I REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE. I
REDDITI DI IMPRESA. I COMPONENTI
POSITIVI E NEGATIVI DEL REDDITO DI
IMPRESA. I PRINCIPI GENERALI PER LA
DETERMINAZIONE DEL REDDITO DI
IMPRESA.
Corso in “Tributi, paghe e
contributi”
Lezione del 1° luglio 2011
Dott.ssa Giusi Fulghesu
Obiettivi didattici





Definizione nozione di redditi di lavoro
dipendente
Individuazione criteri generali di determinazione
dei redditi di lavoro dipendente
Definizione nozione di reddito di impresa
Individuazione principi generali che presiedono
alla determinazione del reddito di impresa
Componenti positivi e negativi del reddito di
impresa
I REDDITI DI LAVORO
DIPENDENTE
Nozione di reddito di lavoro
dipendente
I redditi di lavoro dipendente sono
quelli che derivano da rapporti aventi
per oggetto la prestazione di lavoro,
con qualsiasi qualifica, alle dipendenze
e sotto la direzione di altri, compreso il
lavoro a domicilio quando è considerato
lavoro dipendente secondo le norme
della legislazione sul lavoro (art. 49, co.
1, Tuir).
La definizione fiscale riecheggia l'art.
2094 c.c., che definisce lavoratore
dipendente chi lavora alle dipendenze e
sotto la direzione dell'imprenditore.
Tuttavia, tra la normativa civilistica e quella
fiscale vi è una evidente discrasia.
Dalla nozione fiscale di reddito di lavoro
dipendente è stato omesso il riferimento alla
collaborazione del prestatore di lavoro
nell’impresa e a favore dell’imprenditore, al
fine di evitare l’esclusione di taluni redditi di
lavoro da questa categoria reddituale.
Sono infatti redditi di lavoro
dipendente



Proventi percepiti dai dipendenti dello
Stato o altri enti pubblici non economici
Proventi percepiti dai lavoratori
domestici
Proventi percepiti da tutti coloro che
operano alle dipendenze di soggetti non
qualificabili come imprenditori
La nozione di lavoro dipendente
elaborata dalla normativa fiscale ha
costituito un modello per la legislazione
previdenziale al fine di garantire
uniformità di applicazione del
prelievo tributario e previdenziale
(a seguito art. 12, dlgs 314/1977).
Lavoro a domicilio
Figura ibrida, per qualche verso
comparabile con l’esercizio della piccola
impresa (auto-organizzazione del
lavoratore, utilizzo di fattori produttivi)
che rientra nella nozione fiscale di rld
quando vi è subordinazione tecnica
del lavoratore rispetto
all’imprenditore.
Art. 49, co.2, Tuir
Redditi definiti di lavoro dipendente, che pur
non rappresentando il compenso di
prestazioni lavorative, sono ricollegati allo
status di lavoratore dipendente.
Norma derogatoria rispetto alla ratio generale
della categoria ispirata ad esigenze di
uniformità di trattamento di fenomeni
reddituali assimilabili.
… segue

interessi moratori e della rivalutazione
monetaria corrisposti al lavoratore
dipendente per la diminuzione del credito
connesso allo svolgimento dell'attività
lavorativa, dovuti in base a sentenza (ai sensi
art. 429, ult. co., c.p.c.), nonché
eventualmente in base ad accordo negoziale
con il datore di lavoro (perlopiù in ragione di
una transazione)
… segue

Pensioni di ogni genere ed assegni
ad esse equiparati (anche pensioni di
professionisti ed imprenditori, pensioni
dovute ai superstiti di un lavoratore
deceduto)
Redditi assimilati (art. 50 Tuir)



Fattispecie reddituali in cui manca il
collegamento con la prestazione
lavorativa
Fattispecie reddituali in riferimento alle
quali manca il vincolo di subordinazione
Compensi riconducibili al lavoro
dipendente ma non corrisposti dal
datore di lavoro
Fattispecie reddituali in cui manca il
collegamento con la prestazione lavorativa


Rendite vitalizie e le rendite a tempo
determinato costituite a titolo oneroso
(art. 50, lett. h)
Prestazioni pensionistiche della
previdenza complementare, di cui al
dlgs 21.4.1993, n. 124, comunque
erogate (art. 50, lett. h bis).
… segue

1.
Assegni periodici comunque denominati alla
cui produzione non concorrono né capitale
né lavoro (art. 50, lett. i)
Es. assegni periodici corrisposti al coniuge
in conseguenza di separazione
legale ed effettiva, di scioglimento od
annullamento di matrimonio o di cessazione
dei suoi effetti civili, nella misura in cui
risultano da provvedimenti dell'autorità
giudiziaria
Fattispecie reddituali in riferimento alle quali
manca il vincolo di subordinazione




Compensi percepiti dai soci di società
cooperative (ari. 50, lett. a), purché iscritte
nel registro prefettizio o nello schedario
generale della cooperazione
Compensi di amministratori o sindaci di enti
o società
Remunerazioni dei sacerdoti
Compensi per collaborazioni con riviste e
giornali
… segue



Somme corrisposte a titolo di borsa di studio
o per fini di studio o di addestramento
professionale
Compensi per l'attività intramuraria svolta in
qualità di libero professionista dal personale
dipendente del SSN (assunti nella misura del
75%)
Gettoni di presenza ed altri compensi
corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle
province e dai comuni per l’esercizio di
pubbliche funzioni
… segue



Compensi dei membri commissioni
tributarie e dei giudici di pace
Indennità percepite dai membri del
Parlamento nazionale e del Parlamento
europeo
Compensi dei lavoratori socialmente utili
in conformità a specifiche disposizioni
normative
… segue I redditi di collaborazione
coordinata e continuativa
Tali redditi erano redditi di lavoro
autonomo prima della modifica
introdotta all’art. 50 Tuir dalla legge
342/2000.
Tra di essi rientrano i compensi ai
lavoratori “a progetto” (dlgs 276/2003 attuazione legge Biagi)
Compensi riconducibili al lavoro dipendente
ma non corrisposti dal datore di lavoro


Compensi per la partecipazione a comitati
tecnici, organi collegiali, commissioni esami,
organi consultivi di enti pubblici e privati
Si tratta di somme erogate da soggetti diversi
dal datore di lavoro per incarichi svolti in
relazione e in dipendenza del rapporto di
lavoro perlopiù sulla base di un ordine di
servizio
Indennità previdenziali dovute dall’Inps
(malattia, maternità, disoccupazione) e
dall’Inail (inabilitazione temporanea)
Criteri generali di determinazione
del reddito di lavoro dipendente



Principio della omnicomprensività
Assunzione delle somme “al lordo”
Principio di cassa
Principio di omnicomprensività
(art. 51 Tuir)
Si considerano tutti i proventi in denaro
e in natura percepiti nel corso del
periodo di imposta in relazione al
rapporto di lavoro dipendente,
comprese le liberalità, anche a
prescindere pertanto dalla sussistenza
di un carattere retributivo o
sinallagmatico con la prestazione di
lavoro (indennità, Tfr, interessi, etc.).
Ai fini della imponibilità occorre
comunque che il provento presenti un
carattere reddituale, dovendo
escludersi la tassazione delle somme o
dei valori aventi un carattere
patrimoniale.
Esempi


Ha natura patrimoniale il risarcimento di
perdite patrimoniali dovute alla svolgimento
della attività lavorativa (risarcimento per la
distruzione dell’autovettura o le spese
mediche per infortunio sul lavoro)
Ha natura reddituale il risarcimento per la
perdita di introiti aventi natura reddituale
(indennità giornaliera Inail che sostituisce la
remunerazione ordinaria in caso di infortunio)
… segue Redditi in natura e
fringe benefit
I compensi in natura sono talvolta
denominati fringe benefit, in quanto si
tratta di vantaggi concessi in aggiunta
alla normale retribuzione in danaro,
attribuiti a categorie di lavoratori (per lo
più dirigenti), in aggiunta alla normale
retribuzione in danaro.
Alcuni sono stati ideati per fini di elusione
fiscale. Ma sovente sono sorti per incentivare
la produttività dei dipendenti, per legarli
all'impresa, per motivi di prestigio
dell'impresa.
Es: uso privato di autovetture aziendali, di
telefoni cellulari, speciali assicurazioni contro
la malattia o la vecchiaia, mense scontate,
attività dopolavoristiche e ricreative, uso di
abitazioni di servizio, doni in natura,
contributi scolastici, iscrizioni a club, etc.
I fringe benefit possono essere dati al
lavoratore sia dal datore di lavoro sia da
terzi e possono fruirne anche i familiari
del lavoratore, ma sono sempre tassati
come redditi del lavoratore.
Nella determinazione dell’imponibile
sono quantificati in base al valore
normale (prezzo mediamente praticato
dalla stessa azienda nelle cessioni ai
grossisti ex art. 9 Tuir),
Ai fini di semplificazione, se il valore
complessivo dei fringe benefit è
inferiore a €258,23 non concorre a
formare il reddito imponibile (art. 51,
co. 3, ultimo periodo).
Determinazione “al lordo”
Irrilevanza fiscale dei costi di
produzione sopportati dal lavoratore in
relazione allo svolgimento della propria
attività (es. spese di trasporto,
aggiornamenti professionali, costi di
telecomunicazioni, etc.).
Perciò, le spese effettivamente
sostenute dal lavoratore non sono
deducibili.
In luogo della deduzione delle spese
effettivamente sostenute, il legislatore
prevede una detrazione forfetaria
dall’imposta lorda.
Ratio del principio


ragioni di semplificazione applicativa: si
vuole evitare ai lavoratori oneri di
documentazione e di contabilità
finalità antielusive: si vuole impedire
che vengano dedotte spese non inerenti
Principio di cassa
I redditi di lavoro non sono imponibili
quando maturano ma nel periodo di
imposta in cui sono percepiti.
Per ragioni di semplificazione dei
conteggi rientrano nel periodo
d’imposta i redditi percepiti entro il 12
gennaio del periodo successivo a quello
cui si riferiscono.
Esclusioni di alcuni proventi
dalla base imponibile
La base imponibile del lavoro dipendente è delimitata
anche attraverso l’elencazione tassativa delle somme
e dei valori che non concorrono a formare il reddito,
benché percepiti in relazione al rapporto di lavoro
subordinato.
Si tratta di proventi che vengono esclusi per ragioni di
opportunità sociale, in quanto in linea di principio non
costituiscono un arricchimento per il lavoratore, bensì
rispondono ad esigenze di protezione o di tutela di
bisogni fondamentali della personalità e della dignità
individuale.
Esempi




Contributi che il datore di lavoro versa per
l’assistenza, la previdenza e la sanità
Prestazioni di servizi di trasporto collettivo
Prestazioni di vitto (es. mensa
aziendale/importo non superiore a Euro 5,29
al giorno)
Mance degli impiegati tecnici delle case da
gioco (croupiers)
… segue Disciplina fiscale delle
stock option
Le azioni attribuite, con funzione retributiva, alla
generalità dei dipendenti (c.d. piani di azionariato
diffuso), non sono tassate, ma solo nei limiti di un
importo di 2065,83 Euro, ed a condizione che non
siano riacquistate dalla società emittente o dal datore
di lavoro o comunque cedute prima che siano
trascorsi almeno tre anni dalla percezione. Se le
azioni sono cedute prima del triennio, l'importo che
non ha concorso a formare il reddito al momento
dell'acquisto è assoggettato a tassazione nel periodo
d'imposta in cui avviene la cessione.
I rimborsi spese

Qualora il lavoratore presti la propria
attività in un comune diverso da quello
dove è ubicata l'abituale sede di lavoro,
è previsto che i rimborsi spese effettuati
dal datore di lavoro a favore del
lavoratore medesimo siano fiscalmente
irrilevanti e dunque non concorrano a
formare il reddito imponibile.
… segue

Le spese di vitto ed alloggio e di
trasporto (aereo, treno, autovettura,nave,
etc.) devono essere oggetto di una
rendicontazione analitica (c.d. rendiconto "a
piè di lista").
Per i trasporti aerei e ferroviari è ritenuta
sufficiente la presentazione del biglietto di
viaggio; per gli spostamenti con autovettura il
rimborso è ammesso sulla base delle tariffe
chilometriche Aci.

I rimborsi di altre spese, anche non
documentabili, eventualmente
sostenute dal dipendente in occasione
delle trasferte o missioni non
costituiscono reddito fino all'importo
giornaliero di € 15,49 per le trasferte in
Italia e di € 25,82 per le trasferte
all'estero.


indennità forfetaria di trasferta al lavoratore,
che non è imponibile come reddito di lavoro
dipendente nel limite di € 46,48 al giorno in
Italia e di € 77,47 per l'estero
indennità riguardanti le trasferte nell'ambito
del territorio comunale sono sempre
considerate come reddito di lavoro
dipendente, salvo il caso dei rimborsi per
spese di trasporto comprovati da documenti
provenienti dal vettore.
Generalità dello strumento della
ritenuta d’acconto nei redditi di
lavoro dipendente
La tassazione del reddito di lavoro
dipendente viene usualmente realizzata
tramite il meccanismo delle ritenute
alla fonte a titolo di acconto.
La ritenuta d'acconto costituisce una prestazione a
carattere provvisorio operata dal datore di lavoro
in qualità di sostituto d'imposta e funzionale a
consentire un'anticipazione del prelievo tributario così
da garantire la migliore tutela dell'interesse
fiscale. Ed infatti, l'istituto della ritenuta persegue
l’obiettivo di consentire il prelievo del tributo nel
luogo più vicino alla fonte reddituale e nel momento
più prossimo alla percezione del reddito, favorendo
l’accertamento del reddito complessivo del
percipiente e garantendo l'adempimento del tributo.
I REDDITI DI IMPRESA
Nozione di reddito di impresa
La disciplina del reddito di impresa è
collocata all’interno della disciplina
dell’Ires, ma le stesse norme valgono
anche per gli imprenditori individuali e
per le società di persone
Sotto il profilo fiscale l’espressione
“reddito di impresa” equivale a “reddito
di impresa commerciale”.
Quindi, quando si parla di impresa tout
court, ci si riferisce all’impresa
commerciale.
Art. 55 Tuir
Sono redditi d’impresa quelli che derivano
dall’esercizio di imprese commerciali.
L’art. 55 chiarisce subito che con tale espressione
si intende l’esercizio per forma abituale ancorché
non esclusiva, delle attività indicate dall’art. 2195
c.c. e delle attività indicate alle lettere b) e c)
dell’art. 32 che eccedono i limiti ivi stabiliti
(attività di allevamento, manipolazione,
trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e
zootecnici), anche se non organizzate in forma di
impresa.
Sono altresì redditi di impresa
i redditi derivanti
•
•
•
da attività organizzate in forma d’impresa
dirette alla prestazione di servizi che non
rientrano nell’art. 2195;
dallo sfruttamento di miniere, cave, torbiere,
saline, laghi, stagni;
da attività agricole quando esercitate da
soggetti “commerciali”
Art. 2195 c.c.
Sono commerciali le attività:
 industriale diretta alla produzione di
beni o servizi
 intermediaria nella circolazione di beni
 di trasporto
 bancaria e assicurativa
 ausiliarie delle precedenti
L’attività deve essere abituale, e
cioè esercitata con regolarità e
stabilità, anche se non in via
esclusiva (attività part-time) e
senza una rigorosa continuità
(attività stagionali).
Rilevanza organizzazione di
impresa
Per le attività di cui all’art. 2195 c.c.:
è irrilevante l’organizzazione in forma di
impresa, e cioè una “eteroorganizzazione” dell’attività.
Diversamente da quanto disposto
civilisticamente, sotto il profilo fiscale
possono esservi imprenditori senza
organizzazione di impresa (es.
agenti e rappresentanti di commercio).
… segue
Per le prestazioni di servizi non
comprese nell’art. 2195 (attività
artistiche e professionali a
contenuto intellettuale) è rilevante
l’organizzazione in forma di impresa
Pertanto



Produzione di servizi ex art. 2195 c.c. genera
sempre reddito di impresa
Prestazione di servizi non compresi nell’art.
2195 c.c. genera reddito di impresa solo se
organizzata in forma di impresa
Prestazione di servizi non compresi nell’art.
2195 c.c. e non organizzata in forma di
impresa genera reddito di lavoro autonomo
Le norme sulla fonte dei redditi
d’impresa sono:
•
•
•
irrilevanti per le società a “forma
commerciale”, il cui reddito è sempre e solo
reddito di impresa
rilevanti per le persone fisiche in ambito
Irpef, perché servono a qualificare l’attività
rilevanti in sede Ires per distinguere gli enti
non commerciali e per separare all’interno
degli stessi le attività imprenditoriali dalle
altre
Non residenti
Per i non residenti: i redditi d’impresa si
considerano prodotti nel territorio dello
Stato se derivano da attività esercitate
nel territorio stesso mediante stabili
organizzazioni (art.23, c.1, lett.e).
Stabile organizzazione
E’una sede fissa d’affari mediante la
quale un’impresa non residente esercita
in tutto o in parte la propria attività nel
territorio dello Stato, come: sede di
direzione, succursale, ufficio, officina,
laboratorio, miniera o giacimento
petrolifero, cantiere di costruzione o di
montaggio (se di durata superiore a tre
mesi) (art. 162, c. 1-3).
… segue
Costituisce stabile organizzazione anche il
soggetto che abitualmente esercita nel
territorio dello Stato il potere di concludere
contratti a nome di un’impresa non residente,
a meno che non goda di uno status
indipendente e agisca nell’ambito
dell’ordinaria attività (art. 162, c. 6-7)
Non costituisce, di per sé, stabile
organizzazione la società residente controllata
da un’impresa non residente (art. 162, c. 9)
Determinazione del reddito di
impresa – regime ordinario
Il reddito d’impresa si determina apportando
all’utile o alla perdita risultante dal conto
economico, relativo all’esercizio chiuso nel
periodo d’imposta, aumentato o diminuito dei
componenti che per effetto dei principi
contabili internazionali sono imputati
direttamente a patrimonio, le variazioni in
aumento o in diminuzione conseguenti
all’applicazione delle norme tributarie (art.
83).
Vi è dunque un nesso di dipendenza
(parziale) o derivazione del reddito
fiscale da quello civilistico.
Variazioni in aumento derivano
da


norme tributarie che obbligano ad includere tra i
componenti positivi proventi in tutto o in parte
non imputati al conto economico (es. normativa
transfer price in caso di valore normale superiore al
corrispettivo)
norme tributarie che obbligano ad escludere dai
componenti negativi - perché in tutto o in parte
indeducibili, o perché in tutto o in parte deducibili in
esercizi successivi - oneri imputati al conto
economico (quote di ammortamento superiori a
quelle fiscalmente ammesse).
Variazioni in diminuzione
derivano da
•
•
norme tributarie che obbligano o consentono
di escludere dai componenti positivi
proventi imputati al conto economico
(plusvalenze in regime Pex)
norme tributarie che obbligano o consentono
di includere tra i componenti negativi
oneri non imputati al conto economico,
perché non imputabili o perché imputati in
precedenti esercizi (es. spese di
manutenzione non deducibili nell’esercizio ma
rateizzabili in cinque anni)
Regime speciale per imprese
minori
Il reddito d’impresa si
determina sommando
algebricamente, secondo
determinate modalità,
componenti positivi e
componenti negativi (art. 66)
Imprese minori
•
•
•
Sono minori le imprese in regime di contabilità
semplificata (art. 18, dpr 600/1973), ossia quelle
con ricavi non superiori
a euro 309.874,16, se hanno per oggetto
prestazioni di servizi;
a euro 516.456,90, se hanno per oggetto altre
attività;
e che non abbiano optato per la contabilità
ordinaria
Principi di determinazione del reddito di
impresa: Previa imputazione a conto
economico


i componenti negativi non sono
ammessi in deduzione se e nella misura
in cui non risultano imputati al conto
economico relativo all’esercizio di
competenza (art. 109, c. 4)
si considerano imputati al conto
economico i componenti imputati
direttamente a patrimonio (vendita
azioni proprie) per effetto dei principi
contabili internazionali (art. 109, c. 4)
Deroghe
•
I componenti negativi non imputati al
conto economico dell’esercizio di
competenza sono deducibili:
se imputati a quello di un esercizio
precedente, quando la loro deduzione è
stata rinviata in conformità ad una delle
norme tributarie che consentono o
obbligano il rinvio di determinati oneri
… segue
•
se per loro natura non sono
imputabili al conto economico,
quando la loro deduzione è
prevista dalle norme tributarie
(compensi spettanti ai soci
promotori o fondatori)
… segue
•
se si riferiscono a ricavi che, pur
non essendo stati imputati al conto
economico, concorrono a formare il
reddito, quando risultano da
elementi certi e precisi (es. sono
deducibili a certe condizioni i costi
“neri” (risultanti da elementi certi e
precisi) correlati a ricavi “neri”.
Principio di competenza
Art. 109, co. 1: “i ricavi, le spese e gli altri
componenti positivi e negativi, per i
quali le precedenti norme non
dispongono diversamente, concorrono a
formare il rd nell’esercizio di
competenza”



guarda alla rilevanza delle componenti del
reddito dal punto di vista temporale
le componenti concorrono a formare il reddito
d’impresa nell’esercizio di maturazione
ovvero quando si perfezionano le operazioni
da cui derivano
si distingue dal principio di cassa che invece
fa riferimento al momento del pagamento o
dell’incasso
Deroghe



compenso spettante agli amministratori
percezione dei dividendi
oneri fiscali e contributivi
Si tratta di limitate ipotesi
predeterminate e tassativamente
indicate dal legislatore
Momento del conseguimento del
ricavo e di sostenimento dei costi
Vengono stabiliti i momenti in cui il principio si ritiene
perfezionato:
cessioni di beni
mobili: data della consegna o della spedizione
immobili: data delle stipula dell’atto
prestazioni di servizi: momento dell’ultimazione della
prestazione (e non dell’incasso come avviene ai fini IVA)
ad eccezione dei:
- rapporti di mutuo
- assicurazione
- locazione
per i quali vale il principio di maturazione dei frutti civili.
Tale principio è inderogabile sia per il
contribuente che per l’A.F. :
di conseguenza se il contribuente omette di
dichiarare un costo o un ricavo in violazione
di tale principio può solo rettificare la
dichiarazione di quel periodo d’imposta e nei
limiti tassativamente indicati, ma non
usufruire della dichiarazione del periodo
d’imposta successivo.
Principio della certezza e della
obiettiva determinabilità
“tuttavia i ricavi, le spese e gli altri
componenti di cui nell’esercizio di
competenza non sia ancora certa
l’esistenza o determinabile in modo
obiettivo l’ammontare concorrono a
formarlo nell’esercizio in cui si verificano
tali condizioni.” (art. 109, co. 1,
secondo periodo)
Ratio
Escludere i componenti di reddito solo stimati.
Per i componenti negativi non vi è
simmetria tra normativa civilistica e normativa
fiscale: la normativa civilistica ne impone la
rilevazione in ossequio al principio di
prudenza
Per i componenti positivi c’è simmetria tra
le due normative
Principio di inerenza
-
Relazioni tra componenti negativi del rd e attività
d’impresa (i costi devono essere sostenuti in
funzione della produzione di ricavi).
Valutazione caso per caso
Le spese, gli oneri e tutti gli elementi di costo sono
deducibili solo se hanno un collegamento
significativo
→ con l’attività dell’impresa
→ nella misura in cui si riferiscono a ricavi o altri
proventi che concorrono alla formazione del rd
… segue
La deducibilità è connessa alla sfera
imprenditoriale ed è volta ad escludere
tutto ciò che esula dalla finalità
imprenditoriale (spese personali o
comunque extra-imprenditoriali, limiti alla
deducibilità delle spese e costi relativi a
mezzi di trasporto, limiti alla deducibilità
del costo dei beni ad uso promiscuo per
l’imprenditore individuale).
Componenti positivi reddito di
impresa
RICAVI (ART. 85)


L’art. 85 contiene una dettagliata elencazione di ciò
che deve venire considerato ricavo. Più in generale è
chiaro che il concetto di ricavo è connesso alla
cessione di beni che sono oggetto dell’attività di
impresa, nonché le materie prime e sussidiarie.
L’inserimento di un bene o di un servizio nel
componente reddituario in esame non dipende solo
dalle sue caratteristiche oggettive, ma dal suo
rapporto con la specifica attività produttiva
dell’impresa (es. la vendita di un immobile da parte di
un’impresa immobiliare costituisce ricavo, mentre per
un’impresa industriale sarà plusvalenza)
Ricavi senza contropartita di natura patrimoniale:
- destinazione a finalità estranee all’esercizio di impresa;
- autoconsumo (valutazione in base al valore normale)
Il connotato comune è la volontaria sottrazione
dei beni alla sfera dell’impresa e la loro
devoluzione a finalità estranee.
In questo modo si realizza la fuoriuscita dei beni dal
ciclo “fiscale” dell’attività d’impresa


Costituiscono inoltre ricavi tutti i
contributi di natura privatistica (art. 85,
lett. g) e pubblicistica concessi in conto
esercizio (lett. h) e relativi alla
copertura di squilibri gestionali (e non
per l’effettuazione di nuovi investimenti)
PLUSVALENZE (art. 86)
L’elencazione delle situazioni che
concorrono a generare plusvalenze
patrimoniali mette in evidenza che
l’elemento costitutivo che distingue la
fattispecie in esame sui ricavi è
rappresentata dalla categoria dei beni
interessata, individuati in via residuale
rispetto ai ricavi (“beni diversi da quelli
indicati nel co. 1 dell’art. 85”).
Il co. 2 specifica i criteri di determinazione delle
plusvalenze di cui alle lettere a) e b) come differenza
tra corrispettivo della cessione e costo non
ammortizzato (differenza tra costo di acquisto e
ammortamenti = costo fiscalmente riconosciuto)
 Es.
Costo acquisto
900
Meno ammort.
(500)
Costo fisc. Ric.
400
Corrisp. Vendita
600
Plusv.
200
Permuta (art. 86, co. 2)
Se il corrispettivo della cessione di un bene è costituito da un
altro bene ammortizzabile e questo viene iscritto in bilancio allo
stesso valore al quale era iscritto il bene ceduto, si considera
plusvalenza solo l’eventuale conguaglio in denaro pattuito a
favore del cedente.

In sostanza il legislatore permette di traslare sul nuovo bene il
valore fiscalmente riconosciuto del vecchio bene e di differire
così il momento impositivo della plusvalenza nel periodo di
imposta in cui si ha il realizzo effettivo.

La surrogazione del nuovo bene nel valore del vecchio, se
comporta una erosione della base imponibile nel periodo
d’imposta in cui si perfeziona la permuta, dall’altro comporta
una sua espansione nei periodi successivi per via della
compressione tanto degli ammortamenti deducibili che del
valore di base per il calcolo della plusvalenza al momento della
cessione del nuovo bene
(Ciò, ovviamente, a condizione che non si abbia conguaglio in
denaro)

Rateazione (c. 4)
Se i beni ceduti sono stati posseduti per un
periodo inferiore a tre anni (periodo ridotto
ad un solo anno per le società sportive
professionistiche) il contribuente può
scegliere se far concorrere la plusvalenza per
intero nel periodo d’imposta di
conseguimento, ovvero in cinque periodi di
imposta a partire da quello di formazione
(attraverso il meccanismo delle variazioni in
aumento e diminuzione)
PLUSVALENZE ESENTI (Pex)

L’art. 87 rappresenta una delle novità
più importanti introdotte con l’Ires.
Si prevede, nel suo primo comma, che
le plusvalenze realizzate relativamente a
ad azioni e quote di partecipazione in
società ed enti, escluse le società
semplici, non concorrono alla
formazione del reddito imponibile in
quanto esenti nella misura del 95% a
partire dal 2008 (84% nel 2007)
La participation exemption
(PEX)
Il d.lgs. n. 344/2003 ha introdotto un regime
di esenzione parziale (95%) delle plusvalenze
realizzate da soggetti IRES a seguito della
cessione di partecipazioni societarie (c.d.
PEX), qualora ricorrano determinate
condizioni (art. 87, TUIR).
Si tratta di un istituto correlato al nuovo
regime di tassazione dei dividendi.
Segue...
Esso è un rimedio alla doppia
tassazione dei dividendi: si assume che
le plusvalenze derivino da riserve di utili
già tassati o dall’aspettativa di utili
futuri.
A fronte della esenzione delle
plusvalenze, è prevista la indeducibilità
delle eventuali minusvalenze.

L’istituto mira a evitare che nel nostro
ordinamento si abbia una imposizione
più gravosa rispetto ad altri Stati (es.
Olanda e Lussemburgo) in cui già
esistevano disposizioni tesa a non
colpire le plusvalenze da partecipazione
e i dividendi.
L’applicazione della pex è condizionato da una serie di
eventi:
 A) Possesso ininterrotto delle azioni o quote dal
primo giorno del dodicesimo (prima era diciottesimo)
mese precedente la cessione considerando cedute
per prime quelle acquistate più di recente;
 B) iscrizione delle azioni o quote tra le partecipazioni;
 C) residenza della partecipata in un territorio di
“white list” ex art. 168 – bis TUIR;
 D) esercizio da parte della partecipata di una impresa
commerciale ex art. 55 TUIR
SOPRAVVENIENZE ATTIVE (ART.
88)


Alla nozione di sopravvenienza attiva la
normativa tributaria riconduce due
diverse tipologie di situazioni:
A) sopravvenienze attive in senso
proprio;
B) sopravvenienze attive per
assimilazione.


A) Le prime derivano da eventi che
modificano (provocando un incremento del
valore del patrimonio) gli effetti reddituali di
operazioni contabilizzate e quindi imputate al
reddito in precedenti periodi d’imposta.
B) Le seconde derivano da incrementi di
ricchezza a carattere straordinario che però
non si riconnettono a fatti che hanno
influenzato il reddito d’impresa in precedenti
esercizi


In quest’ultima categoria rientrano le indennità per
risarcimenti, anche in forma assicurativa, diversi da
quelli che concorrono a formare ricavi e plusvalenze
(es. risarcimenti per concorrenza sleale); i proventi in
denaro o in natura a titolo di contributo o liberalità ad
esclusione di quelli che costituiscono ricavi.
In quest’ultimo caso l’imputazione di questi proventi
segue il criterio di cassa e non quello di competenza
Dividendi


Nei casi in cui si applica il regime di trasparenza
(es. società di persone e società di capitali a
ristretta base azionaria), gli utili delle società
partecipate si imputano ai soci a prescindere
dalla distribuzione dei dividendi (la
distribuzione dei dividendi è priva di rilievo
fiscale).
I dividendi percepiti da società soggette ad Ires
sono tassati secondo il principio di cassa.
Con la riforma IRES, operata con il d.lgs. n.
344/2003, si è introdotto un nuovo regime di
tassazione degli utili derivanti dalla partecipazione in
società o enti (anche non commerciali e non
residenti) soggetti ad IRES, al fine di applicare lo
stesso trattamento fiscale sia ai dividendi nazionali
che a quelli di provenienza estera. Si è passati dal
precedente metodo dell’imputazione al metodo
dell’esenzione. Entrambi i sistemi sono volti ad
evitare che l’imposta già pagata dalla società si
cumuli con quella dovuta dal socio, dando luogo al
fenomeno della doppia imposizione.
Metodo dell’imputazione


Con questo sistema si considerava l’imposta
pagata dalla società come un’anticipazione
del prelievo in capo al socio.
La società pagava l’IRPEG e i dividendi
concorrevano per l’intero ammontare alla
formazione del reddito del socio al momento
della percezione. A quest’ultimo era, tuttavia,
riconosciuto un credito di imposta in misura
corrispondente all’imposta pagata dalla
società, con diritto al rimborso di eventuali
eccedenze.
Metodo dell’esenzione
Con tale sistema, a partire dal 2004,
l’imposizione si concentra in capo alla
società, essendo prevista un’esenzione
parziale dei dividendi percepiti dai soci.
Dividendi percepiti da soggetti passivi
IRES residenti (soggetti residenti
diversi dalle persone fisiche)


I dividendi sono esenti in capo al socio
per il 95% del loro ammontare e
concorrono per il 5% alla formazione
del reddito complessivo del socio
nell’esercizio in cui sono percepiti.
L’esenzione parziale e non integrale
consente di dedurre i costi connessi alla
gestione delle partecipazioni.
Dividendi erogati a società ed
enti non residenti
La regola generale è che i dividendi distribuiti
da società residenti a soggetti non residenti
(detti dividendi in uscita o outbound) sono
soggetti a ritenuta alla fonte a titolo
d'imposta, nella misura del 27%. La
ritenuta è da applicare, in via generale, quale
che sia la natura della partecipazione e la
natura giuridica del soggetto percipiente (art.
27, comma 3, dpr 600/73).
Segue...



Tale regime generale non trova applicazione nel caso
di dividendi distribuiti:
a società ed enti residenti in Stati membri dell'UE
inclusi nella white list emanata ex art. 168-bis
che sono tassati in tali Stati con l'imposta sul reddito
delle società (art. 27, comma 3-bis, dpr 600/73).
In questo caso si applica una ritenuta a titolo
d’imposta dell’1,375%.
In precedenza (fino al 31 dicembre 2007), ai
dividendi corrisposti a tali soggetti si applicava una
ritenuta a titolo d’imposta del 27%.
Segue...
A partire dal 2008, le società ed enti residenti
e non sono soggetti al medesimo trattamento
fiscale, in attuazione del principio di libertà
di stabilimento sancito dall’articolo 43 del
Trattato UE.
L’aliquota da applicare (1,375%) è, infatti,
pari al 27,5% della quota imponibile (5%).
Dividendi provenienti da società ed enti
residenti nei paesi a regime fiscale
privilegiato (c.d. paradisi fiscali)
Il regime dell’esenzione non si applica
agli utili provenienti da società ed enti
residenti nei paradisi fiscali, salvo che il
percipiente dimostri, mediante
interpello, che l’obiettivo non era quello
di localizzare il reddito in un paese a
tassazione ridotta (per ottenere un
vantaggio fiscale).
Dividendi distribuiti a persone
fisiche



I dividendi distribuiti a socio persona fisica non
esercente attività d’impresa che detiene una
partecipazione non qualificata sono soggetti a
ritenuta a titolo d’imposta del 12,50%
Dividendi distribuiti a socio persona fisica non
esercente attività d’impresa che detiene una
partecipazione qualificata: la base imponibile è
costituita dal 40% (49,72% dal 2008) del dividendo
Dividendi distribuiti a persona fisica (o società di
persone) che esercita attività d’impresa:la base
imponibile è costituita dal 40% (49,72% dal 2008)
del dividendo
Partecipazioni qualificate



Come previsto al comma 1, dell’art. 67, D.P.R. n.
917/1986, per p. q. si intendono le azioni (diverse
da quelle di risparmio) ed ogni altra partecipazione al
capitale o al patrimonio della società partecipata che:
superano il 2% dei diritti di voto in assemblea
ordinaria oppure il 5% del patrimonio o capitale (per
le società quotate in mercati regolamentati);
superano il 20% dei diritti di voto in assemblea
ordinaria o il 25% del patrimonio o capitale (per le
società e gli altri soggetti IRES);
superano il 25% del patrimonio (per società di
persone).
Interessi attivi
A differenza dei dividendi, gli interessi
attivi, con l’eccezione degli interessi di
mora, concorrono a formare il reddito
imponibile per l’ammontare maturato
nel periodo di imposta (principio di
competenza).
Componenti negativi del
reddito di impresa






Spese per prestazioni di lavoro (art. 95).
Interessi passivi (art. 96).
Oneri fiscali e contributivi (art. 99).
Oneri di utilità sociale (art. 100).
Minusvalenze patrimoniali, sopravvenienze
passive e perdite (art. 101).
Oneri pluriennali (ammortamento)
Spese per prestazioni di lavoro


In generale, salvo alcune eccezioni
espressamente previste, sono deducibili tutte
le spese sostenute dal datore di lavoro per i
propri dipendenti, comprese le liberalità.
L’unico limite alla deducibilità di tali spese
riguarda gli oneri di utilità sociale (art.
100), in relazione ai quali la deducibilità è
ammessa solo in parte (fino al 5 per mille
delle spese per prestazioni di lavoro
dipendente).

Per finalità antielusive è
disposto che non sono
deducibili i costi sostenuti
per il funzionamento di
strutture recettive (es.
circoli sportivi e culturali).

-
-
Limiti alla deducibilità
sono invece previsti per:
Spese di vitto e alloggio
relative a trasferte del
dipendente.
Costi relativi ai fabbricati
concessi in uso ai
dipendenti.

-
-
Nella disciplina delle spese per prestazioni di lavoro sono
contenute anche due deroghe ai principi generali.
I compensi agli amministratori sono deducibili
nell’esercizio in cui sono corrisposti (si applica quindi il
principio di cassa, in deroga al principio di
competenza, ex art. 109, co. 1).
Le partecipazioni agli utili dei dipendenti sono deducibili
anche se non imputate al conto economico (deroga al
c.d. principio della imputazione, ex art. 109, co. 4).
Interessi passivi
Il d.lgs. n. 344/2003 ha introdotto una serie di misure
volte a limitare la deducibilità degli interessi
passivi derivanti da finanziamenti concessi alla
società dai soci, qualora l’indebitamento della società
risulti eccessivo.
L’intento è quello di contrastare la
sottocapitalizzazione delle società, evitando che
ragioni di carattere esclusivamente fiscale inducano le
società a preferire l’indebitamento piuttosto che il
finanziamento con capitale proprio.
… segue
L’istituto previsto inizialmente per
contrastare il fenomeno suddetto era la
Thin capitalization, disciplinata dall’art.
98 del TUIR, da applicarsi in
combinazione con gli artt. 97 e 96 (prorata patrimoniale e pro-rata generale).
Il nuovo regime di deducibilità degli
interessi passivi


La legge finanziaria 2008 ha abrogato le
norme su indicate e ha introdotto un nuovo
regime di deducibilità degli interessi passivi,
disciplinato dal novellato art. 96 del TUIR.
Gli interessi passivi, per i soggetti IRES,
sono deducibili:
fino a concorrenza degli interessi attivi;
nei limiti del 30% del Risultato operativo
lordo (ROL) per l’eccedenza.
Risultato operativo lordo
(ROL)
L’art. 96 del TUIR definisce il ROL come
la differenza tra il valore e i costi della
produzione, con esclusione
dell’ammortamento delle
immobilizzazioni materiali e immateriali,
e dei canoni di leasing di beni
strumentali (come da conto economico
redatto secondo lo schema indicato
dall’art. 2425 del codice civile).


La quota di interessi passivi eccedente
(indeducibile in un periodo di imposta) può
essere dedotta senza alcun limite nei periodi
successivi
A partire dal 2010 la parte di Rol rimasta
inutilizzata in un periodo di imposta potrà
essere riportata in avanti ad incremento del
Rol dei periodi di imposta successivi
Deducibilità per gli imprenditori
individuali e le società di persone


La deducibilità degli interessi passivi per gli
imprenditori e le società di persone segue regole più
semplici (art. 61), basate sul calcolo di un pro-rata
generale di deducibilità, dato dal rapporto: ricavi e
proventi tassabili o esclusi/totale dei ricavi e proventi.
La percentuale che deriva dal calcolo di questo
rapporto va applicata all’ammontare degli interessi
passivi, dando luogo all’importo degli interessi passivi
deducibili dal reddito d’impresa.
… segue
La parte di interessi passivi non
deducibili corrisponde in sostanza alla
quota dei ricavi e proventi esenti
rispetto al totale dei ricavi e proventi
Oneri fiscali e contributivi



In generale gli oneri fiscali
sono deducibili dal reddito
d’impresa, alla stregua di altri
costi, quando sono inerenti
all’attività d’impresa (es.
imposta di bollo, di registro).
In tal caso la deducibilità è
ammessa nell’esercizio in cui
avviene il pagamento (principio
di cassa).
Anche i contributi sono
deducibili per cassa, purché si
tratti di contributi obbligatori.

-
La deducibilità è esclusa per:
le imposte sui redditi (IRPEF e
IRES);
le imposte per le quali è
prevista la rivalsa (IVA);
quei tributi la cui indeducibilità
è prevista da disposizioni
esterne al TUIR (es. IRAP e
ICI).
Indeducibilità (ora parziale)
dell’IRAP
A decorrere dal periodo di imposta in corso al
31 dicembre 2008, l’Irap è deducibile nella
misura del 10% (art. 5 D.L. n. 185/2008).
Si tratta di un meccanismo forfetario per
individuare la quota di Irap astrattamente
riferibile alle spese del personale dipendente
e agli interessi passivi.
Oneri di utilità sociale



Si tratta di spese non inerenti all’esercizio dell’impresa,
ma nondimeno deducibili in considerazione della
rilevanza sociale del fine per il quale vengono sostenute
(istruzione, ricreazione, culto, ecc.).
La deducibilità è ammessa nel limite del 5 per mille delle
spese per prestazioni di lavoro dipendente risultanti dalla
dichiarazione dei redditi.
Sono inoltre previsti limiti specifici per la deducibilità di
oneri tassativamente indicati nel co. 2 dell’art. 100
(erogazioni liberali a favore dello Stato od Enti pubblici,
Università, Onlus, fondazioni, associazioni, istituzioni
pubbliche, ecc.).
Minusvalenze patrimoniali

a)
b)
c)
Costituiscono un concetto simmetrico a quello di
plusvalenza patrimoniale; infatti:
traggono origine dagli stessi beni (strumentali,
patrimoniali e immobilizzazioni finanziarie cui non si
applica il regime della partecipation exemption);
derivano dagli stessi eventi: cessione a titolo oneroso
dei suddetti beni, risarcimento per la loro perdita od il
loro danneggiamento, cessione di azienda;
sono calcolate sottraendo al corrispettivo o indennizzo
ricevuto il costo fiscalmente riconosciuto del bene.
Sopravvenienze passive

Analogamente alla sopravvenienze
attive, costituiscono poste
rettificative, ma in senso negativo,
di componenti reddituali già
contabilizzati in precedenti
esercizi.



Mancato conseguimento di ricavi
che hanno concorso a formare il
reddito in precedenti esercizi (es.
revoca di contributi in conto
esercizio).
Sostenimento di spese a fronte di
ricavi che hanno concorso a
formare il reddito in precedenti
esercizi (es. spese legali per il
recupero di crediti).
Sopravvenuta insussistenza di
attività iscritte in bilancio in
precedenti esercizi (es. furti di
denaro).
Perdite

Si distinguono le perdite di beni e le perdite su
crediti, deducibili solo qualora risultino da
elementi certi e precisi.
Le perdite di beni sono deducili solo quando
derivano da beni patrimoniali e strumentali. Si
differenziano dalle minusvalenze patrimoniali in
quanto non derivano, come queste ultime, dalla
cessione del bene ma dalla sopravvenuta
indisponibilità fisica dello stesso (ad es., in
caso di incendio, alluvione, furto).


Le perdite su crediti sono quelle che derivano
dall’inadempienza del debitore e, come le
perdite di beni, sono deducibili se risultano da
elementi certi e precisi, consistenti in prove
documentali o presuntive dalle quali possa
evincersi l’irrecuperabilità del credito.
Non è richiesta alcuna prova della inesigiblità del
credito quando il debitore è assoggettato a
procedure concorsuali.
Ammortamento delle
immobilizzazioni materiali
L’ammortamento riguarda i costi ad
utilizzazione pluriennale, tra cui, in primo
luogo, i costi di acquisto delle
immobilizzazioni materiali (impianti,
macchinari, fabbricati).
I costi la cui utilità si estende a più esercizi
devono essere ammortizzati, cioè ripartiti nei
diversi esercizi in cui sono utilizzati (principio
di competenza).


L’ammortamento dei beni materiali è
ammesso per i soli beni “strumentali”
all’esercizio dell’impresa.
Non sono ammortizzabili gli immobili
che concorrono alla formazione del
reddito d’impresa secondo le regole
catastali (terreni)
Quote di ammortamento
Le norme tributarie stabiliscono dei periodi
minimi di durata dell’ammortamento.
La determinazione avviene mediante
coefficienti massimi (è possibile calcolare
quote secondo percentuali inferiori) stabiliti
da decreti ministeriali per categorie di beni
omogenei in base al periodo normale di
deperimento e consumo nei vari settori
produttivi.


Le quote di ammortamento sono
deducibili:
a partire dall’esercizio di entrata in
funzione del bene
Nel primo esercizio la quota deve essere
ridotta alla metà
Valore ammortizzabile

Costo storico del bene (art. 110 Tuir)
Quota di ammortamento imputata a
bilancio > quota fiscalmente
ammessa


La parte di ammortamento civilistico in
eccesso deve essere ripresa a
tassazione
Il relativo importo potrà essere dedotto
con variazioni in diminuzione non
superiori al limite massimo, a partire dal
primo esercizio successivo a quello in
cui cessa l’ammortamento civilistico
Quota di ammortamento imputata a
bilancio < quota fiscalmente
ammessa


La parte di ammortamento fiscale in eccesso non può
essere dedotta perché non imputata a conto
economico
La deduzione è rinviata al primo periodo di imposta
successivo a quello in cui cessa l’ammortamento
civilistico. Le quote da dedurre risulteranno già
imputate al conto economico degli esercizi precedenti
e potranno essere fatte valere con variazioni in
diminuzione di importo non superiore al limite
massimo.
Beni di modico valore

Per i beni materiali il cui costo unitario è
inferiore a 516,46 Euro è consentita la
deduzione integrale delle spese di
acquisizione nell’esercizio in cui sono
state sostenute.
Ammortamento
immobilizzazioni immateriali


I diritti di utilizzazione delle opere
dell’ingegno: il costo è annualmente
deducibile nella misura del 50% (la
durata minima dell’ammortamento è
pari a due anni)
L’avviamento è ammortizzabile
annualmente in misura non superiore
ad un diciottesimo (5,56%)
Soggetti IAS
Per i soggetti che redigono il bilancio in
base agli IAS, l’ammortamento dei
marchi e dell’avviamento segue le
regole sopra indicate, ma a prescindere
dalla imputazione a conto economico
delle relative voci di costo.
Le rimanenze di magazzino

Per rimanenze o giacenze di magazzino
si intendono i beni (fattori “a breve ciclo
di utilizzo”) destinati alla produzione
(materie prime, sussidiarie e di
consumo, semilavorati e prodotti in
corso di lavorazione) o alla vendita
(merci e prodotti fabbricati dall’impresa)
nel corso della normale attività
dell’impresa.

La valutazione delle rimanenze finali di
magazzino costituisce, per l’impresa,
uno dei punti cruciali della fase di
rilevazione del risultato economico
d’esercizio.

Al momento della predisposizione dei
fatti contabili relativi alla formazione del
bilancio d’esercizio, occorre infatti
determinare quella parte di costi che
non hanno ancora trovato i
corrispondenti ricavi, rinviandoli agli
esercizi futuri e così determinando un
elemento fondamentale della
consistenza patrimoniale dell’impresa.

Ciò vale a dire che, in virtù del principio
di competenza economica, è necessario
che il valore delle rimanenze sia
stornato dall’esercizio in corso e rinviato
all’esercizio successivo.

Sia sotto il profilo civilistico che sotto il
profilo fiscale, le variazioni del
magazzino rispetto alle giacenze iniziali
(rimanenze
finali
dell’esercizio
precedente)
costituiscono
una
componente reddituale positiva o
negativa a seconda del segno della
variazione.
Secondo la disciplina tributaria occorre
innanzitutto procedere alla
individuazione del magazzino,
aggregando i beni secondo
l’appartenenza al medesimo genere
merceologico e attribuendo ad essi un
valore tendenzialmente omogeneo.
La corretta individuazione del magazzino è essenziale
per verificare la condotta fiscale del contribuente: nel
caso di vendite effettuate senza predisporre le dovute
documentazioni e registrazioni contabili (vendite “in
nero”), il magazzino presenterà un valore più elevato
sul piano contabile e documentale rispetto a quello
effettivamente esistente nei locali dell’impresa (o
presso terzi). Del resto, proprio l’accertamento e la
verifica del magazzino rappresentano uno dei
principali indicatori di eventuali evasioni fiscali.
In ragione della rilevanza del magazzino
nella determinazione del reddito di
impresa, le norme tributarie stabiliscono
criteri di valutazione e di stima delle
giacenze più rigorosi di quelle
civilistiche, valevoli in sede di redazione
del bilancio di esercizio, al fine di
contenere la discrezionalità
dell’imprenditore.
Ai sensi dell’art. 92, comma 1, TUIR, le rimanenze
finali - vale a dire i beni alla cui produzione e scambio
è diretta l’attività di impresa, le materie prime e
sussidiarie, i semilavorati e gli altri beni mobili (pezzi
di ricambio, materiali per la pulizia, materiale
pubblicitario, cancelleria e stampati, etc.) -, la cui
valutazione non sia effettuata a costi specifici, sono
assunte per un valore non inferiore a quello che
risulta raggruppando i beni in categorie omogenee
per natura e per valore e attribuendo a ciascun
gruppo un valore non inferiore a quello determinato a
norma delle disposizioni successive, che fanno
riferimento al LIFO a scatti annuale.
Nel corso del primo esercizio, le
rimanenze sono valutate attribuendo ad
ogni unità il valore risultante dalla
divisione del costo complessivo dei beni
prodotti e acquistati nell’esercizio stesso
per la loro quantità, applicando,
dunque, il metodo del costo medio
ponderato (art. 92, comma 2).
Negli esercizi successivi, se la quantità
delle rimanenze è aumentata
rispetto all’esercizio precedente, le
maggiori quantità, valutate in base al
costo medio ponderato dell’anno,
costituiscono voci distinte per esercizi di
formazione.
Pertanto, le rimanenze finali vengono
distinte in due blocchi: il primo
corrisponde alle esistenze iniziali e ha
già un suo valore; il secondo costituisce
l’incremento verificatosi nell’esercizio e
viene valorizzato al costo medio
ponderato dell’anno.
Se le rimanenze finali sono minori
delle esistenze iniziali, la
diminuzione si imputa agli incrementi
formati nei precedenti esercizi, a partire
dal più recente (art. 92, comma 3).
Si applica, cioè, il metodo del LIFO a
scatti annuale, secondo il quale si
considerano scaricate per prime le
scorte acquisite più recentemente.
Ai sensi del comma 5 dell’art. 92, per le
imprese che valutano in bilancio le rimanenze
finali con il metodo della media ponderata o
del FIFO o con varianti del LIFO a scatti, le
rimanenze sono assunte per il valore che
risulta in bilancio dall’applicazione del metodo
adottato, senza dover ricorrere ad alcuna
variazione in sede di dichiarazione dei redditi.
Ciò significa che il legislatore tributario
ritiene ammissibili i metodi di
valutazione applicati in bilancio e validi
civilisticamente, anche se diversi dal
LIFO a scatti, purché, come è ovvio, il
valore attribuito alle rimanenze di
esercizio non sia inferiore a quello
determinato valorizzando i beni con
quest’ultimo metodo.
Qualora il valore delle rimanenze
assunto secondo metodi civilistici sia
inferiore al valore minimo determinato
in base alla metodologia del LIFO a
scatti, andrà eseguita una variazione in
aumento in sede di dichiarazione dei
redditi.
Se in un esercizio il valore unitario medio dei
beni, determinato sulla base dei criteri di
valutazione ammessi ai fini fiscali è superiore
al valore normale medio di essi nell’ultimo
mese dell’esercizio, il valore minimo fiscale
può essere determinato moltiplicando l’intera
quantità dei beni per il valore normale,
definito ai sensi dell’art. 9 TUIR,
indipendentemente dall’esercizio di
formazione.
Viene quindi riconosciuta all’impresa la
facoltà di procedere alla svalutazione
del magazzino al fine di adeguarne il
valore ai prezzi di mercato.
Anche in materia fiscale le rimanenze finali di
un esercizio, nell’ammontare indicato dal
contribuente, costituiscono le esistenze iniziali
dell’esercizio successivo. Viene, quindi,
sancito il principio della continuità del valore
del magazzino nel corso dei vari esercizi in
conformità con il principio di continuità dei
valori fiscalmente riconosciuti dei beni di
impresa.
Riepilogo criteri di valutazione
delle rimanenze



Costo specifico
metodo del costo medio ponderato per periodo: per
ciascun articolo si calcola il costo medio relativo all’intero
periodo amministrativo e lo si applica alla valutazione della
quantità in rimanenza;
metodo FIFO: le rimanenze risultano valorizzate in base ai
prezzi sostenuti per gli acquisti più recenti, partendo
dall’assunto che siano state vendute per prime le quantità
acquisite in tempi più remoti. La valutazione delle rimanenze
che discende dall’applicazione del metodo in parola è quella
che risulta più vicina al valore corrente dei beni.
… segue

Metodo LIFO: le rimanenze sono
valutate in base ai prezzi sostenuti per
gli acquisti più remoti, in quanto si
ipotizza, poco realisticamente, che siano
state vendute per prime le quantità
acquistate in tempi più recenti. Il LIFO
si applica, in sede di contabilità
generale, nella variante del LIFO a
scatti annuale.
Lifo a scatti annuale


Le rimanenze finali devono essere messe a confronto con le
rimanenze iniziali. Per ciascun articolo possono verificarsi i
seguenti tre casi:
a) la consistenza finale è uguale alla consistenza iniziale: si
considerano vendute tutte le partite acquistate nell’esercizio; la
quantità in rimanenza finale coincide pertanto con le esistenze
iniziali e si valuta per il medesimo importo;
b) la consistenza finale è minore di quella iniziale: si
considerano vendute tutte le partite acquistate nell’esercizio e
una parte delle quantità esistenti in magazzino all’inizio
dell’esercizio (a partire dalle più recenti); le rimanenze finali
sono perciò valutate (ai costi unitari medi più remoti);
… segue

c) la consistenza finale è superiore a quella
iniziale: le quantità corrispondenti alle
esistenze iniziali si suppone, in quanto più
remota, rimasta in magazzino e conserva la
valorizzazione precedente; le quantità
corrispondenti all’incremento rispetto alla
consistenza iniziale (merce acquistata
nell’esercizio e non venduta) sono valorizzate
al costo medio degli acquisti effettuati nel
periodo amministrativo di riferimento.
In un contesto di prezzi crescenti, quale
è quello usuale di mercato, alla
adozione del metodo LIFO consegue
una valutazione delle rimanenze a
prezzi inferiori a quelli correnti di
mercato, che genera la c.d. “riserva
LIFO”.
Il LIFO riflette una movimentazione di
magazzino irreale (ultimo entrato, primo
uscito), mentre il FIFO è più aderente ai
comportamenti concreti (primo entrato,
primo uscito).
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i redditi di impresa - Università degli Studi di Foggia