CIRCOLARE N. 3610 Milano, 2 luglio 2003 Alle Case editrici associate Loro sedi Decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 68 di attuazione della Direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione – Commento Con la circolare AIE n. 3385 del 14 settembre 2001 abbiamo commentato la Direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione dei taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione. Questa direttiva è stata ora attuata in Italia con il decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 68, pubblicato nel supplemento ordinario n. 61/L alla Gazzetta Ufficiale n. 87 del 14 aprile 2003 (il cui testo, già diffuso con circolare n. 3588 del 17 aprile 2003, per maggiore comodità alleghiamo alla presente circolare), di cui forniamo una breve esposizione e un primo commento, evidenziando che lo stesso è entrato in vigore lo scorso 29 aprile 2003 ed è quindi già pienamente efficace nel nostro ordinamento. 1. PREMESSA La normativa in commento attua le regole comunitarie in materia di diritto d’autore – modificando sensibilmente la legge 633/41 – volte a disciplinare la così detta “società dell’informazione”, ossia quell’insieme di strutture fisiche e digitali dedicate alla trasmissione a distanza, per via elettronica, di servizi e dati a richiesta individuale dei destinatari. La disciplina giuridica del settore è stata definita, oltre che dalla normativa in commento, dal Decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 di attuazione della Direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno (in vigore dallo scorso 14 maggio 2003). Sede: Via delle Erbe, 2 - 20121 Milano – Tel. 0286463091 - Fax 0289010863 – e-mail:[email protected] Uffici: Via Crescenzio, 19 - 00193 Roma - Tel. 0668806298 - Fax 066872426 – e-mail:[email protected] http://www.aie.it Le questioni della responsabilità dei fornitori di servizi in rete, degli obblighi informativi nei confronti dei destinatari dei servizi (clienti e utenti) e dei messaggi promozionali e pubblicitari, di cui pure l’Editore deve tenere conto per implementare correttamente servizi di commercio elettronico diretto o indiretto, sono quindi affrontati in quest’ultimo atto normativo (che sarà oggetto di esame in una nostra prossima circolare). Per quanto concerne il profilo metodologico adottato, si evidenzia che nel testo si è fatto riferimento alla nuove norme della L. 633/41, così che, se non diversamente specificato, gli articoli citati sono da ricondursi a questa fonte (il testo in grassetto evidenzia le modifiche agli articoli della L. 633/41 apportate dal D.Lgs. 68/03). Poiché, inoltre, la novella innova sensibilmente interi istituti del diritto d’autore, pur avendo cercato di ripercorrerne il testo in modo sistematico, si è talvolta preferito accorpare più articoli, pure non sequenziali, qualora siano volti a disciplinare un medesimo istituto giuridico. 2. IL DIRITTO ESCLUSIVO DI RIPRODUZIONE (artt. 13 e 68-bis, legge 633/41) L’art. 13 stabilisce: “Il diritto esclusivo di riprodurre ha per oggetto la moltiplicazione in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto o in parte dell’opera, in qualunque modo o forma, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia, l’incisione, la fotografia, la fonografia, la cinematografia ed ogni altro procedimento di riproduzione”. A seguito di questa modifica diviene incontestabile che il titolare della privativa abbia il pieno ed esclusivo diritto di controllare (impedendole o autorizzandole) anche le riproduzioni meramente effimere, sebbene realizzate in formati diversi da quelli tradizionali. In particolare, nella società dell’informazione, ciò conduce al riconoscimento dell’operatività della privativa per le riproduzioni digitali o elettroniche anche solo temporanee (ad esempio: effettuate mediante il caricamento del file rappresentativo del materiale protetto nella memoria temporanea del computer). Questo principio conosce però una rilevante eccezione: ai sensi del nuovo art. 68-bis non è sottoposta al consenso del titolare del diritto (ed è quindi “libera”) la riproduzione “temporanea priva di rilievo economico proprio” nel caso in cui gli atti di riproduzione siano “transitori o accessori e parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico, eseguiti all’unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario, o un utilizzo legittimo di un’opera o di altri materiali”. L’eccezione, come viene meglio chiarito nei considerando introduttivi della Direttiva 2001/29/CE, è finalizzata a rendere possibili, a prescindere dal consenso del titolare dei diritti, le riproduzioni nei nodi della rete telematica qualora siano finalizzate a consentire il trasferimento del materiale protetto dal server d’origine al computer dell’utente finale (si deve infatti ricordare che il trasferimento in Internet non avviene mai direttamente dal mittente al destinatario, essendo tecnicamente necessaria, data l’architettura della rete, una serie di duplicazioni), così come la fruizione temporanea (visualizzazione o streaming) del materiale da parte dell’utente “legittimo”. Ne consegue per tanto: 1. che in linea di principio anche la mera memorizzazione effimera di materiale protetto (anche in formato solo digitale) è sottoposta al vincolo del consenso del titolare del diritto (ex art. 13); 2. che la riproduzione temporanea “priva di valore economico proprio” (ex art. 68-bis) è libera solo nel caso in cui sia transitoria o accessoria e parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico ed eseguita all’unico scopo di consentire: a. la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario (l’eccezione è collegata alla disciplina della responsabilità degli intermediari, di cui più approfonditamente si dirà nella prossima circolare sull’attuazione del D.Lgs. 70/03); b. ovvero un utilizzo legittimo del materiale protetto (l’eccezione è finalizzata a consentire la fruizione dell’opera in Internet senza la necessità di acquisire, per ciascuna visualizzazione, il previo consenso del titolare del diritto). 3. IL DIRITTO DI COMUNICAZIONE AL PUBBLICO E IL DIRITTO DI MESSA A DISPOSIZIONE DEL PUBBLICO (ON DEMAND) (art. 16, legge 633/41) Art. 16, comma 1 L’art. 16 disciplinava, precedentemente al D.Lgs. 68/03, il così detto “diritto di diffusione”. Nell’attuale formulazione questa privativa cambia la propria connotazione giuridica, sia quanto a denominazione (ora: “diritto di comunicazione al pubblico”), sia e soprattutto quanto al contenuto (che viene ampliato). L’art. 16, comma 1 dispone: “Il diritto esclusivo di comunicazione al pubblico su filo o senza filo dell’opera ha per oggetto l’impiego di uno dei mezzi di diffusione a distanza, quali il telegrafo, il telefono, la radio, la televisione ed altri mezzi analoghi e comprende la comunicazione al pubblico via satellite, la ritrasmissione via cavo, nonché le comunicazioni al pubblico codificate con condizioni particolari di accesso; comprende altresì la messa a disposizione del pubblico dell’opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente”. Perché è stata modificata la terminologia da “diritto di diffusione” a “diritto di comunicazione al pubblico”? La “diffusione” sottende semanticamente (e per prassi interpretativa consolidata) la propagazione da un punto origine a più punti o ad un’area di destinazione. La diffusione avviene in natura per le caratteristiche della materia; nell’attività antropica essa si rende possibile per fatto del mittente. Assumendo quale parametro peculiare del diritto la necessità e sufficienza dell’attività posta in essere dal mittente, è corretto parlare di diffusione nel caso di irraggiamento (per filo o senza filo) di segnali telegrafici, telefonici, radiofonici e televisivi (ossia in relazione ai mezzi di diffusione disciplinati dall’art. 16 prima della recente novella) proprio perché, affinché si verifichi il trasferimento dell’informazione (opera), utilizzando questi strumenti è sempre necessaria e sufficiente l’attività iniziale del mittente. In rete, per altro, il trasferimento del materiale protetto non è posto in essere esclusivamente mediante un atto attribuibile del mittente (che, si badi, si limita a memorizzarlo e renderlo disponibile nel server), bensì solo a seguito della specifica richiesta di accesso (e quindi di trasferimento) effettuata dall’utente. In questo senso, quindi, l’attività del mittente si configura come meramente prodromica (sebbene necessaria) al trasferimento. La “diffusione”, come disciplinata dalla legge prima della novella in commento, era inoltre per lo più connessa all’esistenza di un “pubblico”, ossia di un insieme (anche ristretto a pochi soggetti) di individui che fruiscono contemporaneamente del medesimo contenuto loro comunicato, seppure impropriamente già il testo della norma previgente contemplasse in realtà come mezzi di “diffusione” anche il telegrafo e il telefono, i quali indubbiamente rappresentano, in senso stretto, mezzi di “comunicazione” point-to-point. In ogni caso, è indubbio che l’impatto economico delle forme di sfruttamento impropriamente assunte nella “diffusione” dalla L. 633/41 antecedente alla novella (ossia via telefono e telegrafo) rispetto a quelle rese possibili dalle tecnologie telematiche (in primis Internet) è sostanzialmente diverso: eccettuando alcune ipotesi particolari, lo sfruttamento commerciale delle opere mediante diffusione non è stato posto in essere con il telefono o il telegrafo, laddove Internet costituisce un mezzo ampiamente in uso e ad alto valore economico. Il termine “diffusione” è parso quindi non più idoneo a contemplare le nuove forme di trasferimento a distanza dell’informazione, laddove il concetto di “comunicazione al pubblico” è più ampio e meglio si presta ad assumere nel suo ambito tanto le forme di comunicazione point-to-multipoint (diffusione), quanto quelle point-to-point (comunicazione). In Internet, inoltre, l’esistenza di un numero indeterminato di soggetti che fruiscono contemporaneamente del medesimo contenuto informativo (ossia del “pubblico”, come tradizionalmente inteso) è del tutto eventuale, mentre fisiologicamente è il singolo utente che richiede, dal luogo e nel momento scelti individualmente, che sia posta in essere la comunicazione. Al fine di disciplinare anche la specifica modalità di utilizzazione dell’opera in rete è stato quindi precisato che il concetto di comunicazione “al pubblico” comprende altresì la “messa a disposizione del pubblico dell’opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente” (così detta: comunicazione on demand, ossia su richiesta). Che rapporto esiste tra il diritto di comunicazione al pubblico e il diritto di messa a disposizione del pubblico dell’opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente ? L’attuale formulazione dell’art. 16, soprattutto ove confrontata con il testo delle lingue di lavoro dell’Unione Europea (inglese, francese e tedesco) dell’art. 3 della Direttiva 2001/29/CE, non chiarisce fino in fondo quale sia il rapporto intercorrente tra il “diritto di comunicazione al pubblico” - esercitato con l’impiego di uno dei mezzi di diffusione a distanza (quali il telegrafo, il telefono, la radio, la televisione ed altri mezzi analoghi), la comunicazione al pubblico via satellite, la ritrasmissione via cavo e codificata con condizioni particolari di accesso (disciplinati dalla prima parte dell’art. 16, comma1) - e il diritto di mettere “a disposizione del pubblico dell’opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente” (di cui all’ultima parte dell’art. 16, comma 1). Il dubbio che sorge è se le facoltà esclusive disciplinate dalla prima parte dell’art. 16, comma 1 e quelle di cui all’ultima parte del medesimo comma (introdotte dalla novella) siano da intendersi come autonome o distinte, ovvero se il diritto di messa a disposizione on demand costituisca una specie dell’unico genere “comunicazione al pubblico”. Gli effetti della scelta interpretativa sono chiaramente evidenti, stante il principio di autonomia delle singole privative d’autore e la necessaria interpretazione tassativa delle eccezioni al diritto d’autore (sulle quali si dirà, proprio sotto questo aspetto, anche nel prosieguo). Premesso che per una puntuale risposta è cautelativamente opportuno attendere che trascorra un maggior lasso di tempo e quindi verificare gli orientamenti che si consolideranno, ricordiamo brevemente i fatti a sostegno della tesi dell’autonomia delle due privative e gli elementi che vi contrastano. In primo luogo, analizzando l’origine della norma, si osserva che l’art. 3 della Direttiva 2001/29/CE (in base al quale è stato elaborato il nuovo art. 16), in tutti i testi delle lingue di lavoro (tra i quali, si è ricordato, non è compreso quello in lingua italiana), fa espresso riferimento al “diritto di comunicazione al pubblico e al diritto di messa a disposizione del pubblico dell’opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente”. In queste fonti, quindi, non è utilizzata, come invece accade nella traduzione italiana del paragrafo 1 dell’art. 3 della Direttiva citata, alcuna locuzione equivalente al termine “compreso” (utilizzato in italiano in sostituzione della congiunzione “e”) che letteralmente sottende un rapporto da genere a specie tra diritto di comunicazione al pubblico e diritto di messa a disposizione on demand. Tra l’altro, si badi, la rubrica dell’articolo in questione (art. 3 della Direttiva 2001/29/CE), anche nella sua formulazione in lingua italiana, riporta la congiunzione “e”, creando un’evidente discrasia terminologica interna alla medesima fonte di disciplina. Quanto poi al contenuto dei diritti, si può osservare che la prima parte dell’art. 16 regola la facoltà precedentemente denominata di “diffusione”: dopo le parole “Il diritto esclusivo di comunicazione al pubblico su filo o senza filo dell’opera ha per oggetto” troviamo infatti indicati gli specifici mezzi tecnologici il cui utilizzo sottende l’esercizio del diritto di diffusione a distanza (il telegrafo, il telefono, la radio, la televisione ed altri mezzi analoghi). Le integrazioni a questo articolo succedutesi fino al D.Lgs. 68/03 si sono limitate ad enumerare nuove tecniche di comunicazione: il satellite, il cavo e (con la L. 248/00) i sistemi di comunicazione codificati con condizioni particolari di accesso (decoder). La novella in commento, viceversa, non si limita a disporre in ordine a nuovi mezzi tecnologici che sottendono l’esercizio del diritto di comunicazione, bensì introduce una nuova modalità di esercizio delle privative d’autore riconoscendo espressamente che quest’ultimo ha il diritto di autorizzare o vietare la “messa a disposizione del pubblico dell’opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente”. Mentre la prima parte dell’articolo, quindi, disciplina forme d’uso della creazione mediante le quali il destinatario “fruisce” dell’opera comunicatagli dal mittente, ma non se ne impossessa neppure temporaneamente (con l’eccezione, generalmente poco significativa sotto il profilo economico, del fax e del telegrafo), il diritto di messa a disposizione on demand sottende una forma d’uso nuova e precedentemente non codificata nella quale fisiologicamente e necessariamente il destinatario non è un mero fruitore passivo dell’opera in senso immateriale, ma un soggetto che si attiva per richiedere espressamente che una copia (temporanea o permanente) dell’opera gli sia, appunto, “messa a disposizione”. Stando così le cose, diviene palese che il diritto di messa a disposizione on demand non è intrinsecamente connesso all’uso di mezzi tecnologici nuovi rispetto al telefono, al telegrafo, al satellite o quant’altro, bensì ad una fino a poco tempo fa inedita modalità di sfruttare l’opera attraverso canali comunicativi a distanza che, per il loro funzionamento: - permettono una fruizione dell’opera nel luogo e nel momento stabiliti dal destinatario e - necessitano che al destinatario sia “messa a disposizione” una copia dell’opera stessa. Nel senso dell’autonomia del diritto si esprimono chiaramente anche i considerando nn. 24 e 25 della Direttiva 2001/29/CE: “(24) Il diritto di messa a disposizione del pubblico del materiale di cui all’articolo 3, paragrafo 2, andrebbe [rectius: va] inteso come riguardante tutti gli atti che mettono tale materiale a disposizione del pubblico non presente nel luogo in cui hanno origine tali atti, con l'esclusione di tutti gli altri atti”, “(25) […] Dovrebbe [rectius: deve] essere chiarito che tutti i titolari riconosciuti dalla direttiva hanno il diritto esclusivo di rendere accessibili al pubblico le opere protette dal diritto d'autore e i materiali protetti da altri diritti mediante trasmissioni interattive su richiesta ("on-demand"). Tali trasmissioni sono caratterizzate dal fatto che i componenti del pubblico possono accedervi dal luogo e nel momento da essi individualmente scelto”. L’autonomia delle due privative è palese allorquando si esaminano le norme disposte in relazione al diritto connesso di messa a disposizione on demand riconosciuto ai produttori, alle emittenti radiotelevisive e agli artisti interpreti ed esecutori: a questi soggetti (relativamente ai quali si dirà più approfonditamente nel prosieguo) non è riconosciuto un generico “diritto di comunicazione al pubblico compreso il diritto di mettere l’opera a disposizione on demand), bensì unicamente la facoltà di mettere l’opera a disposizione on demand, con ciò confortando significativamente la tesi della completa autonomia delle due privative in questione. In senso contrario a quanto fin qui esposto, si deve dare conto di un elemento normativo che pone non indifferenti problemi al pieno e incondizionato accoglimento della predetta tesi. Come meglio si vedrà durante la trattazione delle eccezioni al diritto d’autore, l’art. 66 dispone ora che i discorsi su argomenti di interesse politico o amministrativo tenuti in pubbliche assemblee o comunque in pubblico, nonché gli estratti di conferenze aperte al pubblico, possano essere anche liberamente “comunicati al pubblico”, con certi limiti e modalità, nelle riviste o nei giornali telematici. Considerato che il mezzo telematico (di cui si avvalgono le “riviste o giornali telematici”) sottende necessariamente l’esercizio del diritto di messa a disposizione on demand, aderendo fino in fondo alla tesi della completa autonomia delle facoltà disciplinate nella prima e nell’ultima parte del comma dell’art. 16, si dovrebbe giungere alla conclusione che l’art. 66 non è idoneo ad essere applicato proprio ad una delle fattispecie dallo stesso espressamente contemplate (la riproduzione in giornali e le riviste telematiche) perché non introduce alcuna eccezione al diritto di messa a disposizione on demand. Le ragioni per l’accoglimento della tesi qui proposta sono certamente numerose e fondate; tuttavia, al momento, pare fortemente problematico – se non ostativo – il rilievo da ultimo effettuato. Sul punto sarà quindi certamente opportuno seguire gli orientamenti pratici che saranno accolti dalle nostre Corti. Art. 16, comma 2 Il secondo comma del medesimo art. 16 dispone che “Il diritto di cui al comma 1 non si esaurisce con alcun atto di comunicazione al pubblico, ivi compresi gli atti di messa a disposizione del pubblico”. Questa disposizione è di rilevante importanza per il titolare del diritto in quanto gli riconosce espressamente il potere pieno ed esclusivo di controllare (e quindi: impedire o autorizzare) ogni utilizzazione successiva al trasferimento del materiale oggetto di privativa (su questo punto si veda anche, nel prosieguo, quanto esposto in ordine alle eccezioni al diritto). Per questo motivo, diversamente da ciò che accade con l’esercizio del diritto di distribuzione in ambito europeo, il soggetto che ha fruito del materiale protetto o vi ha avuto accesso a seguito dell’atto di comunicazione non può legittimamente procedere alla sua successiva trasmissione (comunicazione al pubblico e on demand) a terzi. 4. IL DIRITTO DI DISTRIBUZIONE (art. 17, legge 633/41) Quanto da ultimo osservato è stato puntualizzato nell’art. 17 (anch’esso emendato da D.Lgs. 68/03). L’art. 17 dispone: 1. “Il diritto esclusivo di distribuzione ha per oggetto la messa in commercio o in circolazione o comunque a disposizione, del pubblico, con qualsiasi mezzo ed a qualsiasi titolo, dell’originale dell’opera o degli esemplari di essa e comprende, altresì, il diritto esclusivo di introdurre nel territorio degli Stati della Comunità europea, a fini di distribuzione, le riproduzioni fatte negli Stati extracomunitari. 2. Il diritto di distribuzione dell’originale o di copie dell’opera non si esaurisce nella Comunità europea se non nel caso in cui la prima vendita o il primo atto di trasferimento della proprietà nella Comunità sia effettuato dal titolare del diritto o con il suo consenso. 3. Quanto disposto dal comma 2 non si applica alla messa a disposizione del pubblico di opere in modo che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, anche nel caso in cui sia consentita la realizzazione di copie dell’opera. 4. Ai fini dell’esaurimento di cui al comma 2, non costituisce esercizio del diritto esclusivo di distribuzione la consegna gratuita di esemplari delle opere, effettuata o consentita dal titolare a fini promozionali ovvero di insegnamento o di ricerca scientifica”. La prima e più significativa annotazione sul punto è da riferirsi al secondo comma, appunto dedicato all’ambito di operatività del principio dell’esaurimento comunitario del diritto. Il principio dell’esaurimento comunitario dei diritti - anche di proprietà intellettuale – è stato elaborato sulla concezione dell’Unione europea come un unico mercato, all’interno del quale il titolare esercita pienamente il suo diritto di controllo delle forme di sfruttamento economico degli esemplari dell’opera fino al primo atto di commercializzazione. Tale principio trova il proprio fondamento nelle norme del Trattato istitutivo della Comunità europea relative alla libera circolazione delle “merci” e, conseguentemente, si applica all’esercizio di quei diritti d’autore che sottendono lo scambio di beni materiali (“merci”). Un esempio pratico può esserci di aiuto per chiarire gli effetti dell’applicazione di detto principio alle opere dell’ingegno. Il diritto esclusivo d’autore di distribuire per la vendita gli esemplari dell’opera letteraria nel territorio dell’Unione europea viene esercitato dal titolare del diritto alienando tali esemplari; dopo la prima cessione a titolo oneroso, il titolare non può esercitare alcun controllo sulle successive alienazioni aventi ad oggetto i medesimi esemplari: così, se l’Editore – avente causa dell’autore – vende ad una libreria in Francia 10 copie di un’opera letteraria, si spoglia del potere (lo esaurisce) di controllare i successivi atti di vendita posti in essere dalla libreria francese. Come precedentemente evidenziato, l’applicazione del principio dell’esaurimento comunitario del diritto sottende lo scambio commerciale di beni materiali (gli esemplari dell’opera). Diviene quindi importante la disposizione di cui al comma 3 della norma in commento, la quale sancisce che il diritto del titolare di controllare ogni e qualsiasi utilizzazione del materiale protetto trasferito mediante rete telematica (e, in particolare, di impedire o acconsentire i successivi atti di comunicazione al pubblico ovvero on demand) non viene meno (non si esaurisce) neppure nel caso in cui all’utente legittimo sia stata consentita la realizzazione di copie permanenti del materiale. Tali copie permanenti non sono quindi assimilabili a quelle previamente effettuate dal titolare della privativa e poste in commercio, fin dall’origine, come esemplari fisici che incorporano l’opera dell’ingegno (principio chiaramente espresso fin dalle dichiarazioni comuni in relazione alle norme del WIPO Copyright Treaty (WCT), dal quale ha preso le mosse la Direttiva 2001/29/CE e, quindi, il D.Lgs. 68/03). In pratica, quindi, l’utente che ottiene via rete il file corrispondente all’opera non può a sua volta trasferirlo ad altri soggetti neppure nel caso in cui sia stato espressamente autorizzato a realizzarne copie permanente su hard disk, cd, floppy o a stampa. L’atto di trasferimento on line dell’informazione digitale che rappresenta il contenuto dell’opera dell’ingegno non dà origine a “distribuzione” di quest’ultima; né, se il trasferimento avviene a fronte di un corrispettivo in denaro, a “vendita” degli esemplari dell’opera. Il trasferimento in rete di materiale protetto dal diritto d’autore costituisce perciò, quand’anche finalizzato al downloading o alla stampa (ossia: “anche nel caso in cui sia consentita la realizzazione di copie dell’opera”), una prestazione di servizi che sarà, sotto il profilo fiscale, assoggettata al regime ordinario dell’IVA all’aliquota del 20% (sugli aspetti fiscali delle transazioni on line si avrà modo di tornare anche nella nostra prossima circolare di commento al D.Lgs. 70/03 relativo al commercio elettronico). Per quanto concerne, poi, l’applicazione del principio dell’esaurimento comunitario del diritto di distribuzione alle cessioni a titolo gratuito, il comma 4 dell’articolo in commento sancisce che “la consegna gratuita di esemplari delle opere, effettuata o consentita dal titolare a fini promozionali ovvero di insegnamento o di ricerca scientifica” non costituisce esercizio del diritto esclusivo di distribuzione. Ciò significa che allorquando l’Editore consegna degli esemplari così detti fuori commercio o saggi, per i quali non percepisce alcun corrispettivo, al fine di promuovere l’opera o per scopi di insegnamento o ricerca scientifica, egli non si spoglia del diritto esclusivo di controllarne le successive forme di distribuzione: il soggetto che ne viene in possesso non può quindi, ad alcun titolo, cederli a terzi. 5. DIRITTO DI RADIODIFFUSIONE (art. 55, legge 633/41) Ai sensi dell’art. 55 era previsto, anche antecedentemente all’ultima novella, che l’ente esercente l’attività di radiodiffusione potesse registrare l’opera su disco (ora è aggiunto: “o su altro supporto l’opera stessa”), al fine della sua radiodiffusione differita per necessità orarie o tecniche, alla condizione che la registrazione fosse, dopo l’uso, distrutta o resa inservibile. Il D.Lgs. 68/03 ha introdotto all’art. 55 un secondo comma in virtù del quale “È consentita la conservazione in archivi ufficiali delle registrazioni di cui al comma 1 che abbiano un eccezionale carattere documentario senza possibilità di ulteriore utilizzazione a fini economici o commerciali salva, per quest’ultima, l’autorizzazione dell’autore dell’opera e dei titolari di diritti connessi”. La nuova disposizione è chiaramente intesa a consentire l’archiviazione a scopo di conservazione documentale. 6. DIRITTO DI REGISTRARE SU SUPPORTI (art. 61, legge 633/41) Le disposizioni precedenti alla novella facevano riferimento al diritto, spettante all’autore, di registrare l’opera su “apparecchi meccanici” (ossia, evidentemente, sugli unici media di registrazione conosciuti all’epoca della redazione del testo normativo sul diritto d’autore). Sebbene in alcuni casi la Corte di Cassazione avesse avuto modo di chiarire che, al di là della formulazione del testo normativo, la registrazione dell’opera (ad esempio su compact disc), costituiva esercizio del diritto di cui all’art. 61, alcuni dubbi interpretativi in merito rimanevano. L’attuale modifica è intesa pertanto a porvi termine adottando una terminologia di più ampio respiro: “1. L’autore ha il diritto esclusivo, ai sensi delle disposizioni contenute nella sezione I del capo III di questo titolo: a) di adattare e di registrare l’opera su qualunque supporto riproduttore di suoni, di voci o di immagini, qualunque sia la tecnologia utilizzata; b) di riprodurre, di distribuire, di noleggiare, di dare in prestito gli esemplari dell’opera così adattata o registrata; c) di eseguire pubblicamente e di comunicare l’opera al pubblico mediante l’impiego di qualunque supporto. 2. La cessione del diritto di riproduzione o del diritto di distribuzione non comprende, salvo patto contrario, la cessione del diritto di esecuzione pubblica o di comunicazione al pubblico. 3. Per quanto riguarda la radiodiffusione, il diritto d’autore resta regolato dalle norme contenute nella precedente sezione”. A margine si segnala che il legislatore non ha parallelamente operato alcuna modifica al testo dell’art. 180, che riserva in via esclusiva alla SIAE “L’attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l’esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate”. Poiché a seguito della novella dell’art. 61 la riproduzione meccanica è divenuta una mera specie del genere “registrazione su supporti”, evidentemente configurandosi solo nel caso in cui siano utilizzate tecniche meccaniche, si potrebbe essere indotti a pensare (ma, si avverte, in completa dissonanza rispetto agli orientamenti espressi sul punto dalla SIAE) che l’attività di intermediazione riservata in via esclusiva alla SIAE non possa essere intesa, a seguito della modifica, quella di riproduzione su supporti tout court, bensì unicamente la registrazione su apparecchi meccanici. 7. ECCEZIONI E LIMITAZIONI La sostituzione delle disposizioni del Capo V (ora denominato: “Eccezioni e limitazioni”), precedentemente riferite alle ipotesi di “utilizzazione libera”, costituisce senza dubbio una delle novità di maggiore impatto in materia di diritto d’autore, a cominciare dal significato della modifica della rubrica del Capo V. L’adozione dell’attuale denominazione rende infatti palese che le norme del Capo V sono tassative, considerato il principio di stretta applicazione e di divieto di analogia dell’eccezione. L’ambito di operatività delle nuove disposizioni in commento sarà quindi quello fatto palese dai termini utilizzati; nel caso in cui, poi, si rendesse necessario ricostruire sistematicamente il significato dei termini normativi, tale procedimento dovrà essere teso alla massima protezione delle esclusive d’autore riconosciute dalle norme generali della L. 633/41. D’altra parte il considerando n. 9 della Direttiva 2001/29/CE recita testualmente: “Ogni armonizzazione del diritto d'autore e dei diritti connessi dovrebbe [rectius: deve] prendere le mosse da un alto livello di protezione, dal momento che tali diritti sono essenziali per la creazione intellettuale. La loro protezione contribuisce alla salvaguardia e allo sviluppo della creatività nell'interesse di autori, interpreti o esecutori, produttori e consumatori, nonché della cultura, dell'industria e del pubblico in generale”. Sotto questa luce – che ci pare giustificato e corretto adottare - esaminiamo sistematicamente le nuove disposizioni del Capo V, ricordando preliminarmente la questione che si pone, in modo evidentemente determinante, in ordine al legame esistente tra diritto di comunicazione al pubblico e diritto di messa a disposizione on demand (sul quale si è detto in commento all’art. 16). Sezione I – Reprografia ed altre eccezioni e limitazioni Prima ancora di esaminare le norme di questa sezione, ci pare utile segnalare l’evidente uso talvolta inappropriato che della lingua italiana fa il nostro legislatore: la “reprografia”, di per sé, non rappresenta una “eccezione o limitazione” al diritto d’autore, bensì unicamente una tecnica mediante la quale effettuare la riproduzione. È solo quest’ultima (la riproduzione) che, generalmente soggetta alla potestà d’autore, può in alcuni casi essere “eccezionalmente” realizzata a prescindere dalla volontà del titolare della privativa, talvolta senza che al medesimo sia riconosciuto neppure il più limitato diritto al compenso (“eccezione”), ovvero con modalità che gli riconoscono un corrispettivo economico equo o a forfait (“limitazione”). Art. 65, legge 633/41 L’art. 65 come riformulato, sancisce: “1. Gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l’utilizzazione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell’autore, se riportato”. Ai sensi del comma 1 è quindi libera la riproduzione e la comunicazione al pubblico in riviste o giornali, anche radiotelevisivi, degli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere. La disposizione non è applicabile agli articoli in relazione ai quali la riproduzione o l’utilizzazione sia stata espressamente riservata. Per un uso lecito dell’articolo è necessario indicare la fonte dal quale è tratto, la data e il nome dell’autore se riportato. Il riferimento (oltre che agli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico) ad “altri materiali dello stesso carattere” sembra, più che un ampliamento dell’ambito di applicazione dell’eccezione a generi (opere o materiali protetti) difficilmente individuabili, una mera “svista” del nostro legislatore, il quale, attuando in parte il disposto di cui all’art. 5, paragrafo 3, lettera c) della Direttiva 2001/29/CE, non si è forse reso conto che la locuzione in parola poteva più facilmente assumere qualche significato ove riferita alle “opere radiotelevisive” e non agli “articoli” (la disposizione della Direttiva sopra citata recita: “nel caso di riproduzione a mezzo stampa, comunicazione al pubblico o messa a disposizione di articoli pubblicati su argomenti di attualità economica politica o religiosa o di opere radiotelevisive o di altri materiali dello stesso carattere[…]”). Correlato alle opere radiotelevisive, infatti, il riferimento potrebbe essere ai film per la tv, telefilm seriali, film inchiesta, documentari e cartoni animati, operette o altre opere specificatamente create per la radio o la televisione. Data l’attuale formulazione della norma, in ogni caso, tali “altri materiali dello stesso carattere” potrebbero ravvisarsi nelle informazioni rese a corredo degli articoli (tabelle di rilevamento dati, grafici, schemi, fotografie etc.), ovvero nelle pubblicazioni (purché di carattere economico, politico o religioso) che assumono forme espositive diverse dall’articolo giornalistico tradizionale (lettere dei lettori con le relative risposte, rubriche di risposte a quesiti etc.). Cosa cambia rispetto alla precedente normativa? In primo luogo l’eccezione al diritto d’autore opera ora anche in relazione agli atti di comunicazione al pubblico e non più solo rispetto a quelli di riproduzione: ciò costituisce l’ovvia conseguenza del fatto che gli articoli di cui si è resa libera la riproduzione non siano più unicamente quelli pubblicati (a stampa), bensì anche radiofonici o comunque messi a disposizione del pubblico. La nuova formulazione fa tuttavia permanere un dubbio in relazione alla natura delle riviste e giornali nei quali gli articoli possono essere riprodotti o comunicati al pubblico. Se da un lato nulla questio circa i mezzi tradizionali su carta, l’equiparazione giuridica delle testate telematiche a quelle tradizionali a stampa (operata, come è noto, con la L. 7 marzo 2001, n. 62) dovrebbe comportare l’applicazione dell’art. 65 anche a quest’ultime. L’indicazione specifica delle riviste e dei giornali “telematici” nell’art. 66 (di cui nel prosieguo del testo) e la sua assenza nel testo dell’art. 65 potrebbe però indurre a un’applicazione restrittiva di questa norma alle sole testate a stampa e radiotelevisive. Ciò troverebbe ragione anche nel riconoscimento del carattere autonomo della privativa di messa a disposizione on demand (in ordine al quale si è detto sub art. 16). Circa il riconoscimento della possibilità di creare prodotti editoriali anche solo elettronici e, tra questi, riviste e giornali telematici, ricordiamo in estrema sintesi che l’art. 1 della L. 62/01 ha ampliato il concetto di “prodotto editoriale” riconducendovi, oltre a quello tradizionalmente inteso (a stampa), “il prodotto realizzato […] su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo anche elettronico […]” (comma 1). Ai sensi del comma 2 della L. 62/01 non costituiscono invece prodotto editoriale “i supporti che riproducono esclusivamente suoni e voci, le opere filmiche e i prodotti destinati esclusivamente all’informazione aziendale sia ad uso interno sia presso il pubblico”. Con l’introduzione di quest’ultima norma, quindi, il legislatore nazionale riconosce l’essenza della produzione editoriale nella diffusione presso il pubblico di informazioni, a prescindere dalla natura (nella fattispecie elettronica) del supporto utilizzato per la loro incorporazione. Il medesimo art. 1 della L. 62/01 dispone inoltre che al “prodotto editoriale si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2 della L. 8 febbraio 1948, n. 47” e che il prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto, è “sottoposto, altresì, agli obblighi previsti dall’articolo 5 della medesima L. n. 47 del 1948” (comma 3). Da ultimo, l’art. 7, comma 3 del D.Lgs. 70/03 ha stabilito: “La registrazione della testata editoriale telematica è obbligatoria esclusivamente per le attività per le quali i prestatori del servizio intendano avvalersi delle provvidenze previste dalla L. 7 marzo 2001, n. 62”. Il secondo comma dell’art. 65 sancisce “2. La riproduzione o comunicazione al pubblico di opere o materiali protetti utilizzati in occasione di avvenimenti di attualità è consentita ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca e nei limiti dello scopo informativo, sempre che si indichi, salvo caso di impossibilità, la fonte, incluso il nome dell’autore, se riportato”. La riproduzione o comunicazione al pubblico dei materiali protetti utilizzati in occasione di avvenimenti di attualità è consentita quindi entro due limiti ben precisi: 1. la sussistenza dell’esercizio del diritto di cronaca (il cui ambito di operatività è stato chiaramente indicato dalla giurisprudenza); 2. lo scopo informativo. Questi requisiti debbono sussistere congiuntamente, così che l’esercizio del diritto di cronaca non legittima di per sé la riproduzione o comunque l’utilizzazione di porzioni più ampie di quelle giustificate dallo scopo informativo perseguito. Di contro, purché sussista l’esercizio del diritto di cronaca e sia rispettato lo scopo informativo, rispetto al testo previgente la norma induce un ampliamento dell’ambito di applicazione dell’eccezione dato che legittima la riproduzione o la comunicazione al pubblico di qualsiasi genere di opere o materiali protetti utilizzati in occasione di avvenimenti di attualità. In virtù della nuova disposizione e degli orientamenti giurisprudenziali consolidatisi in ordine all’esercizio del diritto di cronaca, diviene quindi “libera”, ad esempio, la riproduzione di un’immagine di un’opera dell’arte figurativa effettuata nel corso dell’inaugurazione di una mostra d’arte ove utilizzata per informare il pubblico di tale avvenimento. Da ultimo, si ricorda che, anche in questo caso, deve essere citata (salva impossibilità) la fonte, incluso il nome dell’autore se riportato. Art. 66, legge 633/41 L’art. 66 introduce importanti novità soprattutto con riferimento ai “famosi” (perché oggetto di ferrea disputa) atti dei convegno. Esso stabilisce: “I discorsi su argomenti di interesse politico o amministrativo tenuti in pubbliche assemblee o comunque in pubblico, nonché gli estratti di conferenze aperte al pubblico, possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico, nei limiti giustificati dallo scopo informativo, nelle riviste o nei giornali anche radiotelevisivi o telematici, purché [si] indichino la fonte, il nome dell’autore, la data e il luogo in cui il discorso fu tenuto”. La formulazione definitiva di questa norma ha visto la luce dopo non pochi contrasti tra quanti avevano interesse ad ottenere un riconoscimento indiscriminato alla libera utilizzazione degli “atti” delle conferenze tout court e gli Editori che li pubblicano (mentre senza dubbio minore è l’interesse economico relativamente ai discorsi politici e amministrativi, anche perché la novella, sotto questo aspetto, non modifica sensibilmente quella che era di fatto la situazione precedente). La norma approvata parrebbe idonea a tutelare gli interessi degli Editori, quanto meno perché la sua portata è limitata agli “estratti” delle conferenze e (congiuntamente) alla sussistenza di uno scopo informativo. Non può per altro sottacersi che, nella lingua italiana, il termine “estratto” assume almeno due significati sostanzialmente difformi: - sintesi di uno scritto o di un documento in cui vengono riportati solo gli elementi essenziali (compendio, sommario); - opuscolo con uno solo degli articoli comparsi in un volume miscellaneo. La determinazione dell’accezione normativa del termine è, evidentemente, cruciale e non mancherà di sollevare contrasti. A nostro parere, tra le due possibili interpretazioni deve essere preferita la prima (“estratto” nel senso di mero compendio) per due ordini di motivi. Operando un’interpretazione a confronto, con il termine “estratto” altre norme di rango primario (ad esempio di disciplina degli atti amministrativi, di tenuta dei registri etc.), identificano sempre un documento di sintesi delle informazioni tratte dalla fonte dal quale proviene e che riporta unicamente gli elementi essenziali di quest’ultima. In realtà, in senso contrario parrebbe esprimersi proprio una disposizione della L. 633/41: l’art. 42 stabilisce che l’autore dell’articolo, o altra opera, che sia stato riprodotto in un’opera collettiva “ha diritto di riprodurlo in estratti separati o raccolti in volume”. In realtà il contrasto è meramente apparente perché nell’art. 42 il termine “estratto” non è finalizzato ad identificare la natura della parte dell’opera riprodotta (che è invero espressamente indicata: “l’articolo”), bensì la forma nella quale l’articolo può essere lecitamente riprodotto (estratto o volume) ed ha lo scopo di legittimare l’autore alla riproduzione dell’articolo non solo in modo collazionato (il volume), bensì anche singolarmente e autonomamente (come estratto). Né pare determinante, per rigettare la tesi proposta, la circostanza che il Ministero delle finanze si sia pronunciato nel senso dell’assoggettamento al regime IVA previsto per i libri altresì degli “estratti”, intesi come opuscoli relativi ai singoli articoli pubblicati in un’opera collettanea, dato che, nella fattispecie, il medesimo ministero era chiamato a pronunciarsi in ordine alla determinazione del regime fiscale applicabile ad uno specifico bene individuato in natura e denominato appunto “estratto” dell’opera edita, e non a fornire una definizione di portata generale, anche ai fini della L. 633/41, del termine in questione. Sotto altro profilo, in virtù della natura della norma e, quindi, in applicazione del principio di stretta interpretazione delle eccezioni normative (in ordine alle quali si è detto relativamente alla modifica della rubrica del Capo V), tra più soluzioni possibili deve essere accolta quella che meglio tutela gli interessi del titolare del diritto d’autore. Come precedentemente accennato, la formulazione dell’art. 66 pone il limite maggiore alla tesi della completa autonomia tra diritto di comunicazione al pubblico e diritto di messa a disposizione del pubblico on demand stante, da un lato, l’esplicito riferimento alle riviste e giornali “telematici” e, dall’altro, l’assenza dell’eccezione altresì al diritto di messa a disposizione on demand. Art. 67, legge 633/41 L’art. 67, uniformandosi alle norme europee in materia, prevede la libera riproduzione delle opere o dei brani di opere “a fini di pubblica sicurezza, nelle procedure parlamentari, giudiziarie o amministrative, purché si indichino la fonte e, ove possibile, il nome dell’autore”. Sul punto si rende opportuno segnalare che questa norma non legittima la riproduzione ad opera degli organismi parlamentari, giudiziari o amministrativi, essendo la stessa consentita unicamente, oltre che al sussistere di un fine di pubblica sicurezza, “nelle procedure” poste in essere da tali organismi. Art. 68, legge 633/41 L’art. 68 riformula la disciplina delle fotocopie, riproduzioni reprografiche e con sistemi analoghi. Esso conferma in primo luogo la precedente normativa in materia di riproduzione personale stabilendo: “È libera la riproduzione di singole opere o brani di opere per uso personale dei lettori, fatta a mano o con mezzi di riproduzione non idonei a spaccio o diffusione [rectius: distribuzione] dell’opera nel pubblico”. Le novità cominciano dunque dal secondo comma, il quale sancisce: “È libera la fotocopia di opere esistenti nelle biblioteche accessibili al pubblico o in quelle scolastiche, nei musei pubblici o negli archivi pubblici, effettuata dai predetti organismi per i propri servizi, senza alcun vantaggio economico o commerciale diretto o indiretto”. Questa norma chiarisce definitivamente la portata di alcune delle accezioni introdotte nella L. 633/41 dalla novella di tre anni or sono (operata con la L. 248/00). In primo luogo, il significato di “biblioteche” (in ordine alla quale non poche questioni erano sorte) è stato definito – anche attraverso un’interpretazione sistematica delle modifiche introdotte e oggetto di commento nel prosieguo - chiarendo che le stesse, ai fini dell’applicazione dell’eccezione, debbono essere “accessibili al pubblico” o “scolastiche”. In base alla terminologia adottata si deve quindi ritenere che la norma si applichi anche alle biblioteche appartenenti a soggetti non pubblici, purché destinate alla pubblica fruizione o, almeno, scolastiche. Viceversa, restano escluse le biblioteche (indipendentemente dalla circostanza che appartengano o meno a un ente pubblico) NON destinate alla pubblica fruizione. Possono altresì fruire dell’eccezione i musei e gli archivi pubblici. In questo caso, però, tali enti debbono appartenere a organismi pubblici, con esclusione pertanto dei musei e degli archivi di soggetti privati benché aperti al pubblico o in parte sottoposti a vincoli e norme pubblicistiche. È rilevante anche la precisazione in ordine ai soggetti che possono effettuare la riproduzione (unicamente i predetti organismi) e alle finalità della riproduzione (unicamente assolvere ai “propri” servizi). In ordine a quest’ultimo profilo, si osserva che la finalità dell’assolvimento dei “propri” servizi non può ravvisarsi nelle ipotesi di “assolvimento di servizi prestati a terzi” dai predetti organismi: i servizi “propri” della biblioteca, del museo e dell’archivio sono, infatti, unicamente quelli essenzialmente riconducibili alla salvaguardia del patrimonio culturale delle collezioni dagli stessi detenute. Da ultimo, ma non certo per importanza, la norma precisa che la fotocopia può essere realizzata purché non determini per l’ente autorizzato “alcun vantaggio economico o commerciale diretto o indiretto”. La terminologia adotta è ampia e innovativa così che può essere utile identificarne in modo più preciso il significato. Il divieto di maggiore portata è, evidentemente, di conseguire vantaggi economici, considerato che possono essere ritenuti tali tutti quelli di natura patrimoniale, ossia suscettibili di quantificazione monetaria. Il conseguimento di un vantaggio economico si può quindi configurare a prescindere dalla realizzazione di operazioni strettamente commerciali (per le quali il divieto è, del pari, sancito). Per vantaggio commerciale si deve infatti intendere quello percepito mediante operazioni di scambio di beni (esempio: vendita di fotocopie) o di fornitura di servizi (esempio: fruizione a pagamento del servizio di fotocopiatura). La sua configurazione sottende una specifica qualificazione giuridica ed economica dell’attività posta in essere dall’ente. Così, se l’ente autorizzato è di natura pubblica non economica (esempio: una biblioteca dell’ente Regione), il vantaggio che ne consegue potrebbe mantenersi all’interno di un ambito, ex lege, non commerciale. Tale vantaggio diviene in ogni caso motivo di esclusione dell’eccezione qualora configuri un vantaggio economico. L’estensione del divieto ai vantaggi tanto diretti quanto indiretti è, del pari, intesa a restringere l’ambito di applicazione dell’eccezione. Per vantaggio diretto, infatti, si intende il lucro o il profitto conseguiti a fronte di attività (economiche o commerciali) aventi direttamente ad oggetto la fotocopia (l’ente che vende le fotocopie o predispone un servizio a pagamento per fruire del servizio di fotocopiatura, ne trae un vantaggio diretto). È vantaggio indiretto quello conseguito ponendo in essere operazioni complesse nelle quali la realizzazione della fotocopia, pur non essendo l’oggetto principale o unico dell’operazione nel suo insieme, è comunque idonea e strettamente finalizzata a far percepire o risparmiare all’ente una somma non altrimenti percepibile o risparmiabile (in questo senso, ad esempio, costituisce vantaggio economico indiretto la realizzazione di una fotocopia di un libro destinato al prestito e che sta deteriorandosi, quando un esemplare di questo è presente in commercio e può quindi essere acquistato dalla biblioteca). Circa il terzo e il quarto comma del nuovo art. 68, pure in ampia parte mutuati dalla precedente formulazione normativa, si rileva l’inciso iniziale del comma 3, il quale dispone che la disciplina relativa alla riproduzione per uso personale di opere dell’ingegno effettuata mediante fotocopia, xerocopia o sistema analogo non è applicabile alla “riproduzione di spartiti e partiture musicali”, che resta quindi esclusa dall’ambito della norma (e quindi soggetta alle norme ordinarie). Il quarto comma, rimasto invariato, dispone: “I responsabili dei punti o centri di riproduzione, i quali utilizzino nel proprio ambito o mettano a disposizione di terzi, anche gratuitamente, apparecchi per fotocopia, xerocopia o analogo sistema di riproduzione, devono corrispondere un compenso agli autori ed agli editori delle opere dell’ingegno pubblicate per le stampe che, mediante tali apparecchi, vengono riprodotte per gli usi previsti nel comma 3. La misura di detto compenso e le modalità per la riscossione e la ripartizione sono determinate secondo i criteri posti all’art. 181-ter della presente legge. Salvo diverso accordo tra la SIAE e le associazione delle categorie interessate, tale compenso non può essere inferiore per ciascuna pagina riprodotta al prezzo medio a pagina rilevato annualmente dall’ISTAT per i libri”. Come in precedenza, il comma 5 dell’art. 68 è dedicato al regime delle riproduzioni da parte delle biblioteche pubbliche, effettuate all’interno delle stesse, con corresponsione dei compensi in forma forfetaria. La contrapposizione della terminologia adottata dal legislatore al comma 2 e al comma 5 dell’art. 68 è significativa. Come precedentemente osservato, le biblioteche di cui al comma 2 devono correttamente intendersi quelle “aperte al pubblico o scolastiche” pur se non appartenenti a un ente pubblico. Viceversa, le “biblioteche” che possono legittimante fruire del più favorevole regime di cui al comma 5 (corresponsione del corrispettivo in forma forfetaria) sono esclusivamente quelle “pubbliche”, cioè appartenenti a un ente pubblico. La diversità di trattamento, oltre a radicarsi su un’interpretazione letterale e sistematica delle norme, trova una sua precisa ratio nell’intento di favorire gli organismi preposti alla conservazione e all’accesso alla cultura e all’informazione (le biblioteche, i musei e gli archivi), riconoscendo un regime legale di maggior favore a quelli riconducibili a un ente pubblico. Proprio la difformità della ratio delle due norme rende palese la necessità di interpretare tassativamente la definizione di “ente pubblico”, riconoscendo il regime di maggior favore di cui al comma 5 unicamente a quei soggetti che per appartenenza possano definirsi tali, con esclusione dei soggetti o degli enti di natura privata pure se assimilati, quanto ad attività o altri profili, a quelli pubblici (quali, ad esempio, le biblioteche di una scuola privata così detta parificata o riconosciuta). La disciplina dei commi 1, 3, 4 e 5 è esplicitamente riservata alle riproduzioni “per uso personale” (mentre il comma 2 – lo ricordiamo – disciplina la fotocopia per i “servizi propri” degli enti autorizzati). La determinazione della finalità prettamente personale è altresì ribadita dal successivo comma 6 che vieta, in ogni caso (e quindi relativamente a tutte le ipotesi di cui all’art. 68), “lo spaccio al pubblico delle copie di cui ai commi precedenti e, in genere, ogni utilizzazione in concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all’autore”. Il divieto di applicare (e ovviamente interpretare) le eccezioni al diritto in modo tale da indurre forme di utilizzazione dell’opera in concorrenza con i diritti spettanti all’autore è fatto proprio da tutte e tre le maggiori convenzioni internazionali in materia di proprietà intellettuale, ossia dalla Convenzione di Berna, dal Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights e dal WIPO Copyright Treaty. Da ultimo, giova forse ricordare che l’oggetto riprodotto può essere unicamente l’esemplare del volume o fascicolo periodico “pubblicati a stampa”. Ciò si rileva al fine di evitare che nell’inciso finale della locuzione “fotocopia, xerocopia o sistema analogo” possa indurre a ritenere disciplinata dall’eccezione la stampa di file elettronici o digitali (o, peggio, la stampa da file temporanei realizzati mediante digitalizzazione con strumenti diversi dai focopiatori digitali – strumenti unicamente destinati alla fotocopia): questa stampa, che pure costituisce riproduzione, non è assimilabile – e, soprattutto, non è conseguentemente disciplinata dall’eccezione di cui all’art. 68 – alla fotocopia o xerocopia sulla base dell’identità del risultato ottenuto (ossia la duplicazione, senza alcuna modifica, del materiale originario). Questa interpretazione discende de plano dal coordinato disposto dei commi 3, 4 e 5 dell’articolo 68, laddove, a fronte dell’introduzione dell’eccezione si prevede la corresponsione di specifici compensi “agli autori ed agli editori delle opere dell’ingegno pubblicate per le stampe”. Un altro fondamentale limite all’applicazione delle norme di cui al comma 5 è indotto dalla disposizione contenuta l’ultima parte di questa disposizione, laddove è sancito che “I limiti di cui al comma 3 non si applicano alle opere fuori dai cataloghi editoriali e rare in quanto di difficile reperibilità sul mercato”. Il limite del 15% per cento di ciascun volume o fascicolo di periodico può essere quindi derogato da parte delle biblioteche pubbliche unicamente nel caso si tratti di opere fuori catalogo e (congiuntamente) rare in quanto “di difficile reperibilità sul mercato”. Affinché sia legittima la riproduzione oltre il suddetto limite è necessario che sussistano entrambe le condizioni previste e quindi, in primo luogo, che l’opera sia fuori dal catalogo editoriale; il termine “raro”, inoltre, deve essere strettamente inteso in relazione alla difficile reperibilità sul mercato. Art. 68-bis, legge 633/41 Il contenuto dell’art. 68-bis è stato esaminato in precedenza, trattando della nuova definizione del diritto di riproduzione. Esso sancisce che “Salvo quanto disposto in ordine alla responsabilità dei prestatori intermediari dalla normativa in materia di commercio elettronico, sono esentati dal diritto di riproduzione gli atti di riproduzione temporanea privi di rilievo economico proprio che sono transitori o accessori e parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico, eseguiti all’unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario, o un utilizzo legittimo di un’opera o di altri materiali”. Questa norma assume una portata fondamentale per raccordare le disposizioni in materia di diritto d’autore e di responsabilità degli ISP (Internet Service Provider) di cui alla Direttiva 2000/31/CE, attuata con il D.Lgs. 70/03. Ci sarà quindi l’occasione di riprendere questi concetti in una prossima circolare di commento a quest’ultimo. In merito, si osserva fin d’ora che gli articoli da 14 a 16 del D.Lgs. 70/03, dedicati alla responsabilità dei prestatori intermediari, prevedono rispettivamente che, alle condizioni specificatamente previste (e che saranno oggetto di esame in una nostra prossima circolare), il prestatore non sia responsabile: per le attività di mere conduit, per quanto concerne la memorizzazione automatica, intermedia e transitoria delle informazioni trasmesse, a condizione che questa serva solo alla trasmissione sulla rete di comunicazione e che la sua durata non ecceda il tempo ragionevolmente necessario a tale scopo (art. 14); per l’attività di caching, per quanto concerne la memorizzazione automatica, intermedia e temporanea delle informazioni effettuata al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta (art. 15); per l’attività di hosting, per quanto concerne le informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio (Art. 16). Con l’introduzione dell’art. 68-bis si è teso fugare ogni dubbio circa la configurazione dell’esercizio del diritto di riproduzione per le duplicazioni tecnicamente necessarie per il funzionamento delle reti telematiche, così come per le copie cache realizzate nelle memorie dei terminali degli utenti finali ai fini della fruizione dell’opera: esse, pur assurgendo a riproduzioni secondo le disposizioni generali, sono escluse dall’ambito di applicazione della relativa privativa qualora siano prive di valore economico proprio. Art. 69, legge 633/41 Le novità introdotte nella formulazione del nuovo art. 69 risiedono nel comma 2 (mentre il comma 1 ricalca il testo previgente), che dispone: “2. Per i servizi delle biblioteche, discoteche e cineteche dello Stato e degli enti pubblici è consentita la riproduzione, senza alcun vantaggio economico o commerciale diretto o indiretto, in un unico esemplare, dei fonogrammi e dei videogrammi contenenti opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, siano esse sonore o meno, esistenti presso le medesime biblioteche, cineteche e discoteche dello Stato e degli enti pubblici”. Questa eccezione è applicabile a contenuti che costituiscano o contengano opere cinematografiche, audiovisive o sequenze di immagini in movimento, ad esclusione, quindi, dei supporti di rappresentazione esclusiva di testo, quand’anche in forma ipertestuale. Anche in questo caso è espressamente indicato che la riproduzione non debba avere finalità né direttamente né indirettamente commerciali o economiche: essa pare quindi sostanzialmente volta ad assicurare la conservazione di un esemplare del materiale protetto. Art. 70, legge 633/41 In tema di libera utilizzazione per citazione, riassunto o riproduzione di brani o parti di un’opera, le disposizioni dell’art. 70 sono state modificate graduando la tutela offerta all’autore al diverso scopo al quale la riproduzione è preordinata. Il primo comma (gli altri sono rimasti invariati) dispone ora: “1. Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali”. Come si può notare, la prima novità è relativa alla natura dell’eccezione, precedentemente avente ad oggetto unicamente la riproduzione delle parti o brani dell’opera e ora altresì estesa al diritto di comunicazione al pubblico (ma, per le ragioni esposte in commento all’art. 16, forse non anche al diritto di mettere l’opera a disposizione on demand). Per altro verso, si osserva che mentre il riassunto, la citazione o la riproduzione e comunicazione al pubblico, se finalizzati alla critica o alla discussione, debbono essere limitati alle porzioni giustificate da tali finalità e non costituire concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera, nel caso in cui abbiano quale scopo l’insegnamento o la ricerca scientifica, debbono altresì essere limitati ad assolvere finalità “illustrative“ e ”non commerciali”. Relativamente alla finalità di insegnamento e ricerca scientifica, il significato della nuova disposizione si comprende meglio ove esaminato in combinato disposto con il comma 2 (invariato): “2. Nelle antologie ad uso scolastico la riproduzione non può superare la misura determinata dal regolamento, il quale fissa la modalità per la determinazione dell’equo compenso”. Quello che è diversamente regolato nell’ultima parte del comma 1 e nel comma 2 è quindi il limite quantitativo della riproduzione che giustifica nell’un caso l’introduzione di un’eccezione al diritto d’autore (comma 1), nell’altro di una mera limitazione (comma 2). Nelle antologie ad uso scolastico la riproduzione è fisiologicamente ampia e per essa il legislatore ha adottato il sistema dell’equo compenso (limitazione al diritto dell’autore); per i testi aventi finalità didattiche o di ricerca scientifica che utilizzino brani e citazioni quantitativamente più contenuti nella loro ampiezza (“finalità illustrative e non commerciali”) è invece disposta una vera e propria eccezione. Nel riferirsi alla finalità illustrativa e all’assenza di scopi commerciali nel comma 1 ultima parte, il legislatore di fatto introduce, rispetto al comma 2, un distinguo quantitativo: in testi aventi finalità di insegnamento o ricerca scientifica, perché la riproduzione non debba soggiacere al consenso del titolare dei diritti, deve essere limitata a poche battute o righe e quindi essere senza dubbio più limitata di quella in uso nelle antologie scolastiche che, invero, non costituiscono un’ipotesi di eccezione al diritto d’autore bensì di mera limitazione, facendo scemare l’esclusiva d’autore a diritto all’ottenimento di un equo compenso (stabilito da regolamento). Art. 71, legge 633/41 L’art. 71 prevede, in modo pressoché invariato al passato, la libera utilizzazione a favore delle bande musicali e le fanfare dei corpi armati dello Stato, le quali “possono eseguire in pubblico brani musicali o parti di opere in musica, senza pagamento di alcun compenso per diritti di autore, purché l’esecuzione sia effettuata senza scopo di lucro”. Come evidenziato nella precedente circolare di commento alla Direttiva 2001/29/CE, le eccezioni al diritto d’autore esistenti nelle discipline degli Stati membri devono essere obbligatoriamente comprese tra quelle indicate come di facoltativa attuazione all’art. 5, paragrafo 3. Tra queste, alla lettera o) era prevista la possibilità di mantenere eccezioni “in taluni altri casi di scarsa rilevanza in cui la legislazione nazionale già prevede eccezioni o limitazione, purché esse riguardino solo utilizzi analogici e non incidano sulla libera circolazione delle merci e dei servizi all'interno della Comunità”. In questa ipotesi è senza dubbio riconducibile la fattispecie disciplinata dalla norma in commento. Art. 71-bis, legge 633/41 L’art. 71-bis introduce una nuova eccezione: “1. Ai portatori di particolari handicap sono consentite, per uso personale, la riproduzione di opere e materiali protetti o l’utilizzazione della comunicazione al pubblico degli stessi, purché siano direttamente collegate all’handicap, non abbiano carattere commerciale e si limitino a quanto richiesto dall’handicap”. Le categorie di portatori di handicap e i criteri per l’individuazione dei singoli beneficiari nonché, ove necessario, le modalità di fruizione dell’eccezione, dovranno essere individuate con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Comitato consultivo permanente per il diritto di autore. Una volta emanato il predetto decreto sarà certamente più agevole commentare la norma in parola. In ogni caso, fin d’ora, si può rilevare che essa prevede un’eccezione al diritto di riproduzione (il portatore di handicap potrà quindi, anche senza il consenso del titolare del diritto, procedere alla riproduzione del materiale protetto) e l’uso di mezzi di comunicazione (a questo pare riferirsi la non felicissima espressione consentire “l’utilizzazione della comunicazione al pubblico”) che sottendono l’esercizio del diritto di comunicazione al pubblico anche senza il previo consenso del titolare del diritto. Rileviamo altresì che la norma non rende invece libera l’elaborazione, la modificazione o la traduzione originale del materiale protetto. Art. 71-ter, legge 633/41 L’art. 71-ter, relativo a una particolare eccezione per scopi di ricerca o attività di studio, non brilla certo di chiarezza e univocità. Proviamo in ogni caso a ricostruirne il significato. La norma dispone: “È libera la comunicazione o la messa a disposizione destinata a singoli individui, a scopo di ricerca o di attività privata di studio, su terminali aventi tale unica funzione situati nei locali delle biblioteche accessibili al pubblico, degli istituti di istruzione, nei musei e negli archivi, limitatamente alle opere o ad altri materiali contenuti nelle loro collezioni e non soggetti a vincoli derivanti da atti di cessione o da licenza”. Oggetto della disciplina sono le opere o “altri materiali” (aggiungiamo noi, “protetti”, in quanto l’uso di materiali sui quali non insistono diritti di terzi non soggiace ad alcuna limitazione), quali opere dell’ingegno in senso stretto, banche di dati e altri materiali sui quali insiste un diritto connesso (fotografie, bozzetti teatrali, opere dell’ingegneria), i cui supporti di rappresentazione (esempio: file digitali, microfilm, supporti analogici audiovisivi) siano detenuti legittimamente dell’ente (ossia ne costituiscano la “collezione”) e che non siano “soggetti a vincoli derivanti da atti di cessione o da licenza”. L’inciso finale è di portata essenziale. Al fine di determinare se la comunicazione o messa a disposizione siano lecite, l’ente deve in ogni caso verificare i limiti contrattuali stabiliti con il titolare dei diritti sui materiali. Ne consegue, evidentemente, l’importanza di redigere atti di cessione o licenze nei quali siano attentamente ponderate le conseguenze anche della disposizione in parola. Gli atti resi liberi sono la “comunicazione o messa a disposizione su terminali a singoli individui”: non quindi la comunicazione o messa a disposizione del pubblico, bensì unicamente a “singoli utenti”, da cui l’illiceità della comunicazione contemporanea a più soggetti mediante “caricamento” (e quindi fruizione) del materiale da molteplici terminali. I terminali di fruizione devono avere “l’unica funzione di rendere disponibili le opere” (da cui in divieto di riproduzione o memorizzazione a stampa dell’opera visualizzata) ed essere “ubicati nei locali” delle biblioteche, degli istituti di istruzione, nei musei e negli archivi. I soggetti autorizzati dalla norma sono proprio quelli da ultimo citati, con l’avvertenza che non è richiesta la loro natura pubblica (quanto ad appartenenza ad un ente pubblico), essendo sufficiente (e necessario per le biblioteche) che siano “accessibili al pubblico”. Il campo di applicazione della norma è limitato a consentire l’utilizzazione per scopi di ricerca o di attività privata di studio. Da ultimo, si ribadisce che questo nuovo articolo non legittima alcun atto di utilizzazione diverso dalla comunicazione o messa a disposizione del singolo e, quindi, in particolare, non rende libera la digitalizzazione di opere analogiche e letterarie, la duplicazione di opere digitali, la comunicazione in rete di materiali protetti, lo scambio dei file tra più enti (esempio mediante reti interbibliotecarie), l’accesso da remoto etc. A margine si rileva come la lettere di questa disposizione sia idonea a dotare di maggiore fondatezza la tesi dell’autonomia dei diritti di comunicazione e messa a disposizione on demand di cui all’art. 16: intendendo rendere lecita la fruizione con terminali sia di diffusione (esempio: uno schermo video per la fruizione di microfilm) sia di messa a disposizione (esempio: con computer), ha correttamente indicato entrambe le esclusive sottostanti. Art. 71-quater, legge 633/41 Quanto a eccezioni particolari al diritto d’autore, l’art. 71-quater stabilisce la liceità della “riproduzione di emissioni radiotelevisive effettuate da ospedali pubblici e da istituti di prevenzione e pena, per un utilizzo esclusivamente interno, purché i titolari dei diritti ricevano un equo compenso determinato con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali”, sentito il Comitato consultivo permanente per il diritto di autore. Sezione II - Riproduzione privata ad uso personale In attuazione della legge delega (legge comunitaria 39/02), emanando il decreto legislativo in commento, il legislatore si è proposto il coordinamento della L. 92/93 (recante norme a favore delle imprese fonografiche e compensi per le riproduzioni private senza scopo di lucro) e della L. 248/00 (“nuove norme di tutela del diritto di autore”), trasponendone alcune disposizioni nella L. 633/41 nella quale, ratione materiae, trovano più logica allocazione. Con riferimento alla prima delle fonti citate (L. 92/93), è stata quindi introdotta nel Capo V la Sezione II relativa alla riproduzione ad uso personale. Come si avrà modo di osservare, per altro, la tecnica adottata non è di semplice consolidazione di testi normativi distinti, dato che gli articoli da 71-sexies a 71-octies disciplinano ora la riproduzione di opere e altro materiale protetto per uso personale anche in ambito digitale (laddove la L. 92/93 disciplinava unicamente la riproduzione analogica su nastro), limitandone l’applicazione al perseguimento di scopi non direttamente o indirettamente commerciali (nella L. 92/93 si richiedeva esclusivamente l’esclusione dello scopo di lucro). Art. 71-sexies, legge 633/41 Ai sensi dell’art. 71-sexies: “1. E’ consentita la riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi su qualsiasi supporto, effettuata da una persona fisica per uso esclusivamente personale, purché senza scopo di lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali, nel rispetto delle misure tecnologiche di cui all’articolo 102-quater”. In ordine al primo comma di questo articolo è utile operare qualche approfondimento circa l’oggetto della riproduzione (fonogrammi e videogrammi) e la limitazione indotta dalle finalità perseguite dal privato (assenza di scopo di lucro e di fini direttamente o indirettamente commerciali). Sul significato di fonogramma non pare esserci nessun problema: è la traccia (gramma) di un suono (fono), ossia la riproduzione (su nastro, supporto digitale o elettronico o di altro tipo) di qualcosa che viene percepito con il senso dell’udito. L’art. 1 della L. 93/92 (ancora in vigore) dispone che nell’accezione normativa di fonogramma sia compresa anche la musica. L’articolo in commento, coordinato con l’art. 1 della L. 93/92, si applica pertanto a qualsiasi riproduzione di suoni, musica o voci che costituiscano opera o materiale protetto (restando ovviamente completamente libera la riproduzione di ciò che non costituisce opera dell’ingegno). Applicando, per altro, la medesima ampia definizione al termine videogramma, si giungerebbe all’aberrante conclusione che l’articolo in commento di applichi a qualsiasi informazione memorizzata (traccia) percepita con il senso della vista: non solo relativa a opere cinematografiche, audiovisive o sequenze di immagini in movimento, bensì anche a opere fotografiche, letterarie (o comunque testuali) o costituenti banche di dati, bozzetti, lavori dell’ingegneria etc. Questa interpretazione, si è detto, non può essere accettata. In primo luogo, l’art. 3 della L. 93/92 (alla base della novella e ora abrogato) stabiliva l’eccezione in ambito analogico (su nastro), riconoscendo il diritto al compenso ai “produttori” di opere audiovisive e ai “produttori” di videogrammi, laddove il termine produttore, anche alla luce della L. 633/41, sottende l’esistenza di un’opera cinematografica, audiovisiva o una sequenza di immagini in movimento. Anche una lettura sistematica delle nuove norme sulla riproduzione privata contenute nella L. 633/41 induce a ritenere che il termine sia riconducibile unicamente a queste specifiche tipologie di opere: l’art. 71-septies sancisce il diritto al compenso a favore dei “produttori originari di opere audiovisive” e dei “produttori di videogrammi”, aggiungendovi gli artisti interpreti ed esecutori. Considerato che la ratio delle nuove disposizioni è ampliare l’ambito nel quale il diritto esclusivo di alcuni soggetti di “autorizzare o vietare” la riproduzione dei videogrammi scema a mero diritto al compenso, un’interpretazione strettamente letterale del termine “videogramma” determinerebbe che ad alcuni titolari di diritti (quali, ad esempio, gli autori e gli editori di opere letterarie, i fotografi, gli autori e costitutori di banche dati etc.) non sarebbe neppure riconosciuto un compenso. Ciò, tra l’altro, in netto contrasto con quanto stabilito al considerando n. 38 della Direttiva 2001/29/CE, il quale, oltre a specificare che l’eccezione o la limitazione al diritto di riproduzione deve prevedersi “per taluni tipi di riproduzione di materiale sonoro, visivo e audiovisivo”, stabilisce un collegamento necessario tra l’introduzione dell’eccezione e il riconoscimento del compenso. Ci pare in ogni caso risolutivo constatare, da un lato, che ogni altro riferimento normativo al termine “videogramma” è correlato all’opera cinematografica o audiovisiva o a sequenze di immagini in movimento (cfr. nella L. 633/41: articoli 69 e 171-ter; art. 75-bis, T.U.LL.P.S.; art. 3, L. 93/92 precedentemente citato), dall’altro, che ove il legislatore ha inteso introdurre un’eccezione applicabile a qualsiasi opera o materiale protetto (come avverrebbe interpretando i termini fonogramma e videogramma in senso ampio), ha disposto in ordine a “opere o brani di opera”. Da ultimo, l’eccezione in parola, si è detto, è riconducibile alla L. 93/92 - che ha ormai più di dieci anni – la quale, pur riferendosi altrettanto apoditticamente al termine “videogrammi” è sempre stata univocamente intesa come di disciplina della copia privata unicamente di opere cinematografiche, audiovisive o sequenze di immagini in movimento. Per quanto concerne l’ambito di applicazione della norma in commento (limitato alle sole ipotesi in cui il privato “non persegua scopi di lucro” e fini “non direttamente o indirettamente commerciali”), si osserva che lo stesso è significativamente più ristretto che in passato, dato che l’art. 3 della L. 93/92 si limitava a imporre l’esclusione dello “scopo di lucro”, ossia dell’accrescimento positivo del patrimonio (il termine, in particolare si contrappone al “profitto”, il quale costituisce un più ampio concetto, che include tanto l’accrescimento diretto del patrimonio, quanto quello indiretto che si verifica attraverso una mancata perdita patrimoniale - c.d. risparmio di costi). Di rilevante importanza per comprendere gli effetti economici (almeno quelli voluti dal legislatore) dell’eccezione in parola è la disposizione del comma 2 del medesimo articolo, il quale stabilisce: “La riproduzione di cui al comma 1 non può essere effettuata da terzi. La prestazione di servizi finalizzata a consentire la riproduzione di fonogrammi e videogrammi da parte di persona fisica per uso personale costituisce attività di riproduzione soggetta alle disposizioni di cui agli articoli 13, 72, 78-bis, 79 e 80” (ovvero costituisce riproduzione riservata attribuita al titolare del diritto e disciplinata dalle regole generali). L’introduzione di questa eccezione non dovrebbe quindi comportare il proliferare di esercizi commerciali che svolgono attività di riproduzione di opere audiovisive sul “presupposto” che i clienti hanno dichiarato di perseguire finalità esclusivamente personali. Il ruolo centrale svolto dalle misure tecnologiche e dalle formulazioni contrattuali adottate si evince dal comma 3: “La disposizione di cui al comma 1 non si applica alle opere o ai materiali protetti messi a disposizione del pubblico in modo che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, quando l’opera è protetta dalle misure tecnologiche di cui all’articolo 102-quater ovvero quando l’accesso è consentito sulla base di accordi contrattuali”. Non è pertanto lecita, neppure per scopi esclusivamente privati, la riproduzione di fonogrammi o videogrammi messi a disposizione on demand nel caso in cui gli stessi siano protetti con misure tecnologiche (di cui diremo nel prosieguo), ovvero siano resi accessibili sulla base di accordi negoziali. Al fine di evitare che tale materiale, una volta messo a disposizione on line, sia duplicato (sebbene esclusivamente per uso personale) è necessario munirsi di almeno uno di questi due strumenti: una misura tecnologica di protezione, o una idonea formulazione contrattuale di regolamentazione del servizio di accesso. È altresì logico che, in una prospettiva di effettività della protezione, è estremamente utile ricorrere congiuntamente ad entrambi: apporre una misura tecnologica per evitare “tecnicamente” la duplicazione; adottare una idonea formulazione contrattuale per munirsi di uno strumento di perseguimento dell’eventuale illecito comunque posto in essere dall’utente. L’importanza dell’adozione di strumenti tecnici e negoziali è resa di ancora maggiore evidenza dalla disposizione del comma 4, il quale prescrive: “Fatto salvo quanto disposto dal comma 3”, i titolari dei diritti sono tenuti a consentire che, nonostante l’applicazione delle misure tecnologiche, “la persona fisica che abbia acquisito il possesso legittimo di esemplari dell’opera o del materiale protetto, ovvero vi abbia avuto accesso legittimo, possa effettuare una copia privata, anche solo analogica, per uso personale, a condizione che tale possibilità non sia in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti”. Ciò significa che all’utente legittimo deve essere resa possibile la realizzazione di una copia almeno analogica tranne nel caso in cui: 1. anche la mera realizzazione di una copia per scopi personali sia di per sé idonea ad essere in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o arrechi un danno (ingiustificato pregiudizio) al titolare dei diritti; 2. ovvero, trattandosi di materiale protetto messo a disposizione on demand, il titolare dei diritti vi abbia apposto delle misure tecnologiche di protezione o abbia disciplinato l’accesso a detto materiale con regole negoziali idonee ad escludere la possibilità, per l’utente, di realizzarne copie anche solo per uso personale. Da ultimo occorre rilevare che la necessità, entro i limiti evidenziati, di permettere la realizzazione di una copia privata “anche solo analogica” comporta che l’obbligo in capo al titolare dei diritti (produttore del fonogramma o videogramma) è da questi correttamente adempiuto anche nel caso in cui la copia privata permessa non assuma la medesima forma dell’originale acquisito o al quale il privato ha avuto legittimo accesso. Così, se il videogramma o fonogramma sono stati fissati su un supporto digitale protetto con misure tecnologiche, il titolare dei diritti può assolvere all’obbligo di permettere la realizzazione della copia privata fornendo i medesimi contenuti su nastro (supporto analogico). L’inciso “anche solo analogica”, in riferimento alla copia privata, individua quindi la forma minima, ma pur sempre sufficiente, per assolvere gli obblighi introdotti dal comma 4 dell’articolo in commento. Artt. 71-septies e 71-octies, legge 633/41 Introdotta ai sensi dell’articolo precedente la copia privata per scopi personali, gli articoli 71septies e 71-octies si occupano di disciplinare le modalità di riscossione in forma forfetaria dei corrispettivi che spetterebbero agli aventi diritto nel caso in cui ogni singola riproduzione fosse soggetta alle norme generali di privativa (con modalità in parte analoghe a quanto già avveniva per la riproduzione su nastro). L’art. 71-septies dispone: “1. Gli autori ed i produttori di fonogrammi, nonché i produttori originari di opere audiovisive, gli artisti interpreti ed esecutori ed i produttori di videogrammi, e i loro aventi causa, hanno diritto ad un compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi di cui all’articolo 71-sexies. Detto compenso è costituito, per gli apparecchi esclusivamente destinati alla registrazione analogica o digitale di fonogrammi o videogrammi, da una quota del prezzo pagato dall’acquirente finale al rivenditore, che per gli apparecchi polifunzionali è calcolata sul prezzo di un apparecchio avente caratteristiche equivalenti a quelle della componente interna destinata alla registrazione, o da un importo fisso per apparecchio. Per i supporti di registrazione audio e video, quali supporti analogici, supporti digitali, memorie fisse o trasferibili destinate alla registrazione di fonogrammi o videogrammi, il compenso è costituito da una somma commisurata alla capacità di registrazione resa dai medesimi supporti”. Per la determinazione del compenso si tiene conto dell’apposizione o meno delle misure tecnologiche, nonché della diversa incidenza della copia digitale rispetto alla copia analogica. Ai sensi delle disposizioni transitorie al D.Lgs. 68/03 (art. 39), il suddetto compenso è fissato fino al 31 dicembre 2005, e comunque fino all’emanazione del previsto decreto, nelle seguenti misure: a) supporti audio analogici: 0,23 euro per ogni ora di registrazione; b) supporti audio digitali dedicati, quali minidisc, CD-R audio e CD-RW audio: 0,29 euro per ora di registrazione. Il compenso è aumentato proporzionalmente per i supporti di durata superiore; c) supporti digitali non dedicati, idonei alla registrazione di fonogrammi, quali CD-R dati e CD-RW dati: 0,23 euro per 650 megabyte; d) memorie digitali dedicate audio, fisse o trasferibili, quali flash memory e cartucce per lettori MP3 e analoghi: 0,36 euro per 64 megabyte; e) supporti video analogici: 0,29 euro per ciascuna ora di registrazione; f) supporti video digitali dedicati quali DVHS, DVD-R video e DVD-RW video: 0,29 euro per ora, pari a 0,87 euro per un supporto con una capacità di registrazione di 180 minuti. Il compenso è aumentato proporzionalmente per i supporti di durata superiore; g) supporti digitali idonei alla registrazione di fonogrammi e videogrammi, quali DVD Ram, DVD-R e DVD-RW: 0,87 euro per 4,7 gigabyte. Il compenso è aumentato proporzionalmente per i supporti di durata superiore; h) apparecchi esclusivamente destinati alla registrazione analogica o digitale audio o video: 3 per cento dei relativi prezzi di listino al rivenditore. Ai sensi dell’art. 71-octies, il compenso è corrisposto alla Società italiana degli autori ed editori, la quale provvede a ripartirlo agli autori e loro aventi causa e ai produttori di fonogrammi, anche per il tramite delle loro associazioni di categoria maggiormente rappresentative, ai produttori originari di opere audiovisive, ai produttori di videogrammi e gli artisti interpreti o esecutori. I produttori di fonogrammi provvedono a corrispondere il cinquanta per cento del compenso loro attribuito agli artisti interpreti o esecutori interessati. Sezione III - Disposizioni comuni Si è in precedenza evidenziato come la novella alla legge sul diritto d’autore sia intesa a disciplinare in modo particolare le forme di utilizzazione delle opere e degli altri materiali protetti nella società dell’informazione. Sotto questo profilo si sono segnalate le novità in materia di esclusive spettanti agli autori e ai titolari di diritti connessi. Art. 71-nonies, legge 633/41 Nel disciplinare le eccezioni alle privative, l’art. 71-nonies è volto a prestare particolare attenzione proprio alle forme di sfruttamento commerciale in rete. Esso dispone: “1. Le eccezioni e limitazioni disciplinate dal presente capo e da ogni altra disposizione della presente legge, quando sono applicate ad opere o ad altri materiali protetti messi a disposizione del pubblico in modo che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelto individualmente, non devono essere in contrasto con lo sfruttamento normale delle opere o degli altri materiali, né arrecare un ingiustificato pregiudizio agli interessi dei titolari”. Questa norma introduce un importante principio a tutela delle opere rese accessibili on demand, prevedendo che la loro utilizzazione economica, oltre a dover soggiacere alle limitazioni espressamente indicate dalla legge, non debba essere in contrasto con lo sfruttamento normale né arrecare un ingiustificato pregiudizio agli interessi dei titolari del diritto. Come precedentemente accennato, questo principio è pienamente accolto (e disposto) dalle tre maggiori convenzioni internazionali in materia di proprietà intellettuale (Convenzione di Berna, TRIPS, WCT). La sua applicazione determina che, qualora un’eccezione al regime di tutela sia idonea a legittimare un particolare uso dell’opera di cui un soggetto è venuto in possesso per accesso on demand (esempio: mediante Internet) ma tale uso sia, di fatto, contrastante con il suo “sfruttamento normale” o sia lesivo degli interessi economici del titolare del diritto, quest’ultimo è legittimato a opporvisi per contrasto al principio stabilito dall’articolo in parola. Ne consegue che, ad esempio, sebbene ai sensi dell’art. 65 gli articoli di attualità di carattere economico messi a disposizione del pubblico possano essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali nel caso in cui l’utilizzazione non sia stata espressamente riservata, la riproduzione sistematica di tali articoli in altra rivista è da ritenersi illegittima (a prescindere dall’eventuale – e probabile - configurazione di illecito concorrenziale) qualora dia origine a un’ipotesi di utilizzazione in contrasto al normale sfruttamento dell’opera (l’articolo) o di pregiudizio agli interessi dei titolari del diritto. Da ultimo, si osserva l’importanza dell’indicazione di entrambi i profili (“contrasto con lo sfruttamento normale” e “pregiudizio economico”) perché in molti casi il titolare del diritto incontra non poche difficoltà nel provare uno specifico pregiudizio (danno) economico, mentre il contrasto con lo sfruttamento normale è di più agevole verificazione, ben potendosi basare sull’analisi di dati generali di conformazione e prassi del mercato. Art. 71-decies, legge 633/41 Da ultimo, per porre termine a qualsiasi dubbio in ordine all’applicabilità delle eccezioni previste dalla legge ai soli diritti d’autore (con esclusione dei diritti connessi e del costitutore), l’art. 71-decies chiarisce: “Le eccezioni e limitazioni al diritto d’autore contenute nel presente capo si applicano anche ai diritti connessi di cui ai capi I, I-bis, II e III e, in quanto applicabili, agli altri capi del titolo II, nonché al capo I del titolo II-bis”. 8. FORMALITÀ COSTITUTIVE IN MATERIA DI DIRITTI CONNESSI La novella abroga due articoli aventi ad oggetto la formalità costitutiva del deposito relativamente all’esercizio di alcuni diritti connessi. Artt. 62, 77, 78 e 186, comma 3, legge 633/41 In primo luogo, relativamente al disco fonografico (ora sarebbe più corretto parlare di “supporto fonografico”), l’art. 77 prevedeva che i diritti connessi spettanti al produttore fonografico potessero essere esercitati solo a condizione che fosse stato effettuato il deposito di un esemplare del disco o dell’apparecchio analogo; in ogni caso la formalità del deposito quale condizione dell’esercizio dei diritti spettanti al produttore si riteneva soddisfatta nel caso in cui su tutti gli esemplari del disco o apparecchio analogo risultasse apposto in modo stabile il simbolo “(P)”, accompagnato dall’indicazione dell’anno di prima pubblicazione. Questa disposizione è stata abrogata. Pertanto, l’unica “formalità” ancora vigente, prevista però unicamente ai fini della commercializzazione e “in quanto applicabile”, è relativa alle indicazioni che, ai sensi dell’art. 62, devono essere riportate su ciascun supporto fonografico: “1. I supporti fonografici, nei quali l’opera dell’ingegno è riprodotta, non possono essere distribuiti se non portino stabilmente apposte le indicazioni seguenti: a) titolo dell’opera riprodotta; b) nome dell’autore; c) nome dell’artista interprete od esecutore. I complessi orchestrali o corali sono indicati col nome d’uso; d) data della fabbricazione”. La formalità relativa all’apposizione del simbolo (P) residua unicamente relativamente all’esercizio dei diritti spettanti ai produttori di fonogrammi che non possono essere considerati nazionali. Ai sensi dell’art. 186, comma terzo è infatti ora stabilito: “Salve le convenzioni internazionali per la protezione dei fonogrammi, la formalità prevista quale condizione dell’esercizio dei diritti spettanti al produttore di fonogrammi che non possono essere considerati nazionali, si riterrà soddisfatta qualora su tutti gli esemplari del supporto fonografico sia apposto in modo stabile il simbolo (P) accompagnato dall’indicazione dell’anno di prima pubblicazione”. In merito si ricorda altresì che, ai sensi dell’art. 78 “1. Il produttore di fonogrammi è la persona fisica o giuridica che assume l’iniziativa e la responsabilità della prima fissazione dei suoni provenienti da una interpretazione o esecuzione o di altri suoni o di rappresentazioni di suoni. 2. E’ considerato come luogo della produzione quello nel quale avviene la diretta registrazione originale”. Art. 106, comma 2, legge 633/41 Con portata generale relativamente alla costituzione dei diritti connessi, si rileva l’abrogazione del comma 2 dell’art. 106 che contemplava l’unica ipotesi residuale di formalità costitutiva in materia di opere dell’ingegno. L’art. 106, comma 1 (immutato) prevede: “L’omissione del deposito non pregiudica l’acquisto e l’esercizio del diritto di autore sulle opere protette a termini delle disposizioni del titolo I di questa legge e delle disposizioni delle convenzioni internazionali, salva, per le opere straniere, l’applicazione dell’art. 188 di questa legge”; è stata invece abrogata la norma di cui al secondo comma: “L’omissione del deposito impedisce l’acquisto o l’esercizio di diritti sulle opere contemplate nel titolo II di questa legge, a termini delle disposizioni contenute nel titolo medesimo”. 9. IL RICONOSCIMENTO DI UN NUOVO DIRITTO CONNESSO Le modifiche apportate agli articoli 72, 78-ter, 79 e 80 introducono, a favore rispettivamente del produttore di fonogrammi, del produttore di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, dell’emittente radiotelevisiva e degli artisti interpreti ed esecutori, il diritto connesso di mettere l’opera a disposizione del pubblico on demand. Essi inoltre, uniformano il contenuto del diritto di riproduzione e di distribuzione secondo i principi adottati per le corrispondenti privative d’autore (di cui si è detto in precedenza). Art. 72, legge 633/41 In questo senso, l’art. 72 dispone che il produttore di fonogrammi ha, tra l’altro, il diritto esclusivo di autorizzare: - la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, dei suoi fonogrammi in qualunque modo o forma, in tutto o in parte e con qualsiasi processo di duplicazione; - la distribuzione degli esemplari dei suoi fonogrammi. Il diritto esclusivo di distribuzione non si esaurisce nel territorio della Comunità europea, se non nel caso di prima vendita del supporto contenente il fonogramma effettuata o consentita dal produttore in uno Stato membro; - la messa a disposizione del pubblico dei suoi fonogrammi in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente. Tale diritto non si esaurisce con alcun atto di messa a disposizione del pubblico. Art. 78-ter, legge 633/41 L’art. 78-ter riconosce al produttore di opere cinematografiche o audiovisive o di sequenze di immagini in movimento, tra l’altro, il diritto esclusivo di autorizzare: - la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte, degli originali e delle copie delle proprie realizzazioni; - la distribuzione con qualsiasi mezzo, compresa la vendita, dell’originale e delle copie di tali realizzazioni. Il diritto di distribuzione non si esaurisce nel territorio della Comunità europea se non nel caso di prima vendita effettuata o consentita dal produttore in uno Stato membro; - la messa a disposizione del pubblico dell’originale e delle copie delle proprie realizzazioni, in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente. Tale diritto non si esaurisce con alcun atto di messa a disposizione del pubblico. Art. 79, legge 633/41 L’art. 79 riconosce a coloro che esercitano l’attività di emissione radiofonica o televisiva, tra l’altro, il diritto esclusivo di autorizzare: - la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte, delle fissazioni delle proprie emissioni; - la messa a disposizione del pubblico in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso nel luogo o nel momento scelti individualmente, delle fissazioni delle proprie emissioni, siano esse effettuate su filo o via etere. Il diritto non si esaurisce con alcun atto di comunicazione al pubblico o di messa a disposizione del pubblico; - la distribuzione delle fissazioni delle proprie emissioni. Il diritto di distribuzione non si esaurisce nel territorio della Comunità europea, se non nel caso di prima vendita effettuata o consentita dal titolare in uno Stato membro. Artt. 80, 81 e 83 legge 633/41 Gli artisti interpreti ed artisti esecutori, gli attori, i cantanti, i musicisti, i ballerini e le altre persone che rappresentano, cantano, recitano, declamano o eseguono in qualunque modo opere dell’ingegno, siano esse tutelate o di dominio pubblico, ai sensi dell’art. 80 hanno, tra l’altro, il diritto esclusivo di autorizzare: - la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte, della fissazione delle loro prestazioni artistiche; - la comunicazione al pubblico, in qualsivoglia forma e modo, ivi compresa la messa a disposizione del pubblico in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, delle proprie prestazioni artistiche dal vivo, nonché la diffusione via etere e la comunicazione via satellite delle prestazioni artistiche dal vivo, a meno che le stesse siano rese in funzione di una loro radiodiffusione o siano già oggetto di una fissazione utilizzata per la diffusione. Se la fissazione consiste in un supporto fonografico, qualora essa sia utilizzata a scopo di lucro, è riconosciuto a favore degli artisti interpreti o esecutori il compenso di cui all’art. 73; qualora non sia utilizzata a scopo di lucro, è riconosciuto a favore degli artisti interpreti o esecutori interessati l’equo compenso di cui all’art. 73-bis. Il diritto non si esaurisce con alcun atto di comunicazione al pubblico o di messa a disposizione del pubblico; - la messa a disposizione del pubblico in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, delle fissazioni delle proprie prestazioni artistiche e delle relative riproduzioni. Il diritto non si esaurisce con alcun atto di comunicazione al pubblico o di messa a disposizione del pubblico; - la distribuzione delle fissazioni delle loro prestazioni artistiche. Il diritto non si esaurisce nel territorio della Comunità europea se non nel caso di prima vendita da parte del titolare del diritto o con il suo consenso in uno Stato membro. In tema di diritti spettanti agli artisti interpreti ed esecutori, inoltre, l’art. 81 sancisce: “Gli artisti interpreti e gli artisti esecutori hanno il diritto di opporsi alla comunicazione al pubblico o alla riproduzione della loro recitazione, rappresentazione o esecuzione che possa essere di pregiudizio al loro onore o alla loro reputazione” e, ai sensi dell’art. 83, agli artisti interpreti e agli artisti esecutori che sostengono le prime parti nell’opera o composizione drammatica, letteraria o musicale, è riconosciuto il diritto che il loro nome sia indicato nella comunicazione al pubblico della loro recitazione, esecuzione o rappresentazione e venga stabilmente apposto sui supporti contenenti la relativa fissazione, quali fonogrammi, videogrammi o pellicole cinematografiche. 10. LE MISURE TECNOLOGICHE DI PROTEZIONE E LE INFORMAZIONI SUL REGIME DEI DIRITTI Il nuovo Titolo II-ter è dedicato alle “Misure tecnologiche di protezione. Informazioni sul regime dei diritti”. Art. 102-quater, legge 633/41 Ai sensi dell’art. 102-quater i titolari di diritti d’autore e di diritti connessi nonché del costitutore di banche di dati (art. 102-bis, comma 3), possono apporre sulle opere o sui materiali protetti misure tecnologiche di protezione efficaci. Queste comprendono tutte le tecnologie, i dispositivi o i componenti che, nel normale corso del loro funzionamento, sono destinati a “impedire” o “limitare” atti non autorizzati dai titolari dei diritti. Le misure tecnologiche di protezione sono considerate efficaci nel caso in cui l’uso dell’opera o del materiale protetto sia controllato dai titolari tramite l’applicazione di un dispositivo di accesso o di un procedimento di protezione, quale la cifratura, la distorsione o qualsiasi altra trasformazione dell’opera o del materiale protetto, ovvero sia limitato mediante un meccanismo di controllo delle copie che realizzi l’obiettivo di protezione. Oltre ad una evidente funzione di protezione del materiale da indebite utilizzazioni, giova ricordare che l’apposizione di misure tecnologiche ai materiali trasmessi on line (ossia: messi a disposizione del pubblico on demand) è uno dei requisiti essenziali per ottenere la non applicazione dell’eccezione al diritto di riproduzione per uso privato di cui all’art. 71-sexies, comma 1 (del quale si è detto precedentemente). Art. 102-quinquies e 71-quinquies, legge 633/41 Ai sensi dell’art. 102-quinquies, le informazioni elettroniche sul regime dei diritti possono essere inserite dai titolari dei diritti sulle opere o sui materiali protetti o possono essere fatte apparire nella comunicazione al pubblico degli stessi. Esse hanno lo scopo di identificare l’opera o il materiale protetto, nonché l’autore o qualsiasi altro titolare dei diritti. Tali informazioni possono altresì contenere indicazioni circa i termini o le condizioni d’uso dell’opera o dei materiali, nonché qualunque numero o codice che rappresenti le informazioni stesse o altri elementi di identificazione. Sotto questo profilo si segnala che l’AIE (nell’ambito di un progetto che vede coinvolti, oltre al CINECA, partner francesi, tedeschi e spagnoli), in applicazione della tecnologia DOI® (Digital Object Identifier System), coordina il progetto europeo mEDRA (multilingual European DOI Registration Agency – www.medra.org) per la realizzazione di un sistema teso, tra le altre cose, a identificare univocamente i materiali (di qualsiasi genere essi siano) in forma digitale per la loro immissione in rete. Questa tecnologia costituisce la prima applicazione in grado di assicurare l’inserimento di quelle informazioni sul regime dei diritti appunto disciplinate dal nuovo art. 102-quinquies. L’inserimento o la comunicazione di informazioni sul regime dei diritti sono requisiti indispensabili per una maggiore e più puntuale protezione delle opere, dato che su essi poggiano alcune importanti norme penali (di cui nel prosieguo). I titolari di diritti che abbiano apposto le misure tecnologiche sono tenuti, ai sensi dell’art. 71quinquies, alla rimozione delle stesse, per consentire l’utilizzo delle opere o dei materiali protetti, dietro richiesta dell’autorità competente, per fini di sicurezza pubblica o per assicurare il corretto svolgimento di un procedimento amministrativo, parlamentare o giudiziario. Essi, inoltre, sono tenuti ad adottare idonee soluzioni, anche mediante la stipula di appositi accordi con le associazioni di categoria rappresentative dei beneficiari, per consentire l’esercizio delle eccezioni (ad esclusione di quelle che limitano la loro applicabilità alle opere non protette da misure tecnologiche), su espressa richiesta dei beneficiari ed a condizione che questi ultimi abbiano acquisito il possesso legittimo degli esemplari dell’opera o del materiale protetto, o vi abbiano avuto accesso legittimo ai fini del loro utilizzo. Si evidenzia che questi adempimenti non sono richiesti in relazione alle opere o ai materiali messi a disposizione del pubblico in modo che ciascuno vi possa avere accesso dal luogo o nel momento scelti individualmente, quando l’accesso avvenga sulla base di accordi contrattuali. Il terzo comma dell’art. 71-quinquies ribadisce quindi l’importanza centrale degli accordi negoziali intercorsi tra le parti. Le associazioni di categoria dei titolari dei diritti e gli enti o le associazioni rappresentative dei beneficiari delle eccezioni possono svolgere trattative volte a consentire l’esercizio delle suddette eccezioni. In mancanza di accordo, ciascuna delle parti può rivolgersi al Comitato consultivo permanente per il diritto di autore perché esperisca un tentativo obbligatorio di conciliazione (cfr. articoli 190, commi 2 e 3 e 194-bis). 11. NORME PROCESSUALI E PENALI PER IL RITARDO Art. 163, legge 633/41 Ai sensi dell’art. 163, il titolare di un diritto di utilizzazione economica può chiedere che sia disposta l’inibitoria di qualsiasi attività che costituisce violazione del diritto stesso, secondo le norme del codice di procedura civile concernenti i procedimenti cautelari. Pronunciando l’inibitoria, il giudice può fissare una somma dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata o per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Ove in sede giudiziaria si accerti la mancata corresponsione del compenso relativo ai diritti spettanti al produttore di fonogrammi e gli artisti interpreti e gli artisti esecutori che abbiano compiuto l’interpretazione o l’esecuzione fissata o riprodotta nei fonogrammi per l’utilizzazione dei fonogrammi a mezzo della cinematografia, della diffusione radiofonica e televisiva, ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite, nelle pubbliche feste danzanti, nei pubblici esercizi ed in occasione di qualsiasi altra pubblica utilizzazione dei fonogrammi stessi, oltre alla liquidazione dello stesso può essere disposta l’interdizione dall’utilizzo dei fonogrammi per un periodo da un minimo di quindici giorni ad un massimo di centottanta giorni; se viene accertata l’utilizzazione di fonogrammi che arrecano pregiudizio al produttore fonografico, oltre alla interdizione definitiva dal loro utilizzo, può essere comminata una sanzione amministrativa da un minimo di euro 260,00 ad un massimo di euro 5.200,00. In ordine alla competenza e alla procedura processuale per l’applicazione delle disposizioni in commento, si ricorda che, in attuazione dell’art. 16 della legge 12 dicembre 2002, n. 273 concernente delega al Governo per l'emanazione di uno o più decreti legislativi recanti l'istituzione di sezioni dei tribunali specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale, il Consiglio dei Ministri sta in questo periodo licenziando un decreto legislativo di istituzione delle suddette sezioni specializzate. In base allo schema di decreto in discussione, presso i tribunali e le corti d'appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia saranno istituite sezioni specializzati aventi competenza esclusiva in materia di controversie aventi ad oggetto marchi nazionali e comunitari, brevetti d'invenzione e per nuove varietà vegetali, modelli di utilità, disegni e modelli e diritto d' autore nonché di fattispecie di concorrenza sleale interferenti con la tutela della proprietà industriale ed intellettuale. Le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale decideranno in composizione collegiale (il collegio giudicante è composto da tre magistrati), mentre lo svolgimento delle attività istruttorie sarà assegnato ad un magistrato componente il collegio (così detto Giudice istruttore). Nelle materie assegnate, le competenze riservate dalla legge al Presidente del tribunale e al Presidente della corte d'appello spettano al Presidente delle rispettive sezioni specializzate. Ciò significa, per quanto di interesse in questa sede, che il provvedimento inibitorio in via cautelare sarà emesso, in primo grado, dal Collegio della sezione specializzata presso il Tribunale territorialmente competente, il quale rimetterà per il proseguimento dell’istruttoria della causa in via ordinaria al Giudice istruttore designato. Terminata l’istruttoria di causa, la decisione sarà rimessa al Collegio giudicante. L’eventuale reclamo contro il provvedimento cautelare emesso dal Collegio della sezione specializzata, così come contro l’eventuale rigetto della domanda tesa al suo ottenimento, dovrà essere proposto, ai sensi dell’attuale art. 669terdecies del codice di procedura civile, “ad altra sezione della stessa Corte o, in mancanza, alla Corte d’Appello più vicina”. Proprio quest’ultima previsione induce non pochi problemi applicativi, anche considerato che lo schema di decreto in discussione prevede che le sezioni specializzate siano composte da un numero di giudici “non inferire a cinque”. Come detto, l’art. 669-terdecies c.p.c. (che disciplina i reclami contro i provvedimenti cautelari), sancisce la competenza di altra sezione o della Corte più vicina: al fine di evitare che in sede di reclamo possano essere investiti della materia giudici privi di “competenza specialistica” (perché diversi da quelli della sezione specializzata) dovrebbe quindi essere stabilita quanto meno un’integrazione delle disciplina procedurale volta a investire non “un’altra sezione della stessa Corte”, bensì un diverso Collegio della medesima sezione specializzata. Anche in tal caso, poi, il numero dei giudici assegnati alla sezione specializzata, per garantire la diversità soggettiva dei giudicanti in sede di reclamo, dovrebbe essere almeno di sei (tre per ciascuna delle sezioni). 12. LE SANZIONI PENALI L’importanza dell’adozione di misure tecnologiche di protezione e dell’apposizione o comunicazione di informazione sul regime dei diritti è strettamente connessa, come si è in precedenza accennato, alla possibilità di ottenere una maggiore protezione, anche penale, contro gli illeciti commessi in danno ai diritti vantati sull’opera dell’ingegno. L’impianto sanzionatorio penale del diritto d’autore ha subito, anche in quest’ottica, una profonda rivisitazione, sebbene non sempre sostanziale: alcune delle precedenti norme sono state semplicemente scomposte in più articoli (questo il caso dell’art. 171-ter), ad altre è stata attribuita una diversa numerazione (l’art. 174-ter è divenuto l’art. 174-quinquies) anche al fine di consolidare la L. 248/00 (specificatamente l’art. 16) nel testo della L. 633/41. Premesso che gli articoli 171, 171-bis, 171-quater, 171-quinquies, 171-septies, 171-octies, 171-nonies, 172, 173 e 174 non hanno subito alcuna modifica, esaminiamo di seguito le novità di maggiore rilevanza. Art. 171-ter, legge 633/41 L’art. 171-ter è modificato sia in senso formale sia sostanziale. In primo luogo, i reati già previsti al comma 1, lettera d) trovano ora collocazione in due distinte lettere: - i reati sanzionati nella prima parte (relativi alla commercializzazione di supporti privi del contrassegno SIAE) sono rimasti nella lettera d); - i reati sanzionati nell’ultima parte (relativi ai mezzi di elusione delle misure tecnologiche), sono stati, con modifiche, ricondotti alle ipotesi di cui alla nuova lettera fbis). A questo comma è stata inoltre aggiunta la lettera h) [più propriamente: lettera f-ter]. Ai sensi dell’art. 171-ter, lettera f-bis) costituisce reato, se il fatto è commesso per uso non personale, la fabbricazione, l’importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio, la cessione a qualsiasi titolo, la promozione per la vendita o il noleggio, o la detenzione per scopi commerciali, di attrezzature, prodotti o componenti idonei ad eludere le efficaci misure tecnologiche apposte, nonché la prestazione di servizi che abbiano la prevalente finalità o l’uso commerciale di porre in essere tale elusione. La medesima norma punisce come reato le attività dirette alla progettazione, produzione o adattamento di strumenti che abbiano la finalità di rendere possibile o facilitare l’elusione delle misure tecnologiche. Ai sensi dell’art. 171-ter, lettera h) [leggasi: lettera f-ter] sono punite come reato la rimozione o l’alterazione abusiva delle informazioni elettroniche, nonché la distribuzione, l’importazione a fini di distribuzione, la diffusione per radio o per televisione, la comunicazione o la messa a disposizione del pubblico di opere o altri materiali protetti dai quali siano state rimosse o alterate le informazioni elettroniche stesse. Art. 174-bis, legge 633/41 L’art. 174-bis è stato suddiviso, per coordinarne le disposizioni con l’introduzione nel testo della L. 633/41 dell’art. 16 della L. 248/00 (ora: art. 174-ter, che per altro contiene disposizioni ulteriori), in due diverse disposizioni, così che: - il primo comma dell’art. 174-bis è rimasto invariato (salvo il fatto che le sanzioni, precedentemente espresse il lire, sono state convertite in euro); - il comma secondo è stato spostato (previa abrogazione) e modificato in parte, divenendo l’attuale art. 174-quater. Art. 174-ter, legge 633/41 L’art. 174-ter, che ripropone in parte il contenuto dell’art. 16 della L. 248/00, configura come reato l’utilizzazione, anche via etere o via cavo, la duplicazione o la riproduzione di opere o materiali protetti in modo non conforme alla legge anche avvalendosi di strumenti atti ad eludere le misure tecnologiche di protezione, ovvero di attrezzature, prodotti o componenti atti ad eludere misure di protezione tecnologiche. In caso di recidiva o di fatto grave per la quantità delle violazioni la condanna può giungere alla revoca della concessione o dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività produttiva o commerciale. Ricordiamo che, ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo in commento, come già del precedente art. 16 della L. 248/00, è punita anche la condotta illecita (quale l’acquisto o detenzione di una copia contraffatta o di un libro fotocopiato) posta in essere dal privato. L’art. 174-quater, legge 633/41 L’art. 174-quater, come già in precedenza l’art. 174-bis, comma 2, stabilisce in ordine all’affluenza, al Ministero della giustizia e al Ministero dell’economia e delle finanze, dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative applicati ai sensi degli articoli 174-bis e 174ter. L’art. 174-quinquis, legge 633/41 Sotto la numerazione 174-quinquies si trova, senza alcuna modifica, la norma di cui già al previgente 174-ter. 13. NUOVI COMPITI DELLA AGCOM E DELLA SIAE Art. 182-bis, legge 633/41 L’art. 182-bis, nell’attuale formulazione, corrisponde al testo previgente, al quale è stata aggiunta la lettera d-bis) e modificato il comma 3. Ai sensi dell’art. 182-bis, comma 1, lettera d-bis), all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) ed alla Società italiana degli autori ed editori (SIAE) è attribuita, nell’ambito delle rispettive competenze previste dalla legge, al fine di prevenire ed accertare le violazioni della presente legge, la vigilanza sull’attività di fabbricazione, importazione e distribuzione degli apparecchi e dei supporti di registrazione. Il terzo comma dell’articolo in commento dispone: “Gli ispettori possono accedere ai locali dove vengono svolte le attività di riproduzione, duplicazione, vendita, emissione via etere e via cavo o proiezione cinematografica, nonché le attività ad esse connesse; possono altresì accedere ai locali dove vengono svolte le attività di cui alla lettera e) del comma 1”. In merito, rilevato che al comma 1 dell’art. 182-bis non compare alcuna “lettera e)”, mentre la lettera d-bis) avrebbe trovato più logica numerazione come lettera e), pare corretto ritenere che il legislatore intendesse fare riferimento alle attività contraddistinte con la lettera d-bis) (fabbricazione, importazione e distribuzione degli apparecchi e dei supporti di registrazione). Gli ispettori possono richiedere l’esibizione della documentazione relativa all’attività svolta, agli strumenti e al materiale in lavorazione, in distribuzione, in fase di utilizzazione attraverso l’emissione o la ricezione via etere e via cavo o la proiezione cinematografica, nonché quella relativa agli apparecchi e supporti di registrazione. Nel caso in cui i suddetti locali non siano luoghi aperti al pubblico, stabilimenti industriali o esercizi commerciali o emittenti radiotelevisive, l’accesso degli ispettori deve essere autorizzato dall’autorità giudiziaria. 14- TERMINI DI APPLICAZIONE DELLE NUOVE NORME Le disposizioni che abbiamo commentato e le altre novità introdotte dal D.Lgs. 68/03 si applicano a tutte le opere e agli altri materiali in esso contemplati protetti alla data del 22 dicembre 2002. In ogni caso, restano salvi gli atti conclusi ed i diritti acquisiti prima della stessa data. Ciò significa che la volontà negoziale delle parti formatasi precedentemente al 22 dicembre 2002 è pienamente valida ed efficace. Come è ben noto, per altro, relativamente al contratto di edizione, l’art. 119, comma 5 sancisce: “L’alienazione di uno o più diritti di utilizzazione non implica, salvo fatto contrario, il trasferimento di altri diritti che non siano necessariamente dipendenti dal diritto trasferito, anche se compresi, secondo le disposizioni del titolo, nella stessa categoria di facoltà esclusive”. Ciò induce a valutare con estrema prudenza gli effetti giuridici dei contratti di edizione stipulati antecedentemente al 22 dicembre 2002 poiché le disposizioni in essi contenute, pur non essendo necessario che contengano formulazioni pedisseque della lettera normativa, devono potersi ricondurre alle nuove fattispecie normative ora specificatamente riconosciute agli autori. Con ciò si intende porre l’attenzione sulla circostanza che, affinché l’Editore possa ritenersi titolare del diritto di messa a disposizione dell’opera on demand, pur non essendo richiesto che il contratto relativamente al trasferimento dei diritti di proprietà intellettuale reciti che “l’autore cede il diritto esclusivo di comunicazione al pubblico e di mettere l’opera a disposizione del pubblico dell’opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente”, è tuttavia necessario, stante in disposto di cui all’art. 119, comma 5 precedentemente citato, che lo stesso non si limiti a regolare la cessione o concessione del diritto di comunicazione al pubblico (o, più facilmente, stante la precedente lettera della norma di “diffusione”) senza alcun riferimento al mezzo telematico o ad Internet. Ciò, ovviamente, è tanto più vero per i contratti maggiormente risalenti nel tempo (in periodi in cui la rete non era conosciuta o diffusa), per i quali non pare neppure esperibile un’interpretazione contrattuale alla luce dei mezzi tecnologici di sfruttamento dell’opera comunemente presupposti dalle parti sotto la dizione “diffusione” o “comunicazione al pubblico”. A seguito della modificazione apportata alla determinazione del momento costituitivo del diritto del produttore di fonogrammi, è inoltre previsto che i diritti del produttore di un fonogramma, i cui termini di protezione siano scaduti alla data del 22 dicembre 2002, non siano nuovamente protetti. Da ultimo ricordiamo che il deposito degli strumenti di ratifica dei due Trattati elaborati in seno alla WIPO (il WCT e il WPPT, al quale si è in precedenza fatto riferimento) nel 1996 da parte dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri potrà avvenire solo dopo che tutti i Paesi della UE avranno recepito la Direttiva 2001/29/CE, come deciso dal Consiglio dell’Unione il 16 marzo 2000. 15. ABROGAZIONI Una delle caratteristiche del legislatore degli ultimi anni è senza dubbio la modalità adottata in ordine alle abrogazioni. L’art. 41 del D.Lgs. 68/03, recita: “1. Gli articoli 1 e 2 della legge 22 maggio 1993, n. 159, restano abrogati. 2. Sono abrogati l’art. 77 ed il secondo comma dell’art. 106 della legge 22 aprile 1941, n. 633. 3. Sono abrogati gli articoli 2 e 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 93. 4. È abrogato l’articolo 16 della legge 18 agosto 2000, n. 248.” In realtà, come si è precedentemente notato, le norme precedentemente disposte all’art. 16 della L. 248/00 e dagli articoli 2 e 3 della L. 92/93 non sono state effettivamente abrogate, ma consolidate con modifiche nella L. 633/41. Quanto meno particolare (anche se – purtroppo – non isolata) è poi la disposizione del primo comma, secondo la quale “restano abrogate” norme che non erano già più vigenti al momento dell’emanazione della novella. Cordiali saluti. IL DIRETTORE (Ivan Cecchini)