A Stefano Valeri La storia critica dell’arte nel magistero di Lionello Venturi Prefazione di Gianni Carlo Sciolla Copyright © MMXI ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ISBN –––– I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: novembre Ringraziamenti Al Prof. Maurizio Calvesi, massimo allievo di Lionello Venturi, per il continuo incoraggiamento che mi infonde; al Prof. Gianni Carlo Sciolla, insigne erede della tradizione accademica post–venturiana, per i fondamentali consigli e indicazioni; alla Prof.ssa Marina Righetti, Direttore del Dipartimento di Storia dell’arte e spettacolo della Sapienza Università di Roma, per il costante impegno direttivo anche nella tutela e valorizzazione dell’Archivio di Lionello Venturi; al Prof. Alessandro Masi, Segretario Generale della Società Dante Alighieri, per l’attivo sostegno al progetto; alla Dott.ssa Chiara Barbato, per l’attenta cura dell’indice dei nomi del libro; alle Dott.sse Tiziana Bellucci e Annalisa Crescimbeni, per l’assidua collaborazione ai miei corsi universitari; al Dott. Stefano Baldi, responsabile della biblioteca del DAMS dell’Università degli studi di Torino, per aver facilitato le mie ricerche presso quella struttura; alla Dott.ssa Francesca Pagano, della casa editrice Aracne, per la tollerante pazienza nell’assistermi durante la pubblicazione. C SISCA – S I S C ’. Questo volume si è avvalso dei contributi per la ricerca della Sapienza Università di Roma. Indice Prefazione di Gianni Carlo Sciolla Introduzione Lezioni di Storia dell’arte Introduzione, – Storia della critica d’arte del Rinascimento. Considerazioni generali, – La critica d’arte nell’antichità classica, – La critica d’arte nel Medio Evo, – Teofilo, – Dante, Petrarca, Boccaccio, Ristoro d’Arezzo, – Cennino Cennini, – La critica d’arte nel Rinascimento, – Lorenzo Ghiberti, – Leon Battista Alberti – De Pictura, – Leon Battista Alberti – Della Architettura, – Leonardo, – Michelangelo e Francisco de Hollanda, – Pietro Aretino, – Paolo Pino, – Ludovico Dolce, – Giorgio Vasari, . Apparati Vita di Lionello Venturi Pubblicazioni di Lionello Venturi dal al Elenco bibliografico dei testi citati in nota Elenco delle figure Figure Indice dei nomi a cura di Chiara Barbato Prefazione Stefano Valeri, attento e appassionato custode ed esegeta degli archivi romani di Adolfo e Lionello Venturi, pubblica ora, in edizione critica commentata, un importante testo inedito del secondo. Si tratta delle Lezioni di Storia dell’arte tenute all’Università di Torino dallo studioso di origini emiliane, nell’anno accademico – , “raccolte dalle signorine Giannina Regis e Ada Bovio”. Questo prezioso inedito è conservato nell’Archivio di Lionello Venturi del Dipartimento di Storia dell’arte e spettacolo della Sapienza Università di Roma ed è sostanzialmente una rielaborazione di quello, altrettanto inedito, contenente le dispense delle lezioni del – , conservato nel Fondo Venturi della Biblioteca del Dipartimento di Discipline artistiche, musicali e dello spettacolo di Torino, diretto dal sottoscritto sino al . All’inizio degli anni sessanta, fui incaricato dal prof. Aldo Bertini, di cui ero allora assistente alla cattedra di Storia dell’arte medievale e moderna e dal Rettore dell’Università di Torino, prof. Mario Allara, di curare il trasferimento materiale del fondo librario venturiano da Roma a Torino. Il fondo, che è ancora tutto da studiare nella sua fisionomia originaria, come si evince dall’inventario di partenza, consisteva in uno straordinario materiale bibliografico di Kunstliteratur; cioè di fonti e scritti di letteratura artistica, dal Medioevo alla fine del Settecento, integrato con testi teorici e metodologici (specie del periodo del soggiorno americano dell’autore), situabili tra la fine dell’Ottocento e il primo quarto del Novecento. Lionello Venturi era stato chiamato alla cattedra torinese nel , alla vigilia cioé della prima guerra mondiale. Fu costretto però a interrompere l’attività universitaria nel , allo scoppio del conflitto; la riprenderà soltanto nel , dopo la fine delle vicende belliche. Le Lezioni che qui si pubblicano sono una testimonianza significativa di questa ripresa, in primo luogo per il metodo seguito dallo studioso La storia critica dell’arte nel magistero di Lionello Venturi in relazione ai nuovi orientamenti perseguiti dalla storia dell’arte in Italia. Poco prima del conflitto mondiale, nel panorama degli studi storico artistici italiani si assiste infatti al tramonto definitivo degli studi postrisorgimentali, inaugurati da Adolfo Venturi, rivolti alla individuazione dello stile degli artisti e delle opere, sostenuti dalla verifica strenua, di carattere positivistico, ispirati alla cosidetta “scuola storica”, dei documenti d’archivio. Per contro, si afferma la tendenza neoidealistica crociana, che opta invece per la pura interpretazione formalistica ed ekfrastica, finalizzata alla individuazione del processo fantastico-creativo e poetico delle singole personalità. Lionello Venturi aderisce a questa seconda opzione critico interpretativa. Nella quale, il ricorso alle testimonianze della letteratura artistica, diventa mezzo preferenziale per costruire il giudizio critico sulle scelte e i risultati formali degli artisti. Il concetto di Kunstliteratur, viene mediato dal Venturi dagli studiosi della Scuola di Vienna. Albert Ilg, Julius von Schlosser, Hans Tietze, in particolare, dagli anni settanta del XIX secolo agli anni venti del XX, riportano l’attenzione degli studiosi sul patrimonio letterario delle antiche fonti dell’arte dal Medioevo al Settecento, che riscoprono, commentandolo criticamente e filologicamente. Nel recupero di queste fonti antiche c’è però una profonda differenza tra gli studiosi viennesi e Venturi. I viennesi studiano le fonti letterarie sull’arte (Kunstliteratur) come testimonianze scritte, utili e complementari alla ricostruzione delle vicende storico artistiche delle opere e degli artisti. Per Venturi, tali fonti diventano invece strumenti indispensabili per ricreare il processo artistico originario, nel momento in cui, sono parole dello stesso studioso, «è necessario che la nostra fantasia si metta in qualche modo all’unisono con la fantasia dell’artista». Attraverso il riesame degli scritti antichi, secondo Venturi, possiamo, in altri termini, accedere al momento creativo primario dell’artista, quando progetta e costruisce la sua opera d’arte. E’ chiaro quindi, che per Venturi, la storia delle testimonianze letterarie diventa storia di giudizi critici sull’arte e gli artisti; cioè storia della critica d’arte; ma non solo: la storia della critica d’arte viene a essere identificata con la storia dell’arte. Prefazione Le dispense torinesi sono quindi un documento molto importante per studiare il progressivo sviluppo del pensiero critico di Lionello Venturi, prodromo alla successiva e complessiva Storia della critica d’arte (), in cui la storia dei giudizi critici letterari vedrà una trattazione senza interruzioni, dal tempo antico al primo Novecento. Nelle dispense del corso – l’argomento è circoscritto alla storia della critica d’arte del Medioevo e del Rinascimento. Da Teofilo a Dante, a Cennini; da Ghiberti a Leon Battista Alberti; da Leonardo a Michelangelo; da Paolo Pino a Ludovico Dolce, a Vasari. Autori che Venturi aveva già iniziato ad analizzare in alcuni saggi specifici anteriori. È evidente che oggi la posizione neoidealistica e crociana, se pure originale di Venturi, nell’identificazione della storia dell’arte con la storia della critica d’arte, non è più sostenibile. Come già rilevava Carlo Ludovico Ragghianti in una penetrante recensione del alla Storia della critica d’arte venturiana, la storia della critica differisce infatti dalla storia dell’arte. La storia della critica d’arte è storia delle idee estetiche e della cultura espresse nei testi scritti, coevi o posteriori al momento in cui l’artista produce la sua opera. Mentre invece la storia dell’arte è storia delle forme, dello stile, del linguaggio dell’artista. Aggiungiamo noi oggi: é anche storia delle scelte e dei generi iconografici, delle poetiche, dei materiali e delle tecniche adoperati dagli artisti, nonché dei modelli della tradizione; in rapporto alla committenza, alla funzione, al gusto e al pubblico; in una parola del significato complessivo della proposta artistica in relazione al “sistema arte” di un determinato momento storico. La trascrizione dell’inedito di Venturi è arricchita meritoriamente e con rigore filologico da Stefano Valeri con ulteriori strumenti critici e di approfondimento del testo originario: innanzi tutto con un foltissimo insieme di riferimenti bibliografici di corredo al testo; infine, da una biografia di Lionello Venturi, completata dall’elenco della sua produzione scientifica compreso tra il e il . Gianni Carlo Sciolla Introduzione Quando fu pubblicata la seconda edizione de Il gusto dei primitivi , uno dei maggiori allievi torinesi di Lionello Venturi, G.C. Argan, introdusse la lettura del fondamentale volume attraverso una prefazione rimasta celebre per la cristallina esegesi di uno studio che, peraltro, brillava autonomamente di enunciazioni molto chiare. Di Venturi Argan illustrò la rimozione dei termini cronologici convenzionali e la proposta di una nuova metodologia degli studi di storia dell’arte in Italia. Prova ne sia, per esempio, il saggio che lo studioso modenese aveva scritto su Leonardo nel , laddove il punto focale veniva evidenziato nello spiritualismo che muove con tormento la ricerca dell’animo umano e non nell’individuazione della ratio generante la forma universale. Il gusto dei primitivi, uscito in prima edizione per Zanichelli a Bologna nel , si distingueva per un nuovo approccio, dunque, derivato dall’esigenza di una revisione metodologica obbligata dall’esaurimento, avvenuto circa all’inizio dell’Ottocento, della lunga stagione pervasa dal classicismo figurativo dominato dal principio dell’imitazione. All’opposto si individuava la creazione, quale concetto fondante del Medioevo, ma laica e secolarizzata pur nella conservazione del significato religioso in senso tipicamente culturale. Operazione peraltro già condotta da Benedetto Croce nell’individuare il discrimine tra poesia e non poesia distinguente la lirica dalla dottrina nella Divina Commedia. Tuttavia, se pur l’estetica Croce si era costituita senza dubbio come punto di partenza per Venturi, quest’ultimo poi non aveva ricusato i valori tattili della pittura come aveva fatto il filosofo nativo abruz. L. V, Il gusto dei primitivi, Prefazione di Giulio Carlo Argan (pp. XV-XXVIII), seconda edizione, Torino . . L. V, La critica e l’arte di Leonardo da Vinci, Bologna . La storia critica dell’arte nel magistero di Lionello Venturi zese, anzi li aveva considerati valori di affinamento qualitativo per il sentimento. «Venturi», dice Argan, «per quella consapevolezza del proprio limite disciplinare che solo i grandi studiosi sanno avere, si è sempre professato storico e non filosofo dell’arte: se abbordava questioni di estetica generale, lo faceva col fine di mettere a punto la sua metodologia storica dacché, come lo storico della politica deve accertare l’autenticità dei suoi documenti, così lo storico dell’arte deve accertare che i fatti di cui fa la storia siano veramente artistici» . Questi presupposti non potevano non far spalancare gli occhi su un modello di artista-poeta quale per esempio fu Giorgione, tanto da stimolare la pubblicazione che nel mise in luce l’immensa qualità del sentimento nel pittore di Castelfranco Veneto . Giorgione si era separato dallo storicismo mantegnesco, opponendo una cultura diversa, dominata dallo spirito di ricerca del sentimento. L’interesse per Leonardo, di poco successivo, era inevitabile, laddove l’identità non si rintraccia in due blocchi distinti, ciascuno includendo l’artista e lo scienziato, bensì nel collegamento tra le due attività dell’uomo. Così l’intera indagine su qualsiasi attività artistica, per Venturi andava condotta attraverso l’analisi dell’insieme delle preferenze nell’ambito della cultura, quelle che accomunano gli artisti e che ci permettono di circoscrivere epoche e scuole: tale è il gusto. Ed è l’arte a distinguere ciascuno degli artisti. Elaboratissimo processo storico-critico, quello che del Gusto venturiano illustra Argan, qui appena accennato e che solo il buon senso consiglia di non ulteriormente appesantire di chiose o circonvoluzioni linguistiche ed estetiche sopra i suoi caratteri fondanti. Sarebbe un pessimo servizio, sia nei confronti della già ampiamente chiarificatrice prefazione arganiana – a sua volta sintesi dell’adesione discepulare al pensiero del maestro - sia, soprattutto, nei confronti di un testo la . G.C. A, Prefazione a L. V, Il gusto, cit., p. XIX. . L. V, Giorgione e il giorgionismo, Milano . . «È ben noto ciò che l’insegnamento di Lionello Venturi offrì, negli anni della formazione torinese, al giovane Argan, da una larga piattaforma storica proiettata verso la contemporaneità, agli spiragli metodologici aperti con la nozione di “gusto” e con Introduzione cui scorrevolezza concettuale è talmente limpida che qualsiasi altra intromissione frapposta alla sua lettura, almeno in questa sede sarebbe delittuosa . Si presenta ora, piuttosto, l’occasione per capire la germinazione di quei concetti e il loro radicamento. Perché le approfondite analisi, dallo studio dell’imitazione della natura in Aristotele alla rivelazione di Dio in Plotino, dalla nuova concezione dell’artista in Filippo Villani alle sovrapposizioni di antico e moderno in Leon Battista Alberti e così via, sino ad arrivare al primitivismo dei macchiaioli e degli impressionisti, tutto ciò è presente ne Il gusto dei primitivi: ma nel ’. Prima c’è il progetto e appunto la sua elaborazione. I prodromi del Gusto individuati da Argan si chiamano Giorgione () e Leonardo (): esatto. Ma ancora prima del Giorgione, direi, potremmo spingerci; e nello stesso periodo del Leonardo, sicuramente, il fieno in cascina è già parecchio. Nel il ventiduenne Lionello, appena laureato ma già autore di stimolanti scritti sull’arte, vince addirittura un premio con Le origini della pittura veneziana, -, dove preponderante traspare l’impressione di un punto di vista sulla natura completamente opposto alle consuete convinzioni che gli studiosi avevano fin lì promulgato. Qualche tempo dopo, nel , lo studioso tenta un primo approccio con la carriera didattica universitaria a Padova e dedica un corso libero alla pittura veneziana. E’ una brevissima esperienza che si esaurisce in appena quattro lezioni: La pittura veneziana nella storia dell’arte; Le fonti per la conoscenza di Giorgione; Le opere prime di Giorgione; Le opere attribuite a Giorgione. Una prolusione al corso illustra una panoramica già individuabile in una nuova critica sull’arte che tiene conto, innanzitutto e per l’identificazione di storia dell’arte e storia della critica d’arte, al calore di un impegno applicato anche alla difesa del patrimonio artistico». M. C, Giulio Carlo Argan, ora in Giulio Carlo Argan - Storico dell’arte, critico militante, sindaco di Roma, Mostra storicodocumentaria (Roma, Università “La Sapienza” Museo dell’arte Classica, febbraio – aprile ) a cura di Carlo Gamba, s.l. [Roma], s.d. [], p. . . Peraltro le principali tematiche venturiane sono state oggetto di capillare e approfondite analisi, in ultimo, in M. C, La prospettiva estetica di Lionello Venturi, Firenze . La storia critica dell’arte nel magistero di Lionello Venturi apparente paradosso, dei suoi esiti ultimi: la visione impressionista. «Per la pittura, l’ultima conquista è della prospettiva aerea, intesa come visione della natura ottenuta a traverso il colore prima che a traverso la forma» . Siamo all’inizio del discorso e subito si chiama in causa l’argomento principale dell’arte pittorica contemporanea per rintracciarne le origini: la conquista della natura con il colore. Con altrettanta prontezza Venturi sostiene che tale prospettiva aerea viene inventata, per la prima volta nella civiltà, a Venezia; non indotta dall’arte greca, né da quella medievale, né dal Quattrocento anche inoltrato dei maggiori centri quali Firenze e Bruges, dove la linea prevaleva ancora sulla massa «e il disegno sul colorito». E’ a Venezia che, all’inizio del Cinquecento, «un pittore si liberava dalla prevalenza della linea, si poneva a guardare la natura prima nelle sue masse coloristiche che nelle sue forme, accordava la qualità de’ colori con il valore de’ toni, sopprimeva i contorni, trasformava il chiaroscuro in effetti di luce e di ombra, faceva insomma della pittura e non del disegno colorato» . Questi è Giorgione. E il Giorgione della Tempesta, l’opera principe portata come esempio dal Venturi, è un proto-impressionista, giacché «prima, il pittore vedeva il paese dalla finestra dello studio, e quindi in un eterno secondo piano: ora, egli è uscito all’aperto, si è posto fra gli alberi e i fiumi, si è sentito una cosa sola con essi. Per la prima volta è la natura intera che parla». Ma quella padovana è una fugace esperienza, come detto, dopodiché «interruppi un po’ bruscamente le mie lezioni, per aver trovato un bel giorno i soli banchi pronti ad ascoltarmi religiosamente», così come scrive in una lettera indirizzata a tale Dr. Albanesi, probabilmente funzionario amministrativo dell’università di Padova . . L. V, La pittura veneziana nella storia dell’arte, Prolusione a un corso libero sulla pittura veneziana nel secolo XVI tenuta nella R. Università di Padova il dicembre , Roma , p. . . L. V, La pittura veneziana, cit., pp. -. . Debbo un ringraziamento a Giuliana Tomasella che molto cortesemente ha messo a mia disposizione la notizia sui titoli delle lezioni e la citazione della lettera; documentazione proveniente dall’Archivio storico dell’Università di Padova. Introduzione Tuttavia possiamo arretrare ancora di più nel tempo, per trovare il primo seme inserito da Lionello nella propria formazione di storico della critica dell’arte. Difatti non ha ancora vent’anni, ma comunque già alle spalle tre articoli scritti per la rivista del padre Adolfo (“L’Arte”) , quando pubblica un saggetto che davvero mostra poco o nulla della caratteristica inesperienza dei principianti. Lo scritto non viene quasi mai citato nel contenuto dagli esegeti del Venturi, se non come presenza numerica nell’ambito del lungo elenco della sua bibliografia, eppure qui si rintraccia, almeno a mio parere, quella fase di avvio che, soprattutto dopo il “rodaggio” delle prime lezioni torinesi, culminerà nel Gusto. Quasi a dispetto del titolo, dissimulante l’attesa di una panoramica vagamente antiquaria, Venturi coglie il momento delle grandi scoperte (e riscoperte) dell’antico, recuperato nel suo apice, troppo spesso con disinvolta libertà, circa dall’ultimo ventennio del Quattrocento ai primi del Cinquecento. Ma il problema che si pone il giovane studioso, non tanto consiste nel capire la misura e la qualità delle arti che andavano saccheggiando e rielaborando a piene mani temi e forme dei reperti classici, quanto individuare le possibilità stesse di quel recupero, e forse le occasioni perse, verso una tradizione che si voleva dai più destinata a soccombere. Lo fa attraverso l’analisi di un testo pubblicato in latino a Milano nel , il Simia di Andrea Guarna da Cremona, opuscolo rintracciato dal Venturi, forse come unica copia superstite, nella biblioteca di Vienna. Il poemetto redatto in forma di dialogo semi-burlesco e fortemente corrosivo (e sicuramente destinato ad essere rappresentato in pubblico), viene commissionato da Gian Ludovico Pallavicini, marchese di Cortemaggiore e Capitano di guerra, con lo scopo dichiarato di combattere gli avari, gli usurai e gli sperperatori di denaro. . Si veda la prima bibliografia leoventuriana pubblicata in coda a questo volume, tra gli Apparati. . L. V, Medievalismo artistico al principio dell’età moderna, “Rivista d’Italia”, estratto dal fascicolo di Gennaio , pp. . La storia critica dell’arte nel magistero di Lionello Venturi I personaggi principali sono un greco chiamato Demetrio e soprannominato Simia (scimmia), San Pietro e Bramante. Quando Simia sente avvicinarsi la morte serra le labbra per non farsi sfuggire l’anima, ma questa trova altre innominabili vie di fuga e si incammina, insieme con quelle di altri defunti, verso il Paradiso per presentarsi al giudizio di San Pietro. «Il San Pietro di Andrea Guarna è il tipo perfetto del moralista borghese. Campanilista per la sua Roma, odiatore della cultura greca, ma non della dottrina medioevale tradizionale romana, di quella dottrina che era preferita, alla fine del Trecento e al principio del Quattrocento, dal Petrarca, dai primi umanisti. Raffinatosi nel Quattrocento, unitosi con l’eleganza dell’arte contemporanea, si rivolse a trarre ammaestramenti dall’ellenismo, proprio come Pietro non avrebbe voluto. Si sentì troppo, secondo lui, il desiderio di statue, e si affievolì il senso della praticità» . Gli ideali del Guarna, alias il greco Simia, e di San Pietro partono da punti di vista differenti per approdare a conclusioni morali simili che Venturi definisce proprie di un ideale borghese, «più o meno tendente alla democrazia». Tutto l’opposto di quanto attuato dalla Curia romana in terra che in quel momento sperpera somme ingenti per una renovatio monumentale e molto paganeggiante, quindi aristocratica. Il Guarna individua una vittima perfetta: Bramante, il “maestro ruinante” dell’antica basilica costantiniana. Questi prima cerca di difendersi addossando, in modo grottesco, le responsabilità a Giulio II («io l’ho consigliato così per alleggerire la borsa di Giulio che stava per scoppiare. Ed era brutto vedere tant’oro fermo in un luogo solo») , poi rilancia addirittura spavaldamente, proponendo a Pietro di buttare giù il Paradiso e ricostruirlo nuovo; in caso contrario si dice pronto ad andare all’Inferno e ricostruire quello, ormai consunto dalle fiamme. San Pietro non si lascia intimidire né recede dai suoi ideali, quindi costringe Bramante a rimanere in attesa davanti alle porte del Paradiso, sino a che il nuovo tempio di Roma non sia del tutto finito. «Non si poteva meglio canzonare la foga costruttrice e demolitrice . Ibid., p. . . Ibid., p. . Introduzione dell’architetto urbinate», dice Venturi, ma il paziente (moderato, diremmo noi) ideale di San Pietro si presenta edulcorato se accostato a quello del Guarna; che non è l’ideale cattolico romano ma «si avvicina molto di più al cristiano primitivo, ed è poi in contrapposizione assoluta col paganesimo allora dominate nella curia romana» . Però l’arte figurativa subì passivamente le infiltrazioni del classicismo – certo, le eccezioni intuitive di un Raffaello, per esempio, emergono eccome – che profondeva capolavori pagani «troppo potenti perché non rimanessero ben presto vittoriosi. I tipi, togati e armati alla romana, produssero nelle arti figurative lo stesso effetto che il periodare ciceroniano nelle lettere; snaturarono il pensiero, lo resero astruso e lo soppressero. E soppressa appunto nelle arti figurative fu ogni delicatezza di sentimento, ogni soffio di poesia» . Ecco, l’evocazione del sentimento trascurato, avvilito, perduto, a conclusione del precoce scritto venturiano servirà, ora forse lo sappiamo davvero, come primo aggancio per lo sviluppo di tutte quelle fasi ricostruttive della letteratura artistica, medievale e rinascimentale, sperimentate nelle lezioni impartite nell’università torinese negli anni Venti del Novecento e in parte ripresentate in questa sede. Esiste e persiste in Venturi, forse al di sopra del richiamo all’attenzione sul sentimento, un’urgenza ineludibile che regola l’intero percorso: la riacquisizione di un corretto senso storico. Operazione difficile ma non procrastinabile, imposta soprattutto per frenare le interferenze di un mercato antiquariale che nel giro del secolo si mostra scatenato, tendente a cortocircuitare i delicati equilibri estetici che, proprio nel primo ventennio del Novecento esplodono con le torrenzialità crociane , le quali, a loro volta, costituiscono un problema d’identità per la teoria della critica d’arte che Venturi intende costruire. Ma è il problema del mercato dell’arte che lo studioso provvede a gettare subito sul tappeto. Lo fa nella prolusione ai suoi primissimi . Ibid., p. . . Ibid., p. . . Oltre che di seguito, si avrà modo di recuperare altri ampi riferimenti alla bibliografia crociana nelle note alle lezioni di Venturi presenti in questo libro. La storia critica dell’arte nel magistero di Lionello Venturi corsi nell’università di Torino – quando nel prende la guida, lasciata l’anno precedente da Pietro Toesca, della neonata cattedra di storia dell’arte – , anche se aveva già allarmato, con le stesse preoccupazioni, i convenuti al X congresso internazionale di storia dell’arte, tenutosi a Roma tre anni prima. Nell’uno e nell’altro caso Venturi procura di far emergere quanto nell’opinione pubblica il disprezzo totale, o l’incondizionata accettazione, di qualsiasi fatto artistico, fosse discrimine praticato per agglomerati indistinti, imposti e controllati, laddove «[. . . ] si rinunzia, senza accorgersene, alla coscienza estetica. Accettando in blocco la produzione secolare, si ammirano le opere d’arte, senza analisi, senza critica, senza distinguere l’attività artistica dall’abilità pratica o dal soggetto illustrato» . Tale è la sintesi che vuole affermare il principio di una rigorosa selezione, basata su principi etici addirittura prima ancora che estetici, assunta da Venturi come guida di una condotta che manterrà sempre e che è coerente con il concetto generale delle sue idee . . Nel viene creato a Torino l’Istituto di Storia dell’arte e il primo incarico dell’insegnamento di Storia dell’arte medioevale e moderna viene affidato a Pietro Toesca. Questi manterrà la cattedra sino all’anno accademico – , per poi trasferirsi a Firenze. Venturi, contrariamente a Toesca, mostra subito una inedita apertura verso le sollecitazioni esterne, sia dell’arte e del collezionismo appartenenti alla sfera contemporanea italiana (Riccardo Gualino, i Sei, Felice Casorati ecc.) che straniera (Impressionisti, Cézanne ecc.). In questo rinnovato “cenacolo” accademico hanno modo di formarsi ed esprimersi le migliori intelligenze di cui poi si avvarrà l’università torinese, quali Giusta Nicco (già assistente volontaria con Toesca) e altri più giovani studiosi quali, per esempio, Anna Maria Brizio, Aldo Bertini, Giulio Carlo Argan, Mario Soldati. Si v. M. A, Note e documenti sulla prima attività dell’Istituto di Storia dell’arte di Torino: Pietro Toesca e Lionello Venturi, in Toesca, Venturi, Argan: storia dell’arte a Torino, – , a cura di Michela di Macco, Roma , pp. – ed E., Da Toesca a Venturi. Alle origini dell’Istituto di Storia dell’arte a Torino, “Quaderni di storia dell’Università di Torino”, a cura di Angelo d’Orsi, I, , pp. – . Relativamente allo stesso primo trentennio dell’ateneo piemontese si v. anche G. R, Pietro Toesca a Torino, in Toesca, Venturi, Argan: storia dell’arte a Torino, cit., pp. – e M. di Macco, Lezioni d’orientamento: gli ultimi anni dell’insegnamento di Lionello Venturi nell’Università di Torino. La formazione di Giulio Carlo Argan, in Ibid., pp. – . . L. V, La posizione dell’Italia nelle arti figurative, dalla Nuova Antologia, Roma , p. . Per l’intero argomento e per i riferimenti a Croce si v., in ultimo, M. C, La prospettiva estetica, cit. (in part. il cap. IV, Venturi interprete di Croce, pp. – ) e M. Nezzo, «Bandire l’imperfezione è distruggere l’espressione»: Ruskin letto da Lionello Venturi, “Annali di critica d’arte”, n. , , pp. – (in part. le pp. -). . Le quali sono sempre e comunque idee politiche, connotate di uno strenuo liberismo