IL PUNTO
Le notizie di LiberaUscita
Gennaio 2013 - n° 103
SOMMARIO
2616 - Tesseramento 2013
2617 - Gli eventi 2012
LE LETTERE DI AUGIAS
2618 - Le coppie gay e il diritto all'adozione
2619 - A piccoli passi verso la conquista dei diritti
2620 - Gli “impresentabili” spiegati ai ragazzi
2621 - L’esempio di Obama sui diritti dei gay
UNIONI OMOSESSUALI E ADOZIONI
2622 - Cassazione: coppie gay non danneggiano i bimbi
2623 - Cassazione: famiglia gay non dannosa per figli
2624 - Adozioni gay: il Vaticano contro la cassazione:
2625 - La madre meritava l’affido, il padre no – di E.V.
2626 - Sgreccia: così i giudici scardinano la famiglia – di Orazio La Rocca
2627 - Parigi – corteo contro nozze e adozioni degli omosessuali
2628 - Jodie Foster commuove i Golden Globe - di Alessandra Clementi
2629 - La sentenza italiana sull’affido gay - di Bruno Tinti
DIRITTI CIVILI
2630 - Diritti e libertà le questioni fuori “agenda” - di Vladimiro Zagrebelsky
2631 - Innanzitutto i diritti civili - di Chiara Saraceno
2632 - Ma quali sono i nuovi diritti civili? di Marco Cappato
ARTICOLI, COMUNICATI, INTERVISTE
2633 - Le due anime della bioetica - di Pietro Greco
2634 - Global Trends 2030 - di Pierre Barthélémy
2635 - Eutanasia: parla il cinema – di Claudio Tanari
2636 - Emma Bonino ricorda Mariangela Melato
2637 - Così abbiamo perso il senso della morte - di George Steiner
2638 - Quando la bioetica diventa un boomerang - di Paolo Izzo
2639 - Si può distinguere tra «i valori non negoziabili» - di Paolo Sorbi
2640 - Manifesto per una laicità forte, capace di rigenerare il paese
2641 - Cure palliative: ultimi aggiornamenti - di Graziella Sturaro
2642 - Una buona morte è vita - di Alexis Myriel
2643 - La Cassazione e l’amministratore di sostegno- di Paola Ferrari
DAL TERRITORIO
2644 - Velletri: primo sportello per amministrazione di sostegno
DALL’ESTERO
2645 - Belgio - suicidio assistito di due gemelli - di Bruno Batterfield
2646 - Svizzera: regolamentato il testamento biologico
PER SORRIDERE…
2647 - Le vignette di Staino – fai il pieno?
2648 - Le vignette di Maramotti – son tornati i marines…
2649 - Le vignette di Maramotti – Mussolini e Stalin
2616 - TESSERAMENTO 2013
Care amiche ed amici,
nel lanciare il tesseramento 2013 vogliamo anzitutto informarvi che nel prossimo mese di
giugno si terrà a Roma la riunione di tutte le associazioni europee per il diritto di morire
con dignità (RtDE): è un’occasione unica ed importante per divulgare, non solo in Italia, gli
obiettivi e gli ideali per i quali ci battiamo sin dalla nostra fondazione. LiberaUscita è stata
incaricata dalla RtDE di curare la parte organizzativa. In coincidenza con tale evento, si
terrà a Roma la 5° Assemblea Nazionale di LiberaUscita. Quanto prima vi invieremo i
dettagli.
Nell’anno decorso, come peraltro da quando ci siamo costituiti, LiberaUscita si è
impegnata in numerosi convegni, dibattiti, tavole rotonde, seminari, appelli, comunicati ed
iniziative, sempre con l’obiettivo di contribuire alla unità dei movimenti e delle forze laiche
quale supporto indispensabile per raggiungere l’obiettivo di rendere effettivo, anche in
Italia, il diritto di morire con dignità. Nelle pagine seguenti riepiloghiamo gli eventi che, a
nostro giudizio hanno maggiormente caratterizzato l’anno passato.
Ciò premesso, per poter continuare nella comune battaglia abbiamo bisogno, come
sempre, del vostro sostegno per affrontare le spese vive di funzionamento, fermo restando
che tutti gli incarichi dell’associazione sono volontari e gratuiti.
Vi invitiamo pertanto a rinnovare la vostra adesione per l’anno 2013 ed a fare opera di
proselitismo fra i vostri amici affinché aderiscano. A tal fine precisiamo che:
- I vecchi soci possono rinnovare l’iscrizione per l’anno 2013 versando semplicemente la
quota sociale;
- Per divenire nuovi soci occorre sottoscrivere e inviare, oltre la quota sociale, regolare
domanda di ammissione. Il modulo per la domanda può essere prelevato dal nostro sito
(www.liberauscita.it) e, una volta compilato, trasmesso via email o fax o posta ordinaria ai
recapiti dell’associazione o consegnato, insieme alla quota sociale, al responsabile
territoriale di LiberaUscita;
- L’importo annuo della quota sociale per i soci ordinari è rimasto invariato in € 25. Coloro
che possono versare di più divengono soci sostenitori. Coloro che non dispongono di
redditi (es: studenti, casalinghe, disoccupati) possono versare una quota ridotta, ma non
inferiore ad € 10);
- Il pagamento della quota può essere effettuato in contanti o con assegno oppure tramite:
a) bollettino postale, sul c/c n. 39698733, intestato a “Associazione LiberaUscita, via
Genova 24, 00184 Roma” (l’indirizzo del c/c è rimasto per il momento invariato);
b) bonifico bancario sul c/c Banco Posta, IBAN IT06H0760103200000039698733,
intestato come sopra.
Con l’occasione rammentiamo che tutti i soci hanno il diritto di partecipare e candidarsi
alla Assemblea Nazionale, di depositare il loro testamento biologico nell’archivio
dell’associazione e di ricevere, tramite posta elettronica, tutte le notizie diramate da
LiberaUscita. In proposito si precisa che a partire da oggi le informazioni saranno
trasmesse soltanto ai soci 2012 o 2013, oltre al gruppo di LiberaUscita su yahoo.
Ai soci che hanno già rinnovato la loro adesione un sentito grazie.
Cordiali saluti ed auguri di buon anno a voi e alle vostre famiglie.
Il Segretario: Giampietro Sestini
La Presidente: Maria Laura Cattinari
2617 - GLI EVENTI 2012
- 13 gennaio - Il sindaco di Napoli, De Magistris, annuncia la presentazione in Consiglio
comunale di una proposta della Giunta per istituire il registro dei testamenti biologici.
- 7 febbraio - Il candidato alla Presidenza francese, François Hollande, dichiara che
l’eutanasia è un diritto;
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- 12 febbraio - L’associazione olandese NVVE, che si batte per la rivendicazione del diritto
di morire con dignità, annuncia che attiverà un servizio a domicilio per quelle persone che
vogliono porre fine alla propria esistenza;
- 16 marzo - La Corte di Cassazione dichiara che " le coppie omosessuali hanno diritto ad
un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata";
- 16 marzo - Sospesi gli aborti al Policlinico di Napoli: tutti i medici si rifiutano in quanto
obiettori di coscienza e l’unico medico non obiettore è deceduto;
- 28 marzo – Deputati dell’UDC, del PDL e della Lega Nord presentano una mozione a
favore dell’obiezione di coscienza non solo per coloro che sono impegnati a vario titolo
nelle strutture ospedaliere, ma anche per i farmacisti;
- 2 aprile - Il Consiglio comunale di Saronno approva l’istituzione del registro dei
testamenti biologici;
- 8 maggio – Il Congresso nazionale dei medici internisti dichiara: “La scelta terapeutica
migliore non può quindi essere decisa da un giudice, ma deve essere il frutto di una
concertazione tra medico, infermieri e familiari”;
- 23 maggio - La Corte Costituzionale, pronunciandosi sulla norma della legge 40 che vieta
la fecondazione eterologa, invita i tribunali che avevano sollevato la questione a
riesaminarla tenendo conto di una recente sentenza della Corte europea dei diritti
dell´uomo;
- 30 maggio - Il nuovo sindaco di Milano, Pisapia, dichiara “Il registro dei testamenti
biologici sarà realtà entro l’anno, se non lo farà il Consiglio me ne occuperò io»;
- 10 giugno – Il segretario del PD, Pierluigi Bersani, dichiara: “Basta con il far west, serve
una legge per le unioni civili»;
- 12 giugno – Il Consiglio comunale di San Lazzaro di Savena istituisce il registro
comunale dei testamenti biologici;
- 20 giugno - La Corte costituzionale dichiara manifestamente inammissibile la questione
di legittimità costituzionale dell'articolo 4 della legge n. 194 sull'aborto, sollevata dal
Giudice tutelare del Tribunale di Spoleto, in quanto la decisione di interrompere la
gravidanza “è rimessa soltanto alla responsabilità della donna”;
- 19 luglio – La corte europea dei diritti umani, accogliendo il ricorso di un cittadino
tedesco, ha stabilito che il desiderio di autodeterminare la fine della vita è una questione di
interesse generale, quindi i tribunali nazionali devono esaminare nel merito i quesiti legati
a quel desiderio;
- 31 agosto – Muore a Gallarate il cardinale Carlo Maria Martini. Riconoscendo che “La
Chiesa è rimasta indietro di 200 anni”; sul tema della autodeterminazione aveva detto:
«Non può essere trascurata la volontà del malato, in quanto a lui compete di valutare se le
cure che gli vengono proposte sono effettivamente proporzionate»;
- 5 settembre – Presentazione al Festival di Venezia di “Bella addormentata”, il film di
Marco Bellocchio sulla vicenda di Eluana Englaro. 16 minuti di applausi da parte del
pubblico;
- 10 settembre – Entra in vigore a Milano il registro delle unioni civili; approvato dal
Consiglio a fine luglio;
- 25 settembre – Il Ministro dell’Istruzione Francesco Profumo dichiara “L’ora di religione
adattata, potrebbe diventare un corso di storia delle religioni o di etica”;
- 2 ottobre – Riparte il registro dei testamenti biologici di Vignola (Modena), che era stato
sospeso a seguito della nota circolare dei Ministri Maroni, Fazio e Sacconi del 2010;
- 9 ottobre – In tema di diritti civili, il PD propone, fra l’altro, “Una legge sul testamento
biologico fondata sul diritto del cittadino a scegliere liberamente le terapie alle quali essere
sottoposto, affidando in caso di sua incapacità la responsabilità su tali decisioni al
fiduciario o alle persone a lui più prossime nel rispetto delle volontà espresse. Alla persona
non può essere sottratta la possibilità di rifiutare l’idratazione e l’alimentazione artificiali”;
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- 8 novembre - Uno studio realizzato dall’Università di Bangor (Galles, Regno Unito) con
interviste a 62.000 persone di diversi paesi europei, indica che due terzi della popolazione
accetta il suicidio assistito;
- 12 novembre – Da un sondaggio emerge che il 66% dei circa 23000 medici che hanno
risposto ad un questionario ritiene lecito sospendere la nutrizione e idratazione artificiale in
accordo con la richiesta dei pazienti;
- 15 novembre - Il tribunale di Cagliari dispone che una struttura pubblica assicuri diagnosi
preimpianto e analisi genetica a una coppia fertile che ne aveva fatto richiesta, perché
portatrice di una malattia genetica trasmissibile;
- 27 novembre - Con 366 favorevoli, 31 contrari e 58 astenuti la Camera approva in via
definitiva la legge sul riconoscimento dei figli naturali, equiparandoli del tutto a quelli
legittimi;
- 28 novembre – Il Governo Monti presenta ricorso alla Grande Chambre europea per i
diritti dell’Uomo contro la sentenza della Corte europea che il 28 agosto aveva bocciato
all’unanimità la legge 40 «per violazione del rispetto della vita familiare»;
- 8 dicembre - La giunta comunale di Imola vara un provvedimento con cui: parifica i diritti
degli studenti, immigrati e non; riconosce i bambini nati in Italia da genitori stranieri ai fini
della partecipazione ai percorsi scolastici e formativi per facilitare la loro alfabetizzazione
e dei loro genitori;
- 11 dicembre - Il Tribunale di Firenze solleva eccezione di costituzionalità sulla legge 40
rispetto al divieto di utilizzare per la ricerca scientifica gli embrioni malati o abbandonati, e
come tale "scartati" dal processo di procreazione medicalmente assistita, e all'impossibilità
di revocare il consenso informato.
- 14 dicembre – Papa Benedetto XVI dichiara che le nozze fra persone dello stesso sesso
“sono una ferita alla pace e un’offesa contro la verità».
- 18 dicembre - Il Belgio apre nuovamente al dibattito sull'eutanasia, introdotta nel 2002,
per decidere se possa essere estesa ai minori e alle persone affette da Alzheimer. La
modifica della legge è presentata dal partito socialista, primo partito nella regione Vallonia.
2618 - LE COPPIE GAY E IL DIRITTO ALL'ADOZIONE - DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di mercoledì 9 gennaio 2013
Gentile Augias, nella Francia di Hollande hanno proposto il tema dei diritti delle coppie di
fatto, comprese le omosessuali, e comprese anche loro adozioni. Capisco che, se perfino
in Francia il tema diritti dei conviventi ha sollevato discussioni, parlarne in Italia sia fuori di
luogo. Probabilmente il bambino adottato da una"coppia omo" avrebbe un'educazione
migliore né peggiore di altre, ma è materia"tecnica" per chi ha titoli per pronunciarsi, con
cautela; di certo non per ideologie o religioni. Piuttosto mi chiedo a cosa andrebbe incontro
l'adottato nelle sue relazioni sociali, in un paese in cui "chi può" farebbe certo sentire la
sua voce, aspramente contraria. Le ricadute sull'accoglienza che quel bambino
riceverebbe dalla società le vedo per ora affidate solo alle qualità morali della nostra
gente, mirabili a volte, altre no, come recenti episodi, ahimè, confermano.
Antonio Recìte- Napoli
Risponde Corrado Augias
A parte i possibili esiti della discussione, c'è sul tema una differenza di fondo tra la Francia
e l'ltalia..A Parigi il Gran Rabbino Gilles Bemheim ha diffuso un documento, segnalato da
Ernesto Galli della Loggia sul "Corriere", dove spiega con ricchezza di argomenti perché è
contrario all'idea che le coppie omosessuali possano "avere figli". Parla del rischio di una
"confusione delle genealogie", quindi dell'identità. Sostiene che l'amore- anche se
sicuramente tiene insieme molte coppie omosessuali - non basta da solo a produrre le
strutture psichiche assicurate da due genitori uomo e donna. Ribadisce che non si può
parlare di"diritto ad avere un figlio". Reclamare un tale diritto equivale a trattare l'eventuale
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figlio alla stregua di un oggetto. Ci sono altre considerazioni tutte degne di valutazione e di
discussione. La differenza con l'Italia è che da noi le gerarchie cattoliche si limitano adire
che non si può fare trattandosi di "principi non negoziabili". Arroganza? Potrebbe anche
trattarsi di semplice pigrizia culturale se non di impreparazione al confronto. Il tema è
complicato, non può essere affrontato sulla base di principi vecchi di secoli.
Lo psicoterapeuta Fulvio Scaparro sostiene che: «l buoni genitori non sono buoni sulla
base del loro orientamento sessuale. Bensì per il clima e l'attenzione che, di fatto,
distinguono una buona famiglia da una che non lo è» . Lo psicoanalista Antonino Ferro:
«Nel futuro dei mondi possibili potrà essere normale avere un figlio da non importa quale
tipo di coppia».
Nemmeno I'argomento della confusione delle genealogie è sempre valido. Per un
bambino meglio essere adottato con amore (coppia omo o etero) che crescere in un
orfanotrofio. Di sicuro l'argomento non può essere affrontato in termini ideologici, religiosi
o, peggio, nel fuoco di una campagna elettorale.
2619 - A PICCOLI PASSI VERSO LA CONQUISTA DEI DIRITTI - DI C. AUGIAS
da: la Repubblica di giovedì 18 gennaio 2013
Gentile Augias, un'altra riccona si aggiunge ai tanti vip che fanno coming-out. Mai un
operaio o un’impiegata che facciano certe dichiarazioni. Il suo quotidiano che io leggo e
apprezzo (ma non su questi temi) fa campagna per la promozione della omosessualità, dei
matrimoni e adozioni gay. Credo che certi "intellettuali" debbano capire che anche tra laici,
agnostici, atei o come li volete definire ci sono tantissimi contrari a pagliacciate come i
matrimoni o a tragedie come le adozioni. Infine sarebbe ora che nella stampa emergesse
la voce anche di chi non condivide certe posizioni senza lasciare questo compito al solo
Avvenire.
Sono per il rispetto verso gli omosessuali in quanto persone. Mi piacerebbe che non si
usasse il termine di diverso orientamento sessuale perché secondo me si tratta di
completo disorientamento - liberi peraltro di essere anche disorientati.
Carmine Lombardi - [email protected]
Risponde Corrado Augias
Tra le numerose lettere di apprezzamento e di comprensione per il gesto di Jodie Foster
do risalto a quella, dissenziente, del signor Lombardi. Mi pare rappresentativa di una
posizione che presumo di minoranza trai nostri lettori, forse addirittura nel paese. Opinione
solo all’apparenza rispettosa; che in realtà si rivela ostile per esempio nel definire l'attrice
"una riccona”'o nella frase “fare campagna per la promozione dell’omosessualità”.
Possibile non sia chiaro che si tratta solo di difendere la libertà di chiunque, agendo come
agisce, non rechi danno ad altri?
Chiarisce il punto un’altra lettera. Scrive Carmelo Dini ([email protected]): “Troppe
persone non hanno ancora un concetto chiaro del termine ‘libertà’. Per qualcuno la libertà
di una donna è diversa dalla libertà di un uomo, la libertà di un omosessuale è diversa
dalla libertà di un eterosessuale”.
Ettore Ciano ([email protected]) scrive: “Come genitore di figli omosessuali, mi
interesso da anni allo scandalo tutto italiano di mantenere viva la quaestio dei diritti civili e
umani delle persone omosessuali. Allibito osservo il rilievo che i nostri media danno all’ira
del Vaticano contro ogni atto laico d'indipendenza giurisdizionale e/o legislativo dello
Stato. La deputata Paola Binetti ha detto che 'i figli di coppie gay, sono maggiormente
esposti al suicidio di quelli di coppie etero'. Chissà chi gliel'ha detto".
Più che dall'attrice americana queste reazioni sono state provocate dalla recente sentenza
della Corte di Cassazione che ha definito mero pregiudizio ritenere "dannoso per
l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia
omosessuale”. Sia chiaro che si trattava di decidere su un caso molto particolare.
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Forse però un piccolo passo è stato fatto nel secolare ritardo che ci distingue su questi
temi.
2620 - GLI “IMPRESENTABILI” SPIEGATI AI RAGAZZI - DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di mercoledì 23 gennaio 2012
Gentile dottor Augias, l'expresidente del Consiglio spopola in televisione. Non vi è rete,
piccola o grande, ch'egli non frequenti con impudenza dicendo tra l'altro bugie. Nella sua
ricerca di una possibile rimonta s'è anche impegnato a compilare liste immacolate,
incontrando – peraltro – non poche, cocciute resistenze. La domanda che pongo ai lettori
di "Repubblica" è con quali criteri Berlusconi possa decidere chi ammettere e chi no
quando il primo ad astenersi sarebbe dovuto essere proprio lui, plurindagato e
plurìcondannato.
Giovanni Acciai - Docente al Conservatorio di musica" G. Verdi" - Milano
Caro Augias, Scilipoti candidato in Calabria! Un'offesa all'intelligenza e alla dignità dei
calabresi. E la classe dirigente regionale in carica lo ha permesso.
Maria Freno - Reggio Calabria ([email protected])
Risponde Corrado Augias
Ho quotidiani contatti con alunni di vari licei italiani. Confesso di avere un certo ritegno a
parlare di fronte a loro di queste cose. È una stupidaggine, lo so. Sono situazioni e casi
personali di cui si discute sui giornali e in televisione, di cui molti giustamente parlano.
Potrei indirizzare altrove e con maggiore utilità quel sentimento. Il ritegno viene dalla
considerazione che chi ha oggi tra, diciamo, 15 e18 anni, possa crescere considerando
"normali" faccende come queste. Vedere cioè uomini accusati di essere associati alla
criminalità, o che sono indagati per ladrocini gravi di denaro pubblico, che osano parlare di
"dignità" e fingono indignazione accusando i magistrati di perseguitarli per le loro "idee
politiche".
Si tratta di situazioni fino a pochi decenni fa impensabili. Non che prima del 1994 non ci
fossero i mascalzoni infilati nella politica. Vigeva però la salutare ipocrisia di non far
trapelare quali legami e loschi interessi l'attività politica possa dissimulare. Nessuno
avrebbe osato dichiarare: devo andare in Parlamento perché altrimenti finisco in galera.
Oggi c'è invece chi non solo lo dichiara ma lo fa con l'aria dì rivendicare un diritto senza
che lo attraversi il dubbio dì bestemmiare, in termini di funzionamento d'una democrazia.
C'è poi un altro tipo di "impresentabili", quelli che non vengono accusati di crimini ma che
mettono il loro seggio parlamentare a disposizione del miglior offerente per assicurarsi
l'indennità o la pensione. C'è l'ammissione delle exleghista che ammette: "Qua ormai è
tutta una tariffa"; "La tua quant'è?"; "Al vostro buon cuore".
Resto convinto che bisogna andare a votare perché il bene della democrazia è più
importante delle manovre di questi miserabili.
Certo però è dura, diciamolo
2621 - L’ESEMPIO DI OBAMA SUI DIRITTI DEI GAY – DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di giovedì 24 gennaio 2013
Gentile Augias, per due volte il Papa ha parlato di sessualità negli ultimi mesi. Prima alla
curia romana, alla vigilia di Natale, poi il 19 gennaio alla plenaria del pontificio Consiglio
Cor Unum. In entrambe le occasioni, ha difeso la sessualità uomo-donna nella famiglia,
affermando che «la collaborazione con istanze volte allo sviluppo e alla promozione
umana non deve oscurarci lo sguardo di fronte a gravi ideologie ... provenienti da una
visione distorta materialistica dell'uomo…da un'antropologia al suo fondo atea». Quindi,
non bisogna favorire «progetti in contrasto con l'antropologia cristiana».
Mi chiedo cosa intenda il Pontefice. Non ci sono più antropologie: c'è un solo àntropos. E’
ormai opinione diffusa che l'umanità vada considerata nella sua totalità, favorendone le
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aspettative non dannose o criminali. Il che pare in linea con quel Dio che si fece
"materialmente" uomo e che non predicò divisioni, tutt’altro. Il “prossimo mio" da amare
come va inteso? Escludendo chi? Gesù non l'ha detto.
Mi appare più vicino alla sua predicazione il presidente Obama che ha paragonato
l'adeguamento dei diritti civili degli omosessuali alla battaglia per i neri negli anni '60. Da
cristiano, insomma.
Tomaso Del Bosco – Milano
Risponde Corrado Augias
Ho trovato il discorso di Obama per il secondo insediamento più bello del primo. Meno
messianico più concreto, come faceva notare anche Federico Rampini su Repubblica di
martedì. La concretezza non è andata però a scapito di sottolineature forti, per esempio,
sui temi dell'uguaglianza dove il presidente ha avuto buon. gioco a far leva sulla frase
d'apertura della Dichiarazione d'Indipendenza del 4 luglio 1776: «All men are created
equal, they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among
these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness». "Tutti gli uomini sono creati uguali e
dotati dal loro Creatore di alcuni diritti inalienabili, tra questi la Vita, la Libertà, il
perseguimento della Felicità". Parole solenni che solo la cultura illuminista, figlia di quel
secolo, poteva ispirare a un uomo come Thomas Jefferson e ai suoi compatrioti nel
momento in cui davano vita ad una nuova nazione.
Obama si è appoggiato a quei principi per consacrare un'apertura, di pari solennità, nei
confronti degli omosessuali che vale la pena di leggere. «Il nostro viaggio non sarà finito
fino a che i nostri fratelli e sorelle gay non saranno trattati come tutti gli altri per legge. Se
siamo davvero creati uguali allora anche l'amore che noi promettiamo ad un'altra persona
deve essere uguale».
Commentavamo ieri queste parole con un collega. Ha detto: "Quando leggo una frase così
e penso alla malinconia del nostro dibattito su questi temi, invidio gli americani".
Anch'io.
2622 - CASSAZIONE: COPPIE GAY NON DANNEGGIANO I BIMBI
da: www.unita.it di venerdì 11 gennaio 2013
No ai pregiudizi sull'affidamento di bambini a coppie gay: un minore può crescere in modo
equilibrato anche in una famiglia omosessuale. Lo si evince da una sentenza con cui la
Cassazione ha confermato l'affidamento esclusivo di un bimbo alla madre, la quale
convive con un'altra donna.
La prima sezione civile della Suprema Corte ha per questo rigettato il ricorso presentato
da un padre, di religione musulmana, contro la sentenza con cui la Corte d'appello di
Brescia aveva stabilito l'affidamento esclusivo del figlio minore alla madre, ex
tossicodipendente, la quale aveva deciso di andare a convivere con una delle educatrici
che aveva conosciuto in una comunità di recupero.
La decisione dei giudici di Brescia era conseguenza di un episodio violento messo in atto
dal papà, alla presenza del bambino, ai danni della convivente della mamma. L'uomo era
ricorso in Cassazione lamentando la carenza motivazionale della decisione di merito
sull'«idoneità sotto il profilo educativo» della famiglia in cui il minore era stato inserito,
«composta da due donne legate da una relazione omosessuale».
I giudici, secondo il ricorrente, non avevano approfondito se tale tipo di famiglia potesse
«garantire l'equilibrato sviluppo del bambino», proprio in relazione «ai diritti della famiglia
come società naturale fondata sul matrimonio di cui all'articolo 29 della Costituzione,
all'equiparazione dei figli nati fuori dal matrimonio con i figli legittimi di cui all'articolo 30
della Costituzione e al diritto fondamentale del minore di essere educato secondo i principi
educativi e religiosi di entrambi i genitori».
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Fatto questo, si rilevava nel ricorso, «che non poteva prescindere dal contesto religioso e
culturale del padre, di religione musulmana».
La Cassazione, con la sentenza n.601 depositata oggi, hanno bocciato il ricorso,
sottolineando che «alla base della doglianza del ricorrente non sono poste certezze
scientifiche o dati di esperienza», ma solo «il mero pregiudizio che sia dannoso per
l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia
omosessuale».
In tal modo, osservano i giudici di “Palazzacciò”, «si dà per scontato ciò che invece è da
dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino».
2623 - CASSAZIONE: FAMIGLIA GAY NON DANNOSA PER FIGLI
da: la Repubblica di venerdì 11 gennaio 2013
La Corte di Cassazione difende i diritti delle coppie omosessuali per quanto riguarda
l'affidamento dei minori: per la Suprema corte un minore può crescere in modo equilibrato
anche in una famiglia omosessuale perché si tratta di un "mero pregiudizio" sostenere che
"sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia
incentrata su una coppia omosessuale".
Ad esprimersi in questi termini, nero su bianco, è stata la Prima sezione civile che ha
confermato l'affidamento esclusivo di un bambino alla madre, la quale convive con un'altra
donna.
Il caso è stato scatenato da una causa di affidamento tra un uomo di religione islamica che
aveva avuto un figlio con una donna italiana, che successivamente era andata a convivere
con la sua compagna.
L'uomo, in Cassazione, ha contestato l'esclusivo affidamento del figlio accordato alla
madre dalla Corte d'appello di Brescia (26 luglio 2011), sulla base del fatto che il bimbo
era inserito in una famiglia gay per cui avrebbero potuto esserci "ripercussioni negative sul
bambino". A suffragio di questa tesi, la difesa dell'islamico ha citato l'articolo 29 della
Costituzione sui "diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio".
La Cassazione, con sentenza numero 601, depositata oggi, ha respinto il ricorso,
evidenziando che alla base delle lamentele "non sono poste certezze scientifiche o dati di
esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del
bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale". In questo
modo, annota ancora la Prima sezione civile presieduta da Maria Gabriella Luccioli, "si dà
per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare
per il bambino, che comunque correttamente la Corte d'appello ha preteso fosse
specificamente argomentata".
Il Tribunale per i minorenni di Brescia aveva già disposto l'affidamento esclusivo del figlio
minorenne alla madre con incarico ai servizi sociali di regolamentare gli incontri del minore
con il padre, da tenersi "con cadenza almeno quindicinale". Dalla sentenza si evince
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ancora che la donna, ex tossicodipendente, ha imbastito una relazione sentimentale e
convive con una ex educatrice della comunità di recupero in cui era stata ospitata.
"La Cassazione giustamente afferma che non ci sono certezze scientifiche a questi
preconcetti", commenta all'Adnkronos Paola Concia, deputato del Pd molto attiva nel
riconoscimento dei diritti per le coppie omosessuali. "In realtà, ci sono tanti studi
provenienti anche da Oltreoceano che dimostrano come l'orientamento sessuale all'interno
di una coppia non condiziona in alcun modo la crescita di un bambino che ha necessità di
amore e affetto".
L'Arcigay parla di sentenza storica. "Quello di oggi è un pronunciamento istituzionale
storico che da un assist formidabile alla futura maggioranza per legiferare finalmente per il
matrimonio tra persone dello stesso sesso e la piena uguaglianza delle famiglie", dice il
presidente Flavio Romani, ricordando che in Italia "esistono migliaia di figli e figlie di
coppie omosessuali che sono discriminati per legge: è un orrore sociale e legislativo che
va rapidamente superato", prosegue.
Immediata invece la condanna della Chiesa. "Non si può costruire una civiltà attraverso le
sentenze dei Tribunali", afferma monsignor Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e
presidente della Commissione Cei per il Laicato. "Ci sono studi precisi, dal punto di vista
psicologico e filosofico, che debbono aiutare le persone - aggiunge il prelato - Non può
essere la legge a stabilire quale sia il rapporto migliore con i genitori. Né tocca a un
Tribunale dire quale sia la situazione ottimale per un bambino".
Secondo Maurizio Gasparri, presidente del senatori del Pdl, la sentenza rappresenta "un
precedente molto pericoloso" perché di fatto apre ai figli nelle coppie gay, sostituendosi al
legislatore giacché nel nostro paese non è possibile dare in affido un bambino a coppie
dello stesso orientamento sessuale". Secondo Gasparri i giudici "hanno anche violato la
Costituzione che riconosce nella famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna la
società naturale nella quale crescere i figli".
2624 - ADOZIONI GAY: IL VATICANO CONTRO LA CASSAZIONE:
da: la Repubblica di sabato 12 gennaio 2013
"L'adozione dei bambini da parte degli omosessuali porta il bambino a essere una sorta di
merce". Lo afferma la Santa Sede per bocca dell'arcivescono Vincenzo Paglia, presidente
del dicastero vaticano per la famiglia. Non si può considerare, spiega alla Radio Vaticana
senza citare in alcun modo la sentenza della Cassazione, che "come ho diritto a questo,
ho diritto anche a quell'altro". In realtà, sottolinea Paglia, "il bambino deve nascere e
crescere all'interno di quella che, da che mondo è mondo, è la via ordinaria, cioè con un
padre e una madre". E se può accadere di nascere con un solo genitore, si tratta di
"situazioni drammatiche", che non fanno testo. "Inficiare questo principio - infatti - è
pericolosissimo, per il bambino anzitutto, ma per l'intera società".
Il giorno dopo la decisione della Cassazione che ha aperto alla possibilità per un figlio di
essere cresciuto in una coppia gay, la prima risposta ufficiale della Chiesa è arrivata dal
quotidiano della Cei: "Una sentenza ambigua che crea sconcerto", scrive Avvenire. "Per
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esperienza comune di ogni essere umano -continua il giornale- la nascita di un bambino
scaturisce dall'unione tra un uomo e una donna, comporta la cura e l'allevamento da parte
dei genitori". E aggiunge: "Il punto
più sconvolgente della pronuncia, quando considera il bambino come soggetto
manipolabile, attraverso sperimentazioni che sono fuori dalla realtà naturale, biologica e
psichica, umana e che non si sa bene quanto dovrebbe durare". Secondo 'Avvenire' la
sentenza di piazza Cavour "lascia stupefatti quando cancella tutto ciò che l'esperienza
umana, e con essa le scienze psicologiche, ha elaborato e accumulato in materia di
formazione del bambino".
E', quest'ultimo, lo stesso concetto su cui insiste l'Osservatorio dei diritti dei Minori che la
definisce una "sentenza shock". "Non si capisce di cosa parli la Cassazione quando
afferma che non esistono certificazioni scientifiche attestanti l'inidoneità dei gay ad
adottare - dice l'Osservatorio -. D'altro canto non è la prima volta che la Suprema Corte
stupisce con sentenze scioccanti, come alcune relative alla violenza sulle donne", rileva in
una nota Marziale che è anche consulente della Commissione parlamentare per
l'Infanzia".
2625 - LA MADRE MERITAVA L’AFFIDO, IL PADRE NO – DI E.V.
da: la Repubblica di domenica 13 gennaio
E’ sorpresa per il clamore suscitato dalla sentenza che ha confermato l'affidamento di una
bimba alla mamma che vive con un’altra donna, Maria Gabriella Luccioli, presidente della
prima sezione civile della Suprema Corte. “Non avrei mai creduto che facesse tanto
rumore. Per nulla, poi. È stato confermato l'affidamento di un minore alla madre, come già
fatto dalla Corte d’appello di Brescia”, dice la presidente del collegio che ha deciso sul
caso. "Questa è una sentenza assolutamente rigorosa ma che non dice nulla di innovativo:
qua non si discute dr adozioni per le coppie gay ma della legittimità dell'affidamento ad
una mamma che vive con un’altra donna. Non si affermano principi. Nello specifico c'è
stato un ricorso che è stato respinto”.
Al di là della curvatura mediatica, nero su bianco: il <mero pregiudizio> contro una madre
omosessuale non basta a danneggiare un figlio.
“Il terzo motivo del ricorso era inammissibile. Respinto per genericità: non era stato
dedotto che tipo di danno avrebbe potuto subire il bimbo dalla convivenza con la madre
che aveva la relazione con un'altra donna. Già la Corte d'appello aveva bollato come
generica la difesa sostenuta dal padre che non trovava riscontro alcuno. Quale danno il
minore avrebbe potuto subire non era dedotto neppure in termini generici. Un danno al
buio, così”.
Insomma la Corte si è pronunciata su un singolo caso.
“C’era un padre che, come tanti altri, voleva ribaltare la situazione. Non ci è riuscito. Il
ricorso non era ben motivato. Tutto qui. La sentenza bisogna leggerla, invito a una pacata
lettura”.
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Lei è nota per scelte coraggiose e innovazioni.
“Non io ma la Corte di Cassazione ha emesso la sentenza. Ho apprezzato I’intervento del
presidente della Camera, Fini perché ha letto la nostra pronuncia e, avendo compreso,
I'ha definita "sacrosanta ".
2626 - SGRECCIA: COSÌ I GIUDICI SCARDINANO LA FAMIGLIA – DI O. LA ROCCA
da: la Repubblica di domenica 13 gennaio 2013
Eminenza, la Cassazione ha affidato un figlio ad una coppia di donne omosessuali.
Condivide?
“È una sentenza distruttiva, sorprendente e pericolosa perché, se sarà applicata anche sul
piano legislativo, comprometterà la formazione dei figli e la stessa stabilità della famiglia",
avverte il cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la
Vita, tra i più stretti collaboratori di Benedetto XVl su bioetica e morale.
Un giudizio indubbiamente severo e senza appelìo. Che cè di pericoloso?
“Siamo stati abituati a sentire parlare di legislazioni e di sentenze creative. In questo caso,
però, siamo di fronte ad un caso ancora più grave. E un pronunciamento che mina
I'equilibrio e la tenuta dell'istituto familiare fondato dall'unione tra un uomo ed una donna;
e, a sorpresa, va contro il buon senso, la tradizione e la natura stessa del nucleo
familiare”.
Il suo è un punto di vista ovviamente cattolico. Ma oggi la società è pluralista…
“La mia analisi non si fonda solo sulla fede,ma anche sulla ragione. E la ragione, da che
mondo è mondo, sa che Ia natura umana è formata da due sessi, uno maschile ed uno
femminile, complementari tra loro, la cui funzione essenziale porta al concepimento.
Sarebbe quindi pericoloso negare ai figli questa educazione basata sulle figure materne e
paterne”.
Perché teme che la sentenza della Cassazione possa scardinare la famiglia?
“In tutti i trattati scientifici quando si parla di crisi dei giovani e di drammi sociaìi le cause
vengono sempre fatte risalire alla mancanza della famiglia formata da un padre ed una
madre. Nessuno può negare ì'importanza della funzione educativa di entrambi i genitori.
La sentenza però scardina questo principio”.
Nel caso in questione una delle due donne è la madre naturale del figlio.
“Non voglio entrare in questo caso. Ma c'è solo da augurarsi che dopo la sentenza non si
arrivi anche ad una legge. Sarebbe una ferita per tutta la società".
2627 - PARIGI – CORTEO CONTRO NOZZE E ADOZIONI DEGLI OMOSESSUALI
da: la Repubblica di domenica 13 gennaio 2013
Gli organizzatori parlano di 800mila persone. Le forze dell'ordine forniscono cifre diverse:
150mila, massimo 300mila. Il corteo per il 'No' alle nozze gay e all'adozione di bambini da
parte di coppie dello stesso sesso non ha comunque raggiunto il milione che veniva
evocato come obiettivo per far piegare il governo, determinato a far passare in Parlamento
la legge sulle nozze gay. Per Marisol Touraine, ministro degli Affari sociali, i manifestanti
sono chiaramente "meno di quanto speravano gli organizzatori". Molti cattolici per questa
manifestazione alla quale partecipano dirigenti e iscritti ai partiti di destra dell'Ump e del
Fronte nazionale.
La parola d'ordine dei cortei è "tutti nati da un uomo e una donna", il collettivo
organizzatore è 'La Manif pour tous', una denominazione che riecheggia il 'Matrimonio per
tutti', motto di chi appoggia la legge sulle nozze gay, che comincerà ad essere discussa in
Parlamento il 29 gennaio.
Secondo un sondaggio di LH2 per il giornale Le Nouvel Observateur, i francesi sono per il
53 per cento favorevoli all'apertura alle coppie omosessuali del matrimonio ma per il 50
per cento contrari all'apertura dell'adozione alle coppie gay.
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Il matrimonio gay fa parte delle promesse elettorali di François Hollande, il quale ha anche
espresso il proposito di inserire nella Costituzione parte della legge del 1905, sulla
separazione tra Chiesa e Stato.
In questo momento il dibattito sulla laicità è al centro della politica francese. L’introduzione
delle nozze fra persone dello stesso sesso ha scatenato un’aspra polemica nel paese, tra
convinti sostenitori e oppositori in rivolta. Il Parlamento francese ha iniziato a discutere
dell’introduzione delle nozze omosessuali pochi mesi fa. Ma la destra promette la
cancellazione della legge quando tornerà al potere
2628- JODIE FOSTER COMMUOVE I GOLDEN GLOBE - DI ALESSANDRA CLEMENTI
da: la Repubblica di lunedì 14 gennaio 2013
Ai settantesimi Golden Globe non ha vinto Modern Family, ma sicuramente chi la Modern
Family l’ha sperimentata e vissuta in prima persona: Jodie Foster. E il suo discorso tocca
l'argomento che divide l'Europa: ieri la grande manifestazione in Francia, la settimana
scorsa la sentenza della Cassazione e le proteste dei vescovi sull'affidamento dei figli a
coppie gay. A soli 50 anni l'attrice ha ricevuto il premio Cecil B. DeMille alla carriera,
toccato prima di lei a Steven Spielberg e Robert De Niro, Martin Scorsese e Sophia Loren,
dopo 47 anni di lavoro, grande cinema e impegno nel sociale, per i suoi "fondamentali
contributi al mondo dello spettacolo".
Jodie Foster, che della discrezione e della riservatezza ha fatto uno stile di vita, questa
volta ha oscurato la cerimonia di assegnazione dei premi con il suo discorso 'privato'.
L'attrice, regista e produttrice ha pronunciato un discorso di ringraziamento molto
personale e pieno di sottintesi, che ha lasciato interdetti e commossi tutti i colleghi presenti
nel parterre del Beverly Hilton Hotel. Per la prima volta ha parlato esplicitamente, e
delicatamente, della sua
vita privata, dei figli, della madre, e della ex compagna di vita Cydney Bernard.
La divertente introduzione è toccata all’amico Robert Downey Jr. che ne ha ricordato
l’intelligenza, la formazione universitaria, la passione anche nel salvare "reietti ed ex
reietti" dello spettacolo come lui. Un adorante Mel Gibson è seduto al tavolo dei familiari e
dell'entourage dell’attrice proprio sotto il palco.
La Foster ha preso la parola con un tono tra lo scanzonato e l’introspettivo, facendo il
punto sulla sua vita e la sua carriera: "Credo di avere un bisogno improvviso di dire
qualcosa che non ho mai detto in pubblico. Sono un po' preoccupata ma non così nervosa
come il mio agente. Come tutti sanno sono... single," - ha detto l’attrice sorridendo, mentre
la regia indugiava sui figli Charles e Christopher - Ho già fatto il mio coming out mille anni
fa, nell’età della pietra, prima a parenti e amici e poi via via a chi incontravo nella mia
cerchia".
La Foster ha proseguito ironizzando sul fatto che ci si aspetta che le celebrità rivelino di
essere gay "con una conferenza stampa, un profumo o un reality in prima serata. E voi
ragazzi potreste essere sorpresi, ma io non sono Honey Boo Boo Child (una bambina
protagonista di un reality statunitense in cui si raccontano i suoi sforzi per diventare una
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reginetta di bellezza, ndr). No, mi dispiace. Questa non sono io, non lo sono mai stata e
mai lo sarò. Ma per favore non piangete, perché il mio reality show sarebbe davvero
noioso". Ha quindi aggiunto con aria di sfida: "Se foste stati una figura pubblica sin da
bambini (ha debuttato a 3 anni nella pubblicità del Coppertone) anche voi valutereste la
privacy sopra ogni altra cosa".
"Non potrei mai stare qui, senza riconoscere uno dei più profondi amori della mia vita: la
Foster ha quindi ringraziato Cydney Bernard, produttrice cinematografica che ha
identificato come "la mia eroica co-genitrice, la mia ex-partner in amore e sorella
dell'anima per la vita". La Bernard è stata la sua compagna per 20 anni, da quando si
incontrarono sul set di Sommersby nel 1993, una relazione che non ha mai nascosto e nel
corso della quale sono stati concepiti i due figli della coppia (Charles nel 1998 e
Christopher nel 2001).
L'attrice ha poi ha poi avuto un momento di intensa commozione quando ha parlato della
madre ottantaquattrenne Evelyn Almond, che soffre di demenza senile. "Mamma, lo so
che sei dentro quegli occhi azzurri da qualche parte", ha detto con le lacrime agli occhi. "Ti
amo, ti amo, ti amo, e spero che se dico questo tre volte, le parole sapranno magicamente
raggiungere la tua anima, e potranno riempirla di grazia, con la gioia di sapere che hai
fatto bene in questa vita, sei una mamma grande!
Infine il pensiero e le parole ai due figli: "Charlie e Kit sono la mia ragione di vita e di
evoluzione... Ragazzi, nel caso non lo sapeste, questo discorso, tutto questo è per voi.
Sono così orgogliosa della nostra Modern Family!" - ha esclamato.
La Foster ha quindi concluso il discorso con un riferimento indiretto a un cambiamento di
priorità nella sua carriera. Ma dietro le quinte con i giornalisti ha smentito ogni ipotesi di
ritiro: "Sento questo momento come la fine di un'era e l'inizio di qualcos'altro, un momento
spaventoso ed eccitante". "Il mio discorso parla per sé - ha poi aggiunto, spiegando
perché abbia deciso questo luogo e questo momento per discutere pubblicamente della
sua vita privata - è un grande momento, volevo dire quello che ho più a cuore".
A testimonianza di quanto il discorso di Jodie abbia inciso sulla serata la battuta finale
delle due conduttrici Tina Fey e Amy Poulher che si sono congedate dal pubblico dicendo:
"Noi andiamo a casa con Jodie".
2629 - LA SENTENZA ITALIANA SULL’AFFIDO GAY - DI BRUNO TINTI
da: il Fatto di martedì 15 gennaio 2013
La Corte di Cassazione ha affermato che è inammissibile il ricorso contro l’affidamento del
figlio al genitore separato quando sia fondato esclusivamente sulla sua omosessualità. Dal
che deriva che l’orientamento sessuale non costituisce motivo per negare l’affidamento. Il
che rende implicito il riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali e il loro diritto ad
adottare bambini.
Non si tratta di una decisione innovativa (Trib. Nicosia, ord. 12.12.10; Trib. Firenze, ord.
30.4.09; Trib. Bologna, decr. 7.7.08); e anzi i gravi pregiudizi nei confronti degli
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omosessuali sono stati ritenuti ragione sufficiente per dubitare della capacità genitoriale
del genitore eterosessuale (Trib. minorenni di Catanzaro, decr. 27/5/08; Trib. Napoli
28/6/06, confermata in Appello e Cassazione).
Gli stessi principi sono stati affermati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo: l'interesse
del minore deve prevalere sui pregiudizi in materia di omosessualità dei genitori (CEDU,
Salgueiro da Silva Mouta c. Pordeltogallo, 21/12/99); e, soprattutto, l’orientamento
sessuale dell’adottante non può essere causa ostativa all’adozione da parte di single
(CEDU, Grande camera, E. B. contro Francia, 22/1/08).
Con buona pace di monsignor Domenico Sigalini (“non si può costruire una civiltà sui
tribunali” - Repubblica 12.1.13), la civiltà di un paese si costruisce sul rispetto della legge;
e non di questa o quella religione. Di più: la democrazia stessa si fonda sulla legge e non
sulla religione; del che è incontestabile testimonianza qualsiasi paese arabo. E la legge
tiene conto della natura umana, non la violenta con prescrizioni asseritamente divine.
C. Saraceno, in “Coppie e famiglie - non è questione di natura” (Feltrinelli, 2012) ha
spiegato con chiarezza le motivazioni che sono alla base della presunta sacralità del
matrimonio. Il motivo per cui famiglia e coppia sono tra le istituzioni sociali maggiormente
regolamentate è di natura economica: la conservazione del patrimonio nell’ambito
familiare. Ma questa esigenza, degna di tutela sul piano civilistico ma estranea a pretese
leggi divine, è in contrasto con la tendenza disgregatrice propria delle pulsioni istintuali e
sessuali della natura umana. Dunque, se qualcosa di “naturale” esiste nel rapporto
familiare è il concetto di “famiglia di clan” e non quello di coppia esclusiva. Ecco perché è
la legge che deve regolamentare la convivenza civile, tenendo conto dei necessari
compromessi propri dei rapporti umani.
Tutto questo sul piano del diritto, positivo e naturale. Ma c’è molto di più in questa
persecuzione che la religione condivide con dittatori sanguinari; e l’ha spiegato bene
Christiane Taubira, ministro della Giustizia francese, rispondendo a un deputato, tale
Bernard Perrut, che si opponeva al progetto di legge che legittimerà i matrimoni gay in
Francia.
Madame Taubira ha detto: “Signor deputato non ci farà credere che vive in un igloo e che
non conosce la diversità delle famiglie nel nostro paese; che non sa che c’è tanto amore
nelle coppie eterosessuali quanto ce n’è nelle coppie omosessuali; che c’è tanto amore
nei confronti dei loro bambini e che tutti questi bambini sono i bambini della Francia. Allora
sì, signor deputato, il nostro testo di legge è di gran progresso, di generosità, di fraternità,
di uguaglianza e di sicurezza giuridica per tutti i bambini di Francia. E io ne sono fiera”.
Si possa domani essere così fieri nel nostro paese.
2630 - DIRITTI E LIBERTÀ LE QUESTIONI FUORI “AGENDA” DI V. ZAGREBELSKY
da: la Stampa di giovedì 3 dicembre 2013
Ha ragione monsignor Negri quando, nell’intervista di ieri a «La Stampa», protesta per la
totale assenza dei temi etici nel programma di Monti. Gli si deve dar ragione, anche
muovendo da posizioni che sono diverse, nel metodo innanzitutto e solo dopo in questo o
quel contenuto. Il silenzio del documento che si è convenuto chiamare Agenda Monti
poteva spiegarsi per la palese fretta con cui era stato confezionato e pubblicato.
Ma ora, con il testo di presentazione del suo «Movimento civico, popolare, responsabile»
alla mancata menzione del tema si è sostituito il vuoto di contenuti e impegni. Vi si legge
infatti che «laddove, su singole questioni di rilievo etico, si determinassero diversità di
valutazione, ci si impegnerà a cercare insieme la soluzione più coerente con i valori della
Costituzione, nella comune promozione della dignità della persona, ferma restando la
libertà di coscienza».
La guida della Costituzione e la difesa della dignità della persona sono certo sacrosante,
ma non sono negate da nessuno di coloro che pur si combattono aspramente sulle singole
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soluzioni. In realtà si tratta di una formula levigata e sfuggente – capace di scontentare
tutti e favorire la paralisi - per non prendere posizione sulle questioni aperte, che non
vengono nominate, ma che tutti conosciamo: il fine vita e il valore della volontà del
morente, il riconoscimento delle unioni familiari senza matrimonio, eterosessuali o
omosessuali che siano, con la questione della procreazione e dell’adozione all’interno
delle coppie omosessuali, l’accesso, infine, alle tecniche di riproduzione assistita, che ha
anche qualche connessione con il tema precedente.
Di altra natura è il riconoscimento della cittadinanza ai figli di migranti nati e cresciuti in
Italia. Su di essa è ancora una volta tornato vivacemente il presidente Napolitano nel suo
messaggio di fine anno. Si tratta di questione ormai matura, che riguarda la civiltà del
Paese e persino l’interesse nazionale. Anche su di essa i documenti Monti tacciono,
mentre si legge un impegno nel programma di Bersani, insieme a quello di riconoscere le
coppie omosessuali, secondo un modello che però andrebbe chiarito.
Nella Carta di intenti del partito di Bersani si legge che «su temi che riguardano la vita e
morte delle persone, la politica deve coltivare il senso del proprio limite e il legislatore deve
intervenire sempre sulla base di un principio di cautela e di laicità del diritto. Per evitare i
guasti di un pericoloso “bipolarismo etico” che la destra ha perseguito in questi anni, è
necessario assumere come riferimento i principi scolpiti nella prima parte della nostra
Costituzione e, a partire da quelli, procedere alla ricerca di punti di equilibrio condivisi,
fatte salve la libertà di coscienza e l’inviolabilità della persona nella sua dignità». Si tratta
di una formula simile a quella preferita da Monti per il suo Movimento, ma contiene
un’indicazione di metodo che potrebbe essere utilmente sviluppata: la ricerca di punti di
equilibrio condivisi nella consapevolezza dei limiti in cui deve essere contenuta la legge.
Riconoscere i limiti della legge nelle materie di cui trattiamo, deve però significare oggi,
nell’Europa liberale, ammettere prima di tutto che in assenza di gravi motivi d’interesse
pubblico deve prevalere la libertà dei singoli di vivere le proprie inclinazioni e risolvere i
propri problemi, nelle forme che la società e la scienza odierna offrono. La legge serve
eccezionalmente per vietare, non c’è bisogno della legge per permettere.
In Italia e anche altrove in Europa, i temi di cui discutiamo sono capaci di dividere la
società. La divisione passa attraverso le soluzioni possibili alle singole questioni, ma prima
di tutto si radica nelle opposte posizioni di chi pretende di imporre agli altri le proprie
opzioni etiche e di chi invece difende e vive le proprie, rispettando e lasciando vivere
quelle altrui.
Il richiamo alla laicità dello Stato, che si legge in tutti i documenti, è privo di senso se non
viene adottata la seconda, «non negoziabile» anche a costo di affrontare l’accusa di
«relativismo».
V’è però un modo per evitare lo scontro deleterio e abbandonare alle frange estreme il
ricorso a drammatici, reciproci anatemi. Quando si esaminano i problemi nella loro
concretezza vissuta, un terreno di incontro può essere trovato. Nessuno può
monopolizzare la definizione dei valori in campo, così come nessuno può negarne il rilievo
morale. Il punto di equilibrio, ferma la prevalenza della libertà e la provvisorietà di ogni
soluzione legislativa, si cerca con il dialogo che parte dal confronto delle opinioni di chi
vive i singoli problemi (gli ideologi di entrambi i campi spesso ne sono lontani), così da
esporre e confrontare le ragioni degli uni e degli altri.
Vi sono esempi di pratiche che precedono e preparano le deliberazioni pubbliche, che
sono virtuose rispetto alla ricerca delle soluzioni utili e meno conflittuali e servono
comunque a rendere chiari – e quindi più accettabili - i motivi della decisione finale. Dalla
vicina Francia viene l’esempio di come le decisioni della Repubblica su temi delicati si
possono preparare: autorevoli e riconosciute commissioni di indagine, che lavorano sul
campo per la definizione dei confini dei problemi (nella loro frequenza, nelle loro varietà e
intensità) e la ricerca di soluzioni pratiche, ora sulla questione del fine vita e sui matrimoni
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omosessuali e ieri sul divieto del velo islamico nelle scuole pubbliche. Metodo che
potrebbe essere simile a quello del «dibattito pubblico» richiamato dalla Agenda Monti (ma
solo per definire la strategia energetica nazionale) e che è l’opposto di quello dell’accordo
cercato tra capipartito, vertici e gerarchie e poi imposto alla società.
Nei documenti di Monti si legge che occorre una profonda trasformazione dell’Italia,
necessaria per la sua piena integrazione in Europa. Non si può non convenire.
L’indicazione però non dovrebbe incidere solo nel campo economico. Essa vale in tutti i
campi. Per quanto importanti e urgenti siano oggi i temi economici, l’Europa capace
ancora di sollevare sentimenti di appartenenza e identità rispetto al resto del mondo è altra
cosa. Senza più frontiere interne, con quotidiane esperienze di studio e lavoro in Europa,
con legami personali e familiari che sorgono ignorando le (antiche) frontiere,
l’armonizzazione dei diritti e delle libertà diventa un essenziale aspetto della «politica
europea» di un governo.
2631 - INNANZITUTTO I DIRITTI CIVILI - DI CHIARA SARACENO
da: la Repubblica di lunedì 7 gennaio 2013
I diritti civili sono «importantissimi », «anche più delle riforme economiche e sociali », ha
affermato Mario Monti in un’intervista a Sky ieri mattina. Salvo aggiungere subito dopo che
«non sono urgenti». Un suo eventuale governo non li avrebbe come temi prioritari nella
sua agenda, lasciandoli all’iniziativa del Parlamento.
Stava rispondendo a una domanda specifica sulla questione del riconoscimento delle
coppie omosessuali, ma la risposta vale per l’intero arco dei diritti di cui si discute da anni:
fine vita e testamento biologico, riproduzione assistita e divorzio breve. Nodo di infuocate
controversie tra politici sotto l’ombra del monito sui “valori non negoziabili” della gerarchia
cattolica, sono la causa di gravi sofferenze e umiliazioni per chi continua a vederseli
negati. E continuerà a non averli per un bel pezzo, fino a che si continuerà a pensare che
la libertà e la dignità delle persone, il riconoscimento della loro capacità di prendere
decisioni importanti su questioni di vita e di morte, del valore non solo individuale, ma
sociale, dei loro rapporti di amore e solidarietà, non hanno mai carattere di urgenza, direi
di necessità.
Siamo alle solite. I diritti civili – specie quelli di coloro cui sono negati – vengono sempre
“dopo”.
Il vetero-marxismo della distinzione tra struttura e sovrastrutture è sempre di moda, anche
tra gli autonominati liberali, pardon riformatori. I diritti civili (ma in larga misura anche quelli
sociali) non fanno parte dell’agenda Monti, quindi non rientrano nel 98 per cento di
accordo sul programma da Monti richiesto per essere disponibile a una qualche alleanza
dopo le elezioni.
Ma evidentemente non fanno neppure parte degli impegni di adesione e fedeltà richiesti a
chi già da ora corre con lui, in primis a Casini e al suo partito, ma anche ai cattolici che
imbarcherà come tali nella sua lista civica. Una lista civica che avrà al suo centro, perciò,
pressoché solo l’economia, sulla quale, evidentemente, Monti pensa ci possa essere una
ricetta unica non negoziabile, la sua (con buona pace di posizioni diverse sostenute non
solo da Fassina, ma di economisti di fama internazionale).
Per il resto, in particolare sui diritti civili e di libertà, è più che disposto, ad una cessione di
sovranità dal governo al Parlamento, lavandosene pilatescamente le mani: attento a non
esprimere neppure una posizione personale per non incrinare il patto con Casini, con i
cattolici del meeting di Todi e, soprattutto, per tenersi stretto il sostegno platealmente
ricevuto dal giornale del Vaticano.
Finché faceva il presidente tecnico di un governo tecnico, chiamato ad affrontare problemi
economici urgenti, questo atteggiamento era non solo legittimo, ma doveroso. Come
candidato premier e come proponente di una Agenda per l’Italia, lo è molto meno. È chiaro
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che il Parlamento, alla fine, è sovrano. Ma, dato che in Parlamento andranno coloro che
sono eletti sulla base di un progetto per il paese, non sembra troppo chiedere che cosa
pensano e che cosa intendono fare, nel caso andassero al governo, su questi temi, e in
particolare che cosa pensa chi dice di essere entrato in politica proprio perché ha un’idea
di Italia per cui vuole impegnarsi.
C’è da sperare che, nella disperata rincorsa al centro e a candidati che rappresentino il
fantomatico elettorato cattolico, il Pd non segua la stessa strada, mettendo la sordina sui
diritti civili. Lasciarsi alle spalle il vetero-marxismo ed essere degli autentici liberali è, su
questi temi, una necessità insieme politica e civile.
2632 - MA QUALI SONO I NUOVI DIRITTI CIVILI? DI MARCO CAPPATO
da: Europa di giovedì 10 gennaio 2013
«Si può avere un'agenda politica che ricacci sullo sfondo, o ignori del tutto, i diritti civili?»,
chiede Stefano Rodotà dalle colonne di Repubblica, riferendosi all'agenda Monti. Una
prima risposta è che sì, si può: è quello che hanno fatto i partiti per 65 anni, quando non
costretti dai referendum radicali o da lotte come quelle di Coscioni e Welby. Un diverso
modo di dare la stessa risposta è che sì, si può: perché i programmi elettorali dei partiti
italiani non hanno mai contato nulla, non sono mai stati rispettati, e anche quando i diritti
civili sono stati inseriti poi non si è mosso un dito per ottenerli.
Ma c'è una questione ancora più importante, che Rodotà sembra voler ignorare nella sua
mirabile ricostruzione storica (manchevole solo di qualche nome di protagonista della
"rivoluzione dei diritti" degli anni'70, da lui attribuita a una generica «politica attenta alla
società»). Infatti, prima ancora dei nuovi diritti da conquistare - dall'eutanasia ai matrimoni
gay, dalla fecondazione assistita alla ricerca sulle staminali - esiste un problema enorme,
evidentemente così enorme da non essere notato: il rispetto dei diritti esistenti.
Il sistema giudiziario italiano, fatto di una decina di milioni di processi pendenti, produce
criminalità di stato, nelle aule di tribunale e nelle carceri, ma anche nelle aziende, negli
ospedali, al capezzale dei malati. Quelli che pagano sono innanzitutto gli ultimi, i più
poveri, i più clandestini, i più disinformati. È la malagiustizia, oggi, la grande questione
sociale del paese. Anche la cosiddetta (sulla base del discorso di fine anno del presidente)
“Agenda Napolitano", che a detta di molti integrerebbe e supererebbe sul piano dei diritti
sociali l'agenda Monti, a quella grande questione sociale non sa dare una risposta.
Stesso discorso per le agende di Bersani, per non parlare d'altri.
C'entra qualcosa tutto ciò con i "diritti civili"? Beppino Englaro ha dovuto attendere 18 anni
prima di arrivare a una sentenza definitiva; le coppie che si vedono rifiutata la
fecondazione assistita aspettano anni per vedersi riconosciuto – magari dalla Corte
europea dei diritti umani - il diritto costituzionalmente garantito alla salute e alla vita
familiare, mentre gli scienziati ancora stanno aspettando (spesso da emigrati) il rispetto in
Italia del diritto alla libertà di ricerca; le donne che chiedono l'aborto farmacologico
continuano a non ottenerlo senza che alcun ricorso giudiziario sia disponibile in tempo
utile. E poi: i tossicodipendenti perseguitati ammassati nelle carceri, i malati che subiscono
accanimento terapeutico, i disabili bloccati dalle barriere, e ogni altra violenza che
avviene… contro la legge già esistente di fatto non-vigente.
La giustizia criminale paralizza anche le possibilità di alternative politiche fondate sulla
legalità e sui diritti.
Se Roberto Formigoni ha terminato - seppur anticipatamente - il mandato senza che la
sua elezione sia stata annullata, e sarebbe pronto per essere "promosso" a Roma, deve
solo ringraziare il fatto che la truffa elettorale grazie alla quale è stato eletto sia rimasta
impunita sia sul Piano Penale che su quello amministrativo, a tre anni dai fatti e dalla
denuncia radicale.
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I Radicali propongono l'amnistia, e promuovono una lista "Amnistia, giustizia, libertà"
aperta a chi ci sta. Invece di andare a cercare ciò che non possono trovare - i nuovi diritti
civili – nelle (inutili) agende altrui, offrono a tutti la premessa di ogni diritto civile e sociale,
vecchio e nuovo: il Diritto stesso, cioè il suo rispetto, la legalità e una giustizia capace di
garantirla.
Interessa?
2633 - LE DUE ANIME DELLA BIOETICA - DI PIETRO GRECO
da: l’Unità di giovedì 10 gennaio 2013
“Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confronto”. È il titolo del libro (pagine 364,
euro 24,00) che un bioeticista laico, Maurizio Mori, e un bioeticista cattolico, Giovanni
Fornero, hanno appena pubblicato con l’editore “Le Lettere” nella collana «Etica Pratica e
Bioetica» diretta da Eugenio Lacaldano. Basterebbe aggiungere un solo aggettivo
insanabile alla fine di quel titolo, per comprendere il senso e il contenuto della nuova (e
chiarissima) proposta editoriale.
I due studiosi concordano, infatti, sia sul fatto che esistono almeno due approcci distinti
uno laico e l’altro cattolico a quell’«etica pratica» che è la bioetica; sia sul fatto che sono
due approcci così irrimediabilmente diversi, talvolta opposti, da non poter essere, in alcun
modo, ricondotti a uno.
Sono due punti molti netti, su cui non tutti i loro colleghi sono d’accordo. Ma che Mori e
Fornero argomentano bene, sia dal punto di vista storico sia dal punto di vista filosofico,
regalando al lettore una chiave di interpretazione rigorosa e comprensibile di una partita
che da molti anni si gioca, in Italia e nel mondo, in maniera spesso aspra e confusa.
Fabrizio Mori offre, nella prima parte del libro, il codice storico di questa chiave. Mostrando
come, dopo la seconda guerra mondiale, l’irruzione sulla scena di nuove tecnologie
mediche (dalla pillola anticoncezionale, ai trapianti di organi, alla fecondazione in vitro) ha
costrutto tutti e ridefinire concetti fondamentali ed eticamente sensibili, quali quelli di vita,
di morte, di persona. Tra quei tutti ci sono i laici e i cattolici, i singoli stati e le Nazioni
Unite.
Mori dimostra come questa esigenza emersa nel periodo della guerra fredda, in cui il
mondo era diviso in due blocchi ideologicamente, ancor prima che militarmente,
politicamente e persino economicamente contrapposti abbia visto emergere due autorità
portatrici di un’interpretazione etica che tendeva a proporsi come universale. Una laica,
espressa in sede di Nazioni Unite, che ha assunto anche forma giuridica, per esempio La
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948). L’altra religiosa, che si è espressa in
Vaticano, che ha assunto a sua volta una forma giuridica (canonica) in svariati documenti
che costituiscono parte importante del Magistero della Chiesa Cattolica.
Per un lungo periodo questa dicotomia ha cercato una composizione così spinta in chiave
teorica e pratica anche grazie all’azione di «uomini del dialogo» come John Kennedy,
Nikita Krusciov e Giovanni XXIII da assumere le forme di un vero e proprio paradigma
culturale: il paradigma della convergenza. L’idea che si potesse stabilire un’etica comune
universale, valida per l’intera umanità: credenti e non credenti, laici, cattolici, protestanti,
islamici, ebrei e così via.
Questo paradigma ha dominato per alcuni decenni: si pensi al Concilio Vaticano II. Ma poi
è crollato. Lasciando il terreno al paradigma della divergenza, fondato sull’identità, che si è
incarnato sostiene Maurizio Mori in personaggi politici, come Margaret Thatcher o Ronald
Reagan, e religiosi, come Giovanni Paolo II.
Questo nuovo vento culturale ha portato la Chiesa Cattolica a definire, in maniera sempre
più formale, il proprio Magistero nelle materie eticamente sensibili della biomedicina. A
fornire definizioni di vita, di morte, di persona molto precise. A indicare una serie di
«principi non negoziabili». È nata così la «bioetica cattolica» (intesa come bioetica ufficiale
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della Chiesa), fondata su una precisa «visione del mondo» che ha determinato, quasi
naturalmente, la nascita di una «bioetica laica» che fa riferimento a un’altra «visione del
mondo».
La due visioni sono affatto diverse e, a tratti, si rivelano inconciliabili. E, infatti, i motivi di
scontro tra queste due visioni del mondo nel corso degli anni è venuta aumentando: il
divorzio, l’aborto, la procreazione assistita, il testamento biologico...
Fin qui la storia. Che è la storia di un conflitto crescente. Ma è un conflitto artificioso e
sanabile, oppure ha basi teoriche solide? A questa domanda risponde, nella seconda
parte del libro, Giovanni Fornero. Sostenendo, in primo luogo, che il conflitto esiste ed è
reale: sbagliano coloro che lo negano o che tendono a minimizzarlo. E, in secondo luogo,
che il conflitto si fonda, appunto, su visioni del mondo affatto diverse. Una, quella cattolica,
che fa riferimento al trascendente, alla specialità dell’uomo e all’esistenza di «principi
assoluti» di derivazione divina. L’altra, quella laica, che si riferisce solo alla natura, di cui
l’uomo è parte non dotata di particolare specificità.
Giovanni Fornero sostiene che sarebbe sbagliato cogliere la differenza tra queste due
bioetiche sulla base della dicotomia tra fede e ragione. Entrambe, sostiene, sono fondate
sulla ragione. Anche se esprimono due diverse e, a tratti, irriducibili razionalità.
Fornero individua 12 idee-guida alla base dell’etica applicata cattolica e di 10 diverse e a
tratti opposte, idee-guida dell’etica applicata laica, ma una comune epistemologia fondata
sulla deduzione logica.
In realtà, anche se entrambe aderiscono a una logica tendenzialmente di tipo deduttivo,
un’asimmetria fondamentale tra la «bioetica cattolica» e la «bioetica laica» esiste. La
prima, quella cattolica, deduce le implicazioni logiche da idee-guida che sono «assiomi»,
perché fanno riferimento al trascendente e, dunque, per definizione non sono dimostrabili
scientificamente. La seconda, la bioetica laica, fa riferimento alle conoscenze empiriche,
oltre che teoriche, della scienza. Conoscenze che non sono assolute, ma contingenti. Non
sono assiomi, ma teorie e fatti sperimentali che sono, per definizione, da tutti dimostrabili.
Ma al di là di questa asimmetria, è vero che le due visioni del mondo sono così diverse da
rendere impossibile ogni tentativo di recuperare il paradigma della convergenza, a meno
che una delle due non rinunci ai suoi principi fondanti (alle sue idee-guida). Così, anche se
a tratti nobile, quella di molti concordati risulta una «missione impossibile».
Il guaio è che la bioetica non è «mera filosofia». Ha evidenti implicazioni pratiche.
Influenza, per esempio, le leggi dello stato. Cosa deve fare lo stato se di fronte ha
(almeno) due bioetiche diverse e irriducibili?
Domanda di stringente attualità. Anche per il governo prossimo venturo.
Il guaio è che le risposte a questa domanda sono, a loro volta, asimmetriche e
inconciliabili. I fautori della bioetica laica sostengono che gli stati devono svolgere il ruolo,
neutrale, di arbitro. Lasciando libertà a tutti di aderire alla propria «visione del mondo». I
fautori della bioetica cattolica sostengono, al contrario, che alcuni dei loro principi non a
caso definiti «non negoziabili» hanno valore universale. E dunque devono essere assunti
in forma di legge dagli stati.
Come si esce, in Parlamento e nella società, da questo inviluppo? Secondo Fornero si
tratta di una classico problema indecidibile. Non ammette una soluzione in punto di logica:
il paradigma della convergenza è definitivamente crollato. Le due bioetiche non possono
essere conciliate. Di conseguenza non c’è altro da fare che cercare, pragmaticamente, di
volta in volta un compromesso. Purché sia cercato in maniera trasparente e non sia un
compromesso al ribasso.
Commento. I fautori della bioetica “cattolica” sinora, almeno in Italia, hanno visto la loro
visione prevalere, nel senso che i loro “principi non negoziabili” hanno valore per tutti,
anche per coloro che non li condividono. Così facendo, rifiutano già il “compromesso”,
ossia quello di rispettare le visioni di tutti. Facciano attenzione, però. Se il “vento” dovesse
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radicalmente cambiare, cosa naturale nell’era della globalizzazione e della ricerca
scientifica, gli altri potrebbero cambiare idea e rifiutare il compromesso. (G. Sestini)
Commento . A me sembra che la posizione laica, per come correttamente presentata al
termine dell’articolo “ … gli stati devono svolgere il ruolo, neutrale, di arbitro. Lasciando
libertà a tutti di aderire alla propria «visione del mondo»” costituisca GIÀ un compromesso
ottimo, e forse l’unico possibile. Così, nulla viene imposto ad alcuno, e ciascuno si regola
secondo le proprie convinzioni. È possibile inventarsi qualcosa di meglio? Direi proprio di
no, qualunque altra soluzione finendo con il coartare la volontà di qualcuno, o addirittura
con il violarne il corpo. Cordiali saluti ed auguri di buon anno. (Pier Giorgio Nicoletti
2634 - GLOBAL TRENDS 2030 - DI PIERRE BARTHÉLÉMY
da: Aduc avvertenze n. 1-2013 – articolo pubblicato da Le Monde del 27.12.2012 )
E' un regalo per il presidente Obama rieletto da poco: il rapporto “Global Trends 2030”,
stilato dal National Inteligence Council (NIC), e che è stato reso pubblico in questi giorni. Il
NIC, piccolo cugino della CIA, è una sorta di braccio analitico e prospettico dei servizi di
informazione americani. Questo rapporto immagina come sarà il mondo nel 2030, e
presenta logicamente un forte tropismo per la geopolitica ma ha l'intelligenza di non
dimenticare che le nazioni, le società vivono su un pianeta fisico i cui limiti si evidenziano
in modo sempre più eclatante, e dove gli esseri umani hanno bisogni elementari (nutrirsi,
bere, abitare, riscaldarsi, muoversi) e dove non poterli soddisfare è anche un fattore di
instabilità nel mondo. A parte gli aspetti diplomatici e geostrategici, ora ci concentriamo su
come i servizi americani d'informazione vedono la Terra madre nel 2030.
Gli autori del rapporto fanno un confronto tra il mondo d'oggi e quello delle grandi
transizioni nella storia: 1815 (fine dell'impero napoleonico), 1919 e 1945 (il giorno dopo le
due guerre mondiali), e 1989 (caduta del muro di Berlino e fine del conflitto Est-Ovest).
Ogni volta – dicono - il percorso del futuro non era stato del tutto tracciato e nel mondo
diverse opzioni sono state affrontate. E così accade per i nostri anni.
Ma tra gli elementi che contraddistinguono il futuro, ne esiste uno che è preponderante: la
demografia. Il 2030 ci sarà un pianeta di 8,3 miliardi di abitanti (contro i 7,1 della fine del
2012), un pianeta invecchiato e sempre più urbanizzato, con circa 5 miliardi di esseri
umani che vivranno in città. Una cifra da confrontare coi 750 milioni di urbanizzati che
contava la Terra nel 1950 (su una popolazione globale di 2,5 miliardi d'abitanti).
Il 60% della popolazione mondiale nelle città, un fatto non senza conseguenze
essenzialmente per l'ambiente.
Il rapporto spiega che storicamente la crescita dell'urbanizzazione “ha portato a riduzioni
drastiche delle foreste, a cambiamenti in negativo nel contenuto nutritivo e nella
composizione microbica dei terreni, ad alterazioni nella diversità di piante ed animali
(incluse alcune estinzioni locali), fino a cambiamenti nella disponibilità e qualità dell'acqua
dolce. Secondo alcuni studi, questi impatti sono stati rilevati a distanze talvolta anche oltre
100 Km dai più vicini centri urbani”.
Alla sfida demografica si aggiunge quella climatica e alimentare. E tutte e tre si
mescolano. Una semplice osservazione sulle attuali tendenze dei consumi alimentari da'
risultati tali da provocare qualche segnale d'allarme. In virtù della crescita della
popolazione e dei cambiamenti dei costumi alimentari nei Paesi emergenti, la domanda
mondiale di cibo dovrebbe aumentare di oltre il 35% da qui al 2030. I rendimenti agricoli,
anche se continuano a migliorare, non seguono la medesima crescita e, secondo il
rapporto, noi stiamo già vivendo grazie alle riserve: “nel corso di sette degli ultimi otto anni,
il mondo ha consumato più cibo rispetto a quanto ne abbia prodotto. Un grande studio
internazionale stima che nel 2030, i bisogni annuali di acqua saranno intorno ai 6.900
metri cubi, cioè il 40% in più delle risorse durature attuali”.
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Il rapporto aggiunge che, tra meno di due decenni, circa la metà della popolazione
mondiale vivrà in regioni che saranno sottoposte a forti stress idrici ed evoca chiaramente
il problema delle guerre dell'acqua.
Le tensioni sulle risorse di acqua e cibo rischiano di essere aggravate dal cambiamento
climatico. Il giorno dopo i negoziati ratificati a Doha sui limiti dei gas ad effetto serra, che
riflettono la mancanza di evidente impegno da parte degli Usa nella lotta contro il
riscaldamento climatico, non è senza una certa ironia che si legge, scritta da funzionari
sempre degli Usa, una certa preoccupazione suscitata dal fenomeno. Anche se gli “scettici
del clima” godono dell'appoggio dei media oltre-Atlantico, e se alcuni di essi sono membri
della Camera dei rappresentanti e del Senato, siccome si tratta di questioni serie i cui
pericoli riguardano anche gli Usa, più persone, nelle alte sfere, non hanno dubbi sulla
realtà del riscaldamento climatico. Il rapporto non potrebbe essere più chiaro in materia.
Anche se i suoi autori rifiutano, probabilmente in virtù di un “corretto scetticismo sul clima”
che è diffuso nella maggioranza degli americani, essi sono obbligati a riconoscere che il
pianeta sta andando, verso la metà del secolo, incontro ad un aumento delle temperatura
media di “almeno 2 gradi centigradi. Se le emissioni continueranno ai livelli attuali, un
aumento di 6 gradi alla fine del secolo è più probabile che non 3 gradi, situazione che
comporterà conseguenze ancora più importanti”.
Una situazione che non paventa niente di buono per i problemi relativi alla sicurezza
alimentare. Non solo la popolazione sarà più numerosa, non solo le popolazioni dei Paesi
emergenti stanno, grazie all'aumento dei loro redditi, già cambiando il proprio regime
alimentare consumando più carne, la cui produzione è legata al consumo di acqua e
cereali, non solo le megalopoli respingono e restringono gli spazi agricoli, non solo i
rendimenti non sono proprio quelli nominali, essenzialmente in Africa, non solo alcuni
terreni sovrasfruttati si degradano, ma anche il cambiamento climatico ha creato problemi
all'industria agroalimentare: fenomeni meteorologici estremi più frequenti, modifiche allo
standard delle piogge, estinzione di alcuni ghiacciai che alimentano i corsi d'acqua durante
le stagioni secche, etc.
Non ci dovremo sorprendere di trovare, come soluzioni all'avanguardia per rimediare alle
eventuali crisi alimentari, il ricorso alle piantagioni geneticamente modificate.
2635 - EUTANASIA: PARLA IL CINEMA – DI CLAUDIO TANARI
da: Cronache laiche di mercoledì 9 gennaio 2013
Una trentenne, nome in codice Miele. E' nota nell'ambiente medico perché ha deciso di
dedicare la sua vita ai malati terminali che vogliono andarsene in maniera dignitosa.
Lavora in clandestinità aiutando uomini e donne ad uscire dal mondo senza soffrire: una
fiala di Lamputal, la musica scelta dal paziente, il commiato.
Un giorno però a chiedere la sua assistenza è un ingegnere settantenne arguto e amaro,
in salute, semplicemente stanco di vivere. Accompagnerà Miele - nel film Jasmine Trinca in un percorso che metterà in crisi i valori della ragazza, ricco di complicazione etiche e
affettive.
La trama del film di Valeria Golino, Vi perdono, in uscita a febbraio e prodotto da Buena
Onda, in coproduzione con la francese Les Films Des Tournelles e con Rai Cinema,
ricalca in gran parte quella dell'omonimo romanzo di Mauro Covacich, pubblicato nel 2009
da Stile libero Einaudi e firmato con lo pseudonimo Angela Del Fabbro. Con Bella
addormentata di Bellocchio e Amour di Haneke la pellicola conclude un ideale trittico sul
tema dell'eutanasia e lo fa con l'onestà intellettuale e il rigore di un esordio: «Non volevo
fare un film a tesi - ha dichiarato la regista nel corso di un'intervista - Ho cercato di sfuggire
alle trappole della retorica o del politicamente corretto. Sono persuasa che l'eutanasia
richieda leggi giuste: ciascuno dovrebbe essere messo nelle condizioni di scegliere».
In effetti, rispetto ai due titoli citati, Vi perdono si spinge oltre: il diritto di morire va
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riconosciuto solo in caso di malattia conclamata ed incurabile? O compreso all'interno di
una completa disponibilità personale della propria esistenza fisica?
Facile indovinare, dietro la sagoma dell'ingegner Grimaldi - interpretato da Carlo Cecchi quella di Lucio Magri e il suo ultimo viaggio in Svizzera; il finale, che "tradisce" il romanzo
di Covacich, riecheggia il volo consapevole e disperato di Mario Monicelli: di fronte ai
dubbi e alle resistenze di Miele, l'ingegnere le restituisce la boccetta del farmaco
scegliendo la soluzione che avrebbe voluto evitare.
In Europa sono ormai quattro i paesi in cui il suicidio assistito da medici è legale: Svizzera,
Olanda, Belgio e Lussemburgo. In Svezia e Germania e in parte in Spagna la legislazione
prevede la cosiddetta eutanasia passiva, cioè l'interruzione delle terapie. In Francia il
governo socialista prevede di varare una legge sulla "morte degna" entro il 2013.
Nell'avvilente dibattito italiano sui temi etici e sui diritti civili, avvertiti come lusso e quindi
assenti dalle agende elettorali, agitati per lo spazio di un mattino e presto messi da parte o
disinnescati da mille mediazioni, a rubare la scena agli incrollabili niet cattolici è sempre
più spesso la parola degli intellettuali e delle persone di spettacolo, capaci di dare voce a
un'opinione pubblica sensibile ma sostanzialmente priva di referenti politici.
2636 - EMMA BONINO RICORDA MARIANGELA MELATO
Si riporta qui sotto la commemorazione di Mariangela Melato che Emma Bonino ha
pronunciato il giorno del suo funerale a Roma, davanti la chiesa degli Artisti.
Davanti e non dentro durante la cerimonia, come è d’uso, perché così ha deciso il rettore
della chiesa don Walter Insero, portavoce del cardinale vicario Agostino Vallini, ubbidendo
a “nuove disposizioni della Chiesa”.
In proposito Renzo Arbore, dichiaratosi cattolico apostolico romano, compagno per tanti
anni di Mariangela, ha detto: “queste nuove regole non ci sono. Ai funerali gli amici hanno
sempre parlato. Ho telefonato a don Walter il giorno prima del funerale spiegando che
sarebbe stata Emma Bonino, per espressa volontà della Melato, a ricordarla. Gli ho
assicurato: non parlerà di politica, ma di Mariangela. Quel prete merita l’inferno”. Viene il
dubbio, ma è quasi una certezza, che non sia stata gradita la presenza della radicale
Bonino, anticlericale, che ha combattuto tante battaglie civili, in prima fila per la legge sul
divorzio e sull’aborto. A meno che non sia stato invece un passo avanti, rispetto a quando
è stato addirittura negato il funerale in chiesa a Piergiorgio Welby.
Mi ha sorpresa, mi commuove e mi onora che sia stato chiesto a me di ricordare oggi
Mariangela Melato.
Se così si è voluto, penso che oggi si voglia ricordare di lei non solo la grande attrice, la
professionista rigorosa ed esigente, innanzitutto verso se stessa, la donna dalle sfide
impossibili; perché della sua vita artistica e del suo talento, altri sarebbero ben più di me
qualificati a parlare, a partire dai tanti di voi qui presenti: colleghi attori, registi, critici
cinematografici ed esperti teatrali.
Da questo punto di vista, sono solo una dei tanti milioni di italiani e non solo, che di volta in
volta ha riso di gusto, sorriso amaramente, pianto, e riflettuto vedendola a teatro e sugli
schermi. Ho pensato che oggi si volesse ricordare soprattutto la persona, la donna
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Mariangela, nei suoi aspetti forse meno noti, ma ben definiti e caratterizzanti della sua vita
artistica e del suo percorso personale.
Non ho avuto con lei frequentazioni assidue. Non eravamo "amiche" che vanno insieme al
cinema o al mare. Peccato. So di avere perso molto.
Me la sono spesso trovata a fianco, determinata e vitale, in alcune sfide radicali
apparentemente impossibili. Più erano difficili più lei c'era, perché era convinta che il
mondo può essere cambiato; e se può, qualcuno deve tentare.
Coetanee, ci siamo spesso sfiorate e incontrate a distanza, riconoscendo una sintonia
forte di intenti, comportamenti, passione civile.
In queste ore mi sono chiesta ed ho chiesto in giro come definirla con poche parole,
perché volevo mettere in questo breve ricordo un qualcosa di più corale. Tra le lacrime
Renzo ha usato il trittico passione-pulizia-impegno; Irene di getto ha detto: grazia,
simpatia, leggerezza. Una lottatrice combattente, l'ha definita Mimmola; anche
nell'affrontare la malattia e il dolore. Mia cognata ha scritto "elegante", che vuol dire
elegante nel pensiero, nel comportamento, nell'autonomia. Maurizio ha ricordato che con
lei si rideva molto perché era spiritosa, ironica, soprattutto autoironica, qualità rarissima,
semplice, insomma, una che non se la tirava. So che Beppe Servillo ha detto: modello raro
di autonomia femminile. Condivido.
So anche che non amava essere definita una donna forte. La capisco.
Per parte mia, mi rimarrà dentro come donna autenticamente coraggiosa, se per coraggio
non si intende non provare paura, ma saper governare le proprie fragilità, le proprie paure,
per farne forza, consapevolezza collettiva e potenzialmente contagiosa.
Per tutte queste ragioni, Mariangela Melato, antidiva, regina del palcoscenico,
anticonformista per autenticità e non per moda, appassionata cittadina italiana, ci
mancherai.
Ciao Mariangela
2637 - COSÌ ABBIAMO PERSO IL SENSO DELLA MORTE - DI GEORGE STEINER
da: la Repubblica di giovedì 17 gennaio 2013 (Traduzione di Anna Tagliavini)
La domanda che qui pongo è la seguente: la condizione e la fenomenologia della morte
classica, rimasta dominante per moltissimi secoli, è in crisi? La nostra esperienza,
collettiva e personale, della morte sta forse subendo una mutazione, uno «spostamento di
paradigma» di portata ben più vasta rispetto a qualsiasi altro finora registrato dalla storia?
[...] In questo caso ci troveremmo di fronte non alla «morte di Dio» proclamata da
Nietzsche (e da altri prima di lui, come Novalis e Heine), bensì alla «morte della morte
classica».
[...] Mano a mano che i valori scientifici saturano la nostra coscienza, e che le tecnologie si
evolvono con un’accelerazione esponenziale, le fantasie sulla trascendenza si fanno
ancora più sbiadite o puramente convenzionali. L’esistenza organica è un accidente
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molecolare presente con ogni probabilità in altri ecosistemi sparsi nello sconfinato
universo.
Ad alimentare la secolarizzazione sono intervenute due catastrofi storiche. [...] Secondo le
stime, tra l’agosto 1914 e il maggio 1945 guerre, deportazioni, carestie, stragi ideologiche
e razziali causarono la morte di circa settanta milioni di persone tra uomini, donne e
bambini. Il massacro si estese da Madrid alla Siberia, da Copenaghen a Palermo. È
possibile affermarlo, e anche discuterne l’aritmetica. Ma non credo sia possibile annettergli
un significato e tanto meno delle immagini concrete. È un retaggio mentale che continua a
essere incommensurabile. La soglia dell’umanità nell’uomo è stata abbassata. La
promessa di compensazione in un altro mondo, di risarcimento o castigo sovrannaturale,
dopo Auschwitz e i Gulag, dopo Dresda e Hiroshima, appare non solo puerile, ma
moralmente disgustosa. E soprattutto, la morte stessa è stata svalutata.
La sentenza di Stalin suona definitiva: «La morte di un uomo può essere una tragedia. La
morte di un milione è una statistica».
Non può essere per puro caso se questa svalutazione coincide con l’impressionante
spiegamento di forze delle scienze biologiche [...].
La ricerca nella gerontologia oggi promette di realizzare il desiderio più antico dell’umanità:
il prolungamento della nostra speranza di vita. Se possiamo considerare affidabili le
proiezioni attuali, l’età media in cui si muore nel mondo occidentale sarà di centoventi
anni. Gli interventi terapeutici per garantire facoltà mentali e salute sono più o meno a
punto, l’aspettativa di vita nelle società più o meno privilegiate si allunga in modo
eclatante. La mitologia ci mette in guardia: la longevità è una benedizione ambigua, Titone
finisce per supplicare la morte. È tuttavia improbabile che ironia e buon senso possano
fermare questa ricerca di un prolungamento della vita, di importanza così iconica nei
laboratori californiani.
Abbiamo dunque qui una «spaventevole simmetria»: nel momento in cui l’ingegneria
geriatrica promette una vita più lunga, le arti della biogenetica sono in procinto di creare la
vita stessa. Scienziati molto seri prevedono che entro il prossimo decennio si arriverà alla
creazione della vita, ovvero di molecole prodotte in vitro capaci di autoreplicarsi.
L’homunculus dell’alchimia faustiana, il Golem, aspettano di nascere. Le modalità della
riproduzione umana o animale finiranno per essere viste come un lusso, uno spreco
pericoloso. Laddove esiste l’inseminazione artificiale, esiste anche la contraccezione. La
dialettica non fa una piega. Ma perché dannarsi con questi esercizi intrinsecamente
pasticciati, quando la vita stessa può essere iniziata e ri-combinata in provetta?
Questi sviluppi multiformi e interconnessi non sono fantascienza. Sono dati di fatto o
comunque ragionevolmente prevedibili che legittimano l’«io sono un altro» di Rimbaud
così come la scoperta di Foucault che «l’uomo non è più». Iniziano a condizionare, e
finiranno per trasformare radicalmente, fattori essenziali della nostra vita privata e sociale,
la nostra politica, i sistemi giuridici, la psicologia e la pratica medica. La storia come la
conosciamo assumerà configurazioni nuove e inquietanti.
È quasi scandaloso che i nostri piani di studi scolastici e i princìpi assodati
dell’alfabetizzazione di base non riescano a tenere il passo: senza serie conoscenze di
base in materia di genetica e di biologia, l’uomo della strada, il normale cittadino, e
soprattutto il politico o il magistrato, non avranno gli strumenti per affrontare con
cognizione di causa temi e conflitti che saranno, letteralmente, di vitale importanza.
L’ignoranza e la confusione che contraddistinguono l’attuale dibattito sull’eutanasia e
sull’inseminazione artificiale illustrano bene questo punto. Per allocare in modo adeguato
le sempre più scarse risorse economiche, per garantire una privacy già soggetta a una
tecnocrazia la cui invadenza è senza precedenti, per dare stabilità alla convivenza tra
genitori e figli, occorrerà un accesso sempre più generalizzato all’informazione scientifica.
Le consunte categorie dell’etica e dell’ideologia politica sono ormai obsolete. [... ] I due
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filosofi più importanti del XX secolo hanno espresso concezioni antitetiche della morte.
Wittgenstein sostiene che non si può fare esperienza della morte. La morte è fuori dalla
vita, e niente di significativo si può dire al riguardo. Per Heidegger la morte definisce,
concentra, contiene la condizione umana.
Dasein, «essere nel mondo», è anche e forse soprattutto un «essere nella morte». In
senso radicale, il morire è l’attestazione della fatticità esistenziale della nostra vita. Da qui
l’imperativo di «morire la propria morte».
Questo monito è diventato una sfida pressante. Da una parte ci sono gli anonimati, i
processi in scala industriale della morte a cui ho accennato. Il nulla moltiplicato per milioni
di volte dell’annientamento mediante guerre e devastazioni. Dall’altra parte l’abbellimento
cosmetico e le circonlocuzioni sulla morte eseguite nei laboratori estetici delle pompe
funebri e nei giardini delle rose del prospero Occidente.
La morte deve diventare asettica. I bambini vengono allontanati dagli anziani in procinto di
morire. Un manuale americano di pedagogia, molto influente, sostiene che buttare un
pesce rosso nello scarico serve a spiegare e disarmare la realtà della morte. Disponiamo
di ogni possibile risorsa narcotica e analgesica per mascherare il nostro passaggio
(naturalmente, questa è una benedizione per coloro che lo desiderano).
Quel che diventa sempre più difficile da ottenere è il diritto di morire la morte che si
sceglie. L’eutanasia è solo l’aspetto esteriore di questo dilemma. La sottintesa
affermazione di libertà, la battaglia ontologica per una morte dignitosa, in linea con le
proprie personali e più intime convinzioni, consona al proprio stile di vita e all’essenza del
proprio essere, è molto più profonda. Ed è appunto quest’affermazione a essere negata da
una società terapeutica di realtà virtuali, da quella che è stata chiamata «la società dello
spettacolo».
Strettamente collegata all’eclissi della privacy, all’omologazione, all’esibizionismo e alla
pubblicità mediatica del sesso nel contesto moderno, tale negazione è parte integrante
dell’erosione del silenzio. Tutte queste perdite sono concomitanti. Quello che dovrebbe
essere il momento supremo di autoraccoglimento, quando persino le persone più amate
diventano (cortesemente) irrilevanti, è reso volgare e banalizzato in modo anodino. C’è un
paradosso della solitudine nel vero amore. C’è solitudine nella consumazione erotica e
nella magia dell’amicizia. È un paradosso di solitudine condivisa ma anche protetta. A
maggior ragione questo paradosso dovrebbe definire la morte. Ma non è affatto certo che
questo assioma di libertà, di dignitas fondamentale, possa essere recuperato. Gli
slittamenti tettonici in campo sociologico e scientifico che ho descritto remano contro
questo recupero. Già molti di noi trovano più facile, più socievole e più illuminato in senso
liberale essere meno di noi stessi. Per di più non si può certo auspicare quel livello di
apocalisse politica, di arroccamento materiale che potrebbe ripristinare i privilegi
trascendenti della morte classica. E tuttavia si tratta di una perdita di importanza
fondamentale. Superiore persino a quel «morire della luce».
2638 - QUANDO LA BIOETICA DIVENTA UN BOOMERANG - DI PAOLO IZZO
da: www.cronachelaiche.it di giovedì 17 gennaio 2013
Un anno fa la stampa liquidò in fretta un articolo del Journal of Medical Ethics intitolato
"Aborto post-nascita: perché il bambino dovrebbe vivere?", a firma di due bioeticisti italiani
che lavorano in Australia, secondo i quali, visto che l'aborto è consentito, dovrebbe essere
eticamente possibile anche sopprimere un neonato. Ecco che invece i due studiosi
ritornano: in questi giorni, infatti, sono in tournée per le università italiane (Milano, Torino,
Forlì, Roma, Napoli), addirittura sponsorizzati dalla Consulta di Bioetica (sic!), per
riproporre la loro agghiacciante tesi: cioè, mettere sullo stesso piano feto e neonato,
aborto e infanticidio.
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Non è strano che, oggi come allora, gli unici a occuparsi della vicenda siano i "vescovi" di
Avvenire. Perché, a guardare bene, quella tesi è assolutamente speculare e complice del
pensiero di chi vede embrioni, zigoti, feti come esseri umani a tutti gli effetti. E quindi
"crede" e sostiene che l'aborto è un omicidio e le donne che vi ricorrono delle assassine.
I due poli apparentemente opposti di Ragione e Fede, vanno in realtà a braccetto, quando
si tratta di negare la trasformazione totale che avviene alla nascita. Tra i pochissimi a
scontrarsi da sempre con questo duopolio razional-religioso sull'essere umano resta lo
psichiatra Massimo Fagioli, che la trasformazione della nascita l'ha teorizzata e che, già un
anno fa, ebbe a dire sulla vicenda: «La negazione della nascita umana è un pensiero
criminale».
2639 - SI PUÒ DISTINGUERE TRA «I VALORI NON NEGOZIABILI» - DI PAOLO SORBI
da: l’Unità di lunedì 21 gennaio 2013
La proposta di Pierluigi Battista di ragionare «pragmaticamente» attorno alla complessa
tematica dei valori non negoziabili (Corriere della sera, di venerdì 18) mi sembra utile.
Come uscire dalla stretta delle cosiddette «guerre culturali»? Innanzitutto Battista ben sa
che noi, abitanti delle tardo-democrazie occidentali, siamo intrisi di pluralismi culturali in
tutti gli stili di vita e nelle stesse procedure a tutti i livelli istituzionali. Viviamo quasi come
naturali i gravi conflitti etici che scaturiscono proprio dalle complesse mutazioni della
morfologia democratica e che connotano come irreversibili certe «differenze» nelle opzioni
di vita. Abbiamo scritto insieme, con Pietro Barcellona, Mario Tronti e Giuseppe Vacca
che, all’alba di questo nuovo secolo, crisi antropologica e crisi democratica sono legate
indissolubilmente (Emergenza antropologica, Guerini editore, 2012).
Al tempo stesso in Italia, ma direi anche in molti altri Paesi europei cito ad esempio solo la
più recente manifestazione di massa con circa ottocentomila persone a Parigi domenica
13 gennaio, in difesa del matrimonio eterosessuale giungendo rapidamente ad una frattura
socio-culturale molto grave e foriera di pericoli per le stesse dinamiche di regolazione del
bene comune nella democrazia. È necessario trovare metodi e contenuti per,
gradualmente, elaborare un «umanesimo condiviso» tra credenti e non credenti.
Nella storia della sinistra europea del Novecento questa «spaccatura verticale» non le
altre fratture economiche e sociali che definisco come «orizzontali» fu la sorgente di
gravissime incomprensioni e lotte furibonde senza sbocco che portarono macerie spirituali
dentro la comune storia sociale e politica europea. Pierluigi Battista sa bene di questi
passati nefasti e propone di non ricaderci. Ora, però, c’è subito un elemento dirimente. I
valori sono tutti «non negoziabili». Non possiamo ipotizzare un mercato dei valori quando
si deve decidere sull’embrione o sulle unioni civili anche perché emergono, da subito,
questioni collegate «a catena» come quelle delicatissime delle adozioni da procreazioni
artificiali e così via.
È corretto, però, ipotizzare un metodo che possa «disaggregare» il complesso di tutele
delle questioni eticamente sensibili secondo priorità condivise di necessità e urgenza. Cioè
distinguere, ma non separare tra di loro, i valori non negoziabili, così come in questi anni
opportunamente ha compiuto il comitato nazionale di bioetica. Certo, i percorsi saranno
«scoscesi», a volte si dovrà applicare la virtù (altri direbbero «il metodo») della rinuncia
anche su temi che ci premono. Negoziare, trovare ragionevoli compromessi è però questo.
Saper indicare quel «punto di equilibrio instabile» che permetta a tutte le componenti
culturali e politiche di «disaggregare», favorendo idee e percorsi che promuovano una
comune antropologia superiore al livello minimale della libertà di coscienza individuale. È
un minimo condiviso, oramai da molti decenni, tra tutte le forze democratiche radicate in
Europa, ma che negli ultimi decenni, sotto la spinta delle potenze della scienza e della
tecnica, si dimostra insufficiente. In specie nei programmi politici dei partiti, evidenti
maggiormente nelle campagne elettorali non solo nel nostro Paese.
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Siamo ad un bivio, come su altre questioni economiche e sociali: le tardo-democrazie
europee non possono permanentemente essere squassate da scontri socio-culturali diffusi
che ci frammentano ancor di più ideologicamente. L’equilibrio democratico mostra crepe,
prodotte da irrazionalismi, anche di segno laicistico, sempre più foriere di spinte
antipolitiche ed autoritarie.
Serve discernimento da parte di tutti i soggetti responsabili della traduzione dei rispettivi
valori di riferimento in regole giuridiche che evitino i rischi del bipolarismo etico.
2640 - MANIFESTO PER UNA LAICITA’ FORTE CAPACE DI RIGENERARE IL PAESE
da:iniziativa laica.it – domenica 27 gennaio 2013
Nel riportare qui sotto il "manifesto per la laicità" diffuso da Iniziativa Laica e sottoscritto da
LiberaUscita, invitiamo i ns. soci a fare altrettanto, collegandosi con il sito
www.iniziativalaica.it.
Fra i primi firmatari del manifesto citiamo: Mario Riccio e Stefano Rodotà, soci onorari di
LiberaUscita. Fra i commenti ricordiamo:
“La laicità dello Stato è il presupposto imprescindibile su cui costruire la nostra vita
pubblica”.- di Maria Laura Cattinari, Presidente di LiberaUscita;
“LiberaUscita aderisce a questa ennesima iniziativa per la laicità della politica. Siamo
peraltro convinti che soltanto un grande movimento (non un partito) nazionale, guidato da
personalità laiche conosciute e stimate in Italia e all'estero, possa riuscire a "bucare"
l'informazione ed influire sulle scelte degli elettori e dei parlamentari, controbilanciando
così, in un paese cattolico ove si vincono le elezioni con 25.000 voti di scarto, il peso, i
mezzi, la diffusione e l'immagine con cui lo Stato del Vaticano e le sue 27.000 parrocchie
influenzano a loro vantaggio la pubblica opinione. Serve un nuovo e vero Comitato Laico
Nazionale (CLN)”.- di Giampietro Sestini, Segretario di LiberaUscita.
Le ‘Giornate della laicità’ di Reggio Emilia si muovono verso la quarta edizione e hanno
consentito a migliaia di cittadini italiani di ascoltare i più noti intellettuali laici del nostro
Paese discutere e riflettere sui più importanti aspetti del modo laico di vivere. Nei numerosi
incontri organizzati a Reggio Emilia e in altre città d’Italia sono stati esaminati
separatamente il laicismo come storia delle idee e come storia delle istituzioni, la cultura
laica e lo stato laico. Della prima è stata sottolineata soprattutto la volontà di concedere a
tutti libertà di coscienza e la capacità di distaccare progressivamente il pensiero politico e i
costumi dalle preoccupazioni e dalle richieste della religione. Ciò ha consentito alla
ragione di prevalere sul mistero e il mito nella spiegazione del mondo, attraverso un
continuo processo di secolarizzazione. Ha consentito anche agli individui di verificare
criticamente i propri valori e confrontarli con altri, acquistando maggiore libertà e capacità
decisionale sul tipo di vita che vogliono vivere e sulle relazioni che sono per loro
significative.
Lo Stato laico è per i laici il governo politico e amministrativo della cosa pubblica che esige
l’autonomia delle Istituzioni e della società civile dalle ingerenze di qualsivoglia
organizzazione confessionale e dalle direttive di tutti i poteri che si sono costituiti senza
fare ricorso alle regole imposte dalla democrazia, garantendo a tutti libertà di religione e di
culto senza mai istituire, nei confronti delle religioni, sistemi di privilegio o addirittura di
controllo delle istituzioni.
Ci sembra oggi arrivato il momento di elaborare, tutti insieme, un Manifesto politico che
indichi la laicità come valore forte e indispensabile e la proponga come falsariga sulla
quale scrivere tutte le proposte di rinnovamento del nostro Paese.
L’analisi filosofica e politica della gravissima crisi economica – forse la più grave dal
dopoguerra – che l’Italia sta attraversando non è stata ancora compiuta.
Ci sembra comunque evidente che la soluzione delle difficoltà socio-economiche non stia
nell’appello alla trascendenza. Quest’aspetto si manifesta anche nella crescente
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insoddisfazione per la delega che lo Stato e la politica italiane hanno esplicitamente e
talvolta anche implicitamente dato alla Chiesa Cattolica come unica, o suprema, autorità
nel campo delle norme che hanno a che fare con la vita e la morte, la famiglia, la
sessualità e la riproduzione, oltre a riconoscerle privilegi sul piano dell’educazione delle
giovani generazioni.
Non è stato solo il crescente processo di secolarizzazione e la presa di parola di soggetti
prima tacitati a produrre questa insoddisfazione per la scarsa laicità dello stato. Ne è
responsabile anche lo scarto crescente cui si è assistito in questi anni tra la pretesa di
essere riconosciuta come autorità morale suprema da parte della Chiesa Cattolica per
tramite della gerarchia ecclesiastica, e i comportamenti della Chiesa stessa, a livello di
singoli individui, ma anche della gerarchia.
Accanto agli scandali proprio sul terreno su cui il magistero della Chiesa è più pervasivo e
puntuto – la sessualità, l’educazione dei bambini – l’appoggio dato dalla gerarchia cattolica
negli ultimi decenni ai politici e governi più praticanti della doppia morale e meno attenti
alle ragioni dei più deboli ha reso evidente che la mancanza di laicità dello stato italiano è
l’esito di uno scambio esplicito tra sostegno (della chiesa ai governi e partiti amici) e favori
(fatti dallo stato alla Chiesa).
Questi favori si realizzano sia nella forma di norme di legge che sacrificano la libertà dei
cittadini in nome dell’aderenza ai “principi non negoziabili” definiti dalla Chiesa, sia in
privilegi economici a carico del bilancio pubblico e a svantaggio di altri interessi e del
principio di uguaglianza. In questa prospettiva governi di centro destra hanno approvato
una serie di leggi che hanno in parte privilegiato la Chiesa cattolica sul piano
dell’economia e in parte hanno trasformato in norma giuridica i suoi principi morali, come
ad esempio è avvenuto con l’approvazione della legge 40. Nicola Abbagnano considerava
disonesto uno stato che si adattasse a trasformare in leggi le ideologie religiose.
L’Italia è così diventata un Paese contraddistinto da una doppia morale, dove ai potenti si
concede e si condona ciò che è condannato nei privati cittadini, dove il cinismo sembra
diventata la cifra prevalente nei rapporti tra e con le istituzioni, si è persa ogni fiducia nella
classe dirigente e vengono negati molti dei diritti fondamentali : un Paese che sembra
rassegnato a vivere in una dilagante corruzione e sembra interessato solo alla
sopravvivenza.
Di fronte a questa situazione – che tutti riteniamo insostenibile, e alcuni temono essere
irreversibile – noi laici riteniamo inviare da Reggio Emilia un messaggio ai cittadini italiani:
noi riteniamo che debba essere la laicità il vero collante della vita sociale del Paese e
siamo persuasi che sia ad essa che ci dobbiamo rivolgere per trovare l’ispirazione a
creare nuovi atteggiamenti e nuovi stili di vita capaci di infondere un impulso rigeneratore
alla vita civile italiana.
Siamo convinti che non competa alla metafisica dare risposte politiche, concrete e utili, e
che difficilmente la religione possa aiutarci a risolvere i molti problemi che il mondo
moderno ci costringe ad affrontare. I valori morali nei quali dovremmo credere e sui quali
dovremmo contare sono il risultato di una lenta elaborazione sociale e non sono stati
stabiliti da un ente superiore né da un ordine naturale iscritto nella realtà.
Proprio per questo i valori debbono potere essere modificati, per adattarsi alle nuove e
mutevoli esigenze storiche così come si modificano le lingue per consentire una
comunicazione efficace.
La battaglia che sosteniamo a favore del diritto di avere diritti è guidata dalla nostra
razionalità, quella stessa che ci consente di affermare che non esistono verità assolute. La
società di oggi è caratterizzata da un rapido, inarrestabile cambiamento che non può
essere in alcun modo controllato da un canone etico a vocazione universale basato sui
dogmi e sulle certezze aprioristiche. La laicità, del resto, indica una disponibilità a rivedere
le opinioni ricevute dalla tradizione attraverso un processo critico e di confronto. Per
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questo è certezza di tolleranza e di rispetto delle libertà e delle opinioni altrui, favorisce
l’accoglimento delle diverse prospettive, simpatizza con chi si trova in difficoltà, propugna
l’uguaglianza sociale.
Tenendo conto di queste premesse, invitiamo i cittadini a discutere con noi le seguenti
tesi:
• Occorre riesaminare criticamente la pretesa della Chiesa cattolica di dichiararsi unica
rappresentante di una morale valida per tutta la società italiana (e di volerla imporre a tutto
il Paese) su temi come il divorzio, l’aborto, la ricerca scientifica e i suoi limiti, la
contraccezione, l’educazione sessuale, l’autonomia delle persone, i problemi posti dalla
fine dell’esistenza e dalle direttive anticipate relative al trattamento, della famiglia, delle
cellule staminali, della donazione di gameti, delle indagini genetiche pre-impianto .
Soprattutto occorre che il Parlamento e il governo non accettino questa pretesa.
• Chiediamo che vengano aboliti i privilegi goduti dalla Chiesa Cattolica (finanziamenti
agevolati, esenzioni in materia di tassazione, finanziamenti delle scuole cattoliche,
insegnamento religioso-cattolico nelle scuole in orario scolastico con insegnanti pagati
dallo Stato ma scelti dai vescovi).
• Chiediamo in particolare che venga rivisto il meccanismo dell’8 per mille, che consente
che l’introito vada per larghissima parte alla Chiesa Cattolica anche se a indicarla come
destinataria è solo una piccola minoranza dei contribuenti.
• Chiediamo inoltre che venga sottoposto a revisione e rinegoziazione l’intero Concordato,
per eliminare privilegi impropri e disuguaglianze di trattamento tra le varie confessioni
religiose.
• Chiediamo a tutte le forze politiche di informare i loro programmi ai principi della laicità e
di dichiarare la loro posizione nei confronti delle libertà civili, delle quali noi laici siamo
strenui sostenitori.
2641 - CURE PALLIATIVE: ULTIMI AGGIORNAMENTI - DI GRAZIELLA STURARO
Secondo il comunicato della Società Italiana di Cure Palliative (SICP) del 28/12/2012, il
Consiglio Superiore di Sanità (CSS), nella seduta dell’11 dicembre 2012, avrebbe
espresso parere favorevole riguardo all’istituzione della disciplina “cure palliative” ai fini
della regolamentazione concorsuale per l’accesso dei medici alle strutture facenti parte
della relativa Rete. Ciò significa il pieno riconoscimento della “specificità dei saperi” e delle
abilità dei palliativisti con il loro patrimonio di conoscenza scientifica dovuto all’esperienza
e alla formazione specialistica.
Dopo l’Intesa Stato-Regioni del 25 luglio 2012 che considerava l’istituzione della “disciplina
cure palliative” ai fini della regolamentazione concorsuale per il personale medico dirigente
del Servizio sanitario nazionale, è stato predisposto un nuovo schema di accordo che
consentirà l’emanazione del decreto del Ministero della Salute di individuazione tra le
discipline nell’ambito dell’area della medicina diagnostica e dei servizi, della nuova
specializzazione, con la modifica della tabella relativa alla categoria professionale dei
medici. Questo costituisce un ulteriore passo in avanti nello sviluppo e nell’applicazione
della Legge n. 38/10 in quanto sancisce, in modo ufficiale, la nascita dei coordinamenti per
le suddette cure.
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Citando la Legge del 15 marzo 2010 concernente le “Disposizioni per garantire l’accesso
alle cure palliative e alla terapia del dolore”, si sostiene l’esistenza di una normativa
fortemente innovativa al fine di rispettare la dignità e l’autonomia dell’individuo senza
alcuna discriminazione ed in particolare nelle malattie in fase terminale cercando di
semplificare l’accesso ai medicinali impiegati per questa tipologia di cura e prevedendo la
formazione necessaria per il personale medico e sanitario che sceglie di operare in tale
ambito. Secondo la Commissione Ministeriale, quest’ultima seduta, rappresenta la
concretizzazione di un sistema notevolmente avanzato per diverse ragioni.
Prima di tutto sancisce il dovere etico del medico di offrire al paziente il diritto di accedere
a tali cure in quanto la sofferenza fisica non è più considerata un semplice sintomo ma una
dimensione che va affrontata seriamente diventando un obbligo di intervento per il sistema
sanitario.
Inoltre, a detta sempre della Commissione, si tratta del primo esempio a livello europeo di
normativa che obbliga un sistema pubblico a garantire tali terapie in tutti gli ambiti
assistenziali, in ogni fase della vita, per qualsiasi patologia o andamento cronico ed
evolutivo per la quale non esistono altre terapie alternative o, qualora esistano, siano
inadeguate o risultino inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o di un
prolungamento significativo della vita.
Tutto ciò ha ricevuto il consenso dell’intero mondo scientifico, professionale e non, in
quanto pone attenzione, tra l’altro, anche alla specificità pediatrica e semplifica le
procedure di accesso ai medicinali utilizzati.
Infine, indica i percorsi formativi di qualificazione e di aggiornamento delle figure
professionali e i percorsi formativi per volontari, istituendo presso il Ministero della Salute
una Commissione nazionale di attuazione della legge al fine di monitorare i dati relativi
alla prescrizione e l’utilizzazione dei relativi farmaci, alle prestazioni erogate, alle attività di
tirocinio e di ricerca, alle campagne di informazione e agli aspetti economici tutt’altro che
irrilevanti.
In effetti, nel corso degli ultimi mesi, grazie al forte impulso impresso dal Ministro alla
Salute Renato Balduzzi, sono stati attuati interventi molto significativi, previsti dalla legge,
come l’istituzione di cinque master universitari di formazione e qualificazione in questa
specializzazione, l’avvio di uno sviluppo di reti sul territorio nazionale in modo omogeneo
prevedendo un accordo con le Regioni relativo alla creazione di strutture organizzative e di
coordinamento, l’operatività di équipes multi professionali, l’unitarietà dei percorsi di cure
domiciliari e la continuità delle cure tra ospedale, domicilio e hospice.
Altre due notizie pervenute e molto incoraggianti sono da considerarsi quelle relative al
consenso dell’utilizzo dei cosiddetti farmaci “cannabinoidi” per finalità terapeutiche anche
in Friuli Venezia Giulia e nelle Marche dove la scelta è affidata ai medici di base qualora
ritengano che non vi siano cure alternative e prevedendone la distribuzione a livello
ospedaliero.
Ormai si può affermare che anche l’utilizzo della “cannabis medica” si sta estendendo
progressivamente sul territorio nazionale sebbene con una certa lentezza in quanto alcune
regioni stanno facendo ancora forte resistenza nei confronti di tale iniziativa a causa delle
pressioni politiche e di interessi economici molto elevati.
In realtà, come molti sanno, si tratta di una sostanza che può essere utilizzata non solo nei
programmi di recupero dalla tossicodipendenza ma anche nella soppressione della
suscettibilità alla dipendenza e al condizionamento da oppiacei oltre che come antinausea
nei trattamenti chemioterapici.
E non solo. Secondo una notizia di alcuni giorni fa apparsa su “Aduc Salute”, alcuni esperti
universitari di Tel Aviv stanno per iniziare nuovi studi sull’uso di questa sostanza che
potrebbe aiutare contro l’insonnia e la disfagia nei pazienti cronici, dai malati di cancro a
quelli affetti da Sla.
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Per quanto riguarda la regione Piemonte, la situazione non si presenta completamente
catastrofica anche se, in base a dati recenti, ogni anno muoiono più di 10.000 malati di
cancro e molte altre migliaia di persone per malattie croniche e degenerative ad
evoluzione fatale. Ma un dato è certo. Ultimamente, la maggior parte dei pazienti, durante
la fase terminale, preferiscono scegliere le cure domiciliari supportate da personale
sanitario e non.
Le strutture pubbliche piemontesi che offrono questo tipo di servizio nel complesso sono
12 ASL e 6 Aziende ospedaliere. Inoltre si contano 11 hospice, circa 23 Associazioni di
volontariato che si occupano di assistenza domiciliare e psicologica e 4 Centri di studio e
documentazione. In particolare va segnalato il C.O.E.S. (Centro Oncologico Ematologico
Subalpino) presso l’Ospedale Molinette di Torino considerato un po’ all’avanguardia in
quanto, per chi si rivolge a tale struttura, è prevista in concomitanza con le cure contro il
dolore una serie di attività di tipo culturale, creativo e socializzante per le persone
sottoposte a tali terapie, oltre che un indispensabile supporto psicologico, in modo da
migliorare la qualità della vita in tutti i suoi aspetti ed utilizzare delle modalità di intervento
non solo di tipo farmacologico in quanto si tratta di interventi molto complessi e delicati in
grado di modificare la psiche della persona malata sino al raggiungimento di un certo
piano sedativo.
Di conseguenza le valenze etiche sono imprescindibili e si richiede da parte dello staff
sanitario una perfetta conoscenza del setting nel quale ci si trova ad operare ed una
particolare attenzione agli aspetti comunicativi e relazionali con la famiglia ed il paziente.
Per l’individuo si tratta di recuperare non solo il proprio corpo ma anche la mente con la
consapevolezza che in fase di sedazione terminale anche la nostra parte più immateriale
dovrà cedere il passo alla morte prima di quella fisica.
In uno dei miei recenti colloqui con un medico psicoterapeuta torinese, a proposito di tale
questione, sono emersi alcuni aspetti che non lascerei esclusivamente agli “addetti ai
lavori”.
Prima di tutto vanno distinte le diverse patologie prese in considerazione poiché vi sono
numerosi casi di malati in fase terminale che non perdono le qualità cerebrali per cui
agendo con sedativi si va a modificare uno stato di coscienza e di consapevolezza che
non sempre presenta delle alterazioni o, diversamente, si va ad intervenire su persone le
quali si sono già costruite mentalmente una personale realtà per cui, nonostante la forte
sofferenza fisica, sono convinte di non essere ammalate come segnale psicologico di
rifiuto ad una determinata situazione.
Purtroppo il medico, anche quello più illuminato, si trova a dover assumere un
atteggiamento da cosiddetta “medicina difensiva” ossia fare tutto ciò che dalla nostra
legislazione è richiesto anche se contrario al Codice deontologico professionale.
Proprio per questi motivi occorre ribadire che per raggiungere determinati obiettivi anche
in quest’ambito è assolutamente indispensabile che in un paese vengano stanziati i fondi
per la ricerca scientifica e l’assistenza sanitaria a tutti i livelli e che in un’eventuale legge
sulla dichiarazione anticipata di trattamento la volontà del paziente sia vincolante per il
medico in modo che venga finalmente riconosciuto il diritto all’autodeterminazione
dell’individuo sulla base di un rapporto di reciproca collaborazione.
Per concludere, è necessario uno Stato realmente laico e moderno nel quale le istituzioni
non debbano dipendere da una semplice manciata di voti e tanto meno la scelta dei
farmaci da utilizzare in particolari terapie.
2642 - UNA BUONA MORTE E’ VITA - DI ALEXIS MYRIEL
Che dono meraviglioso è la vita, un'opportunità che non ha eguali e che sposa
meravigliosamente corpo e anima. Ma arriva il momento in cui il corpo invecchia o si
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ammala e per alcuni questo è intollerabile. Io sono per garantire a queste persone una via
d'uscita dignitosa e consapevole, se mai volessero sceglierla.
Che dono meraviglioso è la vita, un lungo istante, intenso e perfetto a prescindere, che ci
regala l'opportunità di sentire, gioire, comprendere, domandare, respirare con i polmoni e
con l'anima attraverso questo nostro corpo imperfetto. Poi si muore, ciascuno di noi muore
prima o poi, proprio perché questo misterioso contenitore che è il corpo invecchia o si
ammala e quindi arriva il momento in cui dobbiamo abbandonarlo.
C'è chi crede che la vita non finisca solo perché si abbandona il corpo e c'è chi crede che
si viva una buona vita quando si riesce ad abbandonare un corpo macilento di cui non si
riesce più a sopportare il peso.
Vi consiglio di guardarvi il video (link: http://www.aamterranuova.it/Blog/Ex-Aequo/Unabuona-morte-e-vita), un viaggio attraverso percorsi dell'anima che ci portano a fare scelte
che decidono del nostro corpo quando questo è ormai un malato incurabile.
Non tutti la pensiamo allo stesso modo, ciascuno di noi, se si dovesse trovare di fronte ad
una malattia terminale, probabilmente compirebbe scelte diversissime: guardare in faccia
la morte fa pensare e agire ognuno di noi in modo diverso.
Io credo che la cosa più importante sia garantire a tutti il diritto di scegliere, con pari
dignità, qualsiasi strada si voglia intraprendere nel pieno rispetto degli altri.
2643 -LA CASSAZIONE E L’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO- DI PAOLA FERRARI
da: Sole24ore - Sanità di martedì 15 gennaio 2013
Una persona di fiducia può essere chiesta solo dal momento in cui si manifesti la
condizione d'infermità o incapacità della persona e non ora per allora, anche se il fine è
quello di garantire in caso di incapacità il rispetto delle proprie volontà rispetto alle cure:
questa è la posizione della prima sezione civile della Cassazione nella sentenza n.
23707/2012, depositata il 20 dicembre, che conferma una decisione della Corte d'appello
di Trento.
La Cassazione ha affermato che le direttive anticipate di trattamento contenute nella
scrittura privata autenticata dal notaio, sottoscritta dalla ricorrente, sono legittime per
quanto riguarda la designazione delle persone indicate, all'atto però della futura apertura
della procedura, che potrà essere richiesta esclusivamente quando si verifichi la
condizione di cui all'art. 404 CC, e cioè quando il beneficiario sia colpito da uno stato di
infermità ovvero una menomazione fisica o psichica unitamente all'impossibilità, anche
parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, nonché del successivo art. 407
CC, comma 1, secondo cui «il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno
deve indicare le ragioni per cui si richiede la nomina» e comma 2, che stabilisce che «il
giudice tutelare deve sentire personalmente la persona cui il procedimento si riferisce e
deve tener conto, compatibilmente con gli interessi e le esigenze di protezione della
persona, dei bisogni e delle richieste di questa».
L'amministratore, una volta nominato, sarà vincolato alle decisioni del soggetto tutelato e
nell'attuare le «aspirazioni» presterà il consenso o il dissenso informato agli atti di cura;
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orienterà l'intervento del sanitario; ne imporrà la delibazione nei termini suggeriti dal
giudice tutelare.
Di senso opposto alcune pronunce di merito.
La decisione del Tribunale di Firenze, in data 22 dicembre 2010, sostiene che sia lo stesso
art. 404 CC ad autorizzare la possibilità di nomina anticipata nel punto in cui dice: «La
persona che... si trova nell'impossibilità... di provvedere ai propri interessi, può essere
assistita da un amministratore di sostegno», suggerendo che il legislatore abbia
individuato l'attualità dello stato di incapacità del beneficiario come presupposto per la
produzione degli effetti dello strumento protettivo ma non anche come requisito per la sua
istituzione e nomina.
In un altro caso, il Tribunale di Modena, nel decreto 5 novembre 2008, rileva che la mera
esistenza di una volontà espressa rischierebbe di restare inattuata anche in ragione dei
tempi per la messa in opera dell'amministratore, per la necessità di procedere con
assoluta urgenza in presenza di una situazione di pericolo, tanto che assumere nella
fattispecie l'essenzialità del requisito dell'attualità produrrebbe l'illogico cortocircuito di
un'interpretazione abrogativa nella gran parte delle situazioni reali.
2644 - VELLETRI: PRIMO SPORTELLO PER AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO
In data 18 gennaio è stato attivato dalla USL Roma H, con l’autorizzazione del presidente
del Tribunale di Velletri dott. Francesco Monastero, lo sportello di consulenza,
orientamento ed ascolto sull’amministrazione di sostegno.
Lo sportello, il primo segnalato in Italia ed in via sperimentale, è rivolto alla cittadinanza,
agli operatori sociali e sanitari, al terzo settore ed agli amministratori di sostegno già
nominati. Trattasi di una iniziativa attivata dal tavolo interistituzionale previsto dal
protocollo d’intesa tra le varie istituzioni, sanitarie e civiche.
Lo sportello è gestito dalle assistenti sociali, è aperto il venerdì dalle ore 9.30 alle ore
13.00 ed opera presso la Cancelleria volontaria del Tribunale di Velletri – 2° piano –
stanza 205 – Tel. 06/961500240-299.
2645 - BELGIO - SUICIDIO ASSISTITO DI DUE GEMELLI - DI BRUNO BATTERFIELD
da: Daily Thelegraph del 14 gennaio 2013 – traduzione per L.U. di Alberto Bonfiglioli.
In Belgio due gemelli identici sono stati assistiti dai medici per la loro morte, un caso unico
sinora per le leggi sull’eutanasia di questo paese. I due fratelli di 45 anni residenti nella
regione di Anversa erano completamente sordi dalla nascita e hanno chiesto di morire
dopo aver appreso che presto sarebbero diventati cechi. Entrambi hanno dichiarato ai
medici che per loro era insostenibile non poter vedere mai più. I gemelli, che sono apparsi
nella televisione belga, hanno passato tutta la loro vita insieme, dividendo un
appartamento e lavorando come calzolai.
Il giornale belga Het Laatste Nieuws informa che il 14 dicembre u.s. i medici
dell’Ospedale Universitario di Bruxelles in Jette (sobborgo della Capitale - ndr) hanno
praticato l’eutanasia ai due uomini mediante una iniezione letale. La legge belga ammette
l’eutanasia nei casi in cui le persone che vogliono finire le loro vita sono capaci di
intendere e di volere e un medico giudica che soffrono di dolori insostenibili.
David Dufour, il medico che ha praticato l’eutanasia ai due gemelli ha dichiarato che
entrambi hanno deciso insieme “in piena coscienza”. "Erano felici della loro decisione ed é
stato un sollievo vedere la fine delle loro sofferenze”. "Hanno preso una tazza di caffè
nella hall, hanno tenuto una conversazione e la separazione dai genitori e da un altro
fratello è stata serena e bella”.”Infine, un piccolo saluto con loro mani e sono andati”.
Il caso é eccezionale perché nessuno dei due gemelli era un malato terminale o soffriva di
un dolore fisico estremo.
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Pochi giorni dopo della loro morte, i socialisti belgi hanno proposto un emendamento alla
legge vigente per permettere l’eutanasia di minorenni e di malati di Alzheimer. Questo
controverso cambiamento permetterebbe ai minorenni e ai malati di demenza di chiedere
l’assistenza medica per morire.
"L’idea é aggiornare la legge per una più attenta considerazione di situazioni drammatiche
e casi estremamente dolorosi”, ha dichiarato il leader socialista Thierry Giet. Se
l’emendamento passasse, da quest’anno la legge permetterebbe di estendere l’eutanasia
a minorenni nei casi in cui questi siano capaci di discernimento, affetti da un male
incurabile o sofferenti senza alcuna possibilità di dare loro sollievo.
Nel 2002, il Belgio é stato il secondo paese al mondo, dopo l’Olanda, a legalizzare
l’eutanasia, ma la legge si applica attualmente solo a persone maggiorenni.
Secondo le ultime cifre ufficiali, nel 2011 si sono registrati 1.133 casi di eutanasia, la
maggior parte concernenti malati terminali di cancro.
2646 - SVIZZERA: REGOLAMENTATO IL TESTAMENTO BIOLOGICO
da ass.ne Luca Coscioni del 10 gennaio 2013
Dal 1 gennaio 2013 è in vigore il nuovo diritto di protezione degli adulti che attraverso la
parziale revisione del Codice civile va a rafforzare il diritto all’autodeterminazione e per la
prima volta stabilisce le condizioni-quadro per dare indicazioni per il fine vita o per le
terapie a cui si desidera sottoporti o non sottoporsi in caso di mancata coscienza.
Le direttive anticipate saranno vincolanti, fatto salvo il diritto all’obiezione di coscienza del
personale medico. Dovranno essere messe per iscritto, firmate e aggiornate ogni due anni
per confermare che il testamento corrisponde ancora alla nostra volontà. È possibile
anche nominare una persona (o più persone) che i medici dovranno coinvolgere nel
processo decisionale al nostro posto.
Il consiglio diffuso sui siti online è questo: «Portate con voi il vostro testamento biologico,
consegnatene un esemplare a una persona di fiducia e informate altre persone del luogo
in cui lo custodite. Consegnatene una copia anche al vostro medico di famiglia».
La legge suo testamento biologico era stata approvata nel maggio 2009, mentre l'Italia era
nel pieno della bufera legata al caso di Eluana Englaro.
La Pro Senectute, la maggiore organizzazione svizzera che si occupa di servizi per gli
anziani, ha già messo a punto un kit per questo, che campeggia nella home page del suo
sito, in vendita a 19 franchi.
Si chiama DOCUPASS ed è un kit che riunisce i documenti previdenziali (direttive
anticipate) nelle quali la/il titolare esprime i suoi desideri, le sue esigenze e attese, le sue
disposizioni in merito a future situazioni di malattia e cure nonché tutto ciò desidera al
momento della sua morte e dopo. Il dossier DOCUPASS comprende un opuscolo
esplicativo, le direttive del paziente, le disposizioni in caso di morte, il mandato
precauzionale, guida alla stesura di un testamento e la tessera previdenziale personale.
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LiberaUscita – associazione nazionale laica e apartitica per il diritto di morire con dignità
Tel: 366.4539907 – Fax: 06.5127174 – email: [email protected] – web: www.liberauscita.it
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