Università degli studi di Milano
Facoltà di lettere e filosofia
Laurea in filosofia
Laino Giuseppe
Problemi teorici e politici
dell’organizzazione di massa
in Rosa Luxemburg
Relatore
Prof. Emilio Agazzi
19 febbraio 1980
1
Premessa
La necessità di anticipare il regno della libertà mediante la
costituzione di organizzazioni in cui prevalgono forme di relazione di tipo
comunista è in evidente contrasto con la realtà.
Le organizzazioni di massa della classe operaia, sempre più
burocratiche e somiglianti alle strutture di dominio dello stato, sono
ormai diventate apparati di potere aventi lo scopo di soffocare ogni
attività spontanea proveniente dalla base.
In un contesto simile è naturale che il problema della
organizzazione divenga, per il movimento operaio, di fondamentale
importanza, anche se, la contraddizione di cui sopra si parlava, è
praticamente irrisolvibile nelle condizioni di dominio capitalistico.
Infatti non si tratta di fantasticare su nuove strutture capaci di
anticipare la società liberata, in quanto risulta chiaro al minimo esame
che il grado di liberta che in una data situazione è possibile raggiungere
è storicamente determinato e comunque è sempre il risultato di una
mediazione fra libertà e costrizione.
Il problema consiste nel saper interpretare e poi risolvere a livello
organizzativo questa mediazione nel senso del maggior innalzamento
possibile della coscienza di classe. È quindi da condividere l'affermazione
di H.J.Krahl secondo cui "il problema dell'organizzazione è [...] quello
della 'materializzazione' della teoria a coscienza politica". 1 Come lo è,
ritengo, il contributo notevole che Rosa Luxemburg apporta all'intera
questione.
Innanzi tutto, per la grande rivoluzionaria polacca, non si trattò
mai di relegare i problemi organizzativi in un ambito puramente tecnico:
essi erano di fondamentale rilevanza strategica e come tali andavano
affrontati.
In lei non vi sono statiche contrapposizioni tra chi "serve" e chi
"tradisce“ la classe; tra chi conserva gelosamente la purezza della teoria
senza mai riuscire ad avere un seppur minimo consenso di massa e chi,
invece, avendo quest'ultimo, dimentica pero, a furia di compromessi,
ogni reale connessione fra mezzi e fini.
"L'unione della grande massa popolare con uno scopo che va al di là di
tutto l'attuale ordinamento, della lotta quotidiana con la grande riforma
del mondo, questo è il grande problema del movimento
socialdemocratico, il quale quindi deve operare procedendo per tutto il
suo sviluppo fra due scogli: fra l'abbandono del carattere di massa e
l'abbandono dello scopo finale, fra ricaduta nella setta e precipitare nel
movimento riformista borghese, fra anarchismo e opportunismo." 2
Il che vuol dire anche chiarire il rapporto riforma/rivoluzione: "Riforma
sociale o rivoluzione? La socialdemocrazia può dunque essere contro la
riforma sociale? O può contrapporre la rivoluzione sociale, il
rovesciamento dell'ordine esistente, che costituisce il suo scopo finale,
alla riforma sociale? Sicuramente no. Al contrario, per la
socialdemocrazia la lotta pratica quotidiana per delle riforme sociali, per
il miglioramento delle condizioni del popolo lavoratore anche sul terreno
dell'ordine esistente, per delle istituzioni democratiche, costituisce la
sola via per condurre la lotta di classe proletaria e per lavorare in vista
dello scopo finale che è la presa del potere politico e l'abolizione del
1
Hans Jurgen Krahl, A proposito ai Lukacs: Storia e coscienza di classe; in H.J.Krahl,
Costituzione e lotta ei classe, Mi - Jaca Book-I973, pag. 199
2
Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, Roma - Editori Riuniti - 1973, pagg.
I32/I33.
2
salariato. Fra riforma sociale e rivoluzione sociale esiste per la
socialdemocrazia un nesso indissolubile, in quanto la lotta per la riforma
costituisce il mezzo ma lo scopo è la trasformazione della società." 3
La cosiddetta polemica sull‘organizzazione è affrontata da Rosa
Luxemburg solo ed esclusivamente su questo piano e anche quando, nel
caso di Lenin, ella critica negativamente quegli aspetti tecnici che
caratterizzano la struttura del partito bolscevico, lo fa in quanto essi
rappresentano i sintomi di una strategia operaia fondamentalmente
limitata.
Il suo approccio metodologico al problema è essenzialmente
dialettico; per questo non può essere condiviso il giudizio di Daniel
Guerin quando dice: "Se Rosa si è sbagliata, lo ha fatto ogni volta,
almeno così ci sembra, che si contraddice a proposito dei rapporti
complessi che si annodano tra il movimento elementare delle masse e
l'elite cosciente, perche Rosa non riesce ancora a scoprire una
formazione operaia capace di costituire realmente questa elite." 4
I desideri "libertari" di Guerin non sono soddisfatti da Rosa Luxemburg.
Ella non si libra mai "nell'azzurro cielo" sede naturale di ogni buon
anarchico. E, naturalmente, è altrettanto falsa, per gli stessi motivi,
l'interpretazione contrastante di Ernest Mandel: "La concezione di Rosa
Luxemburg secondo cui 'l'esercito rivoluzionario si recluta solamente nel
corso della lotta stessa e soltanto nel corso di questa gli obiettivi della
lotta gli si presentano chiaramente' è stata smentita dalla storia.
Neppure nel corso delle lotte operaie più dure e prolungate la massa dei
lavoratori è mai stata, o non è stata sufficientemente in grado di
distinguere quali fossero i suoi obiettivi di lotta." 5
In Rosa non vi e mai "sottovalutazione dell'elemento cosciente nella
direzione del movimento" e nemmeno "visione mistica della classe come
totalità" come invece si ostina a ripetere Marzio Vacatello. 6
Il suo contributo più prezioso consiste nell'aver tentato di
concretizzare in un nuovo tipo di rapporto fra elite e classe, quella
mediazione storicamente determinata fra libertà e costrizione di cui
all’inizio si parlava, mediazione che evidentemente, date le differenze
notevoli fra Germania e Russia, non poteva certamente assomigliare a
quella offerta da Lenin.
La soluzione di Rosa ricorda moltissimo quella di Gramsci così
chiaramente espressa nei Quaderni del carcere: "Nel formare i dirigenti
è fondamentale la premessa: si vuole che ci siano sempre governati e
governanti oppure si vogliono creare le condizioni in cui la necessità
dell'esistenza di questa divisione sparisca? Cioè si parte dalla premessa
della perpetua divisione del genere umano o si crede che essa sia solo
un fattore storico, rispondente a certe condizioni?" 7
Dove risulta evidente che la premessa essenziale è il riconoscere che
oggi si e costretti ad accettare come punto di partenza necessario la
3
Ibidem, pag. 29.
4
Daniel Guerin, Rosa Luxemburg e la spontaneità rivoluzionaria, Mi – Mursia - I974, pag.
I26.
5
Ibidem, pagg. 158/I59.
6
Marzio Vacatello, Presentazione a Paul Frolich, Rosa Luxemburg, Fi - La Nuova Italia I969, pag. XI.
7
Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, To – Einaudi - I975, vol. III, pag. I752.
3
suddetta divisione se poi si vuole operare in maniera tale da farla
sparire.
Ho cercato di mostrare come, analizzando il pensiero di Rosa
Luxemburg sull'organizzazione, si finisca poi col dover approfondire i due
problemi forse più importanti che la classe operaia deve affrontare: i
rapporti fra riforma e rivoluzione e quelli fra elite e classe. E in effetti,
non a caso, Nettl dice "solo Rosa Luxemburg ha partecipato attivamente
alle due grandi scissioni del marxismo moderno e ha contribuito a
compierle.“ 8
La prima, nel 1910, la vide schierata contro Kautsky: si trattava di
individuare il carattere della rivoluzione, "era formale o reale, oggettiva
o soggettiva, un avvenimento che si produceva o invece uno che doveva
essere fatto?" (Nettl); la seconda, imperniata sulla polemica con Lenin,
riguardava il problema se i socialisti facevano o guidavano la rivoluzione.
Le due polemiche non vanno distinte così nettamente come fa Nettl.
Rosa Luxemburg considerava il leninismo una variante, anche se di
sinistra, dell'opportunismo che caratterizzava sia Kautsky che i
revisionisti alla Bernstein ed è per questo che il confronto
Luxemburg/Lenin può essere preso come punto di partenza per
un'analisi generale del pensiero di Rosa.
Se, oltre a ciò si tiene presente che, oggi il peso di Lenin è
assolutamente sproporzionato rispetto una sua reale utilizzazione in
paesi ad alto sviluppo capitalistico, lo scontro con la Luxemburg diventa
anche l'occasione per gettare nuova luce, per una visione più realistica
che vada quindi al di la del mito, sul pensiero stesso del grande
rivoluzionario russo.
Concludendo, mi sembra giusto sottolineare ciò che Alain
Guillerm dice: " [...] non solo è facile dimostrare che, per il numero di
pagine e per il loro ruolo nell’edificio concettuale [di Rosa], l'opposizione
di sinistra ai bolscevichi ha occupato una posizione centrale; ma anche
che le critiche rivolte a Bernstein e a Kautsky potrebbero in realtà essere
rivolte anche contro Lenin, il quale, secondo i concetti luxemburghisti,
può essere qualificato solo come socialdemocratico di sinistra: basti
pensare alle sue profonde identità di vedute e al suo rispetto per
Kautsky a proposito del problema della coscienza di classe. Ecco la
nostra tesi: è la opposizione Luxemburg/Lenin (con le sue 'cause'
politiche, filosofiche e sociologiche) che riveste un'importanza centrale
per ogni comprensione di Rosa.
E' proprio questo che ci sforzeremo di dimostrare; nonché quanto questa
opposizione sia attuale (tra gauchistes e PCF) anche quando i primi si
servono di una 'forma leninista'. Perche questa è l'opposizione tra
proletariato e burocrazia." 9
Al di la della "forma leninista" di cui Guillerm parla, mi sembra di
condividere pienamente tutto il resto: ecco perché tema centrale di
questo lavoro è le concezione dell'organizzazione in Rosa Luxemburg. Le
sue esperienze, le sue teorizzazioni e le sua polemica con Lenin,
permettono di rivelare, dando un quadro d'insieme delle sue personalità
teorica e rivoluzionaria, una filosofia delle storia che, mi auguro, possa
servire, oggi più che mai, alla causa delle classe operaia.
8
Peter Nettl, Rosa Luxemburg, Mi - Il Saggiatore - I970, vol. II, pag. 356.
9
Daniel Guerin, Rosa Luxemburg e la spontaneità rivoluzionaria, op. cit., pag. 155.
4
PARTE PRIMA I
a) Rapporti tra Polacchi e Russi.
Il movimento rivoluzionario polacco aveva, sin dagli inizi, creduto
più che ad una Polonia libera, indipendente e socialista, al carattere
panrusso della rivoluzione. "Il patriottismo polacco infatti [...] doveva
necessariamente mettere la classe operaia al seguito delle altri classi
[...] Il più vicino compagno di lotta della classe lavoratrice non va
cercato [...] nella società polacca, ma nel movimento rivoluzionario
russo. E la questione nazionale polacca verrà risolta con la rivoluzione
socialista internazionale." 1
Il Partito socialista-rivoluzionario Proletariat aveva anche attuato
praticamente questa scelta ideologica sin dal marzo I884, quando era
avvenuta l'alleanza con Narodnaja Volja; ma questa esperienza fu fatale
al giovane movimento rivoluzionario polacco: le differenze oggettive tra
Polonia e Russia non erano facilmente superabili con semplici accordi
formali.
"Nella conoscenza della realtà sociale e dei presupposti della lotta
rivoluzionaria il Proletariat era superiore alla Narodnaja Volja nella
stessa misura in cui lo sviluppo sociale della Polonia era più avanzato
rispetto a quello della Russia centrale.
Il Proletariat riconosceva la realtà del capitalismo e dichiarava, nel nome
e nelle concezioni fondamentali, di essere il partito della classe operaia.
Voleva condurre la lotta rivoluzionaria come una lotta delle masse
operaie. Sottolineava energicamente il suo carattere internazionale,
rompeva con la tradizione del movimento rivoluzionario polacco e
respingeva l'obiettivo politico dell'indipendenza della Polonia. [...] I
principi su cui si fondava il Proletariat erano inconciliabilmente in
contraddizione con la tattica terroristica della Narodnaja Volja. Se
l'alleanza non doveva rimanere lettera morta, il Proletariat doveva
riconoscere i metodi terroristici e una tattica blanquista, che voleva fare
la rivoluzione per la classe operaia mediante una congiura e non più
mediante un'azione di massa della classe operaia stessa. Il partito
degenerò in un'organizzazione cospiratoria che organizzava imprese
terroristiche in collegamento con la Narodnaja Volja senza mai arrivare
all'azione. Così venne travolto dal crollo della Narodnaja Volja e da tale
crollo poterono sollevarsi soltanto quei piccoli circoli nei quali Rosa
Luxemburg fece il suo apprendistato politico." 2
Rosa Luxemburg non fece altro che riprendere ed approfondire
teoricamente questa tematica. Al Terzo Congresso dell'Internazionale
Socialista, tenutosi a Zurigo dal 6 al I2 agosto 1893, presentò un
rapporto di minoranza per conto della delegazione polacca 3 che tra
1
Paul Frolich, Rosa Luxemburg, FI—La Nuova Italia -1969, pag. 22.
2
Ibidem, pagg. 22/23.
3
P. Frolich dice: "[...] e infine l'avvicinamento dei principi programmatici portarono nel
1893 alla fusione del partito Proletariat con la Lega degli operai polacchi e due gruppi
minori: nacque così il Partito Socialista Polacco (PPS). Organo del partito fu Sprawa
Robotnicza - (Causa Operaia), giornale fondato nel 1893 e che usciva a Parigi. Il
fondatore era Leo Jogiches, redattore Adolf Warski, il suo capo spirituale la giovane Rosa
Luxemburg [...] A Zurigo Rosa Luxemburg aveva studiato, con la passione e la tenacia che
le erano proprie, la storia della Polonia [...] il risultato di questo lavoro fu esposto nel
primo documento importante che possediamo di lei, un'ampia relazione del Partito
5
l'altro è il primo documento importante che conosciamo di lei. Peter
Nettl ritrova un valore in quel rapporto nel fatto che si contrapponeva
nettamente a quello del PPS nel negare ogni prospettiva di restaurazione
della Polonia storica: ogni politica mirante all'indipendenza era
assolutamente anacronistica. È proprio su questa questione e per le
polemiche che ne nacquero che il gruppo attorno a Rosa Luxemburg e a
Leo Jogiches decise di fondare il Partito Socialdemocratico del Regno di
Polonia (SDKP) il cui primo congresso si tenne nel marzo del 1894.
Contemporaneamente Rosa tento di avvicinarsi ai Russi, ma Plechanov
rifiutò ogni contatto e anzi riferì ad Engels molto negativamente sia sui
Polacchi in genere, sia su Rosa in particolare. 4
L'intransigenza di Rosa sulla questione dell’indipendenza polacca
e nella conseguente polemica col PPS le valsero un isolamento rotto solo
dall'amicizia con Krisevskij e Akimov che avevano costituito, in
contrapposizione a Plechanov, l'Unione dei Socialdemocratici russi
all'estero.
Nel 1895, sotto l'auspicio di Sprawa Robotnicza, l'organo teorico
dell' SDKP, Rosa Luxemburg fece pubblicare con lo pseudonimo di Maciej
Rozga, il suo primo opuscolo: La Polonia indipendente e la causa
operaia, in cui dimostrava in termini politici che il nazionalismo era il
rifugio della borghesia, ma che questa stessa borghesia aveva cessato di
essere un fattore rivoluzionario in Polonia. Queste tesi, rielaborate,
furono pubblicate anche sulla Neue Zeit e sul numero I4 di Critica
Sociale del I6 luglio 1896, in occasione delle nuove polemiche scoppiate
con la riapertura del Congresso dell'Internazionale Socialista, a Londra, il
I7 luglio I896.
Anche la sua tesi di dottorato all'Università di Zurigo, presentata
prima di trasferirsi in Germania, tratta della Polonia: è intitolata "Lo
sviluppo industriale della Polonia" e costituisce il primo studio economico
serio su questo oggetto.
"Essa dimostrò che, in termini economici, la Polonia russa era
diventata una parte integrante dell'impero russo, che lo sviluppo
economico della Polonia non avrebbe potuto avere luogo senza
l'importante mercato russo e che l'economia polacca non aveva senso al
di fuori di questo contesto." 5
Il 20 settembre 1898 è a Berlino, giusto in tempo per prendere parte al
dibattito sul revisionismo che iniziò con la serie di articoli pubblicati da
Parvus sulla Sachsische Arbeiterzeitung, tra il 28 gennaio e il 6 marzo
1898, col titolo "E. Bernstein rivoluziona il socialismo". La polemica la
assorbe tutta e solo dal 1900 in poi poté tornare ad occuparsi della
Polonia.
Per il momento è importante notare che: I) sia la polemica
sull'indipendenza della Polonia, sia quella sul revisionismo, servirono a
presentare Rosa Luxemburg come uno dei più grossi cervelli del
socialismo internazionale; e 2) "Bebel incominciò ad interessarsi della
questione soltanto nel momento in cui, assieme ai suoi colleghi, si
Socialista Polacco al congresso socialista internazionale dei lavoratori che si tenne a Zurigo
nel 1893." In Rosa Luxemburg, op.cit., pag. 24.
Peter J. Nettl sostiene invece che I) Sprawa Robotnicza "non ricevette l'appoggio della
direzione del PPS", perché fin dal primo numero rivelò una linea indipendente; esso fu
l'organo dell'SDKP, non del PPS; II) "Rosa Luxemburg scrisse a nome del gruppo di
Sprawa Robotnicza un rapporto di minoranza [...] il gruppo dirigente del PPS presentò un
suo proprio rapporto, e al congresso ci furono due documenti separati e molto diversi che
pretendevano entrambi di rappresentare il movimento socialista della Polonia russa." In P.
Nettl, Rosa Luxemburg, Mi - Il Saggiatore - 1970, vol.I, pagg. 93/94/97.
4
Peter Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 97.
5
Ibidem, pag. 126.
6
accorse che il problema polacco stava intaccando la sua organizzazione
con l'intensità di un acido, sottraendo grossi nuclei di iscritti potenziali al
controllo tedesco." 6 La paura di una crisi dell’apparato organizzativo
della SPD accomunò queste preoccupazioni a quelle successive al
dibattito sul revisionismo. "Nella questione polacca l'esecutivo rinunciò
alla difesa delle posizioni ortodosse - favorevoli alla causa
dell'indipendenza polacca - 7 non appena si trattò di proteggere la
coesione organizzativa del partito.
Allo stesso modo l'esecutivo intervenne nella controversia revisionista
solo per salvaguardare il partito da una frattura nell’autorità monolitica
del gruppo dirigente." 8
Nel frattempo, a partire dal 1897, le sorti del movimento
socialista in Russia migliorarono.
Le organizzazioni socialiste ebraiche si congiunsero formando il Bund
(che è l'abbreviazione di Lega – Bund - generale dei lavoratori ebrei di
Lituania e Polonia) nel I897 e l'anno seguente i socialdemocratici
crearono il loro partito (RSDRP).
Questo successo caratterizzò anche l'SDKP che nel 1899 si unificò
coi socialdemocratici di Lituania di Feliks Dzierzynski, formando il Partito
Socialdemocratico del Regno di Polonia e Lituania (SDKPiL).
Dzierzynski si recò subito a Varsavia dove applicò le sue energie di abile
ed espertissimo organizzatore per tessere le fila del nuovo partito: nel
I900 il partito aveva esteso la sua organizzazione alla maggioranza dei
più importanti centri industriali polacchi e al distretto minerario di
Dabrowa.
Il prestigio che Rosa aveva ormai guadagnato a livello
internazionale grazie ai suoi numerosi interventi fu, d'ora in poi, reso più
solido dalla crescita politica del partito di cui fu sempre la massima
ispiratrice.
Ora, finalmente, poteva di nuovo pensare all'unificazione coi Russi e
questa volta da una posizione di forza che non aveva mai avuto.
Ma, appena fondato il partito russo, "Plechanov sostenne il primato
dell'RSDRP sul Bund e sui Polacchi. Diffidava del Bund - tale diffidenza
era largamente reciproca - e i suoi rapporti col gruppo di Rosa
6
Ibidem, pag. 123. In effetti il PPS tentò di contrapporsi all'SPD facendo leva sulle
condizioni particolarmente sfavorevoli in cui vivevano i polacchi di Germania in confronto
agli stessi operai tedeschi. Nel marzo 1901, alle elezioni per il Reichstag svoltesi nel
distretto di Poznan, il PPS non appoggiò Kasprzak, il candidato ufficiale dell'SPD e il 13
luglio 1902, in una riunione tenutasi ad Auschwitz, furono nominati otto candidati polacchi
da contrapporre a quelli dell'SPD nella campagna elettorale dell'anno seguente.
In P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pagg.200/207.
7
Per Marx ed Engels la vittoria dell'idea nazionale in Polonia era il presupposto necessario
per sconfiggere la politica reazionaria della Russia e per riuscire quindi, a creare uno stato
democratico in Germania. (Vedi le istruzioni di Marx ai delegati del consiglio centrale
provvisorio per il congresso internazionale di Ginevra del 1866). C'e da aggiungere però,
che "Marx era, come Engels, molto scettico sul diritto di autodeterminazione dei popoli ...
La sua adesione alla lotta per una Polonia democratica indipendente, era determinata dalla
sua strategia politica.
Anche Rosa Luxemburg si accostò alla soluzione del problema dal punto di vista della
strategia politica. Abbatté i postulati di Marx ed Engels in fatto di politica estera, postulati
che nel frattempo si erano talmente radicati nelle teste dei marxisti da venir accettati
come leggi naturali e sottratti ad ogni esame.
La ristrutturazione dell'Europa e alcuni processi sociali molecolari avevano mutato
radicalmente i presupposti della politica di Marx. Proprio negli anni in cui Rosa Luxemburg
arrivò ad una chiarificazione su questa questione, si stringeva l'alleanza tra la repubblica
francese e l'assolutismo russo."
In P. Frolich, Rosa Luxemburg, op.cit., pag. 29.
8
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 124.
7
Luxemburg erano stati tesi per oltre sette anni. Inoltre Krisevskij, Teplov
e Akimov, i più intimi amici russi di Rosa Luxemburg e Leo Jogiches
erano anche nemici personali di Plechanov.” 9
Vista la situazione creatasi, anche i Polacchi finirono col non stimare
molto la nuova direzione russa. E, d'altra parte essi potevano anche
aspettare: la loro era una posizione di vantaggio.
Infatti fu l'Unione dei socialdemocratici russi all’estero che fece la prima
mossa. Rosa Luxemburg fu pregata di presentare ai tedeschi il neonato
RSDRP. Ella fu tentata subito di approfittarne per attaccare il detestato
Plechanov, ma Jogiches le consigliò d'essere più prudente.
Al primo congresso di fondazione dell'RSDRP, riunitosi
segretamente a Minsk dal 13 al 15 marzo 1898, non tutti i gruppi
interessati erano stati presenti e inoltre una decina di giorni dopo, la
polizia arrestò vari rivoluzionari 10, per cui "unico frutto di questo
Congresso fu un manifesto politico-ideologico, scritto da quello che
doveva diventare di lì a pochissimi anni, il capo del liberalismo russo,
Petr Berngardovic Struve." 11 Fallì anche il tentativo di tenere un
ulteriore congresso o conferenza a Smolensk alla fine di aprile del I900,
perchè la maggioranza dei delegati vennero arrestati mentre vi si
stavano recando.
In questo stesso anno Lenin, Martov e altri delegati di primo
piano emigrarono e dopo breve tempo lo scontro con l’Unione dei
socialdemocratici russi all'estero, fu inevitabile: Plechanov, Lenin e i
giovani emigrati attorno all'Iskra accusarono di "economicismo" la
vecchia Unione creando cosi una scissione nella direzione dell'RSDRP.
Intanto i polacchi dell'SDKPiL fondarono nel 1902 il loro giornale
popolare: Czerwony Sztander (Bandiera Rossa). La funzione del giornale
era identica a quella dell'Iskra - esso doveva render nota la piattaforma
politica del partito e divenire un punto di riferimento per i militanti del
movimento; per Rosa, comunque, fu molto più importante Przeglad
Socjaldemokratjczny (Rivista Socialdemocratica) che avrebbe dovuto
essere l'organo teorico del partito allo stesso modo della Neue Zeit a cui
si rifaceva. Attraverso questi organi di stampa e in ogni occasione, Rosa
continuava a ribadire con vigore il carattere panrusso della rivoluzione in
Polonia per cui si vide confrontata sempre più praticamente col
problema dei rapporti fra partito polacco e partito russo. Proprio su
questo tema fu convocato un congresso dell'SDKPiL che si svolse a
Berlino tra il 24 e il 29 luglio 1903.
In esso si deliberò a favore di negoziati miranti all’unificazione con
l'RSDRP, anche se non furono nascoste quelle difficoltà legate
soprattutto al tipo di struttura organizzativa richiesta dai Russi.
I Polacchi, infatti, avrebbero preferito un legame di tipo federativo,
mentre veniva loro concessa solo un’autonomia limitata che
praticamente non garantiva nessuna parità.
Comunque i Russi invitarono formalmente due polacchi al loro congresso
12
- avrebbero avuto diritto alla parola ma non al voto - anche se questa
decisione fu presa contro il parere di Lenin e Martov, i quali sostenevano
9
Ibidem, pag. 286.
10
"La polizia una decina di giorni dopo (del congresso di Minsk) arrestò i comitati locali e
a Jekaterinoslav occupò la tipografia segreta dell'appena nominato organo centrale, il
foglio illegale Rabocaja Gazeta (Giornale dei lavoratori)".
In Luciano Amodio, Il contrasto Lenin-Luxemburg sull'organizzazione del partito, Quaderni
Piacentini Antologia I962/I968, Mi – Gulliver - I977, pag. I57.
11
Ibidem, pag. I57.
8
che i Polacchi avevano ormai perso ogni occasione.
"Il numero di luglio (1903) dell' Iskra conteneva un articolo di
Lenin sulle questione nazionale. In esso egli ribadiva ancora una volta
che, sia per regioni teoriche, sia per regioni tattiche, il partito russo
doveva sostenere il diritto all'autodeterminazione dei popoli oppressi." 13
Lenin non aggiunse niente e ciò che era detto anche nel programma
dell'RSDRP, ma il suo scritto fece ugualmente l'effetto di una bomba. Ciò
che preoccupò i Polacchi fu la date di pubblicazione coincidente con
l'inizio delle loro trattative e il tono particolarmente duro che smentiva il
formalismo essai diplomatico usato de Martov in un articolo precedente
sullo stesso argomento.
Gli effetti sui negoziati furono immediati. "Ormai sono sospesi ed un
filo", scrisse Rosa a Warszawski. 14
Comunque, al di là di queste polemiche, le trattative erano
destinate a fallire ugualmente. Le richieste dei Polacchi contrastavano
con i principi organizzativi fondamentali dei Russi, condivisi e sollecitati
de Lenin e da Martov. Tali principi non tarderanno e mostrarsi nei
confronti del Bund che prima di essere costretto ad abbandonare il
congresso decise di farlo spontaneamente.
Warszawski, che insieme ad Hanecki era stato incaricato di
condurre le trattative coi Russi, chiese istruzioni riguardo la questione
dell'organizzazione, "e benché Rosa Luxemburg si interessasse
soprattutto della questione nazionale, a questo punto fornì anche
indicazioni e commenti dettagliati su tutti gli altri problemi trattati dal
negoziato. Alla richiesta russa di avere dei rappresentanti nel comitato
centrale polacco, Rosa rispose negativamente." 15
Pochi giorni dopo tutto era concluso. Il congresso russo si trasferì
in blocco a Londra per sfuggire la polizia. Lì avvenne lo scontro tra Lenin
e Martov sul paragrafo uno dello statuto del partito in seguito al quale
avvenne la scissione tra menscevichi e bolscevichi.
I Polacchi non parteciparono a queste polemiche perché erano
rimasti a Bruxelles e comunque cessò ogni trattativa mirante
all'unificazione tanto che, nel 1905, quando i Russi convocarono il
successivo congresso, essi non furono neppure invitati. È interessante
notare che Lenin, proprio in questo periodo, tentò degli approcci rimasti
sconosciuti ai polacchi di Rosa, verso il PPS.
Avvenuta la scissione, sia menscevichi che bolscevichi si rivolsero
all'SPD e Rosa Luxemburg come maggiore esperta tedesca di problemi
russi fu chiamata in causa, tanto più che faceva anche parte dell'Ufficio
dell'Internazionale che era stato incaricato di risolvere il difficile
problema dell'unificazione dei Russi.
"Di conseguenza, all'inizio del 1904, si occupò con un certo
ritardo delle questioni sorte al congresso russo dopo che i polacchi
l'avevano abbandonato, e si imbatté inevitabilmente in Che fare? e Un
passo avanti e due indietro di Lenin. Naturalmente la sua reazione alle
proposte organizzative di Lenin fu negativa [...] scrisse un lungo articolo
per Neue Zeit e lo offrì ai russi perché lo traducessero." 16
12
Il Secondo Congresso del Partito Operaio Socialdemocratico Russo fu sollecitato dal
gruppo attorno all'Iskra e si svolse dal 30 luglio al 23 agosto 1903.
Fino al 6 agosto si tenne a Bruxelles, poi, dopo l'ingiunzione della polizia belga di lasciare
la capitale, a Londra, deve le riunioni ripresero il giorno 2 di agosto.
13
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 308.
14
Ibidem, pagg. 308/309.
15
Ibidem, pag. 309.
9
Era Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa.
Prima di analizzare i tre testi appena citati, sarà utile, penso,
soffermarci per un momento alle esperienze fatte da Rosa Luxemburg in
organizzazioni politiche fino al 1903, perché è proprio da tali esperienze
pratiche che emerge, per poi essere anche teorizzata, la concezione
dell'organizzazione "come processo".
Questa concezione appare, inoltre, almeno in nuce, già al tempo
delle polemica coi revisionisti, per cui occorrerà, in seguito, esaminare
con particolare attenzione Riforma sociale o rivoluzione?
16
Ibidem, pag. 3I6.
10
b) SDKP e SDKPiL
Poco si conosce dell'attività politica di Rosa Luxemburg nel
periodo precedente il 1889, anno in cui fu costretta a rifugiarsi in
Svizzera.
Paul Frolich fa iniziare le sue attività politiche in un gruppo
organizzato, il Partito socialista-rivoluzionario Proletariat, nel 1886 17,
mentre Peter Nettl posticipa la data di poco tempo: nel 1886 Rosa era,
sembra, collegata solamente ad "ambienti studenteschi ribelli." 18
L'importante comunque, è la situazione particolare che ella dovette
fronteggiare, quando entrò in una cellula del Proletariat. Questo partito
era nato nel 1882 dalla fusione di vari circoli e comitati operai e già nel
1883 fu l'anima di un movimento di massa; nel 1884 venne portata a
compimento, come si è già detto, quella alleanza con Narodnaja Volja
che gli fu fatale: infatti nel 1885, l'intero partito fu condotto davanti al
tribunale di guerra. Il risultato fu che quando Rosa, un anno dopo il
grande processo di Varsavia, entrò in un gruppo del Proletariat,
sopravvivevano solo alcuni resti dell'organizzazione.
Dal colpo ricevuto il Proletariat si risollevò solo nel 1888 in
concomitanza con un nuovo slancio nel movimento operaio.
Nello stesso periodo venne fondata anche la Lega degli operai
polacchi, un'organizzazione che "si limitava quasi esclusivamente a
compiti economici della classe operaia, anzi in parte respingeva l'azione
politica. Era simile a quella corrente ‘economicistica’ che sorse un
decennio più tardi nel giovane movimento socialista russo." 19 Rosa
Luxemburg probabilmente prese parte alla sua fondazione e comunque
in seguito se ne occupò sempre attivamente.
Le tradizioni ideologiche vive nel Proletariat e la sua
unione/contrapposizione con Narodnaja Volja, contribuirono a diffondere
la discussione su alcune questioni di fondo quali il terrorismo e il tipo di
struttura organizzativa, settaria e cospirativa o con seguito di massa,
che in ultima analisi, riguardavano la presa del potere. Più tardi Rosa
Luxemburg, facendo riferimento a questo periodo, in un articolo apparso
su Sozialistsches Monatsheft disse che "l’organizzazione era stata troppo
centralizzata e troppo simile a Narodnaja Volja nel porre l'accento sul
terrorismo." 20
Il risultato di queste prime esperienze è racchiuso nel primo
documento che possediamo di lei e di cui abbiamo già parlato, cioè il
rapporto presentato al Terzo Congresso dell'Internazionale Socialista
svoltosi a Zurigo nell'agosto 1893.
"Questo documento trattava in primo luogo della fondazione di
una tattica 'Socialdemocratica' ossia marxista del movimento operaio
polacco. A questo scopo Rosa Luxemburg doveva condurre una battaglia
su due fronti: contro l'anarchismo blanquista e contro il riformismo,
contro le tradizioni del Proletariat e contro le tendenze economicistiche
che si erano mostrate nella Lega dei lavoratori polacchi ... 'Si era
finalmente
capito'
scriveva
Rosa
Luxemburg
generalizzando
indebitamente la sua conoscenza personale 'che la funzione del partito
socialdemocratico consiste nella guida cosciente della lotta di massa
contro la società esistente, una lotta che deve tener conto delle
17
P. Frolich, Rosa Luxemburg, op.cit., pagg. 20/21.
18
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 70.
19
P. Frolich, Rosa Luxemburg, op.cit., pag. 23.
20
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 76.
11
necessità vitali all'interno della società capitalistica. Si è compreso che le
lotte economiche per gli interessi quotidiani dei lavoratori sono lotte per
una forma democratica di governo, sono una scuola che il proletariato
deve necessariamente fare prima di essere in grado di abbattere
l'attuale ordinamento della società.'
(Rosa) non voleva lasciare il partito affondare nella lotta quotidiana,
voleva anzi che il partito avesse davanti agli occhi l'intero processo dello
sviluppo futuro, in conformità alla conoscenza storica e che ogni passo
dell'azione pratica venisse dettato dal pensiero dello scopo finale." 21
Questo rapporto era inoltre, come abbiamo già visto, molto polemico
con la direzione del PPS per quanto concerne la questione
dell'indipendenza polacca, per cui si svilupparono subito delle polemiche
molto accese.
Plechanov ne approfittò per schierarsi immediatamente contro Rosa.
Inizialmente si pensava di condurre una battaglia all’interno del PPS, ma
l'atteggiamento assunto dal gruppo dirigente a Zurigo e i successivi
attacchi della stampa del PPS fecero sfumare ogni speranza del genere.
Si decise così di formare un partito completamente nuovo, il
Partito Socialdemocratico del Regno di Polonia. (SDKP)
Fu Rosa a sceglierne il nome e al suo primo congresso (marzo 1894) si
assunse come programma l'editoriale apparso sul primo numero di
Sprawa Robotnicza unito al rapporto presentato da Rosa al Congresso
Internazionale Socialista di Zurigo.
È interessante notare, dal nostro particolare punto di vista, che
Rosa fu costretta a fondare un nuovo partito: ella "non confidava molto
nelle sette e a quel tempo la piccola schiera di individui (SDKP) aveva
tutte le caratteristiche di una minuscola setta." 22 E comunque "per
sette anni, dal 1893 al 1900, (l'SDKP) fu praticamente una testa priva di
corpo." 23
Dobbiamo soffermarci ora sul tipo di struttura che caratterizzava
lo SDKP, altrimenti non si capirebbe "il fatto che si sia sviluppato
nonostante tutti gli arretramenti" e si sia trasformato "in un nucleo
molto potente che alla fine inghiottì la maggioranza del PPS e con essa
costituì il Partito Comunista di Polonia." 24
D'altra parte a noi interessa particolarmente perché costituisce
un’esperienza che ci aiuterà a capire meglio la posizione di Rosa
Luxemburg sulle questioni organizzative.
"Il gruppo dirigente dell'SDKP (essenzialmente Rosa Luxemburg,
Leo Jogiches, Julian Marchlewski e Adolf Warszawski) é stato un
fenomeno unico all'interno della seconda internazionale.
Differì tanto dai partiti strettamente gerarchici dell'Europa occidentale,
quanto dal gruppo rigidamente cospirativo, dominato dalle norme
rigorose dell'unità di partito che i bolscevichi avrebbero sviluppato più
tardi. Si trattò essenzialmente di una collaborazione fra eguali che
formulavano una politica comune preservando il diritto individuale di
dissentire. Erano personalità indipendenti e in pari tempo elementi al
servizio di un'associazione più ristretta che si proponeva il
raggiungimento di fini particolari, senza che per questo si creassero
situazioni conflittuali evidenti tra i due ruoli. Si trattò in ogni caso di una
forma insolita di associazione di gruppo. Le tracce dello spirito che la
21
P. Frolich, Rosa Luxemburg, op.cit. pagg. 24/25.
22
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 97.
23
Ibidem, pag. 109.
24
Ibidem, pag. 99.
12
animava rimasero in ognuno dei suoi aderenti e successivamente essi lo
avrebbero introdotto nelle associazioni e nei partiti in cui avrebbero
militato." 25
La caratteristica quasi di "gruppo di pressione" fu tipica di questo
nucleo dirigente eccezionale.
E si può riscontrare ciò nella riluttanza che Rosa ebbe sempre nel
prendere parte alla fondazione di nuovi partiti con struttura
organizzativa indipendente: è il caso dell'SDKP (come abbiamo visto),
ma lo sarà anche per Spartaco nell'SPD prima e nell’USPD dopo, fino alla
fondazione, con gran fatica del KPD. (Partito Comunista Tedesco)
I quattro fondatori dell'SDKP "erano persone profondamente
diverse una dall'altra ed erano ben lungi dall'essere sempre d'accordo su
tutte le questioni. 26 [...] Dissentivano tutti per convinzione personale, e
più che cospiratori organizzati erano degli outsiders.
Avevano una fiducia illimitata nella prospettiva di un futuro socialista e
nell‘esattezza delle loro analisi e della loro tattica. La loro collaborazione
- e questo e il fatto più importante - si basava su una trama indefinibile
di atteggiamenti personali che generavano una sorta di consenso
spontaneo e flessibile che non aveva nulla a che vedere con una
particolare teoria dell'organizzazione, con la dottrina o addirittura con il
carisma. Invece di essere creato o prescritto, il consenso sorgeva
spontaneamente.
Benché gli statuti richiedessero un centralismo rigido e
cospirativo - se si fosse preoccupato di esaminarli, in essi Lenin avrebbe
trovato un modello perfetto per il centralismo democratico -, nel caso
dei primi anni le procedure effettive del gruppo dirigente furono
informali e personali piuttosto che rigide e ufficiali." 27
In questo contesto Rosa Luxemburg fu la principale sorgente di
idee politiche del movimento, anzi si può affermare con tutta tranquillità
che "Rosa Luxemburg nel corso di questi anni, era la socialdemocrazia
polacca." 28
25
Ibidem, pag. 103.
26
Julian Marchlewski "era figura particolare, in un certo qual senso patrizia. La sua
famiglia viveva a Wloclawek, a metà strada tra Poznan e Varsavia. Non era ebreo - suo
padre era polacco e sua madre tedesca - in casa sua non c'era una tradizione di dissenso
politico [...] era giunto al marxismo per pura convinzione personale. Pur possedendo una
natura di intellettuale [...] era andato deliberatamente 'verso il popolo', seguendo la
tradizione populista, e si era sforzato di assorbire l'ideologia della classe operaia facendosi
assumere in fabbrica come tessitore o tintore [...] I suoi rapporti personali con Rosa
furono spesso difficili. Più volte fu il portavoce del partito in questioni che in cuor suo non
condivideva del tutto."
Adolf Warszawski fu figura di primo piano nella Lega degli operai polacchi. Era ebreo,
eccellente agitatore e oratore. "Non aveva la propensione intellettuale di Rosa Luxemburg
o di Julian Marchlewski ed era molto più il tipo di rivoluzionario che dedica la sua intera
esistenza alla complessa e spesso ingrata attività di persuasione su scala ridotta [...] a
causa di queste sue caratteristiche personali, l'atmosfera del gruppo bolscevico in cui
operò successivamente, all'interno del Partito socialdemocratico operaio russo (RSDRP), gli
fu più congeniale che ad altri socialisti polacchi."
Leo Jogiches, infaticabile ed abilissimo organizzatore, quando giunse a Zurigo nel 1890,
all'età di 23 anni, era già stato arrestato due volte e in entrambi i casi era riuscito ad
evadere. Era ebreo e di famiglia agiata. Non lasciò nulla di scritto, ma l'importanza del suo
ruolo è stata certamente sottovalutata dagli storici socialisti. Nettl in qualche modo, lo
rivaluta e dati anche i suoi rapporti personali con Rosa, lo cita innumerevoli volte.
In P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pagg. 89/100/101.
27
P. Nettl, Rose Luxemburg, op.cit., vol.I, pagg. 101/102.
28
Ibidem, pag. 108.
13
Anche l’SDKPiL 29 aveva una struttura simile che del resto si
armonizzava
perfettamente
con
le
posizioni
ideologiche
internazionalistiche di Rosa. "Le questioni interne di partito e i problemi
organizzativi che sorgevano in Polonia avevano tradizionalmente svolto
una funzione di secondo piano; il dar forma all'immagine internazionale
del partito era sempre stata la preoccupazione prima del movimento." 30
Appunto per questo motivo "per il gruppo dirigente dell'SDKPiL
l'influenza era dunque da anteporre al potere, il livello intellettuale al
numero dei militanti. Più che un partito politico vero e proprio era un
gruppo di pressione operante all'interno del socialismo internazionale; la
sua struttura organizzativa e i suoi metodi rispecchiavano fedelmente
questo fatto." 31
"Il gruppo dirigente dell'SDKPiL era sempre geograficamente
disperso ... Questa dispersione geografica favoriva l’informalità, lettere
di spiegazione e di informazione erano più efficaci delle istruzioni
precise. Ogni membro del gruppo d'elite agiva in larga misura di propria
iniziativa, secondo le proprie predilezioni ed abitudini. Gli ordini erano
rari, salvo che in casi eccezionali, come i negoziati russi del 1903, la
corrispondenza serviva a discutere sottili sfumature di opinioni.
Dzierzynsky 32 era scandalizzato da questa rilassatezza in cui vedeva un
sintomo di decadimento.
'Nessuna politica, nessuna direzione, nessuna solidarietà ... ognuno
deve tirare avanti da solo.'
Dzierzynsky non comprese che questa situazione non era accidentale ma
forniva proprio le condizioni ambientali in cui il particolare genio di Rosa
Luxemburg poteva dare i suoi frutti. Il tipo di organizzazione di partito a
cui mirava sarebbe stato inaccettabile per la maggioranza dei dirigenti
polacchi. Per loro il bolscevismo rimase sempre inconcepibile [...] Oltre
ai militanti scarseggiava anche il denaro. Pure in questo caso un
paragone con Lenin è interessante. Non si facevano sforzi particolari per
racimolare dei fondi; ognuno doveva trovare il modo di guadagnarsi da
vivere meglio che poteva (di solito con la penna) [...]
Oltre ai canali organizzati, che non raggiunsero mai l'efficacia di quelli di
Lenin, Jogiches e Rosa Luxemburg ricorsero anche a collegamenti
personali [...] Lungi dall'essere una lacuna accidentale nella direzione
degli affari di partito, quest'informalità era cosciente e gelosamente
custodita. Alcuni dei dirigenti nutrivano una profonda avversione per le
questioni finanziarie e più in genere per ogni attività burocratica." 33
Non si pensi però che, date queste caratteristiche, ogni dirigente
potesse fare o dire ciò che voleva pubblicamente. Le critiche erano bene
accettate, ma una regola ferrea le limitava: esse dovevano rimanere
all'interno del gruppo.
In effetti i problemi organizzativi non erano spariti del tutto come
potrebbe sembrare da ciò che dice Nettl, erano solo passati in secondo
piano. I dirigenti polacchi credevano più giusto favorire la rivoluzione
attraverso lucidi e coerenti dibattiti con il pubblico, piuttosto che creare
cellule settarie e artificiali in cui rinchiudersi. In seguito, le masse,
29
Sul come l'SDKPiL si formò, vedi pagine precedenti.
30
P. Nettl, Rosa Luxemburg, 0p.cit., vol.I, pag. 292.
31
Ibidem, pag. 255.
32
Su Dzierzynsky, vedi pagine precedenti.
33
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pagg. 206/207.
14
sollecitate non solo dalla loro azione ma anche dalla stessa situazione
oggettiva, avrebbero risolto tutti i problemi, non solo quelli organizzativi.
A questo punto occorrerà ricordare che la Polonia, sebbene fosse
più avanzata della Russia, non era certamente al livello di una
Germania. In Polonia la vita della società civile era morta, soffocata
dall'autocrazia, almeno quanto in Russia: in essa l'SDKP e l'SDKPiL, in
quanto gruppi di pressione, non avevano nessuna possibilità d'azione.
Per evitare questa contraddizione, bisogna sottolineare con più energia
di quel che fa Nettl, la distinzione fra gruppo dirigente e resto del
partito, per quanto piccolo sia, a meno di risolvere tutto il partito nel
gruppo dirigente, cosa che non corrisponde al nostro caso.
Il gruppo dirigente di questi due partiti era costantemente
all'estero, era composto da intellettuali che se non di pari levatura,
almeno provenivano tutti da famiglie più o meno agiate e infine, di non
secondaria importanza, è da tener presente l'origine di "senza patria"
(erano infatti ebrei) che accumunava Rosa, Leo e Warszawski.
Esistevano quindi alcune condizioni oggettive affinché si formasse
un peer group 34 che agiva poi, verso l’esterno, cioè verso il socialismo
internazionale, come gruppo di pressione.
Il partito vero e proprio, le cellule esistenti in Polonia, non
potevano che essere organizzate con norme e procedure identiche a
quelle dei bolscevichi di Lenin, proprio per quelle condizioni oggettive
che in gran parte rendevano Russia e Polonia molto simili fra loro.
Non a caso, come del resto lo stesso Nettl fa presente, gli statuti del
partito richiedevano un "centralismo rigido e cospirativo" di cui lo stesso
Lenin sarebbe stato contento.
È dalla netta differenza fra questa situazione e quella tedesca in
cui Rosa militerà più tardi, che nasce ciò che Nettl definisce la
schizofrenia di Rosa Luxemburg.
L'azione contemporanea in Germania e in Polonia non poteva
certamente essere condotta su una stessa direttiva: "i metodi che si
rendevano necessari nei due campi erano profondamente diversi" ed
"essa tenne rigorosamente separate le sue due vite; solo Jogiches era al
corrente della reale estensione della sua attività [...] La divisione non
aveva soltanto un carattere funzionale e non riguardava esclusivamente
l'applicazione di metodi diversi, in realtà erano in gioco niente di meno
che due diverse ideologie, o piuttosto due rapporti completamente
diversi tra ideologia e prassi." 35 E se oggi possiamo guardare con
interesse all'opera di Rosa Luxemburg, lo dobbiamo proprio al fatto che
fu la Germania, più che la Polonia o la Russia, ad essere il terreno adatto
alla realizzazione delle sue idee: "La Germania era e continuò a
rimanere il suo campo di azione effettivo. Qui le esperienze della
rivoluzione russa contribuirono a dar vita a una dottrina che poté essere
messa praticamente alla prova. Solo in Germania esistevano realmente
una massa proletaria politicizzata che avrebbe potuto intervenire in un
processo rivoluzionario; una classe su cui era possibile applicare
concretamente l'orientamento sociale di Rosa Luxemburg. Solo nel
contesto tedesco aveva senso parlare di un contrasto tra masse e
dirigenti. Quello che mancava era una situazione 'russa' in Germania,
una volontà 'russa' di agire e Rosa si mise al lavoro per crearla o almeno
per insegnare alla gente a riconoscerla quando esisteva." 36
34
Definizione di Nettl.
35
P. Nettl, Rosa Luxemburg, 0p.cit., vol.I, pag. 290.
36
Ibidem, pag. 394.
15
"La Germania stava allora attraversando un periodo di prosperità
economica. Dal quarto posto che essa occupava fra i paesi industriali nel
1870, passava al terzo intorno al 1890 e al secondo intorno al 1900. Il
volto economico del paese mutava rapidamente: il processo di
concentrazione celebrava i suoi trionfi nell'industria del ferro, dell'acciaio
e del carbone, nonché nella chimica e nell'elettrotecnica, ponendo le basi
di una politica imperialistica che doveva estrinsecarsi nel commercio
estero, nelle conquiste coloniali, nella politica internazionale, nella corsa
al riarmo.
Contropartita di questa espansione capitalistica erano un aumento dei
salari reali, che pur rimanevano bassi ma che comunque smentivano le
teorie ancora di moda della miseria crescente, e lo sviluppo delle
assicurazioni sociali, volute già prima da Bismark, che rappresentavano
alle masse la faccia paternalistica dello Stato.
La probabilità di una crisi economica catastrofica o anche di una crisi
tout-court apparivano sempre minori agli stessi socialisti: la teoria
marxista della crisi sembrava ricevere un duro colpo. Agli occhi di molti
una sola strada di accesso al potere si presentava come possibile: la
conquista di una maggioranza parlamentare. Ancora nel I893 Mehring
aveva protestato nella Neue Zeit contro questa utopia: 'L'idea che la
maggioranza di un parlamento borghese, sia pure formata da operai
coscienti, possa una volta aprire la strada alla società socialista, è come
un coltello a cui manchi sia il manico che la lama. Solo quando la fede
delle masse nel parlamentarismo borghese è morta del tutto, si apre la
strada verso l'avvenire.'
Ma Kautsky aveva reagito e lo stesso Engels aveva molto concesso agli
entusiasmi parlamentaristici." 37
Vista la situazione, appare evidente che anche dal punto di vista
strettamente organizzativo, era la Germania ad offrire più possibilità di
uno qualsiasi dei paesi dell'Est. E ciò, tanto più, per una teoria come
quella di Rosa che si basava sulla possibilità di realizzare
un’organizzazione capace di dissolversi e ricrearsi quotidianamente nella
lotta. Infatti lo sviluppo capitalistico più avanzato non può che portare
con se un tipo di coscienza di classe e quindi di lotta più avanzato.
Ma quel rapporto interpersonale realizzatosi sia nello SDKP che
nell'SDKPiL, anche se solo a livello di dirigenza, non fu mai dimenticato
da Rosa. Da questo punto di vista, si può dire che la Germania le offrì un
campo d'azione in cui fu possibile generalizzare su vasta scala quello che
in Polonia era riuscito solo per una elite.
37
Lelio Basso, Prefazione a: Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, Roma Editori Riuniti - 1973, pagg. 9/10.
16
c) SPD e Riforma sociale o rivoluzione?
Il I2 maggio 1898 Rosa Luxemburg arriva a Berlino. A quei
tempi, il partito socialdemocratico tedesco, aveva già assunto tutte le
caratteristiche, negative e positive, di un grosso e moderno partito
operaio. Dal 1891, fino alla prima guerra mondiale, il testo base a cui
l'intero partito faceva riferimento era il programma di Erfurt, redatto
appunto quell'anno, in sostituzione del vecchio programma di Gotha. Sul
nuovo programma aveva lavorato il più grosso teorico che il partito
allora disponeva: Karl Kautsky.
"Fu lui a mediare sul piano teorico tra Marx ed Engels - al quale
era molto legato - da un lato, e la direzione dell'SPD di Wilhelm
Liebknecht e August Bebel dall'altro." 38
Il programma di Erfurt fu un'abile via di mezzo fra obiettivo
massimo e obiettivo minimo.
"Il programma accettava la tesi marxista dell'inevitabile collasso della
società capitalistica e prevedeva l'instaurazione, in un futuro distante ma
prevedibile di una società socialista in vece sua. Parlava di un collasso
ma per rispetto delle leggi e dei loro alacri tutori evitava di menzionare
la rivoluzione.
In pari tempo il partito ammetteva però la necessità di tutelare gli
interessi presenti della classe operaia, e fissò alcuni obiettivi minimi per i
quali si doveva impegnare di continuo. Il programma si scindeva dunque
nell'obiettivo massimo finale e in obiettivi minimi più immediati: due
aspetti diversi di un tutto.
Il programma di Erfurt era una sintesi di fini non necessariamente
coincidenti, che avrebbero potuto entrare in conflitto e porre il partito di
fronte ad una scelta difficile." 39
Le difficoltà presenti in qualsiasi partito operaio di massa, legate da una
parte all'attività quotidiana e dall'altra alla volontà di distruggere
l'ambito in cui questa attività viene svolta, rispettando però le forme
della democrazia, erano praticamente irrisolte nell'SPD. "Più l'SPD si
rafforzava e più il gruppo dirigente ribadiva le vecchie e drastiche
formule dell'odio per la società borghese nel suo complesso; ma
diveniva sempre più difficile imporre nella pratica una simile politica ad
un partito di massa." 40
Queste contraddizioni che del resto furono presenti nell'SPD fin
dall'inizio, esplosero già nel I894 quando, da una parte, i socialisti del
sud della Germania insorsero contro la mozione imposta al congresso del
partito che vietava l'approvazione di qualsiasi bilancio, anche regionale,
onde evitare compromessi col capitale e col suo sistema, e dall’altra,
quando Georg von Vollmar criticò la politica agraria del partito: non si
trattava più di favorire lo sviluppo della grossa proprietà che poi,
automaticamente o tutto al più con una semplice espropriazione,
sarebbe caduta tra le braccia del socialismo, ma bisognava rifiutare “la
necessità di una completa proletarizzazione dei contadini attraverso la
costituzione di grandi proprietà. Il richiamo all'inevitabilità storica non
era una politica adatta a un partito interessato al benessere degli
uomini; erano invece necessarie riforme immediate e profonde.” 41
38
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 143.
39
Ibidem, pag. 143.
40
Ibidem, pag. 152.
41
Ibidem, pag. 146.
17
Il partito risolse i due problemi facendo approvare al congresso
del 1895 una risoluzione che negava la validità delle riforme, le quali dal
momento che servivano a stabilizzare o addirittura a migliorare il regime
capitalistico, erano da considerarsi contrarie ad una pratica
socialdemocratica e accettando l'approvazione dei bilanci nel sud della
Germania solo come fatto eccezionale: solo così il principio secondo cui
non si doveva collaborare in nessun modo con il capitale, veniva
salvaguardato.
Le regioni meridionali della Germania erano all'avanguardia e non
certamente con argomentazioni teoriche, ma dietro la spinta di esigenze
eminentemente pratiche, nel condurre le bandiere del revisionismo.
"Contribuirono a questa svolta in modo particolare le regioni meridionali
dove l'industria era meno sviluppata e quindi la classe operaia, e dove i
voti dovevano essere pescati fra i piccoli borghesi e i contadini." 42
Ma la logica dei voti prese tutto il partito: "La parlamentarizzazione dei
partiti socialisti ha indubbiamente contribuito in modo notevole al trionfo
dell'opportunismo: per conquistare seggi parlamentari occorre infatti
estendere l'influenza del partito a strati più vasti di popolazione e ciò
avviene troppo spesso non conquistando la coscienza di questi strati al
socialismo ma adattando il socialismo alla mentalità e ai bisogni pratici
questi strati.” 43
Per di più questo adattamento è la prima tappa di quello che ben presto
diventa un circolo vizioso: "E a misura che il partito, grazie a questa sua
politica di adattamento, acquisiva maggior forza elettorale e offuscava la
sua originaria natura classista, affluivano ad esso nuovi ceti piccoloborghesi, tratti in parte dall'ambizione della carriera e dal successo e in
parte dalla funzione democratico-borghese che il partito obiettivamente
assolveva." 44
Tutto ciò conduce direttamente ad un interclassismo che si riduce poi col
sostenere apertamente il capitalismo: "Naturalmente il miglioramento
delle condizioni generali di vita, lo sviluppo della democrazia, la lotta
contro i lati peggiori del capitalismo non potevano essere monopolio
degli operai: non si trattava di una questione di classi ma di ideali
democratici che non possono essere prerogativa di un solo ceto sociale"
e ancora "la tattica più acconcia per perseguire questi risultati doveva
essere quella di appoggiare l'espansione economica capitalistica: in
questo senso Bernstein è favorevole anche al colonialismo." 45
Appare quindi chiara l'impossibilità, a questo punto, di evitare
che il revisionismo passi da un fare pratico ad una formulazione anche
teorica: Bernstein assolve proprio questa funzione. "Quando Bernstein
incominciò a scrivere i suoi articoli, la prassi del partito era già di fatto
dominata dall'opportunismo." 46
E, "come è noto la Bernsteindebatte fu l'occasione che obbligò la
socialdemocrazia tedesca a porsi esplicitamente - non però a risolvere tutta una serie di problemi che esistevano indipendentemente da
42
Lelio Basso, Prefazione a
pag. 13.
43
Ibidem, pagg.10/11.
44
Ibidem, pag. 13.
45
Ibidem, pagg. 20/21.
46
Ibidem, pag. 11.
Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, 0p.cit.,
18
Bernstein e che si possono riassumere nella frattura fra le formulazioni
teoriche ufficiali della socialdemocrazia e la sua reale attività pratica." 47
"Quanto più si abbandonava la prospettiva del socialismo,
proiettandola lontano nel tempo, tanto più si affermava logicamente la
tendenza a migliorare le condizioni attuali: la scissione tra avvenire e il
presente si faceva sempre più completa. E naturalmente, il funzionario
medio del partito, non si occupava che del presente che lo toccava da
vicino." 48
Ed è per questo che "se i dirigenti avevano potuto fino allora far finta di
non vedere il carattere revisionistico della prassi mascherata sotto le
frasi tradizionali, la frattura fra pratica e teoria, fra lotta quotidiana e
scopo finale, fra passato ed avvenire, che il programma di Erfurt non era
riuscito a superare, la sortita di Bernstein sul terreno della dottrina li
obbligava a prendere aperta posizione." 49
Ma se la questione del rapporto fra tattica e strategia, fra prassi
quotidiana e fine da raggiungere, fra riforma e rivoluzione, rimaneva
quindi irrisolta, occorrerà anche dire che questi problemi sono talmente
importanti e fondamentali che ancora oggi rimangono praticamente
irrisolti. Anzi oggi, la frattura di cui parla Basso, è ancora più profonda:
non a caso la nostra ultima storia è costellata dalla nascita di partitini o
gruppuscoli che si autodefiniscono rivoluzionari in netta e aperta
contrapposizione al riformismo dei grossi partiti storici della classe
operaia. Basterebbe rendersi conto della funzione del sindacato e in
generale della riforma sociale, per poter capire che il capitalismo si è
potuto sviluppare solo grazie al continuo adeguamento della società
civile rispetto alle esigenze dello sviluppo economico.
In altre parole, se "l'azione sindacale è stata ed è un’azione di
sostegno del sistema economico, il quale, proprio in virtù di quell'azione,
viene a disporre di quel tipo di mercato che appunto occorre al
funzionamento di un meccanismo economico decentrato" 50, si può dire
lo stesso dei partiti riformisti, i quali stanno contribuendo a creare quel
consenso generalizzato privo di ogni forma di dissenso che può garantire
la sopravvivenza di un sistema economico altamente sviluppato in cui lo
stato diviene sempre più elemento centrale.
In questo contesto, capiti i ruoli, è inutile urlare al tradimento e
cercare quindi di riproporre gli stessi metodi e gli stessi contenuti
politici, persino lo stesso linguaggio, usati tempo addietro dai grandi
partiti operai, quando, al loro nascere la rivoluzione era ancora il
messaggio fondamentale, con l'illusoria speranza di sapere oggi, più di
loro ieri, rimanere "puri": occorre invece trovare una forma di lotta
diversa, capace di rispondere alle esigenze che un proletariato vivente in
una società a capitalismo avanzato, pone.
Questo e appunto uno degli scopi di questo lavoro.
Scopo che fu, con la massima chiarezza anche di Rosa
Luxemburg: "Il collegamento delle masse popolari con un fine che si
proietta al di là di tutto l'ordina esistente, il collegamento della lotta
quotidiana con il rovesciamento rivoluzionario, questa è la
contraddizione dialettica del movimento socialdemocratico. Nel corso di
tutto il suo processo di sviluppo esso deve quindi muoversi
47
Ibidem, pag. 7.
48
Ibidem, pag. 14.
49
Ibidem, pag. 15.
50
Claudio Napoleoni, Elementi di economia politica, Fi - La Nuova Italia - 1974, pag. 209.
19
necessariamente tra i due pericoli che lo minacciano: tra la rinuncia al
carattere di massa e la rinuncia al fine ultimo, tra la ricaduta nella setta
e la degenerazione in movimento riformistico borghese." 51
In questa frase e racchiuso il senso della critica di Rosa, da una
parte ai revisionisti, dall'altra ai bolscevichi di Lenin.
Nella polemica condotta da Rosa contro il revisionismo viene a
manifestarsi, almeno in nuce e per la prima volta, il reale retroscena
della futura polemica sull'organizzazione. Perciò, dopo averla esaminata,
si potrà meglio comprendere che la differenza tra Rosa e Lenin nel
1903/1904, la differenza cioè tra una teoria dell'organizzazione sorta in
un paese economicamente avanzato come la Germania e una sorta in un
paese economicamente arretrato come la Russia, è innanzi tutto, una
differenza in ciò che si intende per coscienza di classe.
Infatti proprio le speculazioni pseudo scientifiche di Lenin sulla coscienza
che viene immessa dall'esterno nella classe operaia e le scelte
interclassiste, volte unicamente al sostegno del capitalismo dei grossi
partiti operai riformisti, nella misura in cui o separano dalla classe
operaia, o diluiscono e disperdono nelle grandi masse, la coscienza di
classe, conducono, da una parte alla setta o al "centralismo burocratico"
e dall'altra a quello pseudo pluralismo di chiara deviazione liberale che
contribuisce ancor di più a deviare la coscienza di classe.
Non si tratta però di scegliere tra l'una o l'altra forma: occorre
avviare un dibattito aperto e chiaro su ciò che è coscienza di classe e su
come si può produrre, e in seguito a ciò, le forze organizzative che la
classe deve darsi saltano fuori di per sé.
Appena giunta in Germania, Rosa si offrì volontaria per condurre
l'agitazione in occasione delle future elezioni al Reichstag, tra i polacchi
dell'Alta Slesia.
Ella capì che la possibilità, per uno sbocco positivo in senso socialista, in
Polonia, si trovava in Germania: poteva far valere il suo punto di vista
sulle questioni polacche solo abbandonando il solo punto di vista
polacco. L'SPD non doveva e non poteva perdere consenso solo perché i
polacchi vi si contrapponevano sognando l'indipendenza. Occorreva
lottare insieme contro il comune nemico.
I risultati della sua propaganda elettorale furono del tutto
positivi. Le furono richiesti numerosi articoli e non solo da Schonlank,
redattore capo molto influente della Leipziger Volkszeitung che conobbe
proprio in quella occasione, ma anche dalla Sachsische Arbeiterzeitung
di cui era redattore capo Parvus.
Appunto quest'ultimo giornale aveva da poco acquistato una notevole
importanza in quanto Parvus, con una serie di articoli pubblicati tra il 28
gennaio e il 6 marzo 1898 intitolati E. Bernstein rivoluziona il socialismo,
aveva iniziato quella che poi divenne la polemica sul revisionismo. Per
tutta l'estate di quell'anno, Rosa lavorò attorno ad una serie di articoli
che dovevano essere la sua risposta a Bernstein.
Quest'ultimo iniziò la sua analisi prudentemente: "dall'ottobre 1896 fino
al 1898 egli pubblicò su Neue Zeit una serie di articoli raggruppati sotto
il titolo Problema des Sozialismus, in cui la critica al marxismo era da
principio implicita e non esplicita.
Nel gennaio 1897 l'attacco fu portato alla tattica intransigente del partito
in favore di una tattica di compromesso, ma successivamente Bernstein
passò a criticare la concezione della classe, la teoria della crisi, ecc.
Finalmente
nel
gennaio
1898,
in
un
articolo
dal
titolo
Zusammenbruchstheorie und Kolonialpolitik, in risposta a Belfort Bax
51
Rosa Luxemburg, La rivoluzione russa, in P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag.
322.
20
che diceva aver Bernstein sacrificato lo scopo finale del socialismo,
affermava chiaramente di non aver interesse alcuno per quello che
comunemente si chiama lo scopo finale e scriveva la frase rimasta
famosa: 'Questo scopo, qualunque esso sia, è per me nulla, il
movimento e tutto'." 52
La risposta di Rosa non si fece attendere: “La serie (di articoli)
apparve in sette numeri del giornale (Leipziger Volkszeitung), dal 21 al
28 settembre (1898) e fu una vera rivelazione per i marxisti tedeschi:
Parvus, Schonlank, Clara Zetkin non esitarono a manifestare il loro
entusiasmo." 53
In seguito alle numerose polemiche Bernstein si decise a
presentare il suo pensiero nella forma più organica possibile: ne uscì il
libro Le premesse del socialismo e i compiti della socialdemocrazia,
(Stuttgart, I899) al quale Rosa rispose con un'altra serie di articoli,
cinque per la precisione, che apparvero sempre sullo stesso giornale dei
primi, dal 4 all'8 aprile 1899.
"Anche questa volta il successo fu notevole [...] e prima che la
serie fosse terminata l'editore Heinisch si offerse di pubblicarla in
volume insieme alla prima serie e con l'aggiunta di una prefazione.
L'autrice vi aggiunse altresì in appendice i suoi articoli sulla milizia e il
militarismo e il libro fu pronto in capo a poche settimane, con il titolo
Sozialreform oder Revolution?. Una seconda edizione curata dall'autrice
che vi apporto alcune modifiche apparve nel 1908." 54
Ma torniamo alla polemica vera e propria.
Nonostante la serie di attacchi che da più parti vennero rivolte a
Bernstein, ancora verso la fine dell’estate il nervosismo diffuso
all'interno dell'SPD era indirizzato più che altro contro Parvus e Rosa.
"I capi erano interessati soprattutto a calmare le acque mosse dai
due stranieri privi di tatto - in primo luogo Parvus, ma anche Rosa
Luxemburg." 55
L'espressione "privi di tatto" era stata usata da Bebel che in una lettera
a Kautsky del 3 settembre, aveva scritto: "La risoluzione di Parvus è
priva di tatto ... Ci mancherebbe solo che il congresso del partito
dichiarasse solennemente di sostenere la rivoluzione sociale!" 56
Il congresso di cui Bebel parla si tenne a Stoccarda la prima
settimana di ottobre del 1898 e Rosa vi prese la parola due volte. Non
attaccò direttamente Bernstein che se ne stava in Inghilterra, ma Heine,
uno dei suoi più autorevoli seguaci in Germania.
"Heine aveva sostenuto che il partito doveva tendere soprattutto
alla conquista di un maggior numero di suffragi - Rosa attaccò
violentemente questa posizione piuttosto banale e diffusa (sostenendo)
'Il nostro compito può essere reso comprensibile (agli elettori) solo
mettendo in luce lo stretto legame che esiste tra la società capitalistica
nel suo complesso e le contraddizioni insolubili in cui è inviluppata,
contraddizioni che devono necessariamente condurre all'esplosione
finale, a un crollo che ci vedrà nel ruolo del legale preposto alla
52
16.
Lelio Basso, Prefazione a Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, op.cit., pag.
53
Ibidem, pag. 18.
54
Ibidem, pag. 19.
55
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.1, pag. 174.
56
Ibidem, pag. 174.
21
liquidazione di una società che ha fatto bancarotta [...] Il movimento in
quanto tale, se non tiene conto dell'obiettivo finale, non è nulla, per noi
l'obiettivo finale è tutto'." 57
Nonostante Rosa si rivolgesse a intellettuali revisionisti, gli
attacchi più notevoli, sia a lei che a Parvus, provennero, come del resto
è assai comprensibile, dai dirigenti della Germania meridionale e dai
sindacalisti. Ma anche i dirigenti nazionali continuavano a mantenere
una posizione di attesa che aumentava la loro ambiguità.
Anche dall’esterno dell'SPD iniziarono le critiche a Bernstein:
Plechanov, già nel maggio 1898 aveva richiesto a Kautsky
"l'autorizzazione" a muoversi in questa direzione. E ugualmente i
funzionari di partito rimanevano ancora molto restii a prendere
posizione: funzionari come Auer, il segretario del partito, facevano il
possibile per calmare gli spiriti e deploravano che si sciorinassero in
pubblico quelle che erano, secondo lui, in larga misura questioni di
coscienza personale.
Auer scrisse a Bernstein manifestando la sua posizione: "Ritieni
realmente possibile che un partito, che ha una letteratura vecchia di 50
anni, un'organizzazione vecchia di quasi 40 anni e una tradizione ancora
più vecchia, possa fare un tale mutamento in un batter d'occhio? [...]
Mio caro Ede, quel che tu chiedi, non si vota e neppure si dice, ma si fa.
Tutta la nostra attività - persino quella svolta sotto la legge vergognosa
- è stata l'attività di un partito socialdemocratico riformista. Un partito
che deve fare i conti con le masse, non può essere assolutamente
diverso." 58
"E Bernstein, che era una persona fondamentalmente pratica, comprese,
più tardi si sentì addirittura di votare delle condanne formali al
revisionismo." 59
"Bernstein conosceva a sufficienza i dirigenti dell’SPD per sapere che
attribuivano un peso molto maggiore al problema pratico del partito che
alle sue fondamenta teoriche; per loro i principi erano una sorta di sacra
scrittura tracciata su una pergamena racchiusa nel tabernacolo. Lo
stesso Bebel, anni prima, aveva affermato che ‘una tattica corretta in
certi casi è quasi più importante di un programma corretto'." 60
Bernstein, dunque, si era limitato ad esporre ciò che credeva di
vedere e in una forma molto empirica.
"Il pensiero sistematico e la progressione logica mi riuscivano difficili"
ammise tristemente. 61
Quando Rosa criticò il libro di Bernstein Le premesse del
socialismo e i compiti della socialdemocrazia, ne riconobbe con
franchezza l'importanza perché "esso era ciò che si proponeva di essere:
una giustificazione più sistematica di determinate pratiche che essa
enumerò." 62
Nella sua critica Rosa si preoccupo innanzi tutto di mettere in luce
l’inconsistenza logica sia delle premesse che delle conclusioni a cui lui
57
Ibidem, pag. 175.
58
Lelio Basso, Prefazione a Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, op.cit., pag.
16.
59
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.1, pag. 178.
60
Ibidem, pag. 236.
61
Ibidem, pag. 235.
62
Ibidem, pag. 237.
22
giungeva. Si rese conto perfettamente della contraddizione esistente fra
gli opportunisti, tra teoria e prassi: "Che cosa le caratterizzava (le
tendenze opportunistiche) soprattutto esteriormente? L'ostilità nei
confronti della ’teoria'. E questo è comprensibile, perché la nostra
'teoria', vale a dire i principi del socialismo scientifico, pongono limiti
precisi all'attività pratica, sia per quanto riguarda i fini a cui si tende, sia
per quanto riguarda gli strumenti di lotta, sia riguardo allo stesso modo
di battersi. Per questo in coloro che seguono esclusivamente i successi
pratici si rivela la tendenza naturale a tenersi libere le mani, vale a dire
a separare la nostra prassi dalla 'teoria', a renderla indipendente da
essa." 63
"La teoria costituiva la forza vitale della tattica. La teoria corretta
postulava la rivoluzione; di conseguenza tutto ciò che la
socialdemocrazia faceva o si asteneva dal fare doveva contribuire al
raggiungimento di quel fine. Mettendo in luce il rapporto fra teoria e
prassi, Rosa Luxemburg attribuiva necessariamente alle attività pratiche
il ruolo di un semplice fattore secondario e sussidiario, privo di valore
autonomo." 64
Queste considerazioni, affrettate, che tira Nettl, sono però in
contraddizione con tutto il pensiero di Rosa; e più avanti se ne darà
prova. Se è vero che Rosa attribuisce una così vasta importanza alla
teoria, non sottovaluta mai l'importanza della pratica. Mi sembra di
poter dire che per lei vale quanto H.J.Krahl dice: "Per la prassi
rivoluzionaria-critica non si tratta quindi di dimostrare nella prassi che la
teoria è vera o falsa, si tratta invece anche di dimostrare attraverso la
teoria che la prassi è corretta o errata." 65
"Finché la situazione delle classi oppressa rimaneva una
questione di leggi formali, tali leggi potevano presumibilmente essere
cambiate - di qui il carattere parzialmente legale di tutte le rivoluzioni
borghesi. Ma la schiavitù salariale - la base reale dell'oppressione
contemporanea - non era in alcun caso una questione di ordine legale.
'[...] il livello dei salari non viene determinato per via legale, ma da
fattori economici [...] tutti i rapporti fondamentali del dominio di classe
capitalistico non possono dunque essere trasformati attraverso riforme
legali su base borghese, poiché non sono (stati) creati da leggi borghesi
e di tali leggi non hanno neppure ottenuto la forma.'
Proprio la natura extralegale del dominio borghese rendeva logicamente
necessaria la rivoluzione e non le riforme [...] Le considerazioni di Rosa
Luxemburg su questo problema sono state citate con una certa
ampiezza perché si tratta del solo punto in cui essa si differenzia
dall'analisi marxista più corrente che nel liberalismo borghese
individuava la riproduzione legale e costituzionale del dominio classista
della borghesia. Invece di basarsi sull'idea piuttosto formale che, come
ogni altra società, quella borghese trovava la sua espressione nelle leggi
e che la rivoluzione era necessaria perché ci si sarebbe opposti ad una
modificazione delle leggi, essa introdusse la nuova concezione che il
trattò caratteristico della società borghese consisteva nel fatto che il suo
principale strumento di oppressione era di natura extralegale - e che
quindi non poteva essere mutato da leggi, anche se sul piano politico ciò
fosse stato possibile. Sfortunatamente quest'idea interessante più tardi
63
Ibidem, pag. 238.
64
Ibidem, pag. 240.
65
Hans Jurgen Krahl, A proposito di Lukacs: Storia e coscienza di classe; in H.J.Krahl,
Costituzione e lotta di classe, Mi - Jaca Book - I973, pag. 201.
23
non fu sviluppata né da lei, né da altri, ed essa stessa finì col tornare
alla formulazione più corrente. Anche nel suo opuscolo questa idea non
fu sviluppata coerentemente. 'La democrazia è essenziale non perché
rende superflua la presa del potere politico da parte del proletariato, ma
al contrario perché la rende necessaria e perché solo essa la rende
possibile.'." 66
Non si può, come sembra fare Nettl, dare il merito a Rosa
Luxemburg di avere, per prima, scoperto la natura extralegale del
dominio capitalistico. E non si può nemmeno dire che poi, questa
scoperta, non fu più ripresa da nessuno. Al contrario, sembra essere la
caratteristica di ogni buon rivoluzionario: Rosa non la dimenticò affatto e
del resto avremo modo di constatarlo.
Al di la di questa puntualizzazione mi sembra, comunque, che l'ultima
formulazione di Rosa citata da Nettl, non sia affatto una negazione di
quel principio.
Anzi, in essa Rosa riesce a cogliere appieno la contraddittorietà sia della
democrazia, sia delle leggi. Una democrazia che ha la pretesa di essere
una vera democrazia ma che non lo è e non lo sarà fino a che i mezzi di
produzione saranno proprietà privata di poche persone, è la condizione
essenziale per una evoluzione di tutto il sistema legislativo, fin là, dove il
libero gioco dei rapporti di forza determinati dalla lotta di classe, può
condurre: cioè fino al superamento delle legalità stessa in quell’atto
storico illegale per eccellenza che è la rivoluzione.
Tutto ciò non si scopre certamente a tavolino, ma nella lotta quotidiana
dell'intero movimento di classe.
Il sindacato ne è un esempio vivente: una lotta continua la sua, che
dimostra solamente l'impossibilita, se si vuole vincere, di rimanere sullo
stesso piano dell'avversario. "In base a processi oggettivi, all'interno
della società capitalistica, la lotta sindacale si trasforma in una sorta di
lavoro di Sisifo ..." 67, dice Rosa. Il che però, va aggiunto, non vuol dire
misconoscere l'utilità che questa lotta ha affinché i salari rimangano
sempre ai livelli della situazione di mercato data, anche se,
naturalmente, i sindacalisti tedeschi non lo seppero o non lo vollero
riconoscere.
Infatti "questa descrizione dell'attività sindacale avrebbe avuto
conseguenze clamorose sul piano politico [...] sarebbe diventata il
simbolo della cronica ostilità del sindacato nei confronti di Rosa
Luxemburg." 68
Una critica di questo genere non si può condurre se non si è
pervasi da un forte senso del fine: "Fra riforma sociale e rivoluzione
sociale esiste per la socialdemocrazia un nesso indissolubile, in quanto la
lotta per le riforme costituisce il mezzo ma lo scopo è la trasformazione
della società." 69 E più avanti "Ma poiché lo scopo finale socialista è il
solo momento decisivo che distingue il movimento socialdemocratico
dalla democrazia e dal radicalismo borghese e che trasforma tutto il
movimento operaio da una inutile rattoppatura per la salvezza
dell'ordine capitalistico in una lotta di classe contro quest'ordine e per la
sua abolizione, la domanda 'riforma sociale o rivoluzione?' nel significate
66
P. Nettl, Rosa Luxemburg, 0p.cit., vol.I, pagg. 239/240.
67
Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, op.cit., pag. 99.
68
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 241.
69
Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, op.cit., pag. 29.
24
bernsteiano (cioè di contrapposizione fra un termine e l'altro) equivale
per la socialdemocrazia alla domanda essere o non essere?" 70
"Il nesso tra teoria e pratica, nesso che comprendeva e
rinsanguava l'attività politica quotidiana impedendole di ridursi ad una
semplice astratta subordinazione al fine ultimo, era costituito dalla teoria
della coscienza di classe. Grazie ad essa anche 'l'insensato lavoro di
Sisifo' finiva con l'assumere un ruolo essenziale." 71 "Contestando il fine
ultimo, la rivoluzione, Bernstein negava anche l'esigenza di una
particolare coscienza di classe proletaria, riducendola al livello di un
interesse ristretto e parziale. La coscienza di classe era parte integrante
della dottrina della totalità; il revisionismo - qui come altrove - spezzava
la totalità in obiettivi singoli autosufficienti, limitati e quindi irrilevanti
nella prospettiva dello scontro di classe generale." 72
Dice Rosa nel suo opuscolo: "Sindacati, lotta per la riforma
sociale e per la democratizzazione delle istituzioni politiche sono la
stessa cosa che ha sempre costituito il contenuto formale delle attività
socialdemocratiche di partito. La differenza non sta dunque nel che cosa,
ma nel come. Attualmente la lotta sindacale e quella parlamentare
vengono concepite come mezzi per guidare ed educare gradualmente il
proletariato alla conquista del potere politico. Secondo la concezione
revisionistica, vista l'impossibilita e l'inutilità di tale conquista, queste
lotte devono essere condotte esclusivamente in considerazione dei
risultati immediati. 73 [...] Tutta la differenza in poche parole sta qui:
secondo la concezione corrente il significato socialista delle lotta
sindacale e politica sta nel fatto che essa prepara il proletariato, cioè il
fattore soggettivo della trasformazione socialista, a metterla in atto.
Secondo Bernstein consiste in ciò: che la lotta sindacale e la lotta
politica limitano gradualmente lo stesso sfruttamento capitalistico,
tolgono sempre più alla società capitalistica il suo carattere capitalistico
ed aumentano quello socialistico, in una parola vogliono condurre alla
trasformazione in senso oggettivo [...] Secondo la concezione usuale del
partito, il proletariato attraverso la lotta sindacale e politica arriva a
convincersi dell'impossibilità di cambiare fondamentalmente la propria
situazione per mezzo di questa lotta e della conseguente imprescindibile
necessità di arrivare infine alla conquista del potere politico, nella
concezione di Bernstein si parte dalla premessa dell'impossibilità di
conquistare il potere politico, per concludere all'instaurazione
dell'ordinamento socialista unicamente per mezzo della lotta sindacale e
politica. 74 [...] Il grande significato della lotta sindacale e di quella
politica sta nel fatto che esse socializzano la conoscenza, la coscienza
del proletariato e la organizzano come classe. Considerandoli come
mezzi della socializzazione immediata dell'economia capitalistica, così
non solo rinunciano a questa azione loro propria, ma perdono
contemporaneamente anche l'altro significato: cessano di essere mezzi
di educazione della classe lavoratrice per la conquista del potere da
parte del proletariato. 75 Ora, poiché la riforma sociale nel mondo
70
Ibidem, pag. 30.
71
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pagg. 253/254.
72
Ibidem, pag. 254.
73
Rosa Luxemburg, Riforme sociale o rivoluzione?, op.cit., pag. 69.
74
Ibidem, pag. 70.
75
Ibidem, pag. 7I.
25
capitalistico è una noce vuota e tale rimarrà sempre, comunque si cambi
la tattica, il passo successivo è logicamente la delusione anche sulle
riforme sociali, cioè il porto tranquillo dove ora se ne stanno
tranquillamente all'ancora i professori Schmoller e compagni, i quali
sulle acque delle riforme sociali hanno studiato tutto il mondo grande e
piccolo, per lasciare infine che tutto vada come Dio vuole. Il socialismo
pertanto non è il risultato che nasca di per sé in ogni circostanza della
lotta quotidiana della classe operaia. Esso risulta soltanto dalle
contraddizioni sempre più acute dell'economia capitalistica e dal
riconoscimento da parte della classe operaia della necessità assoluta
della sua soppressione in virtù di un rivolgimento sociale." 76
Il pensiero di Rosa Luxemburg a questo punto, è estremamente
importante perché non solo si oppone a una visione socialdemocratica
revisionista e opportunista alla Bernstein, ma è in grado anche, di
condurci direttamente alla vera differenza con Lenin, manifestatasi più
tardi sotto forma di "polemica sull’organizzazione", e che abbiamo già
visto essere invece una differenza sul cosa si intende e sul come si
produce coscienza di classe. Quando Rosa dice che le attività e dei
sindacati e dei socialdemocratici, non conducono direttamente a risultati
positivi e oggettivi immediati, ma servono solo ad educare il proletariato
e cioè a produrre coscienza di classe nel proletariato, si oppone è vero,
alle illusioni che una politica riformista può produrre, ma si oppone
anche a chi pensa che la coscienza di classe possa essere introdotta
dall'esterno nella classe stessa, attraverso una forte organizzazione
socialdemocratica. Quello che conta infatti, non è il partito, ma un
rapporto della classe operaia con la società molto aggressivo e
comunque dinamico, capace, tra l'altro, d'essere la premessa
dell'esistenza dello stesso partito.
Le organizzazioni operaie non servono a "introdurre elementi di
socialismo" tramite le riforme, nella società borghese, vecchio ritornello
da sempre riproposto; servono invece a smascherare come illusorie le
riforme. Quest'ultime quando si fanno 77, non sono mai direttamente
una vittoria del socialismo, semmai sono una vittoria del capitalismo
proprio perché gli permettono di ristrutturarsi su basi sempre più nuove
e forti in quanto costituiscono un adeguamento della "sovrastruttura"
alle trasformazioni economiche imposte dal capitale. Sono solo
indirettamente anche una vittoria del socialismo, perché la loro
attuazione, contribuendo allo sviluppo capitalistico, ne fa esplodere
anche le contraddizioni. Ma niente di più tragico sarebbe aspettare che il
capitalismo si evolva tranquillamente in attesa che la situazione
oggettiva di per sé, conduca al socialismo. Affinché ciò avvenga occorre
che di pari passo con lo sviluppo capitalistico, si sviluppi anche il fattore
soggettivo e cioè la coscienza di classe proletaria che in ultima analisi
sarà il fattore determinante ai fini della realizzazione del socialismo.
Il vero compito delle organizzazioni della classe è quindi quello di
produrre coscienza di classe essenzialmente attraverso una accesa e
continua lotta contro il capitale ma anche tramite le riforme, a patto
però che sia ben chiaro che queste non conducono al socialismo
contrapponendosi alla rivoluzione: quando il proletariato si sarà convinto
76
Ibidem, pagg. 72/73.
77
"Una teoria dell'instaurazione del socialismo (quella di Bernstein) mediante riforme
sociali, dopo che sono state definitivamente messe e dormire le riforme sociali tedesche;
del controllo dei sindacati sul processo produttivo, dopo le sconfitte dei meccanici inglesi,
della maggioranza socialdemocratica, dopo le revisione delle costituzione sassone e gli
attentati al suffragio universale per le elezioni al Reichstag."
In Rosa Luxemburg, Riforme sociale o rivoluzione?, op.cit., pag. 3I.
26
di ciò, capirà che l'unica possibilità d'essere del socialismo è la presa del
potere attraverso un "rivolgimento sociale".
Le intuizioni di Nettl, per ciò che riguarda questa interpretazione,
sono fondamentali, ma occorre anche separarle da alcune incrostazioni
che dimostrano quanto in lui siano ancora poco chiare. Le sue critiche
alle posizioni "isolazionistiche" di Rosa, ad esempio, "Ogni puntellamento
artificiale della società attraverso le barriere doganali o gli armamenti
significa posporre il socialismo, se venivano proposte da socialisti
avrebbero fatto sorgere dei dubbi sulla saldezza della loro fede nel fine
ultimo. Se nel frattempo la classe operaia doveva subire la
disoccupazione, ciò era inevitabile e costituiva uno stimolo alla lotta di
classe" 78, sono assurde. Rosa Luxemburg non ha mai approvato una
politica del "tanto peggio tanto meglio". E tanto più , non ha mai
contrapposto le riforme sociali alla rivoluzione: "Riforma sociale o
rivoluzione? La socialdemocrazia può dunque essere contro la riforma
sociale? O può contrapporre la rivoluzione sociale, il rovesciamento
dell'ordine esistente, che costituisce il suo scopo finale, alla riforma
sociale? Sicuramente no. Al contrario, per la socialdemocrazia la lotta
pratica quotidiana per delle riforme sociali, per il miglioramento delle
condizioni del popolo lavoratore anche sul terreno dell'ordine esistente,
per delle istituzioni democratiche, costituisce la sola via per condurre la
lotta di classe proletaria e per lavorare in vista dello scopo finale, che è
la presa del potere politico e l'abolizione del salariato." 79
Ma dire ciò e credere nelle riforme sociali come mezzo per fare a
poco a poco il socialismo, è assai diverso.
L'essere rivoluzionario di Rosa Luxemburg si manifesta proprio
qui: le riforme, ai fini del socialismo, sono delle illusioni, ma per capire
ciò, bisogna passare attraverso le riforme stesse. Questo è il problema
che Nettl non riesce a comprendere del tutto.
"Lo stato odierno non è una 'società' nel senso della 'classe
operaia in ascesa', ma il rappresentante della società capitalistica, cioè
uno stato di classe.
Perciò anche la riforma sociale da esso adottata non è una realizzazione
del 'controllo sociale', cioè il controllo della libera società lavoratrice sul
proprio processo lavorativo, ma un controllo dell'organizzazione di classe
del capitale sul processo produttivo del capitale." 80 Quindi non solo le
riforme sono illusorie, ma anche la pretesa imparzialità nei confronti del
le classi dello stato, è una fandonia. La forma politica democratica non è
un regalo del capitale alla classe operaia, è invece una conquista della
classe operaia, conquista, però, che non va assolutamente confusa con i
fini ultimi della classe lavoratrice: "Fra sviluppo capitalistico e
democrazia non può essere stabilito alcun rapporto generale assoluto.
La forma politica è di volta in volta la risultante della somma
complessiva di fattori politici interni ed esterni, ed accoglie entro i propri
confini tutta la scala che conduce dalla monarchia assoluta alla
repubblica democratica." 81
" [...] oggi il movimento operaio socialista è e può essere l'unico
punto d'appoggio della democrazia, e che non i destini del movimento
socialista sono legati alla democrazia borghese, ma piuttosto i destini
dello sviluppo democratico sono legati al movimento socialista.
78
P. Nettl, Rose Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 247.
79
Rosa Luxemburg, Riforme sociale o rivoluzione?, op.cit., pag. 29.
80
Ibidem, pag. 56.
81
Ibidem, pag. 104.
27
La democrazia non diventa più vitale nella misura in cui la classe operaia
rinuncia alla lotta per la sua emancipazione, ma al contrario nella misura
in cui il movimento socialista diventa abbastanza forte per contrastare le
conseguenze reazionario della politica mondiale e della diserzione
borghese. Perciò chi desideri il rafforzamento della democrazia deve
desiderare anche il rafforzamento, non l'indebolimento del movimento
socialista, perche con la cessazione degli sforzi socialisti anche il
movimento operaio e la democrazia vengono a cessare." 82
La difficoltà sta, qui, nell'intendere la "riforma sociale" in maniera
dialettica, quasi in due maniere diverse contemporaneamente: "Riforma
legislativa e rivoluzione non sono dunque metodi diversi del processo
storico, che si possono scegliere al buffet della storia come salsicce calde
o fredde, ma sono momenti diversi dello sviluppo della società classista,
che si condizionano e completano a vicenda ma nel medesimo tempo si
escludono a vicenda, come il polo nord e il polo sud, la borghesia e il
proletariato. E in verità in ogni tempo la costituzione giuridica è
semplicemente un prodotto della rivoluzione. Mentre la rivoluzione è
l'atto politico creativo della storia delle classi, la legislazione rappresenta
la continuità della vegetazione politica della società. Giacche il lavoro di
riforma sociale non ha in sé una propria forza di propulsione,
indipendentemente dalla rivoluzione, bensì in ogni periodo della storia, si
muove solo nella direzione e per il tempo corrispondente alla spinta che
gli e stata impressa dall'ultima rivoluzione, o, per parlare
concretamente, solo nel quadro di quell’assetto della società che è stato
posto in essere dalla più recente rivoluzione [...] 83 [...] Una rivoluzione
sociale e una riforma legislativa sono momenti diversi, non per la loro
durata ma per la loro natura ... Perciò chi si pronuncia favorevole alla
via della riforma legislativa invece e in contrapposto alla conquista del
potere politico e alla rivoluzione sociale, sceglie in pratica non una via
più tranquilla, più sicura, più lenta, verso la stessa meta, quanto
piuttosto un'altra meta, cioè in luogo dell'instaurazione di un nuovo
ordinamento sociale, soltanto dei mutamenti, e non sostanziali
dell'antico." 84
Ribadiamo che da un'analisi del genere deriva che per la
socialdemocrazia unico compito direttamente socialista è formare
coscienza di classe, cioè far giungere le grandi masse alla
consapevolezza della necessità del socialismo. "La socialdemocrazia non
deriva il suo scopo finale né dalla forza vittoriosa della minoranza, né dal
sopravvento numerico della maggioranza, ma dalla necessità economica
(e dalla consapevolezza di questa necessità), la quale conduce
all'eliminazione del capitalismo per opera delle masse popolari e che si
manifesta anzitutto nell'anarchia capitalistica." 85
E più avanti: "E la dottrina marxista è non soltanto in grado di confutarlo
teoricamente (l'opportunismo), ma è anche la sola capace di spiegare
l'opportunismo come fenomeno storico del divenire del partito. Lo
sviluppo storico del proletariato fino alla sua vittoria finale non è
effettivamente 'una cosa così semplice'. Tutta la originalità di questo
movimento consiste nel fatto che per la prima volta nella storia le masse
82
Ibidem, pagg. 106/107.
83
La critica di Rosa su questo punto é pressoché identica a quella di Gramsci quando
critica le due ”Storie” di B. Croce.
84
Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, op.cit., pagg. 110/111.
85
Ibidem, pagg. 88/89.
28
popolari devono realizzare la loro volontà da se stesse e contro tutte le
classi dominanti, ma devono situare questa volontà nell'al di là rispetto
all'attuale società, cioè oltre di essa. Ma questa volontà le masse non
possono formarsela che nella lotta continua contro l'ordinamento
esistente e solo nella cornice di esse.
L’unione della grande massa popolare con uno scopo che va al di la di
tutto l'attuale ordinamento, della lotta quotidiana con la grande riforma
del mondo, questo è il grande problema del movimento
socialdemocratico, il quale quindi deve operare procedendo per tutto il
corso del suo sviluppo fra due scogli: fra l'abbandono del carattere di
massa e l'abbandono dello scopo finale, fra ricaduta nella setta e
precipitare nel movimento riformista borghese, fra anarchismo e
opportunismo. La dottrina marxista ha già provveduto già da mezzo
secolo il suo arsenale teorico d'armi annientatrici tanto contro l'uno
quanto contro l'altro estremo. Ma proprio perché il nostro movimento è
un movimento di massa e i pericoli che lo minacciano scaturiscono non
dal cervello degli uomini, ma dalle condizioni sociali, le deviazioni
anarchiche e opportunistiche non potevano essere eliminate una volta
per tutte e a priori dalla teoria marxista, ma devono essere superate dal
movimento stesso dopo che si sono incarnate nell'azione pratica,
beninteso soltanto con l'aiuto delle armi forgiate da Marx." 86
Anche l'analisi che Rosa fece della rivoluzione si inserisce
perfettamente in questo tipo di discorso.
La rivoluzione non e un momento storico di breve durata che si
può preventivare a tavolino il giorno prima come una battaglia militare
ottocentesca. La rivoluzione e un processo storico lungo. 87 Rosa, infatti,
contestava la concezione di un rivolgimento unico, compiuto una volta
per tutte. E' per questo che le prese del potere premature che tanto
spaventano Bernstein sono cose perfettamente possibili ed anzi,
inevitabili.
"E se la conquista del potere politico da parte del proletariato non
può quindi, dal punto di vista dei presupposti sociali, avvenire 'troppo
presto', dal punto di vista delle sue conseguenze politiche, cioè del
mantenimento del potere, essa deve invece avvenire 'troppo presto'. La
rivoluzione prematura che turba i sonni di Bernstein, ci minaccia come
una spada di Damocle, e nulla vale a difenderci da essa, né preghiere,
né suppliche, né ansie, né paure. E questo per due ragioni
semplicissime. Innanzi tutto è assolutamente impensabile che un
rivolgimento così formidabile come il passaggio della società dal regime
capitalistico al regime socialistico avvenga d'un colpo solo, per un solo
attacco vittorioso del proletariato. Supporre questo evento come
possibile, sarebbe di nuovo ragionare blanquisticamente. La rivoluzione
socialista presuppone una lunga ed accanita battaglia, nel corso della
quale molto probabilmente il proletariato verrà ricacciato indietro più di
una volta, cosicché, la prima volta, dal punto di vista del risultato finale
della lotta, esso sarà necessariamente giunto al potere 'troppo presto'.
In secondo luogo, questa 'prematura' conquista del potere statale è
inevitabile anche perché questi 'prematuri' attacchi del proletariato sono
per se stessi un fattore molto importante, che crea le condizioni politiche
della vittoria finale, giacché il proletariato, solo nel corso di quella crisi
politica che accompagnerà la sua conquista del potere, solo nel fuoco di
lunghe e dure battaglie, potrà raggiungere il grado necessario di
86
Ibidem, pagg. 132/133.
87
Anche qui la similitudine con Gramsci é evidente.
29
maturità politica che lo renderà capace di provocare il grande e
definitivo rivolgimento." 88
Questo discorso permette fin d'ora di capire l'atteggiamento che
Rosa terrà nei confronti della rivoluzione russa: una critica dura contro i
metodi usati e contemporaneamente una difesa ad oltranza contro tutti
coloro che avrebbero preferito attendere condizioni oggettive più
favorevoli.
È proprio un processo rivoluzionario molto esteso nel tempo che
nel suo corso insegna, produce e sviluppa coscienza di classe, ed è solo
ciò che permette poi di risolvere gli immensi problemi che in un'epoca di
trapasso sorgeranno immancabilmente.
Bisogna quindi essere disposti ad accettare ciò che questo lungo
processo insegna e al limite, come vedremo, bisogna persino essere
disposti ad abbandonare il potere, se il suo mantenimento significa
cadere nell'opportunismo o comunque, accettare compromessi che non
fanno altro che storpiare e confondere l'idea di socialismo tanto preziosa
per i futuri rivoluzionari.
L'analisi di Rosa sulla rivoluzione quindi, ci permette, già da
adesso, di differenziarla da Lenin: "La conquista del potere politico da
parte del proletariato, cioè da parte di una grande classe popolare, non
è, innanzi tutto, un fatto provocato artificialmente. Se si eccettuano casi,
come la Comune di Parigi, nei quali il potere anziché risultato di una
lotta cosciente dei suoi scopi, è caduto eccezionalmente in grembo al
proletariato come un bene di nessuno, da tutti abbandonato, questa
conquista presuppone un certo grado di maturazione delle condizioni
economico-politiche. Qui sta la differenza fondamentale fra i colpi di
stato blanquisti, di una 'minoranza decisa' che scoppiano ad ogni
momento come colpi di pistola, e appunto perciò sempre fuori del
tempo, e la conquista del potere statale da parte della grande massa
popolare dotata di coscienza di classe, la quale altro non può essere che
il prodotto iniziale del crollo della società borghese, e che porta perciò in
se stessa la legittimazione economico-politica della tempestività." 89
Prima di addentrarci nella polemica vera e propria con Lenin,
occorrerà ricordare che tra il 1903 e il 1904, Rosa riuscì a raggiungere
una solidissima posizione all'interno dell'SPD, anche perché dal 1901
anche l'esecutivo del partito e in particolare Bebel, fu disposto ad
attaccare il revisionismo: "In questo periodo, all'interno del partito, le
questioni organizzative occupavano una posizione di primissimo piano.
La controversia revisionista si era trasformata in un'aperta prova di forza
all'interno del partito: interessi regionali contro autorità centrale,
sindacati contro partito, spontaneismo contro disciplina [...] La coesione
e la disciplina di partito, l'allineamento di tutte le pubblicazioni
importanti e degli esecutivi regionali alle posizioni dell'esecutivo centrale
rimanevano ancora una questione aperta." 90
Anche Victor Adler, a Vienna, pur continuando ad avversare
molto duramente Rosa Luxemburg, ammise che occorreva, in qualche
modo, contrastare il dilagare ormai eccessivo del revisionismo.
Nonostante questi interventi la vittoria sul revisionismo rimaneva più
formale che reale e ciò non poteva essere altrimenti vista l'ideologia
dominante nei dirigenti dell'SPD. Rosa non tardò ad accorgersene: anche
i suoi tentativi, compiuti proprio in questo periodo, di entrare
88
Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, op.cit., pagg. 119/120.
89
Ibidem, pagg. 118/119.
90
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pagg. 211/212.
30
direttamente a far parte della struttura organizzativa del partito,
produssero solo una grande sfiducia.
Una prima occasione le capitò verso la fine di settembre del
1898, quando Parvus e il suo vice Julian Marchlewski, vecchio compagno
polacco di Rosa, furono espulsi dal governo reale di Sassonia. I due
incaricarono la locale commissione stampa del partito di chiamare Rosa
Luxemburg a dirigere la Sachsische Arbeiterzeitung in vece loro. Rosa
accettò, ma l'esperienza fu breve: il due novembre fu costretta a
dimettersi. La sua volontà di rinnovamento che la spingeva a controllare
tutto e i nemici che nel frattempo si era fatta grazie alle sue doti di
capace polemista, addirittura il Vorwarts, l’organo centrale del partito,
spinsero i suoi colleghi a rifiutarsi di continuare a collaborare con lei.
Un'altra occasione le fu offerta dal vecchio W. Liebknecht, il
quale, poco prima della sua morte (agosto 1900) si avvicinò parecchio
alle posizioni di Rosa, sostenendo addirittura una sua mozione al
congresso di Hannover (9/14 ottobre 1898). Quando "nel settembre
1899 si era reso vacante un posto nella redazione del Vorwarts fu lui a
fare il nome di Rosa [...] Ma Bebel politicamente più accorto di W.
Liebknecht comprese che la nomina di Rosa avrebbe certamente creato
delle complicazioni: 'Consiglierò alla compagna Luxemburg di ritirare la
candidatura [...]' Rosa fu ragionevole; scrisse una breve lettera formale
al presidente della commissione stampa ritirando la sua candidatura." 91
Il 30 ottobre 1901 morì Bruno Schonlank, grande amico di Rosa e
redattore capo della Leipziger Volkszeitung: Rosa fu subito invitata ad
entrare nella direzione del giornale a fianco di Franz Mehring.
"La gioia di Mehring fu di breve durata. Dopo pochi mesi Rosa
abbandonò anche questo posto. Ella aveva tentato di imporre il suo
volere e la sua linea politica alla redazione e ai suoi collaboratori e ciò si
era rivelato impossibile [...] Andandosene ruppe apertamente con
Mehring che assunse da solo la direzione del foglio. I loro rapporti
migliorarono di nuovo solo l'anno successivo." 92
"All'interno della struttura di partito i suoi svantaggi personali - la
gioventù, l'origine straniera, il sesso e soprattutto l'impazienza e la
superiorità intellettuale - spiccavano con eccessiva evidenza. Essa non
poteva improvvisamente fare appello alla responsabilità collettiva e alla
coesione di gruppo, i mezzi con cui la gerarchia si difendeva, che essa
aveva sempre disprezzato e criticato." Dopo quell'ultimo tentativo, Rosa
"avrebbe accettato le necessarie implicazioni del suo temperamento,
rassegnandosi ad una collocazione quasi solo esterna, tentando di
influenzare il potere che disprezzava, attaccando gli sforzi che la
gerarchia faceva per coprire i suoi membri stessi e finendo con
l'attaccare anche la gerarchia - la 'cricca', come essa la chiamava." 93
Si può quindi concludere questa prima parte dicendo che nella
polemica con i revisionisti, l'esecutivo del partito era preoccupato
pressoché unicamente da problemi di coesione organizzativa; per Rosa
Luxemburg questo era invece un problema secondario: l'importante era
stabilire una giusta tattica, cioè una tattica legata a filo doppio col fine
del socialismo da raggiungere. Ed è proprio il riconoscimento del ruolo
secondario che l'organizzazione svolge, il punto fondamentale che
emerge, prima nella polemica con Lenin, poi con le critiche sempre più
negative rivolte all'intero esecutivo dell'SPD.
91
Ibidem, pag. 199.
92
Ibidem, pag. 215.
93
Ibidem, pagg. 183/184.
31
PARTE SECONDA
a) Presupposti del bolscevismo
Nella Russia degli anni attorno il 1870, vi fu una interessante
polemica fra Michajlovskij, populista in senso 'ampio' e "pubblicisti come
P. C. e Juzov, narodniki nel senso 'ristretto’." L'oggetto della loro
discussione era proprio il rapporto elite/massa.
Ecco come Rjazanov in Due verità. Populismo e marxismo.
Saggio sulla storia dell'intelligencija russa (1906), presenta la polemica:
"Certo, gli interessi del popolo devono servire da criterio supremo, 'tutto
per il popolo', ma non rischiamo nella nostra attività di separarci dalle
’opinioni' del popolo? Come agire in tal caso? Dobbiamo procedere a
dispetto delle 'opinioni' del popolo e organizzarne la vita secondo le
'opinioni' che noi abbiamo dei suoi 'interessi'? Non ci trasformeremo
'noi', in tal modo, in un tipo particolare di burocrati che decideranno le
sorti del popolo a proprio arbitrio? Non ci volterà le spalle il popolo, se
non verremo a capo delle sue 'opinioni'? Non è meglio agire secondo gli
interessi della gente, da essa stessa riconosciuti ed espressi, cioè
secondo le sue opinioni?"
A tutto ciò Vittorio Strada aggiunge: "Questa polemica rifletteva
precisi ed urgenti problemi di azione politica legati all'opzione tra la
formula 'tutto per il popolo ma non attraverso il popolo' e l'altra 'tutto
per il popolo e per mezzo del popolo', trovando sulla base di una
determinata soluzione del rapporto tra 'coscienza' e 'spontaneità', le
conseguenti forme organizzative dell'azione 'popolare'." 1
Da quanto appena detto emergono tre cose:
1. La polemica riguardante il rapporto elite/masse era già ben sentita in
Russia, anche prima del Che fare? di Lenin. E, naturalmente, con essa il
dubbio sul possibile "tradimento" dei "capi" tormentava già i
rivoluzionari russi.
2. Se vogliamo mantenerci nell'ambito di questa problematica non
possiamo abolire uno dei due termini del rapporto, in questo caso l'elite,
con un gesto arbitrario e soggettivo. Allora anche noi, con Strada e
Struve da lui citato, non prenderemo in considerazione le posizioni dei
populisti "in senso stretto" espresse tanto efficacemente da Protopopov
nella Russkaja Mysl del maggio 1891: "Tutto per il popolo, tutto
attraverso il popolo, tutto nel popolo, tutto al popolo, tutto dal popolo,
non c'e nulla tranne il popolo." 2 E non solo perché un'affermazione del
genere è priva di "senso sociologico" (Strada), ma perche è priva di ogni
senso, se non di un forte senso religioso.
3.- Prendiamo atto che le forme organizzative di una certa azione
popolare sono "conseguenti" alla soluzione data al "rapporto tra
coscienza e spontaneità".
Ora non ci resta che iniziare la nostra analisi a partire dal primo
punto sottolineato.
Siamo d'accordo con Strada quando dice che "è manifesto che il
marxismo teorico in Russia si formò in opposizione alle teorie del
populismo." 3 E del resto anche Lenin ne è cosciente: "L'animazione
1
Vittorio Strada, Introduzione a V.I.Lenin, Che fare?, To – Einaudi - 1971, pagg.
XVIII/XIX.
2
Ibidem, pag. XXIV.
3
Ibidem, pag. VII.
32
suscitata nella pubblicistica e le ardenti dispute dei marxisti coi vecchi
capi del populismo, che fino ad allora avevano dominato incontrastati
(N.K. Michajlovskij, per esempio) nella pubblicistica progressista, furono
la premessa del risveglio del movimento di massa in Russia." 4
Il problema è vedere fino a che punto e in che direzione i cosiddetti
"marxisti" russi superarono i populisti.
Per ora, dal nostro punto di vista, sono estremamente
interessanti le posizioni espresse da noti populisti per quanto riguarda
due problemi fondamentali fra loro, del resto, collegati: da una parte il
ruolo da essi riservato agli intellettuali, dall'altra la possibilità, espressa
in vari modi, del "salto" di un'intera fase storica, per giungere
direttamente al socialismo.
"Lavrov nei suoi Istoriceskie Pis'ma (Lettere Storiche), pubblicati
nel I868-69 sotto lo pseudonimo P. Mirtov e destinati ad esercitare un
influsso enorme sulla formazione dell'intelligencija populista del
decennio successivo, sviluppa la teoria che creatore del processo è la
’personalità criticamente pensante‘: 'Per quanto piccolo sia il progresso
dell'umanità, eppure anche quello che abbiamo si basa esclusivamente
sulle personalità criticamente pensanti; senza di esse è assolutamente
impossibile; senza la loro intenzione di diffonderlo è estremamente
instabile' ... Solo col concorso degli intellettuali rivoluzionari il popolo
russo può conservare il suo 'tipo di sviluppo' ed elevarlo ad un più 'alto
grado', col concorso degli intellettuali 'criticamente pensanti', legati in
modo organico al meglio della cultura occidentale." 5
Per quanto riguarda invece la possibilità del "salto", abbiamo
almeno due tipi di teorizzazioni, da una parte quella formulata da
Cernysevskij dopo che Herzen aveva rispolverato il mito dell'Obscina 6,
dall'altra quella che elaborò Tkacev.
“La soluzione di Cernysevskij è che una via abbreviata e
accelerata di sviluppo è possibile, se si danno certe condizioni, se cioè lo
sviluppo che ha già raggiunto un alto livello in un determinato
organismo storico-sociale (il capitalismo nei paesi europeo-occidentali) e
se si ha un contatto e un confronto di esperienze tra questo organismo
sviluppato e un altro ritardato (la Russia), nel quale certe possibilità
4
V.I.Lenin, Prefazione alla raccolta "Za I2 let", in appendice a V.I.Lenin, Che fare?, ed.
cit., pag. 462.
5
V. Strada, Introduzione a V.I.Lenin, Che fare?, ed. cit., pagg. XXI/XXIII.
6
"Il concetto di ’Obscina' è legato al nome del barone August von Haxthausen che, uscito
dall'ambiente della nobiltà agraria della Westfalia e educato nello spirito della chiesa
cattolica e della monarchia conservatrice, nel I843 compì un viaggio di studio nella Russia
di Nicola I [...] Haxthausen, ammiratore del passato feudale e avversario della nuova età
della storia europea, caratterizzata dalla 'deificazione dell'umanità', rivolse la sua
attenzione principalmente all'Obscina russa, cioè alla comunità agricola e alla attività di
autogestione del Mir contadino (organo amministrativo rurale che, nell'obscina, svolge
anche una fondamentale funzione economica in quanto regola la periodica ripartizione
delle terra), che, antica istituzione cresciuta dalla famiglia patriarcale slava, era passata
indenne attraverso le riforme petrine, conservando la propria vitalità e preservando la
Russia dalla comparsa del proletariato e quindi dai principi distruttivi dei tempi moderni
[...] Nella composita ma coerente ideologia populista, la Obscina entrò, ripresa dagli scritti
di Haxthausen, attraverso Herzen che, con Cernysevskij, di quell'ideologia ha la paternità.
Herzen che già nel '43 aveva avuto modo di conversare col barone prussiano della
Obscina, nello stesso anno, nel suo diario, parlando dei 'nostri slavofili' che 'discettano del
principio comunitario (obiscinnyj)' e del fatto che ‘da noi non ci sono proletari', osservava
che, 'tutto ciò sono dei buoni embrioni, e in parte sono fondati sull'arretratezza
(nerazvitost’)': lo schiavo non conosce proprietà, ma 'egli è peggio del proletario, è una
res, uno strumento per lavorare i campi'. Tuttavia, dopo la crisi vissuta con la sconfitta
della rivoluzione del '48 e la disillusione nel valore della democrazia borghese europeo occidentale, Herzen ritorna alla nozione di Obscina, richiamandosi agli Studien di
Haxthausen, e ne fa il fulcro intellettuale della sua utopica teoria del 'socialismo russo'." In
V. Strada, Introduzione a V.I.Lenin, Che fare?, ed. cit., pagg. XXVII/XXVIII.
33
(l'obscina in quanto socialismo arcaico attuale e socialismo moderno
potenziale) possono realizzarsi grazie ad un intervento politico
(rivoluzionario) basato su questo contatto e confronto e guidato dagli
'uomini nuovi', cioè dagli intellettuali rivoluzionari, che dovevano portare
tale coscienza nel mondo popolare, spontaneamente orientato verso il
socialismo." 7
Tkacev, il cui "giacobinismo populista" nasceva da "una sintesi
sottile" di "oggettivismo marxista" e "soggettivismo blanquista", invece,
formulava una doppia possibilità storica, illustrando il suo caso con due
esempi tratti dalla storia del secolo XVI. Egli mette a confronto il
movimento "puramente democratico" delle guerre contadine, con quello
"puramente borghese" delle ribellioni delle città. "Nel primo caso si
afferma la 'possibilità di salti storici', nel secondo caso si difende 'la
teoria dello sviluppo storico graduale'." 8
Perché questa doppia possibilità? Ecco la risposta di Tkacev: "Ecco
perché: i contadini lottavano per mutare il principio stesso che sta alla
base di una data vita sociale, la borghesia, invece, lasciando intatto il
principio, si dava premura soltanto di accelerare alcune sue conseguenze
logiche. Ma il primo disegno era possibile tanto quanto era impossibile il
secondo.
Ogni dato principio economico si sviluppa secondo le leggi della sua
logica, e mutare queste leggi è impossibile altrettanto quanto mutare le
leggi del pensiero umano e le leggi delle nostre funzioni psicologiche e
fisiologiche. Nella sfera del pensiero logico è impossibile passare dalla
prima premessa all'ultima evitando quelle intermedie e così nella sfera
dello sviluppo di un dato principio economico è impossibile saltare dal
grado inferiore direttamente a quello superiore, al di sopra di tutti quelli
che mediano. Chi tenti di fare un simile salto può contare in partenza
sull‘insuccesso: si sfiancherà e sprecherà le forze. Tutt'altra cosa si ha
se egli, lasciando da parte il vecchio principio, cercherà di sostituirlo con
uno nuovo." 9
A ciò Strada aggiunge: "D'altra parte Tkacev era troppo
lucidamente privo di illusioni per credere nel mito bakuniniano del
popolo russo istintivamente comunista e spontaneamente rivoluzionario.
La vera leva di Archimede era una minoranza rivoluzionaria di congiurati
[...]" che doveva fare in fretta, perché il progresso borghese aveva già
iniziato a penetrare in Russia. "Così scriveva Tkacev nel 1875 nel
programma della sua rivista Nabat [...] 'Il rivoluzionario non prepara,
ma fa la rivoluzione. Fatela dunque! Fatela più in fretta!'." 10
Anche il Plechanov populista si muove in questa direzione: egli
"aveva davanti a sé un problema teorico arduo: evitare il fatalismo del
'marxismo' liberale ed evitare il soggettivismo del populismo giacobino,
sua bestia nera di sempre, e nello stesso tempo progettare una strategia
d'azione politica all'interno di una prospettiva storica oggettiva.
La via d'uscita gli fu offerta da una particolare interpretazione della
legge di sviluppo marxiana. La legge fondamentale della dottrina
marxiana afferma, secondo Plechanov, che 'la società non può saltare le
fasi naturali del "suo sviluppo, quando essa ha imboccato la via della
legge naturale di questo sviluppo".' La frase di Marx citata da Plechanov
si trova nella prefazione alla prima edizione del Capitale e in realtà dice:
7
V. Strada, Introduzione a V.I.Lenin, Che fare?, ed. cit., pag. XXXII.
8
Ibidem, pag. XLII.
9
Ibidem, pagg. XLII/XLIII.
10
Ibidem, pagg. XLIV/XLV.
34
'Anche quando una società è riuscita ad intravvedere le leggi di natura
del proprio movimento (...) non può né saltare, né eliminare per decreto
le fasi naturali dello svolgimento.' L'errore di traduzione in cui incorre
Plechanov è un'interpretazione, con ogni probabilità non intenzionale,
del passo marxiano in chiave populista.“ 11
Ma se è vero che questo errore di traduzione è "non intenzionale", mi
sembra doveroso sottolineare, aggiungendolo a quel che dice Strada,
che tutta la tradizione rivoluzionaria russa, tradizione a sua volta
condizionata da una realtà realmente "arretrata", premeva nella
direzione di quell'errore. Cioè, siamo di fronte ad un errore non
certamente casuale, appunto perché quella determinata realtà socioeconomica abbisognava di simili errori se non si voleva cadere nella stasi
e nel fatalismo. E questo è proprio ciò che queste note sul populismo
russo tendono a dimostrare: la realtà sociale ed economica "arretrata"
russa, accompagnata dalla autocratica e poliziesca politica zarista, era la
condizione essenziale, e nello stesso tempo la giustificazione, di una
tattica rivoluzionaria basata sulla sopravvalutazione del ruolo dirigente
dell'elite, sulla sottovalutazione del ruolo delle masse e su speculazioni
teoriche tendenti a dimostrare la possibilità, in genere, di "salti storici".
Del resto, anche la critica più tarda, del Plechanov ormai marxista, alle
posizioni populiste, è inficiata dalla speranza di poter giustificare in una
qualche maniera, naturalmente la più logica, chiara e marxista possibile,
l'azione rivoluzionaria in Russia. Tutte le teorizzazioni su possibili "salti
storici", o come nel Plechanov marxista, sullo "sviluppo diseguale del
capitalismo" con conseguente "sviluppo accelerato del capitalismo nei
paesi orientali", servivano unicamente a soddisfare quel desiderio,
altamente morale ma puramente soggettivo, del rivoluzionario che non
si piega e non si vuol piegare di fronte alla dura realtà oggettiva. Da
tutto ciò risulta evidente che lo sbocco naturale di tanto soggettivismo,
di tanta "volontà d’azione", nei rivoluzionari russi, doveva sfociare prima
o poi, nella Narodnaja Volja, in un tipo di organizzazione cioè,
centralizzata, segreta e terroristica. Come, d'altra parte, risulta chiaro
che il problema centrale in quelle condizioni, divenisse lo stato, o
meglio, il suo abbattimento.
"Ma una volta conquistato, quella macchina statale mostruosa
non sarebbe diventata un nuovo strumento repressivo e oppressivo nelle
mani di un gruppo di rivoluzionari, insindacabili organizzatori di dubbi
esperimenti sociali?" 12
Ogni buon marxista non poteva non porsi il problema e quindi
non spaventarsi di fronte a certe possibilità. Infatti "già nel I883
Plechanov insiste a dire che 'la dittatura della classe è lontana, come il
cielo dalla terra, dalla dittatura di un gruppo di rivoluzionari intellettuali'; che il proletariato non intende 'passare eternamente da un
tutore all'altro', bensì essere 'attore autonomo nell'arena della vita
storica'; che 'la sola idea che la questione sociale possa essere in pratica
risolta da qualcuno che non siano gli operai stessi, indica la totale
incomprensione di tale questione, indipendentemente dal fatto che a
pensarlo sia un 'cancelliere di ferro' oppure un'organizzazione
rivoluzionaria'." 13
Plechanov azzarda persino una previsione che poi rivelerà la sua
tragica verità: "E' indubbio inoltre che, sotto questa tutela, il popolo non
si educherebbe per il socialismo, ma o perderebbe definitivamente ogni
11
Ibidem, pag. XXXVI.
12
Ibidem, pag. LIV.
13
Ibidem, pagg. LIV/LV.
35
capacità di ulteriore progresso, o conserverebbe queste capacità
soltanto grazie al sorgere di quella stessa disuguaglianza economica, la
cui eliminazione sarebbe stato il fine immediato del governo
rivoluzionario." 14
Proprio queste affermazioni, le più belle da un punto di vista
astrattamente umano e le più vicine anche all’umanesimo di Marx, sono
cariche di utopismo. Praticamente Plechanov fu costretto a contraddirle
varie volte. Ci serva d'esempio la sua approvazione totale e
incondizionata a ciò che disse Posadovskij al Secondo Congresso del
POSDR. Quest'ultimo sostenne che "tra i principi democratici non ve n'è
uno che noi non dobbiamo sottomettere agli interessi del nostro partito."
E quando alcuni domandarono "Anche l'inviolabilità della persona?"
Posadovskij confermò "Sì! Anche l'inviolabilità della persona!" 15
Oltre all'Essere Assoluto della rivoluzione a cui occorreva
sottomettersi e con cui Plechanov si giustificò, qui si trattava anche
dell’Essere Assoluto del partito.
"Il compito posto da Plechanov ai rivoluzionari russi nel 1883-84 era
quello della creazione del partito politico della classe operaia russa. Alla
'intelligencjia socialista' egli attribuiva il dovere di 'diventare la guida
della classe operaia' e, con parole che sembravano anticipare le
formulazioni centrali del Che fare? leniniano, dichiara che il
'socialdemocratico' 'porterà nella classe operaia la coscienza, senza la
quale è impossibile cominciare una seria lotta contro il capitale’." 16
Aveva ragione Victor Adler quando diceva a Plechanov,
scherzando, che Lenin era figlio suo, ma occorreva anche aggiungere
che sia Lenin che Plechanov erano figli della Russia di fine ‘800.
A questo proposito è interessante il discorso conclusivo di Strada su
Plechanov: "Questi i punti principali dell'analisi del giovane Plechanov,
nella quale sono prefigurati, in astratto, tesi capitali che, diversamente
amalgamate ritroveremo in Lenin (la necessità dell’organizzazione del
partito, la coscienza apportata dal di fuori nella classe operaia ad opera
della intelligencjia rivoluzionaria, il blocco politico-storico degli operai e
dei contadini sotto l’egemonia dei primi, la lotta simultanea per la
democrazia e il socialismo) e insieme sono preannunciati i motivi radicali
di dissenso che, a un certo punto dell‘evoluzione di Lenin, schiereranno
Plechanov contro di lui (il rifiuto di una continuità ideale con la
Narodnaja Volja, la critica della concezione 'blanquistico-giacobina'
dell'organizzazione del partito e della 'presa del potere')." 17
L'utopismo e l'incapacità ad essere conseguente si manifestano
qui, in Plechanov: un'attenta considerazione mostra infatti, che il primo
gruppo di tesi (la necessità dell'organizzazione del partito, la coscienza
apportata dal di fuori, ecc.) non è affatto in contraddizione con il
secondo gruppo (continuità ideale con la Narodnaja Volja, ecc.), anzi, i
due gruppi di tesi sono estremamente conseguenti. Semmai la
contraddizione sta invece nell'essere contemporaneamente un "marxista
ortodosso" e nello stesso tempo parlare sia di "coscienza apportata
dall'esterno", sia di "continuità ideale con la Narodnaja Volja". In altre
parole, Plechanov fu incapace di allontanarsi totalmente, fino in fondo,
dal "marxismo ortodosso", fu incapace di conciliare, perché erano
veramente inconciliabili, una teoria che basava il cambiamento della
14
Ibidem, pag. LVI.
15
Ibidem, nota n. I, pag. XL.
16
Ibidem, pag. LVI.
17
Ibidem, pag. LIX.
36
società, da capitalistica a socialista, sull’alto livello raggiunto nei rapporti
economici e una situazione (la russa) profondamente "arretrata".
Per far ciò occorreva una volontà ferrea, capace di una estrema duttilità,
di spirito d'adattamento e di una fiducia illimitata in se stesso, tutte
qualità che caratterizzano Lenin in positivo, ma insieme ne
preannunciano anche gli aspetti negativi.
Però, e con ciò ritorniamo a Strada, le contraddizioni dovute a mancanza
di coerenza che noi scorgiamo in Plechanov, non sono soltanto sue
contraddizioni. Sono contraddizioni in primo luogo di una Russia in cui
una forte presenza di "rivoluzionari di professione", imbevuti di idee nate
e sviluppate in una realtà oggettiva diversa, coesisteva con una realtà
sociale ed economica delle più arretrate. Ed è evidente che ad una
situazione del genere non può sfuggire neppure Lenin.
A noi, almeno in questo contesto, non serve criticare negativamente le
teorie rivoluzionarie ivi nate perché inficiate da soggettivismo. Non ci
serve perché è chiaro che quella data realtà oggettiva arretrata
abbisognava di rivoluzionari in grado anche di sognare. E non è un caso
che Lenin, col coraggio che lo contraddistingue sempre, abbia detto nel
Che fare? "Occorre sognare!" 18
Nonostante questo, però, dobbiamo avere ben chiaro in mente
tutti i possibili e vari costi che una cosa del genere comporta. Non si può
impedire al rivoluzionario né di sognare, né di attuare il socialismo
appena lo può, anche in una realtà oggettiva poco adatta, ma occorre
che sia ben chiaro che la natura del risultato dipende anche dalla via che
si è seguita e che si è costretti a seguire in quelle date circostanze
oggettive.
E allora perché Lenin dovrebbe elevarsi al di sopra del suo
tempo? Perché ciò che Strada dice dei populisti, cioè "esulava, invece,
da questa visione ottimistica e attivistica la questione dei pedaggi che
una via "più breve" poteva esigere." 19, non può essere detto anche per
Lenin? E infine, se il rivoluzionario può sognare, e sogna quando e in
anticipo rispetto a ciò che la situazione oggettiva permette, vuol dire che
il rivoluzionario non sempre fa discorsi "scientifici", ma è in grado anche
di costruire ideologie nel senso negativo di "falsa coscienza", allora
perché "una critica del leninismo potrà trovare la sua forza non sul piano
della ideologia, ma solo andando alla realtà che il leninismo ha generato
e interpretato, cioè facendosi critica storica della rivoluzione bolscevica e
del sistema di eventi che, sul terreno nazionale russo e su quello
internazionale da essa sono nati e nascono, commisurando i risultati col
progetto e proponendo una diversa visione prospettica della realtà in
atto." 20?
Lasciamo pure che Strada risponda come vuole a queste
domande. Da parte nostra non ci accontenteremo certamente di dire che
Lenin "nella rivoluzione vedeva il frutto di una concorrenza propizia di
circostanze all'interno di una situazione oggettiva nazionale e
internazionale [...] e non il portato di un fatalistico corso delle cose e
l'arbitrio di una volizione soggettiva." 21, perché se è dato per scontato
che Lenin vedeva così la rivoluzione e se è dato per scontato che occorre
approfittare del nemico quando questo ha un attimo di distrazione, non
18
V.I.Lenin, Che fare?, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito,
Roma - Newton Compton - I973, pag I94
19
V. Strada, Introduzione a V.I.Lenin, Che fare?, ed. cit., pag. XLVIII.
20
Ibidem, pag. LXXX.
21
Ibidem, pag. LXXXIV.
37
bisogna pero scambiare questo "attimo di distrazione" (la Russia del 'I7)
con una situazione oggettiva "matura". E questo non per amore di sottili
disquisizioni teoriche, ma perché è la base di quella critica, innanzi tutto
ideologica, che bisogna affilare nei confronti del leninismo, se noi
vogliamo, da una parte, costruire una "via al socialismo" che sia
aderente a una società capitalistica avanzata e dall'altra capire,
attraverso una seria analisi, la situazione che caratterizza oggi i
cosiddetti paesi a "socialismo reale".
Nella sua polemica coi populisti Lenin "non solo afferma il
carattere già essenzialmente capitalistico dell’economia russa, ma con
uno spirito che ricorda certe pagine del Manifesto marx-engelsiano,
sottolinea il carattere progressivo e positivo del giovane sviluppo del
capitalismo russo." 22
"[...] non più, naturalmente il 'salto' di una fase attraverso la sua
contrazione esterna, o l'uso di una felice 'intermittenza', o la
'combinazione' di leggi sociologiche diverse, bensì le riforme atte a
spingere al massimo la velocità di moto del capitalismo, del quale si
desidera il 'pieno sviluppo' e non già un 'indugio'; e simultaneamente
alla fase riformatrice si appresta la fase rivoluzionaria, che Lenin
dispiegherà in modo nuovo al confine tra i due secoli [...] 'Il
determinismo', scrive Lenin, 'non solo non presuppone il fatalismo, ma
al contrario offre proprio il terreno per l’azione razionale.'." 23
Questo è il periodo in cui Lenin inizia a trattare il problema del
partito: verso la fine del 1897, quando era al confino, scrisse I compiti
dei socialdemocratici russi, che uscì nel 1898 a Ginevra con una
prefazione elogiativa di Aksel'rod. Ma le posizioni di quest'ultimo e le
sue, differivano in modo sostanziale.
Aksel'rod, in un opuscolo sul rapporto tra democrazia liberale e
socialista, pubblicato lo stesso anno a Ginevra, affermava che il
proletariato russo "al grado attuale di sviluppo della Russia, nelle sue
aspirazioni immediate non può andare oltre il liberalismo democraticoradicale [...] e a differenza dei suoi fratelli maggiori in Occidente [...]
trova nella cerchia degli stessi rappresentanti della società borghese il
punto d'appoggio e il sostegno del proprio sviluppo rivoluzionario." 24
Lenin invece affermava: "Nella lotta contro l'assolutismo la classe
operaia deve distaccarsi (dalla borghesia) perché essa soltanto è il
nemico incondizionato e conseguente fino in fondo dell'assolutismo,
soltanto tra essa e l'assolutismo sono impossibili compromessi, soltanto
nella classe operaia il democratismo può trovare un sostenitore senza
riserve, senza indecisioni, senza sguardi indietro." 25
Strada distingue questo Lenin da quello che, dopo il 1901, porrà
a modello del partito socialdemocratico l’esperienza della Narodnaja
Volja e che, su questa direttiva, teorizzerà il "rivoluzionario di
professione".
Ora, il partito, doveva limitarsi a "partecipare a tutte le
manifestazioni spontanee della lotta della classe operaia" e non
"apportare", come poi Lenin dirà, ma "sviluppare negli operai la
coscienza della loro solidarietà, la coscienza degli interessi generali e
delle cause generali di tutti gli operai russi come classe operaia unitaria,
22
Ibidem, pag. LXII.
23
Ibidem, pagg. LXIV/LXV.
24
P. Aksel'rod, La situazione storica e il rapporto reciproco della democrazia liberale e
socialista in Russia, in V. Strada, Introduzione a V.I.Lenin, Che fare?, ed. cit., pag. LXVIII.
25
V. Strada, Introduzione a V.I.Lenin, Che fare?, ed. cit., pagg. LXVIII/LXIX.
38
parte dell'esercito mondiale del proletariato." "Quanto ai mezzi che la
classe operaia guidata da questo partito socialdemocratico, userà nella
sua lotta decisiva, ‘ragionare su ciò in anticipo e risolvere questo
problema adesso sarebbe vacuo dottrinarismo'. 'Sarebbe come se dei
generali organizzassero un consiglio di guerra, prima di aver radunato
l'esercito, di averlo mobilitato, di averlo messo in marcia contro il
nemico. Ma quando l’esercito del proletariato lotterà fermamente e sotto
la guida di una forte organizzazione socialdemocratica per la propria
emancipazione economica e politica, allora sarà questo esercito a
indicare ai generali i modi e i mezzi dell'azione.'
In questo programma d'azione, in cui, i 'generali' sono assoggettati
all'esercito, Lenin riusciva a dispiegare un piano indubbiamente
rivoluzionario di accelerazione dello sviluppo economico e politico della
Russia, piano che si distingueva da quello di Aksel'rod e di Plechanov
dove le 'fasi' democratica e socialista si mantenevano staccate e non
trapassavano così velocemente l'una nel l'altra. E, soprattutto, quando
concepiva questo vasto programma d'azione, Lenin rifiutava la teoria
'blanquista' della Narodnaja Volja [...]" 26
Questa citazione da Strada ci è utile per dimostrare che il "piano
indubbiamente" rivoluzionario del Lenin prima della polemica con Struve
del 1901, è pregno di utopismo: tutte quelle belle parole sul
"determinismo" che “offre il terreno per l'azione razionale"; sul rifiuto
della teoria "blanquista" della Narodnaja Volja; sui "generali"
assoggettati all'"esercito"; e soprattutto sulla coscienza non apportata
dall’esterno, sono la prova evidente del divario esistente fra realtà
oggettiva e riflessione rivoluzionaria. Capito questo, non spiegheremo il
mutamento di Lenin del 1901 come una "reazione al revisionismo",
come fa Strada, accettando immediatamente la spiegazione che lo
stesso Lenin dà del suo comportamento (il cosiddetto raddrizzamento
del bastone), ma spiegheremo questo mutamento come un
adeguamento in senso rivoluzionario della teoria leniniana a ciò che la
situazione russa realmente richiedeva. Adeguamento certamente
rivoluzionario, fatto cioè affinché la rivoluzione potesse divenire realtà,
ma non, e questo deve essere chiaro, in osservanza ai principi marxisti, i
quali, sebbene non siano statici articoli di fede, presuppongono sempre
un certo grado di sviluppo, sia in ciò che viene considerato il lato
strutturale o oggettivo, sia, di conseguenza, in quello sovrastrutturale o
soggettivo, chè solo impedisce la caduta nell'opportunismo o in qualsiasi
forma di deviazionismo.
A questo punto ci è anche chiaro il perché e il come va impostata
una critica a Lenin dal punto di vista ideologico. Lenin scade
nell'ideologico non quando formula l'esigenza di un'organizzazione sul
modello della Narodnaja Volja, cosa che invece costituiva la risposta più
adeguata da un punto di vista rivoluzionario e quindi la più aderente alla
situazione oggettiva data, scade, invece, nell'ideologico, quando, da una
parte, o generalizza i suoi risultati a contesti oggettivi diversi da quello
da cui lui partiva o (l'altra faccia della medaglia), quando ottiene
determinati risultati come conseguenze logiche di affermazioni di
partenza che vogliono avere un carattere generale e astratto da ogni
specifico contesto oggettivo, e dall'altra parte, quando (e questo aspetto
è ben più importante e più diffuso in tutta l'opera leniniana), non si
accorge, trascinato dall'impeto del rivoluzionario che pensa di avere in
sé la verità, (senza ciò, che di solito viene chiamato fanatismo, non si
avrebbe nessun tipo di rivoluzionario) non si accorge che le sue soluzioni
devono pagare il cosiddetto "pedaggio" all'oggettività, proprio perché
sono la risposta adatta ad una realtà oggettiva "arretrata", cioè, proprio
26
Ibidem, pagg. LXIX/LXX.
39
perché costituiscono un "anticipo" che in primo luogo è "forzatura
storica" e che quindi non può non determinare e condizionare in una
precisa direzione tutto il percorso pre e postrivoluzionario.
Quindi, quando vorremo salutare il Lenin rivoluzionario, non andremo
certamente a ripescare formule isolate in cui egli cerca di salvaguardare
quell'insieme di valori che passano sotto la denominazione di
democrazia, anzi vedremo proprio in ciò dei cedimenti nella
consequenzialità di Lenin.
Andremo, invece, a cercare il lucido e coerente Lenin "giacobino" e
"rivoluzionario di professione", consci che sono solo queste
caratteristiche che permetteranno poi di fare la rivoluzione russa, ma
consci anche che, dialetticamente, queste stesse caratteristiche segnano
i limiti della stessa rivoluzione.
Per il politico empirico, abituato a rispondere ad ogni caso
particolare con una immediata e altrettanto particolare risposta, questo
discorso risulterà strano: apparirà contraddittorio perché esalta come
rivoluzionario il Lenin che rinnega la democrazia e nello stesso tempo
trova, proprio in questo Lenin, quei limiti che lo allontanano dal
marxismo; apparirà inoltre riduttivo, perche, in un contesto del genere,
ogni soluzione tipicamente russa con caratteristiche socialiste sarà
impossibile, in quanto, se da una parte è da rinnegare come non
socialista il Lenin non democratico, dall'altra tutti gli sforzi fatti da lui e
non solo da lui per recuperare e far propri valori democratici in Russia,
sono considerati utopistici.
In realtà, per il politico che ragiona in termini dialettici, ambedue
le argomentazioni, del resto strettamente legate, trovano una risposta
positiva al di fuori della Russia.
Non a caso contrapponiamo a Lenin Rosa Luxemburg: la
rivoluzione in Germania rimaneva l'unica possibilità per una soluzione in
senso socialista della rivoluzione in Russia e non solo per motivi
strutturali, perché, cioè, la Germania era paese economicamente più
avanzato della Russia, ma anche per motivi sovrastrutturali, perché solo
in Germania una teoria del trapasso in una società socialista era
possibile in quanto, trovando il giusto terreno, era pure realizzabile.
40
b) La questione dell'organizzazione in Lenin
Sull' Iskra n.4 del maggio 1901 appare l'articolo di Lenin Da che
cosa incominciare? che annunciava un approfondimento nelle questioni
riguardanti l'organizzazione. Poco più tardi, il 2 marzo 1902, Lenin dà
prova di saper mantenere le promesse: esce a Stoccarda il Che fare?.
Gli stessi temi trattati in quest'opuscolo vengono poi ribaditi nella
famosa Lettera ad un compagno sui nostri compiti organizzativi del
settembre 1902 e in Un passo avanti e due indietro, scritto tra il
febbraio e il maggio 1904 e pubblicato in questo stesso mese a Ginevra.
Quest'ultimo scritto, tra l'altro, commenta l'andamento e l'esito del
Secondo Congresso del POSDR, tenutosi nel 1903 prima a Bruxelles e
poi a Londra e rimasto famoso perché proprio in quell'occasione si ebbe
la scissione in bolscevichi e menscevichi (maggioranza e minoranza).
In questi lavori Lenin conduce un discorso semplice e lineare: l'esigenza
primaria per il movimento rivoluzionario russo consiste nel superare la
dispersione e l'”anarchismo”, imperanti fino ad allora, creando
finalmente, una salda e accentrata organizzazione socialdemocratica
capace di tener testa con impegno e perseveranza alle difficoltà enormi
che la difficile realtà russa poneva.
Lenin alla fine del Che fare? scriveva: "Riassumendo tutto ciò che
si è detto sopra, alla domanda: che fare? possiamo dare una breve
risposta: liquidare il terzo periodo." 27
Liquidare il terzo periodo significava liquidare tutto il periodo precedente
e in primo luogo, in positivo, significava condurre una tattica comune e
decisa in tutta la Russia, cosa che aveva un senso solo se si riusciva a
creare una forte unione fra i socialdemocratici russi, sulla base di un
potente partito socialdemocratico: "Se non esiste una salda
organizzazione, temprata alla lotta politica in ogni momento e in tutte le
situazioni, non si può parlare di un sistematico piano di azione illuminato
da principi fermi e rigorosamente applicati che meriti il nome di tattica,"
28
Lenin insiste molto sulla fermezza, la decisione e la continuità: "Il
nostro compito pratico più urgente [è]: creare un'organizzazione di
rivoluzionari, capace di garantire alla lotta politica l'energia, la fermezza
e la continuità." 29
Tali qualità non possono certamente essere casuali: "L’organizzazione
dei rivoluzionari deve comprendere prima di tutto e principalmente degli
uomini la cui professione sia l'azione rivoluzionaria [...] Tale
organizzazione necessariamente non deve essere molto estesa e deve
essere quanto più clandestina possibile." 30
Fare, a questo proposito, sogni sulla democrazia, dimenticando
quindi, la situazione oggettiva russa, è inutile e dannoso: "Chi vuole una
vasta organizzazione di operai con elezioni, rendiconti, suffragio
universale, ecc. sotto l'assolutismo, non è che un incurabile utopista." 31
"Per i militanti del nostro movimento il solo principio organizzativo serio
deve essere: segreto rigoroso, scelta minuziosa degli iscritti,
27
V.I.Lenin, Che fare?, To—Einaudi—I97I, pag. 210.
28
V.I.Lenin, Che fare?, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito,
ed. cit., pag. 85.
29
Ibidem, pag. I36.
30
Ibidem, pag. I43.
31
Ibidem, pag. I49.
41
preparazione di rivoluzionari professionali. Con queste qualità avremo
qualcosa di più della "democrazia": avremo una fiducia completa e
fraterna fra rivoluzionari. 32 Ed essa ci è assolutamente necessaria
perché da noi, in Russia, non è possibile sostituirlo con il controllo
democratico generale." 33
Non si può certamente accusare Lenin di non aver sottolineato
sufficientemente il carattere russo di queste sue affermazioni: "Si rifletta
un momento al significato reale delle grandi parole del Raboceie Dielo e
si comprenderà che una 'larga democrazia' in un'organizzazione di
partito che vive nelle tenebre dell'autocrazia, nel regime della selezione
poliziesca, non è che un balocco inutile e dannoso." 34 E aggiunge:
"Soltanto un'organizzazione all'estero (Lenin si riferisce a l'Unione dei
socialdemocratici russi all’estero) poteva dare alla propria redazione, fra
le altre, le istruzioni seguenti: 'Direttiva di organizzazione. Nell'interesse
dello sviluppo e dell'unità della socialdemocrazia, è opportuno mettere in
rilievo, sviluppare, rivendicare il principio di una larga democrazia di
partito. Ciò è tanto più necessario in quanto delle tendenze
antidemocratiche si sono manifestate nelle file dell'organizzazione'." 35 E
poteva farlo proprio perché e solamente perché i suoi membri vivevano
all'estero: "Solo all’estero, ove spesso si raccoglie gente che non ha la
possibilità di svolgere un vero lavoro attivo, ha potuto sorgere qua e là,
e soprattutto nei diversi piccoli gruppi, questo gioco alla democrazia." 36
D'altra
parte Lenin
non
riserva
all'organizzazione
dei
"rivoluzionari di professione" tutti i compiti che la lotta di classe pone: al
di là del fatto che il partito deve essere composto da varie organizzazioni
- "il partito è un'organizzazione, deve essere un'organizzazione (nel
senso largo della parola); e nello stesso tempo deve essere composto da
tutta una serie di organizzazioni diverse (nel senso stretto della parola)"
37
- la distinzione fondamentale che Lenin introdusse fu fra
"l'organizzazione di un partito socialdemocratico rivoluzionario" e
"l'organizzazione degli operai per la lotta economica". Al contrario della
prima, "l'organizzazione degli operai deve anzitutto essere professionale,
poi essere la più vasta possibile e infine essere la meno clandestina
possibile. (Qui e in seguito mi riferisco - è chiaro - solo alla Russia
autocratica.)" 38
E altrove Lenin affermò "Noi dobbiamo farla finita, fin al livello dei gruppi
di
fabbrica
inclusi,
con
la
tradizione
dell'organizzazione
socialdemocratica di tipo strettamente operaio o sindacale. Il gruppo di
32
Qui Lenin parla della "fiducia completa e fraterna fra rivoluzionari" come "qualcosa di
più della democrazia". È evidente in ciò una forte dose di opportunismo: egli dimentica
l'"inferiorità" russa derivata dalle particolari condizioni "arretrate" in cui si trovava allora il
grosso impero, preferendo adattarsi e quindi postulare come superiori ai metodi
democratici, quei mezzi che ivi è costretto a perseguire.
33
V.I.Lenin, Che fare?, Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, ed.
cit., pag. I70.
34
Ibidem, pag. I68.
35
Ibidem, pagg. I66/I57.
36
Ibidem, pag. I69.
37
V.I.Lenin, Un passo avanti e due indietro, Roma - Editori Riuniti - I972, nota n. I, pag.
44.
38
V.I.Lenin, Che fare?, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito,
ed. cit., pag. I43.
42
fabbrica o il comitato di fabbrica [...] deve essere costituito da un
numero molto piccolo di rivoluzionari, che ricevono direttamente dal
comitato (centrale) ordini e mezzi per svolgere il lavoro dell'intero
partito socialdemocratico nella fabbrica. Tutti i membri del comitato di
fabbrica devono considerarsi agenti del comitato (centrale), essere
disposti ad accettare tutte le sue direttive e sentirsi vincolati da tutte 'le
leggi e consuetudini' di questo 'esercito di campo' nel quale sono entrati
a far parte e che non possono abbandonare senza permesso del
comandante." 39 E' evidente che la conclusione di tutto questo discorso
non poteva che essere: "Il giacobino legato indissolubilmente alla
organizzazione del proletariato, consapevole dei propri interessi di
classe, è appunto il socialdemocratico rivoluzionario." 40
In effetti il tipo di struttura organizzativa cosi formulata "offriva il
fianco a una critica come quella che Rjazanov faceva, nel 1904, a Lenin:
'senza il principio democratico, senza la distruzione di ogni traccia di
Personencults, è possibile nel migliore dei casi una setta, non un
partito.'." 41
E, veramente, Lenin aveva già preso in considerazione la
possibilità di una degenerazione dispotico personale del partito da lui
voluto.
Nella famosa Lettera ad un compagno sui nostri compiti
organizzativi, scritta nel settembre del 1902, Lenin ribadisce che la
direzione di tutto il movimento deve restare al "numero più piccolo
possibile" di "esperti rivoluzionari di professione", "il più omogenei
possibile", ma nello stesso tempo precisa che tale direzione si conserva
"naturalmente, non con la forza del potere, ma con la forza dell'autorità,
con la forza del l'energia, con la maggiore esperienza, con la maggiore
versatilità, col maggior ingegno." E ancora "Questa osservazione vale
anche per l'obiezione possibile e consueta che la centralizzazione
rigorosa può con troppa facilità rovinare la causa, se per caso nel centro
si verrà a trovare una persona incapace dotata di un enorme potere. La
cosa è possibile, naturalmente, ma il mezzo per combatterla non può
essere l'elettività o la decentralizzazione, assolutamente inammissibili in
misura di una certa ampiezza e persino francamente nocive nella lotta
rivoluzionaria sotto l'autocrazia. Il mezzo per combatterle non lo dà
alcun statuto, e possono darlo soltanto i mezzi dell' 'azione fraterna
esercitata', a partire dalle risoluzioni di tutti quanti i sottogruppi per
continuare con un loro appello all'Organo Centrale e, per finire (nel
migliore dei casi) con il rovesciamento del potere assolutamente
incapace." 42
Strada mostra di avere qualche perplessità di fronte a questo
discorso: nel ragionamento di Lenin rimarrebbe "vago" il concetto di
"incapacità" che giustifica "il rovesciamento" del potere personale
instaurato nel centro del partito; e "astratto" rimarrebbe il concetto di
"azione fraterna" o "influsso da compagni" che deve salvare il partito
dalla degenerazione. Il quesito che Strada si pone è se è possibile che
solo "per caso" il partito possa cadere in mani poco sicure. Ma subito
dopo, Strada, sembra trovare una soluzione ai suoi dubbi: "In realtà,
finché il partito di Lenin fu lo strumento teorico - organizzativo
39
Giuseppe Bedeschi, Introduzione a Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica
sul partito, ed. cit., pagg. 9/10.
40
V.I.Lenin, Un passo avanti e due indietro, ed. cit., pag. 91.
41
V. Strada, Introduzione a V.I.Lenin, Che fare?, ed. cit., pag. LXXXVII
42
Ibidem, pag. LXXXVI.
43
impiegato nella lotta aperta contro l'autocrazia e la borghesia e affilato
nella polemica libera di tutte le correnti socialiste e marxiste, esso non
fu mai una 'setta' e dimostrò la sua superiorità che infine lo portò alla
vittoria. Ma quando, dopo la vittoria, furono annullate - e non per una
breve dittatura giacobina - le condizioni politiche di lotta e di polemica,
soltanto nelle quali quel partito aveva potuto formarsi e svilupparsi, e
quando di conseguenza venne meno quell' 'azione fraterna' che aveva
caratterizzato, pur tra contrasti intensi, il periodo eroico della sua lotta,
non fu 'per caso' che una persona 'dotata di un enorme potere' venne a
trovarsi 'nel centro', una persona 'incapace' non certo dal punto di vista
della inefficienza dispotica, bensì certo da quello dell'emancipazione
socialista, una persona il cui 'rovesciamento' era veramente impossibile
e che consolidò le condizioni atte a perpetuare il potere 'peruviano', per
dirla con Plechanov, del 'centro', cesaristiche o oligarchiche che fossero
le forme che tale 'centro' riteneva opportuno e possibile assumere.
La realtà ’ritardata' russa che, sullo sfondo della situazione
internazionale, aveva condizionato l'idea leniniana di partito, continuò,
naturalmente, a condizionare il movimento delle sue strutture
organizzative anche dopo la rivoluzione, ormai in una diversa
congiuntura mondiale, sulla quale però, ora, quelle strutture, così
condizionate e modificate, presero ad esercitare un potente influsso." 43
Ancora una volta dobbiamo rilevare come Strada non prosegua
fino in fondo la sua critica: si può fare una distinzione fra partito
bolscevico prima e dopo la rivoluzione? Certo, parecchi dati oggettivi
vengono a modificarsi, però non vedere che il comportamento tenuto
dopo la rivoluzione dai bolscevichi è strettamente collegato e anzi trova
le sue ragioni proprio in quello che erano stati i bolscevichi nel periodo
precedente, significa togliersi la possibilità di compiere una seria analisi.
Se il problema è sapere come la realtà "ritardata" russa "aveva
condizionato l'idea leniniana di partito", Vittorio Strada non ce lo dice:
anzi ci parla del partito di Lenin prima della rivoluzione in termini più che
positivi. E certamente questo partito non fu una setta, ma le conclusioni
di Strada rimangono ugualmente poco convincenti.
"Tutt'altra, s'è detto, era l'idea che Lenin aveva della Narodnaja
Volja come organizzazione rivoluzionaria socialista attiva e salda capace
di combinare lotta per la democrazia e lotta per il socialismo, idea che
corre con particolare insistenza nel Che fare?. E non si può negare che,
da un punto di vista storico, la sua interpretazione fosse quella più vicina
alla realtà.
Tuttavia Lenin, naturalmente, non pensava ad un ritorno puro e
semplice alla teoria, propria dei narodovol'cy, della 'presa del potere' e
vedeva benissimo che quella teoria era destinata a restare un'utopica
aspirazione astratta finché costituiva il fine dell'azione di un piccolo
gruppo di intellettuali rivoluzionari, per quanto titanici ed eroici fossero i
loro sforzi. In Lenin l'idea della 'presa del potere' perde la sua
astrattezza e si associa all'idea della rivoluzione agraria, nel corso della
quale, le masse contadine sono guidate dalla classe operaia attraverso
l'azione condizionatrice del partito modellato secondo le strutture
centralistiche e cospirative della Narodnaja Volja e ispirato da una teoria
marxista, nella quale si è immessa la logica populista dello sviluppo
socio-economico accelerato e, entro determinati limiti, regolabile con
strumenti politici“. 44
Conclusioni, queste, poco convincenti perché: I.—fino a che punto il
supporto dei contadini non sconvolge totalmente l'impostazione
43
Ibidem, pagg. LXXXVII/LXXXVIII.
44
Ibidem, pagg. LXXXIII/LXXXIV.
44
marxiana? E qui mi sembra inutile parlare di interpretazione originale e
non ortodossa di Marx da parte di Lenin, o di "teoria marxista nella
quale si e immessa la logica populista dello sviluppo socio-economico
accelerato", proprio perché tutto ciò assumerebbe soltanto un valore
giustificatorio del leninismo che, tra l'altro, è causa di ogni confusione.
Occorre invece riconoscere la piena e totale autonomia del leninismo
rispetto al marxismo, essenzialmente perché, non basta volere il
socialismo per essere socialisti, ma occorre inserire nella propria visione
del fine anche i mezzi usati, cioè, l'abbiamo già detto, la natura del
risultato dipende anche dalla via che si è seguita. E 2.- fino a che punto
un partito che vuole ricalcare le orme della Narodnaja Volja, seppure dal
solo punto ai vista strutturale, è poi in grado di mantenersi entro un
ambito puramente marxista? O se vogliamo, fino a che punto questo
tipo di partito e in grado di condurre al socialismo? Dovrebbe essere
evidente, e cercheremo poi di dimostrarlo, che la struttura di un partito
non può considerarsi separatamente dalla tattica che il partito stesso
conduce: scopi e mezzi impiegati sono più uniti di quel che solitamente
si pensa.
Rjazanov in un suo articolo dal titolo Dall'alto o dal basso scritto
in polemica con Lenin, proponeva un paragone fra Zemlja i Volja e
Narodnaja Volja: "In altre parole, l'organizzazione della Zemlja i Volja
era segreta e centralizzata, mentre l'organizzazione della Narodnaja
Volja era congiuratoria e centralistica [...] Nella prima 'l'unità delle idee
e l'unità d'azione' erano stabilite 'dal basso', nella seconda esse erano
apportate 'dall'esterno'. Questa differenza nei tipi di organizzazione era
condizionata dalla differenza dei compiti che si ponevano la Zemlja i
Volja e la Narodnaja Volja. La prima partiva dalla convinzione che ’le
rivoluzioni sono opera delle masse popolari' che, 'le prepara la storia'
ecc. ecc., la seconda voleva 'togliere al popolo il giogo opprimente dello
stato contemporaneo e operare un rivolgimento politico al fine di
trasmettere il potere al popolo.' E per questo essa riteneva necessario
’prepararsi' subito 'proprio all'insurrezione'.” 45
Paragone interessante che mostra come i problemi riguardanti la forma
che un partito si dà, siano in rapporto, e addirittura limitati, dal tipo di
programma che si persegue.
Anche Lenin, del resto, era cosciente di ciò: "La struttura di ogni
organismo è naturalmente e inevitabilmente determinata dal contenuto
della sua attività." 46
E' quindi chiaro che una polemica sull'organizzazione, se non vuol essere
vuota, non può limitarsi a prendere in considerazione solo l'aspetto
strutturale di un partito, ma deve analizzare quest'ultimo in rapporto alla
tattica che esso ha condotto. Trockij lo dice chiaramente: "I compiti
organizzativi sono per noi totalmente subordinati ai metodi della tattica
politica [...] Per capire le divergenze in materia di organizzazione,
bisogna uscire dai suoi limiti, sotto pena di asfissiarsi nella scolastica e
nelle logomachie della stessa risma." 47
Dopo un breve capitolo iniziale sulla "libertà di critica", Lenin, nel
Che fare?, affronta di petto il problema centrale, quello che poi costituirà
la premessa teorica giustificante dell'esigenza di una salda e accentrata
organizzazione socialdemocratica.
45
N. Rjazanov, Dall'alto o dal basso, in seguito a V.I.Lenin, Che fare?, To - Einaudi -I97I,
pag. 447.
46
V.I.Lenin, Che fare?, in Lenin Trockij Luxemburg Rivoluzione e polemica sul partito, ed.
cit., pag. 131.
47
Lev Trotskij, I nostri compiti politici, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e
polemica sul partito, ed. cit., pag. 286.
45
Si tratta di La spontaneità delle masse e la coscienza della
socialdemocrazia.
Lenin vi afferma: "Gli scioperi della fine del secolo dunque, malgrado il
progresso immenso che essi rappresentavano in confronto col le ’rivolte'
anteriori, restavano un movimento puramente spontaneo. Abbiamo
detto che gli operai non potevano ancora possedere la coscienza
socialdemocratica. Essa poteva essere loro apportata soltanto
dall'esterno." 48 E a conclusione dello stesso capitolo, Lenin affermava:
"In che consiste la funzione della socialdemocrazia se non nell'essere lo
'spirito' che non soltanto aleggia sul movimento spontaneo ma eleva
quest'ultimo fino al 'suo programma'." 49
Questi concetti vengono poi ribaditi più volte: "La coscienza
politica di classe può essere portata all'operaio solo dall'esterno, cioè
dall'esterno della lotta economica, dall'esterno della sfera dei rapporti
tra operai e padroni." 50
Allora, visto queste premesse, perché meravigliarsi delle conclusioni
logiche che ne derivano?: "L'organizzazione [...] sarà pronta a tutto,
dalla salvezza dell'onore, del prestigio e della continuità del partito nel
momento di maggior 'depressione' rivoluzionaria, alla preparazione,
datazione e attuazione della insurrezione popolare armata." 51
Plechanov nel suo La classe operaia e gli intellettuali
socialdemocratici, articolo apparso sui numeri 70 e 7I dell'Iskra del 27/7
e dell'1/8/1904, dice: "Soltanto dopo il congresso l'osservazione mi
convinse che la concezione leniniana della massa operaia come
'elemento non storico della storia', come 'Materia' mossa verso il
socialismo dallo 'Spirito' che agisce dall'esterno, che questa errata
concezione determinava in notevole misura i concetti tattici ed
organizzativi sia di Lenin sia di molti nostri tattici 'duri'. Infine, soltanto
dopo il congresso, capii quanto amaramente mi fossi sbagliato,
attribuendo a Lenin un movimento 'in avanti'. In realtà egli non pensava
neppure ad andare in questa direzione. Più che soddisfatto della
popolarità che gli aveva creato la sua deviazione dal marxismo, che
aveva reso le sue idee più accessibili ai 'pratici' meno preparati ad
intendere il marxismo, egli non solo non mise da parte il bastone che
aveva curvato durante la polemica con gli 'economisti', ma si mise a
cavalcioni di questo bastone storto e manifestò la più inequivoca
intenzione di cavalcare —tra le urla entusiastiche di tutti i consiglieri
Ivanov del nostro partito- verso la [… ]‘dittatura’.” 52
E Martov in Proletari e intellettuali nella socialdemocrazia russa
aggiunge: "Costui (Lenin) adatta opportunisticamente i compiti della
socialdemocrazia alle meschinità dell'ambiente politico in cui il
proletariato fa i suoi primi passi, alla esigenza della rivoluzione
'nazionale', che ha bisogno degli operai soltanto come di una massa
rivoluzionaria predisposta. Costui - nonostante il carattere rivoluzionario
48
V.I.Lenin, Che fare?, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito,
ed. cit., pag. 69.
49
Ibidem, pag. 89.
50
Ibidem, pag. 113.
51
V.I.Lenin, Che fare?, To – Einaudi - I97I, pag. 202. L'altra edizione da noi citata del
Che fare?, riporta invece: "... 'depressione' rivoluzionaria che a preparare, a decidere e ad
attuare l'insurrezione armata di tutto il popolo.", pag. 200.
52
G. Plechanov, La classe operaia e gli intellettuali socialdemocratici, in seguito a
V.I.Lenin, Che fare?, To-Einaudi-I97I, pagg. 386/387.
46
del proprio stato d’animo - è un opportunista poiché rifiuta di lavorare
subito alla trasformazione del proletariato in forza di classe autonoma."
53
Anche Trockij, con la sua consueta acutezza, afferma in I nostri
compiti politici del 1904, :"La teoria proletaria dello sviluppo politico non
può surrogare un proletariato politicamente sviluppato.". 54 Quindi "non
si può far 'entrare in scena' la tattica socialdemocratica in qualsiasi
momento e in qualsiasi luogo." 55 E più avanti: "Nella politica interna del
Partito questi metodi (quelli di Lenin) conducono, come vedremo più in
là, l'organizzazione del Partito a 'sostituirsi' al Partito, il Comitato
Centrale all’organizzazione del Partito, e infine il dittatore al Comitato
centrale." 56
Il "sostituzionismo" di cui parla Trockij è praticamente giustificato
e nasce proprio perché la classe operaia in Russia è "arretrata".
Lenin aveva parlato del gruppo Svoboda quasi alla stessa
maniera: "Il gruppo 'Svoboda' propugna il terrore come mezzo per
'stimolare' il movimento operaio, per dargli un 'impulso vigoroso' [...] Il
gruppo ’Svoboda' vuole sostituire l'agitazione con il terrore,
riconoscendo apertamente che 'dal momento in cui comincerà tra la
massa un'agitazione energica, la funzione stimolatrice del terrore sarà
finita'. Questa confessione mostra appunto che terroristi ed economisti
sottovalutano l'attività rivoluzionaria della massa [...]" 57
E poco prima, di nuovo accumunando economisti e terroristi, Lenin
aveva detto: "Economisti e terroristi si inchinano davanti a due poli
opposti della tendenza della spontaneità: gli economisti dinanzi alla
spontaneità del 'movimento operaio puro', i terroristi dinanzi alla
spontaneità della più evidente indignazione degli intellettuali che non
sanno collegare in un tutto il lavoro rivoluzionario e il movimento
operaio, o non ne hanno le possibilità." 58
Ma concepire il socialdemocratico rivoluzionario come un
giacobino che ha il compito di immettere dall'esterno la coscienza nel
proletariato, non significa forse sostituire la classe col partito? 59
Mi sembra allora che abbia ragione Trockij quando "respinge
qualunque impostazione 'giacobina' dei problemi organizzativi del
53
L. Martov, Proletari e intellettuali nella socialdemocrazia russa, in seguito a V.I.Lenin,
Che fare?, To – Einaudi - 1971, pag. 416.
54
Lev Trotskij, I nostri compiti politici, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e
polemica sul partito, ed. cit., pag. 243.
55
Ibidem, pag. 241.
56
Ibidem, pag. 285.
57
V.I.Lenin, Che fare?, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito,
ed. cit., pag. III.
58
Ibidem, pagg. 109/110.
59
Se la coscienza socialdemocratica può essere apportata soltanto dall'esterno, si giunge
direttamente a giustificare una politica"sostituzionistica". In questo senso Lenin non supera
la Narodnaja Volja e nemmeno il terrorismo come metodo politico: il "sostituzionismo" è la
giustificazione pratica-teorica del terrorismo e in genere di ogni forma organizzativa di tipo
leniniano. E' significativo e problematico insieme, il fatto che Lenin, nel caso dei terroristi,
parli di intellettuali che "non sanno collegare in un tutto il lavoro rivoluzionario e il
movimento operaio, o non ne hanno la possibilità." E' problematico perche occorre
chiedersi se lo stesso Lenin aveva queste possibilità, che naturalmente, non sono
soggettive, ma oggettive.
47
partito, denunciandola come 'sostituzionistica', cioè tale che sostituisce il
partito alla classe, e porta inevitabilmente alla dittatura del partito sulla
classe. 'Se consideriamo il contenuto del nostro lavoro' scriveva infatti
Trockij 'e non solo il contenuto della nostra coscienza, del nostro
programma e del nostro Organo centrale — abbiamo lo spettacolo di un
'partito‘ (o almeno di ciò che il compagno Lenin e i suoi seguaci
intendono col termine partito) situato al di sopra del proletariato [...]
Tale prassi che consiste nel sostituirsi politicamente alla classe è
evidentemente assai lontana da una prassi socialdemocratica'." 60
A questo punto mi sembra doveroso ricordare che nonostante
queste critiche fu Lenin e il suo partito che fecero di fatto la rivoluzione.
Le posizioni di Plechanov, di Martov e di tutti gli altri menscevichi sono
giuste solo da un punto di vista astratto: praticamente, inserite nella
situazione oggettiva in cui la Russia si trovava, peccavano di utopismo e
Lenin, che ne era ben conscio, aveva pienamente ragione ad attaccarle
così duramente come fece.
Per quanto riguarda invece Trockij, occorre fare un di scorso a
parte. "Più tardi Trockij ripudiò il suo scritto (I nostri compiti politici), le
cui tesi, egli, non riprese nemmeno nell'ultimo periodo della sua vita,
durante l'aspra battaglia ideologica e politica contro lo stalinismo. Anzi,
nel suo ultimo libro, Stalin, Trockij negò recisamente che lo stalinismo
fosse il risultato del centralismo bolscevico, e delle gerarchie clandestine
dei rivoluzionari professionali. La selezione rigorosa degli elementi
avanzati - affermò Trockij - e il loro raccogliersi in un'organizzazione
centralizzata, presentava evidentemente dei pericoli, ma bisogna
ricercare le cause profonde di questi pericoli non nel 'principio' del
centralismo, bensì nella eterogeneità e nella mentalità ’arretrata' dei
lavoratori, cioè nelle condizioni sociali generali che rendono appunto
necessaria una direzione centralizzata della classe per mezzo della sua
avanguardia. Per questo Trockij confermava che l’opuscolo del 1904, I
nostri compiti politici, mancava spesso di maturità nella sua critica a
Lenin, ed era, insomma, sbagliato. In tal modo egli ribadiva, anche per
quanto riguarda i problemi dell'organizzazione, la sua fedeltà al
leninismo." 61
In questo Trockij, forse spinto dall'esigenza politica di presentarsi
come il vero e unico continuatore di Lenin, faceva molta confusione.
Infatti confondeva ciò che un socialdemocratico deve fare perché
costretto a fare da una situazione oggettiva "arretrata", con ciò che è
"giusto" che un socialdemocratico faccia; e per farmi capire meglio
voglio ribadire le parole già citate di Martov rivolte a Lenin: "Costui
adatta opportunisticamente i compiti della socialdemocrazia alla
meschinità dell'ambiente politico in cui il proletariato fa i suoi primi
passi." 62
Da quanto detto sembrerebbe impossibile uscire da questa
situazione; in effetti, l'unica possibilità, lo ribadiamo, era data da una
critica fatta in una condizione oggettiva diversa e più "avanzata" di
quella russa, che quindi, proprio per questo, aveva anche la possibilità
pratica di divenire proposta alternativa realizzabile.
Ed è appunto questo che dobbiamo ricercare in Problemi organizzativi
della socialdemocrazia russa di Rosa Luxemburg.
60
Giuseppe Bedeschi, Introduzione a Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica
sul partito, ed. cit., pag. 25.
61
Ibidem, pag. 26.
62
Vedi indietro, nota n. 53.
48
Iniziamo subito a dire che la polemica riguardante il fatto che, sia
Rosa che Lenin, facevano riferimento a due realtà diverse e che quindi il
loro non poteva che essere un dialogo fra sordi, non è totalmente vera.
Per quanto riguarda Rosa, si può affermare che le difficoltà nascono solo
perché la sua teoria dell' "organizzazione come processo" è il risultato
non solo di questa particolare polemica, ma inizia ben prima, come
abbiamo visto, e continua, come vedremo, per tutta la sua vita. Per
quanto riguarda invece Lenin, occorre stare bene attenti perché non è
vero del tutto che "Lenin è incapace a rispondere in linea teorica
generale ed evidentemente indietreggia, attenua e soprattutto limita alla
Russia quelle dichiarazioni ed affermazioni che nel suo opuscolo
precedente
pretendevano
chiaramente
ad
una
esplicita
generalizzazione", come dice L. Amodio. 63 (Amodio fa riferimento a ciò
che Lenin dice nella sua risposta alle prese di posizione di Rosa
Luxemburg.)
E questo perché, lo abbiamo visto bene, Lenin nel Che fare? ripete varie
volte di riferirsi esclusivamente alla Russia. Per evitare incomprensioni
occorre saper isolare quelle affermazioni di Lenin che tendono ad una
esplicita generalizzazione, per poter quindi far riferimento solo a queste.
Occorre specificare che Lenin, da una parte giustifica l'esigenza di una
salda e accentrata organizzazione con la situazione specifica russa, ma
dall'altra va alla ricerca di altre giustificazioni teoriche, e in questa sua
ricerca ne trova almeno due:
1.- "In Russia la dottrina teorica della socialdemocrazia sorse del
tutto indipendentemente dallo sviluppo spontaneo del movimento
operaio." 64 ma poco prima aveva detto: "La storia di tutti i paesi attesta
che la classe operaia, colle sue proprie forze solamente, è in grado di
elaborare solamente una coscienza tradeunionista, vale a dire la
convinzione della necessita di unirsi in sindacati, di condurre la lotta
contro i padroni, di reclamare dal governo questa o quella legge
necessaria agli operai ecc." 65 Quindi, qui, chiaramente, Lenin,
generalizza l'affermazione secondo cui la coscienza è apportata
dall’esterno.
2.- A riprova di quanto appena detto, Lenin cita Kautsky: "La
coscienza socialista sarebbe per conseguenza, il risultato necessario,
diretto della lotta di classe proletaria. Ma ciò è completamente falso
[...]; ma socialismo e lotta di classe nascono uno accanto all'altra e non
uno dall'altra; essi sorgono da premesse diverse. La coscienza socialista
contemporanea non può sorgere che sulla base di una profonda
conoscenza scientifica. Or dunque, la coscienza socialista è un elemento
importato nella lotta di classe del proletariato dall'esterno e non qualche
cosa che ne sorge spontaneamente." 66
Lenin aggiunge poi in Un passo avanti e due indietro: "Un
tentativo forse unico di analisi del concetto di burocraticismo è fatto
dalla nuova Iskra (n. 53) che contrappone il 'principio formalmente
democratico
al
principio
formalmente
burocratico'.
Questa
contrapposizione (altrettanto poco sviluppata e spiegata, purtroppo,
quanto l'allusione ai non iscristi) contiene un grano di verità. Il
63
Luciano Amodio, Il contrasto Lenin - Luxemburg sul l'organizzazione del partito,
Quaderni Piacentini, 'Antologia I962/I968, Mi – Gulliver - I977, pag. I64.
64
V.I.Lenin, Che fare?, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito,
ed. cit., pag. 69.
65
Ibidem, pag. 69.
66
Ibidem, pagg. 77/78.
49
burocratismo versus il democratismo è appunto il centralismo versus
l'autonomismo; è il principio d'organizzazione della socialdemocrazia
rivoluzionaria nei confronti del principio d'organizzazione degli
opportunismi della socialdemocrazia. Quest'ultimo vuole andare dalla
base al vertice, e sostiene quindi, dovunque è possibile, e per quanto è
possibile, l'autonomismo, un 'democratismo’ che giunge (in coloro che
danno prova di uno zelo eccessivo) sino all'anarchismo.
Il primo vuol partire dal vertice, preconizzando l'estensione dei diritti e
dei pieni poteri del centro nei confronti delle parti. Nel periodo delle
dispersioni e dei circoli, questo vertice, di cui la socialdemocrazia
rivoluzionaria voleva fare il suo punto di partenza nel campo della
organizzazione, doveva inevitabilmente essere uno dei circoli più
influenti per la sua attività e per la sua propria coerenza rivoluzionaria
(nel nostro caso, l'organizzazione dell'lskra). Nell'epoca in cui il partito
ristabilisce l'unità reale del partito e dissolve in questa unità i circoli
ormai invecchiati, è il congresso del partito - organo supremo di
quest'ultimo - che necessariamente rappresenta questo vertice; il
congresso riunisce nella misura del possibile tutti i rappresentanti delle
organizzazioni attive e, nominando le istituzioni centrali (spesso
costituite in modo da soddisfare più gli elementi avanzati del partito che
non quelli arretrati e che perciò vanno a genio più all'ala rivoluzionaria
che non all'ala opportunistica), fa di essa il vertice, sino al congresso
successivo. Così almeno accade fra gli europei della socialdemocrazia,
benché a poco a poco, non senza paure, non senza lotte e non senza
intrighi, questo costume che per principio è odioso agli anarchici,
cominci ad estendersi anche tra gli asiatici della socialdemocrazia." 67
"Non soltanto in Germania, ma anche in Francia e in Italia gli
opportunisti difendono a spada tratta l'autonomismo, l'indebolimento
della disciplina di partito, la tendenza a ridurla a zero; dovunque le loro
correnti conducono alla disorganizzazione e a far degenerare il 'principio
democratico' in anarchismo. 'La democrazia non è assenza di potere insegna K.Kautsky agli opportunisti in merito al problema di
organizzazione - la democrazia non è l'anarchia; essa è la supremazia
delle masse sui propri fiduciari, a differenza delle altre forme del potere,
in cui i falsi servitori del popolo ne sono in realtà i padroni.' K.Kautsky
esamina
particolareggiatamente
la
funzione
disorganizzatrice
dell’autonomismo opportunistico nei diversi paesi, dimostra che appunto
l'adesione alla socialdemocrazia 'di un gran numero di elementi borghesi'
rafforza l'opportunismo, l'autonomismo e la tendenza a violare la
disciplina; ci ricorda ancora e sempre che 'l‘organizzazione è’ appunto
‘quell'arma con la quale il proletariato si emanciperà' che
’l'organizzazione è’ appunto ‘l'arma della lotta di classe propria del
proletariato'." 68
A parte la confusione che qui si fa tra organizzazione in generale
e organizzazione centralistica in particolare, è importantissimo questo
richiamo costante in Lenin, al modello organizzativo tedesco e in
particolare a K.Kautsky che in larga misura aveva contribuito a
realizzarlo.
Per ora ci limitiamo a notare che Rosa Luxemburg aveva
sufficienti motivi per intervenire contro Lenin, motivi che non erano
legati soltanto a questioni interne russe, ma che riguardavano invece
problemi generali, legati ad una errata impostazione marxista, la cui
risoluzione, anche in Germania, rischiava di condurre il proletariato su
una falsa s
67
V.I.Lenin, Un passo avanti e due indietro, ed. cit., pagg. I08/I09.
68
Ibidem, pag. II3.
50
c) "Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa"
Rosa Luxemburg dimostra, nel suo scritto del 1904, di conoscere
sufficientemente la situazione russa e non a caso, era tenuta in grande
considerazione negli ambienti sia dell'SPD, sia dell'Internazionale
socialista per quanto riguarda la decifrazione di ciò che veniva
veramente detto nelle numerose polemiche fra rivoluzionari russi. Mette
in luce questa conoscenza quando, agli inizi del suo lavoro dice: "La
principale difficoltà incontrata in Russia dalla lotta socialdemocratica
deriva dal fatto che il dominio di classe della borghesia è messo in
ombra dal dominio della violenza dell'assolutismo; il che conferisce
fatalmente alla dottrina socialista della lotta di classe un carattere
astratto [...]" 69 Più avanti mostra perfino una certa comprensione per la
politica di Lenin: "Ma, siccome il tratto più spiccato delle vecchie forme
organizzative, divenute insostenibili e politicamente superate, era la
dispersione e l'autonomia totale, la sovranità delle organizzazioni locali,
era naturale che il centralismo divenisse la parola d'ordine della nuova
fase, del grande lavoro organizzativo in preparazione." 70
E ancora: "Nessun dubbio che una forte tendenza alla centralizzazione
sia in generale immanente alla socialdemocrazia. Sviluppatasi sul
terreno economico del capitalismo, centralizzatore per essenza e
costretta a battersi nella cornice politica del grande Stato borghese
centralizzato, la socialdemocrazia è per natura ostile a qualsiasi
espressione di particolarismo e di federalismo nazionale." 71
Ma detto ciò, si profila immediatamente la differenza nelle due
concezioni: "Nel movimento socialdemocratico, a differenza dei vecchi
esperimenti del socialismo utopistico, l'organizzazione non è il prodotto
artificiale della propaganda, si bene il prodotto storico della lotta di
classe in cui la socialdemocrazia introduce semplicemente la coscienza
politica." 72 Dove chiaramente, quell' "introduce" non ha carattere
unidirezionale, perché è la lotta di classe che produce l'organizzazione.
"Il movimento socialdemocratico è, nella storia delle società basate
sull'antagonismo di classe, il primo che punti, in tutte le sue fasi e in
tutto il suo cammino, sull'organizzazione e sull'azione diretta e
autonoma delle masse. Sotto questo riguardo, la socialdemocrazia crea
un tipo di organizzazione totalmente diverso da quello dei precedenti
movimenti socialisti, per esempio quelli di tipo giacobino – blanquista
[...] Per Lenin la differenza fra la socialdemocrazia e il blanquismo si
limita al fatto che, al posto di un pugno di congiurati, si ha un
proletariato organizzato e permeato da una coscienza di classe. Egli
dimentica che ciò implica una completa revisione delle idee
sull'organizzazione e, di conseguenza, una concezione del tutto diversa
dal centralismo, nonché dei rapporti reciproci tra organizzazione e lotta.
Il blanquismo non contemplava affatto l'azione diretta della classe
operaia e poteva quindi prescindere dall'organizzazione di massa.
Al contrario: poiché le masse popolari non dovevano entrare in scena
che al momento della rivoluzione, mentre il lavoro preparatorio doveva
riguardare solo il piccolo gruppo armato per il colpo di mano
rivoluzionario, il successo stesso del complotto esigeva che gli iniziati si
69
Rosa Luxemburg, Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa, in Lenin Trockij
Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, ed. cit., pag. 360.
70
Ibidem, pag. 36I.
71
Ibidem, pag. 362.
72
Ibidem, pag. 360.
51
tenessero a distanza dalle masse popolari. Ma anche questo era
possibile e realizzabile perché nessuna connessione intima esisteva tra
l'attività cospirativa di un'organizzazione blanquista e la vita quotidiana
delle masse popolari. In pari tempo la tattica, come pure i compiti
concreti dell'azione, in quanto liberamente improvvisati e senza legame
col terreno della lotta elementare di classe, potevano essere fissati nei
loro più minuti particolari e assumevano la forma di un piano
prestabilito. Ne conseguiva, ovviamente, che i membri attivi
dell'organizzazione si trasformavano in semplici organi esecutivi degli
ordini di una volontà determinata in anticipo al di fuori del loro specifico
campo di attività, in strumenti di un Comitato Centrale. Donde questa
seconda caratteristica del centralismo cospirativo: la soggezione
assoluta e cieca delle sezioni del Partito all'autorità centrale e
l'allargamento dei poteri decisionali di quest'ultima fino all'estrema
periferia dell'organizzazione." 73
Il problema è quindi stabilire quali sono le caratteristiche
distintive di un’organizzazione socialdemocratica.
Queste si riscontrano essenzialmente nella diversa maniera in cui nasce
e si sviluppa l'organizzazione socialdemocratica nei confronti di quella
giacobina - blanquista.
"Organizzazione, sviluppo della coscienza e lotta non sono
momenti particolari, separati temporalmente e meccanicamente, come
nel movimento blanquista, sì bene facce diverse di un unico, diverso
processo. Da un lato, a prescindere dai principi generali della lotta, non
esiste una tattica già elaborata in tutti i suoi dettagli che un Comitato
Centrale possa insegnare alle sue truppe come in caserma. Dall'altro, il
corso della lotta, che crea l'organizzazione, determina continue
fluttuazioni nella sfera d'influenza della socialdemocrazia.“ 74
Risulta chiaramente, da un'impostazione del genere, che il modo
di argomentare di Rosa Luxemburg è molto più dialettico di quello di
Lenin e ciò si conferma anche quando Rosa dice: "Quel che sempre
importa per la socialdemocrazia è evidentemente non già la
preparazione di una ricetta bell'è pronta per la tattica futura, bensì tener
desto l'esatto apprezzamento storico delle forme di lotta rispondenti ai
singoli momenti, il senso vivo della relatività di ciascuna fase della lotta
e della ineluttabilità dell'inasprimento delle tensioni rivoluzionarie dal
punto di vista dello scopo finale della lotta di classe. Sennonché
accordando all'organo direttivo del Partito poteri così assoluti di
carattere negativo, come vuole Lenin, non si fa che potenziare
artificialmente e in misura pericolosissima il conservatorismo congeniale
a tale organo." 75
E' estremamente interessante questo ultimo particolare: "Nelle
sue grandi linee la tattica di lotta della socialdemocrazia non è 'qualcosa
da inventare', sì bene il risultato di una serie ininterrotta di atti creativi
della lotta di classe, spesso elementare, in cerca della sua strada.
L’inconscio precede il cosciente e la logica del processo storico oggettivo
precede la logica soggettiva dei suoi protagonisti. In ciò il ruolo degli
organi direttivi del Partito socialista è largamente conservatore: come
dimostra l'esperienza, tutte le volte che il movimento operaio guadagna
un nuovo terreno, questi organi lo lavorano in lungo e in largo, ma nel
73
Ibidem, pagg. 363/364.
74
Ibidem, pag. 364.
75
Ibidem, pag. 369.
52
tempo stesso lo trasformano in un baluardo contro ulteriori avanzate di
più ampia portata." 76
Lenin aveva mostrato una visione angustamente meccanica,
anche quando dedusse l'esigenza di una accentrata organizzazione dal
fatto che l'operaio è educato ad ubbidire ciecamente dalla vita di
fabbrica. "Il proletariato è educato all'organizzazione da tutta la vita
ch'esso conduce, in modo più radicale che non molti intellettualoidi." 77
E, ancora, "Questa fabbrica, che a taluni non sembra essere che uno
spauracchio, rappresenta appunto quella forma superiore della
cooperazione capitalistica che ha raggruppato, disciplinato il proletariato,
gli ha insegnato ad organizzarsi, lo ha messo a capo di tutti gli altri
strati della popolazione lavoratrice e sfruttata." 78
Qui siamo di fronte ad un'altra generalizzazione di Lenin e in più
scorgiamo il persistere di quel malinteso (ora possiamo dubitare che sia
"buona fede") che avevamo già incontrato nelle sue citazioni di Kautsky:
dire che l'operaio è educato all'organizzazione dalla sua vita di fabbrica
ha un senso diverso che dedurre da quell'educazione un'organizzazione
centralizzata.
Comunque Rosa Luxemburg coglie nel segno quando afferma: "La
'disciplina' che Lenin ha presente viene inculcata al proletariato non
soltanto dalla fabbrica, ma anche dalla caserma e dal burocratismo
moderno: in una parola, dal meccanismo globale dello stato borghese
centralizzato [...] Che cosa possono avere di comune la sottomissione
cieca di una classe oppressa e la ribellione organizzata di una classe che
si batte per la propria emancipazione? Non è certamente movendo dalla
disciplina imposta al proletariato dallo stato capitalistico (dopo aver
semplicemente sostituito alla bacchetta della borghesia quella di un
Comitato centrale socialdemocratico), ma estirpando sin dall'ultima
radice le abitudini di ubbidienza e di servilismo, che la classe operaia
potrà acquisire il senso di una nuova disciplina: l’autodisciplina
volontaria della socialdemocrazia." 79
Non possiamo dimenticare che in questo periodo Rosa Luxemburg
inizia quell'opera di ridimensionamento delle funzioni direttive del
partito, proprio in seguito alle sue esperienze in seno all'SPD. (Vedi fine
prima parte di questo lavoro.)
La sua risposta a Lenin, quindi non può essere vista solo in
quanto "risposta a Lenin", ma ha un valore autonomo eccezionale in
quanto chiarisce alcuni aspetti generali riguardanti l'intera impostazione
marxista. D'altra parte, abbiamo visto come Lenin, sia generalizzando,
sia citando l'esperienza dell'SPD e le teorizzazioni di Kautsky in
particolare, le abbia offerto la possibilità di mantenersi su un piano
teorico del genere. Dobbiamo aggiungere a ciò che l'impostazione
antidialettica di Lenin, che lo conduceva tra l’altro ad una visione
chiaramente manichea della realtà, esigeva una risposta da parte di
Rosa Luxemburg proprio in quei precisi termini. 80
76
Ibidem, pag. 368.
77
V.I.Lenin, Un passo avanti e due indietro, ed. cit., pagg. 98/99.
78
Ibidem, pagg. 101/102.
79
366.
Rosa Luxemburg, Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa, ed. cit., pag.
80
"Quanto al contenuto, questa tendenza (Bernstein e soci) non ha dovuto ne prender
forme, né sviluppasi; essa e stata direttamente trasportata dalla letteratura borghese nella
letteratura socialista." (Che fare?, Newton Compton, pag. 46) E ancora "Dal momento che
non si può parlare di un'ideologia indipendente elaborata dalle stesse masse operaie nel
53
Il tono di Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa è quindi
chiaramente elevato in difesa del marxismo, di quel marxismo che
teorizza il cambiamento della società partendo da condizioni altamente
sviluppate del capitalismo, contro un "primitivismo" nato da condizioni
economiche e sociali "arretrate" che vuole spacciarsi per marxista.
Ed e significativa, da questo punto di vista, la mentalità tipicamente
dialettica di Rosa Luxemburg: in lei non ci sono mai contrapposizioni
nette, nemmeno in ciò che riguarda i problemi organizzativi. "Presto,
però, al Congresso (il secondo Congresso del POSPD) e ancora più dopo
il congresso, ci si è dovuti convincere che il centralismo non è che un
parolone ben lontano dall'esaurire il contenuto storico e le caratteristiche
del tipo di organizzazione socialdemocratica. Si è avuta una ulteriore
prova dell'impossibilita di fissare in una formula rigida la concezione
marxista del socialismo, in qualunque settore, anche in quello dei
problemi organizzativi." 81 E più oltre: "Attribuire all'opportunismo
(come fa Lenin) un debole per una data forma di organizzazione diciamo pure la decentralizzazione - significa in ogni caso misconoscerne
l'intima natura. Opportunista com'è, l'opportunismo anche nei problemi
organizzativi non conosce che un solo principio: quello della mancanza di
un principio [...] In generale si può facilmente dimostrare che dove la
massa operaia nel suo settore rivoluzionario è ancora poco amalgamata
e il movimento stesso ancora malfermo, insomma in condizioni simili a
quelle della Russia oggi, la tendenza organizzativa propria
dell'intellettuale opportunista sarà per l'appunto un rigido e dispotico
centralismo. Analogamente, in uno stadio ulteriore - nell’ambiente
parlamentare e di fronte ad un partito operaio forte e ben inquadrato- la
tendenza dominante dell'intellettuale opportunista sarà invece la
decentralizzazione." 82
E' appunto l'opportunismo, la capacita cioè di adeguarsi alla realtà
oggettiva, l'estrema e lucida coerenza di una Realpolitik che non si
sofferma sui mezzi, ma mirando solo ai fini non si cura né di drastiche
scissioni, né di dubbie alleanze; la sicurezza di essere nel vero che
divide il mondo in marxisti e non marxisti, tutto ciò permette a Lenin di
fare la sua rivoluzione e contemporaneamente di mettersi al di fuori del
marxismo. L'autonomia totale del leninismo, rispetto al marxismo è
contrassegnata dalla mancanza di ogni moralità. Di quella moralità che
caratterizzava Marx quando salutava la Comune di Parigi come primo
esempio storico di presa del potere del proletariato, nonostante vedesse
in esso una grande tragedia. Di quella moralità che spingeva Rosa
Luxemburg, a conclusione del suo opuscolo del 1904, a dire:
"All'intrepido acrobata, sfugge che l'unico soggetto, cui ormai spetti
questo ruolo di guida, è l'io collettivo della classe operaia, che ovunque
si ostina a commettere i suoi errori e a imparare da sé la dialettica
storica. In conclusione - diciamolo francamente tra noi - i passi falsi
compiuti da un effettivo movimento operaio rivoluzionario sono, sul
piano storico, senza confronto più fecondi e preziosi dell’infallibilità del
miglior 'comitato centrale'." 83
corso stesso del loro movimento, la questione si può porre soltanto così: o ideologia
borghese o ideologia socialista." (Idem, pag. 78) Da cui traspare chiaramente la netta
divisione in due che Lenin concepiva fra proletariato e borghesia, cosa che impedisce di
scorgere il continuo movimento insito nei rapporti sociali stessi.
81
36I.
Rosa Luxemburg, Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa, ed. cit., pag.
82
Ibidem, pagg. 374/375.
83
Ibidem, pag. 380.
54
In ultima analisi, qui si parla di quella moralità che essendo
incapace di distinguere i fini dai mezzi impiegati, non si piega mai a
nessun genere di opportunismo.
Se Trockij in un momento estremamente lucido dice: "Il partito si regge
sul dato livello di coscienza del proletariato; esso si inserirà in ogni
avvenimento polito d'importanza sforzandosi di orientare la direzione
generale verso gli interessi immediati del proletariato e, quel che più
conta, di realizzare il suo inserimento nel proletariato mediante
l'innalzamento del livello di coscienza, onde far leva appunto su questo
livello e utilizzarlo in vista di questo duplice obiettivo. La vittoria decisiva
arriverà il giorno in cui avremo colmata la distanza che separa gli
interessi oggettivi del proletariato dalla sua coscienza soggettiva, o, per
parlare più concretamente, una frazione tanto importante del
proletariato sarà pervenuta alla comprensione dei propri interessi socialrivoluzionari oggettivi, da essere abbastanza forte per rimuovere dalla
sua strada, con la propria forza politica, organizzata, ogni ostacolo controrivoluzionario.
Più grande è la distanza che separa i fattori oggettivi e soggettivi, ossia
più debole è la cultura politica del proletariato, più naturale è la
comparsa nel partito di quei 'metodi' che, in una forma o in un'altra, non
rivelano che una specie di passività di fronte alle colossali difficoltà del
compito che ci incombe." 84
Rosa Luxemburg diresse sempre la sua azione politica nel senso
di colmare la distanza che separa gli "interessi oggettivi del proletariato
dalla sua coscienza soggettiva", cercò sempre e con ogni mezzo di
innalzare la "cultura politica del proletariato", conscia che questa era
l'unica possibilità per eliminare, contrastandolo continuamente il
"conservatorismo congeniale" di qualsiasi direttivo di partito.
Contemporaneamente non lanciò proposte alternative a quella di Lenin
che avessero un valore pratico immediato per la Russia: la sua
alternativa si mantenne sempre sui livelli dell'internazionalismo
proletario e il caso della Polonia lo dimostra sufficientemente. Chi
volesse cercare in Rosa Luxemburg una risposta a Lenin, nel senso di
una risposta alternativa al Che fare?, troverebbe solo indicazioni che
riguardano e che fanno riferimento alla situazione oggettiva "più
matura" in cui il proletariato internazionale si trova. Solo per questo le
sarà possibile condurre una critica spietata alla rivoluzione d'ottobre e a
Lenin e contemporaneamente difendere i risultati ottenuti in Russia
contro gli opportunisti e ormai "integrati" tedeschi. Solo per questo la
sua azione, guidata dai suoi principi, potrà trovare il terreno adatto in
Germania, o generalmente in uno stato a capitalismo avanzato e
contemporaneamente avere un senso anche per la Russia.
La visione dialettica, l'internazionalismo e un preciso senso di ciò
che è morale, fece di Rosa Luxemburg la rivoluzionaria più vicina
all'insegnamento di Karl Marx. Solo quando queste qualità non vengono
riconosciute come organiche al marxismo, è possibile liquidare in due
parole Rosa Luxemburg, come fa Vittorio Strada: "La critica che al Lenin
teorico del partito come rigoroso strumento organizzativo mosse Rosa
Luxemburg è assai nota: astrattamente efficace nelle sue rivendicazioni
democratiche, insufficientemente astratta nella sua 'fede’ nelle masse."
85
84
Lev Trotskij, I nostri compiti politici, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e
polemica sul partito, ed.cit., pag. 283.
85
V. Strada, Introduzione a Lenin, Che fare?, ed. cit., pag. LXXX.
55
E ciò sarebbe semplicemente risibile se non fosse la causa prima
della stasi in cui il proletariato internazionale si trova oggi.
Semplificazioni simili impediscono un'analisi marxista seria di ciò che e
la Russia oggi è, ancor più grave, impediscono la formulazione di una
strategia che discostandosi dal leninismo, possa permettere la presa del
potere da parte del proletariato, in una società a capitalismo avanzato.
56
PARTE TERZA
a) La rivoluzione russa del 1905 e Sciopero di massa, partito,
sindacati.
La rivoluzione russa del I905 colse tutti quanti, rivoluzionari e
non, di sorpresa. In Germania di riflesso, si creò immediatamente una
situazione completamente diversa da quella esistente prima.
Tutto il partito socialdemocratico fu trascinato nel vertice delle sempre
più numerose agitazioni: non erano più le preoccupazioni elettoralistiche
a determinarne l'azione ma la rabbia con cui le masse esprimevano i
loro bisogni. Persino l'esecutivo fu disposto a prendere in considerazione
una tattica più rivoluzionaria.
Proprio in questo clima l'idea dello sciopero generale divenne molto
popolare, specialmente in seguito al dibattito aperto dalla Neue Zeit nel
1904. Puntualmente il vertice sindacale sentì il pericolo e corse ai ripari.
"Il problema non era più se lo sciopero di massa fosse realizzabile
ma in che misura l'esecutivo del partito poteva controllare il bottone che
avrebbe dato il via all'azione. I dirigenti sindacali erano già innervositi
dall'improvvisa ondata di scioperi che si era verificata proprio in quel
periodo. Già nel gennaio 1905 i dirigenti delle organizzazioni dei
minatori avevano tentato inutilmente di impedire una fermata del lavoro
su larga scala nella Ruhr. I loro colleghi del consiglio centrale fecero il
possibile per evitare che il movimento si estendesse a altri rami
dell'industria. Quando poi si levarono voci che chiedevano la estensione
deliberata degli scioperi per pure finalità politiche, ad esempio per la
riforma elettorale in Prussia, i dirigenti sindacali presero paura. Al
congresso triennale dei sindacati, riunitosi a Colonia nel maggio del
1905, affrontarono di petto il problema, anzi passarono al contrattacco.
In quella sede non c'erano gli abili sofisti di partito e i loro sarcasmi e
neppure i membri dell'esecutivo dell'SPD venuti a predicare l'unità e la
compattezza del partito. Questa era la tribuna da cui si potevano
sostenere francamente gli interessi particolari dei sindacati - senza
essere limitati da considerazioni esterne - Uno dopo l'altro i discorsi
rifletterono le preoccupazioni dei dirigenti; i sindacati non erano
abbastanza forti da potersi permettere degli "esperimenti" - perlomeno
finché il successo dell'esperimento non fosse assicurato a priori! [...] si
trattava di rafforzare e di migliorare ulteriormente l'organizzazione, e
per farlo erano innanzi tutto necessarie la pace e la quiete. Basta con le
chiacchiere sullo sciopero di massa. [...] 'Lo sciopero generale è
un'assurdità generale'." (I. Auer) 1
E' chiaro che in un contesto del genere Rosa Luxemburg fu
individuata subito come il maggior nemico, ma la cosa fu reciproca: i
dirigenti sindacali mostrarono apertamente di essere i più pericolosi
portatori del "germe" revisionista all'interno del partito.
Al congresso annuale dell’SPD, tenuto a Jena il I7 settembre
I905, mentre Bebel si barcamenava concedendo un po' a destra e un po'
a sinistra, Rosa Luxemburg, spinta dall'evolversi incalzante della
situazione oggettiva, capì che non era più il solo sindacato, ma anche
l'intero esecutivo del partito, ad esercitare un’azione frenante nei
confronti dell'azione spontanea delle masse. In un suo intervento al
1
Peter Nettl, Rosa Luxemburg, M i- Il Saggiatore - I970, vol.I, pagg. 336/337. Vedi
anche nota n.7, pagg.395/6.
57
congresso, specificò chiaramente, e ora l'esempio russo era a portata di
mano, che non bisognava mai temere l’azione a fianco delle masse e
che, anzi, solo da questa azione, l'organizzazione stessa poteva sperare
in un suo sviluppo.
"La storia ci insegna che tutte le rivoluzioni vengono pagate con il
sangue delle masse. Tutta la differenza risiede nel fatto che fino ad ora il
sangue del popolo è stato versato per le classi dominanti; e ora che si
parla della possibilità che esso versi il suo sangue per la propria classe,
si alzano delle persone prudenti che si definiscono socialdemocratiche e
dicono no, questo sangue e troppo caro [...] Si tratta anzitutto di dare
coscienza alle masse, e per farlo non abbiamo affatto bisogno di essere
prudenti quanto lo sono stati i sindacalisti a Colonia. Il sindacato non
deve divenire fine a se stesso, altrimenti si trasforma in un freno alle
libertà di movimento degli operai. Imparate la lezione della rivoluzione
russa! Le masse sono spinte nella rivoluzione e non c'è quasi traccia di
organizzazioni sindacali; a passo a passo esse stanno consolidando le
loro organizzazioni con la lotta. È meccanico e antidialettico pensare che
forti organizzazioni debbano sempre precedere la lotta. E' vero anche il
contrario, l'organizzazione stessa può nascere nella lotta, come la
coscienza di classe." 2
Questo è un passo di eccezionale importanza: non è solo Lenin
che pensa che occorra rafforzare l'organizzazione, lo pensano anche i
revisionisti tedeschi. Chiaramente le condizioni sono diverse: Lenin vuole
una salda organizzazione perché in Russia occorreva agire; i revisionisti,
invece, la vogliono come scusa per non iniziare ad agire. Ma un dato non
cambia e cioè la immaturità o almeno la presunta immaturità delle
masse. Rosa Luxemburg capovolge completamente questo presupposto
e non perché ha una "fede cieca" nelle masse, come alcuni si ostinano a
dire, non perché fa dello spontaneismo il cardine primo del suo pensiero,
ma perché pensa, e ritengo giustamente, che le masse in lotta sono
l'unica possibilità che ha il socialismo per realizzarsi. Masse in lotta non
vuol dire dimenticare il ruolo del partito, vuol dire anzi che il partito ha il
compito di rafforzare e mantenere le masse in lotta e non di soffocare la
lotta facendo opera da pompiere.
Ed è proprio da ciò che nasce il ruolo nuovo che Rosa assegna al
partito. "Il problema chiave per Rosa, è qui: nel rapporto partito/classe.
Si tratta per lei di mediare correttamente questi due termini, non
dissolvendo il partito nella classe (come fa lo spontaneismo), né
operando una transustanziazione automatica della classe nel partito (che
ne avrebbe sempre in questo modo la rappresentanza carismatica).
Classe e partito sono e restano per Rosa due cose distinte, e nessuna
delle due può essere elisa in favore dell’altra. Il problema, si e detto, è
quello di una corretta, cioè di una reale e intensa mediazione fra partito
e classe; e, per quanto possa sembrare paradossale, l'unico modo
perche questi due termini distinti si medino realmente è che essi
superino costantemente la loro separazione, pur rimanendo nella
coscienza dei rivoluzionari, distinti. Per questo Rosa contrappone allo
schema della minoranza organizzata, separata dal movimento e che lo
dirige dall'esterno e dall'alto, il concetto di guida politica, possibile solo
quando la mediazione fra partito e classe è intensa e reale." 3
È evidente che un'analisi del genere, basata com'era sul fatto che
è l'azione a far crescere la forza del proletariato e a creare
2
Ibidem, pag.345.
3
Giuseppe Bedeschi, Introduzione a Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul
partito, Roma - Newton Compton - I973, pag. I7.
58
l'organizzazione, rovesciava completamente le tradizionali concezioni
tedesche. Ma ciò che irritava maggiormente era la giustificazione che
Rosa adduceva alle sue tesi: l'esempio russo metteva in secondo piano
tutto ciò che l'SPD aveva fatto in Germania e anche nell'Internazionale
socialista la "supremazia" tedesca era minacciata.
Questo fatto dimostra ancora una volta come Rosa, sebbene abbia
criticato costantemente i mezzi usati dai russi, abbia anche,
contemporaneamente, guardato alla Russia come ad un esempio
particolarmente significativo e utile per la stessa Germania: la volontà
d'azione dei russi andava trapiantata in Germania, solo qui, questa
volontà avrebbe trovato le condizioni giuste affinché poi potesse
realizzarsi in socialismo.
Al congresso di Jena si fece sentire ancora una volta la diffidenza
di molti "pratici" per la teoria. La Neue Zeit fu attaccata per avere
presentato sulle proprie pagine, per la prima volta il problema dello
sciopero di massa. In assenza di K.Kautsky, tocco a Rosa Luxemburg
difendere la rivista. Nel farlo, distinse per la prima volta le masse dai
loro dirigenti. Questi ultimi si preoccupavano di trovare compromessi
con la borghesia, mentre le masse in fermento avevano bisogno di
essere sostenute in ogni modo nella loro azione.
Rosa si rese conto totalmente di ciò che avveniva nel partito e
quindi del ruolo che esso poteva svolgere fra le masse, appena rientrata
in Germania. Era infatti partita, improvvisamente, la mattina del 28
dicembre 1905 per la Polonia in pieno fermento rivoluzionario.
"Se fosse rimasta in Germania avrebbe invece assistito al
graduale riflusso della tensione rivoluzionaria. Alle parole non seguirono
i fatti, l'atteggiamento dell’esecutivo si fece più rigido, poi, nel febbraio
del 1906, si giunse all'accordo tra esecutivo e sindacati - la normalità
tedesca che essa temeva e disprezzava tanto aveva avuto il sopravvento
[...] Arricchita dall'esperienza russa, quando rientrò, nove mesi più
tardi, riconobbe con dolorosa chiarezza la Germania noiosa che
conosceva. Questo brusco confronto fra due mondi, contribuì ad
aguzzare le sue idee per il futuro più di quanto non avrebbe potuto fare
una disillusione graduale." 4
Di fronte alla rivoluzione del 1905 il problema fondamentale per
Lenin rimaneva quello dell'organizzazione:· "Organizzate i giovani in
centinaia di circoli di amici di Vperjod [...] Allargate il comitato
(centrale) triplicando i suoi membri e includendovi i giovani, costituite
cinque, o addirittura dieci sottocomitati [...]" 5
Rosa Luxemburg non tardò invece a rendersi conto che il ruolo
dei vari SDKPiL, PPS e Bund era insignificante: "[...] gli appelli dei partiti
non furono quasi in grado di tenere il passo delle sollevazioni di massa
spontanee, i dirigenti non ebbero quasi il tempo di formulare le parole
d'ordine per le torme proletarie che li prevenivano gettandosi
all'assalto." 6
Per di più, alla base, nelle fabbriche e nelle cellule locali le
distinzioni, spesso sottili, fra i vari gruppi politici esistenti, perdevano
ogni senso.
Compito immediato per ogni rivoluzionario doveva essere la chiarezza
d'idee e la capacità di lanciare parole d’ordine capaci di generalizzare
4
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pagg. 35I/2.
5
Lettera a Bogdanov e a Gusev del 11 febbraio 1905, in P. Nettl, Rosa Luxemburg,
op.cit., vol.I, pag. 357. (Vperjod è il più importante giornale dei bolscevichi.)
6
Rosa Luxemburg, Sciopero di massa, partito, sindacati, Roma - Newton Compton—I977,
pag. 44.
59
sempre più il conflitto di classe. E a questo fine erano indirizzati i
numerosi articoli che Rosa scrisse in questo periodo.
Su suo suggerimento iniziò anche la pubblicazione di una nuova
rivista: Z Pola Walki (Dal campo di battaglia). Ora si trattava di superare
quel particolare momento storico caratterizzato dallo sciopero di massa,
si doveva capire e far capire che il momento successivo non poteva che
essere inevitabilmente l'insurrezione armata.
A questo proposito "era molto importante sottolineare la differenza tra il
suo concetto di insurrezione armata e quello sostenuto dal PPS. Per il
PPS si trattava di un atto disperato, era la conseguenza dell’analisi
totalmente errata secondo cui gli scioperi di massa erano falliti e l'azione
di pochi armati avrebbe potuto sostituirsi agli sforzi infruttuosi dell'intero
proletariato. L'insurrezione armata a cui pensava Rosa Luxemburg
sarebbe invece stata realizzata dai protagonisti degli scioperi di massa con la sola differenza che ora sarebbero stati più numerosi e decisi. La
massa stessa avrebbe preteso questo tipo d'azione. Indistintamente
l'antitesi massa/gruppo dirigente si profilava per la prima volta come
giustificazione delle decisioni di avventurarsi lungo una strada che il
gruppo dirigente, prudente per natura, avrebbe altrimenti esitato ad
imboccare." 7
Rosa disse: "[...] il semplice sciopero generale ha esaurito la sua
funzione. Ora ad una risoluzione si potrà giungere solo attraverso una
lotta di strada diretta e generale [...]" 8 E più avanti: "In breve il
decorso degli ultimi scioperi non ha provato che la causa rivoluzionaria
arretra o si indebolisce, ma, al contrario, che essa sta avanzando e
crescendo di intensità; non ha provato che i dirigenti socialisti
incominciano a perdere influenza sulle masse, ma che le masse, come
avviene sempre a un punto di svolta della battaglia, spingono
spontaneamente i dirigenti verso obiettivi più avanzati." 9
Anche Lenin si espresse in termini molto simili: "Il proletariato ha
compreso prima dei suoi dirigenti il cambiamento delle condizioni
oggettive della lotta che rendevano necessaria una transizione dallo
sciopero alla insurrezione." 10 Ma, e non a caso, Nettl fa notare che "in
tutta la esegesi dell'opera leniniana questa citazione spicca per la sua
assenza." 11
Intanto i fatti dimostravano che il rapporto organizzazione/lotta,
era stato inteso in maniera esatta da Rosa Luxemburg: l'SDKPiL nel
gennaio del 1905 possedeva poche centinaia di attivisti, nel febbraio
I906 aveva raggiunto i circa trentamila membri.
Anche Rosa, come i bolscevichi, pensava che "il proletariato
doveva assumere autonomamente un ruolo d'avanguardia in quella che
per essenza era una rivoluzione borghese, mantenendo la supremazia
nel movimento doveva assicurarsi che i beneficiari borghesi della
rivoluzione, impauriti dal nuovo spettro proletario, non si rifugiassero
nuovamente fra le braccia dell'autocrazia. Pur essendo necessariamente
il motore degli sviluppi rivoluzionari, la classe operaia non ne pretendeva
i benefici esclusivi, la sua azione andava a vantaggio della società nel
7
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pagg. 365/6.
8
Ibidem, pag. 363.
9
Ibidem, pag. 366.
10
Lenin, Lezioni dell'insurrezione di Mosca, Socinenija, XI, in P.Nettl, Rosa Luxemburg,
op.cit., vol.I, pag.366.
11
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, nota n. 77, pag. 400.
60
suo complesso. A questo punto l'analisi di Rosa Luxemburg incominciava
a differire radicalmente da quel la dei bolscevichi. Essa non parlava di
dittatura né esplicitamente, né implicitamente. Vedeva invece le cose in
questi termini: le conquiste che la classe operaia conseguiva per l'intera
società avrebbero creato le condizioni necessarie alla crescita della sua
propria coscienza di classe; questa avrebbe permesso di affrontare lo
stadio successivo della rivoluzione – proletariato contro borghesia, la
situazione che esisteva in Germania." 12
Pensare di definire questa prospettiva "vicolo cieco", come fa
Nettl, 13 vuol dire non capire, e continuo a ribadirlo, che per Rosa la
vera soluzione ai fini di uno sbocco socialista, non poteva trovarsi né in
Russia, né in Polonia, ma in Germania.
Il 4 marzo 1906 Rosa e Leo vengono arrestati. La detenzione, per
Rosa, durò fino l’8 luglio, ma solo l’8 agosto le fu permesso di partire per
la Finlandia, dove la maggior parte dei dirigenti russi si trovava.
Una consultazione con loro ora era più necessaria che mai, in quanto la
rivoluzione, fra le altre cose, aveva favorito l'unione tra
socialdemocratici russi e SDKPiL. 14
"Allo scoppio della rivoluzione i dirigenti dell'SDKPiL e Rosa
Luxemburg in particolare, erano vicini ai menscevichi. La rottura
personale con Plechanov non fu mai sanata, ma per un certo periodo
Rosa Luxemburg intrattenne rapporti cortesi e abbastanza amichevoli
con Aksl'rod, Dan e in particolare con Potresov [...] Essa era disposta a
prendere pubblicamente posizione contro Lenin, ma non per questo era
disposta ad accettare acriticamente tutto quello che facevano i suoi
avversari. Già nel 1904, quando Bebel e Kautsky avevano dato la loro
approvazione incondizionata alla collaborazione dei menscevichi con i
liberali russi, essa era stata l’unica in Germania ad esprimere forti
riserve. Nel corso del I905, quando la linea politica menscevica si era
delineata con maggior chiarezza, Rosa Luxemburg aveva assunto un
atteggiamento sempre più critico nei confronti della nuova Iskra; i suoi
commenti privati avevano assunto un tono sempre più aspro." 15
I polacchi quindi, oltre a non voler farsi coinvolgere nelle
numerose polemiche interne al partito russo, non si considerarono mai
degli alleati automatici né dei menscevichi, né dei bolscevichi: solo i fatti
potevano mostrare quale delle due tendenze era più vicina alle loro
posizioni.
"Quando Rosa giunse a Varsavia e discusse coi suoi compagni gli
eventi che si erano prodotti in dicembre a Pietroburgo e a Mosca, trovò
che il loro atteggiamento era profondamente mutato. La deplorevole
tendenza dei menscevichi a sopravvalutare il liberalismo russo già nel
I905 aveva condotto ad alcuni aspri scontri con loro. In quel momento la
critica si stava trasformando in qualcosa che assomigliava alla condanna
della pusillanimità menscevica a Pietroburgo e a una contemporanea
ammirazione per il soviet bolscevico di Mosca [...] riguardo allo sciopero
generale i menscevichi non avevano più nulla da offrire [...] i bolscevichi
avevano almeno tentato l’insurrezione armata che anche i
socialdemocratici
polacchi
consideravano
fase
necessaria
e
12
Ibidem, pagg. 370/37I.
13
Ibidem, pag. 37I.
14
Il congresso di unificazione, a cui Rosa non partecipò, si svolse a Stoccolma nell'aprile
del I906. In quell'occasione i polacchi aiutarono i bolscevichi ad avere la maggioranza in
parecchie questioni importanti.
15
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 383.
61
indispensabile del processo. Ai lettori polacchi Rosa Luxemburg presentò
gli eventi di dicembre a Mosca con simpatia ed entusiasmo. Fatto ancor
più significativo, i polacchi accettarono la versione bolscevica degli
avvenimenti di Mosca e Pietroburgo, fornita loro dall'emissario di Lenin
[...]" 16
"[...] si trattava di scegliere tra inazione e azione, tra spingere la
rivoluzione o attendere che lo facessero altri [...] i dirigenti dell'SDKPiL
decisero che i bolscevichi si erano dimostrati gli attivisti della rivoluzione
russa e ciò ne fece i naturali alleati dei polacchi, altrettanto attivi." 17
A Kuokkala, in Finlandia, Rosa Luxemburg trascorse la maggior parte del
suo tempo con Lenin e nella preparazione di uno scritto sulla rivoluzione
russa in generale e sullo sciopero generale in particolare che le era stato
commissionato dall'organizzazione provinciale della socialdemocrazia
tedesca di Amburgo. 18
Rosa Luxemburg lasciò Kuokkala il I4 settembre 1906. Appena
rientrata in Germania si recò ad Amburgo presso l'editore del suo scritto
sullo sciopero di massa. Ed è qui che subito si rese conto del mutamento
notevole della situazione. Aveva già mandato il manoscritto un mese
prima "perché fosse pronto prima del congresso di Mannheim [...] ma
all’ultimo momento l'esecutivo della SPD si era intromesso nella
faccenda; l'originale doveva essere ritirato, il piombo distrutto." La cosa
venne giustificata come normale precauzione contro le perquisizioni
poliziesche, ma la versione che poteva essere pubblicata era priva
proprio di quelle frasi che "avrebbero potuto influire negativamente sul
nuovo equilibrio raggiunto con i sindacalisti." 19
Proprio in questo periodo Rosa Luxemburg fu molto richiesta a
parlare in assemblee pubbliche, dove varie volte fu costretta, sotto la
pressione delle masse, a spazzar via l'ordine del giorno e a parlare della
rivoluzione russa. Per Rosa questi momenti furono particolarmente
significativi: "Se il congresso dell'SPD non era disposto ad ascoltare
quello che Rosa Luxemburg aveva da dire sulla rivoluzione, la gente si
comportava in modo diverso. Per la prima volta nelle masse tedesche
vide un ricambio del gruppo dirigente disinteressato ai suoi discorsi [...]
Tutti questi avvenimenti contribuirono a far maturare in lei la
convinzione che il potenziale rivoluzionario era nelle masse, che in casi
di necessità avrebbe potuto essere mobilitato anche senza gruppo
dirigente. Negli otto anni successivi quest'idea si sarebbe sviluppata e
avrebbe poi raggiunto la sua logica conclusione nel corso della guerra,
quando Spartakus fece appello alla base del partito perche si sollevasse
contro i dirigenti.” 20
"La vita di partito dell’SPD non è che un incubo, o piuttosto un
sonno pesante e privo di sogni.", scrisse il 20 marzo I907; e a Clara
Zetkin: "Dal mio rientro dalla Russia mi sento piuttosto sola [...]
Percepisco più dolorosamente che mai le titubanze e le meschinità del
nostro partito. Eppure di fronte a questi fatti non ho le tue reazioni,
perché ho compreso con assoluta chiarezza che queste cose e questi
uomini non potranno essere mutati finche la situazione non si sarà
completamente trasformata, e anche allora - sono giunta a questa
16
Ibidem, pag. 384.
17
Ibidem, pag. 385.
18
Si tratta di Sciopero di massa, partito, sindacati.
19
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 404.
20
Ibidem, pag. 409.
62
conclusione riflettendo freddamente - se vogliamo condurre innanzi le
masse dobbiamo tener conto dell'inevitabile resistenza di questa gente.
La situazione molto semplice è la seguente: August (Bebel) e gli altri
ancor più di lui, si sono completamente votati al parlamentarismo." 21
Il maggior evento politico per Rosa Luxemburg in quegli anni fu il
congresso dell'Internazionale Socialista che si tenne a Stoccarda dal I8
al 24 agosto 1907. In questo periodo ella abitò in casa dell'amica Clara
Zetkin, alla quale presentò Lenin che prese parte anch'egli al congresso.
Lenin, in quell'occasione, capì ben presto che avrebbe potuto ottenere
più Rosa che lui stesso; infatti non prese nemmeno la parola e fornì a
Rosa una delega russa per le votazioni in commissione. La mozione
presentata da Rosa fu accolta nonostante l'opposizione di Bebel. In essa
vi si diceva: "[...] richiediamo che, in caso di guerra, l'agitazione non sia
indirizzata solo alla cessazione della guerra, ma tenda ad utilizzare la
guerra per accelerare il crollo del dominio di classe in generale." 22
Ma l'aspetto più interessante della mozione fu che in essa, Rosa,
trattò Bebel e Vollmar come rappresentanti di un'unica tendenza
politica: ormai le sue critiche non potevano risparmiare nemmeno i più
autorevoli membri del Comitato Centrale.
"Lenin notò con sorpresa e sbalordimento ciò che Rosa già
sapeva, che 'la socialdemocrazia tedesca, che sino ad ora aveva sempre
rappresentato la concezione rivoluzionaria del marxismo, sbandava ed
assumeva addirittura un atteggiamento opportunistico.' ma Lenin
sbagliava facendo una differenziazione così rigida tra le valutazioni di
Bebel e l'uso di parte che ne faceva Vollmar. Non comprendeva appieno
il processo di trasformazione in corso nell'SPD - del resto non comprese
mai nulla del partito tedesco." 23
In questi anni, proprio contemporaneamente all'involuzione ora
anche teorica 24 seguita alla rivoluzione russa del 1905, nella SPD si
verificò una tendenza al rafforzamento della struttura del partito.
"[...] l’SPD si concentrò sulla riorganizzazione interna. La
caricatura di una burocrazia pedantesca, delineata dai francesi ogni qual
volta si erano trovati di fronte il gruppo tedesco disciplinato e compatto
ai congressi internazionali - compatto almeno quando si trattava di
votare - stava rapidamente diventando realtà.
L'organizzazione si irradiò dal centro all'estrema periferia [...] Quando il
congresso votò sull'allargamento dell'apparato, la maggioranza dei
membri della sinistra si dichiarò favorevole [...] Organizzarsi significava
garantirsi la prospettiva di una avanzata più possente. Ma si levarono
anche delle voci ammonitrici. Il grande Max Weber disse in una
conferenza: 'C'e da chiedersi chi, alla lunga, deve temere maggiormente
questa tendenza (alla burocratizzazione), la società borghese o la
socialdemocrazia? Personalmente ritengo quest'ultima; vale a dire,
quegli elementi che al suo interno sono i portatori dell'ideologia
rivoluzionaria [...] E se le contraddizioni tra gli interessi materiali dei
politici di professione da un lato e l'ideologia rivoluzionaria dal l'altro
potessero svilupparsi liberamente, se non si cacciassero più - come
21
Ibidem, pagg. 4I3/414.
22
Ibidem, pag. 435.
23
Ibidem, pag. 438.
24
"Anche teorica" perche fino ad allora, almeno a parole, i leaders della socialdemocrazia
tedesca avevano ripudiato la pratica revisionista propugnata dal Bernstein, anche se,
questa pratica, era ormai usuale da molto tempo nell'SPD.
63
avviene oggigiorno - i socialdemocratici dalle associazioni di veterani, se
li si ammettesse nell'amministrazione della chiesa da cui oggi vengono
cacciati, solo allora incomincerebbero a porsi seri problemi interni per il
partito. Allora [...] si rivelerebbe che la socialdemocrazia non sta
conquistando le città o lo stato, ma al contrario che lo stato sta
conquistando la socialdemocrazia'." 25
Questa tendenza fu accompagnata anche da un "cambio della
guardia" degli uomini che avevano compiti direttivi all'interno del partito.
"Gli uomini che diressero il partito dal 1907 in avanti, i Molkenbuhr, gli
Ebert, gli Scheidemann e i Braun, erano efficienti, avevano i piedi per
terra - ma non avevano assolutamente nulla di rivoluzionario. Per loro
rivoluzione significava autodistruzione, sul piano personale e funzionale,
ed essi lo sapevano." 26
Rosa Luxemburg non partecipò a nessuno di questi dibattiti. Si
disinteressò dei dettagli riguardanti l'organizzazione come pure non volle
accettare un ulteriore dibattito sulla questione del revisionismo dei
dirigenti del Baden. L'intera questione del Baden era legata, e ora Rosa
lo vedeva chiaramente, alla questione fondamentale che riguardava la
tattica del partito: si trattava di scegliere tra una tattica statica e una
dinamica.
Infatti disse: "[...] non attraverso divieti formali esteriori e non con la
pura disciplina, ma soprattutto attraverso il più largo sviluppo possibile
di una grande azione di massa che faccia entrare in scena larghi strati
del proletariato, dove e quando la situazione lo permetta [...] solo cosi è
possibile dissolvere le pesanti nebbie del cretinismo parlamentare, della
politica di alleanze con la borghesia e dello spirito campanilistico piccolo
borghese." 27
E' evidente che da una visione del genere anche il problema della
burocratizzazione si dissolve: la lotta continua, giorno dopo giorno, in
ogni momento a disposizione, fino e dopo la rivoluzione, in una parola
l'intera vita concepita come movimento, come processo, come lotta, è
l'unica possibilità affinché la forma che il proletariato si dà non divenga
statica e fine a se stessa. Un esempio di ciò che Rosa pensava si
dovesse fare, le fu offerto dalla situazione assai fluida in cui la Germania
venne a trovarsi nel 1910. In quell'anno ci furono continue
manifestazioni per il diritto di voto in Prussia e in parecchie di esse gli
scontri con le forze dell'ordine causarono parecchi morti; inoltre circa
trecentomila operai furono coinvolti in interruzioni di lavoro. Ancora una
volta la storia mostrava un'interazione tra il movimento economico e
quello politico: era la tipica situazione rivoluzionaria descritta tante volte
da Rosa Luxemburg.
Le sue lettere di quel periodo parlano di grandi folle, di
entusiasmo e di un generale desiderio d'azione. Ma in pari tempo in essa
si percepisce la coscienza di freno svolta dall’esecutivo. Questo sarebbe
divenuto l'elemento centrale nelle sue polemiche del periodo successivo.
In questa situazione la parola d'ordine lanciata da Rosa fu "Repubblica";
ma è interessante notare che non la considerò mai come una richiesta
che esauriva il proprio valore in se stessa: era, invece, un semplice
mezzo per mantenere in tensione il movimento.
"Essa riteneva che la direzione socialista dovesse sempre porre
degli obiettivi di agitazione che andassero un poco oltre le immediate
25
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit. vol.I, pag. 44I.
26
Ibidem, pag. 442.
27
Ibidem, pag. 47I.
64
possibilità pratiche. Questa piuttosto che ogni funzione di carattere
organizzativo, era il ruolo essenziale di una direzione socialdemocratica."
28
In marzo sia il Vorwarts che Kautsky per la Neue Zeit, le
rifiutarono la pubblicazione di un articolo intitolato È ora?. Rosa non
ebbe dubbi sul fatto che gli organi centrali del partito fossero i veri
responsabili del rifiuto e che Kautsky si fosse solo limitato a seguire le
loro direttive. E nonostante ciò, tra lei e Kautsky, si profilava un duro
scontro.
Ella ribadì: "[...] Se al partito che dirige l'azione manca la
fermezza, se al momento giusto esso non dà alle masse le parole
d'ordine necessarie, esse cadono inevitabilmente preda della delusione,
lo slancio scompare e l'azione finisce col sgonfiarsi." 29
Rosa cercava di far assumere al partito un ruolo nuovo, quello di
avanguardia del proletariato, attraverso una guida cosciente delle lotte
condotte dall'intera classe, fino al compimento della rivoluzione.
Per Kautsky, invece, non era concepibile nessun scontro frontale,
si trattava solo di conquistare pacificamente la maggioranza in seno al
parlamento: questa era l'unica via d'accesso al potere.
E' evidente che due concezioni diverse e inconciliabili si
fronteggiavano; Kautsky, però, non era solo. Con lui c'erano i Bebel, gli
Adler e persino Mehring, e c'era anche la maggior parte dei socialisti
stranieri. Solo i bolscevichi avrebbero potuto appoggiare Rosa, ma forse
non capirono del tutto la situazione e quindi si limitarono ad esprimere
un neutrale stupore.
Il problema era importantissimo: "Rosa Luxemburg sviluppò per
prima una teoria della rivoluzione caratterizzandola come un processo
prolungato, non tanto come processo spontaneo. In pari tempo Rosa
accorciava il periodo di attesa dell'inizio della rivoluzione, mentre
Kautsky lo allungava [...]" 30
È proprio questa nuova dimensione che le fece superare il vecchio
problema del revisionismo: si trattava di affrontare in maniera dinamica
il problema del rapporto tra partito, masse e società.
"Era la lezione della rivoluzione russa applicata per la prima volta
a un contesto puramente tedesco. L'unicità del partito che un tempo era
stato il principale caposaldo della maggioranza contro i revisionisti, ora
occupava una posizione secondaria." 31
Ormai era la rottura con Kautsky e anche l'analisi delle elezioni
politiche fu un pretesto per scontrarsi con lui che nel frattempo era
diventato il portavoce dichiarato del gruppo dirigente dell'SPD.
"[...] alla fine di febbraio 1912, Rosa analizzò nei dettagli la tattica
elettorale del partito e i risultati a cui aveva condotto 32: 'Ne consegue la
28
Ibidem, pag. 462.
29
Ibidem, pag. 465.
30
Ibidem, pag. 475.
31
Ibidem, pag. 479
32
L'SPD aveva raggiunto un accordo con i progressisti per il ballottaggio, "ma gli elettori
progressisti non si attennero alle indicazioni dei loro dirigenti. Mentre l'SPD, salvo poche
eccezioni, cedette ai progressisti le circoscrizioni che si era impegnato a lasciare loro, esso
ricevette solo un appoggio molto modesto dal suo alleato [...] Di fatto i progressisti
dovettero la loro esistenza in quanto partito politico alla strategia elettorale della
socialdemocrazia e alla disciplina dei suoi elettori." in P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit.,
vol. II, pag. 10.
65
vecchia teoria del materialismo storico di Marx, che i reali interessi di
classe sono più forti degli "accordi" [...]'. Non con i progressisti e i
liberali, dichiarò Rosa, ma contro di essi; non pacificazione ma lotta." 33
Kautsky cercò invece in ogni modo di giustificare gli accordi
elettorali con i partiti borghesi.
Contro
tali
mercanteggiamenti
che
ormai
avvenivano
quotidianamente nel nuovo Reichstag, Rosa Luxemburg ottenne, nella
sua instancabile battaglia, l'aiuto di Franz Mehring: nasceva così il primo
nucleo di quella che poi sarà la nuova sinistra.
Il 27 dicembre del 1913 apparve il primo numero della
Sozialdemokratische
Korrespondenz,
che
segna
l’inizio
della
collaborazione fra Rosa, Mehring e Marchlewski, suo vecchio compagno
polacco.
In questo periodo Rosa rifiutò di prendere parte alle polemiche
interne al partito: "Le divergenze interne erano soltanto un sintomo
secondario della stagnazione; adottando una tattica esteriore
maggiormente aggressiva, esse sarebbero sparite una volta per tutte.
Poiché i dirigenti non potevano venir convinti, si trattava di attivizzare
gli interessi delle masse contro i dirigenti." 34
Il 26 settembre 1913, in un sobborgo di Francoforte, Rosa tenne
un'assemblea pubblica in cui, tra l'altro, disse: "Se ci chiedono di volgere
le armi contro i nostri fratelli francesi o di altre nazionalità, noi
risponderemo: non lo facciamo!" 35 Questo discorso le valse una
condanna ad un anno di carcere che inizio a scontare il I8 febbraio 1915.
L'antimilitarismo di Rosa fu la causa del suo avvicinamento
politico a Karl Liebknecht che si era occupato di questo problema fin dal
1906. Ormai si erano create le premesse affinché attorno a Rosa si
schierasse un certo numero di persone tutte disposte ad una critica
accesa contro l’esecutivo dell'SPD. "Sotto la pressione degli eventi si era
formato un gruppo di radicali che condividevano le stesse posizioni:
Liebknecht, Mehring, Marchlewski, Pannekoek e amici come
Spadthagen, Levi e Rosenfeld. Non si trattava di un nuovo partito, ciò
che univa i membri del gruppo era quel miscuglio di rapporti politici e
personali che Rosa apprezzava sin dai primi tempi della
socialdemocrazia polacca perché era così consono alla sua natura." 36
Per riassumere brevemente le acquisizioni teoriche di Rosa
Luxemburg in questo periodo, occorrerà analizzare il suo opuscolo
Sciopero di massa: partito! sindacati.
Questo brillante saggio, oltre che essere "un testo fondamentale per la
conoscenza del pensiero della Luxemburg" 37, è anche "un classico della
strategia rivoluzionaria del movimento operaio" 38 e inoltre la sua analisi
servirà a noi particolarmente in quanto ci permetterà di chiarire
ulteriormente quella "dialettica spontaneità - organizzazione che la
Luxemburg riprende da Marx, (contraddicendo) la concezione leniniana,
di origine peraltro kautskiana, di un partito che apporta dall’esterno e
33
Ibidem, pag. II.
34
Ibidem, pag. 33.
35
Ibidem, pag. 37.
36
Ibidem, pag. 4I.
37
Lelio Basso, Introduzione a Rosa Luxemburg, Sciopero di massa, partito, sindacati,
op.cit., pag. 9.
38
Ibidem, pag. 9.
66
illuministicamente alle masse la coscienza di classe e quindi le dirige
dall'alto." 39
Il compito fondamentale di questo scritto resta quello di applicare
alla Germania le lezioni che si potevano trarre dagli scioperi di massa
avvenuti in Russia; prima, però, occorreva sgombrare il terreno da
possibili ma sbagliate interpretazioni anarchiche dello sciopero di massa.
Se "per gli anarchici, quali presupposti materiali delle loro speculazioni
'rivoluzionarie' esistono solo due cose: anzitutto l'azzurro cielo e poi la
buona volontà e il coraggio di salvare l'umanità dalla attuale valle di
lacrime capitalistica" 40, la rivoluzione russa insegna che "l'anarchismo è
non la teoria del proletariato combattente, bensì l'insegna ideologica del
sottoproletariato (Lumpenproletariat) controrivoluzionario, che brulica
come un branco di squali dietro la nave di battaglia della rivoluzione." 41
Inoltre "lo sciopero di massa non viene fatto 'artificiosamente', non
viene 'deciso' né 'propagandato' a vanvera, ma è un fenomeno storico,
che in un dato momento risulta come necessità storica della situazione
sociale.". 42 Voler "propagandare" lo sciopero di massa è come
pretendere di propagandare la rivoluzione: non ha senso, perché "tanto
la 'rivoluzione' quanto lo 'sciopero di massa', sono concetti che da soli
significano niente di più d'una forma esteriore di lotta di classe e che
ricevono senso e contenuto solo connessi con situazioni politiche del
tutto determinate." 43
"Per quanto concerne l'applicazione pratica dello sciopero
generale in Germania, sarà la storia a decidere al riguardo, così come ha
deciso in Russia: la storia, nel cui ambito la socialdemocrazia con le sue
decisioni è si un fattore rilevante, ma non più di un fattore tra tanti
altri." 44
Una volta ancorato lo sciopero di massa al solido terreno della
necessità e quindi oggettività storica, occorre specificare che esso non si
risolve in particolari e limitati nel tempo momenti di lotta: esso è un
processo, a volte anche lungo, che riguarda, come in Russia, parecchi
anni. La descrizione che fa Rosa degli scioperi avvenuti in Russia ci
travolge come in un vortice.
"Scioperi politici ed economici, scioperi di massa e scioperi
parziali, scioperi dimostrativi e scioperi di lotta, scioperi generali di
singoli settori produttivi e scioperi generali di singole città, pacifiche
lotte salariali e scontri di piazza, battaglie di barricate: tutte queste
forme di lotta si attraversano, si sovrappongono, s'incrociano e si
invadono a vicenda: è un mare di fenomeni in eterno movimento e
compimento." 45
"In una parola: lo sciopero di massa, come dimostra la
rivoluzione russa, non è un mezzo ingegnoso escogitato allo scopo di
una più possente efficacia nella lotta proletaria, ma è il modo stesso del
39
Ibidem, pag. I4.
40
Rosa Luxemburg, Sciopero di massa, partito, sindacati, op. cit., pag. 27.
41
Ibidem, pag. 25.
42
Ibidem, pag. 30.
43
Ibidem, pag. 3I.
44
Ibidem, pag. 33.
45
Ibidem, pagg. 6I/62.
67
movimento della massa proletaria, la forma fenomenica stessa in cui si
presenta la lotta proletaria nella rivoluzione." 46
Inoltre non c'e una netta distinzione fra rivoluzione e sciopero di
massa: "Quanto è avvenuto in Russia ci dimostra, infine, che lo sciopero
di massa è inseparabile dalla rivoluzione. La storia dello sciopero russo
di massa è la storia della rivoluzione russa." 47
Naturalmente occorre, però, non pensare che lo sciopero di
massa sia in grado di risolvere tutto: anche l'insurrezione popolare fatta
nelle strade delle città e nelle campagne serve, con la violenza che la
accompagna, a favorire il buon esito della rivoluzione. Solo che la
insurrezione, al contrario che nella concezione neo-giacobina dove
assurge a momento centrale, è qui l'ultimo momento del processo, tra
l'altro brevissimo. Quando la rivoluzione è preparata da un lungo periodo
di lotte, da scioperi di massa e da azioni che nel complesso possono
segnare dei passi avanti ma anche degli arretramenti, solo allora il
momento insurrezionale, anche se ugualmente necessario, assumerà il
significato e la durata di un "momento".
"Obbedendo alla logica di sviluppo insita nel decorso stesso degli eventi,
questa volta lo sciopero di massa si trasforma in una sollevazione
aperta, in una lotta armata di barricate e di piazza, a Mosca. I giorni del
dicembre moscovita segnano l'acme della linea ascendente dell'azione
politica e del movimento degli scioperi di massa e conchiudono il primo
laborioso anno di rivoluzione. Nei fatti di Mosca si possono cogliere
inoltre, come in uno specimen a formato ridotto, lo sviluppo logico e
l'avvenire del movimento rivoluzionario complessivo: il suo inevitabile
concludersi con una rivolta generale dichiarata, che però, dal canto suo,
non può verificarsi se non attraverso l'addestramento di tutta una serie
di rivolte parziali preparatorie, che, proprio perche tali, sono
provvisoriamente portate a conchiudersi in esteriori 'sconfitte' parziali e
ad apparire, ciascuna considerata isolatamente, come ’premature'.” 48
A Rosa interessa mostrare come da questa continua lotta e solo da essa,
si possa sprigionare "coscienza di classe".
"Il risultato più prezioso, perché permanente, di questo brusco su
e giù di ondate, è il deposito intellettuale che esso lascia: la crescita
intellettiva, culturale, che il proletariato compie a sbalzi e che offre una
garanzia incontrovertibile del suo ulteriore inarrestabile progredire nelle
lotte sia economiche sia politiche." 49
E "in Russia l'assolutismo deve essere abbattuto dal proletariato.
Ma a tal fine il proletariato ha bisogno d'un alto grado di formazione
politica, di coscienza di classe e d'organizzazione. Tutte queste
condizioni esso potrà acquisirle non dagli opuscoli né dai volantini, ma
solo dalla scuola politica vissuta, dalla lotta e nella lotta, nel decorso
progressivo della rivoluzione." 50
Si può dire che la lotta diventa uno stimolo alla creatività della
classe operaia. Non solo essa si educa attraverso la lotta, ma crea
addirittura e, se ci sono rafforza, le sue organizzazioni.
"E infine, v'è ancora di più: gli scioperi apparentemente caotici e l'azione
rivoluzionaria 'disorganizzata' susseguenti allo sciopero generale di
46
Ibidem, pag. 62.
47
Ibidem, pag. 67.
48
Ibidem, pagg. 59/60
49
Ibidem, pag. 52.
50
Ibidem, pag. 47.
68
gennaio divengono l'avvio a un febbrile lavoro organizzativo. Madama la
Storia fa ridendo marameo a tanti di quei burocrati a schema fisso che
con la faccia feroce mostrano la guardia alle porte della beatitudine
sindacale tedesca. Le solide organizzazioni che in Germania sembra che
debbano esser circondate di trincee come una fortezza inespugnabile,
giacché sono considerate il presupposto imprescindibile d'un eventuale
tentativo d'un eventuale sciopero di massa, in Russia, è esattamente al
contrario, sono nate dallo sciopero di massa! E mentre le sentinelle dei
sindacati tedeschi temono più di ogni altra cosa che in un turbine
rivoluzionario quelle organizzazioni vadano in mille pezzi come una
preziosa porcellana, la rivoluzione russa ci offre un quadro
diametralmente antitetico: dal turbine e dalla tempesta, dal fuoco e
dall'incandescenza dello sciopero in massa, dalle battaglie di piazza,
sorgono freschi, giovani, possenti ed esuberanti, come Venere dalla
schiuma del mare [...] i sindacati." 51
E aggiunge più avanti: "Secondo una concezione rigida, meccanicoburocratica, la lotta non potrebbe essere valida se non come prodotto
dell'organizzazione giunta ad un certo livello di forza. Viceversa, è la
viva evoluzione dialettica che fa nascere l'organizzazione come un
prodotto della lotta." 52
Come si può notare, il richiamo alla Germania, dove si continua a
ripetere "non siamo ancora abbastanza forti per rischiare una prova di
forza così ardita qual è uno sciopero di massa" 53, dove ormai la
concezione "rigida, meccanico-burocratica" domina incontrastata, è
costante. Ma proprio in questa Germania l'azione tipica di lotta del
proletariato si divide in due, quella puramente "rivendicativa" del
sindacato e quella puramente "parlamentare" della socialdemocrazia.
"Sennonché quest'ultima (la lotta parlamentare), né più né meno della
lotta sindacale, di cui è l'integrazione parallela, è una lotta che si
conduce esclusivamente sul terreno dell'ordinamento sociale borghese.
Per sua natura è un lavoro di riforma politica, cosi come i sindacati sono
un lavoro di riforma economica. Rappresenta un lavoro politico
d'attualità, così come i sindacati ne rappresentano uno economico.
Come questi ultimi, essa non è nulla di più di una fase, d'uno stadio
evolutivo nell'insieme della lotta proletaria di classe, le cui mete finali
trascendono in eguale misura e la lotta parlamentare e quella sindacale.
La lotta parlamentare, infatti, sta alla politica socialdemocratica come
una parte sta al tutto, esattamente come il lavoro sindacale. In sé la
socialdemocrazia consiste appunto nel combinare quella parlamentare e
quella sindacale in un’unica lotta di classe volta alla soppressione
dell'ordinamento sociale borghese." 54
Ed e sempre la rivoluzione russa che ce lo insegna: "In una
parola: la lotta economica è quella che smista la politica da un punto
nodale all’altro; la lotta politica è una fertilizzazione periodica del terreno
in vista di quella economica. Causa ed effetto cambiano posto ogni
momento in questa materia e quindi, ben lungi dal separarsi nettamente
o addirittura d'escludersi a vicenda, come vuole il citato schema
pedantesco, il movimento economico e il politico non sono altro che due
51
Ibidem, pag. 53.
52
Ibidem, pag. 84.
53
Ibidem, pag. 83.
54
Ibidem, pagg. 103/104.
69
aspetti interconnessi della lotta proletaria di massa in Russia. E la loro
unità sta appunto nello sciopero di massa." 55
Se la socialdemocrazia, in quanto organizzazione, deve
perseguire questa unità, tra momento politico e momento economico
nella sua tattica, perché è proprio a ciò che tendono le lotte
rivoluzionarie di classe, lo deve anche fare perché "la socialdemocrazia
è, nel proletariato, l'avanguardia più ordinata, meglio dotata di
coscienza di classe. Non le è possibile né lecito attendere
fatalisticamente, a braccia conserte, che si produca una 'situazione
rivoluzionaria', attendere che uno spontaneo movimento popolare cada
dal cielo. Al contrario, essa deve, precorrere lo sviluppo degli eventi,
tentare di accelerarlo. Sarà in grado di farlo non lanciando la 'parola
d'ordine' di uno sciopero in massa di punto in bianco, senza curarsi della
tempestività, ma piuttosto chiarendo ai più larghi strati proletari
l'insorgere inevitabile di questo periodo rivoluzionario, i fattori sociali
interni che lo determinano e le conseguenze politiche che ne derivano."
56
Questa socialdemocrazia che non agisce dall'esterno, ma che è
"nel proletariato" e che si sviluppa con esso attraverso le dure lotte che
esso conduce, non può attendere il momento in cui si "è abbastanza
forti". Non si può quindi dire che "prima di intraprendere una qualsiasi
lotta diretta di classe, i lavoratori dovrebbero essere organizzati tutti,
nessuno escluso." 57 Perché "la situazione, le condizioni dello sviluppo
capitalistico e dello stato borghese comportano che, in un decorso
'normale’ delle cose, senza tempestose lotte di classe, determinati ceti e proprio il grosso del popolo, cioè i ceti più importanti del proletariato,
quelli infimi, quelli più oppressi dal capitale e dallo stato - sono appunto
quelli che è del tutto impensabile organizzare." 58 Qui Rosa è di una
modernità e attualità eccezionale: si rende conto che l'organizzazione
quando, come accade il più delle volte, è retta burocraticamente,
funziona da freno nei momenti di lotte operaie. Ma non solo: è
addirittura impensabile pensare di organizzare tutta la classe operaia in
una salda struttura e ’questo, oltre che per dei motivi di carattere
oggettivo, forse è dovuto all'impossibilita di imprigionare in schemi fissi
il continuo movimento che la lotta produce, ma su ciò ritorneremo
ancora.
"In Germania è dunque impossibile che gli scioperi di massa, le
lotte politiche di massa siano condotte dai soli organizzati e siano
studiate a tavolino dalla regolare "direzione" d'una centrale di partito. In
casi del genere, invece, né più né meno che in Russia, quel che importa
non sono tanto la 'disciplina', la 'formazione politica', né la più accurata
previsione di quelli che saranno i sussidi e i costi necessari, quanto
l'azione di classe realmente decisa, rivoluzionaria, che sia in grado di
conquistare e coinvolgere le più larghe cerchie delle masse proletaria
non organizzate, ma rivoluzionarie per sensibilità e condizione." 59
"Mentre in Germania, in Francia, in Italia, in Olanda i più accaniti
conflitti sindacali non provocano nessunissima azione generale della
classe operaia, nemmeno della sola sua parte organizzata, in Russia la
55
Ibidem, pag. 67.
56
Ibidem, pag. 89.
57
Ibidem, pag. 84.
58
Ibidem, pag. 84.
59
Ibidem, pagg. 86/87.
70
minima occasione scatena una vera e propria tempesta. Questo non vuol
dire altro se non che, per quanto paradossale possa apparire,
attualmente l’istinto di classe del proletariato russo, giovane, ineducato,
poco illuminato e ancora debolmente organizzato, è infinitamente più
forte che nella classe operaia, bene organizzata, educata e illuminata,
della Germania o di un altro paese dell'Europa occidentale [...]
Nell'evoluto operaio tedesco quella inculcata dalla socialdemocrazia è
una coscienza di classe teorica, latente: nel periodo in cui predomina il
parlamentarismo borghese è di solito incapace d'esplicarsi una diretta
azione di massa; abbiamo, qui, la somma ideale delle trecento azioni
parallele delle circoscrizioni elettorali durante la campagna elettorale, di
molte lotte economiche parziali e simili. Nella rivoluzione, in cui è la
massa medesima ad apparire sulla scena politica, la coscienza di classe
diviene pratica, attiva. E' per questo che al proletariato russo un anno di
rivoluzione può dare quella 'educazione' che al tedesco non sono riusciti
a dare artificialmente trent'anni di lotte parlamentari e sindacali." 60
"Qualora in Germania si addivenga a scioperi di massa, quasi
sicuramente non saranno i meglio organizzati - certo non i tipografi bensì i peggio o addirittura i non organizzati, i minatori, i tessili, forse
addirittura gli operai agricoli, a dispiegare la maggior capacità d'azione."
61
Riprenderemo più avanti, in un capitolo conclusivo, la discussione
sulla modernità di Rosa Luxemburg. Per ora basta ricordare, per
concludere l'analisi di Sciopero di massa, partito, sindacati, che
l'esempio russo era per Rosa, proponibile e ricco di insegnamenti per la
Germania e non solo per essa, ma per tutto il proletariato, perché sono
sempre i livelli più alti di lotta raggiunti dal proletariato su scala
internazionale che insegnano e a cui bisogna guardare.
"La rivoluzione odierna, dunque, pur nella particolare situazione
dell'assolutismo russo, realizza i risultati universali dello sviluppo
capitalistico internazionale, e più che un ultimo epigono delle vecchie
rivoluzioni borghesi, appare come un precursore della nuova serie delle
rivoluzioni proletarie dell'Occidente [...] Ben più essenziale è che i
lavoratori tedeschi imparino a considerare la rivoluzione russa come loro
propria questione, non nel semplice senso della solidarietà
internazionale di classe, ma anche e soprattutto come un capitolo della
propria storia sociale e politica [...] Il grado di maturità della situazione
di classe e del potere del proletariato, in Germania, lo si desume non
dalle statistiche sindacali o elettorali tedesche, bensì dagli eventi della
rivoluzione russa." 62
Ed e appunto in questo contesto che appare l'unico significato
positivo di quel che deve essere il ruolo di guida politica che la
socialdemocrazia deve assumere: "L'iniziativa e la direzione consistono
non già nel dare ordini a piacimento, bensì nell'adeguarsi il più
intelligentemente possibile alla situazione, con la sensibilità più viva
possibile per lo stato d'animo delle masse." 63 Dove, comunque,
"adeguarsi alla situazione", non significa affatto dimenticare il fine. Anzi
la socialdemocrazia deve sempre collegare fini e mezzi in un incessante
lavorio dialettico.
60
Ibidem, pagg. 87/88.
61
Ibidem, pag. 89.
62
Ibidem, pag. 95.
63
Ibidem, pag. 7I.
71
"Invece di rompersi il capo con gli aspetti tecnici, con il
meccanismo degli scioperi di massa, la socialdemocrazia è chiamata ad
assumere anche la direzione politica, nel bel mezzo di un periodo di
rivoluzione. Lanciare la parola d'ordine, dare un indirizzo alla lotta,
impostare la tattica della battaglia politica in modo tale che in ciascuna
fase si realizzi nella sua intera portata il potenziale, disponibile e già
mobilitato e attivo, del proletariato, e che ciò trovi espressione nelle
posizioni di combattimento assunte dal partito, in modo tale che, quanto
a fermezza e precisione, la tattica della socialdemocrazia non sia mai
inferiore al livello dei reali rapporti di forza, ma piuttosto lo sopravanzi:
questi sono i compiti più rilevanti della 'direzione' nel periodo degli
scioperi di massa. E questa direzione si trasformerà, in certo qual modo
automaticamente, in direzione tecnica." 64
Rosa Luxemburg proponeva praticamente, una soluzione che
potesse servire a combattere la staticità in cui era piombata l'SPD. Il
problema era rilevante: non si trattava di mantenere la "purezza" della
teoria con continue e sottili disquisizioni, come facevano sia Lenin che
Kautsky: si trattava invece di rompere quell’auto isolamento che aveva
spinto il partito a considerarsi come uno stato nello stato, smascherando
la falsa sicurezza che la sua potenza, puramente formale, offriva. Tutto
ciò si poteva ottenere entrando in contatto con la società e questo era
stato proprio lo scopo anche dei revisionisti.
Ma se questo desiderio, dettato come dicevo, dall'esigenza di
uscire dagli "affari interni" in cui il partito si era chiuso, nei riformisti era
formalmente giusto, doveva esserlo anche nei contenuti. Non si trattava
cioè, di concordare sempre nuovi compromessi, bisognava invece farsi
interpreti del continuo disagio economico e spirituale della classe povera
affinché la lotta di classe potesse poi giungere a compimento in una
rivoluzione per la presa del potere.
Affinché ciò fosse possibile occorreva, innanzi tutto, "distruggere i centri
istituzionali
dell'autolimitazione
all’attività
interna.
Tutte
le
considerazioni tattiche della sua lotta - prima contro la direzione
sindacale, poi contro la frazione del Reichstag e infine contro lo stesso
esecutivo del partito - erano fondate sulla necessità di spezzare l'intera
struttura di questa autolimitazione agli affari interni." 65
Se gli intenti di Rosa Luxemburg erano questi, è evidente che
doveva rispettare due esigenze tra loro collegate: da una parte doveva
rifarsi alle masse rivoluzionarie in contrapposizione a qualsiasi dirigenza
e dall'altra, criticare ogni sistema, proprio in quanto sistema, perché
sotto queste spoglie si nasconde sempre qualcosa di statico. "Ai suoi
occhi l'azione di massa era una forza creativa, essa non avrebbe
soltanto risolto i problemi immediati che l'avevano provocata, ma anche
i compiti posti dall'ulteriore processo rivoluzionario. Ciò conseguiva
logicamente dalla convinzione che l'azione di massa si creava le proprie
organizzazioni e accresceva la coscienza di classe." 66 "Rosa non
formalizzo mai il concetto di masse in una astrazione nella misura in cui
lo fecero i bolscevichi, nei suoi scritti non si trova neppure la traccia
dell'idea che la direzione del partito potesse agire in rappresentanza
delle masse. Il ruolo delle masse non poteva essere assunto da nessun
altro." 67
64
Ibidem, pag. 73.
65
P. Nettl, Rosa Luxemburg, 0p.cit., vol. II, pag. 96.
66
Ibidem, pag. 101.
67
Ibidem, pagg. 97/98.
72
E infine, per quanto riguarda l'antisistemicità del suo pensiero: "Il
sistema di Rosa Luxemburg consisteva nel rifiuto deciso di costruire un
sistema [...] Non rispose con un sistema alternativo, ma con un antisistema; la sua risposta era il movimento. In misura crescente tutti i
sistemi le apparivano statici, privi di dinamica; la stessa esistenza di un
sistema riconosciuto di società, a suo avviso, era un errore." 68
Quest'ultima caratteristica del pensiero di Rosa, è la premessa
per sfuggire alla staticità che in qualsiasi sistema, il rapporto
dirigenti/diretti, mostra di avere.
Il movimento, che è innanzi tutto lotta contro il capitale, è la
caratteristica essenziale di quel proletariato, che volendo percorrere una
"terza via", costruisce in primo luogo, le basi per una soluzione dialettica
e definitiva dell'opposizione dirigenti/diretti.
68
Ibidem, pag. 102.
73
b) Lo scoppio della
socialdemocrazia.
guerra
mondiale
e
La
crisi
della
Prima di entrare in carcere, Rosa fece di tutto per combattere il
mostruoso imperialismo tedesco che ormai minacciava apertamente una
guerra feroce. Attorno alle sue posizioni si schierò presto, come abbiamo
visto, un primo nucleo di persone che costituirono poi lo Spartakusbund.
La guerra, su cui molto deve aver pensato in quei mesi, le appariva
sempre più una atrocità. Era incapace di dire, come aveva fatto Lenin al
principio del 1913: "Una guerra tra l'Austria e la Russia favorirebbe
molto una rivoluzione, ma non è probabile che Franz Joseph e Nikolscha
ci facciano questo favore." 69, perché era incapace di ragionare
cinicamente sopra la testa dei milioni di proletari che ne sarebbero stati
poi le vittime, e anche perche, al contrario di Lenin, la sua militanza in
un paese come la Germania, dove le organizzazioni proletarie contavano
milioni di aderenti, glielo impediva.
Comunque, al di là di tutto ciò, arrivò il fatidico 4 agosto 1914,
data fatale non solo per l'SPD, ma per tutta l'Internazionale Socialista, in
quanto la frazione socialdemocratica in parlamento votò compatta in
favore dei crediti di guerra. Era l'inizio di quel periodo in cui i socialisti
dei vari paesi, messo da parte improvvisamente l'intero bagaglio sia
culturale sia di lotta, iniziarono a preoccuparsi unicamente di aiutare il
proprio governo contro i nemici della patria.
"Rosa invio più di trecento telegrammi a funzionari locali
considerati membri dell'opposizione, pregandoli di prendere posizione
[...] Il risultato fu catastrofico. Clara Zetkin fu l'unica che comunicò la
sua approvazione incondizionata." 70
Non c'era più niente da fare: ormai si era in guerra. Karl
Liebknecht decise di sfruttare la sua posizione di deputato al Reichstag e
al Landtag prussiano e, mentre nella prima votazione per i crediti di
guerra aveva votato a favore per fedeltà al partito, nella seconda il 2
dicembre 1914, fu l’unico a votare contro. Grazie a questa sua posizione
divenne il centro visibile dell’opposizione. La motivazione del suo voto
contrario non fu inclusa agli atti dal presidente del parlamento: fu
diffusa cosi come volantino illegale e questo fu il primo precursore degli
Spartakusbriefe.
Rosa Luxemburg continuava a condurre la sua instancabile
attività, ma in dicembre era talmente esaurita che dovette farsi
ricoverare in ospedale. Nonostante ciò, riuscì, con Mehring, Marchlewski
e per ciò che riguardava gli aspetti tecnici, con Jogiches, a pubblicare la
rivista Die Internationale, il cui primo fascicolo apparve nell'aprile del
1915.
Nel frattempo, il 18 febbraio 1915, fu incarcerata.
Mentre Karl Liebknecht lanciava i suoi discorsi "attraverso le
finestre", in carcere Rosa preparò uno studio sulla guerra dal titolo La
crisi della socialdemocrazia che apparve sotto lo pseudonimo di
Junius e perciò divenne noto come Junius-Broschure, e che fu portato a
termine verso la fine di aprile del 1915.
Questo scritto "è un singolare miscuglio di erudizione e di passione [...]
contiene anche le sue prese di posizione più chiare sulla morale
proletaria. Per lei il marxismo non era un termitaio costruito pezzetto
per pezzetto, essa non affrontava mai coscientemente – come
Plechanov, Kautsky e anche Lenin - oggi l'uno, domani l'altro problema.
Il luxemburghismo - ammesso che esista - non consiste nella tale o nella
69
Ibidem, pag. I75.
70
Ibidem, pag. I80.
74
talaltra deviazione dal bolscevismo o da una qualsiasi altra dottrina
neomarxista, ma nella totalità del modo di considerare le cose. Una
componente importante di questa totalità è la morale ma una morale
inconscia, non una predica sulla morale." 71
Si tratta della stessa morale che, lo abbiamo visto più volte, la distinse
da Lenin e non solo da lui. Anche il piano di Parvus per risolvere il
problema russo con una rivoluzione che sarebbe seguita alla disfatta
militare, scritto letto da Rosa in carcere, fu criticato con un articolo
specifico in cui, oltre a mettere in rilievo il fatto che il processo dialettico
che muove la storia non rivela nulla di casuale, sottolineava che, per
motivi etici, non si poteva considerare una guerra tanto crudele come
levatrice di una rivoluzione.
La guerra e sempre "barbarie" e il dato più importante che allora
ne conseguiva e che occorreva analizzare con una feroce autocritica, era
la disfatta della socialdemocrazia a cui essa aveva condotto.
"Svergognata, disonorata, sguazzante nel sangue, grondante di
sudiciume, così ci sta dinanzi la società borghese, così è veramente.
Non quando, lisciata e bene educata, ostenta civiltà, filosofia ed etica,
ordine, pace e Stato di diritto, ma ora - come belva distruttrice, come
sabba delle streghe dell’anarchia, come miasma pestifero per la civiltà e
per l'umanità si presenta nel suo vero, nudo aspetto. E in mezzo a
questo sabba delle streghe si svolse una catastrofe della storia
mondiale: la capitolazione della socialdemocrazia internazionale.
Illudersi su questo punto ed occultarlo sarebbe la cosa più folle e più
72
"Ma la
nefasta che potrebbe capitare al proletariato."
socialdemocrazia tedesca non era soltanto la più potente truppa
d'avanguardia, era il cervello pensante dell’Internazionale. Per ciò
bisogna applicare a lei ed alla sua caduta un procedimento di analisi, di
esame di coscienza. Essa ha l'onorifico dovere di procedere alla salvezza
del socialismo internazionale con una spietata autocritica [...]
L'autocritica spietata non è soltanto il diritto vitale, ma anche il più alto
dovere della classe lavoratrice." 73
Oltre che un urlo di rabbia contro le nefandezze di una atroce
guerra che “non è soltanto un gigantesco assassinio, ma anche il suicidio
della classe operaia europea" 74, oltre l’analisi della disfatta della
socialdemocrazia che non solo demoralizza le masse in quanto
rinnegando "la lotta delle classi per la durata della guerra", "rinnegò la
75
,
ma
anche
si
preclude
base
della
propria
esistenza"
"contemporaneamente una reale influenza sulla durata della guerra e sul
nodo della conclusione della pace" 76, la Crisi della socialdemocrazia
ci dà una definizione esemplare del ruolo delle masse nella storia,
chiarendo così il rapporto dialettico fra oggetto e soggetto.
"E poi venne l'inaudito, il fatto senza esempi, il 4 agosto 1914.
Doveva accadere tutto ciò? Un avvenimento di tale portata non è
certamente uno scherzo del caso. Esso deve provenire da cause
71
Ibidem, pagg. I97/I98.
72
Rosa Luxemburg, La crisi della socialdemocrazia, in Rosa Luxemburg, Scritti Politici, a
cura di Lelio Basso, Roma - Editori Riuniti - I967, pagg. 438/439.
73
Ibidem, pag. 44I.
74
Ibidem, pag. 545.
75
Ibidem, pag. 508.
76
Ibidem, pag. 5II.
75
obiettive che hanno radici profonde e lontane. Ma queste cause possono
consistere anche negli errori della guida del proletariato, la
socialdemocrazia, nel venire meno della nostra volontà di combattere,
del nostro coraggio, della fedeltà ai nostri convincimenti. Il socialismo
scientifico ci ha insegnato a comprendere le leggi oggettive
dell'evoluzione storica. Gli uomini non fanno arbitrariamente la loro
storia, ma essi la fanno da sé.
Il proletariato dipende nella sua azione dal grado di maturità raggiunto
dallo sviluppo sociale, ma lo sviluppo sociale non può prescindere dal
proletariato: esso è a un tempo la sua molla di propulsione e la sua
causa, come pure il suo prodotto e la sua conseguenza. La sua azione
stessa è un momento determinante della storia. E se noi non possiamo
saltare sopra allo sviluppo storico, come l'uomo alla sua ombra,
possiamo però affrettarlo o rallentarlo. Il socialismo è il primo
movimento popolare nella storia del mondo che si ponga come scopo e
sia chiamato dalla storia a portare nell'agire sociale degli uomini un
senso cosciente, un pensiero pianificato, e con ciò il libero volere.
Perciò Federico Engels chiama la vittoria finale del proletariato socialista
un salto dell'umanità dal regno animale al regno della libertà. Anche
questo "salto" è legato alle ferree leggi della storia, ai mille gradini di
una evoluzione precedente, dolorosa e fin troppo lenta. Ma esso non può
essere in alcun modo compiuto se da tutto il materiale di presupposti
obiettivi accumulato dall'evoluzione non scocca la scintilla animatrice
della volontà cosciente della grande massa popolare.
La vittoria del socialismo non cadrà dal cielo come un fato. Essa può
essere conquistata soltanto con una lunga serie di poderose prove di
forza tra le antiche e le nuove potenze, prove di forza nelle quali il
proletariato internazionale, sotto la guida della socialdemocrazia, impara
e tenta di prendere nelle proprie mani i suoi destini, di impadronirsi del
timone della vita sociale, di trasformarsi da una palla da gioco senza
volontà della propria storia in un reggitore della stessa, dotato di una
chiara visione dei propri scopi." 77
Finalmente il 22 gennaio 1916 Rosa Luxemburg viene rilasciata
dal carcere. Il primo gennaio dello stesso anno, si era già tenuta una
riunione nello studio berlinese di Karl Liebknecht, fra i maggiori
esponenti della sinistra tedesca: ne era nato lo Spartakusgruppe e, cosa
importantissima per valutare il ruolo di Rosa in questi suoi ultimi anni di
vita, si decise di adottare come testo base proprio l'elaborazione fatta da
Rosa in occasione della conferenza di Zimmerwald.
Il problema più importante ed urgente che il nuovo gruppo
doveva affrontare era costituito dalla presenza sia dell'SPD, sia
dell'opposizione centrista, che ormai erano diventati un ostacolo
dichiarato allo sviluppo della lotta di classe.
Se la socialdemocrazia era un fattore determinante nello sviluppo
storico, come Rosa aveva detto nella Crisi della socialdemocrazia, lo era
in qualsiasi modo essa agiva. Bisognava evitare che quest'azione fosse
diretta verso uno sviluppo storico contrastante gli interessi proletari. La
situazione ricorda molto quello che oggi accade nei paesi sviluppati
dell'occidente capitalistico, dove grossi partiti di massa autodefinitesi
proletari, influiscono sì sul processo storico, ma non certamente nella
direzione migliore ai fini della rivoluzione socialista. In altre parole, la
presenza di partiti riformisti con grande seguito di massa, costituisce
oggi, un problema rilevante per un marxista e l'attualità di Rosa
Luxemburg è dovuta proprio al fatto che ella militava in una realtà
oggettiva molto simile alla nostra, o almeno, più simile alla nostra di
quanto potesse essere quella russa.
77
Ibidem, pagg. 446/447.
76
Dovendo tener presente, nella sua prassi di rivoluzionaria,
l'influsso esercitato sulle masse e attraverso queste sulla storia, di
grandi partiti riformisti, la sua soluzione non poteva che discostarsi
nettamente da quella elaborata dai bolscevichi. Essa non poteva essere
cercata solo a livello organizzativo, non si trattava cioè di effettuare una
scissione e quindi creare una nuova organizzazione alla maniera di
Lenin, e questo sia nei confronti della socialdemocrazia tedesca, sia nei
confronti dell'Internazionale.
"Essi (i radicali tedeschi) non aderirono mai alla sinistra di
Zimmerwald, e l'idea di una nuova Internazionale scissionista, per
quanto potesse essere pura, fu da loro sempre avversata.". 78 E anche
quando, a rivoluzione russa fatta, Lenin stava preparando in tutta fretta
la riunione costitutiva della Terza Internazionale "i delegati tedeschi
ufficiali alla conferenza che si sarebbe presto riunita, ricevettero la
direttiva di votare contro la creazione di una nuova Internazionale.
Rosa considerava prematuro un simile passo; ella temeva che la nuova
organizzazione sarebbe finita sotto il controllo totale dei russi - il che si
avverò puntualmente. 79
Il desiderio di Rosa di non creare una nuova struttura
organizzativa internazionale era lo stesso che le impediva di accettare
l'idea di un nuovo partito socialista in Germania. Solo che in quest’ultimo
caso le cose erano molto più chiare in quanto si ricollegavano a tutto il
suo precedente pensiero, dalla rivoluzione russa del 1905 in poi. E
comunque non era l'unica in Germania a pensarla così. Karl Liebknecht
scrisse: "I ceppi di questa burocrazia di partito vanno fatti saltare. La
parola d'ordine non è scissione o unità, non è nuovo partito o vecchio
partito, bensì riconquista del partito dal basso attraverso la ribellione
delle masse [...] non con le parole, ma con la ribellione nei fatti.". 80 In
altre parole la lotta andava spostata dalla struttura burocratica formale
del partito, all'esterno, tra le masse, e Rosa Luxemburg per facilitare
questa "ribellione" giunse perfino a proporre di non pagare più le quote
di iscrizione al partito.
Rosa Luxemburg aveva, fin dal 1908, sconsigliato la sua amica
Henriette Roland-Holst di intraprendere azioni in direzione di una
scissione: "Non dobbiamo collocarci all'esterno dell'organizzazione,
senza contatto con le masse. Il peggior partito operaio è meglio che
nessun partito." 81
E anche quando nell'aprile del 1917, si costituì il Partito
Socialdemocratico Indipendente di Germania (USPD), Spartakus assunse
le medesime posizioni che aveva tenuto nei confronti dell'SPD: nessuna
separazione organizzativa dal partito esistente.
Gli unici che criticarono queste prese di posizione furono i radicali
di sinistra di Brema, di cui faceva parte anche Radek, i quali, invece,
richiedevano una rottura totale con i partiti esistenti, in perfetto
accordo, del resto, con la linea d'azione impostata da Lenin.
Il 10 luglio 1916 Rosa venne improvvisamente incarcerata e Karl
Liebknecht la seguì il 6 dicembre dello stesso anno. D'ora in poi dovette
seguire tutti gli avvenimenti, compresa la rivoluzione russa, attraverso
la stampa che si riusciva a farle avere.
78
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., tol. II, pag. I96.
79
Ibidem, pag. 352.
80
Ibidem, pag. 210.
81
Ibidem, pag. 23I.
77
La sua presa di posizione iniziale, nei confronti della rivoluzione
russa, fu molto cauta. Nello Spartakusbrief dell'aprile del 1917, si
limitava ad un richiamo degli avvenimenti del 1905/06, oltre che a
smascherare il mito della "Russia autocratica“ da sconfiggere.
“Ora le truppe tedesche che si battono sul fronte orientale non
lottano più contro lo "zarismo", ma contro la rivoluzione." 82
Nel frattempo cercava di documentarsi il più possibile e
finalmente nel maggio del 1917 lo Spartakusbrief conteneva due suoi
lunghi articoli molto più incisivi e attuali del primo.
Prima di tutto occorreva occuparsi del problema "pace": certo la
pace era necessaria, ma non poteva trattarsi di una pace che facesse
della Germania imperiale il vincitore. La Germania continuava ad essere
l'unica possibilità di sbocco positivo per la rivoluzione russa e Rosa lo
ribadì chiaramente: "[...] il pericolo del militarismo tedesco per
l'Inghilterra o la Francia imperialiste è naturalmente un'assurdità,
mitologia bellica, grida determinate dalla concorrenza. Il pericolo del
militarismo tedesco per la Russia repubblicano - rivoluzionaria è invece
un dato di fatto molto reale [...] Contro queste preoccupazioni naturali
circa il futuro della rivoluzione russa esiste un'unica garanzia seria: il
risveglio del proletariato tedesco." 83
"[...] nella sua prigione tedesca Rosa Luxemburg aveva affermato la
concreta dipendenza della rivoluzione russa dagli sviluppi rivoluzionari
degli altri paesi. Alla lunga, la rivoluzione russa avrebbe potuto
affermarsi soltanto se riusciva a suscitare esplosioni rivoluzionarie in
altri paesi, soprattutto in Germania [...] Il compito suo e dei suoi amici
ora consisteva nel provocare un'esplosione rivoluzionaria in Germania
[...] D'ora innanzi tutti gli sforzi di Spartakus furono indirizzati alla
realizzazione di questo fine." 84
82
Ibidem, pag. 250.
83
Ibidem, pagg. 252/253.
84
Ibidem, pag. 253.
78
c) "La rivoluzione russa"
Nel settembre 1918 l'abbozzo sulla rivoluzione russa era
terminato. Le critiche di Rosa Luxemburg si possono brevemente
riassumere cosi:
1.- Politica agraria. A proposito del problema "contadini", i
polacchi e naturalmente Rosa Luxemburg, avevano le idee
sufficientemente chiare. Fin dal sesto congresso dell'SDKPiL (Praga dicembre 1908), Jogiches lanciò la parola d'ordine "dittatura del
proletariato appoggiata dai contadini" che si differenziava nettamente da
quella formulata da Lenin che era "dittatura democratico - rivoluzionaria
del proletariato e dei contadini".
Jogiches motivò la sua scelta così: "Quando il proletariato si
accingerà a mettere alla prova e a sfruttare le conquiste rivoluzionarie, il
suo alleato - i contadini - gli si opporrà certamente. La struttura politica
dei contadini rende loro impossibile lo svolgimento di un ruolo attivo e
autonomo e impedisce loro di crearsi una propria rappresentanza di
classe […] I contadini sono borghesi per loro natura e rivelano
chiaramente la loro essenza reazionaria in certi ambiti. [...] Per questo
la proposta fatta al congresso parla soltanto di dittatura del proletariato
appoggiata dai contadini [...] I contadini devono aiutare il proletariato;
non è il proletariato che deve aiutare i contadini a soddisfare i loro
desideri." 85
Ora, di fronte a ciò che i bolscevichi stavano facendo, Rosa in
tutta coerenza, non poteva che dire: "La parola d'ordine data dai
bolscevichi della presa di possesso immediata e della divisione della
terra da parte dei contadini, doveva operare addirittura in senso
contrario. Non solo non è un provvedimento socialista, ma taglia la
strada che vi conduce, ed accumula difficoltà insormontabili sulla via
della trasformazione dei rapporti agrari in senso socialista." 86 Perche "la
riforma agraria di Lenin ha creato nella campagna un nuovo e potente
strato popolare di nemici del socialismo, la cui resistenza sarà molto più
pericolosa e tenace di quella dei grandi proprietari aristocratici." 87
2.- Autodeterminazione delle nazioni. "Mentre di fronte
all'Assemblea costituente, al suffragio universale, alla libertà di stampa e
al diritto di riunione, in breve a tutto ciò che costituisce l'apparato delle
libertà democratiche fondamentali delle masse popolari e il cui assieme
formava il 'diritto di autodecisione' nella stessa Russia, essi (Lenin e
compagni) dimostravano il più freddo disdegno, trattavano il ‘diritto di
autodecisione' delle nazioni come un gioiello della politica democratica,
per amore del quale dovevano tacere tutti i punti di vista pratici della
critica concreta." 88
"La contraddizione che ne nasce è tanto più incomprensibile se si
considera che nel caso delle forme democratiche della vita politica in
ciascun paese, come vedremo più avanti, si tratta in realtà dei
fondamenti di estrema importanza, anzi addirittura indispensabili della
politica socialistica, mentre il famoso 'diritto di autodecisione delle
nazioni' non è altro che una vuota fraseologia ed una mistificazione
85
Ibidem, pag. 130.
86
Rosa Luxemburg, La rivoluzione russa, in Rosa Luxemburg, Scritti Politici, a cura di
Lelio Basso, Roma - Editori Riuniti - I967, pag. 574.
87
Ibidem, pag. 576.
88
Ibidem, pag. 576.
79
89
piccolo-borghese.".
Questa
contraddizione
è
il
risultato
dell’opportunismo di Lenin: "[...] ciò deriva a mio parere, da una specie
di politica opportunistica. Lenin e compagni ritenevano evidentemente
che non vi fosse nessun mezzo più sicuro per legare le numerose
nazionalità allogene nel seno dell'impero russo alla causa della
rivoluzione, alla causa del proletariato socialista, se non assicurare loro,
a nome della rivoluzione e del socialismo, la massima illimitata libertà di
disporre della propria sorte. Era una politica analoga a quella dei
bolscevichi nei riguardi dei contadini russi di cui pretendevano di
soddisfare il desiderio di terre con la parola d'ordine della diretta presa
di possesso della proprietà terriera nobiliare e che volevano per tal via
legare alla bandiera della rivoluzione e del governo proletario. Purtroppo
in entrambi i casi il calcolo si rivelò completamente sbagliato. Mentre
Lenin e compagni si aspettavano evidentemente, in quanto paladini della
indipendenza nazionale 'fino alla separazione statale', di poter fare della
Finlandia, dell'Ucraina, della Polonia, della Lituania e dei paesi baltici e
caucasici ecc., altrettanti fedeli alleati della rivoluzione russa, noi
abbiamo invece assistito allo spettacolo contrario: una dopo l'altra
queste 'nazioni' hanno approfittato della libertà da poco regalata per
allearsi [...] all'imperialismo tedesco [...]" 90 "A spese proprie e della
rivoluzione i bolscevichi dovettero imparare che sotto il dominio del
capitalismo non vi è autodecisione della nazione, che in una società
divisa in classi ogni classe della nazione tende a 'autodecidere' in
maniera differente, e che per le classi borghesi i punti di vista della
libertà nazionale rimangono del tutto in secondo ordine rispetto al
dominio di classe. La borghesia finlandese, come la piccola borghesia
ucraina, erano in perfetto accordo nel preferire il dominio tedesco della
forza alla libertà nazionale, se questa doveva essere legata ai pericoli del
'bolscevismo'." 91
Secondo Rosa, l'errore più grosso commesso dai russi,
consistette nell'aver spacciato "come chiave della politica socialista
rivoluzionaria" una parola d'ordine che in parecchi casi fu "un semplice
capriccio, una vanità di un paio di dozzine di intellettuali piccoloborghesi", col risultato di apportare "la massima confusione nelle file del
socialismo".
Le conseguenze di ciò non poterono che essere "il terrore e il
soffocamento della democrazia". E infatti sappiamo tutti benissimo come
Stalin risolse sia il problema dei contadini piccoli proprietari terrieri, sia il
problema dell' "autodeterminazione delle nazioni".
3.- Democrazia. "Secondo la teoria di Trotskij, ogni assemblea
eletta rispecchia una volta per sempre solo lo stato d’animo, la maturità
politica e gli umori del suo corpo elettorale quale era precisamente nel
momento in cui ha votato [...] Ogni vivente legame spirituale fra gli
eletti e gli elettori, ogni permanente influenza reciproca viene in questo
modo negata. Come tutto ciò contraddice a tutta l'esperienza storica!
Questa ci dimostra al contrario che il fluido vivente dell'opinione
popolare avvolge costantemente i corpi rappresentativi, li penetra, li
dirige. Come potrebbe essere possibile altrimenti che in tutti i
parlamenti borghesi noi assistiamo da un momento all'altro alle più
deliziose capriole dei 'rappresentanti del popolo' che, improvvisamente
animati da un nuovo 'spirito’, fanno sentire accenti del tutto inattesi; che
da un momento all'altro le mummie più rinsecchite assumono un'aria
89
Ibidem, pag. 577.
90
Ibidem, pagg. 577/578.
91
Ibidem, pag. 578.
80
giovanile e che i diversi piccoli Scheidemann talvolta trovano di colpo nel
loro petto accenti rivoluzionari non appena si rumoreggia nelle
fabbriche, nelle officine, nelle strade?" 92
"Più democratica è l'istituzione, più vivo, più forte il pulsare della
vita politica delle masse, più immediata e precisa la sua efficacia,
nonostante le schematiche etichette di partito, le antiquate liste
elettorali, ecc. Sicuramente ogni istituzione democratica ha i suoi limiti e
i suoi difetti, come tutte le istituzioni umane. Ma il rimedio trovato da
Lenin e Trotski, la soppressione cioè della democrazia in generale, è
ancora peggiore del male che si deve curare: esso ostruisce infatti
proprio la fonte viva dalla quale soltanto possono venire le correzioni ad
ogni insufficienza congenita delle istituzioni sociali: la vita politica attiva,
libera ed energica delle più vaste masse popolari." 93 "[...] è un fatto
ben noto e incontestabile che senza una libertà illimitata di stampa,
senza un libero esercizio dei diritti di associazione e di riunione, e del
tutto impossibile concepire il dominio delle grandi masse popolari." 94
"La libertà riservata ai partigiani del governo, ai soli membri di un
unico partito - siano pure numerosi quanto si vuole - non e libertà. La
libertà è sempre soltanto libertà di chi pensa diversamente." 95
"La premessa tacitamente sottointesa delle teorie della dittatura
secondo Lenin e Trotskij, è che la trasformazione socialista sia cosa per
la quale il partito rivoluzionario ha in tasca la ricetta bell'e fatta, che si
deve soltanto applicare con energia [...] Lungi dall'essere una somma di
prescrizioni bell’e pronte che si dovrebbero solo applicare, la
realizzazione pratica del socialismo come sistema economico, sociale e
giuridico è completamente avvolta nella nebbia dell'avvenire [...] Il
sistema sociale del socialismo deve e può essere solo un prodotto
storico, nato dalla scuola stessa dell’esperienza, al momento della
realizzazione, nel divenire della storia viva [...] L'unica via che conduce
alla rinascita è la scuola stessa della vita pubblica, la più larga e
illimitata democrazia, l’opinione pubblica. Proprio il regno del terrore
demoralizza." 96
"Senza elezioni generali, senza libertà illimitata di stampa e di
riunione, senza libera lotta di opinioni, la vita muore in ogni istituzione
pubblica, diviene vita apparente ove la burocrazia rimane l'unico
elemento attivo." 97
Queste, grosso modo, sono le critiche di Rosa. ma soffermarsi
esclusivamente su di esse e specialmente su quelle riguardanti la
democrazia significa o, in buona fede, non comprendere il suo pensiero,
o, in cattiva fede, significa voler riproporre, come molti oggi tentano di
fare, la tattica e l'esperienza della Seconda Internazionale in netta
contrapposizione con tutto ciò che puzza di bolscevismo, senza
intendere che il pensiero di Rosa si discosta sia dalla prima tendenza che
dai secondi. Nulla può giustificare questo fraintendimento.
Il saggio di Rosa sulla rivoluzione russa è estremamente chiaro in
proposito.
92
Ibidem, pag. 584.
93
Ibidem, pag. 585.
94
Ibidem, pag. 588.
95
Ibidem, page 589.
96
Ibidem, pagg. 589/590.
97
Ibidem, pagg. 590/591.
81
"Sarebbe infatti assurdo pretendere che nel primo esperimento
della storia mondiale di dittatura della classe operaia condotto per giunta
nelle condizioni più difficili che si possono immaginare, nel mezzo della
conflagrazione mondiale e nel caos di un massacro imperialistico di
popoli, nella ferrea morsa della più reazionaria potenza militare
d'Europa, nella più completa carenza del proletariato internazionale, che
in un esperimento di dittatura del proletariato condotto in condizioni così
anormali, proprio tutto quello che fu fatto o tralasciato in Russia sia
stato il culmine della perfezione. Al contrario i concetti elementari della
politica socialista, l’intelligenza delle sue necessarie premesse storiche,
costringono a riconoscere che, in condizioni così sciagurata, anche il più
grande idealismo e l'energia rivoluzionaria più travolgente, non sono in
grado di realizzare né democrazia né socialismo, ma solo degli slanci
impotenti e confusi verso entrambi." 98
E nonostante questo, il partito di Lenin, "è stato il solo che abbia
capito la legge e il dovere di un partito veramente rivoluzionario." 99
Ma come è possibile che Lenin sia stato l'unico rivoluzionario
degno di essere chiamato tale, in Russia, e contemporaneamente abbia
fatto tanti errori? O meglio, quale soluzione Rosa prospettava per la
Russia?
Peter Nettl dice: "Il fatto più importante è però che Rosa non
contrappone alternative concrete agli errori commessi dai bolscevichi".
100
Ciò è completamente falso: Rosa Luxemburg ha costantemente detto
che l'unico sbocco positivo, in senso socialista, della rivoluzione russa, è
la rivoluzione in Germania. Ma Nettl non può accettare ciò. Per lui
l'“alternativa concreta" non può che essere un'alternativa particolare, da
ricercarsi cioè in un ambiente esclusivamente russo. Stranamente, su
questo stesso piano si colloca anche P. Frolich quando afferma: "In un
punto ci sembra che Rosa Luxemburg cada completamente in errore: nel
suo
attacco
appassionato
alla
parola
d'ordine
del
diritto
all'autodeterminazione dei popoli. Aveva già combattuto questa parola
d'ordine nel programma della socialdemocrazia russa con un argomento
incontrovertibile: questo diritto non può essere realizzato nel mondo
capitalistico, ma solamente sotto il socialismo. Ma ora esso veniva
proclamato in una rivoluzione che si poneva come obiettivo il socialismo.
E Lenin aveva ragione da un punto di vista pratico quando dichiarava
che un partito rivoluzionario appartenente ad una nazione che opprime
altri popoli deve propugnare questo principio se vuole realizzare l’unità
rivoluzionaria di tutti questi popoli.
E nel momento in cui la classe operaia russa aveva conquistato il potere
essa doveva proclamare questo principio all'interno del campo della
rivoluzione." 101
Il bisogno di "concretezza" di Nettl si identifica chiaramente nel
"punto di vista pratico" di cui Frolich parla. Ambedue dimenticano che
per Rosa la Russia era un campo d'azione limitato: la rivoluzione
proletaria non poteva in nessun modo esservi relegata. Ancora una volta
il senso reale dell'alternativa che Rosa incarna, sfugge ai suoi critici.
Eppure fin dal 1906 aveva affermato: "Ben più essenziale è che i
lavoratori tedeschi imparino a considerare la rivoluzione russa come loro
propria questione, non nel semplice senso della solidarietà
98
Ibidem, pag. 565.
99
Ibidem, pag. 571.
100
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., Vol. II, pag.269.
101
P. Frolich, Rosa Luxemburg, op.cit., pag. 299.
82
internazionale di classe, ma anche e soprattutto come un capitolo della
propria storia sociale e politica." 102
Ora, nel 1918, una volta capito che gli errori commessi dai
bolscevichi derivano dalla realtà russa arretrata e dall’impossibilità di
costruire il socialismo in un solo paese, è inutile e antirivoluzionario sia
insistere nell'accusarli, sia tentare di giustificarli nascondendo le
necessarie critiche.
L'unica posizione rivoluzionaria è quella di riconoscere le colpe
tedesche e quindi favorire la rivoluzione in Germania.
"I socialisti governativi tedeschi possono strillare che il dominio
bolscevico in Russia sarebbe una caricatura della dittatura del
proletariato. Se lo è stato, o lo è, lo è soltanto perché è stato un
prodotto della condotta del proletariato tedesco, che era una caricatura
della lotta di classe socialista. [...] In Russia il problema poteva essere
soltanto posto. Non poteva essere risolto in Russia. Ed è in questo senso
che l’avvenire appartiene dappertutto al 'bolscevismo'." 103
Una volta capito questo diventa chiaro che una critica ai russi,
servendo ai tedeschi affinché finalmente si risveglino dal loro fatale
sogno, serve in generale al proletariato internazionale.
"Il risveglio della forza rivoluzionaria della classe operaia in
Germania non può mai avvenire nello spirito dei metodi paternalistici
della socialdemocrazia di felice memoria, per opera di una qualche
infallibile autorità, sia essa quella delle proprie 'istanze' o quella
dell''esempio russo'. Non con il suscitare i clamori rivoluzionari, ma al
contrario soltanto con la coscienza di tutta la terribile gravità e
complessità dei propri compiti, si può far nascere la capacita d'azione
storica del proletariato tedesco, dalla maturità politica e dall'autonomia
spirituale, dalla capacità critica delle masse, che la socialdemocrazia
tedesca ha per decenni sistematicamente soffocato sotto i più vari
pretesti. Affrontare criticamente l'esame della rivoluzione russa in tutti i
suoi nessi storici è il migliore insegnamento per gli operai sia tedeschi
che internazionali, in vista dei compiti che la presente situazione
prepara." 104
Oggi gli opportunisti e i falsificatori del pensiero di Rosa
Luxemburg tentano la sua "riscoperta" proponendola come la paladina
della democrazia parlamentare: valga per tutti quello che Rosa stessa
dice: "[...] i bolscevichi hanno risolto la famosa questione della
'maggioranza del popolo', che già da tempo è un incubo per i
socialdemocratici
tedeschi.
Discepoli
incarnati
del
cretinismo
parlamentare essi trasferiscono semplicemente nella rivoluzione russa il
casalingo buon senso dell'infantilismo parlamentare: per riuscire a fare
qualche cosa si deve prima avere la 'maggioranza'. Dunque, anche nella
rivoluzione, diventiamo prima una 'maggioranza'. La dialettica reale
delle rivoluzioni ricolloca tuttavia sulla testa questa saggezza
parlamentare da talpe; la strada non va alla tattica rivoluzionaria
attraverso la maggioranza, ma alla maggioranza attraverso la tattica
rivoluzionaria." 105
Se va ribadito che per Rosa "tutto ciò che accade in Russia è
spiegabile, è una catena inevitabile di cause ed effetti i cui punti di
102
Rosa Luxemburg, Sciopero di massa, partito, sindacati, op.cit., pag. 95.
103
Rosa Luxemburg, La rivoluzione russa, in Rosa Luxemburg, Scritti Politici, a cura di
Lelio Basso, op.cit., pag. 585.
104
Ibidem, pag. 566.
105
Ibidem, pag. 57I.
83
partenza e le chiavi di volta sono la carenza del proletariato tedesco e
l‘occupazione della Russia da parte dell'imperialismo tedesco." 106,
dobbiamo anche aggiungere che il vero pericolo per il proletariato
internazionale non sono tanto gli errori dei bolscevichi, perche questi
sono rimediabili in una visione internazionale; il vero pericolo è invece il
voler, da parte dei bolscevichi, presentare la loro tattica come modello di
tattica socialista e marxista, perché ciò non può che deviare su una falsa
strada il proletariato internazionale. “Con il loro atteggiamento decisa
mente rivoluzionario, con la loro esemplare energia e la loro incrollabile
fedeltà al socialismo internazionale, essi hanno veramente fatto quanto
era da farsi in ‘circostanze così diabolicamente difficili. Il pericolo
comincia nel momento in cui, facendo di necessita virtù, essi fissano
teoricamente in tutti i dettagli la tattica a cui sono costretti da queste
fatali condizioni e vogliono raccomandarla come modello di tattica
socialista, all'imitazione del proletariato internazionale." 107
Da ciò è evidente che la tesi espressa da E.H. Carr nel suo 1917,
quando afferma: "Le critiche rivolte al bolscevismo da Rosa Luxemburg
nell'ultimo anno della sua vita dimostrano chiaramente le sue tendenze
mensceviche." 108 non può in nessun modo essere condivisa.
Se le posizioni di Rosa conservano ancor oggi un valore
eccezionale non è certamente perché ella propese per un accordo con la
borghesia, ma, al contrario, perché, riuscendo a percepire il tragico
destino di chi fa di "necessita virtù", concretizzò un ideale di rivoluzione
in cui mezzi e fini devono essere perfettamente compatibili. In altre
parole, i bolscevichi non dovevano aggrapparsi al potere ad ogni costo,
al prezzo di deformazioni e compromessi, dovevano invece essere
l'esempio positivo per le future rivoluzioni.
Concludendo, se si può dire che "si tratta della logica sbagliata
della situazione oggettiva: ogni partito socialista che oggi giunge al
potere in Russia deve necessariamente seguire una tattica sbagliata
finché, in quanto parte dell'esercito proletario internazionale, viene
piantato in asso dal grosso di tale esercito", bisogna anche dire che
l'errore tragico dipende dal voler far passare come socialista questa
"tattica sbagliata" e allora, in tutta onestà, "ogni sconfitta politica dei
bolscevichi in una lotta franca contro forze superiori in una situazione
storica sfavorevole sarebbe preferibile a questo collasso morale." 109
106
Ibidem, pag. 594.
107
Ibidem, pag. 594.
108
Edward H. Carr, I9I7, To – Einaudi - I974, pag. 64.
109
Rosa Luxemburg, Die russische tragodie, "Spartakusbriefe", in P. Nettl, Rosa
Luxemburg, op. cit., vol. II, pag. 265.
84
d) La rivoluzione tedesca
Come abbiamo visto il problema fondamentale per Rosa rimaneva
la Germania. Occorreva favorire in tutti i modi possibili la rivoluzione in
Germania se si voleva evitare il fallimento o la degenerazione della
rivoluzione russa. Rosa scrisse a Luise Kautsky: "Certo non riusciranno a
reggere in questo sabba di streghe, non perché le statistiche rivelano
una situazione troppo arretrata in Russia, come ha messo in luce il tuo
intelligente marito, bensì perché nei paesi altamente sviluppati
dell'Occidente la socialdemocrazia è costituita da un branco di miserabili
vigliacchi che assisteranno tranquillamente al dissanguamento dei russi."
E nemmeno di fronte alla politica di pace dei bolscevichi che non
approvava, Rosa ha incertezze: "Incominciamo a spazzare la sporcizia
che c'è davanti alla nostra porta." 110
Nonostante questa volontà d'azione Spartakus, a partire dal
1917, riesce a fatica a stare al passo con avvenimenti incalzanti che
comunque non è lui a determinare.
Nel settembre 1918 ebbe inizio una nuova ondata di scioperi. Il
23 settembre l'SPD stabilì le condizioni minime dell'entrata del partito
nel governo. Il 7 ottobre si tenne una conferenza nazionale di Spartakus
che sancì l'unione con i radicali di sinistra di Brema. Il I2 ottobre il
governo prussiano promulgò un'amnistia: ne beneficiò anche Karl
Liebknecht che giunse a Berlino accolto da una folla immensa il 23
ottobre; da questo momento egli assunse la direzione di Spartakus.
Nello stesso mese iniziò la rivolta nella base navale di Kiel e già nelle
prime giornate di novembre sorsero consigli di soldati e consigli operai in
quasi tutta la Germania.
Il 9 novembre 1918 Rosa fu libera: dovette immediatamente
parlare alla folla che si era radunata nella piazza centrale di Breslavia
per salutarla.
Lo stesso giorno, ancor prima che uscisse il primo numero del
suo nuovo giornale Die Rote Fahne (Bandiera Rossa), Spartakus
pubblicò un supplemento in cui proclamava un dettagliato programma
rivoluzionario. In osservanza ad uno dei punti centrali di questo
programma che proclamava "nessuna assemblea costituente, tutto il
potere ai consigli degli operai e dei soldati", Karl Liebknecht rifiutò di far
parte dell'esecutivo dell'USPD e di entrare a far parte del nuovo
governo.
"Il 10 novembre Spartakus rivolse un ’Appello agli operai e ai
soldati di Berlino'. Ribadì con energia ancora maggiore la necessità di
abolire tutti i parlamenti e di costruire in tutta la Germania consigli di
operai e di soldati i quali dovevano assumersi tutto il potere legislativo e
amministrativo." 111
Si sperava con ciò di radicalizzare la lotta, proprio come era
avvenuto in Russia, ma bisogna dirlo, la parola d'ordine "tutto il potere
ai consigli" non era presa dalla Russia e calata a viva forza in Germania:
anche qui i consigli si erano diffusi del tutto autonomamente.
Per poter stampare Die Rote Fahne ci si impadronì della
redazione della Berliner Lokalanzeiger ma dato che i tipografi si
rifiutarono di collaborare, Rosa dovette trovare un accordo con la casa
editrice.
"I dirigenti di Spartakus sapevano di non disporre di
un'organizzazione di massa efficiente [...] Non si trattò certo di una
svista. Nel novembre del 1918 i dirigenti spartachisti decisero
110
Lettere a Karl e Luise Kautsky, in P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol. II, pag. 258.
111
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol. II, pag.29I.
85
coscientemente di non intraprendere nessun sforzo particolare per
costruire un'organizzazione [...] Il fatto che l'insurrezione del 9
novembre fosse stata spontanea e che i partiti organizzati non la
avessero diretta ma le si fossero accodati sembrava giustificare questa
decisione. Nella seduta dell'11 novembre, Rosa Luxemburg ribadì con
insistenza il fatto che Spartakus doveva rimanere il più a lungo possibile
nell'ambito dell'USPD - qui l'organizzazione esisteva già - in modo da
conquistare le masse al programma di Spartakus e forse anche sostituire
democraticamente gli attuali dirigenti dell'organizzazione indipendente."
112
In un momento come questo Rosa ribadisce ancora quello che
aveva già detto contro gli opportunisti ai tempi di Riforma sociale o
rivoluzione? : "Essi hanno dimenticato che la borghesia non è un partito
parlamentare ma una classe al potere [...] Se si mette in questione il
profitto, se la proprietà privata è realmente in pericolo, il tranquillo
andazzo democratico cessa immediatamente [...] Non appena la famosa
Assemblea costituente decide effettivamente di realizzare appieno il
socialismo, di estirpare dalle radici il dominio capitalistico, incomincia
anche la lotta [...] Tutto ciò è inevitabile. Questa battaglia deve essere
combattuta fino in fondo, il nemico deve essere distrutto - con o senza
Assemblea costituente. La 'guerra civile' che si tenta ansiosamente di
escludere dalla rivoluzione non può venire esclusa. Perche guerra civile è
soltanto un'altra denominazione della lotta di classe, e poter introdurre il
socialismo senza far ricorso alla lotta di classe, a mezzo di una decisione
parlamentare della maggioranza è una ridicola illusione piccoloborghese." 113
Nonostante un tono così infuocato, era più la situazione
altamente rivoluzionaria a determinare gli scoppi di ira del proletariato
che non gli articoli di Rote Fahne.
"La base di Spartakus era, semmai, ancor più rivoluzionaria dei dirigenti.
La spinta all’azione veniva dal basso - proprio come Rosa Luxemburg
aveva sempre predetto.
In dicembre, alla conclusione di manifestazioni di massa, gruppi di
giovani militanti spartachisti attaccavano gli edifici pubblici [...] e nel
corso di molte assemblee organizzate da Spartakus, dopo i discorsi
pronunciati dagli oratori ufficiali prendevano la parola degli sconosciuti
usciti dalla folla ponendo, con tutta serietà, rivendicazioni che facevano
rizzare i capelli in testa, ad esempio, il rilascio di tutti i detenuti da tutte
le carceri e l'arresto immediato di diverse personalità di primo piano.
[...] Nel corso di quelle settimane tempestose, e soprattutto al
congresso costitutivo del Partito Comunista, il gruppo dirigente dovette
scontrarsi più volte con questi elementi; in alcuni casi venne addirittura
messo in minoranza. Ma essi facevano parte del materiale della
rivoluzione proletaria, e c'erano cose più importanti da fare che
condannare il loro impeto eccessivo. Questo compito può essere lasciato
agli storici borghesi tedeschi, ansiosi di rovistare nel letamaio della
vergogna nazionale del 1918.” 114
Il corso degli eventi in dicembre e in gennaio accelerò il suo ritmo
notevolmente. Il 6 dicembre gruppi di soldati occuparono la redazione di
Rote Fahne; tentarono di trarre in arresto l‘esecutivo dei consigli degli
operai e dei soldati e proclamarono Ebert presidente della repubblica.
112
Ibidem, pagg. 295/296.
113
Die Nationalversammlung, "Die Rote Fahne“, 20 novembre 1918, in P. Nettl, Rosa
Luxemburg, op.cit., vol.11, pag. 298.
114
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.11, pag.306.
86
Questi avvenimenti furono seguiti da dimostrazioni di massa e da
numerosi scioperi. Nel frattempo una divisione della Marina popolare
dopo essersi ammutinata, si insediò nelle scuderie del palazzo imperiale
e verso Natale venne attaccata, senza peraltro risultati positivi, dalle
truppe del comandante socialdemocratico di Berlino Otto Wels. L'USPD si
collocò, per protestare, nuovamente all'opposizione. Infine il tentativo
del governo di costringere il presidente della polizia berlinese Emil
Eichhorn, un uomo con spiccate simpatie per la sinistra, a dare le
dimissioni, il 4 gennaio, condusse direttamente ai fatti connessi con
l'insurrezione di gennaio nel cui corso vennero assassinati Karl
Liebknecht e Rosa Luxemburg. Di fronte a questo succedersi
incontrollato e incontrollabile di avvenimenti, Ebert decise che il compito
più urgente consisteva nel ristabilimento dell'ordine e nel ritorno alla
normalità e quando anche il congresso nazionale dei consigli operai e dei
soldati, il 2I dicembre 1918, espresse la sua fiducia al governo Ebert,
risultò evidente che per il governo, ai fini del ristabilimento dell'ordine,
lo strumento più ovvio e indicato era l'esercito. Di fatto, “Ebert che il 10
novembre venne posto dal consiglio degli operai e dei soldati a capo del
governo rivoluzionario, strinse il giorno stesso un patto con lo stato
maggiore, Groener e Hindenburg, allo scopo di schiacciare militarmente
gli operai di Berlino." 115
Nello stesso mese i rapporti tra USPD e Spartakus peggigrarono.
Quest'ultimo aveva richiesto la convocazione di un congresso, ma l'USPD
non prese nemmeno in considerazione l'ipotesi. A questo punto "non
aveva più senso rimanere nell’USPD come semplice gruppo di pressione
se non si riusciva neppure a farsi ascoltare. I dirigenti incominciarono
quindi i preparativi per la costituzione di un nuovo partito. Si trattava
finalmente della rottura sul piano organizzativo. Eppure Rosa e Jogiches
continuavano ancora a nutrire seri dubbi." 116
Il 29 dicembre si riunì nel parlamento prussiano a Berlino una
conferenza nazionale dello Spartakusbund. Essa decise a grande
maggioranza la fondazione di un nuovo partito, si costituì, quindi, in
congresso di fondazione del KPD e proseguì i suoi lavori in questa veste
dal 30 dicembre al 1° gennaio 1913.
Il programma del nuovo partito era già stato interamente redatto da
Rosa Luxemburg e venne pubblicato il I4 dicembre. Conteneva delle
rivendicazioni pratiche "articolate in otto provvedimenti immediati per
assicurare la rivoluzione, in otto rivendicazioni sul terreno politico e
sociale e altre otto rivendicazioni urgenti sul terreno dell'economia [...]
Le idee decisive di Rosa erano esposte nella parte conclusiva del
documento, dopo l'elenco delle rivendicazioni pratiche.
'[...] Spartakus non è un partito che intende pervenire al potere al di
sopra delle masse operaie e attraverso di esse. Spartakus è soltanto la
parte più cosciente del proletariato che ad ogni asso indica alla totalità
degli operai i loro compiti storici, che in ogni singolo stadio della
rivoluzione rappresenta l'obiettivo finale della rivoluzione e in tutte le
questioni nazionali rappresenta gli interessi della rivoluzione proletaria
mondiale [...] Spartakus assumerà in ogni caso il potere governativo
soltanto per chiara volontà della grande maggioranza della massa
proletaria in tutta la Germania, soltanto con la sua approvazione
cosciente delle concezioni, degli obiettivi e dei metodi di lotta di
Spartakus.
115
P. Frolich, Rosa Luxemburg, op.cit., pag. 319.
116
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.11, pag.315.
87
La rivoluzione proletaria può pervenire a piena chiarezza e maturità
soltanto per gradi, passo a passo, lungo la via crucis delle proprie amare
esperienze, attraverso vittorie e sconfitte.
La vittoria di Spartakus non sta all'inizio, bensì alla fine della rivoluzione:
essa si identifica con la vittoria delle grandi masse di milioni di proletari
socialisti." 117
L'eccezionalità di questo documento si dimostra, tra l’altro, la
dove, con estrema chiarezza, si parla di "vittorie e sconfitte", di "via
crucis" e di "amare esperienze", perche con ciò si dimostra che la
saldatura tra soggettivo e oggettivo può avvenire solo all'interno di una
ben precisa necessità storica, anche se ciò può essere estremamente
doloroso. Una salda e accentrata organizzazione non è il primo bisogno
del proletariato: occorre invece lottare stando al passo coi tempi, consci
che questa lotta condurrà, ma solo in ultimo, dopo pesanti sconfitte, al
socialismo. Ed è per questo che la vittoria di Spartakus "non sta
all'inizio, bensì alla fine della rivoluzione".
Giustamente Nettl dice, a commento di questo programma, che
"si trattava [...] di ciò che Spartakus era in grado di offrire in
sostituzione dell'organizzazione". 118
Giustamente perché, nonostante servisse proprio da programma ad un
nuovo partito, l'elemento centrale, il suo supporto, restava non la
struttura organizzativa, bensì lo sviluppo della lotta e attraverso questa,
la conquista del consenso che sempre coincide o deve almeno coincidere
con l'innalzamento della coscienza di classe.
In un suo articolo del periodo che stiamo analizzando, Rosa
scrisse: "La Germania era il paese classico dell’organizzazione e ancor
più del fanatismo dell'organizzazione o addirittura dell'oscurantismo
dell'organizzazione [...] e a cosa assistiamo oggi? Nei momenti più
importanti della rivoluzione il famoso 'talento organizzativo' fallisce
penosamente [...] L'organizzazione delle azioni rivoluzionarie deve e può
essere appresa soltanto nel corso della rivoluzione stessa, così come il
nuoto può essere appreso soltanto in acqua. L'esperienza degli ultimi tre
giorni grida con voce possente agli organi dirigenti della classe operaia:
non parlate! Non perdetevi in discussioni senza fine! Non trattate!
Agite!" 119
E in un altro suo scritto: "Per noi ora non esiste un programma
minimo e un programma massimo. Il socialismo è l'uno e l'altro a un
tempo; questo è il minimo che oggi dobbiamo realizzare." 120
Ma il socialismo non si fa con i decreti: “La lotta per il socialismo
può essere combattuta soltanto dalle masse, a faccia a faccia col
capitalismo, in ogni fabbrica, da ogni proletario contro il suo
imprenditore [...] Il socialismo non viene fatto e non può venir fatto con
i decreti, neppure dal migliore e dal più capace dei governi socialisti. Il
socialismo deve essere fatto dalle masse, da ogni singolo proletario. La
catena del capitale deve essere spezzata proprio là, dove essa li
imprigiona [...] Solo questo è il socialismo, solo così può venir fatto il
socialismo. E qual'e la forma esteriore della lotta per il socialismo? E' lo
sciopero e per questo abbiamo visto che la forza economica dello
117
118
Ibidem, pagg. 321/322.
Ibidem, pag. 322.
119
Versaumte Pflichten, "Die Rote Fahne", 8 gennaio 1919, in P. Nettl, Rosa Luxemburg,
op.cit., vol. II, pag. 336-
120
P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.11, pag.327.
88
sviluppo ora, nel secondo periodo della rivoluzione, è passata in primo
piano." 121
Da queste frasi risulta chiaramente che Rosa Luxemburg aveva
mantenuto le sue posizioni espresse fin dal 1906 e che era ben lontana
dall'adottare i metodi bolscevichi in Germania. Ella mantenne questa sua
posizione autonoma fino alla morte ed è proprio per questo che noi,
oggi, dobbiamo, oltre che ammirare la sua estrema coerenza e il suo
coraggio, trarre tutti i possibili insegnamenti in quanto effettivamente il
suo messaggio traccia una via al socialismo che, appunto perché si
discosta da quella di Lenin, può e deve interessare particolarmente.
L'ultimo esempio datoci di questa sua coerenza è la risposta
all'atteggiamento di Radek che "suggerì un totale dietrofront e una
immediata ritirata: a suo avviso il KPD doveva proporre ufficialmente ai
delegati di fabbrica rivoluzionari la cessazione della lotta; se necessario
gli operai armati avrebbero dovuto consegnare le armi [...] Era la tattica
leninista della liquidazione rapida e brutale degli errori commessi." 122
"Ma poiché le masse erano scese in strada, non si poteva più
trattare sopra le loro teste, anche se l'azione era destinata a concludersi
con una sanguinosa sconfitta. Negli articoli scritti in quei giorni Rosa
ritornò di continuo su questo problema; in tutti ribadiva la necessità di
appoggiare le masse, quali che fossero i risultati tattici di questa scelta.
E ogni volta criticò il fallimento dei dirigenti." 123 "Il suggerimento di
Radek di interrompere l'azione definendola avventurata e prematura e di
battere in ritirata in buon ordine, non venne ripreso, neppure di riflesso
da Rote Fahne. L'azione di massa venne anzi presentata come una
vittoria; solo le trattative vennero definite senza mezzi termini un
tradimento e una capitolazione dei delegati di fabbrica rivoluzionari." 124
Ed è per questo che Nettl può concludere dicendo che "in futuro
si sarebbe potuto sottolineare che Spartakus, che non aveva voluto la
lotta per l'abbattimento del governo e che non aveva neppure lanciato
degli appelli in tal senso, era rimasto comunque al fianco del popolo,
mentre gli altri dirigenti avevano prima posto a sé e alle masse degli
obiettivi irraggiungibili per poi, quando la cosa apparve opportuna,
tradire i propri seguaci." 125
Tra il 14 e il 15 gennaio 1919, poche ore prima di essere
brutalmente assassinati, Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht scrissero i
loro due ultimi articoli: L'ordine regna a Berlino di Rosa e Nonostante
tutto! di Karl.
Quest'ultimo scrisse: "State calmi! Noi non siamo fuggiti, non
siamo battuti [...] Il martirio della classe operaia tedesca non è ancora
concluso, ma il giorno della liberazione si avvicina [...] E se anche non
saremo più in vita nel giorno della realizzazione del nostro obiettivo,
continuerà comunque a vivere il nostro programma; esso dominerà il
mondo dell'umanità liberata. Nonostante tutto!" 126
E Rosa: "Ancora in mezzo alla battaglia, in mezzo agli ululi di
vittoria della controrivoluzione, i proletari rivoluzionari devono rendersi
121
Ibidem, pag. 328.
122
Ibidem, pag. 337.
123
Ibidem, pag. 336.
124
Ibidem, pag. 338.
125
Ibidem, pag. 339.
126
Ibidem, pagg. 342/343.
89
ragione dell'accaduto [...] Era da attendersi da questa lotta una vittoria
definitiva del proletariato rivoluzionario, la caduta degli Ebert Scheidemann e l'istituzione della dittatura socialista? Certo no, se si
prendono seriamente in considerazione tutti gli aspetti decisivi della
questione." 127 "E' stata allora la lotta dell'ultima settimana un 'errore'?
Sì, se si fosse trattato di un 'attacco' premeditato, di un cosiddetto
'putsch'! Ma qual è stata l'origine dell'ultima settimana di lotta? La
stessa di tutti i casi precedenti, del 6 dicembre, del 24 dicembre: una
brutale provocazione del governo! [...] La rivoluzione non opera
liberamente, in campo aperto, secondo un piano astutamente preparato
da ’strateghi‘. I suoi avversari hanno anche l'iniziativa, anzi, la
esercitano di regola molto più della rivoluzione stessa." 128
"Ora è intima legge vitale della rivoluzione di non arrestarsi mai
alle posizioni raggiunte, inattiva, passiva. La miglior difesa e l’attacco."
129
"Tutta la strada del socialismo - per quel che riguarda le battaglie
rivoluzionarie - è disseminata di patenti disfatte. E pure irresistibilmente
questa stessa storia passo a passo porta alla vittoria finale! Dove
staremo oggi senza quelle 'sconfitte’, dalle quali abbiamo attinto
esperienza storica, scienza, forza, idealismo! [...] Avviene con le lotte
rivoluzionarie l'esatto contrario che con le lotte parlamentari. Nelle
spazio di quattro decenni abbiamo avuto in Germania in sede
parlamentare solo delle 'vittorie', siamo passati addirittura di vittoria in
vittoria. E il risultato ne fu, al momento del la grande prova storica del 4
agosto: una disfatta politica e morale catastrofica, un crollo inaudito,
una bancarotta senza esempi. Le rivoluzioni ci hanno finora portato
sonore sconfitte, ma esse nella loro inevitabilità sono altrettante
garanzie della futura vittoria finale." 130
"Come appare alla luce della suddetta questione storica la
sconfitta di questa cosiddetta ’settimana di Spartaco'? È stata una
sconfitta
d'una
energia
rivoluzionaria
traboccante
di
fronte
all'insufficiente maturità della situazione o invece della debolezza e
incertezza nell'azione? Entrambe le cose! Il carattere ambivalente di
questa crisi, la contraddizione tra la condotta energica, decisa,
aggressiva delle masse berlinesi, e l'indecisione, la pusillanimità,
l'incapacità della direzione berlinese è la particolare caratteristica di
questo recente episodio. La direzione è mancata. Ma essa può e deve
essere creata a nuovo dalle masse e tra le masse. Le masse sono il
fattore decisivo, sono la roccia sulla quale sarà edificata la vittoria finale
della rivoluzione. Le masse sono state all'altezza della situazione, esse
hanno fatto di questa 'sconfitta' un anello di quella catena di sconfitte
storiche, che sono l'orgoglio e la forza del socialismo internazionale. E
perciò da questa 'sconfitta' sboccerà la futura vittoria.
'Ordine regna a Berlino!' Stupidi sbirri! Il vostro 'ordine' è costruito sulla
sabbia. La rivoluzione già da domani 'di nuovo si rizzerà in alto con
fracasso e a vostro terrore annuncerà con clangore di trombe 'io ero, io
sono, io sarò!' " 131
127
Rosa Luxemburg, L'ordine regna a Berlino, in Luciano Amodio (a cura di) Rosa
Luxemburg, Scritti Scelti, To – Einaudi - 1975, pag. 677.
128
Ibidem, pag. 678.
129
Ibidem, pag. 679.
130
Ibidem, pag. 680.
131
Ibidem, pagg. 68I/682.
90
Le cause della sconfitta della rivoluzione in Germania non
possono comunque limitarsi alla constatazione che la direzione
rivoluzionaria mancò. Questa fu solo la conseguenza di un fatto nuovo,
un fatto capace di caratterizzare la rivoluzione tedesca come il tentativo
proletario di presa del potere più attuale per noi, come il vero
antecedente della futura rivoluzione proletaria.
Per capire ciò bisogna chiedersi perché mancò una direzione alle
energiche, decise e aggressive masse berlinesi. Non esistevano gruppi di
radicali capaci di assumersi quelle responsabilità che la storia allora
richiedeva? Lo stesso Spartakusbund non seppe forse essere all’altezza
della situazione?
Se si vuole rispondere a queste domande è inutile far presente la
insufficiente diffusione su scala nazionale dei nuclei rivoluzionari, o
almeno non basta. Si correrebbe infatti, il rischio di ritornare alla vecchia
questione secondo cui prima di iniziare la rivoluzione occorre creare una
forte e numerosa organizzazione.
I veri motivi della sconfitta proletaria in Germania non furono di
tipo organizzativo, ma vanno cercati fra gli ostacoli che impedirono un
giusto rapporto fra rivoluzionari e masse.
Rosa Luxemburg dimostrò di capire perfettamente ciò fin dal 21
dicembre 1918, quando in un articolo apparso su Rote Fahne dice: "Si
rivela qui non soltanto la generale insufficienza del primo immaturo
stadio della rivoluzione, ma anche la difficoltà propria di questa
rivoluzione proletaria, la peculiarità di questa situazione storica. In tutte
le rivoluzioni precedenti i contendenti entravano in lizza con la visiera
alzata: classe contro classe, programma contro programma, stendardo
contro stendardo. Nell'attuale rivoluzione i difensori del vecchio
ordinamento non entrano in lizza sotto lo stendardo caratteristico delle
classi dominanti, ma sotto lo stendardo di un 'partito socialdemocratico'.
Se la questione fondamentale suonasse apertamente e onestamente:
capitalismo o socialismo, oggi non sarebbe possibile nessuna esitazione,
nessun dubbio, nella grande massa del proletariato." 132
E se oggi si può dire che "la riforma sociale è una componente
costitutiva del capitale monopolistico" 133 e che "il consolidamento
organizzativo di una coscienza di classe falsata dal riformismo e dalla
manipolazione è un elemento che potenzia la classe in se, il
conglomerato di individui isolati" 134, è evidente che quella "peculiarità"
di cui Rosa parlava rimane ancora oggi l'elemento caratterizzante lo
scontro di classe.
L'esperienza tedesca di Rosa Luxemburg è consumata in un
contesto in cui il capitalismo ha già raggiunto la sua fase "matura”.
Anche per questo l’insegnamento di Rosa conserva la sua
eccezionale attualità.
132
P. Frolich, Rosa Luxemburg, op.cit., pag. 336.
133
Hans Jurgen Krahl, Osservazioni sull'accumulazione e sulla tendenza alla crisi del
capitale, in H.J.Krahl, Costituzione e lotta di classe, Mi - Jaca Book - I973, pag. 106.
134
Ibidem, pag. III.
91
CONCLUSIONE
Il problema fondamentale dell'individualizzazione di una tatticastrategia che, oggi, nell'area a capitalismo sviluppato, segni anche una
reale avanzata verso il socialismo della classe operaia, è secondo me,
essenzialmente irrisolto.
Incapace teoricamente di allontanarsi da ciò che ha avuto una verifica
storica positiva, o impaurito nella pratica da ciò che potrebbe portarlo al
di là della stasi - porto tranquillo in cui ama farsi cullare - il moderno
social-empirista, quello che scambia Marx con Popper, non sa scorgere
altro che due possibilità già largamente sperimentate e quindi, per
questo, capaci di far testo: l'esperienza delle socialdemocrazie nordiche
e, in contrapposizione, quella di origine leniniana che è andata
realizzandosi in URSS. Naturalmente egli concepisce questa
contrapposizione in maniera molto netta: da una parte, grazie al metodo
democratico, parlamentare e riformista, sta il bene, dall'altra il male con
l'apologia della violenza, della dittatura e della rivoluzione.
Solo così egli può chiarirsi le idee e quindi fare una ben definitiva scelta.
Anche il moderno rivoluzionario non sa liberarsi da una
impostazione metodologica del genere: egli, demoniaco per natura, in
antitesi al primo sceglie la rivoluzione e automaticamente con essa
Lenin. In effetti il guaio maggiore è che Lenin ha portato a termine una
rivoluzione "vittoriosa": in tal modo, realizzando finalmente quello che
Marx aveva solo teorizzato, è diventato un mito.
Il marxismo è ormai marxismo-leninismo, la maggior parte dei
rivoluzionari non solo si richiama a Lenin, ma addirittura ama farsi
definire leninista. Persino il maggior divulgatore italiano del pensiero di
Rosa Luxemburg si è sentito in dovere di premettere alla raccolta di
scritti della rivoluzionaria polacca da lui curati, la famosa frase di Lenin:
"La raccolta completa della sua opera offrirà un insegnamento utilissimo
per l'educazione di molte generazioni di comunisti in tutto il mondo",
come se le "raccomandazioni" di Lenin fossero ancora il meglio che ad
un rivoluzionario si può offrire.
In un contesto simile, nonostante gli sforzi di Lelio Basso,
qualsiasi rivalutazione di Rosa Luxemburg diventa immediatamente un
attacco al mito Lenin. Ed è per questo motivo che io ho dato al mio
lavoro un'impostazione del genere.
Del resto anche nelle lotte più avanzate di questi ultimi anni una
delle componenti più sentite è la critica, a volte spietata, a Lenin: dal
maggio I968 in Francia dove si è posta "per la prima volta con tanta
chiarezza, in termini concreti, l'alternativa tra leninismo e non
leninismo" 1, alle lotte dei compagni tedeschi, imperniate sulla ricerca
critico-emancipatrice di una soluzione in senso socialista che sia innanzi
tutto antiautoritaria. 2
In Italia, probabilmente si è in uno stadio ancora più avanzato, in
quanto la famosa questione della "terza via", quando significa né
Seconda, ne Terza Internazionale, criticando Lenin, impedisce
contemporaneamente di rifugiarsi in valori tendenzialmente liberalradicali; e questa è la premessa essenziale per l'identificazione di una
"via" veramente nuova.
1
Attilio Chitarin, Prefazione a Rosa Luxemburg Vive, Mi - Jaca Book - I970, pag. 7.
2
Ibidem, pag. 8 - Vedi anche H.J.Krahl, Costituzione e lotta di classe, Mi - Jaca Book I973; Hartmuth Mehringer e Gottfried Mergner, La nuova sinistra tedesca e Rosa
Luxemburg, in Rosa Luxemburg Vive, op. cit.
92
L'incertezza con la quale si procede in questa ricerca è
determinata dal fatto che la negazione non è ancora il positivo e il
positivo non può essere un "piano" fatto a priori e a tavolino.
Le nette contrapposizioni - Lenin/socialdemocrazia, lotte più
avanzate/Lenin - e i disegni, persino particolareggiati, di ciò che si
intende per socialismo e quindi del come sarà la futura società, non
costituiscono il metodo più adatto a quella comprensione storica che
unita alle conquiste pratiche proletarie, sola può insegnare la "via" al
socialismo.
Di pari passo con quest'errata impostazione metodologica,
cammina l'idea, altrettanto falsa, che la storia, nel suo continuo
progredire verso il meglio, traccia una ben definita linea retta: questo
vuol dire confondere ciò che è stato o ciò che è, con il meglio che poteva
essere e nel nostro particolare caso, significa permettere che Lenin
diventi un mito.
La radice comune di questi due errori consiste nel rifiuto totale
del metodo dialettico che invece dovrebbe insegnare, da una parte a
riconoscere il positivo come sì qualcosa di nuovo e quindi in antitesi al
vecchio, ma anche come qualcosa che nasce e si sviluppa dal vecchio, e
dall'altra a guardare alla storia come un processo nel quale prevale una
determinata direzione, ma che ha in se, in ogni suo momento, la
possibilità di infinite varianti. In altri termini il processo storico e sì
oggettivo, nel senso che le particolari situazioni esistenti determinano
l‘uomo in ogni sua azione, ma è anche soggettivo, nel senso che è
l'uomo che poi determina le particolari situazioni in cui vive.
L'importanza di Rosa Luxemburg è notevole innanzi tutto per
l'impostazione metodologica essenzialmente dialettica del suo pensiero:
per questo può e deve diventare una fonte a cui il proletariato
internazionale, specialmente quello dei paesi a capitalismo avanzato,
deve dissetarsi.
Contemporaneamente la non comprensione di questo procedere
metodologico che caratterizza tutta intera la sua esperienza, è la causa
principale della sua difficile rivalutazione: ella sfugge alle facili
catalogazioni tanto care ai "militanti" di oggi.
C'è chi si ostina a vedere in lei la spontaneista accesa che cade
perciò nell'errore di una prassi impotente di stile prettamente anarchico;
e c'e chi, invece, la vede ancora troppo ancorata all'idea tanto cara a
Lenin, della socialdemocrazia come "avanguardia" della classe operaia.
C'e chi tenta, in funzione anti-bolscevica, di estrarre dal suo
pensiero ciò che lei disse in difesa delle riforme, della democrazia, della
libertà; e c'è chi, invece, in funzione anti-riformista, ne cita gli aspetti
rivoluzionari, la sua partecipazione attiva alla rivoluzione russo-polacca
del I905, la rivoluzione tedesca del 1918/1919, l'importanza da lei data
alle sollevazioni di massa e alla presa violenta del potere.
La difficoltà metodologica, più che la frammentarietà dei suoi
scritti sparsi in centinaia di articoli o le falsificazioni più o meno evidenti
fatte pro e contro una determinata causa, è il motivo reale di quella
confusione che ha impedito sia a gruppi e a movimenti, sia a singoli
intellettuali, di richiamarsi esplicitamente a Rosa Luxemburg: così che
oggi, l'incidenza cosciente del suo insegnamento è incredibilmente
bassa.
In realtà, proprio grazie al metodo dialettico, Rosa Luxemburg è
la rivoluzionaria più vicina a Marx; infatti tutte le apparenti antinomie,
quali soggetto/oggetto, riforma/rivoluzione, ecc., esistenti in lei, si
ritrovano anche in Marx. E non poteva essere altrimenti: esse non sono
reali antinomie, ma sembrano tali a chi del metodo dialettico non
comprende nulla. L'unica differenza fra i due è che in Rosa esse, credo,
sono meglio sviluppate o almeno risultano più evidenti; e non a caso: la
93
Germania in cui ella viveva, al contrario che cinquanta anni prima,
poteva ormai considerarsi un paese a capitalismo sviluppato. Ed è
questo un altro motivo, oltre al metodo, che dovrebbe far aumentare
l'interesse per lei.
Rosa Luxemburg è l'unica grande rivoluzionaria, forse solo con
Gramsci, che agendo in un paese altamente sviluppato dell'area
capitalistica, si trova costantemente confrontata con quei problemi che
noi oggi ancora viviamo.
A questo punto penso sia utile chiarire ulteriormente alcuni
aspetti particolari emergenti dal mio scritto, e primo fra tutti, il rapporto
Luxemburg/Lenin.
In una visione dialettica, il “fare i conti con Lenin", significa
rifiutarsi innanzi tutto di farne un mito e contemporaneamente significa
evitare di concepirlo esclusivamente come il negativo di un qualsiasi
ipotetico positivo: il metodo dialettico rifiuta appunto le facili
contrapposizioni in quanto incapaci di movimento.
Caso mai, la contrapposizione non e tra Lenin e Luxemburg, ma
fra quest'ultima e opportunismo. In questo senso Lenin non è che una
variante dell'opportunismo. Quello che Rosa critica in lui non sono tanto
le scelte pratiche fatte nel 1904 nelle questioni organizzative o quelle
fatte nel 1917 e in seguito, durante la rivoluzione, ma l'aver fatto
passare come perfettamente in linea col marxismo queste scelte
contingenti: così esse sono diventate l'esempio da seguire in ogni altra
circostanza.
Rosa non poteva che opporsi, sia teoricamente, sia praticamente,
di fronte a questa distorsione.
La rivoluzionaria polacca era ben conscia che in situazioni come
quella russa non si poteva che condurre una politica socialista
"sbagliata“, solo praticamente, con una rivoluzione in un paese
economicamente e culturalmente avanzato come la Germania, era
possibile condurre innanzi una critica a Lenin capace di eliminarne gli
errori.
Quasi sicuramente, anche la morte di Rosa in quella rivoluzione
che si prevedeva già all'inizio difficilmente realizzabile, era l'ultimo,
inevitabile tentativo di correre in aiuto alla Russia socialista e attraverso
essa al proletariato internazionale e non l'atto sconsiderato di una donna
passionale e romantica.
La rivoluzione in paesi in cui il capitalismo ha potuto pienamente
esplicarsi in tutte le sue manifestazioni, restava l'unica possibilità di
salvezza per una rivoluzione "prematura" e quindi incapace di porsi su
una direttiva veramente socialista, come quella russa.
L'importanza di questa affermazione va al di là di quel contesto
storico: oggi le innumerevoli "rivoluzioni socialiste" in paesi
"sottosviluppati", in paesi del Terzo o del Quarto Mondo, con le loro
ingiustizie e atrocità, rischiano di cristallizzarsi in forme in cui domina il
terrore nonostante le buone intenzioni (quando ci sono) dei loro
dirigenti. E una nostra critica agli errori là commessi, non può essere
condotta che attraverso una rivoluzione socialista nell'area a capitalismo
avanzato altrimenti rimarrebbe sterile e quegli errori peserebbero anche
su di noi: questo è ciò che sentiva Rosa Luxemburg in Germania nei
confronti di Lenin in Russia e questo è quanto dovremmo sentire noi nei
confronti delle "atrocità" commesse nelle aree cosiddette "arretrate“ in
nome del socialismo.
Solo in un ottica del genere si riesce a comprendere
l’atteggiamento di Rosa Luxemburg a proposito della rivoluzione russa
del 'I7 e di Lenin in particolare: ai socialdemocratici tedeschi occorreva
spiegare più che gli errori di Lenin, il suo coraggio, la sua volontà, la sua
decisione, in una parola le sue capacita rivoluzionarie.
94
Ma a Lenin e compagni occorreva ribadire che il socialismo in un
solo paese, per lo più "arretrato" come la Russia, era un'illusione, che il
punto nodale dell'intera situazione rimaneva la Germania e che per
politica socialista si intende sempre quella capace di sprigionarsi dalle
realtà più "avanzate", le altre rimangono solo pseudo politiche socialiste.
Si trattava quindi, di combattere su due fronti, e comunque
sempre contro l'opportunismo che immancabilmente faceva di necessità
virtù: "Esso (l'opportunismo) sceglie i propri mezzi sempre secondo le
circostanze, in quanto rispondono ai suoi fini." 3 E se le circostanze
russe spingevano Lenin verso un "rigido e dispotico centralismo" 4, in
Germania, invece spingevano verso il parlamentarismo e verso il
riformismo. Ed è infatti proprio su di un terreno tipicamente tedesco che
può così nascere l'altra grande questione centrale del pensiero
luxemburghiano: riforma sociale o rivoluzione?
Qui le strumentalizzazioni sono d'una evidenza addirittura
sfacciata: sia il rivoluzionario più acceso che il riformista più bieco hanno
infatti trovato qualche frase isolata, in lei, che conferma le proprie
posizioni contro quelle dell'avversario, così che, alla fine, chi rischia di
passare come persona poco coerente è la stessa Rosa Luxemburg.
In realtà lei è molto chiara e mi sembra di averlo sottolineato più
volte: niente falsi problemi alla Bernstein, non si tratta di fare una
"scelta per la vita" tra riforma e rivoluzione, ma bisogna concepirle
dialetticamente, la prima come il mezzo, la seconda come il fine.
Detta in questi termini, però, la questione non è ancora del tutto
chiarita; infatti il riformista potrà sempre sostenere che lui nel
socialismo ci crede, anche se a lungo termine, e che quindi le sue scelte
politiche volte al presente sono pienamente giustificate da questa sua
fede nel fine ultimo.
Per non cadere nelle solite interminabili discussioni sulle intenzioni,
occorre stabilire con precisione una linea di demarcazione fra riforma e
rivoluzione e Rosa Luxemburg la individua proprio nella maniera in cui si
concepisce la riforma sociale: il riformista pensa che le riforme sono una
conquista oggettiva, per dirla con termini moderni pensa che queste
siano "elementi di socialismo" introdotti nella società capitalistica; il
rivoluzionario invece, deve concepire le riforme solo nel loro valore
soggettivo, cioè nel loro operare come strumento di educazione e di
formazione di coscienza di classe nel proletariato.
Questa formulazione è fondamentale e vale la pena di sottolinearla con
decisione anche perché, mi sembra, non è mai stata ripresa da nessun
critico di Rosa Luxemburg.
Le riforme sono un’illusione; chi pensa di raggiungere il
socialismo attraverso la via delle riforme non sceglie una via più lunga,
ma sbaglia totalmente strada e nonostante ciò le riforme vanno fatte
perché solo attraverso esse il proletariato può rendersi conto che esse
sono una presa in giro, un eterno girare a vuoto, un lavoro di Sisifo.
Il marxismo, dice Rosa, possiede gli strumenti teorici per
combattere il revisionismo dei riformatori sociali, ma questi non
bastano: è nella lotta pratica quotidiana che il proletariato si educa, non
con le formulazioni teoriche. Non serve a nulla proclamarsi rivoluzionari
e quindi avversare, isolandosi, le lotte quotidiane, occorre invece lottare
per le riforme e attraverso queste lotte giungere alla consapevolezza
dell'inevitabilità della sollevazione violenta delle masse. È proprio questa
3
Rosa Luxemburg, Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa, in Lenin Trockij
Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, Roma - Newton Compton - I973, pag.
374.
4
Ibidem, pag. 375.
95
azione di tutti i giorni per dei fini immediati e non le sottili disquisizioni
teoriche, che può sconfiggere il parlamentarismo e con esso il
riformismo perché essa spinge il proletariato non ad un aprioristico
rifiuto, ma ad una negazione consapevole in quanto solo nella pratica
possono emergere, evidenti a tutti, i limiti e le contraddizioni e del
riformismo e di una qualsiasi altra via che non preveda una rivoluzione e
con essa la presa violenta del potere.
Queste formulazioni ci conducono direttamente a quello che è il
centro di tutto il pensiero luxemburghiano, cioè alla sua particolare
teoria della coscienza di classe. Il metro che permette di dare un
giudizio sul valore di una qualsiasi azione rivoluzionaria è proprio dato
dall'incidenza che questa ha sull'accrescimento della coscienza di classe.
Un metodo ad esempio che basandosi su accordi parlamentari
riesce ad acquisire delle conquiste pratiche notevoli, non può
considerarsi da un punto di vista rivoluzionario un metodo socialista
proprio perché, nella misura in cui i risultati ottenuti non sono dovuti ad
una mobilitazione di massa, essi non contribuiscono neppure
minimamente all'accrescimento della coscienza di classe. Trent'anni di
"conquiste" parlamentari insegnano di meno che un anno di rivoluzione,
anche
se
poi
quest'ultima
fallisce,
disse
Rosa
Luxemburg
contrapponendo la situazione tedesca a quella russa dopo la rivoluzione
del 1905.
E' la lotta, l'azione diretta di ogni proletario, che sola permette
una maturazione politica di classe. Ed è proprio per questo che in Rosa
Luxemburg il ruolo delle masse è senz’altro crescente, mentre quello del
partito o in genere di una qualsiasi leadership, è decrescente. In lei non
vi è nessuna fede incrollabile nelle masse, né tanto meno il rifiuto di
ogni guida politica; vi è soltanto, elemento centrale, l'importante ruolo
svolto dalla lotta nella crescita della coscienza di classe: una leadership
socialista che si rispetti, preoccupandosi innanzi tutto di accrescere nelle
masse la coscienza di classe, non smorza mai le lotte, anzi le acutizza
sempre più, affinché maturando, attraverso esse, le masse, il suo ruolo
inizialmente determinante, vada diminuendo fino alla totale sparizione
della dicotomia dirigenti/diretti.
Queste chiarificazioni servono a mostrare l'importanza del
pensiero di Rosa Luxemburg oggi; ed e proprio in quest'ottica che voglio
almeno toccare quello che in questi ultimi tempi sta diventando uno dei
problemi più scottanti di cui i vari politologi e sociologi si occupano: il
cosiddetto "ritorno al privato", il rifiuto più o meno cosciente di tutto ciò
che ha a che fare con la politica e quindi con i partiti politici.
La partecipazione, bestia nera di ogni progressista, non si facilita
attraverso la creazione di innumerevoli e statici nuovi centri di potere
che poi finiscono sempre col non contare praticamente nulla, o almeno
tutto ciò non basta.
La commissione o la sotto-sotto-commissione che è chiamata a
risolvere il particolare problema e che si vanta di essere l'incarnazione
pratica del concetto di democrazia perché in essa nuovi cittadini possono
essere determinanti, finisce poi col rispecchiare quasi sempre ciò che
viene deciso al "centro" e non solo perche i "nuovi cittadini" entrano
nell'istituzione come rappresentanti dei vari partiti, ma perche in una
situazione di stasi lo spirito di conciliazione permea sia il "centro" che la
"periferia". Gli effetti pratici di una simile decentralizzazione del potere si
possono scorgere facilmente: basta soffermarsi un attimo su ciò che
succede in uno qualsiasi dei vari enti locali esistenti in Italia.
Da una parte vi è un numero enorme di commissioni varie, dall'altra un
potere inesistente e una ben misera partecipazione, dovuta per lo più al
sacrificio personale di qualche persona che si fa carico di appartenere
contemporaneamente a più commissioni.
96
Quello che oggi ci serve non consiste nel continuare una politica
del genere chiudendo gli occhi sulla diminuzione continua della
partecipazione. Questa può essere fomentata solo attivamente, nella
lotta, perche solo nella lotta le mediazioni, gli accordi, i compromessi
finiscono di avere senso.
Anche quanto appena detto si può ricavare dall'insegnamento di
Rosa. Non a caso P. Nettl può dire: "Rosa Luxemburg sosteneva innanzi
tutto l'importanza della partecipazione attiva, e non solo la ricezione
passiva delle conquiste dalle mani di una elite rivoluzionaria.
E il problema della partecipazione diretta occupa ancor oggi la
maggioranza degli studiosi di problemi politici, marxisti o borghesi che
siano. Elemento dominante della dottrina di Rosa Luxemburg non era la
democrazia e neppure la libertà individuale o lo spontaneismo, bensì la
partecipazione - attrito che produce energia rivoluzionaria che a sua
volta fa maturare la coscienza di classe e conduce alla rivoluzione." 5
Voglio concludere sottolineando ancora una volta che la
modernità di Rosa Luxemburg dipende proprio dal fatto che in essa tutti
i quesiti che oggi, in una realtà a capitalismo avanzato, un rivoluzionario
è chiamato ad affrontare, sono presenti e, in secondo luogo, dal fatto
che ella dà, a quei quesiti, secondo me, una risposta adeguata.
La via al socialismo in essa tratteggiata è di una attualità
enorme; la sua impostazione metodologica e l'importanza data al
problema della coscienza di classe fanno di questa via un'alternativa
reale sia a quella leninista sia a quella socialdemocratica in quanto i
presupposti di un suo impiego sono facilmente ravvisabili solo in una
società che, come la nostra, ha ormai raggiunto un alto grado di
sviluppo capitalistico: in una società cioè in cui il riformismo ha fatto il
suo tempo e il leninismo, risposta adeguata in situazioni "arretrate",
proprio per questo, non ha nessuna possibilità di affermazione.
5
P. Nettl, Rosa Luxemburg, Mi - Il Saggiatore - I970, vol.I, pag. 29.
97
Nota bibliografica
Scritti di Rosa Luxemburg
Per ciò che riguarda gli scritti di Rosa Luxemburg rimando totalmente a:
-
Rosa Luxemburg, Scritti Politici, a cura di Lelio Basso, Editori Riuniti –
Roma - I967. Vi sono elencati 787 titoli a cui se ne sono aggiunti 63 in:
-
Rosa Luxemburg, Lettere ai Kautsky, a cura di Lelio Basso, Editori Riuniti
– Roma - 1971.
E a:
-
Rosa Luxemburg, Scritti Scelti; a cura di Luciano Amodio, Einaudi –
Torino - I975; contiene una bibliografia splendidamente curata e
suddivisa in:
Opere complete. Raccolte particolari. Edizioni originali
manoscritti inediti. Lettere. Traduzioni italiane. Sunti in italiano.
-
e
Scritti Politici, a cura di Lelio Basso, contiene i seguenti scritti di Rosa
Luxemburg:
-
Riforma sociale o rivoluzione?
Problemi di organizzazione della socialdemocrazia russa.
Prefazione a "La questione polacca e il movimento socialista".
Sciopero generale, partito, sindacati.
Discorso al congresso del POSDR.
Militarismo, guerra e classe operaia.
La ricostruzione dell'Internazionale.
La crisi della socialdemocrazia.
La rivoluzione russa.
Discorso sul programma.
Il volume, oltre a contenere una Introduzione di Lelio Basso,
fondamentale ai fini della comprensione del pensiero di Rosa
Luxemburg, contiene pure una Nota introduttiva come premessa ad ogni
scritto di Rosa Luxemburg.
-
Scritti Scelti, a cura di Luciano Amodio, contiene i seguenti scritti di Rosa
Luxemburg
- La questione polacca.
- Il socialismo in Polonia.
- Lo sviluppo industriale della Polonia.
- Riforma sociale o rivoluzione?
- Milizia e militarismo.
- E per la terza volta l'esperimento belga.
- Ristagno e progresso nel marxismo.
- La rivoluzione in Russia.
- Sciopero di massa, partito e sindacati.
- La questione nazionale e l'autonomia.
- La teoria e la prassi.
- Introduzione all'economia politica.
- Tra incudine e martello.
98
-
Due lettere contro la guerra.
Prospettive e progetti.
Juniusbroschure.
Introduzione alla traduzione del Korolenko.
La tragedia russa.
La rivoluzione russa.
Ai proletari di tutti i paesi.
Assemblea nazionale o governo dei Consigli?
Discorso sul programma.
L'ordine regna a Berlino.
In Appendice, il volume contiene:
- Movimento operaio all'estero.
- Dal paese delle rivolte della fame e dell'anarchismo.
- Lettere dall'Italia.
- Rinascenza socialista.
- La Terza Internazionale e Rosa Luxemburg.
Il volume, oltre all'Introduzione, contiene una nota di premessa ad ogni
scritto di Rosa Luxemburg.
Gli scritti di Rosa Luxemburg ivi presenti, non sono riportati
integralmente.
Altri scritti di Rosa Luxemburg:
- Riforma sociale o rivoluzione? Editori Riuniti Roma - 1973.
- Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa, in Lenin
Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, Newton Compton
Roma 1973.
- Sciopero di massa, partito, sindacati, Newton Compton, Roma
1977.
- Introduzione all'economia politica, Jaca Book, Milano 1972.
- L'accumulazione del capitale. Contributo alla spiegazione
economica dell'imperialismo. In appendice: Ciò che gli epigoni hanno
fatto della teoria marxista. Una anticritica. Einaudi Torino 1960.
- La rivoluzione russa, Milano, Edizioni Prometeo 1956.
- Replica a Lenin a proposito di centralismo o democrazia, Milano
ed. Movimento Operaio 1957.
- Lettere 1915-1918 (corrispondenza con K. Liebknecht) Roma
Editori Riuniti 1967.
- Lettere a Leo Jogiches Milano Feltrinelli 1974.
- Scioperi selvaggi, spontaneità delle masse, Napoli - La Vecchia
Talpa 1970.
99
Scritti su Rosa Luxemburg
Anche qui rimando a:
— Rosa Luxemburg, Scritti Scelti, a cura di Luciano Amodio,
op.cit. Contiene una nota suddivisa in:
Bibliografie. Biografie e scritti biografici.
Saggi critici o storici. Sull‘accumulazione.
Studi sulla Luxemburg in lingua italiana o tradotti.
Articoli in italiano di particolare interesse.
Vista l'ampiezza della nota bibliografica contenuta in questo volume,
ritengo utile compilare solamente una nota di testi, saggi e articoli,
apparsi in italiano, sia originali che tradotti.
Scritti su Rosa Luxemburg in lingua italiana o tradotti
- Agosti A., Rosa Luxemburg e il pensiero marxista, "Studi
storici", a. XIV, n.4, ottobre dicembre I973, Istituto Gramsci.
- Amodio Luciano, Introduzione a Rosa Luxemburg, Scritti Scelti,
Edizione Avanti! - Milano - I963. Un'edizione riveduta e ampliata dal
curatore (L. Amodio) è Rosa Luxemburg, Scritti Scelti, Einaudi - Torino I975.
Amodio
Luciano,
Il
contrasto
Lenin-Luxemburg
sull'organizzazione
del
partito,
"Quaderni
Piacentini",
n.2I,
gennaio/febbraio I965. Ora in: Quaderni Piacentini Antologia I962/I968.
Edizioni Gulliver - Milano - I977.
- Amodio Luciano, Democraticità del Massenstreik per Rosa
Luxemburg, "Problemi del socialismo", n. I, a. XIII, gennaio/febbraio
I97I.
- Amodio Luciano, La rivoluzione bolscevica nell’interpretazione di
Rosa Luxemburg, Storia del marxismo contemporaneo, vol. IV, Feltrinelli
– Milano - I977.
- Amodio Luciano, Cronologia della vita e delle opere di Rosa
Luxemburg, in Rosa Luxemburg, L'accumulazione del capitale, Einaudi –
Torino - I972, seconda ed.
- Arendt, Un'eroina della rivoluzione, "Tempo presente", XIII,
n.5, maggio I968, Roma. (Trad. da: H. Arendt, A Heroine of Revolution,
in "New York Review of Books", 6 ottobre I966.)
- Badia Gilbert, Il movimento spartachista. Gli ultimi anni di Rosa
Luxemburg e Karl Liebknecht, Samonà Savelli - Roma-1970. (Trad. da
Le spartakisme. Les dernieres anees de Rosa Luxemburg et de Karl
Liebknecht. I9I4-I9I9., L'Arche, Paris, I967.)
- Badia Gilbert, Rosa Luxemburg e la Terza Internazionale,
"Problemi del socialismo", a. XIII, n. I, gennaio febbraio I97I.
- Badia Gilbert, L'analisi dello sviluppo capitalista in Rosa
Luxemburg, Storia del marxismo contemporaneo, vol. IV, Feltrinelli –
Milano - I977. (Titolo originale: L'analyse du developpement capitaliste
chez Rosa Luxemburg)
- Banfi R., Appunti sull'Accumulazione del capitale di Rosa
Luxemburg, "Rivista storica del socialismo", III, n. 10, maggio/agosto
I960, Milano.
- Basso Lelio, Introduzione a Rosa Luxemburg, Scritti Politici,
Editori Riuniti – Roma - I967.
100
- Basso Lelio, Introduzione a Rosa Luxemburg, Lettere a Karl e
Luise Kautsky, Editori Riuniti – Roma - 197I.
- Basso Lelio, Socialismo e rivoluzione in Rosa Luxemburg,
"Problemi del socialismo", n.1, a. XIII, gennaio/febbraio 1971.
- Basso Lelio, Introduzione a Rosa Luxemburg, Sciopero di
massa, partito, sindacati, Newton Compton – Roma - 1977.
- Basso Lelio, Prefazione a Rosa Luxemburg, Riforma sociale o
rivoluzione?, Editori Riuniti – Roma - I973.
- Basso Lelio, Introduzione a Per conoscere Rosa Luxemburg,
Oscar Mondadori – Milano - 1977.
- Basso Lelio, (a cura di) Rosa Luxemburg. Una vita per il
socialismo. Feltrinelli – Milano - 1973. Contiene una Introduzione di Lelio
Basso, una Cronologia, una Bibliografia delle edizioni più recenti e una
ricca documentazione fotografica dovute a vari curatori.
- Bedeschi Giuseppe, Partito e democrazia socialista in Rosa
Luxemburg, "Problemi del socialismo", n.43, a. XI, Roma,
novembre/dicembre 1969.
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marxismo rivoluzionario di Rosa Luxemburg; Hartmuth Mehringer e
Gottfried Mergner: La nuova sinistra tedesca e Rosa Luxemburg;
Georges Haupt: Alcune lettere inedite di Rosa Luxemburg (1908-I9I4);
in appendice al volume: Quattro articoli di Rosa Luxemburg su
"parlamentarismo e consigli operai", apparsi su Die Rote Fahne.
(Trad. da Rosa Luxembourg vivante, Maspero, Paris I969)
103
Indice
Premessa
1-4
Parte prima
Parte seconda
Parte terza
a) Rapporti tra polacchi e russi
b) SDKP e SDKPiL
c) SPD e Riforma sociale o rivoluzione?
5
11
17
a) Presupposti del bolscevismo
b) La questione dell'organizzazione in
Lenin
c) Problemi organizzativi della
socialdemocrazia russa
32
a) La rivoluzione russa del 1905 e
Sciopero di massa, partito, sindacati
b) Lo scoppio della guerra mondiale e
La crisi della socialdemocrazia
c) La rivoluzione russa
d) La rivoluzione tedesca
41
51
57
74
79
85
Conclusione
92
Nota bibliografica
98
104
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