormai naturalizzato italiano, visto che vive a Parma da più di sei anni col fidanzato Nicola. L’affascinante Pascal sarà il primo concorrente dichiaratamente omosessuale di un reality italiano, la seconda edizione di Desconocidos (Reyson production), una via di mezzo tra l’Isola dei famosi e la Caccia al tesoro di Jocelyn. Il programma è ambientato sull’isola di Hispaniola (ossia nella Repubblica Dominicana) - in onda dal 7 marzo per due mesi sul canale 716 di Sky, più noto come Match music. Finalmente l’omosessualità verrà sdoganata in toto durante un reality italiano. Niente a che vedere, però, con l’effeminatezza piumata di un Jonathan che si guarda bene dall’ammettere di essere gay o con l’ambiguità un po’ impacciata di un Rocco Casalino: il comunicativo Pascal si presenta com’è, senza barriere né complessi. Spiegami un po’ com’è nata l’avventura di Desconocidos. Sono stato contattato perché avevano bisogno di concorrenti gay. Io all’inizio ho detto che non volevo partecipare a un programma televisivo solo perché sono omosessuale. Quindi ho detto subito di no, anche perché volevano una coppia gay ma il mio fidanzato ha un lavoro che non gli permette di prender parte a un programma di quel tipo. Poi mi ha chiamato un’altra persona e mi ha chiesto di farlo da solo. Ho risposto che se avessi detto sì, l’avrei fatto perché sono Pascal, non perché sono gay. Il 21 ottobre mi hanno richiamato dicendo: “Ciao Pascal, sei pronto a partire?”. Il 5 novembre è iniziato il reality. In che cosa consiste il gioco? È una caccia al tesoro sull’isola di Santo Domingo con dieci concorrenti che gareggiano uno contro l’altro, tre coppie e quattro single. I primi tre giorni si giocava uno contro tutti, con sfide fisiche, dopodiché il gruppo è stato diviso in due squadre da cinque e le tre coppie sono state separate. Ogni giorno dovevi trovare un nuovo indizio in direzione del tesoro. Ma in realtà si giocava per se stessi: i due concorrenti col punteggio più alto erano i due finalisti e potevano anche appartenere allo stesso gruppo. Le informazioni utili per trovare il tesoro si ottenevano da quello che l’isola aveva da offrire cioè, principalmente, la disponibilità degli abitanti. Si potevano usare vari mezzi di trasporto, dai cavalli alle canoe, ma ci è capitato di attraversare una grotta a piedi nudi e anche fiumi e cascate! Siamo stati persino sulla spiaggia davanti all’Isola dei famosi. Eravamo nove italiani e un olandese... che non parlavano spagnolo. Che cosa c’era in palio? Il tesoro era una statuina di legno tradizionale dell’isola e rappresentava il montepremi: un contratto di un anno con un’agenzia di spettacoli a Milano per un anno e un viaggio di due settimane per due persone ai Caraibi. In quanto tempo è stato realizzato? In tutto sedici giorni, ogni giorno venivano registrate due puntate. In Tv andrà avanti per due mesi a partire dal 7 marzo. E come è venuta fuori la tua omosessualità? L’ho detto io quando volevo. Mi sono comportato come faccio sempre nella vita quotidiana: se arrivo in un posto dove non conosco nessuno sto zitto e mi faccio conoscere attraverso il mio carattere. La mia strategia è questa: quando ho capito quali sono i leader in un gruppo e mi fido di loro, a un certo punto faccio sapere com’è la situazione a casa mia. Nel momento in cui questa persona mi accetta sono sicuro che mi capiranno anche gli altri. I quattro single si sono coalizzati in aereo. Ci siamo conosciuti un’ora prima di partire, eravamo seduti vicini e subito si è creato un feeling. C’era un patto tacito: siamo noi contro le coppie. Già in volo hanno capito come stanno le cose perché, casualmente, una ragazza conosceva una mia amica storica di Parma. A quel punto ho detto: “Fate come volete, ma mi piacerebbe che gli altri lo scoprissero durante il gioco”. Quando gli altri lo hanno saputo non ci sono stati problemi: pare marzo 07 pride 28 attualità+cultura che abbiano detto delle belle cose su di me in “confessionale”. Ma non so che cosa avrebbero fatto nella vita reale: si trattava di un programma televisivo visto da migliaia di persone! Hai “legato” con qualche concorrente in particolare? C’è stato un momento in cui sono stato deluso da un partecipante che ritenevo amico. Io e lui eravamo i più forti di tutti gli altri sia caratterialmente che fisicamente. Partecipava come single, ma aveva a casa la fidanzata che lavora nel mondo dello spettacolo e ha molti amici gay. Mi ha fatto capire che per lui non c’era nessun problema. Un giorno, come premio per una gara vinta, doveva scegliere di dormire con una persona alla quale si era affezionato. Tutti pensavano che avrebbe scelto me. Invece ha optato per un altro maschio e io ci sono rimasto male. È persino scoppiato a piangere perché non voleva dare quest’impressione e poi ha spiegato che aveva scelto quest’altra persona perché ci aveva già passato una notte e aveva riso tanto… Abbiamo capito che stava facendo un gioco duro, voleva vincere a tutti i costi. Alla fine ci ha anche detto: “Quando vedrete il programma saprete come ho giocato”. Non so quanto è stato leale. Durante il reality hai sentito la mancanza del tuo compagno? Mi è mancato tantissimo, siamo sempre insieme. Dopo una settimana volevo abbandonare il gioco. Mi sentivo molto solo e mi dava fastidio il fatto che quando la telecamera era accesa gli altri concorrenti avevano un comportamento non naturale. A un certo punto ero completamente isterico, piangevo e ho detto alla produzione che volevo andarmene. Ho detto che per farmi rimanere avrebbero dovuto darmi la possibilità di chiamare a casa. Sono stato in camera per mezz’ora a parlare al telefono con Nicola e lui mi ha fatto capire che dovevo rimanere lì proprio perché ero la stessa persona davanti e dietro le telecamere. Così sono rimasto e ho potuto rivelare nel “confessionale” tutto quello che pensavo delle persone intorno a me. E il fatto di essere gay quanto ha influito sullo svolgimento del gioco? Io ero uno dei più grandi del gruppo insieme a un trentottenne, gli altri avevano tra i 19 e i 25 anni. Quando avevo io quell’età, 25 anni, ho preso la decisione più difficile della mia vita: dichiararmi. Lì ho rischiato tutto. Tutti i gay si trovano davanti a questo problema ma gli etero no. Devi accettare chi sei, e non è facile in questo mondo, bisogna confrontarsi con se stessi. Una volta superato questo problema sei così forte che non hai paura di affrontare gli altri problemi. Ho cercato di fare capire questo concetto. Ci sono stati incidenti, vista la pericolosità dell’avventura? Sì: eravamo in sei o sette, tutti in gara con l’altro team, a bordo di un furgone che a un certo punto ha preso fuoco mentre viaggiava a ottanta all’ora. Un tipo su un motorino ci ha avvertito che eravamo avvolti dalle fiamme. A un certo punto c’era così tanto fumo che non si vedeva più nulla, non riuscivo a trovare la maniglia per aprire la porta ma poi siamo riusciti a uscire. Abbiamo dato un centinaio di euro a una famiglia che aveva un altro furgone, abbiamo messo le valigie dentro e siamo andati avanti con questo mezzo. pride marzo 07 Da straniero, che cosa pensi della rappresentazione dell’omosessualità nella Tv italiana? Penso che sulle reti nazionali siano rappresentati pochissimo gli uomini gay. O meglio, ci sono ma non si vedono perché non si sa che sono omosessuali. Sono sempre nascosti dietro a una maschera che può essere una gonna e del trucco, oppure pensano di aver bisogno di sarcasmo e comportamenti stereotipati per essere accettati dal grande pubblico. Vorrei essere chiaro: non ho niente contro di loro, ma penso che comunque sia importante la “presenza gay” in tutte le sue forme! Ci sono anche i gay che lavorano in banca, i cuochi, gli allenatori e i manager... Tu hai un fitto background professionale nel mondo dello spettacolo come organizzatore di eventi e produzioni televisive. Hai anche lavorato in Olanda per Jon De Mol, l’ideatore del format del Grande fratello… Sì, pensa che quindici anni fa ho partecipato al primissimo incontro sul Grande fratello prodotto in Olanda. È arrivato Jon De Mol in persona a spiegare il concept di questo programma: l’80% delle persone che erano lì gli ha riso in faccia, dicendo che l’idea di una casa con telecamere accese 24 ore su 24 era assurda. Pensavano che fosse diventato pazzo. Mi hanno anche chiesto se fossi interessato al programma ma io stavo già lavorando a un altro progetto e ho detto di no. Hai sempre viaggiato molto e hai conosciuto vari Vip, ci racconti qualche episodio? Ho avuto una storia sentimentale con un cugino di Lenny Kravitz, un ragazzo che abita ad Amsterdam, molto sexy. Fa il produttore musicale e ha una casa di 600 metri quadrati nel centro della città. Ho conosciuto anche Lenny in persona a casa sua a Miami, aveva appena lasciato Vanessa Paradis. Mi ha accolto dicendo che sono molto sexy, è davvero simpatico. Poi alle Bahamas ho incontrato Elle Macpherson, una donna bellissima e assai gradevole. Pascal è noto ai lettori di “Pride” anche come modello di una passata pubblicità della sauna Steam Che cosa ti aspetti dalla partecipazione a Desconocidos? L’ho fatto per visibilità, in questo momento non ho un lavoro fisso. La produzione mi ha anche incaricato di vendere il format all’estero, a canali americani e olandesi. Da aprile farò alcune serate nelle discoteche gay dove si svolgeranno provini per il casting della terza edizione di Desconocidos. Stai anche scrivendo un romanzo, una love story gay… È la storia autobiografica mia e del mio compagno Nicola, una vicenda molto commovente. L’ho conosciuto alla festa della regina d’Olanda, una ricorrenza molto amata dai gay. Quando ho visto quei due splendidi occhi stavo per partire per New York col mio fidanzato di Manhattan. Poi per caso l’ho di nuovo incontrato e non l’ho più lasciato. Come spettatore segui gli altri reality? Sì, seguivo il Grande fratello, lo preferivo a quello olandese perché in Olanda sceglievano solo ragazzi dai 16 ai 22 anni che non avevano molto da dire. Quest’anno non lo guardo, ma devo rivelarti che i reality non mi piacciono molto. Desconocidos va in onda dal 7 marzo 2007 sul canale Matchmusic 716 di Sky, il lunedì, mercoledì e venerdì alle ore 17:30. Le repliche vanno in onda dal martedì al venerdì a mezzanotte e il martedì e giovedì alle 17:30. Pascal presenterà serate nelle discoteche gay per i casting per la prossima edizione di Desconocidos: [email protected] 29 marzo 07 pride 30 cronaca Perugia: allarme omofobia in città, lanciato dall’associazione glbt “Omphalos”. Ripetute aggressioni a persone omosessuali riconosciute come tali e continue incursioni a base di insulti e vandalismi contro la sede di “Omphalos”. La denuncia ha suscitato un necessario dibattito in città. E dal consiglio comunale è partita l’idea di promuovere nuove normative regionali per la lotta alle discriminazioni. Bari: la cappella è consacrata, quindi non può ospitare un bacio gay. Con questa opinabile motivazione, la sovrintendenza ai beni culturali ha imposto agli organizzatori della mostra “Corte d’amore”, allestita al Castello svevo di Bari, di togliere dai muri di una chiesetta interna al castello (adibita a spazio espositivo) la foto “Gay pride” dell’artista Giuseppe Digiglio. L’immagine raffigurava appunto il bacio tra due ragazzi durante il Worldpride del 2000 a Roma. Il tutto è successo a poche ore dall’inaugurazione della mostra, a metà febbraio. Nella cappella è invece rimasta senza problemi un’altra immagine che ritrae il bacio di una coppia eterosessuale. Ma saranno stati regolarmente sposati? Messina: omocidio a colpi di pietra, il 15 febbraio. La vittima, Eugenio Parisi, 60 anni, era dirigente della squadra di calcio dilettantisitica dello Spadafora, nonché sposato e padre di famiglia. Il presunto assassino, che ha confessato, è invece un calciatore diciannovenne della stessa squadra, che ha raccontato di avere ucciso per reazione alle pesanti avances sessuali ricevute da Parisi, che gli aveva offerto un passaggio in macchina dopo una partita. Roma: promosso dai radicali, è partito un appello pubblico a sostegno della loro proposta di legge sull’apertura del matrimonio civile anche alle coppie omosessuali. Motivazione principale dell’iniziativa, la manifesta insufficienza del disegno di legge del governo in materia di unioni civili, a fronte della necessità di affermare che i cittadini omosessuali hanno diritto a parità e uguaglianza rispetto agli altri. Per aderire, si può firmare su www.matrimoniodirittogay.it Napoli: un ordine del giorno approvato in consiglio comunale il 14 febbraio raccomanda la realizzazione di un monumento alle vittime delle persecuzioni nazifasciste che ricordi anche gli omosessuali perseguitati. Per l’Arcigay di Napoli, che aveva raccolto centinaia di firme a favore di questa iniziativa, un’altra discriminazione è stata eliminata. pride marzo 07 Silvio sbanda a destra I gay? Stanno tutti a sinistra. Parola di Silvio Berlusconi, che se gli capita l’occasione di fare una gaffe non se la perde per nessuna ragione. Anzi (così si esprime il cavaliere) gli omosessuali stanno tutti “dall’altra parte”, che come ha osservato Platinette è un po’ come dire che sono “dell’altra sponda”. Mister Mediaset d’altra parte è così appannato ultimamente che dev’essersi dimenticato di essere stato di persona alle feste di Dolce e Gabbana, che saranno pure dell’altra sponda ma di sicuro di sinistra non sono. Le sprovvedute parole antigay hanno comunque provocato un sussulto non indifferente tra le file degli omosessuali (e non solo) di centrodestra, che hanno chiesto invano un gesto riparatore. Molti, da Zeffirelli a Cecchi Paone al governatore del Veneto Galan, hanno puntualizzato che anche la destra pullula di omosessuali e che il cavaliere sbaglia nel non tenerne conto. “I gay non stanno tutti dall’altra parte”, scrive poi Platinette in una lettera stile Veronica inviata a Silvio con annessa richiesta di pubbliche scuse. “Io ad esempio, 52enne ‘travestitone obeso’, ho lasciato i radicali proprio quando sono confluiti nell’Unione. Mi spiace che, nonostante dieci anni di lavoro in Mediaset, Lei non si sia mai accorto che io sia dichiaratamente gay e non di sinistra… Le assicuro che una bella fetta dei suoi sostenitori, anche quelli in azienda, sono ‘gay’ e hanno maturato una personale coscienza politica che non appartiene a quella che Lei (un po’ giurassicamente, se permette) definisce l’altra parte”. Ancora più indignato il commento del presidente di GayLib Enrico Oliari, che ha in tasca la tessera di An: “Ci ha umiliato. È incredibile che il leader della nostra coalizione sostenga che l’omosessualità abbia un colore politico. È una cosa mortificante. Non vorrei che certe battute del presidente Berlusconi ci facessero nuovamente perdere le elezioni per ventimila voti, magari di gay stanchi della sua omofobia”. L’inferno di Giulio I gay? Tutti all’inferno. Parola di Giulio Andreotti, che dalla sua poltrona di senatore a vita ha sparato a zero, in un’intervista al “Corriere della sera”, sul governo che vuole legalizzare le coppie di fatto. “Se la cosiddetta modernità”, ha attaccato Andreotti, “vuol dire che addirittura si possa legiferare sulle unioni tra persone dello stesso sesso, si è veramente fuori dal giusto. Nel disegno di legge (del governo, ndr) c’è questo grosso problema: è lì dove si parla delle unioni di fatto tra persone anche dello stesso sesso. Questa cosa non mi va giù”. “Non sarebbe male”, ha rincarato il senatore, “se tutti, compreso Prodi, si andassero a rileggere Dante: i sodomiti nella Divina commedia finiscono all’inferno. Non c’è un quarto girone che si crea per decreto legge”. L’idea di uniformare la legislazione italiana alla visione del mondo del nostro più grande poeta medievale non è così peregrina come potrebbe apparire a prima vista. Si tratterebbe senza dubbio di un passo avanti rispetto alla preoccupazione costante di almeno metà del parlamento di fare le leggi a immagine e somiglianza di papa Ratzinger e del cardinale Ruini, che sono un bel po’ meno moderni di Dante Alighieri. Con tutto il rispetto per la sua avanzata età, comunque, bisognerebbe consigliare anche a Giulio Andreotti di rileggere la Divina commedia. Nell’inferno dantesco, infatti, oltre che per qualche sodomita c’è molto spazio anche per parecchi uomini di chiesa, inclusi diversi papi. Quanto al senatore, che di peccati nella sua lunga esistenza deve averne commessi parecchi, non avrebbe il minimo problema a ottenere la residenza infernale. Non per niente, in tempi in cui era più in forma, l’avevano soprannominato “Belzebù”. 31 marzo 07 pride 32 cronaca Due gay in famiglia Luciana la seria Una coppia gay, con tanto di anelli di fidanzamento pronti per essere scambiati, è in arrivo nella quinta stagione della fiction “Un medico in famiglia” che va in onda dal 15 marzo in prima serata su Raiuno. Un personaggio omosessuale per la verità c’era già: il medico Oscar, interpretato dall’attore Paolo Sassanelli. Il salto di qualità è ora che, per la gioia della conferenza episcopale, gli sceneggiatori hanno deciso di trovargli un compagno. Si tratta di Alessandro Bertolucci, che nella fiction interpreterà la parte di Max, anche lui dottore e per giunta pediatra. Ma ancora non basta: i due avranno anche il loro da fare a gestire una bambina (Agnese, la figlia che Max ha avuto dalla sua relazione con un’infermiera). Una famiglia moderna insomma, come ce ne sono tante tranne che nella costituzione, almeno secondo la vulgata omofobica dei nostri politici. “Credo che sia giusto che Oscar abbia un compagno, per troppo tempo infatti non ha avuto una vita sentimentale”, ha spiegato Paolo Sassanelli a “Tv Sorrisi e canzoni”. Quanto alle reazioni del pubblico, Bertolucci si dice che convinto che “reagirà bene, perché Oscar e Max sono due personaggi positivi”. Spezza una lancia a favore dell’evoluzione “filo gay” di “Un medico in famiglia” anche Lino Banfi, che nella serie interpreta il personaggio di nonno Libero e che nella realtà è sempre più impegnato a difendere la dignità degli omosessuali contro i rigurgiti bacchettoni. A proposito del fidanzamento televisivo di Oscar ha dichiarato: “Se nasce una simpatia tra lui e un altro uomo, dal momento che è gay non c’è niente di male. Se vogliamo essere umani, se vogliamo essere altruisti, come lo siamo noi nel ‘Medico’, come lo è nonno Libero che è un antirazzista”. Se la politica si trasforma in avanspettacolo, è normale che i comici finiscano per essere i soli a parlare di politica seriamente. È proprio questo il caso di Luciana Littizzetto, che nelle sue apparizioni a “Che tempo fa” (su Raitre) si diverte a fustigare con arguzia le pretese delle gerarchie cattoliche di controllare per legge i nostri comportamenti sessuali e famigliari. Soprattutto quelli dei gay. Con le sue gag, Littizzetto traduce in critica di buonsenso l’indignazione di tutti coloro che non smettono di stupirsi per quanto vengano di solito prese sul serio le scempiaggini del Vaticano. E con il suo tormentone “Eminenza!”, nel quale si rivolge direttamente al cardinale Ruini, supplisce con civile umorismo alle continue e stucchevoli genuflessioni della politica istituzionale. Nella puntata andata in onda l’11 febbraio, per esempio, ha preso di mira sua eminenza sul tema delle coppie di fatto (“Eminenza, dico a lei”, ha cominciato, per poi subito correggersi: “Anzi, no, ‘dico’ non si può dire…”). Sbeffeggiando l’arcigno cardinale, Littizzetto ha sviluppato un piccolo ragionamento che sarebbe bello prima o poi sentire da persone come Prodi, Fassino o Bertinotti (per non parlare di Fini o Casini): con tutta la violenza e l’odio che ci sono in giro non sarà un po’ assurdo prendersela tanto con gente che dopotutto si ama e vuole anche farlo sapere in giro? Non sarà meglio poi “uno con il rimmel che uno con la spranga?”. La chiesa cattolica però fa di tutto per non vedere la realtà, tanto da far venire un dubbio: “Io non capisco”, ha detto infatti Littizzetto concludendo il suo intervento, “se la pelle del salame che tenete sugli occhi ve la danno insieme al turibolo. Il primo turibolo della carriera”. Un applauso a Luciana. pride marzo 07 33 marzo 07 pride 34 cronaca Amanda “no trans” Chi l’avrebbe mai detto che perfino un’icona ante litteram del transgender come Amanda Lear avrebbe finito per sputare nel piatto in cui ha lungamente mangiato? Eppure è successo proprio questo, il 18 febbraio, durante la serata Join the gap organizzata dall’Arcigay di Milano. Secondo il comunicato degli organizzatori della serata, Madame Lear doveva essere l’ospite d’onore, ma una discutibile concezione del proprio onore l’avrebbe spinta a rifiutare con sdegno di salire sul palco accanto alle drag queen che animano abitualmente la parte spettacolare della serata. Niente trans in giro, aveva fatto sapere già prima dell’arrivo, e men che meno foto compromettenti in loro compagnia. Gli organizzatori affermano di avere chiesto spiegazioni su questo atteggiamento e Amanda avrebbe risposto di voler evitare che circolassero sue immagini insieme a personaggi volgari e seminudi. “Abbiamo cercato di capire cosa la signora Lear intendesse con le sue parole”, ha raccontato il presidente dell’Arcigay di Milano Paolo Ferigo, “ma non ha voluto sentire ragioni. Ha rifiutato categoricamente di confrontarsi, e alla proposta di spiegare dal palco i suoi perché, ha detto che era disposta a farlo, ma che sarebbe stata offensiva”. Di fronte a questa mancanza di disponibilità, l’unica soluzione possibile è stata quella di rinunciare alla diva, invitandola ad andarsene e spiegando al pubblico in attesa le ragioni della decisione. “Il pubblico”, ha dichiarato il vicepresidente di Arcigay Milano Amedeo Patrizi, “ha capito e applaudito la scelta. Non vogliamo più accettare passivamente questi atteggiamenti omofobici e transfobici, da qualsiasi parte arrivino. Abbiamo smesso di far finta di nulla e abbassare la testa. La nostra dignità non è un compromesso”. Patrizi ha aggiunto che “è incredibile che una persona dello spettacolo che ha impostato l’inizio della sua carriera proprio partendo dalla sua ambiguità di genere possa dimostrarsi così piena di pregiudizi. Un’altra delle icone gay, dopo Patty Pravo e Renato Zero, che si scopre essere tutt’altro che amica del popolo gay, lesbo e trans”. Sembra proprio arrivato il momento di mandare definitivamente in pensione queste icone logorate dal tempo e sostituirle, se proprio occorre, con interpreti un po’ più moderni del nostro modo di essere e di sentire. Bullismo in parlamento L’inchiesta di “Pride” pubblicata in gennaio sul bullismo omofobico diffuso tra i giovani ha fornito lo spunto per un’interrogazione parlamentare al ministro dell’istruzione presentata dal deputato Ds Franco Grillini. Citando numerosi dati sulla consistenza del fenomeno in Italia e nel resto d’Europa, Grillini ha lamentato la latitanza delle istituzioni nazionali e ha chiesto “quali misure intenda attivare il signor ministro per la prevenzione specifica del bullismo nelle scuole e del disagio degli adolescenti omosessuali”. Mentre Fioroni ci pensa, le associazioni glbt continuano a fare supplenza. È partito infatti lo scorso mese in Emilia Romagna il corso di formazione “Educare al rispetto”, prodotto da Arcigay, finanziato dalla fondazione del Monte di Bologna e rivolto al personale docente e non delle scuole medie e superiori. Il progetto intende insegnare a prevenire e affrontare episodi di bullismo, con particolare attenzione al bullismo omofobico. L’iniziativa è autorizzata dal ministero dell’istruzione, da cui però ci si aspetterebbe anche qualche intervento più diretto, visto che il bullismo antigay nelle scuole è un dato di fatto costante e piuttosto allarmante, anche se in pochi sembrano accorgersene quando i giornali non ne parlano. pride marzo 07 35 marzo 07 pride 36 cronaca New York: il reverendo Ted Haggard, leader di un gruppo evangelico omofobico licenziato nel novembre scorso dalla sua congregazione dopo aver ammesso una relazione pluriennale con un prostituto, è “definitivamente guarito”. Ne ha dato lui stesso il lieto annuncio, spiegando che tre settimane di terapia intensiva basata sulla Bibbia sono riuscite a riportarlo sulla retta via eterosessuale, ponendo fine a parecchi decenni di vane lotte contro invincibili inclinazioni gay. Il reverendo, che ha moglie e cinque figli, ha anche fatto sapere che ora intende intraprendere studi di psicologia insieme alla sua signora. Speriamo che gli facciano bene. Esercito pappone Parigi: la corte di appello di Amiens E un altro, altrettanto anonimo, avrebbe aggiunto: “Almeno La denuncia è venuta dall’associazione delle madri dei soldati di Russia e ha fatto il giro del mondo: giovani reclute dell’esercito costrette a prostituirsi da ufficiali e soldati più anziani che intascavano i proventi delle prestazioni. I fatti si sarebbero svolti in una centralissima caserma di San Pietroburgo e avrebbero riguardato decine di giovani soldati, fatti uscire nottetempo per salire sulle auto di facoltosi clienti, tra cui figurerebbe anche un generale dei servizi segreti russi. Il prezzo di un rapporto sessuale si sarebbe aggirato intorno ai trenta euro. Un soldato, rimasto anonimo, avrebbe raccontato: “Gli ufficiali ci picchiavano e ci costringevano ad andare a guadagnare denaro. Io sono stato torturato anche con le scariche elettriche”. ha confermato il 14 febbraio l’adozione semplice di un bambino di due anni e mezzo da parte della compagna della madre biologica. Il bambino è stato concepito con inseminazione artificiale effettuata in Belgio ed è stato allevato dalle due donne. Secondo la corte, l’adozione da parte della madre non biologica è dunque nel suo interesse. L’assurdo è che per ottenere questa sentenza, in accordo con la legge francese, la madre biologica ha dovuto rinunciare alla propria autorità parentale. La coppia ha comunque annunciato l’immediato avvio di un’altra causa legale per avere il riconoscimento della co-genitorialità. dieci di noi, giovani reclute, non passavano la notte nella base Amsterdam: il governo olandese gli abusi all’interno delle caserme sono rigorosi e puntuali. militare”. Oltre a questi episodi, le madri russe e altre associazioni per i diritti umani hanno puntato il dito contro il criminale bullismo diffuso all’interno delle forze armate, citando tra gli altri il caso di Andrei Sychev, un soldato di appena diciotto anni gravemente torturato lo scorso anno da alcuni commilitoni più anziani. Al punto da dover subire, come conseguenza delle sevizie, l’amputazione delle gambe e dei genitali. Le vittime del bullismo nell’esercito sarebbero ogni anno varie centinaia. Il ministero degli interni russo ha smentito con sdegno tutte le accuse, accusando a sua volta l’associazione delle madri di propaganda antinazionale e spiegando che i controlli su- ha da qualche settimana una ministra apertamente lesbica. Si tratta di Gerda Verburg, esponente del partito cristiano-democratico, nominata ministro dell’agricoltura. È la prima volta che una donna dichiaratamente omosessuale entra a far parte del governo. La rappresentanza glbt rimane così intatta dopo la fine del mandato di Joop Wijn, ex ministro dell’economia dichiaratamente gay (anche lui cristiano-democratico). Verburg e Wijn erano stati i soli esponenti del loro partito, cinque anni fa, a votare in parlamento a favore dell’apertura del matrimonio civile alle coppie dello stesso sesso. È comunque innegabile che le denunce di bullismo, al di là Kathmandu: a fine gennaio le au- Yuri Luzhkov non ha esitato a definire addirittura “sata- torità del Nepal hanno concesso, per la prima volta, a un cittadino nepalese di essere riconosciuto contemporaneamente come uomo e come donna. Si tratta di Chanda Rani, 40 anni, che ha ricevuto un passaporto sul quale compare l’attribuzione di entrambi i sessi. Per l’associazione nepalese di difesa dei diritti glbt Blue diamond society è una grande vittoria, che apre le porte al riconoscimento del diritto all’ermafroditismo per altre centinaia di transgender che ne hanno fatto richiesta. pride marzo 07 dei possibili ricami su singoli episodi, risultano quantomeno verosimili se si pensa alla pessima fama che le forze armate russe si sono conquistate sul campo in teatri di guerra come la Cecenia. Lo scandalo delle reclute costrette a prostituirsi aggiunge peraltro una fosca pennellata all’immagine del potere in Russia anche in relazione all’atteggiamento delle autorità (civili e militari) nei confronti degli omosessuali e dei loro diritti negati. Il presidente Putin ha di recente inanellato una nuova perla omofobica dichiarando ai giornalisti che gli omosessuali rappresentano un problema sociale per via del basso coefficiente di natalità che affligge il paese. Mentre il sindaco di Mosca nici” eventi come il gay pride, che fu vietato l’anno scorso nella capitale russa e si appresta a esserlo anche quest’anno, in base alle assicurazioni fornite dalle autorità cittadine in ossequio al punto di vista della chiesa ortodossa. Anche al consiglio d’Europa, che aveva espressamente richiesto spiegazioni relative al divieto di manifestare per gli omosessuali, i rappresentanti russi hanno fatto sapere che quando ragioni di ordine pubblico lo richiedono, è necessario limitare la sacrosanta libertà di espressione dei cittadini. Sarà per questo che due omosessuali russi hanno ottenuto il mese scorso l’asilo politico in Francia come perseguitati a causa del proprio orientamento sessuale? 37 marzo 07 pride 38 cronaca L’uovo di Colombia Ai giudici della corte costituzionale della Colombia è bastato cancellare tre parole per porre fine a una discriminazione che da diciassette anni penalizzava le coppie conviventi omosessuali rispetto a quelle eterosessuali. Il 7 febbraio, con una decisione quasi unanime (otto a uno), la corte ha infatti depennato l’espressione “uomo e donna” dalla legge del 1990 che garantiva alcuni diritti alle coppie di fatto. Il diritto più importante è quello ad ereditare i beni del partner, per usufruire del quale le coppie gay e lesbiche colombiane erano fino a un mese fa costrette a provvedere legalmente fondando società commerciali a due. Il ricorso alla corte costituzionale era stato promosso da Colombia diversa, associazione glbt che con l’assistenza di esperti giuristi aveva obiettato che riservare diritti solo alle coppie eterosessuali era contrario “alla dignità umana e alla libera associazione”. La responsabile di Colombia diversa, Marcela Sanchez, ha definito la decisione “un grande passo avanti a favore dei diritti delle coppie di fatto gay”, anche se ha aggiunto che “per porre fine alle discriminazioni non bastano le leggi, occorre un importante cambiamento culturale”. Acquisire il diritto all’eredità non apre comunque automaticamente alle coppie gay e lesbiche la strada per le unioni civili. Un testo di legge su questo argomento è attualmente in discussione in parlamento, dove ha trovato la prevedibile resistenza dei conservatori, spalleggiati dalla chiesa cattolica. Il segretario della conferenza episcopale colombiana, Fabian Marulanda, ha tuttavia scavalcato a sinistra il cardinale Ruini, affermando che gli omosessuali “devono godere degli stessi diritti di qualunque cittadino del paese”, pur specificando poi che “per la chiesa è importante che le coppie di fatto dello stesso sesso non ottengano gli stessi diritti dei matrimoni eterosessuali”. Parole piuttosto contraddittorie, che hanno reso necessario un intervento chiarificatore del papa in persona. Benedetto XVI infatti ha ricevuto poche settimane fa l’ambasciatore della Colombia per spiegargli che bisogna resistere in ogni modo alla tentazione di “distruggere la famiglia” concedendo diritti alle coppie dello stesso sesso. Ragazzini al pride Perfino nella tollerante e apertissima Olanda ha suscitato parecchie perplessità la proposta di far sfilare per i canali di Amsterdam, in occasione del pride di quest’anno, una barca riservata a ragazzi tra gli 11 e i 16 anni. Va detto che l’idea non partiva da qualche inquietante associazione di pedofili, bensì da un ragazzo di 14 anni, Danny Hoekzema, che aveva aperto alla bisogna una campagna di adesioni via internet. Con questo metodo aveva già raccolto dieci adesioni di coetanei, quando il sindaco di Amsterdam è intervenuto per bocciare la proposta, ritenuta “troppo rischiosa”. Danny però non si è dato per vinto e ha contestato la presa di posizione del primo cittadino, riuscendo alla fine a fargli cambiare idea. La barca dei ragazzini potrà dunque partecipare al pride a due condizioni: che sia tenuta a debita distanza da altre imbarcazioni considerate “provocatorie” dalla sensibilità comune, e che i minorenni siano accompagnati nella traversata dai rispettivi genitori. Il dibattito intorno a questo caso ha avuto comunque il merito di rompere un altro tabù: che non sia socialmente ammissibile dichiararsi gay, o gay friendly, prima del raggiungimento di un’età ragionevolmente “matura”, a prescindere dalle convinzioni soggettive. Ciò fa sì che moltissimi adolescenti omosessuali siano costretti a venire educati in un regime di eterosessualità coatta, e finiscano poi per ricordare la cosiddetta “età spensierata” come un vero inferno. pride marzo 07 C M Y CM MY CY CMY K cronaca 39 Basket e omofobia Il coming out iperpubblicizzato di John Amaechi, ex giocatore del campionato di basket nordamericano, ha riaperto il dibattito negli Stati uniti sul diritto di cittadinanza dei gay nello sport. Amaechi, che oggi ha 36 anni e si è ritirato dal basket professionistico tre anni fa, è “uscito fuori” con un libro autobiografico, in cui racconta in dettaglio il disagio di aver dovuto rimanere nascosto come gay a causa dell’omofobia che detta legge nell’ambiente del basket. Amaechi parla anche dei suoi problemi con compagni di squadra e allenatori, delle incursioni clandestine nei club gay e di come tutto questo lo facesse sentire come “un alieno caduto dallo spazio”. Il libro è uscito il mese scorso negli Stati uniti e ha suscitato molte reazioni positive, a cominciare da quelle dei dirigenti della Nba (l’associazione nazionale basket) che hanno ammesso la necessità di combattere l’omofobia diffusa nel mondo del basket. La testimonianza più convincente di quanto fosse veritiero il racconto di Amaechi è venuta però da Tim Hardaway, un altro ex giocatore professionista della Nba, che in un’intervista radiofonica ha sparato a zero contro gli omosessuali. “Io odio i gay”, ha dichiarato, “e voglio farlo sapere. Non mi piacciono e non amo averli intorno. Sono omofobo e penso che queste cose non dovrebbero esistere nel mondo o negli Stati uniti”. Alla domanda su come avrebbe reagito di fronte alla scoperta di avere un compagno di squadra gay, Hardaway ha poi risposto: “Per prima cosa non l’avrei voluto nella mia squadra. E in secondo luogo, se ci fosse stato, mi sarei tenuto alla larga da lui. Non penso che avrebbe dovuto stare nello spogliatoio con noi”. John Amaechi Per queste parole Hardaway è stato duramente sconfessato dalla Nba e ha subito dopo diffuso una dichiarazione di scuse. Ma John Amaechi si è detto compiaciuto per la sincerità del collega: “Finalmente”, ha spiegato, “qualcuno è stato onesto. È ridicolo, assurdo, meschino e rivela una mancanza di empatia gigantesca. Tuttavia illustra il problema meglio di qualunque linguaggio soft utilizzato fin qui da molti altri”. Compagni d’amore Nella Cina comunista trasformata nella vetrina del capitalismo globale, la parola “compagno” viene usata ormai dai giovani come sinonimo di “frocio”. E stando alle cronache si tratta di un insulto sanguinoso, a testimonianza del fatto che i gay non se la passano molto bene nel paese più popoloso del mondo. L’origine del cambio di significato non è però per niente omofobica, visto che viene attribuita alla comunità gay di Hong Kong. Ne ha parlato in una recente intervista l’artista cinese Lin Yiuho, rievocando l’organizzazione di un festival di cinema omosessuale nell’ormai lontano 1989: “C’era una rassegna e molti temevano di rivelare la loro identità, avevano paura di dichiararsi omosessuali. Allora pensai di stimolarli con una famosa frase del padre della repubblica, Sun Yat Sen. La frase diceva: “La rivoluzione non è ancora riuscita. I compagni devono ancora impegnarsi”. Era un modo di coinvolgerli, di aiutarli a superare i timori”. Da lì in avanti, secondo questa romantica ricostruzione, il termine “compagno” ha assunto un nuovo significato prima ad Hong Kong, poi a Macao e in seguito nel resto della Cina. Ma nel momento in cui ha cominciato a essere usato anche dagli eterosessuali è diventato un insulto. Come appunto diceva il saggio Sun Yat Sen, la rivoluzione non è ancora riuscita. Nel frattempo i padri del comunismo, che in quanto a machismo non scherzavano, si rivolteranno certamente nella tomba. marzo 07 pride 40 100 100 95 95 75 75 25 25 5 5 0 0 100 100 95 95 75 75 25 25 5 5 0 0 pride marzo 07 41 marzo 07 pride 42 attualità+cultura Handicappato e gay? Discriminazione, sofferenza, solitudine, silenzio e vergogna, tutto moltiplicato per due. I diretti interessati la pensano però diversamente e sfidano, con richieste concrete, la comunità gay. Disabili gay: la sfida Stefano Bolognini [email protected] Parleremo di paraplegici, amputati, spine bifide, ciechi e per di più gay; siete pronti a versare qualche facile lacrimuccia? Ebbene, non ne verserete: “Molti disabili gay”, ci spiega Priscilla Berardi, coordinatrice della ricerca di Arcigay “Omodisabili”, “hanno percorsi di vita soddisfacenti, soprattutto se sono visibili o hanno un compagno. Abbiamo incontrato persone che vivono bene, anche con difficoltà che sembrerebbero estreme: dalla sclerosi multipla a gravi handicap motori. Alcuni si sono appoggiati a percorsi interiori di psicoterapia o a gruppi di cattolici gay che li hanno accolti umanamente, senza pietismo, in un rapporto alla pari”. “La mia disabilità è lieve: sono focomelico e non si nota molto”, conferma Martino Tommasino, ventinovenne webmaster del sito “www.culturagay.it”. “In discoteca non ho lo stesso impatto di un palestrato, ma nemmeno mi sento messo da parte. Se poi parliamo di difficoltà, ho difficoltà a rimorchiare... ma questo è un altro discorso”. “Economicamente abbiamo alcuni vantaggi sotDisegno di Massimo Basili pride marzo 07 to forma di assegni ed aiuti”, amplia il discorso Franco, emiplegico di 45 anni (fnegrett@tin. it), “ma un gay, nell’immaginario, è bello, giovane e perfetto: il mondo gay non è per i disabili”. L’handicap gay, fino a ieri tanto invisibile, è insomma uscito allo scoperto, esprimendo una lunga serie di difficoltà, ma anche e soprattutto richieste concrete alla comunità. “Per coloro che hanno disabilità invisibili (protesi, ipoudenti, ipovedenti, patologie congenite...) la prima difficoltà dei gay disabili”, continua la Berardi, “è il doppio coming out, da omosessuali e da disabili. A volte famiglie molto accoglienti diventano un ostacolo insormontabile per l’omosessualità visibile; molti non sono dichiarati sul lavoro e alcuni, dopo aver raccontato la loro disabilità ad altri gay, sono rifiutati. La sessualità è vissuta più tardi: chi può frequenta darkroom o battuage, altri si rivolgono al sesso a pagamento, tutti preferiscono relazioni con persone conosciute o in internet o, per chi è autosufficente o può esservi accompagnato, nei locali. I locali sono una emer- genza: la maggior parte è inaccessibile, tanto che il range di persone a cui un disabile ha accesso è sovente ristretto. Molti lamentano di avere partner per periodi brevi, ma mi pare un trend generico, vale anche per il resto del genere umano. Alcuni si sentono limitati a letto, mentre altri, in relazione di coppia, scoprono modi fantasiosi di fare sesso in maniera soddisfacente. Internet e le chat sono d’aiuto, ma è un ragazzo che meglio ha espresso il punto di vista dei disabili gay: ‘Usciamo dalle chat, facciamoci vedere nel mondo reale’ ”. Dalla ricerca, che continuerà (per contatti [email protected] o 348 5167091) e che non esaurisce l’argomento, la necessità di uscire allo scoperto emerge unanime, da coloro per cui l’assenza di un arto diventa “una montagna insormontabile” a coloro che completamente paralizzati dalla nascita vivono orgogliosamente come gay. In un paese lento ad assimilare ogni diversità, le uniche componenti visibili, però, sono i cultura+attualità sordi, con il Triangolo silenzioso (www. arcigaymilano.org/triangolosilenzioso), attivo dal 1993. Il sito consiglia abbreviazioni per comunicare via sms, chiede che conferenze e convegni gay abbiano un traduttore nella lingua nei segni e offre semplici “regole di condotta”: al cinema si va solo alla proiezione dell’orginale sottotitolato, via libera poi, alla discoteca: i sordi sentono le vibrazioni dei bassi. I ciechi escono timidamente dal buio in internet. Alexis, il fondatore del sito www.gaynonvedenti.it, in un’intervista del 2006 racconta: “Nella vita di tutti i giorni non ho grossi problemi, forse i problemi nascono proprio dagli stessi gay che non mi reputano ‘normale’, e tendono a scartarmi. Ci sono persone che non conoscono neanche il significato della parola ‘handicap’ e in chat si spaventano”. I ciechi chiedono siti gay leggibili dai lettori testuali (apparecchi che “leggono” i testi con una voce sintetica), e audiolibri (la libreria Babele di Milano ha qualche titolo in catalogo) a tematica. I volontari lettori di audiolibri sono avvisati, ma anche l’associazionismo gay potrebbe prestare qualche voce. Esaurisce il campo Handigay di Roma ([email protected]), un gruppo che, lentamente, si sta strutturando e progetta una campagna con opuscoli informativi. Mancano all’appello decine di altre situazioni, ed è buio fitto sull’handicap mentale, ma l’associazionismo di disabili è solo un palliativo: “I disabili chedono di far parte dell’associazionismo generico. Perché dovrebbero incontrarsi solo tra loro? Uscire allo scoperto significa stare tra tutti”, chiarisce Priscilla Berardi. Ma intanto, con i luoghi di aggregazione gay per lo più irraggiungibili, che si fa? Moltissimi usano i siti internet nelle messaggerie generiche, e non esclusive come la francese www.andigay.com o la danese www.handicapdating.dk. “Perché dovrei frequentare un ghetto?”, chiede Marco, paraplegico di 25 anni. In italiano del resto quei siti non esistono neppure, se si esclude un poco partecipato forum di discussione (www.gay.it/forum/list.php?147) che raccoglie rari appelli di questo tenore: “28 anni, distrofia, cerco amore e sex”, “Sono sordomuto, ma so parlare bene ed ascoltare... cerco gay, amore e sex, ma non è obbligatorio trovare un gay disabile, cerco anche le persone normali”, “Sono un ragazzo di 35 anni disabile motorio ma sufficientemente autonomo. Cerco ragazzo simpatico ed estroverso dai 25 ai 30 libero per capodanno che mi faccia compagnia”... Le chat offrono qualche possibilità in più, ma anche difficoltà, come riassume Franco (www. arcigay.it/show.php?2161): “In chat il disabile generalmente non si dichiara apertamente come tale, ma approfittando dell’ambiente virtuale si accontenta di avere qualche conversazione più o meno erotica, oppure di parlare con qualcuno che si presenta come persona attraente, cosa difficile nel mondo reale... Vi sono molte eccezioni, per lo più rappresentate da uomini che vogliono provare a far sesso con un disabile o da gente che non si ritiene in grado di avere una relazione con una persona normale come ad esempio per la convin- zione di essere brutto, comune a tanti gay… Ma attenzione ai rapinatori di gay disabili”. “Vi sono poi”, conclude, “i devotee, cioè quelle persone normodotate che provano un’attrazione, a volte morbosa, per i disabili. Si dividono per interesse specifico: esistono i devotee attratti da amputazioni (la maggioranza), quelli attirati dai paraplegici (su sedia a rotelle) e quelli interessati a disabili di qualunque genere. In molti casi il devotee non è attratto dalla persona in sé ma dalla sua disabilità, o dai suoi ausili da handicappato”. Sui “devoti” la discussione è aperta: “Sono persone che cercano sesso con un disabile e poi ciao ciao”, racconta un testimone sul web. Tuttavia Max replica: “Io sono gay e devotee. Da qualche mese ho conosciuto un ragazzo amputato. Lui sa tutto di me, ma non mi considera un devotee e io non considero lui un amputato. Siamo solo due persone come tante e adesso lui è il mio compagno e ci amiamo”. In internet esiste un newsgroup di devotee italiani, “un angolino nascosto dove finalmente devotee e disabili possono incontrarsi senza problemi, dove i devotee possono scambiarsi informazioni ed i disabili possono conoscere i devotee come persone” (it.groups.yahoo.com/group/milanodev) e, meno frequentato, it.groups.yahoo. com/group/gaydisabililombardia), 312 iscritti e due messaggi gay: “35 anni, gay, devotee. Cerco amicizia e qualcos’altro con un ragazzo amputato, ho tanto amore da dare. A presto”. Risponde lapidario un “gay, genovese, amputato, 44 anni” in cerca di “nuove amicizie: scrivetemi e risponderò”. “Fortunatamente non ho mai avuto a che fare”, ci spiega Martino Tommasino, “con devoti. Mi insospettiscono le persone che cercano un determinato tratto fisico, mi sembra una fissazione, un feticcio”. Ma anche Brad Pitt, un palestrato o il Tazio di turno lo sono... “ Pitt è il nostro ideale estetico di bello, che uno vada a cercare un’amputazione è strano... è un po’ perverso”, conclude Martino. Il fenomeno devotee, al dì là del diluvio di discussioni che genera, va ridimensionato. Sul mercato della pornografia gay, utile indicatore della diffusione statistica dei nostri polimorfi piaceri, esiste solo un film datato, Stump (www.dickwaddfetish.com/stump.htm), che mostra un uomo amputato. Sempre dalla pornografia però, ritorna lapalissiano il messaggio dall’universo dei disabili. Un film porno etero spagnolo con un attore paraplegico (www.putalocura.com/josito) nei loro forum è stato acclamato, dai più, come una nuova Genesi: “Finalmente, anche noi, facciamo vedere chi siamo”. La disabilità chiede visibilità, innanzitutto, quella gay visibilità doppia. È pronta la comunità gay a raccogliere la sfida? “Arcigay”, conclude Raffaele Lelleri, responsabile salute di Arcigay, “si muove in due direzioni. La prima è far incontrare le persone gay con disabilità, tra loro e con l’associazionismo, per aiutare ad uscire da invisibilità e solitudine. Lavoreremo poi sulla visibilità della disabilità nella comunità e nell’associazionismo generico rivolto all’handicap, che non contempla l’opzione omosessualità. I disabili saranno presenti e molto visibili al gay pride e al congresso di Arcigay e una rivista, “H Parlante”, dedicherà finalmente loro un numero monografico. Incomincerà poi il primo censimento delle barriere architettoniche nelle sedi di Arcigay e nei circoli ricreativi”. La sfida è accolta. 43 La via Svizzera. L’assistente sessuale In Svizzera sono operativi gli assistenti sessuali professionisti (www.sexualassistenz.ch), che propongono ai disabili che lo richiedono massaggi, carezze, esperienze sensuali e giochi erotici. Nessuno, almeno per ora, lavora con omosessuali. Lorenzo Fumagalli, uno di loro, ci racconta la sua esperienza. Che cosa fa un assistente sessuale professionista? L’assistente sessuale è colui che assiste un disabile nei suoi bisogni sessuali. Abbiamo a che fare con persone con handicap fisici e mentali e il lavoro di assistenza copre un campo molto ampio. Si parte dalla semplice presenza fisica, all’accarezzare, al massaggiare, fino all’insegnamento della masturbazione. Non è previsto l’atto sessuale completo. In futuro, e possibilmente a partire dal corso di formazione di quest’anno, si cercherà di trovare del personale disposto ad offrire anche l’atto sessuale completo. Come si diventa assistente? Attraverso dei corsi, ma, almeno fino ad oggi, non si sono tenuti regolarmente. Le difficoltà maggiori stanno nel trovare i mezzi finanziari necessari. Lo stato offre un contributo, ma non basta, e motivare degli sponsor in questo ambito non è impresa facile. La vostra figura professionale è riconosciuta dalla legislazione? Non è riconosciuta ma nemmeno proibita. Immagino che siate stati accolti tra molte polemiche… Al contrario, siamo stati accolti discretamente bene, forse anche perché il nostro gruppo ha cercato di non cadere nel tranello dei media a sfondo scandalistico. Lavorate con disabili omosessuali? Nel corso per assistenti di quest’anno è previsto di allargare la nostra offerta anche ad handicappati omosessuali e lesbiche. Nel primo corso, del 2004, non vi erano assistenti omosessuali. Cosa differenzia il suo lavoro dalla prostituzione? Da sempre ci sono prostitute che si prendono cura di persone con handicap: alcune lo fanno con molto tatto, altre meno. Non mi considero però un operatore nel campo della prostituzione: la preparazione ad un incontro può comportare un coinvolgimento di terzi (educatori, genitori, parenti) ed è molto impegnativa. Non di rado, prima e dopo gli incontri mi trovo con un educatore per mettere a punto la situazione, sempre, ovviamente, mantenendo intatta la sfera privata ed intima del cliente. L’assistenza sessuale e la prostituzione hanno sicuramente dei punti in comune ma sono comunque due attività diverse. La società al momento fa fatica a capirlo e ad accettarlo, per ragioni di ignoranza sul tema. Ma le cose si evolveranno in una direzione giusta. Il ritmo frenetico della nostra società “produce” sempre più persone che, per incidenti o altro, sono obbligate a vivere una qualche forma di infermità. Siamo spero tutti concordi nell’affermare che queste persone abbiano il sano diritto di vivere la propria sessualità; alcune dovranno reimparare a gestirla, altre trovare nuove forme. Quanto guadagnate? Il mio “guadagno” pecuniario (fare l’assistente è un grande arricchimento sotto altri aspetti) è molto modesto. Siamo in pochissimi assistenti, le trasferte a domicilio sono lunghe. Abbiamo richieste da tutta la Svizzera, e talvolta anche da oltre confine. Considerando che spesso le persone handicappate non hanno grandi risorse finanziarie a loro disposizione, i conti sono presto fatti. marzo 07 pride 44 l’azione... tutta la notte pop muzik, sex & art ti aspettiamo dalle 22,00 all’alba ... Dj Bar - Drink special Cruisin’ floor + video Friendly Atmosphere Porno Nights Il Sabato notte ... ... più lungo di Bologna Main Nights Marzo 2007 • Venerdì 2 - “I Piaceri della Notte” Un Party Intrigante....Stuzzicante.... Trasgressivo....Goloso....Arrapante.... • Mercoledì 7 - “Porn Night” Live SexShow • Sabato 17 - “The Wild Saturday” Dedicated to: Fetish, Leather, Military, S.M Dresscode Obbligatorio • Domenica 18 - “Hard Party” “ Pomeriggio Naked” per Partecipare : [email protected] Mercoledì 21 - “Porn Night”Live Sex Show • Mercoledì 28 - “Porn Night”Live Sex Show • Venerdì 6 Aprile !! - “I Piaceri della Notte” Visita il Nostro Sito: www.bartclub.net Partners Boys: www.allmalestudio.com info lines: 051.243998 - 335.8047929 - 339.4578166 Bar’t club - Via Polese, 47/A - BOLOGNA Siamo in centro a Bologna vicinissimo alla stazione ferroviaria www.bartclub.net [email protected] Avviso ed ingresso ai locali, riservato agli associati Unoclub Card Chiuso il Lunedì pride marzo 07 cultura+attualità 45 Dalle leziose corti del settecento a Batman e Kriminal, Sensualità a Corte mescola in modo molto camp generi, epoche e personaggi. Seguendo comicamente il povero Jean-Paul nella sua ricerca dell’uomo ideale. Sensualità a Corte Alessandro Martini [email protected] Con la ripresa dello show Mai dire martedì ritorna in Tv la serie di sketch Sensualità a corte scritta, diretta e interpretata da Marcello Cesena, originale autore che da più di dieci anni ci regala una comicità piena di riferimenti gay più o meno velati. Sensualità a corte nasce anzitutto come parodia delle fiction di ambientazione storica tipo Elisa di Rivombrosa e dell’interattività dell’allora neonato digitale terrestre, che attraverso un telecomando consentirebbe agli spettatori di modificare gli eventi della fiction, scegliendo se approvare o rifiutare la proposta degli sceneggiatori (se non fosse che qui gli “spettatori” accettano sempre, rendendosi così complici della serie infinita di sciagure che si riversano sul povero protagonista). La serie è ambientata in un palazzo aristocratico della Parigi nel 1794, ma il cuore di JeanClaude è altrove: in ogni stagione il nostro eroe si innamora di un personaggio prelevato a forza da tutt’altro genere di finzione. Nella prima stagione si tratta di Batman. Jean-Claude lo chiama affettuosamente “Renato”, e i due sembrano destinati ad una felice matrimonio gay, se non che nell’ultima puntata Jean-Claude viene rapito dagli “alieni incazzosi” e portato su un pianeta lontano. Nella seconda stagione Jean-Claude si invaghisce di Darth Fener, che scopriamo chiamarsi in realtà “Stefano”, il quale però non gradisce le avances del baronetto e cerca in tutti i modi di annientarlo con l’aiuto del “lato oscuro della forza”. A complicare le cose ci si mette Batman/Renato, che appare in ogni puntata sotto forma di spettro (come Obi-Wan Kenobi nel secondo episodio di Guerre stellari) per dispensare a Jean-Claude pessimi consigli su come conquistare Stefano. Nella terza stagione Jean-Claude sembra aver trovato finalmente il vero amore: Diabolik, alias “Armando”, che definisce: “Un eroe finalmente metrosexual, un uomo mansueto ma dalla profonda morale”. La loro relazione è alquanto problematica: malgrado Diabolik stia con Evan Kant, non sembra disdegnare la compagnia di Jean-Claude. A complicare le vicende sentimentali di Jean-Claude ci si mettono tre inquietanti personaggi femminili. Innanzitutto la Madre, una vecchia carampana attanagliata da gravi problemi esistenziali, come le doppie punte e la perdita di tonicità dell’ovale. La Madre è in continuo conflitto con il figlio è cerca di ostacolarne i progetti amorosi. Nel primo episodio lo costringe a sposare la perfida Cassandra e ad avere con lei dei bambini. Dato il poco interesse che Jean-Claude ha verso le donne, e in particolare verso la moglie, la Madre suggerisce di utilizzare il poco ortodosso “metodo De Agostini”, da lei stessa usato per avere Jean-Claude. In ogni puntata tiranneggia poi Jean-Claude minacciandolo di privarlo dei suoi più grandi tesori: dai pannolini in vellutino rosa shocking, che scopriamo utilizzava quando era in fasce, al fondotinta perlato di Beyoncé. Cassandra è invece una nobildonna con un forte esaurimento nervoso che cerca in ogni modo di riportare Jean-Claude sulla “retta via” per poter finalmente fare “l’ammore” con lui, anche se non si scandalizza più di tanto per i gusti sessuali di suo marito: quando lui gli confessa di essere innamorato di Batman lei, senza battere ciglio, gli risponde: “E a me mi arrapa l’Uomo Ragno!”. Infine c’è la Madrina. Interpretata da Maurizio Pirovano, la Madrina è una sorta di fatina, nerovestita come una vedova, invocata da JeanClaude al termine di ogni episodio. Si materializza da uno sbuffo di fuliggine e cerca maldestramente di proteggere il nostro eroe portandolo in luoghi dove finisce sempre nei guai, complice il perverso meccanismo del digitale terrestre: che sia l’acquario di Genova (dove Jean-Claude viene divorato da un pescecane) o l’era giurassica (dove un T-rex affamato lo ingoia in un sol boccone), fatto sta che ogni puntata si chiude così con la prematura scomparsa del nostro eroe. Già da questo breve riassunto si capisce quanto camp sia la comicità di Marcello Cesena. In ogni sketch abbondano riferimenti alla cultura gay. Cesena sbeffeggia tutto: da Renato Zero alla Carrà, dalla mania per la musica da discoteca agli stereotipi degli spot per i prodotti di bellezza. Certo a lungo andare la serie risulta un pochino ripetitiva. Per questo di tanto in tanto l’autore si sforza in inserire qualche elemento nuovo o qualche imprevista variazione sul tema. Ma dopotutto parte del motivo del grande successo di Sensualità a corte sta anche nell’aver creato una serie di tormentoni: era dai tempi dell’ “Adalpina, taca la musica”, lanciato da Giorgio Faletti (alias Franco Tamburino), che un tormentone gay non prendeva tanto piede. marzo 07 pride 46 attualità+cultura Il “tormentone” di Mines, “Per diventare gay”, è ora anche un video. Ma la parolina “gay” non è ancora sdoganata per le Tv italiane, che hanno preferito non trasmetterlo. g Non diventare ay Roberto Cangioli Ci sono vecchie glorie (noi le chiamiamo signorilmente “has been”) che farebbero carte false pur di apparire su qualche copertina patinata. “Parlatene male, purché se ne parli”, l’importante è essere visibili poiché, se nessuno parla di te, positivamente o negativamente, di fatto non esisti. Nell’ambiente musicale poi, se non passi su qualche Tv o in radio, scompari semplicemente. È quanto rischia di accadere a Mines: ricordate? Sul numero dello scorso dicembre ci eravamo occupati di lui e della sua “Per diventare gay”. La casa discografica Universal ha ristampato il Cd Di bar in bar, si è premunita di distribuirlo presso i grandi megastore, e non solo: ha prodotto un video della canzone in questione, con gli attori Mauro Negri, Rudy Borsella, Luigi Cosi per la regia di Paolo Doppieri, di cui potete vedere in questa pagina alcuni snapshot (altri sono visibili sul sito dell’autore www.mines1.net). Il problema è che il clip è stato candidamente arginato, o meglio, ignorato dalle due principali emittenti televisive musicali presenti nel nostro paese: Mtv e All music. Soprattutto quest’ultima sembra abbia decretato che il video “è offensivo per i gay”. Qualche altro addetto ai lavori ha però ammesso che le Tv ritengano la parola “gay” scomoda. A questo punto, mossi da curiosità, abbiamo chiesto all’autore una copia del video e… sorpresa (!), a parte qualche stereotipo effettivamente sciocco di cui sembra che gli italiani non sappiano fare a meno (gay = con parrucca da donna), non solo non abbiamo trovato nulla che turbi nell’intimo gli animi più sensibili, ma il filmato si dimostra invece divertente, fresco e assolutamente non volgare. La domanda che ci siamo posti a questo punto è: come mai un prodotto valido come il disco di Mines non è spinto sul mercato? Sembra allora una bella contraddizione quella per cui si dichiara la crisi del mercato discografico a causa del p2p, quando in realtà c’è chi volutamente dirige il pubblico verso determinate scelte di acquisto. E poi, suvvia, non ci sembra che Mines sia volgare quanto un Fabri Fibra, i cui video sono tranquillamente in rotazione… Un consiglio: Mines, la prossima volta non usare il termine “gay” che è offensivo, utilizza invece “culattone” o “frocio”: vedrai che conquisterai qualche punto in più nelle chart nazionali. pride marzo 07 47 marzo 07 pride 48 portfolio A Milano, la mostra “Le due facce del travestimento”: bambole erotiche di Chan Park. Dal 24 febbraio al 10 marzo, in viale Gorizia 14, presso lo showroom di Pier Pour Hom. Bamboleparty “Sono figlio di due culture diverse, quella coreana e quella giapponese. Penso che questa miscela si intraveda anche nelle mie creazioni, assieme ovviamente agli influssi della moda italiana e della mia esperienza nel settore grafico. Cerco di utilizzare tutte le mie competenze per dare libero sfogo alle idee”. Così si presenta Chan Park, artista/stilista poliedrico giapponese (ma di madre coreana: è nato a Seul, nel 1973), oggi residente in Italia. Dove è arrivato per studiare moda: “Ricordo di aver visto una sfilata di John Galliano sul canale satellitare della moda e ho pensato che quello era il mio palcoscenico ideale. Il mese successivo ero già a Milano, iscritto all’Istituto Carlo Secoli per seguire, come sempre, i miei sogni”. Questo spiega come mai le creazioni di Chan si collochino a cavallo tra arte e moda, e perché egli abbia scelto in passato, come supporto per i suoi disegni e dipinti, t-shirts ed abiti. Con una produzione di “pezzi unici”, dipinti o disegnati a mano, che vogliono essere indossati, e non esibiti su un tavolo o appesi a un muro. Certo, i suoi abiti non sono alla portata di tutti. E non per una questione di prezzo, ma perché esibiscono sempre l’allusione erotica (anzi, omoerotica), in modo divertito, scanzonato, provocatorio. Dopo essersi dedicato ai vestiti, Chan ha ora aperto un nuovo fronte: le bambole erotiche, che esibisce in mostra dal 24 febbraio al 10 marzo, a Milano, presso lo showroom di Pier Pour Hom (in viale Gorizia 14). Bambole speciali, diciamo così, “anatomicamente corrette”, che Chan si diverte a vestire e soprattutto travestire. Sì, perché se provaste ad alzare la gonna a qualcuna delle sue leziose damine, “sotto” potreste trovare una sorpresa... “Ho imparato a cucire da bambino, guardando mia nonna all’opera. Poi ho avuto l’occasione di vestire le Barbie per un progetto esclusivo della Mattel e da lì ho sempre pensato di realizzare una mia collezione di bambole. Oggi, semplicemente, la presento al pubblico. Dietro ogni bambola ci sono ore ed ore di lavoro e di ricerca. Prima studio ogni modello e poi lo vesto da capo a piedi. Utilizzo di tutto: dalla pelle al cotone, dai pizzi alle pellicce a dei piccolissimi cristalli Swarovski. Ovviamente le dimensioni sono molto ridotte e quindi è fondamentale l’attenzione ai dettagli. Da parte loro gli organizzatori dichiarano di avere organizzato questa mostra “per la voglia di dare una visione insolita del Carnevale, più accattivante e più provocatoria. Un’esposizione incentrata sul rapporto tra vestire e travestire”. pride marzo 07 portfolio marzo 07 49 pride 50 NUOVA APOLLION SAUNA sala fumatori nuovo bagno turco con cromoterapia piscina idromassaggio con cascata rigenerante sala video sauna con aromaterapia nuovi camerini massaggi Via Mecenate 59/A Roma - Italy Tel. +39 06 4825389 Cell. +39 338.2433416 [email protected] www.apollionsauna.com pride marzo 07 cultura+attualità 51 Chiunque vorrebbe farne a meno, ma l’unica cosa possibile è imparare a farselo amico. Preservativo doppio? Pigi Mazzoli [email protected] Ho digitato su Google le parole “rottura preservativo”, senza un motivo preciso. La ricerca un po’ casuale m’ha portato per prima cosa sul sito del Vaticano. Come mai era elencato? Per via di una lunga relazione ufficiale del cardinale Alfonso Lopez Trujillo sull’inefficacia del preservativo. Del dicembre 2003, col titolo I valori della famiglia e il cosiddetto sesso sicuro, dove nel titolo c’è già l’assunto negativo della trattazione. In queste pagine si spiega che il preservativo si può rompere, che mettendone due si possono rompere entrambi (ma cosa vanno a immaginare in Vaticano?), che possono essere porosi e passare il virus (vecchia storia falsa, ormai chiarita), che possono essere usati male... per cui, per tutti questi motivi, sarebbe meglio non usarli per non essere indotti in una falsa sicurezza, meglio la castità. È come consigliare di non assumere farmaci per via degli effetti collaterali, o non vaccinare i bambini per via dei rischi. Molto più interessanti delle elucubrazioni cardinalizie sono invece state le pagine di blog che sono riuscito a leggere. Tutte riguardavano eterosessuali, e la rottura del preservativo era l’angoscioso accadimento che esponeva a un rischio-gravidanza questa o quell’altra giovane utente. Di malattie veneree quasi neppure l’ombra. Quasi, perché qui e là, ogni tanto, qualcuno ricordava che fra pillola e spirali, gravidanze indesiderate come unici argomenti, il preservativo aveva in più il pregio di proteggerti dall’Aids. Le descrizioni tecniche sui preservativi e il loro uso, in questi blog, rivelavano una tale ignoranza che i polpastrelli presero a prudere e fui tentato di registrarmi e stendere pagine e pagine di informazioni corrette. Ma ero già passato da tante altre pagine fitte di utili e corrette spiegazioni sull’argomento, ed ho pensato che chiunque riesca ad aprire un blog sull’argomento avrebbe potuto prima leggere un po’ di informazioni utili, e che quando una è tutta concentrata su “ma che bella la prima volta, spero di non essere incinta”, la sua salute non l’abbia messa al primo posto. Noi che abbiamo passato da un pezzo le romanticherie della prima volta, ora dobbiamo badare a conservare a lungo la nostra integrità fisica, ingrediente indispensabile per una sana vita godereccia. Quindi dobbiamo informarci e mettere a frutto le conoscenze acquisite. Fra tutte le pagine che parlano di preservativi e prevenzione delle malattie veneree, mi ha colpito quella sul sito della Rai (sì, la Rai, radiotelevisione italiana), dove viene schematizzato con parole chiare cosa non è a rischio, e cosa lo è, differenziando tra rischi lievi ed elevati. Qui si parla non solo di preservativi, ma anche di barriere, di guanti e di giocattoli sessuali. Ma soprattutto, in queste poche righe, c’è lo spazio per ricordare pure che “le altre malattie trasmesse sessualmente possono favorire l’acquisizione (o la trasmissione) del virus. Numerosi studi hanno dimostrato che le malattie a trasmissione sessuale, in particolare quelle comportanti ulcerazioni genitali (herpes, sifilide, ulcera molle), aumentano sia la suscettibilità all’infezione da Hiv, sia la contagiosità se si è gia sieropositivi. L’uso del preservativo è efficace nel contrastare non solo l’infezione da Hiv, ma anche la maggior parte delle malattie sessualmente trasmesse”. Se volete ripassare le nozioni indispensabili, andate anche voi a leggere http://www. segretariatosociale.rai.it/codici/aids/contagio_ prevenzione_aids.html e lasciate stare il sito del Vaticano, a meno che non vogliate sapere che abat-jour si traduce in latino umbraculum lampadis, il che esemplifica le idee contorte di certa gente. Come lo scorso mese vi ho promesso, e come è giusto che in queste pagine venga spiegato, eccoci allora a parlare dei preservativi, nel loro aspetto pratico. La scelta Grosso modo tutti sanno che in commercio oltre ai tipi normali esistono quelli sottili e quelli robusti. Dei primi tutti supponiamo siano meno resistenti meccanicamente, ed è vero. Vengono acquistati da chi inguaribilmente non riesce a sopportare quei 72 millesimi di millimetro di gomma. Avere 51 millesimo di millimetro (“Nudo” e “Supersottile”) non è un grande guadagno in sensibilità, ma una grande perdita in sicurezza. Va usato eventualmente solo per il sesso orale, o per penetrazioni anali brevi di un orifizio sufficientemente cedevole e ben lubrificato, per non indurre sforzi nel preservativo, perché la marzo 07 pride 52 gomma così sottile è veramente fragile. Quelli robusti si riconoscono per i rassicuranti nomi commerciali che li contraddistinguono: “Forte”, “Sicuro”, “Defensor”, ed hanno uno spessore fra gli 80 e i 95 millesimi di millimetro. Ripeto: millesimi di millimetro! Sono comunque tutti praticamente impalpabili. Per quanto riguarda le dimensioni, oltre ai normali ci sono in commercio quelli più grandi e quelli più piccoli. Si tratta di piccole differenze. Un paio di millimetri di diametro e un centimetro di lunghezza in più fanno poca differenza, ma comunque è meglio orientarsi verso quello più adatto, avendone la possibilità. Lo stesso discorso varrebbe per quelli più piccoli, che in commercio sono ben pochi e di scarsa reperibilità per via del fatto che ancora si pensa che, comunque, un cazzo grosso valga di più, e sia disonorevole acquistare un preservativo piccolo. Le difficoltà Il primo problema insorge quando si deve infilare il preservativo. Su un pene di dimensioni medie, molto rigido e circonciso il preservativo si srotola in un attimo, ma queste condizioni, tutte insieme, non si presentano mai, se non nelle istruzioni dei preservativi. A volte il semplice atto di fermarsi, cercare la bustina, aprire, guardare il verso da cui srotolare, è sufficiente per perdere in parte l’erezione. Il pene meno rigido rende ancor più macchinoso e lento lo srotolare e questo aumenta ancor di più lo stress, col risultato che molti affermano che il preservativo gli fa perdere l’erezione. Coll’esperienza si impara tuttavia a superare questi problemi. Inoltre se questo succedesse all’interno di una coppia affiatata ci si potrebbe aiutare in due ad infilare il preservativo velocemente. O si potrebbe ritardare ulteriormente il momento della penetrazione indugiando nei preliminari, il che non è affatto una cosa spiacevole. Proprio noi, che per un concetto di normalità siamo stati estromessi dalla vita civile (e questo accade ancora oggi), non dovremmo affidarci troppo a questi giudizi, soprattutto per quel che riguarda l’atto sessuale. Questo preambolo è per spiegare che i modi della penetrazione sono molto vari e che ognuno ha il suo. C’è chi entra con un colpo di reni, tiene stretto l’amante tenendo il pene ben premuto all’interno, e con impercettibili movimenti arriva all’orgasmo in pochi minuti. C’è chi raggiunge il piacere entrando e uscendo completamente con lentezza e metodo per molti, molti minuti, inducendo in chi è penetrato l’estasi prima e la noia dopo. C’è chi ha un lungo e mobile prepuzio ed è questa pelle che facilita lo scorrimento del pene durante la penetrazione, come premio dopo la difficoltà di srotolare completamente il preservativo sul pene lasciando il prepuzio libero di scorrere. C’è chi è circonciso, oppure ha la fimosi, ed allora il preservativo deve essere robusto e ben lubrificato, perché ad ogni movimento verrà messa a prova la sua elasticità. C’è chi trae il suo godimento nello sfregamento del glande attraverso il culo, o nel palmo della mano, e questo succede soprattutto a chi è circonciso e ha perso la sensibilità della mucosa pride marzo 07 del glande perché è sempre esposta. Al contrario altri trovano quasi doloroso lo sfregamento e tutto il loro piacere si concentra nella sensazione di costrizione e di calore. C’è poi chi ha il pene troppo piccolo perché un preservativo resti infilato saldamente, o chi ha solo il glande piccolo, ed allora troverà il preservativo sempre fuori posto, un poco sfilato, a volte con la punta ripiegata di lato. Di solito con la pratica si risolvono i problemi. Qualcuno scopre che esiste un preservativo che per forma e dimensione sembra incollato al suo cazzo e non si stacca mai, neppure alla ventesima diversa acrobatica posizione. Altri troveranno nell’abbondanza delle dimensioni la libertà di movimento e con essa la sensazione di non indossare nulla. A chi invece proprio non riesce ad infilarlo ostentando indifferenza, a chi se lo sente come ingessato anche nel modello XXXL, a chi proprio non ha voglia di girare a cercarne uno miniaturizzato... a tutti loro io consiglio di provare il preservativo femminile. Ma non solo. Continueremo parlando dei preservativi di poliuretano (che stanno ai preservativi di gomma come le padelle di Teflon stanno a quelle di ferro). Non che ci piacciano i preservativi... ma sono molto più simpatici delle malattie. 53 DESIGN CARLO TRENTIN - PHOTO © ISTOCK INTERNATIONAL INC. 2006. ALL RIGHTS RESERVED • ascolto • sostegno • salute NEW CHAT AMICA MARTEDI E GIOVEDI per accedere: www.arcigaymilano.org Telefono amico gay 02 5412 22 27 Linea gay: Lunedì, martedì, giovedì e venerdì, dalle 20.00 alle 23.00 Linea trans: Mercoledì, dalle 21.00 alle 23.00 C.I.G. Centro d’Iniziativa Gay Arcigay Milano Onlus www.arcigaymilano.org [email protected] marzo 07 pride 54 attualità+cultura Il romanzo I malnati (Piero Betti editore, Firenze) alla sua uscita nel 1960 fece un enorme scandalo. Oggi è dimenticato, ed è un vero peccato, perché è scritto in maniera preziosamente intelligente, scorrevole e moderna. Ha inoltre un rilevante interesse storico di testimonianza su ciò che significava essere omosessuale alla fine degli anni ’50. Vi si trova infatti una fedele trasposizione autobiografica “a chiave” (cioè con i nomi dei veri protagonisti cambiati). Scritto dal marchese Giorgio Quintini Paleologo (nato nel 1933 a Roma) senza usare pseudonimi d’uopo, è il primo vero e proprio romanzo “serio” con protagonista gay della storia della letteratura italiana. Era stato preceduto, l’anno prima, dal libro scandalosamente autobiografico Roma capovolta (Quattrucci editore, Roma) di Giò Stajano (nato a Lecce nel 1932) che sollevò un polverone tale da essere sequestrato, processato e condannato al macero. Sulla scia del grande clamore Stajano diede subito alle stampe un nuovo libro nel novembre di quel 1959, Meglio un uovo oggi, che subì identico destino del precedente. Quintini e Stajano erano molto amici: in quei giorni erano entrambi pittori e molto intimi della celeberrima Novella Parigini, colei che oltre ad essere artista in via Margutta era anche la principale sobillatrice e fautrice della pazza “Dolce Vita” romana. Non è un caso che ne I malnati si ritrovi Stajano sotto il personaggio di “Giacomo Variano”. Così come Quintini, pungentemente quanto affettuosamente, è ritratto qua e là negli scritti di Stajano: in Signorine sirene (Santanjello, 1961) è la sirena Passiria, e nella sua autobiografia (Sperling & Kupfer, 1992) è chiamato, tout court, “La Marchesa”. ospiti del falso nobile messicano “Juanito”. Alla fine “Juanito” riuscirà a portarsi a letto “Pablo”, e “Andrea” li lascerà entrambi al loro destino. Questa la trama, in soldoni. In pratica il libro è pieno di descrizioni dettagliate dei diversi modus vivendi e delle psicologie degli ambienti gay tra Parigi e Roma. Nel libro non si ritrovano tutti i sensi di colpa verso l’omosessualità tipici di tanti altri autori dell’epoca (un limite che avrebbe fatto capolino nell’opera di Pasolini e poi intriso fino all’ossessione quella del masochista Dario Bellezza), né la pruriginosità che cade facilmente nel dettaglio pornografico. Nel libro Quintini ricorda anche la sua infanzia e il graduale scoprirsi gay, accettando completamente, e senza tante tragedie, tutte le conseguenze delle sue scelte di vita. Il titolo del libro non si riferisce, come si potrebbe pensare, al significato di “malnato” in quanto Giovanbattista Brambilla I due autori avrebbero però preso, dopo questi debutti letterari, strade differenti. Stajano come giornalista e attore occasionale (si diede pure al porno!), cambiò sesso nel 1982, per poi tornare a dipingere e vivere, oggi, in un casolare di campagna come una suora laica. Quintini, invece, divenne stilista di successo per le più celebri case di moda dell’epoca tra Roma e Firenze, poi diventò gallerista alla fine degli anni ’60, infine celebre antiquario e oggi, in riposo nel Monferrato, è autore di testi teatrali. Nel 1955 Quintini e Stajano avevano debuttato come pittori, esponendo insieme alla galleria Open gate club e grazie alla Parigini erano entrati in contatto col più bel mondo internazionale. Fu nello studio della Parigini che Quintini conobbe una delle sue più care amiche: la leggendaria top model Ivy Nicholson (nata nel 1933 a New York). Che si ritrova, come “Eva”, trasposta ne I malnati. La vicenda del libro ha inizio quando Quintini (che ne è il protagonista “Andrea”), durante un suo soggiorno bohémien a Parigi nel 1957 ritrova “Eva” e s’innamora del bellissimo pittore argentino “Pablo”, amante occasionale ma appassionato della bellissima mannequin. Alla fine “Andrea” riesce ad affascinare il pittore e a portarselo in Italia. Prima nella casa di famiglia a Perugia e poi a Roma, nel rutilante generone artistico-cinematografico di via Veneto, entrambi pride marzo 07 01 malsano, bensì a quello di persona irrequieta e scombinata, che ben si addice ad ogni gioventù. Specie a quella d’ogni “giovin artista”. In effetti, ciascun personaggio del libro brilla per una sua sensibilità: quella che anche al di fuori del mondo artistico si può definire “talento”. Tutta gente speciale, con una personalità unica. Sono riuscito a parlare di tutto questo con Quintini in persona, che mi ha detto al telefono: “Oggi c’è solo la volgarità. Sono contento d’aver vissuto in tempi migliori. Ho conosciuto tantissime persone eccezionali, al di là del fatto che fossero anche famose... Ad esempio Ivy Nicholson era d’una bellezza sconvolgente, con un’intelligenza e una folle stravaganza tutta sua. Si sposò con un conte francese bellissimo. Poi divenne anche pittrice e attrice. Nel 1967 si pensò che fosse morta perché, per amore, si era tagliata le vene per l’attore Anthony Perkins: tutti sapevano che era gay, ma lei s’innamorava sempre e solo di ‘quelli’, perché li trovava eccezionali. Invece poi si sco- I malnati 55 prì che era andata a New York alla Factory di Andy Warhol, con cui girò sei film d’avanguardia. S’innamorò perdutamente anche di Warhol, ma sposò il suo assistente diciannovenne gay John Palmer, e ci fece pure due gemelli. Poi scomparve di nuovo, e fu ritrovata, per caso, come una barbona che vagava sui marciapiedi di San Francisco nel 1984. Due anni fa debuttò addirittura come regista cinematografica... Anche il ‘Pablo’ del mio libro è realmente esistito. In realtà era un pittore cileno di nome Andrés Gomez Monreal, talmente bello da fare impazzire tutti. Fece la controfigura all’attore Horst Bucholz e poi divenne un artista famoso a Madrid, dove si sposò. Era considerato il playboy di Saint Germain des Prés… riuscì a sedurre pure una bellissima ragazza che lavorava in una merceria. Pensa come sono i casi della vita: in seguito questa ragazza divenne un’attrice molto famosa, giunse a Cinecittà e s’innamorò di Vittorio Gassman. Il suo nome era Juliette Mayniel e non è altri che la madre del giovane Alessandro Gassman! Andrés divenne così amico di famiglia, e quando passava per Roma era sempre ospite a casa Gassman! Il personaggio del perfido ‘Juanito’ era in realtà un cubano, prostituto gay d’alto bordo che era riuscito, non si sa come, a diventare il segretario del vecchissimo principe Johnny Del Drago... Nel libro è ritratto anche il celebre costumista Folco, che all’epoca viveva con lo scenografo Luigi Pizzi. Il libro fece molto scandalo, ma fu distribuito male e fui truffato dall’editore. Di contro, mi stupì ricevere una splendida recensione, sull’omofobico settimanale illustrato ‘Lo specchio’, dal famigerato scrittore di destra Giose Rimanelli. In quei giorni, con lo pseudonimo ‘A. G. Solari’, pubblicava impietose recensioni al vetriolo che sconvolsero i salotti letterari: l’editore Mondadori mise addirittura una taglia di mezzo milione di lire per conoscerne la segreta identità! Una volta la ‘cultura’ contava...”. 06 03 04 02 05 01 Giorgio Quintini, I malnati (1960) 02 Giorgio Quintini nel 1960 03 Giorgio Quintini con Ivy Nicholson a Parigi (1957). Foto di Jack Nisberg 04 Novella Parigini con Giò Stajano, Giorgio Quintini, Marziano Lavarello e Gigi Scuccimarra (1955) 05 Ivy Nicholson’s Screen Test di Andy Warhol (1965) 06 Ivy Nicholson (1970) marzo 07 pride 56 rubriche Spazio gay Riscuote sempre più successo il nuovo sito di “personals” GaySpace. Ha più di 10.000 utenti registrati (per la maggior parte del centronord), la guida ai locali gay della penisola, è gratuito e contiene tantissime trovate originali. Frutto del lavoro comune di giovanissimi che si sono incontrati grazie ad internet, ha tra le rubriche “I nostri modelli”, set creati dagli utenti di foto artigianali, con pose forse leziose ma non per questo meno belle. Lato negativo del sito? La lentezza. http://www.gayspace.it di Carmine Urciuoli [email protected] internet libri cinema fumetti musica Tu mi tubi È la moda del momento, sulla rete impazza la YouTubemania, la possibilità di mettere online e ripubblicare ovunque video e spezzoni da trasmissioni televisive, eventi pubblici o privati ripresi con videocamere o videofonini. Il primo a lanciarsi nella videoimpresa è Franco Grillini, che ha pubblicato le sue audizioni con triangolo rosa alla vigilia delle discussioni in parlamento della legge contro la violenza antigay (http:// w w w.gaynews.it /view. php?ID=72050) e tanti graziosi documenti da vedere e rivedere, come il No del gerarca cattolico Camillo Ruini ai Pacs (http://w w w.gaynews. it/view.php?ID=72053) o il faccia a faccia di Barbero e Benzi sull’omosessualità a “Le Iene” (http://www.youtube.com/ watch?v=BuN0aKm6CDs). tondo, con notizie ed informazioni centrate sui temi cari al giornalista battipagliese. http://www.p40.it Anche Franco Barbero, il prete no vatican, ha un suo blog con gli interventi di questi ultimi anni. Testuale e molto spartano nella grafica, si lascia leggere tutto d’un fiato. http://donfrancobarbero.blogspot.com Nessuno sa dove trovi il tempo per aggiornare il suo blog il segretario di Arcigay Aurelio Mancuso, che può essere contemporaneamente ad un convegno a Roma, ad una trasmissione in una Tv lombarda ed ad una cena sociale a Salerno. Ubiquitari si nasce. http://blog.libero.it/mancuso Non è aggiornatissimo come vorrebbero i suoi affezionati lettori il blog di Giulio M. Corbelli, capo redazione di gay. it fino all’anno scorso. http://outnews.ilcannocchiale.it Storia proibita Al grande interesse suscitato dalla pubblicazione recente di saggi storici sull’omosessualità va incontro un lavoro televisivo importante come Storia proibita, su History channel (http://www.historychannel.it) canale tematico dedicato alla storia incluso nel pacchetto base di Sky. Il programma ripercorre con solerzia le vicende che hanno caratterizzato la storia dei costumi sessuali del nostro paese durante il secolo scorso senza tralasciare nulla, dallo scandalo dei Balletti verdi alla dolce vita gay di Giò Stajano. Sul sito, molto completo e curato, presente anche un blog sempre aggiornato. http://www.storiaproibita.it/1900/index.html C’è chi ha poi creato un filmatino con il videogame Sims2, con una regia impeccabile e una godibilissima trama a tema (http://www.youtube.com/watch?v=esdl6kQNmVo). Ma non è tutto oro quello che va in streaming: sulla rete troviamo anche Salvatore Marino, “maschio 100%”, che celebra “messe cristiane maschiliste” (http://www.youtube.com/watch?v=GE3yof3NLlA) e lancia anatemi contro omosessuali e “lesbiche femministe e sataniste”. Sembra satira di cattivo gusto, e invece non lo è. Le mille blogger blu Un blog personale che è un blog sulle emozioni quello di Daniela Tuscano, con pensieri soffusi sull’incapacità che ha il mondo contemporaneo di amare. http://danielatuscano.wordpress.com Adele Parrillo è stata la compagna di Stefano Rolla, regista assassinato a Nassirya, che non potè, da vedova, partecipare alla celebrazione in onore del compagno morto perché non era sposata con lui! Ha ora aperto un sito in cui testimonia l’affetto per il compagno e l’intenzione di cambiare le leggi discriminatorie. Affinché quello che è accaduto a lei non si ripeta. http://adeleparrillo.splinder.com Il blog di Pasquale Quaranta, curatissimo nella struttura e nella grafica, si presenta come un giornale online a tutto >> EROSSTRIP pride marzo 07 Bazar saffico Pieno di sezioni il pornoshop online “la Vilma”, dedicato al sesso lesbico. Tra le pagine “Le singles” e “Double toys”, strumenti erotici da usare da sole... o in due. http://www.lavilma.it Per chi non lo ha ancora visto, PornoTube (http://www.pornotube.com), il porno-clone di YouTube, merita una visita, soprattutto ora che, a seguito del successo analogo del suo originale, ha rinnovato completamente la grafica e la tecnologia di riproduzione dei video. Un altro salto invece a Social porn (http://socialporn.com) sito di condivisione di bookmark di siti hard. Per la striscia erotica della rubrica internet di questo mese, un sito creato da e dedicato ad amanti dell’abbigliamento sportivo con centinaia di gallerie con serie complete di foto e link esterni http://www.adidasboyuk.com 57 marzo 07 pride 58 rubriche Yves navarre Il giardino zoologico internet libri cinema fumetti musica Il giardino zoologico Questo romanzo è la saga di una famiglia borghese, i Prouillan, all’epoca della Quinta Repubblica. Tutto avviene tra il 9 e il 10 luglio dello stesso anno, quando Henri Prouillan, una sorta di padre padrone, e i figli Luc, Sébastien e Claire ricordano, a modo loro, i quarant’anni di Bertrand, il figlio più giovane di Henri. Da tempo Bertrand è rinchiuso nella casa di campagna di Moncrabeau; perché è stato costretto a lasciare l’elegante appartamento parigino del padre? Che cosa è successo al giardino zoologico? Sono questi i principali interrogativi che attraversano la drammatica storia di Bertrand, vittima del conformismo borghese di un passato non ancora scomparso. € 15,80 Il giardino zoologico Tutta la narrazione ruota intorno ad una data, un 9 luglio Pubblicato in Italia nel 1981 con il titolo Il giardino segreto, dei primi anni ottanta quando i vari componenti della ma da molti anni introvabile, torna in libreria uno dei più famiglia, (ognuno solo con se stesso, i propri ricordi e bei romanzi della letteratura francese del novecento, le macerie della propria esistenza) rievoca un 9 luglio di con un titolo nuovo e una nuova traduzione. venti anni prima, il ventesimo compleanno di Bertrand, Nel 1980, quando uscì in Francia, il libro vinse il premio il suo ritorno da Barcellona dove aveva accettato di Goncourt. Il fatto che un premio così prestigioso venisse andare a farsi operare di un tumore al cervello che assegnato ad un romanzo che poneva l’omosessualità al non aveva mai avuto e dove, con la complicità di medici centro della narrazione, e che l’autore fosse uno scrittore compiacenti, il padre gli aveva fatto in realtà praticare la esplicitamente gay impegnato nelle lotte del movimento, lobotomia con lo scopo di renderlo “sano”. Sano, cioè fu percepito da molti omosessuali come un segnale di non più omosessuale. riconoscimento sociale, e il successo di Navarre (morto nel 1994) nei primi anni ottanta rimane un importante Quando si erano visti davanti Bertrand ridotto ad una momento di affermazione di tutta la comunità gay. larva umana, mezzo sordo, mezzo cieco e “svuotato”, Riletto oggi, il romanzo ci riporta un po’ alla temperie anche i fratelli avevano finalmente capito. Non avrebbero culturale di quel periodo e alle analisi della famiglia come più avuto la forza di guardarsi negli occhi né il coraggio luogo di repressione di ogni di rivedere Bertrand, ma non sarebbero libertà (a cominciare dalla libertà riusciti mai a liberarsi dall’orrore di quel di amare persone del proprio terribile compleanno. Navarre è nato a Condom, una cittadiYves NAVARRE sesso), tuttavia anche in un clima IlYves ma gli altri? napadre del sud-ovest è dellastato Francia, nelun 1940.mostro, In giovane età si trasferisce a Parigi con la famiglia. diverso, quale è quello di oggi, Davvero nessuno Davvero Durante l’adolescenza, il giovane Yves devesospettava? lottare contro il padre, che vorrebbe conserva intatta la forza della sua non sapeva niente la madre che farfuglia: “normalizzare” il comportamento sessuale del figlio, la cui omosessualità rischia di far naufraIl giardino zoologico «Sul retro denuncia, di questo messaggio c’è e unarimangono mappa. Raggiungimi. inalterati il “Vostro padre mi nasconde tutto”, “Credeva gare la sua carriera politica. Il padre si spinge Non puoi perderti. Il cielo è chiaro. La luna veglierà. Ci vora sollecitare Yves, affinché si operi di lobotodiperuna scrittura di grande difino fare la cosa giusta”? Davvero non sapeva ranno più o fascino meno venti minuti raggiungermi. Il posto si mia, decisione fortunatamente respinta anche chiama Auzan. Sarò sdraiato sotto l’olmo, vicino alla fattoria. grazie all’intervento di alcuni famigliari. suggestione e l’attualità che solo i niente la zia Suzy? E i fratelli e la sorella Quando lascerai la casa, per le scale, cammina vicino alla rinYves Navarre si dedica presto alla scrittura. ghiera, senza scricchiolii. Vedrai, è gradevole uscire senza far Apprezzatoimpegnati dal pubblico sin dai primi romanzi loro vite, hanno grandi classici sanno mantenere. che, nelle rumore per raggiungere un luogo e un amico. A tra poco. Con (Lady Black, 1971; Evolène, 1972; les Louun po’ di fortuna, il piccolo Pierre piangerà nella culla, il bibekoums 1973), pubblica numerose opere di nar- a loro padre? abbandonato Bertrand ron di mezzanotte, e coprirà la tua fuga. Ho atteso questo rativa e di teatro. momento per i diciassette anni della mia vita, diciassette anni Riceve il “Prix Goncourt”, il più prestigioso Il romanzo la rappresentazione di servizio come dicono i militari, cheèabbiano conosciuto la premio letterario francese, nel 1980 per Il giarguerra o no. E se io dovessi piangere al tuo arrivo, là, sotto il dino zoologico (Le jardin d’acclimatation) di una famiglia dell’alta borghesia La lobotomia del e nelfiglio omosessuale mio albero, non lasciarti ingannare dalle lacrime. Saranno 1992 il premio della “Académie Française” per scoppi di risa. Come schegge di vetro per strappare il telo nero la sua opera letteraria. Muore a 53 anni francese: unÈ bello. capofamiglia (Henry sembra essere laa Pa-metafora estrema della notte più corta. Sbrigati. È folle. Sei qui. Finalrigi, di una overdose di barbiturici. mente» Il talento difobia Yves Navarredell’omosessualità, si declina attraverso Prouillan) padre padrone, della ma non le sue opere rivelatrici della sua omosessualità e sue ossessioni.questo, perché fino agli anni moderno Crono che sbrana i suoi èdellesolo figli in nome della conservazione sessanta è stata anche una realtà terribile della famiglia e del potere (per che ha caratterizzato la politica verso diciassette mesi è ministro l’omosessualità di alcuni stati, ed è Edizioni del Cardo della Repubblica); una madre stata praticata anche nelle democrazie sopraffatta dall’autoritarismo occidentali. Decine di ragazzi e ragazze del marito e resa incapace di esprimere una qualche gay, incubo di alcune famiglie potenti, hanno subito emozione; quattro figli (Luc, Sébastien, Claire e operazioni di lobotomia in cliniche per ricchi di Ginevra Bertrand); una zia e suo marito; una governante; un o di Barcellona. Lo stesso Navarre racconta in una sua cane (sempre lo stesso anche se passano i decenni, opera autobiografica di aver sperimentato su se stesso perché quando muore viene subito rimpiazzato da un un progetto di questo tipo da parte della sua famiglia. altro cane identico), e poi i nuovi arrivi che i Prouillan hanno sposato (perché “i Prouillan sposano, non si fanno Rielaborando così un dato autobiografico, e alternando sposare”), le mogli di Luc e Sébastien, il marito di Claire, e mescolando generi diversi (dalla prosa spezzata e i nipoti. frammentata dei monologhi interiori, alla più piana Dei figli solo Bertrand, il descrizione di certe riunioni di famiglia, alla forma più giovane, è condannato a restare solo. La sua colpa epistolare con cui viene raccontata la bella e drammatica è quella di essere omosessuale e Romain Leval, l’uomo storia d’amore di Bertrand e Romain) e scardinando gli di cui si è innamorato, non solo non potrà mai mettere schemi della narrativa tradizionale, Yves Navarre ci ha piede nella sua casa, ma pagherà con la vita i pochi lasciato un romanzo di grande fascino, che si legge con momenti d’amore vissuti con lui. incredulità e partecipazione, con rabbia e commozione. Yves NAVARRE di Francesco Gnerre [email protected] edizioni del cardo Albano laziale 2007 - pp. 448, euro 15,80 Illustrazione di copertina Jean La Personne © Edizioni del Cardo, 2007 SEGNALAZIONI AA.VV., Altri generi, a cura di Flora Bisogno e Francesco Ronzon, Il dito e la luna, Milano 2007, pp. 251, euro 16. Una serie di saggi di antropologia, rigorosi ma non solo per studiosi, in cui si mettono insieme riflessioni teoriche e ricerche sul campo sul tema del genere in diverse culture (dai berdache presso i Nativi d’America ai concorsi di bellezza gay/bantut nelle Filippine all’ambiguità dei/delle travestis del Brasile). pride marzo 07 Armistead Maupin, 28 Barbary Lane, Rizzoli, Milano 2006, pp. 373, euro 17. Quarto volume dei famosi Racconti di San Francisco, un cult della letteratura gay. Il libro racconta, in una prosa ironica e leggera, nuove avventure degli inquilini del numero 28 di Barbary Lane, travolti da equivoci e colpi di scena, tra San Francisco e una divertente escursione in Inghilterra.. AA.VV., Progetto Petrolio, a cura di Paolo Salerno, Clueb, Bologna 2006, pp. 172, euro 15. Il libro raccoglie gli atti di una giornata di studi organizzata al Cassero di Bologna sul romanzo incompiuto di Pier Paolo Pasolini. Tra i saggi, tutti di grande interesse, si segnalano in particolare quelli sulle suggestioni teatrali, di Stefano Casi, e quello di Massimo Fusillo su metamorfosi e ruoli sessuali. Gore Vidal, Navigando a vista, Fazi Editore, Roma 2006, pp. 296, euro 17,50 Dieci anni dopo Palinsesto, Gore Vidal torna all’autobiografia con la consueta verve, ma anche con la malinconia di chi procede “verso la porta con la scritta Uscita”. Tra le pagine più belle quelle sulla vita italiana negli anni Sessanta e quelle dedicate ad Howard Auster, suo compagno per 54 anni. 59 marzo 07 pride 60 rubriche Correndo con le forbici in mano Questo mese eccezionalmente diamo spazio a due film. di Vincenzo Patanè [email protected] internet libri cinema fumetti musica Il primo è Correndo con le forbici in mano, tratto da un fortunato libro cult: l’omonima autobiografia (edita in Italia da Alet) del quarantunenne scrittore gay Augusten Borroughs, una storia vera che però sembra inventata, tanto è eccentrica. Siamo negli anni settanta. Il dodicenne Augusten vive col padre alcolizzato Norman (Alec Baldwin) e con la madre bisessuale Deirdre (Annette Bening), schizzata e depressa soprattutto perché non riesce a sfondare come scrittrice. Quando la famiglia si disgrega, il ragazzo viene depositato presso lo strizzacervelli hippie della madre, il dottor Finch (Brian Cox). Costui vive assieme alla moglie e a molti figli, delle più svariate origini, senza parlare dei tanti pazienti che stazionano lì. Tutto nella casa ha dell’incredibile: dalla madre che sgranocchia cibo per cani all’uso continuo di valium o ai bambini che giocano allegramente con le macchine per l’elettroshock. Un ambiente allucinato e surreale, nel quale Augusten (Joseph Cross) riesce nonostante tutto (incredibilmente) a resistere, uscendo indenne da situazioni paradossali, tra esperienze insolite e sogni bizzarri. Prodotto nientepopodimeno che da Brad Pitt, il film (che vanta nel cast anche Gwyneth Paltrow, Jill Clayburgh e Evan Rachel Wood) ha fatto molto scalpore negli Usa, anche perché tocca tanti argomenti delicati: il sesso, la pedofilia, la tossicodipendenza, le malattie mentali, il rapporto famiglie/adolescenti. Come nel libro l’ironia riesce però a stemperare ogni situazione, anche la più distruttiva. Del resto questo è anche il punto di vista del giovane protagonista. Augusten (che sogna di diventare parrucchiere) cerca infatti di cogliere il positivo in ogni persona, anche la più stravagante, grazie alla curiosità che gli permetterà di conquistare una sua identità. Il regista Ryan Murphy (gay dichiarato nonché ideatore della serie televisiva Nip/Tuck) racconta con un certo tatto l’iniziazione sessuale del ragazzo da parte di Neil Bookman (Joseph Fiennes). Costui, figlio “adottivo” del dottore, è un personaggio complicato, roso dalla solitudine ma anche pieno di una certa umanità. Vuole sì far sesso col ragazzo ma anche offrirgli una protezione in quel contesto impossibile. Incisivi i costumi e la scenografia, soprattutto per la folle casa rosa-shocking dei Finch, dominata dal caos più assoluto e zeppa di oggetti tipici degli anni settanta. Anche Diario di uno scandalo, un raffinato thriller psicologico, è tratto da un best seller del 2001, di Zoë Heller (Bompiani). Barbara Covett (Judi Dench) è un’anziana docente della malridotta scuola londinese St. George. Da anni vive disperatamente sola, in compagnia della sua gatta, senza avere mai conosciuto l’amore, e forse anche per questo è particolarmente ispida e autoritaria sul piano professionale. La sua vita è improvvisamente rischiarata dalla presenza di Sheba Hart (Cate Blanchett), giovane insegnante di arte appena trasferita, con la quale scopre una forte affinità spirituale. Immediatamente Barbara capisce di avere trovato la persona ideale da sempre cercata (“È lei che aspettavo”, scrive sul suo diario).Vive quindi con gelosia le confidenze di Sheba, sposata col più anziano Richard (Bill Nighy), la quale le racconta la sua focosa relazione con uno studente quindicenne, Steven (Andrew Simpson). Per Barbara, innamorata di Sheba ma anche invidiosa della sua presunta felicità, il colpo è duro e sarà la goccia che fa traboccare il vaso. Così cerca di sottomettere l’altra attraverso l’arma del ricatto, minacciando di raccontare tutto a scuola o allo stesso Richard. Ma così innesca una furia distruttrice che finirà coll’annientare anche lei. Il film è diretto dall’inglese Richard Eyre (regista di Stage Beauty e Iris, anch’esso una storia lesbica con Judi Dench). Proprio come nel romanzo la sceneggiatura si basa sul diario di Barbara, puntiglioso e parziale quanto sarcastico. Cambiando spesso direzione in maniera sorprendente, la narrazione riesce a entrare a fondo nelle dinamiche di possesso dell’amore (anche per il rapporto fra Sheba e Steven), mostrando a quale vortice emotivo incontrollabile esso possa portare, evidenziando la vulnerabilità delle due donne, le loro ossessioni, la sensualità così come le debolezze. Un’attrazione fatale, quindi, asfissiante e morbosa che, pur senza mai nominare col proprio nome l’amore di Barbara per Sheba, ne fa il fulcro di tutta la storia, come poche altre volte si era visto sullo schermo. Ottima la fotografia e la musica di Philip Glass, eccezionali le performances delle due protagoniste, ambedue in odore di Oscar, in particolare Judi Dench. C’è molta attesa per Saturno contro, l’ultimo film di Ferzan Ozpetek dopo la non convincentissima prova di Cuore sacro. Stavolta il regista di origine turca ha fatto trapelare molto poco sulla trama. Il titolo fa riferimento a Saturno, “il pianeta della maturità, dell’introspezione, dei cambiamenti, che ti aiuta a riflettere e a tagliare i rami secchi”. Per il resto si sa che è una commedia corale, incentrata su un gruppo di amici borghesi trentenni e quarantenni. Costoro, uniti da un evento inatteso, sono alle prese con malesseri esistenziali ma speranzosi di ritrovare fiducia nel “gruppo”, magari allargando il concetto tradizionale di famiglia. Tra gli attori spicca la coppia Margherita Buy e Stefano Accorsi, i protagonisti di Le fate ignoranti qui in crisi matrimoniale, e poi Milena Vukotic, Isabella Ferrari, Ennio Fantastichini, Serra Yilmaz, Ambra Angiolini (per qualcuno icona gay) e Pierfrancesco Favino, che interpreta uno scrittore omosessuale specializzato in favole. Ovviamente è qui che ci aspettiamo delle situazioni gay. pride marzo 07 61 marzo 07 pride 62 rubriche di Massimo Basili [email protected] internet libri cinema fumetti musica Dopo tre lustri di turbolenta relazione fumettistica, anche l’inossidabile coppia formata dal mite Conrad e dall’assatanato Paul decide di convolare a nozze. O meglio, di usufruire della legge che in Germania, dal 2001, permette alle coppie dello stesso sesso di registrare la propria unione. Ralf König ci racconta con la consueta maestria i risvolti tragicomici che una simile notizia provoca tra amici e familiari: mentre Conrad cerca di far digerire la decisone alla madre (ancora persa nell’illusione di una miracolosa redenzione del figlio peccatore), la mamma di Paul fa credere alla perfida nonna Tilla che il figlio si sposi con una donna, il tutto orchestrato per strapparle qualche briciolo di eredità prima del trapasso. Mamma e figlio entrano però così in competizione con la sorella siliconata di Paul, che annuncia (con sospetto tempismo) il nuovo fidanzamento e un’imminente gravidanza. Come se non bastasse, l’indomito Paul attende il giorno del “matrimonio” trastullandosi con l’ennesima scimmiesca conquista: uno spacciatore turco diciannovenne, arrapato e dalla sessualità piuttosto confusa, che lo coinvolge in una “pericolosa” scampagnata dagli esiti inattesi. Rispetto alle precedenti prove di Palle di toro e di Super Paradise, le vicende raccontate in Lo sposo baci la sposa perdono in compattezza narrativa ma guadagnano in divertimento, risultando un felice ibrido tra le storie più articolate e quelle fulminanti basate sulle situazioni comiche. Memorabili i siparietti con protagonista nonna Tilla, tutt’altro che rassegnata a finire sottoterra e assai più arzilla di quanto si possa pensare, e gli assurdi convegni tra Paul e il turco Gökhan, surreale caricatura di quelle criptochecche “attivissime” nel concedersi a quanti più maschi possibili rimanendo però degli etero di ferro, perché: “Se ti scopi un uomo non vuol dire che sei frocio, capisci? Succede in tutto il mondo”. Per la prima volta König ci svela anche i retroscena del primo storico incontro tra Conrad e Paul, quando il primo era “ancora etero e inconsapevole e (Paul)… una dolce femme fatale che circolava nell’ambiente…”. Presentato con gran successo all’ultima mostra-mercato di Lucca dallo stesso König nel novembre 2006, Lo sposo baci la sposa è pubblicato da Kappa edizioni con la consueta cura di traduzione e lettering. Imperdibile. Al mondo del fumetto underground dal quale proviene König appartiene anche l’illustratrice e fumettista americana Phoebe Gloeckner, allieva del grande Robert Crumb. Diario di una ragazzina racconta la burrascosa adolescenza della quindicenne Minnie, alter-ego dell’autrice di impressionante verosimiglianza. Minnie-Phoebe vive le prime pulsioni sessuali e i dubbi sul proprio ruolo nella San Francisco della fine degli anni settanta, popolata da tardo-hippies ormai scivolati dall’illusione di poter fermare le guerre infilando fiori nei cannoni a un’esistenza di annullamento della coscienza attraverso le droghe e la promiscuità sessuale. Trascurata da una madre irresponsabile e alcolista, iniziata al sesso dal compagno della madre, sballottata da una scuola ad un’altra, Minnie trova conforto nella scrittura e nel disegno, coi quali si racconta e si mette a nudo. Scapperà di casa, si rifugerà dal marchettaro travestito Richie e s’innamorerà anche di Tabatha, coetanea lesbica, di professione spacciatrice nonché cacciatrice di ragazzine ingenue. Basato sui veri diari dell’epoca della Gloeckner, scritto con linguaggio realistico poco conciliante, spesso provocatorio e sgradevole ma di acuta sensibilità psicologica, Diario di una ragazzina mescola con abilità la narrativa in prosa con illustrazioni e fumetti dal tratto graffiato e preciso, usati per sottolineare i momenti più toccanti e dolorosi della vita di Minnie. Da leggere, per non dimenticare i nostri quindici anni. pride marzo 07 Ralf Koenig Lo sposo baci la sposa Kappa edizioni, b/n pp. 144 euro 13 Phoebe Gloeckner Diario di una ragazzina Fernandel - Collana Illustorie b/n pp. 352 euro 15 63 marzo 07 pride 64 rubriche vorrei essere grace kelly Anni fa David Bowie profetizzò il momento in cui gli artisti non avrebbero più avuto bisogno di case discografiche per promuovere i propri lavori, ma che i musicisti avrebbero lanciato e venduto le proprie opere attraverso internet. di Roberto Cangioli [email protected] internet libri cinema fumetti musica Mai previsione fu così azzeccata, tanto che oggi milioni di giovani e non scaricano musica legalmente (e illegalmente, ma questo è un altro discorso) dalla madre delle reti. Internet si è dimostrato un canale affidabile per farsi conoscere, così che molti autori si sono lanciati a costruire propri siti sul web, magari approfittando di quei provider che mettono a disposizione gratuitamente degli spazi autogestibili. Mika (Penniman) è nato 23 anni fa a Beirut, in piena guerra civile. La sua famiglia si è trasferita a Parigi subito dopo la sua nascita, poi a Londra, dove per sottrarlo alla timidezza e ad una forma di dislessia che lo torturava fin da piccolo (sembra tra l’altro che i compagni di scuola lo prendessero in giro chiamandolo “frocio” per i suoi capelli lunghi e per il fatto che si distinguesse dagli altri alunni nel modo di vestire), la madre decide di iscriverlo ad un corso di musica. La passione per quest’arte si fa subito sentire: Mika frequenta il Royal college of music, dove inizia a comporre i propri brani. “Ho iniziato a comporre canzoni sin da ragazzo, non perché avessi grandi ambizioni, ma perché era un modo semplice di raccontare una storia, uno scherzo e spesso la verità. Di’ la verità in una canzone e vedrai che la gente si incazza molto meno che se gliela spiattelli in faccia”… così si presenta il cantante nella sua pagina personale creata su myspace.com (www.myspace.com/mikamyspace). Ancora adolescente presenta alla Rca un demo, che però non viene preso in considerazione. Registra assiduamente con la Royal opera house e canta in un jingle per il chewingum “Orbit”, continuando a proporre i suoi brani alle sorde case discografiche. Finalmente lo scorso anno qualcuno inizia a notarlo negli Stati uniti, mentre il suo sito web si riempie di contatti in poco tempo. Da qui Mika lancia il suo primo singolo, “Grace Kelly”, che narra proprio le difficoltà di sfondare nello star business. Il successo è inaspettato: in due settimane il brano diventa il brano più scaricato da internet. Mika si evidenzia subito al pubblico per la sua voce dai toni squillanti e in generale per le pride marzo 07 sue doti canore: a metà tra i Queen e le Scissor sisters, il ragazzo viene subito bollato come una nuova promessa del pop e, guarda caso, alcuni siti gay lo promuovono subito ad icona. Di fatto è cresciuto ascoltando Joan Baez, Dylan e Serge Gainsbourg, ma le sue muse ispiratrici sono Freddie Mercury, Prince, Elton John e Michael Jackson. Nelle interviste evita solitamente di parlare della sua vita privata, ma va dà sé che da più parti si è parlato di una sua presunta ambiguità sessuale… “Potrei essere come tu mi vuoi/cerco di essere come Grace Kelly / posso essere come Freddie (Mercury). / Di’ ciò che vuoi per soddisfare te stesso, / ma tu vuoi soltanto ciò che gli altri pensano tu debba volere”. “Grace Kelly” si presta dunque ad una doppia interpretazione: se da una parte è una accusa rivolta ai discografici, dall’altra è un invito a manifestare in libertà la propria natura, il proprio ego. Ma non è tutto qui: nel momento in cui stiamo scrivendo sta per uscire il primo Cd di Mika, Life in cartoon motion, che contiene una decina di brani orecchiabili ed intriganti. È soprattutto dal decennio pop per eccellenza, gli anni ’80, che l’autore attinge a piene mani; basta ascoltare il trainante “Relax, take it easy” (riempipista uscito già l’estate scorsa negli States come singolo anche in versione dance) per ricondurre la memoria ai Cutting crew di “(I just) died in your arms”. Tuttavia sono i primi Queen e gli Scissor Sisters odierni a farla da padrone, anche per i testi ironici e spensierati di cui questo disco è pieno: partendo dalla irriverente eppure candida “Lollipop” (“sucking too hard on your lollipop, or love’s gonna get you down”… facile e doveroso allo stesso tempo scivolare nell’equivoco), fino alla divertente e dolce “Billy Brown”, ritratto canzonatorio di un uomo standard con tanto di moglie “precauzionale” e figli a carico, che si innamora di un altro uomo e cerca un luogo dove poter trovare pace. Non vi basta? Gli altri brani ve li lasciamo scoprire da soli (non fermate il lettore al termine di “Happy Ending” perché vi aspetta un gioiellino finale), magari sul nuovo sito www.mikasounds.com e, se le nostre profezie sono veritiere, Life in cartoon motion è destinato a ruotare incessantemente sul vostro lettore Cd per un bel po’ di tempo. 65 marzo 07 pride 66 rubriche Queen’s Day Amsterdam di Fabio e Gabriele [email protected] viaggiare low cost Dal 28 aprile al primo maggio Il Queen’s day, 30 aprile, è il giorno del compleanno della regina d’Olanda. In realtà il 30 aprile era il compleanno della madre dell’attuale regina Beatrice, la quale ha però voluto mantenere comunque fissa la data della festa nazionale. Ad Amsterdam in questi giorni si riversa oltre un milione di persone provenienti da ogni parte d’Olanda, e anche dall’estero. Un’occasione, questa, per invadere le strade, vestiti di arancione, colore della monarchia, per ballare, bere ed improvvisare mercatini dell’usato. Nella zona dell’Homomonument (monumento in ricordo delle vittime delle persecuzioni nei confronti di gay e lesbiche), il Queen’s day si trasforma in un vero e proprio gay pride. Un appuntamento, insomma, da non perdere!!! Come arrivare Una delle compagnie low cost che fa rotta su Amsterdam dall’Italia è la Transavia (www.transavia.com) che vola da Bergamo, Verona, Venezia, Pisa, Olbia, Roma, Napoli e Catania, con tariffe a partire da 29,99 + tasse a tratta. Un’altra compagnia è EasyJet (www.easyjet.com), che vola su Amsterdam solamente da Milano Malpensa. Per gli amanti del low cost estremo suggeriamo RyanAir (www.ryanair.com) da Bergamo, Pisa e Roma Ciampino, che vola su Eindhoven, da dove si può raggiungere Amsterdam in un’ora e mezzo di treno. Per le tariffe RyanAir suggeriamo di andare sul sito, in quanto spesso vi sono offerte vantaggiose. Dove dormire Per quanto riguarda l’alloggio, se siete alla ricerca di un hotel gay vi suggeriamo l’hotel Amistad (www.amistad.nl), che si trova nel centro del quartiere gay con camere doppie standard a partire da 50 € a notte a persona. Oppure l’Amsterdam house hotel (www.amsterdamhouse.com), con camere doppie a partire da 38 € a persona a notte; o il Barangay Guest house (www.barangay.nl), con camere doppie da 53 € a notte a persona. Infine segnaliamo The Golden bear hotel (www.goldenbear.nl) con camere pride marzo 07 doppie a partire da 42 € a persona a notte. Trasporti L’aeroporto di Amsterdam Schiphol è direttamente collegato alla stazione centrale di Amsterdam, con treni che partono ogni dieci minuti e il cui biglietto costa 3,60 euro a tratta. Per muoversi in città ci sono biglietti integrati autobus, tram e metro validi 24/48/72/96 ore il cui prezzo va da 6,50 euro (24h) a 16,50 euro (96h). Vi segnaliamo inoltre un pass che, oltre che a tutti i mezzi di trasporto di terra, vi dà accesso anche ai traghetti sui canali e offre sconti per musei, attrazioni turistiche, ristoranti ed altri servizi: il tutto per 23 euro. Divertimenti Ad Amsterdam incontriamo più di 300 locali gay sparsi in tutta la città, e non è poco per una città di 750.000 abitanti. I ragazzi di Amsterdam hanno un’agenda molto piena da seguire: il primo bar dove si beve la prima birra della sera è il Barderij, seguito dal Queen’s head per la seconda birra e se ti senti molto turista puoi anche avvicinarti al Getto cafè per la terza birra della sera. Entrando nella notte invece i principali club e disco sono: Argos (dopo le 23); Eagle (dopo mezzanotte); Cockring; Dirty dicks. Inoltre fra i soliti appuntamenti segnaliamo due feste da non perdere proprio in occasione del Queen’s day, ovvero il “Sunday T-dance cruise” al Supper club boat; il lunch al Pancake Factory, e come non menzionare anche una delle serate più conosciute in Europa ovvero quella del Joystick? Per maggiori informazioni vi consigliamo di scaricare una mappa di Amsterdam, dove potrete trovare tutti gli indirizzi di club, bar & disco (www.gaymap.info/ amsterdam/index.html) Totale Per passare un Long weekend dal 28/04 al 01/05, ovvero volo + 3 notti in hotel + trasporti noi abbiamo speso circa 330 euro a testa. 67 marzo 07 pride 68 pride marzo 07 annunci Gentili lettori, dal mese di marzo non accetteremo più nella rubrica di annunci personali le piccole pubblicità (ad esempio quelle di tipo turistico). Tutti gli annunci pubblicitari che perverrano in redazione non saranno pubblicati e i francobolli inviati saranno rispediti al mittente. Sarà a disposizione delle attività commerciali una piccola pubblicità nella rubrica Dovecosa. Vi preghiamo di contattare la redazione per informazioni in merito. INCONTRI SENZA IMPEGNO 31011, Asolo (Tv) Tel. 339 4263552 Cerco amici giovanili per piacevoli incontri in zone: Montebelluna/Castelfranco/Bassano e vicino. Ospito. Discrezione. 36100, Vicenza F.P. Centrale, C.I. AA893273 43enne cerca ragazzo max 30 anni anche di colore. Inviare foto. Ospito e viaggio. Rispondo solo se invii foto completa. Ciao. 40100, Bologna F.P. Centrale, Patente BO-2384316-P 35enni, due maschi, uno palestrato, cercano altri palestrati per sesso sicuro e scambio pornofoto gratuito. 20100, Milano Tel. 339 7604566 Cerco zona Milano nord boy per aventuale relazione. Magro, serio, max 32 anni. Io pari requisiti ma più grande, piacevole. Cerco anche valori autentici.Chiamare dopo le 18. 20100, Milano Tel. 340 8517020 37 anni di Milano, 178x78, rasato, occhi verdi, solo attivo. 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Dovrete poi aggiungere, per rimborso spese di segreteria, la somma corrispondente alla lunghezza del testo scelto (da 3,00 Euro a 9,00 Euro) in francobolli di piccolo taglio (non inviate banconote per posta!). • Per ricevere le risposte al vostro annuncio è possibile utilizzare il servizio “fermoposta” offerto dagli uffici postali. Per farlo si indica come mittente il proprio numero di documento d’identità (per esempio: Fermo Posta, Carta d’identità 1234567) e l’ufficio postale scelto (per esempio 20100 Milano Cordusio). La persona che si presenterà con il documento “Carta d’identità 1234567” all’ufficio postale indicato potrà ritirare la corrispondenza tenuta “ferma in posta” per lei, appunto. Si raccomanda di andare a controllare almeno una volta alla settimana: la posta non ritirata da voi viene distrutta dopo 15 giorni. I minorenni non possono utilizzare questo servizio. Chi risponde ad un annuncio con Fermo posta deve affrancare con 0,57 Euro. Con bollo di posta prioritaria 0,62 Euro + 0,15 Euro. • In alternativa è possibile indicare un numero di cellulare; in tal caso occorre aggiungere una fotocopia leggibile del contratto di attivazione e di un documento d’identità corrispondente al nome dell’intestatario del contratto, oppure più semplicemente, se si tratta di un “ricaricabile”, della scheda telefonica corrispondente al numero indicato. La redazione provvederà a telefonarvi sul numero che avete indicato per verificare che non si tratti di uno “scherzo” di cattivo gusto; per questo occorre aggiungere 6,00 Euro per coprire le spese da noi sostenute. Le richieste pervenute senza fotocopia non saranno pubblicate. Non si accettano annunci di telefonia fissa. • Chi desidera indicare come mittente un indirizzo e-mail vedrà pubblicato l’annuncio solo dopo che la redazione ne avrà verificato per e-mail la correttezza. 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Per lasciare spazio a tutti, siate brevi. In caso contrario taglieremo la lettera. La redazione. Le donne nelle dark? Le scrivo queste poche righe per avere informazioni e chiarimenti in merito ai servizi disponibili con il tesseramento UnoCard nei club, nei circoli e nelle discoteche gay... Una mia amica (donna) si è tesserata non molti anni fa (si diverte e le piace moltissimo ballare nei locali gay!) ed ha sempre rinnovato la validità della tessera pagando la quota annuale ad ogni scadenza. Ma è possibile che le poche volte, purtroppo, che questa mia amica ha deciso di uscire con me ed i miei amici per passare una piacevole serata in discoteca le sia stato precluso entrare in una dark? Può entrare in discoteca, ma non in una dark... e lo vorrebbe fare perché sarebbe per lei eccitante la situazione che può solo immaginare: esserci in una dark (consapevole, allo stesso tempo, che non la toccherebbe comunque nessuno...). Indipendentemente dal fatto che all’entrata di una dark ci sia o meno un avviso che vieta l’ingresso alle donne, non rimane un assurdo controsenso? Quasi a voler “ghettizzare” ingiustamente, secondo me, chi come qualsiasi altra persona all’interno del locale paga per usufruire di tutti i servizi che la tessera dovrebbe garantire! Riccardo - [email protected] Caro Riccardo, mi permetto di rispondere in prima persona senza girare la tua domanda ai responsabili del “Circuito Uno” a cui ti rivolgi. Non credo infatti che la tua sia una buona proposta, per il semplice motivo che chi sceglie di andare in un locale gay, lo fa perché cerca un ambiente esclusivamente gay. Esistono poi in Italia numerosi club non gay a disposizione di chi desidera situazioni “miste”. E ad essi si rivolgono quanti non amano le situazioni “solo gay”. Quindi penso che la tua amica potrebbe a sua volta rivolgersi a questi ambienti con migliore profitto. Perché non provi allora, per una volta, ad essere tu ad accompagnare lei? Arcigay e NoVat Caro direttore, sabato 10 febbraio sono andato alla manifestazione NoVat, per protestare contro l’ingerenza del Vaticano nella politica italiana, e per chiedere che lo stato italiano sia uno stato laico. Penso che il problema della laicità delle istituzioni dovrebbero porselo tutte le persone civili e democratiche, soprattutto in tempi come questi in cui perfino il presidente della repubblica, un tempo uomo di sinistra, invita il parlamento a trovare una sintesi con la chiesa cattolica per scrivere una legge... Ora, considerando che uno dei bersagli preferiti della suddetta chiesa siamo noi gay e lesbiche, trovo davvero assurdo che l’Arcigay non abbia aderito alla manifestazione NoVat (alla quale, fra parentesi, ha invece aderito l’Arci). Faccio parte dell’Arcigay da quattordici anni, e penso che questa associazione abbia fatto e faccia molto per i gay. Ho particolarmente apprezzato la recente decisione di trovare un punto d’incontro con le altre associazioni tlgb italiane in modo da fare un pride unitario quest’anno e l’anno prossimo: data la situazione politica nella quale ci troviamo, sarebbe stata davvero una sciagura continuare a dividerci tra noi. Ma perché non è stato fatto lo stesso con la manifestazione organizzata da Facciamo Breccia? Il problema era Facciamo Breccia, o la piattaforma della manifestazione? Nel primo caso, sarebbe decisamente opportuno mettere da parte le rivalità tra associazioni, che appunto non possiamo proprio permetterci. Se invece il problema è la radicalità della protesta contro la chiesa cattolica, allora credo che il problema sia grave, e mi chiedo: come possiamo pretendere che i nostri governanti respingano al mittente (come sarebbe loro dovere) le richieste vaticane, se noi stessi non siamo capaci di dire “più autodeterminazione, meno Vaticano”? Cari saluti Luca Mariani - [email protected] Risponde Aurelio Mancuso, segretario dell’Arcigay nazionale: Caro Luca, l’impegno unitario di tutto il movimento lgbt italiano di costruire un anno e più di mobilitazione sui temi dei diritti e delle libertà, credo sia un risultato politico enorme, che segna una presa di coscienza molto forte anche rispetto alle responsabilità che dobbiamo tutti insieme assumerci. La manifestazione del 10 febbraio, convocata molto tempo prima rispetto all’inmarzo 07 pride 74 lettere al direttore contro del 14 gennaio, è stata vissuta da tutti e tutte noi come una delle iniziative inserite dentro questa mobilitazione. Naturalmente, nel rispetto delle reciproche autonomie, dentro il movimento parti o singole associazioni promuovono iniziative che possono trovare l’accordo comune, oppure no. Ecco, la proclamazione del rispetto reciproco significa anche prendere atto delle differenze, che sono una ricchezza e mai devono diventare un ostacolo. Arcigay anche l’anno scorso non ha aderito alla manifestazione No Vat, e ha ritenuto anche quest’anno di confermare questa decisione. Questo non ha impedito a molti militanti Arcigay di essere presenti, anche con bandiere, il 10 di febbraio. Un caro saluto. Aurelio Mancuso [email protected] Tra lave e ginestre Tra lave e ginestre: questo è il titolo che scelsi per un mio articolo, pubblicato alcuni anni fa, in cui decantavo Catania, i suoi profumi e le sue meraviglie. Oggi un’indicibile tristezza pervade la mia mente in questo 5 febbraio 2007, festa di Sant’Agata, patrona di Catania. La mia bella città del sole si è macchiata ancora una volta di sangue. Un velo grigio ricopre il cielo azzurro ed è come se il sole di oggi fosse malato. Non è festa. Non può esserlo. La morte dell’ispettore capo Filippo Raciti e i vergognosi episodi che si sono scatenati nella partita Catania-Palermo sconvolgono, fanno prendere coscienza di come la vita non ha più valore e viene tolta in nome di una violenza assurda, senza ragione. Il mio cuore piange e lo sconforto s’impossessa di me, in questo momento non mi sento orgoglioso di essere un catanese, di sapere che Catania figura come prima città italiana invivibile. E’ vero, inutile nasconderlo, Catania è un caos. Basta uscire per le strade il venerdì o il sabato sera per constatare, con amarezza, sdegno, il teppismo di giovani belve scatenate che, senza casco su sgangherati motorini oltre i limiti delle norme di legge, sfrecciano a frotte: passano a semaforo rosso, invadono corsie, banchine, sbucano da strade a senso unico, pronti ad aggredire se solo provi a guardarli. Bombe vaganti nella notte. E non è poi cosi difficile individuarne le ragioni. Non hanno nulla a che vedere poi, come si è detto da più parti, riguardo ai fatti accaduti al Cibali di Catania, con la mancanza di cultura sportiva dei nostri giovani o con gli stadi non a norma di sicurezza. Queste possono solo essere concause. Non facciamo finta di non vedere dove stanno le vere responsabilità. Il primo imputato è la famiglia, nell’assenza di educazione e cura dei nostri figli. Ho ascoltato anch’io l’Angelus di ieri, l’ho fatto apposta per vedere se il santo padre dicesse qualcosa su Catania. Invece no, ha ripetuto lo stesso disco ormai stonato che di certo non può far presa né su una mente libera, laica, razionale né tanto meno nei cuori ricolmi di vera fede cattolica. Chiesa sei lontana, molto lontana dall’uomo. Fatti di sangue come quello di Catania avvengono proprio a causa di una famiglia malata, di genitori distratti o peggio ancora assenti che per sentirsi meno colpevoli sono pronti a giustificare i loro figli per qualsiasi “ragazzata” essi compiono. E non mi si venga a parlare di famiglie minacciate dall’estensione dei diritti alle coppie di fatto! Questa è vera eresia. Ho una figlia: il mio orgoglio, la mia vita. Da omosessuale, l’ho cresciuta in serenità, insieme alla mia ex moglie, con tutto l’amore possibile ed immaginabile che si deve dare ai figli. Le siamo stati sempre vicino, abbiamo pensato sempre a lei, senza la necessità di vivere sotto lo stesso tetto o di sottostare a vincoli assurdi dettati dalla convenienza o da regole al di fuori della nostra natura. Siamo stati e siamo famiglia lo stesso senza alcun bisogno di omologarci a tante belle famigliole così care al santo padre in cui però dietro l’apparenza c’è il vuoto e l’odio più totale. Il santo padre, che ama così tanto la famiglia tradizionale, che teme, ahimé, che i Pacs possano distruggerla, dica invece a tutti i genitori, separati o non, divorziati, eterosessuali o omosessuali di stare vicini ai propri figli, di educarli al rispetto, alla tolleranza, al dialogo, alla costruzione di un sano progetto di vita. L’amore prescinde dall’identità di genere, l’amore prescinde da tutte le diversità, l’amore prescinde dai divieti bacchettoni di una chiesa assolutamente incapace di guardare in faccia la realtà. Riccardo Di Salvo - Arcigay e Agedo Catania - [email protected] Da Catania Ciò che è accaduto il 2 febbraio del 2007 è stato subito legato alle tensioni sociali che contraddistinguono Catania. La quale, anche per tali motivi, si è meritata l’ultimo posto nella classifica sulla vivibilità delle città italiane stilata da “Il Sole-24ore”. La nostra città si contraddistingue per il maggior tasso di criminalità minorile, per essere tra le più violente e illegali città d’Italia, dove le più elementari norme di convivenza civile sono puntualmente disattese e sostituite dalle conseguenze del più gretto evoluzionismo sociale. Non a caso Catania è una delle più solide roccaforti del berlusconismo, amministrata da più di sei anni dal medico privato del “Cavaliere”. Lo stesso sindaco che, in occasione della pubblicazione della citata classifica, proclamò a gran voce che non voleva “rotti i coglioni”, come è stato diligentemente pubblicato su “La Sicilia”, quotidiano locale a volte fin troppo attento alle istanze di una certa destra! A tale berlusconismo si aggiungono le recrudescenze fasciste, che la nostra città conosce molto bene, lo stile mafioso, il fondamentalismo religioso e, non ultima, pride marzo 07 lettere al direttore 75 l’omofobia. In questa gravissima deriva socio-culturale, si ha l’impressione che stia mutando qualcosa della società (in)civile, a livello profondo; tasselli di un puzzle composito e, per certi versi, dal significato inafferrabile, che spingono prepotentemente a formare il quadro emerso dagli eventi del 2 febbraio. Tutto questo è immerso in un ipocrita buonismo “vittoriano”: ricordiamo che, a seguito del profondo sdegno e della commozione che ha colpito la società italiana (prima ancora di quella catanese?), sono stati sì indetti i funerali nel duomo, ma non è stata bloccata la coincidente festività patronale. Quest’ipocrisia, senza nulla togliere alla tragedia della perdita di un “lavoratore”, per dirla con Pasolini, emerge anche dal clamore e dall’eccessiva commozione con cui si è accompagnata la morte di un poliziotto. E, infatti, solo a causa della scomparsa di Raciti è stato possibile l’arresto di uno dei tanti militanti di Forza nuova (ne vantano un centinaio nella sola Catania!,) che da molto tempo – e il coordinamento “16 Settembre - Orgoglioso antifascismo”, di cui l’Open Mind fa parte, lo ha denunciato da sempre – si sono infiltrati tra gli ultras catanesi, cercando di fomentare in essi un odio indiscriminato, feroce, violentissimo nei confronti di tutto ciò che non rientra nei loro canoni allucina(n)ti di stampo neonazi-fascista. Open Mind, Catania - [email protected] Contro il letargo Credo che la comunità omosessuale stia scivolando in un anomalo letargo sul fronte dei diritti civili. Continuiamo ad assistere a ignobili prese di posizione da parte di coloro che la maggior parte di noi ha mandato al governo nella speranza di vedere realizzati alcuni diritti. Il lavoro che la Pollastrini e la (sig) Bindi stanno portando a termine ha solo qualche punto interessante ma è, per lo più, una bozza inutile e penalizzante (la Bindi vuole che trascorrano 15 anni per avere alcuni diritti: ma stiamo scherzando?). Da un lato vediamo che la società civile è pronta ad accettare i Pacs, dall’altra assistiamo alla presa di posizione disumana da parte della chiesa che, subdolamente, sta lavorando fianco a fianco di alcuni esponenti politici per affondare ogni legge pro omosessuale. Dal mio punto di vista è ora di dire basta alle continue e umilianti offese di chi sta al potere (sia di destra che di centro che di sinistra). Innanzitutto ritiriamo la nostra fiducia nei confronti dell’attuale governo, gli esponenti gay e lesbiche dovrebbero uscire da ogni singolo partito e si dovrebbe creare un partito omosessuale che metta al centro del proprio programma i diritti delle donne, delle minoranze, dei bambini e dei più deboli. Non un programma che riguardi solo le minoranze sessuali, ma un programma che guardi i veri problemi del paese e che proponga soluzioni, senza bisogno di tutta questa demagogia che ascoltiamo ogni giorno. Altro punto: fare in modo che si svolga un referendum per i Pacs, ricordando alla gente cosa è accaduto per divorzio e aborto. È ora di tornare a fare politica seriamente anche nel mondo gay e lesbico. Anche in una città come Bologna mi sembra che ormai il Cassero abbia perso la forza culturale e politica che aveva. Alle prossime elezioni dovremmo astenerci dall’andare a votare, non solo, dovremmo far sapere al governo come la pensiamo e dire loro che non avranno più i nostri voti sino a quando non cambieranno atteggiamento. A che serve avere rappresentanti gay e lesbiche se poi nessuno li/le ascolta? Occorre però fare un profondo lavoro anche all’interno del mondo omosessuale: sono ancora troppi coloro che si vergognano della propria condizione. Sono stufo di vedere gente in prima linea quando si tratta di scopare ma che si tira indietro quando è ora di lottare. Che senso ha? Sui vari siti trovi ancora gente che all’interno dei profili ha queste frasi: “Alla larga coloro che fanno della propria omosessualità una bandiera o un manifesto ideologico.” Se siamo noi i primi a vergognarci, come possiamo pretendere di poter ottenere qualcosa? Siamo troppo legati ai singoli partiti e questo non ci sta portando a nulla: è ora di staccarci e di fondare qualcosa di nostro, qualcosa che possa proporre idee nuove e soluzioni adeguate per tutti/e. Dobbiamo cominciare a manifestare la nostra indignazione ogni giorno, nel quotidiano, anche con piccole azioni. Non dobbiamo nasconderci, non dobbiamo subire passivamente questa politica becera e inutile. Facciamo capire a chi governa che il momento delle belle parole è superato. Marino Buzzi - [email protected] Berlusconi: “I gay sono di sinistra” Vorrei rivolgermi a tutti i gay che votano a destra. Dove sono adesso i candidati che avete votato? Quelli che dicevano che la destra non è contro l’omosessualità etc etc? Era solo campagna elettorale! Succede sempre, in periodo di elezioni. Fanno dichiarazioni, promettono, ma poi? È solo un trucco per prendere qualche voto in più! Vi prendono in giro, non capite? La destra e la Lega non saranno mai dalla parte dei gay. Mettetevelo in testa! Facciamoci sentire per i Pacs . Scrivete a giornali, a trasmissioni, nei blog; non facciamoci scippare questo picolo diritto. Samuel - [email protected] marzo 07 pride Non in mio nome Vi scrivo perché in questi giorni, di fronte all’offensiva politica della chiesa, sto maturando una decisione su cui rifletto da tempo. Da bambino ho ricevuto un’educazione cattolica. La mia maturazione, le riflessioni, le letture mi hanno convinto a rifiutare la fede e assumere una visione materiale e organicista della vita. Non credo in Dio, non credo nella resurrezione di Cristo, non credo nella vita eterna. Per anni ho vissuto questo come un fatto privato: la mia vita è iniziata in una certa cultura, le opinioni che ho maturato crescendo sono state altre. Tuttavia oggi sento la necessità di dissociarmi pubblicamente dalla chiesa. Essa interviene continuamente, esercitando fortissime pressioni sulle istituzioni repubblicane, affinché siano approvate leggi illiberali che vincolino tutti i cittadini a vivere come cattolici osservanti. È il caso attuale delle unioni civili, ma anche del testamento biologico e dell’eutanasia, della fecondazione assistita, della ricerca scientifica sulle cellule staminali. Tutti i temi etici che stanno a cuore a chiunque rifletta sulla vita umana e su cui è ingiusto che la fede diventi legge dello stato. Intanto le statistiche ripetono che il 96% degli italiani sono cattolici - in quanto battezzati - i politici fanno a gara a chi è più leale al papa, tutti i telegiornali riportano con enfasi le dichiarazioni di Ruini e della Cei senza mai contraddittorio. Non voglio che ciò sia fatto anche in mio nome, perciò ho deciso di chiedere alla mia parrocchia di annotare sul Registro dei battesimi, accanto al mio battesimo, che non aderisco più alla chiesa cattolica. Precedenti ricorsi al garante per la protezione dei dati personali hanno aperto la strada a tale procedura (vedi sotto). Si trovano tutte le informazioni su questa iniziativa al sito: http://www.uaar.it/laicita/sbattezzo/ Qui i provvedimenti del garante inerenti: http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1090502 http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1065814 http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1357386 Qui il modello di lettera da inviare alla propria parrocchia mediante raccomandata, allegando fotocopia della carta d’identità: http://www.uaar.it/laicita/sbattezzo/nuova-lettera-sbattezzo.rtf Spero di non avervi turbati e sono interessato all’opinione di chi vorrà rifletterci. Alberto - [email protected] pride marzo 07 La doppia morale Come può la chiesa cattolica dire che i pacs scardinano la famiglia, quando la pedofilia praticata da tanti suoi preti e religiosi, e coperta da tanti suoi vescovi e dallo stesso Vaticano per anni, ha dilaniato le famiglie in tutto il mondo? È fuori da ogni logica che Vaticano e Cei si mettano a giudicare i Pacs e che accusino addirittura i politici di voler “scardinare” (sic!) la famiglia. Credono che l’opinione pubblica si sia dimenticata di tutti gli scandali di pedofilia compiuti da esponenti del clero, in ogni parte del mondo (la diocesi di Boston, in cui il cardinale Bernard Francis Law è stato cacciato, ha dovuto ipotecare persino la cattedrale per far fronte allo scandalo dei preti pedofili, dovendo pagare miliardi di risarcimento danni; in quella di Vienna il cardinale Hans Hermann Groer ha dovuto dimettersi e ritirarsi in monastero dopo aver insidiato e corrotto vari giovani seminaristi.... solo per citare due tra i casi più importanti). Il Vaticano, contando su una storica impunità, ha tenuto un atteggiamento molto temporeggiante e omertoso, fino alla complicità. Salvo poi profondersi in richieste di perdono, accuse e controaccuse, quando invece avrebbe per tempo potuto scongiurare una devastazione così estesa e drammatica, con interventi mirati e decisi che non sono mai stati presi. Se in Italia esistesse soltanto una stampa degna di questo nome, verrebbe alla luce un’infinità di scandali di preti pedofili che insidiano i bambini e le famiglie. Altro che i timori sui Pacs! Chi scrive è stato oggetto di pesanti attenzioni sessuali, in età adolescenziale (quando era chierichetto in parrocchia e poi seminarista) da almeno tre sacerdoti cattolici, in tempi ravvicinati, dalla fine degli anni ‘60 a metà anni ‘70, nel silenzio ed omertà totale delle parrocchie e diocesi, spesso a conoscenza dei fatti. Per lo meno si abbia il pudore di tacere! Chi insidia la famiglia? Occorre dirlo apertamente: crediamo che ormai la chiesa cattolica non disponga di quella autorità od autorevolezza morale per poter decidere cosa sia il “bene comune” e cosa insidia o meno la vita delle famiglie: la sua dottrina, sessuomane e sessuofoba, contraria alla conoscenza scientifica della realtà umana e sociale, intessuta di negazionismo e di omertà, come pure di molta ipocrisia, ha fatto danni immani dapprima al suo clero e poi alle famiglie stesse. Occorre una chiarezza evangelica, (“il vostro parlare sia sì sì no no, il di più viene dal Maligno” - Vangelo) ispirata al maestro Gesù Cristo e non ai farisei che oggi stanno nelle curie vaticane e diocesane, per ripudiare questa violenta e dissimulatrice campagna clericale contro le persone di retta coscienza, cittadini italiani, che vogliono convivere nella tutela delle leggi, e non clandestinamente. Mons. Raffaele Contenti - Abate e teologo - Centro studi teologici (Milano) www.centrostuditeologici.too.it 77 marzo 07 pride 78 l’opinione Paolo Dall’Orto [email protected] L’affermarsi della democrazia ha significato il lento ma inesorabile abbattimento di tutte le barriere di discriminazione sociale. Ma noi padri e madri di gay e lesbiche dobbiamo vedere ancora con meraviglia come i nostri figli e figlie siano vittime di comportamenti sociali che li stigmatizzano, e della carenza di leggi per difenderli dalle discriminazioni. Così continuano ad essere obbligati a nascondersi, senza altra “colpa” se non di essere ciò che sono, pur essendo ormai socialmente condivisa l’idea che la pratica del proprio orientamento sessuale non determini alcun danno alle persone e alla società, anzi dia un contributo di arricchimento alla costruzione sociale. Noi, padri e madri, conosciamo bene l’angoscia con cui i nostri figli e figlie hanno vissuto la propria adolescenza, quando si guardavano attorno e non trovavano nessun modello positivo con cui potersi identificare. E crediamo che oggi esistano già le condizioni per vedere i nostri figli e figlie diventare membri a pieno diritto della società, abolendo finalmente le ultime barriere di un’arbitraria segregazione. Ci rivolgiamo quindi alle persone ed ai poteri pubblici che le rappresentano: sappiate che esiste un gran numero di giovani condannati iniquamente a sofferenze distruttrici, che non solo tolgono loro l’illusione di vivere, ma anche qualsiasi speranza di felicità, e che questo accade senza un qualsiasi motivo razionalmente sostenibile. • Deploriamo il modo frivolo e sensazionale (quando non rozzo) di trattare l’argomento da parte delle varie istituzioni, che contribuisce a perpetuare lo stigma, ragione per cui chiediamo di rispettare un codice deontologico che consideri l’omosessualità alla pari con l’orientamento della maggioranza, facendo sì che essa possa partecipare, senza ostacoli, alla società. • Reclamiamo l’abrogazione di quelle leggi sulla famiglia che segnano ancora una barriera omofoba. • Chiediamo alla classe politica che si faccia carico di un impegno di pedagogia pubblica, il quale accolga una piena integrazione dell’omosessualità nella vita quotidiana, facendo riferimento ad essa (senza pretendere di nasconderla), ogni volta che ciò sia pertinente. • Infine chiediamo di contribuire a educare la mentalità e a rimuovere quei pregiudizi irrazionali che servono solo ad alimentare un dolore assurdo ed inutile. Sono pregiudizi che creano una situazione di ingiustizia, di esclusione sociale e di arbitrarietà in base alla sola ragione di essere diversi. Onorevoli, noi vi preghiamo di prendere atto della realtà e di adeguare ad essa una legislazione non discriminatoria, che scoraggi i comportamenti omofobi che ancora esistono a tutti i livelli, e che ci avviliscono molto. Noi amiamo i nostri figli e figlie omosessuali, le e li stimiamo come persone dagli elevati valori sociali, capaci di rispettare i propri doveri. Ne deriva che anch’essi debbano godere degli stessi diritti e delle stesse opportunità di cui già godono i nostri figli eterosessuali: sono, a tutti gli effetti, cittadini come loro. Siamo dunque amareggiati e delusi per l’impianto ideologico sotteso ai Dico: alle relazioni d’affetto dei nostri figli viene negata ogni rilevanza, e non viene attribuita nessuna dignità, poiché non viene riconosciuta la loro affettività e il loro essere coppia, e perché vengono umiliati con una dichiarazione da fare “contestualmente” all’anagrafe, da inviare al convivente... via raccomandata! Questa è sicuramente una legge utile a molti italiani, ma non riguarda le unioni d’amore dei nostri figli. Sui principi che stanno alla base dei diritti non si può scendere a compromessi: i diritti sono di tutti! Paola Dall’Orto è presidente dell’Agedo (Associazione di genitori e amici di omosessuali), www.agedo.org pride marzo 07 79 marzo 07 pride