Università degli studi di Milano Facoltà di lettere e filosofia Laurea in filosofia Laino Giuseppe Problemi teorici e politici dell’organizzazione di massa in Rosa Luxemburg Relatore Prof. Emilio Agazzi 19 febbraio 1980 1 Premessa La necessità di anticipare il regno della libertà mediante la costituzione di organizzazioni in cui prevalgono forme di relazione di tipo comunista è in evidente contrasto con la realtà. Le organizzazioni di massa della classe operaia, sempre più burocratiche e somiglianti alle strutture di dominio dello stato, sono ormai diventate apparati di potere aventi lo scopo di soffocare ogni attività spontanea proveniente dalla base. In un contesto simile è naturale che il problema della organizzazione divenga, per il movimento operaio, di fondamentale importanza, anche se, la contraddizione di cui sopra si parlava, è praticamente irrisolvibile nelle condizioni di dominio capitalistico. Infatti non si tratta di fantasticare su nuove strutture capaci di anticipare la società liberata, in quanto risulta chiaro al minimo esame che il grado di liberta che in una data situazione è possibile raggiungere è storicamente determinato e comunque è sempre il risultato di una mediazione fra libertà e costrizione. Il problema consiste nel saper interpretare e poi risolvere a livello organizzativo questa mediazione nel senso del maggior innalzamento possibile della coscienza di classe. È quindi da condividere l'affermazione di H.J.Krahl secondo cui "il problema dell'organizzazione è [...] quello della 'materializzazione' della teoria a coscienza politica". 1 Come lo è, ritengo, il contributo notevole che Rosa Luxemburg apporta all'intera questione. Innanzi tutto, per la grande rivoluzionaria polacca, non si trattò mai di relegare i problemi organizzativi in un ambito puramente tecnico: essi erano di fondamentale rilevanza strategica e come tali andavano affrontati. In lei non vi sono statiche contrapposizioni tra chi "serve" e chi "tradisce“ la classe; tra chi conserva gelosamente la purezza della teoria senza mai riuscire ad avere un seppur minimo consenso di massa e chi, invece, avendo quest'ultimo, dimentica pero, a furia di compromessi, ogni reale connessione fra mezzi e fini. "L'unione della grande massa popolare con uno scopo che va al di là di tutto l'attuale ordinamento, della lotta quotidiana con la grande riforma del mondo, questo è il grande problema del movimento socialdemocratico, il quale quindi deve operare procedendo per tutto il suo sviluppo fra due scogli: fra l'abbandono del carattere di massa e l'abbandono dello scopo finale, fra ricaduta nella setta e precipitare nel movimento riformista borghese, fra anarchismo e opportunismo." 2 Il che vuol dire anche chiarire il rapporto riforma/rivoluzione: "Riforma sociale o rivoluzione? La socialdemocrazia può dunque essere contro la riforma sociale? O può contrapporre la rivoluzione sociale, il rovesciamento dell'ordine esistente, che costituisce il suo scopo finale, alla riforma sociale? Sicuramente no. Al contrario, per la socialdemocrazia la lotta pratica quotidiana per delle riforme sociali, per il miglioramento delle condizioni del popolo lavoratore anche sul terreno dell'ordine esistente, per delle istituzioni democratiche, costituisce la sola via per condurre la lotta di classe proletaria e per lavorare in vista dello scopo finale che è la presa del potere politico e l'abolizione del 1 Hans Jurgen Krahl, A proposito ai Lukacs: Storia e coscienza di classe; in H.J.Krahl, Costituzione e lotta ei classe, Mi - Jaca Book-I973, pag. 199 2 Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, Roma - Editori Riuniti - 1973, pagg. I32/I33. 2 salariato. Fra riforma sociale e rivoluzione sociale esiste per la socialdemocrazia un nesso indissolubile, in quanto la lotta per la riforma costituisce il mezzo ma lo scopo è la trasformazione della società." 3 La cosiddetta polemica sull‘organizzazione è affrontata da Rosa Luxemburg solo ed esclusivamente su questo piano e anche quando, nel caso di Lenin, ella critica negativamente quegli aspetti tecnici che caratterizzano la struttura del partito bolscevico, lo fa in quanto essi rappresentano i sintomi di una strategia operaia fondamentalmente limitata. Il suo approccio metodologico al problema è essenzialmente dialettico; per questo non può essere condiviso il giudizio di Daniel Guerin quando dice: "Se Rosa si è sbagliata, lo ha fatto ogni volta, almeno così ci sembra, che si contraddice a proposito dei rapporti complessi che si annodano tra il movimento elementare delle masse e l'elite cosciente, perche Rosa non riesce ancora a scoprire una formazione operaia capace di costituire realmente questa elite." 4 I desideri "libertari" di Guerin non sono soddisfatti da Rosa Luxemburg. Ella non si libra mai "nell'azzurro cielo" sede naturale di ogni buon anarchico. E, naturalmente, è altrettanto falsa, per gli stessi motivi, l'interpretazione contrastante di Ernest Mandel: "La concezione di Rosa Luxemburg secondo cui 'l'esercito rivoluzionario si recluta solamente nel corso della lotta stessa e soltanto nel corso di questa gli obiettivi della lotta gli si presentano chiaramente' è stata smentita dalla storia. Neppure nel corso delle lotte operaie più dure e prolungate la massa dei lavoratori è mai stata, o non è stata sufficientemente in grado di distinguere quali fossero i suoi obiettivi di lotta." 5 In Rosa non vi e mai "sottovalutazione dell'elemento cosciente nella direzione del movimento" e nemmeno "visione mistica della classe come totalità" come invece si ostina a ripetere Marzio Vacatello. 6 Il suo contributo più prezioso consiste nell'aver tentato di concretizzare in un nuovo tipo di rapporto fra elite e classe, quella mediazione storicamente determinata fra libertà e costrizione di cui all’inizio si parlava, mediazione che evidentemente, date le differenze notevoli fra Germania e Russia, non poteva certamente assomigliare a quella offerta da Lenin. La soluzione di Rosa ricorda moltissimo quella di Gramsci così chiaramente espressa nei Quaderni del carcere: "Nel formare i dirigenti è fondamentale la premessa: si vuole che ci siano sempre governati e governanti oppure si vogliono creare le condizioni in cui la necessità dell'esistenza di questa divisione sparisca? Cioè si parte dalla premessa della perpetua divisione del genere umano o si crede che essa sia solo un fattore storico, rispondente a certe condizioni?" 7 Dove risulta evidente che la premessa essenziale è il riconoscere che oggi si e costretti ad accettare come punto di partenza necessario la 3 Ibidem, pag. 29. 4 Daniel Guerin, Rosa Luxemburg e la spontaneità rivoluzionaria, Mi – Mursia - I974, pag. I26. 5 Ibidem, pagg. 158/I59. 6 Marzio Vacatello, Presentazione a Paul Frolich, Rosa Luxemburg, Fi - La Nuova Italia I969, pag. XI. 7 Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, To – Einaudi - I975, vol. III, pag. I752. 3 suddetta divisione se poi si vuole operare in maniera tale da farla sparire. Ho cercato di mostrare come, analizzando il pensiero di Rosa Luxemburg sull'organizzazione, si finisca poi col dover approfondire i due problemi forse più importanti che la classe operaia deve affrontare: i rapporti fra riforma e rivoluzione e quelli fra elite e classe. E in effetti, non a caso, Nettl dice "solo Rosa Luxemburg ha partecipato attivamente alle due grandi scissioni del marxismo moderno e ha contribuito a compierle.“ 8 La prima, nel 1910, la vide schierata contro Kautsky: si trattava di individuare il carattere della rivoluzione, "era formale o reale, oggettiva o soggettiva, un avvenimento che si produceva o invece uno che doveva essere fatto?" (Nettl); la seconda, imperniata sulla polemica con Lenin, riguardava il problema se i socialisti facevano o guidavano la rivoluzione. Le due polemiche non vanno distinte così nettamente come fa Nettl. Rosa Luxemburg considerava il leninismo una variante, anche se di sinistra, dell'opportunismo che caratterizzava sia Kautsky che i revisionisti alla Bernstein ed è per questo che il confronto Luxemburg/Lenin può essere preso come punto di partenza per un'analisi generale del pensiero di Rosa. Se, oltre a ciò si tiene presente che, oggi il peso di Lenin è assolutamente sproporzionato rispetto una sua reale utilizzazione in paesi ad alto sviluppo capitalistico, lo scontro con la Luxemburg diventa anche l'occasione per gettare nuova luce, per una visione più realistica che vada quindi al di la del mito, sul pensiero stesso del grande rivoluzionario russo. Concludendo, mi sembra giusto sottolineare ciò che Alain Guillerm dice: " [...] non solo è facile dimostrare che, per il numero di pagine e per il loro ruolo nell’edificio concettuale [di Rosa], l'opposizione di sinistra ai bolscevichi ha occupato una posizione centrale; ma anche che le critiche rivolte a Bernstein e a Kautsky potrebbero in realtà essere rivolte anche contro Lenin, il quale, secondo i concetti luxemburghisti, può essere qualificato solo come socialdemocratico di sinistra: basti pensare alle sue profonde identità di vedute e al suo rispetto per Kautsky a proposito del problema della coscienza di classe. Ecco la nostra tesi: è la opposizione Luxemburg/Lenin (con le sue 'cause' politiche, filosofiche e sociologiche) che riveste un'importanza centrale per ogni comprensione di Rosa. E' proprio questo che ci sforzeremo di dimostrare; nonché quanto questa opposizione sia attuale (tra gauchistes e PCF) anche quando i primi si servono di una 'forma leninista'. Perche questa è l'opposizione tra proletariato e burocrazia." 9 Al di la della "forma leninista" di cui Guillerm parla, mi sembra di condividere pienamente tutto il resto: ecco perché tema centrale di questo lavoro è le concezione dell'organizzazione in Rosa Luxemburg. Le sue esperienze, le sue teorizzazioni e le sua polemica con Lenin, permettono di rivelare, dando un quadro d'insieme delle sue personalità teorica e rivoluzionaria, una filosofia delle storia che, mi auguro, possa servire, oggi più che mai, alla causa delle classe operaia. 8 Peter Nettl, Rosa Luxemburg, Mi - Il Saggiatore - I970, vol. II, pag. 356. 9 Daniel Guerin, Rosa Luxemburg e la spontaneità rivoluzionaria, op. cit., pag. 155. 4 PARTE PRIMA I a) Rapporti tra Polacchi e Russi. Il movimento rivoluzionario polacco aveva, sin dagli inizi, creduto più che ad una Polonia libera, indipendente e socialista, al carattere panrusso della rivoluzione. "Il patriottismo polacco infatti [...] doveva necessariamente mettere la classe operaia al seguito delle altri classi [...] Il più vicino compagno di lotta della classe lavoratrice non va cercato [...] nella società polacca, ma nel movimento rivoluzionario russo. E la questione nazionale polacca verrà risolta con la rivoluzione socialista internazionale." 1 Il Partito socialista-rivoluzionario Proletariat aveva anche attuato praticamente questa scelta ideologica sin dal marzo I884, quando era avvenuta l'alleanza con Narodnaja Volja; ma questa esperienza fu fatale al giovane movimento rivoluzionario polacco: le differenze oggettive tra Polonia e Russia non erano facilmente superabili con semplici accordi formali. "Nella conoscenza della realtà sociale e dei presupposti della lotta rivoluzionaria il Proletariat era superiore alla Narodnaja Volja nella stessa misura in cui lo sviluppo sociale della Polonia era più avanzato rispetto a quello della Russia centrale. Il Proletariat riconosceva la realtà del capitalismo e dichiarava, nel nome e nelle concezioni fondamentali, di essere il partito della classe operaia. Voleva condurre la lotta rivoluzionaria come una lotta delle masse operaie. Sottolineava energicamente il suo carattere internazionale, rompeva con la tradizione del movimento rivoluzionario polacco e respingeva l'obiettivo politico dell'indipendenza della Polonia. [...] I principi su cui si fondava il Proletariat erano inconciliabilmente in contraddizione con la tattica terroristica della Narodnaja Volja. Se l'alleanza non doveva rimanere lettera morta, il Proletariat doveva riconoscere i metodi terroristici e una tattica blanquista, che voleva fare la rivoluzione per la classe operaia mediante una congiura e non più mediante un'azione di massa della classe operaia stessa. Il partito degenerò in un'organizzazione cospiratoria che organizzava imprese terroristiche in collegamento con la Narodnaja Volja senza mai arrivare all'azione. Così venne travolto dal crollo della Narodnaja Volja e da tale crollo poterono sollevarsi soltanto quei piccoli circoli nei quali Rosa Luxemburg fece il suo apprendistato politico." 2 Rosa Luxemburg non fece altro che riprendere ed approfondire teoricamente questa tematica. Al Terzo Congresso dell'Internazionale Socialista, tenutosi a Zurigo dal 6 al I2 agosto 1893, presentò un rapporto di minoranza per conto della delegazione polacca 3 che tra 1 Paul Frolich, Rosa Luxemburg, FI—La Nuova Italia -1969, pag. 22. 2 Ibidem, pagg. 22/23. 3 P. Frolich dice: "[...] e infine l'avvicinamento dei principi programmatici portarono nel 1893 alla fusione del partito Proletariat con la Lega degli operai polacchi e due gruppi minori: nacque così il Partito Socialista Polacco (PPS). Organo del partito fu Sprawa Robotnicza - (Causa Operaia), giornale fondato nel 1893 e che usciva a Parigi. Il fondatore era Leo Jogiches, redattore Adolf Warski, il suo capo spirituale la giovane Rosa Luxemburg [...] A Zurigo Rosa Luxemburg aveva studiato, con la passione e la tenacia che le erano proprie, la storia della Polonia [...] il risultato di questo lavoro fu esposto nel primo documento importante che possediamo di lei, un'ampia relazione del Partito 5 l'altro è il primo documento importante che conosciamo di lei. Peter Nettl ritrova un valore in quel rapporto nel fatto che si contrapponeva nettamente a quello del PPS nel negare ogni prospettiva di restaurazione della Polonia storica: ogni politica mirante all'indipendenza era assolutamente anacronistica. È proprio su questa questione e per le polemiche che ne nacquero che il gruppo attorno a Rosa Luxemburg e a Leo Jogiches decise di fondare il Partito Socialdemocratico del Regno di Polonia (SDKP) il cui primo congresso si tenne nel marzo del 1894. Contemporaneamente Rosa tento di avvicinarsi ai Russi, ma Plechanov rifiutò ogni contatto e anzi riferì ad Engels molto negativamente sia sui Polacchi in genere, sia su Rosa in particolare. 4 L'intransigenza di Rosa sulla questione dell’indipendenza polacca e nella conseguente polemica col PPS le valsero un isolamento rotto solo dall'amicizia con Krisevskij e Akimov che avevano costituito, in contrapposizione a Plechanov, l'Unione dei Socialdemocratici russi all'estero. Nel 1895, sotto l'auspicio di Sprawa Robotnicza, l'organo teorico dell' SDKP, Rosa Luxemburg fece pubblicare con lo pseudonimo di Maciej Rozga, il suo primo opuscolo: La Polonia indipendente e la causa operaia, in cui dimostrava in termini politici che il nazionalismo era il rifugio della borghesia, ma che questa stessa borghesia aveva cessato di essere un fattore rivoluzionario in Polonia. Queste tesi, rielaborate, furono pubblicate anche sulla Neue Zeit e sul numero I4 di Critica Sociale del I6 luglio 1896, in occasione delle nuove polemiche scoppiate con la riapertura del Congresso dell'Internazionale Socialista, a Londra, il I7 luglio I896. Anche la sua tesi di dottorato all'Università di Zurigo, presentata prima di trasferirsi in Germania, tratta della Polonia: è intitolata "Lo sviluppo industriale della Polonia" e costituisce il primo studio economico serio su questo oggetto. "Essa dimostrò che, in termini economici, la Polonia russa era diventata una parte integrante dell'impero russo, che lo sviluppo economico della Polonia non avrebbe potuto avere luogo senza l'importante mercato russo e che l'economia polacca non aveva senso al di fuori di questo contesto." 5 Il 20 settembre 1898 è a Berlino, giusto in tempo per prendere parte al dibattito sul revisionismo che iniziò con la serie di articoli pubblicati da Parvus sulla Sachsische Arbeiterzeitung, tra il 28 gennaio e il 6 marzo 1898, col titolo "E. Bernstein rivoluziona il socialismo". La polemica la assorbe tutta e solo dal 1900 in poi poté tornare ad occuparsi della Polonia. Per il momento è importante notare che: I) sia la polemica sull'indipendenza della Polonia, sia quella sul revisionismo, servirono a presentare Rosa Luxemburg come uno dei più grossi cervelli del socialismo internazionale; e 2) "Bebel incominciò ad interessarsi della questione soltanto nel momento in cui, assieme ai suoi colleghi, si Socialista Polacco al congresso socialista internazionale dei lavoratori che si tenne a Zurigo nel 1893." In Rosa Luxemburg, op.cit., pag. 24. Peter J. Nettl sostiene invece che I) Sprawa Robotnicza "non ricevette l'appoggio della direzione del PPS", perché fin dal primo numero rivelò una linea indipendente; esso fu l'organo dell'SDKP, non del PPS; II) "Rosa Luxemburg scrisse a nome del gruppo di Sprawa Robotnicza un rapporto di minoranza [...] il gruppo dirigente del PPS presentò un suo proprio rapporto, e al congresso ci furono due documenti separati e molto diversi che pretendevano entrambi di rappresentare il movimento socialista della Polonia russa." In P. Nettl, Rosa Luxemburg, Mi - Il Saggiatore - 1970, vol.I, pagg. 93/94/97. 4 Peter Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 97. 5 Ibidem, pag. 126. 6 accorse che il problema polacco stava intaccando la sua organizzazione con l'intensità di un acido, sottraendo grossi nuclei di iscritti potenziali al controllo tedesco." 6 La paura di una crisi dell’apparato organizzativo della SPD accomunò queste preoccupazioni a quelle successive al dibattito sul revisionismo. "Nella questione polacca l'esecutivo rinunciò alla difesa delle posizioni ortodosse - favorevoli alla causa dell'indipendenza polacca - 7 non appena si trattò di proteggere la coesione organizzativa del partito. Allo stesso modo l'esecutivo intervenne nella controversia revisionista solo per salvaguardare il partito da una frattura nell’autorità monolitica del gruppo dirigente." 8 Nel frattempo, a partire dal 1897, le sorti del movimento socialista in Russia migliorarono. Le organizzazioni socialiste ebraiche si congiunsero formando il Bund (che è l'abbreviazione di Lega – Bund - generale dei lavoratori ebrei di Lituania e Polonia) nel I897 e l'anno seguente i socialdemocratici crearono il loro partito (RSDRP). Questo successo caratterizzò anche l'SDKP che nel 1899 si unificò coi socialdemocratici di Lituania di Feliks Dzierzynski, formando il Partito Socialdemocratico del Regno di Polonia e Lituania (SDKPiL). Dzierzynski si recò subito a Varsavia dove applicò le sue energie di abile ed espertissimo organizzatore per tessere le fila del nuovo partito: nel I900 il partito aveva esteso la sua organizzazione alla maggioranza dei più importanti centri industriali polacchi e al distretto minerario di Dabrowa. Il prestigio che Rosa aveva ormai guadagnato a livello internazionale grazie ai suoi numerosi interventi fu, d'ora in poi, reso più solido dalla crescita politica del partito di cui fu sempre la massima ispiratrice. Ora, finalmente, poteva di nuovo pensare all'unificazione coi Russi e questa volta da una posizione di forza che non aveva mai avuto. Ma, appena fondato il partito russo, "Plechanov sostenne il primato dell'RSDRP sul Bund e sui Polacchi. Diffidava del Bund - tale diffidenza era largamente reciproca - e i suoi rapporti col gruppo di Rosa 6 Ibidem, pag. 123. In effetti il PPS tentò di contrapporsi all'SPD facendo leva sulle condizioni particolarmente sfavorevoli in cui vivevano i polacchi di Germania in confronto agli stessi operai tedeschi. Nel marzo 1901, alle elezioni per il Reichstag svoltesi nel distretto di Poznan, il PPS non appoggiò Kasprzak, il candidato ufficiale dell'SPD e il 13 luglio 1902, in una riunione tenutasi ad Auschwitz, furono nominati otto candidati polacchi da contrapporre a quelli dell'SPD nella campagna elettorale dell'anno seguente. In P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pagg.200/207. 7 Per Marx ed Engels la vittoria dell'idea nazionale in Polonia era il presupposto necessario per sconfiggere la politica reazionaria della Russia e per riuscire quindi, a creare uno stato democratico in Germania. (Vedi le istruzioni di Marx ai delegati del consiglio centrale provvisorio per il congresso internazionale di Ginevra del 1866). C'e da aggiungere però, che "Marx era, come Engels, molto scettico sul diritto di autodeterminazione dei popoli ... La sua adesione alla lotta per una Polonia democratica indipendente, era determinata dalla sua strategia politica. Anche Rosa Luxemburg si accostò alla soluzione del problema dal punto di vista della strategia politica. Abbatté i postulati di Marx ed Engels in fatto di politica estera, postulati che nel frattempo si erano talmente radicati nelle teste dei marxisti da venir accettati come leggi naturali e sottratti ad ogni esame. La ristrutturazione dell'Europa e alcuni processi sociali molecolari avevano mutato radicalmente i presupposti della politica di Marx. Proprio negli anni in cui Rosa Luxemburg arrivò ad una chiarificazione su questa questione, si stringeva l'alleanza tra la repubblica francese e l'assolutismo russo." In P. Frolich, Rosa Luxemburg, op.cit., pag. 29. 8 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 124. 7 Luxemburg erano stati tesi per oltre sette anni. Inoltre Krisevskij, Teplov e Akimov, i più intimi amici russi di Rosa Luxemburg e Leo Jogiches erano anche nemici personali di Plechanov.” 9 Vista la situazione creatasi, anche i Polacchi finirono col non stimare molto la nuova direzione russa. E, d'altra parte essi potevano anche aspettare: la loro era una posizione di vantaggio. Infatti fu l'Unione dei socialdemocratici russi all’estero che fece la prima mossa. Rosa Luxemburg fu pregata di presentare ai tedeschi il neonato RSDRP. Ella fu tentata subito di approfittarne per attaccare il detestato Plechanov, ma Jogiches le consigliò d'essere più prudente. Al primo congresso di fondazione dell'RSDRP, riunitosi segretamente a Minsk dal 13 al 15 marzo 1898, non tutti i gruppi interessati erano stati presenti e inoltre una decina di giorni dopo, la polizia arrestò vari rivoluzionari 10, per cui "unico frutto di questo Congresso fu un manifesto politico-ideologico, scritto da quello che doveva diventare di lì a pochissimi anni, il capo del liberalismo russo, Petr Berngardovic Struve." 11 Fallì anche il tentativo di tenere un ulteriore congresso o conferenza a Smolensk alla fine di aprile del I900, perchè la maggioranza dei delegati vennero arrestati mentre vi si stavano recando. In questo stesso anno Lenin, Martov e altri delegati di primo piano emigrarono e dopo breve tempo lo scontro con l’Unione dei socialdemocratici russi all'estero, fu inevitabile: Plechanov, Lenin e i giovani emigrati attorno all'Iskra accusarono di "economicismo" la vecchia Unione creando cosi una scissione nella direzione dell'RSDRP. Intanto i polacchi dell'SDKPiL fondarono nel 1902 il loro giornale popolare: Czerwony Sztander (Bandiera Rossa). La funzione del giornale era identica a quella dell'Iskra - esso doveva render nota la piattaforma politica del partito e divenire un punto di riferimento per i militanti del movimento; per Rosa, comunque, fu molto più importante Przeglad Socjaldemokratjczny (Rivista Socialdemocratica) che avrebbe dovuto essere l'organo teorico del partito allo stesso modo della Neue Zeit a cui si rifaceva. Attraverso questi organi di stampa e in ogni occasione, Rosa continuava a ribadire con vigore il carattere panrusso della rivoluzione in Polonia per cui si vide confrontata sempre più praticamente col problema dei rapporti fra partito polacco e partito russo. Proprio su questo tema fu convocato un congresso dell'SDKPiL che si svolse a Berlino tra il 24 e il 29 luglio 1903. In esso si deliberò a favore di negoziati miranti all’unificazione con l'RSDRP, anche se non furono nascoste quelle difficoltà legate soprattutto al tipo di struttura organizzativa richiesta dai Russi. I Polacchi, infatti, avrebbero preferito un legame di tipo federativo, mentre veniva loro concessa solo un’autonomia limitata che praticamente non garantiva nessuna parità. Comunque i Russi invitarono formalmente due polacchi al loro congresso 12 - avrebbero avuto diritto alla parola ma non al voto - anche se questa decisione fu presa contro il parere di Lenin e Martov, i quali sostenevano 9 Ibidem, pag. 286. 10 "La polizia una decina di giorni dopo (del congresso di Minsk) arrestò i comitati locali e a Jekaterinoslav occupò la tipografia segreta dell'appena nominato organo centrale, il foglio illegale Rabocaja Gazeta (Giornale dei lavoratori)". In Luciano Amodio, Il contrasto Lenin-Luxemburg sull'organizzazione del partito, Quaderni Piacentini Antologia I962/I968, Mi – Gulliver - I977, pag. I57. 11 Ibidem, pag. I57. 8 che i Polacchi avevano ormai perso ogni occasione. "Il numero di luglio (1903) dell' Iskra conteneva un articolo di Lenin sulle questione nazionale. In esso egli ribadiva ancora una volta che, sia per regioni teoriche, sia per regioni tattiche, il partito russo doveva sostenere il diritto all'autodeterminazione dei popoli oppressi." 13 Lenin non aggiunse niente e ciò che era detto anche nel programma dell'RSDRP, ma il suo scritto fece ugualmente l'effetto di una bomba. Ciò che preoccupò i Polacchi fu la date di pubblicazione coincidente con l'inizio delle loro trattative e il tono particolarmente duro che smentiva il formalismo essai diplomatico usato de Martov in un articolo precedente sullo stesso argomento. Gli effetti sui negoziati furono immediati. "Ormai sono sospesi ed un filo", scrisse Rosa a Warszawski. 14 Comunque, al di là di queste polemiche, le trattative erano destinate a fallire ugualmente. Le richieste dei Polacchi contrastavano con i principi organizzativi fondamentali dei Russi, condivisi e sollecitati de Lenin e da Martov. Tali principi non tarderanno e mostrarsi nei confronti del Bund che prima di essere costretto ad abbandonare il congresso decise di farlo spontaneamente. Warszawski, che insieme ad Hanecki era stato incaricato di condurre le trattative coi Russi, chiese istruzioni riguardo la questione dell'organizzazione, "e benché Rosa Luxemburg si interessasse soprattutto della questione nazionale, a questo punto fornì anche indicazioni e commenti dettagliati su tutti gli altri problemi trattati dal negoziato. Alla richiesta russa di avere dei rappresentanti nel comitato centrale polacco, Rosa rispose negativamente." 15 Pochi giorni dopo tutto era concluso. Il congresso russo si trasferì in blocco a Londra per sfuggire la polizia. Lì avvenne lo scontro tra Lenin e Martov sul paragrafo uno dello statuto del partito in seguito al quale avvenne la scissione tra menscevichi e bolscevichi. I Polacchi non parteciparono a queste polemiche perché erano rimasti a Bruxelles e comunque cessò ogni trattativa mirante all'unificazione tanto che, nel 1905, quando i Russi convocarono il successivo congresso, essi non furono neppure invitati. È interessante notare che Lenin, proprio in questo periodo, tentò degli approcci rimasti sconosciuti ai polacchi di Rosa, verso il PPS. Avvenuta la scissione, sia menscevichi che bolscevichi si rivolsero all'SPD e Rosa Luxemburg come maggiore esperta tedesca di problemi russi fu chiamata in causa, tanto più che faceva anche parte dell'Ufficio dell'Internazionale che era stato incaricato di risolvere il difficile problema dell'unificazione dei Russi. "Di conseguenza, all'inizio del 1904, si occupò con un certo ritardo delle questioni sorte al congresso russo dopo che i polacchi l'avevano abbandonato, e si imbatté inevitabilmente in Che fare? e Un passo avanti e due indietro di Lenin. Naturalmente la sua reazione alle proposte organizzative di Lenin fu negativa [...] scrisse un lungo articolo per Neue Zeit e lo offrì ai russi perché lo traducessero." 16 12 Il Secondo Congresso del Partito Operaio Socialdemocratico Russo fu sollecitato dal gruppo attorno all'Iskra e si svolse dal 30 luglio al 23 agosto 1903. Fino al 6 agosto si tenne a Bruxelles, poi, dopo l'ingiunzione della polizia belga di lasciare la capitale, a Londra, deve le riunioni ripresero il giorno 2 di agosto. 13 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 308. 14 Ibidem, pagg. 308/309. 15 Ibidem, pag. 309. 9 Era Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa. Prima di analizzare i tre testi appena citati, sarà utile, penso, soffermarci per un momento alle esperienze fatte da Rosa Luxemburg in organizzazioni politiche fino al 1903, perché è proprio da tali esperienze pratiche che emerge, per poi essere anche teorizzata, la concezione dell'organizzazione "come processo". Questa concezione appare, inoltre, almeno in nuce, già al tempo delle polemica coi revisionisti, per cui occorrerà, in seguito, esaminare con particolare attenzione Riforma sociale o rivoluzione? 16 Ibidem, pag. 3I6. 10 b) SDKP e SDKPiL Poco si conosce dell'attività politica di Rosa Luxemburg nel periodo precedente il 1889, anno in cui fu costretta a rifugiarsi in Svizzera. Paul Frolich fa iniziare le sue attività politiche in un gruppo organizzato, il Partito socialista-rivoluzionario Proletariat, nel 1886 17, mentre Peter Nettl posticipa la data di poco tempo: nel 1886 Rosa era, sembra, collegata solamente ad "ambienti studenteschi ribelli." 18 L'importante comunque, è la situazione particolare che ella dovette fronteggiare, quando entrò in una cellula del Proletariat. Questo partito era nato nel 1882 dalla fusione di vari circoli e comitati operai e già nel 1883 fu l'anima di un movimento di massa; nel 1884 venne portata a compimento, come si è già detto, quella alleanza con Narodnaja Volja che gli fu fatale: infatti nel 1885, l'intero partito fu condotto davanti al tribunale di guerra. Il risultato fu che quando Rosa, un anno dopo il grande processo di Varsavia, entrò in un gruppo del Proletariat, sopravvivevano solo alcuni resti dell'organizzazione. Dal colpo ricevuto il Proletariat si risollevò solo nel 1888 in concomitanza con un nuovo slancio nel movimento operaio. Nello stesso periodo venne fondata anche la Lega degli operai polacchi, un'organizzazione che "si limitava quasi esclusivamente a compiti economici della classe operaia, anzi in parte respingeva l'azione politica. Era simile a quella corrente ‘economicistica’ che sorse un decennio più tardi nel giovane movimento socialista russo." 19 Rosa Luxemburg probabilmente prese parte alla sua fondazione e comunque in seguito se ne occupò sempre attivamente. Le tradizioni ideologiche vive nel Proletariat e la sua unione/contrapposizione con Narodnaja Volja, contribuirono a diffondere la discussione su alcune questioni di fondo quali il terrorismo e il tipo di struttura organizzativa, settaria e cospirativa o con seguito di massa, che in ultima analisi, riguardavano la presa del potere. Più tardi Rosa Luxemburg, facendo riferimento a questo periodo, in un articolo apparso su Sozialistsches Monatsheft disse che "l’organizzazione era stata troppo centralizzata e troppo simile a Narodnaja Volja nel porre l'accento sul terrorismo." 20 Il risultato di queste prime esperienze è racchiuso nel primo documento che possediamo di lei e di cui abbiamo già parlato, cioè il rapporto presentato al Terzo Congresso dell'Internazionale Socialista svoltosi a Zurigo nell'agosto 1893. "Questo documento trattava in primo luogo della fondazione di una tattica 'Socialdemocratica' ossia marxista del movimento operaio polacco. A questo scopo Rosa Luxemburg doveva condurre una battaglia su due fronti: contro l'anarchismo blanquista e contro il riformismo, contro le tradizioni del Proletariat e contro le tendenze economicistiche che si erano mostrate nella Lega dei lavoratori polacchi ... 'Si era finalmente capito' scriveva Rosa Luxemburg generalizzando indebitamente la sua conoscenza personale 'che la funzione del partito socialdemocratico consiste nella guida cosciente della lotta di massa contro la società esistente, una lotta che deve tener conto delle 17 P. Frolich, Rosa Luxemburg, op.cit., pagg. 20/21. 18 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 70. 19 P. Frolich, Rosa Luxemburg, op.cit., pag. 23. 20 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 76. 11 necessità vitali all'interno della società capitalistica. Si è compreso che le lotte economiche per gli interessi quotidiani dei lavoratori sono lotte per una forma democratica di governo, sono una scuola che il proletariato deve necessariamente fare prima di essere in grado di abbattere l'attuale ordinamento della società.' (Rosa) non voleva lasciare il partito affondare nella lotta quotidiana, voleva anzi che il partito avesse davanti agli occhi l'intero processo dello sviluppo futuro, in conformità alla conoscenza storica e che ogni passo dell'azione pratica venisse dettato dal pensiero dello scopo finale." 21 Questo rapporto era inoltre, come abbiamo già visto, molto polemico con la direzione del PPS per quanto concerne la questione dell'indipendenza polacca, per cui si svilupparono subito delle polemiche molto accese. Plechanov ne approfittò per schierarsi immediatamente contro Rosa. Inizialmente si pensava di condurre una battaglia all’interno del PPS, ma l'atteggiamento assunto dal gruppo dirigente a Zurigo e i successivi attacchi della stampa del PPS fecero sfumare ogni speranza del genere. Si decise così di formare un partito completamente nuovo, il Partito Socialdemocratico del Regno di Polonia. (SDKP) Fu Rosa a sceglierne il nome e al suo primo congresso (marzo 1894) si assunse come programma l'editoriale apparso sul primo numero di Sprawa Robotnicza unito al rapporto presentato da Rosa al Congresso Internazionale Socialista di Zurigo. È interessante notare, dal nostro particolare punto di vista, che Rosa fu costretta a fondare un nuovo partito: ella "non confidava molto nelle sette e a quel tempo la piccola schiera di individui (SDKP) aveva tutte le caratteristiche di una minuscola setta." 22 E comunque "per sette anni, dal 1893 al 1900, (l'SDKP) fu praticamente una testa priva di corpo." 23 Dobbiamo soffermarci ora sul tipo di struttura che caratterizzava lo SDKP, altrimenti non si capirebbe "il fatto che si sia sviluppato nonostante tutti gli arretramenti" e si sia trasformato "in un nucleo molto potente che alla fine inghiottì la maggioranza del PPS e con essa costituì il Partito Comunista di Polonia." 24 D'altra parte a noi interessa particolarmente perché costituisce un’esperienza che ci aiuterà a capire meglio la posizione di Rosa Luxemburg sulle questioni organizzative. "Il gruppo dirigente dell'SDKP (essenzialmente Rosa Luxemburg, Leo Jogiches, Julian Marchlewski e Adolf Warszawski) é stato un fenomeno unico all'interno della seconda internazionale. Differì tanto dai partiti strettamente gerarchici dell'Europa occidentale, quanto dal gruppo rigidamente cospirativo, dominato dalle norme rigorose dell'unità di partito che i bolscevichi avrebbero sviluppato più tardi. Si trattò essenzialmente di una collaborazione fra eguali che formulavano una politica comune preservando il diritto individuale di dissentire. Erano personalità indipendenti e in pari tempo elementi al servizio di un'associazione più ristretta che si proponeva il raggiungimento di fini particolari, senza che per questo si creassero situazioni conflittuali evidenti tra i due ruoli. Si trattò in ogni caso di una forma insolita di associazione di gruppo. Le tracce dello spirito che la 21 P. Frolich, Rosa Luxemburg, op.cit. pagg. 24/25. 22 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 97. 23 Ibidem, pag. 109. 24 Ibidem, pag. 99. 12 animava rimasero in ognuno dei suoi aderenti e successivamente essi lo avrebbero introdotto nelle associazioni e nei partiti in cui avrebbero militato." 25 La caratteristica quasi di "gruppo di pressione" fu tipica di questo nucleo dirigente eccezionale. E si può riscontrare ciò nella riluttanza che Rosa ebbe sempre nel prendere parte alla fondazione di nuovi partiti con struttura organizzativa indipendente: è il caso dell'SDKP (come abbiamo visto), ma lo sarà anche per Spartaco nell'SPD prima e nell’USPD dopo, fino alla fondazione, con gran fatica del KPD. (Partito Comunista Tedesco) I quattro fondatori dell'SDKP "erano persone profondamente diverse una dall'altra ed erano ben lungi dall'essere sempre d'accordo su tutte le questioni. 26 [...] Dissentivano tutti per convinzione personale, e più che cospiratori organizzati erano degli outsiders. Avevano una fiducia illimitata nella prospettiva di un futuro socialista e nell‘esattezza delle loro analisi e della loro tattica. La loro collaborazione - e questo e il fatto più importante - si basava su una trama indefinibile di atteggiamenti personali che generavano una sorta di consenso spontaneo e flessibile che non aveva nulla a che vedere con una particolare teoria dell'organizzazione, con la dottrina o addirittura con il carisma. Invece di essere creato o prescritto, il consenso sorgeva spontaneamente. Benché gli statuti richiedessero un centralismo rigido e cospirativo - se si fosse preoccupato di esaminarli, in essi Lenin avrebbe trovato un modello perfetto per il centralismo democratico -, nel caso dei primi anni le procedure effettive del gruppo dirigente furono informali e personali piuttosto che rigide e ufficiali." 27 In questo contesto Rosa Luxemburg fu la principale sorgente di idee politiche del movimento, anzi si può affermare con tutta tranquillità che "Rosa Luxemburg nel corso di questi anni, era la socialdemocrazia polacca." 28 25 Ibidem, pag. 103. 26 Julian Marchlewski "era figura particolare, in un certo qual senso patrizia. La sua famiglia viveva a Wloclawek, a metà strada tra Poznan e Varsavia. Non era ebreo - suo padre era polacco e sua madre tedesca - in casa sua non c'era una tradizione di dissenso politico [...] era giunto al marxismo per pura convinzione personale. Pur possedendo una natura di intellettuale [...] era andato deliberatamente 'verso il popolo', seguendo la tradizione populista, e si era sforzato di assorbire l'ideologia della classe operaia facendosi assumere in fabbrica come tessitore o tintore [...] I suoi rapporti personali con Rosa furono spesso difficili. Più volte fu il portavoce del partito in questioni che in cuor suo non condivideva del tutto." Adolf Warszawski fu figura di primo piano nella Lega degli operai polacchi. Era ebreo, eccellente agitatore e oratore. "Non aveva la propensione intellettuale di Rosa Luxemburg o di Julian Marchlewski ed era molto più il tipo di rivoluzionario che dedica la sua intera esistenza alla complessa e spesso ingrata attività di persuasione su scala ridotta [...] a causa di queste sue caratteristiche personali, l'atmosfera del gruppo bolscevico in cui operò successivamente, all'interno del Partito socialdemocratico operaio russo (RSDRP), gli fu più congeniale che ad altri socialisti polacchi." Leo Jogiches, infaticabile ed abilissimo organizzatore, quando giunse a Zurigo nel 1890, all'età di 23 anni, era già stato arrestato due volte e in entrambi i casi era riuscito ad evadere. Era ebreo e di famiglia agiata. Non lasciò nulla di scritto, ma l'importanza del suo ruolo è stata certamente sottovalutata dagli storici socialisti. Nettl in qualche modo, lo rivaluta e dati anche i suoi rapporti personali con Rosa, lo cita innumerevoli volte. In P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pagg. 89/100/101. 27 P. Nettl, Rose Luxemburg, op.cit., vol.I, pagg. 101/102. 28 Ibidem, pag. 108. 13 Anche l’SDKPiL 29 aveva una struttura simile che del resto si armonizzava perfettamente con le posizioni ideologiche internazionalistiche di Rosa. "Le questioni interne di partito e i problemi organizzativi che sorgevano in Polonia avevano tradizionalmente svolto una funzione di secondo piano; il dar forma all'immagine internazionale del partito era sempre stata la preoccupazione prima del movimento." 30 Appunto per questo motivo "per il gruppo dirigente dell'SDKPiL l'influenza era dunque da anteporre al potere, il livello intellettuale al numero dei militanti. Più che un partito politico vero e proprio era un gruppo di pressione operante all'interno del socialismo internazionale; la sua struttura organizzativa e i suoi metodi rispecchiavano fedelmente questo fatto." 31 "Il gruppo dirigente dell'SDKPiL era sempre geograficamente disperso ... Questa dispersione geografica favoriva l’informalità, lettere di spiegazione e di informazione erano più efficaci delle istruzioni precise. Ogni membro del gruppo d'elite agiva in larga misura di propria iniziativa, secondo le proprie predilezioni ed abitudini. Gli ordini erano rari, salvo che in casi eccezionali, come i negoziati russi del 1903, la corrispondenza serviva a discutere sottili sfumature di opinioni. Dzierzynsky 32 era scandalizzato da questa rilassatezza in cui vedeva un sintomo di decadimento. 'Nessuna politica, nessuna direzione, nessuna solidarietà ... ognuno deve tirare avanti da solo.' Dzierzynsky non comprese che questa situazione non era accidentale ma forniva proprio le condizioni ambientali in cui il particolare genio di Rosa Luxemburg poteva dare i suoi frutti. Il tipo di organizzazione di partito a cui mirava sarebbe stato inaccettabile per la maggioranza dei dirigenti polacchi. Per loro il bolscevismo rimase sempre inconcepibile [...] Oltre ai militanti scarseggiava anche il denaro. Pure in questo caso un paragone con Lenin è interessante. Non si facevano sforzi particolari per racimolare dei fondi; ognuno doveva trovare il modo di guadagnarsi da vivere meglio che poteva (di solito con la penna) [...] Oltre ai canali organizzati, che non raggiunsero mai l'efficacia di quelli di Lenin, Jogiches e Rosa Luxemburg ricorsero anche a collegamenti personali [...] Lungi dall'essere una lacuna accidentale nella direzione degli affari di partito, quest'informalità era cosciente e gelosamente custodita. Alcuni dei dirigenti nutrivano una profonda avversione per le questioni finanziarie e più in genere per ogni attività burocratica." 33 Non si pensi però che, date queste caratteristiche, ogni dirigente potesse fare o dire ciò che voleva pubblicamente. Le critiche erano bene accettate, ma una regola ferrea le limitava: esse dovevano rimanere all'interno del gruppo. In effetti i problemi organizzativi non erano spariti del tutto come potrebbe sembrare da ciò che dice Nettl, erano solo passati in secondo piano. I dirigenti polacchi credevano più giusto favorire la rivoluzione attraverso lucidi e coerenti dibattiti con il pubblico, piuttosto che creare cellule settarie e artificiali in cui rinchiudersi. In seguito, le masse, 29 Sul come l'SDKPiL si formò, vedi pagine precedenti. 30 P. Nettl, Rosa Luxemburg, 0p.cit., vol.I, pag. 292. 31 Ibidem, pag. 255. 32 Su Dzierzynsky, vedi pagine precedenti. 33 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pagg. 206/207. 14 sollecitate non solo dalla loro azione ma anche dalla stessa situazione oggettiva, avrebbero risolto tutti i problemi, non solo quelli organizzativi. A questo punto occorrerà ricordare che la Polonia, sebbene fosse più avanzata della Russia, non era certamente al livello di una Germania. In Polonia la vita della società civile era morta, soffocata dall'autocrazia, almeno quanto in Russia: in essa l'SDKP e l'SDKPiL, in quanto gruppi di pressione, non avevano nessuna possibilità d'azione. Per evitare questa contraddizione, bisogna sottolineare con più energia di quel che fa Nettl, la distinzione fra gruppo dirigente e resto del partito, per quanto piccolo sia, a meno di risolvere tutto il partito nel gruppo dirigente, cosa che non corrisponde al nostro caso. Il gruppo dirigente di questi due partiti era costantemente all'estero, era composto da intellettuali che se non di pari levatura, almeno provenivano tutti da famiglie più o meno agiate e infine, di non secondaria importanza, è da tener presente l'origine di "senza patria" (erano infatti ebrei) che accumunava Rosa, Leo e Warszawski. Esistevano quindi alcune condizioni oggettive affinché si formasse un peer group 34 che agiva poi, verso l’esterno, cioè verso il socialismo internazionale, come gruppo di pressione. Il partito vero e proprio, le cellule esistenti in Polonia, non potevano che essere organizzate con norme e procedure identiche a quelle dei bolscevichi di Lenin, proprio per quelle condizioni oggettive che in gran parte rendevano Russia e Polonia molto simili fra loro. Non a caso, come del resto lo stesso Nettl fa presente, gli statuti del partito richiedevano un "centralismo rigido e cospirativo" di cui lo stesso Lenin sarebbe stato contento. È dalla netta differenza fra questa situazione e quella tedesca in cui Rosa militerà più tardi, che nasce ciò che Nettl definisce la schizofrenia di Rosa Luxemburg. L'azione contemporanea in Germania e in Polonia non poteva certamente essere condotta su una stessa direttiva: "i metodi che si rendevano necessari nei due campi erano profondamente diversi" ed "essa tenne rigorosamente separate le sue due vite; solo Jogiches era al corrente della reale estensione della sua attività [...] La divisione non aveva soltanto un carattere funzionale e non riguardava esclusivamente l'applicazione di metodi diversi, in realtà erano in gioco niente di meno che due diverse ideologie, o piuttosto due rapporti completamente diversi tra ideologia e prassi." 35 E se oggi possiamo guardare con interesse all'opera di Rosa Luxemburg, lo dobbiamo proprio al fatto che fu la Germania, più che la Polonia o la Russia, ad essere il terreno adatto alla realizzazione delle sue idee: "La Germania era e continuò a rimanere il suo campo di azione effettivo. Qui le esperienze della rivoluzione russa contribuirono a dar vita a una dottrina che poté essere messa praticamente alla prova. Solo in Germania esistevano realmente una massa proletaria politicizzata che avrebbe potuto intervenire in un processo rivoluzionario; una classe su cui era possibile applicare concretamente l'orientamento sociale di Rosa Luxemburg. Solo nel contesto tedesco aveva senso parlare di un contrasto tra masse e dirigenti. Quello che mancava era una situazione 'russa' in Germania, una volontà 'russa' di agire e Rosa si mise al lavoro per crearla o almeno per insegnare alla gente a riconoscerla quando esisteva." 36 34 Definizione di Nettl. 35 P. Nettl, Rosa Luxemburg, 0p.cit., vol.I, pag. 290. 36 Ibidem, pag. 394. 15 "La Germania stava allora attraversando un periodo di prosperità economica. Dal quarto posto che essa occupava fra i paesi industriali nel 1870, passava al terzo intorno al 1890 e al secondo intorno al 1900. Il volto economico del paese mutava rapidamente: il processo di concentrazione celebrava i suoi trionfi nell'industria del ferro, dell'acciaio e del carbone, nonché nella chimica e nell'elettrotecnica, ponendo le basi di una politica imperialistica che doveva estrinsecarsi nel commercio estero, nelle conquiste coloniali, nella politica internazionale, nella corsa al riarmo. Contropartita di questa espansione capitalistica erano un aumento dei salari reali, che pur rimanevano bassi ma che comunque smentivano le teorie ancora di moda della miseria crescente, e lo sviluppo delle assicurazioni sociali, volute già prima da Bismark, che rappresentavano alle masse la faccia paternalistica dello Stato. La probabilità di una crisi economica catastrofica o anche di una crisi tout-court apparivano sempre minori agli stessi socialisti: la teoria marxista della crisi sembrava ricevere un duro colpo. Agli occhi di molti una sola strada di accesso al potere si presentava come possibile: la conquista di una maggioranza parlamentare. Ancora nel I893 Mehring aveva protestato nella Neue Zeit contro questa utopia: 'L'idea che la maggioranza di un parlamento borghese, sia pure formata da operai coscienti, possa una volta aprire la strada alla società socialista, è come un coltello a cui manchi sia il manico che la lama. Solo quando la fede delle masse nel parlamentarismo borghese è morta del tutto, si apre la strada verso l'avvenire.' Ma Kautsky aveva reagito e lo stesso Engels aveva molto concesso agli entusiasmi parlamentaristici." 37 Vista la situazione, appare evidente che anche dal punto di vista strettamente organizzativo, era la Germania ad offrire più possibilità di uno qualsiasi dei paesi dell'Est. E ciò, tanto più, per una teoria come quella di Rosa che si basava sulla possibilità di realizzare un’organizzazione capace di dissolversi e ricrearsi quotidianamente nella lotta. Infatti lo sviluppo capitalistico più avanzato non può che portare con se un tipo di coscienza di classe e quindi di lotta più avanzato. Ma quel rapporto interpersonale realizzatosi sia nello SDKP che nell'SDKPiL, anche se solo a livello di dirigenza, non fu mai dimenticato da Rosa. Da questo punto di vista, si può dire che la Germania le offrì un campo d'azione in cui fu possibile generalizzare su vasta scala quello che in Polonia era riuscito solo per una elite. 37 Lelio Basso, Prefazione a: Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, Roma Editori Riuniti - 1973, pagg. 9/10. 16 c) SPD e Riforma sociale o rivoluzione? Il I2 maggio 1898 Rosa Luxemburg arriva a Berlino. A quei tempi, il partito socialdemocratico tedesco, aveva già assunto tutte le caratteristiche, negative e positive, di un grosso e moderno partito operaio. Dal 1891, fino alla prima guerra mondiale, il testo base a cui l'intero partito faceva riferimento era il programma di Erfurt, redatto appunto quell'anno, in sostituzione del vecchio programma di Gotha. Sul nuovo programma aveva lavorato il più grosso teorico che il partito allora disponeva: Karl Kautsky. "Fu lui a mediare sul piano teorico tra Marx ed Engels - al quale era molto legato - da un lato, e la direzione dell'SPD di Wilhelm Liebknecht e August Bebel dall'altro." 38 Il programma di Erfurt fu un'abile via di mezzo fra obiettivo massimo e obiettivo minimo. "Il programma accettava la tesi marxista dell'inevitabile collasso della società capitalistica e prevedeva l'instaurazione, in un futuro distante ma prevedibile di una società socialista in vece sua. Parlava di un collasso ma per rispetto delle leggi e dei loro alacri tutori evitava di menzionare la rivoluzione. In pari tempo il partito ammetteva però la necessità di tutelare gli interessi presenti della classe operaia, e fissò alcuni obiettivi minimi per i quali si doveva impegnare di continuo. Il programma si scindeva dunque nell'obiettivo massimo finale e in obiettivi minimi più immediati: due aspetti diversi di un tutto. Il programma di Erfurt era una sintesi di fini non necessariamente coincidenti, che avrebbero potuto entrare in conflitto e porre il partito di fronte ad una scelta difficile." 39 Le difficoltà presenti in qualsiasi partito operaio di massa, legate da una parte all'attività quotidiana e dall'altra alla volontà di distruggere l'ambito in cui questa attività viene svolta, rispettando però le forme della democrazia, erano praticamente irrisolte nell'SPD. "Più l'SPD si rafforzava e più il gruppo dirigente ribadiva le vecchie e drastiche formule dell'odio per la società borghese nel suo complesso; ma diveniva sempre più difficile imporre nella pratica una simile politica ad un partito di massa." 40 Queste contraddizioni che del resto furono presenti nell'SPD fin dall'inizio, esplosero già nel I894 quando, da una parte, i socialisti del sud della Germania insorsero contro la mozione imposta al congresso del partito che vietava l'approvazione di qualsiasi bilancio, anche regionale, onde evitare compromessi col capitale e col suo sistema, e dall’altra, quando Georg von Vollmar criticò la politica agraria del partito: non si trattava più di favorire lo sviluppo della grossa proprietà che poi, automaticamente o tutto al più con una semplice espropriazione, sarebbe caduta tra le braccia del socialismo, ma bisognava rifiutare “la necessità di una completa proletarizzazione dei contadini attraverso la costituzione di grandi proprietà. Il richiamo all'inevitabilità storica non era una politica adatta a un partito interessato al benessere degli uomini; erano invece necessarie riforme immediate e profonde.” 41 38 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 143. 39 Ibidem, pag. 143. 40 Ibidem, pag. 152. 41 Ibidem, pag. 146. 17 Il partito risolse i due problemi facendo approvare al congresso del 1895 una risoluzione che negava la validità delle riforme, le quali dal momento che servivano a stabilizzare o addirittura a migliorare il regime capitalistico, erano da considerarsi contrarie ad una pratica socialdemocratica e accettando l'approvazione dei bilanci nel sud della Germania solo come fatto eccezionale: solo così il principio secondo cui non si doveva collaborare in nessun modo con il capitale, veniva salvaguardato. Le regioni meridionali della Germania erano all'avanguardia e non certamente con argomentazioni teoriche, ma dietro la spinta di esigenze eminentemente pratiche, nel condurre le bandiere del revisionismo. "Contribuirono a questa svolta in modo particolare le regioni meridionali dove l'industria era meno sviluppata e quindi la classe operaia, e dove i voti dovevano essere pescati fra i piccoli borghesi e i contadini." 42 Ma la logica dei voti prese tutto il partito: "La parlamentarizzazione dei partiti socialisti ha indubbiamente contribuito in modo notevole al trionfo dell'opportunismo: per conquistare seggi parlamentari occorre infatti estendere l'influenza del partito a strati più vasti di popolazione e ciò avviene troppo spesso non conquistando la coscienza di questi strati al socialismo ma adattando il socialismo alla mentalità e ai bisogni pratici questi strati.” 43 Per di più questo adattamento è la prima tappa di quello che ben presto diventa un circolo vizioso: "E a misura che il partito, grazie a questa sua politica di adattamento, acquisiva maggior forza elettorale e offuscava la sua originaria natura classista, affluivano ad esso nuovi ceti piccoloborghesi, tratti in parte dall'ambizione della carriera e dal successo e in parte dalla funzione democratico-borghese che il partito obiettivamente assolveva." 44 Tutto ciò conduce direttamente ad un interclassismo che si riduce poi col sostenere apertamente il capitalismo: "Naturalmente il miglioramento delle condizioni generali di vita, lo sviluppo della democrazia, la lotta contro i lati peggiori del capitalismo non potevano essere monopolio degli operai: non si trattava di una questione di classi ma di ideali democratici che non possono essere prerogativa di un solo ceto sociale" e ancora "la tattica più acconcia per perseguire questi risultati doveva essere quella di appoggiare l'espansione economica capitalistica: in questo senso Bernstein è favorevole anche al colonialismo." 45 Appare quindi chiara l'impossibilità, a questo punto, di evitare che il revisionismo passi da un fare pratico ad una formulazione anche teorica: Bernstein assolve proprio questa funzione. "Quando Bernstein incominciò a scrivere i suoi articoli, la prassi del partito era già di fatto dominata dall'opportunismo." 46 E, "come è noto la Bernsteindebatte fu l'occasione che obbligò la socialdemocrazia tedesca a porsi esplicitamente - non però a risolvere tutta una serie di problemi che esistevano indipendentemente da 42 Lelio Basso, Prefazione a pag. 13. 43 Ibidem, pagg.10/11. 44 Ibidem, pag. 13. 45 Ibidem, pagg. 20/21. 46 Ibidem, pag. 11. Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, 0p.cit., 18 Bernstein e che si possono riassumere nella frattura fra le formulazioni teoriche ufficiali della socialdemocrazia e la sua reale attività pratica." 47 "Quanto più si abbandonava la prospettiva del socialismo, proiettandola lontano nel tempo, tanto più si affermava logicamente la tendenza a migliorare le condizioni attuali: la scissione tra avvenire e il presente si faceva sempre più completa. E naturalmente, il funzionario medio del partito, non si occupava che del presente che lo toccava da vicino." 48 Ed è per questo che "se i dirigenti avevano potuto fino allora far finta di non vedere il carattere revisionistico della prassi mascherata sotto le frasi tradizionali, la frattura fra pratica e teoria, fra lotta quotidiana e scopo finale, fra passato ed avvenire, che il programma di Erfurt non era riuscito a superare, la sortita di Bernstein sul terreno della dottrina li obbligava a prendere aperta posizione." 49 Ma se la questione del rapporto fra tattica e strategia, fra prassi quotidiana e fine da raggiungere, fra riforma e rivoluzione, rimaneva quindi irrisolta, occorrerà anche dire che questi problemi sono talmente importanti e fondamentali che ancora oggi rimangono praticamente irrisolti. Anzi oggi, la frattura di cui parla Basso, è ancora più profonda: non a caso la nostra ultima storia è costellata dalla nascita di partitini o gruppuscoli che si autodefiniscono rivoluzionari in netta e aperta contrapposizione al riformismo dei grossi partiti storici della classe operaia. Basterebbe rendersi conto della funzione del sindacato e in generale della riforma sociale, per poter capire che il capitalismo si è potuto sviluppare solo grazie al continuo adeguamento della società civile rispetto alle esigenze dello sviluppo economico. In altre parole, se "l'azione sindacale è stata ed è un’azione di sostegno del sistema economico, il quale, proprio in virtù di quell'azione, viene a disporre di quel tipo di mercato che appunto occorre al funzionamento di un meccanismo economico decentrato" 50, si può dire lo stesso dei partiti riformisti, i quali stanno contribuendo a creare quel consenso generalizzato privo di ogni forma di dissenso che può garantire la sopravvivenza di un sistema economico altamente sviluppato in cui lo stato diviene sempre più elemento centrale. In questo contesto, capiti i ruoli, è inutile urlare al tradimento e cercare quindi di riproporre gli stessi metodi e gli stessi contenuti politici, persino lo stesso linguaggio, usati tempo addietro dai grandi partiti operai, quando, al loro nascere la rivoluzione era ancora il messaggio fondamentale, con l'illusoria speranza di sapere oggi, più di loro ieri, rimanere "puri": occorre invece trovare una forma di lotta diversa, capace di rispondere alle esigenze che un proletariato vivente in una società a capitalismo avanzato, pone. Questo e appunto uno degli scopi di questo lavoro. Scopo che fu, con la massima chiarezza anche di Rosa Luxemburg: "Il collegamento delle masse popolari con un fine che si proietta al di là di tutto l'ordina esistente, il collegamento della lotta quotidiana con il rovesciamento rivoluzionario, questa è la contraddizione dialettica del movimento socialdemocratico. Nel corso di tutto il suo processo di sviluppo esso deve quindi muoversi 47 Ibidem, pag. 7. 48 Ibidem, pag. 14. 49 Ibidem, pag. 15. 50 Claudio Napoleoni, Elementi di economia politica, Fi - La Nuova Italia - 1974, pag. 209. 19 necessariamente tra i due pericoli che lo minacciano: tra la rinuncia al carattere di massa e la rinuncia al fine ultimo, tra la ricaduta nella setta e la degenerazione in movimento riformistico borghese." 51 In questa frase e racchiuso il senso della critica di Rosa, da una parte ai revisionisti, dall'altra ai bolscevichi di Lenin. Nella polemica condotta da Rosa contro il revisionismo viene a manifestarsi, almeno in nuce e per la prima volta, il reale retroscena della futura polemica sull'organizzazione. Perciò, dopo averla esaminata, si potrà meglio comprendere che la differenza tra Rosa e Lenin nel 1903/1904, la differenza cioè tra una teoria dell'organizzazione sorta in un paese economicamente avanzato come la Germania e una sorta in un paese economicamente arretrato come la Russia, è innanzi tutto, una differenza in ciò che si intende per coscienza di classe. Infatti proprio le speculazioni pseudo scientifiche di Lenin sulla coscienza che viene immessa dall'esterno nella classe operaia e le scelte interclassiste, volte unicamente al sostegno del capitalismo dei grossi partiti operai riformisti, nella misura in cui o separano dalla classe operaia, o diluiscono e disperdono nelle grandi masse, la coscienza di classe, conducono, da una parte alla setta o al "centralismo burocratico" e dall'altra a quello pseudo pluralismo di chiara deviazione liberale che contribuisce ancor di più a deviare la coscienza di classe. Non si tratta però di scegliere tra l'una o l'altra forma: occorre avviare un dibattito aperto e chiaro su ciò che è coscienza di classe e su come si può produrre, e in seguito a ciò, le forze organizzative che la classe deve darsi saltano fuori di per sé. Appena giunta in Germania, Rosa si offrì volontaria per condurre l'agitazione in occasione delle future elezioni al Reichstag, tra i polacchi dell'Alta Slesia. Ella capì che la possibilità, per uno sbocco positivo in senso socialista, in Polonia, si trovava in Germania: poteva far valere il suo punto di vista sulle questioni polacche solo abbandonando il solo punto di vista polacco. L'SPD non doveva e non poteva perdere consenso solo perché i polacchi vi si contrapponevano sognando l'indipendenza. Occorreva lottare insieme contro il comune nemico. I risultati della sua propaganda elettorale furono del tutto positivi. Le furono richiesti numerosi articoli e non solo da Schonlank, redattore capo molto influente della Leipziger Volkszeitung che conobbe proprio in quella occasione, ma anche dalla Sachsische Arbeiterzeitung di cui era redattore capo Parvus. Appunto quest'ultimo giornale aveva da poco acquistato una notevole importanza in quanto Parvus, con una serie di articoli pubblicati tra il 28 gennaio e il 6 marzo 1898 intitolati E. Bernstein rivoluziona il socialismo, aveva iniziato quella che poi divenne la polemica sul revisionismo. Per tutta l'estate di quell'anno, Rosa lavorò attorno ad una serie di articoli che dovevano essere la sua risposta a Bernstein. Quest'ultimo iniziò la sua analisi prudentemente: "dall'ottobre 1896 fino al 1898 egli pubblicò su Neue Zeit una serie di articoli raggruppati sotto il titolo Problema des Sozialismus, in cui la critica al marxismo era da principio implicita e non esplicita. Nel gennaio 1897 l'attacco fu portato alla tattica intransigente del partito in favore di una tattica di compromesso, ma successivamente Bernstein passò a criticare la concezione della classe, la teoria della crisi, ecc. Finalmente nel gennaio 1898, in un articolo dal titolo Zusammenbruchstheorie und Kolonialpolitik, in risposta a Belfort Bax 51 Rosa Luxemburg, La rivoluzione russa, in P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 322. 20 che diceva aver Bernstein sacrificato lo scopo finale del socialismo, affermava chiaramente di non aver interesse alcuno per quello che comunemente si chiama lo scopo finale e scriveva la frase rimasta famosa: 'Questo scopo, qualunque esso sia, è per me nulla, il movimento e tutto'." 52 La risposta di Rosa non si fece attendere: “La serie (di articoli) apparve in sette numeri del giornale (Leipziger Volkszeitung), dal 21 al 28 settembre (1898) e fu una vera rivelazione per i marxisti tedeschi: Parvus, Schonlank, Clara Zetkin non esitarono a manifestare il loro entusiasmo." 53 In seguito alle numerose polemiche Bernstein si decise a presentare il suo pensiero nella forma più organica possibile: ne uscì il libro Le premesse del socialismo e i compiti della socialdemocrazia, (Stuttgart, I899) al quale Rosa rispose con un'altra serie di articoli, cinque per la precisione, che apparvero sempre sullo stesso giornale dei primi, dal 4 all'8 aprile 1899. "Anche questa volta il successo fu notevole [...] e prima che la serie fosse terminata l'editore Heinisch si offerse di pubblicarla in volume insieme alla prima serie e con l'aggiunta di una prefazione. L'autrice vi aggiunse altresì in appendice i suoi articoli sulla milizia e il militarismo e il libro fu pronto in capo a poche settimane, con il titolo Sozialreform oder Revolution?. Una seconda edizione curata dall'autrice che vi apporto alcune modifiche apparve nel 1908." 54 Ma torniamo alla polemica vera e propria. Nonostante la serie di attacchi che da più parti vennero rivolte a Bernstein, ancora verso la fine dell’estate il nervosismo diffuso all'interno dell'SPD era indirizzato più che altro contro Parvus e Rosa. "I capi erano interessati soprattutto a calmare le acque mosse dai due stranieri privi di tatto - in primo luogo Parvus, ma anche Rosa Luxemburg." 55 L'espressione "privi di tatto" era stata usata da Bebel che in una lettera a Kautsky del 3 settembre, aveva scritto: "La risoluzione di Parvus è priva di tatto ... Ci mancherebbe solo che il congresso del partito dichiarasse solennemente di sostenere la rivoluzione sociale!" 56 Il congresso di cui Bebel parla si tenne a Stoccarda la prima settimana di ottobre del 1898 e Rosa vi prese la parola due volte. Non attaccò direttamente Bernstein che se ne stava in Inghilterra, ma Heine, uno dei suoi più autorevoli seguaci in Germania. "Heine aveva sostenuto che il partito doveva tendere soprattutto alla conquista di un maggior numero di suffragi - Rosa attaccò violentemente questa posizione piuttosto banale e diffusa (sostenendo) 'Il nostro compito può essere reso comprensibile (agli elettori) solo mettendo in luce lo stretto legame che esiste tra la società capitalistica nel suo complesso e le contraddizioni insolubili in cui è inviluppata, contraddizioni che devono necessariamente condurre all'esplosione finale, a un crollo che ci vedrà nel ruolo del legale preposto alla 52 16. Lelio Basso, Prefazione a Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, op.cit., pag. 53 Ibidem, pag. 18. 54 Ibidem, pag. 19. 55 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.1, pag. 174. 56 Ibidem, pag. 174. 21 liquidazione di una società che ha fatto bancarotta [...] Il movimento in quanto tale, se non tiene conto dell'obiettivo finale, non è nulla, per noi l'obiettivo finale è tutto'." 57 Nonostante Rosa si rivolgesse a intellettuali revisionisti, gli attacchi più notevoli, sia a lei che a Parvus, provennero, come del resto è assai comprensibile, dai dirigenti della Germania meridionale e dai sindacalisti. Ma anche i dirigenti nazionali continuavano a mantenere una posizione di attesa che aumentava la loro ambiguità. Anche dall’esterno dell'SPD iniziarono le critiche a Bernstein: Plechanov, già nel maggio 1898 aveva richiesto a Kautsky "l'autorizzazione" a muoversi in questa direzione. E ugualmente i funzionari di partito rimanevano ancora molto restii a prendere posizione: funzionari come Auer, il segretario del partito, facevano il possibile per calmare gli spiriti e deploravano che si sciorinassero in pubblico quelle che erano, secondo lui, in larga misura questioni di coscienza personale. Auer scrisse a Bernstein manifestando la sua posizione: "Ritieni realmente possibile che un partito, che ha una letteratura vecchia di 50 anni, un'organizzazione vecchia di quasi 40 anni e una tradizione ancora più vecchia, possa fare un tale mutamento in un batter d'occhio? [...] Mio caro Ede, quel che tu chiedi, non si vota e neppure si dice, ma si fa. Tutta la nostra attività - persino quella svolta sotto la legge vergognosa - è stata l'attività di un partito socialdemocratico riformista. Un partito che deve fare i conti con le masse, non può essere assolutamente diverso." 58 "E Bernstein, che era una persona fondamentalmente pratica, comprese, più tardi si sentì addirittura di votare delle condanne formali al revisionismo." 59 "Bernstein conosceva a sufficienza i dirigenti dell’SPD per sapere che attribuivano un peso molto maggiore al problema pratico del partito che alle sue fondamenta teoriche; per loro i principi erano una sorta di sacra scrittura tracciata su una pergamena racchiusa nel tabernacolo. Lo stesso Bebel, anni prima, aveva affermato che ‘una tattica corretta in certi casi è quasi più importante di un programma corretto'." 60 Bernstein, dunque, si era limitato ad esporre ciò che credeva di vedere e in una forma molto empirica. "Il pensiero sistematico e la progressione logica mi riuscivano difficili" ammise tristemente. 61 Quando Rosa criticò il libro di Bernstein Le premesse del socialismo e i compiti della socialdemocrazia, ne riconobbe con franchezza l'importanza perché "esso era ciò che si proponeva di essere: una giustificazione più sistematica di determinate pratiche che essa enumerò." 62 Nella sua critica Rosa si preoccupo innanzi tutto di mettere in luce l’inconsistenza logica sia delle premesse che delle conclusioni a cui lui 57 Ibidem, pag. 175. 58 Lelio Basso, Prefazione a Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, op.cit., pag. 16. 59 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.1, pag. 178. 60 Ibidem, pag. 236. 61 Ibidem, pag. 235. 62 Ibidem, pag. 237. 22 giungeva. Si rese conto perfettamente della contraddizione esistente fra gli opportunisti, tra teoria e prassi: "Che cosa le caratterizzava (le tendenze opportunistiche) soprattutto esteriormente? L'ostilità nei confronti della ’teoria'. E questo è comprensibile, perché la nostra 'teoria', vale a dire i principi del socialismo scientifico, pongono limiti precisi all'attività pratica, sia per quanto riguarda i fini a cui si tende, sia per quanto riguarda gli strumenti di lotta, sia riguardo allo stesso modo di battersi. Per questo in coloro che seguono esclusivamente i successi pratici si rivela la tendenza naturale a tenersi libere le mani, vale a dire a separare la nostra prassi dalla 'teoria', a renderla indipendente da essa." 63 "La teoria costituiva la forza vitale della tattica. La teoria corretta postulava la rivoluzione; di conseguenza tutto ciò che la socialdemocrazia faceva o si asteneva dal fare doveva contribuire al raggiungimento di quel fine. Mettendo in luce il rapporto fra teoria e prassi, Rosa Luxemburg attribuiva necessariamente alle attività pratiche il ruolo di un semplice fattore secondario e sussidiario, privo di valore autonomo." 64 Queste considerazioni, affrettate, che tira Nettl, sono però in contraddizione con tutto il pensiero di Rosa; e più avanti se ne darà prova. Se è vero che Rosa attribuisce una così vasta importanza alla teoria, non sottovaluta mai l'importanza della pratica. Mi sembra di poter dire che per lei vale quanto H.J.Krahl dice: "Per la prassi rivoluzionaria-critica non si tratta quindi di dimostrare nella prassi che la teoria è vera o falsa, si tratta invece anche di dimostrare attraverso la teoria che la prassi è corretta o errata." 65 "Finché la situazione delle classi oppressa rimaneva una questione di leggi formali, tali leggi potevano presumibilmente essere cambiate - di qui il carattere parzialmente legale di tutte le rivoluzioni borghesi. Ma la schiavitù salariale - la base reale dell'oppressione contemporanea - non era in alcun caso una questione di ordine legale. '[...] il livello dei salari non viene determinato per via legale, ma da fattori economici [...] tutti i rapporti fondamentali del dominio di classe capitalistico non possono dunque essere trasformati attraverso riforme legali su base borghese, poiché non sono (stati) creati da leggi borghesi e di tali leggi non hanno neppure ottenuto la forma.' Proprio la natura extralegale del dominio borghese rendeva logicamente necessaria la rivoluzione e non le riforme [...] Le considerazioni di Rosa Luxemburg su questo problema sono state citate con una certa ampiezza perché si tratta del solo punto in cui essa si differenzia dall'analisi marxista più corrente che nel liberalismo borghese individuava la riproduzione legale e costituzionale del dominio classista della borghesia. Invece di basarsi sull'idea piuttosto formale che, come ogni altra società, quella borghese trovava la sua espressione nelle leggi e che la rivoluzione era necessaria perché ci si sarebbe opposti ad una modificazione delle leggi, essa introdusse la nuova concezione che il trattò caratteristico della società borghese consisteva nel fatto che il suo principale strumento di oppressione era di natura extralegale - e che quindi non poteva essere mutato da leggi, anche se sul piano politico ciò fosse stato possibile. Sfortunatamente quest'idea interessante più tardi 63 Ibidem, pag. 238. 64 Ibidem, pag. 240. 65 Hans Jurgen Krahl, A proposito di Lukacs: Storia e coscienza di classe; in H.J.Krahl, Costituzione e lotta di classe, Mi - Jaca Book - I973, pag. 201. 23 non fu sviluppata né da lei, né da altri, ed essa stessa finì col tornare alla formulazione più corrente. Anche nel suo opuscolo questa idea non fu sviluppata coerentemente. 'La democrazia è essenziale non perché rende superflua la presa del potere politico da parte del proletariato, ma al contrario perché la rende necessaria e perché solo essa la rende possibile.'." 66 Non si può, come sembra fare Nettl, dare il merito a Rosa Luxemburg di avere, per prima, scoperto la natura extralegale del dominio capitalistico. E non si può nemmeno dire che poi, questa scoperta, non fu più ripresa da nessuno. Al contrario, sembra essere la caratteristica di ogni buon rivoluzionario: Rosa non la dimenticò affatto e del resto avremo modo di constatarlo. Al di la di questa puntualizzazione mi sembra, comunque, che l'ultima formulazione di Rosa citata da Nettl, non sia affatto una negazione di quel principio. Anzi, in essa Rosa riesce a cogliere appieno la contraddittorietà sia della democrazia, sia delle leggi. Una democrazia che ha la pretesa di essere una vera democrazia ma che non lo è e non lo sarà fino a che i mezzi di produzione saranno proprietà privata di poche persone, è la condizione essenziale per una evoluzione di tutto il sistema legislativo, fin là, dove il libero gioco dei rapporti di forza determinati dalla lotta di classe, può condurre: cioè fino al superamento delle legalità stessa in quell’atto storico illegale per eccellenza che è la rivoluzione. Tutto ciò non si scopre certamente a tavolino, ma nella lotta quotidiana dell'intero movimento di classe. Il sindacato ne è un esempio vivente: una lotta continua la sua, che dimostra solamente l'impossibilita, se si vuole vincere, di rimanere sullo stesso piano dell'avversario. "In base a processi oggettivi, all'interno della società capitalistica, la lotta sindacale si trasforma in una sorta di lavoro di Sisifo ..." 67, dice Rosa. Il che però, va aggiunto, non vuol dire misconoscere l'utilità che questa lotta ha affinché i salari rimangano sempre ai livelli della situazione di mercato data, anche se, naturalmente, i sindacalisti tedeschi non lo seppero o non lo vollero riconoscere. Infatti "questa descrizione dell'attività sindacale avrebbe avuto conseguenze clamorose sul piano politico [...] sarebbe diventata il simbolo della cronica ostilità del sindacato nei confronti di Rosa Luxemburg." 68 Una critica di questo genere non si può condurre se non si è pervasi da un forte senso del fine: "Fra riforma sociale e rivoluzione sociale esiste per la socialdemocrazia un nesso indissolubile, in quanto la lotta per le riforme costituisce il mezzo ma lo scopo è la trasformazione della società." 69 E più avanti "Ma poiché lo scopo finale socialista è il solo momento decisivo che distingue il movimento socialdemocratico dalla democrazia e dal radicalismo borghese e che trasforma tutto il movimento operaio da una inutile rattoppatura per la salvezza dell'ordine capitalistico in una lotta di classe contro quest'ordine e per la sua abolizione, la domanda 'riforma sociale o rivoluzione?' nel significate 66 P. Nettl, Rosa Luxemburg, 0p.cit., vol.I, pagg. 239/240. 67 Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, op.cit., pag. 99. 68 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 241. 69 Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, op.cit., pag. 29. 24 bernsteiano (cioè di contrapposizione fra un termine e l'altro) equivale per la socialdemocrazia alla domanda essere o non essere?" 70 "Il nesso tra teoria e pratica, nesso che comprendeva e rinsanguava l'attività politica quotidiana impedendole di ridursi ad una semplice astratta subordinazione al fine ultimo, era costituito dalla teoria della coscienza di classe. Grazie ad essa anche 'l'insensato lavoro di Sisifo' finiva con l'assumere un ruolo essenziale." 71 "Contestando il fine ultimo, la rivoluzione, Bernstein negava anche l'esigenza di una particolare coscienza di classe proletaria, riducendola al livello di un interesse ristretto e parziale. La coscienza di classe era parte integrante della dottrina della totalità; il revisionismo - qui come altrove - spezzava la totalità in obiettivi singoli autosufficienti, limitati e quindi irrilevanti nella prospettiva dello scontro di classe generale." 72 Dice Rosa nel suo opuscolo: "Sindacati, lotta per la riforma sociale e per la democratizzazione delle istituzioni politiche sono la stessa cosa che ha sempre costituito il contenuto formale delle attività socialdemocratiche di partito. La differenza non sta dunque nel che cosa, ma nel come. Attualmente la lotta sindacale e quella parlamentare vengono concepite come mezzi per guidare ed educare gradualmente il proletariato alla conquista del potere politico. Secondo la concezione revisionistica, vista l'impossibilita e l'inutilità di tale conquista, queste lotte devono essere condotte esclusivamente in considerazione dei risultati immediati. 73 [...] Tutta la differenza in poche parole sta qui: secondo la concezione corrente il significato socialista delle lotta sindacale e politica sta nel fatto che essa prepara il proletariato, cioè il fattore soggettivo della trasformazione socialista, a metterla in atto. Secondo Bernstein consiste in ciò: che la lotta sindacale e la lotta politica limitano gradualmente lo stesso sfruttamento capitalistico, tolgono sempre più alla società capitalistica il suo carattere capitalistico ed aumentano quello socialistico, in una parola vogliono condurre alla trasformazione in senso oggettivo [...] Secondo la concezione usuale del partito, il proletariato attraverso la lotta sindacale e politica arriva a convincersi dell'impossibilità di cambiare fondamentalmente la propria situazione per mezzo di questa lotta e della conseguente imprescindibile necessità di arrivare infine alla conquista del potere politico, nella concezione di Bernstein si parte dalla premessa dell'impossibilità di conquistare il potere politico, per concludere all'instaurazione dell'ordinamento socialista unicamente per mezzo della lotta sindacale e politica. 74 [...] Il grande significato della lotta sindacale e di quella politica sta nel fatto che esse socializzano la conoscenza, la coscienza del proletariato e la organizzano come classe. Considerandoli come mezzi della socializzazione immediata dell'economia capitalistica, così non solo rinunciano a questa azione loro propria, ma perdono contemporaneamente anche l'altro significato: cessano di essere mezzi di educazione della classe lavoratrice per la conquista del potere da parte del proletariato. 75 Ora, poiché la riforma sociale nel mondo 70 Ibidem, pag. 30. 71 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pagg. 253/254. 72 Ibidem, pag. 254. 73 Rosa Luxemburg, Riforme sociale o rivoluzione?, op.cit., pag. 69. 74 Ibidem, pag. 70. 75 Ibidem, pag. 7I. 25 capitalistico è una noce vuota e tale rimarrà sempre, comunque si cambi la tattica, il passo successivo è logicamente la delusione anche sulle riforme sociali, cioè il porto tranquillo dove ora se ne stanno tranquillamente all'ancora i professori Schmoller e compagni, i quali sulle acque delle riforme sociali hanno studiato tutto il mondo grande e piccolo, per lasciare infine che tutto vada come Dio vuole. Il socialismo pertanto non è il risultato che nasca di per sé in ogni circostanza della lotta quotidiana della classe operaia. Esso risulta soltanto dalle contraddizioni sempre più acute dell'economia capitalistica e dal riconoscimento da parte della classe operaia della necessità assoluta della sua soppressione in virtù di un rivolgimento sociale." 76 Il pensiero di Rosa Luxemburg a questo punto, è estremamente importante perché non solo si oppone a una visione socialdemocratica revisionista e opportunista alla Bernstein, ma è in grado anche, di condurci direttamente alla vera differenza con Lenin, manifestatasi più tardi sotto forma di "polemica sull’organizzazione", e che abbiamo già visto essere invece una differenza sul cosa si intende e sul come si produce coscienza di classe. Quando Rosa dice che le attività e dei sindacati e dei socialdemocratici, non conducono direttamente a risultati positivi e oggettivi immediati, ma servono solo ad educare il proletariato e cioè a produrre coscienza di classe nel proletariato, si oppone è vero, alle illusioni che una politica riformista può produrre, ma si oppone anche a chi pensa che la coscienza di classe possa essere introdotta dall'esterno nella classe stessa, attraverso una forte organizzazione socialdemocratica. Quello che conta infatti, non è il partito, ma un rapporto della classe operaia con la società molto aggressivo e comunque dinamico, capace, tra l'altro, d'essere la premessa dell'esistenza dello stesso partito. Le organizzazioni operaie non servono a "introdurre elementi di socialismo" tramite le riforme, nella società borghese, vecchio ritornello da sempre riproposto; servono invece a smascherare come illusorie le riforme. Quest'ultime quando si fanno 77, non sono mai direttamente una vittoria del socialismo, semmai sono una vittoria del capitalismo proprio perché gli permettono di ristrutturarsi su basi sempre più nuove e forti in quanto costituiscono un adeguamento della "sovrastruttura" alle trasformazioni economiche imposte dal capitale. Sono solo indirettamente anche una vittoria del socialismo, perché la loro attuazione, contribuendo allo sviluppo capitalistico, ne fa esplodere anche le contraddizioni. Ma niente di più tragico sarebbe aspettare che il capitalismo si evolva tranquillamente in attesa che la situazione oggettiva di per sé, conduca al socialismo. Affinché ciò avvenga occorre che di pari passo con lo sviluppo capitalistico, si sviluppi anche il fattore soggettivo e cioè la coscienza di classe proletaria che in ultima analisi sarà il fattore determinante ai fini della realizzazione del socialismo. Il vero compito delle organizzazioni della classe è quindi quello di produrre coscienza di classe essenzialmente attraverso una accesa e continua lotta contro il capitale ma anche tramite le riforme, a patto però che sia ben chiaro che queste non conducono al socialismo contrapponendosi alla rivoluzione: quando il proletariato si sarà convinto 76 Ibidem, pagg. 72/73. 77 "Una teoria dell'instaurazione del socialismo (quella di Bernstein) mediante riforme sociali, dopo che sono state definitivamente messe e dormire le riforme sociali tedesche; del controllo dei sindacati sul processo produttivo, dopo le sconfitte dei meccanici inglesi, della maggioranza socialdemocratica, dopo le revisione delle costituzione sassone e gli attentati al suffragio universale per le elezioni al Reichstag." In Rosa Luxemburg, Riforme sociale o rivoluzione?, op.cit., pag. 3I. 26 di ciò, capirà che l'unica possibilità d'essere del socialismo è la presa del potere attraverso un "rivolgimento sociale". Le intuizioni di Nettl, per ciò che riguarda questa interpretazione, sono fondamentali, ma occorre anche separarle da alcune incrostazioni che dimostrano quanto in lui siano ancora poco chiare. Le sue critiche alle posizioni "isolazionistiche" di Rosa, ad esempio, "Ogni puntellamento artificiale della società attraverso le barriere doganali o gli armamenti significa posporre il socialismo, se venivano proposte da socialisti avrebbero fatto sorgere dei dubbi sulla saldezza della loro fede nel fine ultimo. Se nel frattempo la classe operaia doveva subire la disoccupazione, ciò era inevitabile e costituiva uno stimolo alla lotta di classe" 78, sono assurde. Rosa Luxemburg non ha mai approvato una politica del "tanto peggio tanto meglio". E tanto più , non ha mai contrapposto le riforme sociali alla rivoluzione: "Riforma sociale o rivoluzione? La socialdemocrazia può dunque essere contro la riforma sociale? O può contrapporre la rivoluzione sociale, il rovesciamento dell'ordine esistente, che costituisce il suo scopo finale, alla riforma sociale? Sicuramente no. Al contrario, per la socialdemocrazia la lotta pratica quotidiana per delle riforme sociali, per il miglioramento delle condizioni del popolo lavoratore anche sul terreno dell'ordine esistente, per delle istituzioni democratiche, costituisce la sola via per condurre la lotta di classe proletaria e per lavorare in vista dello scopo finale, che è la presa del potere politico e l'abolizione del salariato." 79 Ma dire ciò e credere nelle riforme sociali come mezzo per fare a poco a poco il socialismo, è assai diverso. L'essere rivoluzionario di Rosa Luxemburg si manifesta proprio qui: le riforme, ai fini del socialismo, sono delle illusioni, ma per capire ciò, bisogna passare attraverso le riforme stesse. Questo è il problema che Nettl non riesce a comprendere del tutto. "Lo stato odierno non è una 'società' nel senso della 'classe operaia in ascesa', ma il rappresentante della società capitalistica, cioè uno stato di classe. Perciò anche la riforma sociale da esso adottata non è una realizzazione del 'controllo sociale', cioè il controllo della libera società lavoratrice sul proprio processo lavorativo, ma un controllo dell'organizzazione di classe del capitale sul processo produttivo del capitale." 80 Quindi non solo le riforme sono illusorie, ma anche la pretesa imparzialità nei confronti del le classi dello stato, è una fandonia. La forma politica democratica non è un regalo del capitale alla classe operaia, è invece una conquista della classe operaia, conquista, però, che non va assolutamente confusa con i fini ultimi della classe lavoratrice: "Fra sviluppo capitalistico e democrazia non può essere stabilito alcun rapporto generale assoluto. La forma politica è di volta in volta la risultante della somma complessiva di fattori politici interni ed esterni, ed accoglie entro i propri confini tutta la scala che conduce dalla monarchia assoluta alla repubblica democratica." 81 " [...] oggi il movimento operaio socialista è e può essere l'unico punto d'appoggio della democrazia, e che non i destini del movimento socialista sono legati alla democrazia borghese, ma piuttosto i destini dello sviluppo democratico sono legati al movimento socialista. 78 P. Nettl, Rose Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 247. 79 Rosa Luxemburg, Riforme sociale o rivoluzione?, op.cit., pag. 29. 80 Ibidem, pag. 56. 81 Ibidem, pag. 104. 27 La democrazia non diventa più vitale nella misura in cui la classe operaia rinuncia alla lotta per la sua emancipazione, ma al contrario nella misura in cui il movimento socialista diventa abbastanza forte per contrastare le conseguenze reazionario della politica mondiale e della diserzione borghese. Perciò chi desideri il rafforzamento della democrazia deve desiderare anche il rafforzamento, non l'indebolimento del movimento socialista, perche con la cessazione degli sforzi socialisti anche il movimento operaio e la democrazia vengono a cessare." 82 La difficoltà sta, qui, nell'intendere la "riforma sociale" in maniera dialettica, quasi in due maniere diverse contemporaneamente: "Riforma legislativa e rivoluzione non sono dunque metodi diversi del processo storico, che si possono scegliere al buffet della storia come salsicce calde o fredde, ma sono momenti diversi dello sviluppo della società classista, che si condizionano e completano a vicenda ma nel medesimo tempo si escludono a vicenda, come il polo nord e il polo sud, la borghesia e il proletariato. E in verità in ogni tempo la costituzione giuridica è semplicemente un prodotto della rivoluzione. Mentre la rivoluzione è l'atto politico creativo della storia delle classi, la legislazione rappresenta la continuità della vegetazione politica della società. Giacche il lavoro di riforma sociale non ha in sé una propria forza di propulsione, indipendentemente dalla rivoluzione, bensì in ogni periodo della storia, si muove solo nella direzione e per il tempo corrispondente alla spinta che gli e stata impressa dall'ultima rivoluzione, o, per parlare concretamente, solo nel quadro di quell’assetto della società che è stato posto in essere dalla più recente rivoluzione [...] 83 [...] Una rivoluzione sociale e una riforma legislativa sono momenti diversi, non per la loro durata ma per la loro natura ... Perciò chi si pronuncia favorevole alla via della riforma legislativa invece e in contrapposto alla conquista del potere politico e alla rivoluzione sociale, sceglie in pratica non una via più tranquilla, più sicura, più lenta, verso la stessa meta, quanto piuttosto un'altra meta, cioè in luogo dell'instaurazione di un nuovo ordinamento sociale, soltanto dei mutamenti, e non sostanziali dell'antico." 84 Ribadiamo che da un'analisi del genere deriva che per la socialdemocrazia unico compito direttamente socialista è formare coscienza di classe, cioè far giungere le grandi masse alla consapevolezza della necessità del socialismo. "La socialdemocrazia non deriva il suo scopo finale né dalla forza vittoriosa della minoranza, né dal sopravvento numerico della maggioranza, ma dalla necessità economica (e dalla consapevolezza di questa necessità), la quale conduce all'eliminazione del capitalismo per opera delle masse popolari e che si manifesta anzitutto nell'anarchia capitalistica." 85 E più avanti: "E la dottrina marxista è non soltanto in grado di confutarlo teoricamente (l'opportunismo), ma è anche la sola capace di spiegare l'opportunismo come fenomeno storico del divenire del partito. Lo sviluppo storico del proletariato fino alla sua vittoria finale non è effettivamente 'una cosa così semplice'. Tutta la originalità di questo movimento consiste nel fatto che per la prima volta nella storia le masse 82 Ibidem, pagg. 106/107. 83 La critica di Rosa su questo punto é pressoché identica a quella di Gramsci quando critica le due ”Storie” di B. Croce. 84 Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, op.cit., pagg. 110/111. 85 Ibidem, pagg. 88/89. 28 popolari devono realizzare la loro volontà da se stesse e contro tutte le classi dominanti, ma devono situare questa volontà nell'al di là rispetto all'attuale società, cioè oltre di essa. Ma questa volontà le masse non possono formarsela che nella lotta continua contro l'ordinamento esistente e solo nella cornice di esse. L’unione della grande massa popolare con uno scopo che va al di la di tutto l'attuale ordinamento, della lotta quotidiana con la grande riforma del mondo, questo è il grande problema del movimento socialdemocratico, il quale quindi deve operare procedendo per tutto il corso del suo sviluppo fra due scogli: fra l'abbandono del carattere di massa e l'abbandono dello scopo finale, fra ricaduta nella setta e precipitare nel movimento riformista borghese, fra anarchismo e opportunismo. La dottrina marxista ha già provveduto già da mezzo secolo il suo arsenale teorico d'armi annientatrici tanto contro l'uno quanto contro l'altro estremo. Ma proprio perché il nostro movimento è un movimento di massa e i pericoli che lo minacciano scaturiscono non dal cervello degli uomini, ma dalle condizioni sociali, le deviazioni anarchiche e opportunistiche non potevano essere eliminate una volta per tutte e a priori dalla teoria marxista, ma devono essere superate dal movimento stesso dopo che si sono incarnate nell'azione pratica, beninteso soltanto con l'aiuto delle armi forgiate da Marx." 86 Anche l'analisi che Rosa fece della rivoluzione si inserisce perfettamente in questo tipo di discorso. La rivoluzione non e un momento storico di breve durata che si può preventivare a tavolino il giorno prima come una battaglia militare ottocentesca. La rivoluzione e un processo storico lungo. 87 Rosa, infatti, contestava la concezione di un rivolgimento unico, compiuto una volta per tutte. E' per questo che le prese del potere premature che tanto spaventano Bernstein sono cose perfettamente possibili ed anzi, inevitabili. "E se la conquista del potere politico da parte del proletariato non può quindi, dal punto di vista dei presupposti sociali, avvenire 'troppo presto', dal punto di vista delle sue conseguenze politiche, cioè del mantenimento del potere, essa deve invece avvenire 'troppo presto'. La rivoluzione prematura che turba i sonni di Bernstein, ci minaccia come una spada di Damocle, e nulla vale a difenderci da essa, né preghiere, né suppliche, né ansie, né paure. E questo per due ragioni semplicissime. Innanzi tutto è assolutamente impensabile che un rivolgimento così formidabile come il passaggio della società dal regime capitalistico al regime socialistico avvenga d'un colpo solo, per un solo attacco vittorioso del proletariato. Supporre questo evento come possibile, sarebbe di nuovo ragionare blanquisticamente. La rivoluzione socialista presuppone una lunga ed accanita battaglia, nel corso della quale molto probabilmente il proletariato verrà ricacciato indietro più di una volta, cosicché, la prima volta, dal punto di vista del risultato finale della lotta, esso sarà necessariamente giunto al potere 'troppo presto'. In secondo luogo, questa 'prematura' conquista del potere statale è inevitabile anche perché questi 'prematuri' attacchi del proletariato sono per se stessi un fattore molto importante, che crea le condizioni politiche della vittoria finale, giacché il proletariato, solo nel corso di quella crisi politica che accompagnerà la sua conquista del potere, solo nel fuoco di lunghe e dure battaglie, potrà raggiungere il grado necessario di 86 Ibidem, pagg. 132/133. 87 Anche qui la similitudine con Gramsci é evidente. 29 maturità politica che lo renderà capace di provocare il grande e definitivo rivolgimento." 88 Questo discorso permette fin d'ora di capire l'atteggiamento che Rosa terrà nei confronti della rivoluzione russa: una critica dura contro i metodi usati e contemporaneamente una difesa ad oltranza contro tutti coloro che avrebbero preferito attendere condizioni oggettive più favorevoli. È proprio un processo rivoluzionario molto esteso nel tempo che nel suo corso insegna, produce e sviluppa coscienza di classe, ed è solo ciò che permette poi di risolvere gli immensi problemi che in un'epoca di trapasso sorgeranno immancabilmente. Bisogna quindi essere disposti ad accettare ciò che questo lungo processo insegna e al limite, come vedremo, bisogna persino essere disposti ad abbandonare il potere, se il suo mantenimento significa cadere nell'opportunismo o comunque, accettare compromessi che non fanno altro che storpiare e confondere l'idea di socialismo tanto preziosa per i futuri rivoluzionari. L'analisi di Rosa sulla rivoluzione quindi, ci permette, già da adesso, di differenziarla da Lenin: "La conquista del potere politico da parte del proletariato, cioè da parte di una grande classe popolare, non è, innanzi tutto, un fatto provocato artificialmente. Se si eccettuano casi, come la Comune di Parigi, nei quali il potere anziché risultato di una lotta cosciente dei suoi scopi, è caduto eccezionalmente in grembo al proletariato come un bene di nessuno, da tutti abbandonato, questa conquista presuppone un certo grado di maturazione delle condizioni economico-politiche. Qui sta la differenza fondamentale fra i colpi di stato blanquisti, di una 'minoranza decisa' che scoppiano ad ogni momento come colpi di pistola, e appunto perciò sempre fuori del tempo, e la conquista del potere statale da parte della grande massa popolare dotata di coscienza di classe, la quale altro non può essere che il prodotto iniziale del crollo della società borghese, e che porta perciò in se stessa la legittimazione economico-politica della tempestività." 89 Prima di addentrarci nella polemica vera e propria con Lenin, occorrerà ricordare che tra il 1903 e il 1904, Rosa riuscì a raggiungere una solidissima posizione all'interno dell'SPD, anche perché dal 1901 anche l'esecutivo del partito e in particolare Bebel, fu disposto ad attaccare il revisionismo: "In questo periodo, all'interno del partito, le questioni organizzative occupavano una posizione di primissimo piano. La controversia revisionista si era trasformata in un'aperta prova di forza all'interno del partito: interessi regionali contro autorità centrale, sindacati contro partito, spontaneismo contro disciplina [...] La coesione e la disciplina di partito, l'allineamento di tutte le pubblicazioni importanti e degli esecutivi regionali alle posizioni dell'esecutivo centrale rimanevano ancora una questione aperta." 90 Anche Victor Adler, a Vienna, pur continuando ad avversare molto duramente Rosa Luxemburg, ammise che occorreva, in qualche modo, contrastare il dilagare ormai eccessivo del revisionismo. Nonostante questi interventi la vittoria sul revisionismo rimaneva più formale che reale e ciò non poteva essere altrimenti vista l'ideologia dominante nei dirigenti dell'SPD. Rosa non tardò ad accorgersene: anche i suoi tentativi, compiuti proprio in questo periodo, di entrare 88 Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, op.cit., pagg. 119/120. 89 Ibidem, pagg. 118/119. 90 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pagg. 211/212. 30 direttamente a far parte della struttura organizzativa del partito, produssero solo una grande sfiducia. Una prima occasione le capitò verso la fine di settembre del 1898, quando Parvus e il suo vice Julian Marchlewski, vecchio compagno polacco di Rosa, furono espulsi dal governo reale di Sassonia. I due incaricarono la locale commissione stampa del partito di chiamare Rosa Luxemburg a dirigere la Sachsische Arbeiterzeitung in vece loro. Rosa accettò, ma l'esperienza fu breve: il due novembre fu costretta a dimettersi. La sua volontà di rinnovamento che la spingeva a controllare tutto e i nemici che nel frattempo si era fatta grazie alle sue doti di capace polemista, addirittura il Vorwarts, l’organo centrale del partito, spinsero i suoi colleghi a rifiutarsi di continuare a collaborare con lei. Un'altra occasione le fu offerta dal vecchio W. Liebknecht, il quale, poco prima della sua morte (agosto 1900) si avvicinò parecchio alle posizioni di Rosa, sostenendo addirittura una sua mozione al congresso di Hannover (9/14 ottobre 1898). Quando "nel settembre 1899 si era reso vacante un posto nella redazione del Vorwarts fu lui a fare il nome di Rosa [...] Ma Bebel politicamente più accorto di W. Liebknecht comprese che la nomina di Rosa avrebbe certamente creato delle complicazioni: 'Consiglierò alla compagna Luxemburg di ritirare la candidatura [...]' Rosa fu ragionevole; scrisse una breve lettera formale al presidente della commissione stampa ritirando la sua candidatura." 91 Il 30 ottobre 1901 morì Bruno Schonlank, grande amico di Rosa e redattore capo della Leipziger Volkszeitung: Rosa fu subito invitata ad entrare nella direzione del giornale a fianco di Franz Mehring. "La gioia di Mehring fu di breve durata. Dopo pochi mesi Rosa abbandonò anche questo posto. Ella aveva tentato di imporre il suo volere e la sua linea politica alla redazione e ai suoi collaboratori e ciò si era rivelato impossibile [...] Andandosene ruppe apertamente con Mehring che assunse da solo la direzione del foglio. I loro rapporti migliorarono di nuovo solo l'anno successivo." 92 "All'interno della struttura di partito i suoi svantaggi personali - la gioventù, l'origine straniera, il sesso e soprattutto l'impazienza e la superiorità intellettuale - spiccavano con eccessiva evidenza. Essa non poteva improvvisamente fare appello alla responsabilità collettiva e alla coesione di gruppo, i mezzi con cui la gerarchia si difendeva, che essa aveva sempre disprezzato e criticato." Dopo quell'ultimo tentativo, Rosa "avrebbe accettato le necessarie implicazioni del suo temperamento, rassegnandosi ad una collocazione quasi solo esterna, tentando di influenzare il potere che disprezzava, attaccando gli sforzi che la gerarchia faceva per coprire i suoi membri stessi e finendo con l'attaccare anche la gerarchia - la 'cricca', come essa la chiamava." 93 Si può quindi concludere questa prima parte dicendo che nella polemica con i revisionisti, l'esecutivo del partito era preoccupato pressoché unicamente da problemi di coesione organizzativa; per Rosa Luxemburg questo era invece un problema secondario: l'importante era stabilire una giusta tattica, cioè una tattica legata a filo doppio col fine del socialismo da raggiungere. Ed è proprio il riconoscimento del ruolo secondario che l'organizzazione svolge, il punto fondamentale che emerge, prima nella polemica con Lenin, poi con le critiche sempre più negative rivolte all'intero esecutivo dell'SPD. 91 Ibidem, pag. 199. 92 Ibidem, pag. 215. 93 Ibidem, pagg. 183/184. 31 PARTE SECONDA a) Presupposti del bolscevismo Nella Russia degli anni attorno il 1870, vi fu una interessante polemica fra Michajlovskij, populista in senso 'ampio' e "pubblicisti come P. C. e Juzov, narodniki nel senso 'ristretto’." L'oggetto della loro discussione era proprio il rapporto elite/massa. Ecco come Rjazanov in Due verità. Populismo e marxismo. Saggio sulla storia dell'intelligencija russa (1906), presenta la polemica: "Certo, gli interessi del popolo devono servire da criterio supremo, 'tutto per il popolo', ma non rischiamo nella nostra attività di separarci dalle ’opinioni' del popolo? Come agire in tal caso? Dobbiamo procedere a dispetto delle 'opinioni' del popolo e organizzarne la vita secondo le 'opinioni' che noi abbiamo dei suoi 'interessi'? Non ci trasformeremo 'noi', in tal modo, in un tipo particolare di burocrati che decideranno le sorti del popolo a proprio arbitrio? Non ci volterà le spalle il popolo, se non verremo a capo delle sue 'opinioni'? Non è meglio agire secondo gli interessi della gente, da essa stessa riconosciuti ed espressi, cioè secondo le sue opinioni?" A tutto ciò Vittorio Strada aggiunge: "Questa polemica rifletteva precisi ed urgenti problemi di azione politica legati all'opzione tra la formula 'tutto per il popolo ma non attraverso il popolo' e l'altra 'tutto per il popolo e per mezzo del popolo', trovando sulla base di una determinata soluzione del rapporto tra 'coscienza' e 'spontaneità', le conseguenti forme organizzative dell'azione 'popolare'." 1 Da quanto appena detto emergono tre cose: 1. La polemica riguardante il rapporto elite/masse era già ben sentita in Russia, anche prima del Che fare? di Lenin. E, naturalmente, con essa il dubbio sul possibile "tradimento" dei "capi" tormentava già i rivoluzionari russi. 2. Se vogliamo mantenerci nell'ambito di questa problematica non possiamo abolire uno dei due termini del rapporto, in questo caso l'elite, con un gesto arbitrario e soggettivo. Allora anche noi, con Strada e Struve da lui citato, non prenderemo in considerazione le posizioni dei populisti "in senso stretto" espresse tanto efficacemente da Protopopov nella Russkaja Mysl del maggio 1891: "Tutto per il popolo, tutto attraverso il popolo, tutto nel popolo, tutto al popolo, tutto dal popolo, non c'e nulla tranne il popolo." 2 E non solo perché un'affermazione del genere è priva di "senso sociologico" (Strada), ma perche è priva di ogni senso, se non di un forte senso religioso. 3.- Prendiamo atto che le forme organizzative di una certa azione popolare sono "conseguenti" alla soluzione data al "rapporto tra coscienza e spontaneità". Ora non ci resta che iniziare la nostra analisi a partire dal primo punto sottolineato. Siamo d'accordo con Strada quando dice che "è manifesto che il marxismo teorico in Russia si formò in opposizione alle teorie del populismo." 3 E del resto anche Lenin ne è cosciente: "L'animazione 1 Vittorio Strada, Introduzione a V.I.Lenin, Che fare?, To – Einaudi - 1971, pagg. XVIII/XIX. 2 Ibidem, pag. XXIV. 3 Ibidem, pag. VII. 32 suscitata nella pubblicistica e le ardenti dispute dei marxisti coi vecchi capi del populismo, che fino ad allora avevano dominato incontrastati (N.K. Michajlovskij, per esempio) nella pubblicistica progressista, furono la premessa del risveglio del movimento di massa in Russia." 4 Il problema è vedere fino a che punto e in che direzione i cosiddetti "marxisti" russi superarono i populisti. Per ora, dal nostro punto di vista, sono estremamente interessanti le posizioni espresse da noti populisti per quanto riguarda due problemi fondamentali fra loro, del resto, collegati: da una parte il ruolo da essi riservato agli intellettuali, dall'altra la possibilità, espressa in vari modi, del "salto" di un'intera fase storica, per giungere direttamente al socialismo. "Lavrov nei suoi Istoriceskie Pis'ma (Lettere Storiche), pubblicati nel I868-69 sotto lo pseudonimo P. Mirtov e destinati ad esercitare un influsso enorme sulla formazione dell'intelligencija populista del decennio successivo, sviluppa la teoria che creatore del processo è la ’personalità criticamente pensante‘: 'Per quanto piccolo sia il progresso dell'umanità, eppure anche quello che abbiamo si basa esclusivamente sulle personalità criticamente pensanti; senza di esse è assolutamente impossibile; senza la loro intenzione di diffonderlo è estremamente instabile' ... Solo col concorso degli intellettuali rivoluzionari il popolo russo può conservare il suo 'tipo di sviluppo' ed elevarlo ad un più 'alto grado', col concorso degli intellettuali 'criticamente pensanti', legati in modo organico al meglio della cultura occidentale." 5 Per quanto riguarda invece la possibilità del "salto", abbiamo almeno due tipi di teorizzazioni, da una parte quella formulata da Cernysevskij dopo che Herzen aveva rispolverato il mito dell'Obscina 6, dall'altra quella che elaborò Tkacev. “La soluzione di Cernysevskij è che una via abbreviata e accelerata di sviluppo è possibile, se si danno certe condizioni, se cioè lo sviluppo che ha già raggiunto un alto livello in un determinato organismo storico-sociale (il capitalismo nei paesi europeo-occidentali) e se si ha un contatto e un confronto di esperienze tra questo organismo sviluppato e un altro ritardato (la Russia), nel quale certe possibilità 4 V.I.Lenin, Prefazione alla raccolta "Za I2 let", in appendice a V.I.Lenin, Che fare?, ed. cit., pag. 462. 5 V. Strada, Introduzione a V.I.Lenin, Che fare?, ed. cit., pagg. XXI/XXIII. 6 "Il concetto di ’Obscina' è legato al nome del barone August von Haxthausen che, uscito dall'ambiente della nobiltà agraria della Westfalia e educato nello spirito della chiesa cattolica e della monarchia conservatrice, nel I843 compì un viaggio di studio nella Russia di Nicola I [...] Haxthausen, ammiratore del passato feudale e avversario della nuova età della storia europea, caratterizzata dalla 'deificazione dell'umanità', rivolse la sua attenzione principalmente all'Obscina russa, cioè alla comunità agricola e alla attività di autogestione del Mir contadino (organo amministrativo rurale che, nell'obscina, svolge anche una fondamentale funzione economica in quanto regola la periodica ripartizione delle terra), che, antica istituzione cresciuta dalla famiglia patriarcale slava, era passata indenne attraverso le riforme petrine, conservando la propria vitalità e preservando la Russia dalla comparsa del proletariato e quindi dai principi distruttivi dei tempi moderni [...] Nella composita ma coerente ideologia populista, la Obscina entrò, ripresa dagli scritti di Haxthausen, attraverso Herzen che, con Cernysevskij, di quell'ideologia ha la paternità. Herzen che già nel '43 aveva avuto modo di conversare col barone prussiano della Obscina, nello stesso anno, nel suo diario, parlando dei 'nostri slavofili' che 'discettano del principio comunitario (obiscinnyj)' e del fatto che ‘da noi non ci sono proletari', osservava che, 'tutto ciò sono dei buoni embrioni, e in parte sono fondati sull'arretratezza (nerazvitost’)': lo schiavo non conosce proprietà, ma 'egli è peggio del proletario, è una res, uno strumento per lavorare i campi'. Tuttavia, dopo la crisi vissuta con la sconfitta della rivoluzione del '48 e la disillusione nel valore della democrazia borghese europeo occidentale, Herzen ritorna alla nozione di Obscina, richiamandosi agli Studien di Haxthausen, e ne fa il fulcro intellettuale della sua utopica teoria del 'socialismo russo'." In V. Strada, Introduzione a V.I.Lenin, Che fare?, ed. cit., pagg. XXVII/XXVIII. 33 (l'obscina in quanto socialismo arcaico attuale e socialismo moderno potenziale) possono realizzarsi grazie ad un intervento politico (rivoluzionario) basato su questo contatto e confronto e guidato dagli 'uomini nuovi', cioè dagli intellettuali rivoluzionari, che dovevano portare tale coscienza nel mondo popolare, spontaneamente orientato verso il socialismo." 7 Tkacev, il cui "giacobinismo populista" nasceva da "una sintesi sottile" di "oggettivismo marxista" e "soggettivismo blanquista", invece, formulava una doppia possibilità storica, illustrando il suo caso con due esempi tratti dalla storia del secolo XVI. Egli mette a confronto il movimento "puramente democratico" delle guerre contadine, con quello "puramente borghese" delle ribellioni delle città. "Nel primo caso si afferma la 'possibilità di salti storici', nel secondo caso si difende 'la teoria dello sviluppo storico graduale'." 8 Perché questa doppia possibilità? Ecco la risposta di Tkacev: "Ecco perché: i contadini lottavano per mutare il principio stesso che sta alla base di una data vita sociale, la borghesia, invece, lasciando intatto il principio, si dava premura soltanto di accelerare alcune sue conseguenze logiche. Ma il primo disegno era possibile tanto quanto era impossibile il secondo. Ogni dato principio economico si sviluppa secondo le leggi della sua logica, e mutare queste leggi è impossibile altrettanto quanto mutare le leggi del pensiero umano e le leggi delle nostre funzioni psicologiche e fisiologiche. Nella sfera del pensiero logico è impossibile passare dalla prima premessa all'ultima evitando quelle intermedie e così nella sfera dello sviluppo di un dato principio economico è impossibile saltare dal grado inferiore direttamente a quello superiore, al di sopra di tutti quelli che mediano. Chi tenti di fare un simile salto può contare in partenza sull‘insuccesso: si sfiancherà e sprecherà le forze. Tutt'altra cosa si ha se egli, lasciando da parte il vecchio principio, cercherà di sostituirlo con uno nuovo." 9 A ciò Strada aggiunge: "D'altra parte Tkacev era troppo lucidamente privo di illusioni per credere nel mito bakuniniano del popolo russo istintivamente comunista e spontaneamente rivoluzionario. La vera leva di Archimede era una minoranza rivoluzionaria di congiurati [...]" che doveva fare in fretta, perché il progresso borghese aveva già iniziato a penetrare in Russia. "Così scriveva Tkacev nel 1875 nel programma della sua rivista Nabat [...] 'Il rivoluzionario non prepara, ma fa la rivoluzione. Fatela dunque! Fatela più in fretta!'." 10 Anche il Plechanov populista si muove in questa direzione: egli "aveva davanti a sé un problema teorico arduo: evitare il fatalismo del 'marxismo' liberale ed evitare il soggettivismo del populismo giacobino, sua bestia nera di sempre, e nello stesso tempo progettare una strategia d'azione politica all'interno di una prospettiva storica oggettiva. La via d'uscita gli fu offerta da una particolare interpretazione della legge di sviluppo marxiana. La legge fondamentale della dottrina marxiana afferma, secondo Plechanov, che 'la società non può saltare le fasi naturali del "suo sviluppo, quando essa ha imboccato la via della legge naturale di questo sviluppo".' La frase di Marx citata da Plechanov si trova nella prefazione alla prima edizione del Capitale e in realtà dice: 7 V. Strada, Introduzione a V.I.Lenin, Che fare?, ed. cit., pag. XXXII. 8 Ibidem, pag. XLII. 9 Ibidem, pagg. XLII/XLIII. 10 Ibidem, pagg. XLIV/XLV. 34 'Anche quando una società è riuscita ad intravvedere le leggi di natura del proprio movimento (...) non può né saltare, né eliminare per decreto le fasi naturali dello svolgimento.' L'errore di traduzione in cui incorre Plechanov è un'interpretazione, con ogni probabilità non intenzionale, del passo marxiano in chiave populista.“ 11 Ma se è vero che questo errore di traduzione è "non intenzionale", mi sembra doveroso sottolineare, aggiungendolo a quel che dice Strada, che tutta la tradizione rivoluzionaria russa, tradizione a sua volta condizionata da una realtà realmente "arretrata", premeva nella direzione di quell'errore. Cioè, siamo di fronte ad un errore non certamente casuale, appunto perché quella determinata realtà socioeconomica abbisognava di simili errori se non si voleva cadere nella stasi e nel fatalismo. E questo è proprio ciò che queste note sul populismo russo tendono a dimostrare: la realtà sociale ed economica "arretrata" russa, accompagnata dalla autocratica e poliziesca politica zarista, era la condizione essenziale, e nello stesso tempo la giustificazione, di una tattica rivoluzionaria basata sulla sopravvalutazione del ruolo dirigente dell'elite, sulla sottovalutazione del ruolo delle masse e su speculazioni teoriche tendenti a dimostrare la possibilità, in genere, di "salti storici". Del resto, anche la critica più tarda, del Plechanov ormai marxista, alle posizioni populiste, è inficiata dalla speranza di poter giustificare in una qualche maniera, naturalmente la più logica, chiara e marxista possibile, l'azione rivoluzionaria in Russia. Tutte le teorizzazioni su possibili "salti storici", o come nel Plechanov marxista, sullo "sviluppo diseguale del capitalismo" con conseguente "sviluppo accelerato del capitalismo nei paesi orientali", servivano unicamente a soddisfare quel desiderio, altamente morale ma puramente soggettivo, del rivoluzionario che non si piega e non si vuol piegare di fronte alla dura realtà oggettiva. Da tutto ciò risulta evidente che lo sbocco naturale di tanto soggettivismo, di tanta "volontà d’azione", nei rivoluzionari russi, doveva sfociare prima o poi, nella Narodnaja Volja, in un tipo di organizzazione cioè, centralizzata, segreta e terroristica. Come, d'altra parte, risulta chiaro che il problema centrale in quelle condizioni, divenisse lo stato, o meglio, il suo abbattimento. "Ma una volta conquistato, quella macchina statale mostruosa non sarebbe diventata un nuovo strumento repressivo e oppressivo nelle mani di un gruppo di rivoluzionari, insindacabili organizzatori di dubbi esperimenti sociali?" 12 Ogni buon marxista non poteva non porsi il problema e quindi non spaventarsi di fronte a certe possibilità. Infatti "già nel I883 Plechanov insiste a dire che 'la dittatura della classe è lontana, come il cielo dalla terra, dalla dittatura di un gruppo di rivoluzionari intellettuali'; che il proletariato non intende 'passare eternamente da un tutore all'altro', bensì essere 'attore autonomo nell'arena della vita storica'; che 'la sola idea che la questione sociale possa essere in pratica risolta da qualcuno che non siano gli operai stessi, indica la totale incomprensione di tale questione, indipendentemente dal fatto che a pensarlo sia un 'cancelliere di ferro' oppure un'organizzazione rivoluzionaria'." 13 Plechanov azzarda persino una previsione che poi rivelerà la sua tragica verità: "E' indubbio inoltre che, sotto questa tutela, il popolo non si educherebbe per il socialismo, ma o perderebbe definitivamente ogni 11 Ibidem, pag. XXXVI. 12 Ibidem, pag. LIV. 13 Ibidem, pagg. LIV/LV. 35 capacità di ulteriore progresso, o conserverebbe queste capacità soltanto grazie al sorgere di quella stessa disuguaglianza economica, la cui eliminazione sarebbe stato il fine immediato del governo rivoluzionario." 14 Proprio queste affermazioni, le più belle da un punto di vista astrattamente umano e le più vicine anche all’umanesimo di Marx, sono cariche di utopismo. Praticamente Plechanov fu costretto a contraddirle varie volte. Ci serva d'esempio la sua approvazione totale e incondizionata a ciò che disse Posadovskij al Secondo Congresso del POSDR. Quest'ultimo sostenne che "tra i principi democratici non ve n'è uno che noi non dobbiamo sottomettere agli interessi del nostro partito." E quando alcuni domandarono "Anche l'inviolabilità della persona?" Posadovskij confermò "Sì! Anche l'inviolabilità della persona!" 15 Oltre all'Essere Assoluto della rivoluzione a cui occorreva sottomettersi e con cui Plechanov si giustificò, qui si trattava anche dell’Essere Assoluto del partito. "Il compito posto da Plechanov ai rivoluzionari russi nel 1883-84 era quello della creazione del partito politico della classe operaia russa. Alla 'intelligencjia socialista' egli attribuiva il dovere di 'diventare la guida della classe operaia' e, con parole che sembravano anticipare le formulazioni centrali del Che fare? leniniano, dichiara che il 'socialdemocratico' 'porterà nella classe operaia la coscienza, senza la quale è impossibile cominciare una seria lotta contro il capitale’." 16 Aveva ragione Victor Adler quando diceva a Plechanov, scherzando, che Lenin era figlio suo, ma occorreva anche aggiungere che sia Lenin che Plechanov erano figli della Russia di fine ‘800. A questo proposito è interessante il discorso conclusivo di Strada su Plechanov: "Questi i punti principali dell'analisi del giovane Plechanov, nella quale sono prefigurati, in astratto, tesi capitali che, diversamente amalgamate ritroveremo in Lenin (la necessità dell’organizzazione del partito, la coscienza apportata dal di fuori nella classe operaia ad opera della intelligencjia rivoluzionaria, il blocco politico-storico degli operai e dei contadini sotto l’egemonia dei primi, la lotta simultanea per la democrazia e il socialismo) e insieme sono preannunciati i motivi radicali di dissenso che, a un certo punto dell‘evoluzione di Lenin, schiereranno Plechanov contro di lui (il rifiuto di una continuità ideale con la Narodnaja Volja, la critica della concezione 'blanquistico-giacobina' dell'organizzazione del partito e della 'presa del potere')." 17 L'utopismo e l'incapacità ad essere conseguente si manifestano qui, in Plechanov: un'attenta considerazione mostra infatti, che il primo gruppo di tesi (la necessità dell'organizzazione del partito, la coscienza apportata dal di fuori, ecc.) non è affatto in contraddizione con il secondo gruppo (continuità ideale con la Narodnaja Volja, ecc.), anzi, i due gruppi di tesi sono estremamente conseguenti. Semmai la contraddizione sta invece nell'essere contemporaneamente un "marxista ortodosso" e nello stesso tempo parlare sia di "coscienza apportata dall'esterno", sia di "continuità ideale con la Narodnaja Volja". In altre parole, Plechanov fu incapace di allontanarsi totalmente, fino in fondo, dal "marxismo ortodosso", fu incapace di conciliare, perché erano veramente inconciliabili, una teoria che basava il cambiamento della 14 Ibidem, pag. LVI. 15 Ibidem, nota n. I, pag. XL. 16 Ibidem, pag. LVI. 17 Ibidem, pag. LIX. 36 società, da capitalistica a socialista, sull’alto livello raggiunto nei rapporti economici e una situazione (la russa) profondamente "arretrata". Per far ciò occorreva una volontà ferrea, capace di una estrema duttilità, di spirito d'adattamento e di una fiducia illimitata in se stesso, tutte qualità che caratterizzano Lenin in positivo, ma insieme ne preannunciano anche gli aspetti negativi. Però, e con ciò ritorniamo a Strada, le contraddizioni dovute a mancanza di coerenza che noi scorgiamo in Plechanov, non sono soltanto sue contraddizioni. Sono contraddizioni in primo luogo di una Russia in cui una forte presenza di "rivoluzionari di professione", imbevuti di idee nate e sviluppate in una realtà oggettiva diversa, coesisteva con una realtà sociale ed economica delle più arretrate. Ed è evidente che ad una situazione del genere non può sfuggire neppure Lenin. A noi, almeno in questo contesto, non serve criticare negativamente le teorie rivoluzionarie ivi nate perché inficiate da soggettivismo. Non ci serve perché è chiaro che quella data realtà oggettiva arretrata abbisognava di rivoluzionari in grado anche di sognare. E non è un caso che Lenin, col coraggio che lo contraddistingue sempre, abbia detto nel Che fare? "Occorre sognare!" 18 Nonostante questo, però, dobbiamo avere ben chiaro in mente tutti i possibili e vari costi che una cosa del genere comporta. Non si può impedire al rivoluzionario né di sognare, né di attuare il socialismo appena lo può, anche in una realtà oggettiva poco adatta, ma occorre che sia ben chiaro che la natura del risultato dipende anche dalla via che si è seguita e che si è costretti a seguire in quelle date circostanze oggettive. E allora perché Lenin dovrebbe elevarsi al di sopra del suo tempo? Perché ciò che Strada dice dei populisti, cioè "esulava, invece, da questa visione ottimistica e attivistica la questione dei pedaggi che una via "più breve" poteva esigere." 19, non può essere detto anche per Lenin? E infine, se il rivoluzionario può sognare, e sogna quando e in anticipo rispetto a ciò che la situazione oggettiva permette, vuol dire che il rivoluzionario non sempre fa discorsi "scientifici", ma è in grado anche di costruire ideologie nel senso negativo di "falsa coscienza", allora perché "una critica del leninismo potrà trovare la sua forza non sul piano della ideologia, ma solo andando alla realtà che il leninismo ha generato e interpretato, cioè facendosi critica storica della rivoluzione bolscevica e del sistema di eventi che, sul terreno nazionale russo e su quello internazionale da essa sono nati e nascono, commisurando i risultati col progetto e proponendo una diversa visione prospettica della realtà in atto." 20? Lasciamo pure che Strada risponda come vuole a queste domande. Da parte nostra non ci accontenteremo certamente di dire che Lenin "nella rivoluzione vedeva il frutto di una concorrenza propizia di circostanze all'interno di una situazione oggettiva nazionale e internazionale [...] e non il portato di un fatalistico corso delle cose e l'arbitrio di una volizione soggettiva." 21, perché se è dato per scontato che Lenin vedeva così la rivoluzione e se è dato per scontato che occorre approfittare del nemico quando questo ha un attimo di distrazione, non 18 V.I.Lenin, Che fare?, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, Roma - Newton Compton - I973, pag I94 19 V. Strada, Introduzione a V.I.Lenin, Che fare?, ed. cit., pag. XLVIII. 20 Ibidem, pag. LXXX. 21 Ibidem, pag. LXXXIV. 37 bisogna pero scambiare questo "attimo di distrazione" (la Russia del 'I7) con una situazione oggettiva "matura". E questo non per amore di sottili disquisizioni teoriche, ma perché è la base di quella critica, innanzi tutto ideologica, che bisogna affilare nei confronti del leninismo, se noi vogliamo, da una parte, costruire una "via al socialismo" che sia aderente a una società capitalistica avanzata e dall'altra capire, attraverso una seria analisi, la situazione che caratterizza oggi i cosiddetti paesi a "socialismo reale". Nella sua polemica coi populisti Lenin "non solo afferma il carattere già essenzialmente capitalistico dell’economia russa, ma con uno spirito che ricorda certe pagine del Manifesto marx-engelsiano, sottolinea il carattere progressivo e positivo del giovane sviluppo del capitalismo russo." 22 "[...] non più, naturalmente il 'salto' di una fase attraverso la sua contrazione esterna, o l'uso di una felice 'intermittenza', o la 'combinazione' di leggi sociologiche diverse, bensì le riforme atte a spingere al massimo la velocità di moto del capitalismo, del quale si desidera il 'pieno sviluppo' e non già un 'indugio'; e simultaneamente alla fase riformatrice si appresta la fase rivoluzionaria, che Lenin dispiegherà in modo nuovo al confine tra i due secoli [...] 'Il determinismo', scrive Lenin, 'non solo non presuppone il fatalismo, ma al contrario offre proprio il terreno per l’azione razionale.'." 23 Questo è il periodo in cui Lenin inizia a trattare il problema del partito: verso la fine del 1897, quando era al confino, scrisse I compiti dei socialdemocratici russi, che uscì nel 1898 a Ginevra con una prefazione elogiativa di Aksel'rod. Ma le posizioni di quest'ultimo e le sue, differivano in modo sostanziale. Aksel'rod, in un opuscolo sul rapporto tra democrazia liberale e socialista, pubblicato lo stesso anno a Ginevra, affermava che il proletariato russo "al grado attuale di sviluppo della Russia, nelle sue aspirazioni immediate non può andare oltre il liberalismo democraticoradicale [...] e a differenza dei suoi fratelli maggiori in Occidente [...] trova nella cerchia degli stessi rappresentanti della società borghese il punto d'appoggio e il sostegno del proprio sviluppo rivoluzionario." 24 Lenin invece affermava: "Nella lotta contro l'assolutismo la classe operaia deve distaccarsi (dalla borghesia) perché essa soltanto è il nemico incondizionato e conseguente fino in fondo dell'assolutismo, soltanto tra essa e l'assolutismo sono impossibili compromessi, soltanto nella classe operaia il democratismo può trovare un sostenitore senza riserve, senza indecisioni, senza sguardi indietro." 25 Strada distingue questo Lenin da quello che, dopo il 1901, porrà a modello del partito socialdemocratico l’esperienza della Narodnaja Volja e che, su questa direttiva, teorizzerà il "rivoluzionario di professione". Ora, il partito, doveva limitarsi a "partecipare a tutte le manifestazioni spontanee della lotta della classe operaia" e non "apportare", come poi Lenin dirà, ma "sviluppare negli operai la coscienza della loro solidarietà, la coscienza degli interessi generali e delle cause generali di tutti gli operai russi come classe operaia unitaria, 22 Ibidem, pag. LXII. 23 Ibidem, pagg. LXIV/LXV. 24 P. Aksel'rod, La situazione storica e il rapporto reciproco della democrazia liberale e socialista in Russia, in V. Strada, Introduzione a V.I.Lenin, Che fare?, ed. cit., pag. LXVIII. 25 V. Strada, Introduzione a V.I.Lenin, Che fare?, ed. cit., pagg. LXVIII/LXIX. 38 parte dell'esercito mondiale del proletariato." "Quanto ai mezzi che la classe operaia guidata da questo partito socialdemocratico, userà nella sua lotta decisiva, ‘ragionare su ciò in anticipo e risolvere questo problema adesso sarebbe vacuo dottrinarismo'. 'Sarebbe come se dei generali organizzassero un consiglio di guerra, prima di aver radunato l'esercito, di averlo mobilitato, di averlo messo in marcia contro il nemico. Ma quando l’esercito del proletariato lotterà fermamente e sotto la guida di una forte organizzazione socialdemocratica per la propria emancipazione economica e politica, allora sarà questo esercito a indicare ai generali i modi e i mezzi dell'azione.' In questo programma d'azione, in cui, i 'generali' sono assoggettati all'esercito, Lenin riusciva a dispiegare un piano indubbiamente rivoluzionario di accelerazione dello sviluppo economico e politico della Russia, piano che si distingueva da quello di Aksel'rod e di Plechanov dove le 'fasi' democratica e socialista si mantenevano staccate e non trapassavano così velocemente l'una nel l'altra. E, soprattutto, quando concepiva questo vasto programma d'azione, Lenin rifiutava la teoria 'blanquista' della Narodnaja Volja [...]" 26 Questa citazione da Strada ci è utile per dimostrare che il "piano indubbiamente" rivoluzionario del Lenin prima della polemica con Struve del 1901, è pregno di utopismo: tutte quelle belle parole sul "determinismo" che “offre il terreno per l'azione razionale"; sul rifiuto della teoria "blanquista" della Narodnaja Volja; sui "generali" assoggettati all'"esercito"; e soprattutto sulla coscienza non apportata dall’esterno, sono la prova evidente del divario esistente fra realtà oggettiva e riflessione rivoluzionaria. Capito questo, non spiegheremo il mutamento di Lenin del 1901 come una "reazione al revisionismo", come fa Strada, accettando immediatamente la spiegazione che lo stesso Lenin dà del suo comportamento (il cosiddetto raddrizzamento del bastone), ma spiegheremo questo mutamento come un adeguamento in senso rivoluzionario della teoria leniniana a ciò che la situazione russa realmente richiedeva. Adeguamento certamente rivoluzionario, fatto cioè affinché la rivoluzione potesse divenire realtà, ma non, e questo deve essere chiaro, in osservanza ai principi marxisti, i quali, sebbene non siano statici articoli di fede, presuppongono sempre un certo grado di sviluppo, sia in ciò che viene considerato il lato strutturale o oggettivo, sia, di conseguenza, in quello sovrastrutturale o soggettivo, chè solo impedisce la caduta nell'opportunismo o in qualsiasi forma di deviazionismo. A questo punto ci è anche chiaro il perché e il come va impostata una critica a Lenin dal punto di vista ideologico. Lenin scade nell'ideologico non quando formula l'esigenza di un'organizzazione sul modello della Narodnaja Volja, cosa che invece costituiva la risposta più adeguata da un punto di vista rivoluzionario e quindi la più aderente alla situazione oggettiva data, scade, invece, nell'ideologico, quando, da una parte, o generalizza i suoi risultati a contesti oggettivi diversi da quello da cui lui partiva o (l'altra faccia della medaglia), quando ottiene determinati risultati come conseguenze logiche di affermazioni di partenza che vogliono avere un carattere generale e astratto da ogni specifico contesto oggettivo, e dall'altra parte, quando (e questo aspetto è ben più importante e più diffuso in tutta l'opera leniniana), non si accorge, trascinato dall'impeto del rivoluzionario che pensa di avere in sé la verità, (senza ciò, che di solito viene chiamato fanatismo, non si avrebbe nessun tipo di rivoluzionario) non si accorge che le sue soluzioni devono pagare il cosiddetto "pedaggio" all'oggettività, proprio perché sono la risposta adatta ad una realtà oggettiva "arretrata", cioè, proprio 26 Ibidem, pagg. LXIX/LXX. 39 perché costituiscono un "anticipo" che in primo luogo è "forzatura storica" e che quindi non può non determinare e condizionare in una precisa direzione tutto il percorso pre e postrivoluzionario. Quindi, quando vorremo salutare il Lenin rivoluzionario, non andremo certamente a ripescare formule isolate in cui egli cerca di salvaguardare quell'insieme di valori che passano sotto la denominazione di democrazia, anzi vedremo proprio in ciò dei cedimenti nella consequenzialità di Lenin. Andremo, invece, a cercare il lucido e coerente Lenin "giacobino" e "rivoluzionario di professione", consci che sono solo queste caratteristiche che permetteranno poi di fare la rivoluzione russa, ma consci anche che, dialetticamente, queste stesse caratteristiche segnano i limiti della stessa rivoluzione. Per il politico empirico, abituato a rispondere ad ogni caso particolare con una immediata e altrettanto particolare risposta, questo discorso risulterà strano: apparirà contraddittorio perché esalta come rivoluzionario il Lenin che rinnega la democrazia e nello stesso tempo trova, proprio in questo Lenin, quei limiti che lo allontanano dal marxismo; apparirà inoltre riduttivo, perche, in un contesto del genere, ogni soluzione tipicamente russa con caratteristiche socialiste sarà impossibile, in quanto, se da una parte è da rinnegare come non socialista il Lenin non democratico, dall'altra tutti gli sforzi fatti da lui e non solo da lui per recuperare e far propri valori democratici in Russia, sono considerati utopistici. In realtà, per il politico che ragiona in termini dialettici, ambedue le argomentazioni, del resto strettamente legate, trovano una risposta positiva al di fuori della Russia. Non a caso contrapponiamo a Lenin Rosa Luxemburg: la rivoluzione in Germania rimaneva l'unica possibilità per una soluzione in senso socialista della rivoluzione in Russia e non solo per motivi strutturali, perché, cioè, la Germania era paese economicamente più avanzato della Russia, ma anche per motivi sovrastrutturali, perché solo in Germania una teoria del trapasso in una società socialista era possibile in quanto, trovando il giusto terreno, era pure realizzabile. 40 b) La questione dell'organizzazione in Lenin Sull' Iskra n.4 del maggio 1901 appare l'articolo di Lenin Da che cosa incominciare? che annunciava un approfondimento nelle questioni riguardanti l'organizzazione. Poco più tardi, il 2 marzo 1902, Lenin dà prova di saper mantenere le promesse: esce a Stoccarda il Che fare?. Gli stessi temi trattati in quest'opuscolo vengono poi ribaditi nella famosa Lettera ad un compagno sui nostri compiti organizzativi del settembre 1902 e in Un passo avanti e due indietro, scritto tra il febbraio e il maggio 1904 e pubblicato in questo stesso mese a Ginevra. Quest'ultimo scritto, tra l'altro, commenta l'andamento e l'esito del Secondo Congresso del POSDR, tenutosi nel 1903 prima a Bruxelles e poi a Londra e rimasto famoso perché proprio in quell'occasione si ebbe la scissione in bolscevichi e menscevichi (maggioranza e minoranza). In questi lavori Lenin conduce un discorso semplice e lineare: l'esigenza primaria per il movimento rivoluzionario russo consiste nel superare la dispersione e l'”anarchismo”, imperanti fino ad allora, creando finalmente, una salda e accentrata organizzazione socialdemocratica capace di tener testa con impegno e perseveranza alle difficoltà enormi che la difficile realtà russa poneva. Lenin alla fine del Che fare? scriveva: "Riassumendo tutto ciò che si è detto sopra, alla domanda: che fare? possiamo dare una breve risposta: liquidare il terzo periodo." 27 Liquidare il terzo periodo significava liquidare tutto il periodo precedente e in primo luogo, in positivo, significava condurre una tattica comune e decisa in tutta la Russia, cosa che aveva un senso solo se si riusciva a creare una forte unione fra i socialdemocratici russi, sulla base di un potente partito socialdemocratico: "Se non esiste una salda organizzazione, temprata alla lotta politica in ogni momento e in tutte le situazioni, non si può parlare di un sistematico piano di azione illuminato da principi fermi e rigorosamente applicati che meriti il nome di tattica," 28 Lenin insiste molto sulla fermezza, la decisione e la continuità: "Il nostro compito pratico più urgente [è]: creare un'organizzazione di rivoluzionari, capace di garantire alla lotta politica l'energia, la fermezza e la continuità." 29 Tali qualità non possono certamente essere casuali: "L’organizzazione dei rivoluzionari deve comprendere prima di tutto e principalmente degli uomini la cui professione sia l'azione rivoluzionaria [...] Tale organizzazione necessariamente non deve essere molto estesa e deve essere quanto più clandestina possibile." 30 Fare, a questo proposito, sogni sulla democrazia, dimenticando quindi, la situazione oggettiva russa, è inutile e dannoso: "Chi vuole una vasta organizzazione di operai con elezioni, rendiconti, suffragio universale, ecc. sotto l'assolutismo, non è che un incurabile utopista." 31 "Per i militanti del nostro movimento il solo principio organizzativo serio deve essere: segreto rigoroso, scelta minuziosa degli iscritti, 27 V.I.Lenin, Che fare?, To—Einaudi—I97I, pag. 210. 28 V.I.Lenin, Che fare?, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, ed. cit., pag. 85. 29 Ibidem, pag. I36. 30 Ibidem, pag. I43. 31 Ibidem, pag. I49. 41 preparazione di rivoluzionari professionali. Con queste qualità avremo qualcosa di più della "democrazia": avremo una fiducia completa e fraterna fra rivoluzionari. 32 Ed essa ci è assolutamente necessaria perché da noi, in Russia, non è possibile sostituirlo con il controllo democratico generale." 33 Non si può certamente accusare Lenin di non aver sottolineato sufficientemente il carattere russo di queste sue affermazioni: "Si rifletta un momento al significato reale delle grandi parole del Raboceie Dielo e si comprenderà che una 'larga democrazia' in un'organizzazione di partito che vive nelle tenebre dell'autocrazia, nel regime della selezione poliziesca, non è che un balocco inutile e dannoso." 34 E aggiunge: "Soltanto un'organizzazione all'estero (Lenin si riferisce a l'Unione dei socialdemocratici russi all’estero) poteva dare alla propria redazione, fra le altre, le istruzioni seguenti: 'Direttiva di organizzazione. Nell'interesse dello sviluppo e dell'unità della socialdemocrazia, è opportuno mettere in rilievo, sviluppare, rivendicare il principio di una larga democrazia di partito. Ciò è tanto più necessario in quanto delle tendenze antidemocratiche si sono manifestate nelle file dell'organizzazione'." 35 E poteva farlo proprio perché e solamente perché i suoi membri vivevano all'estero: "Solo all’estero, ove spesso si raccoglie gente che non ha la possibilità di svolgere un vero lavoro attivo, ha potuto sorgere qua e là, e soprattutto nei diversi piccoli gruppi, questo gioco alla democrazia." 36 D'altra parte Lenin non riserva all'organizzazione dei "rivoluzionari di professione" tutti i compiti che la lotta di classe pone: al di là del fatto che il partito deve essere composto da varie organizzazioni - "il partito è un'organizzazione, deve essere un'organizzazione (nel senso largo della parola); e nello stesso tempo deve essere composto da tutta una serie di organizzazioni diverse (nel senso stretto della parola)" 37 - la distinzione fondamentale che Lenin introdusse fu fra "l'organizzazione di un partito socialdemocratico rivoluzionario" e "l'organizzazione degli operai per la lotta economica". Al contrario della prima, "l'organizzazione degli operai deve anzitutto essere professionale, poi essere la più vasta possibile e infine essere la meno clandestina possibile. (Qui e in seguito mi riferisco - è chiaro - solo alla Russia autocratica.)" 38 E altrove Lenin affermò "Noi dobbiamo farla finita, fin al livello dei gruppi di fabbrica inclusi, con la tradizione dell'organizzazione socialdemocratica di tipo strettamente operaio o sindacale. Il gruppo di 32 Qui Lenin parla della "fiducia completa e fraterna fra rivoluzionari" come "qualcosa di più della democrazia". È evidente in ciò una forte dose di opportunismo: egli dimentica l'"inferiorità" russa derivata dalle particolari condizioni "arretrate" in cui si trovava allora il grosso impero, preferendo adattarsi e quindi postulare come superiori ai metodi democratici, quei mezzi che ivi è costretto a perseguire. 33 V.I.Lenin, Che fare?, Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, ed. cit., pag. I70. 34 Ibidem, pag. I68. 35 Ibidem, pagg. I66/I57. 36 Ibidem, pag. I69. 37 V.I.Lenin, Un passo avanti e due indietro, Roma - Editori Riuniti - I972, nota n. I, pag. 44. 38 V.I.Lenin, Che fare?, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, ed. cit., pag. I43. 42 fabbrica o il comitato di fabbrica [...] deve essere costituito da un numero molto piccolo di rivoluzionari, che ricevono direttamente dal comitato (centrale) ordini e mezzi per svolgere il lavoro dell'intero partito socialdemocratico nella fabbrica. Tutti i membri del comitato di fabbrica devono considerarsi agenti del comitato (centrale), essere disposti ad accettare tutte le sue direttive e sentirsi vincolati da tutte 'le leggi e consuetudini' di questo 'esercito di campo' nel quale sono entrati a far parte e che non possono abbandonare senza permesso del comandante." 39 E' evidente che la conclusione di tutto questo discorso non poteva che essere: "Il giacobino legato indissolubilmente alla organizzazione del proletariato, consapevole dei propri interessi di classe, è appunto il socialdemocratico rivoluzionario." 40 In effetti il tipo di struttura organizzativa cosi formulata "offriva il fianco a una critica come quella che Rjazanov faceva, nel 1904, a Lenin: 'senza il principio democratico, senza la distruzione di ogni traccia di Personencults, è possibile nel migliore dei casi una setta, non un partito.'." 41 E, veramente, Lenin aveva già preso in considerazione la possibilità di una degenerazione dispotico personale del partito da lui voluto. Nella famosa Lettera ad un compagno sui nostri compiti organizzativi, scritta nel settembre del 1902, Lenin ribadisce che la direzione di tutto il movimento deve restare al "numero più piccolo possibile" di "esperti rivoluzionari di professione", "il più omogenei possibile", ma nello stesso tempo precisa che tale direzione si conserva "naturalmente, non con la forza del potere, ma con la forza dell'autorità, con la forza del l'energia, con la maggiore esperienza, con la maggiore versatilità, col maggior ingegno." E ancora "Questa osservazione vale anche per l'obiezione possibile e consueta che la centralizzazione rigorosa può con troppa facilità rovinare la causa, se per caso nel centro si verrà a trovare una persona incapace dotata di un enorme potere. La cosa è possibile, naturalmente, ma il mezzo per combatterla non può essere l'elettività o la decentralizzazione, assolutamente inammissibili in misura di una certa ampiezza e persino francamente nocive nella lotta rivoluzionaria sotto l'autocrazia. Il mezzo per combatterle non lo dà alcun statuto, e possono darlo soltanto i mezzi dell' 'azione fraterna esercitata', a partire dalle risoluzioni di tutti quanti i sottogruppi per continuare con un loro appello all'Organo Centrale e, per finire (nel migliore dei casi) con il rovesciamento del potere assolutamente incapace." 42 Strada mostra di avere qualche perplessità di fronte a questo discorso: nel ragionamento di Lenin rimarrebbe "vago" il concetto di "incapacità" che giustifica "il rovesciamento" del potere personale instaurato nel centro del partito; e "astratto" rimarrebbe il concetto di "azione fraterna" o "influsso da compagni" che deve salvare il partito dalla degenerazione. Il quesito che Strada si pone è se è possibile che solo "per caso" il partito possa cadere in mani poco sicure. Ma subito dopo, Strada, sembra trovare una soluzione ai suoi dubbi: "In realtà, finché il partito di Lenin fu lo strumento teorico - organizzativo 39 Giuseppe Bedeschi, Introduzione a Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, ed. cit., pagg. 9/10. 40 V.I.Lenin, Un passo avanti e due indietro, ed. cit., pag. 91. 41 V. Strada, Introduzione a V.I.Lenin, Che fare?, ed. cit., pag. LXXXVII 42 Ibidem, pag. LXXXVI. 43 impiegato nella lotta aperta contro l'autocrazia e la borghesia e affilato nella polemica libera di tutte le correnti socialiste e marxiste, esso non fu mai una 'setta' e dimostrò la sua superiorità che infine lo portò alla vittoria. Ma quando, dopo la vittoria, furono annullate - e non per una breve dittatura giacobina - le condizioni politiche di lotta e di polemica, soltanto nelle quali quel partito aveva potuto formarsi e svilupparsi, e quando di conseguenza venne meno quell' 'azione fraterna' che aveva caratterizzato, pur tra contrasti intensi, il periodo eroico della sua lotta, non fu 'per caso' che una persona 'dotata di un enorme potere' venne a trovarsi 'nel centro', una persona 'incapace' non certo dal punto di vista della inefficienza dispotica, bensì certo da quello dell'emancipazione socialista, una persona il cui 'rovesciamento' era veramente impossibile e che consolidò le condizioni atte a perpetuare il potere 'peruviano', per dirla con Plechanov, del 'centro', cesaristiche o oligarchiche che fossero le forme che tale 'centro' riteneva opportuno e possibile assumere. La realtà ’ritardata' russa che, sullo sfondo della situazione internazionale, aveva condizionato l'idea leniniana di partito, continuò, naturalmente, a condizionare il movimento delle sue strutture organizzative anche dopo la rivoluzione, ormai in una diversa congiuntura mondiale, sulla quale però, ora, quelle strutture, così condizionate e modificate, presero ad esercitare un potente influsso." 43 Ancora una volta dobbiamo rilevare come Strada non prosegua fino in fondo la sua critica: si può fare una distinzione fra partito bolscevico prima e dopo la rivoluzione? Certo, parecchi dati oggettivi vengono a modificarsi, però non vedere che il comportamento tenuto dopo la rivoluzione dai bolscevichi è strettamente collegato e anzi trova le sue ragioni proprio in quello che erano stati i bolscevichi nel periodo precedente, significa togliersi la possibilità di compiere una seria analisi. Se il problema è sapere come la realtà "ritardata" russa "aveva condizionato l'idea leniniana di partito", Vittorio Strada non ce lo dice: anzi ci parla del partito di Lenin prima della rivoluzione in termini più che positivi. E certamente questo partito non fu una setta, ma le conclusioni di Strada rimangono ugualmente poco convincenti. "Tutt'altra, s'è detto, era l'idea che Lenin aveva della Narodnaja Volja come organizzazione rivoluzionaria socialista attiva e salda capace di combinare lotta per la democrazia e lotta per il socialismo, idea che corre con particolare insistenza nel Che fare?. E non si può negare che, da un punto di vista storico, la sua interpretazione fosse quella più vicina alla realtà. Tuttavia Lenin, naturalmente, non pensava ad un ritorno puro e semplice alla teoria, propria dei narodovol'cy, della 'presa del potere' e vedeva benissimo che quella teoria era destinata a restare un'utopica aspirazione astratta finché costituiva il fine dell'azione di un piccolo gruppo di intellettuali rivoluzionari, per quanto titanici ed eroici fossero i loro sforzi. In Lenin l'idea della 'presa del potere' perde la sua astrattezza e si associa all'idea della rivoluzione agraria, nel corso della quale, le masse contadine sono guidate dalla classe operaia attraverso l'azione condizionatrice del partito modellato secondo le strutture centralistiche e cospirative della Narodnaja Volja e ispirato da una teoria marxista, nella quale si è immessa la logica populista dello sviluppo socio-economico accelerato e, entro determinati limiti, regolabile con strumenti politici“. 44 Conclusioni, queste, poco convincenti perché: I.—fino a che punto il supporto dei contadini non sconvolge totalmente l'impostazione 43 Ibidem, pagg. LXXXVII/LXXXVIII. 44 Ibidem, pagg. LXXXIII/LXXXIV. 44 marxiana? E qui mi sembra inutile parlare di interpretazione originale e non ortodossa di Marx da parte di Lenin, o di "teoria marxista nella quale si e immessa la logica populista dello sviluppo socio-economico accelerato", proprio perché tutto ciò assumerebbe soltanto un valore giustificatorio del leninismo che, tra l'altro, è causa di ogni confusione. Occorre invece riconoscere la piena e totale autonomia del leninismo rispetto al marxismo, essenzialmente perché, non basta volere il socialismo per essere socialisti, ma occorre inserire nella propria visione del fine anche i mezzi usati, cioè, l'abbiamo già detto, la natura del risultato dipende anche dalla via che si è seguita. E 2.- fino a che punto un partito che vuole ricalcare le orme della Narodnaja Volja, seppure dal solo punto ai vista strutturale, è poi in grado di mantenersi entro un ambito puramente marxista? O se vogliamo, fino a che punto questo tipo di partito e in grado di condurre al socialismo? Dovrebbe essere evidente, e cercheremo poi di dimostrarlo, che la struttura di un partito non può considerarsi separatamente dalla tattica che il partito stesso conduce: scopi e mezzi impiegati sono più uniti di quel che solitamente si pensa. Rjazanov in un suo articolo dal titolo Dall'alto o dal basso scritto in polemica con Lenin, proponeva un paragone fra Zemlja i Volja e Narodnaja Volja: "In altre parole, l'organizzazione della Zemlja i Volja era segreta e centralizzata, mentre l'organizzazione della Narodnaja Volja era congiuratoria e centralistica [...] Nella prima 'l'unità delle idee e l'unità d'azione' erano stabilite 'dal basso', nella seconda esse erano apportate 'dall'esterno'. Questa differenza nei tipi di organizzazione era condizionata dalla differenza dei compiti che si ponevano la Zemlja i Volja e la Narodnaja Volja. La prima partiva dalla convinzione che ’le rivoluzioni sono opera delle masse popolari' che, 'le prepara la storia' ecc. ecc., la seconda voleva 'togliere al popolo il giogo opprimente dello stato contemporaneo e operare un rivolgimento politico al fine di trasmettere il potere al popolo.' E per questo essa riteneva necessario ’prepararsi' subito 'proprio all'insurrezione'.” 45 Paragone interessante che mostra come i problemi riguardanti la forma che un partito si dà, siano in rapporto, e addirittura limitati, dal tipo di programma che si persegue. Anche Lenin, del resto, era cosciente di ciò: "La struttura di ogni organismo è naturalmente e inevitabilmente determinata dal contenuto della sua attività." 46 E' quindi chiaro che una polemica sull'organizzazione, se non vuol essere vuota, non può limitarsi a prendere in considerazione solo l'aspetto strutturale di un partito, ma deve analizzare quest'ultimo in rapporto alla tattica che esso ha condotto. Trockij lo dice chiaramente: "I compiti organizzativi sono per noi totalmente subordinati ai metodi della tattica politica [...] Per capire le divergenze in materia di organizzazione, bisogna uscire dai suoi limiti, sotto pena di asfissiarsi nella scolastica e nelle logomachie della stessa risma." 47 Dopo un breve capitolo iniziale sulla "libertà di critica", Lenin, nel Che fare?, affronta di petto il problema centrale, quello che poi costituirà la premessa teorica giustificante dell'esigenza di una salda e accentrata organizzazione socialdemocratica. 45 N. Rjazanov, Dall'alto o dal basso, in seguito a V.I.Lenin, Che fare?, To - Einaudi -I97I, pag. 447. 46 V.I.Lenin, Che fare?, in Lenin Trockij Luxemburg Rivoluzione e polemica sul partito, ed. cit., pag. 131. 47 Lev Trotskij, I nostri compiti politici, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, ed. cit., pag. 286. 45 Si tratta di La spontaneità delle masse e la coscienza della socialdemocrazia. Lenin vi afferma: "Gli scioperi della fine del secolo dunque, malgrado il progresso immenso che essi rappresentavano in confronto col le ’rivolte' anteriori, restavano un movimento puramente spontaneo. Abbiamo detto che gli operai non potevano ancora possedere la coscienza socialdemocratica. Essa poteva essere loro apportata soltanto dall'esterno." 48 E a conclusione dello stesso capitolo, Lenin affermava: "In che consiste la funzione della socialdemocrazia se non nell'essere lo 'spirito' che non soltanto aleggia sul movimento spontaneo ma eleva quest'ultimo fino al 'suo programma'." 49 Questi concetti vengono poi ribaditi più volte: "La coscienza politica di classe può essere portata all'operaio solo dall'esterno, cioè dall'esterno della lotta economica, dall'esterno della sfera dei rapporti tra operai e padroni." 50 Allora, visto queste premesse, perché meravigliarsi delle conclusioni logiche che ne derivano?: "L'organizzazione [...] sarà pronta a tutto, dalla salvezza dell'onore, del prestigio e della continuità del partito nel momento di maggior 'depressione' rivoluzionaria, alla preparazione, datazione e attuazione della insurrezione popolare armata." 51 Plechanov nel suo La classe operaia e gli intellettuali socialdemocratici, articolo apparso sui numeri 70 e 7I dell'Iskra del 27/7 e dell'1/8/1904, dice: "Soltanto dopo il congresso l'osservazione mi convinse che la concezione leniniana della massa operaia come 'elemento non storico della storia', come 'Materia' mossa verso il socialismo dallo 'Spirito' che agisce dall'esterno, che questa errata concezione determinava in notevole misura i concetti tattici ed organizzativi sia di Lenin sia di molti nostri tattici 'duri'. Infine, soltanto dopo il congresso, capii quanto amaramente mi fossi sbagliato, attribuendo a Lenin un movimento 'in avanti'. In realtà egli non pensava neppure ad andare in questa direzione. Più che soddisfatto della popolarità che gli aveva creato la sua deviazione dal marxismo, che aveva reso le sue idee più accessibili ai 'pratici' meno preparati ad intendere il marxismo, egli non solo non mise da parte il bastone che aveva curvato durante la polemica con gli 'economisti', ma si mise a cavalcioni di questo bastone storto e manifestò la più inequivoca intenzione di cavalcare —tra le urla entusiastiche di tutti i consiglieri Ivanov del nostro partito- verso la [… ]‘dittatura’.” 52 E Martov in Proletari e intellettuali nella socialdemocrazia russa aggiunge: "Costui (Lenin) adatta opportunisticamente i compiti della socialdemocrazia alle meschinità dell'ambiente politico in cui il proletariato fa i suoi primi passi, alla esigenza della rivoluzione 'nazionale', che ha bisogno degli operai soltanto come di una massa rivoluzionaria predisposta. Costui - nonostante il carattere rivoluzionario 48 V.I.Lenin, Che fare?, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, ed. cit., pag. 69. 49 Ibidem, pag. 89. 50 Ibidem, pag. 113. 51 V.I.Lenin, Che fare?, To – Einaudi - I97I, pag. 202. L'altra edizione da noi citata del Che fare?, riporta invece: "... 'depressione' rivoluzionaria che a preparare, a decidere e ad attuare l'insurrezione armata di tutto il popolo.", pag. 200. 52 G. Plechanov, La classe operaia e gli intellettuali socialdemocratici, in seguito a V.I.Lenin, Che fare?, To-Einaudi-I97I, pagg. 386/387. 46 del proprio stato d’animo - è un opportunista poiché rifiuta di lavorare subito alla trasformazione del proletariato in forza di classe autonoma." 53 Anche Trockij, con la sua consueta acutezza, afferma in I nostri compiti politici del 1904, :"La teoria proletaria dello sviluppo politico non può surrogare un proletariato politicamente sviluppato.". 54 Quindi "non si può far 'entrare in scena' la tattica socialdemocratica in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo." 55 E più avanti: "Nella politica interna del Partito questi metodi (quelli di Lenin) conducono, come vedremo più in là, l'organizzazione del Partito a 'sostituirsi' al Partito, il Comitato Centrale all’organizzazione del Partito, e infine il dittatore al Comitato centrale." 56 Il "sostituzionismo" di cui parla Trockij è praticamente giustificato e nasce proprio perché la classe operaia in Russia è "arretrata". Lenin aveva parlato del gruppo Svoboda quasi alla stessa maniera: "Il gruppo 'Svoboda' propugna il terrore come mezzo per 'stimolare' il movimento operaio, per dargli un 'impulso vigoroso' [...] Il gruppo ’Svoboda' vuole sostituire l'agitazione con il terrore, riconoscendo apertamente che 'dal momento in cui comincerà tra la massa un'agitazione energica, la funzione stimolatrice del terrore sarà finita'. Questa confessione mostra appunto che terroristi ed economisti sottovalutano l'attività rivoluzionaria della massa [...]" 57 E poco prima, di nuovo accumunando economisti e terroristi, Lenin aveva detto: "Economisti e terroristi si inchinano davanti a due poli opposti della tendenza della spontaneità: gli economisti dinanzi alla spontaneità del 'movimento operaio puro', i terroristi dinanzi alla spontaneità della più evidente indignazione degli intellettuali che non sanno collegare in un tutto il lavoro rivoluzionario e il movimento operaio, o non ne hanno le possibilità." 58 Ma concepire il socialdemocratico rivoluzionario come un giacobino che ha il compito di immettere dall'esterno la coscienza nel proletariato, non significa forse sostituire la classe col partito? 59 Mi sembra allora che abbia ragione Trockij quando "respinge qualunque impostazione 'giacobina' dei problemi organizzativi del 53 L. Martov, Proletari e intellettuali nella socialdemocrazia russa, in seguito a V.I.Lenin, Che fare?, To – Einaudi - 1971, pag. 416. 54 Lev Trotskij, I nostri compiti politici, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, ed. cit., pag. 243. 55 Ibidem, pag. 241. 56 Ibidem, pag. 285. 57 V.I.Lenin, Che fare?, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, ed. cit., pag. III. 58 Ibidem, pagg. 109/110. 59 Se la coscienza socialdemocratica può essere apportata soltanto dall'esterno, si giunge direttamente a giustificare una politica"sostituzionistica". In questo senso Lenin non supera la Narodnaja Volja e nemmeno il terrorismo come metodo politico: il "sostituzionismo" è la giustificazione pratica-teorica del terrorismo e in genere di ogni forma organizzativa di tipo leniniano. E' significativo e problematico insieme, il fatto che Lenin, nel caso dei terroristi, parli di intellettuali che "non sanno collegare in un tutto il lavoro rivoluzionario e il movimento operaio, o non ne hanno la possibilità." E' problematico perche occorre chiedersi se lo stesso Lenin aveva queste possibilità, che naturalmente, non sono soggettive, ma oggettive. 47 partito, denunciandola come 'sostituzionistica', cioè tale che sostituisce il partito alla classe, e porta inevitabilmente alla dittatura del partito sulla classe. 'Se consideriamo il contenuto del nostro lavoro' scriveva infatti Trockij 'e non solo il contenuto della nostra coscienza, del nostro programma e del nostro Organo centrale — abbiamo lo spettacolo di un 'partito‘ (o almeno di ciò che il compagno Lenin e i suoi seguaci intendono col termine partito) situato al di sopra del proletariato [...] Tale prassi che consiste nel sostituirsi politicamente alla classe è evidentemente assai lontana da una prassi socialdemocratica'." 60 A questo punto mi sembra doveroso ricordare che nonostante queste critiche fu Lenin e il suo partito che fecero di fatto la rivoluzione. Le posizioni di Plechanov, di Martov e di tutti gli altri menscevichi sono giuste solo da un punto di vista astratto: praticamente, inserite nella situazione oggettiva in cui la Russia si trovava, peccavano di utopismo e Lenin, che ne era ben conscio, aveva pienamente ragione ad attaccarle così duramente come fece. Per quanto riguarda invece Trockij, occorre fare un di scorso a parte. "Più tardi Trockij ripudiò il suo scritto (I nostri compiti politici), le cui tesi, egli, non riprese nemmeno nell'ultimo periodo della sua vita, durante l'aspra battaglia ideologica e politica contro lo stalinismo. Anzi, nel suo ultimo libro, Stalin, Trockij negò recisamente che lo stalinismo fosse il risultato del centralismo bolscevico, e delle gerarchie clandestine dei rivoluzionari professionali. La selezione rigorosa degli elementi avanzati - affermò Trockij - e il loro raccogliersi in un'organizzazione centralizzata, presentava evidentemente dei pericoli, ma bisogna ricercare le cause profonde di questi pericoli non nel 'principio' del centralismo, bensì nella eterogeneità e nella mentalità ’arretrata' dei lavoratori, cioè nelle condizioni sociali generali che rendono appunto necessaria una direzione centralizzata della classe per mezzo della sua avanguardia. Per questo Trockij confermava che l’opuscolo del 1904, I nostri compiti politici, mancava spesso di maturità nella sua critica a Lenin, ed era, insomma, sbagliato. In tal modo egli ribadiva, anche per quanto riguarda i problemi dell'organizzazione, la sua fedeltà al leninismo." 61 In questo Trockij, forse spinto dall'esigenza politica di presentarsi come il vero e unico continuatore di Lenin, faceva molta confusione. Infatti confondeva ciò che un socialdemocratico deve fare perché costretto a fare da una situazione oggettiva "arretrata", con ciò che è "giusto" che un socialdemocratico faccia; e per farmi capire meglio voglio ribadire le parole già citate di Martov rivolte a Lenin: "Costui adatta opportunisticamente i compiti della socialdemocrazia alla meschinità dell'ambiente politico in cui il proletariato fa i suoi primi passi." 62 Da quanto detto sembrerebbe impossibile uscire da questa situazione; in effetti, l'unica possibilità, lo ribadiamo, era data da una critica fatta in una condizione oggettiva diversa e più "avanzata" di quella russa, che quindi, proprio per questo, aveva anche la possibilità pratica di divenire proposta alternativa realizzabile. Ed è appunto questo che dobbiamo ricercare in Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa di Rosa Luxemburg. 60 Giuseppe Bedeschi, Introduzione a Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, ed. cit., pag. 25. 61 Ibidem, pag. 26. 62 Vedi indietro, nota n. 53. 48 Iniziamo subito a dire che la polemica riguardante il fatto che, sia Rosa che Lenin, facevano riferimento a due realtà diverse e che quindi il loro non poteva che essere un dialogo fra sordi, non è totalmente vera. Per quanto riguarda Rosa, si può affermare che le difficoltà nascono solo perché la sua teoria dell' "organizzazione come processo" è il risultato non solo di questa particolare polemica, ma inizia ben prima, come abbiamo visto, e continua, come vedremo, per tutta la sua vita. Per quanto riguarda invece Lenin, occorre stare bene attenti perché non è vero del tutto che "Lenin è incapace a rispondere in linea teorica generale ed evidentemente indietreggia, attenua e soprattutto limita alla Russia quelle dichiarazioni ed affermazioni che nel suo opuscolo precedente pretendevano chiaramente ad una esplicita generalizzazione", come dice L. Amodio. 63 (Amodio fa riferimento a ciò che Lenin dice nella sua risposta alle prese di posizione di Rosa Luxemburg.) E questo perché, lo abbiamo visto bene, Lenin nel Che fare? ripete varie volte di riferirsi esclusivamente alla Russia. Per evitare incomprensioni occorre saper isolare quelle affermazioni di Lenin che tendono ad una esplicita generalizzazione, per poter quindi far riferimento solo a queste. Occorre specificare che Lenin, da una parte giustifica l'esigenza di una salda e accentrata organizzazione con la situazione specifica russa, ma dall'altra va alla ricerca di altre giustificazioni teoriche, e in questa sua ricerca ne trova almeno due: 1.- "In Russia la dottrina teorica della socialdemocrazia sorse del tutto indipendentemente dallo sviluppo spontaneo del movimento operaio." 64 ma poco prima aveva detto: "La storia di tutti i paesi attesta che la classe operaia, colle sue proprie forze solamente, è in grado di elaborare solamente una coscienza tradeunionista, vale a dire la convinzione della necessita di unirsi in sindacati, di condurre la lotta contro i padroni, di reclamare dal governo questa o quella legge necessaria agli operai ecc." 65 Quindi, qui, chiaramente, Lenin, generalizza l'affermazione secondo cui la coscienza è apportata dall’esterno. 2.- A riprova di quanto appena detto, Lenin cita Kautsky: "La coscienza socialista sarebbe per conseguenza, il risultato necessario, diretto della lotta di classe proletaria. Ma ciò è completamente falso [...]; ma socialismo e lotta di classe nascono uno accanto all'altra e non uno dall'altra; essi sorgono da premesse diverse. La coscienza socialista contemporanea non può sorgere che sulla base di una profonda conoscenza scientifica. Or dunque, la coscienza socialista è un elemento importato nella lotta di classe del proletariato dall'esterno e non qualche cosa che ne sorge spontaneamente." 66 Lenin aggiunge poi in Un passo avanti e due indietro: "Un tentativo forse unico di analisi del concetto di burocraticismo è fatto dalla nuova Iskra (n. 53) che contrappone il 'principio formalmente democratico al principio formalmente burocratico'. Questa contrapposizione (altrettanto poco sviluppata e spiegata, purtroppo, quanto l'allusione ai non iscristi) contiene un grano di verità. Il 63 Luciano Amodio, Il contrasto Lenin - Luxemburg sul l'organizzazione del partito, Quaderni Piacentini, 'Antologia I962/I968, Mi – Gulliver - I977, pag. I64. 64 V.I.Lenin, Che fare?, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, ed. cit., pag. 69. 65 Ibidem, pag. 69. 66 Ibidem, pagg. 77/78. 49 burocratismo versus il democratismo è appunto il centralismo versus l'autonomismo; è il principio d'organizzazione della socialdemocrazia rivoluzionaria nei confronti del principio d'organizzazione degli opportunismi della socialdemocrazia. Quest'ultimo vuole andare dalla base al vertice, e sostiene quindi, dovunque è possibile, e per quanto è possibile, l'autonomismo, un 'democratismo’ che giunge (in coloro che danno prova di uno zelo eccessivo) sino all'anarchismo. Il primo vuol partire dal vertice, preconizzando l'estensione dei diritti e dei pieni poteri del centro nei confronti delle parti. Nel periodo delle dispersioni e dei circoli, questo vertice, di cui la socialdemocrazia rivoluzionaria voleva fare il suo punto di partenza nel campo della organizzazione, doveva inevitabilmente essere uno dei circoli più influenti per la sua attività e per la sua propria coerenza rivoluzionaria (nel nostro caso, l'organizzazione dell'lskra). Nell'epoca in cui il partito ristabilisce l'unità reale del partito e dissolve in questa unità i circoli ormai invecchiati, è il congresso del partito - organo supremo di quest'ultimo - che necessariamente rappresenta questo vertice; il congresso riunisce nella misura del possibile tutti i rappresentanti delle organizzazioni attive e, nominando le istituzioni centrali (spesso costituite in modo da soddisfare più gli elementi avanzati del partito che non quelli arretrati e che perciò vanno a genio più all'ala rivoluzionaria che non all'ala opportunistica), fa di essa il vertice, sino al congresso successivo. Così almeno accade fra gli europei della socialdemocrazia, benché a poco a poco, non senza paure, non senza lotte e non senza intrighi, questo costume che per principio è odioso agli anarchici, cominci ad estendersi anche tra gli asiatici della socialdemocrazia." 67 "Non soltanto in Germania, ma anche in Francia e in Italia gli opportunisti difendono a spada tratta l'autonomismo, l'indebolimento della disciplina di partito, la tendenza a ridurla a zero; dovunque le loro correnti conducono alla disorganizzazione e a far degenerare il 'principio democratico' in anarchismo. 'La democrazia non è assenza di potere insegna K.Kautsky agli opportunisti in merito al problema di organizzazione - la democrazia non è l'anarchia; essa è la supremazia delle masse sui propri fiduciari, a differenza delle altre forme del potere, in cui i falsi servitori del popolo ne sono in realtà i padroni.' K.Kautsky esamina particolareggiatamente la funzione disorganizzatrice dell’autonomismo opportunistico nei diversi paesi, dimostra che appunto l'adesione alla socialdemocrazia 'di un gran numero di elementi borghesi' rafforza l'opportunismo, l'autonomismo e la tendenza a violare la disciplina; ci ricorda ancora e sempre che 'l‘organizzazione è’ appunto ‘quell'arma con la quale il proletariato si emanciperà' che ’l'organizzazione è’ appunto ‘l'arma della lotta di classe propria del proletariato'." 68 A parte la confusione che qui si fa tra organizzazione in generale e organizzazione centralistica in particolare, è importantissimo questo richiamo costante in Lenin, al modello organizzativo tedesco e in particolare a K.Kautsky che in larga misura aveva contribuito a realizzarlo. Per ora ci limitiamo a notare che Rosa Luxemburg aveva sufficienti motivi per intervenire contro Lenin, motivi che non erano legati soltanto a questioni interne russe, ma che riguardavano invece problemi generali, legati ad una errata impostazione marxista, la cui risoluzione, anche in Germania, rischiava di condurre il proletariato su una falsa s 67 V.I.Lenin, Un passo avanti e due indietro, ed. cit., pagg. I08/I09. 68 Ibidem, pag. II3. 50 c) "Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa" Rosa Luxemburg dimostra, nel suo scritto del 1904, di conoscere sufficientemente la situazione russa e non a caso, era tenuta in grande considerazione negli ambienti sia dell'SPD, sia dell'Internazionale socialista per quanto riguarda la decifrazione di ciò che veniva veramente detto nelle numerose polemiche fra rivoluzionari russi. Mette in luce questa conoscenza quando, agli inizi del suo lavoro dice: "La principale difficoltà incontrata in Russia dalla lotta socialdemocratica deriva dal fatto che il dominio di classe della borghesia è messo in ombra dal dominio della violenza dell'assolutismo; il che conferisce fatalmente alla dottrina socialista della lotta di classe un carattere astratto [...]" 69 Più avanti mostra perfino una certa comprensione per la politica di Lenin: "Ma, siccome il tratto più spiccato delle vecchie forme organizzative, divenute insostenibili e politicamente superate, era la dispersione e l'autonomia totale, la sovranità delle organizzazioni locali, era naturale che il centralismo divenisse la parola d'ordine della nuova fase, del grande lavoro organizzativo in preparazione." 70 E ancora: "Nessun dubbio che una forte tendenza alla centralizzazione sia in generale immanente alla socialdemocrazia. Sviluppatasi sul terreno economico del capitalismo, centralizzatore per essenza e costretta a battersi nella cornice politica del grande Stato borghese centralizzato, la socialdemocrazia è per natura ostile a qualsiasi espressione di particolarismo e di federalismo nazionale." 71 Ma detto ciò, si profila immediatamente la differenza nelle due concezioni: "Nel movimento socialdemocratico, a differenza dei vecchi esperimenti del socialismo utopistico, l'organizzazione non è il prodotto artificiale della propaganda, si bene il prodotto storico della lotta di classe in cui la socialdemocrazia introduce semplicemente la coscienza politica." 72 Dove chiaramente, quell' "introduce" non ha carattere unidirezionale, perché è la lotta di classe che produce l'organizzazione. "Il movimento socialdemocratico è, nella storia delle società basate sull'antagonismo di classe, il primo che punti, in tutte le sue fasi e in tutto il suo cammino, sull'organizzazione e sull'azione diretta e autonoma delle masse. Sotto questo riguardo, la socialdemocrazia crea un tipo di organizzazione totalmente diverso da quello dei precedenti movimenti socialisti, per esempio quelli di tipo giacobino – blanquista [...] Per Lenin la differenza fra la socialdemocrazia e il blanquismo si limita al fatto che, al posto di un pugno di congiurati, si ha un proletariato organizzato e permeato da una coscienza di classe. Egli dimentica che ciò implica una completa revisione delle idee sull'organizzazione e, di conseguenza, una concezione del tutto diversa dal centralismo, nonché dei rapporti reciproci tra organizzazione e lotta. Il blanquismo non contemplava affatto l'azione diretta della classe operaia e poteva quindi prescindere dall'organizzazione di massa. Al contrario: poiché le masse popolari non dovevano entrare in scena che al momento della rivoluzione, mentre il lavoro preparatorio doveva riguardare solo il piccolo gruppo armato per il colpo di mano rivoluzionario, il successo stesso del complotto esigeva che gli iniziati si 69 Rosa Luxemburg, Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, ed. cit., pag. 360. 70 Ibidem, pag. 36I. 71 Ibidem, pag. 362. 72 Ibidem, pag. 360. 51 tenessero a distanza dalle masse popolari. Ma anche questo era possibile e realizzabile perché nessuna connessione intima esisteva tra l'attività cospirativa di un'organizzazione blanquista e la vita quotidiana delle masse popolari. In pari tempo la tattica, come pure i compiti concreti dell'azione, in quanto liberamente improvvisati e senza legame col terreno della lotta elementare di classe, potevano essere fissati nei loro più minuti particolari e assumevano la forma di un piano prestabilito. Ne conseguiva, ovviamente, che i membri attivi dell'organizzazione si trasformavano in semplici organi esecutivi degli ordini di una volontà determinata in anticipo al di fuori del loro specifico campo di attività, in strumenti di un Comitato Centrale. Donde questa seconda caratteristica del centralismo cospirativo: la soggezione assoluta e cieca delle sezioni del Partito all'autorità centrale e l'allargamento dei poteri decisionali di quest'ultima fino all'estrema periferia dell'organizzazione." 73 Il problema è quindi stabilire quali sono le caratteristiche distintive di un’organizzazione socialdemocratica. Queste si riscontrano essenzialmente nella diversa maniera in cui nasce e si sviluppa l'organizzazione socialdemocratica nei confronti di quella giacobina - blanquista. "Organizzazione, sviluppo della coscienza e lotta non sono momenti particolari, separati temporalmente e meccanicamente, come nel movimento blanquista, sì bene facce diverse di un unico, diverso processo. Da un lato, a prescindere dai principi generali della lotta, non esiste una tattica già elaborata in tutti i suoi dettagli che un Comitato Centrale possa insegnare alle sue truppe come in caserma. Dall'altro, il corso della lotta, che crea l'organizzazione, determina continue fluttuazioni nella sfera d'influenza della socialdemocrazia.“ 74 Risulta chiaramente, da un'impostazione del genere, che il modo di argomentare di Rosa Luxemburg è molto più dialettico di quello di Lenin e ciò si conferma anche quando Rosa dice: "Quel che sempre importa per la socialdemocrazia è evidentemente non già la preparazione di una ricetta bell'è pronta per la tattica futura, bensì tener desto l'esatto apprezzamento storico delle forme di lotta rispondenti ai singoli momenti, il senso vivo della relatività di ciascuna fase della lotta e della ineluttabilità dell'inasprimento delle tensioni rivoluzionarie dal punto di vista dello scopo finale della lotta di classe. Sennonché accordando all'organo direttivo del Partito poteri così assoluti di carattere negativo, come vuole Lenin, non si fa che potenziare artificialmente e in misura pericolosissima il conservatorismo congeniale a tale organo." 75 E' estremamente interessante questo ultimo particolare: "Nelle sue grandi linee la tattica di lotta della socialdemocrazia non è 'qualcosa da inventare', sì bene il risultato di una serie ininterrotta di atti creativi della lotta di classe, spesso elementare, in cerca della sua strada. L’inconscio precede il cosciente e la logica del processo storico oggettivo precede la logica soggettiva dei suoi protagonisti. In ciò il ruolo degli organi direttivi del Partito socialista è largamente conservatore: come dimostra l'esperienza, tutte le volte che il movimento operaio guadagna un nuovo terreno, questi organi lo lavorano in lungo e in largo, ma nel 73 Ibidem, pagg. 363/364. 74 Ibidem, pag. 364. 75 Ibidem, pag. 369. 52 tempo stesso lo trasformano in un baluardo contro ulteriori avanzate di più ampia portata." 76 Lenin aveva mostrato una visione angustamente meccanica, anche quando dedusse l'esigenza di una accentrata organizzazione dal fatto che l'operaio è educato ad ubbidire ciecamente dalla vita di fabbrica. "Il proletariato è educato all'organizzazione da tutta la vita ch'esso conduce, in modo più radicale che non molti intellettualoidi." 77 E, ancora, "Questa fabbrica, che a taluni non sembra essere che uno spauracchio, rappresenta appunto quella forma superiore della cooperazione capitalistica che ha raggruppato, disciplinato il proletariato, gli ha insegnato ad organizzarsi, lo ha messo a capo di tutti gli altri strati della popolazione lavoratrice e sfruttata." 78 Qui siamo di fronte ad un'altra generalizzazione di Lenin e in più scorgiamo il persistere di quel malinteso (ora possiamo dubitare che sia "buona fede") che avevamo già incontrato nelle sue citazioni di Kautsky: dire che l'operaio è educato all'organizzazione dalla sua vita di fabbrica ha un senso diverso che dedurre da quell'educazione un'organizzazione centralizzata. Comunque Rosa Luxemburg coglie nel segno quando afferma: "La 'disciplina' che Lenin ha presente viene inculcata al proletariato non soltanto dalla fabbrica, ma anche dalla caserma e dal burocratismo moderno: in una parola, dal meccanismo globale dello stato borghese centralizzato [...] Che cosa possono avere di comune la sottomissione cieca di una classe oppressa e la ribellione organizzata di una classe che si batte per la propria emancipazione? Non è certamente movendo dalla disciplina imposta al proletariato dallo stato capitalistico (dopo aver semplicemente sostituito alla bacchetta della borghesia quella di un Comitato centrale socialdemocratico), ma estirpando sin dall'ultima radice le abitudini di ubbidienza e di servilismo, che la classe operaia potrà acquisire il senso di una nuova disciplina: l’autodisciplina volontaria della socialdemocrazia." 79 Non possiamo dimenticare che in questo periodo Rosa Luxemburg inizia quell'opera di ridimensionamento delle funzioni direttive del partito, proprio in seguito alle sue esperienze in seno all'SPD. (Vedi fine prima parte di questo lavoro.) La sua risposta a Lenin, quindi non può essere vista solo in quanto "risposta a Lenin", ma ha un valore autonomo eccezionale in quanto chiarisce alcuni aspetti generali riguardanti l'intera impostazione marxista. D'altra parte, abbiamo visto come Lenin, sia generalizzando, sia citando l'esperienza dell'SPD e le teorizzazioni di Kautsky in particolare, le abbia offerto la possibilità di mantenersi su un piano teorico del genere. Dobbiamo aggiungere a ciò che l'impostazione antidialettica di Lenin, che lo conduceva tra l’altro ad una visione chiaramente manichea della realtà, esigeva una risposta da parte di Rosa Luxemburg proprio in quei precisi termini. 80 76 Ibidem, pag. 368. 77 V.I.Lenin, Un passo avanti e due indietro, ed. cit., pagg. 98/99. 78 Ibidem, pagg. 101/102. 79 366. Rosa Luxemburg, Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa, ed. cit., pag. 80 "Quanto al contenuto, questa tendenza (Bernstein e soci) non ha dovuto ne prender forme, né sviluppasi; essa e stata direttamente trasportata dalla letteratura borghese nella letteratura socialista." (Che fare?, Newton Compton, pag. 46) E ancora "Dal momento che non si può parlare di un'ideologia indipendente elaborata dalle stesse masse operaie nel 53 Il tono di Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa è quindi chiaramente elevato in difesa del marxismo, di quel marxismo che teorizza il cambiamento della società partendo da condizioni altamente sviluppate del capitalismo, contro un "primitivismo" nato da condizioni economiche e sociali "arretrate" che vuole spacciarsi per marxista. Ed e significativa, da questo punto di vista, la mentalità tipicamente dialettica di Rosa Luxemburg: in lei non ci sono mai contrapposizioni nette, nemmeno in ciò che riguarda i problemi organizzativi. "Presto, però, al Congresso (il secondo Congresso del POSPD) e ancora più dopo il congresso, ci si è dovuti convincere che il centralismo non è che un parolone ben lontano dall'esaurire il contenuto storico e le caratteristiche del tipo di organizzazione socialdemocratica. Si è avuta una ulteriore prova dell'impossibilita di fissare in una formula rigida la concezione marxista del socialismo, in qualunque settore, anche in quello dei problemi organizzativi." 81 E più oltre: "Attribuire all'opportunismo (come fa Lenin) un debole per una data forma di organizzazione diciamo pure la decentralizzazione - significa in ogni caso misconoscerne l'intima natura. Opportunista com'è, l'opportunismo anche nei problemi organizzativi non conosce che un solo principio: quello della mancanza di un principio [...] In generale si può facilmente dimostrare che dove la massa operaia nel suo settore rivoluzionario è ancora poco amalgamata e il movimento stesso ancora malfermo, insomma in condizioni simili a quelle della Russia oggi, la tendenza organizzativa propria dell'intellettuale opportunista sarà per l'appunto un rigido e dispotico centralismo. Analogamente, in uno stadio ulteriore - nell’ambiente parlamentare e di fronte ad un partito operaio forte e ben inquadrato- la tendenza dominante dell'intellettuale opportunista sarà invece la decentralizzazione." 82 E' appunto l'opportunismo, la capacita cioè di adeguarsi alla realtà oggettiva, l'estrema e lucida coerenza di una Realpolitik che non si sofferma sui mezzi, ma mirando solo ai fini non si cura né di drastiche scissioni, né di dubbie alleanze; la sicurezza di essere nel vero che divide il mondo in marxisti e non marxisti, tutto ciò permette a Lenin di fare la sua rivoluzione e contemporaneamente di mettersi al di fuori del marxismo. L'autonomia totale del leninismo, rispetto al marxismo è contrassegnata dalla mancanza di ogni moralità. Di quella moralità che caratterizzava Marx quando salutava la Comune di Parigi come primo esempio storico di presa del potere del proletariato, nonostante vedesse in esso una grande tragedia. Di quella moralità che spingeva Rosa Luxemburg, a conclusione del suo opuscolo del 1904, a dire: "All'intrepido acrobata, sfugge che l'unico soggetto, cui ormai spetti questo ruolo di guida, è l'io collettivo della classe operaia, che ovunque si ostina a commettere i suoi errori e a imparare da sé la dialettica storica. In conclusione - diciamolo francamente tra noi - i passi falsi compiuti da un effettivo movimento operaio rivoluzionario sono, sul piano storico, senza confronto più fecondi e preziosi dell’infallibilità del miglior 'comitato centrale'." 83 corso stesso del loro movimento, la questione si può porre soltanto così: o ideologia borghese o ideologia socialista." (Idem, pag. 78) Da cui traspare chiaramente la netta divisione in due che Lenin concepiva fra proletariato e borghesia, cosa che impedisce di scorgere il continuo movimento insito nei rapporti sociali stessi. 81 36I. Rosa Luxemburg, Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa, ed. cit., pag. 82 Ibidem, pagg. 374/375. 83 Ibidem, pag. 380. 54 In ultima analisi, qui si parla di quella moralità che essendo incapace di distinguere i fini dai mezzi impiegati, non si piega mai a nessun genere di opportunismo. Se Trockij in un momento estremamente lucido dice: "Il partito si regge sul dato livello di coscienza del proletariato; esso si inserirà in ogni avvenimento polito d'importanza sforzandosi di orientare la direzione generale verso gli interessi immediati del proletariato e, quel che più conta, di realizzare il suo inserimento nel proletariato mediante l'innalzamento del livello di coscienza, onde far leva appunto su questo livello e utilizzarlo in vista di questo duplice obiettivo. La vittoria decisiva arriverà il giorno in cui avremo colmata la distanza che separa gli interessi oggettivi del proletariato dalla sua coscienza soggettiva, o, per parlare più concretamente, una frazione tanto importante del proletariato sarà pervenuta alla comprensione dei propri interessi socialrivoluzionari oggettivi, da essere abbastanza forte per rimuovere dalla sua strada, con la propria forza politica, organizzata, ogni ostacolo controrivoluzionario. Più grande è la distanza che separa i fattori oggettivi e soggettivi, ossia più debole è la cultura politica del proletariato, più naturale è la comparsa nel partito di quei 'metodi' che, in una forma o in un'altra, non rivelano che una specie di passività di fronte alle colossali difficoltà del compito che ci incombe." 84 Rosa Luxemburg diresse sempre la sua azione politica nel senso di colmare la distanza che separa gli "interessi oggettivi del proletariato dalla sua coscienza soggettiva", cercò sempre e con ogni mezzo di innalzare la "cultura politica del proletariato", conscia che questa era l'unica possibilità per eliminare, contrastandolo continuamente il "conservatorismo congeniale" di qualsiasi direttivo di partito. Contemporaneamente non lanciò proposte alternative a quella di Lenin che avessero un valore pratico immediato per la Russia: la sua alternativa si mantenne sempre sui livelli dell'internazionalismo proletario e il caso della Polonia lo dimostra sufficientemente. Chi volesse cercare in Rosa Luxemburg una risposta a Lenin, nel senso di una risposta alternativa al Che fare?, troverebbe solo indicazioni che riguardano e che fanno riferimento alla situazione oggettiva "più matura" in cui il proletariato internazionale si trova. Solo per questo le sarà possibile condurre una critica spietata alla rivoluzione d'ottobre e a Lenin e contemporaneamente difendere i risultati ottenuti in Russia contro gli opportunisti e ormai "integrati" tedeschi. Solo per questo la sua azione, guidata dai suoi principi, potrà trovare il terreno adatto in Germania, o generalmente in uno stato a capitalismo avanzato e contemporaneamente avere un senso anche per la Russia. La visione dialettica, l'internazionalismo e un preciso senso di ciò che è morale, fece di Rosa Luxemburg la rivoluzionaria più vicina all'insegnamento di Karl Marx. Solo quando queste qualità non vengono riconosciute come organiche al marxismo, è possibile liquidare in due parole Rosa Luxemburg, come fa Vittorio Strada: "La critica che al Lenin teorico del partito come rigoroso strumento organizzativo mosse Rosa Luxemburg è assai nota: astrattamente efficace nelle sue rivendicazioni democratiche, insufficientemente astratta nella sua 'fede’ nelle masse." 85 84 Lev Trotskij, I nostri compiti politici, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, ed.cit., pag. 283. 85 V. Strada, Introduzione a Lenin, Che fare?, ed. cit., pag. LXXX. 55 E ciò sarebbe semplicemente risibile se non fosse la causa prima della stasi in cui il proletariato internazionale si trova oggi. Semplificazioni simili impediscono un'analisi marxista seria di ciò che e la Russia oggi è, ancor più grave, impediscono la formulazione di una strategia che discostandosi dal leninismo, possa permettere la presa del potere da parte del proletariato, in una società a capitalismo avanzato. 56 PARTE TERZA a) La rivoluzione russa del 1905 e Sciopero di massa, partito, sindacati. La rivoluzione russa del I905 colse tutti quanti, rivoluzionari e non, di sorpresa. In Germania di riflesso, si creò immediatamente una situazione completamente diversa da quella esistente prima. Tutto il partito socialdemocratico fu trascinato nel vertice delle sempre più numerose agitazioni: non erano più le preoccupazioni elettoralistiche a determinarne l'azione ma la rabbia con cui le masse esprimevano i loro bisogni. Persino l'esecutivo fu disposto a prendere in considerazione una tattica più rivoluzionaria. Proprio in questo clima l'idea dello sciopero generale divenne molto popolare, specialmente in seguito al dibattito aperto dalla Neue Zeit nel 1904. Puntualmente il vertice sindacale sentì il pericolo e corse ai ripari. "Il problema non era più se lo sciopero di massa fosse realizzabile ma in che misura l'esecutivo del partito poteva controllare il bottone che avrebbe dato il via all'azione. I dirigenti sindacali erano già innervositi dall'improvvisa ondata di scioperi che si era verificata proprio in quel periodo. Già nel gennaio 1905 i dirigenti delle organizzazioni dei minatori avevano tentato inutilmente di impedire una fermata del lavoro su larga scala nella Ruhr. I loro colleghi del consiglio centrale fecero il possibile per evitare che il movimento si estendesse a altri rami dell'industria. Quando poi si levarono voci che chiedevano la estensione deliberata degli scioperi per pure finalità politiche, ad esempio per la riforma elettorale in Prussia, i dirigenti sindacali presero paura. Al congresso triennale dei sindacati, riunitosi a Colonia nel maggio del 1905, affrontarono di petto il problema, anzi passarono al contrattacco. In quella sede non c'erano gli abili sofisti di partito e i loro sarcasmi e neppure i membri dell'esecutivo dell'SPD venuti a predicare l'unità e la compattezza del partito. Questa era la tribuna da cui si potevano sostenere francamente gli interessi particolari dei sindacati - senza essere limitati da considerazioni esterne - Uno dopo l'altro i discorsi rifletterono le preoccupazioni dei dirigenti; i sindacati non erano abbastanza forti da potersi permettere degli "esperimenti" - perlomeno finché il successo dell'esperimento non fosse assicurato a priori! [...] si trattava di rafforzare e di migliorare ulteriormente l'organizzazione, e per farlo erano innanzi tutto necessarie la pace e la quiete. Basta con le chiacchiere sullo sciopero di massa. [...] 'Lo sciopero generale è un'assurdità generale'." (I. Auer) 1 E' chiaro che in un contesto del genere Rosa Luxemburg fu individuata subito come il maggior nemico, ma la cosa fu reciproca: i dirigenti sindacali mostrarono apertamente di essere i più pericolosi portatori del "germe" revisionista all'interno del partito. Al congresso annuale dell’SPD, tenuto a Jena il I7 settembre I905, mentre Bebel si barcamenava concedendo un po' a destra e un po' a sinistra, Rosa Luxemburg, spinta dall'evolversi incalzante della situazione oggettiva, capì che non era più il solo sindacato, ma anche l'intero esecutivo del partito, ad esercitare un’azione frenante nei confronti dell'azione spontanea delle masse. In un suo intervento al 1 Peter Nettl, Rosa Luxemburg, M i- Il Saggiatore - I970, vol.I, pagg. 336/337. Vedi anche nota n.7, pagg.395/6. 57 congresso, specificò chiaramente, e ora l'esempio russo era a portata di mano, che non bisognava mai temere l’azione a fianco delle masse e che, anzi, solo da questa azione, l'organizzazione stessa poteva sperare in un suo sviluppo. "La storia ci insegna che tutte le rivoluzioni vengono pagate con il sangue delle masse. Tutta la differenza risiede nel fatto che fino ad ora il sangue del popolo è stato versato per le classi dominanti; e ora che si parla della possibilità che esso versi il suo sangue per la propria classe, si alzano delle persone prudenti che si definiscono socialdemocratiche e dicono no, questo sangue e troppo caro [...] Si tratta anzitutto di dare coscienza alle masse, e per farlo non abbiamo affatto bisogno di essere prudenti quanto lo sono stati i sindacalisti a Colonia. Il sindacato non deve divenire fine a se stesso, altrimenti si trasforma in un freno alle libertà di movimento degli operai. Imparate la lezione della rivoluzione russa! Le masse sono spinte nella rivoluzione e non c'è quasi traccia di organizzazioni sindacali; a passo a passo esse stanno consolidando le loro organizzazioni con la lotta. È meccanico e antidialettico pensare che forti organizzazioni debbano sempre precedere la lotta. E' vero anche il contrario, l'organizzazione stessa può nascere nella lotta, come la coscienza di classe." 2 Questo è un passo di eccezionale importanza: non è solo Lenin che pensa che occorra rafforzare l'organizzazione, lo pensano anche i revisionisti tedeschi. Chiaramente le condizioni sono diverse: Lenin vuole una salda organizzazione perché in Russia occorreva agire; i revisionisti, invece, la vogliono come scusa per non iniziare ad agire. Ma un dato non cambia e cioè la immaturità o almeno la presunta immaturità delle masse. Rosa Luxemburg capovolge completamente questo presupposto e non perché ha una "fede cieca" nelle masse, come alcuni si ostinano a dire, non perché fa dello spontaneismo il cardine primo del suo pensiero, ma perché pensa, e ritengo giustamente, che le masse in lotta sono l'unica possibilità che ha il socialismo per realizzarsi. Masse in lotta non vuol dire dimenticare il ruolo del partito, vuol dire anzi che il partito ha il compito di rafforzare e mantenere le masse in lotta e non di soffocare la lotta facendo opera da pompiere. Ed è proprio da ciò che nasce il ruolo nuovo che Rosa assegna al partito. "Il problema chiave per Rosa, è qui: nel rapporto partito/classe. Si tratta per lei di mediare correttamente questi due termini, non dissolvendo il partito nella classe (come fa lo spontaneismo), né operando una transustanziazione automatica della classe nel partito (che ne avrebbe sempre in questo modo la rappresentanza carismatica). Classe e partito sono e restano per Rosa due cose distinte, e nessuna delle due può essere elisa in favore dell’altra. Il problema, si e detto, è quello di una corretta, cioè di una reale e intensa mediazione fra partito e classe; e, per quanto possa sembrare paradossale, l'unico modo perche questi due termini distinti si medino realmente è che essi superino costantemente la loro separazione, pur rimanendo nella coscienza dei rivoluzionari, distinti. Per questo Rosa contrappone allo schema della minoranza organizzata, separata dal movimento e che lo dirige dall'esterno e dall'alto, il concetto di guida politica, possibile solo quando la mediazione fra partito e classe è intensa e reale." 3 È evidente che un'analisi del genere, basata com'era sul fatto che è l'azione a far crescere la forza del proletariato e a creare 2 Ibidem, pag.345. 3 Giuseppe Bedeschi, Introduzione a Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, Roma - Newton Compton - I973, pag. I7. 58 l'organizzazione, rovesciava completamente le tradizionali concezioni tedesche. Ma ciò che irritava maggiormente era la giustificazione che Rosa adduceva alle sue tesi: l'esempio russo metteva in secondo piano tutto ciò che l'SPD aveva fatto in Germania e anche nell'Internazionale socialista la "supremazia" tedesca era minacciata. Questo fatto dimostra ancora una volta come Rosa, sebbene abbia criticato costantemente i mezzi usati dai russi, abbia anche, contemporaneamente, guardato alla Russia come ad un esempio particolarmente significativo e utile per la stessa Germania: la volontà d'azione dei russi andava trapiantata in Germania, solo qui, questa volontà avrebbe trovato le condizioni giuste affinché poi potesse realizzarsi in socialismo. Al congresso di Jena si fece sentire ancora una volta la diffidenza di molti "pratici" per la teoria. La Neue Zeit fu attaccata per avere presentato sulle proprie pagine, per la prima volta il problema dello sciopero di massa. In assenza di K.Kautsky, tocco a Rosa Luxemburg difendere la rivista. Nel farlo, distinse per la prima volta le masse dai loro dirigenti. Questi ultimi si preoccupavano di trovare compromessi con la borghesia, mentre le masse in fermento avevano bisogno di essere sostenute in ogni modo nella loro azione. Rosa si rese conto totalmente di ciò che avveniva nel partito e quindi del ruolo che esso poteva svolgere fra le masse, appena rientrata in Germania. Era infatti partita, improvvisamente, la mattina del 28 dicembre 1905 per la Polonia in pieno fermento rivoluzionario. "Se fosse rimasta in Germania avrebbe invece assistito al graduale riflusso della tensione rivoluzionaria. Alle parole non seguirono i fatti, l'atteggiamento dell’esecutivo si fece più rigido, poi, nel febbraio del 1906, si giunse all'accordo tra esecutivo e sindacati - la normalità tedesca che essa temeva e disprezzava tanto aveva avuto il sopravvento [...] Arricchita dall'esperienza russa, quando rientrò, nove mesi più tardi, riconobbe con dolorosa chiarezza la Germania noiosa che conosceva. Questo brusco confronto fra due mondi, contribuì ad aguzzare le sue idee per il futuro più di quanto non avrebbe potuto fare una disillusione graduale." 4 Di fronte alla rivoluzione del 1905 il problema fondamentale per Lenin rimaneva quello dell'organizzazione:· "Organizzate i giovani in centinaia di circoli di amici di Vperjod [...] Allargate il comitato (centrale) triplicando i suoi membri e includendovi i giovani, costituite cinque, o addirittura dieci sottocomitati [...]" 5 Rosa Luxemburg non tardò invece a rendersi conto che il ruolo dei vari SDKPiL, PPS e Bund era insignificante: "[...] gli appelli dei partiti non furono quasi in grado di tenere il passo delle sollevazioni di massa spontanee, i dirigenti non ebbero quasi il tempo di formulare le parole d'ordine per le torme proletarie che li prevenivano gettandosi all'assalto." 6 Per di più, alla base, nelle fabbriche e nelle cellule locali le distinzioni, spesso sottili, fra i vari gruppi politici esistenti, perdevano ogni senso. Compito immediato per ogni rivoluzionario doveva essere la chiarezza d'idee e la capacità di lanciare parole d’ordine capaci di generalizzare 4 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pagg. 35I/2. 5 Lettera a Bogdanov e a Gusev del 11 febbraio 1905, in P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 357. (Vperjod è il più importante giornale dei bolscevichi.) 6 Rosa Luxemburg, Sciopero di massa, partito, sindacati, Roma - Newton Compton—I977, pag. 44. 59 sempre più il conflitto di classe. E a questo fine erano indirizzati i numerosi articoli che Rosa scrisse in questo periodo. Su suo suggerimento iniziò anche la pubblicazione di una nuova rivista: Z Pola Walki (Dal campo di battaglia). Ora si trattava di superare quel particolare momento storico caratterizzato dallo sciopero di massa, si doveva capire e far capire che il momento successivo non poteva che essere inevitabilmente l'insurrezione armata. A questo proposito "era molto importante sottolineare la differenza tra il suo concetto di insurrezione armata e quello sostenuto dal PPS. Per il PPS si trattava di un atto disperato, era la conseguenza dell’analisi totalmente errata secondo cui gli scioperi di massa erano falliti e l'azione di pochi armati avrebbe potuto sostituirsi agli sforzi infruttuosi dell'intero proletariato. L'insurrezione armata a cui pensava Rosa Luxemburg sarebbe invece stata realizzata dai protagonisti degli scioperi di massa con la sola differenza che ora sarebbero stati più numerosi e decisi. La massa stessa avrebbe preteso questo tipo d'azione. Indistintamente l'antitesi massa/gruppo dirigente si profilava per la prima volta come giustificazione delle decisioni di avventurarsi lungo una strada che il gruppo dirigente, prudente per natura, avrebbe altrimenti esitato ad imboccare." 7 Rosa disse: "[...] il semplice sciopero generale ha esaurito la sua funzione. Ora ad una risoluzione si potrà giungere solo attraverso una lotta di strada diretta e generale [...]" 8 E più avanti: "In breve il decorso degli ultimi scioperi non ha provato che la causa rivoluzionaria arretra o si indebolisce, ma, al contrario, che essa sta avanzando e crescendo di intensità; non ha provato che i dirigenti socialisti incominciano a perdere influenza sulle masse, ma che le masse, come avviene sempre a un punto di svolta della battaglia, spingono spontaneamente i dirigenti verso obiettivi più avanzati." 9 Anche Lenin si espresse in termini molto simili: "Il proletariato ha compreso prima dei suoi dirigenti il cambiamento delle condizioni oggettive della lotta che rendevano necessaria una transizione dallo sciopero alla insurrezione." 10 Ma, e non a caso, Nettl fa notare che "in tutta la esegesi dell'opera leniniana questa citazione spicca per la sua assenza." 11 Intanto i fatti dimostravano che il rapporto organizzazione/lotta, era stato inteso in maniera esatta da Rosa Luxemburg: l'SDKPiL nel gennaio del 1905 possedeva poche centinaia di attivisti, nel febbraio I906 aveva raggiunto i circa trentamila membri. Anche Rosa, come i bolscevichi, pensava che "il proletariato doveva assumere autonomamente un ruolo d'avanguardia in quella che per essenza era una rivoluzione borghese, mantenendo la supremazia nel movimento doveva assicurarsi che i beneficiari borghesi della rivoluzione, impauriti dal nuovo spettro proletario, non si rifugiassero nuovamente fra le braccia dell'autocrazia. Pur essendo necessariamente il motore degli sviluppi rivoluzionari, la classe operaia non ne pretendeva i benefici esclusivi, la sua azione andava a vantaggio della società nel 7 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pagg. 365/6. 8 Ibidem, pag. 363. 9 Ibidem, pag. 366. 10 Lenin, Lezioni dell'insurrezione di Mosca, Socinenija, XI, in P.Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag.366. 11 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, nota n. 77, pag. 400. 60 suo complesso. A questo punto l'analisi di Rosa Luxemburg incominciava a differire radicalmente da quel la dei bolscevichi. Essa non parlava di dittatura né esplicitamente, né implicitamente. Vedeva invece le cose in questi termini: le conquiste che la classe operaia conseguiva per l'intera società avrebbero creato le condizioni necessarie alla crescita della sua propria coscienza di classe; questa avrebbe permesso di affrontare lo stadio successivo della rivoluzione – proletariato contro borghesia, la situazione che esisteva in Germania." 12 Pensare di definire questa prospettiva "vicolo cieco", come fa Nettl, 13 vuol dire non capire, e continuo a ribadirlo, che per Rosa la vera soluzione ai fini di uno sbocco socialista, non poteva trovarsi né in Russia, né in Polonia, ma in Germania. Il 4 marzo 1906 Rosa e Leo vengono arrestati. La detenzione, per Rosa, durò fino l’8 luglio, ma solo l’8 agosto le fu permesso di partire per la Finlandia, dove la maggior parte dei dirigenti russi si trovava. Una consultazione con loro ora era più necessaria che mai, in quanto la rivoluzione, fra le altre cose, aveva favorito l'unione tra socialdemocratici russi e SDKPiL. 14 "Allo scoppio della rivoluzione i dirigenti dell'SDKPiL e Rosa Luxemburg in particolare, erano vicini ai menscevichi. La rottura personale con Plechanov non fu mai sanata, ma per un certo periodo Rosa Luxemburg intrattenne rapporti cortesi e abbastanza amichevoli con Aksl'rod, Dan e in particolare con Potresov [...] Essa era disposta a prendere pubblicamente posizione contro Lenin, ma non per questo era disposta ad accettare acriticamente tutto quello che facevano i suoi avversari. Già nel 1904, quando Bebel e Kautsky avevano dato la loro approvazione incondizionata alla collaborazione dei menscevichi con i liberali russi, essa era stata l’unica in Germania ad esprimere forti riserve. Nel corso del I905, quando la linea politica menscevica si era delineata con maggior chiarezza, Rosa Luxemburg aveva assunto un atteggiamento sempre più critico nei confronti della nuova Iskra; i suoi commenti privati avevano assunto un tono sempre più aspro." 15 I polacchi quindi, oltre a non voler farsi coinvolgere nelle numerose polemiche interne al partito russo, non si considerarono mai degli alleati automatici né dei menscevichi, né dei bolscevichi: solo i fatti potevano mostrare quale delle due tendenze era più vicina alle loro posizioni. "Quando Rosa giunse a Varsavia e discusse coi suoi compagni gli eventi che si erano prodotti in dicembre a Pietroburgo e a Mosca, trovò che il loro atteggiamento era profondamente mutato. La deplorevole tendenza dei menscevichi a sopravvalutare il liberalismo russo già nel I905 aveva condotto ad alcuni aspri scontri con loro. In quel momento la critica si stava trasformando in qualcosa che assomigliava alla condanna della pusillanimità menscevica a Pietroburgo e a una contemporanea ammirazione per il soviet bolscevico di Mosca [...] riguardo allo sciopero generale i menscevichi non avevano più nulla da offrire [...] i bolscevichi avevano almeno tentato l’insurrezione armata che anche i socialdemocratici polacchi consideravano fase necessaria e 12 Ibidem, pagg. 370/37I. 13 Ibidem, pag. 37I. 14 Il congresso di unificazione, a cui Rosa non partecipò, si svolse a Stoccolma nell'aprile del I906. In quell'occasione i polacchi aiutarono i bolscevichi ad avere la maggioranza in parecchie questioni importanti. 15 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 383. 61 indispensabile del processo. Ai lettori polacchi Rosa Luxemburg presentò gli eventi di dicembre a Mosca con simpatia ed entusiasmo. Fatto ancor più significativo, i polacchi accettarono la versione bolscevica degli avvenimenti di Mosca e Pietroburgo, fornita loro dall'emissario di Lenin [...]" 16 "[...] si trattava di scegliere tra inazione e azione, tra spingere la rivoluzione o attendere che lo facessero altri [...] i dirigenti dell'SDKPiL decisero che i bolscevichi si erano dimostrati gli attivisti della rivoluzione russa e ciò ne fece i naturali alleati dei polacchi, altrettanto attivi." 17 A Kuokkala, in Finlandia, Rosa Luxemburg trascorse la maggior parte del suo tempo con Lenin e nella preparazione di uno scritto sulla rivoluzione russa in generale e sullo sciopero generale in particolare che le era stato commissionato dall'organizzazione provinciale della socialdemocrazia tedesca di Amburgo. 18 Rosa Luxemburg lasciò Kuokkala il I4 settembre 1906. Appena rientrata in Germania si recò ad Amburgo presso l'editore del suo scritto sullo sciopero di massa. Ed è qui che subito si rese conto del mutamento notevole della situazione. Aveva già mandato il manoscritto un mese prima "perché fosse pronto prima del congresso di Mannheim [...] ma all’ultimo momento l'esecutivo della SPD si era intromesso nella faccenda; l'originale doveva essere ritirato, il piombo distrutto." La cosa venne giustificata come normale precauzione contro le perquisizioni poliziesche, ma la versione che poteva essere pubblicata era priva proprio di quelle frasi che "avrebbero potuto influire negativamente sul nuovo equilibrio raggiunto con i sindacalisti." 19 Proprio in questo periodo Rosa Luxemburg fu molto richiesta a parlare in assemblee pubbliche, dove varie volte fu costretta, sotto la pressione delle masse, a spazzar via l'ordine del giorno e a parlare della rivoluzione russa. Per Rosa questi momenti furono particolarmente significativi: "Se il congresso dell'SPD non era disposto ad ascoltare quello che Rosa Luxemburg aveva da dire sulla rivoluzione, la gente si comportava in modo diverso. Per la prima volta nelle masse tedesche vide un ricambio del gruppo dirigente disinteressato ai suoi discorsi [...] Tutti questi avvenimenti contribuirono a far maturare in lei la convinzione che il potenziale rivoluzionario era nelle masse, che in casi di necessità avrebbe potuto essere mobilitato anche senza gruppo dirigente. Negli otto anni successivi quest'idea si sarebbe sviluppata e avrebbe poi raggiunto la sua logica conclusione nel corso della guerra, quando Spartakus fece appello alla base del partito perche si sollevasse contro i dirigenti.” 20 "La vita di partito dell’SPD non è che un incubo, o piuttosto un sonno pesante e privo di sogni.", scrisse il 20 marzo I907; e a Clara Zetkin: "Dal mio rientro dalla Russia mi sento piuttosto sola [...] Percepisco più dolorosamente che mai le titubanze e le meschinità del nostro partito. Eppure di fronte a questi fatti non ho le tue reazioni, perché ho compreso con assoluta chiarezza che queste cose e questi uomini non potranno essere mutati finche la situazione non si sarà completamente trasformata, e anche allora - sono giunta a questa 16 Ibidem, pag. 384. 17 Ibidem, pag. 385. 18 Si tratta di Sciopero di massa, partito, sindacati. 19 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.I, pag. 404. 20 Ibidem, pag. 409. 62 conclusione riflettendo freddamente - se vogliamo condurre innanzi le masse dobbiamo tener conto dell'inevitabile resistenza di questa gente. La situazione molto semplice è la seguente: August (Bebel) e gli altri ancor più di lui, si sono completamente votati al parlamentarismo." 21 Il maggior evento politico per Rosa Luxemburg in quegli anni fu il congresso dell'Internazionale Socialista che si tenne a Stoccarda dal I8 al 24 agosto 1907. In questo periodo ella abitò in casa dell'amica Clara Zetkin, alla quale presentò Lenin che prese parte anch'egli al congresso. Lenin, in quell'occasione, capì ben presto che avrebbe potuto ottenere più Rosa che lui stesso; infatti non prese nemmeno la parola e fornì a Rosa una delega russa per le votazioni in commissione. La mozione presentata da Rosa fu accolta nonostante l'opposizione di Bebel. In essa vi si diceva: "[...] richiediamo che, in caso di guerra, l'agitazione non sia indirizzata solo alla cessazione della guerra, ma tenda ad utilizzare la guerra per accelerare il crollo del dominio di classe in generale." 22 Ma l'aspetto più interessante della mozione fu che in essa, Rosa, trattò Bebel e Vollmar come rappresentanti di un'unica tendenza politica: ormai le sue critiche non potevano risparmiare nemmeno i più autorevoli membri del Comitato Centrale. "Lenin notò con sorpresa e sbalordimento ciò che Rosa già sapeva, che 'la socialdemocrazia tedesca, che sino ad ora aveva sempre rappresentato la concezione rivoluzionaria del marxismo, sbandava ed assumeva addirittura un atteggiamento opportunistico.' ma Lenin sbagliava facendo una differenziazione così rigida tra le valutazioni di Bebel e l'uso di parte che ne faceva Vollmar. Non comprendeva appieno il processo di trasformazione in corso nell'SPD - del resto non comprese mai nulla del partito tedesco." 23 In questi anni, proprio contemporaneamente all'involuzione ora anche teorica 24 seguita alla rivoluzione russa del 1905, nella SPD si verificò una tendenza al rafforzamento della struttura del partito. "[...] l’SPD si concentrò sulla riorganizzazione interna. La caricatura di una burocrazia pedantesca, delineata dai francesi ogni qual volta si erano trovati di fronte il gruppo tedesco disciplinato e compatto ai congressi internazionali - compatto almeno quando si trattava di votare - stava rapidamente diventando realtà. L'organizzazione si irradiò dal centro all'estrema periferia [...] Quando il congresso votò sull'allargamento dell'apparato, la maggioranza dei membri della sinistra si dichiarò favorevole [...] Organizzarsi significava garantirsi la prospettiva di una avanzata più possente. Ma si levarono anche delle voci ammonitrici. Il grande Max Weber disse in una conferenza: 'C'e da chiedersi chi, alla lunga, deve temere maggiormente questa tendenza (alla burocratizzazione), la società borghese o la socialdemocrazia? Personalmente ritengo quest'ultima; vale a dire, quegli elementi che al suo interno sono i portatori dell'ideologia rivoluzionaria [...] E se le contraddizioni tra gli interessi materiali dei politici di professione da un lato e l'ideologia rivoluzionaria dal l'altro potessero svilupparsi liberamente, se non si cacciassero più - come 21 Ibidem, pagg. 4I3/414. 22 Ibidem, pag. 435. 23 Ibidem, pag. 438. 24 "Anche teorica" perche fino ad allora, almeno a parole, i leaders della socialdemocrazia tedesca avevano ripudiato la pratica revisionista propugnata dal Bernstein, anche se, questa pratica, era ormai usuale da molto tempo nell'SPD. 63 avviene oggigiorno - i socialdemocratici dalle associazioni di veterani, se li si ammettesse nell'amministrazione della chiesa da cui oggi vengono cacciati, solo allora incomincerebbero a porsi seri problemi interni per il partito. Allora [...] si rivelerebbe che la socialdemocrazia non sta conquistando le città o lo stato, ma al contrario che lo stato sta conquistando la socialdemocrazia'." 25 Questa tendenza fu accompagnata anche da un "cambio della guardia" degli uomini che avevano compiti direttivi all'interno del partito. "Gli uomini che diressero il partito dal 1907 in avanti, i Molkenbuhr, gli Ebert, gli Scheidemann e i Braun, erano efficienti, avevano i piedi per terra - ma non avevano assolutamente nulla di rivoluzionario. Per loro rivoluzione significava autodistruzione, sul piano personale e funzionale, ed essi lo sapevano." 26 Rosa Luxemburg non partecipò a nessuno di questi dibattiti. Si disinteressò dei dettagli riguardanti l'organizzazione come pure non volle accettare un ulteriore dibattito sulla questione del revisionismo dei dirigenti del Baden. L'intera questione del Baden era legata, e ora Rosa lo vedeva chiaramente, alla questione fondamentale che riguardava la tattica del partito: si trattava di scegliere tra una tattica statica e una dinamica. Infatti disse: "[...] non attraverso divieti formali esteriori e non con la pura disciplina, ma soprattutto attraverso il più largo sviluppo possibile di una grande azione di massa che faccia entrare in scena larghi strati del proletariato, dove e quando la situazione lo permetta [...] solo cosi è possibile dissolvere le pesanti nebbie del cretinismo parlamentare, della politica di alleanze con la borghesia e dello spirito campanilistico piccolo borghese." 27 E' evidente che da una visione del genere anche il problema della burocratizzazione si dissolve: la lotta continua, giorno dopo giorno, in ogni momento a disposizione, fino e dopo la rivoluzione, in una parola l'intera vita concepita come movimento, come processo, come lotta, è l'unica possibilità affinché la forma che il proletariato si dà non divenga statica e fine a se stessa. Un esempio di ciò che Rosa pensava si dovesse fare, le fu offerto dalla situazione assai fluida in cui la Germania venne a trovarsi nel 1910. In quell'anno ci furono continue manifestazioni per il diritto di voto in Prussia e in parecchie di esse gli scontri con le forze dell'ordine causarono parecchi morti; inoltre circa trecentomila operai furono coinvolti in interruzioni di lavoro. Ancora una volta la storia mostrava un'interazione tra il movimento economico e quello politico: era la tipica situazione rivoluzionaria descritta tante volte da Rosa Luxemburg. Le sue lettere di quel periodo parlano di grandi folle, di entusiasmo e di un generale desiderio d'azione. Ma in pari tempo in essa si percepisce la coscienza di freno svolta dall’esecutivo. Questo sarebbe divenuto l'elemento centrale nelle sue polemiche del periodo successivo. In questa situazione la parola d'ordine lanciata da Rosa fu "Repubblica"; ma è interessante notare che non la considerò mai come una richiesta che esauriva il proprio valore in se stessa: era, invece, un semplice mezzo per mantenere in tensione il movimento. "Essa riteneva che la direzione socialista dovesse sempre porre degli obiettivi di agitazione che andassero un poco oltre le immediate 25 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit. vol.I, pag. 44I. 26 Ibidem, pag. 442. 27 Ibidem, pag. 47I. 64 possibilità pratiche. Questa piuttosto che ogni funzione di carattere organizzativo, era il ruolo essenziale di una direzione socialdemocratica." 28 In marzo sia il Vorwarts che Kautsky per la Neue Zeit, le rifiutarono la pubblicazione di un articolo intitolato È ora?. Rosa non ebbe dubbi sul fatto che gli organi centrali del partito fossero i veri responsabili del rifiuto e che Kautsky si fosse solo limitato a seguire le loro direttive. E nonostante ciò, tra lei e Kautsky, si profilava un duro scontro. Ella ribadì: "[...] Se al partito che dirige l'azione manca la fermezza, se al momento giusto esso non dà alle masse le parole d'ordine necessarie, esse cadono inevitabilmente preda della delusione, lo slancio scompare e l'azione finisce col sgonfiarsi." 29 Rosa cercava di far assumere al partito un ruolo nuovo, quello di avanguardia del proletariato, attraverso una guida cosciente delle lotte condotte dall'intera classe, fino al compimento della rivoluzione. Per Kautsky, invece, non era concepibile nessun scontro frontale, si trattava solo di conquistare pacificamente la maggioranza in seno al parlamento: questa era l'unica via d'accesso al potere. E' evidente che due concezioni diverse e inconciliabili si fronteggiavano; Kautsky, però, non era solo. Con lui c'erano i Bebel, gli Adler e persino Mehring, e c'era anche la maggior parte dei socialisti stranieri. Solo i bolscevichi avrebbero potuto appoggiare Rosa, ma forse non capirono del tutto la situazione e quindi si limitarono ad esprimere un neutrale stupore. Il problema era importantissimo: "Rosa Luxemburg sviluppò per prima una teoria della rivoluzione caratterizzandola come un processo prolungato, non tanto come processo spontaneo. In pari tempo Rosa accorciava il periodo di attesa dell'inizio della rivoluzione, mentre Kautsky lo allungava [...]" 30 È proprio questa nuova dimensione che le fece superare il vecchio problema del revisionismo: si trattava di affrontare in maniera dinamica il problema del rapporto tra partito, masse e società. "Era la lezione della rivoluzione russa applicata per la prima volta a un contesto puramente tedesco. L'unicità del partito che un tempo era stato il principale caposaldo della maggioranza contro i revisionisti, ora occupava una posizione secondaria." 31 Ormai era la rottura con Kautsky e anche l'analisi delle elezioni politiche fu un pretesto per scontrarsi con lui che nel frattempo era diventato il portavoce dichiarato del gruppo dirigente dell'SPD. "[...] alla fine di febbraio 1912, Rosa analizzò nei dettagli la tattica elettorale del partito e i risultati a cui aveva condotto 32: 'Ne consegue la 28 Ibidem, pag. 462. 29 Ibidem, pag. 465. 30 Ibidem, pag. 475. 31 Ibidem, pag. 479 32 L'SPD aveva raggiunto un accordo con i progressisti per il ballottaggio, "ma gli elettori progressisti non si attennero alle indicazioni dei loro dirigenti. Mentre l'SPD, salvo poche eccezioni, cedette ai progressisti le circoscrizioni che si era impegnato a lasciare loro, esso ricevette solo un appoggio molto modesto dal suo alleato [...] Di fatto i progressisti dovettero la loro esistenza in quanto partito politico alla strategia elettorale della socialdemocrazia e alla disciplina dei suoi elettori." in P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol. II, pag. 10. 65 vecchia teoria del materialismo storico di Marx, che i reali interessi di classe sono più forti degli "accordi" [...]'. Non con i progressisti e i liberali, dichiarò Rosa, ma contro di essi; non pacificazione ma lotta." 33 Kautsky cercò invece in ogni modo di giustificare gli accordi elettorali con i partiti borghesi. Contro tali mercanteggiamenti che ormai avvenivano quotidianamente nel nuovo Reichstag, Rosa Luxemburg ottenne, nella sua instancabile battaglia, l'aiuto di Franz Mehring: nasceva così il primo nucleo di quella che poi sarà la nuova sinistra. Il 27 dicembre del 1913 apparve il primo numero della Sozialdemokratische Korrespondenz, che segna l’inizio della collaborazione fra Rosa, Mehring e Marchlewski, suo vecchio compagno polacco. In questo periodo Rosa rifiutò di prendere parte alle polemiche interne al partito: "Le divergenze interne erano soltanto un sintomo secondario della stagnazione; adottando una tattica esteriore maggiormente aggressiva, esse sarebbero sparite una volta per tutte. Poiché i dirigenti non potevano venir convinti, si trattava di attivizzare gli interessi delle masse contro i dirigenti." 34 Il 26 settembre 1913, in un sobborgo di Francoforte, Rosa tenne un'assemblea pubblica in cui, tra l'altro, disse: "Se ci chiedono di volgere le armi contro i nostri fratelli francesi o di altre nazionalità, noi risponderemo: non lo facciamo!" 35 Questo discorso le valse una condanna ad un anno di carcere che inizio a scontare il I8 febbraio 1915. L'antimilitarismo di Rosa fu la causa del suo avvicinamento politico a Karl Liebknecht che si era occupato di questo problema fin dal 1906. Ormai si erano create le premesse affinché attorno a Rosa si schierasse un certo numero di persone tutte disposte ad una critica accesa contro l’esecutivo dell'SPD. "Sotto la pressione degli eventi si era formato un gruppo di radicali che condividevano le stesse posizioni: Liebknecht, Mehring, Marchlewski, Pannekoek e amici come Spadthagen, Levi e Rosenfeld. Non si trattava di un nuovo partito, ciò che univa i membri del gruppo era quel miscuglio di rapporti politici e personali che Rosa apprezzava sin dai primi tempi della socialdemocrazia polacca perché era così consono alla sua natura." 36 Per riassumere brevemente le acquisizioni teoriche di Rosa Luxemburg in questo periodo, occorrerà analizzare il suo opuscolo Sciopero di massa: partito! sindacati. Questo brillante saggio, oltre che essere "un testo fondamentale per la conoscenza del pensiero della Luxemburg" 37, è anche "un classico della strategia rivoluzionaria del movimento operaio" 38 e inoltre la sua analisi servirà a noi particolarmente in quanto ci permetterà di chiarire ulteriormente quella "dialettica spontaneità - organizzazione che la Luxemburg riprende da Marx, (contraddicendo) la concezione leniniana, di origine peraltro kautskiana, di un partito che apporta dall’esterno e 33 Ibidem, pag. II. 34 Ibidem, pag. 33. 35 Ibidem, pag. 37. 36 Ibidem, pag. 4I. 37 Lelio Basso, Introduzione a Rosa Luxemburg, Sciopero di massa, partito, sindacati, op.cit., pag. 9. 38 Ibidem, pag. 9. 66 illuministicamente alle masse la coscienza di classe e quindi le dirige dall'alto." 39 Il compito fondamentale di questo scritto resta quello di applicare alla Germania le lezioni che si potevano trarre dagli scioperi di massa avvenuti in Russia; prima, però, occorreva sgombrare il terreno da possibili ma sbagliate interpretazioni anarchiche dello sciopero di massa. Se "per gli anarchici, quali presupposti materiali delle loro speculazioni 'rivoluzionarie' esistono solo due cose: anzitutto l'azzurro cielo e poi la buona volontà e il coraggio di salvare l'umanità dalla attuale valle di lacrime capitalistica" 40, la rivoluzione russa insegna che "l'anarchismo è non la teoria del proletariato combattente, bensì l'insegna ideologica del sottoproletariato (Lumpenproletariat) controrivoluzionario, che brulica come un branco di squali dietro la nave di battaglia della rivoluzione." 41 Inoltre "lo sciopero di massa non viene fatto 'artificiosamente', non viene 'deciso' né 'propagandato' a vanvera, ma è un fenomeno storico, che in un dato momento risulta come necessità storica della situazione sociale.". 42 Voler "propagandare" lo sciopero di massa è come pretendere di propagandare la rivoluzione: non ha senso, perché "tanto la 'rivoluzione' quanto lo 'sciopero di massa', sono concetti che da soli significano niente di più d'una forma esteriore di lotta di classe e che ricevono senso e contenuto solo connessi con situazioni politiche del tutto determinate." 43 "Per quanto concerne l'applicazione pratica dello sciopero generale in Germania, sarà la storia a decidere al riguardo, così come ha deciso in Russia: la storia, nel cui ambito la socialdemocrazia con le sue decisioni è si un fattore rilevante, ma non più di un fattore tra tanti altri." 44 Una volta ancorato lo sciopero di massa al solido terreno della necessità e quindi oggettività storica, occorre specificare che esso non si risolve in particolari e limitati nel tempo momenti di lotta: esso è un processo, a volte anche lungo, che riguarda, come in Russia, parecchi anni. La descrizione che fa Rosa degli scioperi avvenuti in Russia ci travolge come in un vortice. "Scioperi politici ed economici, scioperi di massa e scioperi parziali, scioperi dimostrativi e scioperi di lotta, scioperi generali di singoli settori produttivi e scioperi generali di singole città, pacifiche lotte salariali e scontri di piazza, battaglie di barricate: tutte queste forme di lotta si attraversano, si sovrappongono, s'incrociano e si invadono a vicenda: è un mare di fenomeni in eterno movimento e compimento." 45 "In una parola: lo sciopero di massa, come dimostra la rivoluzione russa, non è un mezzo ingegnoso escogitato allo scopo di una più possente efficacia nella lotta proletaria, ma è il modo stesso del 39 Ibidem, pag. I4. 40 Rosa Luxemburg, Sciopero di massa, partito, sindacati, op. cit., pag. 27. 41 Ibidem, pag. 25. 42 Ibidem, pag. 30. 43 Ibidem, pag. 3I. 44 Ibidem, pag. 33. 45 Ibidem, pagg. 6I/62. 67 movimento della massa proletaria, la forma fenomenica stessa in cui si presenta la lotta proletaria nella rivoluzione." 46 Inoltre non c'e una netta distinzione fra rivoluzione e sciopero di massa: "Quanto è avvenuto in Russia ci dimostra, infine, che lo sciopero di massa è inseparabile dalla rivoluzione. La storia dello sciopero russo di massa è la storia della rivoluzione russa." 47 Naturalmente occorre, però, non pensare che lo sciopero di massa sia in grado di risolvere tutto: anche l'insurrezione popolare fatta nelle strade delle città e nelle campagne serve, con la violenza che la accompagna, a favorire il buon esito della rivoluzione. Solo che la insurrezione, al contrario che nella concezione neo-giacobina dove assurge a momento centrale, è qui l'ultimo momento del processo, tra l'altro brevissimo. Quando la rivoluzione è preparata da un lungo periodo di lotte, da scioperi di massa e da azioni che nel complesso possono segnare dei passi avanti ma anche degli arretramenti, solo allora il momento insurrezionale, anche se ugualmente necessario, assumerà il significato e la durata di un "momento". "Obbedendo alla logica di sviluppo insita nel decorso stesso degli eventi, questa volta lo sciopero di massa si trasforma in una sollevazione aperta, in una lotta armata di barricate e di piazza, a Mosca. I giorni del dicembre moscovita segnano l'acme della linea ascendente dell'azione politica e del movimento degli scioperi di massa e conchiudono il primo laborioso anno di rivoluzione. Nei fatti di Mosca si possono cogliere inoltre, come in uno specimen a formato ridotto, lo sviluppo logico e l'avvenire del movimento rivoluzionario complessivo: il suo inevitabile concludersi con una rivolta generale dichiarata, che però, dal canto suo, non può verificarsi se non attraverso l'addestramento di tutta una serie di rivolte parziali preparatorie, che, proprio perche tali, sono provvisoriamente portate a conchiudersi in esteriori 'sconfitte' parziali e ad apparire, ciascuna considerata isolatamente, come ’premature'.” 48 A Rosa interessa mostrare come da questa continua lotta e solo da essa, si possa sprigionare "coscienza di classe". "Il risultato più prezioso, perché permanente, di questo brusco su e giù di ondate, è il deposito intellettuale che esso lascia: la crescita intellettiva, culturale, che il proletariato compie a sbalzi e che offre una garanzia incontrovertibile del suo ulteriore inarrestabile progredire nelle lotte sia economiche sia politiche." 49 E "in Russia l'assolutismo deve essere abbattuto dal proletariato. Ma a tal fine il proletariato ha bisogno d'un alto grado di formazione politica, di coscienza di classe e d'organizzazione. Tutte queste condizioni esso potrà acquisirle non dagli opuscoli né dai volantini, ma solo dalla scuola politica vissuta, dalla lotta e nella lotta, nel decorso progressivo della rivoluzione." 50 Si può dire che la lotta diventa uno stimolo alla creatività della classe operaia. Non solo essa si educa attraverso la lotta, ma crea addirittura e, se ci sono rafforza, le sue organizzazioni. "E infine, v'è ancora di più: gli scioperi apparentemente caotici e l'azione rivoluzionaria 'disorganizzata' susseguenti allo sciopero generale di 46 Ibidem, pag. 62. 47 Ibidem, pag. 67. 48 Ibidem, pagg. 59/60 49 Ibidem, pag. 52. 50 Ibidem, pag. 47. 68 gennaio divengono l'avvio a un febbrile lavoro organizzativo. Madama la Storia fa ridendo marameo a tanti di quei burocrati a schema fisso che con la faccia feroce mostrano la guardia alle porte della beatitudine sindacale tedesca. Le solide organizzazioni che in Germania sembra che debbano esser circondate di trincee come una fortezza inespugnabile, giacché sono considerate il presupposto imprescindibile d'un eventuale tentativo d'un eventuale sciopero di massa, in Russia, è esattamente al contrario, sono nate dallo sciopero di massa! E mentre le sentinelle dei sindacati tedeschi temono più di ogni altra cosa che in un turbine rivoluzionario quelle organizzazioni vadano in mille pezzi come una preziosa porcellana, la rivoluzione russa ci offre un quadro diametralmente antitetico: dal turbine e dalla tempesta, dal fuoco e dall'incandescenza dello sciopero in massa, dalle battaglie di piazza, sorgono freschi, giovani, possenti ed esuberanti, come Venere dalla schiuma del mare [...] i sindacati." 51 E aggiunge più avanti: "Secondo una concezione rigida, meccanicoburocratica, la lotta non potrebbe essere valida se non come prodotto dell'organizzazione giunta ad un certo livello di forza. Viceversa, è la viva evoluzione dialettica che fa nascere l'organizzazione come un prodotto della lotta." 52 Come si può notare, il richiamo alla Germania, dove si continua a ripetere "non siamo ancora abbastanza forti per rischiare una prova di forza così ardita qual è uno sciopero di massa" 53, dove ormai la concezione "rigida, meccanico-burocratica" domina incontrastata, è costante. Ma proprio in questa Germania l'azione tipica di lotta del proletariato si divide in due, quella puramente "rivendicativa" del sindacato e quella puramente "parlamentare" della socialdemocrazia. "Sennonché quest'ultima (la lotta parlamentare), né più né meno della lotta sindacale, di cui è l'integrazione parallela, è una lotta che si conduce esclusivamente sul terreno dell'ordinamento sociale borghese. Per sua natura è un lavoro di riforma politica, cosi come i sindacati sono un lavoro di riforma economica. Rappresenta un lavoro politico d'attualità, così come i sindacati ne rappresentano uno economico. Come questi ultimi, essa non è nulla di più di una fase, d'uno stadio evolutivo nell'insieme della lotta proletaria di classe, le cui mete finali trascendono in eguale misura e la lotta parlamentare e quella sindacale. La lotta parlamentare, infatti, sta alla politica socialdemocratica come una parte sta al tutto, esattamente come il lavoro sindacale. In sé la socialdemocrazia consiste appunto nel combinare quella parlamentare e quella sindacale in un’unica lotta di classe volta alla soppressione dell'ordinamento sociale borghese." 54 Ed e sempre la rivoluzione russa che ce lo insegna: "In una parola: la lotta economica è quella che smista la politica da un punto nodale all’altro; la lotta politica è una fertilizzazione periodica del terreno in vista di quella economica. Causa ed effetto cambiano posto ogni momento in questa materia e quindi, ben lungi dal separarsi nettamente o addirittura d'escludersi a vicenda, come vuole il citato schema pedantesco, il movimento economico e il politico non sono altro che due 51 Ibidem, pag. 53. 52 Ibidem, pag. 84. 53 Ibidem, pag. 83. 54 Ibidem, pagg. 103/104. 69 aspetti interconnessi della lotta proletaria di massa in Russia. E la loro unità sta appunto nello sciopero di massa." 55 Se la socialdemocrazia, in quanto organizzazione, deve perseguire questa unità, tra momento politico e momento economico nella sua tattica, perché è proprio a ciò che tendono le lotte rivoluzionarie di classe, lo deve anche fare perché "la socialdemocrazia è, nel proletariato, l'avanguardia più ordinata, meglio dotata di coscienza di classe. Non le è possibile né lecito attendere fatalisticamente, a braccia conserte, che si produca una 'situazione rivoluzionaria', attendere che uno spontaneo movimento popolare cada dal cielo. Al contrario, essa deve, precorrere lo sviluppo degli eventi, tentare di accelerarlo. Sarà in grado di farlo non lanciando la 'parola d'ordine' di uno sciopero in massa di punto in bianco, senza curarsi della tempestività, ma piuttosto chiarendo ai più larghi strati proletari l'insorgere inevitabile di questo periodo rivoluzionario, i fattori sociali interni che lo determinano e le conseguenze politiche che ne derivano." 56 Questa socialdemocrazia che non agisce dall'esterno, ma che è "nel proletariato" e che si sviluppa con esso attraverso le dure lotte che esso conduce, non può attendere il momento in cui si "è abbastanza forti". Non si può quindi dire che "prima di intraprendere una qualsiasi lotta diretta di classe, i lavoratori dovrebbero essere organizzati tutti, nessuno escluso." 57 Perché "la situazione, le condizioni dello sviluppo capitalistico e dello stato borghese comportano che, in un decorso 'normale’ delle cose, senza tempestose lotte di classe, determinati ceti e proprio il grosso del popolo, cioè i ceti più importanti del proletariato, quelli infimi, quelli più oppressi dal capitale e dallo stato - sono appunto quelli che è del tutto impensabile organizzare." 58 Qui Rosa è di una modernità e attualità eccezionale: si rende conto che l'organizzazione quando, come accade il più delle volte, è retta burocraticamente, funziona da freno nei momenti di lotte operaie. Ma non solo: è addirittura impensabile pensare di organizzare tutta la classe operaia in una salda struttura e ’questo, oltre che per dei motivi di carattere oggettivo, forse è dovuto all'impossibilita di imprigionare in schemi fissi il continuo movimento che la lotta produce, ma su ciò ritorneremo ancora. "In Germania è dunque impossibile che gli scioperi di massa, le lotte politiche di massa siano condotte dai soli organizzati e siano studiate a tavolino dalla regolare "direzione" d'una centrale di partito. In casi del genere, invece, né più né meno che in Russia, quel che importa non sono tanto la 'disciplina', la 'formazione politica', né la più accurata previsione di quelli che saranno i sussidi e i costi necessari, quanto l'azione di classe realmente decisa, rivoluzionaria, che sia in grado di conquistare e coinvolgere le più larghe cerchie delle masse proletaria non organizzate, ma rivoluzionarie per sensibilità e condizione." 59 "Mentre in Germania, in Francia, in Italia, in Olanda i più accaniti conflitti sindacali non provocano nessunissima azione generale della classe operaia, nemmeno della sola sua parte organizzata, in Russia la 55 Ibidem, pag. 67. 56 Ibidem, pag. 89. 57 Ibidem, pag. 84. 58 Ibidem, pag. 84. 59 Ibidem, pagg. 86/87. 70 minima occasione scatena una vera e propria tempesta. Questo non vuol dire altro se non che, per quanto paradossale possa apparire, attualmente l’istinto di classe del proletariato russo, giovane, ineducato, poco illuminato e ancora debolmente organizzato, è infinitamente più forte che nella classe operaia, bene organizzata, educata e illuminata, della Germania o di un altro paese dell'Europa occidentale [...] Nell'evoluto operaio tedesco quella inculcata dalla socialdemocrazia è una coscienza di classe teorica, latente: nel periodo in cui predomina il parlamentarismo borghese è di solito incapace d'esplicarsi una diretta azione di massa; abbiamo, qui, la somma ideale delle trecento azioni parallele delle circoscrizioni elettorali durante la campagna elettorale, di molte lotte economiche parziali e simili. Nella rivoluzione, in cui è la massa medesima ad apparire sulla scena politica, la coscienza di classe diviene pratica, attiva. E' per questo che al proletariato russo un anno di rivoluzione può dare quella 'educazione' che al tedesco non sono riusciti a dare artificialmente trent'anni di lotte parlamentari e sindacali." 60 "Qualora in Germania si addivenga a scioperi di massa, quasi sicuramente non saranno i meglio organizzati - certo non i tipografi bensì i peggio o addirittura i non organizzati, i minatori, i tessili, forse addirittura gli operai agricoli, a dispiegare la maggior capacità d'azione." 61 Riprenderemo più avanti, in un capitolo conclusivo, la discussione sulla modernità di Rosa Luxemburg. Per ora basta ricordare, per concludere l'analisi di Sciopero di massa, partito, sindacati, che l'esempio russo era per Rosa, proponibile e ricco di insegnamenti per la Germania e non solo per essa, ma per tutto il proletariato, perché sono sempre i livelli più alti di lotta raggiunti dal proletariato su scala internazionale che insegnano e a cui bisogna guardare. "La rivoluzione odierna, dunque, pur nella particolare situazione dell'assolutismo russo, realizza i risultati universali dello sviluppo capitalistico internazionale, e più che un ultimo epigono delle vecchie rivoluzioni borghesi, appare come un precursore della nuova serie delle rivoluzioni proletarie dell'Occidente [...] Ben più essenziale è che i lavoratori tedeschi imparino a considerare la rivoluzione russa come loro propria questione, non nel semplice senso della solidarietà internazionale di classe, ma anche e soprattutto come un capitolo della propria storia sociale e politica [...] Il grado di maturità della situazione di classe e del potere del proletariato, in Germania, lo si desume non dalle statistiche sindacali o elettorali tedesche, bensì dagli eventi della rivoluzione russa." 62 Ed e appunto in questo contesto che appare l'unico significato positivo di quel che deve essere il ruolo di guida politica che la socialdemocrazia deve assumere: "L'iniziativa e la direzione consistono non già nel dare ordini a piacimento, bensì nell'adeguarsi il più intelligentemente possibile alla situazione, con la sensibilità più viva possibile per lo stato d'animo delle masse." 63 Dove, comunque, "adeguarsi alla situazione", non significa affatto dimenticare il fine. Anzi la socialdemocrazia deve sempre collegare fini e mezzi in un incessante lavorio dialettico. 60 Ibidem, pagg. 87/88. 61 Ibidem, pag. 89. 62 Ibidem, pag. 95. 63 Ibidem, pag. 7I. 71 "Invece di rompersi il capo con gli aspetti tecnici, con il meccanismo degli scioperi di massa, la socialdemocrazia è chiamata ad assumere anche la direzione politica, nel bel mezzo di un periodo di rivoluzione. Lanciare la parola d'ordine, dare un indirizzo alla lotta, impostare la tattica della battaglia politica in modo tale che in ciascuna fase si realizzi nella sua intera portata il potenziale, disponibile e già mobilitato e attivo, del proletariato, e che ciò trovi espressione nelle posizioni di combattimento assunte dal partito, in modo tale che, quanto a fermezza e precisione, la tattica della socialdemocrazia non sia mai inferiore al livello dei reali rapporti di forza, ma piuttosto lo sopravanzi: questi sono i compiti più rilevanti della 'direzione' nel periodo degli scioperi di massa. E questa direzione si trasformerà, in certo qual modo automaticamente, in direzione tecnica." 64 Rosa Luxemburg proponeva praticamente, una soluzione che potesse servire a combattere la staticità in cui era piombata l'SPD. Il problema era rilevante: non si trattava di mantenere la "purezza" della teoria con continue e sottili disquisizioni, come facevano sia Lenin che Kautsky: si trattava invece di rompere quell’auto isolamento che aveva spinto il partito a considerarsi come uno stato nello stato, smascherando la falsa sicurezza che la sua potenza, puramente formale, offriva. Tutto ciò si poteva ottenere entrando in contatto con la società e questo era stato proprio lo scopo anche dei revisionisti. Ma se questo desiderio, dettato come dicevo, dall'esigenza di uscire dagli "affari interni" in cui il partito si era chiuso, nei riformisti era formalmente giusto, doveva esserlo anche nei contenuti. Non si trattava cioè, di concordare sempre nuovi compromessi, bisognava invece farsi interpreti del continuo disagio economico e spirituale della classe povera affinché la lotta di classe potesse poi giungere a compimento in una rivoluzione per la presa del potere. Affinché ciò fosse possibile occorreva, innanzi tutto, "distruggere i centri istituzionali dell'autolimitazione all’attività interna. Tutte le considerazioni tattiche della sua lotta - prima contro la direzione sindacale, poi contro la frazione del Reichstag e infine contro lo stesso esecutivo del partito - erano fondate sulla necessità di spezzare l'intera struttura di questa autolimitazione agli affari interni." 65 Se gli intenti di Rosa Luxemburg erano questi, è evidente che doveva rispettare due esigenze tra loro collegate: da una parte doveva rifarsi alle masse rivoluzionarie in contrapposizione a qualsiasi dirigenza e dall'altra, criticare ogni sistema, proprio in quanto sistema, perché sotto queste spoglie si nasconde sempre qualcosa di statico. "Ai suoi occhi l'azione di massa era una forza creativa, essa non avrebbe soltanto risolto i problemi immediati che l'avevano provocata, ma anche i compiti posti dall'ulteriore processo rivoluzionario. Ciò conseguiva logicamente dalla convinzione che l'azione di massa si creava le proprie organizzazioni e accresceva la coscienza di classe." 66 "Rosa non formalizzo mai il concetto di masse in una astrazione nella misura in cui lo fecero i bolscevichi, nei suoi scritti non si trova neppure la traccia dell'idea che la direzione del partito potesse agire in rappresentanza delle masse. Il ruolo delle masse non poteva essere assunto da nessun altro." 67 64 Ibidem, pag. 73. 65 P. Nettl, Rosa Luxemburg, 0p.cit., vol. II, pag. 96. 66 Ibidem, pag. 101. 67 Ibidem, pagg. 97/98. 72 E infine, per quanto riguarda l'antisistemicità del suo pensiero: "Il sistema di Rosa Luxemburg consisteva nel rifiuto deciso di costruire un sistema [...] Non rispose con un sistema alternativo, ma con un antisistema; la sua risposta era il movimento. In misura crescente tutti i sistemi le apparivano statici, privi di dinamica; la stessa esistenza di un sistema riconosciuto di società, a suo avviso, era un errore." 68 Quest'ultima caratteristica del pensiero di Rosa, è la premessa per sfuggire alla staticità che in qualsiasi sistema, il rapporto dirigenti/diretti, mostra di avere. Il movimento, che è innanzi tutto lotta contro il capitale, è la caratteristica essenziale di quel proletariato, che volendo percorrere una "terza via", costruisce in primo luogo, le basi per una soluzione dialettica e definitiva dell'opposizione dirigenti/diretti. 68 Ibidem, pag. 102. 73 b) Lo scoppio della socialdemocrazia. guerra mondiale e La crisi della Prima di entrare in carcere, Rosa fece di tutto per combattere il mostruoso imperialismo tedesco che ormai minacciava apertamente una guerra feroce. Attorno alle sue posizioni si schierò presto, come abbiamo visto, un primo nucleo di persone che costituirono poi lo Spartakusbund. La guerra, su cui molto deve aver pensato in quei mesi, le appariva sempre più una atrocità. Era incapace di dire, come aveva fatto Lenin al principio del 1913: "Una guerra tra l'Austria e la Russia favorirebbe molto una rivoluzione, ma non è probabile che Franz Joseph e Nikolscha ci facciano questo favore." 69, perché era incapace di ragionare cinicamente sopra la testa dei milioni di proletari che ne sarebbero stati poi le vittime, e anche perche, al contrario di Lenin, la sua militanza in un paese come la Germania, dove le organizzazioni proletarie contavano milioni di aderenti, glielo impediva. Comunque, al di là di tutto ciò, arrivò il fatidico 4 agosto 1914, data fatale non solo per l'SPD, ma per tutta l'Internazionale Socialista, in quanto la frazione socialdemocratica in parlamento votò compatta in favore dei crediti di guerra. Era l'inizio di quel periodo in cui i socialisti dei vari paesi, messo da parte improvvisamente l'intero bagaglio sia culturale sia di lotta, iniziarono a preoccuparsi unicamente di aiutare il proprio governo contro i nemici della patria. "Rosa invio più di trecento telegrammi a funzionari locali considerati membri dell'opposizione, pregandoli di prendere posizione [...] Il risultato fu catastrofico. Clara Zetkin fu l'unica che comunicò la sua approvazione incondizionata." 70 Non c'era più niente da fare: ormai si era in guerra. Karl Liebknecht decise di sfruttare la sua posizione di deputato al Reichstag e al Landtag prussiano e, mentre nella prima votazione per i crediti di guerra aveva votato a favore per fedeltà al partito, nella seconda il 2 dicembre 1914, fu l’unico a votare contro. Grazie a questa sua posizione divenne il centro visibile dell’opposizione. La motivazione del suo voto contrario non fu inclusa agli atti dal presidente del parlamento: fu diffusa cosi come volantino illegale e questo fu il primo precursore degli Spartakusbriefe. Rosa Luxemburg continuava a condurre la sua instancabile attività, ma in dicembre era talmente esaurita che dovette farsi ricoverare in ospedale. Nonostante ciò, riuscì, con Mehring, Marchlewski e per ciò che riguardava gli aspetti tecnici, con Jogiches, a pubblicare la rivista Die Internationale, il cui primo fascicolo apparve nell'aprile del 1915. Nel frattempo, il 18 febbraio 1915, fu incarcerata. Mentre Karl Liebknecht lanciava i suoi discorsi "attraverso le finestre", in carcere Rosa preparò uno studio sulla guerra dal titolo La crisi della socialdemocrazia che apparve sotto lo pseudonimo di Junius e perciò divenne noto come Junius-Broschure, e che fu portato a termine verso la fine di aprile del 1915. Questo scritto "è un singolare miscuglio di erudizione e di passione [...] contiene anche le sue prese di posizione più chiare sulla morale proletaria. Per lei il marxismo non era un termitaio costruito pezzetto per pezzetto, essa non affrontava mai coscientemente – come Plechanov, Kautsky e anche Lenin - oggi l'uno, domani l'altro problema. Il luxemburghismo - ammesso che esista - non consiste nella tale o nella 69 Ibidem, pag. I75. 70 Ibidem, pag. I80. 74 talaltra deviazione dal bolscevismo o da una qualsiasi altra dottrina neomarxista, ma nella totalità del modo di considerare le cose. Una componente importante di questa totalità è la morale ma una morale inconscia, non una predica sulla morale." 71 Si tratta della stessa morale che, lo abbiamo visto più volte, la distinse da Lenin e non solo da lui. Anche il piano di Parvus per risolvere il problema russo con una rivoluzione che sarebbe seguita alla disfatta militare, scritto letto da Rosa in carcere, fu criticato con un articolo specifico in cui, oltre a mettere in rilievo il fatto che il processo dialettico che muove la storia non rivela nulla di casuale, sottolineava che, per motivi etici, non si poteva considerare una guerra tanto crudele come levatrice di una rivoluzione. La guerra e sempre "barbarie" e il dato più importante che allora ne conseguiva e che occorreva analizzare con una feroce autocritica, era la disfatta della socialdemocrazia a cui essa aveva condotto. "Svergognata, disonorata, sguazzante nel sangue, grondante di sudiciume, così ci sta dinanzi la società borghese, così è veramente. Non quando, lisciata e bene educata, ostenta civiltà, filosofia ed etica, ordine, pace e Stato di diritto, ma ora - come belva distruttrice, come sabba delle streghe dell’anarchia, come miasma pestifero per la civiltà e per l'umanità si presenta nel suo vero, nudo aspetto. E in mezzo a questo sabba delle streghe si svolse una catastrofe della storia mondiale: la capitolazione della socialdemocrazia internazionale. Illudersi su questo punto ed occultarlo sarebbe la cosa più folle e più 72 "Ma la nefasta che potrebbe capitare al proletariato." socialdemocrazia tedesca non era soltanto la più potente truppa d'avanguardia, era il cervello pensante dell’Internazionale. Per ciò bisogna applicare a lei ed alla sua caduta un procedimento di analisi, di esame di coscienza. Essa ha l'onorifico dovere di procedere alla salvezza del socialismo internazionale con una spietata autocritica [...] L'autocritica spietata non è soltanto il diritto vitale, ma anche il più alto dovere della classe lavoratrice." 73 Oltre che un urlo di rabbia contro le nefandezze di una atroce guerra che “non è soltanto un gigantesco assassinio, ma anche il suicidio della classe operaia europea" 74, oltre l’analisi della disfatta della socialdemocrazia che non solo demoralizza le masse in quanto rinnegando "la lotta delle classi per la durata della guerra", "rinnegò la 75 , ma anche si preclude base della propria esistenza" "contemporaneamente una reale influenza sulla durata della guerra e sul nodo della conclusione della pace" 76, la Crisi della socialdemocrazia ci dà una definizione esemplare del ruolo delle masse nella storia, chiarendo così il rapporto dialettico fra oggetto e soggetto. "E poi venne l'inaudito, il fatto senza esempi, il 4 agosto 1914. Doveva accadere tutto ciò? Un avvenimento di tale portata non è certamente uno scherzo del caso. Esso deve provenire da cause 71 Ibidem, pagg. I97/I98. 72 Rosa Luxemburg, La crisi della socialdemocrazia, in Rosa Luxemburg, Scritti Politici, a cura di Lelio Basso, Roma - Editori Riuniti - I967, pagg. 438/439. 73 Ibidem, pag. 44I. 74 Ibidem, pag. 545. 75 Ibidem, pag. 508. 76 Ibidem, pag. 5II. 75 obiettive che hanno radici profonde e lontane. Ma queste cause possono consistere anche negli errori della guida del proletariato, la socialdemocrazia, nel venire meno della nostra volontà di combattere, del nostro coraggio, della fedeltà ai nostri convincimenti. Il socialismo scientifico ci ha insegnato a comprendere le leggi oggettive dell'evoluzione storica. Gli uomini non fanno arbitrariamente la loro storia, ma essi la fanno da sé. Il proletariato dipende nella sua azione dal grado di maturità raggiunto dallo sviluppo sociale, ma lo sviluppo sociale non può prescindere dal proletariato: esso è a un tempo la sua molla di propulsione e la sua causa, come pure il suo prodotto e la sua conseguenza. La sua azione stessa è un momento determinante della storia. E se noi non possiamo saltare sopra allo sviluppo storico, come l'uomo alla sua ombra, possiamo però affrettarlo o rallentarlo. Il socialismo è il primo movimento popolare nella storia del mondo che si ponga come scopo e sia chiamato dalla storia a portare nell'agire sociale degli uomini un senso cosciente, un pensiero pianificato, e con ciò il libero volere. Perciò Federico Engels chiama la vittoria finale del proletariato socialista un salto dell'umanità dal regno animale al regno della libertà. Anche questo "salto" è legato alle ferree leggi della storia, ai mille gradini di una evoluzione precedente, dolorosa e fin troppo lenta. Ma esso non può essere in alcun modo compiuto se da tutto il materiale di presupposti obiettivi accumulato dall'evoluzione non scocca la scintilla animatrice della volontà cosciente della grande massa popolare. La vittoria del socialismo non cadrà dal cielo come un fato. Essa può essere conquistata soltanto con una lunga serie di poderose prove di forza tra le antiche e le nuove potenze, prove di forza nelle quali il proletariato internazionale, sotto la guida della socialdemocrazia, impara e tenta di prendere nelle proprie mani i suoi destini, di impadronirsi del timone della vita sociale, di trasformarsi da una palla da gioco senza volontà della propria storia in un reggitore della stessa, dotato di una chiara visione dei propri scopi." 77 Finalmente il 22 gennaio 1916 Rosa Luxemburg viene rilasciata dal carcere. Il primo gennaio dello stesso anno, si era già tenuta una riunione nello studio berlinese di Karl Liebknecht, fra i maggiori esponenti della sinistra tedesca: ne era nato lo Spartakusgruppe e, cosa importantissima per valutare il ruolo di Rosa in questi suoi ultimi anni di vita, si decise di adottare come testo base proprio l'elaborazione fatta da Rosa in occasione della conferenza di Zimmerwald. Il problema più importante ed urgente che il nuovo gruppo doveva affrontare era costituito dalla presenza sia dell'SPD, sia dell'opposizione centrista, che ormai erano diventati un ostacolo dichiarato allo sviluppo della lotta di classe. Se la socialdemocrazia era un fattore determinante nello sviluppo storico, come Rosa aveva detto nella Crisi della socialdemocrazia, lo era in qualsiasi modo essa agiva. Bisognava evitare che quest'azione fosse diretta verso uno sviluppo storico contrastante gli interessi proletari. La situazione ricorda molto quello che oggi accade nei paesi sviluppati dell'occidente capitalistico, dove grossi partiti di massa autodefinitesi proletari, influiscono sì sul processo storico, ma non certamente nella direzione migliore ai fini della rivoluzione socialista. In altre parole, la presenza di partiti riformisti con grande seguito di massa, costituisce oggi, un problema rilevante per un marxista e l'attualità di Rosa Luxemburg è dovuta proprio al fatto che ella militava in una realtà oggettiva molto simile alla nostra, o almeno, più simile alla nostra di quanto potesse essere quella russa. 77 Ibidem, pagg. 446/447. 76 Dovendo tener presente, nella sua prassi di rivoluzionaria, l'influsso esercitato sulle masse e attraverso queste sulla storia, di grandi partiti riformisti, la sua soluzione non poteva che discostarsi nettamente da quella elaborata dai bolscevichi. Essa non poteva essere cercata solo a livello organizzativo, non si trattava cioè di effettuare una scissione e quindi creare una nuova organizzazione alla maniera di Lenin, e questo sia nei confronti della socialdemocrazia tedesca, sia nei confronti dell'Internazionale. "Essi (i radicali tedeschi) non aderirono mai alla sinistra di Zimmerwald, e l'idea di una nuova Internazionale scissionista, per quanto potesse essere pura, fu da loro sempre avversata.". 78 E anche quando, a rivoluzione russa fatta, Lenin stava preparando in tutta fretta la riunione costitutiva della Terza Internazionale "i delegati tedeschi ufficiali alla conferenza che si sarebbe presto riunita, ricevettero la direttiva di votare contro la creazione di una nuova Internazionale. Rosa considerava prematuro un simile passo; ella temeva che la nuova organizzazione sarebbe finita sotto il controllo totale dei russi - il che si avverò puntualmente. 79 Il desiderio di Rosa di non creare una nuova struttura organizzativa internazionale era lo stesso che le impediva di accettare l'idea di un nuovo partito socialista in Germania. Solo che in quest’ultimo caso le cose erano molto più chiare in quanto si ricollegavano a tutto il suo precedente pensiero, dalla rivoluzione russa del 1905 in poi. E comunque non era l'unica in Germania a pensarla così. Karl Liebknecht scrisse: "I ceppi di questa burocrazia di partito vanno fatti saltare. La parola d'ordine non è scissione o unità, non è nuovo partito o vecchio partito, bensì riconquista del partito dal basso attraverso la ribellione delle masse [...] non con le parole, ma con la ribellione nei fatti.". 80 In altre parole la lotta andava spostata dalla struttura burocratica formale del partito, all'esterno, tra le masse, e Rosa Luxemburg per facilitare questa "ribellione" giunse perfino a proporre di non pagare più le quote di iscrizione al partito. Rosa Luxemburg aveva, fin dal 1908, sconsigliato la sua amica Henriette Roland-Holst di intraprendere azioni in direzione di una scissione: "Non dobbiamo collocarci all'esterno dell'organizzazione, senza contatto con le masse. Il peggior partito operaio è meglio che nessun partito." 81 E anche quando nell'aprile del 1917, si costituì il Partito Socialdemocratico Indipendente di Germania (USPD), Spartakus assunse le medesime posizioni che aveva tenuto nei confronti dell'SPD: nessuna separazione organizzativa dal partito esistente. Gli unici che criticarono queste prese di posizione furono i radicali di sinistra di Brema, di cui faceva parte anche Radek, i quali, invece, richiedevano una rottura totale con i partiti esistenti, in perfetto accordo, del resto, con la linea d'azione impostata da Lenin. Il 10 luglio 1916 Rosa venne improvvisamente incarcerata e Karl Liebknecht la seguì il 6 dicembre dello stesso anno. D'ora in poi dovette seguire tutti gli avvenimenti, compresa la rivoluzione russa, attraverso la stampa che si riusciva a farle avere. 78 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., tol. II, pag. I96. 79 Ibidem, pag. 352. 80 Ibidem, pag. 210. 81 Ibidem, pag. 23I. 77 La sua presa di posizione iniziale, nei confronti della rivoluzione russa, fu molto cauta. Nello Spartakusbrief dell'aprile del 1917, si limitava ad un richiamo degli avvenimenti del 1905/06, oltre che a smascherare il mito della "Russia autocratica“ da sconfiggere. “Ora le truppe tedesche che si battono sul fronte orientale non lottano più contro lo "zarismo", ma contro la rivoluzione." 82 Nel frattempo cercava di documentarsi il più possibile e finalmente nel maggio del 1917 lo Spartakusbrief conteneva due suoi lunghi articoli molto più incisivi e attuali del primo. Prima di tutto occorreva occuparsi del problema "pace": certo la pace era necessaria, ma non poteva trattarsi di una pace che facesse della Germania imperiale il vincitore. La Germania continuava ad essere l'unica possibilità di sbocco positivo per la rivoluzione russa e Rosa lo ribadì chiaramente: "[...] il pericolo del militarismo tedesco per l'Inghilterra o la Francia imperialiste è naturalmente un'assurdità, mitologia bellica, grida determinate dalla concorrenza. Il pericolo del militarismo tedesco per la Russia repubblicano - rivoluzionaria è invece un dato di fatto molto reale [...] Contro queste preoccupazioni naturali circa il futuro della rivoluzione russa esiste un'unica garanzia seria: il risveglio del proletariato tedesco." 83 "[...] nella sua prigione tedesca Rosa Luxemburg aveva affermato la concreta dipendenza della rivoluzione russa dagli sviluppi rivoluzionari degli altri paesi. Alla lunga, la rivoluzione russa avrebbe potuto affermarsi soltanto se riusciva a suscitare esplosioni rivoluzionarie in altri paesi, soprattutto in Germania [...] Il compito suo e dei suoi amici ora consisteva nel provocare un'esplosione rivoluzionaria in Germania [...] D'ora innanzi tutti gli sforzi di Spartakus furono indirizzati alla realizzazione di questo fine." 84 82 Ibidem, pag. 250. 83 Ibidem, pagg. 252/253. 84 Ibidem, pag. 253. 78 c) "La rivoluzione russa" Nel settembre 1918 l'abbozzo sulla rivoluzione russa era terminato. Le critiche di Rosa Luxemburg si possono brevemente riassumere cosi: 1.- Politica agraria. A proposito del problema "contadini", i polacchi e naturalmente Rosa Luxemburg, avevano le idee sufficientemente chiare. Fin dal sesto congresso dell'SDKPiL (Praga dicembre 1908), Jogiches lanciò la parola d'ordine "dittatura del proletariato appoggiata dai contadini" che si differenziava nettamente da quella formulata da Lenin che era "dittatura democratico - rivoluzionaria del proletariato e dei contadini". Jogiches motivò la sua scelta così: "Quando il proletariato si accingerà a mettere alla prova e a sfruttare le conquiste rivoluzionarie, il suo alleato - i contadini - gli si opporrà certamente. La struttura politica dei contadini rende loro impossibile lo svolgimento di un ruolo attivo e autonomo e impedisce loro di crearsi una propria rappresentanza di classe […] I contadini sono borghesi per loro natura e rivelano chiaramente la loro essenza reazionaria in certi ambiti. [...] Per questo la proposta fatta al congresso parla soltanto di dittatura del proletariato appoggiata dai contadini [...] I contadini devono aiutare il proletariato; non è il proletariato che deve aiutare i contadini a soddisfare i loro desideri." 85 Ora, di fronte a ciò che i bolscevichi stavano facendo, Rosa in tutta coerenza, non poteva che dire: "La parola d'ordine data dai bolscevichi della presa di possesso immediata e della divisione della terra da parte dei contadini, doveva operare addirittura in senso contrario. Non solo non è un provvedimento socialista, ma taglia la strada che vi conduce, ed accumula difficoltà insormontabili sulla via della trasformazione dei rapporti agrari in senso socialista." 86 Perche "la riforma agraria di Lenin ha creato nella campagna un nuovo e potente strato popolare di nemici del socialismo, la cui resistenza sarà molto più pericolosa e tenace di quella dei grandi proprietari aristocratici." 87 2.- Autodeterminazione delle nazioni. "Mentre di fronte all'Assemblea costituente, al suffragio universale, alla libertà di stampa e al diritto di riunione, in breve a tutto ciò che costituisce l'apparato delle libertà democratiche fondamentali delle masse popolari e il cui assieme formava il 'diritto di autodecisione' nella stessa Russia, essi (Lenin e compagni) dimostravano il più freddo disdegno, trattavano il ‘diritto di autodecisione' delle nazioni come un gioiello della politica democratica, per amore del quale dovevano tacere tutti i punti di vista pratici della critica concreta." 88 "La contraddizione che ne nasce è tanto più incomprensibile se si considera che nel caso delle forme democratiche della vita politica in ciascun paese, come vedremo più avanti, si tratta in realtà dei fondamenti di estrema importanza, anzi addirittura indispensabili della politica socialistica, mentre il famoso 'diritto di autodecisione delle nazioni' non è altro che una vuota fraseologia ed una mistificazione 85 Ibidem, pag. 130. 86 Rosa Luxemburg, La rivoluzione russa, in Rosa Luxemburg, Scritti Politici, a cura di Lelio Basso, Roma - Editori Riuniti - I967, pag. 574. 87 Ibidem, pag. 576. 88 Ibidem, pag. 576. 79 89 piccolo-borghese.". Questa contraddizione è il risultato dell’opportunismo di Lenin: "[...] ciò deriva a mio parere, da una specie di politica opportunistica. Lenin e compagni ritenevano evidentemente che non vi fosse nessun mezzo più sicuro per legare le numerose nazionalità allogene nel seno dell'impero russo alla causa della rivoluzione, alla causa del proletariato socialista, se non assicurare loro, a nome della rivoluzione e del socialismo, la massima illimitata libertà di disporre della propria sorte. Era una politica analoga a quella dei bolscevichi nei riguardi dei contadini russi di cui pretendevano di soddisfare il desiderio di terre con la parola d'ordine della diretta presa di possesso della proprietà terriera nobiliare e che volevano per tal via legare alla bandiera della rivoluzione e del governo proletario. Purtroppo in entrambi i casi il calcolo si rivelò completamente sbagliato. Mentre Lenin e compagni si aspettavano evidentemente, in quanto paladini della indipendenza nazionale 'fino alla separazione statale', di poter fare della Finlandia, dell'Ucraina, della Polonia, della Lituania e dei paesi baltici e caucasici ecc., altrettanti fedeli alleati della rivoluzione russa, noi abbiamo invece assistito allo spettacolo contrario: una dopo l'altra queste 'nazioni' hanno approfittato della libertà da poco regalata per allearsi [...] all'imperialismo tedesco [...]" 90 "A spese proprie e della rivoluzione i bolscevichi dovettero imparare che sotto il dominio del capitalismo non vi è autodecisione della nazione, che in una società divisa in classi ogni classe della nazione tende a 'autodecidere' in maniera differente, e che per le classi borghesi i punti di vista della libertà nazionale rimangono del tutto in secondo ordine rispetto al dominio di classe. La borghesia finlandese, come la piccola borghesia ucraina, erano in perfetto accordo nel preferire il dominio tedesco della forza alla libertà nazionale, se questa doveva essere legata ai pericoli del 'bolscevismo'." 91 Secondo Rosa, l'errore più grosso commesso dai russi, consistette nell'aver spacciato "come chiave della politica socialista rivoluzionaria" una parola d'ordine che in parecchi casi fu "un semplice capriccio, una vanità di un paio di dozzine di intellettuali piccoloborghesi", col risultato di apportare "la massima confusione nelle file del socialismo". Le conseguenze di ciò non poterono che essere "il terrore e il soffocamento della democrazia". E infatti sappiamo tutti benissimo come Stalin risolse sia il problema dei contadini piccoli proprietari terrieri, sia il problema dell' "autodeterminazione delle nazioni". 3.- Democrazia. "Secondo la teoria di Trotskij, ogni assemblea eletta rispecchia una volta per sempre solo lo stato d’animo, la maturità politica e gli umori del suo corpo elettorale quale era precisamente nel momento in cui ha votato [...] Ogni vivente legame spirituale fra gli eletti e gli elettori, ogni permanente influenza reciproca viene in questo modo negata. Come tutto ciò contraddice a tutta l'esperienza storica! Questa ci dimostra al contrario che il fluido vivente dell'opinione popolare avvolge costantemente i corpi rappresentativi, li penetra, li dirige. Come potrebbe essere possibile altrimenti che in tutti i parlamenti borghesi noi assistiamo da un momento all'altro alle più deliziose capriole dei 'rappresentanti del popolo' che, improvvisamente animati da un nuovo 'spirito’, fanno sentire accenti del tutto inattesi; che da un momento all'altro le mummie più rinsecchite assumono un'aria 89 Ibidem, pag. 577. 90 Ibidem, pagg. 577/578. 91 Ibidem, pag. 578. 80 giovanile e che i diversi piccoli Scheidemann talvolta trovano di colpo nel loro petto accenti rivoluzionari non appena si rumoreggia nelle fabbriche, nelle officine, nelle strade?" 92 "Più democratica è l'istituzione, più vivo, più forte il pulsare della vita politica delle masse, più immediata e precisa la sua efficacia, nonostante le schematiche etichette di partito, le antiquate liste elettorali, ecc. Sicuramente ogni istituzione democratica ha i suoi limiti e i suoi difetti, come tutte le istituzioni umane. Ma il rimedio trovato da Lenin e Trotski, la soppressione cioè della democrazia in generale, è ancora peggiore del male che si deve curare: esso ostruisce infatti proprio la fonte viva dalla quale soltanto possono venire le correzioni ad ogni insufficienza congenita delle istituzioni sociali: la vita politica attiva, libera ed energica delle più vaste masse popolari." 93 "[...] è un fatto ben noto e incontestabile che senza una libertà illimitata di stampa, senza un libero esercizio dei diritti di associazione e di riunione, e del tutto impossibile concepire il dominio delle grandi masse popolari." 94 "La libertà riservata ai partigiani del governo, ai soli membri di un unico partito - siano pure numerosi quanto si vuole - non e libertà. La libertà è sempre soltanto libertà di chi pensa diversamente." 95 "La premessa tacitamente sottointesa delle teorie della dittatura secondo Lenin e Trotskij, è che la trasformazione socialista sia cosa per la quale il partito rivoluzionario ha in tasca la ricetta bell'e fatta, che si deve soltanto applicare con energia [...] Lungi dall'essere una somma di prescrizioni bell’e pronte che si dovrebbero solo applicare, la realizzazione pratica del socialismo come sistema economico, sociale e giuridico è completamente avvolta nella nebbia dell'avvenire [...] Il sistema sociale del socialismo deve e può essere solo un prodotto storico, nato dalla scuola stessa dell’esperienza, al momento della realizzazione, nel divenire della storia viva [...] L'unica via che conduce alla rinascita è la scuola stessa della vita pubblica, la più larga e illimitata democrazia, l’opinione pubblica. Proprio il regno del terrore demoralizza." 96 "Senza elezioni generali, senza libertà illimitata di stampa e di riunione, senza libera lotta di opinioni, la vita muore in ogni istituzione pubblica, diviene vita apparente ove la burocrazia rimane l'unico elemento attivo." 97 Queste, grosso modo, sono le critiche di Rosa. ma soffermarsi esclusivamente su di esse e specialmente su quelle riguardanti la democrazia significa o, in buona fede, non comprendere il suo pensiero, o, in cattiva fede, significa voler riproporre, come molti oggi tentano di fare, la tattica e l'esperienza della Seconda Internazionale in netta contrapposizione con tutto ciò che puzza di bolscevismo, senza intendere che il pensiero di Rosa si discosta sia dalla prima tendenza che dai secondi. Nulla può giustificare questo fraintendimento. Il saggio di Rosa sulla rivoluzione russa è estremamente chiaro in proposito. 92 Ibidem, pag. 584. 93 Ibidem, pag. 585. 94 Ibidem, pag. 588. 95 Ibidem, page 589. 96 Ibidem, pagg. 589/590. 97 Ibidem, pagg. 590/591. 81 "Sarebbe infatti assurdo pretendere che nel primo esperimento della storia mondiale di dittatura della classe operaia condotto per giunta nelle condizioni più difficili che si possono immaginare, nel mezzo della conflagrazione mondiale e nel caos di un massacro imperialistico di popoli, nella ferrea morsa della più reazionaria potenza militare d'Europa, nella più completa carenza del proletariato internazionale, che in un esperimento di dittatura del proletariato condotto in condizioni così anormali, proprio tutto quello che fu fatto o tralasciato in Russia sia stato il culmine della perfezione. Al contrario i concetti elementari della politica socialista, l’intelligenza delle sue necessarie premesse storiche, costringono a riconoscere che, in condizioni così sciagurata, anche il più grande idealismo e l'energia rivoluzionaria più travolgente, non sono in grado di realizzare né democrazia né socialismo, ma solo degli slanci impotenti e confusi verso entrambi." 98 E nonostante questo, il partito di Lenin, "è stato il solo che abbia capito la legge e il dovere di un partito veramente rivoluzionario." 99 Ma come è possibile che Lenin sia stato l'unico rivoluzionario degno di essere chiamato tale, in Russia, e contemporaneamente abbia fatto tanti errori? O meglio, quale soluzione Rosa prospettava per la Russia? Peter Nettl dice: "Il fatto più importante è però che Rosa non contrappone alternative concrete agli errori commessi dai bolscevichi". 100 Ciò è completamente falso: Rosa Luxemburg ha costantemente detto che l'unico sbocco positivo, in senso socialista, della rivoluzione russa, è la rivoluzione in Germania. Ma Nettl non può accettare ciò. Per lui l'“alternativa concreta" non può che essere un'alternativa particolare, da ricercarsi cioè in un ambiente esclusivamente russo. Stranamente, su questo stesso piano si colloca anche P. Frolich quando afferma: "In un punto ci sembra che Rosa Luxemburg cada completamente in errore: nel suo attacco appassionato alla parola d'ordine del diritto all'autodeterminazione dei popoli. Aveva già combattuto questa parola d'ordine nel programma della socialdemocrazia russa con un argomento incontrovertibile: questo diritto non può essere realizzato nel mondo capitalistico, ma solamente sotto il socialismo. Ma ora esso veniva proclamato in una rivoluzione che si poneva come obiettivo il socialismo. E Lenin aveva ragione da un punto di vista pratico quando dichiarava che un partito rivoluzionario appartenente ad una nazione che opprime altri popoli deve propugnare questo principio se vuole realizzare l’unità rivoluzionaria di tutti questi popoli. E nel momento in cui la classe operaia russa aveva conquistato il potere essa doveva proclamare questo principio all'interno del campo della rivoluzione." 101 Il bisogno di "concretezza" di Nettl si identifica chiaramente nel "punto di vista pratico" di cui Frolich parla. Ambedue dimenticano che per Rosa la Russia era un campo d'azione limitato: la rivoluzione proletaria non poteva in nessun modo esservi relegata. Ancora una volta il senso reale dell'alternativa che Rosa incarna, sfugge ai suoi critici. Eppure fin dal 1906 aveva affermato: "Ben più essenziale è che i lavoratori tedeschi imparino a considerare la rivoluzione russa come loro propria questione, non nel semplice senso della solidarietà 98 Ibidem, pag. 565. 99 Ibidem, pag. 571. 100 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., Vol. II, pag.269. 101 P. Frolich, Rosa Luxemburg, op.cit., pag. 299. 82 internazionale di classe, ma anche e soprattutto come un capitolo della propria storia sociale e politica." 102 Ora, nel 1918, una volta capito che gli errori commessi dai bolscevichi derivano dalla realtà russa arretrata e dall’impossibilità di costruire il socialismo in un solo paese, è inutile e antirivoluzionario sia insistere nell'accusarli, sia tentare di giustificarli nascondendo le necessarie critiche. L'unica posizione rivoluzionaria è quella di riconoscere le colpe tedesche e quindi favorire la rivoluzione in Germania. "I socialisti governativi tedeschi possono strillare che il dominio bolscevico in Russia sarebbe una caricatura della dittatura del proletariato. Se lo è stato, o lo è, lo è soltanto perché è stato un prodotto della condotta del proletariato tedesco, che era una caricatura della lotta di classe socialista. [...] In Russia il problema poteva essere soltanto posto. Non poteva essere risolto in Russia. Ed è in questo senso che l’avvenire appartiene dappertutto al 'bolscevismo'." 103 Una volta capito questo diventa chiaro che una critica ai russi, servendo ai tedeschi affinché finalmente si risveglino dal loro fatale sogno, serve in generale al proletariato internazionale. "Il risveglio della forza rivoluzionaria della classe operaia in Germania non può mai avvenire nello spirito dei metodi paternalistici della socialdemocrazia di felice memoria, per opera di una qualche infallibile autorità, sia essa quella delle proprie 'istanze' o quella dell''esempio russo'. Non con il suscitare i clamori rivoluzionari, ma al contrario soltanto con la coscienza di tutta la terribile gravità e complessità dei propri compiti, si può far nascere la capacita d'azione storica del proletariato tedesco, dalla maturità politica e dall'autonomia spirituale, dalla capacità critica delle masse, che la socialdemocrazia tedesca ha per decenni sistematicamente soffocato sotto i più vari pretesti. Affrontare criticamente l'esame della rivoluzione russa in tutti i suoi nessi storici è il migliore insegnamento per gli operai sia tedeschi che internazionali, in vista dei compiti che la presente situazione prepara." 104 Oggi gli opportunisti e i falsificatori del pensiero di Rosa Luxemburg tentano la sua "riscoperta" proponendola come la paladina della democrazia parlamentare: valga per tutti quello che Rosa stessa dice: "[...] i bolscevichi hanno risolto la famosa questione della 'maggioranza del popolo', che già da tempo è un incubo per i socialdemocratici tedeschi. Discepoli incarnati del cretinismo parlamentare essi trasferiscono semplicemente nella rivoluzione russa il casalingo buon senso dell'infantilismo parlamentare: per riuscire a fare qualche cosa si deve prima avere la 'maggioranza'. Dunque, anche nella rivoluzione, diventiamo prima una 'maggioranza'. La dialettica reale delle rivoluzioni ricolloca tuttavia sulla testa questa saggezza parlamentare da talpe; la strada non va alla tattica rivoluzionaria attraverso la maggioranza, ma alla maggioranza attraverso la tattica rivoluzionaria." 105 Se va ribadito che per Rosa "tutto ciò che accade in Russia è spiegabile, è una catena inevitabile di cause ed effetti i cui punti di 102 Rosa Luxemburg, Sciopero di massa, partito, sindacati, op.cit., pag. 95. 103 Rosa Luxemburg, La rivoluzione russa, in Rosa Luxemburg, Scritti Politici, a cura di Lelio Basso, op.cit., pag. 585. 104 Ibidem, pag. 566. 105 Ibidem, pag. 57I. 83 partenza e le chiavi di volta sono la carenza del proletariato tedesco e l‘occupazione della Russia da parte dell'imperialismo tedesco." 106, dobbiamo anche aggiungere che il vero pericolo per il proletariato internazionale non sono tanto gli errori dei bolscevichi, perche questi sono rimediabili in una visione internazionale; il vero pericolo è invece il voler, da parte dei bolscevichi, presentare la loro tattica come modello di tattica socialista e marxista, perché ciò non può che deviare su una falsa strada il proletariato internazionale. “Con il loro atteggiamento decisa mente rivoluzionario, con la loro esemplare energia e la loro incrollabile fedeltà al socialismo internazionale, essi hanno veramente fatto quanto era da farsi in ‘circostanze così diabolicamente difficili. Il pericolo comincia nel momento in cui, facendo di necessita virtù, essi fissano teoricamente in tutti i dettagli la tattica a cui sono costretti da queste fatali condizioni e vogliono raccomandarla come modello di tattica socialista, all'imitazione del proletariato internazionale." 107 Da ciò è evidente che la tesi espressa da E.H. Carr nel suo 1917, quando afferma: "Le critiche rivolte al bolscevismo da Rosa Luxemburg nell'ultimo anno della sua vita dimostrano chiaramente le sue tendenze mensceviche." 108 non può in nessun modo essere condivisa. Se le posizioni di Rosa conservano ancor oggi un valore eccezionale non è certamente perché ella propese per un accordo con la borghesia, ma, al contrario, perché, riuscendo a percepire il tragico destino di chi fa di "necessita virtù", concretizzò un ideale di rivoluzione in cui mezzi e fini devono essere perfettamente compatibili. In altre parole, i bolscevichi non dovevano aggrapparsi al potere ad ogni costo, al prezzo di deformazioni e compromessi, dovevano invece essere l'esempio positivo per le future rivoluzioni. Concludendo, se si può dire che "si tratta della logica sbagliata della situazione oggettiva: ogni partito socialista che oggi giunge al potere in Russia deve necessariamente seguire una tattica sbagliata finché, in quanto parte dell'esercito proletario internazionale, viene piantato in asso dal grosso di tale esercito", bisogna anche dire che l'errore tragico dipende dal voler far passare come socialista questa "tattica sbagliata" e allora, in tutta onestà, "ogni sconfitta politica dei bolscevichi in una lotta franca contro forze superiori in una situazione storica sfavorevole sarebbe preferibile a questo collasso morale." 109 106 Ibidem, pag. 594. 107 Ibidem, pag. 594. 108 Edward H. Carr, I9I7, To – Einaudi - I974, pag. 64. 109 Rosa Luxemburg, Die russische tragodie, "Spartakusbriefe", in P. Nettl, Rosa Luxemburg, op. cit., vol. II, pag. 265. 84 d) La rivoluzione tedesca Come abbiamo visto il problema fondamentale per Rosa rimaneva la Germania. Occorreva favorire in tutti i modi possibili la rivoluzione in Germania se si voleva evitare il fallimento o la degenerazione della rivoluzione russa. Rosa scrisse a Luise Kautsky: "Certo non riusciranno a reggere in questo sabba di streghe, non perché le statistiche rivelano una situazione troppo arretrata in Russia, come ha messo in luce il tuo intelligente marito, bensì perché nei paesi altamente sviluppati dell'Occidente la socialdemocrazia è costituita da un branco di miserabili vigliacchi che assisteranno tranquillamente al dissanguamento dei russi." E nemmeno di fronte alla politica di pace dei bolscevichi che non approvava, Rosa ha incertezze: "Incominciamo a spazzare la sporcizia che c'è davanti alla nostra porta." 110 Nonostante questa volontà d'azione Spartakus, a partire dal 1917, riesce a fatica a stare al passo con avvenimenti incalzanti che comunque non è lui a determinare. Nel settembre 1918 ebbe inizio una nuova ondata di scioperi. Il 23 settembre l'SPD stabilì le condizioni minime dell'entrata del partito nel governo. Il 7 ottobre si tenne una conferenza nazionale di Spartakus che sancì l'unione con i radicali di sinistra di Brema. Il I2 ottobre il governo prussiano promulgò un'amnistia: ne beneficiò anche Karl Liebknecht che giunse a Berlino accolto da una folla immensa il 23 ottobre; da questo momento egli assunse la direzione di Spartakus. Nello stesso mese iniziò la rivolta nella base navale di Kiel e già nelle prime giornate di novembre sorsero consigli di soldati e consigli operai in quasi tutta la Germania. Il 9 novembre 1918 Rosa fu libera: dovette immediatamente parlare alla folla che si era radunata nella piazza centrale di Breslavia per salutarla. Lo stesso giorno, ancor prima che uscisse il primo numero del suo nuovo giornale Die Rote Fahne (Bandiera Rossa), Spartakus pubblicò un supplemento in cui proclamava un dettagliato programma rivoluzionario. In osservanza ad uno dei punti centrali di questo programma che proclamava "nessuna assemblea costituente, tutto il potere ai consigli degli operai e dei soldati", Karl Liebknecht rifiutò di far parte dell'esecutivo dell'USPD e di entrare a far parte del nuovo governo. "Il 10 novembre Spartakus rivolse un ’Appello agli operai e ai soldati di Berlino'. Ribadì con energia ancora maggiore la necessità di abolire tutti i parlamenti e di costruire in tutta la Germania consigli di operai e di soldati i quali dovevano assumersi tutto il potere legislativo e amministrativo." 111 Si sperava con ciò di radicalizzare la lotta, proprio come era avvenuto in Russia, ma bisogna dirlo, la parola d'ordine "tutto il potere ai consigli" non era presa dalla Russia e calata a viva forza in Germania: anche qui i consigli si erano diffusi del tutto autonomamente. Per poter stampare Die Rote Fahne ci si impadronì della redazione della Berliner Lokalanzeiger ma dato che i tipografi si rifiutarono di collaborare, Rosa dovette trovare un accordo con la casa editrice. "I dirigenti di Spartakus sapevano di non disporre di un'organizzazione di massa efficiente [...] Non si trattò certo di una svista. Nel novembre del 1918 i dirigenti spartachisti decisero 110 Lettere a Karl e Luise Kautsky, in P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol. II, pag. 258. 111 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol. II, pag.29I. 85 coscientemente di non intraprendere nessun sforzo particolare per costruire un'organizzazione [...] Il fatto che l'insurrezione del 9 novembre fosse stata spontanea e che i partiti organizzati non la avessero diretta ma le si fossero accodati sembrava giustificare questa decisione. Nella seduta dell'11 novembre, Rosa Luxemburg ribadì con insistenza il fatto che Spartakus doveva rimanere il più a lungo possibile nell'ambito dell'USPD - qui l'organizzazione esisteva già - in modo da conquistare le masse al programma di Spartakus e forse anche sostituire democraticamente gli attuali dirigenti dell'organizzazione indipendente." 112 In un momento come questo Rosa ribadisce ancora quello che aveva già detto contro gli opportunisti ai tempi di Riforma sociale o rivoluzione? : "Essi hanno dimenticato che la borghesia non è un partito parlamentare ma una classe al potere [...] Se si mette in questione il profitto, se la proprietà privata è realmente in pericolo, il tranquillo andazzo democratico cessa immediatamente [...] Non appena la famosa Assemblea costituente decide effettivamente di realizzare appieno il socialismo, di estirpare dalle radici il dominio capitalistico, incomincia anche la lotta [...] Tutto ciò è inevitabile. Questa battaglia deve essere combattuta fino in fondo, il nemico deve essere distrutto - con o senza Assemblea costituente. La 'guerra civile' che si tenta ansiosamente di escludere dalla rivoluzione non può venire esclusa. Perche guerra civile è soltanto un'altra denominazione della lotta di classe, e poter introdurre il socialismo senza far ricorso alla lotta di classe, a mezzo di una decisione parlamentare della maggioranza è una ridicola illusione piccoloborghese." 113 Nonostante un tono così infuocato, era più la situazione altamente rivoluzionaria a determinare gli scoppi di ira del proletariato che non gli articoli di Rote Fahne. "La base di Spartakus era, semmai, ancor più rivoluzionaria dei dirigenti. La spinta all’azione veniva dal basso - proprio come Rosa Luxemburg aveva sempre predetto. In dicembre, alla conclusione di manifestazioni di massa, gruppi di giovani militanti spartachisti attaccavano gli edifici pubblici [...] e nel corso di molte assemblee organizzate da Spartakus, dopo i discorsi pronunciati dagli oratori ufficiali prendevano la parola degli sconosciuti usciti dalla folla ponendo, con tutta serietà, rivendicazioni che facevano rizzare i capelli in testa, ad esempio, il rilascio di tutti i detenuti da tutte le carceri e l'arresto immediato di diverse personalità di primo piano. [...] Nel corso di quelle settimane tempestose, e soprattutto al congresso costitutivo del Partito Comunista, il gruppo dirigente dovette scontrarsi più volte con questi elementi; in alcuni casi venne addirittura messo in minoranza. Ma essi facevano parte del materiale della rivoluzione proletaria, e c'erano cose più importanti da fare che condannare il loro impeto eccessivo. Questo compito può essere lasciato agli storici borghesi tedeschi, ansiosi di rovistare nel letamaio della vergogna nazionale del 1918.” 114 Il corso degli eventi in dicembre e in gennaio accelerò il suo ritmo notevolmente. Il 6 dicembre gruppi di soldati occuparono la redazione di Rote Fahne; tentarono di trarre in arresto l‘esecutivo dei consigli degli operai e dei soldati e proclamarono Ebert presidente della repubblica. 112 Ibidem, pagg. 295/296. 113 Die Nationalversammlung, "Die Rote Fahne“, 20 novembre 1918, in P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.11, pag. 298. 114 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.11, pag.306. 86 Questi avvenimenti furono seguiti da dimostrazioni di massa e da numerosi scioperi. Nel frattempo una divisione della Marina popolare dopo essersi ammutinata, si insediò nelle scuderie del palazzo imperiale e verso Natale venne attaccata, senza peraltro risultati positivi, dalle truppe del comandante socialdemocratico di Berlino Otto Wels. L'USPD si collocò, per protestare, nuovamente all'opposizione. Infine il tentativo del governo di costringere il presidente della polizia berlinese Emil Eichhorn, un uomo con spiccate simpatie per la sinistra, a dare le dimissioni, il 4 gennaio, condusse direttamente ai fatti connessi con l'insurrezione di gennaio nel cui corso vennero assassinati Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg. Di fronte a questo succedersi incontrollato e incontrollabile di avvenimenti, Ebert decise che il compito più urgente consisteva nel ristabilimento dell'ordine e nel ritorno alla normalità e quando anche il congresso nazionale dei consigli operai e dei soldati, il 2I dicembre 1918, espresse la sua fiducia al governo Ebert, risultò evidente che per il governo, ai fini del ristabilimento dell'ordine, lo strumento più ovvio e indicato era l'esercito. Di fatto, “Ebert che il 10 novembre venne posto dal consiglio degli operai e dei soldati a capo del governo rivoluzionario, strinse il giorno stesso un patto con lo stato maggiore, Groener e Hindenburg, allo scopo di schiacciare militarmente gli operai di Berlino." 115 Nello stesso mese i rapporti tra USPD e Spartakus peggigrarono. Quest'ultimo aveva richiesto la convocazione di un congresso, ma l'USPD non prese nemmeno in considerazione l'ipotesi. A questo punto "non aveva più senso rimanere nell’USPD come semplice gruppo di pressione se non si riusciva neppure a farsi ascoltare. I dirigenti incominciarono quindi i preparativi per la costituzione di un nuovo partito. Si trattava finalmente della rottura sul piano organizzativo. Eppure Rosa e Jogiches continuavano ancora a nutrire seri dubbi." 116 Il 29 dicembre si riunì nel parlamento prussiano a Berlino una conferenza nazionale dello Spartakusbund. Essa decise a grande maggioranza la fondazione di un nuovo partito, si costituì, quindi, in congresso di fondazione del KPD e proseguì i suoi lavori in questa veste dal 30 dicembre al 1° gennaio 1913. Il programma del nuovo partito era già stato interamente redatto da Rosa Luxemburg e venne pubblicato il I4 dicembre. Conteneva delle rivendicazioni pratiche "articolate in otto provvedimenti immediati per assicurare la rivoluzione, in otto rivendicazioni sul terreno politico e sociale e altre otto rivendicazioni urgenti sul terreno dell'economia [...] Le idee decisive di Rosa erano esposte nella parte conclusiva del documento, dopo l'elenco delle rivendicazioni pratiche. '[...] Spartakus non è un partito che intende pervenire al potere al di sopra delle masse operaie e attraverso di esse. Spartakus è soltanto la parte più cosciente del proletariato che ad ogni asso indica alla totalità degli operai i loro compiti storici, che in ogni singolo stadio della rivoluzione rappresenta l'obiettivo finale della rivoluzione e in tutte le questioni nazionali rappresenta gli interessi della rivoluzione proletaria mondiale [...] Spartakus assumerà in ogni caso il potere governativo soltanto per chiara volontà della grande maggioranza della massa proletaria in tutta la Germania, soltanto con la sua approvazione cosciente delle concezioni, degli obiettivi e dei metodi di lotta di Spartakus. 115 P. Frolich, Rosa Luxemburg, op.cit., pag. 319. 116 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.11, pag.315. 87 La rivoluzione proletaria può pervenire a piena chiarezza e maturità soltanto per gradi, passo a passo, lungo la via crucis delle proprie amare esperienze, attraverso vittorie e sconfitte. La vittoria di Spartakus non sta all'inizio, bensì alla fine della rivoluzione: essa si identifica con la vittoria delle grandi masse di milioni di proletari socialisti." 117 L'eccezionalità di questo documento si dimostra, tra l’altro, la dove, con estrema chiarezza, si parla di "vittorie e sconfitte", di "via crucis" e di "amare esperienze", perche con ciò si dimostra che la saldatura tra soggettivo e oggettivo può avvenire solo all'interno di una ben precisa necessità storica, anche se ciò può essere estremamente doloroso. Una salda e accentrata organizzazione non è il primo bisogno del proletariato: occorre invece lottare stando al passo coi tempi, consci che questa lotta condurrà, ma solo in ultimo, dopo pesanti sconfitte, al socialismo. Ed è per questo che la vittoria di Spartakus "non sta all'inizio, bensì alla fine della rivoluzione". Giustamente Nettl dice, a commento di questo programma, che "si trattava [...] di ciò che Spartakus era in grado di offrire in sostituzione dell'organizzazione". 118 Giustamente perché, nonostante servisse proprio da programma ad un nuovo partito, l'elemento centrale, il suo supporto, restava non la struttura organizzativa, bensì lo sviluppo della lotta e attraverso questa, la conquista del consenso che sempre coincide o deve almeno coincidere con l'innalzamento della coscienza di classe. In un suo articolo del periodo che stiamo analizzando, Rosa scrisse: "La Germania era il paese classico dell’organizzazione e ancor più del fanatismo dell'organizzazione o addirittura dell'oscurantismo dell'organizzazione [...] e a cosa assistiamo oggi? Nei momenti più importanti della rivoluzione il famoso 'talento organizzativo' fallisce penosamente [...] L'organizzazione delle azioni rivoluzionarie deve e può essere appresa soltanto nel corso della rivoluzione stessa, così come il nuoto può essere appreso soltanto in acqua. L'esperienza degli ultimi tre giorni grida con voce possente agli organi dirigenti della classe operaia: non parlate! Non perdetevi in discussioni senza fine! Non trattate! Agite!" 119 E in un altro suo scritto: "Per noi ora non esiste un programma minimo e un programma massimo. Il socialismo è l'uno e l'altro a un tempo; questo è il minimo che oggi dobbiamo realizzare." 120 Ma il socialismo non si fa con i decreti: “La lotta per il socialismo può essere combattuta soltanto dalle masse, a faccia a faccia col capitalismo, in ogni fabbrica, da ogni proletario contro il suo imprenditore [...] Il socialismo non viene fatto e non può venir fatto con i decreti, neppure dal migliore e dal più capace dei governi socialisti. Il socialismo deve essere fatto dalle masse, da ogni singolo proletario. La catena del capitale deve essere spezzata proprio là, dove essa li imprigiona [...] Solo questo è il socialismo, solo così può venir fatto il socialismo. E qual'e la forma esteriore della lotta per il socialismo? E' lo sciopero e per questo abbiamo visto che la forza economica dello 117 118 Ibidem, pagg. 321/322. Ibidem, pag. 322. 119 Versaumte Pflichten, "Die Rote Fahne", 8 gennaio 1919, in P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol. II, pag. 336- 120 P. Nettl, Rosa Luxemburg, op.cit., vol.11, pag.327. 88 sviluppo ora, nel secondo periodo della rivoluzione, è passata in primo piano." 121 Da queste frasi risulta chiaramente che Rosa Luxemburg aveva mantenuto le sue posizioni espresse fin dal 1906 e che era ben lontana dall'adottare i metodi bolscevichi in Germania. Ella mantenne questa sua posizione autonoma fino alla morte ed è proprio per questo che noi, oggi, dobbiamo, oltre che ammirare la sua estrema coerenza e il suo coraggio, trarre tutti i possibili insegnamenti in quanto effettivamente il suo messaggio traccia una via al socialismo che, appunto perché si discosta da quella di Lenin, può e deve interessare particolarmente. L'ultimo esempio datoci di questa sua coerenza è la risposta all'atteggiamento di Radek che "suggerì un totale dietrofront e una immediata ritirata: a suo avviso il KPD doveva proporre ufficialmente ai delegati di fabbrica rivoluzionari la cessazione della lotta; se necessario gli operai armati avrebbero dovuto consegnare le armi [...] Era la tattica leninista della liquidazione rapida e brutale degli errori commessi." 122 "Ma poiché le masse erano scese in strada, non si poteva più trattare sopra le loro teste, anche se l'azione era destinata a concludersi con una sanguinosa sconfitta. Negli articoli scritti in quei giorni Rosa ritornò di continuo su questo problema; in tutti ribadiva la necessità di appoggiare le masse, quali che fossero i risultati tattici di questa scelta. E ogni volta criticò il fallimento dei dirigenti." 123 "Il suggerimento di Radek di interrompere l'azione definendola avventurata e prematura e di battere in ritirata in buon ordine, non venne ripreso, neppure di riflesso da Rote Fahne. L'azione di massa venne anzi presentata come una vittoria; solo le trattative vennero definite senza mezzi termini un tradimento e una capitolazione dei delegati di fabbrica rivoluzionari." 124 Ed è per questo che Nettl può concludere dicendo che "in futuro si sarebbe potuto sottolineare che Spartakus, che non aveva voluto la lotta per l'abbattimento del governo e che non aveva neppure lanciato degli appelli in tal senso, era rimasto comunque al fianco del popolo, mentre gli altri dirigenti avevano prima posto a sé e alle masse degli obiettivi irraggiungibili per poi, quando la cosa apparve opportuna, tradire i propri seguaci." 125 Tra il 14 e il 15 gennaio 1919, poche ore prima di essere brutalmente assassinati, Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht scrissero i loro due ultimi articoli: L'ordine regna a Berlino di Rosa e Nonostante tutto! di Karl. Quest'ultimo scrisse: "State calmi! Noi non siamo fuggiti, non siamo battuti [...] Il martirio della classe operaia tedesca non è ancora concluso, ma il giorno della liberazione si avvicina [...] E se anche non saremo più in vita nel giorno della realizzazione del nostro obiettivo, continuerà comunque a vivere il nostro programma; esso dominerà il mondo dell'umanità liberata. Nonostante tutto!" 126 E Rosa: "Ancora in mezzo alla battaglia, in mezzo agli ululi di vittoria della controrivoluzione, i proletari rivoluzionari devono rendersi 121 Ibidem, pag. 328. 122 Ibidem, pag. 337. 123 Ibidem, pag. 336. 124 Ibidem, pag. 338. 125 Ibidem, pag. 339. 126 Ibidem, pagg. 342/343. 89 ragione dell'accaduto [...] Era da attendersi da questa lotta una vittoria definitiva del proletariato rivoluzionario, la caduta degli Ebert Scheidemann e l'istituzione della dittatura socialista? Certo no, se si prendono seriamente in considerazione tutti gli aspetti decisivi della questione." 127 "E' stata allora la lotta dell'ultima settimana un 'errore'? Sì, se si fosse trattato di un 'attacco' premeditato, di un cosiddetto 'putsch'! Ma qual è stata l'origine dell'ultima settimana di lotta? La stessa di tutti i casi precedenti, del 6 dicembre, del 24 dicembre: una brutale provocazione del governo! [...] La rivoluzione non opera liberamente, in campo aperto, secondo un piano astutamente preparato da ’strateghi‘. I suoi avversari hanno anche l'iniziativa, anzi, la esercitano di regola molto più della rivoluzione stessa." 128 "Ora è intima legge vitale della rivoluzione di non arrestarsi mai alle posizioni raggiunte, inattiva, passiva. La miglior difesa e l’attacco." 129 "Tutta la strada del socialismo - per quel che riguarda le battaglie rivoluzionarie - è disseminata di patenti disfatte. E pure irresistibilmente questa stessa storia passo a passo porta alla vittoria finale! Dove staremo oggi senza quelle 'sconfitte’, dalle quali abbiamo attinto esperienza storica, scienza, forza, idealismo! [...] Avviene con le lotte rivoluzionarie l'esatto contrario che con le lotte parlamentari. Nelle spazio di quattro decenni abbiamo avuto in Germania in sede parlamentare solo delle 'vittorie', siamo passati addirittura di vittoria in vittoria. E il risultato ne fu, al momento del la grande prova storica del 4 agosto: una disfatta politica e morale catastrofica, un crollo inaudito, una bancarotta senza esempi. Le rivoluzioni ci hanno finora portato sonore sconfitte, ma esse nella loro inevitabilità sono altrettante garanzie della futura vittoria finale." 130 "Come appare alla luce della suddetta questione storica la sconfitta di questa cosiddetta ’settimana di Spartaco'? È stata una sconfitta d'una energia rivoluzionaria traboccante di fronte all'insufficiente maturità della situazione o invece della debolezza e incertezza nell'azione? Entrambe le cose! Il carattere ambivalente di questa crisi, la contraddizione tra la condotta energica, decisa, aggressiva delle masse berlinesi, e l'indecisione, la pusillanimità, l'incapacità della direzione berlinese è la particolare caratteristica di questo recente episodio. La direzione è mancata. Ma essa può e deve essere creata a nuovo dalle masse e tra le masse. Le masse sono il fattore decisivo, sono la roccia sulla quale sarà edificata la vittoria finale della rivoluzione. Le masse sono state all'altezza della situazione, esse hanno fatto di questa 'sconfitta' un anello di quella catena di sconfitte storiche, che sono l'orgoglio e la forza del socialismo internazionale. E perciò da questa 'sconfitta' sboccerà la futura vittoria. 'Ordine regna a Berlino!' Stupidi sbirri! Il vostro 'ordine' è costruito sulla sabbia. La rivoluzione già da domani 'di nuovo si rizzerà in alto con fracasso e a vostro terrore annuncerà con clangore di trombe 'io ero, io sono, io sarò!' " 131 127 Rosa Luxemburg, L'ordine regna a Berlino, in Luciano Amodio (a cura di) Rosa Luxemburg, Scritti Scelti, To – Einaudi - 1975, pag. 677. 128 Ibidem, pag. 678. 129 Ibidem, pag. 679. 130 Ibidem, pag. 680. 131 Ibidem, pagg. 68I/682. 90 Le cause della sconfitta della rivoluzione in Germania non possono comunque limitarsi alla constatazione che la direzione rivoluzionaria mancò. Questa fu solo la conseguenza di un fatto nuovo, un fatto capace di caratterizzare la rivoluzione tedesca come il tentativo proletario di presa del potere più attuale per noi, come il vero antecedente della futura rivoluzione proletaria. Per capire ciò bisogna chiedersi perché mancò una direzione alle energiche, decise e aggressive masse berlinesi. Non esistevano gruppi di radicali capaci di assumersi quelle responsabilità che la storia allora richiedeva? Lo stesso Spartakusbund non seppe forse essere all’altezza della situazione? Se si vuole rispondere a queste domande è inutile far presente la insufficiente diffusione su scala nazionale dei nuclei rivoluzionari, o almeno non basta. Si correrebbe infatti, il rischio di ritornare alla vecchia questione secondo cui prima di iniziare la rivoluzione occorre creare una forte e numerosa organizzazione. I veri motivi della sconfitta proletaria in Germania non furono di tipo organizzativo, ma vanno cercati fra gli ostacoli che impedirono un giusto rapporto fra rivoluzionari e masse. Rosa Luxemburg dimostrò di capire perfettamente ciò fin dal 21 dicembre 1918, quando in un articolo apparso su Rote Fahne dice: "Si rivela qui non soltanto la generale insufficienza del primo immaturo stadio della rivoluzione, ma anche la difficoltà propria di questa rivoluzione proletaria, la peculiarità di questa situazione storica. In tutte le rivoluzioni precedenti i contendenti entravano in lizza con la visiera alzata: classe contro classe, programma contro programma, stendardo contro stendardo. Nell'attuale rivoluzione i difensori del vecchio ordinamento non entrano in lizza sotto lo stendardo caratteristico delle classi dominanti, ma sotto lo stendardo di un 'partito socialdemocratico'. Se la questione fondamentale suonasse apertamente e onestamente: capitalismo o socialismo, oggi non sarebbe possibile nessuna esitazione, nessun dubbio, nella grande massa del proletariato." 132 E se oggi si può dire che "la riforma sociale è una componente costitutiva del capitale monopolistico" 133 e che "il consolidamento organizzativo di una coscienza di classe falsata dal riformismo e dalla manipolazione è un elemento che potenzia la classe in se, il conglomerato di individui isolati" 134, è evidente che quella "peculiarità" di cui Rosa parlava rimane ancora oggi l'elemento caratterizzante lo scontro di classe. L'esperienza tedesca di Rosa Luxemburg è consumata in un contesto in cui il capitalismo ha già raggiunto la sua fase "matura”. Anche per questo l’insegnamento di Rosa conserva la sua eccezionale attualità. 132 P. Frolich, Rosa Luxemburg, op.cit., pag. 336. 133 Hans Jurgen Krahl, Osservazioni sull'accumulazione e sulla tendenza alla crisi del capitale, in H.J.Krahl, Costituzione e lotta di classe, Mi - Jaca Book - I973, pag. 106. 134 Ibidem, pag. III. 91 CONCLUSIONE Il problema fondamentale dell'individualizzazione di una tatticastrategia che, oggi, nell'area a capitalismo sviluppato, segni anche una reale avanzata verso il socialismo della classe operaia, è secondo me, essenzialmente irrisolto. Incapace teoricamente di allontanarsi da ciò che ha avuto una verifica storica positiva, o impaurito nella pratica da ciò che potrebbe portarlo al di là della stasi - porto tranquillo in cui ama farsi cullare - il moderno social-empirista, quello che scambia Marx con Popper, non sa scorgere altro che due possibilità già largamente sperimentate e quindi, per questo, capaci di far testo: l'esperienza delle socialdemocrazie nordiche e, in contrapposizione, quella di origine leniniana che è andata realizzandosi in URSS. Naturalmente egli concepisce questa contrapposizione in maniera molto netta: da una parte, grazie al metodo democratico, parlamentare e riformista, sta il bene, dall'altra il male con l'apologia della violenza, della dittatura e della rivoluzione. Solo così egli può chiarirsi le idee e quindi fare una ben definitiva scelta. Anche il moderno rivoluzionario non sa liberarsi da una impostazione metodologica del genere: egli, demoniaco per natura, in antitesi al primo sceglie la rivoluzione e automaticamente con essa Lenin. In effetti il guaio maggiore è che Lenin ha portato a termine una rivoluzione "vittoriosa": in tal modo, realizzando finalmente quello che Marx aveva solo teorizzato, è diventato un mito. Il marxismo è ormai marxismo-leninismo, la maggior parte dei rivoluzionari non solo si richiama a Lenin, ma addirittura ama farsi definire leninista. Persino il maggior divulgatore italiano del pensiero di Rosa Luxemburg si è sentito in dovere di premettere alla raccolta di scritti della rivoluzionaria polacca da lui curati, la famosa frase di Lenin: "La raccolta completa della sua opera offrirà un insegnamento utilissimo per l'educazione di molte generazioni di comunisti in tutto il mondo", come se le "raccomandazioni" di Lenin fossero ancora il meglio che ad un rivoluzionario si può offrire. In un contesto simile, nonostante gli sforzi di Lelio Basso, qualsiasi rivalutazione di Rosa Luxemburg diventa immediatamente un attacco al mito Lenin. Ed è per questo motivo che io ho dato al mio lavoro un'impostazione del genere. Del resto anche nelle lotte più avanzate di questi ultimi anni una delle componenti più sentite è la critica, a volte spietata, a Lenin: dal maggio I968 in Francia dove si è posta "per la prima volta con tanta chiarezza, in termini concreti, l'alternativa tra leninismo e non leninismo" 1, alle lotte dei compagni tedeschi, imperniate sulla ricerca critico-emancipatrice di una soluzione in senso socialista che sia innanzi tutto antiautoritaria. 2 In Italia, probabilmente si è in uno stadio ancora più avanzato, in quanto la famosa questione della "terza via", quando significa né Seconda, ne Terza Internazionale, criticando Lenin, impedisce contemporaneamente di rifugiarsi in valori tendenzialmente liberalradicali; e questa è la premessa essenziale per l'identificazione di una "via" veramente nuova. 1 Attilio Chitarin, Prefazione a Rosa Luxemburg Vive, Mi - Jaca Book - I970, pag. 7. 2 Ibidem, pag. 8 - Vedi anche H.J.Krahl, Costituzione e lotta di classe, Mi - Jaca Book I973; Hartmuth Mehringer e Gottfried Mergner, La nuova sinistra tedesca e Rosa Luxemburg, in Rosa Luxemburg Vive, op. cit. 92 L'incertezza con la quale si procede in questa ricerca è determinata dal fatto che la negazione non è ancora il positivo e il positivo non può essere un "piano" fatto a priori e a tavolino. Le nette contrapposizioni - Lenin/socialdemocrazia, lotte più avanzate/Lenin - e i disegni, persino particolareggiati, di ciò che si intende per socialismo e quindi del come sarà la futura società, non costituiscono il metodo più adatto a quella comprensione storica che unita alle conquiste pratiche proletarie, sola può insegnare la "via" al socialismo. Di pari passo con quest'errata impostazione metodologica, cammina l'idea, altrettanto falsa, che la storia, nel suo continuo progredire verso il meglio, traccia una ben definita linea retta: questo vuol dire confondere ciò che è stato o ciò che è, con il meglio che poteva essere e nel nostro particolare caso, significa permettere che Lenin diventi un mito. La radice comune di questi due errori consiste nel rifiuto totale del metodo dialettico che invece dovrebbe insegnare, da una parte a riconoscere il positivo come sì qualcosa di nuovo e quindi in antitesi al vecchio, ma anche come qualcosa che nasce e si sviluppa dal vecchio, e dall'altra a guardare alla storia come un processo nel quale prevale una determinata direzione, ma che ha in se, in ogni suo momento, la possibilità di infinite varianti. In altri termini il processo storico e sì oggettivo, nel senso che le particolari situazioni esistenti determinano l‘uomo in ogni sua azione, ma è anche soggettivo, nel senso che è l'uomo che poi determina le particolari situazioni in cui vive. L'importanza di Rosa Luxemburg è notevole innanzi tutto per l'impostazione metodologica essenzialmente dialettica del suo pensiero: per questo può e deve diventare una fonte a cui il proletariato internazionale, specialmente quello dei paesi a capitalismo avanzato, deve dissetarsi. Contemporaneamente la non comprensione di questo procedere metodologico che caratterizza tutta intera la sua esperienza, è la causa principale della sua difficile rivalutazione: ella sfugge alle facili catalogazioni tanto care ai "militanti" di oggi. C'è chi si ostina a vedere in lei la spontaneista accesa che cade perciò nell'errore di una prassi impotente di stile prettamente anarchico; e c'e chi, invece, la vede ancora troppo ancorata all'idea tanto cara a Lenin, della socialdemocrazia come "avanguardia" della classe operaia. C'e chi tenta, in funzione anti-bolscevica, di estrarre dal suo pensiero ciò che lei disse in difesa delle riforme, della democrazia, della libertà; e c'è chi, invece, in funzione anti-riformista, ne cita gli aspetti rivoluzionari, la sua partecipazione attiva alla rivoluzione russo-polacca del I905, la rivoluzione tedesca del 1918/1919, l'importanza da lei data alle sollevazioni di massa e alla presa violenta del potere. La difficoltà metodologica, più che la frammentarietà dei suoi scritti sparsi in centinaia di articoli o le falsificazioni più o meno evidenti fatte pro e contro una determinata causa, è il motivo reale di quella confusione che ha impedito sia a gruppi e a movimenti, sia a singoli intellettuali, di richiamarsi esplicitamente a Rosa Luxemburg: così che oggi, l'incidenza cosciente del suo insegnamento è incredibilmente bassa. In realtà, proprio grazie al metodo dialettico, Rosa Luxemburg è la rivoluzionaria più vicina a Marx; infatti tutte le apparenti antinomie, quali soggetto/oggetto, riforma/rivoluzione, ecc., esistenti in lei, si ritrovano anche in Marx. E non poteva essere altrimenti: esse non sono reali antinomie, ma sembrano tali a chi del metodo dialettico non comprende nulla. L'unica differenza fra i due è che in Rosa esse, credo, sono meglio sviluppate o almeno risultano più evidenti; e non a caso: la 93 Germania in cui ella viveva, al contrario che cinquanta anni prima, poteva ormai considerarsi un paese a capitalismo sviluppato. Ed è questo un altro motivo, oltre al metodo, che dovrebbe far aumentare l'interesse per lei. Rosa Luxemburg è l'unica grande rivoluzionaria, forse solo con Gramsci, che agendo in un paese altamente sviluppato dell'area capitalistica, si trova costantemente confrontata con quei problemi che noi oggi ancora viviamo. A questo punto penso sia utile chiarire ulteriormente alcuni aspetti particolari emergenti dal mio scritto, e primo fra tutti, il rapporto Luxemburg/Lenin. In una visione dialettica, il “fare i conti con Lenin", significa rifiutarsi innanzi tutto di farne un mito e contemporaneamente significa evitare di concepirlo esclusivamente come il negativo di un qualsiasi ipotetico positivo: il metodo dialettico rifiuta appunto le facili contrapposizioni in quanto incapaci di movimento. Caso mai, la contrapposizione non e tra Lenin e Luxemburg, ma fra quest'ultima e opportunismo. In questo senso Lenin non è che una variante dell'opportunismo. Quello che Rosa critica in lui non sono tanto le scelte pratiche fatte nel 1904 nelle questioni organizzative o quelle fatte nel 1917 e in seguito, durante la rivoluzione, ma l'aver fatto passare come perfettamente in linea col marxismo queste scelte contingenti: così esse sono diventate l'esempio da seguire in ogni altra circostanza. Rosa non poteva che opporsi, sia teoricamente, sia praticamente, di fronte a questa distorsione. La rivoluzionaria polacca era ben conscia che in situazioni come quella russa non si poteva che condurre una politica socialista "sbagliata“, solo praticamente, con una rivoluzione in un paese economicamente e culturalmente avanzato come la Germania, era possibile condurre innanzi una critica a Lenin capace di eliminarne gli errori. Quasi sicuramente, anche la morte di Rosa in quella rivoluzione che si prevedeva già all'inizio difficilmente realizzabile, era l'ultimo, inevitabile tentativo di correre in aiuto alla Russia socialista e attraverso essa al proletariato internazionale e non l'atto sconsiderato di una donna passionale e romantica. La rivoluzione in paesi in cui il capitalismo ha potuto pienamente esplicarsi in tutte le sue manifestazioni, restava l'unica possibilità di salvezza per una rivoluzione "prematura" e quindi incapace di porsi su una direttiva veramente socialista, come quella russa. L'importanza di questa affermazione va al di là di quel contesto storico: oggi le innumerevoli "rivoluzioni socialiste" in paesi "sottosviluppati", in paesi del Terzo o del Quarto Mondo, con le loro ingiustizie e atrocità, rischiano di cristallizzarsi in forme in cui domina il terrore nonostante le buone intenzioni (quando ci sono) dei loro dirigenti. E una nostra critica agli errori là commessi, non può essere condotta che attraverso una rivoluzione socialista nell'area a capitalismo avanzato altrimenti rimarrebbe sterile e quegli errori peserebbero anche su di noi: questo è ciò che sentiva Rosa Luxemburg in Germania nei confronti di Lenin in Russia e questo è quanto dovremmo sentire noi nei confronti delle "atrocità" commesse nelle aree cosiddette "arretrate“ in nome del socialismo. Solo in un ottica del genere si riesce a comprendere l’atteggiamento di Rosa Luxemburg a proposito della rivoluzione russa del 'I7 e di Lenin in particolare: ai socialdemocratici tedeschi occorreva spiegare più che gli errori di Lenin, il suo coraggio, la sua volontà, la sua decisione, in una parola le sue capacita rivoluzionarie. 94 Ma a Lenin e compagni occorreva ribadire che il socialismo in un solo paese, per lo più "arretrato" come la Russia, era un'illusione, che il punto nodale dell'intera situazione rimaneva la Germania e che per politica socialista si intende sempre quella capace di sprigionarsi dalle realtà più "avanzate", le altre rimangono solo pseudo politiche socialiste. Si trattava quindi, di combattere su due fronti, e comunque sempre contro l'opportunismo che immancabilmente faceva di necessità virtù: "Esso (l'opportunismo) sceglie i propri mezzi sempre secondo le circostanze, in quanto rispondono ai suoi fini." 3 E se le circostanze russe spingevano Lenin verso un "rigido e dispotico centralismo" 4, in Germania, invece spingevano verso il parlamentarismo e verso il riformismo. Ed è infatti proprio su di un terreno tipicamente tedesco che può così nascere l'altra grande questione centrale del pensiero luxemburghiano: riforma sociale o rivoluzione? Qui le strumentalizzazioni sono d'una evidenza addirittura sfacciata: sia il rivoluzionario più acceso che il riformista più bieco hanno infatti trovato qualche frase isolata, in lei, che conferma le proprie posizioni contro quelle dell'avversario, così che, alla fine, chi rischia di passare come persona poco coerente è la stessa Rosa Luxemburg. In realtà lei è molto chiara e mi sembra di averlo sottolineato più volte: niente falsi problemi alla Bernstein, non si tratta di fare una "scelta per la vita" tra riforma e rivoluzione, ma bisogna concepirle dialetticamente, la prima come il mezzo, la seconda come il fine. Detta in questi termini, però, la questione non è ancora del tutto chiarita; infatti il riformista potrà sempre sostenere che lui nel socialismo ci crede, anche se a lungo termine, e che quindi le sue scelte politiche volte al presente sono pienamente giustificate da questa sua fede nel fine ultimo. Per non cadere nelle solite interminabili discussioni sulle intenzioni, occorre stabilire con precisione una linea di demarcazione fra riforma e rivoluzione e Rosa Luxemburg la individua proprio nella maniera in cui si concepisce la riforma sociale: il riformista pensa che le riforme sono una conquista oggettiva, per dirla con termini moderni pensa che queste siano "elementi di socialismo" introdotti nella società capitalistica; il rivoluzionario invece, deve concepire le riforme solo nel loro valore soggettivo, cioè nel loro operare come strumento di educazione e di formazione di coscienza di classe nel proletariato. Questa formulazione è fondamentale e vale la pena di sottolinearla con decisione anche perché, mi sembra, non è mai stata ripresa da nessun critico di Rosa Luxemburg. Le riforme sono un’illusione; chi pensa di raggiungere il socialismo attraverso la via delle riforme non sceglie una via più lunga, ma sbaglia totalmente strada e nonostante ciò le riforme vanno fatte perché solo attraverso esse il proletariato può rendersi conto che esse sono una presa in giro, un eterno girare a vuoto, un lavoro di Sisifo. Il marxismo, dice Rosa, possiede gli strumenti teorici per combattere il revisionismo dei riformatori sociali, ma questi non bastano: è nella lotta pratica quotidiana che il proletariato si educa, non con le formulazioni teoriche. Non serve a nulla proclamarsi rivoluzionari e quindi avversare, isolandosi, le lotte quotidiane, occorre invece lottare per le riforme e attraverso queste lotte giungere alla consapevolezza dell'inevitabilità della sollevazione violenta delle masse. È proprio questa 3 Rosa Luxemburg, Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, Roma - Newton Compton - I973, pag. 374. 4 Ibidem, pag. 375. 95 azione di tutti i giorni per dei fini immediati e non le sottili disquisizioni teoriche, che può sconfiggere il parlamentarismo e con esso il riformismo perché essa spinge il proletariato non ad un aprioristico rifiuto, ma ad una negazione consapevole in quanto solo nella pratica possono emergere, evidenti a tutti, i limiti e le contraddizioni e del riformismo e di una qualsiasi altra via che non preveda una rivoluzione e con essa la presa violenta del potere. Queste formulazioni ci conducono direttamente a quello che è il centro di tutto il pensiero luxemburghiano, cioè alla sua particolare teoria della coscienza di classe. Il metro che permette di dare un giudizio sul valore di una qualsiasi azione rivoluzionaria è proprio dato dall'incidenza che questa ha sull'accrescimento della coscienza di classe. Un metodo ad esempio che basandosi su accordi parlamentari riesce ad acquisire delle conquiste pratiche notevoli, non può considerarsi da un punto di vista rivoluzionario un metodo socialista proprio perché, nella misura in cui i risultati ottenuti non sono dovuti ad una mobilitazione di massa, essi non contribuiscono neppure minimamente all'accrescimento della coscienza di classe. Trent'anni di "conquiste" parlamentari insegnano di meno che un anno di rivoluzione, anche se poi quest'ultima fallisce, disse Rosa Luxemburg contrapponendo la situazione tedesca a quella russa dopo la rivoluzione del 1905. E' la lotta, l'azione diretta di ogni proletario, che sola permette una maturazione politica di classe. Ed è proprio per questo che in Rosa Luxemburg il ruolo delle masse è senz’altro crescente, mentre quello del partito o in genere di una qualsiasi leadership, è decrescente. In lei non vi è nessuna fede incrollabile nelle masse, né tanto meno il rifiuto di ogni guida politica; vi è soltanto, elemento centrale, l'importante ruolo svolto dalla lotta nella crescita della coscienza di classe: una leadership socialista che si rispetti, preoccupandosi innanzi tutto di accrescere nelle masse la coscienza di classe, non smorza mai le lotte, anzi le acutizza sempre più, affinché maturando, attraverso esse, le masse, il suo ruolo inizialmente determinante, vada diminuendo fino alla totale sparizione della dicotomia dirigenti/diretti. Queste chiarificazioni servono a mostrare l'importanza del pensiero di Rosa Luxemburg oggi; ed e proprio in quest'ottica che voglio almeno toccare quello che in questi ultimi tempi sta diventando uno dei problemi più scottanti di cui i vari politologi e sociologi si occupano: il cosiddetto "ritorno al privato", il rifiuto più o meno cosciente di tutto ciò che ha a che fare con la politica e quindi con i partiti politici. La partecipazione, bestia nera di ogni progressista, non si facilita attraverso la creazione di innumerevoli e statici nuovi centri di potere che poi finiscono sempre col non contare praticamente nulla, o almeno tutto ciò non basta. La commissione o la sotto-sotto-commissione che è chiamata a risolvere il particolare problema e che si vanta di essere l'incarnazione pratica del concetto di democrazia perché in essa nuovi cittadini possono essere determinanti, finisce poi col rispecchiare quasi sempre ciò che viene deciso al "centro" e non solo perche i "nuovi cittadini" entrano nell'istituzione come rappresentanti dei vari partiti, ma perche in una situazione di stasi lo spirito di conciliazione permea sia il "centro" che la "periferia". Gli effetti pratici di una simile decentralizzazione del potere si possono scorgere facilmente: basta soffermarsi un attimo su ciò che succede in uno qualsiasi dei vari enti locali esistenti in Italia. Da una parte vi è un numero enorme di commissioni varie, dall'altra un potere inesistente e una ben misera partecipazione, dovuta per lo più al sacrificio personale di qualche persona che si fa carico di appartenere contemporaneamente a più commissioni. 96 Quello che oggi ci serve non consiste nel continuare una politica del genere chiudendo gli occhi sulla diminuzione continua della partecipazione. Questa può essere fomentata solo attivamente, nella lotta, perche solo nella lotta le mediazioni, gli accordi, i compromessi finiscono di avere senso. Anche quanto appena detto si può ricavare dall'insegnamento di Rosa. Non a caso P. Nettl può dire: "Rosa Luxemburg sosteneva innanzi tutto l'importanza della partecipazione attiva, e non solo la ricezione passiva delle conquiste dalle mani di una elite rivoluzionaria. E il problema della partecipazione diretta occupa ancor oggi la maggioranza degli studiosi di problemi politici, marxisti o borghesi che siano. Elemento dominante della dottrina di Rosa Luxemburg non era la democrazia e neppure la libertà individuale o lo spontaneismo, bensì la partecipazione - attrito che produce energia rivoluzionaria che a sua volta fa maturare la coscienza di classe e conduce alla rivoluzione." 5 Voglio concludere sottolineando ancora una volta che la modernità di Rosa Luxemburg dipende proprio dal fatto che in essa tutti i quesiti che oggi, in una realtà a capitalismo avanzato, un rivoluzionario è chiamato ad affrontare, sono presenti e, in secondo luogo, dal fatto che ella dà, a quei quesiti, secondo me, una risposta adeguata. La via al socialismo in essa tratteggiata è di una attualità enorme; la sua impostazione metodologica e l'importanza data al problema della coscienza di classe fanno di questa via un'alternativa reale sia a quella leninista sia a quella socialdemocratica in quanto i presupposti di un suo impiego sono facilmente ravvisabili solo in una società che, come la nostra, ha ormai raggiunto un alto grado di sviluppo capitalistico: in una società cioè in cui il riformismo ha fatto il suo tempo e il leninismo, risposta adeguata in situazioni "arretrate", proprio per questo, non ha nessuna possibilità di affermazione. 5 P. Nettl, Rosa Luxemburg, Mi - Il Saggiatore - I970, vol.I, pag. 29. 97 Nota bibliografica Scritti di Rosa Luxemburg Per ciò che riguarda gli scritti di Rosa Luxemburg rimando totalmente a: - Rosa Luxemburg, Scritti Politici, a cura di Lelio Basso, Editori Riuniti – Roma - I967. Vi sono elencati 787 titoli a cui se ne sono aggiunti 63 in: - Rosa Luxemburg, Lettere ai Kautsky, a cura di Lelio Basso, Editori Riuniti – Roma - 1971. E a: - Rosa Luxemburg, Scritti Scelti; a cura di Luciano Amodio, Einaudi – Torino - I975; contiene una bibliografia splendidamente curata e suddivisa in: Opere complete. Raccolte particolari. Edizioni originali manoscritti inediti. Lettere. Traduzioni italiane. Sunti in italiano. - e Scritti Politici, a cura di Lelio Basso, contiene i seguenti scritti di Rosa Luxemburg: - Riforma sociale o rivoluzione? Problemi di organizzazione della socialdemocrazia russa. Prefazione a "La questione polacca e il movimento socialista". Sciopero generale, partito, sindacati. Discorso al congresso del POSDR. Militarismo, guerra e classe operaia. La ricostruzione dell'Internazionale. La crisi della socialdemocrazia. La rivoluzione russa. Discorso sul programma. Il volume, oltre a contenere una Introduzione di Lelio Basso, fondamentale ai fini della comprensione del pensiero di Rosa Luxemburg, contiene pure una Nota introduttiva come premessa ad ogni scritto di Rosa Luxemburg. - Scritti Scelti, a cura di Luciano Amodio, contiene i seguenti scritti di Rosa Luxemburg - La questione polacca. - Il socialismo in Polonia. - Lo sviluppo industriale della Polonia. - Riforma sociale o rivoluzione? - Milizia e militarismo. - E per la terza volta l'esperimento belga. - Ristagno e progresso nel marxismo. - La rivoluzione in Russia. - Sciopero di massa, partito e sindacati. - La questione nazionale e l'autonomia. - La teoria e la prassi. - Introduzione all'economia politica. - Tra incudine e martello. 98 - Due lettere contro la guerra. Prospettive e progetti. Juniusbroschure. Introduzione alla traduzione del Korolenko. La tragedia russa. La rivoluzione russa. Ai proletari di tutti i paesi. Assemblea nazionale o governo dei Consigli? Discorso sul programma. L'ordine regna a Berlino. In Appendice, il volume contiene: - Movimento operaio all'estero. - Dal paese delle rivolte della fame e dell'anarchismo. - Lettere dall'Italia. - Rinascenza socialista. - La Terza Internazionale e Rosa Luxemburg. Il volume, oltre all'Introduzione, contiene una nota di premessa ad ogni scritto di Rosa Luxemburg. Gli scritti di Rosa Luxemburg ivi presenti, non sono riportati integralmente. Altri scritti di Rosa Luxemburg: - Riforma sociale o rivoluzione? Editori Riuniti Roma - 1973. - Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa, in Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, Newton Compton Roma 1973. - Sciopero di massa, partito, sindacati, Newton Compton, Roma 1977. - Introduzione all'economia politica, Jaca Book, Milano 1972. - L'accumulazione del capitale. Contributo alla spiegazione economica dell'imperialismo. In appendice: Ciò che gli epigoni hanno fatto della teoria marxista. Una anticritica. Einaudi Torino 1960. - La rivoluzione russa, Milano, Edizioni Prometeo 1956. - Replica a Lenin a proposito di centralismo o democrazia, Milano ed. Movimento Operaio 1957. - Lettere 1915-1918 (corrispondenza con K. Liebknecht) Roma Editori Riuniti 1967. - Lettere a Leo Jogiches Milano Feltrinelli 1974. - Scioperi selvaggi, spontaneità delle masse, Napoli - La Vecchia Talpa 1970. 99 Scritti su Rosa Luxemburg Anche qui rimando a: — Rosa Luxemburg, Scritti Scelti, a cura di Luciano Amodio, op.cit. Contiene una nota suddivisa in: Bibliografie. Biografie e scritti biografici. Saggi critici o storici. Sull‘accumulazione. Studi sulla Luxemburg in lingua italiana o tradotti. Articoli in italiano di particolare interesse. Vista l'ampiezza della nota bibliografica contenuta in questo volume, ritengo utile compilare solamente una nota di testi, saggi e articoli, apparsi in italiano, sia originali che tradotti. Scritti su Rosa Luxemburg in lingua italiana o tradotti - Agosti A., Rosa Luxemburg e il pensiero marxista, "Studi storici", a. XIV, n.4, ottobre dicembre I973, Istituto Gramsci. - Amodio Luciano, Introduzione a Rosa Luxemburg, Scritti Scelti, Edizione Avanti! - Milano - I963. Un'edizione riveduta e ampliata dal curatore (L. Amodio) è Rosa Luxemburg, Scritti Scelti, Einaudi - Torino I975. Amodio Luciano, Il contrasto Lenin-Luxemburg sull'organizzazione del partito, "Quaderni Piacentini", n.2I, gennaio/febbraio I965. Ora in: Quaderni Piacentini Antologia I962/I968. Edizioni Gulliver - Milano - I977. - Amodio Luciano, Democraticità del Massenstreik per Rosa Luxemburg, "Problemi del socialismo", n. I, a. XIII, gennaio/febbraio I97I. - Amodio Luciano, La rivoluzione bolscevica nell’interpretazione di Rosa Luxemburg, Storia del marxismo contemporaneo, vol. IV, Feltrinelli – Milano - I977. - Amodio Luciano, Cronologia della vita e delle opere di Rosa Luxemburg, in Rosa Luxemburg, L'accumulazione del capitale, Einaudi – Torino - I972, seconda ed. - Arendt, Un'eroina della rivoluzione, "Tempo presente", XIII, n.5, maggio I968, Roma. (Trad. da: H. Arendt, A Heroine of Revolution, in "New York Review of Books", 6 ottobre I966.) - Badia Gilbert, Il movimento spartachista. Gli ultimi anni di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, Samonà Savelli - Roma-1970. (Trad. da Le spartakisme. Les dernieres anees de Rosa Luxemburg et de Karl Liebknecht. I9I4-I9I9., L'Arche, Paris, I967.) - Badia Gilbert, Rosa Luxemburg e la Terza Internazionale, "Problemi del socialismo", a. XIII, n. I, gennaio febbraio I97I. - Badia Gilbert, L'analisi dello sviluppo capitalista in Rosa Luxemburg, Storia del marxismo contemporaneo, vol. IV, Feltrinelli – Milano - I977. (Titolo originale: L'analyse du developpement capitaliste chez Rosa Luxemburg) - Banfi R., Appunti sull'Accumulazione del capitale di Rosa Luxemburg, "Rivista storica del socialismo", III, n. 10, maggio/agosto I960, Milano. - Basso Lelio, Introduzione a Rosa Luxemburg, Scritti Politici, Editori Riuniti – Roma - I967. 100 - Basso Lelio, Introduzione a Rosa Luxemburg, Lettere a Karl e Luise Kautsky, Editori Riuniti – Roma - 197I. - Basso Lelio, Socialismo e rivoluzione in Rosa Luxemburg, "Problemi del socialismo", n.1, a. XIII, gennaio/febbraio 1971. - Basso Lelio, Introduzione a Rosa Luxemburg, Sciopero di massa, partito, sindacati, Newton Compton – Roma - 1977. - Basso Lelio, Prefazione a Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, Editori Riuniti – Roma - I973. - Basso Lelio, Introduzione a Per conoscere Rosa Luxemburg, Oscar Mondadori – Milano - 1977. - Basso Lelio, (a cura di) Rosa Luxemburg. Una vita per il socialismo. Feltrinelli – Milano - 1973. Contiene una Introduzione di Lelio Basso, una Cronologia, una Bibliografia delle edizioni più recenti e una ricca documentazione fotografica dovute a vari curatori. - Bedeschi Giuseppe, Partito e democrazia socialista in Rosa Luxemburg, "Problemi del socialismo", n.43, a. XI, Roma, novembre/dicembre 1969. - Bedeschi Giuseppe, Partito e democrazia socialista, Introduzione a Lenin Trockij Luxemburg, Rivoluzione e polemica sul partito, Newton Compton – Roma - 1973. - Bedeschi Giuseppe, La teoria del partito da Marx a Lenin, "Il Leviatano", n.1, maggio/giugno 1976, Savelli. - Buttiglione B., Attualità di Rosa Luxemburg, "L'Europa", a. V, n.19, 15 dicembre 1971; a. VI, n.3, 15 febbraio 1972 e n.5, 15 marzo 1972, Roma. - Campanella Miriam, Economia e stato in Rosa Luxemburg, De Donato-Bari - I977. - Carr Edward, 1917. 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Saggi, Jaca Book-Milano - I970; interventi di: Daniel Bensaid e Alain Nair: A proposito del problema dell'organizzazione: Lenin e Luxemburg; Nicolas Boulte e Jacques Moiroux: Masse e partito; J.P. Nettl: Sull'imperialismo; Michael Loewy: Il marxismo rivoluzionario di Rosa Luxemburg; Hartmuth Mehringer e Gottfried Mergner: La nuova sinistra tedesca e Rosa Luxemburg; Georges Haupt: Alcune lettere inedite di Rosa Luxemburg (1908-I9I4); in appendice al volume: Quattro articoli di Rosa Luxemburg su "parlamentarismo e consigli operai", apparsi su Die Rote Fahne. (Trad. da Rosa Luxembourg vivante, Maspero, Paris I969) 103 Indice Premessa 1-4 Parte prima Parte seconda Parte terza a) Rapporti tra polacchi e russi b) SDKP e SDKPiL c) SPD e Riforma sociale o rivoluzione? 5 11 17 a) Presupposti del bolscevismo b) La questione dell'organizzazione in Lenin c) Problemi organizzativi della socialdemocrazia russa 32 a) La rivoluzione russa del 1905 e Sciopero di massa, partito, sindacati b) Lo scoppio della guerra mondiale e La crisi della socialdemocrazia c) La rivoluzione russa d) La rivoluzione tedesca 41 51 57 74 79 85 Conclusione 92 Nota bibliografica 98 104