PIANO DI ZONA DELL’ULSS N°2 DI FELTRE QUINQUENNIO 2011-2015 Approvato con delibera della Conferenza dei Sindaci n°119 del 22 novembre 2010 Recepito con delibera del Direttore Generale n°903 del 25 novembre 2010 1 Indice PREMESSA: IL NECESSARIA PIANO DI ZONA, UNA DEFINIZIONE SEZ. 1 IL PROCESSO DI COSTRUZIONE DEL PIANO DI ZONA Pag. 5 Pag. 7 1.1 Le modalità di avvio del Piano di zona e la struttura organizzativa Pag. 7 1.2 L’attivazione dei processi partecipativi Pag. 9 SEZ. 2 L’ANALISI TERRITORIALE, DEMOGRAFICA E SOCIOLOGICA Pag. 11 2.1 L’analisi territoriale Pag. 11 2.2 L’analisi demografica Pag. 14 2.3 L’analisi sociologica Pag. 17 SEZ. 3 3.1 LA DEFINIZIONE DELLE STRATEGIE DI INDIRIZZO E LE SCELTE OPERATIVE Pag. 25 Famiglia, infanzia, adolescenza, minori in condizione di disagio e giovani Pag. 29 A Le strategie di indirizzo Pag. 29 B Le scelte operative Pag. 35 3.2 Persone anziane Pag. 43 A Le strategie di indirizzo Pag. 43 B Le scelte operative Pag. 46 3.3 Disabilità Pag. 56 A Le strategie di indirizzo Pag. 56 B Le scelte operative Pag. 61 3.4 Dipendenze Pag. 65 A Le strategie di indirizzo Pag. 65 B Le scelte operative Pag. 69 3.5 Salute Mentale Pag. 72 A Le strategie di indirizzo Pag. 72 B Le scelte operative Pag. 76 3.6 Marginalità e inclusione sociale Pag. 77 2 A Le strategie di indirizzo Pag. 78 B Le scelte operative Pag. 79 3.7 Immigrazione Pag. 82 A Le strategie di indirizzo Pag. 82 B Le scelte operative Pag. 85 3.8 L’integrazione tra le aree di intervento Pag. 90 A Le strategie di indirizzo Pag. 90 B Le scelte operative Pag. 94 SEZ. 4 IL QUADRO DELLE RISORSE ECONOMICHE Pag. 97 SEZ. 5 GLI STRUMENTI ED I PROCESSI DI GOVERNO DEL PIANO DI ZONA Pag. 99 5.1 Il quadro organizzativo dedicato alla programmazione, al monitoraggio e alla gestione del sistema integrato dei servizi sociali e socio-sanitari Pag. 99 5.2 Il monitoraggio e la valutazione del Piano di zona SEZ. 6 ALLEGATI Pag. 99 Pag. 1 1) Composizione dei tavoli di area Pag. 2 2) Schede per l’espressione dei bisogni e per la progettualità Pag. 6 Definizione delle strategie di indirizzo nell’ambito sanitario e socio3) sanitario (Estratto Piano attuativo locale cure primarie e descrizione Centro Decadimento Cognitivo) Pag. 9 4) Regolamento dei comuni dell’Ulss n°2 per la gestione associata degli interventi economici legati alla tutela dei minori Pag. 17 5) Gestione associata disabili Pag. 21 Atto di recepimento delle linee guida, degli orientamenti e delle linee di 6) indirizzo regionali per lo sviluppo dei servizi di protezione dei bambini e degli adolescenti (DGRV 2416/08) Pag. 22 7) Fotografia offerta singoli centri servizio per anziani e distribuzione impegnative di residenzialità Pag. 33 8) Programmazione centri servizi residenziali persone non autosufficienti e semi-residenzialità Pag. 35 9) Criteri di accredibilità 10) Sistema assistenziale del Dipartimento delle Dipendenze dell’Ulss n°2 Pag. 37 Pag. 38 11) Documento di analisi dei bisogni area dipendenze a cura delle comunità terapeutiche Pag. 41 12) Documento di analisi dei bisogni area dipendenze a cura del privato sociale Pag. 43 3 13) Procedura operativa modalità di accesso alle strutture residenziali e semiresidenziali per utenti disabili Pag. 46 14) Accordo di programma per favorire l’integrazione lavorativa e sociale di persone con disabilità, svantaggiate e deboli Pag. 48 4 PREMESSA: IL PIANO DI ZONA, UNA DEFINIZIONE NECESSARIA Il Piano di zona viene normato a livello nazionale quale strumento di programmazione sociale e socio-sanitaria (L. 328/00 "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali") e prevede che i comuni associati nella Conferenza dei Sindaci, d’intesa con le aziende Ulss, provvedano nell’ambito delle risorse disponibili, secondo le indicazioni del regionali, a definire: — gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti e i mezzi per la relativa realizzazione; — le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali; — le modalità per garantire l’integrazione tra servizi e prestazioni socio-sanitari; — le modalità per realizzare la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti operanti nell’ambito della solidarietà sociale a livello locale e con le altre risorse della comunità; — le forme di concertazione. Forte di una crescita programmatoria unitaria e consapevole, la Regione del Veneto ha approvato nel 2010 le Linee guida per la predisposizione dei Piani di zona1 valevoli per il quinquennio 2011-2015, mirando a sostenere in modo sempre più rilevante il processo di integrazione nella programmazione, sia tra i diversi livelli istituzionali di governance, sia tra i soggetti locali che intervengono a vario titolo nel sistema integrato dei servizi di welfare. Tra le innovazioni più importanti introdotte da tale documento si riportano in sintesi le seguenti: — il Piano di zona è lo specifico strumento di programmazione delle politiche sociali e socio-sanitarie definite a livello locale in coerenza con le linee di indirizzo regionali; — l’integrazione tra programmazione locale e regionale è perseguita attraverso la definizione di un documento di indirizzo regionale contenente gli obiettivi generali di programmazione sociale e socio-sanitaria per singola area di intervento, nonché l’identificazione annuale delle risorse economiche disponibili e dei vincoli di riparto per la programmazione locale2; — è sottoposto al visto di congruità regionale; — l’integrazione gestionale deve essere promossa attraverso la gestione unitaria delle funzioni sociali almeno a livello distrettuale (in cui gioca un ruolo rilevante la delega di funzioni ad un unico soggetto); — la durata del Piano è quinquennale; — le aziende Ulss per la parte di competenza (prestazioni sanitarie a rilevanza sociale) e i comuni definiscono in modo concertato la misura dei finanziamenti sulla base di ‘quote capitarie correlate ai LEA’; — in ogni territorio deve essere istituito l’Ufficio di Piano quale organismo tecnico di staff che facilita e supporta operativamente il processo di programmazione. Rispetto a quanto indicato dalle Linee guida regionali è opportuno soffermarsi a riflettere su che cosa significa programmare 5 anni di attività in un ambito così vasto e soggetto a rapidi mutamenti come quello sociale e a rilevanza socio-sanitaria. L’analisi del sistema dell’offerta e di quello delle necessità della comunità, infatti, consente di guidare le scelte programmatorie in un 1 DgrV 157 del 26 gennaio 2010 “Approvazione delle Linee Guida Regionali sui Piani di Zona” DgrV 2082 del 03 agosto 2010 “Approvazione del documento di indirizzo regionale di cui alla DgrV 157/10, allegato A, e del documento recante: ‘Indicazioni per la presentazione del documento Piano di zona 2011-2015’”. 2 5 tempo ristretto, forte dell’attualità della fotografia dell’esistente e della pressione del bisogno. Soprattutto quando le variabili della programmazione regionale e del relativo finanziamento sono stabilite solo di anno in anno. Cosa fare, dunque, per evitare di incorrere in una programmazione debole, in un processo che sa ben guidare le azioni nel primo biennio, per trovarsi poi a navigare a vista nel secondo triennio? Sicuramente lo strumento della relazione valutativo-previsionale da elaborare annualmente, consente di mantenere un’aderenza alla realtà e una plasmaticità assolutamente basilare quando si cerca di programmare nell’ambito del sociale e del socio-sanitario. Ma avviare una programmazione affidandosi esclusivamente a questa ‘rete di salvataggio’ non ha molto senso. Meglio sarebbe individuare una strada che, pur consapevole di poter annualmente ridefinire il disegno progettuale in corso d’opera, porti comunque a una documentazione valevole per il quinquennio di riferimento. In questa direzione deve essere, dunque, considerato il duplice carattere della programmazione che vede abbinate scelte strategiche che necessariamente si dipanano a lungo termine, con azioni dall’operatività più immediata. Diventa così importante poter contare su una dimensione quinquennale per ragionare sul conseguimento di determinate politiche, ad esempio per quanto concerne la distribuzione omogenea dei servizi nel territorio o l’accessibilità, mentre appare maggiormente idoneo il respiro annuale quando, per esempio, è necessario dedicare attenzione alla riorganizzazione di un servizio o alla calibratura in itinere di un progetto. E’ forse questa, dunque, la sfida di questo nuovo Piano che impone di collegare scelte politiche di ampio respiro, con azioni operative di più rapida realizzazione. 6 1) IL PROCESSO DI COSTRUZIONE DEL PIANO DI ZONA 1.1 Le modalità di avvio del Piano di zona e la struttura organizzativa I soggetti titolari del Piano di zona sono: — i comuni, riuniti nella Conferenza dei Sindaci, compresi negli ambiti territoriali corrispondenti alle aziende Ulss come previsto dall’art. 128, comma IV, della LR 11/01 quali enti rappresentativi della comunità locale e titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale; — la regione attraverso le Aziende Ulss, cui competono responsabilità generali di programmazione, coordinamento, vigilanza e controllo sulle materie sanitarie e sociali, nonché quale ente titolare delle funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera (D.Lgs. 502/92); Il Piano prevede che vengano coinvolti gli enti pubblici e privati che a vario livello e in diversi settori si muovono nel territorio operando a livello sociale e/o socio-sanitario. Questo perché ‘gli obiettivi della politica sociale del territorio possono essere perseguiti con efficacia soltanto mediante il coinvolgimento di tutti i soggetti della comunità locale che a vario titolo intervengono nella progettazione, nel finanziamento e nella realizzazione degli interventi del sistema integrato territoriale’. L’attivazione dei processi partecipativi, inoltre, è promossa e garantita dalla Conferenza dei Sindaci non solo come strategia di valorizzazione dei soggetti attivi, ma anche e soprattutto come condizione strutturale e strategica per facilitare l’incontro e il riconoscimento delle responsabilità e delle risorse disponibili nel territorio. Le fasi che hanno portato alla costruzione del documento programmatorio, si possono così sintetizzare: 1) attivazione del gruppo strategico politico (formato da Esecutivo della Conferenza dei Sindaci e Direzione dei Servizi Sociali dell’Ulss) e condivisione delle linee guida regionali per la costruzione del Piano di zona 2011-2015 (DgrV 157/10); 2) validazione da parte del gruppo strategico politico delle aree di bisogno prese in esame nelle precedenti pianificazioni ed integrazione delle stesse (inserimento area marginalità ed inclusione sociale) al fine di sviluppare un ragionamento programmatorio in tutte le aree di bisogno indicate dalla L. 328/00; 3) definizione da parte del gruppo strategico politico della composizione del gruppo di coordinamento tecnico coordinato dal Direttore dei Servizi Sociali così composto: DIREZIONE SERVIZI SOCIALI DIREZIONE DISTRETTO UFFICIO DI PIANO REFERENTE CONFERENZA DEI SINDACI Direttore Servizi Sociali (Alessandro Pigatto) Direttore Distretto (Giorgio Giacomazzi) Responsabile (Ilaria De Paoli) Assessore Servizi Sociali Comune di Sospirolo (Clara Da Rold ) 7 COORDINATORE AREA FAMIGLIA, INFANZIA, ADOLESCENZA, MINORI IN CONDIZIONI DI DISAGIO COORDINATORE AREA GIOVANI3 Responsabile Centro Giovani di Feltre (Elena Pasqualetti) COORDINATORE AREA PERSONE ANZIANE Direttore Servizi Sociali (Alessandro Pigatto) COORDINATORE AREA DISABILITA COORDINATORE AREA DIPENDENZE Responsabile Servizio Inserimento Lavorativo (Anna Rossi) Responsabile Servizio Tossicodipendenze (Serse Polli) COORDINATORE AREA SALUTE MENTALE Direttore Dipartimento Salute Mentale (Massimo Semenzin) COORDINATORE AREA MARGINALITA' E INCLUSIONE SOCIALE Referente Caritas Feltrina (Rino Paolo Dal Ben) COORDINATORE AREA IMMIGRAZIONE 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 3 Responsabile Consultorio Familiare e Tutela Minori (Anna Toniato) Assistente Sociale Azienda Feltrina Servizi Persona (Donato Cengia) valutazione, a cura dei coordinatori, della rappresentanza dei soggetti che compongono i tavoli di lavoro permanenti attivi dal 2007, adozione di strategie di comunicazione per la massima partecipazione ai costituendi tavoli di lavoro (di seguito specificatamente dettagliate), definizione della loro composizione (allegato 1); attivazione dei tavoli di lavoro per singola area di bisogno attraverso un primo incontro volto ad una lettura ragionata, partecipata e condivisa delle linee guida regionali per la costruzione del documento pianificatorio (DgrV 157/10), nonché alla conoscenza reciproca dei componenti del tavolo e delle attività da loro svolte ed in programmazione; incontri dei singoli tavoli tematici per l’analisi dell’offerta (anche attraverso la condivisione della relazione valutativo-previsionale anno 2009 e dei dati elaborati attraverso il web regionale); incontri dei singoli tavoli di lavoro per l’analisi del bisogno (bisogni parzialmente/ totalmente privi di risposta, offerta inefficace/inefficiente) e delle politiche programmatorie; stesura da parte dei coordinatori di un report per singola area di bisogno in cui vengono definite le strategie di indirizzo e le politiche (condivisione con i componenti dei tavoli); validazione dei report da parte del gruppo politico strategico; incontri dei tavoli di lavoro per singola area di bisogno per la condivisione dell’atto di indirizzo regionale (DgrV 2082/10), per l’approfondimento delle ipotesi programmatorie e per la compilazione delle schede progettuali (fac-simile in allegato 2); stesura da parte dei coordinatori di un report in cui vengono definite le strategie operative (con compilazione di schede progettuali articolate); Si è scelto di mantenere un pensiero programmatorio specifico per la giovane generazione, anche perché è presente un tavolo di lavoro permanente ad hoc attivato nel 2007. L’analisi dei bisogni e l’individuazione delle strategie operative sono poi confluite in modo armonico nell’area ‘famiglia, infanzia, adolescenza, minori in condizione di disagio e giovani’ adempiendo così alle indicazioni regionali. 8 12) 13) 14) 15) validazione dei report da parte del gruppo politico strategico ed evidenza di eventuali limiti strategici/programmatori/economici; validazione del Piano di zona in Conferenza dei Sindaci e approvazione dello stesso tramite deliberazione; recepimento del Piano di zona da parte dell’Ulss; invio del documento programmatorio quinquennale in Regione per la valutazione della congruità. In linea generale, gli incontri per l’analisi del bisogno si sono svolti tra il mese di maggio e quello di luglio, per una media di tre incontri per singolo gruppo tematico. La documentazione prodotta è stata condivisa con il gruppo strategico politico in un incontro dell’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci (con partecipazione allargata anche a sindaci non facenti parte dell’Esecutivo) a fine luglio. Il percorso di approfondimento progettuale è, invece, stato attivato tra agosto e ottobre. Anche in questo caso vi è stata una media di 3 incontri plenari per ciascuna area e una serie di incontri più operativi di microtavoli progettuali. La documentazione prodotta è stata condivisa con il gruppo strategico politico in un incontro dell’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci a metà ottobre. La suddivisione tra soggetti che hanno operato con uno spirito di consultazione e quelli che si sono attivati in modo concertativo, è avvenuta con una modalità assolutamente naturale e ormai parte del patrimonio di co-progettazione e collaborazione proprio del territorio Feltrino. 1.2 L’attivazione dei processi partecipativi Come già ricordato precedentemente, la Regione afferma che gli obiettivi della politica sociale del territorio possono essere perseguiti con efficacia soltanto mediante il coinvolgimento di tutti i soggetti della comunità locale che a vario titolo intervengono nella progettazione, nel finanziamento e nella realizzazione degli interventi del sistema integrato territoriale. Sia la legislazione nazionale, infatti, che quella regionale prevedono l’impegno degli enti locali nel riconoscere ed agevolare il ruolo dei soggetti della comunità locale, sostenendo la valorizzazione delle diverse responsabilità, non solo per garantire legittimazione alle scelte e maggiore condivisione delle risorse necessarie alla loro attuazione, ma come sostanziale applicazione del principio che l’intera comunità locale è chiamata a rendersi responsabile del proprio sviluppo, in una logica di sussidiarietà e di condivisione delle responsabilità ai diversi livelli. Secondo tali principi, si è proceduto a riportare nei tavoli di lavoro permanenti del Piano di zona valevole per il quadriennio 2007/2010 la necessità di avviare la nuova pianificazione, valutando insieme se i soggetti attualmente rappresentati completavano il quadro degli attori presenti nel territorio, oppure era opportuno estendere la partecipazione. Lo stesso pensiero è stato successivamente condiviso con i sindaci e, una volta nominati, con i coordinatori dei gruppi (in alcuni casi confermati rispetto ai gruppi di lavoro permanenti e in altri casi nominati ex novo). I numerosi enti che si sono rivolti all’Ufficio di Piano in quest’ultimo quadriennio per una consulenza o per portare a conoscenza le proprie attività, hanno sicuramente contribuito ad una diffusione di richiesta di massima partecipazione. Quest’ultima, inoltre, è stata ricercata non solo attraverso la riapertura e la calibratura della composizione dei tavoli di lavoro, ma anche attraverso l’invio e la diffusione di due schede uniformi, lineari, complete nei parametri trattati finalizzate alla raccolta dei bisogni e alla proposta di programmazione (allegato 2), che hanno consentito anche ai soggetti impossibilitati a partecipare4 agli incontri di poter ugualmente esprimere il punto di vista del proprio ente di appartenenza, in merito alle necessità della comunità Feltrina e di indicare il proprio eventuale apporto in termini di sviluppo di azioni concrete. 4 Ad esempio, i soggetti che operano a livello provinciale (in particolare associazioni) si sono trovati a partecipare ai tavoli di lavoro delle due Ulss provinciali attivati pressoché contemporaneamente. 9 La collaborazione, infine, con Centro Servizi Volontariato e con il Comitato d’Intesa, ha consentito di incontrare tutte le associazioni locali in una giornata informativa e formativa sul Piano di zona, che ha permesso di raccogliere ulteriori adesioni al percorso di costruzione del documento programmatorio. E’ stato, quindi, seguito anche il cosiddetto campionamento ‘snowball’, secondo cui attraverso la catena associativa delle conoscenze personali si è giunti a verificare l’effettivo coinvolgimento degli attori del Feltrino e ad accogliere ulteriori richieste di adesione al processo pianificatorio. Alcune associazioni, infine, si sono mosse in modo autonomo contattando, secondo i propri tempi organizzativi, l’Ufficio di Piano per esprimere la valutazione dei bisogni (per lo più legata all’ambito di intervento associativo) e per condividere la pianificazione futura delle proprie attività attraverso documenti appositamente redatti. 10 2) L’ANALISI TERRITORIALE, DEMOGRAFICA E SOCIOLOGICA 2.1. L’analisi territoriale5 L’Ulss n°2 di Feltre occupa la posizione meridionale della provincia di Belluno, che coincide con la parte bassa della valle bellunese del Piave, compresa tra i contrafforti delle Vette Feltrine e delle PreAlpi che delimitano a Nord la pianura veneta. La caratteristica morfologica fondamentale del territorio è data dalla presenza di questi netti confini naturali, che influenzano gran parte della caratteristiche economiche e culturali della comunità. Altro elemento ambientale da considerare è quello interno al territorio, che si differenzia nettamente tra una situazione di fondovalle, in cui le comunicazioni sono relativamente più facili ed una situazione di montagna caratterizzata, al contrario, da pesanti difficoltà di mobilità, soprattutto nei lunghi e nevosi mesi invernali. Tutto ciò determina una situazione generale di “isolamento” sia rispetto alle aree esterne, sia all’interno fra le piccole unità insediative coincidenti grosso modo con i comuni (la maggior parte dei quali ben al di sotto dei 5.000 abitanti). Alcune criticità del territorio sono palesi. Prima fra tutte vi è lo svantaggio geografico (pendenza, morfologia, rischio idrogeologico e ambientale, condizioni climatiche) strutturale e permanente che determina differenziali di costi per chi vive e opera in montagna. Basti pensare alla limitazione della possibilità di utilizzare superfici agricole a causa delle elevate pendenze che rendono più onerosa e difficoltosa la meccanizzazione delle produzioni o alle condizioni climatiche che determinano un ridotto periodo vegetativo. Pendenze e barriere fisiche condizionano anche la struttura della rete stradale che aggrava i collegamenti con i centri urbani più grandi dove si concentrano i servizi. Le piccole dimensioni delle comunità locali tipiche della montagna, infatti, e la loro dispersione nel territorio implicano una distribuzione dell'offerta di servizi pubblici e di pubblica utilità (scuole, ospedali, altri servizi) non omogenea. Possono innescarsi, così, anche problemi di mobilità visto che per accedere ai servizi di base è necessario spostarsi, ma muoversi è difficoltoso per la struttura della rete stradale e crea costi aggiuntivi sia in termini di denaro (costi di accesso al servizio pubblico o costi connessi alla mobilità privata), sia in termini di tempo, la risorsa più scarsa nella società attuale. Inoltre, nei periodi invernali neve e ghiaccio rendono ancora più complicati gli spostamenti e la sicurezza stradale. Si assiste così ad un'urbanizzazione diffusa dei fondovalle a discapito dei centri storici minori, nei quali viene a mancare la rete minima dei servizi necessaria ad una sostenibile vivibilità. Gli stessi elementi ambientali ora considerati sono alla base delle difficoltà a progettare servizi distribuiti in maniera omogenea e facilmente accessibili, poiché ciò comporterebbe una tale parcellizzazione e diffusione sul territorio da uscire da ogni limite di compatibilità economica. Tra le varie criticità vale la pena ricordare anche: — la tendenza all'abbandono delle tradizionali attività pastorali che porta ad un inselvatichimento del territorio; — le basse temperature che comportano costi maggiori per il riscaldamento che incidono pesantemente sul bilancio delle famiglie, ma anche degli enti (si pensi alle strutture di accoglienza per anziani, disabili e ai servizi per la prima infanzia) e che condizionano anche gli stili di vita e le opportunità di aggregazione; 5 Alcuni elementi di questa analisi territoriali sono tratti dalla ricerca ‘Giovani in rilievo’ condotta dall’Ulss n°2 di Feltre nell’ambito del progetto pilota regionale “Politiche Giovanili in Territori Montani” DgrV 1178/09. 11 — la scarsità di reti telematiche per le comunicazioni (difficoltà di collegamenti ADSL e WI FI, ma anche semplicemente scarsa copertura degli operatori di telefonia mobile). L’Azienda Ulss n°2 al 31/12/2009 comprende una popolazione di 84.949 abitanti registrando un incremento positivo di 209 unità rispetto al 2008. La popolazione, suddivisa in 18 comuni, appare concentrata per il 24% nella città di Feltre (20.821 abitanti). Quasi il 27% della popolazione è suddiviso nei 3 comuni di Mel, Santa Giustina, Sedico (22.967 abitanti complessivi). Il rimanente 49% abita nei restanti 14 comuni, ognuno dei quali non supera i 5.000 abitanti. La dispersione territoriale è un elemento che contraddistingue i comuni del Feltrino, che a fronte di un’ampiezza chilometrica dignitosa vedono una scarsa presenza di popolazione concentrata per lo più in piccoli nuclei abitativi, a volte vere e proprie case sparse, dovuta alla conformazione geografica delle zone tipiche montane. Su un territorio di circa 900 km2, infatti, la densità media è di 91 persone per km2, oscillando tra i valori minimo di 31 abitanti (comune di Sovramonte) e massimo di 207 abitanti (comune di Feltre). TERRITORI KM ABITANTI DENSITA’ ABITATIVA 36,5 3.056 83,7 65 2.601 40,0 Cesiomaggiore 82,2 4.219 51,3 Feltre 100,6 20.821 207,0 Fonzaso 27,5 3.376 122,8 Lamon 54,4 3.176 58,4 Lentiai 37,6 3.025 80,5 Mel 85,7 6.293 73,4 Pedavena 24,9 4.448 178,6 Quero 28,3 2.515 88,9 19 1.628 85,7 Santa Giustina 35,9 6.828 190,2 Sedico 91,4 9.846 107,7 Seren del Grappa 62,4 2.646 42,4 66 3.250 49,2 Sovramonte 50,8 1.574 31,0 Trichiana 43,8 4.789 109,3 Vas 17,8 858 48,2 929,7 84.949 91,4 3.678 214.026 58,2 18.391 4.885.548 265,65 Alano di Piave Arsiè San Gregorio NA Sospirolo Ulss 2 Provincia di BL6 Regione del Veneto 7 Tabella 1 Densità abitativa per singolo comune. Dati al 31/12/2009. Fonte ISTAT rielaborazione Ufficio di Piano 6 7 Dati al 31/12/2008 Dati al 31/12/2008 12 Un ulteriore elemento significativo per inquadrare la situazione territoriale è la presenza di residenti sopra i 600 m/slm, altezza che identifica le zone quali montane e disagiate valutandole come settori maggiormente difficoltosi per garantire i servizi. COMUNI Abitanti Abitanti Montagna sotto i 600 m/slm Abitanti Montagna sopra i 600 m/slm Alano di Piave 3.056 3.056 100 0 0 Arsiè 2.601 2.285 87,851 316 12,149 Cesiomaggiore 4.219 4.068 96,421 151 3,579 20.821 20.821 100 0 0 Fonzaso 3.376 3.373 99,911 3 0,0889 Lamon 3.176 678 21,348 2.498 78,652 Lentiai 3.025 3.021 99,868 4 0,1322 Mel 6.293 6.223 98,888 70 1,1123 4.400 98,921 48 1,0791 24 0,9543 Feltre 4.448 Pedavena Quero 2.515 2.491 99,046 San Gregorio NA 1.628 1.372 84,275 256 15,725 Santa Giustina 6.828 6.720 98,418 108 1,5817 Sedico 9.846 9.721 98,73 125 1,2696 Seren del Grappa 2.646 2.566 96,977 80 3,0234 Sospirolo 3.250 3.217 98,985 33 1,0154 Sovramonte 1.574 0 0 1.574 100 Trichiana 4.789 4.362 91,084 427 8,9163 858 858 100 0 0 84.949 79.232 93,27 5.717 6,7299 Vas Ulss 2 Tabella 2 Residenti sopra i 600 m/slm. Dati al 31/12/2009. Fonte Controllo di gestione 13 2.2 L’analisi demografica Di seguito si rappresenta la popolazione che risiede nei comuni di ambito Ulss suddivisa per grandi fasce d’età: 0-14 15-29 > 65 > 75 TOTALE Alano 473 504 614 351 3.056 Arsiè 274 330 750 421 2.601 Cesiomaggiore 527 585 1.013 510 4.219 2.555 3.020 4.841 2.417 20.821 Fonzaso 431 483 766 415 3.376 Lamon 295 429 958 517 3.176 Lentiai 411 417 693 349 3.025 Mel 805 890 1.436 774 6.293 Pedavena 548 594 1.024 539 4.448 Quero 387 379 472 260 2.515 San Gregorio N. A. 228 209 331 193 1.628 Sanata Giustina 923 972 1.443 712 6.828 1.459 1.340 1.850 868 9.846 Seren del Grappa 289 388 619 350 2.646 Sospirolo 389 452 780 423 3.250 Sovramonte 169 204 408 220 1.574 Trichiana 648 626 1.022 543 4.789 Vas 115 120 177 92 858 10.926 11.942 19.197 9.954 84.949 12,9 14,1 22,6 11,7 - 16.205 19.530 28.017 13.423 129.073 12,6 15,1 21,7 10,4 - 690.249 733.104 960.577 458.603 4.885.548 14,1 15,0 19,7 9,4 - Feltre Sedico ULSS 2 % ULSS 1 % VENETO % Tabella 3 Distribuzione demografica per principali fasce d’età. Dati al 31/12/2009. Fonte Anagrafe Sanitaria rielaborazione Ufficio di Piano 14 Negli ultimi tre anni la popolazione dell’Ulss n°2 risulta in costante e significativa crescita: Popolazione ulss 2 2007-2009 85.200 85.000 84.800 2007 84.600 2008 84.400 2009 84.200 84.000 83.800 ULSS 2 Grafico 1 Trend popolazione Ulss n°2 Tali informazioni possono essere integrate con il calcolo degli indici demografici ottenendo così una valutazione maggiormente accurata. Indice di vecchiaia (65+/0-14) stima il grado di invecchiamento di una popolazione rapportando la popolazione anziana con quella dei bambini. Valori superiori a 100 indicano una maggior presenza di soggetti anziani. Indice di dipendenza giovanile (0-14/15-64) calcola il peso dei giovanissimi sulle persone in età lavorativa. Indice di dipendenza senile (65+/15-64) mette in rapporto la popolazione che non è più in età da lavoro con quella che lavora. Indice di dipendenza (0-14) + (65+)/15-64 è considerato un indicatore di rilevanza economica e sociale, rapportando la fascia della popolazione ‘dipendente’ con quella in età da lavoro. > 65/0-14 0-14/15-64 >65/15-64 (0-14)+(>65)/15-64 Alano di Piave 129,81 24,02 31,18 55,21 Arsiè 273,72 17,37 47,56 64,93 Cesiomaggiore 192,22 19,67 37,81 57,48 Feltre 189,47 19,03 36,06 55,09 Fonzaso 177,73 19,78 35,15 54,93 Lamon 324,75 15,34 49,82 65,16 Lentiai 168,61 21,40 36,07 57,47 Mel 178,39 19,87 35,44 55,31 Pedavena 186,86 19,05 35,61 54,66 Quero 121,96 23,37 28,50 51,87 San Gregorio NA 145,18 21,33 30,96 52,29 Santa Giustina 156,34 20,69 32,34 53,03 Sedico 126,80 22,32 28,30 50,62 15 > 65/0-14 0-14/15-64 >65/15-64 (0-14)+(>65)/15-64 Seren del Grappa 214,19 16,63 35,62 52,24 Sospirolo 200,51 18,69 37,48 56,17 Sovramonte 241,42 16,95 40,92 57,87 Trichiana 157,72 20,78 32,77 53,54 Vas 153,91 20,32 31,27 51,59 175,70 19,93 35,01 54,94 ULSS 2 Tabella 4 Principali indici demografici. Dati al 31/12/2009. Fonte Ufficio di Piano L’elaborazione di indici di “carico sociale” basati sulle “età della vita” consente, infine, di evidenziare con maggiore puntualità i bisogni e le risorse per la presa in carico dei problemi manifestati in un determinato territorio, confrontando il “peso” delle diverse fasce di età. Ogni età della vita, infatti, presenta necessità di essere presa in carico o, viceversa, capacità di prendersi cura delle altre età. La distinzione, discutibile in quanto approssimativa, ma utile tra le diverse età della vita è: prima infanzia e preadolescenza, giovinezza, età adulta, terza età, quarta età. Da questa responsabilità reciproca il senso degli indici di seguito proposti. a) Indice di dipendenza globale (0-14)+(75+)/30-59 quanti anziani con più di 75 anni e quanti ragazzi con meno di 15 ci sono per ogni soggetto in età adulta, ovverosia il carico assistenziale della prima e la quarta età che grava su quella adulta. b) Indice di struttura della popolazione in età attiva (40-64/15-39) c) d) e) f) stima il grado di invecchiamento della popolazione in età attiva rapportando le generazioni più anziane sulle più giovani in attività. Un indicatore inferiore a 100 indica una popolazione in cui la fascia in età lavorativa è giovane. Rapporto tra terza età e bambini (60-74/0-9) considera la risorsa ‘nonno’ per sostenere il lavoro di cura rivolto ai bambini. Indice di dipendenza senile ridefinito (75+/30-59) considera la quarta età, persone non pienamente autosufficienti, in rapporto alla fascia di popolazione chiamata a prendersene cura. Rapporto tra quarta e terza età (75+/60-74) mette in rapporto due fasce d’età anziane e misura il peso della quarta età (in cui è più probabile la non autosufficienza) rispetto alla terza età che può ancora farsi carico della sua assistenza. Mascolinità popolazione anziana (uomini65+/donne65+) si basa sull’assunto che gli uomini siano meno in grado di curare se stessi rispetto alle donne. a) b) c) d) e) f) Alano di Piave 63,98 108,58 138,80 27,25 79,77 67,30 Arsiè 66,76 151,11 314,71 40,44 78,69 64,84 Cesiomaggiore 57,45 135,21 228,90 28,25 64,39 74,66 Feltre 54,70 128,51 217,32 26,59 64,63 67,97 Fonzaso 59,20 135,06 223,91 29,04 67,15 56,01 Lamon 63,94 138,29 371,51 40,71 77,74 68,96 Lentiai 58,37 124,94 197,11 26,80 63,92 67,39 Mel 57,69 124,86 207,84 28,28 71,21 73,01 Pedavena 55,07 139,07 224,01 27,30 67,97 70,67 16 a) b) c) d) e) f) Quero 56,65 110,69 124,82 22,77 74,93 67,38 San Gregorio NA 56,74 153,32 184,17 26,01 75,39 65,50 Santa Giustina 53,84 121,77 190,35 23,44 60,14 67,40 Sedico 51,14 120,77 162,09 19,08 53,28 70,35 Seren del Grappa 53,83 130,81 219,29 29,49 81,02 69,13 Sospirolo 57,92 134,88 227,24 30,17 72,43 65,96 Sovramonte 58,15 136,82 278,57 32,88 70,51 53,96 Trichiana 54,19 132,07 180,00 24,70 70,16 68,65 Vas 54,91 121,09 190,12 24,40 59,74 80,61 56,07 128,25 204,39 26,73 66,86 68,09 ULSS 2 Tabella 5 Principali indici di carico sociale. Dati al 31/12/2009. Fonte Ufficio di Piano Confronto indici della struttura demografica e del carico sociale. Ulss n°2 2007 2008 2009 PROVINCIA BL 2008 REGIONE VENETO 2008 Indice vecchiaia 175,2 174,5 175,70 178,23 139,16 Indice dipendenza giovanile 16,7 19,8 19,9 19,48 21,34 Indice dipendenza senile 34,5 34,5 35,0 34,73 29,70 Indice di dipendenza 54,2 54,3 54,9 54,21 51,03 Indice di dipendenza globale 55,0 55,2 56,0 54,32 51,92 Rapporto 3 età bambini 199,0 200,4 204,4 212,27 168,67 Indice dipendenza senile ridefinito 26,2 26,2 26,7 25,69 20,73 Rapporto quarta e terza età 67,8 67,4 66,9 63,52 57,98 Tabella 6 Serie storica indici demografi e di carico sociale dell’Ulss n°2 a confronto con provincia e regione. Fonte ISTAT rielaborazione Ufficio di Piano 2.3 L’analisi sociologica I minori Da anni in Italia si assiste ad una diminuzione dei tassi di natalità causata da una serie complessa di fattori che vanno dal costo elevato e dalla scarsa disponibilità e flessibilità dei servizi educativi per l’infanzia, alla difficile conciliabilità tra tempi di cura e di lavoro. Nel quadro delle trasformazioni che hanno caratterizzato il nostro Paese negli ultimi trent’anni, infatti, particolare rilevanza assume il calo della natalità (1,3 figli per donna secondo le ultime statistiche del 2007), che ha prodotto mutamenti anche in relazione alla concezione dei figli e alla loro presenza all’interno della famiglia. Negli ultimi anni si è andata, infatti, affermando la consapevolezza della necessità di servizi di qualità che pongano come fulcro il benessere della persona e che consentano a tutti i bambini di vivere esperienze sociali stimolanti, sino ad arrivare alla previsione di un sistema integrato di servizi anche per i più piccoli. Tale esigenza nasce, peraltro, anche da altri 17 fattori, tra i quali il principale è senza dubbio rappresentato dall’insufficiente disponibilità di posti negli asili nido riservati ad una minoranza di bambini (14,6%), con qualche eccezione per alcune Regioni del Centro-Nord (27-28%). Per di più, il non avere tenuto presente nelle politiche statali gli indirizzi della Commissione Europea - Rete per l’infanzia (Quaranta obiettivi di qualità per i servizi per l’infanzia, 1996) - che consigliava di impegnare almeno l’1% del PIL per creare servizi per la prima e seconda infanzia (obiettivo 7) – ha trattenuto l’Italia nei livelli bassi tra i Paesi della Comunità Europea per l’offerta di servizi educativi in particolare per la prima infanzia. Gli obiettivi del Consiglio europeo di Lisbona e Barcellona (arrivare al 33% dell’utenza potenziale con una offerta di servizi 0-3 anni per potere raggiungere il 60% di occupazione femminile) appaiono sempre più irraggiungibili. Nel 2009 nell’Ulss n°2 erano presenti 8 servizi rivolti alla prima infanzia (2 asili nido, 2 nidi integrati, 4 micronidi) per un totale di 259 posti autorizzati che rispondono a circa il 9% della popolazione 0-3 anni (in Veneto nel 2006 veniva garantita la copertura di circa il 23% degli utenti potenziali). Per quanto concerne le scuole dell’infanzia nel 2009 erano presenti 39 plessi per un totale di 2.059 bambini frequentanti (3-6 anni) pari al 71,9% della popolazione target (in Veneto nel 2008 risultava frequentante il 72,5% della popolazione target). Nell’Ulss n°2 di Feltre, nella stessa direzione di quanto accade a livello nazionale, la fascia d’età 0-14 anni si contrae nell’ultimo anno: 0-14 anni 2006 2007 2008 2009 Alano di Piave 402 436 461 434 Arsiè 288 289 284 257 Cesiomaggiore 516 515 504 502 2.428 2.474 2.500 2.393 Fonzaso 422 412 424 411 Lamon 328 299 298 272 Lentiai 408 411 419 391 Mel 787 797 797 764 Pedavena 568 569 577 504 Quero 389 401 399 368 Santa Giustina 250 249 232 212 San Gregorio 869 893 927 863 1.324 1.405 1.440 1.369 Seren del Grappa 299 297 296 269 Sospirolo 366 387 390 364 Sovramonte 181 176 168 162 Trichiana 585 618 634 609 Vas 107 123 116 109 10.517 10.751 10.866 10.253 Feltre Sedico ULSS 2 Tabella 7 Minori 0-14 per singolo comune Ulss n°2. Fonte Ufficio di Piano Questo calo può sicuramente avere aspetti positivi perché a lungo andare può significare, per esempio: 18 - meno difficoltà da parte dei giovani ad accedere al mondo del lavoro, vista la minore ‘concorrenza’; le risorse economiche dei familiari sono concentrate su pochi figli/nipoti determinando di fatto un benessere maggiore. D’altro canto, tuttavia, sono gli aspetti critici a pesare di più, visto che una contrazione di tale fascia di popolazione può determinare: una progressiva contrazione di servizi a loro esclusivamente destinati (servizi alla prima infanzia in primis, attivazione di pluriclassi per le scuole dell’obbligo e così via) o, per esempio per quanto riguarda i servizi a pagamento, un aumento delle rette per consentire il mantenimento degli standard qualitativi pur in presenza di un numero minore di utenti; la difficoltà di aderire ad iniziative sportive o di svago dal momento che una comunità si può trovare a sopprimere, per esempio, la squadra di calcio a favore del comune vicino dove vi è un maggior numero di iscritti (giocare in una squadra di calcio significherà fare chilometri); la difficoltà a ‘far sentire la propria voce’ pesando molto poco ‘sugli interessi locali’ (sono poche le famiglie con figli piccoli, sono molte quelle con un anziano non autosufficiente). Gli anziani Nel Feltrino cresce annualmente l'incidenza degli anziani sulla popolazione. Questa crescita numerica, tuttavia, non va letta esclusivamente in maniera negativa, dal momento che sembra essere affiancata anche da una maggiore importanza del ruolo sociale che gli anziani rivestono. Non di rado, infatti, le persone che vivono la terza e la quarta età sono un vero e proprio sostegno sia domestico che sociale: spesso accudiscono i nipoti, talvolta rinnovano la propria casa per ospitare le famiglie dei figli, sono depositari delle tradizioni e danno continuità alle generazioni 8 . Tanto da portare la Regione del Veneto ad attivare, in modo assolutamente pionieristico, percorsi similari al servizio civile (attualmente rivolto ai giovani) pensati a misura di anziano. Alcune ricerche, tuttavia, osservano come la terza età abbia cambiato faccia9, dal momento che, a causa di una sempre più lunga aspettativa di vita, molte persone si trovano ad occuparsi dei parenti più anziani (80enni e 90enni), ai quali gli anziani figli offrono una pesantissima assistenza. Cresce al ritmo di 50mila all'anno, in Italia, il numero di chi si prende cura di un familiare anziano non più autosufficiente e aumenta anche l'età media di chi assiste: i cosiddetti caregiver, coloro che offrono cure e assistenza in un caso su quattro hanno più di 65 anni. In tutto sono oltre due milioni gli italiani che curano un parente anziano e mezzo milione è over 65. Ciò significa oltre venti milioni di ore passate ogni giorno a occuparsi di anziani fragili o non autosufficienti, più di sette miliardi di ore di assistenza all'anno per un periodo di 8-10 anni, in continuo aumento. Il lavoro prestato da chi si prende cura di familiari anziani e malati è oneroso e otto volte su dieci si tratta di donne: mogli, figlie e nuore che dedicano all'assistenza dell'anziano parente oltre 15 ore al giorno. E’ ben vero, tuttavia, che se da un lato l’ampliata aspettativa di vita comporta persone ultrasessantacinquenni attive e impegnate nella comunità, la crescita della popolazione over 65 può portare10 ad un aumento sia delle patologie degenerative del sistema nervoso centrale, sia di un’ampia gamma di disturbi psichici. Si aggiunga alle difficoltà degenerative psico-fisiche anche quella fascia di persone anziane che, spesso sole, con problemi di salute e difficoltà economiche, si trovano a volte a ‘rifugiarsi’ nella bottiglia e nei farmaci che leniscono l'ansia. Cresce, infatti, in Italia la quota di anziani coinvolta in situazione di abuso multiplo, cioè che associano il bere smodato con l'auto-somministrazione incontrollata di ansiolitici o analgesici. 8 Tratto da “Osservatorio sul Nord-Est. Il Nord-Est e gli anziani”. Maria Emilia Bonaccorso “Lo sballo degli anziani: farmaci, alcol e droga” Il Sole 24 ore 10 DgrV 651/10 Progetto obiettivo regionale per la tutela della salute mentale triennio 2010-2012 9 19 La longevità collettiva rende quindi indispensabile e prioritario programmare l’assetto dei sistemi di cura e di assistenza. Gli stranieri La popolazione della provincia di Belluno cambia lentamente, meno velocemente che nel resto della regione. Molti stranieri sono oramai stabilmente presenti nei nostri territori, dato evidenziato dal fatto che l’11,6% degli stranieri residenti è nato nella nostra provincia e confermato dal fatto che il 12,4% dei nati bellunesi è straniero. L’etnia maggiormente rappresentata è quella Nord Africana delle persone provenienti dal Marocco, elemento che ci differenzia dal resto della regione e più in generale dall’Italia in cui sono i paesi dell’Est a essere predominanti. BELLUNO VENETO ITALIA Residenti stranieri maschi 5.884 233.513 1.913.602 Residenti stranieri femmine 6.844 220.940 1.977.693 Popolazione straniera totale 12.728 454.453 3.891.295 Incremento rispetto anno precedente +9,5% +12,5% +13,4% Residenti stranieri su popolazione totale 5,9% 9,3% 6,5% Nati stranieri su totale dei nati 12,4% 20,7% 12,6% Donne su stranieri residenti 53,8% 48,6% 50,8% Minori su stranieri residenti 21,9% 24,3% 22,2% Nati in Italia su stranieri residenti 11,6% 14,3% 13,3% Marocco Romania Romania 1.904 91.355 796.477 15% 20,1% 20,5% Comunità straniera più rappresentata Popolazione comunità straniera più rappresentata Incidenza della comunità più rappresentata su totale stranieri Tabella 9 Straniera in Provincia di Belluno. Dati al 01/01/2009. Fonte Amico del Popolo ISTAT e Caritas Il lavoro11 I dati ISTAT, aggiornati al terzo trimestre 2009, confermano la fase difficile del mercato del lavoro veneto: - il tasso di occupazione del Veneto nel terzo trimestre 2009 è risultato, per la popolazione tra i 15 e i 64 anni, pari al 63,9%, in netto calo rispetto al terzo trimestre 2008 (66,6%); - il tasso di disoccupazione in Veneto nel terzo trimestre 2009 è risultato pari al 4,8%, nettamente superiore a quello registrato nel corrispondente trimestre del 2008 (2,9%); - l’ammontare delle persone in cerca di occupazione è risultato, nel terzo trimestre 2009, pari a 105.000 unità: + 41.000 unità rispetto al corrispondente trimestre 2008; 11 Tratto dal sito Veneto Lavoro “La bussola. Tendenze del mercato del lavoro veneto. Dicembre 2009” 20 - - la contrazione delle assunzioni è risultata particolarmente intensa per le figure operaie come riflesso di una dinamica più negativa nel manifatturiero (-41%) e nelle costruzioni (24%) che nei settori del terziario. Sono risultati maggiormente interessati i maschi (-25%) che le femmine (-18%), mentre insignificante è la differenza tra italiani e stranieri. Di rilievo la dinamica per età: la diminuzione delle assunzioni è nettamente più consistente per i giovani (-24% per i ventenni) che per gli adulti (-16% per i quarantenni). Quanto alla distribuzione contrattuale, si “salvano” solo i contratti a tempo determinato a causa del buon andamento di diverse produzioni stagionali, mentre il calo è ugualmente rilevante per i contratti a tempo indeterminato, per quelli di apprendistato e per quelli di somministrazione; cresce il ricorso a contratti di lavoro a chiamata, a contratti di lavoro a progetto, nonché le attivazioni di esperienze di tirocinio. In proporzione alla base occupazionale vanno male anche le province più piccole come Belluno con 476 licenziati nel primo quadrimestre del 2009 (più della metà di tutti quelli registrati nel corso del 2008) e Rovigo con 555 lavoratori in mobilità (rispetto ai 1.250 in tutto l’anno precedente). I settori più colpiti sono quelli del manifatturiero per i licenziamenti collettivi (quasi 84 su 100 rispetto ai 77 su 100 del 2008), in particolare nei comparti della metallurgia e degli apparecchi meccanici e dei trasporti per i licenziamenti individuali (circa 9 su 100 rispetto ai 5 su 100 del 2008). Prendendo in esame specificatamente la situazione occupazionale della Provincia di Belluno12, emerge come fino alla prima metà del 2008 il territorio provinciale abbia conosciuto un periodo socio-economico decisamente positivo che nel 2007 aveva portato il livello di disoccupazione a livelli frizionali, tali da spingere molte aziende del territorio a ricercare personale anche fuori dei confini regionali e nazionali. A partire dall'ultimo trimestre 2008 la provincia (il cui tessuto industriale era costituito da molte aziende che operavano per lo più sul mercato statunitense) ha cominciato ad essere interessata, prima di altri territori, dalla crisi economica statunitense che poi è andata diffondendosi a livello planetario. Il 2009 ha visto confermare e peggiorare sensibilmente la situazione di stallo economico complessivo, coinvolgendo prima i settori industriale e artigianale e a seguire quello dei servizi. Se nel corso del 2008 vi è stata in provincia di Belluno l'apertura di 14 crisi aziendali con il coinvolgimento di presunti 511 lavoratori, nel corso del 2009 le procedure aperte sono state ben 73 e hanno interessato oltre 1.900 lavoratori (fonte dati: Veneto lavoro). Inoltre, durante il 2009 si è registrato un rilevante incremento delle richieste di cassa integrazione ordinaria e, nel secondo semestre, un forte ricorso anche alla cassa integrazione straordinaria dovuto all'effetto congiunto dell'attivazione della cigs in deroga e del passaggio di alcune aziende dalla cigo alla cigs. In provincia di Belluno le ore di cassa integrazione autorizzate nel 2008 sono state 1.676.059, mentre nel 2009 sono state 8.924.396 (fonte dati: Veneto lavoro). Ne consegue che anche gli inserimenti di lavoratori espulsi dal mercato del lavoro in lista di mobilità hanno subito netti incrementi che sono presumibilmente destinati ad aumentare nel corso del 2010, con l'approssimarsi dello scadere degli ammortizzatori sociali attualmente presenti. Analizzando la banca dati dei Centri per l'impiego relativa agli avviamenti e alle cessazioni e alle trasformazioni di rapporti di lavoro dipendente e parasubordinato, si evidenzia come nel corso di tutto il 2008 e i primi nove mesi del 2009 vi sia stato un notevole abbattimento degli avviamenti rispetto al 2007, che solo ad ottobre e novembre risulta essere leggermente in controtendenza. In particolare, sono sensibilmente calati gli avviamenti a tempo indeterminato, mentre il leggero recupero nel periodo finale del 2009 si riscontra nei contratti a tempo determinato, anche se in valori assoluti i numeri delle assunzioni sono ben lontani dai volumi del 2007. 12 Tratto dalla documentazione predisposta dal Servizio Politiche del Lavoro dell’Amministrazione Provinciale di Belluno per la progettazione ‘Occupabilità oltre la crisi’ 21 Avviamenti totali per anno e mese Mese gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic Anno Variazione tendenziale 2007 2008 2009 3.967 2.833 3.193 3.092 3.393 4.440 4.637 2.442 4.634 3.267 2.867 6.313 3.650 2.354 2.226 2.294 2.384 3.752 3.947 1.869 3.895 1.966 1.699 5.479 2.405 1.397 1.539 1.699 1.991 3.295 3.604 1.671 3.211 2.072 1.820 2008/2007 2009/2008 -7,99% -16,91% -30,28% -25,81% -29,74% -15,50% -14,88% -23,46% -15,95% -39,82% -40,74% -13,21% -34,11% -40,65% -30,86% -25,94% -16,48% -12,18% -8,69% -10,59% -17,56% 5,39% 7,12% Fonte dati: Veneto Lavoro Avviamenti a tempo indeterminato per anno e mese Mese gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic 2007 973 788 1.052 932 898 736 808 477 1.197 739 617 724 Anno 2008 802 534 595 643 404 473 508 266 978 504 317 464 2009 472 334 392 568 406 349 407 181 467 357 209 Variazione tendenziale 2008/2007 2009/2008 -17,57% -41,15% -32,23% -37,45% -43,44% -34,12% -31,01% -11,66% -55,01% 0,50% -35,73% -26,22% -37,13% -19,88% -44,23% -31,95% -18,30% -52,25% -31,80% -29,17% -48,62% -34,07% -35,91% Fonte dati: Veneto Lavoro Avviamenti a tempo determinato per anno e mese Mese gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic 2007 2.705 1.833 1.928 1.951 2.251 3.012 2.975 1.683 3.019 2.134 1.974 5.296 Anno 2008 2.575 1.639 1.442 1.472 1.789 2.741 2.821 1.352 2.587 1.230 1.173 4.783 2009 1.681 894 980 1.009 1.382 2.606 2.668 1.272 2.443 1.472 1.430 Variazione tendenziale 2008/2007 2009/2008 -4,81% -34,72% -10,58% -45,45% -25,21% -32,04% -24,55% -31,45% -20,52% -22,75% -9,00% -4,93% -5,18% -5,42% -19,67% -5,92% -14,31% -5,57% -42,36% 19,67% -40,58% 21,91% -9,69% Fonte dati: Veneto Lavoro 22 Rispetto al numero di disoccupati attualmente presenti nel territorio provinciale si possono elaborare delle stime sufficientemente affidabili che fanno ritenere che essi siano oltre 9.000. Di questi quasi il 38% è domiciliato nell'ambito territoriale del Centro per l'impiego di Belluno, quasi il 32% nel Feltrino, il 23% nel territorio di competenza del Centro per l'impiego di Pieve di Cadore e il 13,8% nell'Agordino. Alcune caratteristiche degli disoccupati sono particolarmente rilevanti: quasi il 45% di essi possiede solo un titolo di licenza media, quasi il 34% ha un'età superiore ai 45 anni e oltre il 29% è disoccupato da almeno due anni. E' evidente che in presenza di un contesto socio-economico di tal fatta urge la necessità di intervenire con politiche attive del lavoro che, in previsione di un’auspicata prossima ripresa economica, mirino principalmente a riqualificare e riconvertire in modo adeguato le persone che in questi quasi due anni sono stati espulsi da realtà aziendali ora per lo più inesistenti o in corso di chiusura. In particolare la sfida consiste principalmente nell'offrire ai lavoratori l'opportunità di frequentare percorsi formativi che siano in linea con le prossime esigenze di professionalità da parte del mondo imprenditoriale locale. Il presupposto decisivo per tentare di raggiungere tale obiettivo è quello di riuscire a confrontarsi costantemente con associazioni datoriali e agenzie di somministrazione e mondo dell'istruzione e della formazione per cercare di intercettare i bisogni professionali con un anticipo sufficiente a preparare le persone residenti nel territorio che cercano di reinserirsi nel mercato del lavoro. La povertà Secondo Don Paolo Gessaga (fondatore della catena di aiuto della Caritas) “la povertà non è più senza fissa dimora, è accanto a noi, diffusa e afona, al pari della disuguaglianza. È meno apparente, ma è più profonda. La crisi ha accentuato le disuguaglianze e frantumato anche la middle class italiana”. E l'Italia, in termini di reddito, è un paese sempre più diseguale: ricchi e poveri, giovani e anziani, uomini e donne, Nord e Sud. Nemmeno la recessione è stata, ed è, uguale per tutti. I giovani stanno pagando di più (ISTAT): un giovane su tre è senza lavoro e chi di loro ce l’ha ancora, guadagna il 35% in meno di chi ha tra i 31 e i 60 anni (era il 20% negli anni ‘80). Secondo l’ultimo Rapporto 2009 su povertà ed esclusione sociale in Italia “Famiglie in salita” elaborato da Caritas e Fondazione Zancan, si evidenzia come molti nuclei familiari fatichino ad arrivare a fine mese, a pagare l’affitto, a seguire l’educazione dei propri figli, a curare la propria persona in modo dignitoso. Ovverosia, si osserva l’emergere della cosiddetta povertà relativa, da intendersi come capacità di spesa inferiore alla spesa media pro-capite italiana (sotto ai 600 euro al mese), che sta interessando complessivamente 8 milioni di persone, il 13,6% della popolazione italiana, l’11,3% delle famiglie italiane. A questa si affianca la cosiddetta povertà assoluta che riguarda coloro che non riescono neppure ad avere accesso ai servizi di base, quelli considerati essenziali per uno standard di vita accettabile (es. 150 euro al mese). In questa fascia si trovano un po’ più di un milione di persone. Oltre a queste due categorie, il rapporto richiama coloro che sono ‘a rischio povertà’, ovverosia coloro che sono al di sopra della soglia di povertà, ma che vivono una situazione di precariato che può portare in fretta a ridurre il proprio tenore di vita. Si tratta di persone vulnerabili, non ancora povere ma non più benestanti. Si affacciano per la prima volta ai servizi, le richieste legate alla difficoltà a far fronte ai compiti ordinari della vita: pagare l’affitto/mutuo, fare la spesa, sostenere un familiare in situazione di forte dipendenza, acquistare medicinali, pagare le bollette e così via. In sostanza persone ancora troppo benestanti per essere prese in carico (soprattutto in riferimento ai comuni che sostengono economicamente le persone sulla base dell’ISEE), ma tuttavia già in estrema emergenza nell’affrontare impegni economici immediati13. 13 Cossiga Fiorese Scarpa “I servizi socio-assistenziali di fronte all’impoverimento delle famiglie”. Animazione Sociale 2010. 23 Anche nel Feltrino e nel Bellunese emergono sempre più numerose situazioni di povertà, che seppur non estrema o assoluta, indicano un aumento di difficoltà economiche anche nelle nostre zone montane. Per gestire e affrontare il fenomeno della povertà, nel 2005 (ultimi dati disponibili) i comuni veneti hanno speso mediamente € 7,38 pro capite: la spesa maggiore è stata registrata a Venezia (€ 13,11) e a Verona (€ 10,05). Il dato più basso invece è quello di Belluno (€ 2,82): Spesa pro capite interventi contro povertà Contributi pro capite per alloggio Spesa pro capite strutture residenziali per Contributo pro capite a integrazione del reddito familiare Belluno 2,82 € Belluno 0,11 € Padova 0,32 € Belluno 0,10 € Rovigo 3,24 € Rovigo 0,26 € Rovigo 0,36 € Rovigo 1,10 € Padova 5,46 € Padova 0,33 € Belluno 0,44 € Padova 1,16 € Treviso 6,19 € Verona 3,55 € Venezia 1,57 € Venezia 1,37 € Venezia 13,11 € Venezia 4,39 € Verona 2,34 € Veneto 7,38 € Veneto 1,88 € Veneto 0,95 € Veneto 0,77 € Tabella 10 Politiche a sostegno della povertà. Dati anno 2005. Fonte Caritas - Zancan 24 3) LA DEFINIZIONE DELLE STRATEGIE DI INDIRIZZO E LE SCELTE OPERATIVE Prima di presentare la programmazione per il prossimo quinquennio per singola area di bisogno, appare opportuno declinare le strategie di indirizzo che gli attori del territorio dell’Ulss n°2 di Feltre hanno condiviso e che ritengono opportuno seguire. Non si può, inoltre, tralasciare di evidenziare come la presente pianificazione si vada ad intrecciare in modo armonico con le attività a carattere socio-sanitario a valenza sanitaria programmate recentemente, che sostengono in modo importante la centralità del territorio e della famiglia come luogo privilegiato di cura e di accoglienza anche nella malattia e in situazioni di forte compromissione dell’autonomia. Infine, appare importante riportare la scelta della Conferenza dei Sindaci di gestire in modo associato alcune funzioni ed i relativi impegni economici, coniugando la solidarietà con la volontà di offrire ai cittadini uguali opportunità e sostegno uniforme nel bisogno. La definizione delle strategie di indirizzo nel quinquennio Le strategie di indirizzo che orientano i 5 anni di programmazione nella complessità del Piano possono essere così sintetizzate: — centralità della persona e della famiglia ed adozione dell’ottica relazionale nel lavoro con l’utenza (dall’orientamento/informazione alla presa in carico); — mantenimento dell’offerta nonostante la contrazione delle risorse, soprattutto nell’area degli inserimenti lavorativi e nei percorsi di re-inserimento sociale; — accento sui processi territoriali (in particolare area persone anziane, area disabili e area salute mentale), non contraendo l’offerta residenziale, ma anzi integrando questa nel tessuto della comunità e sviluppando maggiormente i servizi domiciliari. Il Piano attuativo locale per le cure primarie (DG 629/09)14 In collegamento alle indicazioni strategiche ora sintetizzate, ricordando che assumere il principio della centralità della persona significa mettere al centro del processo programmatorio il distretto, sede in cui il territorio e l’ospedale si fondono per un sostegno totale ai bisogni del cittadino, si richiamano alcune principali finalità del Piano attuativo locale cure primarie, che si integra con questo documento di pianificazione in particolare per quanto riguarda la ricerca di una più forte e strutturata integrazione socio-sanitaria negli aspetti di: 1) una maggiore attenzione nei processi di assistenza in continuità tra ospedale e territorio (sia attraverso progettualità di sistema che di salute); 2) lo sviluppo di metodologie volte alla gestione integrata del paziente (in particolare per coloro che sono affetti da demenza, ma anche per realizzare per il paziente fragile "un bilancio di salute" comprendente la scheda sanitaria del Medico di Medicina Generale, la SVAMA e altre valutazioni); 3) un’attenzione particolare allo sviluppo degli interventi a domicilio sia per un’analisi dei bisogni aggiornata e approfondita, sia per la formazione del personale, sia infine per una maggior condivisione e coordinamento con gli attori del territorio. 14 Estratto in allegato 25 L’ampliamento dell’hospice(DG 466/10) e la riorganizzazione servizio cure palliative (DG 243/10) E’ opportuno ricordare, rimanendo nell’ambito delle attività più a carattere sanitario, la scelta aziendale di dedicare particolare attenzione all’implementazione delle politiche a sostegno delle persone in stato di inguaribilità avanzata o a fine vita e per sostenere la lotta al dolore. Ciò si concretizza attraverso l’ampliamento dell’hospice extraospedaliero Le Vette, a gestione diretta nell'area ospedaliera, che passa da 4 a 7 posti. La struttura è rivolta sia alla popolazione residente nell’Ulss n°2 di Feltre, che a quella che insiste nel Primiero per un bacino di circa 95.000 persone in un reciproco contemperamento degli interessi dei due enti e rispondendo ai principi di integrazione e di sussidiarietà, indicati anche nella convenzione stipulata tra la Regione del Veneto e la Provincia Autonoma di Trento, ora in fase di rinnovo. Nella stessa direzione si è provveduto ad implementare il personale dedicato al servizio cure palliative ed è in atto un processo di riorganizzazione in un’ottica di maggiore integrazione con i servizi domiciliari. Il centro di decadimento cognitivo (DG 863/09)15 Per completare il quadro degli interventi socio-sanitari a maggiore valenza sanitaria che ben si integrano con il presente Piano, giova richiamare anche l’istituzione del Centro di Decadimento Cognitivo. Negli ultimi anni si è visto un incremento delle demenze di Alzheimer e delle altre demenze con un aumento costante della domanda di assistenza per questi malati. Incremento, questo, che si è tradotto in una maggiore esigenza da parte degli utenti e dei loro famigliari di avere informazioni aggiornate sulla malattia, sulle modalità di accesso ai servizi territoriali, sulla possibilità di usufruire di un sostegno psicologico, sugli aspetti amministrativi connessi all’avanzamento della malattia stessa, con riduzione della frammentazione dei percorsi assistenziali. In considerazione del fatto che la natura di tali patologie (lunga durata della malattia, precoce perdita di autosufficienza, necessità di cure e sorveglianza continue) costituisce un impegno gravoso e costante per la famiglia e per la società in termini di risorse sanitarie, socio-assistenziali ed economiche, l’Ulss ha scelto di costituire un gruppo di lavoro al fine di predisporre una semplificazione del sistema di relazioni tra il malato e gli operatori, evitando la frammentazione delle competenze e delle referenze con l’obiettivo di: — contenere il declino cognitivo e della disabilità del malato, agendo a livello clinico, comportamentale e ambientale; — permettere al malato di restare nel suo nucleo familiare, compatibilmente con i criteri di sicurezza sue e dei conviventi; — sostenere il nucleo familiare nell’assistenza continuativa al malato. L’integrazione gestionale: le funzioni per cui si realizza una gestione associata tra i diversi enti del territorio16 L’integrazione gestionale è uno degli obiettivi regionali declinati anche nelle linee guida per i Piani di zona (DgrV 157/10) e mira a garantire la gestione unitaria delle funzioni sociali almeno a livello distrettuale, mediante il ricorso a diverse modalità gestionali previste dalla normativa nazionale e regionale. La promozione della gestione unitaria su base distrettuale deve permettere l’identificazione delle specificità del territorio garantendo un’unitarietà di risposta nell’ambito territoriale. Nella DgrV 2082/10 “Approvazione del documento di indirizzo regionale di cui alla DgrV 157/10, allegato A, e del documento recante: “Indicazioni per la presentazione del documento: “Piano di zona 2011/2015”, l’indicazione delle funzioni per cui si realizza una gestione associata tra 15 Descrizione della strutturazione del servizio in allegato. Regolamenti associativi in allegato relativi alla tutela minori e alla disabilità. La delega delle funzioni domiciliari è invece connessa a strategie di passaggio dal consorzio di comuni all’Ulss e di conseguenza non vi è un atto specifico recente. 26 16 i diversi enti del territorio, con l’individuazione delle modalità scelte per garantire la gestione unitaria diventa elemento connesso al rilascio del visto di congruità. Nel territorio dell’Ulss n°2, in tempi diversi, si è scelto di attivare una gestione unitaria di alcuni servizi nei seguenti ambiti: 1) servizio sociale professionale e assistenza domiciliare; 2) residenzialità persone disabili; 3) tutela minori; 4) politiche giovanili; 5) politiche relative all’immigrazione. La scelta di una gestione unitaria dei servizi, trova radici già nel 1979, anno in cui nel passaggio dal consorzio socio-sanitario definito dai comuni della Comunità Montana Feltrina (13 enti) all’Ulss n°2 (18 comuni) si intuì l’importanza di un servizio di assistenza domiciliare comprensoriale, per non incorrere nello sviluppo di iniziative frammentarie e di improvvisazione degli interventi. Accanto a questo venne affrontato anche il complesso problema della presenza del servizio sociale professionale, cioè degli assistenti sociali sul territorio, con la messa a punto di “linee operative di organizzazione delle equipe socio-sanitarie” che definì un modello di presenza distrettuale di fatto a tutt’oggi ancora in vigore. Nel 1981 si diede il via all’attivazione del servizio di assistenza domiciliare comprensoriale per 10 comuni, dall’anno successivo confluirono a pieno titolo nel servizio anche i comuni di Feltre, di Lamon e di Sovramonte, rendendo così operante in modo univoco e uniforme il servizio domiciliare sull’intero territorio della Comunità Montana Feltrina. Negli anni di ampliamento del territorio dell’Ulss n°2 (passaggio da 13 a 18 comuni) scelsero la delega delle funzioni domiciliari e di servizio sociale professionale anche i comuni di Lentiai e di Sospirolo, quadro confermato anche nell’attuale organizzazione in cui restano autonomi, rispetto tali funzioni, i comuni di Mel, Sedico e Trichiana. E’ importante evidenziare che i 15 comuni deleganti hanno scelto anche una gestione condivisa della parte economica, in cui la figura dell’assistente sociale viene pagata su quota pro-capite, mentre quella dell’operatore socio-sanitario avviene su ripartizione a consumo. Nel territorio dell’Ulss n°2, l’unitarietà del servizio è estesa a tutti i comuni (quindi anche ai 3 non deleganti) grazie ad un percorso condiviso di elaborazione e di applicazione del Regolamento unico per la gestione del servizio di assistenza domiciliare socioassistenziale, sviluppato nel Piano Locale della Domiciliarità e tuttora in vigore, nonché allo sportello integrato che opera in modo uniforme e ‘uniformante’ nel territorio. Nel 2001, a seguito dell’elaborazione del primo Piano di zona territoriale, la Conferenza dei Sindaci sceglie di stipulare con l’Ulss la “Convenzione per la realizzazione di un sistema integrato dei servizi socio-sanitari” che, oltre all’elencazione delle funzioni per delega obbligatoria (18 comuni) e al richiamo della delega dell’assistenza domiciliare, del servizio sociale professionale e del segretariato sociale (15 comuni), pone le basi per la gestione unitaria della parte economica relativa alla “quota alberghiera” in caso di ricovero a carattere residenziale di persone disabili secondo il seguente criterio: — determinato il valore della “quota alberghiera”, ovvero la parte di retta non coperta da quota sanitaria e di rilievo sanitario erogata dalla Regione o dall’Ulss; — determinata la parte di contribuzione a carico dell’utente e/o dei familiari di cui il comune è responsabile nella definizione e garante per il rispetto essendo a ciò vincolato il buon esito della gestione associata; — viene posto in gestione associata il restante valore che sarà ripartito per il 40% al comune inviante e per il 60% in quota pro-capite. Nella stessa convenzione viene avviato un pensiero di gestione unitaria per l’ambito tutela minori, che verrà negli anni strutturato e definito fino agli accordi sanciti nel 2008 con lo sviluppo di un regolamento unico per la cura, la protezione e la tutela del minore e con il recepimento del regolamento dei comuni dell’Ulss n°2 per la gestione associata degli 27 interventi economici legati alla tutela dei minori (rette per servizi e contributi per le famiglie affidatarie). Secondo queste indicazioni regolamentari, le rette e gli altri interventi economici a carico della gestione associata sono quelli approvati in sede di Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale (UVMD). La partecipazione economica è relativa alle seguenti tipologie di inserimenti: — in comunità in regime residenziale; — in comunità in regime semiresidenziale (diurno); — in convitto e negli interventi educativi al domicilio (nei casi in cui l'UVMD lo ritenga un adeguato e sufficiente intervento di tutela per il minore). In questi casi l'onere dell'intervento è a totale carico della quota associativa, in quanto il servizio erogato è di natura educativa e assistenziale e pertanto non rientra in un LEA sanitario; — in affidamento intra-familiare in regime residenziale; — in affidamento intra-familiare in regime diurno; — in affidamento etero-familiare in regime residenziale; — in affidamento etero-familiare in regime diurno. Per quanto riguarda la retta viene posta in gestione associata esclusivamente la parte non coperta da quota sanitaria e/o dalla famiglia e anche in questo specifico caso vale quanto sopra riportato per l’associata disabili ovverosia il 40% al comune inviante e il 60% in quota pro-capite, in un’ottica di solidarietà soprattutto nei confronti dei comuni più piccoli. La scelta di una gestione unitaria delle politiche giovanili avviene nel territorio Feltrino per l’adesione ai bandi regionali promossi attraverso la ex LR 29/88 e l’attuale LR 17/08. Un’impostazione di tal tipo trova radici già nel 1985 quando, proprio attraverso questi dispositivi di legge, l’Ulss ha assunto un ruolo rilevante e unificante attraverso una gestione unitaria delle ludoteche (comuni di Feltre, Arsiè, Alano, Sovramonte, Lamon, Cesiomaggiore, Pedavena, Quero) e l’istituzione dell’Informagiovani (gestito dall’Ulss con la partecipazione finanziaria dei comuni di Alano, Arsiè, Feltre, Lamon, Pedavena, Santa Giustina e Vas). L’impegno nel coordinamento di iniziative rivolte ai giovani e ai minori si è consolidato nel tempo anche attraverso l’istituzione dell’Ufficio di segreteria e di coordinamento L. 285/97, che ha contribuito a sviluppare una metodologia di programmazione unitaria e lo sviluppo di reti di coordinamento tuttora esistenti. Dal 2005, anno in cui è stato presentato a finanziamento LR 29/88 un progetto unico per tutta la provincia di Belluno, si sono poi succeduti altri progetti che hanno coinvolto in modo costante più della metà dei comuni facenti parte dell’Ulss n°2, con un iniziale coordinamento dell’Ufficio di Piano, ora in capo al comune di Feltre. Infine, è opportuno ricordare che, sempre dal 2005 su iniziale impulso dell’Ufficio di Piano, viene sviluppato a livello territoriale il Programma annuale di integrazione sociale e scolastica per gli immigrati non comunitari che coinvolge tutti 18 i comuni del Feltrino e che trova nel comune di Feltre l’ente capofila. Si ricorda, inoltre, che lo sportello Informaimmigrati è sostenuto economicamente da più enti locali facenti parte della Comunità Montana Feltrina. 28 3.1 FAMIGLIA, INFANZIA, ADOLESCENZA, CONDIZIONE DI DISAGIO, GIOVANI MINORI IN Gli orientamenti strategici tracciati per i prossimi cinque anni riservano particolare attenzione alla necessità di accompagnare nel benessere e nella difficoltà il nucleo famigliare, secondo metodologie che prevedono una forte sinergia tra gli attori del territorio (pubblici, privati e del privato sociale) nell’orientamento, accompagnamento e sostegno dei singoli componenti. La filosofia di base è consentire la trasversalità degli interventi senza settorializzare il bisogno, ma accogliendo la persona/famiglia nella sua globalità: il cittadino al centro dei servizi. Per quanto concerne la giovane generazione, il pensiero programmatorio accoglie a tutto tondo l’universo giovanile a partire dalle necessità di vita autonoma, fino ad intrecciare i settori più specifici dello studio, del lavoro, della casa e della mobilità. A) LE STRATEGIE DI INDIRIZZO L’analisi del bisogno, compiuta nelle riunioni del tavolo di lavoro Area Famiglia, infanzia, adolescenza, minori in condizione di disagio, ha preso in considerazione sia le necessità del nucleo familiare che vive cambiamenti legati al suo normale “ciclo di vita”, sia quelle della famiglia che si trova in condizioni di grave disagio e seria problematicità. Per quanto riguarda i giovani sono stati presi in considerazione sia gli aspetti legati al passaggio alla vita autonoma, sia quelli relativi alle forme di partecipazione alla vita sociale. Le riflessioni emerse, integrate con quanto riportato nelle schede di espressione del bisogno compilate dai singoli soggetti aderenti al Piano di zona, hanno evidenziato le seguenti priorità: 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) fragilità delle figure genitoriali e delle funzioni educative; rischio di consolidamento di situazioni di grave disagio familiare, personale, scolastico del minore e rischio di pregiudizio del minore; rischio di solitudine e di sviluppo di comportamenti devianti nei minori; fragilità della coppia; fragilità e discontinuità della rete e del coordinamento territoriale in ambito familiare; fragilità della famiglia in situazione di difficoltà socio-economica; rischio di parcellizzazione e settorializzazione degli interventi che riguardano la famiglia e i minori; problematicità nell’avvio della vita autonoma dei giovani; disagi nella mobilità provinciale ed extraprovinciale per i giovani; problematicità nell’accesso alla formazione da parte dei giovani; difficoltà ad attivare e/o gestire spazi aggregativi; fragilità nello sviluppo dell’imprenditoria giovanile; fragilità nell’informazione sulle politiche e sulle opportunità rivolte ai giovani; fragilità nella conoscenza di sé, disagio psicologico nell’età giovanile; fragilità nel coordinamento tra soggetti che operano nell’area giovani; problematicità per i giovani nel partecipare ai processi decisionali; fragilità nella partecipazione attiva dei giovani nell’ambito socio-culturale. Di seguito si specificano i singoli bisogni indicando se già esistenti nella progettualità del Piano di zona attualmente in vigore o se emergenti. Si definiscono, inoltre, le politiche verso cui si intende orientare la futura progettazione. 29 1) fragilità delle figure genitoriali e delle funzioni educative (bisogno consolidato) Nell’attuale contesto culturale e sociale i genitori si trovano a gestire spesso in solitudine l’ambito educativo della relazione con i figli. Questa situazione non favorisce lo sviluppo di adeguate competenze, bensì amplifica ansie e preoccupazioni ed alimenta nei genitori fragilità ed insicurezza riguardo le proprie capacità educative. A ricaduta, in bambini e ragazzi possono intensificarsi problematiche comportamentali e disagi psico-sociali. Si evidenzia, pertanto, il bisogno di supporto e di sostegno al ruolo genitoriale nelle diverse età dei figli: prima infanzia, latenza, pre-adolescenza ed adolescenza. Situazioni che richiedono un giusto accompagnamento alle funzioni genitoriali sono anche i genitori adottivi, la genitorialità sociale, le coppie di genitori separati, la monogenitorialità. Quanto detto viene confermato anche dai dati dell’utenza afferente alla UO consultorio familiare e tutela minori, che passa dai 1.702 utenti del 2007 ai 1.928 del 2009. Per completezza si ricorda qui che tale unità operativa è inserita (secondo l’Atto Aziendale) nel dipartimento trans-murale area materno infantile e, pertanto, sono costanti ed intriseci nell’attività quotidiana i rapporti con l’ospedale sia attraverso azioni di promozione, sia attraverso l’attivazione di specifici protocolli di intervento. Politiche da perseguire: favorire e potenziare percorsi di sostegno alla genitorialità che, in varie forme, si occupino dell’accompagnamento dei genitori con figli anche in collaborazione con i soggetti del territorio con particolare attenzione al mondo della scuola; dedicare particolare attenzione alla famiglia adottiva nelle varie fasi del percorso adottivo. 2) rischio di consolidamento di situazioni di grave disagio personale, familiare, scolastico del minore e rischio di pregiudizio del minore (bisogno consolidato) Nel nostro territorio è presente un incremento delle situazioni di grave disagio familiare e di disagio scolastico del minore: il servizio psico-sociale per l’età evolutiva passa da 1.164 casi nel 2007 a 1.261 nel 2009 e l’ufficio tutela minori17 vede aumentare le situazioni in carico dalle 56 del 2008 alle 60 attuali. Si tratta di situazioni familiari complesse che richiedono interventi professionali specifici nel lungo periodo. La presa in carico ed il trattamento del nucleo familiare, incluso il bambino, hanno l'obiettivo di sostenere e promuovere nuove competenze educative. In alcune situazioni si rende necessario l’inserimento del minore in comunità d’accoglienza, per questo motivo il mantenimento dell’associata tra comuni rimane un bisogno fondamentale. Si sottolinea, inoltre, l'importanza di sostenere adulti e minori che hanno subito traumi per maltrattamento/abuso mediante percorsi specifici anche psico-terapeutici. Politiche da perseguire: ampliare e sviluppare percorsi di sostegno alla famiglia ed al minore nelle situazioni di grave disagio familiare e nel rischio di pregiudizio del minore; sviluppare e potenziare l’affido familiare; favorire e potenziare percorsi educativi a domicilio e riabilitativi di sostegno al minore; potenziare gli interventi diagnostico-riabilitativo-educativi a favore di minori con DSA; promuovere interventi mirati di supporto nelle difficoltà di comunicazione e di relazione dei minori stranieri; mantenere e promuovere l’aggiornamento e la disponibilità dei tutori volontari per minori di età; mantenere l’attività delle comunità d’accoglienza diurne e residenziali per minori; 17 Atto di recepimento delle Linee Guida Regionali per la Tutela e la Protezione dei Minori in allegato. 30 - mantenere il sostegno economico (associata) per le situazioni che richiedono l’inserimento del minore in comunità d’accoglienza semi-residenziali e residenziali; favorire percorsi di sostegno ad adulti e minori nelle situazioni di trauma per maltrattamento ed abuso infantile (es. pedofilia); implementare la collaborazione con il mondo della scuola anche attraverso la strutturazione di specifici protocolli. 3) rischio di solitudine e di sviluppo di comportamenti devianti nei minori (bisogno consolidato) Sono sempre più i minori che vivono in contesti di solitudine. Il lavoro di entrambi i genitori e la distribuzione territoriale dei paesi che non agevola gli spostamenti, fanno sì che il tempo extra-scolastico dei ragazzi sia un tempo “autogestito”. Si nota come questa situazione, nell’attuale contesto sociale, porti i ragazzi a precocizzare le esperienze e condizioni le dinamiche relazionali tra pari. Queste, infatti, si fanno più insofferenti ed aggressive, con conseguenti episodi di bullismo o all’opposto di esasperata chiusura e rinuncia. Diventa essenziale la presenza di adulti di riferimento significativi e lo sviluppo di percorsi psico-educativi di supporto nelle attività extrascolastiche, incluso il sostegno nelle attività di studio (compiti scolastici). Politiche da perseguire: migliorare la gestione del tempo libero per i minori contrastando situazioni di solitudine e disagio; favorire e sviluppare percorsi di educazione alla relazione tra pari e con adulti di riferimento significativi in un’ottica di prevenzione ai comportamenti devianti; implementare il sostegno nelle attività extrascolastiche. 4) fragilità della coppia (bisogno consolidato) I dati evidenziano un aumento delle separazioni di coppia e un incremento delle separazioni delle coppie conviventi con figli. Queste situazioni esprimono il bisogno emergente di ampliare e potenziare sia l’accompagnamento alla coppia in generale, sia il supporto e il sostegno nella conflittualità per le coppie in crisi. Diventa necessario favorire e promuovere momenti formativi e informativi di confronto con esperti nelle tematiche che riguardano la coppia. Inoltre, nel caso di separazione della coppia con figli, è prioritario promuovere e potenziare percorsi di sostegno alla genitorialità. Politiche da perseguire: favorire e sviluppare l’accompagnamento della coppia nei vari momenti del suo ciclo vitale; potenziare il sostegno della coppia in crisi per un’adeguata gestione della conflittualità, con particolare attenzione alla coppia con figli attraverso anche la mediazione familiare; dedicare attenzione alla violenza intra-familiare, in particolare nei confronti della donna, anche prevedendo dispositivi di accoglienza o case rifugio. 5) fragilità e discontinuità della rete e del coordinamento territoriale in ambito familiare (bisogno emergente) Si assiste all’aumento di situazioni di solitudine, di fragilità familiare e di difficoltà, anche temporanea, delle famiglie e dei genitori. E’ presente, inoltre, il bisogno di potenziare un raccordo territoriale tra i vari soggetti che si occupano di famiglia e minori (famiglia, comunità d’accoglienza per minori, servizi Ulss, strutture prima infanzia, scuola, enti, associazioni) al fine di garantire maggiore continuità agli interventi a favore della famiglia, anche tenendo conto dei tempi di cura e di lavoro. 31 Politiche da perseguire: promuovere ed ampliare la creazione di reti di solidarietà stabili in ambito territoriale; favorire e sviluppare le reti di famiglie e l’associazionismo familiare; promuovere una riflessione sulla conciliazione tempi di cura e tempi di lavoro; sviluppare e potenziare prassi condivise tra soggetti che operano nello stesso ambito; promuovere il raccordo territoriale tra i vari soggetti che si occupano di famiglia e minori per garantire maggiore continuità agli interventi a favore della famiglia; mantenere ed ampliare quanto attuato finora quale momento di confronto per attivare prassi condivise. 6) fragilità della famiglia in situazione di difficoltà socio-economica (bisogno emergente) A causa della crisi economica in atto, le famiglie presentano difficoltà di carattere socio-economico. L’erogazione dei contributi sembra non essere omogenea e proporzionata in tutto il territorio del Feltrino. Politiche da perseguire: favorire il sostegno economico della famiglia; monitorare e ‘regolamentare’ laddove possibile l’erogazione di contributi nei comuni del territorio. 7) rischio di parcellizzazione e di settorializzazione degli interventi che riguardano la famiglia e i minori (bisogno consolidato) Politiche da perseguire: integrare in modo coordinato le varie attività istituzionali che il territorio promuove in riferimento alla donna, alla famiglia, ai minori e più in generale nell’ambito delle pari opportunità; favorire lo sviluppo ed il potenziamento di formazione continua per operatori, educatori ed adulti di riferimento che si occupano di famiglia e minori. 8) problematicità nell’avvio della vita autonoma (bisogno emergente) Si evidenziano come fortemente problematici i percorsi che portano alla strutturazione di una vita autonoma e, di conseguenza, all’uscita dalla famiglia d’origine a causa delle difficoltà in ambito lavorativo (precariato, disoccupazione, salari insufficienti) e dell’elevato costo di affitti e abitazioni. Politiche da perseguire: implementare le buone prassi operative già esistenti (es. sportelli A. Gio, sportello prima casa promosso dalla Provincia); stimolare il coordinamento tra amministrazioni pubbliche, scuola, università e mondo del lavoro; attivare ricerca - azione sul “social - housing”. 9) disagi nella mobilità provinciale ed extraprovinciale (bisogno consolidato) Politiche da perseguire: incrementare e qualificare l’offerta di trasporto pubblico locale; promuovere l’uso della bicicletta; attivare ricerca sulla mobilità coinvolgendo i giovani. 32 10) problematicità nell’accesso alla formazione (bisogno consolidato) La formazione universitaria dei figli comporta costi molto alti per le famiglie, soprattutto per le spese di vitto e alloggio fuori sede ed i trasporti. Si rilevano scarsi investimenti da parte delle aziende del territorio per la formazione di tirocinanti e neo-assunti che consentirebbero al giovane di farsi un'esperienza in loco. Anche presso gli enti pubblici le possibilità di svolgere tirocini sono limitate. Politiche da perseguire: attivare fondi di sostegno/borse di studio per studenti meritevoli; potenziare l’informazione sulle opportunità economiche esistenti per gli studenti meritevoli; implementare le buone prassi operative già esistenti (es. sportelli A.Gio, tirocini per studenti delle scuole superiori finanziati dai centri per l’impiego, rete per l’orientamento); stimolare aziende ed enti ad accogliere tirocinanti, prevedendo un fondo pubblico di sostegno; potenziare il legame università - territorio. 11) difficoltà ad attivare/gestire spazi aggregativi (bisogno consolidato) Solo in alcuni comuni sono disponibili spazi destinati ai giovani. E’ evidente, inoltre, la carenza di sale prove musicali. Si continua a sottolineare lo scarso investimento nelle figure professionali a sostegno delle politiche giovanili (educatori, educatori di comunità). Politiche da perseguire: stimolare la collaborazione tra comuni limitrofi per affrontare la progettazione e le spese in modo aggregato; investire maggiori risorse economiche e umane nella gestione degli spazi aggregativi giovanili; incrementare la fruibilità per i giovani degli spazi già esistenti; concorrere ai bandi europei anche per attivare iniziative di interesse per i giovani. 12) fragilità nello sviluppo dell’imprenditoria giovanile (bisogno emergenze) Politiche da perseguire: migliorare la diffusione dell’informazione sulle opportunità già esistenti (es. incubatori d’impresa, finanziamenti specifici); aumentare la collaborazione tra enti, associazioni di categoria, scuola, università. 13) fragilità nell’informazione sulle politiche e sulle opportunità rivolte ai giovani (bisogno consolidato) Politiche da perseguire: stimolare lo scambio di informazioni tra enti e servizi; migliorare i canali di comunicazione con il mondo giovanile, aumentando la consapevolezza del proprio ruolo e le conoscenze degli adulti di riferimento per i giovani. 14) fragilità nella conoscenza di sé, disagio psicologico (bisogno consolidato) Il disagio psicologico, si manifesta anche con l’ampio ricorso all’uso di psicofarmaci oltre che nella più normale difficoltà a riconoscere i propri interessi, le proprie competenze e le proprie capacità, nel capire come collegare l’ambito formativo con quello lavorativo. E’ riconducibile anche alla carenza di esperienze nei contesti sociali, collegate in parte alle 33 scarse competenze di alcuni adulti nell'accogliere ed affiancare i giovani, in parte alla scarsa propensione di alcuni genitori ad orientare i figli verso esperienze extrascolastiche o ad aiutarli a rielaborare le esperienze vissute. Politiche da perseguire: mantenere consulenze psicologiche, educative, sanitarie; mantenere percorsi di educazione all’affettività e alla sessualità; implementare progetti che avvicinano i giovani alla comunità e alle associazioni di volontariato. 15) fragilità nel coordinamento tra soggetti che operano nell’area giovani (bisogno consolidato) Politiche da perseguire: attivare progetti che coinvolgano più enti; attivare progetti di comunità di durata pluriennale; attivare corsi di formazione per tecnici e politici. 16) problematicità per i giovani nel partecipare ai processi decisionali (bisogno consolidato) Politiche da perseguire: aumentare le occasioni di informazione e di confronto su temi di interesse generale, avvalendosi di linguaggi e stili comunicativi vicini ai giovani; inserire nelle commissioni consiliari rappresentanti del mondo giovanile; sviluppare maggiori collegamenti con l’ambito provinciale e regionale attraverso organismi di rappresentanza (LR 17/08); stimolare nei gruppi giovanili organizzati la riflessione socio-politica sulla comunità locale. 17) fragilità nella partecipazione attiva dei giovani nell’ambito socio-culturale (bisogno consolidato) Politiche da perseguire: costruire percorsi di impegno dei giovani nei mesi estivi presso enti pubblici, associazioni culturali e di volontariato, parrocchie; creare centrali delle capacità per la condivisione di saperi ed esperienze; offrire sostegno economico e tecnico all’organizzazione di attività socio-culturali di associazioni giovanili esistenti o nascenti; attivare percorsi di cittadinanza attiva; promuovere attività di interesse per i giovani. 34 B) LE SCELTE OPERATIVE Le azioni di mantenimento (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa) PRIORITA’ INTERVENTI Asilo nido (2) Micronido (4) Nido integrato (2) 1) fragilità figure genitoriali e delle funzioni educative Centro per la famiglia (2) Associazione G. Conz Comune di Feltre Nido in famiglia Cooperativa Portaperta per il coordinamento Consultorio Familiare e Tutela Minori Ulss 2 - CF Adozione Ulss 2 - CF Sostegno alla genitorialità 2) rischio di consolidame nto di situazioni di grave disagio personale, familiare scolastico del minore e rischio di pregiudizio del minore SOGGETTO RESPONSABILE Comune di Feltre Comune di Sedico Il Giocanido L’Arcobaleno Il Cucciolo Il Girasole Il Germoglio Nido Sant’Antonio di Tortal Ulss 2 - CF UTENZA RISORSE 2011 2011 Favorire e potenziare percorsi di sostegno alla genitorialità 200 1.052.842 Favorire e potenziare percorsi di sostegno alla genitorialità 130 380.800 Favorire e potenziare percorsi di sostegno alla genitorialità 41 265.700 200 48.000 n.q. n.q. 1.950 617.705 50 Costi in CF 155 28.800+q uota CF 1.300 950.837 56 47.320 + quota CF POLITICHE Favorire e potenziare percorsi di sostegno alla genitorialità Favorire e sviluppare le reti di famiglie Favorire e potenziare percorsi di sostegno alla genitorialità Favorire e sviluppare le reti di famiglie In linea generale tutte quelle espresse in particolare quelle elencate nelle priorità 1) 2) 4) 5) dedicare particolare attenzione alla famiglia adottiva nelle varie fasi del percorso adottivo favorire e potenziare percorsi di sostegno alla genitorialità che, in varie forme, si occupino dell’accompagnamento dei genitori con figli anche in collaborazione con i soggetti del territorio con particolare attenzione al mondo della scuola favorire e potenziare percorsi educativi a domicilio e riabilitativi di sostegno al minore Servizio psicosociale per l’età evolutiva Tutela minori Ulss 2 - SPSEE Ulss 2 – CF Ufficio Tutela Minori promuovere interventi mirati di supporto nelle difficoltà di comunicazione e di relazione dei minori stranieri implementare la collaborazione con il mondo della scuola anche attraverso la strutturazione di specifici protocolli ampliare e sviluppare percorsi di sostegno alla famiglia ed al minore nelle situazioni di grave disagio familiare e nel rischio di pregiudizio del minore 35 PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA RISORSE 2011 2011 40 20.360+ quota CF 22 volontariato favorire e potenziare percorsi educativi a domicilio e riabilitativi di sostegno al minore mantenere il sostegno economico (associata) per le situazioni che richiedono l’inserimento del minore in comunità d’accoglienza diurne e residenziali implementare la collaborazione con il mondo della scuola anche attraverso la strutturazione di specifici protocolli Sviluppare e potenziare l’affido familiare Affido familiare Tutori volontari per minori di età Comunità educativa semiresidenziale Parapiglia Comunità educativa residenziale Casa Aladino 3) rischio di solitudine e di sviluppo di comportame nti devianti nei minori Ulss 2 - CF Ulss 2 e Conferenza dei Sindaci promuovere ed ampliare la creazione di reti di solidarietà stabili in ambito territoriale favorire e sviluppare le reti di famiglie e l’associazionismo familiare Mantenere e promuovere l’aggiornamento e la disponibilità dei tutori volontari per minori di età Cooperativa Portaperta Mantenere le attività delle comunità di accoglienza residenziali per minori 8 83.100 Cooperativa Portaperta Mantenere le attività delle comunità di accoglienza residenziali per minori 8 375.800 Comunità educativa Aurora CIF – Villa San Francesco Mantenere le attività delle comunità di accoglienza residenziali per minori 10 235.000 Ludoteca (2) Comune di Alano di Piave Comune di Sedico 610 26.300 Centro giovani (3) Comune di Feltre Comune di Quero Comune di Sedico 4.610 75.525 20 4.000 7.200 96.000 migliorare la gestione del tempo libero per i minori contrastando situazioni di solitudine e disagio investire maggiori risorse economiche e umane nella gestione degli spazi aggregativi giovanili incrementare la fruibilità per i giovani degli spazi esistenti Sostegno socioeducativo scolastico Centro estivo Comuni di Mel e Sospirolo Implementare il sostegno nelle attività extrascolastiche Comune di Alano Comune di Feltre Comune di Mel Unione dei comuni BF Comune di S. Giustina migliorare la gestione del tempo libero per i minori contrastando situazioni di solitudine e disagio 36 PRIORITA’ INTERVENTI Attività ricreative di socializzazione e di prevenzione 4) fragilità della coppia Mediazione familiare Contributi a famiglie con figli minori 6) fragilità della famiglia in situazione di difficoltà socioeconomica Sostegno economico famiglie figli 0-18 mesi Contributi a famiglie con figli giovani Integrazioni economiche alle famiglie 7) rischio di parcellizzazio ne e di settorializzaz ione degli interventi che riguardano la famiglia e i minori 11) difficoltà ad attivare/gesti re spazi aggregativi Banca dell’usato e banca del tempo Progetto giovani SOGGETTO RESPONSABILE Comune di Trichiana Associazione G Conz Comune di Arsiè Comune di Cesiomaggiore Comune di Fonzaso Comune di Lamon Comune di Lentiai Comune di Pedavena Comune di S. Gregorio Comune di Sedico Comune di Seren Comune di Sospirolo Ulss 2 - CF Comune di Alano Comune di Lamon Unione dei Comuni BF Comune di Seren Comune di Sospirolo Comune di Sovramonte CAV/Movimento per la vita Comune di Lamon Comune di Sospirolo Comune di Sovramonte Comune di Alano di Piave Unione dei Comuni BF Comune di Lentiai Comune di Sedico Comune di Sospirolo Comune di Trichiana Associazione Dafne Comune di S. Giustina Comune di Sovramonte Comune di Trichiana UTENZA RISORSE 2011 2011 4.170 33.677 potenziare il sostegno della coppia in crisi per un’adeguata gestione della conflittualità, con particolare attenzione alla coppia con figli attraverso anche la mediazione familiare 20 Costi in CF Favorire il sostegno economico della famiglia 792 100.340 6 5.000 104 22.280 Favorire il sostegno economico della famiglia 126 37.200 integrare in modo coordinato le varie attività istituzionali che il territorio promuove in riferimento alla donna, alla famiglia, ai minori e più in generale nell’ambito delle pari opportunità 40 volontariato 317 9.300 POLITICHE Migliorare la gestione del tempo libero dei minori contrastando situazioni di solitudine e di disagio Favorire il sostegno economico della famiglia Favorire il sostegno economico della famiglia Stimolare la collaborazione tra comuni limitrofi per affrontare la progettazione e le spese in modo aggregato aumentare le occasioni di 37 PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE UTENZA RISORSE 2011 2011 600 40.320+q uota CF Comune di san Gregorio nelle Alpi costruire percorsi di impegno dei giovani nei mesi estivi presso enti pubblici, associazioni culturali e di volontariato, parrocchie 70 1.600 Centro Servizi Volontariato costruire percorsi di impegno dei giovani nei mesi estivi presso enti pubblici, associazioni culturali e di volontariato, parrocchie 200 20.000 POLITICHE informazione e di confronto su temi di interesse generale 14) fragilità nella conoscenza di sé, disagio psicologico 17) fragilità nella partecipazion e attiva dei giovani nell’ambito socioculturale Consultorio Giovani Progetto giovani: scambio tra studenti universitari e della scuola superiore ‘Domani è già qui’ e cittadinanza attiva ‘Aperto per ferie’ Progetto Volontario anche tu! mantenere consulenze psicologiche, educative, sanitarie Ulss 2 - CF mantenere percorsi di educazione all’affettività e alla sessualità Le azioni di potenziamento o riconversione (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa) PRIORITA’ 2) rischio di consolidame nto di situazioni di grave disagio personale, familiare scolastico del minore e rischio di pregiudizio del minore 3) rischio di solitudine e di sviluppo di comportame nti devianti nei minori INTERVENTI Comunità educativa residenziale Casa Aladino: ampliamento Educativa a domicilio Contrasto al disagio scolastico Sostegno socioeducativo scolastico Sostegno socioeducativo scolastico Attività estive SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE Cooperativa Portaperta Mantenere le attività delle comunità di accoglienza residenziali per minori Ulss n°2 - SPSEE favorire e potenziare percorsi educativi a domicilio e riabilitativi di sostegno al minore Ufficio Scolastico Territoriale di Belluno ampliare e sviluppare percorsi di sostegno alla famiglia ed al minore nelle situazioni di grave disagio familiare e nel rischio di pregiudizio del minore UTENZA RISORSE 2011 2011 8 (2012) 281.000 (2012) 35.000 10 (finanziam ento condiziona to) 50 2.000 50 16.200 implementare la collaborazione con il mondo della scuola anche attraverso la strutturazione di specifici protocolli Associazione G. Conz Implementare il sostegno nelle attività extrascolastiche Unione dei Comuni Basso Feltrino Implementare il sostegno nelle attività extrascolastiche 40 5.000 Associazione G. Conz Migliorare la gestione del 200 22.000 38 PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA RISORSE 2011 2011 40 12.000 50 25.000 10 12.000 100 25.000 4 2.000 400 25.000 tempo libero per i minori contrastando situazioni di solitudine e disagio 5) fragilità e discontinuità della rete e del coordinamen to territoriale in ambito familiare 6) fragilità della famiglia in situazione di difficoltà socioeconomica 7) rischio di parcellizzazi one e di settorializzaz ione degli interventi che riguardano la famiglia e i minori 11) difficoltà ad attivare/gest ire spazi aggregativi Reti di solidarietà e associazionismo familiare ‘Un tesoro di famiglia’ Cooperativa Portaperta Associazione A Piedi Allegri promuovere ed ampliare la creazione di reti di solidarietà stabili in ambito territoriale favorire e sviluppare le reti di famiglie e l’associazionismo familiare Tavolo di lavoro tra agenzie che si occupano di minori giovani famiglia Comune di Sedico favorire e potenziare percorsi di sostegno alla genitorialità che, in varie forme, si occupino dell’accompagnamento dei genitori con figli anche in collaborazione con i soggetti del territorio con particolare attenzione al mondo della scuola Sostegno economico famiglie figli 0-3 anni Comune di Seren del Grappa Favorire il sostegno economico della famiglia Favorire il sostegno economico della famiglia Sostegno alla famiglia in difficoltà economica Comune di Sedico Sostegno alla famiglia in difficoltà economica Comune di Alano di Piave Monitorare e regolamentare l’erogazione dei contributi nei comuni del territorio Favorire il sostegno economico della famiglia Favorire il sostegno economico della famiglia Opportunità di scambio di articoli per la prima infanzia Associazione G. Conz Formazione Tavolo coordinamento servizi prima infanzia Favorire lo sviluppo ed il potenziamento di formazione continua 50 2.000 Linguaggio 0-3 anni Tavolo coordinamento servizi prima infanzia Favorire lo sviluppo e il potenziamento della formazione continua 50 n.q. 300 7.000 40 18.000 Gestione e potenziamento spazio giovani Comuni di Feltre pedavena Seren Consulta intercomunale Creazione di sala prove Comune di Sedico Favorire e sviluppare le reti di famiglie Stimolare la collaborazione tra comuni limitrofi per affrontare la progettazione e le spese in modo aggregato incrementare la fruibilità per i giovani degli spazi già esistenti Investire maggiori risorse economiche e umane nella gestione di spazi aggregativi giovanili 39 PRIORITA’ INTERVENTI 14) fragilità nella conoscenza di sé, disagio psicologico Incontri finalizzati all’acquisizione di una maggiore consapevolezza di sé davanti al pubblico 15) fragilità nel coordinamen to tra soggetti che operano nell’area giovani Incontri con il tessuto associazionisticovolontaristico del territorio 16) problematici tà per i giovani nel partecipare ai processi decisionali 17) fragilità nella partecipazio ne attiva dei giovani nell’ambito socioculturale Progetto Giovani: formazione politica SOGGETTO RESPONSABILE Comune di Sedico Comune di Sedico POLITICHE Implementare progetti che avvicinano i giovani alla comunità e alle associazioni di volontariato Attivare progetti che coinvolgono più enti UTENZA RISORSE 2011 2011 20 4.000 30 2.500 200 500 25 200 60 22.000 70 4.000 Attivare progetti di comunità di durata pluriennale Comune di Mel migliorare i canali di comunicazione con il mondo giovanile, aumentando la consapevolezza del proprio ruolo e le conoscenze degli adulti di riferimento per i giovani stimolare nei gruppi giovanili organizzati la riflessione socio-politica sulla comunità locale Migliorare i canali di comunicazione con il mondo giovanile Riorganizzazione della consulta giovani Comune di Trichiana Cittadinanza attiva Associazione G. Conz Progetto Giovani: summer job Comune di Mel Stimolare nei gruppi giovanili organizzati la riflessione socio-politica sulla comunità locale Attivare percorsi di cittadinanza attiva attivare percorsi di cittadinanza attiva costruire percorsi di impegno dei giovani nei mesi estivi presso enti pubblici, associazioni culturali e di volontariato, parrocchie Le azioni di innovazione (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa) PRIORITA’ INTERVENTI 1) fragilità figure genitoriali e funzioni educative Supporto a genitori e adolescenti Reti di famiglie – custodia temporanea di bambini – nido SOGGETTO RESPONSABILE Comune di Mel Associazione G. Conz POLITICHE Favorire e potenziare percorsi di sostegno alla genitorialità Favorire e potenziare percorsi di sostegno alla genitorialità UTENZA RISORSE 2011 2011 100 1.000 27 18.000 Favorire e sviluppare le reti di 40 PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE in famiglia Comunità educativa diurna 2) rischio di consolidame nto di situazioni di grave disagio personale, familiare scolastico del minore e rischio di pregiudizio del minore 3) rischio di solitudine e di sviluppo di comportame nti devianti nei minori 4) fragilità della coppia UTENZA RISORSE 2011 2011 10 150.000 6 70.000 8 150.000 30 53.300 10 volontariato 10 volontariato n.q. 20.000 30 30.000 famiglie Associazione G. Conz Comunità educativa mammabambino Associazione G. Conz Comunità educativa familiare Associazione G. Conz Interventi a favore di minori con DSA Ulss 2 - SPSEE Centro di consulenza legale Associazione Dafne Laboratorio di psicoterapia per adulti e minori vittime di violenza in età infantile POLITICHE Associazione Dafne Mantenere l’attività delle comunità Ampliare e sviluppare percorsi di sostegno alla famiglia e al minore nelle situazioni di grave disagio familiare e nel rischio di pregiudizio del minore Mantenere le attività delle comunità di accoglienza residenziali per minori potenziare gli interventi diagnostico-riabilitativoeducativi a favore di minori con DSA favorire percorsi di sostegno ad adulti e minori nelle situazioni di trauma per maltrattamento ed abuso infantile (pedofilia) favorire percorsi di sostegno ad adulti e minori nelle situazioni di trauma per maltrattamento ed abuso infantile (pedofilia) Migliorare la gestione del tempo libero per i minori contrastando situazioni di solitudine e disagio Centro polifunzionale per minori Cooperativa Portaperta Ludoteca Cooperativa Portaperta Comune di Santa Giustina Sostegno socioeducativo scolastico Comune di Seren del Grappa Comune di Santa Giustina Implementare il sostegno nelle attività extrascolastiche 60 15.000 Sostegno socioeducativo scolastico (6-11 e 12-15 anni) Cooperativa Portaperta Implementare il sostegno nelle attività extrascolastiche 20 36.000 150 200 247 400 15 570.000 Informazione sul bullismo Comune di Mel Laboratori Associazione Dafne Casa di pronta accoglienza per donne sole e con figli Istituto Carenzoni Monego Implementare il sostegno nelle attività extrascolastiche migliorare la gestione del tempo libero per i minori contrastando situazioni di solitudine e disagio Favorire e sviluppare percorsi di educazione alla relazione tra i pari e con adulti di riferimento Migliorare la gestione del tempo libero contrastando situazioni di solitudine e di disagio Dedicare attenzione alla violenza intra-familiare, in particolare nei confronti della donna, anche prevedendo dispositivi di accoglienza o 41 PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA RISORSE 2011 2011 20 (2012) 400 (2012) 50 1.000 25 1.000 910 n.q. 150 volontariato 20 5.000 20 200 case rifugio 5) fragilità e discontinuità della rete e del coordinamen to territoriale in ambito familiare 7) rischio di parcellizzazi one e di settorializzaz ione degli interventi che riguardano la famiglia e i minori Sensibilizzare alla solidarietà familiare Comune di Trichiana Continuità nidoscuole d’infanzia Tavolo coordinamento servizi prima infanzia Promuovere ed ampliare la creazione di reti di solidarietà stabili in ambito territoriale Sviluppare e potenziare prassi condivise tra soggetti che operano nello stesso ambito Promuovere il raccordo territoriale per garantire maggiore continuità agli interventi Incontri informativi per insegnanti Comune di Mel Favorire lo sviluppo ed il potenziamento di formazione continua per operatori, educatori e adulti di riferimento Incontri informativi per insegnanti e per famiglie nell’ambito del disagio Ufficio Provinciale Territoriale Associazione Dafne Favorire lo sviluppo ed il potenziamento di formazione continua per operatori, educatori e adulti di riferimento Sensibilizzare la comunità nei confronti della pedofilia ‘Attenzione ai piccoli’ Associazione Dafne 13) fragilità nell’informaz ione sulle politiche e sulle opportunità rivolte ai giovani Incontri di orientamento finalizzati all’entrata nel mondo del lavoro Comune di Sedico 17) fragilità nella partecipazio ne attiva dei giovani nell’ambito socioculturale Concorso fotografico ‘Scopri il tuo territorio’ Comune di Santa Giustina – Consulta Giovani Favorire lo sviluppo ed il potenziamento di formazione continua per operatori, educatori e adulti di riferimento stimolare lo scambio di informazioni tra enti e servizi migliorare i canali di comunicazione con il mondo giovanile, aumentando la consapevolezza del proprio ruolo e le conoscenze degli adulti di riferimento per i giovani Promuovere attività di interesse per i giovani 42 3.2 PERSONE ANZIANE La finalità delle strategie e degli interventi di seguito descritti sono rivolti al mantenimento e, ove possibile, al miglioramento del benessere della persona anziana e del suo nucleo famigliare, nel rispetto della libertà di scelta assistenziale, di equilibrio economico e dello sviluppo solidaristico della comunità. A) LE STRATEGIE DI INDIRIZZO Nel corso delle riunioni del tavolo di lavoro Area Anziani e attraverso la raccolta di una scheda di espressione del bisogno compilata dal singolo soggetto aderente al Piano di zona, è stata approfondita l’analisi del bisogno che ha evidenziato le seguenti necessità declinate in ordine di priorità: 1) fragilità delle persone anziane e adulte in situazione di scarsa autosufficienza nel vivere a domicilio; 2) rischio di non adeguata offerta residenziale rispetto ai bisogni della popolazione over 65 anni non autosufficiente; 3) rischio di forte compromissione socio-sanitaria di persone di età inferiore ai 65 anni che vivono da sole e che presentano problematiche psichiatriche, di dipendenza, di disadattamento sociale e/o di persone over 65 anni dimesse dall’ospedale con importanti necessità socio-assistenziali e sanitarie; 4) fragilità della persona anziana affetta da demenza e del suo contesto familiare protettivo; 5) rischio di parcellizzazione e settorializzazione degli interventi a favore delle persone anziane; 6) rischio di compromissione nella gestione autonoma delle attività. Si approfondiscono di seguito i singoli bisogni, evidenziando quali elementi li caratterizzano e sulla base di quali considerazioni emergono queste esigenze, se i bisogni espressi sono già stati presi in esame nella pianificazione tuttora vigente o, al contrario, si presentano solo ora e, infine, quali sono le politiche verso cui si intende orientare la futura progettazione: 1) fragilità delle persone anziane e adulte in situazione di scarsa autosufficienza nel vivere a domicilio (bisogno consolidato) Nel 2009 risultano essere in carico al Servizio Sociale Età Adulta e Anziana dell’Ulss (delegato da 15 comuni) e ai servizi sociali dei comuni di Mel, Sedico e Trichiana complessivamente 2.600 utenti (corrispondenti al 3% della popolazione totale del Feltrino) per il servizio sociale professionale e per l’assistenza domiciliare socio-assistenziale, di cui 843 anche con interventi sanitari. Se si tiene conto, inoltre, che nel Feltrino cresce annualmente l'incidenza degli anziani ultrasessantacinquenni, è evidente che la fascia di popolazione che presenta fragilità di tal tipo non può che crescere. Molti degli utenti in carico presentano una multiproblematicità che rende necessario implementare i percorsi di assistenza domiciliare (prevalentemente erogata nelle mattine dei giorni feriali) anche nei pomeriggi e nelle festività. Questo sia in risposta all’effettiva esigenza di assistenza dell’utente, sia nell’ottica di sollievo ai care giver. Nella direzione di consentire alla persona una permanenza a domicilio anche nella non autosufficienza è importante ricordare l’importanza di prevedere un adeguato sostegno economico (attraverso contributi ad hoc dell’ente locale, attraverso l’assegno di cura, attraverso il fondo per il sollievo/buoni servizio). Si evidenzia, infine, la necessità di pensare percorsi sperimentali in quest’ambito. Politiche da perseguire: 43 - - rendere maggiormente efficace l’intervento domiciliare (proponendolo anche nelle ore pomeridiane e nei giorni festivi; calibrando il regolamento territoriale domiciliarità, ecc.); promuovere l’accoglienza diurna e notturna (sviluppo/implementazione di centri diurni e opportunità di accoglienza notturna); individuare modalità uniformi di impiego dei fondi a sostegno economico (es. fondo per il sollievo); accompagnare l’utente nell’orientamento dell’offerta (sportello integrato); offrire alla persona fragile sicurezza di risposte immediate nel bisogno (es. telesoccorso e telecontrollo, ricoveri di sollievo). 2) rischio di non adeguata offerta residenziale rispetto ai bisogni della popolazione over 65 anni non autosufficiente (bisogno consolidato)18 I centri servizio rivolti alle persone anziane si sono strutturati negli anni come un’importante risorsa per la comunità locale, sviluppando la propria offerta non soltanto nel campo della residenzialità per la persona non autosufficiente, ma anche strutturando specifiche risposte ai bisogni emergenti della popolazione anziana (come la demenza) e rivolgendo particolare attenzione al territorio (punti prelievo, guardia medica, assistenza domiciliare socio-assistenziale, ecc.). Da una prima fase di autonomo sviluppo, si è attivato dal 2007, con il piano per la non autosufficienza, un percorso di pensiero e di programmazione territoriale condivisi che hanno visto un’ulteriore crescita delle case di riposo offrendo al territorio un sistema di offerta variegato e orientato alla risposta a diverse problematiche. Politiche da perseguire: individuare ulteriori linee di sviluppo dell’offerta residenziale extraospedaliera perché risulti sempre più rispondente ai bisogni della popolazione; promuovere forme di partecipazione attiva delle persone inserite e dei familiari (comitati dei familiari); mantenere e implementare l’attuale dotazione di quote di rilievo sanitario e di posti accreditati19. 3) rischio di forte compromissione socio-sanitaria di persone di età inferiore ai 65 anni che vivono da sole e che presentano problematiche psichiatriche, di dipendenza, di disadattamento sociale e/o di persone over 65 anni dimesse dall’ospedale con importanti necessità socio-assistenziali e sanitarie (bisogno emergente) Si assiste all’aumento di situazioni di importante non autosufficienza in età adulta (compromissione fisica, psichica e/o sociale al di sotto dei 65 anni per demenza, SLA, dipendenza da alcol, disadattamento sociale ecc.), così un servizio domiciliare pensato per molto tempo come rispondente principalmente ai bisogni dell’età anziana, si trova a ri-calibrarsi su bisogni nuovi, su un nuovo target. In quest’ottica il SSEAA e i comuni non deleganti hanno avviato un progetto sperimentale per l’impostazione di un servizio domiciliare maggiormente idoneo per quell’utenza che presenta particolari caratteristiche di multiproblematicità. Restano, tuttavia, di difficile risoluzione quei casi in cui la compromissione dell’autonomia è elevata e su più fronti (disadattamento sociale, mancanza nucleo familiare, disagio economico, abuso di alcol, problematiche sanitarie, fragilità cognitive) tanto da richiedere un inserimento in struttura, più che una risposta domiciliare. 18 In allegato fotografia dei posti autorizzati, della distribuzione delle impegnative sanitarie e della programmazione quinquennale per la non autosufficienza e per la accoglienza diurna. 19 In allegato simulazione applicazione criteri di riparto/contrazione di eventuali impegnative sanitarie aggiuntive (o in contrazione) 44 Un altro aspetto dell’evoluzione del bisogno a domicilio è determinato dalle persone dimesse dall’ospedale nel momento in cui è superata l’acuzia sanitaria, ma che presentano ancora importanti necessità assistenziali tali da creare importanti difficoltà ai care giver nell’accudimento a domicilio e da richiedere comunque un significativo apporto da parte dell’assistenza sanitaria. Politiche da perseguire: promuovere un monitoraggio condiviso dai vari attori del territorio sui soggetti che rientrano in questa casistica; sviluppare progettualità condivise con i centri servizio in un’ottica di più adeguata assistenza domiciliare e possibilità di inserimento in struttura; sviluppare progettualità assistenziali condivise nell’ottica di un miglioramento del percorso di dimissione protetta attivando una maggior integrazione sociosanitaria nelle situazioni domiciliari complesse. 4) fragilità della persona anziana affetta da demenza e del suo contesto familiare protettivo (bisogno consolidato) Politiche da perseguire: implementare l’attività del centro di decadimento cognitivo20; implementare l’attività di accoglienza da parte delle strutture; accompagnare i familiari e i care giver attraverso punti di ascolto e formazione ad hoc; sviluppare percorsi di formazione ad hoc per il personale e i care giver. 5) rischio di parcellizzazione e settorializzazione degli interventi a favore delle persone anziane (bisogno emergente) Politiche da perseguire: riconoscere, valorizzare, coordinare le potenzialità dei soggetti che operano nel territorio a favore degli anziani; migliorare la capacità di scambio e di offerta (compenetrazione) tra le strutture e la comunità; ampliare i momenti di confronto tra soggetti che operano in ambito prettamente sanitario (MMG) e altri attori del territorio (centro servizi) per un accompagnamento della persona anziana dal domicilio alla struttura, anche dal punto di vista sanitario (sistema informativo/informatico per presa in carico efficace ed efficiente); promuovere maggiori momenti di scambio e di confronto tra strutture su buone prassi e criticità; favorire momenti di formazione continua e condivisa tra operatori. 6) rischio di compromissione nella gestione autonoma delle attività (bisogno consolidato) Politiche da perseguire: accompagnare la persona fragile con figure di sostegno (amministratore di sostegno); contrastare l’isolamento sviluppando ulteriormente opportunità socioaggregative (gruppi di socializzazione, centri aggregativi, soggiorni climatici e termali e così via); potenziare l’integrazione sociale (es. servizio civile per anziani, nonni vigile); 20 Descrizione in allegato 45 - migliorare il sistema di trasporto della persona parzialmente o totalmente non autosufficiente; sensibilizzare la popolazione anziana al contrasto alle truffe. B) LE SCELTE OPERATIVE Le azioni di mantenimento (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa). PRIORITA’ INTERVENTI Centro diurno per persone non autosufficienti Azienda Feltrina Ge.Mel Sedico Servizi Villanova Servizi Azienda Feltrina Ge.Mel Sedico Servizi Accoglienza notturna Azienda Feltrina – CdR Feltre Alloggi ad affitto agevolato Unione Comuni BF Centro diurno per persone autosufficienti (4) 1) fragilità delle persone anziane e adulte in situazione di scarsa autosufficien za nel vivere a domicilio Servizio domiciliare socioassistenziale SAD in ADI 2) rischio di non adeguata offerta SOGGETTO RESPONSABILE Ulss 2 – SSEAA (15 comuni deleganti) Comune di Mel Comune di Sedico Comune di Trichiana Ulss 2 – SSEAA (15 comuni deleganti) Comune di Mel Comune di Sedico Comune di Trichiana SADI Ulss n°2 - SADI Telesoccorso/tele controllo Regione del Veneto 18 Comuni Ulss 2 Interventi economici Ulss 2 Comuni Casa di soggiorno per anziani 13+1 Centri servizio UTENZA 2011 RISORSE 2011 40 175.000 100 640.000 15 4.200 6 n.q. Rendere maggiormente efficace l’intervento domiciliare 2.600 660.000 Rendere maggiormente efficace l’intervento domiciliare 1.000 1.600.000 700 1.350.000 400 30.000 600 800.000 450 4.000.000 POLITICHE Promuovere l’accoglienza diurna e notturna Promuovere l’accoglienza diurna e notturna Promuovere l’accoglienza diurna e notturna Offrire alla persona fragile sicurezza di risposte immediate nel bisogno Rendere maggiormente efficace l’intervento domiciliare Offrire alla persona fragile sicurezza di risposte immediate nel bisogno Individuare modalità uniformi di impiego dei fondi a sostegno economico Offrire alla persona fragile sicurezza di risposte immediate nel bisogno 46 PRIORITA’ residenziale rispetto ai bisogni della popolazione over 65 anni non autosufficien te 3) rischio di forte compromissi one sociosanitaria di persone di età inferiore ai 65 anni che vivono da sole e che presentano problematic he psichiatriche , di dipendenza, di disadattame nto sociale e/o di persone over 65 anni dimesse dall’ospedale con importanti necessità socioassistenziali e sanitarie 4) fragilità della persona anziana affetta da demenza e del suo contesto familiare protettivo 6) rischio di compromissi one nella gestione autonoma delle attività INTERVENTI Centro servizi per persone NON autosufficienti SOGGETTO RESPONSABILE 14+2 Centri servizio POLITICHE Individuare ulteriori linee di sviluppo dell’offerta residenziale extraospedaliera perché risulti sempre più rispondente ai bisogni della popolazione UTENZA 2011 RISORSE 2011 1.100 30.000.000 2 0 (risorse interne) 10 1.300.000 1.000 23.000 Mantenere ed implementare l’attuale dotazione di quote di rilievo sanitario e di posti accreditati Individuare ulteriori linee di sviluppo dell’offerta residenziale extraospedaliera Accoglienza Comune di Sedico – Sedico Servizi Sviluppare progettualità condivise con i centro servizi in un’ottica di più adeguata assistenza domiciliare e possibilità di inserimento in struttura Sviluppare progettualità assistenziali condivise nell’ottica di un miglioramento del percorso di dimissione protetta SAPA Servizio di trasporto Azienda Feltrina Servizi Persona Comune di Alano di Piave Comune di Cesiomaggiore Comune di Lamon implementare l’attività di accoglienza da parte delle strutture Migliorare il sistema di trasporto della persona parzialmente o totalmente non autosufficiente 47 PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA 2011 RISORSE 2011 2.800 175.000 40 4.500 Comune di Lentiai Comune di Mel Comune di Seren Comune di Sospirolo Comune di Sovramonte Unione comuni BF Attività ricreative di socializzazione 18 Comuni Contrastare l’isolamento sviluppando ulteriormente opportunità socioaggregative Interventi per l’integrazione sociale Comune di Alano di Piave Unione comuni BF Comune di Seren Potenziare l’integrazione sociale Le azioni di potenziamento o riconversione (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa). PRIORITA’ INTERVENTI Incremento attività servizio domiciliare Incremento attività servizio domiciliare 1) fragilità delle persone anziane e adulte in situazione di scarsa autosufficienza nel vivere a domicilio SOGGETTO RESPONSABIL E Ulss 2 - SSEAA Comune di Sedico – Sedico Servizi POLITICHE Rendere maggiormente efficace l’intervento domiciliare Rendere maggiormente efficace l’intervento domiciliare promuovere l’accoglienza diurna e notturna (sviluppo/implementazi one di centri diurni e opportunità di accoglienza notturna) UTENZA 2011 RISORSE 2011 20 55.000 250 0 (risorse interne) 2 18.250 Centro diurno persone autosufficienti Associazione Soteria Potenziamento del telesoccorso e del telecontrollo con attivazione di call contact center Centro servizi Casa Padre Kolbe Offrire alla persona fragile sicurezza di risposte immediate nel bisogno n.q. 56.000 Potenziamento collaborazione con volontariato per Comune di Sedico Offrire alla persona fragile sicurezza di risposte immediate nel bisogno 500 11.800 offrire alla persona fragile sicurezza di risposte immediate nel bisogno (es. telesoccorso e telecontrollo, ricoveri di sollievo) 48 PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABIL E implementare la gamma di servizi offerti a sostegno della domiciliarità Creazione unità di offerta Comunità Alloggio per persone anziane 2) rischio di non adeguata offerta residenziale rispetto ai bisogni della popolazione over 65 anni non autosufficiente UTENZA 2011 RISORSE 2011 10 95.000 7 211.584 Riconoscere, valorizzare, coordinare le potenzialità dei soggetti che operano nel territorio a favore degli anziani Comune di Trichiana – Villanova Servizi Offrire alla persona fragile sicurezza di risposte immediate nel bisogno Individuare ulteriori linee di sviluppo dell’offerta residenziale extraospedaliera Riorganizzazion e del nucleo autosufficienti Associazione Soteria Riduzione posti autosufficienti e aumento posti NON autosufficienti Centro servizi Sant’Antonio di Fonzaso Ampliamento ed adeguamento posti anziani per non autosufficienti con riduzione autosufficienti Parrocchia annunciazione B.V. Maria Centro servizi San Giuseppe di Quero Aumento 10 posti non autosufficienti di cui 4 per assistenza postospedaliera, 4 per situazioni di emergenza e per aumento disponibilità sollievo POLITICHE Comune di Sedico – Sedico Servizi Mantenere ed implementare l’attuale dotazione di quote di rilievo sanitario e di posti accreditati Individuare ulteriori linee di sviluppo dell’offerta residenziale extraospedaliera Mantenere ed implementare l’attuale dotazione di quote di rilievo sanitario e di posti accreditati Individuare ulteriori linee di sviluppo dell’offerta residenziale extraospedaliera Mantenere ed implementare l’attuale dotazione di quote di rilievo sanitario e di posti accreditati Individuare ulteriori linee di sviluppo dell’offerta residenziale extraospedaliera Sviluppare progettualità condivise con i centro servizi in un’ottica di più adeguata assistenza domiciliare e possibilità di inserimento in struttura 15 50 45.000 10 1.200.000* Sviluppare progettualità assistenziali condivise nell’ottica di un 49 PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABIL E POLITICHE UTENZA 2011 RISORSE 2011 miglioramento del percorso di dimissione protetta Aumento disponibilità accoglienza alzheimer 4) fragilità della persona anziana affetta da demenza e del suo contesto familiare protettivo 5) rischio di parcellizzazion ee settorializzazio ne degli interventi a favore delle persone anziane Implementare la formazione del personale residenziale e domiciliare e implementare ascolto dei familiari e dei care giver (Alzheimer) Potenziamento servizi residenziali per persone affette da demenza Implementare la formazione del personale residenziale e domiciliare Incontri periodici di monitoraggio e valutazione dei casi con MMG Comune di Sedico – Sedico Servizi implementare l’attività di accoglienza da parte delle strutture 2 * Comune di Sedico – Sedico Servizi Sviluppare percorsi di formazione ad hoc per personale e care giver n.q. 0 (risorse interne) Azienda Feltrina Servizi Persona implementare l’attività di accoglienza da parte delle strutture 19 657.400 Azienda Feltrina Servizi Persona Sviluppare percorsi di formazione ad hoc per personale e care giver 45 6.500 10 volontariato 10 1.000 Comune di Sedico – Sedico Servizi Ampliare momenti di confronto tra soggetti che operano in ambito prettamente sanitario per un accompagnamento della persona anziana dal domicilio alla struttura, anche dal punto di vista sanitario Promuovere un monitoraggio condiviso dai vari attori del territorio Favorire formazione continua e condivisa tra operatori sociosanitari Centro servizi Sant’Antonio di Fonzaso Favorire formazione continua e condivisa tra operatori Le azioni di innovazione (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa). 50 PRIORITA’ INTERVENTI Progetto sperimentale di sostegno alla domiciliarità SOGGETTO RESPONSABI LE Ulss 2 – SSEAA / 18 comuni POLITICHE Rendere maggiormente efficace l’intervento domiciliare UTENZA 2011 RISORSE 2011 8 115.100 15 100.000 2 1.000 12 (2012) 83.160 (2012) 12 (2013) 28.000 (2013) promuovere l’accoglienza diurna e notturna (sviluppo/implementazi one di centri diurni e opportunità di accoglienza notturna) Servizio di accoglienza temporanea Ge.Mel srl offrire alla persona fragile sicurezza di risposte immediate nel bisogno (es. telesoccorso e telecontrollo, ricoveri di sollievo) Sviluppare progettualità condivise con i centro servizi in un’ottica di più adeguata assistenza domiciliare e possibilità di inserimento in struttura 1) fragilità delle persone anziane e adulte in situazione di scarsa autosufficienza nel vivere a domicilio Centro notturno integrato (autosufficienti e NON autosufficienti) Ge.Mel srl Centro diurno persone autosufficienti Azienda Feltrina - CdR Cesiomaggiore Centro diurno persone autosufficienti Azienda Feltrina - CdR Lentiai Sviluppare progettualità assistenziali condivise nell’ottica di un miglioramento del percorso di dimissione protetta promuovere l’accoglienza diurna e notturna (sviluppo/implementazi one di centri diurni e opportunità di accoglienza notturna) offrire alla persona fragile sicurezza di risposte immediate nel bisogno (es. telesoccorso e telecontrollo, ricoveri di sollievo) promuovere l’accoglienza diurna e notturna (sviluppo/implementazi one di centri diurni e opportunità di accoglienza notturna) promuovere l’accoglienza diurna e notturna 51 PRIORITA’ 2) rischio di non adeguata offerta residenziale rispetto ai bisogni della popolazione over 65 anni non autosufficiente INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABI LE Centro diurno per auto e parzialmente non auto anche sotto 65 anni Comune di Sedico – Sedico Servizi Accoglienza notturna Comune di Sedico – Sedico Servizi Centro notturno integrato (autosufficienti e NON autosufficienti) Comune di Trichiana – Villanova Servizi Creazione nucleo media intensità Centro servizi Sant’Antonio di Fonzaso POLITICHE (sviluppo/implementazi one di centri diurni e opportunità di accoglienza notturna) promuovere l’accoglienza diurna e notturna (sviluppo/implementazi one di centri diurni e opportunità di accoglienza notturna) offrire alla persona fragile sicurezza di risposte immediate nel bisogno (es. telesoccorso e telecontrollo, ricoveri di sollievo) promuovere l’accoglienza diurna e notturna (sviluppo/implementazi one di centri diurni e opportunità di accoglienza notturna) offrire alla persona fragile sicurezza di risposte immediate nel bisogno (es. telesoccorso e telecontrollo, ricoveri di sollievo) promuovere l’accoglienza diurna e notturna (sviluppo/implementazi one di centri diurni e opportunità di accoglienza notturna) UTENZA 2011 RISORSE 2011 5 * 2 * 10 5.000 10 56.000 offrire alla persona fragile sicurezza di risposte immediate nel bisogno (es. telesoccorso e telecontrollo, ricoveri di sollievo) Individuare ulteriori linee di sviluppo dell’offerta residenziale extraospedaliera Mantenere ed implementare l’attuale dotazione di quote di rilievo sanitario e di posti accreditati 52 PRIORITA’ 3) rischio di forte compromissio ne sociosanitaria di persone di età inferiore ai 65 anni che vivono da sole e che presentano problematiche psichiatriche, di dipendenza, di disadattament o sociale e/o di persone over 65 anni dimesse dall’ospedale con importanti necessità socioassistenziali e sanitarie 4) fragilità della persona anziana affetta da demenza e del suo contesto familiare protettivo INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABI LE Mini alloggi per persone parzialmente autosufficienti Comune di Sedico Comunità alloggio per anziani autosufficienti CdR Alano di Piave Implementazione posti anziani non autosufficienti con maggior bisogno assistenziale Casa di riposo Casa Caritas di Lamon POLITICHE Individuare ulteriori linee di sviluppo dell’offerta residenziale extraospedaliera Individuare ulteriori linee di sviluppo dell’offerta residenziale extraospedaliera Individuare ulteriori linee di sviluppo dell’offerta residenziale extraospedaliera UTENZA 2011 RISORSE 2011 10 2.500.000 10 120.000 6 20.000 6 85.540 10 5.000 12 9.900 n.q. 9.900 Individuare ulteriori linee di sviluppo dell’offerta residenziale extraospedaliera Presa in carico di persone di età inferiore ai 65 anni che richiedono di vivere in una situazione di protezione Azienda Feltrina Servizi Persona – CdR Lentiai e Feltre Sviluppare progettualità condivise con i centro servizi in un’ottica di più adeguata assistenza domiciliare e possibilità di inserimento in struttura Sviluppare progettualità assistenziali condivise nell’ottica di un miglioramento del percorso di dimissione protetta sviluppare percorsi di formazione ad hoc per il personale e i care giver Sportello ascolto demenze Ge.Mel srl Caffè Alzheimer CdR Alano di Piave Sostegno domiciliare a famiglie con malati di Alzheimer CdR Alano di Piave accompagnare i familiari e i care giver attraverso punti di ascolto e formazione ad hoc Accompagnare i familiari e i care giver attraverso punti di ascolto e formazione ad hoc Accompagnare i familiari e i care giver attraverso punti di ascolto e formazione ad hoc 53 PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABI LE UTENZA 2011 RISORSE 2011 25 3.000 implementare l’attività di accoglienza da parte delle strutture 12 40.000 implementare l’attività di accoglienza da parte delle strutture 19 48.500 implementare l’attività di accoglienza da parte delle strutture 10 50.000 40 15.300 10 2.600 70 0 (risorse interne) 30 volontariato n.q. 0 (risorse interne) POLITICHE Rendere maggiormente effige l’intervento domiciliare sviluppare percorsi di formazione ad hoc per il personale e i care giver Centro ascolto demenze Creazione di nucleo protetto per persone affette da demenza Accoglimento profili 16-17 in posti bassa intensità Accoglimento profili 16-17 nel centro diurno 5) rischio di parcellizzazion ee settorializzazio ne degli interventi a favore delle persone anziane Villanova Servizi Casa di riposo Casa Caritas di Lamon Azienda Feltrina Servizi Persona – CdR Feltre Azienda Feltrina Servizi Persona – CdR Feltre Avvio punto prelievi Azienda Feltrina – CdR Lentiai Ambulatorio infermieristico Fondazione CdR Meano Ambulatorio infermieristico nei giorni festivi e nuovo servizio somministrazione iniezioni Comune di Sedico – Sedico Servizi Corso per volontari che operano nell’ambito della domiciliarità Formazione costante degli operatori residenzialità (medici convenzionati) Ottimizzazione integrazione tra Comune di Sedico – Sedico Servizi Comune di Sedico – Sedico Servizi accompagnare i familiari e i care giver attraverso punti di ascolto e formazione ad hoc offrire alla persona fragile sicurezza di risposte immediate nel bisogno (es. telesoccorso e telecontrollo, ricoveri di sollievo) Migliorare le capacità di scambio e di offerta (compenetrazione) tra le strutture e la comunità Migliorare le capacità di scambio e di offerta (compenetrazione) tra le strutture e la comunità Riconoscere, valorizzare, coordinare le potenzialità dei soggetti che operano nel territorio a favore degli anziani Favorire momenti di formazione continua e condivisa tra operatori Ampliare momenti di confronto tra soggetti che operano in ambito prettamente sanitario per un 54 PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABI LE POLITICHE UTENZA 2011 RISORSE 2011 80 6.500 320 3.000 30 10.000 +270.000 centri servizi e reparti ospedalieri: protocolli accompagnamento della persona anziana dal domicilio alla struttura, anche dal punto di vista sanitario Inserimento temporaneo degli infermieri della struttura in pronto soccorso per la gestione delle emergenze e in corsi di formazioni promossi dall’Ulss 6) rischio di compromissio ne nella gestione autonoma delle attività Formazione degli operatori sulla famiglia Azienda Feltrina Servizi Persona Favorire momenti di formazione continua e condivisa tra operatori Migliorare le capacità di scambio e di offerta (compenetrazione) tra le strutture e la comunità Strumento informatico per la gestione delle attività sociosanitarie e assistenziali dei centri servizio Azienda Feltrina Servizi Persona Corsi di attività motoria e piscina fisioterapica Comune di Sedico – Sedico Servizi Attività ricreative di socializzazione Istituto Carenzoni Monego Contrastare l’isolamento sviluppando ulteriormente opportunità socioaggregative 15 55.000 Progetto di contrasto alle truffe ‘Scoltememi’ Azienda Feltrina Servizi Persona Sensibilizzare la persona anziana al contrasto alle truffe 300 3.000 Promuovere maggiori momenti di scambio e di confronto tra strutture tra buone prassi e criticità Migliorare le capacità di scambio e di offerta (compenetrazione) tra le strutture e la comunità 55 3.3 DISABILITA’ Le strategie di indirizzo di seguito proposte mirano a promuovere il sostegno alla persona con disabilità e al nucleo familiare favorendo, in coerenza con le peculiarità delle fasi del ciclo di vita, la valorizzazione delle risorse e delle competenze soggettive, l'integrazione nel contesto sociale, scolastico e lavorativo (ove possibile) ed il supporto ad essa in famiglia, il protagonismo nelle proprie scelte di vita attraverso un possibile uso flessibile delle risorse, l'integrazione delle risorse stesse del territorio al fine di consentire l'esigibilità della cittadinanza attiva. A) LE STRATEGIE DI INDIRIZZO Al tavolo di lavoro dell'Area Disabilità hanno aderito soggetti per lo più portatori di interessi soggettivi alle loro mission, parzialità che nel corso degli incontri è risultata fondamentale per creare una visione d’insieme utile ad un’analisi del bisogno a tuttotondo come da filosofia della pianificazione zonale. Attraverso le riunioni e la raccolta di una scheda di espressione del bisogno da parte dei soggetti che hanno aderito al percorso programmatorio, è stata approfondita l’analisi del bisogno che ha evidenziato le seguenti necessità declinate in ordine di priorità: 1) rischio di non adeguata offerta semi-residenziale rispetto ai bisogni della popolazione disabile; 2) rischio di non adeguata offerta residenziale rispetto ai bisogni della popolazione disabile a cui si collegano i bisogni del “durante di noi”, del “sollievo” e del “dopo di noi”; 3) rischio di inadeguatezza degli interventi educativi ed assistenziali in riferimento all'età evolutiva 0/18 anni (disturbi del comportamento, disturbi del linguaggio, assistenza scolastica, interventi educativi a domicilio per minori, minori stranieri con disabilità certificata); 4) difficoltà di integrazione sociale, scolastica e lavorativa per le persone disabili; 5) fragilità della persona disabile a domicilio e dei care giver; 6) rischio di offrire risposte scarsamente efficaci sia in termini di residenzialità, che di presa in carico per le persone affette da malattie rare e congenite; 7) rischio di compromissione nella gestione autonoma delle attività quotidiane anche per le persone con disabilità acquisita; 8) fragilità dei percorsi socio – assistenziali - riabilitativi; 9) carenza nella prevenzione di patologie evolutive nelle diverse fasce d'età; 10) rischio di scarsa informazione sui servizi offerti dal pubblico, dal privato sociale e dal volontariato al fine di favorire una prevenzione individuale e collettiva integrata. Si approfondiscono di seguito i singoli bisogni, evidenziando quali elementi li caratterizzano e sulla base di quali considerazioni emergono queste esigenze, se i bisogni espressi sono già stati presi in esame nella pianificazione tuttora vigente o, al contrario, si presentano solo ora e, infine, quali sono le politiche verso cui si intende orientare la futura progettazione. A premessa, si ritiene utile ricordare le modalità di accesso ai servizi semi-residenziali e residenziali21. Si accede alle strutture residenziali e semiresidenziali attraverso la richiesta da parte dell'interessato, di un familiare o del tutore compilando l’apposita modulistica predisposta dell'Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale area disabili, allegandovi il modulo di consenso alla privacy sottoscritto dall'interessato o dal familiare o dal tutore, l’attestazione di una disabilità psico-fisica in base alla legge 104/92, la copia di eventuale documentazione riguardante il decreto di tutela e/o dell'amministratore di sostegno, la certificazione medica dell'assenza di gravi patologie psichiatriche e neurologiche come diagnosi principale. Deve essere rispettato il requisito dell'età dell'utente compresa tra i 18 anni e i 64. L'accoglienza della richiesta è subordinata alla valutazione in UVMD. 21 In allegato la procedura operativa adottata all’Ulss 2. 56 1) rischio di non adeguata offerta semi-residenziale rispetto ai bisogni della popolazione disabile (bisogno emergente) Tutte le strutture semi-residenziali sono sature e accolgono complessivamente 74 utenti (22 CEOD, 16 CDDA, 16 Noialtri, 20 La Birola), anche se alcuni frequentano il centro ‘part-time’ (non tutti i giorni della settimana). A questi vanno aggiunti 7 utenti inseriti presso le strutture diurne di Belluno. Entro i prossimi cinque anni si prevede la richiesta di aumento di giornate di frequenza per alcuni degli utenti (14) già inseriti e 27 nuovi ingressi. Il bisogno, pertanto, è di implementare la semi-residenzialità con almeno 20 posti aggiuntivi nei prossimi 5 anni. Le cause dell’aumento delle ore di frequenza sono da ricercare in: presa in carico dei soggetti fino a 65 anni, emergenza di problematiche legate ad un'utenza non storica (disturbi comportamentali, esiti da patologie cerebrali), problemi legati all'avanzare dell'età nei soggetti con disabilità psico-fisica e termine del loro inserimento lavorativo, training per l'acquisizione di prerequisiti per soggetti con disabilità psico-intellettiva complessa al termine del percorso scolastico e per soggetti con disabilità acquisita in previsione di programmi di integrazione socio-lavorativa. Mentre l’individuazione di nuovi ingressi è riconducibile al bisogno educativo, alla gravità e alla mancanza di prerequisiti per l'accesso ad un percorso lavorativo anche protetto. Politiche da perseguire: ampliare l'offerta della semi-residenzialità; riorganizzare l'offerta esistente sulla base della gravità delle patologie dei soggetti e delle necessità assistenziali (creazione di piccoli nuclei all'interno delle strutture in base al livello di gravità) o quantomeno dell’età; mantenere e ove possibile sviluppare attività innovative coinvolgendo tutti i centri diurni, anche integrando l’apporto delle associazioni e dei familiari. 2) rischio di non adeguata offerta residenziale rispetto ai bisogni della popolazione disabile a cui si collegano i bisogni del “durante noi”, del “sollievo” e del “dopo di noi” (bisogno consolidato) Le strutture residenziali rivolte a persone disabili nel territorio Ulss n°2 sono sature e accolgono complessivamente 34 utenti (17 Il sorriso, 7 La Soteria, 10 il Multizonale di Cusighe). Inoltre ci sono 4 utenti inseriti presso la Comunità Villa Anna di Limana, 3 presso l’istituto Costante Gris di Mogliano Veneto, 1 presso le Opere Pie di Onigo, 5 presso l'Opera della provvidenza S. Antonio di Sarmeola di Rubano, 1 presso il Don Orione di S. Maria La Longa di Udine. Entro i prossimi cinque anni si prevedono 30 nuovi ingressi. A questi si aggiungono i soggetti disabili con gravi disturbi comportamentali (5 allo stato attuale) e i soggetti con disabilità acquisite per i quali è difficile prevedere il trend di sviluppo. Le cause del bisogno di ulteriori posti residenziali sono da ricercare in: la presa in carico dei soggetti fino a 64 anni, l'emergenza di problematiche legate ad un'utenza non storica (disturbi comportamentali, esiti da patologie cerebrali), il nucleo familiare problematico, l’anzianità e/o la malattia dei care giver, l’assenza di un nucleo familiare, gravi condizioni di salute, la convivenza con fratelli, la gravità dei soggetti. I disabili e i loro familiari, inoltre, esprimono la necessità di usufruire di spazi e di luoghi (appartamenti protetti) in cui possano sperimentarsi nella vita autonoma sia per brevi (week end), che lunghi periodi. Politiche da perseguire: implementare l'offerta residenziale per disabili medio-gravi; sviluppare l'offerta per la sperimentazione dell'autonomia dei soggetti e del ‘dopo di noi’; 57 - valutare nuovamente i percorsi di rientro nel territorio dei soggetti inseriti presso l’Istituto Costante Gris di Mogliano Veneto (TV), secondo quanto indicato dalla Regione del Veneto (DgrV 952/10); partecipare ad una programmazione di area vasta per la strutturazione di moduli di accoglienza residenziale, anche temporanea, che rispondano a quelle patologie sicuramente presenti nel territorio, ma non in numero così elevato da giustificare azioni autonome in questa direzione (gravi cerebrolesioni acquisite, malattie neuro-muscolari, autismo). 3) rischio di inadeguatezza degli interventi educativi ed assistenziali in riferimento all'età evolutiva 0/18 anni (disturbi del comportamento, assistenza scolastica, interventi educativi a domicilio per minori, minori stranieri con disabilità certificata) (bisogno emergente) Negli ultimi 5 anni il trend dell’assistenza scolastica è andato decisamente crescendo passando da 26 utenti in carico nell’anno 2004, a ben 41 nel 2009. Questo aumento consegue ad una serie di fattori tra cui una non prevedibile crescita di minori portatori di disabilità intellettive, con livello di gravita medio-grave, in cui non è infrequentemente il pluri-handicap (dato confermato anche dalle associazioni del volontariato dedicato), una contrazione/riduzione del sostegno scolastico in esito alle disposizioni ministeriali, con conseguente necessità di incrementare le ore di assistenza da parte di operatori Ulss (anche la Provincia conferma la sempre più alta richiesta di coniugare il sostegno domiciliare con quello scolastico) e, infine, la scelta di ultimare il ciclo di studi superiore da parte di soggetti già maggiorenni con disabilità grave e con necessità di affiancamento socio-assistenziale. Si evidenzia, inoltre, come progressivamente all’aumento del numero di immigrati che hanno scelto di vivere nel territorio del Feltrino, siano aumentati i minori stranieri con handicap certificato. Tutti i minori assistiti hanno la certificazione di disabilità ai fini del sostegno scolastico per handicap medio-grave. Politiche da perseguire: proseguire ed adeguare l'assistenza scolastica e l’educativa domiciliare alle richieste; implementare risposte a bisogni specifici; dedicare maggior attenzione ai percorsi di accoglimento alla nascita dei minori disabili; partecipare ad una programmazione di area vasta per la strutturazione di centri di riferimento per l’autismo oltre che per una rete di pensiero e di confronto su questa tematica. 4) difficoltà di integrazione sociale, scolastica e lavorativa per le persone disabili (bisogno consolidato) La richiesta di integrazione sociale, del diritto al proprio progetto di vita, sia da parte delle persone con disabilità che delle loro famiglie, fatica tuttora a trovare piena risposta malgrado l'impegno profuso sia da parte dei servizi, sia del volontariato dedicato che nel corso di questi anni si sta impegnando a promuovere azioni ed interventi mirati alla crescita culturale nella comunità realizzando occasioni ed eventi ad hoc. Su questo versante l'impegno è stato fruttuoso rispetto agli interventi finalizzati alla maturazione delle autonomie personali e con ciò l'integrazione sociale delle persone con disabilità che hanno aderito e partecipato ai progetti attivati dai servizi e dal privato sociale. È ora indifferibile dare continuità e stabilità a sperimentazioni positive. La possibilità di attivare percorsi di integrazione lavorativa e socio-lavorativa, finalizzata a fornire opportunità di “normalizzazione”, maturazione soggettiva e non tout court, collocamento a favore di persone con disabilità psico-intellettiva, risente delle 58 ricadute sull'occupazione della grave crisi economica, che per la fragilità della struttura economica del nostro territorio è stata oltremodo penalizzante, con conseguente minor disponibilità da parte delle aziende a mettere a disposizione setting per la realizzazione dei progetti personalizzati tipici del servizio di inserimento lavorativo (SIL). Tale difficoltà si riscontra anche nell'ambito delle azioni congiunte con i servizi per le politiche del lavoro della Provincia per le persone con disabilità a prevalenza “fisica”. Si evidenzia il bisogno di fornire un contesto con caratteristiche intermedie e protette per percorsi di inserimento al lavoro di persone disabili che necessitano di tempi, spazi, metodologie e risorse che l’ambiente ordinario di lavoro non consentono (centro di lavoro guidato). L'attivazione di un’alternanza scuola-lavoro ha incrementato il repertorio dell'offerta dei servizi e, di pari passo, la richiesta di ammissione a questi percorsi validi per la formazione scolastica e confacenti ai soggetti disabili ancora in diritto alla studio. Politiche da perseguire: sensibilizzare la popolazione in merito alla disabilità; sviluppare attività in parternariato con il volontariato su progetti mirati; implementare l'orientamento scolastico e lavorativo; sviluppare interventi di assistenza in contesti lavorativi protetti a favore di soggetti disabili; mantenere i livelli di inserimento lavorativo e ove possibile sviluppare l'integrazione occupazionale. 5) fragilità della persona disabile a domicilio e dei care giver (bisogno consolidato) Sono 10 i soggetti attualmente seguiti con interventi domiciliari sotto forma di aiuto personale e di sollievo alla famiglia. Oltre all’assistenza domiciliare mirata, è stato attivato un servizio di accoglienza integrativa presso i centri diurni disabili per 2 soggetti. Tali servizi sono programmati per consentire il raggiungimento di diversi obiettivi tra i quali dare sollievo e supporto alle famiglie con presenza di disabile grave e gravissimo, offrire supporto nei momenti critici famigliari, prevedere un percorso di integrazione sociale degli utenti assistiti, offrire attività educativa e di socializzazione. L'assistenza domiciliare è assolutamente da implementare vista la necessità di favorire il più possibile da un lato la permanenza della persona disabile all'interno del contesto famigliare cercando di contrastare allo stesso tempo i processi di istituzionalizzazione che creano nuova cronicità e dall'altro di garantire risposte flessibili, agili e di supporto ai vari bisogni delle famiglie che si trovano in situazioni di emergenza modulando e calibrando l'organizzazione degli interventi sui reali bisogni in modo efficace e tempestivo. Il progetto è inserito in un lavoro di rete capace di far confluire le risorse del servizio pubblico e dell'impresa sociale in funzione di una programmazione individualizzata. Politiche da perseguire: — incrementare la risposta ai bisogni dei disabili a domicilio e dei care giver anche valutando una riorganizzazione del servizio intersecandolo con i percorsi domiciliari promossi dal servizio sociale età adulta e anziana; — prevedere l’inserimento tra il personale dell’assistenza domiciliare della figura dell’educatore professionale che intraprenda percorsi educativi dedicati, nell’ottica della promozione della domiciliarità come alternativa alla semi-residenzialità. 6) rischio di offrire risposte scarsamente efficaci, sia in termini di residenzialità che di presa in carico, per le persone affette da malattie rare e congenite (bisogno consolidato) Le malattie rare sono condizioni morbose poco frequenti per definizione, ma anche poco conosciute, poco studiate e spesso mancanti di una terapia 59 adeguata. Sono spesso chiamate "malattie orfane" perché poco appetibili alla ricerca sperimentale e clinica. Una definizione precisa di malattia rara non esiste. L'unica definizione ufficiale esistente, e pertanto più frequentemente riportata, è quella del Congresso USA che ha fissato in 200.000 abitanti il numero massimo degli affetti in tutti gli Stati Uniti da una malattia per essere considerata come rara, cioè circa un caso ogni 1.200 persone. Ad oggi, in Italia non esiste una definizione univoca di malattia rara: diversi istituti o associazioni usano limiti definitori differenti. Viene definita patologia rara nel Piano Sanitario Nazionale una patologia o affezione con incidenza variabile da 1 su 20.000 a 1 su 200.000 abitanti delineando in questo modo una numerosità assoluta di 5.000 malattie, pari al 10% del totale delle malattie. La casistica del Registro malattie rare del Veneto al 31 dicembre 2008 risulta essere la seguente: Anno 2008 Residenti in Veneto Totali in Veneto cura in TOTALE FEMMINE MASCHI <= 18 anni > 18 anni 12.642 14.972 6.624 7.710 6.018 7.262 4.083 4.881 8.559 10.091 Tasso di pazienti certificati per malattia rara per provincia di residenza: Provincia di residenza Padova Rovigo Treviso Vicenza Venezia Verona Belluno Totale Regione Tasso x 1.000 abitanti 3,3 3,1 2,9 2,5 2,4 2,3 2,1 2,7 Nell’Ulss n°2 di Feltre risultano iscritte nel registro 69 tipologie di malattie rare. I portatori di sindrome di Down sono 56 (7 minori di 10 anni; 6 di età compresa tra i 10 e i 20 anni; 37 tra i 21 e i 60 anni; 6 tra i 61 e i 74 anni). Politiche da perseguire: — creare un punto di riferimento informativo a livello regionale per i familiari e le persone affette da malattie rare; — attivare risposte semi-residenziali e residenziali mirate a livello locale; — sviluppare i percorsi di sostegno alla famiglia alla nascita di un minore affetto da malattia rara. 7) rischio di compromissione nella gestione autonoma delle attività quotidiane anche per le persone con disabilità acquisita (bisogno consolidato) Politiche da perseguire: — sviluppare percorsi di vita indipendente; — mantenere i percorsi di acquisizione delle autonomie di base; — sviluppare autonomia nella mobilità; — implementare il servizio di orientamento e accesso agli ausili (UICAA); — accompagnare la persona fragile con figure di sostegno (amministratore di sostegno); — contrastare l'isolamento sviluppando ulteriori opportunità socio-aggregative nel tempo libero; 60 — migliorare il sistema dei trasporti. 8) fragilità dei percorsi socio – assistenziali – riabilitativi (bisogno emergente) Politiche da perseguire: — implementare i rapporti con il volontariato finalizzati a migliorare l'offerta riabilitativa (es. ippoterapia) e l'integrazione sociale. 9) rischio di carenza nella prevenzione di patologie evolutive nelle diverse fasce d'età (bisogno emergente) Politiche da perseguire: — implementare i percorsi di screening per le malattie degenerative e le diagnosi precoci. 10) rischio di scarsa informazione sui servizi offerti dal pubblico, dal privato sociale e dal volontariato al fine di favorire la prevenzione individuale e collettiva. Politiche da perseguire: — sviluppare informazione e sensibilizzazione alla popolazione su temi specifici oltre che sulla disabilità a carattere generale. B) LE SCELTE OPERATIVE Le azioni di mantenimento (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa). PRIORITA’ 1) rischio di non adeguata offerta semiresidenz iale 2) rischio di non adeguata offerta residenziale INTERVENTI Centri diurni per persone con disabilità (5) SOGGETTO RESPONSABILE Ulss 2 - SHEA Cooperativa Portaperta POLITICHE riorganizzare l'offerta esistente sulla base della gravità delle patologie dei soggetti e delle necessità assistenziali (creazione di piccoli nuclei all'interno delle strutture in base al livello di gravità) UTENZA 2011 RISORSE 2011 100 2.000.00 0 35 760.000 10 275.000 mantenere e ove possibile sviluppare attività innovative coinvolgendo tutti i centri diurni, anche integrando l’apporto delle associazioni e dei familiari implementare l'offerta residenziale per disabili mediogravi Comunità Alloggio per persone con disabilità (2) Cooperativa Portaperta Associazione Soteria RSA Ulss 1 Multizonale valutare nuovamente i percorsi di rientro nel territorio dei soggetti inseriti presso l’Istituto Costante Gris di Mogliano Veneto (TV), secondo quanto indicato dalla Regione del Veneto (DgrV 952/10) implementare l'offerta residenziale per disabili mediogravi 61 PRIORITA’ INTERVENTI Associata disabili 3) rischio di inadeguatezz a degli interventi educativi ed assistenziali in età evolutiva 4) difficoltà di integrazione sociale, scolastica, lavorativa 7) rischio di compromissi one nella gestione autonoma delle attività quotidiane anche per persone con disabilità acquisita Assistenza scolastica Assistenza scolastica Conferenza dei Sindaci Ulss 2 - SPSEE Amministrazione Provinciale di Belluno Inserimento lavorativo disabili Ulss 2 - SIL Vita indipendente Ulss 2 Sollievo Ulss 2 Acquisizione e manteniment o di autonomie ‘Più autonomia più partecipazione attiva’ Informazione e orientamento ausili Trasporti 8) fragilità dei percorsi socioassistenzialiriabilitativi SOGGETTO RESPONSABILE Il cavallo: importante opportunità per le persone disabili POLITICHE valutare nuovamente i percorsi di rientro nel territorio dei soggetti inseriti presso l’Istituto Costante Gris di Mogliano Veneto (TV), secondo quanto indicato dalla Regione del Veneto (DgrV 952/10) implementare l'offerta residenziale per disabili mediogravi proseguire ed adeguare l'assistenza scolastica e l’educativa domiciliare alle richieste implementare risposte a bisogni specifici proseguire ed adeguare l'assistenza scolastica e l’educativa domiciliare alle richieste mantenere i livelli di inserimento lavorativo e ove possibile sviluppare l'integrazione occupazionale Sviluppare percorsi di vita indipendente Sviluppare percorsi di vita indipendente UTENZA 2011 RISORSE 2011 20 800.000 40 Costi compres i in centro diurno 30 202.667 134 Costi in SIL area trasversa lità 35 210.000 50 40.000 Associazione Italiana Persone Down – sez. Feltre Mantenere i percorsi di acquisizione delle autonomie di base 60 28.800 Amministrazione provinciale di Belluno - UICAA Implementare il servizio di orientamento e accesso agli ausili 73 50.000 Comune di Santa Giustina Comune di Sospirolo Migliorare il sistema dei trasporti 180 3.000 implementare i rapporti con il volontariato finalizzati a migliorare l'offerta riabilitativa (es. ippoterapia) e l'integrazione sociale 40 33.331 Associazione nazionale giacche verdi onlus raggruppamento veneto contrastare l'isolamento sviluppando ulteriori opportunità socio- 62 PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA 2011 RISORSE 2011 aggregative nel tempo libero sviluppare interventi di assistenza in contesti lavorativi protetti a favore di soggetti disabili Le azioni di potenziamento o riconversione (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa). PRIORITA ’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABIL E POLITICHE 1) rischio di non adeguata offerta semiresiden ziale Ampliamento centro diurno La Birola Cooperativa Portaperta ampliare l'offerta della semiresidenzialità 2) rischio di non adeguata offerta residenziale Ampliamento comunità alloggio per persone disabili in funzione di possibile accreditamento come comunità residenziale (12 posti) Associazione Soteria Implementare l’offerta residenziale per disabili mediogravi UTENZA 2011 RISORSE 2011 17 117.977 5 (2014) 60.000 (2014) 22 100.000 10 18.500 incrementare la risposta ai bisogni dei disabili a domicilio e dei care giver anche valutando una riorganizzazione del servizio intersecandolo con i percorsi domiciliari promossi dal servizio sociale età adulta e anziana 5) fragilità della persona anziana a domicilio e dei care giver Assistenza domiciliare mirata Ulss 2 - SHEA 7) rischio di compromiss ione nella gestione autonoma delle attività quotidiane anche per persone con disabilità acquisita Iniziative educative, animative e di integrazione sociale Associazione Le Famiglie di Portaperta prevedere l’inserimento tra il personale dell’assistenza domiciliare della figura dell’educatore professionale che intraprenda percorsi educativi dedicati, nell’ottica della promozione della domiciliarità come alternativa alla semiresidenzialità Contrastare l’isolamento sviluppando ulteriori opportunità socio-aggregative nel tempo libero 63 Le azioni di innovazione (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa). SOGGETTO RESPONSABILE UTENZA 2011 RISORSE 2011 ampliare l'offerta della semiresidenzialità 18 (2013) 403.500 (2013) Cooperativa Portaperta Implementare l’offerta residenziale per disabili medio-gravi 10 (2013) 98.550 (2013) Progetti mirati di accompagnam ento dall’età evolutiva a quella adulta Ulss 2 – SPSEE e SHEA Implementare risposte a bisogni specifici 5 4) difficoltà di integrazione sociale, scolastica, lavorativa Realizzazione di un Centro Lavoro Guidato Cooperativa Portaperta Sviluppare interventi di assistenza in contesti lavorativi protetti a favore di soggetti disabili 10 88.000 6) rischio di offrire risposte scarsamente efficaci, sia in termini di residenzialità che di presa in carico, per le persone affette da malattie rare e congenite Centro diurno, comunità residenziale, centro di riferimento e centro riabilitativo intensivo ‘Casa famiglia persone affette da malattie rare’ Fondazione casa di riposo di Meano e UNIAMO FIMR n.q. 15.000.000 7) rischio di compromissio ne nella gestione autonoma delle attività quotidiane anche per persone con disabilità acquisita Iniziative educative, animative e di integrazione sociale Associazione Le Famiglie di Portaperta 10 18.500 PRIORITA’ INTERVENTI 1) rischio di non adeguata offerta semiresidenzi ale Realizzazione nuovo centro diurno nel territorio della sinistra Piave Cooperativa Portaperta 2) rischio di non adeguata offerta residenziale Realizzazione comunità alloggio per disabili 3) rischio di inadeguatezza degli interventi educativi ed assistenziali in età evolutiva POLITICHE 77.800 (finanzia mento condizion ato) creare un punto di riferimento informativo a livello regionale per i familiari e le persone affette da malattie rare attivare risposte semiresidenziali e residenziali mirate a livello locale sviluppare i percorsi di sostegno alla famiglia alla nascita di un minore affetto da malattia rara Contrastare l’isolamento sviluppando ulteriori opportunità socio-aggregative nel tempo libero 64 3.4 AREA DIPENDENZE Il Piano di zona attraverso lo strumento del dipartimento delle dipendenze pone al centro della sua visione la piena realizzazione delle condizioni di equità e di efficacia nei trattamenti delle dipendenze patologiche. Le alcol-tossicodipendenze sono disturbi che incidono sulla sfera dei valori morali e affettivi delle persone coinvolte e dei loro familiari. La diffusione delle droghe legali ed illegali è un tema che riguarda la società nel suo insieme, in quanto la vastità e l’importanza del fenomeno condiziona la vita civile e lo sviluppo culturale della collettività, in tutte le moderne democrazie. Per queste ragioni, sulle tossicodipendenze gravano istanze che vanno la di là dei compiti di terapia e di riabilitazione delle persone coinvolte e chiamano in causa gli indirizzi delle politiche nazionali e locali e l’espressione della pubblica opinione. In questo contesto il Piano di zona adotta uno stile pragmatico, rifiuta le posizioni ideologiche preconcette e si adopera fattivamente per il superamento delle condizioni sociali e culturali che ostacolano il pieno reinserimento nella comunità di appartenenza delle persone tossicodipendenti. Il contrasto alle condizioni stigmatizzanti è parte integrante ed essenziale degli interventi finalizzati al recupero dei tossicodipendenti. Il Piano di zona dell’Ulss n°2 di Feltre individua, pertanto, nella razionalità pragmatica dell’evidenza, la fonte primaria per selezionare le opzioni terapeutiche da adottare. In tal senso la formazione e l’aggiornamento continuo, la metodologia dell’audit per affrontare le esperienze anomale, il riferimento alle fonti scientifiche accreditate sono gli strumenti prioritari per l’innovazione e lo sviluppo delle tecniche di intervento. La valutazione degli esiti dei progetti, sia quelli individuali di trattamento che quelli di prevenzione, costituisce un aspetto prioritario del miglioramento continuo. Le finalità generali del dipartimento sono perseguite attraverso condizioni organizzative che rendono trasparenti i meccanismi decisionali ed alimentano il binomio, inscindibile, dell’autonomia e della responsabilità di tutte le figure professionali delle strutture. A) LE STRATEGIE DI INDIRIZZO In seguito agli incontri del tavolo di lavoro Area Dipendenze effettuati con gli operatori del settore, gli amministratori e gli altri portatori di interesse che hanno rilevato i bisogni dal loro particolare punto di osservazione (documenti in allegato) e sulla base delle stime di diffusione delle sostanze psico-attive nel territorio Feltrino (tasso per mille abitanti di cannabis THC 77,3, eroina 3,4, cocaina 20,3, droghe eccitanti 3,2) e dell’abuso di alcol (si stima un 23,6% di assuntori di bevande alcoliche a rischio nel Veneto,di cui l’11,9% forti bevitori, l’11,4% bevitori fuori pasto e il 7,6% bevitori binge), sono stati evidenziati i seguenti bisogni: 1) rischio di aumento dell’abuso di sostanze (alcol e droga) a partire dall’adolescenza fino all’età anziana, con diminuzione dell’età del primo contatto (con le sostanze e con i servizi di cura) e con costante diminuzione delle differenze di genere (sempre più femmine); 2) problematicità legata alla modificazione delle modalità di consumo sia dell’alcol (binge drinking) che delle droghe (policonsumo), alla scelta delle droghe elettive (sempre più droghe prestazionali) e al cambiamento degli stili di vita connessi alle droghe sempre più normalizzati al contesto sociale con rarefazione della figura dell’emarginato e del marginale; 3) rischio di consumo molto elevato di psicofarmaci “tranquillanti” anche al di fuori di prescrizione medica (fenomeno del “fai da te”) nella popolazione in generale; 4) aumento delle situazioni di comorbilità psichiatrica ed uso di sostanze fra gli utenti e aumento di diffusione del virus dell’epatite C nei soggetti che utilizzano la via venosa; 65 5) 6) 7) fragilità delle famiglie nel riconoscere i primi sintomi dell’abuso nei figli, nell’impreparazione a gestire il problema e nell’incapacità ad assumere un ruolo educativo - normativo; crescente difficoltà delle comunità a reinserire socialmente i soggetti per le difficoltà attuali del mercato del lavoro e della casa; comparsa di nuovi abusi da tecnologia informatica e soprattutto da gioco (gambling). Questi bisogni hanno generato un carico crescente di richieste di: — attività promozionali e preventive nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nei luoghi di aggregazione giovanile; — intervento di cura negli ambulatori e nelle comunità terapeutiche per soggetti adolescenti e minori; — interventi di sostegno e di supporto alle famiglie; — trattamenti congiunti tra dipartimento dipendenze e dipartimento di salute mentale con problemi di attribuzione del caso, talora irrisolti, di frequenti sinergie con servizi quali consultorio familiare (tutela minori), servizio psico-sociale per l’età evolutiva, magistratura e così via; — durata eccessiva ed inadeguata della permanenza in comunità per difficoltà nella dimissione. Approfondendo i bisogni prima elencati, vengono di seguito individuate le politiche di intervento da perseguire nel prossimo quinquennio: 1) rischio di aumento dell’abuso di sostanze (alcol e droga) a partire dall’adolescenza fino all’età anziana, con diminuzione dell’età del primo contatto (con le sostanze e con i servizi di cura) e con costante diminuzione delle differenze di genere (sempre più femmine) (bisogno consolidato) Il trend di crescita dell’utenza è una costante degli ultimi anni22 e dipende sia dalla conoscenza delle offerte di cura, sia dall’effettivo aumento degli utilizzatori di droghe, sia dalle attività di repressione nonché da disposizioni del legislatore che ha attribuito nuovi compiti agli operatori quali gli accertamenti sulla idoneità alla guida o alla mansione in lavori a rischio. L’abuso di psicofarmaci, del computer e del gioco (slot machine, poker on line, gratta e vinci, ecc.) si stanno diffondendo in modo capillare e hanno generato richieste di aiuto. Tale congerie diversificata di soggetti e di bisogni attualmente converge in unico contenitore fisico (il servizio tossicodipendenze) pensato un tempo sui bisogni del vecchio eroinomane. Inoltre, risulta al momento allocato in spazi inadeguati strutturalmente e poco modificabili, determinando l’inaccettabile compresenza fisica di situazioni di gravità e di tipologie molto diverse fra loro. Le politiche già perseguite (Piani di lotta alla droga DPR 309/90) e da potenziare ulteriormente sono: — intercettare in modo precoce i giovani in situazioni a rischio: aumentare la consapevolezza, aumentare e rinforzare le abilità di life skills e social skills, avviare percorsi di interventi precoci, soprattutto in ambito scolastico attraverso i patti per la salute con i vari istituti e nel cosiddetto tempo libero attraverso l’azione sinergica tra operatori e adulti significativi; — utilizzare maggiormente la metodica del counsellig motivazionale - educativo come intervento elettivo nelle situazioni di abuso di bassa-media gravità; — mantenimento e potenziamento delle strutture residenziali. 22 Dati in allegato. 66 2) problematicità legata alla modificazione delle modalità di consumo sia dell’alcol (binge drinking) che delle droghe (policonsumo), alla scelta delle droghe elettive (sempre più droghe prestazionali) e al cambiamento degli stili di vita connessi alle droghe sempre più normalizzati al contesto sociale con rarefazione della figura dell’emarginato e del marginale (bisogno consolidato) Gli stili di consumo di sostanze psicoattive attuali richiedono una diversa consapevolezza del mondo adulto, una profonda modificazione culturale rispetto all’attuale tolleranza e promozione di ogni additivo chimico che aumenti il divertimento o la prestazione misconoscendone rischi e conseguenze. Politiche da perseguire: — sostenere la scelta del decisore politico amministrativo di non promuovere in alcun modo la diffusione e il consumo di bevande alcoliche da parte dei minori e di restringere tempi e luoghi di possibile acquisizione; — collaborare con il dipartimento di prevenzione per lo sviluppo ulteriore della progettazione di prevenzione dell’uso di droghe, alcol e fumo già attivata nelle scuole; — promuovere attività informativa sui rischi dell’alcol e delle droghe connessi alla guida in collaborazione con le autoscuole; — sviluppare attività di intervento precoce sui guidatori con segnalazioni di guida in stato di ebbrezza; — sensibilizzare e informare sull’utilizzo di droghe e alcol i lavoratori con mansioni a rischio; — sviluppare attività di intervento precoce sui lavoratori sospesi per uso di sostanze psicoattive; — sperimentare programmi di cura e diversificati per pazienti giovani e ricorrenti; — avviare azioni innovative di cura e di contrasto all’uso di sostanze. 3) rischio di consumo molto elevato di psicofarmaci “tranquillanti” anche al di fuori di prescrizione medica (fenomeno del “fai da te”) nella popolazione in generale (bisogno emergente) Politiche da perseguire: — sensibilizzare medici e farmacisti sul fenomeno dell’abuso di farmaci psicoattivi benzodiazepinici e del loro acquisto spesso irregolare. 4) aumento delle situazioni di comorbilità psichiatrica e di uso di sostanze fra gli utenti e aumento di diffusione del virus dell’epatite C nei soggetti che utilizzano la via venosa (bisogno consolidato) Emergenze sanitarie sono rappresentate dalla frequente coesistenza di disturbi dell’identità e della personalità gravi, da disturbi dell’umore e dell’affettività che rendono sempre più difficili e complesse le diagnosi e i trattamenti dei giovani. A seconda dell’età degli utenti, si richiede agli operatori la capacità di lavorare in modo sinergico conoscendo e rispettando le diverse professionalità e prassi con il dipartimento della salute mentale e con il servizio per l’età evolutiva. Una situazione critica è rappresentata dai soggetti con disturbi non gravi di personalità e dai disturbi antisociali degli utilizzatori di alcol: abbandonano di frequente i trattamenti, vagano tra i servizi, determinano allarme sociale e generano insoddisfazione ad ogni livello. Politiche da perseguire: — attivare protocolli e linee guida interdipartimentali (dipartimento dipendenze, dipartimento salute mentale, UO medicina); 67 — 5) promuovere un gruppo di lavoro fra servizi che si occupi di disturbi antisociali della personalità. fragilità delle famiglie nel riconoscere i primi sintomi dell’abuso nei figli, nell’impreparazione a gestire il problema e nell’incapacità ad assumere un ruolo educativo - normativo (bisogno emergente) Politiche da attivare: — sviluppare negli adulti la capacità di analisi, di riconoscimento dei segnali di crisi-malessere nei figli, di competenze e di abilità di gestione di fattori critici comportamentali attraverso le attività di consulenza. 6) crescente difficoltà delle comunità a reinserire socialmente i soggetti per le difficoltà attuali del mercato del lavoro e della casa (bisogno emergente) La crisi economica che da qualche anno attanaglia la società ha impoverito le possibilità di lavoro e di disponibilità di reddito della popolazione del Feltrino. Tale dinamica economica ha avuto effetti più dannosi sulle fasce più svantaggiate della popolazione tra cui i tossicodipendenti e gli alcolisti. Molti di questi, dopo percorsi lunghi, difficili, faticosi di riemersione dalla dipendenza e dalle sue conseguenze (tra cui lo stigma sociale), trovano l’ulteriore ostacolo della mancanza di lavoro e, spesso, di abitazione elementi basilari per un completo rientro nel tessuto sociale. Politiche da perseguire: — implementare l’affido a cooperative sociali di lavori per soggetti con svantaggio; — mettere a disposizione un maggior numero di alloggi (tipo ATER) per coloro che escono dalle comunità e non hanno dimora propria o di famiglia; — promuovere una rete per l’integrazione lavorativa; — offrire alle persone alcol-tossicodipendenti un sistema graduato di opportunità di lavoro. 7) comparsa di nuovi abusi da tecnologia informatica e soprattutto da gioco (gambling) (bisogno emergente) Politiche da perseguire: — dedicare attenzione al fenomeno in espansione del gioco patologico (stima di prevalenza 1,5 per mille). Azioni riorganizzative delle risorse all’interno del dipartimento delle dipendenze (attualmente oggettivamente squilibrato sul versante della riabilitazione in regime residenziale) potrebbero liberare risorse professionali per potenziare la prevenzione primaria selettiva su soggetti a rischio con gli interventi a sostegno delle famiglie e per aprire una struttura rivolta a soggetti giovani e minori. Si ipotizza di avviare un pensiero di riorganizzazione dell’offerta dei dipartimenti e delle comunità terapeutiche, avviando sperimentazioni gestionali per nuovi modelli organizzativi ed erogativi. 68 B) LE SCELTE OPERATIVE Le azioni di mantenimento (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa). PRIORITA’ 1) rischio di aumento dell’abuso di sostanze (alcol e droga) a partire dall’adolescen za fino all’età anziana, con diminuzione dell’età del primo contatto (con le sostanze e con i servizi di cura) e con costante diminuzione delle differenze di genere (sempre più femmine) 2) problematicit à legata alla modificazione delle modalità di consumo sia dell’alcol (binge drinking) che delle droghe (policonsumo ), alla scelta delle droghe elettive (sempre più droghe prestazionali) e al cambiamento degli stili di vita connessi alle droghe sempre più normalizzati al contesto sociale con rarefazione della figura dell’emargina to e del marginale 6) crescente difficoltà delle INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA 2011 RISORSE 2011 SerD Ulss 2 - SerD Tutte quelle elencate nella declinazione delle 7 priorità 650 587.000 Comunità Terapeutiche (3) Ulss 2 - Le Braite Dumia Associazione Movimento Fraternità Landris Mantenimento e potenziamento strutture residenziali 100 1.300.000 200 10.000 40 Costi in SerD 2 3.250 Contrasto uso e abuso di alcol ACAT Feltre ACAT Dolomiti Feltrine sostenere la scelta del decisore politico amministrativo di non promuovere in alcun modo la diffusione e il consumo di bevande alcoliche da parte dei minori e di restringere tempi e luoghi di possibile acquisizione collaborare con il dipartimento di prevenzione per lo sviluppo ulteriore della progettazione di prevenzione dell’uso di droghe, alcol e fumo già attivata nelle scuole Corsi contro il fumo Ulss 2 - SerD collaborare con il dipartimento di prevenzione per lo sviluppo ulteriore della progettazione di prevenzione dell’uso di droghe, alcol e fumo già attivata nelle scuole Reinserimento socio- Cooperativa Dumia Implementare l’affido a cooperative sociali di lavori 69 comunità a reinserire socialmente i soggetti per le difficoltà attuali del mercato del lavoro e della casa lavorativo per soggetti con svantaggio Le azioni di potenziamento o riconversione (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa) PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE 1) rischio di aumento dell’abuso di sostanze (alcol e droga) a partire dall’adolescen za fino all’età anziana, con diminuzione dell’età del primo contatto (con le sostanze e con i servizi di cura) e con costante diminuzione delle differenze di genere (sempre più femmine) Ampliamento comunità terapeutica (con ristrutturazion e) Associazione Movimento Fraternità Landris Completament o moduli posti letto residenziale Cooperativa Dumia 2) problematicità legata alla modificazione delle modalità di consumo sia dell’alcol (binge drinking) che delle droghe (policonsumo) , alla scelta delle droghe elettive (sempre più droghe prestazionali) e al cambiamento degli stili di vita connessi alle droghe sempre più normalizzati al contesto sociale con rarefazione della figura Promozione azioni di prevenzione uso sostanze stupefacenti/al col Comune di Alano di Piave Unione Comuni BF Prevenzione selettiva delle diverse forme di dipendenza in età giovanile ACAT Dolomiti Feltrine UTENZA 2011 RISORSE 2011 Mantenimento e potenziamento strutture residenziali 8 424.760 Mantenimento e potenziamento strutture residenziali 10 180.000 2.000 n.q. n.q. 17.670 POLITICHE sostenere la scelta del decisore politico amministrativo di non promuovere in alcun modo la diffusione e il consumo di bevande alcoliche da parte dei minori e di restringere tempi e luoghi di possibile acquisizione collaborare con il dipartimento di prevenzione per lo sviluppo ulteriore della progettazione di prevenzione dell’uso di droghe, alcol e fumo già attivata nelle scuole sostenere la scelta del decisore politico amministrativo di non promuovere in alcun modo la diffusione e il consumo di bevande alcoliche da parte dei 70 PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA 2011 RISORSE 2011 200 33.000 1.500 32.000 25 60.000 minori e di restringere tempi e luoghi di possibile acquisizione collaborare con il dipartimento di prevenzione per lo sviluppo ulteriore della progettazione di prevenzione dell’uso di droghe, alcol e fumo già attivata nelle scuole dell’emarginat o e del marginale Trattamenti innovativi riferiti alle diverse forme di dipendenza Prevenzione selettiva 6) crescente difficoltà delle comunità a reinserire socialmente i soggetti per le difficoltà attuali del mercato del lavoro e della casa Reinserimento sociolavorativo ed inclusione sociale dei soggetti alcoltossicodipende nti sperimentare programmi di cura e diversificati per pazienti giovani e ricorrenti Ulss 2 - SerD Ulss 2 - SerD avviare azioni innovative di cura e di contrasto all’uso di sostanze sperimentare programmi di cura e diversificati per pazienti giovani e ricorrenti avviare azioni innovative di cura e di contrasto all’uso di sostanze promuovere una rete per l’integrazione lavorativa Ulss 2 - SIL offrire alle persone alcoltossicodipendenti un sistema graduato di opportunità di lavoro 71 3.5 SALUTE MENTALE Secondo un approccio allargato di salute pubblica, la salute mentale è una componente basilare della salute globale del cittadino e della popolazione come recita la Dichiarazione di Helsinki: “Non c’è salute senza salute mentale”. All’interno di una filosofia di salute pubblica, quindi, l'integrazione e la personalizzazione delle cure, relativamente alla salute mentale, possono aiutare a procedere verso la definizione di pratiche sempre più efficaci ed aderenti ai bisogni dell’utenza, coalizzando gli sforzi nelle aree di impegno comune (le politiche sui giovani, sulle fasce marginali, sulla disabilità, le politiche di prevenzione e di promozione della salute). La salute, e nello specifico la salute mentale, è fondamentale per il benessere dell'individuo e della collettività e si persegue non solo con interventi di natura strettamente medica, ma anche attraverso il sostegno psicologico, sociale e culturale. In tale ottica, la partecipazione, la solidarietà e l'inclusione sociale diventano elementi determinanti e, dunque, posti alla base della programmazione di seguito sviluppata. In accordo con le indicazioni regionali, la pianificazione quinquennale proposta intende fornire risposte ai bisogni consolidati ed emergenti che il territorio propone e che, prevedibilmente, caratterizzeranno anche i prossimi anni. Il presente Piano di zona contribuisce a plasmare uno dei pilastri del nuovo welfare di comunità basato sui concetti di personalizzazione ed integrazione delle cure, sull’armonia tra territorio ed ospedale, sulla ricerca del giusto equilibrio tra sostegno all’integrazione sociale e l’accompagnamento sanitario. A) LE STRATEGIE DI INDIRIZZO Nel corso delle riunioni del tavolo di lavoro rea Salute Mentale e attraverso la raccolta di una scheda di espressione del bisogno compilata dal singolo soggetto aderente al Piano di zona, è stata approfondita l’analisi che ha evidenziato le seguenti necessità declinate in ordine di priorità: 1) fragilità dei percorsi di connessione tra i servizi per la salute mentale e il territorio; 2) rischio di non adeguatezza all’evoluzione del bisogno della popolazione psichiatrica in riferimento ai dispositivi residenziali e semi-residenziali; 3) debolezza nell’accompagnamento della persona con problemi psichiatrici dai servizi per l’età evolutiva a quelli per l’età adulta e nel passaggio tra alcune unità operative (SerT, SHEA, SSEAA) e il Dipartimento di Salute Mentale; 4) rischio di consolidamento dello stigma nei confronti della malattia mentale; 5) fragilità dei percorsi di inserimento sociale e lavorativo; 6) fragilità dei familiari nei percorsi di riconoscimento e di accettazione della malattia mentale del proprio congiunto; 7) rischio di scarsità o di non adeguatezza di attività nel tempo libero e in particolare nel week-end; 8) problematicità nella gestione della vita autonoma e nella riacquisizione e nel mantenimento delle abilità quotidiane; 9) fragilità dei percorsi di intercettazione precoce della malattia mentale in giovane età. Si approfondiscono di seguito i singoli bisogni, evidenziando quali elementi li caratterizzano e sulla base di quali considerazioni emergono queste esigenze, se i bisogni espressi sono già stati presi in esame nella pianificazione tuttora vigente o, al contrario, si presentano solo ora e, infine, quali sono le politiche verso cui si intende orientare la futura progettazione. 72 1) fragilità dei percorsi di connessione tra i servizi per la salute mentale e il territorio (bisogno consolidato) Il centro di salute mentale (CSM) è la sede organizzativa dell’èquipe degli operatori e la sede del coordinamento degli interventi di prevenzione, cura, riabilitazione e reinserimento sociale nel territorio di competenza, tramite anche l’integrazione funzionale con le attività del distretto. In particolare il CSM svolge: attività di accoglienza, analisi della domanda e attività diagnostica, definizione e attuazione di programmi terapeutico-riabilitativi e socioriabilitativi personalizzati con le modalità proprie dell’approccio integrato tramite interventi ambulatoriali, domiciliari, di “rete” ed eventualmente anche residenziali, nella strategia della continuità terapeutica, attività di raccordo con i medici di medicina generale, per fornire consulenza psichiatrica e per condurre, in collaborazione, progetti terapeutici ed attività formativa, consulenza specialistica ai servizi “di confine” (alcolismo, tossicodipendenze ecc.), alle strutture residenziali per anziani e per disabili, attività di filtro ai ricoveri e di controllo della degenza nelle case di cura neuropsichiatriche private, al fine di assicurare la continuità terapeutica, valutazione ai fini del miglioramento continuo di qualità delle pratiche e delle procedure adottate. Gli utenti del CSM nel 2009 sono stati 1.548 a fronte dei 1.396 del 2007. L’interconnessione tra i servizi e il territorio, dunque, è parte stessa della definizione del CSM ed è su questa specificità che nei prossimi anni si intende operare al fine di renderla sempre più strutturata. Politiche da perseguire: — potenziare la presenza dei servizi per la salute mentale a livello territoriale; — implementare i percorsi di coordinamento con i soggetti che già operano in quest’ambito a livello territoriale. 2) rischio di non adeguatezza all’evoluzione del bisogno della popolazione psichiatrica in riferimento ai dispositivi residenziali e semi-residenziali (bisogno consolidato) Il dipartimento di salute mentale (DSM) è l'insieme delle strutture e dei servizi che hanno il compito di farsi carico della domanda legata alla cura, all'assistenza e alla tutela della salute mentale nell'ambito del territorio definito dall'Azienda Ulss. Il DSM è dotato dei seguenti servizi: servizi per l’assistenza diurna (CSM), servizi semiresidenziali (centri diurni), servizi residenziali (RSA, comunità alloggio, comunità alloggio di tipo estensivo sperimentale), servizi ospedalieri (servizi psichiatrici di diagnosi e cura – SPDC – e day hospital - DH). Attualmente per quanto concerne la residenzialità, l’offerta nel territorio comprende: la RSA di Feltre e quella sita a Pullir (116 utenti complessivi 2009), la comunità alloggio sperimentale a riabilitazione estensiva, una comunità alloggio sita a Pullir e una a Cart (22 utenti complessivi 2009) e la CTRP (16 utenti complessivi 2009). La semi-residenzialità riguarda i centri diurni associati alle due comunità alloggio e quello della CTRP (45 utenti complessivi nel 2009, anno in cui era attivo anche un 4 centro diurno presso il CSM). L’offerta attualmente presente risulta soddisfare le richieste. Politiche da perseguire: — riorganizzare le unità operative esistenti rendendole ancora più efficaci e maggiormente efficienti nel rispondere alle nuove cronicità; — riorganizzare i dispositivi semi-residenziali presenti; — valutare l’ampliamento delle unità di offerta in base ad eventuale evoluzione delle necessità territoriali e alle indicazioni regionali (POSM); — partecipare ad una programmazione di area vasta per la strutturazione di moduli di accoglienza residenziale specifici per gli adolescenti che presentano importanti disturbi psichiatrici, sicuramente presenti nel territorio, ma non in numero così elevato da giustificare azioni autonome in questa direzione. 73 3) debolezza nell’accompagnamento della persona con problemi psichiatrici dai servizi per l’età evolutiva a quelli per l’età adulta e nel passaggio tra alcune unità operative (SerT, SHEA, SSEAA) e il Dipartimento di Salute Mentale (bisogno consolidato) La psichiatria è per definizione una disciplina di confine: ogni intervento in questo settore, se non vuol limitare la propria efficacia, deve necessariamente tener conto di un contesto generale, disciplinare ed operativo, ampio e coinvolgente più attori. Risulta immediatamente evidente che l’integrazione operativa socio-sanitaria non può che essere uno degli obiettivi strategici del Dipartimento di Salute Mentale. In questo contesto il ruolo giocato dal distretto è centrale, poiché è per definizione il crocevia delle politiche per la salute di un determinato territorio e la sua capacità d’interfacciarsi con tutti gli altri servizi sanitari e sociali è la variabile determinante di successo. La scelta di avviare un percorso di consolidamento dei rapporti inter-servizi costituisce solo un primo passo verso la costituzione di una prassi integrata di tipo collaborativo che verrà a consolidarsi stabilmente. Politiche da perseguire: — migliorare la comunicazione e l’interdipendenza tra le specialità implicate nei casi multiproblematici attraverso la stesura di linee di orientamento e protocolli di intesa non statici, ma flessibili alla luce di continue rivalutazioni (servizio psicosociale età evolutiva, dipendenze, disabilità età adulta); — implementare il coordinamento tra soggetti coinvolti nelle aree di confine; — rafforzare ulteriormente l’approccio cosiddetto relazionale (l’utente al centro dei servizi). 4) rischio di consolidamento dello stigma nei confronti della malattia mentale (bisogno consolidato) L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che i disturbi mentali siano ai primi posti come carico di sofferenza e di disabilità per la popolazione e che tendano all’aumento nei paesi industrializzati. In uno studio nazionale recente è risultato che in Italia poco meno del 10% della popolazione soffre nell’arco di un anno di uno dei disturbi mentali più frequenti e più noti, quali depressione e ansia; inoltre poco meno dell’1% della popolazione soffre di disturbi psichici meno frequenti. Sono numerose le persone che hanno problemi psicologici cosiddetti “sottosoglia”, che non sono abbastanza gravi perchè si possa fare una diagnosi secondo i criteri delle classificazioni internazionali delle malattie, ma che comunque provocano malessere e difficoltà nella vita di tutti i giorni. Dati relativamente recenti dimostrerebbero che vi è una prevalenza pari al 25% nella popolazione generale relativamente al disagio emotivo. Si stima che circa il 3% della popolazione avrebbe bisogno di ricorrere a prestazioni di specialisti. Nonostante questo vi è ancora una diffusa diffidenza e disinformazione nei confronti della salute mentale Appare quanto mai importante, dunque, sviluppare ulteriormente le attività di comunicazione e di informazione contro lo stigma e il pregiudizio in salute mentale, anche nelle fasce più giovani della popolazione con il coinvolgimento della scuola, al fine di aumentare la consapevolezza sugli effetti negativi di atteggiamenti stigmatizzanti nei confronti delle persone con malattie mentali. Politiche da perseguire: — sensibilizzare la popolazione in merito alla malattia mentale; — mantenere azioni di contrasto allo stigma attivate in collaborazione con gli istituti scolastici; — promuovere maggiori momenti di incontro e percorsi di informazione e formazione. 74 5) fragilità dei percorsi di inserimento sociale e lavorativo (bisogno consolidato) Politiche da perseguire: — implementare gli inserimenti lavorativi anche attraverso il consolidamento del rapporto con il servizio inserimento lavorativo; — potenziare l’offerta degli appartamenti protetti a disposizione; — riorganizzare gli appartamenti protetti secondo gli standard e le indicazioni regionali (POSM) avviando le procedure per l’autorizzazione al funzionamento e all’accreditamento come nuova unità di offerta. 6) fragilità dei familiari nei percorsi di riconoscimento e di accettazione della malattia mentale del proprio congiunto (bisogno consolidato) Politiche da perseguire: — sostenere adeguatamente familiari e care giver; — sviluppare ulteriormente occasioni di confronto con i familiari, in una logica di accompagnamento attraverso i sevizi coinvolti. 7) rischio di scarsità o di non adeguatezza di attività nel tempo libero e in particolare nel week-end (bisogno consolidato) Politiche da perseguire: — contrastare l’isolamento sviluppando ulteriormente opportunità socioaggregative (gruppi di socializzazione, centri aggregativi, ecc.); — accrescere nella persona con problemi psichiatrici la conoscenza del proprio problema e l’autostima, cercando di incidere sullo stile di vita e su una maggiore autonomia. 8) problematicità nella gestione della vita autonoma e nella riacquisizione e nel mantenimento delle abilità quotidiane (bisogno consolidato) Politiche da perseguire: — accompagnare la persona fragile con figure di sostegno (amministratore di sostegno). 9) fragilità dei percorsi di intercettazione precoce della malattia mentale in giovane età (bisogno emergente) Politiche da perseguire: — attivare percorsi di sensibilizzazione delle agenzie sanitarie coinvolte (pediatri di libera scelta, neuro-psichiatri infantili, ecc.). 75 B) LE SCELTE OPERATIVE Le azioni di mantenimento (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa) PRIORITA’ 1) fragilità dei percorsi di connessione tra i servizi per la salute mentale e il territorio 2) rischio di non adeguatezza all’evoluzion e del bisogno della popolazione psichiatrica in riferimento ai dispositivi residenziali e semiresidenziali INTERVENTI Centro salute mentale SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA 2011 RISORSE 2011 1.600 410.000 55 55.000 100 5.000.0 00 25 550.000 45 costi in RSA 16 1.034.0 00 6 18.000 33 n.q. potenziare la presenza dei servizi per la salute mentale a livello territoriale Ulss 2 - DSM Day-Hospital Ospedaliero Ulss 2 - DSM RSA di Cesiomaggiore e di Feltre (2) Ulss 2 - DSM Comunità Alloggio di Cesiomaggiore e di Feltre (2) Ulss 2 - DSM Comunità Alloggio Estensiva Ulss 2 - DSM CTRP Ulss 2 - DSM Gruppo appartamenti (4) Ulss 2 - DSM Centro diurno (3) Ulss 2 - DSM implementare i percorsi di coordinamento con i soggetti che già operano a livello territoriale riorganizzare le unità operative esistenti rendendole ancora più efficaci e maggiormente efficienti nel rispondere alle nuove cronicità riorganizzare le unità operative esistenti rendendole ancora più efficaci e maggiormente efficienti nel rispondere alle nuove cronicità riorganizzare le unità operative esistenti rendendole ancora più efficaci e maggiormente efficienti nel rispondere alle nuove cronicità riorganizzare le unità operative esistenti rendendole ancora più efficaci e maggiormente efficienti nel rispondere alle nuove cronicità riorganizzare le unità operative esistenti rendendole ancora più efficaci e maggiormente efficienti nel rispondere alle nuove cronicità riorganizzare le unità operative esistenti rendendole ancora più efficaci e maggiormente efficienti nel rispondere alle nuove cronicità riorganizzare i dispositivi semi-residenziali presenti 76 3.6 MARGINALITA’ E INCLUSIONE SOCIALE Si è scelto di introdurre per la prima volta l’area marginalità e inclusione sociale a seguito della forte crisi del mercato del lavoro che ha fortemente interessato anche il territorio dell’Ulss n°2. Generalmente dedicata alle situazioni di povertà estrema e marginalità, infatti, quest’area non era stata presa in considerazione negli anni precedenti per la scarsa presenza di questi fenomeni nel territorio, supportata dalle scelte regionali di destinare i fondi volti ad arginare questi fenomeni al solo comune capoluogo di Provincia in cui effettivamente si trovano dispositivi di risposta alle situazioni più estreme. Dal 2009, tuttavia, l’ondata di crisi economica nazionale si è abbattuta anche nel Feltrino che si è trovato a gestire un’inarrestabile chiusura di attività (anche storiche e ben consolidate nel tessuto industriale della zona) e/o a far fronte ad un proliferarsi e ad un prolungarsi di situazioni di cassa integrazione che hanno richiesto un grosso sforzo da parte della rete sociale per riuscire a ‘contenere’ l’impoverimento delle famiglie. Molti, infatti, sono i nuclei familiari destabilizzati dal rallentamento economico in quanto monoreddito e con l’unico percettore di stipendio in cassa integrazione o, visto lo scarso ventaglio di industrie presenti e il fatto che quasi tutte sono state toccate dalla crisi, con ambedue i familiari in età da lavoro in cassa integrazione. Alle situazioni più difficili, si aggiunge poi tutto il mondo del precario (contratti a termine, lavoratori a progetto) che non può accedere agli ammortizzatori sociali previsti dallo stato e le situazioni drammatiche degli impiegati che si trovano disoccupati con scarso preavviso e senza indennità di disoccupazione. Alta la fascia composta da persone adulte che escono dal mercato del lavoro e che sono più difficilmente ricollocabili. Pur essendo stati attivati da subito degli ammortizzatori in grado di contenere gli effetti più dannosi della crisi (fondo provinciale per il lavoro, fondo diocesano per il lavoro, nascita e potenziamento di sportelli di orientamento ed informativi, aumento di derrate alimentari distribuite gratuitamente e maggiore disponibilità di alloggi da parte della Caritas, per citare alcuni esempi), la situazione attuale vede, comunque, i servizi socio-assistenziali spesso disarmati di fronte all’impoverimento delle famiglie. Accanto alle richieste espresse dagli immigrati (le cui fila si assottigliano per i molti rientri in patria), diventano frequenti quelle espresse dagli italiani anche se spesso si viene a conoscenza di situazioni particolarmente gravose non dai diretti interessati, ma dalla comunità (i parroci in primis e dai conoscenti in secondo luogo). Venire incontro alle necessità dei più disagiati dovrebbe costituire dovere morale per le istituzioni e per il volontariato. COMUNE Arsiè Cesiomaggiore Feltre Fonzaso San Gregorio nelle Alpi Santa Giustina Sedico Trichiana TOTALE N° DI ACCOLTI 152 254 735 30 50 342 81 60 1.704 Tabella 11 Assistiti da enti assistenziali. Dati 2009. Fonte Amico del Popolo 77 A) LE STRATEGIE DI INDIRIZZO Nel corso delle riunioni del tavolo di lavoro Area Marginalità e Inclusione Sociale e attraverso la raccolta di una scheda di espressione del bisogno da parte del singolo soggetto aderente al Piano di zona, è stata approfondita l’analisi del bisogno che ha evidenziato le seguenti necessità declinate in ordine di priorità: 1) rischio di erogazione di aiuti alle persone in situazione di marginalità finalizzati al tamponamento di un’emergenza e non ad un concreto aiuto per il superamento di un momento di crisi; 2) rischio di consolidamento di errati approcci al sistema di aiuto (pubblico, privato e del privato sociale), permettendo a poche persone di ottenere molto e a molte persone di non contare su nessun tipo di aiuto; 3) rischio di rendere inefficace ed inefficiente l’aiuto personale, strutturale ed economico messo a disposizione da un soggetto. Le necessità così espresse si configurano più come bisogni di sistema, ovverosia l’esigenza di andare a modificare la metodologia di supporto alle persone marginali e svantaggiate finora seguita dai vari attori della comunità, che come elencazione dei bisogni delle persone. E’ emerso dagli incontri, infatti, che sono molti i soggetti che operano in questo ambito e che, finora, le risorse messe in campo da ciascuno sono risultate sufficienti per affrontare le varie esigenze presentate dalla popolazione. Nell’evolversi della crisi economica, tuttavia, che ha schiacciato e continua a stringere gli attori sociali tra la ristrettezza di risorse e l’aumento costante e irrefrenabile dei portatori di bisogno, non appare più sufficiente l’apporto di ciascuno o il coordinamento a piccolo raggio. Dove il sistema di aiuto funziona, infatti, vi è un’attrazione fortissima anche da province e regioni limitrofe (per esempio la Caritas Feltrina si è vista presentare richieste di persone provenienti da Padova o da Treviso che conoscevano il buon operato e il funzionamento dell’ente) che rende inefficace il controllo sull’effettiva necessità del singolo, in quanto non conosciuto, lasciando, per questo motivo, privo di riferimenti che consentano di ricostruire il caso il soggetto che lo prende a carico. Le iniziative attivate dai singoli protagonisti di primo intervento (banco alimentare, banco farmaceutico, banco vestiario, banco mobili, prima accoglienza abitativa, orientamento nelle pratiche di soggiorno e nella prima ricerca di lavoro), di accompagnamento (re-inserimenti lavorativi, re-inserimenti sociali, seconda accoglienza abitativa) e di contribuzione economica, sono presenti in modo sistematico e molto spesso coordinato. E’ necessario, tuttavia, apprendere e riconoscere una metodologia comune che consenta l’integrazione tra i dispositivi di aiuto esistenti e la costruzione di un percorso di valutazione del bisogno coerente ed efficace da parte di tutti i soggetti che operano in contrasto delle situazioni di emarginazione. 1) rischio di erogazione di aiuti alle persone in situazione di marginalità finalizzati al tamponamento di un’emergenza e non ad un concreto aiuto per il superamento di un momento di crisi (bisogno emergente) Politiche da perseguire: coordinare i soggetti preposti alla prima emergenza/accoglienza con quelli che si occupano di accompagnamento e re-inserimento; individuare percorsi solidaristici e fondi integrativi al sistema attuale; conoscere approfonditamente i soggetti che si muovono nel territorio, le tipologie di assistenza che possono offrire e le modalità di accesso. 2) rischio di consolidamento di errati approcci al sistema di aiuto (pubblico, privato e del privato sociale), permettendo a poche persone di ottenere molto e a molte persone di non contare su nessun tipo di aiuto(bisogno emergente) 78 Politiche da perseguire: avviare percorsi di formazione condivisa sulla metodologia di valutazione del bisogno; elaborare e condividere un vademecum sulle modalità da seguire per l’erogazione di ‘aiuto’; individuare modalità similari a costruzione di banche dati o, comunque, intensificare il confronto con gli altri soggetti del sistema in merito ai cittadini che si stanno aiutando (verificare se il soggetto è già in carico ad altri servizi). 3) rischio di rendere inefficace ed inefficiente l’aiuto personale, strutturale ed economico messo a disposizione da un soggetto(bisogno emergente) Politiche da perseguire: avviare o implementare il coordinamento dei soggetti erogatori all’interno dell’ambito comunale; indicare il luogo di residenza quale riferimento territoriale primario per cercare aiuto e sostegno e solo in seconda battuta rendere disponibile il proprio aiuto; creare occasioni di scambio e di confronto a livello territoriale; implementare il coordinamento e i momenti di confronto e scambio di buone prassi. B) LE SCELTE OPERATIVE Le azioni di mantenimento (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa) PRIORITA’ 1) rischio di erogazione di aiuti alle persone in situazione di marginalità finalizzati al tamponamen to di un’emergenz a e non ad un concreto aiuto per il superamento di un momento di crisi INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA 2011 RISORSE 2011 750 22.300 10 n.q. 250 10.000 15 5.000 coordinare i soggetti preposti alla prima emergenza/accoglienza con quelli che si occupano di accompagnamento e reinserimento Servizi di pronta accoglienza Caritas Feltre individuare percorsi solidaristici e fondi integrativi al sistema attuale conoscere approfonditamente i soggetti che si muovono nel territorio, le tipologie di assistenza che possono offrire e le modalità di accesso individuare percorsi solidaristici e fondi integrativi al sistema attuale Accoglienza residenziale Comune di Quero Distribuzione beni di prima necessità Comune di Alano Comune di Feltre Comune di Sedico Comune di Trichiana Unione comuni BF individuare percorsi solidaristici e fondi integrativi al sistema attuale Buoni spesa buoni pasto Comune di Alano Comune di Lamon Comune di Mel individuare percorsi solidaristici e fondi integrativi 79 PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE Comune di Sedico Comune di Trichiana POLITICHE UTENZA 2011 RISORSE 2011 al sistema attuale Prestiti/prestiti d’onore Comune di Quero Comune di Santa Giustina Comune di Sedico Comune di Sospirolo Comune di Trichiana individuare percorsi solidaristici e fondi integrativi al sistema attuale 15 10.000 Contributi ad integrazione del reddito 18 comuni individuare percorsi solidaristici e fondi integrativi al sistema attuale 160 85.000 Le azioni di potenziamento o riconversione (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa) PRIORITA’ 1) rischio di erogazione di aiuti alle persone in situazione di marginalità finalizzati al tamponamen to di un’emergenz a e non ad un concreto aiuto per il superamento di un momento di crisi INTERVENTI Iniziativa a sostegno del reddito: buoni INPS/voucher SOGGETTO RESPONSABILE Unione comuni BF POLITICHE coordinare i soggetti preposti alla prima emergenza/accoglienza con quelli che si occupano di accompagnamento e reinserimento UTENZA 2011 RISORSE 2011 40 3.000 individuare percorsi solidaristici e fondi integrativi al sistema attuale Le azioni di innovazione (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa) PRIORITA’ 3) rischio di rendere inefficace ed inefficiente l’aiuto personale, strutturale ed economico messo a disposizione da un soggetto INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA 2011 RISORSE 2011 200 1.000 avviare o implementare il coordinamento dei soggetti erogatori all’interno dell’ambito comunale Realizzazione di rete e di punto solidale Comune di Alano di Piave indicare il luogo di residenza quale riferimento territoriale primario per cercare aiuto e sostegno e solo in seconda battuta rendere disponibile il proprio aiuto creare occasioni di scambio e 80 PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA 2011 RISORSE 2011 200 1.000 di confronto a livello territoriale implementare il coordinamento e i momenti di confronto e scambio di buone prassi avviare o implementare il coordinamento dei soggetti erogatori all’interno dell’ambito comunale Realizzazione di rete e di punto solidale Unione comuni BF indicare il luogo di residenza quale riferimento territoriale primario per cercare aiuto e sostegno e solo in seconda battuta rendere disponibile il proprio aiuto creare occasioni di scambio e di confronto a livello territoriale implementare il coordinamento e i momenti di confronto e scambio di buone prassi 81 3.7 IMMIGRAZIONE Nel corso delle attività del tavolo di lavoro per il Piano di zona è emerso un quadro della situazione che assume caratteristiche differenti rispetto alle precedenti edizioni: il lavoro di creazione e di rafforzamento della rete territoriale previsto per il precedente quadriennio ha permesso di affrontare la complessità del fenomeno con maggiore efficacia e soprattutto di concordare un uso delle risorse economiche (per la maggior parte derivanti dal Piano di Integrazione Sociale e Scolastica finanziato dalla Regione del Veneto) meglio distribuito. Va da sé che considerati i rapidi ed imprevedibili mutamenti dei fenomeni migratori, il mantenimento ed il coordinamento della rete territoriale rimane uno dei punti fondamentali da coltivare nel prossimo quinquennio. Il gruppo di lavoro ha indicato nell’apprendimento della lingua e nella capacità di comunicazione gli aspetti importanti sui quali soffermarsi per la progettazione delle attività del prossimo quinquennio con e per i cittadini migranti. Le attività sono quindi state programmate prioritariamente in due ambiti: italiano come L2 nella scuola e formazione linguistica per gli adulti stranieri (in particolare ancora una volta le donne) in ambiti comunali e sovracomunali. Il nuovo bisogno emergente (enfatizzato dagli effetti della crisi economica e lavorativa) è l’esigenza di dare vita a percorsi professionalizzanti nelle scuole superiori, al fine di creare i presupposti per un migliore e più pronto inserimento lavorativo, presupposto fondamentale per innescare i processi di integrazione sociale dei migranti. Si rileva, come elemento da rafforzare nel prossimo quinquennio, una maggiore propensione da parte dei cittadini stranieri all’associazionismo e si segnalano le prime iniziative da parte di gruppi riconosciuti a livello regionale. Sarà importante, dunque, accompagnare queste prime esperienze in un processo di rafforzamento e di integrazione con gli altri soggetti del territorio. Da segnalare, infine, quanto accade alle famiglie migranti per effetto della crisi economica, pertanto la necessità di coordinare gli interventi di sostegno alla famiglia in raccordo con quanto proposto all’interno dell’area marginalità. Nel 2009 i cittadini immigrati regolarmente soggiornanti nell’Ulss n°2 di Feltre erano il 5,6% della popolazione (5.710/84.949). A) LE STRATEGIE DI INDIRIZZO Nel corso delle riunioni del tavolo di lavoro Area Immigrazione, che in buona parte coincide con il gruppo di coordinamento dei soggetti aderenti al Programma di Integrazione Sociale e Scolastica (PISS) promosso dalla Regione del Veneto e predisposto dalla Conferenza dei Sindaci, sono stati raccolti ed approfonditi (utilizzando le apposite schede di raccolta del bisogno) i bisogni emergenti nel territorio. E’ stato così possibile definire le necessità di seguito indicate in ordine di priorità: 1) fragilità nell’apprendimento della lingua italiana (che pregiudica una buona integrazione in vari campi: lavorativo, scolastico, culturale, ecc); 2) difficoltà relative al bisogno di formazione, informazione, orientamento, inserimento sociale, scolastico e lavorativo; 3) fragilità e difficoltà di professionalizzazione al lavoro dipendente ed al lavoro autonomo; 4) difficoltà di inserimento scolastico e di proseguo degli studi superiori; 5) difficoltà di rafforzamento del protagonismo dell’associazionismo e di costruzione di forme rappresentative; 6) rischio legato al perdurare della crisi economica per le famiglie straniere. 82 Per ogni singolo bisogno si indicano di seguito gli elementi salienti della discussione, quali di questi bisogni sono già stati oggetto di segnalazione nel vigente Piano di zona e quali, invece, sono nuovi e dovranno quindi essere oggetto di una programmazione innovativa e di nuove politiche da perseguire. 1) fragilità nell’apprendimento della lingua italiana (che pregiudica una buona integrazione in vari campi: lavorativo, scolastico, culturale ecc) (bisogno consolidato) Nonostante le attività di supporto linguistico ormai permanenti nel territorio, emerge comunque la necessità di proseguire in questa direzione sia per gli studenti che per gli adulti stranieri, dato che la buona padronanza della lingua italiana è il principale veicolo di integrazione sociale. Si rileva che per molti dei migranti adulti l’apprendimento della lingua è strettamente legato all’attività lavorativa o sociale svolta, pertanto il vocabolario e la capacità verbale è adeguato in alcuni momenti della vita (più spesso l’ambito tecnico dell’attività lavorativa, piuttosto che l’ambito domestico), mentre non lo è in altre situazioni (es. nei rapporti con la scuola o con le istituzioni in genere). Anche per le donne straniere (specificatamente provenienti dall’area magrebina o comunque di cultura musulmana), principali veicoli di integrazione, si riscontra la necessità di mantenere e rafforzare l’insegnamento della lingua italiana. Un aspetto importante nel prossimo futuro, visti i disegni di legge proposti, sarà quello di definire e di richiedere l’accreditamento dei corsi di lingua italiana validi ai fini del conseguimento di un punteggio utile per il permesso di soggiorno. Politiche da perseguire: rafforzare ed implementare le capacità linguistiche degli stranieri per favorire la comunicazione a tutti i livelli al fine di consentire maggiore autonomia nel quotidiano; rafforzare ed implementare la rete scolastica (anche attraverso l’eventuale aggregazione delle scuole superiori del polo di Feltre e/o la realizzazione di moduli formativi riconosciuti dalla scuole superiori); sostenere la formazione linguistica e scolastica. 2) difficoltà relative al bisogno di formazione, informazione, orientamento, inserimento sociale, scolastico e lavorativo (bisogno consolidato) Lo sportello informaimmigrati e i comuni rilevano la necessità di un continuo aggiornamento e di una costante condivisione dell’informazione/formazione sui doveri e sui diritti dei cittadini, sulle opportunità di accesso alle istituzioni e sull’offerta di aiuto alle famiglie ed al singolo. In particolare, si rende necessario offrire informazioni sia agli stranieri, che agli italiani in merito alle leggi vigenti (il quadro normativo in materia di immigrazione subisce costantemente cambiamenti), all’orientamento ai servizi (difficile l’accesso per chi ha una scarsa conoscenza della lingua e del territorio), al supporto nella gestione delle pratiche di soggiorno (in particolare per la documentazione necessaria), all’orientamento al lavoro (nelle azioni messe in atto a livello provinciale gli stranieri rientrano tra la categoria dell’orientamento agli adulti e la percentuale di partecipanti più significativa). Politiche da perseguire: mantenere e rafforzare azioni di informazione, formazione ed orientamento ai servizi; favorire momenti di formazione legislativa sia per gli italiani, sia per gli stranieri; rafforzare e coordinare le reti informative del territorio; mantenere e rafforzare la rete territoriale. 83 3) fragilità e difficoltà di ‘professionalizzazione’ al lavoro dipendente ed al lavoro autonomo (bisogno emergente) Vi è l’esigenza di offrire ai cittadini migranti l’opportunità di ‘professionalizzarsi’, cioè di apprendere una professionalità specifica (o approfondirla) che possa favorire un più facile inserimento lavorativo e sociale. In questo particolare momento di crisi economica, infatti, i cittadini stranieri sono i primi a perdere il lavoro e le opportunità di inserimento, a causa della scarsa spendibilità delle proprie conoscenze. In questo ambito assume particolare importanza l’attività della Amministrazione Provinciale, che mette in atto una serie di opportunità di formazione e riqualificazione per gli adulti. Dato che i cittadini stranieri stanno sempre più pensando al lavoro autonomo (apertura di partita IVA), si ritiene opportuno che in futuro la formazione vada anche a coprire questo settore. Politiche da perseguire: implementare le opportunità di formazione professionale anche in collegamento agli istituti di scuola superiore; favorire la nascita e lo sviluppo di percorsi destinati alla riqualificazione professionale di cittadini stranieri; favorire la nascita di moduli formativi mirati nella scuola superiore serale. 4) difficoltà di inserimento scolastico e istruzione superiore (bisogno consolidato) Nuovo elemento di criticità è la necessità di formazione linguistica nella scuola superiore. Secondo i dati forniti dall’Ufficio Scolastico Provinciale nell’anno scolastico 2009/2010 nel polo delle scuole superiori di Feltre il 13% degli studenti è straniero, nell’Istituto Comprensivo di Quero il 28% (in buona parte Cinesi), alla scuola media “G. Rocca” di Feltre il 15%. Già dal corrente anno scolastico si è notato il trend in crescita degli studenti stranieri nelle scuole secondarie di II grado (374 studenti in provincia di Belluno nel 2009), soprattutto provenienti dall’Est Europa. Tale fenomeno comporta la duplice esigenza di implementare i corsi di sostegno all’italiano all’interno della scuola e lo studio assistito da un lato, l’orientamento scolastico dall’altro. A tale proposito il polo delle scuole superiori di Feltre si sta organizzando per creare una rete istituzionale di sostegno e per formulare proposte maggiormente efficaci in risposta a questo nuovo fenomeno. Da più soggetti del tavolo viene segnalata l’esigenza di aumentare l’offerta di formazione serale da parte degli istituti superiori, attualmente promossa solo dall’Istituto Geometri. Particolare importanza andrà ad assumere nell’ambito dell’educazione agli adulti la creazione di un accordo territoriale (Patto Territoriale, previsto dalla normativa vigente) per l’istruzione e la formazione degli adulti (dedicata anche agli immigrati e alle persone in situazione di svantaggio culturale), che dovrà necessariamente coinvolgere i diversi attori istituzionali del territorio oltre che la scuola (in primo luogo gli enti locali). Politiche da perseguire: implementare e sostenere percorsi di accreditamento della formazione linguistica; implementare e sostenere la rete dei mediatori linguistico-culturali; favorire e rafforzare la costituzione di reti e patti territoriali (secondo la normativa scolastica vigente) per la formazione nella scuola superiore e per la formazione degli adulti (attraverso moduli formativi mirati e rafforzamento della scuola superiore serale); favorire la creazione di opportunità formativa per giovani ed adulti presso gli istituti di scuola secondaria di secondo grado. 5) difficoltà di rafforzamento del protagonismo dell’associazionismo e costruzione di forme rappresentative (bisogno emergente) 84 Nell’ambito territoriale dell’Ulss n°2 di Feltre sono solo due le associazioni di cittadini stranieri iscritte all’albo regionale, una delle quali (Alba Azione di Gioia) agisce su tutto il territorio provinciale. Sono poi presenti nel territorio pochi gruppi informali (non rappresentativi di gruppi allargati di popolazione) ed alcune nuove realtà che si sono da poco costituite come associazioni informali e/o che stanno avviando le pratiche per costituirsi come tali. È da segnalare che nel basso Feltrino nel mese di giugno 2010 sono partite le pratiche per la costituzione di due associazioni di donne straniere, riunitesi in seguito alla frequentazione dei corsi di formazione organizzati dal CTP e dall’Unione dei Comuni del Basso Feltrino Sette Ville. Sarà importante in futuro la collaborazione che verrà a costituirsi con gli organismi di coordinamento delle associazioni a livello provinciale. Si concorda nel rilevare come le associazioni straniere siano importanti per far emergere i bisogni e la voce dei cittadini stranieri, rendendo più facile la loro partecipazione alla comunità e più efficaci le risposte offerte al territorio. Politiche da perseguire: favorire ed appoggiare la nascita delle nuove realtà associative emergenti; implementare e coordinare le attività delle associazioni formali ed informali nel territorio dell’Ulss n°2; favorire momenti di aggregazione, confronto, partecipazione di e con le associazioni straniere. 6) rischio legato al perdurare della crisi economica per le famiglie straniere (bisogno emergente) Così come viene segnalato anche all’interno degli altri tavoli di area del Piano di zona, anche le famiglie straniere sono colpite dalla crisi economica per vari motivi, tra cui il fatto di non poter contare su una rete di supporto parentale e per la fragilità dei contratti lavorativi. L’esito di tale situazione è l’incapacità di far fronte al pagamento delle imposte, dei mutui, degli affitti, dei buoni pasto scolastici, delle rette per i nidi e così via. Politiche da perseguire: favorire la nascita di reti informative finalizzate a rendere più efficaci le risposte alle famiglie che si trovano in stato di bisogno; favorire la nascita di modalità di approccio condivise per affrontare la povertà. B) LE SCELTE OPERATIVE Le azioni di mantenimento (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa) PRIORITA’ 1) fragilità nell’apprendi mento della lingua italiana (che pregiudica una buona integrazione in vari campi: lavorativo, scolastico, culturale ecc) INTERVENTI Corso per l’apprendimento della lingua italiana Insegnamento lingua italiana (con certificazione CILS) agli adulti SOGGETTO RESPONSABILE Comune di Santa Giustina Comune di Sedico CTP di Quero POLITICHE rafforzare ed implementare le capacità linguistiche degli stranieri per favorire la comunicazione a tutti i livelli al fine di consentire maggiore autonomia nel quotidiano sostenere la formazione linguistica e scolastica rafforzare ed implementare le capacità linguistiche degli stranieri per favorire la comunicazione a tutti i livelli al fine di consentire maggiore autonomia nel UTENZA 2011 RISORSE 2011 200 4.000 180 7.800 85 PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA 2011 RISORSE 2011 25 500 (+1.500 PISS) 350 11.200 35 1.500 (+3.000 PISS) quotidiano immigrati Aggiornamento operatori 2) difficoltà relative al bisogno di formazione, informazione, orientamento, inserimento sociale, scolastico e lavorativo Ufficio Informaimmigra ti sostenere la formazione linguistica e scolastica Istituto Comprensivo di Quero Caritas Feltre sostenere la formazione linguistica e scolastica Mantenere e rafforzare azioni di informazione, formazione ed orientamento ai servizi Rafforzare e coordinare le reti informative del territorio implementare e sostenere percorsi di accreditamento della formazione linguistica 4) difficoltà di inserimento scolastico e di proseguo degli studi superiori Rete tra istituzioni scolastiche primarie e secondarie di primo grado per l’inserimento degli alunni immigrati nelle scuole del Feltrino Istituto comprensivo di Quero favorire e rafforzare la costituzione di reti e patti territoriali (secondo la normativa scolastica vigente) per la formazione nella scuola superiore e per la formazione degli adulti (attraverso moduli formativi mirati e rafforzamento della scuola superiore serale) favorire la creazione di opportunità formativa per giovani ed adulti presso gli istituti di scuola secondaria di secondo grado Le azioni di potenziamento o riconversione (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa) PRIORITA’ 1) fragilità nell’apprendi mento della lingua italiana (che pregiudica una buona integrazione in vari campi: lavorativo, scolastico, culturale ecc) INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA 2011 RISORSE 2011 30 6.000 220 12.100 rafforzare ed implementare le capacità linguistiche degli stranieri per favorire la comunicazione a tutti i livelli al fine di consentire maggiore autonomia nel quotidiano Aggiornamento insegnanti e operatori della scuola Inserimento donne immigrate Conferenza dei Sindaci (PISS) Conferenza dei Sindaci (PISS) rafforzare ed implementare la rete scolastica (anche attraverso l’eventuale aggregazione delle scuole superiori del polo di Feltre e/o la realizzazione di moduli formativi riconosciuti dalla scuole superiori) sostenere la formazione linguistica e scolastica rafforzare ed implementare le capacità linguistiche degli stranieri per favorire la comunicazione a 86 PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA 2011 RISORSE 2011 150 16.000 tutti i livelli al fine di consentire maggiore autonomia nel quotidiano 2) difficoltà relative al bisogno di formazione, informazione, orientamento, inserimento sociale, scolastico e lavorativo 3) fragilità e difficoltà di professionaliz zazione al lavoro dipendente ed al lavoro autonomo sostenere la formazione linguistica e scolastica Rafforzare e coordinare le reti informative del territorio Coordinamento rete immigrazione Centro Servizi Volontariato Incontri di formazione e di sensibilizzazione finalizzati alla informazione e all’orientamento Conferenza dei Sindaci (PISS) Mantenere e rafforzare azioni di informazione, formazione ed orientamento ai servizi n.q. 4.000 Incontri informativi sul territorio Comune di Alano Favorire la nascita e lo sviluppo di percorsi destinati alla riqualificazione professionale di cittadini stranieri 80 300 Valorizzazione dei mediatori linguisticoculturali Conferenza dei Sindaci (PISS) implementare e sostenere la rete dei mediatori linguistico-culturali 30 4.500 220 39.624 n.q. 6.900 30 1.000 Mantenere e rafforzare la rete territoriale implementare e sostenere percorsi di accreditamento della formazione linguistica 4) difficoltà di inserimento scolastico e di proseguo degli studi superiori Inserimento scolastico, insegnamento lingua italiana e promozione di interventi educativi rivolti ai minori Conferenza dei Sindaci (PISS) favorire e rafforzare la costituzione di reti e patti territoriali (secondo la normativa scolastica vigente) per la formazione nella scuola superiore e per la formazione degli adulti (attraverso moduli formativi mirati e rafforzamento della scuola superiore serale) favorire la creazione di opportunità formativa per giovani ed adulti presso gli istituti di scuola secondaria di secondo grado 5) difficoltà di rafforzamento del protagonismo dell’associazio nismo e di costruzione di forme rappresentativ e favorire ed appoggiare la nascita delle nuove realtà associative emergenti Promozione del dialogo tra le culture Inserimento donne immigrate Conferenza dei Sindaci (PISS) Comune di Alano implementare e coordinare le attività delle associazioni formali ed informali nel territorio dell’Ulss n°2 favorire momenti di aggregazione, confronto, partecipazione di e con le associazioni straniere favorire momenti di aggregazione, confronto, partecipazione di e con le associazioni straniere 87 Le azioni di innovazione (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa) PRIORITA’ 2) difficoltà relative al bisogno di formazione, informazione, orientamento, inserimento sociale, scolastico e lavorativo 3) fragilità e difficoltà di professionaliz zazione al lavoro dipendente ed al lavoro autonomo INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA 2011 RISORS E 2011 Realizzazione opuscolo informativo Comune di Sedico Mantenere e rafforzare azioni di informazione, formazione ed orientamento ai servizi 150 3.000 Tavolo interistituzionale per l’istruzione degli adulti CTP di Quero Rafforzare e coordinare le reti informative del territorio 15 0 20 1.250 20 1.000 70 500 (+4.00 0 PISS) Formazione preprofessionalizzan te – piccola manutenzione microimpenditor ialità implementare le opportunità di formazione professionale anche in collegamento agli istituti di scuola superiore CTP di Quero favorire la nascita e lo sviluppo di percorsi destinati alla riqualificazione professionale di cittadini stranieri favorire la nascita di moduli formativi mirati nella scuola superiore serale 4) difficoltà di inserimento scolastico e di proseguo degli studi superiori implementare e sostenere percorsi di accreditamento della formazione linguistica Rete tra CTP e istituti secondari di secondo grado per l’inserimento degli alunni immigrati nelle scuole del Feltrino Laboratori di lingua italiana e inserimento scolastico alunni immigrati scuole secondarie di secondo grado CTP di Quero CTP di Quero favorire e rafforzare la costituzione di reti e patti territoriali (secondo la normativa scolastica vigente) per la formazione nella scuola superiore e per la formazione degli adulti (attraverso moduli formativi mirati e rafforzamento della scuola superiore serale) favorire la creazione di opportunità formativa per giovani ed adulti presso gli istituti di scuola secondaria di secondo grado implementare e sostenere percorsi di accreditamento della formazione linguistica favorire e rafforzare la costituzione di reti e patti territoriali (secondo la normativa scolastica vigente) per la formazione nella scuola superiore e per la formazione degli adulti (attraverso moduli formativi mirati e rafforzamento della scuola superiore serale) favorire la creazione di opportunità formativa per giovani 88 PRIORITA’ INTERVENTI Percorsi modulari di istruzione scuole secondarie di secondo grado SOGGETTO RESPONSABILE CTP di Quero POLITICHE ed adulti presso gli istituti di scuola secondaria di secondo grado implementare e sostenere percorsi di accreditamento della formazione linguistica favorire e rafforzare la costituzione di reti e patti territoriali (secondo la normativa scolastica vigente) per la formazione nella scuola superiore e per la formazione degli adulti (attraverso moduli formativi mirati e rafforzamento della scuola superiore serale) UTENZA 2011 RISORS E 2011 20 2.000 (+3.000 PISS) 100 PISS 30 PISS favorire la creazione di opportunità formativa per giovani ed adulti presso gli istituti di scuola secondaria di secondo grado favorire ed appoggiare la nascita delle nuove realtà associative emergenti 5) difficoltà di rafforzamento del protagonismo dell’associazio nismo e di costruzione di forme rappresentativ e Promuovere la nascita e il consolidamento di nuove realtà associative Promuovere attività associative del gruppo donne immigrate Comune di Alano Unione comuni BF implementare e coordinare le attività delle associazioni formali ed informali nel territorio dell’Ulss n°2 favorire momenti di aggregazione, confronto, partecipazione di e con le associazioni straniere favorire ed appoggiare la nascita delle nuove realtà associative emergenti CTP di Quero favorire momenti di aggregazione, confronto, partecipazione di e con le associazioni straniere 89 3.8 L’INTEGRAZIONE TRA LE AREE DI INTERVENTO Vengono comprese in quest’area le politiche e gli orientamenti operativi che non si rivolgono ad un unico specifico bisogno (ad esempio non autosufficienza, disabilità, tossicodipendenza) o ad una specifica fascia di vita (minori, anziani), ma alla popolazione in generale e a situazioni di multiproblematicità. In linea generale si comprendono le politiche per: l’orientamento e l’accompagnamento ai servizi in un’ottica relazionale (l’utente e/o la famiglia al centro dei servizi) (riportata anche nelle singole aree di bisogno); il sostegno delle persone in condizione di fragilità nella gestione di vari aspetti della vita quotidiana (riportata anche nelle singole aree di bisogno, ma qui tratteggiata a livello generale); i percorsi a sostegno dell’integrazione sociale (riportata anche nelle singole aree di bisogno, ma qui tratteggiata a livello generale); i percorsi aggregativi ed educativi intergenerazionali; l’attenzione alle persone che presentano doppia diagnosi (riportata in modo esplicito solo nelle singole aree di bisogno). A) LE STRATEGIE DI INDIRIZZO Nel corso dell’elaborazione del presente Piano sono emersi dei bisogni e delle specifiche politiche rivolti all’insieme dei cittadini e non a specifici e riconoscibili target di utenza che vengono di seguito sintetizzate: 1) rischio di compromissione nella gestione autonoma delle attività (bisogno consolidato espresso nelle aree PERSONE ANZIANE, DISABILI, SALUTE MENTALE); 2) difficoltà di integrazione sociale e lavorativa (bisogno consolidato espresso nelle aree DISABILI, TOSSICODIPENDENZA, SALUTE MENTALE, MARGINALITA’ E INCLUSIONE SOCIALE, IMMIGRAZIONE); 3) fragilità socio-economica (bisogno emergente espresso nelle aree MINORI GIOVANI FAMIGLIA, PERSONE ANZIANE, MARGINALITA’ E INCLUSIONE SOCIALE, IMMIGRAZIONE); 4) rischio di scarse opportunità nel tempo libero (bisogno consolidato espresso nelle aree MINORI GIOVANI FAMIGLIA, PERSONE ANZIANE, MARGINALITA’ E INCLUSIONE SOCIALE, IMMIGRAZIONE). 1) rischio di compromissione nella gestione autonoma delle attività (bisogno consolidato espresso nelle aree PERSONE ANZIANE, DISABILI, SALUTE MENTALE) Politiche da perseguire: - accompagnare la persona fragile con figure di sostegno (amministratore di sostegno): L’innalzamento progressivo dell’età media degli anziani ha determinato il sorpasso degli anziani ultrasettantacinquenni sulla popolazione di età compresa tra i 65 e i 74 anni con netta prevalenza della donne sui maschi. L’indice di vecchiaia dell’Ulss è 175,70 rispetto alla media veneta pari a 139,16. L’anzianità costituisce una delle principali cause che portano all’attivazione della nomina di un amministratore di sostegno e questo perché, pur mantenendo un’autonomia 90 nei movimenti e nella capacità cognitiva, spesso, molti anziani presentano difficoltà deambulatorie e di comprensione che gli impediscono di prendersi cura dei propri affari e interessi. Questa situazione, unita alle difficoltà di collegamento dei comuni ubicati nelle zone periferiche, prevalentemente in contesti montani, fanno risaltare un evidente bisogno di sostegno ad opera dei familiari, dei servizi sociali e di coloro che volontaristicamente si mettono a disposizione degli altrui bisogni. L’amministrazione di sostegno, tuttavia, abbraccia una pluralità di situazioni, non relegate solo all’area anziani. Questa tutela, infatti, è stata prevista per le persone prive in tutto o in parte di autonomia, nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana a causa di patologie psichiatriche o di menomazioni fisiche e per coloro che hanno dipendenze che impediscono la cura dei propri affari ed interessi. L’intervento protettivo introdotto con la L. 6/04 prevede che il presupposto applicativo non sia solo la presenza dell’infermità mentale o la menomazione di vario genere, ma gli effetti cioè anche l’incapacità della persona a comprendere, a compiere delle scelte e a curare in modo adeguato i suoi interessi: questo amplia di gran lunga la fascia delle persone che possono essere segnalate per l’Amministrazione di Sostegno; - migliorare il sistema di trasporto della persona parzialmente o totalmente non autosufficiente; Il progetto “Servizio di Trasporto Porta a Porta provinciale” è partito come sperimentale nel 2005, promosso dal Comitato d’Intesa di Belluno, fin da subito individuato quale ente capofila del progetto per l’esperienza maturata nel settore dei trasporti per anziani e disabili. La fase operativa dell’attività di trasporto Porta a Porta prevede l’erogazione di servizi di trasporto dedicati ad utenti anziani e/o disabili con oggettive difficoltà motorie e non, impossibilitati ad usare mezzi propri, privati e pubblici per prestazioni sanitarie presso strutture pubbliche e private convenzionate, nonché negli ambulatori di medicina generale (anche al di fuori dell’Ulss 2) e per svolgere pratiche presso uffici postali, banche o presso altri servizi del territorio e attività di integrazione sociale, del tempo libero e similari. - garantire un accesso unitario al sistema dei servizi: Le funzioni dello sportello integrato definite in concreto nel percorso di elaborazione del Piano Locale della Domiciliarità (2006), possono essere così sintetizzate: fornire informazioni rispetto ai servizi del sistema della domiciliarità e della disabilità siano essi pubblici che privati (erogati da cooperative, associazioni di volontariato e quant’altro presente nel territorio); raccogliere domande di accesso a prestazione e servizi inerenti l’area domiciliarità e disabilità e, nel caso, inoltrarle ai servizi competenti; effettuare una prima lettura dei bisogni; inviare ai servizi ed agli operatori specialistici le situazioni complesse e delicate. Più in particolare, lo sportello integrato sostiene il cittadino per l’accoglimento delle seguenti richieste: servizi di assistenza domiciliare (socio-assistenziale e integrata); sostegno economico (accesso a contributi regionali e locali); collegamento con reti solidaristiche della comunità; accesso ai centri diurni sociali e socio-sanitari; accoglienze residenziali temporanee; domanda di invalidità civile, di accompagnamento, certificazione di handicap (L. 104/92 e L. 68/99); orientamento nella rete dei servizi. Nell’anno 2009 l’attività si è rivolta a circa 1.000 utenti per un numero complessivo di prestazioni pari a 1.100. Le caratteristiche dell’utenza che si è rivolta allo sportello hanno riguardato prevalentemente la fascia anziana, con richieste di informazioni riguardanti il sistema della domiciliarità. Le prospettive future dovrebbero riguardare soprattutto, il rafforzamento delle relazioni con il 91 territorio, per mettere a punto progetti per alcuni tematiche assistenziali (es. demenza, altre patologie croniche), per coinvolgere la comunità e per riuscire ad attivare risorse extra istituzionali, al fine di “sostenere” sempre più il cittadino nella complessità di certe fasi della vita. 2) difficoltà di integrazione sociale e lavorativa (bisogno consolidato espresso nelle aree DISABILI, TOSSICODIPENDENZA, SALUTE MENTALE, MARGINALITA’ E INCLUSIONE SOCIALE, IMMIGRAZIONE) Politiche da perseguire: - 23 sostenere e accompagnare l’inserimento lavorativo dei soggetti fragili e svantaggiati: L'integrazione lavorativa è parte dei processi socio-riabilitativi e di integrazione sociale dei soggetti in carico al servizio di inserimento lavorativo (SIL) ed ai diversi servizi specialistici dell'Azienda Ulss e costituisce un'area di intervento finalizzata alla prevenzione ed al contrasto del disagio e della marginalità. Le azioni effettuate sono volte alla maturazione complessiva della persona stessa al fine di renderla protagonista del proprio progetto di vita, per cui si collocano nell’ambito complessivo degli interventi finalizzati allo sviluppo di condizioni che rendano possibile l’inclusione sociale. Destinatari degli interventi mirati sono soggetti disabili, persone in carico al dipartimento di salute mentale e al servizio tossicodipendenze e alle comunità terapeutiche. L'attività in quest'ambito viene gestita: o direttamente dal SIL per quanto riguarda la disabilità psico-fisica e fisica, nelle diverse fasce d'età con gli strumenti operativi previsti dalla disposizioni regionali (DgrV 1139/08); o in collaborazione tra SIL e i servizi per le politiche attive del lavoro della Provincia per i soggetti certificati ex L. 68/99 (Accordo di programma tra la Provincia di Belluno, l'Ulss n°1, l’Ulss n°2 e le rispettive Conferenze dei Sindaci e Protocollo per le fasce deboli)23; o dal SIL in collaborazione con il servizio psico-sociale per l'età evolutiva e le istituzioni scolastiche per i soggetti ancora in formazione scolastica; o dal SIL in collaborazione con il SerT, sulla scorta di un protocollo congiunto per le persone con tossicodipendenza ed alcolismo; o prevalentemente dal centro di salute mentale, in collaborazione con il SIL, per portatori di disagio psichiatrico. Le prestazioni sono i progetti di integrazione lavorativa: tirocini di osservazione/orientamento, formazione in situazione, mediazione al collocamento, mantenimento posto di lavoro, alternanza scuola/lavoro ed inserimento sociale in ambiente lavorativo Nel corso delle ultime annualità la grave congiuntura economica ha fortemente condizionato l'accesso alle esperienze lavorative dei soggetti svantaggiati. La fragilità della struttura economica del nostro territorio è stata oltremodo penalizzante, con conseguente minor disponibilità da parte delle aziende nel mettere a disposizione setting per la realizzazione dei progetti di integrazione lavorativa. Tale difficoltà nell'accesso al mondo del lavoro si è riscontrata sia nell'ambito delle azioni congiunte con i servizi per le politiche del lavoro della Provincia per le persone con disabilità a prevalenza “fisica”, che per quanto riguarda gli interventi di inserimento lavorativo per i soggetti portatori di problematicità complesse in carico esclusivo al SIL e/o in collegamento con i servizi specialistici di riferimento. Per questi ultimi la penalizzazione è stata Accordo di Programma in allegato. 92 particolarmente rilevante poiché la possibilità di occupazione lavorativa e/o socializzante ha trovato minor spazio di accesso. E’ doveroso ricordare che l'analisi consente di evidenziare la particolare composizione dell'utenza e, di conseguenza, i nodi critici: o prevalenza di disabilità di tipo fisico per i soggetti over-40; o cospicuo numero di soggetti portatori di problematiche di origine psichica. Buona parte dei soggetti sono iscritti da lungo periodo poiché entrambe queste tipologie presentano profili di occupabilità di difficile conciliabilità con un mercato del lavoro “povero” di offerta. La “sensibilità” della parte aziendale verso le categorie del disagio multiproblematico, anche se migliorata nel tempo, è ancora limitata e la capacità di accoglienza e aggravata dalla congiuntura economica; - sostenere l’integrazione sociale degli svantaggiati attraverso strutture abitative a costi accessibili: Negli ultimi anni si è assistito nel territorio bellunese ad un mutamento dell’assetto territoriale e della struttura familiare: uno degli indicatori è dato dalla gestione di programmi destinati a persone adulte sole e/o isolate, ovvero prive di un contesto familiare e sociale con associate frequenti condizioni di consumo di sostanze (legali e/o illegali) e di assenza di lavoro e casa; spesso la gestione di questo tipo di utenza tende ad esaurirsi nell’intervento assistenziale che può incidere sicuramente sulle condizioni di sussistenza, ma che genera situazioni che “non mutano” significativamente poiché non si investe sulle potenzialità delle persone stesse a riprendere un proprio percorso di vita. Nondimeno le problematiche relative all'isolamento sono strettamente connesse ad altre condizioni di tipo ambientale: contesti sociali (parentali, amicali, di vicinato o lavorativi) ove tali persone sono già “etichettate” (e quindi considerate irrecuperabili) oppure ove le risorse delle persone più vicine a loro non sono sufficienti a promuovere percorsi di cambiamento. Cambiare la situazione significa dunque intervenire e investire anche sul contesto, che può contribuire a mantenere o a modificare le condizioni di disagio. La presenza, ormai rilevante dal punto di vista quantitativo, di un numero sempre maggiore di persone che versano in tali situazioni (definite di grave disagio sociale), in relazione all'attuale offerta dei Servizi, rende necessaria la realizzazione sul territorio di interventi sociali e assistenziali, in rete con i servizi del territorio e finalizzati a rispondere in modo sempre più individualizzato e vicino al cittadino stesso (ovvero sia l’utente “designato” che chi ci vive accanto). - offrire informazione, supporto ed assistenza alle fasce deboli della popolazione; 3) fragilità socio-economica (bisogno emergente espresso nelle aree MINORI GIOVANI FAMIGLIA, PERSONE ANZIANE, MARGINALITA’ E INCLUSIONE SOCIALE, IMMIGRAZIONE) Politiche da perseguire: - coordinare e regolamentare l’erogazione di benefici economici. 4) Rischio di scarse opportunità nel tempo libero (bisogno consolidato espresso nelle aree MINORI GIOVANI FAMIGLIA, PERSONE ANZIANE, MARGINALITA’ E INCLUSIONE SOCIALE, IMMIGRAZIONE). 93 Politiche da perseguire: - sviluppo nuove opportunità nel tempo libero; azioni di ricerca per approfondire l’universo giovanile. B) LE SCELTE OPERATIVE Le azioni di mantenimento (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa) PRIORITA’ 1) rischio di compromission e nella gestione autonoma delle attività (bisogno consolidato espresso nelle aree PERSONE ANZIANE, DISABILI, SALUTE MENTALE) 2) difficoltà di integrazione sociale e lavorativa (bisogno consolidato espresso nelle aree DISABILI, TOSSICODIPE NDENZA, SALUTE MENTALE, MARGINALITA ’E INCLUSIONE SOCIALE, IMMIGRAZION E) 4) Rischio di scarse opportunità nel tempo libero (bisogno consolidato espresso nelle aree MINORI GIOVANI FAMIGLIA, PERSONE ANZIANE, MARGINALITA’ E INCLUSIONE SOCIALE, IMMIGRAZIONE) INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE Trasporto sociale Comune di Lamon Servizio di trasporto porta a porta provinciale Comitato d’Intesa tra le associazioni volontaristiche della provincia di Belluno Sportello servizi sociali Sportello servizi sociali Sportello integrato Unione comuni BF Comune di Alano Ulss 2 - SSEAA UTENZA 2011 RISORSE 2011 migliorare il sistema di trasporto della persona parzialmente o totalmente non autosufficiente 200 5.500 migliorare il sistema di trasporto della persona parzialmente o totalmente non autosufficiente 2.700 208.600 n.q. 21.000 n.q. 10.400 1.000 21.000 POLITICHE garantire un accesso unitario al sistema dei servizi garantire un accesso unitario al sistema dei servizi garantire un accesso unitario al sistema dei servizi Servizio inserimento lavorativo Ulss 2 - SIL sostenere e accompagnare l’inserimento lavorativo dei soggetti fragili e svantaggiati 190 540.000 Inserimento lavorativo svantaggiati Comune di Sovramonte sostenere e accompagnare l’inserimento lavorativo dei soggetti fragili e svantaggiati 2 5.400 Centro educativo Dal Pont (ristrutturazione) Parrocchia di Roe – Comune di Sedico sviluppo nuove opportunità nel tempo libero 0 300.000 94 Le azioni di potenziamento o riconversione (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa) PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA 2011 RISORSE 2011 1) rischio di compromissio ne nella gestione autonoma delle attività (bisogno consolidato espresso nelle aree PERSONE ANZIANE, DISABILI, SALUTE MENTALE) Nuovo regolamento servizio di assistenza domiciliare Comune di Trichiana garantire un accesso unitario al sistema dei servizi 150 n.q. 3) fragilità socioeconomica (bisogno emergente espresso nelle aree MINORI GIOVANI FAMIGLIA, PERSONE ANZIANE, MARGINALIT A’ E INCLUSIONE SOCIALE, IMMIGRAZI ONE) Nuovo regolamento per l’erogazione di benefici economici Comune di Lamon Comune di Trichiana coordinare e regolamentare l’erogazione di benefici economici n.p. n.q. Le azioni di innovazione (vengono riportate di seguito le priorità rispetto cui vi è un’espressione operativa) PRIORITA’ INTERVENTI SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA 2011 RISORSE 2011 1) rischio di compromissio ne nella gestione autonoma delle attività (bisogno consolidato espresso nelle aree PERSONE ANZIANE, DISABILI, SALUTE MENTALE) Elaborazione carta dei servizi Comune di trichiana garantire un accesso unitario al sistema dei servizi n.p. n.q. Sportello amministratore di sostegno Centro Servizio Volontariato accompagnare la persona fragile con figure di sostegno (amministratore di sostegno): n.q. 20.000 2) difficoltà di integrazione sociale e Servizio innovativo trasversale di Associazione Movimento Fraternità Landris sostenere l’integrazione sociale degli svantaggiati attraverso strutture abitative a costi 16 67.700 95 PRIORITA’ INTERVENTI lavorativa (bisogno consolidato espresso nelle aree DISABILI, TOSSICODIP ENDENZA, SALUTE MENTALE, MARGINALIT A’ E INCLUSIONE SOCIALE, IMMIGRAZIO NE) reinserimento sociale (progetto Pegaso) 4) Rischio di scarse opportunità nel tempo libero (bisogno consolidato espresso nelle aree MINORI GIOVANI FAMIGLIA, PERSONE ANZIANE, MARGINALIT A’ E INCLUSIONE SOCIALE, IMMIGRAZIO NE) SOGGETTO RESPONSABILE POLITICHE UTENZA 2011 RISORSE 2011 accessibili Sportello Donna Comune di Alano offrire informazione, supporto ed assistenza alle fasce deboli della popolazione 30 3.100 Occupabilità oltre la crisi (progetto provinciale) Amministrazione Provinciale di Belluno Sostenere e accompagnare l’inserimento lavorativo dei soggetti fragili e svantaggiati n.q. 762.700 Progetto pilota ‘Politiche giovanili in territori montani’ Ulss 2 – Ufficio di Piano azioni di ricerca per approfondire l’universo giovanile n.q. 120.000 96 4) IL QUADRO DELLE RISORSE ECONOMICHE Viene di seguito rappresentato il quadro riassuntivo delle risorse economiche previste per il Piano di zona relativamente alla prima annualità di intervento (anno 2011). Risorse per area e per tipologia di intervento (anno 2011): Interventi di accesso, Interventi consulenza e domiciliari/t presa in erritoriali carico Interventi semiresidenziali Interventi residenziali Sostegno economico Interventi di socializzazio ne, prevenzione , informazione, azioni di sistema TOTALE Famiglia, infanzia, adolescenza, minori, giovani 1.705.961 119.603 2.021.727 1.025.822 820.487 358.227 6.051.827 Persone anziane 17.900 4.293.152 669.242 32.529.176 780.000 157.770 38.447.240 Disabilità 51.089 302.667 1.649.413 1.027.259 1.076.913 86.981 4.194.322 Dipendenze 683.183 0 0 1.888.403 0 58.790 2.630.376 Salute mentale 408.439 0 54.228 6.573.024 0 0 7.035.691 Marginalità sociale 5.000 9.555 0 22.300 72.163 0 109.018 Immigrazio ne 15.700 0 0 0 0 80.100 95.800 Trasversale 1.408.208 214.100 0 67.700 0 0 1.690.008 TOTALE 4.295.480 4.939.077 4.394.610 43.133.684 2.749.563 741.868 60.254.282 Tabella 11 Risorse per area e tipologia di intervento. Dati previsione anno 2011. Fonte Ufficio di Piano 97 Articolazione delle fonti di finanziamento per area di intervento (anno 2011): Regione Comune Fondi statali vincolati e UE Utenza Altri enti pubblici Enti privati Totale Famiglia, infanzia, adolescenza, minori, giovani 2.935.710 1.784.205 31.707 879.424 15.250 405.531 6.051.827 Persone anziane 18.058.656 1.169.715 0 18.614.164 101.129 468.576 38.412.240 Disabilità 2.313.341 1.072.840 5.000 530.556 240.899 31.686 4.194.322 Dipendenze 2.409.676 0 0 2.220 0 218.480 2.630.376 Salute mentale 7.017.809 9.299 0 8.583 0 0 7.035.691 Marginalità sociale 2.000 84.718 0 0 0 22.300 109.018 Immigrazione 54.480 11.420 8.000 1.800 7.761 12.339 95.800 Trasversale 584.974 88.100 0 0 205.634 811.300 1.690.008 Totale 33.376.646 4.220.297 44.707 20.036.747 570.673 1.970.212 60.219.282 Tabella 12 Fonti di finanziamento per area di intervento. Dati previsione anno 2011. Fonte Ufficio di Piano 98 5) GLI STRUMENTI E I PROCESSI DI GOVERNO DEL PIANO DI ZONA 5.1 Il quadro organizzativo dedicato alla programmazione, al monitoraggio e alla gestione del sistema integrato dei servizi sociali e socio-sanitari All’interno dell’Azienda Ulss n°2, secondo l’Atto Aziendale (DG 196/09), il sistema informativo socio-sanitario è l’insieme coordinato di strutture, strumenti e procedure compatibili, finalizzato all’acquisizione, all’elaborazione, alla produzione e alla diffusione delle informazioni utili per l’esercizio delle funzioni di programmazione, attuazione e controllo dell’attività dell’azienda. Si articola in due aree: area di governo, finalizzata alla programmazione ed al controllo di gestione; area di gestione, finalizzata all’organizzazione e allo sviluppo tecnologico del sistema. Vi è una stretta collaborazione tra i comuni (in particolare per la raccolta e la compilazione dei questionari ISTAT), la direzione dei servizi sociali, la direzione di distretto (in particolare per l’area extraospedaliera) e il servizio controllo di gestione nella predisposizione dei flussi informativi per il loro invio agli enti ufficiali (ISTAT, Ministeri, Regioni, Province, Comuni, ecc.) e nella gestione di dati utili ai processi programmatori. L’Ufficio di Piano, secondo l’Atto Aziendale (DG 196/09), è stato istituito come servizio di staff alla Direzione Generale, con referenza al Direttore dei Servizi Sociali. E’ attualmente composto da un responsabile (DG 173/10) con contratto dipendente a tempo indeterminato part-time (30 ore) e assume i compiti indicati dalla DgrV 157/10 tra cui si ricorda: fornire supporto metodologico per il processo di analisi dei bisogni, progettazione, monitoraggio e valutazione del Piano di zona e delle sue azioni; supportare eventuali processi formativi ai fini del monitoraggio e della valutazione del Piano di zona; fornire supporto ai comuni nella progettazione, nel monitoraggio e nella valutazione degli interventi inseriti nel Piano di zona. Assume, più in generale, tutte le funzioni necessarie al sostegno e allo sviluppo della progettazione sociale e sociosanitaria del territorio. 5.2 Il monitoraggio e la valutazione del Piano di zona Il monitoraggio del Piano di zona è annuale e viene espletato mediante la rilevazione di una serie di dati (in primis utenza, costi e fonti di finanziamento) sulle azioni previste dalla programmazione locale, con riferimento all’anno precedente e l’inserimento degli stessi in apposito web predisposto dalla Regione del Veneto. Sempre a cadenza annuale, inoltre, viene elaborata la relazione valutativo-previsionale finalizzata a rendere conto dell’avanzamento della programmazione in termini di priorità e di risultati raggiunti, anche in riferimento al documento di indirizzo regionale, nonché dei cambiamenti da apportare nell’anno successivo di programmazione. La valutazione costante del documento di pianificazione diviene, quindi, uno strumento operativo e di partecipazione attraverso cui il Piano di zona coniuga l’individuazione di scelte strategiche di medio periodo, con la necessaria flessibilità legata al mutamento in corso delle caratteristiche del contesto comunitario. Più in particolare, si ricorda che i tavoli di lavoro delle varie aree in cui è articolato il Piano sono permanenti e si incontrano almeno due volte all’anno. Alla stesura della relazione partecipano attivamente i vari enti aderenti al processo pianificatorio con apporti specifici (relazioni e dati). 99 ALLEGATI 1 ALLEGATO 1) COMPOSIZIONE DEI TAVOLI DI AREA Tavolo di lavoro famiglia, infanzia, adolescenza, minori in condizione di disagio e giovani ENTE/SERVIZIO Consultorio Familiare e Tutela Minori Ulss 2 Ufficio Tutela Minori Ulss 2 Consultorio Giovani Ulss 2 Servizio Psico-Sociale per l'Età Evolutiva Ulss 2 Comune di Feltre Comune di Fonzaso Comune di Lamon Comune di Lentiai Comune di Mel Comuni di Quero Comune di Pedavena Comune di Sedico Comune di Seren del Grappa Comune di Sospirolo Comune di Trichiana Comuni di Vas Comunità Alloggio Casa Aladino Comunità Alloggio Villa S. Francesco Asilo Nido Il Maggiociondolo Micronido Il Giocanido Associazione G Conz Associazione Dafne Centro Aiuto alla Vita/Movimento per la Vita Istituto Carenzoni Monego Comitato d'Intesa Centro Giovani del Comune di Feltre Consulta Giovani Intercomunale Progetto pilota Politiche Giovanili in Territorio Montano Associazioni scout Associazioni azione cattolica Centro giovani quero RUOLO Responsabile Responsabile Referente Responsabile Amministrativo Sindaco Assessore Assessore servizi sociali Responsabile Ufficio Servizi Sociali e Assessore Politiche Giovanili Referente Ufficio Servizi Sociali Sindaco e Consigliere delegato politiche giovanili Consigliere delegato e Assessore politiche giovanili Referente individuato e Assessore politiche giovanili Vicesindaco e delegato dell’ Esecutivo per seguire tutta l’elaborazione del Piano di Zona Vicesindaco e delegato Esecutivo area minori giovani e famiglia e consigliere delegato politiche giovanili Assessore Servizi Sociali Responsabile Educatore Responsabile Responsabile Associata Presidente Referente Referente Referente Responsabile Presidente e associati Equipe Ulss 2 Referente Referente Referente Tavolo di lavoro persone anziane ENTE/SERVIZIO Direzione Servizi Sociali Ulss 2 Direzione Distretto Ulss 2 Servizio Cure Primarie Ulss 2 Servizio Sociale Età Adulta Anziana Ulss 2 Ufficio Amministrativo di Distretto Ulss 2 Ufficio Amministrativo DSS Ulss 2 Centro Decadimento Cognitivo Ulss 2 Comune di Alano di Piave RUOLO Direttore Direttore Direttore Responsabile Referente Referente Referente Assessore Politiche Sociali Comune di Arsiè Consigliere Delegato e delegato per area anziani Esecutivo Comune di Feltre Direttore Azienda FSP 2 ENTE/SERVIZIO Comune di Lamon Comune di Lentiai Comune di Mel Comune di Pedavena Comune di Santa Giustina Comune di Sedico Comune di Seren del Grappa Comune di Sospirolo Centro Servizi per Anziani di Alano di Piave Centro Servizi per Anziani di Cesiomaggiore Centro Servizi per Anziani di Feltre Centro Servizi per Anziani di Fonzaso Centro Servizi per Anziani di Lentiai Centro Servizi per Anziani di Mel Centro Servizi per Anziani di Pedavena Centro Servizi per Anziani di Quero Centro Servizi per Anziani di Santa Giustina Centro Servizi per Anziani di Sedico Centro Servizi per Anziani di Seren del Grappa Centro Servizi per Anziani di Trichiana Comitato d'Intesa CGIL/SPI RUOLO Consigliere Delegato Assessore servizi sociali Responsabile Ufficio Servizi Sociali Consigliere Delegato Assessore servizi sociali Responsabile Azienda Municipalizzata Sedico Servizi Area Assistenza Referente individuato Vicesindaco e delegato dell’ Esecutivo per seguire tutta l’elaborazione del Piano di Zona Direttore Direttore Direttore Direttore Direttore Direttore Direttore Direttore Direttore Direttore Direttore Direttore Referente individuato Segretario Generale Tavolo di lavoro disabilità ENTE/SERVIZIO Servizio Inserimento Lavorativo Ulss 2 Servizio Handicap Età Adulta Ulss 2 Servizio Psico-Sociale Età Evolutiva Ulss 2 Ufficio Invalidi Civili Ulss 2 Comune di Cesiomaggiore Comune di Lentiai Comune di Mel Comune di Pedavena Comune di Sedico Comune di Seren del Grappa Comune di Sospirolo Associazione Soteria Cooperativa Portaperta Cooperativa Energia Sociale Centro Internazionale Libro Parlato Associazione Cri du Chat Unione Italiana Ciechi UNIVOC Associazione Italiana Persone Down Associazione Le Famiglie di Portaperta Associazione Nazionale Giacche Verdi Centro Servizi Volontariato RUOLO Responsabile Responsabile Responsabile Responsabile Assessore servizi sociali e delegato area disabilità Esecutivo Assessore servizi sociali Responsabile Ufficio Servizi Sociali Consigliere Delegato Assessore alle politiche sociali Sindaco Vicesindaco e delegato dell’ Esecutivo per seguire tutta l’elaborazione del Piano di Zona Direttore Presedente e responsabile area disabilità Presidente Direttore Presidente Presidente Associato Presidente Presidente Associato Direttore 3 Tavolo di lavoro dipendenze ENTE/SERVIZIO Servizio Tossicodipendenze Ulss 2 Servizio Tossicodipendenze Ulss 2 Servizio Tossicodipendenze Ulss 2 CT Le Braite Ulss 2 Dipartimento Salute Mentale Comune di Lamon Comune di Lentiai Comune di Mel Comune di Pedavena Comune di Sedico Comune di Seren del Grappa Comune di Sospirolo Comune di Sovramonte ACAT Dolomiti Feltrine ACAT Feltrino CT Dumia CT Movimento Fraternità Landris RUOLO Responsabile Psicologo - Referente Piano DPR 309/90 Educatore - Referente Piano DPR 309/90 Responsabile Direttore Assessore servizi sociali Assessore servizi sociali Responsabile Ufficio Servizi Sociali Consigliere Delegato Assessore alle politiche sociali Referente individuato Vicesindaco e delegato dell’ Esecutivo per seguire tutta l’elaborazione del Piano di zona Assessore servizi sociali e delegato area dipendenze Esecutivo Presidente Presidente Psicologa Presidente Tavolo di lavoro salute mentale ENTE/SERVIZIO Dipartimento Salute Mentale Ulss 2 Dipartimento Salute Mentale Ulss 2 Ufficio Amministrativo Aree Psichiatriche Ulss 2 Comune di Cesiomaggiore Comune di Lentiai Comune di Mel Comune di Sedico Comune di Seren del Grappa Comune di Sospirolo Cooperativa Dumia Associazione Diapsigra Associazione Tutti In Campo RUOLO Direttore Assistente sociale Referente Assessore servizi sociali e delegato area salute mentale Esecutivo Assessore servizi sociali Assessore Pari Opportunità Consigliere delegato Sindaco Vicesindaco e delegato dell’ Esecutivo per seguire tutta l’elaborazione del Piano di zona Presidente Associati Associati Tavolo di lavoro marginalità sociale ENTE/SERVIZIO Caritas Feltrina Sportello Informaimmigrati Servizio Sociale Età Adulta Anziani Ulss 2 Comune di Feltre Comune di Lentiai Comune di Mel Comune di Sedico Comune di Seren del Grappa Comune di Sospirolo Forania Zummellese Forania Sedico Forania Santa Giustina RUOLO Referente Responsabile Responsabile e assistenti sociali Assistente sociale Azienda FSP Assessore servizi sociali Responsabile Ufficio Servizi Sociali Consigliere delegato Referente individuato Vicesindaco e delegato dell’ Esecutivo per seguire tutta l’elaborazione del Piano di zona Parroco Parroco Parroco 4 ENTE/SERVIZIO Forania Lamon Forania Pedavena Forania Feltre Comitato d'Intesa Associazione Alpini sezione Feltre Associazione San Vincenzo De Paoli RUOLO Parroco Parroco Parroco Presidente Associazione Auser di Arsiè e responsabile CAV/MPV Associato Associato Tavolo di lavoro immigrazione ENTE/SERVIZIO Comune di Feltre Comune di Alano di Piave Comune di Lentiai Comune di Mel Comune di Pedavena Comune di Sedico Comune di Seren del Grappa Comune di Sospirolo Comune di Vas Servizio Politiche per il Lavoro - Provincia BL Ufficio Provinciale Scolastico Centro Territoriale permanente di Quero ENAC Ufficio Informaimmigrati Comitato d’Intesa RUOLO Assistente sociale Azienda FSP Referente ufficio servizi sociali Assessore servizi sociali Assessore Pari Opportunità Consigliere Consigliere delegato Assessore servizi sociali Vicesindaco e delegato dell’ Esecutivo per seguire tutta l’elaborazione del Piano di zona Assessore servizi sociali e delegato area immigrazione Esecutivo Responsabile Referente Referente Referente Responsabile Referente 5 ALLEGATO 2) SCHEDE PER L’ESPRESSIONE DEI BISOGNI E PER LA PROGETTUALITA’ AREA ___________________________ BISOGNI IN ORDINE DI PRIORITA’ 1)__________________________________________________________________ 2)__________________________________________________________________ 3)__________________________________________________________________ AZIONI DI RISPOSTA 1)__________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ ___________________________________________________________________ l’azione indicata è: ◊ mantenimento di azione già esistente ◊ potenziamento di azione già esistente ◊ azione innovativa 2)__________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ l’azione indicata è: ◊ mantenimento di azione già esistente ◊ potenziamento di azione già esistente ◊ azione innovativa 3)__________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ ___________________________________________________________________ l’azione indicata è: ◊ mantenimento di azione già esistente ◊ potenziamento di azione già esistente ◊ azione innovativa 6 SCHEDA PROGETTO/AZIONE AREA DI INTERVENTO TITOLO DEL PROGETTO/AZIONE IL PROGETTO/AZIONE E’: Già esistente Potenziamento/riconversione di un intervento già esistente Innovativo SOGGETTO RESPONSABILE DELLA GESTIONE24 SOGGETTO EROGATORE25 REFERENTE DEL PROGETTO Nome e cognome: Servizio: Indirizzo: Recapito telefonico/Fax: E-mail: EVENTUALI ALTRI ENTI COINVOLTI AMBITO TERRITORIALE DI INTERVENTO comunale sovracomunale territorio Ulss provinciale OBIETTIVI DEL PROGETTO SINTETICA DESCRIZIONE DEL PROGETTO 24 Soggetto pubblico o privato che promuove e governa il servizio (l’ente che decide circa l’organizzazione del servizio, che ne può disporre la chiusura ecc.) 25 Soggetto pubblico o privato che materialmente eroga le prestazioni agli utenti organizzando il lavoro degli operatori (anche più soggetti es. Ulss, cooperativa, associazione, IPAB, ente religioso ecc.) 7 DESTINATARI A CUI E’ RIVOLTO IL PROGETTO/AZIONE Tipologia: N° FASI/STRATEGIE PREVISTE TEMPI Data di avvio del progetto: Data di chiusura del progetto: INDICATORI DI RISULTATO RISORSE già esistenti da reperire 2011 RISORSE 2012 2013 2014 2015 personale Beni sanitari e non Costo dei servizi Ammortamenti Altri costi indiretti Costi per acquisto servizi TOTALE FONTI DI FINANZIAMENTO certe da verificare FONTI DI FINANZIAMENTO regione fondo sociale vincolato regione fondo sociale indistinto regione fondo sanitario vincolato regione fondo sanitario indistinto finanziamento singolo comune finanziamento conferenza sindaci fondi statali utenza altri enti pubblici enti privati TOTALE 2011 2012 2013 2014 2015 8 ALLEGATO 3) DEFINIZIONE DELLE STRATEGIE DI INDIRIZZO NELL’AMBITO SANITARIO E SOCIO-SANITARIO Estratto del Piano Attuativo Locale Cure Primarie (PALCP) Negli ultimi anni nell'Azienda Ulss n°2 di Feltre si sono sviluppate e realizzate sperimentazioni ed esperienze innovative con modalità avanzate di integrazione ospedale-distretto-dipartimento di prevenzione, nella convinzione che solo un approccio di “sistema” può garantire la centralità dell'utente e la sostenibilità del sistema stesso. Elemento dominante nella mission aziendale è un approccio di rete che vede integrato il sistema delle cure primarie con l'ospedale, le strutture residenziali, le scuole, le rappresentanze dei cittadini, il terzo settore, il volontariato, e così via, finalizzato a garantire una presa in carico globale dei bisogni, secondo un modello di continuità dell'assistenza a forte integrazione sociosanitaria. La filosofia aziendale è stata dominata nel corso degli anni dai sotto elencati principi ispiratori: 1) la centralità del cittadino, della famiglia, della comunità; 2) il distretto socio-sanitario fulcro per la realizzazione della continuità assistenziale attraverso il potenziamento della medicina delle cure primarie e l'integrazione tra sociale e sanitario; 3) i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, responsabili del percorso di presa in carico; 4) la prevenzione come investimento per la qualità della vita e il benessere della collettività; 5) la complementarietà di ospedale e territorio; 6) il miglioramento progressivo della qualità dei servizi e delle risposte erogate attraverso la politica dell'appropriatezza e nel rispetto delle risorse impegnate. Più precisamente, nel corso degli ultimi anni, molta attenzione è stata posta alla continuità assistenziale in senso “relazionale”, ovverosia alla necessità di progettare forme assistenziali che consentano la presa in carico “totale” dei cittadini, favorendo in particolare l’integrazione tra l’ospedale e il territorio, la continuità dell’assistenza e l’appropriatezza dei percorsi assistenziali. A tal fine, la scelta strategica aziendale si è mossa nell’ottica di individuare ed attribuire obiettivi congruenti tra quelli inseriti nei Patti con i medici di assistenza primaria ed altri convenzionati e quelli previsti a livello ospedaliero. A tal fine, sono stati perseguiti i seguenti obiettivi: — ottimizzazione dell’integrazione tra territorio e struttura ospedaliera, migliorando la comunicazione tra le UU. OO. coinvolte, attraverso l’elaborazione di protocolli condivisi. Si punta, in particolare, all’attivazione di percorsi diagnostico assistenziali risultanti dalla condivisione tra professionisti del territorio e specialisti ospedalieri, quali ad esempio quello relativo alla corretta gestione del paziente in terapia anticoagulante orale e il percorso del malato affetto da ipertensione arteriosa; — potenziamento delle dimissioni protette, come meccanismo di tutela delle persone fragili, cioè di quei cittadini che, per le condizioni cliniche precarie, per la mancanza di un adeguato supporto di reti familiari, amicali o parentali o per inadeguatezza socio-economica, sono “a rischio" di nuove ospedalizzazioni. La dimissione protetta consiste nel mettere in atto, durante la degenza in ospedale, una serie di valutazioni riguardanti i bisogni socio-sanitari e nell’attivare le procedure necessarie per dare il massimo della tutela al momento della dimissione coinvolgendo, di volta in volta e dove necessario, tutti gli attori dell’assistenza territoriale come il medico di medicina generale, il servizio di assistenza domiciliare integrata, i servizi sociali comunali. Con la dimissione protetta ci si prefigge di ridurre i ricoveri inappropriati, cioè di persone che potrebbero trovare a domicilio le stesse garanzie di cura che in ospedale; ridurre l’ingresso in strutture residenziali (case protette ed RSA); migliorare la qualità della vita dei pazienti e di chi presta loro le cure (caregiver). 9 Obiettivo strategico di questa azienda è stato anche quello di dare una risposta efficace alla fase di terminalità della malattia, mediante la predisposizione di un programma continuativo di cura ed assistenza del malato terminale, realizzato tramite l’integrazione tra le strutture sanitarie (in particolare l’unità operativa di oncologia), il servizio cure palliative, l’hospice extraospedaliero, l’assistenza primaria e le associazioni di volontariato di settore. Lo scopo è quello di assicurare la presa in carico del paziente nelle varie fasi della malattia, assistendo per quanto possibile il malato a domicilio, riducendo i ricoveri impropri ed umanizzando il rapporto tra la struttura sanitaria e l’utenza, potenziando la capacità di dare assistenza delle famiglie e consentendo alla persona malata una morte dignitosa. La continuità assistenziale: l’attuale organizzazione L’attenzione che in questi anni si è sviluppata per le cure primarie rappresenta un’opportunità di sviluppo di tale area professionale e l’occasione per rafforzare il sistema attraverso una sua maggiore integrazione con gli altri livelli di cura, rendendo più omogenea l’organizzazione della medicina generale con i modelli organizzativi delle altre aree del servizio sanitario regionale. Già alla fine degli anni ’90, sulla scorta delle esperienze condotte e successivamente consolidate, vi è stata un’attenzione ai processi di cambiamento che hanno caratterizzato la gestione dell’Ulss. Si è investito in modo importante nella realizzazione di un sistema informativo locale in grado di recepire costi e attività con l’obiettivo di introdurre, contestualmente, riferimenti di tipo responsabilizzante. L’assetto organizzativo e contabile ha incentrato l’attenzione sull’esigenza di razionalizzare l’impiego dei fattori produttivi e lo stesso sistema incentivante adottato, per premiare i risultati misurati con indicatori chiari ed eliminare sacche residuali di possibili sprechi. E’ stato in questa fase di vita dell’azienda che ha avuto avvio un rapporto fra agenti della domanda e dell’offerta basato su meccanismi di mercato interno. In una contestuale revisione critica dell’attività e degli atteggiamenti delle strutture dell’offerta (ospedale, dipartimento di prevenzione, poliambulatori, distretto) è stato messo a punto il progetto di coinvolgimento del medico di medicina generale attorno a due nodi fondamentali dell’organizzazione stessa ovverosia il rapporto tra ospedale e territorio ed il rapporto organico e funzionale tra distretto e medico di medicina generale. Sono stati gestiti incontri di formazione nel corso dei quali i diversi attori si sono confrontati nella ricerca di soluzioni concrete, giungendo a condividere alcuni principi formali: centralità dell’utente; integrazione in risposta ai bisogni complessi; lettura del bisogno in modo globale; presa in carico del bisogno da parte di un responsabile individuato; continuità di cura combinando efficacia/economia/gradimento; analisi della domanda e dell’offerta in termini di appropriatezza. I responsabili della gestione aziendale, forti di questi obiettivi che sono diventati fulcro degli indirizzi programmatori, hanno avviato e perfezionato fasi di ‘negoziazione’ con tutti gli attori del sistema, e fatto proprio il principio secondo cui spetta al distretto il ruolo di governo della domanda. Di qui la necessità di condividere con il medico di medicina generale le scelte in termini di impiego di fattori, rispetto ad obiettivi di salute per il singolo assistito e per la comunità. E’ in questa fase che i medici di medicina generale organizzati in gruppi audit contribuiscono, in collaborazione con gli specialisti ospedalieri, alla formulazione di un piano aziendale per la razionalizzazione dei tempi di attesa attraverso azioni e strumenti che diventano anticipatori, rispetto ai successivi contenuti e adempimenti della DGRV 600/07. Sempre sullo stesso versante del rapporto tra ospedale e territorio si sviluppano i primi percorsi condivisi nel trattamento dell’ipertensione e la possibilità di garantire la protesica e gli ausili agli aventi diritto con modalità e tempi certi al fine di costruire a domicilio le combinazioni necessarie per una continuità assistenziale. A tal proposito le collaborazioni allargate al servizio infermieristico domiciliare, a quello sociale, al servizio domiciliare delle cure palliative completano il percorso con la stesura della ‘cartella sanitaria integrata’ strumento di comunicazione di tutte le 10 professionalità territoriali, che in sinergia assicurano la continuità delle cure a domicilio e l’integrazione professionale. Su questo terreno consolidato, si rafforzano le collaborazioni e le iniziative trasversali, sino ai giorni nostri. Vengono attivati percorsi per la gestione a domicilio degli scoagulati, per gli affetti da broncopatie croniche, diabete, asma e per i portatori di PEG attraverso protocolli prodotti dal confronto fra professionisti del territorio e l’ospedale e il cui obiettivo è la gestione delle cronicità a domicilio. Particolare menzione merita la presa in carico dei pazienti oncologici la cui gestione si svolge a domicilio e in regime di semi-residenzialità (hospice). L’investimento sull’organizzazione del lavoro in medicina generale ha favorito, così, lo svilupparsi di realtà che, ad oggi con il completamento di forme strutturate, offrono nuove opportunità di governo dei percorsi di salute e rappresentano un valore aggiuntivo che si ritiene opportuno rafforzare e sviluppare, introducendo elementi per una migliore focalizzazione degli obiettivi al fine di trasformare quanto costruito in un vero e proprio ‘sistema delle cure territoriali’ orientato allo sviluppo di obiettivi appropriati di salute che favorisca percorsi virtuosi di verifica delle attività in una sorta di autogoverno orientato a raggiungere sempre maggiori livelli di integrazione e accordo sui percorsi di cura e profili di assistenza. In quest’ottica e tenendo conto della domanda del territorio si è molto investito sul sistema della residenzialità al fine di limitare il più possibile il rischio di inappropriatezza delle degenze ospedaliere. In tale sistema sono prioritari gli aspetti di assistenza della persona con la responsabilità clinica riconducibile al medico di medicina generale, fortemente integrato con il distretto, che si realizzano in un percorso alternativo al ricovero ospedaliero o in una dimissione appropriata. Due sono le scelte che hanno caratterizzato tale impostazione: la prima è la forte integrazione con il regime della domiciliarità per mantenere il più possibile il cittadino al proprio domicilio; la seconda riguarda la definizione di un’area specifica, in grado di dare risposte appropriate ai bisogni della cronicità e della fragilità attraverso una rete di strutture che costituiscano il luogo dove realizzare percorsi clinico-assistenziali per la gestione delle patologie cronico-degenerative. Tale impostazione integrata valorizza la specificità del sistema residenziale extraospedaliero nell’ambito del sistema delle cure e attribuisce allo stesso una funzione pro-attiva incentivando la strutturazione di servizi adeguati ed esaustivi in un’area di criticità assistenziale crescente. Al fine di rispondere ai dettami regionali si è provveduto alla stesura del piano territoriale per le cure primarie, tenuto conto del modello di riferimento e nel rispetto dei principi enunciati precedentemente, attraverso innovazione e implementazione di azioni già in essere sia sul versante organizzativo che dell'applicazione di strumenti efficaci ed efficienti. La programmazione: una visione di sintesi GLI OBIETTIVI 1) garantire la continuità assistenziale; 2) gestire la cronicità assicurando la presa in carico e la gestione integrata del paziente. LE PRIORITA’ — sviluppo di un modello assistenziale sul territorio che tenda all’equità dell’assistenza; — pieno coinvolgimento dei medici della continuità assistenziale nel sistema delle cure primarie; — interazione ospedale-territorio; — sviluppo di un sistema informativo integrato; — dotazione di risorse organizzative necessarie per prendere in carico il I° livello specialistico e le patologie croniche (in rapporto alla disponibilità come indicato al paragrafo ‘risorse’); — trasferimento ad altri professionisti (in particolare infermieri) di alcune attività assistenziali; 11 valorizzazione della funzione dipartimentale delle cure primarie e ricollocazione a livello territoriale di alcuni processi di cura per le malattie croniche. GLI STRUMENTI Modello organizzativo che definisce la rete assistenziale programmando e pianificando lo sviluppo delle forme associative, in relazione agli obiettivi, alle criticità e ai limiti costituiti dalla situazione demografica e territoriale, alla necessità di tendere all’equità dell’assistenza. Patti/Contratti: strumento volto ad esplicitare le funzioni di tutti i medici convenzionati nell’attività di governo della domanda e teso al perseguimento degli obiettivi di salute attraverso la messa a punto di processi di "presa in carico dei problemi di salute" e di stili che qualificano il rapporto medico−paziente. I patti/contratti vengono orientati a rendere omogenee e a integrate le diverse aeree di contrattazione e contengono non solo obiettivi rivolti ai singoli medici convenzionati, ma obiettivi per forma associativa facendo dei più virtuosi un volano per gli altri. LE RISORSE Le risorse disponibili per il 2009 sono quelle attualmente utilizzate per il finanziamento di: 1) patti aziendali (€ 605.000 complessivi): € 111.000 continuità assistenziale € 406.000 medici di medicina generale € 38.000 pediatri di libera scelta € 50.000 specialisti ambulatoriali interni 2) associazionismo: € 550.000 3) UTAP: € 180.000 Ulteriori risorse derivano dai processi legati all’appropriatezza clinico-organizzativa ed economica, valutati con indicatori misurabili e con standard di riferimento basati su dati di letteratura, dati regionali, dati storici aziendali. La quota derivante dall’appropriatezza viene definita da un apposito gruppo tecnico con i medici convenzionati e riutilizzata sotto forma di beni e servizi compatibili con la pianificazione prevista La disponibilità di risorse così definita andrà a finanziare le azioni previste nei capitoli successivi. GLI INDICATORI La tabella seguente riassume gli indicatori da utilizzare per la misurazione degli obiettivi e delle attività svolte. Gli standard sono riferiti a dati nazionali, regionali oppure dati storici aziendali. — AREA Promozione della appropriatezza clinica ed organizzativa Integrazione ed organizzazione Continuità dell’assistenza Formazione continua Promozione della salute Qualità percepita Promozione della autogestione MISURE DEGLI OBIETTIVI Tasso di ospedalizzazione Tasso di fuga Tasso di accesso al pronto soccorso N. ricoveri a rischio di inappropriatezza Spesa farmaceutica pro capite Spesa farmaceutica per singoli principi attivi N. visite/prestazioni specialistiche richieste N. audit clinici N. schede incident reporting Tasso UVMD con partecipazione dei MMG e dei PLS Tasso di interventi domiciliari sulla base del PAI N. percorsi diagnostici concordati N. protocolli condivisi ospedale-territorio N. interventi su pazienti “fragili” N. posti letto attivati in Hospice N. programmi formativi integrati Tasso di adesione corretto alle iniziative di screening Tassi di copertura vaccinale pediatrica Tasso di copertura vaccinale antinfluenzale ultra 64enni Tasso di adesione ad iniziative di miglioramento stili di vita/prevenzione rischi Rilevazione della qualità percepita dagli utenti Elaborazione scheda di valutazione Tabella 13 area di intervento ed obiettivi del PALCP. 12 I TEMPI DI ATTUAZIONE E LE RESPONSABILITÀ Le azioni rivolte alla realizzazione del modello organizzativo, che richiedono interventi di tipo “strutturale”, hanno una programmazione triennale con verifiche annuali sull’andamento. Eventuali modifiche della programmazione trovano motivazione in occasione delle verifiche periodiche. Le azioni messe in atto attraverso i contratti hanno valenza annuale. La verifica, la valutazione e l’applicazione del sistema incentivante avviene sulla base degli indicatori. La responsabilità delle azioni è suddivisa in rapporto alle competenze: — direzione sanitaria, direzione distretto, responsabile convenzioni: attivazione delle forme associative, definizione patti e contratti; — direzione strategica, ufficio tecnico, centro elaborazione dati in rapporto alle fasi progettuali: diffusione dell’utilizzo e-mail, sviluppo del sistema informativo integrato; — direzione strategica e successivi servizi ed uffici in rapporto alle fasi progettuali: ampliamento posti letto hospice; — controllo gestione, ufficio amministrativo distrettuale: reports di appropriatezza, secondo gli indicatori individuati e reports delle attività territoriali; — dipartimento di prevenzione: reports sulle attività rivolte alla promozione del benessere e dei problemi di salute; — direttore cure primarie: monitoraggio contratti, percorsi diagnostico terapeutici; — responsabili dei singoli servizi : rilevazione della qualità percepita; — responsabile ufficio convenzioni: monitoraggio contratti e applicazione sistema incentivante; — MMG, PLS, SAI, CA (come professionisti singoli o come forme associative): gestione delle azioni sulla base delle modalità concordate; — gruppo tecnico con i medici convenzionati: individuazione di indicatori misurabili, per valutare le singole azioni, e relativi standard di riferimento. 13 Centro per il Decadimento Cognitivo (CDC) Il malato che soffre di decadimento cognitivo e i suoi familiari possono rivolgersi ed essere seguiti da più strutture e a diversi livelli operativi, passando attraverso l’Unità di Valutazione Alzheimer (UVA) e successivamente dal Centro Diagnostico per approfondimenti clinici. Definita la diagnosi, se intercorrono anche problemi assistenziali, il malato e i suoi familiari si possono rivolgere ai servizi sociali e all’Unità di Valutazione Multidimensionale Distrettuale (UVMD) che costituisce l’accesso al sistema di offerta che comprende l’Assistenza Domiciliare Integrata ADI, gli assegni di cura e, per quanto concerne il sistema extraospedaliero, i centri di servizio per anziani non autosufficienti che a loro volta offrono l’assistenza diurna (centri diurni) e la residenzialità temporanea presso la Sezione Alta Protezione Alzheimer (SAPA). Obiettivi Il malato e i suoi familiari possono incontrare, dunque, servizi con referenze diverse, con il rischio che nessuno sia realmente in grado di mantenere la continuità di cura. Appare quindi opportuno predisporre una semplificazione del sistema di relazioni tra malato e operatori, evitando la frammentazione delle competenze, con gli obiettivi di: — contenere il declino cognitivo e la disabilità del malato, agendo sia sul livello clinico che comportamentale e ambientale; — permettere al malato di restare il più a lungo possibile nel proprio nucleo familiare, compatibilmente con i criteri di sicurezza sua e dei conviventi; — sostenere il nucleo familiare nell’assistenza continuativa al malato. Compiti e strategie di cura del centro di decadimento cognitivo Con questi obiettivi viene definito un unico livello clinico competente per seguire il malato, in qualunque stadio di sviluppo della sua malattia, definito “Centro per il decadimento cognitivo” (CDC), con i seguenti compiti: — approfondimento e rivalutazione diagnostici e funzionali del malato e della capacità di assistenza dei familiari; — trattamento farmacologico e non; — supporto familiare; — consulenza per altri servizi anche se non specificatamente destinati alla cura della demenza; — pianificazione e conduzione di eventuale ricovero anche per patologie non correlate alla demenza. Non rientra tra i compiti del CDC la gestione delle situazioni di urgenza, per le quali si rende necessario il ricorso al 118 ed ai servizi specialistici interessati in rapporto alla tipologia di emergenza clinica. La strategia di cura si fonda su tre aspetti, legati ai problemi del malato e dei suoi familiari: — precisione e tempestività nella definizione diagnostica e nella stadiazione, quindi con valutazione della guaribilità della patologia e dei problemi e delle abilità residue; — continuità della cura, assicurando un approccio integrato alla problematiche del paziente e con un’effettiva presa in carico secondo un metodo multiprofessionale e pluridisciplinare. Implementando, inoltre, percorsi di integrazione e protocolli operativi; — attenzione al ruolo e ai compiti dei familiari, provvedendo ad un particolare sostegno nell’attività di assistenza continuativa del malato. 14 Organizzazione Il CDC non costituisce una entità autonoma, ma una modalità di lavoro interdisciplinare dotata di pluralità di competenze, con contributi a tempo pieno o parziale, secondo le necessità. Per lo svolgimento delle proprie competenze, il CDC è costituito dalle seguenti figure professionali, che assicurano la propria disponibilità per un tempo adeguato alle esigenze della popolazione di riferimento: — neurologo con capacità diagnostico differenziali affinate, conoscenza dei fattori di rischio e loro trattamento; — geriatra con competenze internistiche, in particolare nella gestione del paziente con comorbosità; — psicologo con capacità diagnostico differenziali in materia di neuropsicologia e psicopatologia, oltre a capacità di fornire un sostegno psicologico motivazionale alla famiglia; — infermiere (le funzioni possono essere svolte dal referente organizzativo, se per questa funzione viene incaricato un infermiere a tempo pieno); — riabilitatore o educatore preparato per le attività riabilitative cognitive e fisiche; — referente organizzativo. Per casi selezionati, sono previste consulenze psichiatriche. Il referente organizzativo rappresenta il punto di organizzazione unico dei contatti e il centro nodale del sistema. E’ un operatore infermieristico adeguatamente preparato a svolgere compiti di comunicazione ordinaria con il malato, la famiglia, il medico curante e mantiene uno stretto collegamento tra CDC e UVMD, partecipandone ai lavori e condividendone la pianificazione assistenziale, la valutazione d’esito e di efficienza delle cure. Collegamento tra servizi e percorsi del malato L’accesso al CDC di norma avviene con richiesta di consulenza del medico curante ed accesso al centro diagnostico attraverso le comuni vie di prenotazione presso l’ambulatorio, già attivo, per le demenze. Non sono escluse possibilità di comunicazioni occasionali dirette con il malato o suoi familiari. La valutazione è a cura del centro diagnostico che, dopo gli accertamenti con eventuale ricorso ai servizi ospedalieri (radiologia, laboratorio analisi, consulenze specialistiche), inquadra il paziente secondo tre profili di gravità: profilo A: demenza di gravità lieve/media/grave senza disturbi comportamentali profilo B: demenza con qualche disturbo comportamentale profilo C: demenza con gravi disturbi comportamentali Al termine della valutazione il paziente viene affidato al referente organizzativo, il quale procede direttamente all’invio presso i centri di auto-aiuto per i pazienti con profilo A e all’attivazione della UVMD per i pazienti con profilo B o C. In particolare per i pazienti con profilo C, vengono definiti percorsi facilitati per gli approfondimenti diagnostici, per le consulenze specialistiche e per l’attivazione dei servizi extraospedalieri. L’UVMD, a percorso diagnostico concluso o dopo eventuale rivalutazione clinica periodica o straordinaria, governa l’accesso al sistema assistenziale e assume il ruolo di valutatore della qualità erogata dai servizi. Alla UVMD, oltre alle figure professionali previste in base al regolamento, partecipa il referente o altra figura delegata dal CDC. Con il metodo della valutazione multidisciplinare la UVMD individua il servizio disponibile più adeguato ai bisogni assistenziali del malato e della famiglia, individua il case manager, definisce un obiettivo assistenziale e ne verifica periodicamente l’andamento. Attività e competenze per la cura E’ necessario prevedere adeguati corsi formativi affinché tutti gli operatori del CDC, compresi quelli delle associazioni di volontariato coinvolte, siano in grado di garantire alcune attività tra cui in particolare quelle: 15 — — — — informative: destinate a fornire costantemente notizie su opportunità di cura, diritti del malato, condizioni cliniche; educative: orientate a sviluppare l’autonomia dei familiari nella gestione continuativa del malato; di addestramento: predisposte per fornire strumenti di sostegno alla cure dei familiari; relazionali: consapevoli degli aspetti di comunicazione e di mantenimento della verità prognostica e di cura. Sistema informativo Il sistema informativo è basato su un set di dati comprendenti: — dati individuali: dati anagrafici, fattori di rischio ambientali, terapia, comorbosità (cardiovascolare, diabete); — dati di attività: incidenza, prevalenza, numero ospitati presso istituti e numero assisti a domicilio; — dati di efficacia dei servizi. 16 ALLEGATO 4) REGOLAMENTO DEI COMUNI DELL’ULSS N°2 PER LA GESTIONE ASSOCIATA DEGLI INTERVENTI ECONOMICI LEGATI ALLA TUTELA DEI MINORI OBIETTIVO Il presente regolamento riassume in sintesi lo stato delle competenze dell’Ulss e dei Comuni nell’ambito della tutela dei minori, in attuazione del mandato della Conferenza dei Sindaci del 10 dicembre 2007, e definisce le modalità attuative della gestione in forma associata della spesa derivante dai differenti interventi di tutela, a partire dall’anno 2008. Gli interventi tipici sono l’inserimento in comunità e l’affidamento etero o intra familiare. Entrambi possono esser svolti in regime residenziale o semiresidenziale. La gestione associata degli interventi economici legati alla tutela, come sollecitata dalla DGRV n°2430 del 31/7/2007, è effettuata mediante delega all’Ulss che opererà secondo i criteri qui definiti. La generalità delle funzioni relative all’erogazione dei servizi e delle prestazioni sociali a favore dei minori è attribuita ai Comuni dall’art. 23 del DPR 616/77. Tale assetto è stato confermato dal combinato disposto dagli artt. n°132 del D.Lgs. 112/98 e n°130 1° comma della L.R. 11/01. L’art. 3 septies del D.Lgs. 502/92 e s.m.i. che individua la compresenza unitaria di interventi sociali, sociosanitari e sanitari nei processi assistenziali non modifica la titolarità delle competenze, ma avvia una riflessione sulla necessaria unitarietà del processo anche a fronte di titolarità differenti. A questo scopo è intervenuta inoltre la definizione sulla titolarità dei finanziamenti necessari a garantire i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA – DPCM 29/11/01 ). Con il presente regolamento i Comuni completano la delega in capo all’Ulss della funzione di tutela dei minori dando mandato all’Azienda Ulss di Feltre di provvedere all’istruttoria dei casi e al pagamento degli oneri economici che risultano a carico dei singoli Comuni per l’effettuazione degli interventi concordati o obbligati da provvedimenti giurisdizionali. La disciplina richiamata ai punti precedenti trova più puntuale definizione con la DGRV n°2227 del 9/8/02, in attuazione del DPCM 29/11/01 “Definizione dei livelli essenziali di assistenza”, che, nel segmento dell’area materno-infantile definito “per la protezione del minore in stato di abbandono”, riconosce le differenti titolarità attribuendo a ciascuno (Ulss e Comuni) parte dell’onere. Le funzioni tipiche di ciascun ente possono così essere descritte in sintesi: Comune: indagine e verifiche sociali sulle famiglie e azioni di sostegno alle stesse; prestazioni di supporto sociale ed economico alle famiglie; prestazioni di supporto educativo domiciliare e territoriale ai minori; interventi per minori soggetti a provvedimenti, penali, civili, amministrativi, compresi gli interventi di assistenza ed accoglienza in comunità; accoglienza in comunità o affido familiare dei minori, a seguito di provvedimento penale, civile o amministrativo. Ulss: prestazioni medico-specialistiche di indagine diagnostica sui minori e sulle famiglie e prestazioni psico-terapeutiche; indagine psicodiagnostica sulla famiglia; 17 interventi di prevenzione, assistenza e recupero psicoterapeutico dei minori vittime di abusi, anche in collegamento con gli altri servizi sociali e le comunità educative, riabilitative, familiari e le famiglie affidatarie; prestazioni socio-riabilitative a sostegno dei minori affetti da disturbi comportamentali e/ o patologie di interesse neuro-psichiatrico. La gestione associata consente ai Comuni di far fronte alle difficoltà degli interventi di tutela, a volte non gestibili dal singolo ente. L'UNITA' VALUTATIVA MULTIDIMENSIONALE L'UVMD rappresenta lo strumento operativo per la realizzazione a livello distrettuale dell'integrazione socio-sanitaria ed è la sede dove vengono assunte decisioni vincolanti riguardanti la presa in carico, l'attivazione del progetto individuale a tutela del minore e gli eventuali aspetti economici connessi al progetto. Nei casi di urgenza o a seguito di interventi della magistratura l'UVMD può anche essere successiva all'avvio del progetto di tutela. Nei casi di urgenza l'UVMD viene, di norma, convocata entro 5 giorni dall'attivazione dell'intervento ed espletata entro 25 giorni dalla convocazione. Il Comune tenuto al pagamento della retta o del contributo per un minore inserito in una struttura residenziale o in affidamento familiare, in riferimento all'art. 13 bis, L.R. 5/96 e all'art. 6, comma 4, L. 328/00, è il Comune di residenza del minore al momento dell'inizio dell'intervento di tutela (ricovero in struttura o in affidamento). Nel caso di minori privi di residenza anagrafica (come per i minori stranieri non accompagnati), il pagamento della retta – così come le altre prestazioni sociali- è a carico del Comune individuato come “luogo di provvisoria dimora del minore” (DGRV 569/08 Linee guida 2008 per la protezione e la tutela del minore). La persona che partecipa all'UVMD in rappresentanza del Comune dispone in ordine agli impegni economici e agli accordi con i familiari, procedendo alla definizione dell’impegno dell’Ente, qualora non già prevista e concordata, prima della seduta UVMD. Ogni variazione successiva all'accordo deve essere comunicata al referente del caso individuato in UVMD. Qualora questa variazione dell’onere di spesa modifichi sostanzialmente le condizioni individuate, si procede ad una nuova convocazione di UVMD. LA GESTIONE ASSOCIATA Le rette e gli altri interventi economici a carico della gestione associata sono quelli approvati in sede di UVMD. La partecipazione economica è relativa alle seguenti tipologie di inserimenti: in Comunità in regime residenziale; in Comunità in regime semiresidenziale (diurno); in Convitto e negli interventi educativi al domicilio (nei casi in cui l'UVMD lo ritenga un adeguato e sufficiente intervento di tutela per il minore). In questi casi l'onere dell'intervento è a totale carico della quota associativa, in quanto il servizio erogato è di natura educativa e assistenziale e pertanto non rientra in un LEA sanitario. in affidamento intra-familiare in regime residenziale; in affidamento intra-familiare in regime diurno; in affidamento etero-familiare in regime residenziale; in affidamento etero-familiare in regime diurno. Per quanto riguarda la retta viene posta in gestione associata esclusivamente la parte non coperta da quota sanitaria e/o dalla famiglia. L'UVMD è la sede in cui questi accordi sono formalizzati. 18 Il Comune sottoscrive con la famiglia l’accordo sull’eventuale partecipazione economica alla spesa e la comunica all'UVMD. Esso resta, comunque, il garante della quota concordata con la famiglia. Nel caso di mancato rispetto degli impegni concordati con la famiglia il Comune che ha sottoscritto l’accordo sostiene direttamente gli oneri che la gestione associata sopporta per i mancati pagamenti. Modalità di regolazione economica delle eventuali prestazioni non comprese nella retta Rientrano nella gestione associata le prestazioni socio-riabilitative previste dal progetto quadro (vedi glossario), di cui al punto I dei LEA, con carattere di eccezionalità e temporaneità approvati in sede UVMD. Anche le modalità di gestione di altre eventuali spese, non comprese nella retta, vengono concordate in sede di UVMD. Non saranno regolate tramite la gestione associata le spese non autorizzate in sede UVMD. Modalità di regolazione delle spese in caso di Affidamento Familiare La normativa regionale (Regolamento regionale n°8/84 e DGR 469 del 29/02/2006) prevede che alla famiglia che accoglie un bambino in affidamento etero-familiare, in modalità residenziale o diurna, possa essere erogato un contributo fisso svincolato dal suo reddito. Pertanto si possono distinguere due modalità: A) qualora la famiglia di origine non sostenga economicamente l'affido, il Comune riconosce per l'affidamento eterofamiliare residenziale il contributo economico mensile definito dalla normativa regionale non inferiore alla pensione minima INPS per lavoratori dipendenti, vigente alla data di inserimento, secondo i criteri definiti dalla specifica D.G.R. di anno in anno. In caso di revoca dell'affidamento, il contributo economico del mese in corso verrà conteggiato per i giorni di effettiva presenza in famiglia del minore, come accertato dal responsabile dell'Ufficio Tutela. B) per l’ affidamento eterofamiliare diurno l'importo verrà definito di volta in volta in UVMD. Per gli affidamenti intra-familiari, sia in regime residenziale che diurno, il contributo mensile al mantenimento verrà concordato di volta in volta in UVMD. In caso di cessazione dell'accoglienza, per il pagamento del contributo verrà applicata la stessa modalità prevista per gli affidamenti eterofamiliari. Non saranno regolate tramite la gestione associata altre ed ulteriori spese, che faranno capo ai familiari o al Comune di residenza del minore. I minori in affidamento saranno assicurati per la responsabilità civile contro terzi (R.C.T.) e gli infortuni da parte dell’Ulss. La copertura decorre dalla data di inserimento. INSERIMENTO IN COMUNITA’ (consensuale) In assenza del decreto del Tribunale, a garanzia della tutela del minore, viene condiviso con gli esercenti la potestà il progetto di inserimento del minore in comunità. L'UVMD applica la normativa sui LEA. (“Criteri applicativi Ulss n°2 di Feltre” – allegato 1c in attuazione del DPCM 29/11/2001 – area integrazione socio-sanitaria - DDG n°60/03). 19 INSERIMENTO IN COMUNITA’ (esecuzione di mandato della Procura Minorile e Procura Ordinaria) In sede di UVMD si recepisce il provvedimento dell'autorità giudiziaria e vengono applicate le normative vigenti in materia (art. 25, ultimo comma del RDL 1404/34, art. 6, comma 4 della L. 328/2000, e dei “Criteri applicativi Ulss n°2 di Feltre” – allegato 1c in attuazione del DPCM 29/11/2001 – area integrazione socio-sanitaria - DDG n°60/03). L'Ulss, comunque, è autorizzata a provvedere al pagamento delle rette per conto dei Comuni a seguito di provvedimenti della magistratura. 20 ALLEGATO 5) GESTIONE ASSOCIATA DISABILI DELIBERAZIONE CONFERENZA SINDACI N° 90 del 8 settembre 2003 OGGETTO: BEP 2003 Ulss – parte sociale. Quote dei Comuni e gestione associata rette disabili. Anno 2003. viste le tabelle approvate in Esecutivo il 28 luglio 2003 ad oggetto “BEP 2003 Ulss – parte sociale. Quote dei Comuni e gestione associata rette disabili. Anno 2003” con cui si calcolavano le quote a carico dei Comuni per l’anno 2003 in applicazione degli indirizzi espressi dalla Conferenza; preso atto che dal 2003 sono stati applicati i Livelli essenziali di assistenza (LEA) in particolare per l’area dell’integrazione socio-sanitaria; ricordato che per quanto riguarda la gestione associata delle rette disabili in Istituto viene posto in gestione associata quanto non coperto dal fondo sanitario e dagli utenti o familiari (quota di cui il Comune inviante è garante) che sarà ripartito per il 2003 al 60% in quota capitaria, al 40% in quota del Comune inviante; dato atto che le tabelle con i calcoli necessari alla determinazione delle quote di ciascun comune sono state concordate con l’Esecutivo nelle sedute del 9 e 28 luglio u.s. e trasmesse a tutti Comuni con nota prot. E/63 del 30/07/2003; Sentita la proposta del Vice Presidente di dare mandato all’esecutivo di un ulteriore approfondimento con la Direzione generale per precisare e concordare le modalità applicative dei LEA e la loro ricaduta sul bilancio sociale, approvata all’unanimità; visto l’art. 4, comma 2, del proprio Regolamento; Con 16 voti favorevoli e 1 astenuto (Trichiana con le motivazioni riportate nel verbale) espressi in forma palese DELIBERA 1) di stabilire per l’anno 2003 la quota di contribuzione a carico dei Comuni per la gestione dei Servizi sociali nella misura indicata nella tabella allegata, che costituisce parte integrante della presente deliberazione; 2) di dare mandato all’Esecutivo di approfondire con la Direzione generale l’applicazione dei LEA in ambito locale al fine di concordare con i Sindaci la loro ricaduta economica ed operativa in ambito sociale; 3) di trasmettere copia della presente deliberazione ai Comuni dell’Ulss ed all’Ulss n°2 per gli adempimenti conseguenti. 21 ALLEGATO 6) ATTO DI RECEPIMENTO DELLE LINEE GUIDA, DEGLI ORIENTAMENTI E DELLE LINEE DI INDIRIZZO REGIONALI PER LO SVILUPPO DEI SERVIZI DI PROTEZIONE DEI BAMBINI E DEGLI ADOLESCENTI (DGRV 2416/08) Le Linee Guida 2008 per la cura,la segnalazione e le responsabilità nella protezione e nella tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del Veneto (DGRV 569/08), le Linee Guida per l'affidamento familiare (DGRV 3791/08), gli Orientamenti nel rapporto tra scuola e servizi (DGRV 3898/08) e le Linee di indirizzo Regionale per lo sviluppo dei servizi di protezione e tutela del minore (DGRV 2416/08), richiedono alle diverse Ulss del Veneto di individuare un modello di struttura organizzativa e programmatoria capace di accompagnare e sostenere lo sviluppo dei servizi per la cura e protezione dei minori all’interno di un quadro operativo dai contorni chiari e tracciati. I cambiamenti avvenuti in questi ultimi anni pongono l'attenzione sul minore quale soggetto di diritto e richiedono ai servizi di predisporre un sistema di garanzie che renda esigibili i diritti dei minori e delle loro famiglie, in un’ottica di maggior protezione e cura dei soggetti più deboli. Alcune novità introdotte dai documenti sopraccitati offrono la possibilità di rendere concreta tale azione, sia da parte dei servizi pubblici che da parte di quelli privati presenti nel territorio. La collaborazione tra i servizi, tra questi e le associazioni e gli enti territoriali che si occupano di minori e famiglia, possono offrire opportunità diverse ed alternative al processo di istituzionalizzazione, soprattutto per quei bambini e ragazzi che vivono e versano in situazioni di disagio. L'inserimento in comunità ed il conseguente allontanamento del minore dalla famiglia, infatti, è un evento traumatico che, anche se necessario, va curato ed accompagnato. Importante, quindi, la collaborazione con le strutture di accoglienza, che facendo riferimento al progetto del servizio (progetto quadro), sono tenute a redigere un progetto educativo individualizzato e specifico per il minore. Questa nuova modalità di intervento fa sì che per ogni minore accolto venga elaborata una progettualità specifica mirata a ripristinare e/o creare condizioni idonee a consentire un adeguato sviluppo psico-fisico dello stesso. -In tale quadro l'affidamento familiare, intra o etero-familiare, rappresenta uno strumento di tutela importante. Esso diventa strumento privilegiato per i minori che non hanno compiuto i 6 anni di età, una “misura” di protezione temporanea per bambini o ragazzi allontanati dalla famiglia di origine. La famiglia affidataria, così come descritto nelle Linee Guida per l'affidamento familiare, è una risorsa insostituibile e consente ai bambini e ai ragazzi di fare un'esperienza di affetto e di appoggio - integrata nella comunità - che permetterà loro di costruirsi, da adulti, modelli familiari adeguati. I bambini che hanno vissuto esperienze di abuso e maltrattamento, invece, richiedono interventi riabilitativi specialistici, gestiti dal Centro Terapeutico Regionale “Tetto Azzurro” con le modalità previste dallo specifico protocollo operativo. -Inoltre, la DGR 2416/08 pone l'accento sulla necessità di uno stretto collegamento tra scuola e servizi per la definizione delle modalità di segnalazione e presa in carico dei casi di disagio e/o pregiudizio del minore rilevato in ambito scolastico. -Per i minori autori di reati, c'è la necessità di attivare i percorsi di messa alla prova e quindi di collaborare con il Centro di Giustizia Minorile. Proteggere e curare i bambini/ragazzi significa quindi avere coscienza che il loro ben-essere dipende da una molteplicità di fattori; dagli sforzi dei singoli - genitori, dei membri della famiglia allargata, dalla professionalità e dall’organizzazione dei servizi, ma anche dalle risorse che la comunità mette a loro disposizione: dunque aiutare i bambini a crescere bene è una responsabilità che appartiene all’intera comunità. Il presente atto di recepimento vuole rispondere quindi alla necessità di coinvolgere tutti gli attori, pubblici e privati, enti ed associazioni che operano nel Feltrino a favore dei minori, nell’opera di edificazione di un sistema di cura e protezione a favore dei nostri bambini e ragazzi. Un sistema 22 capace di creare opportunità, di promuovere e favorire nella comunità la nascita di una cultura di attenzione e rispetto del bambino. Si rende allora necessario formare i bambini e gli adolescenti affinché si rendano consapevoli dei loro diritti e riescano ad “auto-proteggersi”, ma anche gli adulti che a vario titolo si relazionano con loro, perché questa protezione possa essere resa effettiva. La costituzione del tavolo tecnico territoriale di coordinamento e di programmazione (DGRV 2416/08) ha permesso di avviare un'attività di analisi e confronto sui percorsi della presa in carico, sullo sviluppo delle risorse accoglienti e sulle problematiche emergenti in ambito minorile nel nostro territorio, ponendo le basi per attivare e sviluppare nuove forme di collaborazione. Costituzione e avvio programmazione tavolo tecnico territoriale di coordinamento e di Il direttore dei servizi sociali dell'Ulss n°2, dopo aver individuato i rappresentanti dei diversi enti e associazioni presenti nel territorio, ha convocato il tavolo di lavoro. Al tavolo partecipano: — il direttore dei servizi sociali, che ne è coordinatore; — il rappresentante dell’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci; — la responsabile dell'Ufficio di Piano; — la responsabile del Consultorio Familiare e Tutela minori; — la responsabile dell'Ufficio Tutela Minori; — il responsabile e un assistente sociale del Servizio per l'Età Evolutiva; — due rappresentanti dell'Ufficio Provinciale Scolastico; — i rappresentanti dei servizi per la prima infanzia; — i rappresentanti delle scuole materne private; — il rappresentante del CIF Villa San Francesco; — il rappresentante della cooperativa Portaperta – Comunità Alloggio Casa Aladino e Comunità Diurna Parapiglia; — il referente territoriale per Tutori Volontari Minori di Età; — il rappresentante Associazione G. Conz; — il presidente dell'Istituto Carenzoni Monego; — il rappresentante dell'Associazione Dafne; — il rappresentante dell'Ufficio Sociale del Ministero di Grazia e Giustizia La prima convocazione del tavolo ha anticipato il convegno di apertura dei lavori che si è tenuto a Feltre presso la sede della Cooperativa Arcobaleno ’86 il 15 settembre 2009. Alla giornata formativa hanno partecipato, oltre ai componenti del tavolo territoriale, i medici di medicina generale,i pediatri di libera scelta, le forze dell'ordine, le famiglie affidatarie, i rappresentanti della scuola, i servizi socio-sanitari dell'Ulss n°2, un funzionario regionale, il sostituto Procuratore del Tribunale di Belluno e un rappresentante dell'Ufficio del Pubblico Tutore. In questo modo si sono poste le premesse per poter condividere un progetto di tutela territoriale. Con la scuola, le associazioni e le strutture è stato necessario lavorare per sottogruppi. Questo per definire con la scuola le procedure per la segnalazione scuola-servizi nelle situazioni di rischio e di pregiudizio, per individuare con le associazioni le forme di collaborazione possibili e per approfondire con le strutture residenziali di accoglienza di minori la necessità di stipulare delle convenzioni. 1. L’ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE DELLA PROTEZIONE E DELLA TUTELA DEI MINORI 1.1 Ente titolare della funzione. La generalità delle funzioni relative all’erogazione dei servizi e delle prestazioni sociali a favore dei minori è attribuita ai Comuni dall’art. 23 del DPR 616/77. Tale assetto è stato 23 confermato dal combinato disposto dagli artt. n°132 del D.Lgs. 112/98 e n°130 1° comma della L.R. 11/01. L’art. 3 septies del D.Lgs. 502/92 e s.m.i. che individua la compresenza unitaria di interventi sociali, socio-sanitari e sanitari nei processi assistenziali, non modifica la titolarità delle competenze, ma avvia una riflessione sulla necessaria unitarietà del processo anche a fronte di titolarità differenti. A questo scopo è intervenuta inoltre la definizione sulla titolarità dei finanziamenti necessari a garantire i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA – DPCM 29/11/01). Le funzioni proprie di ciascun ente possono essere così sintetizzate: Comuni: — indagine e verifiche sociali sulle famiglie ed azioni di sostegno alle stesse; — prestazioni di supporto sociale ed economico alle famiglie; — prestazioni di supporto educativo domiciliare e territoriale ai minori; — interventi per minori soggetti a provvedimenti penali, civili, amministrativi, compresi gli interventi di assistenza e di accoglienza in comunità; — accoglienza in comunità o affido familiare dei minori, a seguito di provvedimento penale, civile o amministrativo. Ulss: — prestazioni medico-specialistiche di indagine diagnostica sui minori e sulle famiglie e prestazioni psico-terapeutiche; — indagine psicodiagnostica sulle famiglie; — interventi di prevenzione, assistenza e recupero psicoterapeutico dei minori vittime di abusi, anche in collegamento con gli altri servizi socio-sanitari e le comunità educative, riabilitative, familiari e le famiglie affidatarie; — prestazioni socio-riabilitative a sostegno dei minori affetti da disturbi comportamentali e/o patologie di interesse neuro-psichiatrico. Con delibera della Conferenza dei Sindaci n°112 del 2008 (allegato 1), è stato approvato il regolamento per la gestione associata degli interventi economici legati alla tutela minori in cui i Comuni completano la delega in capo all’Ulss n°2 della funzione di tutela dei minori, dando mandato all’Azienda Ulss n°2 di Feltre di provvedere all’istruttoria dei casi e al pagamento degli oneri economici che risultano a carico dei singoli Comuni per l’effettuazione degli interventi concordati o obbligati da provvedimenti giurisdizionali. 1.2 Servizio di protezione e tutela dei minori Con delibera del Direttore Generale dell’Ulss n°2 di Feltre n°48/07 è stato istituito l'Ufficio Tutela Minori che fa parte del Consultorio Familiare e Tutela Minori nell'ambito del Dipartimento materno-infantile trans-murale. L’Ufficio si occupa del superamento della condizione di disagio e/o di devianza del minore attraverso azioni preventive e riabilitative mirate all'attivazione e sostegno delle competenze dell’individuo e della sua famiglia, affinché la stessa sviluppi una situazione di benessere e di autonomia. Laddove non sia possibile il recupero delle risorse familiari, sono individuate soluzioni familiari, etero-familiari o comunitarie in grado di rispondere ai bisogni evolutivi e/o di disagio del minore, in sostituzione o in appoggio alla famiglia di origine. Il personale dedicato è composto da: — un responsabile dell'Ufficio che, nell’ambito della tutela e dell’affido, assume e garantisce i compiti di: • coordinare e monitorare le attività dell'equipe; • collaborare a vari livelli con l'Autorità Giudiziaria, i Comuni, le Comunità Residenziali per minori, gli Enti, le Scuole, le Associazioni ecc.; • collaborare con le diverse unità operative dell'Ulss n°2, sanitarie e socio-sanitarie; • collaborare con l'Ufficio Pubblico Tutore della Regione del Veneto; — uno psicologo psicoterapeuta convenzionato (22 ore settimanali) che svolge la sua attività: • per la presa in carico dei minori e della famiglia in contesto di tutela; 24 — — — • per la valutazione dei minori in contesto di tutela; • per la promozione e sensibilizzazione a livello territoriale; • per la formazione e la valutazione delle famiglie aspiranti all'affido; • per la presa in carico delle famiglie affidatarie; • per la valutazione dei minori finalizzata all’affido familiare; un assistente sociale dipendente da cooperativa (36 ore settimanali) che svolge la sua attività: • per la stima della segnalazione; • per la presa in carico dei minori e della famiglia in contesto di tutela; • per la promozione e sensibilizzazione a livello territoriale; • per la formazione e la valutazione delle famiglie aspiranti all'affido; • per la presa in carico delle famiglie affidatarie; • per la valutazione dei minori finalizzata all’affido familiare; un educatore professionale (18 ore settimanali) con compiti di: • partecipare ad attività informative e formative nell'ambito di progetti attivabili all'interno del servizio; • seguire, in sede o a domicilio, minori che necessitano di interventi educativi. compongono l’equipe, inoltre, uno psicologo psicoterapeuta e un assistente sociale del Consultorio Familiare (10 ore settimanali) che garantiscono per l'Ufficio Tutela Minori, la valutazione della genitorialità, in modo tale da permettere una modalità operativa che separi la valutazione dalla presa in carico. 1.3 Mandato operativo L'Ufficio Tutela Minori: — assicura prestazioni ed interventi psico-sociali ed educativi a seguito delle richieste e dei provvedimenti emessi dal Tribunale per i Minorenni o dal Tribunale Ordinario e delle segnalazioni che pervengono da altri servizi o da privati cittadini: • realizza la valutazione sociale, psicologica ed educativa della situazione del minore e della sua famiglia d'origine anche in collegamento con altri servizi e U.O. dell'Ulss (Pediatria, Servizio Tossicodipendenze, Pronto Soccorso, Dipartimento di Salute Mentale, Servizio Psico-Sociale per l’Età Evolutiva, Pediatri di libera scelta, Medici di Medicina Generale ecc.); • elabora un progetto d'intervento in collaborazione con gli altri servizi coinvolti; • attiva percorsi di tutela e protezione del minore e della sua famiglia; • effettua segnalazioni all'Autorità Giudiziaria; • avvia interventi sociali, psicologici ed educativi a favore del minore e della sua famiglia; • attua attività di vigilanza dei minori allontanati dalla famiglia d'origine e inseriti in comunità o in famiglie affidatarie; • invia relazioni periodiche di aggiornamento al Tribunale per i Minorenni e al Tribunale Ordinario; • promuove attività di sensibilizzazione nel territorio, volte all'accoglienza del minore in difficoltà attraverso l'affido, promuove percorsi formativi per le famiglie o i singoli disponibili, effettua gli abbinamenti e predispone progetti ed interventi di sostegno alle famiglie affidatarie; • attua progetti per la promozione dei diritti dell'infanzia in collaborazione con la scuola e altre agenzie educative; • promuove attività di sensibilizzazione, formazione, accompagnamento di persone disponibili ad essere nominate tutori legali dei minori di età. 25 1.4 Procedure Operative Le modalità di accesso all'Ufficio Tutela Minori Il Tribunale per i Minorenni o altri organi giudiziari possono richiedere un'indagine sulla situazione dei minori e della famiglia (L.R. 28/77 e L. 149/01). La segnalazione di rischio o di pregiudizio di minori da parte di singoli cittadini, agenzie educative e servizi di altra Ulss, può essere effettuata all'Ufficio Tutela Minori o personalmente o in forma scritta. La segnalazione proveniente da altre Unità Operative dell’Ulss n°2 viene trasmessa tramite la scheda denominata scheda di segnalazione (allegato 3), contenente le necessarie informazioni per una prima valutazione ed un'eventuale presa in carico. Le segnalazioni anonime che presentino elementi di rischio o di pregiudizio nei confronti di minori, verranno trasmesse all'Ufficio Minori della Questura di Belluno per le opportune indagini. Nel caso di segnalazione impropria sarà cura del Responsabile dell'ufficio individuare e curare la trasmissione della segnalazione al servizio competente. Nei casi di emergenza verrà attuato a protezione del minore, in collaborazione con le forze dell'ordine, il collocamento dello stesso in luogo sicuro (art. 403 c.c.) con contestuale segnalazione alla Procura Minorile. 1.5 Il modello operativo Il modello operativo prevede fin dalla segnalazione la presa in carico della situazione da parte dell'équipe dell'Ufficio Tutela Minori, che consiste in quattro fasi: — la stima dell'informazione; — la valutazione e la diagnosi; — la presa a carico con stesura del progetto quadro e condivisione del PEI; — la dimissione. L’Ufficio Tutela Minori trova il proprio elemento di unificazione e di continuità negli incontri di equipe, che diventano strumento di lavoro che consente: — la valutazione dei dati acquisiti e la supervisione delle attività e della situazione segnalata; — la definizione delle responsabilità individuali e professionali; — la progettazione degli interventi successivi. FASE 1: La stima della segnalazione all'Ufficio Tutela Minori L'assistente sociale dell'Ufficio Tutela Minori stima le informazioni contenute nella segnalazione, informa il Comune di residenza e predispone le successive fasi della presa in carico. Nei casi in cui l'informazione presenti notizia di reato vi è obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria o agli organismi di competenza (cfr. 3.7.2 Linee Guida Regione Veneto sulla cura e protezione del minore); Esiti della stima della segnalazione: — archiviazione della segnalazione per assenza di elementi di rischio o di pregiudizio; — invio al servizio competente; — in caso di urgenza, collaborazione con le forze dell'ordine per il collocamento del minore in luogo sicuro (art. 403 c.c.) con contestuale segnalazione alla Procura per i Minorenni; — segnalazione all'autorità giudiziaria nel caso non si possa acquisire il consenso; — predisposizione delle successive fasi di presa in carico, diagnosi, sostegno e cura attivabili con il consenso degli esercenti potestà. 26 Tra la fase 1 (stima dell'informazione) e la fase 2 (diagnosi e valutazione) si situa la riunione di équipe, nella quale vengono definite le responsabilità professionali ed individuali per le fasi di valutazione e presa in carico. FASE 2: La diagnosi/ valutazione La valutazione ha come obiettivo la diagnosi e la prognosi della situazione segnalata, è a carattere multidimensionale in quanto frutto dell'azione di professionalità diverse, in primo luogo dell'assistente sociale e dello psicologo. L'assistente sociale e lo psicologo che effettuano la valutazione della genitorialità, incontrano i genitori per acquisire, se necessario, il loro consenso per attivare un percorso di valutazione con i seguenti obiettivi: — cogliere i principali dinamismi che caratterizzano il singolo caso; — raccogliere, ordinare, inquadrare le informazioni (familiari, economiche, giuridiche, ...) emergenti dal contesto; — costruire una diagnosi dinamica relativa alle funzioni genitoriali; — elaborare proposte prognostiche di recuperabilità delle funzioni genitoriali. La valutazione e l'ascolto del minore sono effettuati dallo psicologo dell'Ufficio Tutela Minori, concordando i tempi ed i modi più opportuni. Nell'eventualità in cui, in questa fase, si manifestasse l’esigenza di attivare degli interventi per la cura, la tutela e la protezione del minore, e riconoscendo necessario mantenere separata la procedura valutativa da quella operativa specifica, essi saranno affidati all'assistente sociale dell'Ufficio Tutela Minori. Nelle situazioni multiproblematiche dove sono coinvolti anche professionisti che afferiscono ad altri servizi (Servizio Sociale Comunale, Dipartimento Salute Mentale, Servizio Psico-Sociale per l'Età Evolutiva, Servizio Tossicodipendenze, Medici di Medicina Generale, Pediatri di Libera Scelta, Tetto Azzurro, ecc...) la valutazione tiene conto delle osservazioni degli operatori coinvolti nella gestione del caso. Tempo previsto per il percorso di valutazione: massimo 4 mesi, salvo casi particolari. Nel caso in cui vi sia mandato del Tribunale per i Minorenni fa riferimento la data indicata nel mandato del Tribunale. Strumenti per la diagnosi/valutazione La valutazione multidimensionale comprende di norma: — colloqui individuali; — colloqui congiunti; — visite domiciliari; — osservazione del minore, dei genitori e della loro relazione; — approfondimento psico-diagnostico del minore; — approfondimento psico-diagnostico dei genitori; — conoscenza e analisi del contesto di vita del minore e della famiglia; — incontri tra gli operatori coinvolti direttamente nella gestione del caso; Esiti della valutazione: — dimissione; — invio del caso ad altri servizi; — invio della relazione al Tribunale per i Minorenni; — segnalazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni; — presa a carico da parte dell'Ufficio Tutela (avvio della fase 3). FASE 3: Costituzione dell'Unità di lavoro per la realizzazione del progetto quadro Successivamente alla restituzione in équipe tutela degli esiti della valutazione ,e valutata la titolarità della presa in carico, gli operatori che hanno curato la fase di valutazione si integrano con 27 gli operatori che si occuperanno della presa in carico per la costruzione e la stesura del progetto quadro. FASE 4: La presa a carico La presa a carico psico-sociale è l'assunzione di responsabilità nell'attuazione del progetto quadro. Si concretizza attraverso il progetto educativo individualizzato (PEI), all'interno del quale vengono delineati i percorsi educativi e di sostegno per il minore e per la sua famiglia. La presa a carico nella sua globalità prevede: — l'accompagnamento e il supporto del minore e del suo nucleo familiare; — l'attivazione e il mantenimento dei rapporti con soggetti istituzionali e non; — il monitoraggio, il controllo e la verifica costante della situazione; — la rilevazione dei cambiamenti, positivi e/o negativi, della situazione. Vista la complessità dei casi, l'équipe tutela rimane il luogo privilegiato di confronto, riflessione, aggiornamento e supporto all'operatività. Le figure professionali referenti della presa a carico sono l'assistente sociale e lo psicologo. All'interno della presa a carico possono essere coinvolti l'educatore dell'Ufficio Tutela Minori e/o gli operatori di altri servizi (es. logopedista, psicomotricista, psichiatra, ecc..). 2. PROGETTO QUADRO Successivamente alla restituzione in équipe tutela degli esiti della valutazione e, valutata la titolarità della presa in carico, gli operatori che hanno curato la fase di valutazione si integrano con i colleghi che si occuperanno della presa in carico per la costruzione e la stesura del progetto quadro. Il progetto quadro è uno strumento di lavoro, redatto in forma scritta, nel quale vengono descritti: — la composizione del nucleo familiare; — la storia familiare; — le motivazioni del progetto; — gli obiettivi generali; — le proposte di intervento; — i tempi di realizzazione dell'intervento; — i tempi delle verifiche; — le modalità organizzative; — i soggetti coinvolti; — gli operatori referenti; — i Lea. — La titolarità del progetto quadro è dell'Ufficio Tutela Minori. Esso viene approvato dall'Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale quando c'è il coinvolgimento di più servizi e/o viene richiesto un impegno economico a carico dei Comuni (allegato 5). Il progetto quadro viene sottoscritto dalle parti interessate in riferimento alle “Linee guida regionali 2008 per la protezione e la tutela del minore in Veneto” – DGRV n°2492/06 - pagg. 27 e 28. 3. SERVIZI IN RETE CON IL SERVIZIO DI PROTEZIONE E TUTELA DEI MINORI (ambito Ulss) L'Ufficio Tutela Minori in collaborazione con gli altri servizi: 28 — — — — attiva la rete territoriale delle risorse sociali, sanitarie ed educative necessarie alla realizzazione dei progetti di intervento sul minore e sulla sua famiglia; definisce, realizza e verifica i progetti di intervento; promuove percorsi di supervisione e formazione degli operatori inerenti l'ambito di competenza; promuove la stesura di protocolli operativi tra servizi. In particolare, si approfondisce la collaborazione con alcuni servizi. Con il Servizio Psico-Sociale per l'Età Evolutiva — richiede l'accesso ai servizi riabilitativi di logopedia e psicomotricità; — collabora alla gestione delle situazioni di minori che necessitano del sostegno scolastico, già in carico all'Ufficio Tutela Minori; — segnala situazioni di minori che rientrano nella competenza del servizio psico-sociale per l'età evolutiva. Con la Scuola — offre consulenza agli insegnanti e ai dirigenti scolastici; — riceve le segnalazioni sui minori “sospetti di trascuratezza o di reati contro il minore” (allegati 6 e 7); — condivide con gli insegnanti le linee progettuali sulla gestione del caso segnalato. Con l'Equipe Affido L'Ufficio Tutela Minori è anche titolare delle funzioni relative all'affidamento familiare. All'interno del gruppo di lavoro sono stati individuati gli operatori che hanno la responsabilità di gestire l'affidamento familiare (sensibilizzazione, formazione delle coppie disponibili all'affido, valutazione, abbinamento bambino-famiglia,sostegno a famiglia affidataria e incontri con altri operatori per la gestione del caso). Per meglio gestire la complessità è stato redatto un protocollo tra servizi per l'affidamento familiare. Con l'equipe adozioni Si specifica che secondo le indicazioni della circolare del Tribunale per i Minorenni del 4 maggio 2006 n. 475, sono a così detto rischio giuridico quei minori in cui lo stato giuridico non è ancora definitivo perché: a) è ancora in fase di valutazione lo stato di adottabilità e quindi non è stato emanato il relativo decreto; b) perché pur essendo stato emanato un decreto di adottabilità è ancora possibile per i genitori e per i parenti fino al 4° grado l’impugnazione dello stesso al Tribunale, alla Corte d’Appello o alla Corte di Cassazione. In attesa di nuove definizioni da parte della Regione Veneto e del Tribunale per i Minorenni relativa all’affidamento a ”rischio giuridico”, in entrambe le ipotesi nell’Ulss n. 2, la presa in carico sarà effettuata dall’equipe adozioni. Con le strutture di accoglienza Le strutture di accoglienza per minori presenti nel territorio feltrino che accolgono minori sottoposti a tutela in regime residenziale sono: • Villa S. Francesco: Comunità Casa Aurora E' una Comunità di tipo residenziale per 6 minori ambosesso dai 6 ai 17 anni, in difficoltà familiare e personale, con autorizzazione al funzionamento. Accoglie minori che necessitano di primo urgente intervento sociale di tutela con disturbi del carattere, del comportamento e con diagnosi di insufficienza mentale di grado medio. L'officina Educativa sviluppa attività educative e di doposcuola ai ragazzi e giovani del territorio. In regime di convenzione con la Cooperativa Arcobaleno '86, mette a disposizione percorsi educativi per adolescenti, anche stranieri, che esprimano il bisogno di un periodo osservativo, occupazionale, sempre in aree formative e di contrattualità educativa e di riparazione, volti al futuro inserimento in altri contesti sociali e di relazione. 29 • Villa S. Francesco: Cooperativa Arcobaleno '86 Cooperativa Sociale Onlus, nata nel 1986, per offrire lavoro e casa a ragazzi in difficoltà già accolti e divenuti maggiorenni. • Cooperativa Portaperta: Comunità Educativa Residenziale “Casa Aladino” confermata/autorizzata all'esercizio dal Comune di Feltre in data 18/02/2010. E' una struttura a carattere residenziale con funzioni prevalentemente socio-assistenziali, educative, integrative e di affiancamento alla famiglia, è rivolta ai minori dai 5 ai 13 anni con situazioni familiari problematiche, a rischio di emarginazione sociale, a rischio psicopatologico e a minori provenienti da famiglie che necessitano di sostegno, anche temporaneo, in risposta a situazioni contingenti di bisogno. • Cooperativa Portaperta: Comunità educativa diurna per minori ed adolescenti “Parapiglia” Con accreditamento istituzionale provvisorio previsto dall'art. 15 della L.R. 16.08.2002, n°22 in data 13/01/2010, rilasciato dal Comune di Feltre. La Comunità “Parapiglia” è una Comunità Educativa Diurna rivolta a minori, fino ai 18 anni di età. Ha finalità socio-educative, ricreative, di sostegno scolastico e di sviluppo degli interessi propri di ciascun minore inserito; promuove un'autonomia personale e aiuta a ridefinire e a ristabilire una relazione positiva con la famiglia d'origine e l'ambiente sociale, attraverso un lavoro di rete. Con il privato sociale e associazionismo orientato ai minori 1)Associazione A piedi allegri L'associazione di volontariato “A Piedi Allegri” con sede a Feltre, si è posta come obiettivo la sensibilizzazione della comunità locale su tematiche quali il disagio minorile e familiare, l'affido, la vicinanza solidale, il buon vicinato, l'adozione. Con il progetto “Un tesoro di famiglia”, realizzato grazie al contributo del Centro Servizi per il volontariato, con la collaborazione del Consultorio Familiare- Centro per l'affido e la solidarietà familiare dell'Ulss n°2, di Portaperta SCS Onlus e del patrocinio della Città di Feltre, si è dato avvio ad una collaborazione il cui atto (allegato 9) prevede: — partecipazione degli operatori del Consultorio Familiare - Centro per l'Affido Ulss n°2 di Feltre in qualità di relatori agli incontri di promozione e formazione del progetto “Un tesoro di famiglia”; — attività di supervisione al progetto durante il percorso di conoscenza, formazione e selezione delle famiglie disponibili alle varie forme di solidarietà tra famiglie – vicinanza solidale, buon vicinato, convivenza solidale o convivenza di sostegno - così come previsto dalle “Linee guida regionali 2008 per i servizi sociali e sociosanitari”; — attività di supervisione nell'utilizzazione delle risorse individuate dall'Associazione “A Piedi Allegri”. 2)Centro aiuto vita e Movimento per la vita A Feltre, in questo ultimo periodo il Centro aiuto vita e il Movimento per la Vita stanno cercando di darsi una nuova organizzazione ed una sede adeguata per far fronte al mandato dell'associazione, cercando di rendere visibili i propri ambiti di intervento. Per questo motivo e in attuazione del provvedimento regionale che prevede la valorizzazione delle attività dei CAV, allo scopo di sostenere azioni pratiche e concrete a favore dei neogenitori, in particolare delle donne in gravidanza che vivono situazioni difficili, la referente del CAV - Movimento per la vita si è resa disponibile a collaborare con il Consultorio Familiare, per garantire interventi integrati, coordinati e continuativi. Due pertanto risultano essere gli obiettivi individuati: — condividere con il CAV e il Movimento per la vita pensieri ed azioni che permettano l'attivazione dell'attività del centro; — individuare possibili forme di collaborazione con il CAV e il Movimento per la vita. 3)Istituto Carenzoni Monego La programmazione all'interno del Piano di zona 2007-2010, vede l'avvio della realizzazione di una struttura di pronta accoglienza per il disagio femminile (donne sole, mamme con bambino in temporanea situazione di disagio economico, familiare ed abitativo). 30 Il Consultorio Familiare-Ufficio Tutela Minori, in questo momento, collabora con l'istituto per l'attivazione di progetti di accoglienza temporanea di situazioni di disagio e per l'accoglienza di donne sole in stato di gravidanza, compatibili con l'attività dell'ente stesso. I progetti di accoglienza attivano la collaborazione con il Centro Aiuto Vita, l'associazione San Vincenzo e la Caritas. 4)Associazione G. Conz e Associazione Dafne Sono due associazioni presenti nel territorio che stanno attivando nel Feltrino interventi formativi e di servizi a favore dei minori e delle famiglie. All'interno della programmazione del prossimo Piano di zona 2011-2015, verranno individuate e, se possibile, definite le modalità di rapporto tra le suddette Associazioni e i servizi. 4. SERVIZI IN RETE CON IL SERVIZIO DI PROTEZIONE E TUTELA DEI MINORI (ambito extra-aziendale) con L'Autorità Giudiziaria Le segnalazioni all'Autorità Giudiziaria vengono effettuate dal servizio che viene a conoscenza della situazione di pregiudizio. Le segnalazioni presso la Procura Minorile vengono perfezionate secondo le modalità previste dalla circolare della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Venezia in data 21/01/2008. Esiste un protocollo tra la Procura presso il Tribunale Ordinario di Belluno, l'Ufficio Scolastico Provinciale e le Ulss n°1 e n°2 denominato “Protocollo attuativo per il progetto integrato per la prevenzione del disagio scolastico”, che va a definire i compiti e le responsabilità dei singoli attori. con il Centro di Giustizia Minorile — collabora, su richiesta dell'assistente sociale referente alla valutazione della situazione individuale e familiare del minore; — collabora nell'individuazione di possibili inserimenti per la messa alla prova; — segue, su progetto, il minore ed il suo inserimento presso la struttura individuata. con il Centro Terapeutico-riabilitativo interprovinciale “Tetto Azzurro” per la prevenzione, contrasto e presa in carico delle situazioni di maltrattamento, abuso e sfruttamento sessuale — attiva azioni di prevenzione e formazione, consulenza ai servizi e agli operatori del territorio; — invia famiglie e minori per una consulenza e/o presa in carico terapeutica e riabilitativa. — con lo Sportello Scolastico Provinciale: Collabora all'attuazione del protocollo attuativo del progetto integrato per la prevenzione del disagio scolastico siglato tra il Dirigente Scolastico Provinciale, la Procura della Repubblica, i Direttori Generali delle Ulss della provincia di Belluno (allegato 11). con l'Osservatorio Regionale Nuove Generazioni e Famiglia — trasmette i dati richiesti per l’aggiornamento della banca dati regionale relativa ai minori inseriti in comunità e in affidamento familiare; — partecipa alle attività di formazione proposte, collaborando per la gestione di gruppi di studio con l'Ufficio Pubblico Tutore della Regione Veneto — cura la selezione, la formazione e l'accompagnamento di persone che si rendono disponibili a diventare tutori volontari di minori di età; — richiede consulenza e interventi di mediazione interistituzionale necessari alla chiarificazione, ridefinizione di un problema. con l'Ulss n°1 — attiva percorsi comuni di formazione e supervisione degli operatori nell'ambito della tutela minori; 31 — — — partecipa, come stabilito dal protocollo d'intesa Ulss n°1 e Ulss n°2, alla realizzazione di interventi per lo sviluppo dell'affidamento familiare; cura la formazione delle famiglie affidatarie; condivide percorsi di sostegno alle famiglie affidatarie e alle famiglie in attesa di un affidamento familiare. 5. FORME DI COLLABORAZIONE La definizione delle regole di funzionamento e di collaborazione utilizzate dall’Ufficio Tutela Minori e dagli altri servizi trova risposta nel regolamento dell’ufficio approvato con deliberazione dell’Ulss n°2 n°467/09 e nel Regolamento dell’associata (deliberazione Conferenza dei Sindaci n°110 del 28/04/2008 e successive modificazioni n°112 del 24/11/2008). 6. FORMAZIONE E RICERCA In questi ultimi anni, con i cambiamenti legislativi avvenuti, si è reso necessario attivare nell'ambito della tutela minori, un sistema di formazione che coinvolgesse oltre agli operatori dei servizi sociali, anche il personale sanitario ospedaliero ed extra-ospedaliero ed il privato sociale presente nel territorio e coinvolto nel sistema di protezione dei minori. Già da anni, viene garantita la formazione/supervisione mensile agli operatori dell'Ufficio Tutela Minori, che può prevedere momenti di condivisione anche con operatori del Servizio Tossicodipendenze e del Servizio PsicoSociale per l'Età Evolutiva. L'allargamento programmato del gruppo ha favorito nel tempo la crescita del sistema di protezione, permettendo agli operatori di diversi servizi di pensare alla condivisione del progetto di intervento unitario sul minore e sulla sua famiglia. La formazione congiunta con l'Ulss n°1, offre la possibilità di confronto di alcune metodologie di lavoro, l'individuazione di ambiti comuni di intervento e la loro gestione. In particolare si ricorda il lavoro condiviso nell'ambito dell'adozione e dell'affidamento familiare rispetto ai corsi di formazione delle famiglie e alla gestione dei gruppi. 7. CONCLUSIONI L’attività del tavolo di lavoro tecnico territoriale di coordinamento e programmazione ha dato modo di attivare un dialogo tra i servizi, gli enti e le associazioni che operano nel Feltrino a favore dei minori. Lo sforzo fatto dai partecipanti di definire le attività e gli obiettivi dell'ente di riferimento e di condividerli con gli altri ha permesso a tutti di sviluppare una progettualità atta a aumentare l'offerta di servizi disponibili. Per esempio tra la scuola e l'associazione Dafne sono state individuate possibili forme di collaborazioni integrate, soprattutto nell'ambito della formazione, con l'Ulss che rappresenta l'elemento di regolazione territoriale. Siamo all'inizio di un percorso non agevole che dovrà essere continuamente sostenuto ed ulteriormente sviluppato. In questa prima fase alcuni risultati sono stati raggiunti, mentre sono state individuate alcune aree di progettualità che andranno a svilupparsi nel Piano di zona 2011-2015 area minori e famiglia. La definizione di convenzioni con le strutture di accoglienza, di protocolli e collaborazioni con associazioni ed enti potrà aiutare a costruire, anche nel nostro territorio, la rete dei servizi per la cura e la protezione dei minori. 32 ALLEGATO 7) FOTOGRAFIA OFFERTA SINGOLI CENTRI DI SERVIZIO PER ANZIANI E DISTRIBUZIONE IMPEGNATIVE DI RESIDENZIALITA’ COMUNE STRUTTURE RESIDENZIALI PER ANZIANI Alano di Piave S. Antonio Abate Autosufficienti Tipo di gestione Non Autosufficienti Capacità ricettiva Posti Autosufficienti Posti Autorizzati Posti Accreditabili Parrocchia 68 25 43 43 Arsiè C.A.S.A. S. Giuseppe Associazione privata 75 15 60 60 Cesiomaggiore Don G. Rostirolla AFSP/Comunale 44 0 44 44 Feltre A. Brandalise AFSP/Comunale 147 26 121 102 Fonzaso S. Antonio Parrocchia 120 50 70 52 Lamon Casa Charitas IPAB 73 19 54 54 Lentiai R. e E. Mione AFSP/Comunale 66 32 33 33 Mel Casa di riposo Ge.Mel srl/Comunale 89 17 72 55 Pedavena Casa Padre Kolbe Ente Religioso 145 41 104 61 Quero S. Giuseppe Parrocchia 40 16 24 22 Santa Giustina Casa di riposo Fondazione 80 23 57 57 Sedico Casa di riposo Sedico Servizi srl/Comunale 95 5 90 61 Seren del Grappa Associazione Soteria Associazione privata 58 12 46 46 Trichiana Madonna della Salute Villanova Servizi/Comuna le 68 15 53 33 1.168 296 871 723 TOTALE 33 POSTI ACCREDITATI/AUTORIZZATI COPERTI CON QUOTA SANITARIA (NO SAPA) COMUNE C/O CUI SONO UBICATI I CENTRI SERVIZIO POSTI LIVELLO 1° POSTI LIVELLO 2° ACCREDITATI/AUTORIZZATI ACCREDITATI/AUTORIZZATI ALANO DI PIAVE ARSIE' FELTRE CESIOMAGGIORE FONZASO LAMON LENTIAI MEL PEDAVENA QUERO SANTA GIUSTINA SEDICO SEREN DEL GRAPPA TRICHIANA TOTALE 43 60 68 44 52 54 33 55 61 22 57 45 46 33 673 TOTALE QUOTE SANITARIE IN DOTAZIONE ULSS 2 LIVELLO 1° 644 LIVELLO 2° 24 TOTALI QUOTE SANITARIE LIVELLO 1° LIVELLO 2° DA FUORI ULSS AL 12/10/2010 PRESENTI NEI CENTRI RESIDENZIALI TOTALI QUOTE SANITARIE ULSS 2 AL 12/10/2010 PRESENTI FUORI ULSS 24 16 40 POSTI LIVELLO 1° COPERTI CON QUOTA SANITARIA AL 12/10/2010 43 59 72 42 52 53 32 55 61 22 57 57 46 33 684 20 4 24 42 LIVELLO 1° POSTI LIVELLO 2° COPERTI CON QUOTA SANITARIA AL 12/10/2010 LIVELLO 2° 2 34 ALLEGATO 8) PROGRAMMAZIONE CENTRI AUTOSUFFICIENTI E SEMI-RESIDENZIALITA’ SERVIZI RESIDENZIALI RESIDENZIALITA' NON AUTOSUFFICIENTI autorizzato NOME ENTE accreditato ANNO ridotta media ridotta media S. Antonio Abate Alano di Piave 2010 43 media A. Brandalise Feltre 2010 2010 2012 2010 Sant'Antonio Fonzaso CASA CHARITAS Lamon 60 60 2010 44 44 2010 2012 12 2010 8 87 34 68 34 19 19 70 2010 2011 2012 2 2012 2013 2 2013 2014 1 10 Casa Padre Kolbe Pedavena 2014 54 2010 6 2011 33 33 2011 7 72 55 2010 12 78 26 44 17 34 4 2013 17 2011 2010 2011 2010 2011 2010 19 (di cui 10 con demenza) 2011 52 54 Non autosufficienti 2011 3 2010 autosufficienti 2010 2013 Casa di riposo Mel media ANN O 2011 2010 R. e E. Mione Lentiai ridotta 25 2011 2010 DA AUTORIZZARE E DA ACCREDITARE 43 2011 C.A.S.A San Giuseppe Arsiè Don Giuseppe Rostirolla Cesiomaggiore NON CENTRI DIURNI autorizzato DA ACCREDITARE ridotta PERSONE 10 10 5 3 2011 9 2010 2013 2013 35 RESIDENZIALITA' NON AUTOSUFFICIENTI autorizzato NOME ENTE accreditato ANNO ridotta media ridotta media 2010 San Giuseppe Quero 22 autorizzato DA ACCREDITARE ridotta media Madonna Salute Trichiana media ANN O 2011 2012 4 2012 2013 4 2013 2014 4 2014 2015 10 2015 57 57 2012 20 16 45 16 20 9 2011 2012 2 2012 2014 6 2014 46 2010 6 2014 2010 TOTALE 53 795 33 76 656 120 2010 53* 8 2 2014 20 67 15 (di cui 6 con demenza) 2010 2 46 10 2013 2011 2010 Non autosufficienti 2010 2012 74 autosufficienti 2010 4 2010 Associazione Soteria Seren del Grappa ridotta 2 2013 Centro servizi di Sedico DA AUTORIZZARE E DA ACCREDITARE 2011 2010 Casa di Riposo Meano 24 CENTRI DIURNI 100 6 *di cui 25 di trasformazione da ridotta a media intensità. 36 5 64 47 ALLEGATO 9) CRITERI DI ACCREDIBILITA’ Accreditabilità su Autorizzato non attualmente Accreditato % accreditabilità auspicata 100% 148/148 Eventuale correttivo a salvaguardia di quanto già accreditato: 1) variazione obiettiva della percentuale in relazione alla programmazione regionale (rapporto nuova accreditabilità/accreditabilità potenziale) 2) mantenimento dei posti già accreditati corrispondenti agli autorizzati ESEMPIO applicazione correttivo n° Autorizzati non attualmente accreditati n° Ampliamento da programmazione regionale % su Autorizzati non attualmente accreditati 148 100 67,57% Sviluppo SITUAZIONE ATTUALE Autosufficienti COMUNE Alano STRUTTURA ACCREDITABILI AUTORIZZATI Ipotesi Capacità Posti Posti programmazione 67,57% RESIDENZIALE attualmente ricettiva Autosufficienti Autorizzati attuale PER ANZIANI non accreditati (100/148) Arsiè S.Antonio Abate "C.A.S.A. S.Giuseppe" Cesiomaggiore "don G.Rostirolla " Feltre Fonzaso Lamon Lentiai Mel Pedavena Quero S. Giustina Sedico Seren Trichiana NON Autosufficienti A. Brandalise "S.Antonio" "Casa Charitas" "R. E. Mione" CdR Comunale Padre Kolbe "S.Giuseppe" CdR di Meano CdR Comunale Soteria Madonna della Salute 68 25 43 75 15 60 44 147 120 73 62 89 145 40 80 95 58 68 0 26 50 19 29 17 41 16 23 5 12 15 44 121 70 54 33 72 104 24 57 90 46 53 293 871 TOTALE 1.164 43 60 44 102 52 54 33 55 61 22 57 61 46 33 723 0 0 0 19 18 0 0 17 43 2 0 29 0 20 148 autorizzati non accreditati 0 0 0 13 12 0 0 11 29 1 0 20 0 14 0 0 0 6 6 0 0 6 14 1 0 9 0 6 100 48 668 Accreditati con quota 10 Accreditamento Centro Alzheimer 145 solo Accreditati Totale Eventuali ricalcoli a base annuale in riferimento alla relazione valutativo previsionale del Piano di Zona 823 Accreditati 37 ALLEGATO 10) SISTEMA ASSISTENZIALE DEL DIPARTIMENTO DELLE DIPENDENZE DELL’ULSS 2 Rete dei servizi Il sistema delle dipendenze dell’Ulss n°2 consta di un servizio pubblico (SerT), una comunità terapeutica pubblica e due comunità terapeutiche del privato sociale accreditato. La rete alcologica è costituita dalla sezione servizio di alcologia presente nel SerT, due associazioni club alcolisti in trattamento (ACAT Feltre e ACAT Dolomiti Feltrine), un gruppo alcolisti anonimi e un gruppo narcotici anonimi. Dotazione organiche SerT: 7 operatori (standard regionale 12 operatori) un medico dirigente del servizio, uno psicologo, un educatore, due infermieri professionali, un infermiere psichiatrico, un amministrativo. C.T. pubblica: 9 operatori uno psicologo, un educatore, 7 dipendenti cooperativa C.T. private: 30 operatori complessivi AREA TOSSICODIPENDENZE Caratteristiche demografiche delle persone assistite dal SerT. Dal 1984 al 2009 si assiste ad un costante incremento delle persone tossicodipendenti assistite dal SerT. Nel 2008 il tasso di prevalenza (per 1000 residenti d’età 15-64 anni) è di 4,4 che è lo stesso della Regione del Veneto ma è inferiore al territorio di Belluno (3,1), Pieve di Soligo (3,4), Asolo (3,5), Treviso(2,8), Bassano del Grappa (3,9). Il rapporto maschi/femmine è di 3,4 (media regionale 5,0). Il rapporto tra persone assistite in precedenza e nuovi utenti è in costante incremento, mentre il rapporto maschi/femmine scende (fra i nuovi ingressi) a 2,9 (media regionale 4,7). L’età media delle nuove persone è maschi 25 anni e femmine 20 (media regionale: maschi 28 e femmine 26) configurandosi un trend d’utilizzatori assai giovani, soprattutto le femmine sono assai al di sotto della media regionale. Sostanza d’abuso primaria e secondaria ed uso iniettivo. L’eroina continua ad essere la sostanza d’abuso d’uso prevalente (80,8%) seguita dalla cannabis (11,7%), dalla cocaina (5%) ed altro (2,5%). Mentre nella Regione del Veneto si assiste ad una lenta diversificazione nell’uso prevalente di sostanze, a Feltre l’eroina rimane la regina incontrastata, anche se compare la cocaina. L’assunzione d’altre sostanze quali allucinogeni, anfetamina, crack, inalanti, ecstasy, si attesta su valori assai bassi. Relativamente a ciò, è utile ricordare che i soggetti che usano queste sostanze difficilmente arrivano ai SerT e che chi arriva diventa utente se incorre in gravi complicanze. Va inoltre ricordato che il trend di soggetti nuovi assistiti è in relazione alle attività delle forze dell’ordine e della prefettura le cui segnalazioni generano un flusso di persone nuove afferenti al servizio. La cannabis è la sostanza d’uso non prevalente (secondaria) più diffusa (45,4 degli assistiti), mentre la cocaina riguarda il 31,3% dell’utenza. L’uso iniettivo è praticamente appannaggio dei soli eroinomani, con una frazione minimale di cocainomani (1,9%). Tuttavia solo 2/3 degli eroinomani usa la via endovenosa : sempre più spesso si assiste al fenomeno della via per inalazione nell’assumere le sostanze. Si segnala che i Nord Africani in cura rifuggono di norma dall’usare la via endovenosa. Infezione da HIV e attività di testing. E’ stata testata per l’HIV la totalità dei soggetti che assumono droghe per via endovenosa e quota parte di altri soggetti: solo il 3,4% è positivo al test (media regionale: 11%) e si tratta in tutti i casi di 38 “vecchi assuntori”. Da oltre un decennio non si assiste ad alcun caso “nuovo” validando le attività di informazione ed educazione (counseling) implementate e della campagna di screening. Preoccupante, invece, la situazione relativamente alla prevalenza di test positivi per il virus dell’epatite C dove si osserva una percentuale del 64,8%, del tutto simile a quella regionale: in prospettiva andrà pertanto incrementata l’attività di counseling preventivo, nonché l’offerta di terapia medica ai soggetti positivi. Non si riscontrano differenze di genere nella positività al test. Persone assistite nelle Strutture Riabilitative. Nel 2008 sono stati assistiti 63 utenti di cui 2/3 provenienti da altre Ulss del Veneto e dal Trentino. Il 40% di essi aveva nel passato goduto di altri trattamenti (recidivi). Solo 10 hanno completato il trattamento nell’anno e 15 lo hanno interrotto (di cui l’86% nel primo semestre). Si rammenta che la durata di un trattamento completo di tipo residenziale è tra i 19 e 24 mesi ed oltre. Persone segnalate dalle Forze dell’Ordine (NOT della Prefettura) Tendono a decrescere numericamente le persone segnalate dalle forze dell’ordine, mentre aumentano i soggetti inviati direttamente a disposizione della Autorità Giudiziaria con imputazioni penali, con conseguente “circuito” penitenziario e successivamente con limitazioni della libertà personale e sottoposti a trattamenti terapeutici sia residenziali, sia ambulatoriali. Anche l’età dei segnalati si abbassa e quota parte dei medesimi è minorenne: non manca il genere femminile. Le segnalazioni delle Forze dell’Ordine provengono dalla loro attività sul territorio Feltrino anche se non mancano quelle provenienti da altre aree (città di Padova in particolare). L’attività di assistenza in carcere a Belluno è delegata con protocollo operativo agli operatori del Ser.T di Belluno in costante contatto con i colleghi di Feltre. Tipologie di trattamento erogate dal Ser.T. (anno 2008) Alla metà degli assistiti viene erogato un trattamento farmacologico (Metadone 33,3%, Buprenorfina 9,3%, Naltraxone1,1%, altri farmaci 7,4%), il 44% ha sostegno psicologico, il 39% gode di psicoterapia e solo il 16% attività di servizio sociale. La durata del trattamento metadonico è a breve in 1/3 dei casi, a medio termine in 1/3, a lungo termine (6 mesi ed oltre) per 1/3. Il trattamento con Buprenorfina è prevalentemente a lungo termine. Ricoveri ospedalieri per uso di droga (anno 2008) (SDO) I ricoveri ospedalieri sono stati numericamente assai ridotti e hanno riguardato solo sei soggetti (3 per abuso di droghe e 3 per psicosi indotte da droghe). Si evidenzia come l’attività distrettuale ambulatoriale abbia sostituito di fatto l’ospedalizzazione. AREA ALCOOLDIPENDENZA Gli assistiti negli ultimi anni sono in costante crescita, soprattutto per l’attività di controllo su strada per guida in stato di ebbrezza. Di conseguenza è variato il target che ha visto innalzarsi la componente più giovane, che segue modalità di consumo di alcolici diverse (non più consumo quotidiano costante di vino, ma spesso occasionale ed esagerato di birra, aperitivi ecc.) e, pertanto, approcci preventivi e terapeutici diversi si sono resi necessari con incremento notevole delle attività di counseling e di monitoraggio clinico, di relazioni e certificazioni per CM patenti. Rimangono ovviamente in carico soggetti già assistiti in anni precedenti per ricadute nella dipendenza/abuso. E’ prezioso il supporto riabilitativo dei gruppi AA ed ACAT come prevenzione delle ricadute. La prevalenza (per 1000 residenti di età 15-69 anni) delle persone assistite è del 4,6% (anno 2008) contro la media regionale del 4%. L’età media degli assistiti è 48% per i maschi e 51% per le femmine. 39 Tipi di bevanda alcolica utilizzata prevalente La bevanda di uso prevalente rimane il vino nel 71%, birra nel 26,1%, superalcolici nel 2,9%. Tendenzialmente sta aumentando la birra a scapito del vino. Tipologia di trattamento erogato Medico farmacologico ambulatoriale Psicoterapeutico di gruppo Counseling Invio gruppo auto-mutuo-aiuto Socio-riabilitativo Comunità Residenziale Ricovero Ospedaliero 36.8% 27.7% 12.3% 8.5 % 8.2 % 0.8% 5.8% 40 ALLEGATO 11) DOCUMENTO DI ANALISI DEI BISOGNI A CURA DELLE COMUNITA’ TERAPEUTICHE A maggio 2010 i responsabili delle comunità terapeutiche per il trattamento di tossicodipendenze e alcolismo dell’Ulss 2 (Dumia, Associazione Movimento Fraternità Landris, Le Braite) si sono riuniti per rilevare i bisogni da inserire nel Piano di zona. Le tre comunità avvertono la necessità di: • reperire posti di lavoro adeguati per gli utenti giunti alla fase del “reinserimento sociale e lavorativo”, gli scogli derivano dalla poca professionalità e dalle difficoltà di mantenimento del posto di lavoro dei soggetti svantaggiati acuite dalla situazioni di crisi economica. Come azione di risposta, a questo bisogno, si auspica una maggiore collaborazione delle comunità terapeutiche con le cooperative di tipo B del territorio. Solo le cooperative sociali di tipo B, produzione lavoro, riescono ad assumere stagionalmente alcuni soggetti svantaggiati, risulta perciò importante un’azione di sensibilizzazione delle amministrazioni e degli altri enti pubblici (es. ospedale, Comunità Montana Feltrina) affinché le cooperative sociali del Feltrino siano facilitate nel reperire commesse di lavoro con la possibilità di adire a trattativa privata e di non concorrere necessariamente a gare d’appalto; • necessità di trovare abitazioni per i soggetti trattati, che hanno concluso il programma residenziale e semiresidenziale, in strutture protette o semi-protette con costi contenuti (es. appartamenti protetti, housing sociale, casa famiglia, abitazioni ATER) attraverso una maggiore collaborazione con le istituzioni territoriali, che potrebbero mettere anche a disposizione per un periodo di tempo ben delimitato degli appartamenti; • le tre comunità accolgono anche diversi utenti residenti fuori provincia e si propongono come obiettivo il rientro, una volta concluso il programma, nella città di provenienza. A tal proposito la CT Dumia ha rilevato che dei 269 utenti accolti dal 1993 presso la comunità, solo sette utenti provenienti da fuori Ulss hanno ottenuto la residenza nel territorio feltrino, di questi sette ben sei si sono resi completamente autonomi: hanno un regolare contratto di lavoro e un’abitazione. Il fatto di accogliere utenti fuori Ulss risponde all’esigenza di allontanare il paziente dall’ambiente familiare e sociale ad alto rischio di ricaduta. Si tratta di un fenomeno “osmotico”, infatti, il SerT di Feltre su 31 soggetti inviati in comunità nel 2009, ben 2/3 sono stati ricoverati in comunità fuori della nostra Ulss. Lo stesso succede per altri SerT e per altre comunità nel Veneto. L’importante attrazione di utenti fuori provincia è un motivo di orgoglio in quanto sta ad indicare la qualità dei servizi offerti. La cooperativa Dumia attraverso la comunità terapeutica offre lavoro a circa 15 dipendenti residenti nel Feltrino. • Sempre più i pazienti che vengono inviati alle CT Le Braite e Dumia presentano problematiche legate alla “doppia diagnosi” (la CT di Landris, essendo di tipo A, non tratta tali problematiche). La Dumia ha chiesto alla Regione l’aumento del numero di posti letto in regime residenziale e semi-residenziale con il passaggio da 18 a 28 per il completamento del modulo e ha già assunto il personale per assistere 28 utenti. La CT Braite fa presente che nel territorio è l’unica struttura che, oltre a svolgere il ruolo di “pronto soccorso sociale” e ad accogliere anche utenza femminile, prende in carico dei minorenni con problematiche legate alla tossicodipendenza. 41 Diversi utenti minorenni provengono anche da fuori provincia grazie al valido programma terapeutico che viene proposto, pertanto sarebbe necessario avviare l’iter per l’accreditamento in tale settore. • Si avverte il bisogno di dare avvio ad iniziative di integrazione sociale di soggetti ex- tossicodipendenti, specie di etnie diverse, attraverso l’incremento di attività culturali, associazionismo, collaborazione con l’area immigrati e giovani, promozione di convegni e dibattiti presso le cooperative, sensibilizzazione delle politiche giovanili al problema dell’alcolismo e della tossicodipendenza; • L'Associazione Movimento Fraternità Landris rispondendo alle necessità di interventi abitativi e socio/educativi presenta il Progetto Pegaso, che verrà inserito nell’area trasversalità del presente Piano di zona, rientrante anche nel Piano di zona promosso dalla Conferenza dei Sindaci dell’'Ulss n°1 di Belluno all’interno dell’area inclusione sociale e dell’area dipendenze, capitalizzando l'esperienza pluriennale risalente all'anno 1998, di collaborazione per la gestione di situazioni di disagio sociale e dipendenza. Tale Progetto rientra anche nella progettualità del fondo Lotta alla droga anno 2011. Fondazione Cariverona e Centro Servizi per il Volontariato hanno finanziato l'avvio strutturale del Progetto; all'interno della progettazione del Fondo Lotta alla Droga e dei Piani di Zona rientreranno lo sviluppo di strategie di rete e formazione degli operatori. Il progetto successivamente si autofinanzierà tramite la stipula di appositi protocolli d'Intesa. Il progetto consiste nella progettazione, costruzione e avvio di un servizio nuovo, costituito da una struttura abitativa (appartamento protetto), da interventi destinati agli utenti inseriti in essa e da ulteriori interventi realizzati sul territorio (destinati sia agli utenti che al territorio stesso). Destinatari sono i soggetti con un percorso di emarginazione e disagio, oggetto o meno di interventi precedenti da parte dai servizi sociali dei comuni, delle Ulss e/ o dai SerT del territorio provinciale e regionale rientranti in una o più delle seguenti principali categorie “disagiati sociali, senza fissa dimora o in condizioni abitative critiche, alcolisti e tossicodipendenti non attivi”. Tali soggetti, con parziale competenza di autonomia, non necessitano di un intervento terapeutico residenziale comunitario, ma di interventi specifici finalizzati ad uscire da situazioni di emarginazione, spesso alimentata da mancanza di interventi strutturati. Lo strumento di lavoro centrale che fungerà da punto di riferimento per l’intervento sia all'interno dell'appartamento che all'esterno sul territorio è rappresentato dal Progetto Individualizzato, elaborato congiuntamente dagli operatori referenti del progetto per l’Associazione Movimento Fraternità Landris con gli operatori dei servizi/enti invianti. Aumento da 12 a 20 dei posti letto della Comunità Terapeutica Fraternità (Ass. Movimento Fraternità Landris) unica struttura residenziale nella Provincia di Belluno per aumentare l’offerta per gli utenti che necessitano dell’unità di offerta di tipo A nell’area delle dipendenze di tipologia A. 42 ALLEGATO 12) DOCUMENTO DI ANALISI DEI BISOGNI A CURA DEL PRIVATO SOCIALE A giugno 2010 si sono incontrati i responsabili delle associazioni e cooperative sociale di tipo B che hanno a che vedere con le problematiche legate alle dipendenze. Erano presenti: — Energia Sociale s.c.s. Onlus — Dumia s.c.s. Onlus — Alcolisti Anonimi — Narcotici Anonimi — ACAT Feltre — ACAT Dolomiti Feltrine — Il coordinatore per il privato sociale dr. Nicola Aguanno Dall’incontro sono emersi i seguenti punti: — l’importanza delle funzioni del Dipartimento Dipendenze e la necessità di potenziarlo; — rimangono centrali le tre aree problematiche avvertite da tutti i presenti: alloggi per le persone che sono in fase di conclusione del programma terapeutico o l’hanno concluso, inserimenti lavorativi anche protetti, integrazione sociale; — il referente di Narcotici Anonimi sente il bisogno che vengano messi a disposizione degli spazi per l’associazione e che la rete territoriale delle dipendenze prenda in considerazione l’associazione per inviare e segnalare nuovi casi, ora che l’associazione ha una sede a Feltre auspica che possa nascere una collaborazione con l’ente pubblico; — si è presa in considerazione la possibilità di coinvolgere nel tavolo di discussione il rappresentante dell’Area Immigrazione dal momento che il problema della dipendenza interessa sempre più spesso le persone straniere; — il referente dell’ACAT Feltre sostiene che andrebbero incrementate le attività di prevenzione, specie con i medici di base, a tal proposito si mette a disposizione per fare prevenzione a titolo gratuito. Anche il presidente dell’ACAT Dolomiti Feltrine è dell’idea che, dato l’alto tasso di alcolismo nella nostra Ulss, vanno potenziate le attività di sensibilizzazione attraverso il coinvolgimento delle associazioni di volontariato (che si occupano delle dipendenze) le quali si offrono di collaborare maggiormente con il servizio pubblico; — i responsabili degli ACAT propongono di promuovere una campagna sul territorio per far conoscere le loro associazioni e di sensibilizzare i mass-media sulla vigente legislazione che vieta la vendita di alcolici ai minori di anni 16 nei locali pubblici; — viene citata l’importante iniziativa del supermercato “Coop” di Feltre che avverte, attraverso l’affissione di cartelli nel negozio, che non vengono venduti gli alcolici ai minorenni, ci si interroga su come estendere tale iniziativa agli altri supermercati del territorio; — il presidente di Energia Sociale s.c.s. Onlus rileva come il mercato del lavoro si stia modificando e adattando in maniera sempre più marcata rispetto alle sollecitazioni prodotte dalla crisi economica generale. In particolare si possono evidenziare i seguenti punti critici: o la crisi economica ha prodotto in questi ultimi mesi una forte pressione sulle aziende bellunesi le quali hanno reagito, seppur in maniera diversificata, operando forti interventi di ristrutturazione in funzione di una razionalizzazione dei costi del personale. La conseguenza è stato un netto incremento della disoccupazione e del ricorso agli strumenti della cassa integrazione e della mobilità. Si è acuita la concorrenza per i posti di lavoro disponibili, di cui lo 43 — scotto maggiore viene pagato dalle persone svantaggiate con problemi di alcol e tossicodipendenza, che spesso presentano caratteristiche competitive minori rispetto ai normodotati e, quindi, risultano meno appetibili per le aziende. Di pari passo si è ulteriormente ridotta la comunque già scarsa capacità delle imprese del territorio – perlomeno a confronto con altre zone della provincia dove sono ubicate aziende leader di settore come la Luxottica, la Marcolin, la Safilo, la Procond, etc. - di esternalizzazione di alcuni servizi alle cooperative sociali. Questo ha finora compromesso la possibilità di utilizzare alcuni strumenti innovativi, quali l’utilizzo dell’ex articolo 14 della legge Biagi che consente alle imprese che devono assolvere all’obbligo di inserimento di persone disabili ex legge 68 di assolvere a tale obbligo mediante l’affidamento di servizi a cooperative sociali di tipo “B”; o la crisi economica ha prodotto effetti inevitabili anche sugli enti pubblici, che generalmente hanno visto una decurtazione dei trasferimenti statali o regionali e, pertanto, riducono sempre di più la spesa in servizi da affidare alle cooperative sociali. A questo va aggiunto il fatto che la necessità di riduzione dei costi da parte degli enti pubblici produce anche dei riflessi negativi sulle cooperative sociali sul versante della riduzione dei propri margini operativi, con la conseguente necessità di dover incrementare sempre di più la produttività del lavoro. Questo determina inevitabilmente una pressione produttiva sulle persone svantaggiate che talvolta rischia di interferire sul percorso di recupero psico-fisico e di riabilitazione in generale; o oltre agli influssi determinati dalla crisi economica vi è poi una tendenza, oramai quasi generalizzata, di ricorso da parte degli enti pubblici alle formalità delle gare d’appalto per l’affidamento dei servizi alle cooperative sociali. In questa sede non esprimiamo a priori una valutazione assolutamente negativa di questa prassi, che sappiamo trovare fondamento in precise determinazioni legislative. Siamo altresì consapevoli che la procedura di gara consente una selezione competitiva dei “fornitori” per l’ente pubblico, ma sottolineiamo contemporaneamente che un’attenzione particolare va posta agli strumenti previsti dalla legge regionale 23/06 e successive applicazioni che disciplinano le possibili forme di rapporto tra cooperativa sociali e pubblica amministrazione. Questi strumenti, a parere nostro, consentono di mantenere un buon equilibrio tra salvaguardia dell’imprenditorialità sociale del nostro territorio ed esigenze di selezione qualitativa dei partner dell’ente pubblico; o rimane dal nostro punto di vista sempre valida la sollecitazione affinché le pubbliche amministrazioni adottino dei regolamenti interni, magari condivisi nei loro punti essenziali all’interno di organismi di rappresentanza e/o di coordinamento quali la Conferenza dei Sindaci, in cui disciplinare gli strumenti di affidamento di servizi alle cooperative sociali di inserimento lavorativo prevedendo delle specifiche quote annuali di servizi da esternalizzare alle stesse; o riteniamo, infine, che il mondo della cooperazione sociale di inserimento lavorativo in questi anni sia cresciuto in capacità organizzativa e qualità di servizi resi. Tanti lavori attualmente affidati a ditte da fuori provincia, in ambiti particolarmente interessanti e idonei all’inserimento lavorativo quali le pulizie nelle case di riposo o negli edifici pubblici, la lavanderia, la manutenzione del verde pubblico, la gestione di magazzini, guardaroba o archivi, la gestione di portinerie, centralini, call center, servizi di fattorinaggio etc. possano tranquillamente essere affidati alla cooperazione sociale locale in grado di garantire un ottimo rapporto tra qualità e costo del servizio reso. il presidente della Dumia s.c.s. Onlus ritiene che la possibilità di lavoro nel contesto Feltrino sia difficile perché oltre alle aziende private, anche gli enti pubblici si trovano in situazioni economiche precarie. Da questo ne derivano blocchi di appalti per servizi assegnati da tempo. Ne consegue che la Cooperativa Dumia a novembre 44 2010 si troverà a dover licenziare alcuni dipendenti e a non curare l’inserimento lavorativo di alcuni soggetti svantaggiati. La mancanza di lavoro e del mancato stipendio provoca generalmente, nel contesto della cooperativa, un ritorno al disagio originario. Bisogni: la necessità di inserire nel contesto sociale soggetti che hanno percorso il programma terapeutico presso la comunità Dumia . Nel contesto territoriale dare l’opportunità a questi di lavorare per produrre il necessario per il vivere quotidiano è parte essenziale per la conclusione di un programma difficile. La mancanza di questo andrebbe a vanificare gli sforzi fatti per risolvere il problema tossicodipendenza. Azione: svolgere attività di manutenzione stradale, gestione parchi e aree verdi, attività pratiche innovative che comportano l’assunzione di personale generico e l’inserimento lavorativo di vario tipo con integrazione nel contesto lavorativo di utenza svantaggiata del territorio. Richiesta: la recente legge di riforma ha introdotto rilevanti novità definendo le diverse funzioni svolte dagli enti pubblici ed il ruolo assunto dal privato sociale, riconosciuto capace di offrire un valido contributo in termini di co-progettazione e di realizzazione dei servizi. Per attuare un rinnovamento nei servizi e rendere concreta l’integrazione prevista nei Piani di Zona c’è bisogno di un nuovo modello relazionale tra ente pubblico e organizzazioni non profit: la costruzione di una partnership. Il maggior coinvolgimento delle cooperative nelle attività di progettazione e realizzazione delle politiche del territorio mediante la partecipazione al tavolo di concertazione per condividere obiettivi da perseguire e mezzi da utilizzare per il loro raggiungimento richiede una modalità di operare fondata sulla responsabilità condivisa in grado di dare piena dignità a ciascun soggetto e di valorizzare il suo specifico modo d’essere. Tale orientamento richiede alla cooperazione sociale di entrare in un’ottica sistemica, ma presuppone anche la realizzazione di accordi locali con i partner pubblici per sperimentare forme gestionali innovative. La collaborazione si trasforma così in reale integrazione, in un contesto di reciproca fiducia e di impegno comune a pensare, progettare, agire per la stessa finalità: il benessere alla persona e alla comunità. 45 ALLEGATO 13) PROCEDURA OPERATIVA MODALITA’ DI ACCESSO ALLE STRUTTURE RESIDENZIALI E SEMIRESIDENZIALI PER UTENTI DISABILI Scopo Uniformare le modalità di accoglimento di utenti che richiedono l'inserimento in strutture residenziali e semi-residenziali dell'Ulss 2 di Feltre. Campo di applicazione Lo strumento operativo viene applicato a tutti gli utenti al fine dell'inserimento in strutture residenziali e semi-residenziali come da seguente tabella che sintetizza la tipologia di strutture e il numero posti autorizzati e/o accreditati e disponibili per l'Ulss 2. STRUTTURE RESIDENZIALI (anno 2009) N. POSTI RSA per persone disabili gravi e gravissimi - Belluno 10 Comunità alloggio “Il Sorriso” - Feltre 17 Comunità Alloggio “Associazione Soteria” - Seren del Grappa 7 STRUTTURE SEMI-RESIDENZIALI (anno 2009) N. POSTI Centro educativo occupazionale diurno - Feltre 16 Centro Diurno disabili adulti - Feltre 12 Centro diurno “La Birola” - Feltre 20 Centro diurno “Noialtri” - Mel 17 Responsabilità La responsabilità di redigere e di aggiornare la procedura, tenendo presente anche il variare dell'organizzazione del servizio erogato e della normativa spetta al dirigente dell’area Handicap. La responsabilità di verificare i contenuti spetta al direttore del distretto. La responsabilità di approvare spetta al direttore dei servizi sociali. Le responsabilità spettanti al gruppo dei responsabili delle strutture, degli educatori e degli operatori socio sanitari vengono descritte all'interno della procedura. Modalità operative documentazione e parametri per l'accesso — richiesta di accesso da parte dell'interessato, di un familiare e/o tutore da effettuarsi su apposita modulistica predisposta dell'Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale area disabili da reperire presso gli uffici del centro diurno disabili adulti e da consegnare, una volta compilata, al responsabile dell'UVMD o suo delegato. — modulo di consenso alla privacy sottoscritto dall'interessato o famigliare/tutore raccolto dalla responsabile della struttura, dall'assistente sociale, da un educatore professionale consegnato al responsabile UVMD o suo delegato. Tale consenso può essere provvisoriamente preceduto da un consenso verbale dato ad un operatore; — attestazione di una disabilità psico-fisica in base alla legge 104/92 (a tale riguardo il servizio potrà indirizzare al percorso per ottenere tale attestazione); — copia di eventuale documentazione in possesso riguardante il decreto di tutela e/o dell'amministratore di sostegno; 46 — certificazione medica dell'assenza di gravi patologie psichiatriche e neurologiche come diagnosi principale; — valutazione tramite UVMD; — compilazione Scheda Valutativa Multidimensionale Disabili (S.Va.M.Di.) da parte del medico di medicina generale, dello psicologo, dell'assistente sociale, dell'educatore e di altri eventuali specialisti per le parti di competenza. Il requisito dell'età dell'utente non deve essere inferiore ai 18 anni e non superiore ai 65 anni. Personale operativo e fasi procedurale Il responsabile dell'UVMD o suo delegato si occupa di: — indire la UVMD; — verificare la documentazione; — supervisionare la compilazione della S.Va.M.Di. che può venire compilata separatamente, dai vari professionisti e discussa in sede UVMD o direttamente durante la seduta dell'UVMD; — inviare gli esiti della UVMD agli uffici competenti; — informare l'interessato e/o famigliari dell'ingresso in struttura con le modalità da seguire ed i tempi. Il responsabile del centro servizi si occupa di: — verificare che la richiesta sia stata esaminata in sede UVMD; — verificare la documentazione necessaria per l'accesso; — sentire i familiari per informazioni ed accordi; — informare gli uffici competenti della data effettivo dell'inserimento; — dare le informazioni necessarie agli operatori sul soggetto che deve venire accolto; — collaborare con gli educatori e gli operatori nella fase di accoglienza; — informare gli educatori su eventuali cambiamenti della procedura. Gli educatori si occupano di : — concordare con i familiari le modalità relative all'accesso alla struttura; — informare il servizio trasporti nel caso ne usufruisse; — accogliere il soggetto e spiegare le regole del centro; — essere persone di riferimento per gli operatori socio-sanitari riguardo la gestione dell'accesso; — informare il responsabile su eventuali problemi; — riferire allo psicologo dell'area handicap adulto dell'Ulss sull'andamento della situazione. Gli operatori socio-sanitari si occupano di: — informarsi sulle modalità da seguire nell'accoglienza con gli educatori; — collaborare con gli educatori per la buona riuscita dell'accoglienza; — accogliere il soggetto; — informare gli educatori su eventuali cambiamenti e/o problemi; — raccogliere il consenso verbale. Tempistica In merito alla tempistica si fa riferimento alla D.G. 937/008 “Regolamento sull'attività di valutazione multidimensionale e di presa in carico dell'unità di valutazione multidimensionale distrettuale” che prevede all'art. 3 “destinatari-modalità di presentazione della domanda e procedure” (6 giorni per trasmettere la domanda alla competente segreteria UVMD), all'art. 7 “Procedura e tempi” (convocazione UVMD entro 30 giorni dal ricevimento della domanda). In sede di UVMD verranno decisi i tempi necessari per l'inserimento in base alla disponibilità di posti. 47 ALLEGATO 14) ACCORDO DI PROGRAMMA PER FAVORIRE L’INTEGRAZIONE LAVORATIVA E SOCIALE DI PERSONE CON DISABILITA’, SVANTAGGIATE E DEBOLI Ai sensi della Legge 05 febbraio 1992, n. 104 “Legge quadro per l’assistenza alle persone handicappate”; del D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469 “Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell’art. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59”; della Legge 12 marzo 1999, n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”; dell’art. 18 della Legge 24 giugno 1997, n. 196 “Norme in materia di promozione dell’occupazione”; della Legge regionale 13 dicembre 1998, n. 31 “Norme in materia di politiche attive del lavoro, formazione e servizi all’impiego in attuazione del D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469”; della Legge 8 novembre 2000, n. 328 "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali"; della Legge regionale 3 agosto 2001, n. 16 “Norme per il diritto al lavoro delle persone disabili in attuazione della Legge 12 marzo 1999, n. 68, e istituzione servizio integrazione lavorativa presso le aziende ULSS”; della deliberazione di Giunta regionale n. 3787 del 20.12.2002 “Progetti di integrazione sociale in ambiente lavorativo: modalità operative e strumenti di lavoro”; della deliberazione di Giunta regionale n. 3972 del 30 dicembre 2002 “DPCM 29.11.2001 Definizione dei livelli essenziali di assistenza “ – Disposizioni applicative terzo provvedimento””; del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e ss.mm. e ii.; della Legge regionale 03 novembre 2006, n. 23 "Norme per la promozione e lo sviluppo della cooperazione sociale"; della deliberazione di Giunta regionale n. 4189 del 18.12.2007 “L.R. 3 novembre 2006, n. 23 “Norme per la promozione e lo sviluppo della cooperazione sociale”. Individuazione delle modalità di affidamento dei servizi alle cooperative sociali ed approvazione delle convenzioni-tipo”; della deliberazione di Giunta regionale n. 1357 del 26.05.2008 “L.R. 3 novembre 2006, n. 23 "Norme per la promozione e lo sviluppo della cooperazione sociale". Identificazione delle persone svantaggiate e deboli, valorizzazione della cooperazione sociale di inserimento lavorativo e Osservatorio regionale sulla cooperazione sociale di inserimento lavorativo”; della deliberazione di Giunta regionale n. 1138 del 06 maggio 2008 “Linee guida per il funzionamento del Servizio Integrazione Lavorativa delle A. ULSS del Veneto. Integrazione e modifiche alla DGR n.3350 del 07.12.2001 e alla DGR n.3787 del 20.12.2002”; della legge regionale 13 marzo 2009, n. 3 “Disposizioni in materia di occupazione e mercato del lavoro”; del Regolamento CE 2204/2002 del 5 dicembre 2002 “Regolamento della Commissione relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell’occupazione”, e dando seguito alle precedenti intese degli anni 1994 e 1996, all’accordo di programma siglato dalla Provincia di Belluno e dalle Aziende U.L.S.S. n. 1 Belluno e n. 2 e di Feltre in data 07.06.2000 e al successivo accordo di programma triennale sottoscritto dalla Provincia di Belluno, dalle Aziende U.L.S.S. n. 1 Belluno e n. 2 e di Feltre e dalla rispettive Conferenze dei Sindaci il 27.12.2004, poi rinnovato per ulteriori tre anni; degli Accordi di programma dei Piani di Zona delle ULSS n. 1 di Belluno e n. 2 di Feltre sottoscritti rispettivamente il _________________ ; TRA: - Il sig. _______ in rappresentanza della Conferenza dei Sindaci dell’U.L.S.S. n. 1 di Belluno; - Il sig. _______ in rappresentanza dell’Amministrazione provinciale di Belluno; Il sig. _______ in rappresentanza dell’Azienda U.L.S.S. n. 1 di Belluno; Il sig. _______ in rappresentanza dell’Azienda U.L.S.S. n. 2 di Feltre Il sig. _______ in rappresentanza della Conferenza dei Sindaci dell’U.L.S.S. n. 2 di Feltre; 48 SI CONVIENE E SI STIPULA QUANTO SEGUE: Art. 1 - FINALITA’ La Provincia di Belluno, le Aziende U.L.S.S. n. 1 di Belluno e n. 2 di Feltre e le rispettive Conferenze dei Sindaci riconoscono l'integrazione lavorativa delle persone disabili e svantaggiate come funzione essenziale per l'affermazione dei diritti di cittadinanza, dell’autonomia e della realizzazione personale. L’integrazione lavorativa costituisce azione essenziale della programmazione operativa locale ed obiettivo trasversale alle diverse aree d’intervento del Piano di zona. Per la valenza positiva sul piano culturale, sociale e politico, l'integrazione lavorativa delle persone disabili e svantaggiate costituisce altresì un obiettivo impegnativo comune delle istituzioni locali, delle ULSS e dei soggetti della comunità. Con il presente accordo i soggetti firmatari intendono attivare, ciascuno secondo le proprie funzioni, percorsi integrati di collaborazione che sappiano esprimere la condivisione di responsabilità relativa alle politiche d’integrazione delle persone disabili e svantaggiate, consapevoli che tale obiettivo può essere efficacemente perseguito solo attraverso processi operativi sinergici tra gli enti interessati. Il presente accordo in particolare intende regolare: i rapporti istituzionali in ordine all'integrazione dei destinatari nella comunità e in ambito lavorativo; la programmazione di iniziative comuni per qualificare gli interventi; gli accordi in ordine all’utilizzo delle risorse; - gli impegni reciproci per garantire la necessaria trasparenza e l'informazione ai cittadini. Art. 2 – OGGETTO Con il presente Accordo, che costituisce strumento attuativo dei Piani di zona, si intende confermare e consolidare il sistema integrato fra le politiche assistenziali, socio-sanitarie, del lavoro e formative favorendo un’efficace interazione fra tutti i soggetti agenti definiti dalla legge. I sottoscrittori affermano la comune volontà di rafforzare modalità metodologiche e operative realizzate attraverso l’applicazione dei precedenti Accordi di programma che hanno dimostrato la loro efficacia rispetto all'esigibilità del diritto al lavoro e comunque all’integrazione lavorativa e sociale delle persone interessate, anche mediante la destinazione di risorse umane, strumentali e finanziarie dedicate. Art. 3 – SOGGETTI COINVOLTI E LORO COMPETENZE Sono soggetti coinvolti e promotori del presente accordo tutti i Comuni della provincia di Belluno, rappresentati in questa sede dalle rispettive Conferenze dei Sindaci, le Aziende ULSS n. 1 di Belluno e n. 2 di Feltre e l’Amministrazione provinciale di Belluno. 3.1 Competenze delle Amministrazioni comunali I Comuni intervengono attivamente nella programmazione degli interventi sociali attraverso il loro coinvolgimento, previsto dalla legge, nella redazione e attuazione dei Piani di zona. Competono ai Comuni le funzioni amministrative in materia di interventi sociali svolti, a livello locale, a favore delle persone e delle famiglie alle quali garantire qualità di vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza. In tale ambito rientrano interventi di prevenzione, eliminazione e riduzione del bisogno attuate a favore di: a) persone disabili; b) persone con problemi psichiatrici, che non siano in regime residenziale e di lungoassistenza; c) d) persone ex tossicodipendenti ed ex alcoliste, che non abbiano problemi attivi di dipendenza, e persone ex detenute, al fine di favorirne il pieno reinserimento nel contesto sociale; persone svantaggiate e soggetti deboli così come individuate dalla normativa nazionale e regionale vigente. 49 I Comuni, nell’ambito della programmazione concertata nei Piani di zona e della realizzazione di strategie basate sullo sviluppo della rete dei servizi su scala territoriale, perseguono: • la reintegrazione sociale - anche mediante l’integrazione lavorativa - delle persone con disabilità attraverso la delega delle relative funzioni alle ULSS competenti per territorio; • la reintegrazione sociale - anche mediante l’integrazione lavorativa - delle persone svantaggiate e deboli attraverso il raccordo con i servizi delle ULSS – laddove ne abbiano le competenze - e con l'Amministrazione provinciale – Servizio Politiche del lavoro. Le Amministrazioni comunali, con riferimento ai livelli essenziali di assistenza ed ai livelli assistenziali, agli obiettivi del Piano di zona ed alle risorse autorizzate in sede di approvazione il bilancio dell'U.L.S.S. gestione servizi sociali, si impegnano a finanziare, per la parte di loro competenza, l’attività svolta dai servizi delle ULSS interessate (Servizi di integrazione lavorativa). Nella realizzazione di interventi integrati i Comuni contribuiscono a creare le condizioni favorevoli all’integrazione lavorativa e sociale dei soggetti di cui sopra promuovendo e attuando le opportune misure nei vari ambiti di propria competenza che possono avere una diretta influenza sulla possibilità di costruzione di progetti di vita per tali persone: politiche dei trasporti, politiche di edilizia popolare, interventi assistenziali e di inclusione sociale; contribuiscono, inoltre, allo sviluppo ed al sostegno della cooperazione sociale d’inserimento lavorativo adottando i provvedimenti a tal fine opportuni, in coerenza con gli indirizzi normativi regionali, ed in particolare con quanto previsto dal capo IV della L.R. 3 novembre 2006, n. 23, e dalle direttive attuative impartite dalla D.G.R. n. 4189 del 18 dicembre 2007. 3.2 Competenze delle Aziende U.L.S.S. Tra le funzioni istituzionali proprie, le competenze delle Aziende ULSS attinenti l'oggetto del presente accordo sono le seguenti: a) accertamenti medico-legali (invalidità civile, valutazione disabilità e compatibilità mansioni); b) in attuazione della delega obbligatoria da parte dei Comuni relativa alle persone di cui al punto 3.1, lettere a), b) e c), realizzazione di progetti di inserimento lavorativo, anche nell'ambito del collocamento mirato ex lege 68/99; c) partecipazione attraverso la rete dei servizi socio-sanitari all'attività di intercettazione e orientamento dell'utenza multi problematica garantendone la presa in carico per gli aspetti di loro competenza; d) attuazione delle iniziative necessarie a favorire la sicurezza sul lavoro dei destinatari degli interventi. Le competenze di cui alla lettera b) vengono attuate dalle ULSS attraverso l’organizzazione ed il mantenimento del Servizio di integrazione lavorativa (S.I.L.) secondo il fabbisogno rilevato ed in base alle risorse rese disponibili; le ULSS garantiscono la parte di competenza sanitaria di carattere terapeutico e riabilitativo da parte dei servizi specialistici o di particolari figure professionali laddove siano ad integrazione di un programma di inserimento lavorativo. Le Aziende ULSS provvedono a designare congiuntamente un rappresentante effettivo e uno supplente del Servizio di integrazione lavorativa in seno alla Commissione provinciale per il lavoro, ai sensi dell'art. 9, comma 3, della Legge regionale 13 marzo 2009, n. 3. 3.3 Competenze dell’Amministrazione provinciale La Provincia di Belluno, nell’ambito degli indirizzi formulati dalla programmazione regionale, esercita funzioni di programmazione territoriale di politiche attive del lavoro e dei servizi per il lavoro nel quadro socio economico del suo territorio, in particolare svolgendo le funzioni relative ai servizi per l’impiego, al collocamento mirato delle persone disabili e all’attuazione delle politiche attive del lavoro e alle misure di sostegno all’occupazione e di ricollocazione. Confermando la scelta del decentramento dei compiti operativi ai Centri per l'impiego del territorio, dedica le necessarie risorse umane e strumentali e svolge la funzione di coordinamento della rete dei servizi 50 pubblici, privati e del privato sociale del territorio finalizzata a favorire l'integrazione sociale e lavorativa dei destinatari del presente accordo. L’Amministrazione provinciale contribuisce a creare le condizioni favorevoli all’integrazione lavorativa e sociale di tali persone promuovendo e attuando le opportune misure nei vari ambiti di propria competenza. La Provincia è responsabile della gestione dei Fondi nazionale e regionale per i disabili che viene regolata sulla base dei criteri definiti nelle opportune sedi politiche (Regione, Commissione provinciale per il lavoro, Comitato tecnico di cui all'art. 6 della Legge 68/99). Art. 4 – DESTINATARI Sono destinatari del presente accordo di programma: • persone con disabilità certificata ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68; • persone con svantaggio sociale ai sensi dell'art. 4, comma 1, della Legge 8 novembre 1991, n. 38126; • soggetti deboli così come individuati dall'art 3. comma 2, della legge regionale 3 novembre 2006, n. 2327, con abbassamento del limite di età a 45, per motivi legati alla specificità della popolazione e del territorio bellunesi, per il target “persona di più di 50 anni priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo”. Art. 5 – GESTIONE DEL COLLOCAMENTO MIRATO 5.1 - Valutazione della disabilità La valutazione della condizione di disabilità, oltre ad avere un carattere accertativo, è parte di un processo dinamico finalizzato all'integrazione lavorativa delle persone con disabilità; ha infatti lo scopo di fornire ai Servizi gli elementi conoscitivi utili ed adeguati alla formulazione dei progetti personalizzati d'inserimento mirato. Il monitoraggio degli effetti che gli interventi di mediazione realizzati e/o gli ausili utilizzati hanno prodotto al fine dell'integrazione della persona disabile nel mondo del lavoro assume rilevanza determinante nell’assegnare alla valutazione della disabilità la caratteristica della dinamicità. Al fine di rendere efficaci e rispondenti alle finalità gli strumenti e le procedure le parti si impegnano ad attivare momenti periodici di confronto fra i soggetti che hanno un ruolo nella fase accertativa (Commissione medica integrata) e in quella di valutazione degli esiti (Comitato tecnico e Servizi) anche introducendo in forma sperimentale strumenti e metodologie innovativi e meglio rispondenti agli scopi. 26 gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione previste dagli articoli 47, 47-bis, 47-ter e 48 della legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificati dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663 e i soggetti indicati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, con il Ministro dell'interno e con il Ministro per gli affari sociali, sentita la commissione centrale per le cooperative istituita dall'articolo 18 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni 27 si considerano persone deboli: 1) i soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera f), del regolamento CE n. 2204/2002 del 5 dicembre 2002 “Regolamento della Commissione relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell’occupazione” e quindi qualsiasi persona appartenente ad una categoria che abbia difficoltà ad entrare, senza assistenza, nel mercato del lavoro, vale a dire qualsiasi persona che soddisfi almeno uno dei criteri seguenti: a) qualsiasi giovane che abbia meno di 25 anni o che abbia completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e che non abbia ancora ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente; b) qualsiasi lavoratore migrante che si sposti o si sia spostato all'interno della Comunità o divenga residente nella Comunità per assumervi un lavoro; c) qualsiasi persona appartenente ad una minoranza etnica di uno Stato membro che debba migliorare le sue conoscenze linguistiche, la sua formazione professionale o la sua esperienza lavorativa per incrementare le possibilità di ottenere un'occupazione stabile; d) qualsiasi persona che desideri intraprendere o riprendere un'attività lavorativa e che non abbia lavorato, né seguito corsi di formazione, per almeno due anni, in particolare qualsiasi persona che abbia lasciato il lavoro per la difficoltà di conciliare vita lavorativa e vita familiare; e) qualsiasi persona adulta che viva sola con uno o più figli a carico; f) qualsiasi persona priva di un titolo di studio di livello secondario superiore o equivalente, priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo; g) qualsiasi persona di più di 50 anni priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo; h) qualsiasi disoccupato di lungo periodo, ossia una persona senza lavoro per 12 dei 16 mesi precedenti, o per 6 degli 8 mesi precedenti nel caso di persone di meno di 25 anni; i) qualsiasi persona riconosciuta come affetta, al momento o in passato, da una dipendenza ai sensi della legislazione nazionale; j) qualsiasi persona che non abbia ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente da quando è stata sottoposta a una pena detentiva o a un'altra sanzione penale; k) qualsiasi donna di un'area geografica al livello NUTS II nella quale il tasso medio di disoccupazione superi il 100 % della media comunitaria da almeno due anni civili e nella quale la disoccupazione femminile abbia superato il 150 % del tasso di disoccupazione maschile dell'area considerata per almeno due dei tre anni civili precedenti; 2) i soggetti che versano nelle situazioni di fragilità sociale evidenziate nell’articolo 22, comma 2, della legge 8 novembre 2000, n. 328 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”. 51 5.2 - Comitato tecnico e sue funzioni 5.2.1 Composizione Il Comitato tecnico previsto all’art. 6, comma 2, lettera b), della L. 68/99 è composto da: • un medico legale con funzioni di Presidente; • un medico del lavoro; • i responsabili dei Servizi d’integrazione lavorativa delle aziende ULSS n. 1 e n. 2; • il dirigente della Provincia responsabile del Servizio Politiche del lavoro o suo delegato; • un operatore per ciascun Centro per l’impiego. Le Aziende ULSS provvedono a designare congiuntamente il medico legale e quello del lavoro, che devono disporre di una specifica esperienza nell’ambito dell’accertamento dell’handicap, nell’ambito dell’organizzazione produttiva e del lavoro. 5.2.2 Funzioni Sulla base delle relazioni pervenute dalla Commissione integrata, il Comitato tecnico ha il compito di: a) indirizzare i Centri per l’impiego e i Servizi d'integrazione lavorativa nella definizione e gestione dei percorsi di collocamento mirato, svolgendo anche una funzione di supporto tecnico nelle situazioni che, per caratteristiche della persona disabile e/o dell'ambiente di lavoro, presentino condizioni che lo richiedano; b) attivare, su richiesta delle persone interessate e/o delle aziende oppure su segnalazione dei Servizi di cui all’art. 5.3, le Commissioni di valutazione della disabilità per verificare la compatibilità fra la condizione della persona e le mansioni a questa assegnate; c) informare periodicamente le Commissioni di valutazione della disabilità sulle iniziative adottate per l’inserimento al lavoro dei disabili nonché sugli esiti degli inserimenti, segnalando l’eventuale necessità di provvedere ad ulteriori verifiche; d) esprimere orientamenti sull’utilizzo del Fondo nazionale per il diritto al lavoro dei disabili, del Fondo regionale per l’occupazione dei disabili e sull’applicazione delle convenzioni di cui agli artt. 11, 12 e 12 bis della Legge 68/99; e) relazionare periodicamente alla Commissione provinciale per il Lavoro sullo stato del collocamento mirato e sulle problematiche emergenti nel mercato del lavoro, presentando proposte a favore dei soggetti di cui all'articolo 4, punto 1, e suggerimenti a favore degli altri soggetti destinatari del presente accordo; f) a supporto della sua attività, il Comitato tecnico può attivare momenti di incontro e di confronto con la Commissione provinciale lavoro e con enti e organismi, pubblici e privati, interessati alle problematiche dell’inserimento lavorativo. Il Comitato tecnico si riunisce di norma a Belluno presso la sede della Provincia; tuttavia il Presidente può disporre la sua convocazione presso altra sede ove se ne ravvisasse la necessità. 5.2.3 Oneri Sono a carico dei rispettivi Enti di appartenenza gli oneri del personale partecipante al Comitato tecnico. La segreteria del Comitato tecnico è garantita dal personale del Servizio Politiche del lavoro dell’Amministrazione provinciale. 5.3 Aspetti di integrazione tra Centri per l’Impiego e Servizi di Integrazione lavorativa I Servizi di integrazione lavorativa delle Aziende U.L.S.S. di Belluno e Feltre e i Centri per l’impiego facenti capo al Servizio Politiche del lavoro della Provincia di Belluno provvedono in modo coordinato ed integrato, nell'ambito delle rispettive competenze, a svolgere le seguenti attività: a) proporre, sulla base delle relazioni prodotte dalle Commissioni per la valutazione delle disabilità, percorsi di inserimento lavorativo a partire dall'abbinamento persona-azienda, anche considerando 52 periodi di formazione, adattamento del posto di lavoro, strumenti di tipo contrattuale, etc.; b) gestire le esperienze di inserimento mirato per i soggetti che necessitino di un sostegno personalizzato sia relativamente ai rapporti con le aziende coinvolte sia garantendo il mantenimento degli opportuni contatti con i familiari della persona; c) produrre informazioni di carattere generale sulle esperienze in atto al fine di consentire al Comitato tecnico un opportuno monitoraggio del funzionamento del collocamento mirato; d) fornire al Comitato tecnico informazioni dettagliate su specifici casi che presentino particolarità tali da richiedere l'eventuale predisposizione di nuovi accertamenti da parte delle Commissioni integrate; e) fornire informazioni ed orientare sia le persone disabili sia le aziende interessate, allo scopo di consentire scelte compatibili con quanto previsto dalla normativa, idonee a soddisfare le specifiche esigenze di ciascuno; f) partecipare reciprocamente sia ad attività formative riguardanti la materia oggetto del presente accordo, realizzate dalla Provincia o dalle due Aziende ULSS, sia alla produzione di materiale informativo comune destinato a persone disabili ed aziende. Nello svolgimento delle sopra descritte funzioni, i Servizi di integrazione lavorativa e i Centri per l’impiego, operando in raccordo con il Comitato tecnico, articolano gli interventi utilizzando: • progetti di formazione in situazioni finalizzate all’inserimento lavorativo; • progetti di mediazione al lavoro. Gli aspetti di raccordo e di collaborazione fra i Servizi delle Aziende U.L.S.S. di Belluno e Feltre e i Servizio Politiche del lavoro della Provincia per le zone marginali o di confine tra le diverse competenze territoriali saranno oggetto di specifici accordi operativi. 5.4 Aspetti di specificità dei Centri per l’impiego e dei Servizi di Integrazione lavorativa I Centri per l'impiego sono le strutture distribuite a livello territoriale (Agordo, Belluno, Pieve di Cadore, Feltre) attraverso le quali la Provincia gestisce ed eroga le funzioni ed i compiti amministrativi relativi al collocamento, alla preselezione e al sostegno all'incontro fra domanda e offerta di lavoro connessi agli inserimenti lavorativi dei disabili attivati nel proprio territorio di competenza ed alle iniziative finalizzate ad incrementare l'occupazione. I Servizi di integrazione lavorativa delle Aziende U.L.S.S. della provincia di Belluno collaborano con i Centri per l'impiego nella gestione dei progetti finalizzati al collocamento mirato per i soggetti che necessitano di un sostegno personalizzato, svolgendo, fra le altre, una funzione di raccordo fra l'esperienza di inserimento lavorativo ed altri eventuali interventi di carattere terapeutico e riabilitativo svolti parallelamente dal sistema dei servizi socio – sanitari. Inoltre, nell'ambito del proprio specifico ambito di competenza: • attivano percorsi che si pongono in una fase propedeutica al collocamento mirato, con finalità di osservazione e orientamento, o nei casi che necessitino di un prolungato periodo di formazione; • attivano progetti di inserimento sociale in ambiente lavorativo per le persone disabili che ne abbiano i requisiti accertati dalle Commissioni per la valutazione della disabilità. Art. 6 – POLITICHE IN FAVORE DELLO SVANTAGGIO E DELLE FASCE DEBOLI 6.1 Organo di governance Le persone svantaggiate e i soggetti deboli, pur avendo caratteristiche di debolezza che rendono difficile il loro accesso o la loro permanenza nel mercato del lavoro, non possono contare su percorsi agevolati strutturati e continuativi. Le politiche attive del lavoro attuate a livello locale, utilizzando risorse finanziarie consentite dalle programmazioni europea, nazionale, regionale e provinciale nell’ambito di bandi specifici, o di altre iniziative private, alla cui realizzazione possono concorrere soggetti pubblici, del privato sociale o privati, si rivolgono sempre più frequentemente a questi soggetti. Le persone svantaggiate sono da 53 alcuni anni oggetto di progettazioni che hanno visto la stretta collaborazione - sulla base delle loro specifiche competenze e con riferimento ai bisogni complessi delle persone - fra Servizi per l’impiego della Provincia, Servizi Sociali dei Comuni, Servizi sociosanitari e sanitari delle Aziende ULSS. Le persone appartenenti alla categoria “soggetti deboli” presentano elementi di fragilità che non richiamano specificatamente ad una condizione di salute. Gli interventi di politica attiva del lavoro di cui questi soggetti sono destinatari risultano spesso poco efficaci se non sostenuti da altre azioni tese a rimuovere o ad attenuare i fattori di fragilità, mantenendo la centratura sulla persona nella sua globalità. La necessità di un utilizzo efficace ed efficiente delle risorse presenti sul territorio destinate a questi target e l’esigenza di progettare percorsi personalizzati alla cui realizzazione sono chiamati spesso a concorrere molteplici soggetti e servizi, evidenziano l'opportunità di disporre di una struttura di governance che favorisca, in particolare, il flusso comunicativo, la condivisione e l'integrazione degli interventi promossi o attivati in tale ambito. A tal fine le funzioni di governo del sistema vengono assegnate all'organo di vigilanza di cui all'art. 8 che, per lo svolgimento delle stesse, si avvarrà del supporto dell’ufficio di coordinamento provinciale di cui al successivo paragrafo. 6.2 Modalità operative I soggetti firmatari del presente accordo si impegnano, attraverso i propri servizi, a sviluppare progetti di sostegno alle persone in una prospettiva che sappia tener conto dei diversi aspetti di bisogno in una visione globale. A tale scopo partecipano ad un sistema di rete integrata e adottano modalità operative in grado di supportare tale orientamento. In continuità con le buone prassi sperimentate negli anni precedenti e formalizzate attraverso un protocollo a cui hanno già dato la loro adesione numerosi Enti Locali, Cooperative sociali, Agenzie formative, l’Amministrazione provinciale garantisce l’operatività dell’Ufficio di Coordinamento provinciale per l’integrazione lavorativa delle persone svantaggiate e deboli - ufficio interno al Servizio Politiche del lavoro che svolge una funzione di riferimento a livello provinciale della rete. I principali compiti dell’ufficio di Coordinamento provinciale sono: governare i processi di presa in carico integrata delle situazioni intercettate e segnalate dagli attori del territorio, facilitare e stimolare la relazione fra i diversi attori che realizzano i progetti personalizzati; promuovere, anche attraverso la programmazione di momenti formativi comuni e di confronto fra i servizi aderenti alla rete, l’utilizzo della metodologia del case management; valorizzare le competenze e un razionale utilizzo delle risorse finanziarie e umane a disposizione; supportare il collegio di vigilanza nella sua funzione di governo del sistema. I servizi che partecipano alla definizione dei progetti personalizzati adottano la metodologia definita “Case Management” che, come già sperimentato, risponde all’esigenza di definire una progettazione che integra diverse aree di intervento e facilita la relazione operativa dei vari soggetti attuatori. Art. 7 – SVILUPPO DELLA COOPERAZIONE SOCIALE Al fine di perseguire i suddetti obiettivi, il presente accordo si propone di favorire forme di cooperazione fra soggetti pubblici e privati accreditati. In favore delle persone disabili ciò significa in particolare svolgere una funzione di facilitazione e di stimolo all’apertura di rapporti di lavoro fra le aziende private del territorio e le cooperative sociali in attuazione delle opportunità consentite dalla normativa vigente. Inoltre, i soggetti sottoscrittori si impegnano, sia singolarmente che in modo coordinato, a dar vita a tutte le iniziative utili a consentire il necessario sviluppo della cooperazione. Art. 8 - COLLEGIO DI VIGILANZA 54 Entro sei (6) mesi dalla stipula dell'accordo è costituito un Collegio di vigilanza sull'esecuzione del presente accordo, composto da un rappresentante della Conferenza dei Sindaci dell'ULSS n. 1 di Belluno, un rappresentante della Conferenza dei Sindaci dell'ULSS n. 2 di Feltre, da un rappresentante dell'Azienda ULSS n. 1 di Belluno, da un rappresentante dell'Azienda ULSS n. 2 di Feltre e presieduto dal Presidente dell’Amministrazione provinciale di Belluno o da suo delegato. Il Collegio, oltre a svolgere le funzioni di cui all’art. 6.1 e a vigilare sull’esecuzione dell’accordo, può proporre - per propria iniziativa o su proposta di uno dei soggetti sottoscrittori, o su formale richiesta dei servizi che a questi fanno riferimento - aggiornamenti ed integrazioni al testo dell’accordo di programma da sottoporre a successiva formale approvazione dei contraenti, in relazione alle azioni previste dai Piani di zona, alle nuove progettualità promosse nell’ambito dell’integrazione sociale e lavorativa delle persone di cui all’art. 4 e ad intervenute modifiche normative. Il Collegio di vigilanza rimane in carica fino alla scadenza del presente accordo. Art. 9 - RELAZIONE ANNUALE L’Amministrazione provinciale redige annualmente, sentiti gli altri enti firmatari, una relazione sullo stato di attuazione dell'accordo e la trasmette al Collegio di vigilanza per le opportune valutazioni. Sulla scorta di tali valutazioni il Collegio decide le eventuali modifiche od integrazioni all'accordo stesso da proporre agli enti firmatari. Annualmente i firmatari del presente accordo individuano una sede di confronto operativo per verificare la rispondenza del presente accordo al raggiungimento degli obiettivi prefissati, valutano e decidono in comune le modifiche da apportare. Art. 10 - DURATA DELL’ACCORDO Il presente accordo impegna i contraenti per la durata di cinque anni ed è rinnovabile. Potrà essere adeguato ogni qualvolta lo richiedano nuove disposizioni legislative o il mutare delle procedure organizzative degli enti firmatari e potrà essere disdettato da una delle parti con preavviso di tre mesi mediante lettera raccomandata con a.r.. a) Art. 11 - DISPOSIZIONE GENERALE Il presente accordo di programma costituisce riferimento generale per i successivi accordi bilaterali o plurilaterali e/o convenzioni comunali o intercomunali che dovessero essere sottoscritti per definire operativamente nel dettaglio l’attuazione di una o più specifiche competenze sopra indicate. Art. 12 - CONTROVERSIE Eventuali inadempienze al presente accordo sono contestate dai contraenti al Collegio di vigilanza, il quale, fatti gli opportuni accertamenti, ove si verifichi una effettiva inadempienza, fissa i termini e le modalità per il ripristino delle condizioni previste dall'accordo. Art. 13 Il presente accordo di programma costituisce allegato dei Piani di zona 2011 - 2015 delle ULSS n.1 di Belluno e n.2 di Feltre. 55