IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO IL NUOVO E BOOK DI FRANCO IVALDO IL MISTERO
DELLA
CIOTOLA
D'ORO
DI
BUDDHA
IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Romanzo
Porta a Bruxelles e ad Avignone la
ricerca della "madre" di tutte le
reliquie: il Sacro Graal.
L'enigma del libro di Marco Polo “Le
livre des merveilles”, cioè “Il Milione”,
scritto, sotto sua dettatura, dal
pisano Rustichello nelle carceri
genovesi di San Giorgio. Una storia
tenebrosa.
Un misterioso catino di color verde
smeraldo trafugato dai Crociati di
Goffredo di Buglione in Terra Santa.
IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Sur les ponts d'Avignon on y danse, on y danse. Sur les ponts d'Avignon, on y
danse tous en rond.
(Antica ballata popolare francese della Langue d'Oc)
1
Marcello Adriani un giovanotto di ventisei anni, occhialuto e lentigginoso studente di letteratura francese, leggermente miope, vero topo di biblioteca, attendeva pazientemente il suo volo, nella sala dʹaspetto dellʹ aeroporto ʺCristoforo Colomboʺ di Genova. Era saltato su un taxi a Brignole, poco distante dalla sua abitazione di via Sauli, dove viveva col padre Giorgio e la madre Anna. Aveva gettato la valigia e la borsa da viaggio accanto a sé sul sedile posteriore dellʹauto. Era partito con un certo anticipo, quasi a voler sottolineare lʹimpazienza di correre a Parigi a sostenere quellʹesame di laurea alla facoltà di lettere e filosofia della Sorbonne. Voleva fare il professore di francese. Le fotocopie della tesi erano state inviate alla prestigiosa Università della Ville Lumière per posta raccomandata. ʺDove se ne va di bello?ʺ aveva chiesto il tassista colombiano, durante il tragitto. ʺParigi.ʺ ʺBella città. Ho dei parenti da quelle parti.ʺ ʺAh, sì ?ʺ aveva risposto con finto interesse, pensando: Colombo è andato da loro; giusto che adesso loro vengano da noi. Le juste retour des choses. Era una giornata di tramontana sul finire della primavera ed era giunto allo scalo tutto spettinato con i capelli castano‐ rossicci al vento. Aveva davvero la faccia dellʹintellettuale moderno, stanco e decadente. Niente di strano che i suoi compagni al liceo lʹavessero ribattezzato Woody Allen. Lʹaveva presa bene, perché nella vita si appassionava per due cose, in genere: la letteratura francese ed il cinema. I libri che non aveva letto se li vedeva sul grande schermo ed i films che non aveva visto se li leggeva. Ma accadeva di rado che non avesse visto gli uni o letto gli altri. Woody Allen da giovane, naturalmente, era il suo attore preferito, data la vaga somiglianza. Topo da biblioteca e da cinema, così si era definito un giorno. Nelle biblioteche e nelle sale ci sarebbe andato con la ragazza. Solo che finora non aveva trovato la IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO sua anima gemella. Era entrato a passo spedito nella stazione aeroportuale con le piste sul mare che suo padre, originario di Sestri Ponente, ricordava di aver visto costruire, intorno alla fine degli anni Cinquanta o giù di lì. ʺBella giornata per volare ‐ aveva pensato ‐ proprio lʹideale ed il tempo sulla Francia, magari sarà anche peggio!ʺ Si accese una sigaretta. Stava smettendo di fumare e per questo le contava. ʺQuattro ‐ disse ‐ e non è neppure mezzogiorno. Meno male che a bordo non si fuma.ʺ Aveva ingurgitato un cappuccino ed una brioche al bar del salone dʹaspetto , si era acquistato lo storico quotidiano genovese, il ʺDecimononoʺ e, sempre ansioso per la paura di arrivare in ritardo, si era precipitato al check‐in, appena aperto. Non cʹera ancora fila. Era solo. Diede subito il biglietto alla ragazza in verde che gli sorrideva al di là del bancone. Consegnò il bagaglio sui rulli scorrevoli. Spero proprio di rivederla al Charles de Gaulle, pensò lanciando uno sguardo dubbioso alla valigia che si allontanava. ʺBagaglio a mano ?ʺ ʺSì, questo sacco che ho a tracolla.ʺ ʺMe lo dia comunque. Metto lʹetichetta. Poi passerà i controlli, prima di entrare in sala dʹattesa.ʺ ʺQuante verifiche...ʺ ʺDi questi tempi!ʺ replicò, sorridendo lʹimpiegata. Infatti, altri controlli vi furono e poi, finalmente, la chiamata dʹimbarco. In orario. Il Boeing 707 dellʹAlitalia si staccò finalmente dalla pista, mentre lui, guardando dritto davanti a sé (lontano dal finestrino, posto di corridoio) si chiedeva, come tutte le volte in cui metteva piede su un aereo, come diavolo facesse quel coso a sollevarsi da terra e, soprattutto, a rimanere in aria. Si era spesso interrogato: sarà più difficile il decollo oppure lʹatterraggio? Lʹaveva persino chiesto ad un pilota, il quale gli aveva sorriso e risposto con un laconico:ʺDipende...ʺ ʺDa cosa ?ʺ ʺDalle condizioni del tempo, della pista, dellʹaeroporto. Per il resto, le due operazioni si equivalgono per noi piloti....ʺ Così, da allora, si era sempre informato sugli aeroporti sicuri, evitando naturalmente voli charters e piste di atterraggio da...terzo mondo. Il volo per Parigi andò liscio come lʹolio. I passeggeri avevano ballato abbastanza nella prima parte per una moderata perturbazione atmosferica. Ma il sole aveva fatto capolino attraverso le nubi proprio sulla Francia settentrionale. Davvero IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO insolito, ma stavolta il Nord batteva il Sud quanto a cielo azzurro e sereno. A metà volo era stato distribuito dalle hostess il pranzo agli ostaggi sui vassoi di plastica. Tutti bravi ed obbedienti avevano ingurgitato quello che passava il convento, senza battere ciglio. Poi si era acceso il segnale di ʺ raddrizzare gli schienali ed allacciarsi le cintureʺ. Diverse belle scosse quasi telluriche, mano a mano che lʹuccello dʹacciaio scendeva di quota; passeggeri apparentemente disinvolti, ma con una strizza tremenda per i più. Fra questi ultimi, naturalmente, il laureando genovese. Corsa al taxi. Indirizzo gridato allʹautista algerino: ʺrue Tronchet, Hotel La Madeleine.ʺ ʺAlla Madeleine, alors!ʺ ʺSì nel quartiere omonimo. ʺ Eccoli, dopo un quarto dʹora di fila, allʹEtoile, Champs Elisées, Place de la Concorde, Eglise de la Madeleine e relativa place. Click del tassametro che si spegne, contata di euro con pourboire. E via dritto allʹalbergo. Un hotel tre stelle, senza infamia e senza lode. Sempre meglio che finire alla puce joyeuse ( ʺla pulce allegraʺ come chiamava scherzosamente una certa tipologia di hotels non del tutto raccomandati dalle guide turistiche). Ispezionò la stanza e gettò sul letto la borsa da viaggio contenente , tra le altre cose, la sua tesi di laurea. La valigia, miracolosamente, lʹaveva ritrovata sui rulli, come promesso. Charles de Gaulle ‐ aveva pensato ‐ si è fatto onore. Leonardo da Vinci (Fiumicino) a volte fa qualche scherzo rinascimentale. Si fece portare in camera una birra ed un panino, in attesa della cena. Conosceva, lì alla Madeleine, un piccolo bistrot ʺLe Crocodileʺ gestito da due fratelli corsi. Una cucina niente, male. Non era quella genovese, eh, intendiamoci, ma andava bene. Doveva rileggere la sua tesi. Aveva scelto qualcosa di originale: commentare nella lingua dʹOltrʹAlpe un testo che, a rigore, non apparteneva alla letteratura francese, ma era stata scritto nella lingua dʹOc, o più probabilmente in Provenzale, da un cittadino pisano. Il libro famoso, oggetto della sua tesi era ʺLe Livre des merveillesʺ anche noto come Il Milione di Messere Marco Polo. Lʹ aveva letto in italiano da ragazzo ed era una icona per tutti coloro che sognavano i grandi viaggi. Aveva ispirato Cristoforo Colombo, il globo e le mappe di Paolo del Pozzo Toscanelli, il sapiente fiorentino che aveva incoraggiato il grande navigatore genovese a tentare di buscar lʹOriente per IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO lʹOccidente. Da giovane, ricordava, lui avrebbe voluto fare il capitano di mare come suo padre ormai in pensione. Ma un insegnante, alle medie, lʹaveva caldamente sconsigliato di iscriversi al Nautico, indirizzandolo sugli studi del liceo classico. ʺGuarda che la matematica e le materie scientifiche proprio non ti entrano in zucca. ‐gli aveva detto, severo ‐ Prova con le lettere. Al Nautico cʹè un sacco di matematica e di trigonometria. Beh, dovranno pure calcolare le rotte i capitani di lungo corso. Eppoi, non offenderti eh, ma quanto a fisico sei piuttosto scarso...ʺ Suo padre, vecchio lupo di mare genovese scrutando quel figlio allergico alla matematica, magrolino e senza muscolatura di rilievo, decisamente di tipo intellettuale, aveva esclamato ʺBelìn ! Ma quale capitano ?ʺ e aveva dato, senza compromessi di sorta, ragione al professore. La madre veneziana aveva esclamato ʺFiol dʹun can, son anni che te lo dico. Un navigante in famiglia basta e avanza!ʺ E aveva lanciato unʹocchiata di riprovazione al marito pensionato di lungo corso.ʺToso, scegli lettere come tuo nonno Tobia, il mio babbo, che insegnava lʹitaliano.ʺ ʺEra un maestro elementare.ʺ aveva precisato suo padre, nel caso lei si fosse montata la testa. Comunque, lui aveva dovuto ammetterlo e dire addio ai suoi idoli di gioventù: Marco Polo, Vasco da Gama, Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci, Ferdinando Magellano. Aveva abbracciato una nuova fede: Dante, Boccaccio, il Petrarca... Poi, in fondo, aveva trovato la sintesi del suo amore per il lessico italiano e quello francese, la sua passione per i grandi viaggi degli avventurieri di terra e di mare, con quel libro che il veneziano Polo aveva dettato al pisano Rustichello nelle carceri del palazzo di San Giorgio. La sua Genova aveva catturato entrambi in due battaglie navali. Il veneziano era stato carcerato presumibilmente dopo la battaglia di Curzola del 1298 vinta da Lamba Doria. Così Marco che era stato assieme al padre ed allo zio nel Catai (la Cina) del Gran Khan poté dettare le sue avventure a Rustichello. Il libro ebbe, come tutti gli storici sanno, notevole ed immediato successo. Prima come manoscritto e poi ‐ dopo lʹinvenzione di Gutenberg ‐ venne dato alle stampe in edizioni tradotte in varie lingue. Nel Cinquecento, lʹumanista Ramusio ne fece una versione in italiano dal latino. Il ʺMilioneʺ, conosciuto in Francia come Le livre des merveilles, ebbe la massima diffusione tra il XIV ed il XVI secolo. Ma è sopravvissuto nellʹarco di sette secoli. Possono esservi state manipolazioni al testo originale da parte delle autorità IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO ecclesiastiche ? Possono, dato che a quei tempi la Chiesa cattolica aveva una certa voce in capitolo, per così dire, negli avvenimenti temporali. Ma quel che interessava in primis, lo studente ligure era la lingua in cui era stato scritto (Provenzale probabilmente, con qualche venatura toscana o veneta, dato il lessico in cui si esprimeva il narratore). Un filologo o un glossatore avrebbe detto franco‐italiano volgare. Lʹoriginale del manoscritto era andato perduto. Marcello aveva concentrato la sua attenzione sul letterato Rustichello nella lingua che in quellʹepoca era parlata, appunto, da nobili e letterati. Rustichello aveva già scritto il romanzo ʺGuiron le courtoisʺ ed un poema ʺMeliadusʺ. Marco Polo dettava, in carcere, e lui scriveva quello che doveva passare alla storia come ʺIl Milioneʺ, dovuto forse ad un soprannome di famiglia dei Polo detti gli Emilione. Ne era certo: la sua tesi di laurea era originale a sarebbe piaciuta al professor Julien Delacroix, con il quale doveva appunto discuterla lʹindomani per conquistarsi lʹagognato titolo di professore abilitato alla docenza del francese. Aveva intitolato la sua tesi da buon linguista: ʺIl Francese, quando la Francia non cʹera.ʺ 2 Il prof. Julien Delacroix, tipo magro e allampanato intorno alla cinquantina, si rischiarò in volto quando lo vide apparire davanti al bancone dellʹesame. ʺPuntuale come un orologio, anzi persino in anticipo. Di solito voi italiani...ʺ Due assistenti sedevano, una a destra e lʹaltra a sinistra del professore, il quale volle presentarle: le professoresse si chiamavano, Jasmine Bihar, portava il velo e poteva essere unʹiraniana e lʹaltra, Eve Levy era ebrea. Lo disse lei stessa presentandosi come professoressa di religioni comparate allʹUniversità di Gerusalemme. Preparava alla Sorbonne un master sul Talmud. Una donna piccola e minuta con vivacissimi occhi neri e dallʹaria un poʹ spiritata. Anche Jasmine, più anziana, era una specialista della stessa disciplina, ma di religione coranica e sapeva tutto sul Libro Sacro ai maomettani, il Corano, appunto. Si tolse il velo. Ricordava vagamente Benazir Bhutto, la donna politica pachistana che era stata uccisa dai terroristi, prima delle elezioni cui era candidata dopo essere tornata nel suo paese dallʹesilio. Marcello, piuttosto intimidito, rivolse un saluto corale al collegio esaminante, IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO cui venne ad aggiungersi, allʹultimo momento mademoiselle Astrid De Jong. Un tipo eurasiatico. Padre di razza bianca, madre di razza gialla; madre di razza bianca, padre di razza gialla. Anche nella ruota del Tao, come nel suo caso, più di quelle due possibilità non esistevano: yin o jian. Il primo a parlare fu lʹesaminatore : ʺMon cher ami, disse, la sua tesi è molto promettente. Vogliamo discuterne ? Lʹinterpretazione del testo mi sembra valida. Vi sono, addirittura, elementi di novità nella Glossa che definirei piccole scoperte filologiche. Dico, bene, mie care ?ʺ chiese rivolto alle tre assistenti. Volle precisare il perché della loro presenza nellʹaula di esame della facoltà di lettere e filosofia. Marco Polo, nel libro che adesso discuteremo, parla diffusamente di quattro religioni: il Cristianesimo, lʹEbraismo, con riferimenti alla Bibbia, lʹIslam con riferimenti al suo profeta Maometto ed il Buddhismo cui allude ripetutamente definendola una religione da idolatri, quella appunto del Gran Khan del Catai, di cui lui , il padre e lo zio erano ospiti e dal quale ricevettero grandi favori. Ho voluto fossero presenti rappresentanti di queste tre religioni. Ed io, naturalmente, rappresento la quarta, il Cristianesimo, essendo nevvero un buon cattolico. ʺOui, mon professeur!ʺ dissero, allʹunisono Jasmine ed Eve. ʺVi sono molti punti da approfondire. ʺ dichiarò Astrid De Jong, con tono glaciale. Lui cominciava a trovarla decisamente antipatica. ʺDunque, ‐ esclamò Delacroix ‐ mi chiarisca con quale intuizione ha compreso che quel Prete Gianni di cui si è parlato come di una figura mitica per tutto il Medio Evo e che Polo e Rustichello descrivono “ad abundantiam” nellʹ opera in questione poteva essere, nella lingua usata da Rustichello, Pretre Jaune , Prete Giallo anziché Prete Gianni come è scritto nel testo. Un semplice errore storico di un traduttore‐ traditore immagino. ʺ ʺEbbene, professore, vorrà convenire con me che per un asiatico, chiamarsi Prete Gianni oppure Pretre Jean sarebbe stato abbastanza singolare. Ricordavo di aver letto da qualche parte che i monaci buddhisti vestivano la veste gialla. Ma non solo i monaci. A quanto pare era anche lʹabito preferito di alcuni regnanti favorevoli a questa religione. Poteva trattarsi di un regnante buddhista dellʹepoca. Gli studi successivi hanno dimostrato che si trattava di un certo Togril o Toghrul, un sovrano appunto. Per me, un sovrano ʺidolatraʺ per dirla col Polo. Era a capo, questo ʺprete gialloʺ, di una tribù mongola. Si era alleato con un altro re‐guerriero, Temudin; ne aveva sposato la nipote. Forse IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO proprio per questo, non andarono più dʹaccordo. Non solo non furono più amici, ma si combatterono e Togril venne sconfitto. Nel libro che stiamo commentando viene anche definito Unc Kan, e ciò conferma la stirpe reale. ʺBravo!ʺ esclamò Delacroix. Ciò dette a Marcello un coraggio da leone e ribatté, palla su palla, le insidiose domande della perfida professoressa Astrid, come in una partita a tennis. Le altre due assistenti lanciavano con meno foga e spirito polemico, ma in fondo lʹerede degli idolatri buddhisti era Astrid. Le altre rappresentavano religioni monoteiste, con radici comuni. ʺSenta giovanotto, mi rendo conto che la domanda riguarda più la mia specialità storia comparata delle religioni che non la sua tesi, ma vedo dal testo presentatoci apparire diverse volte il nome Sagamoni Borcan. Può dirmi a chi si alludeva ?ʺ ʺIl Milioneʺ ci racconta, replicò con tono di trionfo, la vita leggendaria di ʺSakyamuni, il saggio dei Sakya , Siddharta Gautama, definito il Buddha. ʺ Lʹatteggiamento di Marco Polo verso gli ʺidolatriʺ ? Eʹ presto detto. Capitolo LXXXI del ʺMilioneʺ, laddove si spiega perché il Gran Khan non si fece cristiano: ʺVi sono ‐ aveva detto Kublai Khan quattro profeti che sono adorati e venerati in tutto il mondo. Gesù, Maometto, Mosé e Sagamoni Borcan. Lui li onorava e rispettava tutti, ma si teneva il suo Sagamoni, al secolo Sakyamuni, il saggio dei Sakya. Però era tollerante, Kublai Khan e, infatti, aveva chiesto ai Polo, nel loro primo viaggio al quale non partecipò Marco, di recarsi dal Papa e chiedergli di inviargli dei messi per spiegargli la nostra religione e portargli una ampolla di olio della sacra lampada di Gerusalemme.ʺ Altra palla da ribattere, lanciata dalla crudele Astrid: ʺCapitolo CLXXIX del ʺMilioneʺ, intitolato ʺAncora sullʹisola di Seilanʺ. Mi dica qualcosa al riguardo...ʺ ʺSeilan è Ceylon, attuale Sri Lanka. Questʹisola, narra il Polo, ha una montagna molto alta dalle pareti scoscese ; nessuno potrebbe salirvi se non così: dallʹalto della montagna pendono molte catene di ferro congegnate e fissate in tal maniera che gli uomini possono arrampicarsi aiutandosi con esse fino al sommo della montagna. Dicono che lassù ci sia il sepolcro di Adamo nostro progenitore. Dicono così i saraceni. Gli idolatri, (ʺ presumo si tratti sempre dei buddhistiʺ, chiosò Marcello), dicono, invece, che è la tomba di Sagamoni Borcan.ʺ ʺIl Milioneʺ di Marco Polo così continua: ʺQuesto Sagamoni fu il primo uomo che sia stato fatto idolo. Perché, secondo la leggenda, è stato lʹuomo migliore che abbia mai vissuto; e fu il primo che abbiano venerato come santo, e il primo loro idolo. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Era figlio di un gran re ricco e potente ed era di tale santa vita che non volle occuparsi mai di alcuna cosa mondana né diventare re. Il padre, appena vide che suo figlio non voleva diventare re né voleva interessarsi a nessuna cosa mondana, fu preso da gran collera: gli fece grandi offerte, gli disse che voleva incoronarlo e lasciarlo regnare come gli piacesse: avrebbe abdicato, non avrebbe più comandato, lasciando al figlio ogni potestà. Il figlio replicò di non volere nulla. Poi, quando il padre fu certo che non voleva la signoria, si addolorò così profondamente che quasi ne morì; aveva questo figlio solo e non sapeva a chi lasciare il trono. ʺIl re allora ‐ prosegue il racconto del viaggiatore veneziano ‐ pensò di agire in questo modo: decise di fare una cosa che, secondo lui, avrebbe piegato volentieri il figlio ai piaceri terreni e che gli avrebbe fatto prendere regno e corona. Lo fece alloggiare in un palazzo grandioso con fanciulle attraenti per servirlo. Nessun uomo osava entrare là dentro; soltanto le fanciulle erano con lui, lo mettevano a letto, gli preparavano la tavola, e gli facevano sempre compagnia. Cantavano e ballavano alla sua presenza e cercavano di divertirlo il più possibile, secondo il comando del re. Ma nessuno poté far sì che il giovane si lasciasse sedurre dalle cose amorose, anzi sembrava sempre più risolutamente casto. E faceva una vita molto austera secondo le loro usanze. Dovete sapere ‐ prosegue il racconto ‐ che il giovane era cresciuto con tanta delicatezza che non aveva mai messo piede fuori dal Palazzo, e non aveva mai visto un morto, né incontrato nessuno che non fosse sano nelle membra. Il padre non permetteva che gli apparisse davanti un uomo vecchio o infelice. Un giorno il giovinetto, cavalcando per la via, vide un uomo morto e ne rimase stupefatto non avendone mai visti; domandò subito a quelli del suo seguito che cosa fosse: e quelli risposero che era un morto.ʺ ʺComeʺ ‐ disse il principe ‐ ʺallora tutti gli uomini muoiono ?ʺ ʺPurtroppo, è così ʺ gli risposero. ʺIl giovane non disse altro e cavalcava pensoso. Dopo aver cavalcato a lungo incontrò un uomo molto vecchio che non poteva camminare e non aveva denti in bocca perché gli erano caduti tutti per la gran vecchiaia. Quando il figlio del re vide il vecchio domandò chi fosse e perché non potesse camminare. Gli fu risposto che per vecchiaia non poteva camminare e per vecchiaia aveva perduto i denti. Intese a fondo queste cose, del morto e del vecchio, il figlio del re tornò a palazzo e disse che non voleva più stare in questo tristissimo mondo, ma sarebbe andato a cercare colui che non muore mai e che lo IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO aveva creato. Lasciò, dunque, il palazzo di suo padre e se ne andò su monti altissimi e dirupati e visse tutta la sua vita austeramente e castamente facendo molta astinenza. E certo, se fosse stato cristiano, sarebbe stato un grande santo in compagnia di Nostro Signore Gesù Cristo.ʺ ʺDica la verità, giovanotto, ‐ esclamò, scherzando, il prof. Delacroix ‐ ha davvero letto leggende buddhiste o si è limitato a vedere il film di Bernardo Bertolucci ʺIl piccolo Buddha?ʺ ʺCome diavolo ha fatto a saperlo ?ʺ ‐ chiese Marcello ‐ʺEra un bel film.ʺ ammise, con sincerità . Tutto il collegio esaminante scoppiò in una risata. Altra domanda lanciata dalla perfida Astrid: ʺMarco Polo ci parla di un albero solo che si troverebbe da qualche parte in Oriente. Ha idea di che albero si tratti ?ʺ ʺConfesso che proprio non sapreiʺ dovette riconoscere a malincuore Marcello. ʺBeh, il nostro amico ‐ disse, con tono conciliante, il professor Delacroix, venendo in suo aiuto ‐ non può certo sapere tutto. Confesso, professoressa De Jong, che questo albero solo non dice nulla neppure a me.ʺ ʺEffettivamente, sono stata io ad andare completamente fuori tema. Questo è un esame di letteratura francese e non di religioni comparate. Comunque, ho una mia ipotesi su quellʹ albero solo. Si tratta presumibilmente del cosiddetto albero della Bodhi, lʹalbero sotto il quale meditò per unʹintera notte, il Buddha prima di raggiungere lʹilluminazione, il Nirvana, il Risveglio. Lʹalbero si trova a Bodhi Gaya ed è una ficus religiosa, detta così per via della meditazione del Buddha. Ma questa è la mia materia. Mi scuso per la domanda.ʺ ʺPossiamo, dunque, ritenere concluso lʹesame. Le annuncio che lei ha ottenuto la sua laurea in lingua e letteratura francese. Dopo essersi consultato con le altre esaminatrici, aggiunse: ʺCongratulazioni. Il voto finale è centodieci con lode.ʺ ʺVorrei far pubblicare la sua tesi ‐ disse, inaspettatamente, lʹodiosa Astrid ‐ sulla rivista mensile ʺDharmaʺ dellʹIstituto degli Alti Studi Orientali della Sorbonne, se lei non ha nulla in contrario...Eʹ una rivista patrocinata dagli Amis du Bouddhisme di Francia e dalla Pali Texts Society di Londra.ʺ ʺEʹ un grande onore...ʺ rispose, confuso e rosso in volto.ʺ Cominciava a trovarla meno antipatica. ʺSiccome mi piacerebbe aggiungere un mio commento al testo, dove posso rintracciarla?ʺ ʺMa Astrid ‐disse il professore ‐ le coordinate del nostro giovane neo laureato sono sulla tesi che ci ha presentato. Abita in Italia, a Genova, abbiamo indirizzo e IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO tutto ciò che serve. Mi rallegro per lei. Ha già trovato una pubblicazione non è cosa da tutti i giorni.ʺ ʺNo, intendevo, qui a Parigi...ʺ disse lei sostenendo lo sguardo incuriosito delle sue due colleghe, le quali sapevano benissimo il perché dellʹinteresse di Astrid verso il neo‐laureato. Avevano tutte la stessa missione: indagare, discretamente, su un manufatto,un oggetto che le quattro religioni, ciascuna per proprio conto voleva assolutamente trovare. E non da ieri. Da secoli ! ʺEcco il numero del mio cellulareʺ rispose Marcello, tirando fuori dalla tasca un foglietto sul quale lo aveva già annotato per ogni evenienza. ʺSi tratterà a Parigi ?ʺ ʺAlmeno una settimana...ʺ ʺAllora, avremo tempo di rivederci. ʺ tagliò corto Astrid, alzandosi e salutando lʹuditorio. Aveva afferrato il foglietto col numero del suo cellulare e lʹaveva infilato nella sua borsetta. ʺBene, dottor Marcello ‐ si congedò, tendendogli la mano il professore ‐ riceverà tra un mese, a casa, la sua laurea. Contento ?ʺ ʺSono al settimo cielo.ʺ ʺMi rallegro.ʺ ʺCongratulazioni!ʺ lanciarono le due assistenti con amichevoli cenni della mano. Continuavano a dirsi: riferiremo a chi di dovere quanto è stato detto in questʹaula e, nel caso, sappiamo dove trovarlo. Anche il professor Delacroix pensava esattamente la stessa cosa. Il primate di Francia, il cardinale, Pierre Dufour, era stato informato immediatamente da lui di quella tesi di laurea. Cosa sapeva esattamente Marcello ? Le livre des merveilles di Marco Polo era stata la scelta del tutto casuale di uno studente su un punto che, allʹesame appena terminato, nessuno aveva voluto approfondire per non scoprire troppo presto le carte. Oppure che altro? Quellʹoggetto che interessava così tanto al Vaticano era quello cui accennava il Polo; era lʹoriginale oppure una riproduzione ed, in tal caso, dove era finito lʹoriginale ? ʺChissà perché la professoressa Astrid vorrà vedermi?ʺ si chiedeva, speranzoso, Marcello. Se voleva commentare la mia tesi sulla rivista dellʹUniversità poteva farlo benissimo senza consultarmi oltre. Bene, comunque ce lʹho fatta. Eʹ quel che conta! Se almeno avessi qualcuno con cui festeggiare. Beh, lo farò al mio ritorno a Genova con gli amici e le amiche.ʺ Uscito dal palazzo del prestigioso ateneo parigino, compose sul cellulare il numero di casa. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Rispose mamma Anna: ʺCiao Toso, fatto buon viaggio ? Tutto ben? Il babbo è qui con me, ti saluta...ʺ ʺHo fatto lʹesame. Sono laureato. ʺ ʺFiol dʹun can. E me lo dici così...ʺ ʺE come te lo devo dire ?ʺ ʺDì, Giorgio ‐ la sentì gridare ‐ è Marcello. Ce lʹha fatta...Dimmi, quando torni ?ʺ ʺCome convenuto, mamma, una settimana e sono a casa.ʺ ʺVa beh. Riguardati. Stai attento in quella città così grande piena di brutta gente...Ti passo il babbo.ʺ ʺCe lʹhai fatta. Bravo figgeu. Lo sapevo che non mi avresti deluso. Vacci piano a Parigi...ʺ ʺCol fumo ? Stoʹ smettendo...ʺ ʺSì, col fumo. Ciao, va. Un abbraccio.ʺ La comunicazione venne interrotta. Saltò su un taxi e si fece portare allʹhotel. ʺLascerò il cellulare sempre aperto. Chissà quando chiamerà Astrid...ʺ 3 La telefonata lo raggiunse allʹalbergo il giorno dopo. Era lei. ʺSignor Marcello ?ʺ ʺProf.ssa De Jong ? Grazie per aver chiamato.ʺ ʺSenta, conosce il locale la Butte Montmartre, lassù nel quartiere degli artisti vicino al Sacré Coeur?.ʺ ʺE sotto dallʹaltra parte cʹè Pigalle, il Moulin Rougeʺ si lasciò scappare lui, dandosi mentalmente del cretino. Cosa cʹentrava il quartiere a luci rosse col loro appuntamento da fissare? ʺSì, proprio cosìʺ rispose lei con una marcata nota di ironia nella voce. ʺEbbene, troviamoci in quel bar diciamo stasera intorno alle diciotto. Ci prendiamo un aperitivo. Se non ha altri impegni.ʺ ʺVe benissimo così.ʺ Manco a dirlo, arrivò con grande anticipo e si sedette alla terrazza del caffè in trepida attesa, fumando una sigaretta dopo lʹaltra. Al diavolo lʹastinenza. Smetterò quando comincerò ad insegnare il francese ai miei alunni. Il pensiero di avere una cattedra tutta sua lo rincuorò. Il tempo si manteneva sereno e per la città dai cieli bigi cominciava ad essere un piccolo record. Merito del surriscaldamento del pianeta, pensò. Si vede che i tropici stanno salendo a IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Settentrione. A Montmartre, quartiere degli artisti, dovette respingere lʹassalto di cinque o sei pittori e pittrici ambulanti che volevano fargli, seduta stante, il ritratto. Poi, eccola. Alta e slanciata con un incedere elegante. Si alzò di scatto, quasi rovesciando la tazzina del caffè. Si sedettero e fu lei a parlare per prima. Lʹargomento era strettamente professionale e tutte le sue illusioni crollarono in un istante. Chissà cosa aveva creduto. Ma ti sei visto allo specchio, bruttone ? pensò, cercando di celare la delusione. ʺCome le ho detto, farò pubblicare sulla rivista Dharma la sua tesi di laurea. Ma non è questo il motivo per il quale le ho chiesto dʹincontrarla a quattrʹ occhi.ʺ ʺAh, no ?ʺ chiese lui, pensando ʺstai a vedere che cʹè speranza.ʺ ʺCosa ne direbbe se le dicessi che, come primo lavoro, potrebbe fare il traduttore dal francese allʹitaliano per un editore di Bruxelles?ʺ ʺDirei che non sono ancora sveglio. ʺ Voleva aggiungere mi dia un pizzicotto, ma per fortuna si trattenne dallʹassumere un tono troppo familiare. ʺBene. Allora, visto che le interessa, vado avanti. Le dico subito che lʹeditore in questione è mio padre, Jean Baptiste De Jong. Vive a Bruxelles e pubblica collane di libri in francese, inglese, tedesco, spagnolo ed italiano. Trattandosi della capitale dellʹUnione Europea i lettori in queste lingue non mancano di certo.. Si tratta, in genere, di libri di carattere religioso, ma non Bibbie o Vangeli. Sono collezioni di scritti orientali, buddhismo, taoismo, induismo, zen. Capisce ? ʺ ʺAllora, ci vorrebbe un traduttore dal sanscrito, dal tibetano, dal cinese , giapponese o lingue simili. Mi sbaglio?ʺ ʺCerto che si sbaglia. Gli orientalisti dellʹOttocento e del Novecento ci hanno già pensato. I loro studi, le loro traduzioni, in massima parte sono in francese, inglese e tedesco. ʺIl traduttore dal francese allʹitaliano cui si affidava mio padre è morto di recente. Ho pensato a lei, leggendo la sua tesi. In fondo Marco Polo è stato il primo orientalista occidentale della storia non è così ?ʺ ʺEʹ vero. Non ci avevo mai pensato. Ma dovrei trasferirmi a Bruxelles ? Veramente, pensavo di insegnare in Italia...ʺ ʺNaturalmente, potrà rimanere nel suo paese. Il lavoro di cui le parlo sarà continuativo, ma può farlo benissimo nella sua città, a casa sua. Mio padre può inviarle i manoscritti o i testi da tradurre e lei, una volta tradotti, glieli spedisce. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Magari via Internet, ormai il web è mondiale. Non è vero ? Tutto qui. Le prenderà del tempo, ma credo ne valga la pena. Può farsi un nome anche come traduttore. Non crede ?ʺ ʺCaspita, che fortuna che ho. Suo padre vive a Bruxelles ?ʺ ʺSì. Le andrebbe di incontrarlo ?ʺ ʺAltro che ! ʺ ʺSenta, facciamo così. Se prende un Tgv alla Gare du Nord, massimo due ore, lei è a Bruxelles. Mio padre ha i suoi uffici alla Rue Haute, a due passi dal piccolo museo dedicato a Bruegel il Vecchio, nemmeno troppo distante dalla Gare du Midi, dove lei arriverà. Se parte col primo Tgv del mattino, a sera può tornarsene tranquillamente a Parigi.ʺ ʺSiamo intesi. Avverte lei suo padre, dunque. Facciamo per domani in fine mattinata.ʺ ʺPerfetto ! Lʹavverto questa sera e lei domattina può partire tranquillo. Questo è un biglietto da visita con recapito e numeri telefonici della casa editrice. Siamo dʹaccordo così ?ʺ Un cameriere arrivò premuroso. ʺUn Pernod, grazieʺ. disse lei ʺAllora, sono dueʺ. Sorseggiando gli aperitivi, si fecero alcune confidenze, anche perché ad un certo punto Astrid aveva proposto diamoci del tu. ʺTuo padre è francese ?ʺ le aveva chiesto. ʺNo. Eʹ belga. Eʹ nato a Liegi, in Vallonia, da una famiglia di origine olandese. La cinese era mia madre. Eʹ morta, quando io ero piccola. Si chiamava Liù. Non la ricordo. Ho solo le sue fotografie.ʺ ʺDoveva essere molto bella.ʺ disse lui con galanteria. ʺLo era, infatti... E tu ? Hai la ragazza a Genova ? ʺ ʺNo, vivo con i genitori. Sono un bamboccione, per dirla con un ministro italiano, che critica i giovani che invecchiano in casa con mamma e papà . Niente fidanzata, per ora...ʺ ʺSei molto giovane cʹè tempo.ʺ ʺGli anni passano in fretta. Adesso, ‐ disse per cambiare argomento ‐ capisco perché insegni Storia comparata delle religioni alla Sorbonne, visto che avete una casa editrice specializzata nei lavori degli orientalisti europei.ʺ ʺIl primo orientalista fu Marco Polo, come ho già detto.ʺ replicò lei ridendo, o se IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO preferisci il tuo Rustichello da Pisa che scrisse quel libro. ʺAh, ecco il trait‐dʹunion che è nato tra di noi. Galeotto fu il libro. Forse, corro troppo: il libro galeotto fece innamorare i due personaggi che Dante cita nellʹInferno, Francesca da Rimini e quellʹaltro di cui non ricordo il nome. Ho una buona memoria soprattutto per i nomi femminili. Eʹ un legame come un altro, leggere insieme un libro, vero ? ʺ aggiunse speranzoso e con quella che egli ritenne unʹincredibile audacia da parte sua. Sorpresa inaspettata come la vincita di un terno al lotto: ʺPotrebbero essercene altri...ʺ disse lei, con fare suadente. Credette di aver udito male e chiese con lʹaria di un candide ingenuo: ʺDi cosa ?ʺ ʺDi legami, naturalmente. Il sorriso e lo sguardo, confermavano, o parevano confermare, lʹallusione. A lui parve di vedere un colpo di fulmine, seguito pochi istanti dopo da un tuono. Ma il cielo era terso e limpido, al tramonto. Non una nube in vista. Ad un tratto, non seppe più cosa rispondere e lʹimbarazzo del silenzio fece seguito alle avances inequivocabili che aveva ritenuto di sentire nella frase appena pronunciata da Astrid. Per uscire dallʹimbarazzo, le chiese: “E così sei buddhista...” “No. Sono cristiana fervente.” “Ma come ?” “Interessarsi alle religioni orientali non significa aderire ad esse. Ti pare ? Diciamo che sono una studiosa di Buddhismo, una buddhologa ma non una buddhista, per così dire.” “Ho capito. Quindi, siamo tutti e due cattolici...” fece osservare con lʹaria da tonto. “Eggià!” Lei aveva riassunto unʹaria distaccata e un poʹ ironica, quasi divertita dalle sue ripetute ingenuità. Poi, guardando lʹorologio, esclamò:“Si è fatto davvero tardi. Devo scappare. Ho ancora un impegno prima di cena. Senti, allora questa sera stessa confermo lʹ appuntamento a mio padre. Tu domani parti per Bruxelles e poi mi farai sapere. Ecco, questo è il mio biglietto da visita. Come vedi abito sul boulevard Saint Michel. Prima che tu torni a Genova, forse potremo rivederci.ʺ Si salutarono stringendosi la mano e lui si avviò verso la metropolitana Pigalle‐Babylone. Sarebbe sceso allʹEtoile, perché aveva deciso di cenare da quelle parti. E poi andarsene a letto. Lʹindomani lʹattendeva la levataccia per prendere il Tgv, Parigi‐Bruxelles. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Appena tornata nel suo appartamento, Astrid telefonò a suo padre: ʺSì, ha accettato. Arriva domani col Tgv del mattino.ʺ ʺEʹ al corrente di quella frase contenuta nella sua tesi. E conosce la natura dellʹ oggetto ?ʺ ʺNon credo. Comunque, non ne abbiamo parlato proprio. Potrai accertarlo tu stesso, domani.ʺ ʺHa fatto bene il professor Delacroix a metterti al corrente.ʺ ʺPuoi ben dirlo!ʺ ʺAbitando a Genova ci sarà utilissimo; è stato credo un colpo di fortuna. Che tipo è?ʺ ʺBravo, ragazzo, molto timido. Simpatico direi. ʺ ʺMa è sveglio, è in gamba ?ʺ ʺAbbastanza. Eʹ intelligente e per ciò che riguarda la lingua francese ha una conoscenza direi perfetta della materia. Spero sia tale e quale per la sua lingua madre, lʹitaliano, per i testi che dovrà tradurre.ʺ ʺSì, i testi. Ma non è questo lʹ essenziale, vero Astrid ?ʺ ʺNo, di certo. Ciao papà. Ci risentiamo nei prossimi giorni. Ti chiamerò da Valencia...ʺ ʺVai a Valencia per accertarti di quella cosa?ʺ ʺSì, naturalmente. Unʹaltra pista da seguire; una delle tante.ʺ 4 Marcello alla Gare du Nord si rallegrava per la propria scrupolosità. Aveva prenotato un posto sul Tgv la sera prima in unʹagenzia degli Champs Elysées. Se non lo avesse fatto, col cavolo che avrebbe trovato un posto a sedere e, senza posto a sedere, niente viaggio in Tgv. Con quella velocità, i viaggiatori sarebbero caduti, ad ogni sia pur controllato rallentamento del convoglio, come i birilli del bowling. Ma abituato comʹera a giocare dʹanticipo, insomma, aveva pensato anche a questo: a prenotare in tempo di record. AllʹHotel, si era raccomandato tre volte: sveglia alle sei e mezza. Anzi, facciamo le sei. Poi, non contento si era caricato anche la sveglietta da viaggio sulle sei. Ma no, facciamo le cinque e mezza. Insomma, quando il taxi che aveva prenotato la sera prima era arrivato in rue Tronchet, il portiere di notte aveva visto uscire un sonnambulo dallʹascensore IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO della hall. Naturalmente, non aveva chiuso occhio e, adesso, dopo una lunga attesa in stazione (due ore) per la solita angoscia di perdere il treno, dormiva sul Tgv. Il sonno del giusto. Bruxelles, Gare du Midi e fuori un tempo da cani. Era presto, le dieci e mezza. ʺEʹ lontana la rue Haute ?ʺ ʺDue passi; vada sempre dritto per quella leggera salita ci arriva a piedi davanti alla Tour de Hall, giri a sinistra.ʺ In un negozietto vendevano ombrelli, di quelli piccoli e pieghevoli. Ne comprò uno e si avviò per strada. Entrò nel portone del palazzo della casa editrice, trovata senza difficoltà, mentre aveva quasi smesso di piovere anche se il tempo restava minaccioso. Un targhetta sulla porta ʺJean Baptiste De Jong. Editeurʺ. Un uomo sulla settantina, barba bianca da profeta, gli si fece incontro affiancato da un aitante giovane biondo come un vichingo, via di mezzo tra un armadio ed un giocatore di rugby. “Sono il padre di Astrid – disse cordialmente il vecchio profeta – e questo giovane è Romolo Giordani, orientalista molto promettente e fidanzato di mia figlia. Eʹ suo il libro che le affiderò da tradurre: Simbologia del Nirvana. Se vuole può chiedere allʹautore qualche delucidazione, ma non credo sia necessario.” La notizia “fidanzato di mia figlia “ lʹaveva colto di sorpresa come un pugile che non vede arrivare lʹuppercut. Steso al tappeto per la conta finale. K.O. Non cʹera match tra Woody Allen e Brad Pitt. Qualsiasi donna, normale e sana di mente, avrebbe scelto il secondo. Era appena arrivato a Bruxelles ed aveva già visitato Waterloo; non quella di Napoleone. La sua, intima, personale e sentimentale Waterloo. La battaglia per il cuore di Astrid era già finita, prima ancora di cominciare. Lʹarmadio aveva vinto per knock‐out, al primo round. Tentò in tutti i modi di nascondere il proprio disappunto, soprattutto al più diretto interessato, quel Romolo che , malgrado tutto, trovava simpatico. “Giordani. Nome italiano... Anche Romolo visto che ha fondato Roma” provò a scherzare per scacciare la delusione e renderla meno apparente. “Quello del nonno paterno. Faceva il minatore a Charleroi e sposò una bella ragazza bionda del Brabante Vallone. Mio padre non andò in miniera ma aprì un ristorante italiano qui a Bruxelles, dove io sono nato. Ho studiato lingue orientali allʹIstituto des Hautes Etudes di Lovanio‐la‐Nuova. Scrivo i testi in francese, IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO naturalmente.” “Avrò, quindi, il piacere di tradurre i suoi lavori in italiano. Se lʹeditore De Jong è dʹaccordo.” “Ma certo. Lʹho fatta venire per questo. Firmiamo il contratto che è già pronto e poi andiamo tutti e tre a pranzo alla Maison du Cygne, vicino alla Grande Place. Mai stato prima a Bruxelles ?” “Eʹ la prima volta.” “Le piacerà...” “Sì, ma riprendo il Tgv della notte per Parigi.” “Peccato. Beh, sarà per unʹaltra occasione. Così avrò il tempo di mostrarle cose davvero interessanti.” ʺNon ne dubito. Sarà un vero piacere.ʺ ʺLe piacciono i pittori fiamminghi ?ʺ ʺMolto. Ho visitato la mostra il secolo di Rubens, nella mia città...ʺ ʺSì, certo. Rubens era molto legato a Genova. Fu amico di nobili famiglie liguri cui fece ritratti per la galleria degli antenati. Eppoi, tornato ad Anversa, dopo il viaggio in Italia, nel 1608, mi pare di ricordare, strinse amicizia con il grande ammiraglio, Ambrogio Spinola, che aveva assediato Ostenda, conquistandola in nome degli Arciduchi Alberto e dellʹInfanta Isabella, i reggenti di Filippo II di Spagna che strinsero poi un patto di tregua con le Province Unite. Ci sono opere di Rubens in Belgio, naturalmente. Ma lo sapeva che una parte importante andò distrutta per un incendio nel palazzo di Coudenberg ? Si disse che fu opera del diavolo. Sciocchezze,naturalmente, fu colpa dei cuochi del palazzo granducale. Rubens, come il Bernini, come Galileo Galilei, faceva parte della setta degli Illuminati o forse dei Rosacroce.ʺ ʺCaspita, signor De Jong, lei è unʹenciclopedia vivente...ʺ Senza badare allʹinterruzione, il padre di Astrid, continuò: ʺ I miei pittori preferiti sono Bruegel, il Vecchio per la sua meravigliosa Torre di Babele e Jeronimus Bosch, con quelle sue visioni infernali, dantesche direi, sì dantesche.ʺ Per fortuna, al ristorante vi fu una tregua nello sfoggio di erudizione e il pranzo fu allʹaltezza della tanto decantata cucina francese. Era venuta lʹora di prendere il Tgv del ritorno. Si accomiatò dai suoi ospiti che vollero accompagnarlo, in macchina, alla Gare du Midi. Aveva con sé il libro ʺSimbologia del Nirvanaʺ lʹavrebbe tradotto, con comodo, IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO una volta rientrato a Genova. Si era accomodato nel posto assegnatogli, quando squillò il suo cellulare. Era Astrid. ʺSono sul treno di ritorno, ho appena visto tuo padre ed il tuo fidanzato...ʺ Lungo silenzio allʹaltro capo del telefono e poi:ʺQuale fidanzato, scusa ?ʺ ʺLʹarmadio, il fusto, le beau garcon...ʺ ʺMa sei impazzito ? Quale armadio, quale ? Ah, ho capito. Romolo Giordani. Era assieme a mio padre ?ʺ ʺEsattamente.ʺ ʺMa non è il mio fidanzato. Eʹ quello di mia sorella, Julienne , la cadette, mia sorella più piccola insomma.ʺ ʺNon mi avevi detto di avere una sorellaʺ esclamò con evidentissimo sollievo nel tono di voce. Avrebbe abbracciato la madre superiora che gli sedeva accanto sul convoglio. Ma costei lo guardava di sbieco con due occhiacci severi; naturalmente dissuasivi per ogni immotivata manifestazione di repentino entusiasmo . ʺNon te lʹavevo detto forse perché tu non me lʹavevi chiesto. Comunque, ti chiamo da Valencia, in Spagna...Volevo salutarti e chiederti comʹera andata.ʺ ʺIn Spagna ? Che ci fai a Valencia ? Credevo di rivederti a Parigi...ʺ ʺSono dovuta partire dʹurgenza. Sai, il lavoro.ʺ ʺTorni quando , se posso permettermi di chiedertelo ?ʺ ʺMa non essere così formalista. Certo che puoi chiederlo. Ma tu non sarai più a Parigi al mio ritorno; mi avevi detto che dovevi starci solo una settimana, giusto ? Il mio soggiorno in Spagna, credo, durerà parecchio più a lungo...ʺ ʺBeh, allora buon lavoro e, magari, se capiti a Genova, fammelo sapere e ci rivedremo. Potremo scriverci, ogni tanto; oppure telefonarci...ʺ suggerì con tono poco convinto, il tono dellʹeterno perdente. ʺCertamente. ‐rispose lei ‐ Intanto, sei ormai un traduttore dellʹeditrice De Jong, no ?ʺ ʺBene, a Genova, a Parigi o a Bruxelles, in qualche modo ci rivedremo.ʺ Il Tgv passava in un tunnel. Non cʹera campo e quando sbucò fuori, Astrid aveva riattaccato. 5 IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO A New York, nel pieno centro di Manhattan, in quella sera piovosa e lugubre, tutto pareva infinitamente triste. Anche le luci e le sfavillanti illuminazioni dei negozi del centro città non riuscivano a redimere gli animi da quel senso di oppressione che, a volte, quando il tempo è freddo e grigio, si abbatte come una maledizione sulle grandi, immense metropoli, dove il cuore del commercio e degli affari pulsa, ma dove non sʹintravvede più lʹanima della natura, soffocata comʹè dal traffico automobilistico sulle grandi arterie, dallo sferragliare sotterraneo e misterioso dei vagoni della metropolitana, stracarichi di una folla anonima e grigia, un gregge umano dai volti carichi di una malcelata ansia e di una pesante noia. Allʹultimo piano di un vertiginoso grattacielo, quella sera, erano rimaste illuminate soltanto le finestre dello splendido attico. Seduto sulla sua poltrona di cuoio rossastro di fabbricazione italiana, uno dei giganti della finanza internazionale, Rahula Maitreya, guardava distrattamente lo schermo fluorescente del suo personal computer. Era ultra protetto dagli hackers, eppoi di computers ce nʹerano abbastanza, non solo nel meraviglioso attico a lui riservato, ma anche negli uffici dei piani sottostanti della ʺMaitreya Financial Companyʺ, dove,durante il giorno, si aggiravano come formiche operose centinaia di suoi dipendenti. In quel modernissimo grattacielo, Rahula Maitreya era il primo ad entrare, ossequiosamente salutato dal custode e dal portinaio e lʹultimo ad uscire salutato dalle stesse due persone che assieme a diversi vigilantes garantivano la sicurezza dellʹintero edificio. Di padre indiano e di madre statunitense, Rahula aveva ammassato una vera e propria fortuna. Non era di famiglia benestante. Tutto quello che aveva lo doveva al suo fiuto, al suo senso degli affari. Il padre, Suddhodana, era finito in una casa di riposo per facoltosi. Il figlio pagava la retta che ogni trimestre gli veniva inviata dallʹamministrazione e basta. Non andava mai a trovarlo. Era come se non esistesse più. A trovare il vecchio genitore andava invece sua sorella di tre anni più giovane di lui. La madre Maureen, una commessa di Haroldʹs, aveva piantato in asso il marito, quando lui era ancora piccolo. Ne aveva qualche pallido ricordo. E basta. Chissà dovʹera adesso la bella Maureen. Una foto la ritraeva con una chioma rosso fuoco, probabilmente unʹeredità del paese dʹorigine della sua famiglia, lʹIrlanda. Poi stanca forse di quel tran tran, se nʹera andata lasciandosi dietro marito, figlio, IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO lʹultima nata e annessi ricordi. Partita per ignota destinazione. Ma con tutti i negozi che cʹerano negli Usa un posto da commessa doveva averlo trovato ovunque e senza fatica. Era stata la sorella di suo padre, la zia Ashodara rimasta zitella ad allevare lui e la sorellina, a tirarli su, in quel quartiere né povero n ricco della colossale metropoli. Le classi medie così ben rappresentate da quel padre impiegato di banca, induista osservante ma dalle maniere in perfetta sintonia con la classe impiegatizia americana . Impiegato di banca scrupoloso di una onestà rispecchiata, un contabile cui i banchieri, pur non facendolo realmente, avrebbero potuto con tranquillità affidare la cassa ed andarsene in vacanza. Ma cʹera il boom delle banche in ogni parte del mondo. Trusts colossali che coprivano ormai lʹintero pianeta e quellʹindiano, ormai prossimo alla pensione, con la sua onestà rispecchiata appariva quasi obsoleto come il mobilio della sua modesta casa acquistata a rate e con un pesante mutuo, risparmiando dollaro su dollaro. Per una vita. Di unʹaltra epoca non solo per gli squali della finanza mondiale ma persino per quel figlio ormai perfettamente integrato nella Grande Mela. Anche la sorella non aveva mai voluto approfittare della cospicua fortuna di Rahula, ma quando poteva vedeva sia lui che il padre. Non vedeva più la zia che per lei era stata come una madre in quanto era morta. Dal padre bancario, Rahula aveva ereditato soltanto lʹaspetto fisico: capelli lisci e neri, occhi scuri e pelle olivastra, piuttosto alto di statura. Della madre aveva ereditato il gusto per lʹarte ed una raffinatezza elegante e disinvolta che dava un tocco quasi femminile ai suoi modi certamente virili, ma non esenti da una certa scrupolosità quasi maniacale per gli abiti firmati, per il dettaglio alla moda sempre ossessivamente dernier cri. La sorella, invece, era il ritratto vivente della madre. La sera era piovosa, grigia, ed i pensieri di Rahula, dopo aver sfiorato appena il periodo infantile, si posavano nuovamente sugli affari. Proprio quel giorno, aveva concluso un affare più che vantaggioso con un gruppo di esportatori sudamericani. Cosa esportassero esattamente non era chiaro. Ma gli scrupoli, di certo, non avrebbero impedito a Rahula di dormire nel suo appartamento dorato nel pieno centro di Manhattan. Per andarsene a casa non aveva che da uscire da un grattacielo attraversare la strada ed entrare in un altro. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Forse, questo spiega perché era sempre il primo ad arrivare e lʹultimo ad uscire. Per gli impiegati e per il suo staff di dirigenti cʹera sicuramente una prospettiva ben diversa. Levataccia per tutti. Metropolitana per i meno pagati e lunga corsa in macchina per i consulenti e gli amministratori che si erano fatti costruire villette moderne fuori dalla tentacolare metropoli. Ma facevano il via vai casa‐ufficio con tanti (troppi) chilometri allʹandata e ritorno tra le due destinazioni. Cʹera persino chi doveva prendersi un traghetto. Durante i week end si davano quasi tutti al giardinaggio, oppure portavano i figli alle partite di baseball. Maitreya decise che per quel giorno poteva bastare. Si alzò con svogliatezza dalla poltrona. Si avviò per il lungo corridoio. Chiamo lʹascensore. Vi entrò distrattamente e scese al piano terra. Il portiere Ludovico lo salutò scattando in piedi. Buona notte, mister Maitreya.” ʺBuona notte, Ludovico. A domattina.” Il custode ed i vigilantes avevano già iniziato la loro ronda notturna. Entrò nello sfarzoso appartamento, anchʹesso, un attico del grattacielo prospiciente. Da lì poteva vedere benissimo il palazzo della sua compagnia. Si diresse al bar che aveva fatto installare in casa e si versò un whiskey con ghiaccio. Accese il televisore. Quellʹappartamento era enorme per un uomo solo. Ma proprio solo Rahula non era. Almeno non quella sera, eccezionalmente. Per tutta la giornata, due domestiche, una cuoca un cameriere ed un maggiordomo si erano dati da fare per fargli trovare una casa confortevole ed una cena coi fiocchi. Entrò nel salone con al centro un immenso tavolo imbandito su cui troneggiava un candeliere con candele variopinte. Allʹestremità del tavolo, ad attenderlo, cʹera Maya che sorseggiava un aperitivo color arancio con un parasole di carta piantato nel bel mezzo di una galleggiante ciliegina, attorniata da mandarini e da kiwy. Philip, il cameriere stava servendole antipasti assortiti. Dirigeva le operazioni Gerardo il maggiordomo. Vini di Borgogna e del Reno e Champagne di Reims. Maya si alzò da tavola, i fluenti capelli rossi come il fuoco (lo stesso colore di quelli di sua madre Maureen) ondeggiavano sulle spalle. Un sorriso,un abbraccio, un bacio sulla guancia. Poi con gli occhi verdi appena socchiusi ed un sorrisetto malizioso sulle labbra un finto rimprovero. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Ma quanto lavori, Rahula. Un poʹ di riposo non ti farebbe male.” “Maya, ne riparliamo quando avrò ottantʹanni. Okkay ? Allora, mettiamoci a tavola, perché lì non si invecchia, come dicono gli italo‐americani di Brooklyn. Perfetto. Finisco il mio whiskey e poi cercherò di fare onore alla cena. Comincia pure Maya. Cʹerano anche ostriche e caviale e la cena fu abbondantemente annaffiata da vini e liquori. Dopo aver pranzato, ascoltarono musica classica in salotto e poi Maya prese congedo. Bene Rahula , grazie per tutto. Me ne torno a casa. Domani pomeriggio ho un volo per Parigi e puoi immaginarti se non ho bisogno di farmi un buon sonno. “ “Arrivederci, Maya, cara sorella. Felice di averti rivisto. E spero che quando atterri a New York verrai nuovamente a trovarmi. Riguardati. Gerard, lʹauto di mia sorella è al portone ? Sì, signore. Lʹautista la sta attendendo... Molto bene. Grazie per la visita, Maya. Ma non ti stanca questa vita ? Puoi entrare nella mia compagnia da socia quando vuoi, questo lo sai vero ?” ʺ Me lo dici tutte le volte che ci vediamo. Ma io non sono brava per gli affari.” “Non ce nʹè bisogno. Io valgo per due...” “Grazie lo stesso. Io continuo la mia ricerca. Ho diverse piste da seguire. Se quellʹoggetto un giorno verrà reperito, pensa quale avvenimento storico per la nostra religione.ʺ ʺPer la tua, Maya, per la tua. Io non ho religione, come tu sai. Ateo dalla testa ai piedi.ʺ ʺCredevo avessi un Dio...dalle parti di Wall Street.ʺ ʺIl dio dollaro. Quello ormai non è più un dio. Eʹ un parente.ʺ ʺIo rimango induista. Per questo cercherò quella reliquia per tutta la vita. E, intanto, vedrò di fare al meglio il lavoro che mi sono scelta, lʹarcheologa. Non offre molte prospettive di guadagno. Ma riserva soddisfazioni.ʺ ʺQuelle soddisfazioni non mi interessano. Le prospettive di guadagno,invece, sì e molto. Non credo che scavando nelle vecchie pietre vi siano molte possibilità di fare quattrini. Sempre che, scavando tra i ruderi, non trovi il petrolio...ʺ ʺAltamente improbabile ‐ replicò Maya ‐ Allora, arrivederci.ʺ Si abbracciarono e fratello e sorella tornarono, ciascuno, nel proprio mondo. Fatto di lucrosi affari per lʹuno e di gratifiche di ordine spirituale per lʹaltra. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Entrambi avevano fede in qualcosa. Ma non erano gli stessi idoli. A Bombay, dove giunse dopo un viaggio aereo sfibrante, Maya Maitreya, aveva appuntamento con George Sidney ,un archeologo britannico, reduce da una spedizione in Tibet. Cʹera nella grande metropoli indiana un congresso mondiale di archeologi. Loro due erano stati invitati assieme a tanti altri. Era puntuale ad attenderla, il giorno e lʹora convenuti nei salotti dellʹ Hotel New India, su una comoda poltrona in un salone di vago stile coloniale pieno di tappeti e di arazzi, raffiguranti orrende scene di caccia alla tigre. Era sorridente e cordiale, il suo collega inglese. Si era alzato di scatto quando lʹaveva vista arrivare. Si erano conosciuti alla facoltà di archeologia dellʹUniversità di Londra. ʺCiao George, fatto buon viaggio ?ʺ ʺSono a pezzi. E tu ?ʺ ʺIdem. Allora, che notizie da Lhasa ?ʺ ʺLe solite. Cinesi ovunque, armati fino ai denti. Ed il primo monaco o cittadino tibetano buddhista che osa fare un gesto contrario alla politica di Pechino, sono dolori e guai seri. Come lʹultima volta, quella famosa delle Olimpiadi.ʺ ʺDʹaccordo. Che sia una politica senza sbocco è evidente. Ma che mi dici del manufatto cui siamo interessati tu ed io ?ʺ ʺ Una traccia mi è venuta leggendo la vita di Milarepa, il santo tibetano che da bandito divenne un illuminato e rinunciò persino al cibo carneo. Si nutriva solo di erbe, pensa un po. Tanto che divenne verde sia la sua pelle che la ciotola in cui raccoglieva le erbacce, suo unico cibo. Che cosa disgustosa.ʺ ʺDacci un taglio, George, io sono induista ed ho il massimo rispetto per tutte le religioni, soprattutto quelle che comportano una dieta vegetariana. Sono persino disposta a rispettare la tua di religione. Ma, a proposito, di che religione sei ?ʺ ʺAgnostico ed indifferente come una pietraʺ ʺMeglio. Questo rende tutto più facile. Sarai obiettivo. Hai visto lʹoggetto ?ʺ ʺAlludi alla ciotola di Milarepa ?ʺ ʺNo, alludo alla radio portatile del Dalai Lama! Ma certo che alludo a quella, non farmi perdere la pazienza. Sono sfinita..ʺ ʺA chi lo dici. Facevo sfoggio del mio inconfondibile humour britannico solo per tenerti su il morale...ʺ ʺ Riderò unʹaltra volta. Adesso, parlami della ciotola.ʺ ʺBellʹoggetto. Inavvicinabile, però. Eʹ custodito nella cripta di un monastero. I monaci mi sono apparsi pacifici, ma muscolosi. Probabilmente, conoscono un sacco di mosse di karaté o di judo. Per questo sono stato alla larga dalla ciotola. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Mi guardavano con sguardi carichi di ammonimenti: se provi a fregartelo, avrai bisogno di parecchie cure e di ottimi medici. Come se io, un archeologo di fama mondiale, beh insomma, di fama britannica, fossi andato lì per compiere un furto sacrilego. ʺ ʺNon si tratta certo di rubarla. Può essere ciò che noi archeologi cerchiamo ? ʺ ʺProbabile.ʺ ʺEtà?ʺ ʺAd occhio e croce, quinto‐ sesto secolo avanti Cristo. Ma ripeto, non lʹho potuta esaminare da vicino.ʺ ʺPerbacco. Lʹepoca potrebbe essere quella. Siddharta Gautama, pur nella cronologia incertissima dellʹIndia dellʹepoca, è nato ‐ stando al calendario cristiano ‐ circa cinque secoli prima di Cristo.ʺ ʺSì, ma io sono un archeologo agnostico e le nascite dei profeti non mi interessano . I reperti archeologici, invece sì. Mi interessano e molto.ʺ ʺBuddha non era un profeta. Però di questi tempi, lʹateismo e lʹagnosticismo devono essere epidemici. Anche mio fratello ne è affetto. Forse è tutta colpa degli astrofisici e della scienza relativistica dei Quanta. Se lʹUniverso è nato da un big bang che cʹentra Dio ? chiedono. Ma io, a mia volta, da buona induista posso ribattere: chi ha provocato il big bang? Potrei rispondere: Lui, lʹUno, il Tutto‐Nulla. Il Brahman ! Mi fermo qui per non fare venire anche a te il mal di testa che mi ritrovo io dopo quel volo spaventoso. Ci vediamo domani al congresso mondiale. Adesso, me ne torno nella mia stanza a farmi una bella dormita.ʺ ʺPensavo avremmo cenato insieme.ʺ ʺSarà per domani sera, George. Non andrò a cena, stasera, non avrei neppure la forza di portare la forchetta alla bocca. Ma poi, che ora è ? Dannati fusi orari!ʺ Lʹarcheologo britannico la seguì con lo sguardo, pensieroso e corrucciato. Fino a quando la silhouette dalla chioma rossa scomparve dentro un ascensore. George Sidney si levò svogliatamente per recarsi, da solo, al ristorante dellʹhotel. Sentiva pesargli la solitudine e le sue idee vagavano tra la sua Londra nebbiosa e grigia e la Bombay caotica e variopinta che, fuori dallʹalbergo lo circondava. Tanti viaggi, tante ricerche. Con ben pochi risultati. “Neppure una cena con Maya!” esclamò involontariamente a voce alta, sedendosi al tavolo del ristorante e cominciando a scorrere la lista delle pietanze sul menu. Il cameriere lo guardò con aria interrogativa. “Allora, un buon vino per cominciare. E poi assaggiamo questo riso con IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO primizie dellʹorto, va bene ? Poi, vedrò...” Il cameriere rispose con un inchino. Ecco unʹaltra serata in solitario, pensò George, di pessimo umore. Poi volse il pensiero allʹoggetto della sua inutile e vana ricerca. “Ma cosa diavolo vado cercando ?” chiese a se stesso. E per tutta la serata, non riuscì a trovare una risposta convincente. “Ma tutto questo va fatto ed io lo farò...” disse nuovamente, portandosi alla bocca una cucchiaiata di riso con ortaggi. 6 Marcello, laurea metaforicamente in tasca e bagaglio a tracolla, aveva nuovamente consegnato la sua valigia al Charles de Gaulle. In sala dʹattesa, col solito anticipo sullʹorario previsto per il decollo del Parigi‐Genova, sfogliava distrattamente la copia mattutina quasi fresca dʹinchiostro del Figaro. Aveva cominciato a leggere qualche articolo , per vecchia abitudine, dalla terza pagina, quella tradizionale della Cultura. Poi aveva rigirato il foglio della ʺprimaʺ ed aveva visto il titolo a caratteri cubitali, di spalla, vicino allʹapertura sulla politica mondiale e allʹeditoriale sulla politica interna che tutti si guardavano bene dal leggere. Era un titolo drammatico: ʺProfessoressa pugnalata a morte a St.Lazareʺ. La foto sotto il sommario, gli disse subito di chi si trattava. La riconobbe allʹistante: era la professoressa Jasmine Bihar, quella che assomigliava a Benazir Bhutto. Era stata assassinata, anche lei sia pure in modo diverso dalla leader politica pachistana di cui era una vaga sosia. Per entrambe, un drammatico e infausto destino. Jasmine era iraniana e di fede musulmana. Lʹarticolo sul Figaro che Marcello lesse tutto dʹun fiato, con le mani tremanti, parlava di un misterioso agguato nel quartiere vicino alla Gare di St.Lazare, dove la donna aveva il suo domicilio parigino: un semplice bilocale, arredato modestamente. Stava rientrando a casa, la povera Jasmine, dalla Sorbonne. Aveva tenuto una conferenza pomeridiana sugli sciiti iraniani e le influenze delle religioni orientali sullʹantica Persia. I suoi studenti lʹavevano vista per lʹultima volta davanti alla sede della facoltà. Poi, comʹera solita fare, aveva preso le metrò per St.Lazare. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Era giunta sotto casa verso le venti. Bella stagione, finestre spalancate, televisori accesi a sparare le notizie del giorno nei telegiornali. France l , France 2, France 3. Nessuno aveva udito lʹurlo della professoressa, giunta nellʹandrone di casa, in una parte oscura del palazzo. Era stata ripetutamente pugnalata. I killers avevano avuto tutto il tempo di allontanarsi, presumibilmente a bordo di una moto, che un passante aveva notato mentre sfrecciava via con due uomini sui sedili. Ammesso che si trattasse degli assassini. Il corpo della poveretta ormai privo di vita era stato ritrovato, in un lago di sangue, da una coppia che stava rincasando per cena. Era riverso sul selciato a faccia in giù. Aveva subito una pioggia di colpi. Tutti mortali. Il quotidiano non lo diceva, ma ancora una volta la polizia ‐ pur non brancolando nel buio ‐aveva ben poche possibilità di identificare i colpevoli. Si cercavano i due uomini fuggiti sulla moto. Con tutte le moto che circolavano a Parigi e banlieue era come ricercare un ago in un pagliaio. Eppoi, il testimone aveva visto solo quello: la motocicletta partire e sfrecciare a tutta velocità, sotto il suo naso. Entrambi gli uomini indossavano i caschi. La moto gli era sembrata di color rosso. Il movente ? Buio pesto. Le abitudini della vittima ? Delle più regolari. Casa e bottega. Cioè, casa e università, dove appunto insegnava storia delle religioni e religioni comparate. Aveva qualche amica tra le insegnanti della Sorbonne. Tutti i suoi conoscenti ‐non erano davvero molti ‐ sarebbero stati interrogati. Ma gli investigatori parigini sapevano già quale risposta attendersi: la povera Jasmine non aveva nemici. Apparentemente, aveva pochi amici e ancor meno nemici. Ma quei due erano bastati a farla fuori. Non si trattava di rapina, perché portafoglio e documenti di identità erano rimasti nella borsetta, trovata al suo fianco. Non aveva contatti con il mondo della malavita. Era incensurata ed aveva sempre tenuto una condotta irreprensibile da insegnante senza problemi. Professava la sua fede coranica, in assoluta e libera consapevolezza. Non cedeva neppure agli usi occidentali, perché in certe occasioni portava il velo. Insomma, nessun appiglio, nessuna traccia. Una pista ‐aveva detto il IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO commissario della Sureté , prima o poi, vedrete, salterà fuori. Comunque, stiamo scavando nel suo passato. Dobbiamo fare diverse verifiche. Lʹinchiesta è appena avviata. Altri particolari in cronaca. Ma si trattava di una rielaborazione degli stessi concetti e delle stesse scarne notizie, affidate ad un estensore che aveva lavorato parecchio di fantasia. Vendetta di un innamorato respinto ? Ma di solito, il colpevole , in questo caso, agisce da solo e non si fa accompagnare da un amico. Se fugge in moto, se la guida da solo. Vendetta di un amante tradito ? Idem come sopra. Esclusi il crimine passionale, la rapina, lʹ errore dovuto ad uno scambio di persona... No, questʹultima sarebbe stata la più incredibile delle ipotesi. Insomma, di certo cʹera solo che Jasmine Bihar, la professoressa con la quale aveva sostenuto un esame perché faceva parte delle assistenti di Delacroix, era caduta sotto i colpi di pugnale di sicari misteriosi. E lui se ne tornava a Genova con questo groppo in gola e questa orribile sensazione di lasciare il teatro di un orrendo crimine impunito. ʺCon ogni probabilità ‐ pensò ‐ resterà tale, perché questi omicidi, apparentemente senza movente, commessi da killers occasionali sono oltremodo difficili da chiarire.ʺ Per un attimo, pensò, di rinunciare al ritorno a Genova. Di rimanere a Parigi. Di non salire sullʹaereo, mentre mancava non più di unʹora allʹimbarco. Ma poi si disse: ʺPer fare che cosa ? Per informare gli inquirenti che aveva superato un esame di laurea e tra gli esaminatori cʹera la professoressa iraniana uccisa ? Che cʹentrava il suo esame con quel delitto ? Conosceva la vittima. Circostanza strana, certo, perché lui a Parigi era di passaggio. Ma, in fondo, il calcolo matematico delle possibilità diceva che seppur rarissima lʹevenienza non poteva di certo essere esclusa a priori. A Parigi, vi erano milioni di abitanti; ebbene, ne aveva conosciuto uno , anzi una, che era stata uccisa. Tutto lì. Rarissimo, ma non impossibile come gli avvenimenti si erano incaricati di dimostrargli. Aveva in tasca il numero della facoltà di lettere e filosofia. Pensò bene di telefonare almeno al professor Delacroix, per esprimergli il suo cordoglio per la IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO scomparsa repentina e così drammatica di una delle sue assistenti. Compose il numero sul cellulare. ʺPronto ? Il professor Delacroix, sʹil vous plait...ʺ ʺChi lo desidera ?ʺ ʺSono un suo allievo, Marcello Adriani...ʺ ʺUn attimo, prego. Restate in linea...ʺ ʺOui, Delacroix ?ʺ ʺProfessore, sono Adriani, ha visto quel fatto orribile...ʺ ʺSì, tremendo. Da dove chiama Adriani ? Da Genova ?ʺ ʺNo. Sono allʹaeroporto in partenza per Genova...Mi chiedevo se nel caso dovessi rimanere a Parigi. ʺ ʺMio povero amico, ormai. No. Cosa potrebbe farci ? Agli inquirenti cosa potrebbe dire ? Ho sostenuto un esame di laurea in lingua francese, cui era presente Jasmine Bihar, rimasta poi vittima di un delitto al quale naturalmente sono del tutto estraneo . Eppoi, cʹè già una traccia, visto che cʹè stata una rivendicazione di questo orrendo crimine...ʺ ʺEʹ stato rivendicato ? Ma il Figaro non lo dice!ʺ ʺGiovanotto, i quotidiani sono stampati di notte. Ma adesso sono le undici del mattino. Ha ascoltato la radio ?ʺ ʺBeh, no professore, sono in partenza come le ho detto...ʺ ʺTerrorismo! Al Qaeda ha rivendicato lʹagguato; i due sicari, vestiti di nero e fuggiti a bordo della motocicletta erano presumibilmente fondamentalisti islamici aggregati allʹorganizzazione di Bin Laden...ʺ ʺQuello delle torri gemelle di New York ?ʺ ʺProprio lui.ʺ ʺE cosa cʹentrava la povera Jasmine Bihar ?ʺ ʺLei non sa cosa darei per poterglielo dire...Comunque, le auguro buon viaggio. A giorni, le farò spedire a Genova la sua laurea. Intesi ? Se ci saranno novità su questa brutta faccenda, magari la terrò informato. Mi dica, ha parlato con Astrid De Jong ? Come è andata ?ʺ ʺBene. Suo padre è un editore, come lei forse saprà, e mi ha offerto di tradurre un libro. Ci siamo visti a Bruxelles...ʺ ʺGiovane fortunato, si è appena laureato e già ha un posto di traduttore. Mi compiaccio. Stia bene. E ogni tanto si faccia vivo...Qui allʹuniversità siamo tutti sconvolti per il delitto e, adesso, con quella rivendicazione terroristica tra professori e studenti serpeggia un grande nervosismo...Potrei dire che tutto il IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO mondo accademico parigino è sconvolto. E non esagero.ʺ ʺCi saranno i funerali a Parigi ?ʺ ʺSì, Jasmine sarà sepolta al Père Lachaise. Non aveva famiglia né qui né in Iran. Era orfana. Mi parlava di un vecchio zio che viveva a Teheran ma è stato impossibile rintracciarlo. Lʹuniversità provvederà alle spese dei funerali non appena, dopo lʹautopsia, la Sureté darà il permesso di inumazione...ʺ ʺEʹ un ben triste giorno. Non credevo di dover lasciare Parigi con tanta amarezza per queste terribili notizie...ʺ ʺNella vita, purtroppo, lʹunica cosa certa è la morte. La saluto, Adriani. Le auguro una felice carriera di professore.ʺ ʺAncora grazie, professore, e se passa per Genova...ʺ ʺCertamente. Di nuovo...ʺ Il volo era stato chiamato e Marcello si avviò, mestamente, alla porta dʹimbarco; stringeva in mano il quotidiano, ma le ultimissime della radio avevano presentato un quadro del tutto nuovo. Un delitto compiuto da due terroristi. E soltanto il diavolo sapeva il perché. Che minaccia poteva rappresentare una innocente professoressa siriana per Al Qaeda ? Un atto gratuito. Dimostrativo. Forse. Anche nelle torri gemelle, a New York, erano perite vittime innocenti, che i terroristi dirottatori degli aerei non conoscevano di certo. ʺChe brutto mondo pericoloso e oscuro. Iraq, Afghanistan, i talebani, i terroristi, lʹ assistente Jasmine assassinata.ʺ Senza rendersene conto aveva parlato ad alta voce e la hostess, che aveva udito distintamente la frase, aveva smesso di sorridergli, invitandolo a raddrizzare la spalliera del suo sedile e ad allacciarsi la cintura. Anche lei aveva unʹaria terribilmente preoccupata. Di questi tempi...E su un aereo di linea. Fino allʹatterraggio al Cristoforo Colombo di Genova, la hostess, divenuta improvvisamente nervosa, non perse mai dʹocchio quel passeggero. ʺLe piacerò...ʺ pensava, speranzoso, Marcello. Invece, quando lui scese la scaletta dellʹaereo la vide che tirava un sospiro di sollievo. Nella trasferta parigina, aveva trovato una laurea. Ma di fidanzate possibili, neppure lʹombra. A parte Astrid, forse. Visto che una speranza cʹera. La fidanzata del fusto italo‐belga non era lei dopotutto, ma sua sorella Julienne. Chissà se Astrid era ancora a Valencia. Con tutti quegli affascinanti toreri spagnoli che le ronzeranno attorno, si disse mentalmente. Strano: una acuta fitta di gelosia lo sorprese. Decisamente, a Parigi si era innamorato. Paris, mon amour, pensò con IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO aria sognante e con unʹespressione da babbeo stampata sul volto. 7 A Genova, col passare dei mesi, in unʹatmosfera familiare come quella della sua casa, Marcello protetto da ʺbamboccioneʺ dal caloroso affetto materno e da quello, burbero ma sincero, del babbo, aveva ritrovato serenità ed un lavoro come precario: supplente nellʹinsegnamento del francese al liceo Mazzini. Beh, meglio che niente. Eppoi, aveva cominciato a tradurre dal francese in italiano il libro affidatogli dal De Jong. Più nessuna notizia di Astrid e lui non osava chiamarla al cellulare per paura di apparire importuno. Il libro di Romolo Giordani non era male. Lʹaveva interessato fin dallʹinizio; dalla prefazione che recitava cosìʹ: ʺQuesto libro, nella sua prima parte, formula unʹipotesi sostenuta da indizi storici verificabili e cioè che diverse reliquie custodite in chiese cristiane, ebraiche o musulmane siano in realtà rappresentazioni , oppure, in alcuni casi, oggetti originali appartenenti alla tradizione buddhista. Nella seconda parte, vedremo come le varie interpretazioni della ricerca del Sacro Graal lascino spazio ad una nuova interpretazione. I miti esistenti descrivono questo simbolo fideistico della religione cristiana, come una coppa, un catino. In modo leggendario ci parlano dei racconti celtici (produzioni letterarie di Christian de Troyes) dei cavalieri della Tavola Rotonda, di Re Artù, di Lancillotto del Lago, del mago Merlino e della regina Ginevra. Oppure, secondo unʹaltra versione interpretativa storico‐leggendaria e sulla base della Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine, del viaggio che Maria Maddalena avrebbe compiuto in Provenza. Vi sono le ben note interpretazioni linguistiche della Glossa e le chiose quanto al significato di ʺGraalʺ (Coppa, Grolla, Catino oppure, in francese Sang Royal). Compito del libro è dimostrare che la ricerca del Sacro Graal non si riferisce ad una reliquia, ad un sacro manufatto, bensì ad un cammino spirituale ad una ricerca intima e religiosa che, seguendo lʹOttuplice Sentiero di cui ci parlano i Canoni ed i Sutra della tradizione buddhista devono portare ‐attraverso lʹascesi ‐ alla conquista del Nirvana. Graal e Nirvana, dunque, sarebbero sinonimi. La questua deve terminare con il ritrovamento del simbolico Graal e cioé col raggiungimento del Nirvana. Un resoconto di questa religione, forse non del tutto compresa in Occidente persino ai giorni nostri malgrado la mole di opere divulgative esistente, risale al IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO libro scritto dal veneziano Marco Polo, ʺIl Milioneʺ, in cui si narra del viaggio in Oriente che egli compì assieme al padre Niccolò ed allo zio Matteo, i quali erano già stati prima in Asia. Marco Polo è una fonte storica sicura. Occorre, dunque, esaminare e discutere con particolare attenzione il libro che tratta del viaggio nel Catai e degli incontri del mercante veneziano con il Gran Khan, Kublai. Questo imperatore diffuse il buddhismo in Cina, verso la metà del XIII secolo, ed essendo un mongolo, discendente di Gengis Khan, difese la religione alla quale si era convertito in Mongolia e nominò un suo alto dignitario tibetano, Pags Pa, maestro imperiale del Buddhismo, con giurisdizione sulle province cinesi del Tibet. I re Thai, intanto, diffondevano tra i loro sudditi la corrente della religione conosciuta come Theravada (la Dottrina degli anziani) detta anche impropriamente ʺHinayanaʺ (Piccolo Veicolo) in contrapposizione ad altri paesi asiatici in cui si sviluppavano le scuole della dottrina Mahayana, il Grande Veicolo. Ma si verificava, frattanto, dopo quattro Concilii, la scomparsa del Buddhismo dalla sua terra di origine, lʹIndia. A causa, prima delle invasioni delle tribù barbariche degli Unni e poi per le invasioni musulmane. Nel 1197, Muhammad ibn Bahtivar al Halsi assalì lʹuniversità buddhista di Nalanda, saccheggiando le sue biblioteche contenenti manoscritti e reliquie, distruggendo gli oggetti del culto buddhista, col pretesto che non avevano nei loro scaffali neppure una copia del Corano, il libro sacro dellʹIslam. I monaci superstiti si rifugiarono a Ceylon. Ma nel 1235 d.C, nuove invasioni islamiche portarono nuovamente al saccheggio di Nalanda e Vikramasila. Vi erano state, naturalmente, invasioni anteriori . Lo stesso Alessandro Magno giunse ai confini dellʹIndia, la terra dʹorigine del Buddha. I saraceni occuparono a lungo le regioni conquistate, trafugandone per anni i tesori. Tutte le interpretazioni relative alla ricerca del Sacro Graal trascurano, certo involontariamente, la pista buddhista. A nostro avviso, la pista buddhista va, invece, seguita proprio a partire dalle testimonianze contenute nel libro ʺIl Milioneʺ di Marco Polo, che ci parla della vita a corte del Gran Khan. Poi, occorre esaminare da vicino il periodo delle invasioni musulmane in Estremo Oriente e, quindi, passare nel Medio Oriente per una più attenta valutazione delle Crociate e cercare di comprendere come ‐ a partire dalla prima Crociata di Goffredo di Buglione ‐ in Terra Santa, alcune reliquie abbiano potuto finire in IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO luoghi di culto cristiani. Citiamo ad esempio, per le sue caratteristiche (non ultimo il colore verde smeraldo) il Sacro Catino, custodito a Genova, possibile oggetto particolare di raffronti in questo nostro lavoro riguardante, nel complesso, i rapporti buddhismo‐cristianesimo, simbologia compresa. Il Sacro Graal, storicamente, viene associato alla Coppa, in cui bevve Gesù in quella famosa ultima cena, oppure, al calice in cui, sempre secondo una leggenda, Giuseppe dʹArimatea raccolse le preziose gocce del sangue di Cristo in croce. Vi sono poi le interpretazioni degli esoteristi, i quali, affidandosi alla storia dellʹOrdine dei Templari, perseguitati e annientati da Filippo il Bello, re di Francia e dal Papa Clemente V, avrebbero affidato alla setta degli Illuminati il compito di ritrovare il. Sacro Graal andato perduto nei saccheggi dei loro templi. Vi è, infine, Jacopo da Varagine. La sua leggenda aurea si riallaccia al viaggio di Maria Maddalena in Provenza e recupera la figura di Giuseppe dʹArimatea, sempre per fini esoterici. Ecco adesso una nuova teoria ‐ quella esposta in questo libro ‐ tesa, in ultima analisi, ad arricchire i dibattiti e le valutazioni degli studiosi mondiali sullʹargomento, senza la pretesa ‐ trattandosi, come per le altre, di semplici ipotesi ‐ che sia la verità ultima. Ma trattandosi di unʹ ipotesi, finora inesplorata, merita forse di essere approfondita con ulteriori contributi che potranno venire dagli studiosi delle varie discipline. Prosegue, quindi, nei secoli, la ricerca spirituale del Sacro Graal In ultima analisi, potrebbe trovarsi nella ʺterra puraʺ di Amitaba, oppure in Avalon il ʺregno che non esisteʺ. Ma potrebbe anche ‐ come raccomanda la dottrina del Buddha ‐ indicare metaforicamente una aristotelica ʺvia di mezzoʺ tra gli opposti per trovare lʹIlluminazione, presente in nuce nel cuore e nella mente di ciascuno di noi, ma offuscata dallʹAvjidia (lʹIgnoranza della realtà del mondo e della natura delle cose) e da quello che Schopenhauer chiamava il ʺprincipio individuationisʺ, cioè il culto della personalità del proprio ʺioʺ che impedisce il Risveglio e la Visione e quindi la beatifica immersione nel Nirvana, dove lʹio individuale si perde nel Sè, come i singoli fiumi si perdono nellʹ immenso Oceano . La parola ʺBuddhaʺ è semplicemente un attributo. Prima di Siddharta Gautama, detto Sakyamuni (lʹasceta o il saggio dei Sakya) altri Buddha del passato insegnarono il Dharma, la Dottrina, dopo aver raggiunto il Risveglio, lʹIlluminazione, il Nirvana. Altri Buddha ‐ assicurano concordemente i canoni Theravada e Mahayana‐ vi saranno in futuro, nello scorrere degli eoni. Una religione di cinque secoli più vecchia del Cristianesimo. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Sicuramente giunse in Persia, e da lì in Occidente, forse già al tempo dellʹImpero dei Parti contro i quali combatterono i romani guidati da Lucio Vero e da Marco Aurelio. Presso gli sciiti ve ne sono testimonianze storiche ed un sovrano greco, Menandro, tenne un famoso colloquio sulla dottrina col monaco Nagasena. Senza contare che, in epoche ancora anteriori vi fu la conversione dellʹimperatore indiano Asoka, della dinastia Mauria, il Costantino buddhista chiamiamolo così, il quale ebbe una tremenda crisi di coscienza dopo tante battaglie sanguinose ed una strage nel Kalinga. Asoka fece incidere sulla roccia e su colonne centinaia di editti con le massime del Sublime, invitanti alla fratellanza, alla comprensione ed alla tolleranza tra tutte le fedi e fece costruire immensi stupa con le reliquie del Risvegliato detto anche lʹIlluminato.ʺ ʺE bravo il vichingo italo‐belga!ʺ si era detto Marcello. ʺMi sembra che, come studioso di dottrine orientali, sì insomma mistiche, Romolo Giordani sappia il fatto suo. Eʹ fortunato ad aver trovato un editore specializzato come il De Jong in questi testi abbastanza ermetici.ʺ Ma quel che lʹaveva particolarmente colpito, nella prefazione del libro che stava traducendo era quellʹesplicito riferimento al Livre des merveilles , il testo da lui scelto per la tesi di laurea. Inoltre, quel riferimento al Sacro Catino custodito a Genova. Ne aveva vagamente sentito parlare, ma lʹesperta in materia, stavolta, ce lʹaveva in casa: quella beghina di sua madre. Se cʹera qualcosa da sapere sul sacro, lei era la persona giusta. 8 ʺMamma Anna ‐ le disse ‐ dovrei chiederti un paio di cose...ʺ ʺToso, quando usi quel tono ufficiale, mamma Anna, e non semplicemente ah ma! allora devʹessere importante...ʺ Lui si mise a ridere; sempre la battuta pronta, sua madre, da vera veneziana, ostregheta ciò! ʺCome vuoi tu. Beh, sì per essere importante forse lo è. Cosa ne sai del Sacro Catino ?ʺ ʺPronti! Eʹ una reliquia custodita nella cattedrale di San Lorenzo assieme alle beate ceneri di San Giovanni Battista. Sono i due oggetti sacri più venerati dai IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO genovesi. Devo spiegartelo io che sono veneziana. Ma è logico: tu sei come quel miscredente di tuo padre, il capitano di lungo corso in pensione, sì insomma il nostro vecchio pensionato (aveva sottolineato, alzando il tono della voce la nuova qualifica del marito) il quale, in salotto, aveva sentito benissimo lʹenfasi posta su quel ʺin pensioneʺ ed il seguito ma se ne stette zitto, decidendo di ʺobbedir tacendo e tacendo servirʺ. ʺAllora, è un oggetto sacro. Ma che storia ha ?ʺ ʺCome sarebbe a dire?ʺ ʺSì, insomma, la storia della reliquia. Ce lʹavrà pure una storia...ʺ ʺMi non la conosco. Adesso mi chiedi troppo fiol...ʺ ʺSì va beh, con quel che segue, dʹun can, immagino, vero.” Poi tornando al suo dilemma:” Ma chi potrebbe saperlo. Va beh, andrò in cattedrale e basterà leggere un opuscolo...Oppure, in biblioteca o su Internet. Sì, va bene così. Grazie ma!ʺ ʺMamma Anna...Chiamami mamma Anna e restiamo su un piano di ufficialità. Se no, ci sarebbe don Guido...il parroco. Quello è, come si dice?, enciclopertico...ʺ ʺEnciclopedico, mamma, enciclopedico. Sì, giusto, don Guido. La storia di Genova la recita come il Vangelo.ʺ E fu così che il semi‐ateo Marcello Adriani, in eterna lotta con suo padre per il premio di Miscredente dellʹanno, fece vedere la sua faccia contrita in parrocchia chiedendo di don Guido. Per fortuna, non assomigliava al Fernandel di Don Camillo ; come suo padre non assomigliava al Gino Cervi del sindaco Peppone. Anche se quello della parrocchia poteva definirsi, in fondo in fondo, un piccolo mondo antico come quello descritto nei libri di Giovanni Guareschi. Ma il tono del parroco fu abbastanza burbero: ʺChi non muore, si rivede...Beh, ho saputo da tua madre che ci siamo laureati a Parigi.ʺ ʺSì, ci siamo laureati.ʺ ʺComplimenti.ʺ ʺGrazie.ʺ ʺQual buon vento...ʺ ʺEcco, don Guido, vorrei sapere qualcosa di più sul Sacro Catino ?ʺ ʺInteresse professionale, risveglio improvviso di fede o che altro...ʺ ʺDiciamo entrambe le cose.ʺ ʺNo, diciamo, interesse professionale che è meglio. Dunque, la reliquia di cui stiamo parlando è conservata, come forse anche un ateo come te saprà, presso il IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO museo del tesoro di San Lorenzo e fin qui siamo dʹaccordo. Ma per guadagnare tempo, facciamo così: ho qui un bel libro sul Sacro Catino. Io te lo presto. Tu lo tratti bene e quando avrai finito di leggerlo me lo riporti in parrocchia. Siamo intesi ? In cambio, verrai a farti vedere alla messa della domenica assieme a tua madre.ʺ ʺChe non se ne perde una.ʺ ʺAppunto. Ma devi farmi anche un altro favore. Dirmi sinceramente perché lʹoggetto di cui si parla ti sta così a cuore, allʹimprovviso.ʺ ʺNo, don Guido, è per un libro scritto in francese da un orientalista di Bruxelles. Ho avuto il compito di tradurlo e vi sono riferimenti precisi alla nostra reliquia, oltre che al libro di Marco Polo Il Milione che è stato oggetto della mia tesi di laurea.ʺ ʺAh, ho capito. Dunque, stai traducendo un volume. Rallegramenti! Mi sembra una bella cosa. Quando avrai finito me lo farai leggere, questo tuo orientalista. Come si chiama? Romolo Giordani: mai sentito nominare ! Conosco le opere di Louis de la Vallé Poussin, il grande buddhologo belga e di Giuseppe Tucci, il grande orientalista italiano, ma questo Giordani, no. Gli altri, invece, li ho studiati a fondo...ʺ ʺDon Guido, dovevano farvi vescovo. Ma che dico vescovo, cardinale...ʺ ʺCʹè poco da sfottere. Allora, siamo intesi. Domenica, in prima fila assieme alla mamma alla Santa Messa.ʺ Il bravʹuomo gli tese il libro con la storia del Sacro Catino e prese congedo. Marcello tornò a casa e lesse avidamente la storia ʺufficialeʺ della nota (meno che a lui) reliquia cristiana. In primis, tutti i dettagli tecnici. ʺSi tratta di un oggetto a forma di piatto o vassoio di colore verde; ha una forma a tronco di piramide. La base inferiore è una piccola ruota, quella superiore, più grande, è un esagono. Seguivano le misure, i particolari tecnici della reliquia. Tutta la storia, in parte leggendaria. Lʹavrebbe portata a Genova, al termine della prima crociata, un genovese, Guglielmo Embriaco, compagno di Goffredo di Buglione, che lʹ aveva presa a Cesarea, forse come bottino di guerra. Guglielmo Embriaco, detto Testadimaglio (caput mallei) era un personaggio vissuto tra il Decimo e lʹUndicesimo secolo. Era un robusto combattente, tosto e deciso, fu uno dei notabili cittadini e fece parte del governo genovese della sua epoca. La gloria conquistata alla Crociata, assieme a Goffredo di Buglione lo aveva posto in primissimo piano tra i cittadini più importanti della sua città. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO La reliquia era sempre rimasta a Genova, fino a quando i soldati francesi di Napoleone lʹavevano trafugata nel 1806. Poi, dieci anni dopo, era stata restituita molto danneggiata. Era stata restaurata e gli esperti lʹavevano catalogata come un manufatto arabo del IX secolo. Cʹerano,naturalmente, elementi del tutto leggendari fra cui quello secondo il quale lʹoggetto avrebbe fatto parte di un grande gioiello, uno smeraldo, appartenuto addirittura al diavolo che se lo sarebbe perso in circostanze misteriose. Tutto lì. Beh, si disse Marcello, in fondo la nuova tesi di Giordani può rimanere in piedi. I musulmani possono avere trafugato la ciotola di Buddha (chiamiamola così) a Ceylon, poi se la sono nascosta a casa loro in Terra Santa ed il buon Dio li ha puniti perché è arrivato Testa di Maglio, assieme al suo capo Goffredo di Buglione e si sono portati a Genova la ciotola esagonale di smeraldo o di porfido verde... Potrebbe essere andata così. Può anche darsi che il Gran Khan abbia offerto una riproduzione della ciotola di Buddha a Marco Polo e, tutto sommato, potrebbe essere stato lo stesso viaggiatore veneziano ad averla portata in Europa. La qualcosa farebbe piacere a mia madre, se non altro per spirito campanilistico, dato che il grande viaggiatore era veneziano come lei, povera donna . Marco Polo potrebbe aver offerto al doge genovese lʹoggetto di smeraldo in cambio della sua libertà, visto che si trovava in galera. Beh, non pensiamoci più. Sono un poco in ritardo con quella traduzione e devo andare avanti altro che storie. Pensò, con soddisfazione, che le sue lezioni di francese avevano incontrato un certo successo tra i suoi allievi i quali sembravano preferire lui al titolare. Era molto anziano e forse tra i giovani cʹera maggiore comunicativa. Chissà. Anche la traduzione lʹinteressava parecchio e, seppure con ritardo, il lavoro andava bene. “Hai visto don Guido ?” gli chiese sua madre. “Certo. Ci aspetta tutti e due a messa domenica prossima.” “ Ci avrei giurato. Ah, questi preti. Ne sanno una più del diavolo!” esclamò inaspettatamente mamma Anna. Babbo Giorgio alzò gli occhi dalla pagina sportiva del“Secolo XIX” con un sorriso compiaciuto sulle labbra. Sua moglie, la sua vecchia Anna, era sì una beghina ma di quelle con gli occhi aperti e conosceva bene il significato della frase “scherzi da prete”. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO 9 Astrid De Jong, nella sua camera di hotel di Valencia leggeva e rileggeva, tra le notizie dallʹestero di ʺEl Paisʺ i seguiti dellʹinchiesta sullʹuccisione della sua collega Jasmine Bihar. ʺPovera Jasmine!ʺ aveva esclamato con le lacrime agli occhi, Astrid. Ed aveva pensato: sono stati loro, sicuramente , quei maledetti assassini, fanatici e che credono nelle cose più assurde e demenziali. Il testo del quotidiano spagnolo riferiva dellʹinchiesta della Sureté parigina, della rivendicazione di una rete clandestina legata ad Al Qaeda. Si facevano diverse ipotesi, ma erano tutte illazioni. Erano stati ascoltati studenti ed insegnanti della Sorbonne, i quali avevano confermato che la donna conduceva una vita del tutto regolare, dava al suo lavoro enorme importanza. Vi era la testimonianza del prof. Julien Delacroix, il quale era stato, forse, uno degli ultimi insegnanti a vederla viva, oltre agli studenti che avevano seguito la sua conferenza pomeridiana. Poi era tornata a casa nel quartiere di St. Lazare, in quel arrondissement della media e piccola borghesia, dove però gli immigrati erano abbastanza numerosi e non davano particolarmente nellʹocchio. Si presumeva che i due assassini fuggiti in moto fossero in realtà ‐ stando alla rivendicazione in arabo, giunta su Internet agli inquirenti‐ dei fondamentalisti islamici. Si erano, forse, celati in seno alla pacifica comunità araba parigina. In ogni caso, avevano colpito indisturbati e,non fosse stato per la rivendicazione, nessuno avrebbe potuto ipotizzare un coinvolgimento degli estremisti musulmani. Astrid sapeva di chi si trattava perché glielo aveva detto proprio il professor Delacroix, così come lo aveva rivelato allʹaltra assistente, Eve Levy. Ma per questʹultima la professione di studiosa di religione ebraica era anche una copertura. Lei era un agente del Mossad, i servizi segreti dʹIsraele. Era stata la prima ad informare Julien Delacroix sulle attività criminali dei fondamentalisti, appartenenti alla setta degli ʺAssassiniʺ. Storicamente, si trattava degli ʺassessiniʺ, una setta di Ismaeliti che venivano così chiamati perché usavano droghe, in particolare lʹhashish. Poi, sempre sotto gli effetti degli stupefacenti, uccidevano vittime designate per scopi politici, di potere o anche oppositori di IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO religioni diverse. Nel lessico italiano la parola ʺassassiniʺ viene appunto da quella setta. Erano agli ordini dei cosiddetti ʺgrandi vecchiʺ o ʺVegli della Montagnaʺ, cioé i capi, i leaders che inviavano i sicari drogati a togliere di mezzo i nemici politici o religiosi. Uddin Mohammed Alà era il principe degli Assassini e regnò fino al 1256 d. C. Venne ucciso, quasi per una giusta nemesi storica (lui che aveva fatto assassinare centinaia di persone) da suo figlio Roknudin, il quale ‐ dopo il parricidio ‐ divenne il successore al trono e poté a sua volta vantarsi del titolo di Veglio della Montagna. Qualche anno dopo, anche Roknudin venne fatto prigioniero dal suo nemico Hulagu, che lo mise in prigione e poi lo inviò , in catene e sotto buona scorta, a suo fratello Mongu. Ma mentre veniva trasferito dal carcere al luogo della nuova prigionia venne ucciso, strada facendo da un gruppo di sicari. Erano storie arabe del XIII secolo. Ma, negli ultimi anni, con il sorgere dei gruppi terroristici di Bin Laden, queste vecchie etichette di sette ormai dimenticate erano tornate alla luce in modo criminoso. Era sorta una specie di setta terroristica mondiale, i cui intrecci mettevano insieme le cause più disparate in un groviglio inestricabile di rivendicazioni e di mire di potere. Vi erano argomenti materialistici uniti a spinte pseudo‐religiose, atei e credenti accomunati nellʹassurdo scatenarsi di una violenza vendicatrice di torti per gli uni e ʺpurificatriceʺ per gli altri. Astrid sapeva benissimo quali fini si proponevano nella ʺloroʺ ricerca di quella cosa, questi gruppi. Erano i folli motivi dei fanatici del potere, i quali ricercavano lo stesso oggetto che aveva motivato la ricerca della setta degli Illuminati, degli ultimi Templari, ma per fini diametralmente opposti. Lì, sì, vi era del manicheismo; nessuna sfumatura ideologica, nessun distinguo nelle finalità, nessuna ambiguità possibile. Da un lato, la lotta per il bene, per la ricerca della salvezza spirituale che ogni vera religione, correttamente intesa ed interpretata offre ai suoi seguaci; dallʹaltra, la lotta per il potere, un potere assoluto sans partage che, pur cedendo qualcosa alla semplificazione, Astrid non esitava a definire da impero del Male. ʺQuella cosaʺ era stata ricercata per secoli; dagli uni e dagli altri. Da monaci, da mistici, da esponenti di varie religioni e, in una opposta sponda, da conquistatori e da tiranni. Per motivi diametralmente opposti ed inconciliabili. Quali poteri avevano creduto essa possedesse i grandi conquistatori, i grandi guerrieri ? Chi può mai dirlo ? Forse, aveva cominciato a cercarla, in Oriente, Alessandro Magno, il più grande condottiero di eserciti mai apparso sulla faccia della terra e, IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO forse, il primo vero occidentale ad entrare in contatto con concezioni religiose asiatiche. Lʹavevano cercata Tito e Vespasiano, poi Adriano, distruggendo il Tempio di Gerusalemme. Lʹaveva cercata Attila, il re degli Unni; poi Gengis Khan, progenitore di Kublai Khan , questʹultimo convertitosi al buddhismo da lui introdotto in Cina come religione ufficiale dellʹimpero, perché prima di lui lʹimperatore Ashoka della dinastia Maurya, il più grande dei re dellʹIndia, anchʹegli convertitosi alla religione del Buddha, aveva dato inizio a ricerche accurate per ritrovare lʹoriginale della ciotola di Buddha. LʹOccidente non la chiamava la ciotola di Buddha, bensì il Sacro Graal. Veniamo ‐ pensava Astrid, nelle sue riflessioni ‐ allʹepoca moderna. Ecco Napoleone Bonaparte che la cerca in Egitto, tra le piramidi dei faraoni: E perché mai ? Perché in una centuria di Nostradamus il vate di Saint Remy di Provenza, il grande medico ed astrologo di Solon, aveva vaticinato il suo avvento come imperatore di Francia, la tete rase. In alcune centurie, però, si parlava di armi potentissime ed assolute. Indicazioni dettagliate per costruire negli arsenali armi mai viste, racchiuse in una formula, forse un codice, in un oggetto caro ai mistici ? Possibile. Almeno per il cervello di un tiranno, sempre alla ricerca di quel salto di qualità in materia di potenziale bellico che lo ponesse al di sopra di ogni eventuale nemico. Le armate napoleoniche sottrassero diversi di questi possibili oggetti in ogni parte dʹEuropa. Nella campagna dʹEgitto, vi fu la ricerca più accurata: tra la Sfinge e le Piramidi un simile reperto poteva essere trovato. Venne, invece, ritrovata la stele di Rosetta, che permise di interpretare la scrittura egizia. Ma non ciò che interessava il Bonaparte. Un altro oggetto sparì da Genova. Ma Napoleone non trovò formula alcuna che potesse evitargli di ritrovarsi un brutto (almeno per lui) giorno nella triste pianura di Waterloo. Un altro grande credente nellʹesoterismo, per così dire, mefistofelico, un appassionato di arti magiche e di occulto fu Adolph Hitler. Si appassionava dei misteri anche la sua amante Eva Braun. Lʹinduismo doveva aver richiamato, in particolare, lʹattenzione del dittatore tedesco, visto che si ispirò ad un simbolo del pantheon indiano, e tibetano , la svastica (raffigurazione stilizzata del sole) per ideare la croce uncinata nazista. Durante una visita a Rapallo, Eva Braun, venne incaricata di cercare un oggetto che si diceva si trovasse in Liguria. Ma i successivi avvenimenti bellici, forse, distolsero lʹattenzione del dittatore da ricerche di tipo esoterico. La catastrofe mondiale indusse, per qualche tempo, IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO lʹumanità a tristi riflessioni sulle ripercussioni nefaste del delirio dittatoriale di onnipotenza. Ma il mondo moderno non è certo guarito dai fanatismi, né politici, né religiosi. Ora, seguendo la stessa linea di condotta dei grandi tiranni della storia, gli ultras del fanatismo e della violenza si erano concentrati su quella ricerca. In parte ‐ rifletteva Astrid ‐ per impedire che rivelazioni di carattere inter religioso anziché ostacolare i contatti ed i confronti sereni tra le varie fedi, finissero, invece per agevolarlo e renderlo accetto ai fautori del pacifismo universale, per quanti credono al dialogo e ripudiano la guerra. Infatti, se un oggetto di culto, una semplice reliquia, poteva , in definitiva, accomunare diverse religioni, essa avrebbe finito per simboleggiare, agli occhi dei credenti, il valore intrinseco della intima ed individuale spiritualità. Il Sacro Graal custodito nel cuore di ogni uomo e di ogni donna di questo mondo; la ricerca dellʹIlluminazione, del Paradiso o del Nirvana. Si possono chiamare in tanti modi le finalità di un percorso spirituale. Tutto ciò sarebbe stato ‐agli occhi dei fondamentalisti e dei settari violenti ovviamente contrari allʹecumenismo ‐ il trait dʹunion che avrebbe fatto scorgere agli spiriti davvero religiosi lʹuniversalità della ricerca positiva del bene. Al di sopra dei simboli, delle rispettive dottrine e dei rispettivi dogmi. Inaccettabile per i fondamentalisti di ogni dottrina. Tanto più per coloro i quali hanno lanciato al mondo la sfida della loro “guerra santa”. Di questo, pensava mestamente la giovane donna, è rimasta vittima, in quanto iraniana, Jasmine Bihar. Quanto a lei, la sua ricerca a Valencia, era stata vana. No, non era quella la coppa del Sacro Graal. Non quella custodita nella cattedrale di Valencia. Come è diversa la ricerca di noi studiosi ‐ pensava Astrid, sul volo che la riportava a Parigi ‐ da quella che perseguono i terroristi. Cosa sperano di trovare su quella reliquia ? Forse, vi è una formula, qualche cosa di occulto. Ma non sarà sicuramente quella di un ordigno, di unʹarma assoluta come vagheggiano i terroristi internazionali. Tutto ciò è imputabile, a mio avviso, a qualche testo male interpretato a qualche previsione apocalittica fraintesa. La parola ʺNirvanaʺ, ad esempio, significa per gli studiosi del buddhismo ʺEstinzioneʺ. Ma per chi compie una scelta di carattere religioso, Nirvana significa estinzione delle passioni negative e non certo estinzione di massa, come sarebbe nel caso dellʹarma assoluta. Il Nirvana è un assoluto, ma non lʹarma assoluta. Ma , da buona cattolica, Astrid sapeva che il rischio – in quella vicenda – era costituito da IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO un altro particolare. Una verità che era stata celata per secoli e che, forse, era meglio non venisse alla luce. Perché mai ? Lei lo sapeva. Lo sapeva suo padre, lʹeditore De Jong. Lo sapeva Romolo Giordani, che si accingeva a rivelarlo al mondo accademico con quel libro affidato in traduzione ad Adriani. Ma lei, Astrid, lʹesperta di buddhismo, ma fideisticamente fedele al Nazareno ed alla sua predicazione, poteva accettare un simile fatto e, con lei, potevano accettarlo milioni di fedeli ? Poi, ripensò a Marcello. Chissà che combina quel simpatico ragazzo ? Si chiese Astrid, mentre lʹaereo atterrava al Charles de Gaulle. 10 Il professor Delacroix venne ricevuto dal primate di Francia, il cardinale Dufour, nella sede apostolica parigina, un imponente palazzo del centro. “Eʹ terribile ciò che è accaduto a quella vostra collega iraniana ‐esordì il cardinale – davvero una cosa spaventosa. Pensate, professore, possa esservi un nesso con quella nostra reliquia ? “ “Monsignore, mi duole dirvi che non può esservi il minimo dubbio in proposito. Ma i due sicari hanno voluto ucciderla per dare un segnale forte agli altri ricercatori. Non perché la professoressa avesse la più pallida idea di dove si trovi realmente la cosa di cui stiamo parlando. Come avrebbe potuto ? “ “Ritenete sia abbastanza custodita. Insomma, il posto è ancora da considerarsi sicuro. Oppure, dobbiamo comunicare al Santo padre...” “No. Niente affatto. Eʹ sicura dovʹè. Anzi, per meglio dire, sono sicure dove sono... “ “Certamente. Lʹoriginale e la copia. Avete detto bene, Delacroix. I massimi esponenti delle religioni mondiali – proseguì il cardinale ‐ sono inquieti. Eʹ un simbolo di dialogo ecumenico, nulla più. Vi è, forse, un codice. Ma nessuno di noi lo conosce. Francamente, ritengo, essendomi un poʹ documentato sul buddhismo che il cerchio che appare nella parte inferiore dellʹoggetto in questione, non sia a propriamente parlare un codice, ma un simbolo. Una piccola ruota...” “Chiedo scusa, monsignore, ma lʹesperto di buddhismo alla Sorbonne non sono io. La professoressa Astrid De Jong potrebbe, forse, illuminarci sul valore dei IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO simboli .” “Sì, certo. Ne sono benissimo al corrente. Volete, dunque, sapere a chi mi sono rivolto io, su precisa indicazione del Santo Padre ? Al quattordicesimo Dalai Lama, Giatsu, il capo dei tibetani in esilio. Eʹ o non è la massima autorità mondiale in materia ? Ne saprà più lui o la vostra professoressa De Jong, che ne dite?ʺ” “Ma certo, monsignore – riconobbe un poʹ confuso Delacroix – ebbene ?” “Ebbene, quel simbolo è la ruota. Essi, i buddhisti, sostengono che il Buddha mise il moto la sacra ruota della Legge, del Dharma. Ecco perché una piccola ruota appare sotto la pianta dei suoi piedi. Eʹ il simbolo che per raggiungere lʹIlluminazione va percorso lʹottuplice sentiero. Insomma, una cosa tremendamente complicata, roba da orientalisti. Lʹunica cosa certa, mi ha assicurato il Dalai Lama, non vi è la minima formula e tanto meno per costruire armi assolute.” “Dunque, o i terroristi sono male informati. Oppure, lo sanno benissimo e non stanno cercando alcuna formula. Quello che li interessa è di impedire qualsiasi dialogo tra le religioni. Chi vuole la guerra santa, la jihad, ovviamente non vuol sentire parlare di aperture e di confronti pacifici tra le grandi fedi.ʺ Anche il cardinale, riflettendovi sopra, era giunto alle stesse conclusioni formulate mentalmente da Astrid nel suo viaggio di ritorno a Parigi. Sono essi stessi degli oltranzisti e vogliono impedire che cristiani, ebrei e musulmani si parlino, intavolino un dialogo proficuo di pace. Questa gente non vuol sentire parlare altro che di guerra e tutto ciò che si profila allʹorizzonte come un sentimento religioso comune rende la loro causa di fanatismo assolutistico più ardua e meno accetta dalle masse. Mi sembra che se i dittatori del passato furono tanto ingenui da credere a formule magiche o misteriose contenute in oggetti sacri, quelli di oggi non perseguano più gli stessi obiettivi. Il premier iraniano, tanto per fare un esempio, sì Ahmadinejad è perfettamente consapevole del fatto che se vuole lʹarma nucleare deve affidarsi agli scienziati e non alle nostre povere reliquie. Semmai deve guardarsi dagli ultimatum statunitensi che gli intimano di attenersi alla ricerca nucleare per scopi pacifici. Con o senza codici segreti. No, credetemi Delacroix, qui si tratta di terroristi lucidi che non perseguono vani sogni da alchimisti folli o da esoterici deviati, non vogliono avere in mano la reliquia comune, la reliquia del dialogo. Non sanno che farsene. Vogliono solo che essa non venga alla luce per quello che è ; vogliono persino che se ne ignori lʹesistenza e potrebbero anche distruggerla, IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO venendone in possesso. Intendo, beninteso, dellʹoriginale.” “Quella tesi di laurea dello studente genovese...” “Eʹ una traccia, certo, mio caro Delacroix. Ma io non ne farei un dramma, ormai. Eʹ chiaro che i terroristi islamici sono al corrente di chi e perché quellʹoggetto giunse in Europa. Fu un dono del Gran Khan al Pontefice romano. Tutto qui. E venne portato a Venezia da Marco Polo. Tutto qui. Non mi pare il caso di drammatizzare. Resta lʹassassinio della professoressa Bihar. Questo sì che è tremendo....” “Perché pensate che...” “Sì, purtroppo, credo che possano esservi altri studiosi della stessa materia che siano in pericolo. Voi stesso, mio caro Delacroix, mi raccomando: state in guardia!ʺ” Il professor Delacroix uscì pensieroso e cupo in volto dal colloquio con il cardinale. Sapeva quale era la vera portata della vicenda. Era uno scontro tra due mondi. Quello degli illuministi e degli oscurantisti. Gli uni volevano portare in chiaro i significati profondi della pacifica ricerca dellʹumanità verso ideali di pace e di fratellanza universale , a prescindere dalle fedi reciproche. Gli altri volevano riportare il mondo alle “guerre sante” per fini politici e di potere. O più semplicemente per non far crollare edifici dogmatici ormai consolidati ed inattaccabili. Altro che ricerca del Sacro Graal, qui si trattava di due strade opposte, diametralmente opposte, che lʹumanità aveva di fronte. Le eterne strade del male, rappresentato dalla guerra, dai fomentatori di discordie, dai trafficanti internazionali di armi e di droga ; dallʹaltra parte della barricata, le forze del bene, rappresentato da una pace difficile da difendere, da rendere duratura e stabile e persino da ottenere per un certo numero di anni. Sarà semplice manicheismo, forse, si diceva il professore francese. Ma le cose più semplici sono anche, a volte, le più vere. Senza tanti giri di parole, senza fronzoli retorici, senza sottili distinguo e zone grigie. Qui è in gioco più che il dialogo tra le diverse religioni, addirittura la pace mondiale.. Ma queste cose Delacroix le aveva ben presenti. Nel microcosmo del sapere, negli atenei delle Università si riflettevano come in uno specchio appannato anche da atavici rancori, tutte le controversie del mondo. Gli studenti multietnici si portavano appresso filosofie e ideologie, retaggio di pregiudizi ancestrali che le forze dellʹilluminismo non riuscivano a scalfire e, più verosimilmente, neppure a sfiorare. Secoli prima, lʹaveva compreso IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Voltaire: ʺLasceremo questo mondo così bete et mechant esattamente come lʹabbiamo trovato, arrivandovi.ʺ Delacroix aveva scelto da tempo il partito da prendere e lʹatteggiamento da adottare. Non tutte le verità erano buone da diffondersi, da farsi sapere. Qualcuno doveva pur scegliere. Sì decisamente la ruota dei buddhisti continuava a girare. Ma non andava sempre nel verso giusto. Cʹera, anzi, chi pensava addirittura di rompere la ruota del divenire, perché in caso di apocalisse nucleare, lʹumanità non avrebbe avuto un futuro. Tutta lì la posta in gioco. E scusate se era poco! Vi era la controversia sul nucleare che coinvolgeva Europa e Stati Uniti di fronte allʹIran di Ahmahjnejad. Proseguiva il conflitto in Iraq ed Afghanistan. Lʹombra minacciosa di Bin Laden si proiettava, lunga e ossessiva, sullʹintero pianeta. Dove avrebbe portato, il terrorismo internazionale, i suoi colpi micidiali ? Tutto, tutto, pur di impedire qualsiasi progresso sostanziale nel dialogo appena accennato israeliano‐palestinese. Per coinvolgere il Libano in nuovi conflitti che vedevano la Siria sempre in ballo, con unʹ altalena di mosse diplomatiche, punteggiate da episodi bellici alla frontiera con Israele. E nemmeno i paesi buddhisti erano poi così pacificati, perché per contendersi un tempio, consacrato proprio a Buddha, Thailandia e Cambogia non esitavano a schierare truppe che si guardavano in cagnesco ai rispettivi confini. Così come perdurava il conflitto tra Corea del Nord e Corea del Sud. Avevano proprio compreso i governi asiatici il messaggio di pace e fratellanza universale dellʹIlluminato? Come le manganellate dei militari cinesi (dimentichi sicuramente del fatto che il loro paese, la Cina, fu buddhista) sulle teste dei monaci tibetani. Una inimicizia ormai storica ed una aperta ostilità tra Cina e Giappone (tra Catai e Cipango, per usare una fraseologia poliana) e , naturalmente, un interminabile conflitto di frontiera tra India e Pakistan. La Cina muoveva le sue pedine. Il Giappone ritrovava una dimensione anche nella sfera militare che lo rimetteva a fianco delle potenze occidentali come guardiano del Pacifico. Insomma, un gioco complesso, diplomaticamente intricatissimo e – come sempre – rischioso per la pace mondiale. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO 11 Il cardinale parigino aveva visto giusto. Vi sarebbero state altre vittime. Inaspettatamente, facendo parte del Mossad e , quindi, colei che era più consapevole del rischio e stava bene in guardia, fu colta di sorpresa ed assassinata proprio a Gerusalemme. La professoressa, Eve Levy, era tornata in patria per seguire uno stage universitario sulle antiche civiltà semitiche. Aveva tenuto una conferenza sulle origini comuni dei vari credo religiosi e poi si era diretta verso casa. Era quasi il tramonto. Non aveva dato troppa importanza, uscendo dalla sede dove si era tenuta la conferenza tra studiosi, a quel giovane palestinese che pareva un venditore di cianfrusaglie, allʹangolo della strada. Era un bel ragazzo bruno, vestito di bianco. Allʹimprovviso, Eve si rese conto. Il giovane si era avvicinato a lei, con uno strano sorriso sulle labbra. Quel vestito bianco. Con quei ricami. Eʹ troppo ben vestito! Era lʹabito quasi da cerimonia, la candida veste dei martiri di Allah! Non vi erano più dubbi, nella mente della donna. Ma era tardi. Troppo tardi. Il ragazzo non sorrideva più ma lʹaveva stretta in un terribile abbraccio. Pensò di staccarlo da sé son una mossa di judo e stava riuscendovi, quando entrambi saltarono in aria. La veste candida celava esplosivi. Il martire si era fatto saltare in aria con la sua vittima predestinata. Per essere certo che sarebbero morti assieme lʹaveva abbracciata allʹultimo istante. Poi, i passanti atterriti avevano visto il lampo accecante del ragazzo‐bomba e della professoressa immolata. Non vi erano stati altri morti. Soltanto loro due. Qualche ferito leggero colpito dallʹonda dʹurto e da qualche scheggia. In quel momento, erano davvero soli: Eve Levy ed il ragazzo palestinese, cui era stata inculcata la dottrina dei kamikaze. Ancora una volta, il fanatismo e la disperazione avevano lasciato una traccia di sangue. I mandanti, ovviamente, sapevano benissimo chi fosse Eve Levy. Non ignoravano nulla della sua ʺcoperturaʺ e del fatto che si trattava di una agente del Mossad, impegnata, tuttavia, a Parigi in unʹoperazione a vasto raggio, di natura culturale, tendente al riavvicinamento delle tre religioni monoteiste. Il recupero degli arabi moderati, il ristabilimento di un vero dialogo tra musulmani ed ebrei. Questi erano i compiti di Eve, a Parigi. La sua possibilità di accesso negli IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO ambienti accademici giovanili avrebbe sicuramente agevolato una presa di coscienza da parte di musulmani moderati sulla necessità di dialogare, sia pure sul terreno comune delle rispettive fedi, per raggiungere ‐ magari nellʹavvenire ‐ una pace basata su valori condivisi ed universali. Ma il fanatismo aveva falciato la sua giovane vita. La missione non era andata a buon fine. Lʹestremismo dei ʺgrandi vecchiʺ del terrore aveva ancora una volta prevalso sulla ragione. La stampa israeliana non aveva raccontato tutto sulla vicenda e meno che mai aveva rivelato lʹappartenenza della donna ai servizi segreti. Forse, i giornalisti di Gerusalemme non erano stati informati su questo particolare segreto. Non sapevano neppure i quotidiani israeliani che la giovane ricercatrice si era recata il giorno prima della sua morte al Muro del Pianto, il luogo più sacro che esista per la religione ebraica. Aveva vergato un bigliettino, Eve, e lʹaveva infilato – come è consuetudine – in una crepa del muro. Quei messaggi sono rivolti a Dio. Lei aveva scritto semplicemente: “Aiutami Dio a portare a termine la mia ricerca. Che io possa ritrovare la nostra sacra reliquia.” In ogni caso, tutto ciò non aveva ormai più importanza. Non per il governo di Israele. Vi erano altri canali, di natura più politica, per intavolare trattative con i palestinesi e con il mondo arabo. Era unʹ altalena tra il ricorso ad azioni di carattere diplomatico (nei confronti dei partners moderati) ed a risposte di tipo militare verso gli irriducibili di Hamas. Le cronache dei quotidiani di ogni paese erano piene di avvenimenti simili. La guerra non dichiarata andava avanti. Con perdite di vite umane da entrambe le parti. Era arrivato Barak Obama, candidato presidente alle elezioni Usa, ma anziché mettere pace aveva gettato olio sul fuoco con una frase poco gradita al popolo palestinese: ʺGerusalemme è la capitale dʹIsraele!ʺ aveva detto lʹinesperto aspirante a varcare la soglia della Casa Bianca. Poi, Obama, divenuto presidente, aveva corretto il tiro, cercando una più giusta equidistanza tra israeliani e palestinesi. Ma le tensioni rimaneva fortissime, dopo gli ultimi insediamenti dei coloni ebrei. Attentati, sporadici. Ma sempre mortali. E così anche la studiosa Eve non cʹera più. Schegge di Kiddish, preghiere IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO lamentevoli scandite in Sinagoga ad accompagnarla nellʹultimo viaggio nella valle di Giosafat. Eppure lei non cercava di trovare il candelabro ebraico a sette braccia, che compare a Roma sulle curvature interne dellʹarco dedicato allʹimperatore Tito, vincitore degli ebrei a Gerusalemme e saccheggiatore del Tempio. Non cʹentrava nulla il candelabro simbolo del sette, cioè il tempo biblico (sette giorni) occorso a Jeovah per creare lʹuniverso. Semmai cʹera in ballo lʹOttuplice sentiero, cioé la via indicata da Buddha per il raggiungimento della meta, il Nirvana. Ma questo al Mossad non interessava. Cosa fosse lʹoggetto in questione ‐ ciotola di Buddha, scodella di Adamo o tazza di Mosé ‐ ai servizi segreti israeliani non importava un fico secco. Misticismo e metafisica erano del tutto indifferenti. Quel che, invece, interessava anche al Mossad erano le motivazioni della ricerca. Perché i terroristi islamici si davano tanto da fare per correre dietro a simboli esoterici ? Loro questo lo sapevano perché cercavano esattamente la stessa cosa. Cosa cʹera di così interessante in certe presunte reliquie. Perché i talebani, ad esempio, si erano sentiti in dovere di fare saltare in aria con la dinamite le gigantesche statue di pietra raffiguranti Buddha, nella valle consacrata al Perfetto perfettamente Risvegliato, allʹIlluminato per antonomasia ? Un rompicapo di più per i servizi di Tel Aviv era quellʹattentato che era costato la vita ad Eve Lévy. Avevano saputo della sua reale appartenenza alla rete di controspionaggio dʹIsraele. E come lo avevano saputo ? E da chi ? Oppure si era trattato di un attentato come un altro, del tutto fortuito che, stavolta, senza mirare allʹobiettivo specifico aveva colto di sorpresa una delle loro migliori agenti ? Questa era la tesi che prevaleva nei servizi segreti di Gerusalemme. Il caso e soltanto il caso aveva falciato la giovane vita di Eve, così come al suo posto poteva morire una massaia israeliana andando al mercato o uno studente recandosi allʹUniversità, o un passante qualsiasi. Questo credevano al Mossad e la versione dellʹavvenimento fortuito li tranquillizzava. Almeno in parte. Intanto, Israele proseguiva con gli insediamenti dei suoi coloni sui territori, suscitando reazioni dei palestinesi ed anche internazionali, visto che il presidente americano Obama, impegnato nel difficile compito di far riaprire il dialogo tra le due parti in conflitto, vedeva nelle nuove costruzioni dei coloni dʹIsraele un impedimento forte sulla via della ricerca di una pace duratura, sempre più problematica ed ardua da raggiungere. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO In Occidente, vi era chi prendeva le parti del popolo palestinese e parlava apertamente di espansionismo sionista. Ma la cosiddetta “questione palestinese” restava irrisolta rischiando di far esplodere il Medio Oriente, mentre a Teheran proseguiva la corsa allʹarmamento nucleare. Lo studente genovese, Marcello Adriani, ansioso come era di natura, si sarebbe inquietato non poco se avesse saputo che anche lʹaltra professoressa, a latere, assistente al suo esame di laurea, aveva trovato la morte. Così come era accaduto alla professoressa iraniana. Ma questo non lo seppe. Almeno non subito. Perché quel giorno non lesse i giornali ed, in Israele, quello che costò la vita ad Eve Lévy venne catalogato come uno dei tanti attentati terroristici in atto da parte degli estremisti palestinesi. 12 La famiglia Adriani trascorreva, una parte delle proprie vacanze dʹagosto in terra veneta. Mamma Anna aveva una sorella, Luisa, a Padova cui era molto affezionata. Le due sorelle si scambiavano le visite quando potevano con i rispettivi mariti al seguito. Un poʹ a Genova e un poʹ a Padova. Come capitava. Marcello aveva seguito anche stavolta i suoi genitori e, da Padova, tutto solo, aveva fatto un salto a Venezia. “Beh, in fondo, ormai sei grande ‐gli aveva detto ironicamente la zia ‐ eppoi, sei persino stato a Parigi. Potrai andare fino a Venezia da Padova !” “Voi non venite aveva chiesto, più per la forma che per altro, ai genitori ed agli zii.” “No.” Aveva risposto, per tutti mamma Anna. “Qui a Padova, ci sono alcune celebrazioni per SantʹAntonio alla Basilica. Non me le voglio perdere.” “Ben detto!” aveva aggiunto zia Luisa. I due mariti si erano guardati, sconsolati e vinti. Il capitano in pensione Giorgio e lo zio Riccardo, ferroviere in pensione, avrebbero preferito – tutto sommato – la gita a Venezia. Ma non era bello lasciare le mogli sole, durante un periodo di vacanze ; eppoi a Padova cʹera la consolazione di boccali di birra fantastici. Almeno, quello: buona birra e interminabili partite a carte con gli amici. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Così era partito da solo. Piazza San Marco, Rialto, lʹIsola di San Giorgio, il Ponte dei Sospiri (sospirava pensando ad Astrid), e poi su e giù per i ponti e le calli. Traghetti e camminate a piedi. Poi, nuovamente a piazza San Marco , il salotto della città dei dogi. Improvvisamente, mentre il sole tramontava, gli parve di scorgere una figura familiare che entrava nella grande basilica veneziana, assieme ad altri turisti. Poteva essere il professor Delacroix.? Era assieme...ma certo. Era il padre di Astrid, lʹeditore belga De Jong. Ma che ci facevano a Venezia ? Affrettò il passo per raggiungerli. Ma erano già entrati nel luogo di culto. Continuò a cercarli dietro le navate. Non li trovò. Era in fondo alla chiesa e riecco le loro ombre, nuovamente rischiarate dal sole che tramontava, proprio di fronte allʹingresso. Sagome nere ma inconfondibili. Sembravano discutere animatamente con un ecclesiastico. Poi, loro uscirono e il sacerdote sʹinfilò in una porticina, sparendo alla vista. Marcello fece il percorso quasi correndo mentre i turisti si voltavano a guardarlo, stupiti. Rieccolo fuori. Sulla piazza , tra uno svolazzare di piccioni impauriti dal suo brusco apparire. Di Delacroix e di De Jong neppure lʹombra. Erano stati brevemente allʹinterno della basilica. Cosa si erano detti con quel sacerdote anchʹegli sparito tra le navate ? Cosa cercavano a Venezia ? Un fatto strano.Lo studente ligure era davvero sorpreso ed incuriosito. Intanto, ignorava che il padre di Astrid conoscesse il professore francese. Ma quanto ad intravvederli entrambi nella basilica di San Marco a Venezia, questo proprio non se lo sarebbe aspettato. Ma poi erano loro oppure aveva preso un abbaglio, scambiando due turisti stranieri per quei due ? Va bene che fa caldo e siamo in agosto, ma un colpo di sole non mi sembra la spiegazione plausibile; non in questo caso, pensò Marcello, ripercorrendo in traghetto la strada per la stazione di Mestre per tornarsene, quella sera stessa a Padova. Sì, decisamente doveva essersi sbagliato. Ma sapeva bene che non era così. In cuor suo. Sono troppo giovane – si diceva – per scambiare non una una ma addirittura due persone per qualcun altro. Ma certo che aveva visto bene e li aveva distintamente IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO riconosciuti entrambi. Erano in quel luogo di culto e stavano confabulando con quel prelato. Di cosa parlavano ? Questo certo non poteva saperlo. Come mai erano lì ? E chi poteva mai dirlo! Il suo professore parigino ed il padre di Astrid erano realmente a Venezia. Li aveva scorti in San Marco. Piuttosto curioso. Anzi, molto curioso. Ma ormai alle stranezze cʹera abituato. Si ricordò, sul treno del ritorno, di non aver neppure acquistato un ricordino per la mamma e per gli zii che lo ospitavano. Acquisterò qualcosa nella città del Santo – si disse – intanto conosceva benissimo i gusti degli zii e dei genitori. Padova o Venezia, sempre Veneto è. Tornò anche altri giorni nella città lagunare. Sperava di incontrare nuovamente il professore e lʹeditore nel caso si trovassero ancora a Venezia. Questa volta non se li sarebbe lasciati sfuggire. Ma, pur trascorrendo molte ore in piazza San Marco davanti alla basilica non li rivide più. Chissà dove erano finiti e perché mai si trovavano in quei luoghi. Astrid non gli aveva mai detto che si conoscessero. Quante cose non gli aveva detto Astrid. Questo il giovane professore di francese non poteva immaginarlo neppure lontanamente. Lʹavrebbe scoperto dopo col trascorrere del tempo. Lʹesperienza, il ben noto pettine per i calvi, viene sempre dopo. Quando è troppo tardi per rimediare a qualsiasi errore. Ed è per questo che – come dice la saggezza popolare – del senno di poi sono piene le fosse. Ma per il giovane genovese, invece, le sorprese sarebbero state positive. Una dopo lʹaltra e le sue successive scoperte lʹavrebbero portato a trovare non soltanto la sua strada nella vita ma anche la compagna della sua vita. Ma su ciò non anticipiamo. Il suo soggiorno veneziano gli consentì di visitare a fondo la città lagunare. Sempre in giro sui vaporetti o a piedi, per ponti e calli. Giunse nel quartiere dove si diceva – almeno dicevano così le guide turistiche – avesse abitato il mitico Marco Polo. Ma della sua casa non vi era a Venezia la minima traccia. “Noi genovesi, invece – pensò con legittimo orgoglio – abbiamo scoperto la casa di Cristoforo Colombo... ammesso che sia poi quella vera. Mah !” Si ritrovò davanti alla chiesa di San Lorenzo. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO “Toh, anche i veneziani hanno il loro San Lorenzo, pensò, ma certo la nostra cattedrale, con le sue strisce bianco nere di pietra di lavagna, è più bella ed imponente. Oddio, bisogna raffrontare ciò che può essere comparato. E qui credo di stare facendo torto a Venezia perché il vero paragone non è tra la chiesa di San Lorenzo e la nostra cattedrale, bensì tra San Lorenzo di Genova e San Marco di Venezia. E qui, ho paura che la mia città perda al confronto. Beh, vediamo un poco questa chiesa...” Aveva letto da qualche parte che lì avrebbero dovuto trovarsi le tombe della famiglia di Marco Polo, che si era sposato ed aveva avuto tre figlie. Poi venne sepolto in San Lorenzo, ma delle tombe non sussisteva più alcuna traccia. I veneziani, forse, avevano avuto meno fantasia dei genovesi e di case e di tombe dei Polo sulla laguna non vi era nemmeno lʹombra. Bella la chiesa, però, si disse il giovane mentre percorreva le navate, piene di reliquie. Vide una porticina semichiusa e con la curiosità di un esploratore la spinse penetrando in uno stretto cunicolo. Ragnatele e polvere. Il passaggio si restringeva a vista dʹocchio. Doveva essere una zona off limits, ma il parroco, distrattamente, aveva lasciato quel passaggio aperto ai visitatori del luogo sacro. Vide una specie di sarcofago e provò a spingere un meccanismo che spuntava da una fessura tra la costruzione marmorea e la parete del cunicolo. Qualcosa si mise in modo, misteriosamente, ed il piccolo sarcofago si spalancò. Aveva in tasca il suo accendino, Marcello (eh, no! Il vizio del fumo proprio non era riuscito a toglierselo del tutto e ogni tanto si accendeva una sigaretta quando papà e mamma non lo vedevano); accese la piccola fiamma e rischiarò lʹinterno del piccolo monumento. “Ma questo cosʹè ? si disse, afferrando un rotolo cartaceo che pareva una antica pergamena. Davvero strano ? Lo prendo non lo prendo ? O per meglio dire, lo rubo o non lo rubo. Non mi appartiene, questo è poco ma sicuro. Appartiene alla chiesa. Ma dopotutto posso sempre restituirlo. Io lo porto via. Si infilò la pergamena polverosa sotto la giacca e tornò sui suoi passi. Dimenticò persino di azionare la leva che aveva fatto scattare lʹapertura del piccolo sarcofago e in tutta fretta ripercorse il cammino verso lʹuscita della chiesa di San Lorenzo. Aveva fatto a Venezia, durante quella vacanza estiva, una scoperta storica. Lo scoprirà soltanto più tardi. Quella pergamena era il testamento, o per meglio dire, il memoriale segreto del IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO grande viaggiatore veneziano. Marcello Adriani, tornato a Padova nella casa degli zii, ebbe modo di esaminare la pergamena a proprio agio. La decisione era presa: lʹavrebbe inviata così comʹera, in un plico postale super raccomandato e con ricevuta di ritorno allʹindirizzo del suo editore di Bruxelles, De Jong. Il padre di Astrid, insomma, doveva avere quellʹoggetto per esaminarlo e trarne le dovute conclusioni. Era deciso. “Sì farò così!” esclamò ad alta voce. “Farai che cosa ? “ gli chiese suo padre Giorgio che lʹaveva udito. “Spedirò una cosa che ho, come dire, acquistato a Venezia allʹ editore di Bruxelles che mi ha affidato quel lavoro di traduzione dal francese allʹitaliano.” “Un souvenir che hai acquistato a Venezia ?” “Sì, un ricordino della mia visita. Spero possa interessarlo.” “Posso vederlo ?” chiese suo padre. “Scusa papà, ma è incartato in una confezione regalo. Non posso sfasciarlo senza rovinare il dono...” “Ah, se è così. Ma di cosa si tratta ? Scommetto che è una riproduzione di una bella gondola veneziana. Indovinato ?” “Papà sei un mago!” “Beh, a Venezia che vuoi comprare come souvenir se non una gondola ?” “Giusto!” “E al tuo vecchio che gli hai comprato ?” “Il campanile di San Marco in una bella bolla di vetro con la neve...Contento ?” “E per la mamma ?” “Lʹorologio della piazza con i mori che scandiscono le ore con i martelli. Cʹè il moro vecchio con la barba che quando colpisce la campana di bronzo simboleggia lʹora passata e quel moro giovane che colpisce la campana e simboleggia il futuro.” “Così non cʹè mai indicata lʹora giusta nella torre dellʹorologio di Venezia ?” chiese babbo Giorgio. “Bravo. Eʹ proprio così...” “Tua mamma sarà contenta.” “Le piacciono gli orologi, anche se non segnano lʹora esatta ?” “Spero di sì. Mi auguro che non le piacciano i mori!” IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO 13 Il tibetano, Devadatta, andava e veniva da Lhasa a suo piacimento. Con lui le autorità cinesi erano particolarmente benevole, per il semplice fatto che egli non apparteneva ai monaci del Dalai Lama, in esilio. Tuttʹaltro. Ma, per i suoi viaggi in Occidente, il suo aspetto tibetano gli conferiva unʹaurea di insospettabilità, a volte accentuata dal fatto che si travestiva , in certe occasioni, da monaco indossando la loro veste tradizionale. Una fede dalla quale si era allontanato da tempo ma che trovava utile per le sue missioni. Giovanissimo, era stato tra i pochi che avevano accolto di buon grado la novità del regime cinese, dopo la cacciata e lʹesilio del Dalai Lama. Devadatta, era un tibetano del partito pro cinese ed era anche qualche cosa di più. Un agente segreto al servizio della Cina moderna post‐maoista . Era rimasto a galla, politicamente, nel suo paese, proprio grazie alla collaborazione incondizionata con i nuovi padroni di Pechino. Lo utilizzavano come spia internazionale e col suo aspetto saltuario di monaco metteva nel sacco parecchia gente, almeno nei paesi occidentali. Devadatta era alla ricerca di quellʹoggetto. La pista belga gli era parsa la più verosimile, dopo avere scartato tutte le altre. Si era recato, beninteso, a Genova. Aveva visto nella cripta di San Lorenzo il Sacro Catino, oggetto pregevole sicuramente dal punto di vista storico ed archeologico. Ma non aveva nulla a che vedere con quello che lui ed i suoi committenti cinesi andavano cercando da anni. Quel catino non era quello giusto, non era la Ciotola di Buddha, con al centro la raffigurazione della ruota del Dharma e con quella formula, quella formula che gli scienziati di fisica quantistica avrebbero sicuramente compreso e gli scienziati al servizio dellʹindustria bellica cinese avrebbero saputo trasformare nella più micidiale arma da guerra del XXI secolo, destinata ad incutere terrore nellʹumanità per tutto il terzo millennio .E forse oltre. Per lʹeternità. Lʹarma assoluta. LʹArmaggeddon dellʹApocalisse. Altro che bombe A e bombe nucleari. Su quel simbolo che risaliva al Buddha cʹera la formula per scoprire con facilità semplice ed elementare il fantomatico bosone di Higgs, quello che per i ricercatori ginevrini del Cern, impegnati da anni in esperimenti, costituiva il massimo oggetto del desiderio. Era la cosiddetta particella di Dio, capace di sprigionare una energia cosmica IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO inimmaginabile, di una potenza infinita , tale addirittura da provocare una sorta di nuovo Big Bang, lʹesplosione cosmica appunto che circa quindici miliardi di anni fa, secondo gli scienziati, aveva dato origine al nostro Universo. Le autorità di Pechino avevano appreso il segreto della Ciotola di Buddha da un vecchissimo monaco tibetano, il quale – abbandonata la causa del Dalai Lama – aveva dato esaurienti spiegazioni su quella che era e non era al tempo stesso una religione. Era anche quanto di più avanzato la fisica delle particelle e la meccanica quantistica potessero immaginare. I dogmi buddhisti avevano sempre incuriosito gli scienziati orientali come quelli occidentali. Curiosi riferimenti ad un potere in possesso del Buddha storico che lo vedeva signore e maestro di mondi lontani, definizioni che venivano sempre interpretate in chiave mistica e simbolica e mai prese alla lettera, come Buddha, lʹocchio dellʹuniverso; ma se presi alla lettera certi termini schiudevano spiragli insospettati su orizzonti fantastici e, sicuramente, avveniristici quali i viaggi nel tempo, le energie incontrollabili, le sfere celesti, i paradisi di Brahma, da danza di Siva, i fulmini di Visnù e tutto lʹarsenale del pantheon induista; lʹimmersione in mondi nirvanici in cui energia e materia si fondevano in modo indistinguibile, provocando nuove realtà, tutte ispirate a misteriosi poteri sovrannaturali. In un primo tempo, le autorità di Pechino avevano pensato che il vecchio monaco tibetano si fosse semplicemente bevuto il cervello. “Eʹ lʹetà – sentenziò il capo del controspionaggio di Pechino – quando gli informatori dei servizi segreti maoisti , da Lhasa, gli comunicarono i contenuti delle presunte rivelazioni del vecchio saggio. Quello, a forza di leggere i testi sacri della sua ridicola religione, si è convinto che i miracoli e i poteri sovrannaturali del suo Buddha fossero reali! Figuriamoci, che attendibilità può avere un vecchio monaco del Tibet... ” Gli scienziati cinesi, in un primo tempo, si erano messi a ridere. Era stato, però, uno di loro a notare certe strane coincidenze tra le formule comunicate dal saggio tibetano e quelle che risultavano dai più sofisticati esperimenti di laboratorio nei sotterranei della capitale cinese. Era stato dato ordine agli agenti in Tibet di interrogare nuovamente il vecchio monaco e di cavargli tutte le possibili informazioni al riguardo delle sue rivelazioni sui poteri magici del Buddha. Ma il vecchio era morto e non poté rivelare nulla di più di quanto aveva già IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO detto. Lʹultima sua allusione abbastanza precisa era stata quella riguardante la ciotola di Buddha. Su quella ciotola dovevano essere incise le formule che interessavano la Cina. Il capo dei servizi segreti di Pechino diede lʹordine ai suoi agenti nel mondo di cercare e di ritrovare ad ogni costo lʹoggetto in questione. “State pur certi – aveva detto – che servizi come la Cia, lʹIntelligence Service britannico, e chissà quanti altri compreso il Mossad israeliano, possono aver trovato interessante il racconto del saggio del Tibet. Non credo abbia raccontato la sua storiella solo a noi .Dobbiamo trovare quel manufatto, presumibilmente, è quel catino che adoravano a Ceylon, lʹattuale Sri Lanka, e che è segnalato come scomparso dalle autorità del posto, dopo il conflitto con le Tigri Tamil...” Tra tutte le spie cinesi che operavano nel mondo, il tibetano Devadatta, era il più vicino alla meta. E lui, perfettamente consapevole delle sue conoscenze, se ne rendeva benissimo conto. Per questo aveva deciso di compiere un viaggio in Francia, dove era certo avrebbe ritrovato lʹoggetto che interessava al governo di Pechino. 14 “Prego, accomodatevi...”disse Rupert Murdoch, il capo del Pentagono, indicando due poltrone, nel suo studio, al capo della Cia, Daniel Johnson , ed al plurimiliardario, Rahula Maitreya, che aveva convocato con un certa urgenza. La corsa allʹarma assoluta, contenuta a quanto pare sul quel manufatto che ci impegna in una ricerca senza esito da anni, ebbene stiamo per perderla. Perché non abbiamo più la minima nozione di dove sia andato a finire lʹoggetto in questione e tutti gli enigmi anziché chiarirsi si sono infittiti. La nostra collaborazione con lʹIntelligence Service britannico e col Mossad israeliano, nonché con i servizi segreti francesi non ha dato frutti ed in più abbiamo registrato pesanti sconfitte. Una infiltrata iraniana è stata assassinata a Parigi ed incidentalmente unʹaltra preziosa collaboratrice ha trovato la morte a Gerusalemme in un attentato kamikaze che non cʹentrava nulla con la nostra caccia al tesoro, ma che comunque ci ha privato di una pedina importante. Notizie da sua sorella, Maitreya ?” “ Eʹ in India per quel che ne so. Ma nessuna nuova pista da seguire da quella IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO parte... Maya mi ha telefonato di recente. Ma la comunicazione era pessima. Su una cosa è stata esplicita: nulla di nuovo neppure dopo il congresso di specialisti indologi cui lei ha partecipato. Proprio nessuna nuova. ” “I nostri agenti a Bruxelles – intervenne Daniel Johnson‐ inviano rapporti allarmati perché hanno avuto alcune soffiate sospette che parlano di un monaco tibetano, alleato dei cinesi, inviato appositamente da Pechino per eliminare occidentali e russi dalla corsa. Eliminare nel vero senso della parola intendo. Una specie di “terminator” , il cui volto, purtroppo, non ci è noto. Non possiamo arrestare tutti i monaci tibetani in Occidente, perché sono seguaci del Dalai Lama e non cʹentrano col serial killer dei Cinesi. Anzi sono, forse, tutti sue vittime potenziali, anche se questa non è la missione del tibetano rosso. Scovarlo per noi è come trovare un ago in un pagliaio. Eʹ vero che in Occidente un tibetano si nota. Ma ci sono moltissimi monaci che hanno seguito in esilio il Dalai Lama e si trovano sia nei paesi europei che qui da noi...” “Eʹ un bel guaio!” ammise Rahula. “Può ben dirlo!” esclamò il capo del Pentagono. “Eʹ vero siamo ad un punto morto. Ma è chiaro che la partita si gioca in Europa perché quellʹoggetto è sicuramente in qualche Cattedrale europea, esibito forse come reliquia cristiana. Non vi sono dubbi in proposito. Qui, negli States non vi è di certo, perché anche dopo la vittoria nellʹultima guerra, dallʹEuropa abbiamo importato di tutto, meno che le reliquie delle Chiese! Ed abbiamo esportato anche noi qualche cosetta, ma questo è un altro discorso...” “Le nostre investigazioni – disse con tono nervoso Rahula – ci portano sempre più verso la pista del Belgio, perché escluse come abbiamo già fatto le Cattedrali di Genova, di Valencia e di San Marco a Venezia, adesso, non ci rimangono che i castelli delle Ardenne o alcune grandi cattedrali delle Fiandre .Quel che cerchiamo devʹessere per forza in uno di questi posti, dato che la famosa reliquia è in qualche modo legata alle leggenda del Buddha ed alle Crociate cristiane in Terra Santa...Come vi dicevo, Maya esclude la pista indiana. Insomma, quello che cerchiamo è in Occidente. Non sappiamo come ci è arrivato, ma è in Europa. Sicuramente. ” “Bene: teniamoci al corrente. E per ora, arrivederci. Non abbiamo nullʹaltro da dirci mi sembra. Lʹunica speranza è che gli agenti della Cina non arrivino prima di noi. Mi impensierisce soprattutto quel tibetano che è pronto a colpire perché è un uomo senza volto e temo anche che abbia dei complici da qualche parte in Europa. Ma chi è lui e chi potrebbero essere i suoi accoliti ? Eʹ un mistero e temo IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO che lo resterà a lungo. ” “Senta Murdoch ritiene che dovrei partire per lʹEuropa ? Chiese Rahula. “Per il momento, non credo proprio. Cosa andrebbe a fare ? A caccia di fantasmi. No, rimanga qui. Sua sorella è andata in India e non ha trovato nulla. Aspettiamo gli avvenimenti. Abbiamo la piena collaborazione dei servizi segreti occidentali. I nostri alleati francesi, belgi, tedeschi, inglesi ed italiani sono tutti sul chi vive. Il Mossad israeliano, naturalmente, è con noi. Non ci occorrono altri uomini sul teatro delle operazioni chiamiamolo così. Tanto più che è quasi certo che ciò che cerchiamo è in fondo ad una chiesa, probabilmente una cattedrale. Ma chissà quale... ” 15 Il giovane Romolo Giordani e la fidanzata Julienne De Jong avevano avuto per missione dallʹeditore di Bruxelles di fare un salto a Buglione, il paesino vallone adagiato su una collina, che sovrasta una verde vallata attorniata dalla foresta ardennese. Sul cocuzzolo più alto di Buglione, sorge il castello del famoso conte delle Ardenne, Goffredo di Buglione, il crociato, che pur di liberare il Santo Sepolcro in Terra Santa, si era venduto il suo feudo, castello compreso e poi era partito alla testa dei suoi uomini per sconfiggere i Saraceni. La strada era attorniata dalle magnifiche foreste ardennesi. Sʹintravvedeva ai cigli della via polverosa il fugace apparire di un cervo. Lungo il corso del fiume, il panorama era davvero maestoso mentre la via portava al nido dellʹaquila il castello del Crociato. “Credi – chiese Julienne a Romolo – che il paesino di Buglione cʹentri qualche cosa con lʹoggetto che ricerca mio padre da così tanto tempo ?” Romolo, al volante della Renault rossa, si accese una sigaretta e rispose in uno sbuffo di fumo:”Vatti a sapere. Una ciotola...Facile da dirsi, ma nelle Ardenne di ciotole ve ne sono a migliaia nelle casette dei contadini che, alla mattina, si bevono una tazza di latte in cui inzuppano il pane. E dove se non nelle scodelle, nelle ciotole di legno, dove ti pare ! Qui, la ricerca di un ago in un pagliaio sarebbe più agevole. “ “Va bene, obiettò Julienne, ma questa benedetta scodella qualche strano IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO particolare dovrebbe pure averlo, o no ?” “Beh, il particolare strano e che con questa storia della ciotola, io – un igienista che aveva chiuso col fumo – ho ripreso a fumare!”, esclamò, gettando con disgusto metà della sigaretta fuori dal finestrino. “Ti rende così nervoso ?” “ Sì, perché tuo padre mi ha detto cosa cʹè stampato su quella benedetta tazza.
” “Che cosa ?” “Una formula misteriosa che a quanto pare fa gola alle superpotenze...” “Cosa! Ma che dici ?” “Sì una formula per qualche micidiale armamento o qualcosa di simile. Non chiedermi di più perché io stesso non posso dire di più in quanto ignoro davvero di cosa si tratta. Ma tuo padre quando parlava di questo aveva lʹaria serissima e mi ha accennato ad ambienti della Nato che, a Bruxelles, lo avevano contattato per avere il suo parere su questo famoso oggetto. Nel quartier generale dellʹalleanza atlantica, nelle palazzine a due piani di Evere, dove tuo padre era stato accompagnato dal ministro della Difesa belga si era trovato di fronte generali americani e britannici. Non ti dico altro...”. “A me non ha detto nulla di tutto ciò...” “Vuole coinvolgere il meno che può i suoi in questa strana vicenda. Ecco tutto.
” “Mia sorella è al corrente ?” “Credo che Astrid qualche cosa sappia, ma a lei ha parlato di interessi prevalentemente culturali, come con me almeno agli inizi. Eʹ da poco che ha vuotato il sacco, precisando i dettagli dellʹinteresse internazionale attorno al misterioso oggetto.” “E qui che si troverebbe la famosa ciotola ?” “Una pista come unʹaltra...” esclamò Romolo, accendendo unʹaltra sigaretta.” “Dai gettala!” “Dʹaccordo, comandante!” e la sigaretta appena accesa volò fuori dal finestrino. “Ecco le prime case di Bouillon. Adesso parcheggio e ci andiamo a fare una bella colazione ardennese...” “Non vedo lʹora. Ho una fame.” La macchina andò a fermarsi in un ampio parking, lungo un viale alberato pieno di ghiaia. Scesero e si avviarono alla locanda del paesino sprofondato nel verde IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO della foresta. “Abbiamo telefonato per prenotare due stanze qui da voi...” disse Romolo allʹassonnato proprietario del “Le Cerf”, la locanda di Bouillon, il paesino del crociato Goffredo di Buglione. “Il vostro nome ?” “Giordani...” “Ah, oui. Eccovi le chiavi delle vostre stanze. Una firma sul registro prego ed i documenti di Madame o devo dire Mademoiselle ?” “Mademoiselle – precisò Julienne – nous sommes fiancées, officiellement...Ma per questo ci occorrono due stanze separate anziché una. Ha capito, buon uomo?
” “Molto bene.” “Spero non sia tardi per pranzare. Ho una fame da lupo.” “Tutti i nostri clienti hanno una fame da lupo. Qui, nelle Ardenne è dʹobbligo!” Scherzò il proprietario della locanda che doveva essere abituato a questo genere di conversazioni ed aveva la battuta pronta perché la ripeteva a tutti da anni. Pranzarono nella sala con pochi tavoli e poche sedie, con uno stufato a base di cinghiale, patate e carote. Una birra eccellente. Poi salirono in camera. La stanza era linda e pulita anche se molto modesta. “Bene, riposiamoci un poʹ “ propose Romolo, poi domani cercheremo quellʹoggetto tra le rovine del castello del crociato. Ammesso che lʹoggetto sia lì ed esista realmente. Tuo padre ne sembra convinto...” “Mio padre è convinto di un sacco di cose. Ma spesso si sbaglia.” Lʹeditore De Jong, infatti, si sbagliava anche quella volta. Lʹindomani, i due fidanzati girarono per tutta Buglione o se preferite Bouillon, col suo nome in francese . Senza scovare alcunché di ciò che cercavano. Ma poi che cosa cercavano esattamente. Forse né Romolo né Julienne lo sapevano con esattezza. Solo unʹindicazione piuttosto vaga: un manufatto orientale, una scodella, una ciotola, con una formula magica al centro o qualcosa di simile. Un oggetto in oro o in argento. Rarissimo ed introvabile. Infatti, loro due non riuscirono proprio a trovarlo. Il paesetto ardennese si adagiava pigramente in mezzo alla foresta e di nascondigli ne custodiva parecchi. Da oltre un millennio, Bouillon viveva allʹombra della sua formidabile fortezza, costruita sul castello del celebre crociato dallʹingegnere‐architetto Vauban per conto di Luigi XIV di Francia. Rase al suolo le vestigia medioevali, la cittadina ardennese viveva ormai la sua tranquilla vita IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO bucolica ai bordi del sinuoso fiume Semois e di inquietante restava solo il suo stemma araldico: un grifone, del bestiario fantastico con una testa dʹaquila ed un corpo di leone. Eppoi la statua marmorea del cavaliere guida della prima crociata a vegliare sul borgo. Goffredo era morto a Gerusalemme e la sua tomba era rimasta vicina al Santo Sepolcro. Julienne e Romolo frugarono nel cortile della fortezza, nei sotterranei, sulle scalette delle torrette merlate, tra i ruderi. Sulla cima della collina come in fondo alla vallata. Niente di niente. Era come cercare un ago in un pagliaio. Infatti, non trovarono proprio nulla. Quando tornarono alla locanda, verso il tramonto, erano spossati. “Almeno tuo padre poteva essere più preciso quanto al reperto archeologico che lo interessa.” esclamò il giovane, contrariato da quella missione impossibile. “Non hai tutti i torti, mio caro. Ma io lo sapevo fin dallʹinizio. Era unʹoccasione per farci questa bella gita, non ti lamenterai spero...” “Dipende...” “Da cosa ?” “Beh, lo sai...” “Scordatelo! Non prima del matrimonio. Te lʹho già detto. Perché insisti ?” “Come sei allʹantica...” “Ti lamenti. Vuoi che diventi moderna, alla moda. Guarda che non ci vuole molto...” “No, no. Va bene così, Julienne. Resta pure allʹantica se ti fa piacere. Intanto, tra non molto ci sposeremo. Se non hai cambiato idea...” “Che sciocco che sei !” 16 Sul treno ad alta velocità che da Parigi lʹavrebbe ricondotta a Bruxelles a casa di suo padre, Astrid, guardando dal finestrino sfilare la pianura della Francia del Nord stava riflettendo sulla sua esistenza. “Divento vecchia – pensò, anche se non era vero per una giovane come lei piena di belle speranze – e qui va a finire che rimango zitella. Studia oggi e studia domani rimane ben poco tempo per pensare al resto. Mia sorella, Julienne, la santarellina di casa, ha studiato molto ma molto meno di me, ma, intanto ha già messo lʹanello di fidanzamento al suo dito e la corda al collo del bel Romolo. Io, solitaria come al solito. Come una racchia qualsiasi. Vatti a laureare in storia IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO comparata delle religioni, mi raccomando ! Poi gli uomini vedono in te un bel cervello e si dimenticano di tutto il resto che sta sotto a quel cervello. Beh, uno però sembra essersi accorto anche del resto ” disse quasi a voce alta. Ripensò allo studente Adriani. Davvero un bel tipo, quello! Buffo, ma dannatamente simpatico. Le piaceva, perché negarlo ? Lei era certa di piacergli, a sua volta. Perché lo aveva visto confuso ed impacciato, segno innegabile di attrazione fatale, malamente dissimulata. Interesse sessuale evidente ma che poteva, forse, col tempo maturare in un legame più solido, serio e duraturo. Chissà. Decisamente, si disse, assomiglia a Woody Allen. Ma, in fondo, lʹattore americano non aveva sposato unʹasiatica come lei ? Quindi, a conti fatti, tutto tornava. Almeno in teoria, nel campo delle previsioni sentimentali future. Per ora, però, cʹera da compiere questa missione per suo padre che aveva speso una vita intera nel tentativo di districare i nodi di un fittissimo enigma: quello che lei aveva mentalmente ribattezzato come il mistero della ciotola di Buddha. Ma non vi era traccia di soluzione per lʹenigma da nessuna parte e tutto questo rebus cominciava a stancarla perché a complicare le cose ci si era messo pure il professor Delacroix, che lei sapeva legato agli ambienti ecclesiastici, se non addirittura ai vertici del Vaticano. Lei sapeva che lʹinteresse del padre era di carattere culturale, puramente idealistico. Lʹinteresse di uno studioso per un rompicapo storico. Ma quello del Delacroix su cosa si basava ? Ci si poteva fidare pienamente del professore parigino oppure egli celava altri interessi. Quali alleanze aveva stretto e con chi ? E, soprattutto, perché ? Quando sbarcò alla gare du Midi, Astrid guardò il cielo plumbeo e si chiese: “
Ma è mai possibile che a Bruxelles, come a Londra, le nubi basse e biancastre abbiano fissa dimora. Qui è più raro un raggio di sole che una vincita alla Lotteria. Chiamò un taxi e diede lʹindirizzo della casa paterna: avenue de Broqueville. Suonò al campanello di una villetta e venne ad aprirle la governante che lʹaccolse con entusiasmo: “Signorina Astrid, benvenuta. Meno male che lei è qui. Suo padre...” “Come sta ? Eʹ accaduto qualcosa ?” chiese lei con ansia nella voce. “No. Sta bene. Si tranquillizzi. Soltanto, è chiuso nel suo studio, molto agitato a giudicare dalla sua voce. E quando gli ho portato pranzo e cena, mi ha risposto di essere molto occupato, di non disturbarlo più per alcun motivo. Eʹ un bel poʹ che non esce e non vuole mangiare...Veda lei, se può convincerlo.” IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO “Apri, papà, gridò davanti allʹuscio. Sono Astrid.” Scattò il meccanismo automatico che apriva la porta di mogano. Entrò. Trovò suo padre nello studio dellʹabitazione, seduto al tavolo di lavoro, con in mano una pergamena manoscritta che stava esaminando con la massima attenzione. “Ah, Astrid. Qual buon vento ?” “Come qual buon vento ?” “Ti avevo telefonato da Valencia, dicendo che sarei tornata presto per parlarti della nostra ricerca...” “Ho lʹimpressione che ci sia più poco da cercare. Lʹoggetto che desideravo così tanto trovare è qui nelle mie mani...” “La pergamena ?” “Sì questo manoscritto. Mi è stato spedito da Genova. Indovina da chi ?” “Non può essere! Marcello Adriani ?” “Sì, lo studente traduttore. Che Dio lo benedica!” Mentalmente, la giovane pensò “chi non muore si rivede”. Strana associazione di idee, un caso di telepatia, transnazionale, visto che sul treno pensava proprio a lui. “Eʹ il documento che ricerchi da una vita ?” “Sapevo che doveva esistere perché quello che ci ha tramandato la storia non ha né capo né coda. Eʹ troppo, come dire, occidentalizzato per essere stato scritto dal primo orientalista che ha trascorso gli anni più importanti della sua vita in Estremo Oriente. Eppoi, data lʹepoca doveva esserci lo zampino delle alte sfere ecclesiastiche in quella versione rimaneggiata di una simile avventura. Ma da quel che ho visto leggendolo e rileggendolo cʹè molto di più. Cʹè la spiegazione della fine ignominiosa riservata ai cavalieri Templari, del processo che dovettero subire, delle loro condanne al rogo e della spoliazione dei loro averi che erano davvero ingenti. Insomma, quel che costò la vita ai Templari – e questo era noto – furono le loro ricchezze. Avevano suscitato la bramosia di un Papa simoniaco e di un re di pochi scrupoli. Ma cosa possedevano i cavalieri crociati del Santo Sepolcro ? Come erano diventati così ricchi in terra santa ? Questa pergamena lo spiega ampiamente e getta una luce sinistra sulla storia di quel tristissimo periodo. Da un grande bene nacque un immenso male. Da unʹavventura che può definirsi eroica nacque una delle azioni più vili che misero assieme in comunione di interessi il trono e lʹaltare e spinsero un pontefice a macchiarsi di un crimine orrendo ed un sovrano a disonorare la propria corona.” IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO “E tutto questo lo devi al traduttore genovese ?” “Già, un talento che tu hai scoperto. Ignoro come abbia fatto a trovare quello che ha trovato. Gli ho già inviato un telegramma, invitandolo qui a Bruxelles. Viaggio pagato ed ospitalità garantita, naturalmente in casa mia. Eʹ il minimo. Anche il suo avvenire è assicurato. Renderemo nota la sua scoperta in tutto il mondo. Lo aiuterò – e tu con me – a scrivere un libro. Sarà un best seller mondiale, credimi !” “Posso vedere questo manoscritto ? “ “Certo. Leggiamolo insieme, visto che è da tanto che, insieme, lo cerchiamo!” “Vuoi che legga io ?” “Sì, grazie Astrid, la mia vista sta calando e sono stufo di usare la lente di ingrandimento. Eppoi, questo Marco Polo aveva davvero una calligrafia impossibile !” 17 IL MEMORIALE SEGRETO DI MESSER MARCO POLO, VENEZIANO “Il mio nome è Messer Marco Polo detto Emilione, della famiglia patrizia dei Polo originaria della città dalmata di Sebenico. Sono nato a Venezia nellʹanno del Signore 1254, da Niccolò Polo e Fantina Dandolo. Assieme a suo fratello, Matteo, mio padre Niccolò possedeva una compagnia commerciale a Costantinopoli. Nel mio libro, che ha avuto una certa risonanza, narro questi episodi. Il primo viaggio dei fratelli Polo partiti da Costantinopoli per recarsi nello stato mongolico dellʹOrda dʹOro. Ed il secondo che intrapresi assieme a loro, appena diciassettenne. Tutto questo è scritto nero su bianco nel codice di un in‐folio pergamenaceo degli inizi del secolo XIV che io stesso dettai a messer Rustichello da Pisa nelle carceri genovesi di San Giorgio. Eravamo stati catturati entrambi dai dogi genovesi. In due battaglie navali distinte, naturalmente. Io venni catturato nel corso della battaglia di Curzola. La mia famiglia aveva armato una galea mettendola a disposizione del nostro Doge. Ma il genovese Lamba Doria vinse la battaglia navale ed io fui preso prigioniero e trasferito nel carcere della città di Genova. Vi furono, come è noto, diversi manoscritti di questa mia opera dettata a messer Rustichello da Pisa Persona degnissima e versato nelle lettere. Aveva già scritto, mi disse, un poema. I miei racconti da carcerato lo interessavano molto e io IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO narravo; lui, Rustichello, prendeva nota di quanto andavo dicendo. Venne fuori un manoscritto. Ma lʹoriginale, come mi fece sapere Rustichello in seguito mai più venne ritrovato. Per fortuna ne aveva fatto fare – una volta libero – diverse copie. Tutti manoscritti che avevano cominciato a circolare nella terra di Francia e nella mia Venezia. Uno in particolare – la versione francese del copista Grégoire, codice Bodleian, ornato da stupende miniature, venne da me offerto nellʹanno del Signore 1307 a Thibaud de Chepoy, inviato speciale di Carlo di Valois, fratello del re di Francia, Filippo il Bello, presso il doge della mia Repubblica Veneta. Lo ricordo perfettamente. Eravamo stati liberati, Rustichello ed io, dal doge di Genova. Io ero potuto tornare in patria, in questa mia Venezia Serenissima. Rustichello – credo di sapere – andò prima a Pisa e, successivamente, ad Avignone. Insomma, quel che mi preme comunicare in questo memoriale è come il testo delle “Merveilles dou monde” o il testo originario, dettato a Rustichello andato perduto, “Divisament dou monde”, e la copia fattane da Grégoire, con tutta la mia narrazione dei tesori dellʹimperatore del Catai, Kublai Kan, sia finita nelle mani di un Papa simoniaco Clemente V e di un re, Filippo il Bello di Francia quanto mai avido di denari e di ricchezze. Oro, gioielli, sete preziose, arazzi. La cupidigia di questo indegno Pastore che trasferì ad Avignone la Santa Sede Romana e la sete di oro e di potere di quel sovrano rapace non avevano limiti. Narrerò tutto in questo mio memoriale segreto certo non riservato ai miei contemporanei. Bensì ai posteri. Perché essi possano giudicare della mia perfetta buonafede e della mia assoluta innocenza rispetto agli avvenimenti che accaddero nella capitale di Francia, in quella Parigi dove i cavalieri del Tempio finirono al rogo,dopo ingiusta sentenza. Quali conseguenze nefaste vi siano state, dalle informazioni da me dettate allo scrivano di Pisa, per la onorata Compagnia dei Cavalieri Templari, servitori fedeli del Vangelo, della parola di Nostro Signore, custodi e liberatori del santo sepolcro di Gerusalemme sono note ai miei contemporanei. Certo, nessuno osa condannare apertamente le azioni di un pontefice e di un re. Ma il processo ai Templari suscita molte perplessità in tutta la Cristianità. E cʹè chi lo afferma in modo aperto e leale. Ma cosa fece giungere al parossismo la bramosia aurea di Filippo il Bello e del suo complice avignonese, Clemente V ? Lo spiegherò nelle pagine di questa IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO memoria che scrivo di mio pugno per spiegare al mondo uno dei misteri che circondano una delle pagine più buie – a mio avviso – della storia di nostra Santa Madre Chiesa. Dunque, la storia del viaggio in Oriente dei Polo (mio padre Niccolò, mio zio Matteo ed io stesso che presi parte alla loro seconda spedizione) è nota. Ma la riassumo brevemente per coloro i quali non la conoscessero. Lasciammo nellʹanno di grazia 1271 d.C. Il porto armeno di Laiazzo, nel golfo di Alessandretta in Armenia, diretti verso il Catai, lʹimpero mongolo di Kublai Kan. Portavamo con noi doni e lettere credenziali di Papa Gregorio X che era quel Tebaldo da Piacenza che mio padre e mio zio avevano già conosciuto nel primo viaggio di ritorno dal Catai. Che differenza tra i due pontefici: Gregorio che voleva mantenere il dialogo con lʹOriente in nome della Cristianità e quel Clemente V che, ad Avignone, bramava solo di venire in possesso assieme al re francese di quegli stessi tesori dʹOriente che io stesso avevo descritto nei resoconti di quel fantastico viaggio. In breve, ricevuti con tutti gli onori alla corte di Kublai Khan a Cambaluc, io divenni uomo di fiducia ed ambasciatore per tutto il Catai, lʹIndia e tutto lʹOriente fino al Cipango di questo grande personaggio, la cui madre era cristiana ma la cui fede religiosa era quella dei popoli tartari, mongoli e, soprattutto, del Catai Settentrionale: una fede ispirata da un loro idolo Sagamoni Borkhan, o Sakyamuni come lo chiamavano i loro sacerdoti che ne avevano fatto statue dʹoro i ogni parte dei loro possedimenti e templi. Come nel nostro Vangelo anche lʹidolo dei pagani predicava tolleranza e amore universale, indicava la via del bene ed il modo per raggiungere un paradiso che i bodhisattva chiamavano col nome strano ed insolito di Nirvana, una parola che riecheggiava in tutto il continente delle Indie, fino allʹisola di Ceilan. Diciassette anni rimanemmo alla corte di Kublai. Ma tutto ciò è descritto nei manoscritti di Rustichello. Non è di queste memorie che intendo parlare, i ricordi sono già evocati e ormai abbastanza conosciuti nel nostro mondo: a Venezia come a Roma, a Genova come ad Avignone e, purtroppo, alla corte di Filippo il Bello, adoratore del vitello dʹoro. Come dicevo fui io ad offrirne copia manoscritta in lingua franco‐italica nellʹanno del Signore 1307 a Thibaud de Chepoy, inviato speciale presso la Repubblica del doge di Venezia di Charles de Valois, fratello di Filippo IV detto Filippo il Bello, re di Francia. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Cosa avrà trovato questo sovrano di così avvincente nella lettura delle avventure dei Polo in terra dʹOriente ? Eʹ presto detto il racconto dei tetti dʹoro delle città del Catai e del Cipango, delle piastre dʹoro di commando offerte da Kublai Khan ai viaggiatori veneziani e, soprattutto, dove era finita una parte infinitesimale, ma pur sempre molto ragguardevole, di queste meravigliose ricchezze dʹOriente: perle, diamanti, smeraldi, rubini, oro ed argento, stoffe pregiate, spezie, e monili dal valore quasi inestimabile. Ebbene, diciamolo subito: una parte di queste ricchezze dʹOriente erano finite nelle casse dei Cavalieri Templari. Io stesso lo rivelavo, poiché ero stato testimone del dono fatte ai cavalieri del Tempio da una principessa dʹOriente legittima proprietaria di questi tesori del Gran Khan. Nei manoscritti relativi al mio viaggio, la parte essenziale dei miei racconti venne censurata dallʹindegno pontefice avignonese, così come dal suo degno compare con la corona e lo scettro dei Valois. Bertrand de Got, Clemente V, che proveniva dalla Francia meridionale, si fece incoronare a Lione e dallʹanno di grazia 1309 fissò la nuova sede dei Papi ad Avignone, abbandonando Roma. Qualche anno prima, il Papa Bonifacio VIII aveva voluto scomunicare il re Filippo il Bello. Costui aveva inviato delle truppe guidate dal cancelliere Guglielmo di Nogaret e dal vendicativo Sciarra Colonna, che in Anagni catturarono il Santo Padre. Vi fu lʹoffesa somma dello schiaffo di Anagni che fece indignare tutta la Cristianità. Ma Filippo IV non era ancora soddisfatto. Nella sua furia vendicativa volle addirittura intentare un processo postumo a papa Bonifacio. Il nuovo papa avignonese, Clemente V, non gli si oppose. Ma furono poi i cavalieri templari a pagare per tutti. Clemente V poté archiviare gli atti processuali a Bonifacio, perché Filippo il Bello aveva trovato un altro capro espiatorio: i cavalieri del Tempio. Con loro era indebitato e parecchio. Anziché restituire i prestiti preferì eliminarli. Fece la stessa cosa con i giudei. Il pontefice indegno, aderendo alle pretese del monarca fellone fece imprigionare i cavalieri del Tempio in tutti i territori della Cristianità e principalmente nella sua Francia. Il gran maestro del Tempio, Jacques de Molay, che io conobbi personalmente a Costantinopoli nelle circostanze che più oltre narrerò e numerosi Templari finirono sul rogo. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Il grand maestro, nel corso di un infame processo – tormentato dai suoi torturatori – aveva confessato crimini assurdi alla ragione, fatti del tutto incredibili – poi li aveva ritrattati. Invitato ad abiurare nella sua fede nel Maligno ed a riconfermare la prima confessione, estorta sotto le peggiori torture, questo uomo degnissimo e coraggioso, rifiutò sia lʹabiura che di rimangiarsi la ritrattazione. Per Jacques de Molay fu il rogo. Stessa sorte seguirono i suoi seguaci, difensori del Santo Sepolcro, cavalieri crociati insigni che nel mio ritorno dal Catai ebbi modo dʹincontrare e di conoscere personalmente, almeno alcuni di essi. Mi duole confessarlo. Ma i miei racconti sullʹoro del Catai e del Cipango finiti nelle mani del re di Francia suscitarono la sua bramosia aurea e, purtroppo, rivelarono senza ombra di dubbio chi erano stati, almeno in parte, i beneficiari delle prodigalità di Kublai Khan, il grande imperatore mongolo. Devo ritornare, per spiegare esattamente come andarono le cose, e per fugare ogni sia pur minimo dubbio sulla parte da me avuta nella fine dei Templari (cioè io non ebbi alcuna parte, e ciò affermo solennemente e con assoluta limpidezza di animo e di cuore) debbo ritornare, dunque, alla conclusione del mio viaggio dopo i diciassette anni trascorsi alla corte del grande imperatore orientale. Dopo un così lungo periodo, venutaci fortissima nostalgia della nostra Patria, chiedemmo al Gran Khan, con persuasive parole, il permesso di tornare a Rialto. Ma egli tanto ci amava ed era così lieto di averci presso di sé, mio padre, mio zio ed io stesso il suo favorito, che per nulla al mondo ci avrebbe lasciati ripartire. Così oppose diversi, cortesi ma fermi, rifiuti. “Marco – mi disse un giorno – mi hai servito fedelmente in tutti questi anni nelle missioni di ambasciatore che ti ho affidato nei paesi che circondano il mio regno, per tutto il mio impero, hai sempre adempiuto ai tuoi incarichi con onore, devi continuare a restare al mio fianco.” Ma avvenne un fatto inatteso. Morì la regina Bolgana, moglie di Argon, Signore del Levante. La regina lasciò scritto nel suo testamento che nessuna donna potesse divenire sposa di Argon e sedersi sul trono che lei aveva lasciato vacante, se non fosse stata di stirpe regale . Argon scelse tre baroni come ambasciatori e li invio a Kublai Khan, pregandolo che gli inviasse una dama di stirpe reale, come la defunta Bolgana. Kublai Khan scelse una giovane principessa Cocacin da inviare ad Argon. Ma i tre ambasciatori, la principessa destinata al matrimonio reale e la loro scorta IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO dovettero tornare indietro. Una ribellione aveva bloccato il loro cammino. Il Gran Khan decise allora di affidare a noi Polo la missione di scortare la principessa, per via fluviale e terrestre fino al regno del futuro sposo. “Così, come desideravate tanto – ci disse – potrete tornare in Patria. Vi fornirò le piastre dʹoro del comando, statue dʹoro di Sakhyamuni il Buddha, ambascerie per il Papa di Roma, messaggi per i re di Francia, di Spagna ed altri sovrani della Cristianità. Lo faccio per onorare la memoria di mia madre, cristiana nestoriana, anche se io ho scelto la religione dei bodhisattva del Catai, il credo di Buddha. E per nulla al mondo, pur onorando tutte le altre religioni, rinuncerei a ciò che ritengo vero e santo.” Una carovana contenente il tesoro della dote della principessa si mise in viaggio. Altri regali vennero imbarcati su navi che percorrevano i fiumi navigabili dirette al regno di Argon. Con immensi tesori, dote della principessa mongola. Non mi soffermerò sui particolari di quel viaggio disastroso del nostro ritorno. Molti viaggiatori morirono. Quando la principessa Cocacin giunse a destinazione il suo promesso sposo era già defunto. Io, in quel terribile viaggio di ritornò persi mio padre Niccolò e mio zio Matteo. Erano morti centinai di viaggiatori al nostro seguito. Per lenire il mio dolore, la principessa – riconoscente per il fatto che lʹavevo servita in tutto e per tutto, garantendole il mio braccio valoroso per farle da scorta sicura fino al regno promesso – volle colmarmi di doni. Non potevo rifiutarli senza offenderla. Accettai, dunque. Conservai le piastre dʹoro del comando che mi aveva dato Kublai Khan e ripartii verso Costantinopoli e da lì sarei tornato in patria. Ma durante il viaggio da Samarcanda a Costantinopoli, dei predoni saraceni attaccarono la mia carovana. Venni salvato soltanto dal provvidenziale intervento dei cavalieri Templari. Il loro gran maestro in persona, saputo chi ero, volle portarmi – sotto buona scorta – fino a Costantinopoli. Lì ci separammo. Non lo rividi più. Appresi solo in seguito del processo ai Templari ordito da Filippo il Bello, con la complicità del pontefice Clemente V. Della loro condanna al rogo. Jacques De Molay era il gran maestro del tempio che mi aveva salvato la vita, scortandomi a Costantinopoli. Gli avevo fatto dono personalmente del dono più prezioso: la ciotola dʹoro e di smeraldo di Buddha, un dono di Kublai Khan al Papa . Inestimabile il suo valore e la sua rarità. IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Avevo narrato questi particolari a Rustichello da Pisa. Ma nelle copie del suo manoscritto non vi è il minimo riferimento al Tempio. I cavalieri erano divenuti molto ricchi, erano i banchieri del re. Costui, oberato dai debiti in una situazione finanziaria ed economica disastrosa, in un paese ridotto in miseria, decise di sopprimere lʹOrdine per poter sottrarre le grandi ricchezze. Prima di salire sul rogo Jacques De Molay lanciò la sua maledizione al re ed al papa avignonese: “Ci rivedremo presto – disse, rivolto ai due – davanti al tribunale di Dio!” Clemente V morì dopo quaranta giorni dallʹesecuzione dei Templari a Parigi e nel resto di Francia e Filippo il Bello sopravvisse solo per altri sei mesi.” “Dove è finito il tesoro del Tempio? Il sovrano si impossessò di denaro, di oro, di beni preziosi, ma – che io sappia – mai fu ritrovata la ciotola dʹoro di Buddha, il dono di Kublai Khan fatto a me e da me offerto al gran maestro dei Templari. La ricerca spetterà ai posteri...Posso soltanto concludere queste mie memorie affermando che non fui io a convertire Kublai Khan alla mia religione. Fu lui a convertire me alla sua...” Qui terminava il manoscritto con il memoriale segreto del grande viaggiatore veneziano. 18 “La scoperta di Marcello a Venezia conferma ciò che tu ed il professor Delacroix pensavate...” disse Astrid rivolta a suo padre. Aveva appena finito di leggere la preziosa pergamena ed ammirava segretamente lʹacume di quel giovane genovese. O è un genio oppure è soltanto fortunato, una fortuna sfacciata, però... pensò tra se Astrid. “Già ed quello che abbiamo cercato inutilmente da anni...” esclamò il vecchio De Jong. “Mi pare incredibile!” “Quel che è curioso è il destino di questo Marcello Adriani, così legato alle vicende di Marco Polo. Per la sua tesi di laurea sceglie “Il Milione” e, naturalmente, Delacroix, ci informa subito... Poi, va in vacanza con i genitori nel Veneto e guarda cosa ti scopre...” “Quello che tu e il professor Julien avevate cercato inutilmente da settimane nello stesso posto...” “Devi dire meglio: quello che cerco da una vita.” IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO “Comunque, è confermato che la ciotola dʹoro di Buddha venne portata in Occidente da Marco Polo, un dono del Gran Khan Kublai al viaggiatore veneziano che aveva assicurato la scorta alla principessa Cochin. Poi, forse a Costantinopoli, Marco Polo aveva affidato il dono di Kublai ai cavalieri templari affinché lo consegnassero al Papa. Lo hanno fatto ? Probabilmente, sì. Ma la ciotola dʹoro di Buddha è sparita. I templari sono stati sterminati dallʹavidità di Filippo il Bello e del primo papa avignonese, Clemente V...” “Se vuoi la mia opinione – esclamò Astrid – una parte del tesoro dei cavalieri del Tempio finì nella costruzione del Palazzo dei Papi di Avignone. Il Palazzo non venne costruito per ordine di Clemente V e neppure del suo successore Giovanni XXII, bensì del terzo Papa avignonese, non ricordo più il suo nome. Ma che importa? Lʹimportante, invece, è questa domanda che frullerà in testa a molti storici cristiani: “Con quali denari questo Papa fece realizzare una residenza così sontuosa che doveva, in un certo qual modo, eguagliare almeno in parte San Pietro ? Essendo esso destinato a diventare la nuova residenza papale ? Poi, naturalmente la Santa Sede tornò a Roma quando terminò la “cattività avignonese”, ma il tesoro dei Cavalieri del Tempio, verosimilmente, era già servito allo scopo: lʹedificazione del Palazzo dei Papi di Avignone, dico bene ?” “La cosa mi sembra plausibile...” “Tu sai però, mia cara Astrid, che io ho già fatto le mie brave ricerche ad Avignone. Anzi è la prima città nella quale sono andato a ficcare il naso, perché sapevo benissimo che lʹoggetto avrebbe potuto trovarsi lì. E, invece, posso assicurarti che non cʹera. Il sacro catino del Tesoro di San Lorenzo, in Genova, è stato il secondo posto che ha attirato la mia attenzione, anche per i rapporti tra la Chiesa genovese e quella di Avignone. Ma neppure lì si è trovato traccia del vero oggetto. Il sacro catino potrebbe essere una copia, una semplice raffigurazione del tesoro originale, ma a parte questo sicuramente non è la ciotola dʹoro offerta da Kublai Khan a Marco Polo affinché la donasse al Papa.” “Non potrebbe essere in San Pietro a Roma ?” “Sai benissimo che il cardinale Dufour lʹha espressamente escluso nel modo più categorico, parlando con Delacroix. Stai pur certa che se fosse in Vaticano non avrei passato tutta la vita a cercarla!” “Quando arriva Marcello ?” “Mi ha telefonato ieri. Dovrebbe giungere a Bruxelles dopodomani...” IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO “E Julienne e Romolo ?” “Stanno per tornare da Buglione ?” “Buco nellʹacqua ?” “Sì, come al solito! Ma sarebbe stato davvero insolito che un oggetto di tanto valore andasse a finire in un paesino della Vallonia, senza che nessuno ne sapesse nulla. No, sicuramente la scodella dʹoro è finita in una cattedrale o in una chiesa celebre, per la sua storia tipo Notre Dame de Paris, oppure Reims, San Marco di Venezia, vatti a sapere. ” “Ma il cardinale Dufour più che al ritrovamento dellʹoggetto, secondo quanto ci ha riferito Delacroix, è interessato al altro...” “Ma sì. Lo sai come sono questi ecclesiastici. Ormai la Chiesa di Roma ed i suoi massimi esponenti hanno capito che la storia – in certi punti essenziali – deve essere rivista e ritoccata perché ha subito parecchie manipolazioni. Ad esempio, ed è questo che sta a cuore al prelato parigino cʹè da chiarire se Marco Polo fosse rimasto cristiano, dopo quasi ventʹanni trascorsi alla corte di Kublai Khan, oppure se non avesse subito, in qualche modo, il fascino di quelli che egli nel suo resoconto di viaggio definisce gli idolatri, cioè i buddhisti. Il mongolo Kublai Khan, sicuramente, era un seguace convinto del Buddha. Era talmente sicuro della superiorità delle tesi di quei monaci e dei loro stregoni che poteva addirittura permettersi il lusso della tolleranza verso le altre fedi. Infatti, come si evince dal racconto del mercante veneziano, egli rispettava tutte le religioni ed avrebbe voluto anzi stabilire contatti amichevoli col Papa, in modo da garantire la pace in tutto il suo impero, anche presso popolazioni cristiane. Ma i Papi della Chiesa cattolica, storicamente, non avevano la stessa apertura mentale e si guardavano bene dallʹecumenismo. Quindi, il racconto di Marco Polo, caduto nelle mani degli alti dignitari di Filippo il Bello e del re in persona e venuto sicuramente in possesso di Clemente V ad Avignone, ha subito modifiche ed arrangiamenti a non finire da parte delle autorità ecclesiastiche...” “Eʹ stato censurato ?” chiese, divertita, Astrid. “Puoi scommetterci!” “Tutti i particolari relativi alle altre fedi sono stati resi caricaturali, anche se dalla narrazione del veneziano si evince ancora una somiglianza tra Buddha e Nostro Signore.” “Allora, cosa cʹera poi tanto da censurare ? In fondo, la nostra Chiesa ha difeso la propria ortodossia...” “Tu dici così, Astrid, perché sei una buona cattolica. Ma il cardinale deve tener IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO conto delle tesi di alcuni studiosi moderni, secondo i quali Gesù sarebbe stato un bodhisattva, cioè un santo buddhista, perché Sakyamuni nacque cinque secoli prima di lui e la religione orientale sarebbe potuta giungere in Palestina, sia attraverso la spedizione in India di Alessandro il Grande, sia importata dagli imperatori romani, come Traiano che si spinse nel regno dei Parti, cioé in Persia. Insomma, un Gesù buddhista non può certo piacere al cardinale Dufour! Eppoi, hai visto con i tuoi stessi occhi come finisce il manoscritto lasciatoci da Marco Polo: non sono stato io a convertire lʹimperatore mongolo; è stato lui a convertire me!” “ Lʹimportante è il messaggio di pace e di fratellanza. Non chi lo trasmette!” “Ben detto, ragazza mia. A proposito, hai pranzato ?” “Macché!” “Nemmeno io. Usciamo. Mangeremo qualche cosa in un ristorante che hanno aperto vicino a casa mia.” 19 Questa volta il volo aereo da Genova a Bruxelles era stato particolarmente contrastato da turbolenze atmosferiche sin dagli Appennini liguri e poi sulle Alpi. La trasvolata sulla Francia, il Lussemburgo ed il Belgio aveva messo a dura prova i fragilissimi nervi del giovane Marcello Adriani, il quale si era giurato una volta per tutte: “Non volerò mai più. Piuttosto uso lo strumento dei pellegrini cioè i piedi anche a costo di impiegarci mesi, se non anni...”. Ma finalmente lʹuccello dʹacciaio si era posato a Zaventhem ed il baldo giovanotto era saltato fuori dalla porta con evidente sollievo, quasi correndo verso i saloni del terminal. Meglio lasciarsi alle spalle, Boeing e tutto il resto, compresa la grande paura provata in quel volo avventuroso, almeno così lʹaveva vissuto lui. Per lʹequipaggio, invece, si era trattato di un viaggio di routine come tutti gli altri senza particolari avvenimenti degni di nota. Ma è noto che lʹandamento di un viaggio in aereo è questione di opinioni. A bordo del taxi che doveva portarlo allʹabitazione del suo editore belga, Marcello faceva mentalmente il punto sulla sua scoperta veneziana. Aveva compreso soltanto dal pressante invito del signor De Jong a recarsi a Bruxelles lʹimportanza che rivestiva la scoperta del manoscritto. “Certamente ‐ si stava dicendo ‐ che non si trattava di un ritrovamento di poco IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO valore, lo sapevo benissimo. Ci ero arrivato da solo. Che diamine, un manoscritto che sembrava autentico ed attribuibile a Marco Polo. Scusate se è poco! Ma a quanto pare la cosa ha riempito lʹeditore di stupore e di entusiasmo. Spetta a lui trarre le conclusioni. Immagino che ci saranno grossi benefici editoriali. Spero che non mi accusino di sottrazione indebita. Forse avrei dovuto consegnarlo alle autorità veneziane. Oppure al parroco della chiesa veneziana di San Lorenzo. Sì, insomma, alle autorità ecclesiastiche della città. Va a finire che mi ritrovo in prigione assieme allʹeditore.” Poi pensò ad Astrid. Beh, almeno sua figlia ci verrebbe a trovare in galera! Del resto, sapeva benissimo perché si era affrettato a spedire il manoscritto al vecchio De Jong e non ad altri. Chi non risica non rosica. Altro che consegnarlo nelle mani dei veneziani, legittimi proprietari o meno. E poi Marco Polo apparteneva al mondo della cultura mondiale. Quindi, cosa cʹera di più normale e legittimo che consegnare ad un editore specializzato in scritti orientali la pergamena del primo dei sinologi, il primo vero orientalista di tutti i tempi ? Sì, bravo, trovati delle scuse. La verità è che hai sottratto una preziosa pergamena alla città di Venezia per offrirla al padre della tua morosa. Dì la verità bellʹimbusto! Una occasione unica, più unica che rara, per rivedere la donna dei tuoi sogni, donnaiolo da strapazzo altro che studioso, professore di francese, figuriamoci che successo! Beh, però la scoperta è mia. Colpo di culo fin che si vuole, ma il documento antico è caduto nelle mie mani e non in quelle di altri. Vuoi vedere che cʹentra qualche cosa la teoria del karma di cui parlano gli specialisti di indologia ? Ero predestinato alla scoperta e lʹeditore mio amico era predestinato alla pubblicazione, così come – spero – sua figlia era predestinata ad incontrare me , studente in sede di esame e neo laureato di belle speranze, scopo matrimonio...Chi mai può dirlo... La voce del tassista lo risvegliò dai suoi sogni. “Voilà, Monsieur! Cʹest lʹadresse de rue Broqueville...” Pagata la corsa, Marcello afferrò con fare nervoso la sua valigetta da viaggio e scese dallʹauto. Un vialetto e lʹindirizzo. Suonò al campanello e la sua sorpresa fu enorme quando vide il volto di colei che era venuta ad aprirgli la porta. “Astrid !” “Fatto buon viaggio, Marcello ?” IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO “Ottimo!” si sorprese a dire, mentendo spudoratamente. Ma tanta era la felicità di rivederla. “Vieni accomodati. Mio padre ti sta aspettando, con ansia...” Il vecchio editore apparve sulla porta del suo studio. “Caro signor Adriani. Venga, si accomodi. Prego...da questa parte.” “Buon giorno, signor De Jong. Lieto di rivederla...” “Diamoci del tu, giovanotto. Dopo quello che mi ha inviato, anzi che mi hai inviato puoi considerarti mio socio in affari...” “Così importante ?” “Puoi ben dirlo. Come diavolo hai fatto a scovare il manoscritto di Marco Polo, questo un giorno dovrai spiegarmelo...” “Questione di fortuna, suppongo.” “Beh, immagino che di fortuna ce ne voglia parecchia, per la verità...” ammise lʹanziano gentiluomo. “Intende pubblicarlo ?” “Naturalmente.” “Ma forse avrei dovuto segnalare la cosa alle autorità di Venezia. Non mi accuseranno di averlo trafugato ?” “Non lʹhai trafugato. Lʹhai spedito a me. Io lo riproduco e lo pubblico con le nostre considerazioni. Tu racconterai in che modo è avvenuta la scoperta. Terremo conferenze stampa per il lancio del libro che riprodurrà la pergamena. Ma il documento storico originale da noi custodito verrà a tempo debito restituito, in pompa magna e nel modo più solenne ed ufficiale possibile al Comune di Venezia ed alla Chiesa cui esso appartiene, che come tu mi hai detto è San Lorenzo. Il manoscritto di Marco Polo, inoltre, parla esplicitamente di un tesoro che sono in molti a cercare da una vita e che non è mai più riapparso, ma del quale si conosceva lʹesistenza. Ne fanno menzione diversi testi religiosi di varie fedi ed, insomma, è un manufatto prezioso che viene menzionato nel “Milione” e suscita da secoli la concupiscenza dei cacciatori di antichità e di tesori. “La scodella dʹoro che si trovava nellʹIsola di Ceylon o nello Sri Lanka per chiamare lʹisola col suo nome di oggi ? “ chiese Marcello. “Bravo! Eʹ proprio questo il manufatto prezioso, appartenuto prima allʹimperatore mongolo Kublai Khan, poi offerto in dono ai viaggiatori veneziani affinché lo consegnassero al pontefice romano, quale pegno dellʹamicizia del Gran Khan, finito chissà come nelle mani dei Cavalieri Templari e poi, dopo il IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO loro processo parigino e le loro condanne a morte, arrivato forse nei forzieri di Filippo il Bello o di Clemente V ad Avignone, i quali erano a conoscenza del resoconto di viaggio del Polo. Perché lo sappiamo con certezza ? Perché ce lo dice egli stesso nel manoscritto che tu hai ritrovato... Offrì le Livres del merveilles”ad un parente del re. Probabilmente, lo stesso scrivano Rustichello da Pisa ne aveva già offerto una copia al papa avignonese, comʹera consuetudine a quellʹepoca anche perché senza lʹimprimatur ecclesiastico, di certo, una pubblicazione non poteva aver luogo in alcun caso!” “A proposito – esclamò Marcello – mi pareva di averla vista a Venezia, sì, insomma di averti visto a Venezia assieme al professor Delacroix.” “E, infatti, cʹeravamo! ‐ ammise De Jong – ma non siamo stati fortunati come te. Cercavamo ciò che tu, ragazzo mio, sei riuscito a trovare...” 20 Al congresso mondiale di archeologia di Bombay, George Sidney e Maya Maitreya seduti su due comode poltrone seguivano, piuttosto distrattamente i lavori. “Una cosa non ti ho detto lʹaltra sera, Maya, perché ti avevo vista così stanca a causa del lungo viaggio....” sussurrò George. “Ebbene, dimmela adesso...” “Sai quando sono andato in Tibet ho raccolto una strana leggenda locale.” “Una leggenda ?” “Proprio così.” “E che diceva di bello?” “Ebbene, secondo i monaci tibetani che me lʹhanno rivelata si tratta della nascita di un nuovo Buddha in Occidente... “ “Beh, ma questo fa parte delle loro tradizioni. Muore un Dalai Lama e se ne fa un altro, andando a cercare la sua anima reincarnata in un nuovo corpo. Che cʹè di nuovo, scusa, poiché tutti sanno che un Dalai Lama si considera una incarnazione di Buddha. Può benissimo reincarnarsi in un occidentale, o no ?” “La novità, Maya, è che il futuro Buddha non sarà un semplice Dalai Lama che in fondo rimane un capo religioso e basta; no, si tratterà di una regina universale. Una regina, capisci, che regnerà sul mondo e sarà una regina buddhista, o meglio un Buddha vero e proprio. Una donna !” “Bella rivincita per le suffragette e le femministe del mondo intero!” ridacchiò IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Maya con evidente soddisfazione. “Speriamo che la profezia si avveri!” Poi dopo un attimo di riflessione, guardando fisso negli occhi George che aveva riso alla sua battuta, chiese: “Che altro dice la profezia tibetana ?” “Hai fatto bene a chiedermelo, perché è ricca di particolari: luogo di nascita, nome della futura regina universale. Cʹè un poʹ di confusione sulle date, perché il calendario cinese non coincide con quello cristiano, ma secondo alcuni miei calcoli che possono anche essere sbagliati, intendiamoci, dovrebbe nascere – grosso modo – nel Benelux (Belgio, Olanda o Lussemburgo) forse addirittura a Bruxelles... nellʹanno della tigre, ma non ti saprei dire di quale secolo...” “George, è grottesco!” “Certo, ma le profezie, mia cara, sono profezie ed io non posso farci nulla...” “Accennavi al nome della futura regina universale...buddhista, se vogliamo chiamarla così. Allora il nome ? Spero che non sia regina Maya come la madre del Buddha storico, Gautama Sakhiamuni, o mi sbaglio ?” “Si , Maya, ti sbagli. Si chiamerà regina Cristina Prima del Benelux... sovrana universale e Buddha del mondo dʹOriente e di Occidente.” “LʹUniverso unificato da est a ovest. Beh, è il sogno del presidente dellʹOnu!” “Ti rendi conto, però, di cosa significa vero ?” “Vagamente. Anzi no. Che significa ?” “Rifletti, Maya. Il trionfo del buddhismo in Occidente. Spazzate via, dico letteralmente spazzate via, le grandi religioni medio‐orientali:cristianesimo, ebraismo, islam, e per giunta così vicino al cuore della cristianità ed al cattolicesimo romano, fatto fuori il cristianesimo. Per sempre...” “Beh, non cʹè mai nulla di definitivo a questo mondo. Non facevo il buddhismo tibetano così colonizzatore, però. “ “E infatti non si tratta di colonialismo religioso. Ma semplicemente della legge karmica, il destino se preferisci. Soltanto che in questo caso non si tratta del karma individuale, bensì del karma cosmico, del karma della popolazione terrestre del destino collettivo di popoli e nazioni. In una parola, dellʹumanità intera.” “Tutta destinata a diventare buddhista, coi suoi miliardi di abitanti: americani, russi, cinesi, indiani, canadesi, australiani, inglesi, francesi, italiani, greci e turchi e per giunta sotto la guida di una regina con la reggia situata, diciamo a Bruxelles o ad Amsterdam o nel Granducato di Lussemburgo, insomma, nel Benelux il più piccolo agglomerato di paesi in Europa, se vogliamo eccettuati altri paesetti tipo il Principato di Monaco, San Marino e – questa è bella – la stessa...Città del IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Vaticano!” “Ebbene, Maya, io te lʹho riferita così come me lʹhanno raccontata i tibetani. Non la considero unʹipotesi scientifica, naturalmente, e mi guarderò bene dal divulgarla. Come ricercatore , specialista del buddhismo tibetano, sarei completamente rovinato se mi mettessi a parlare ad Oxford o a Cambridge della profezia sulla regina Cristina I del Benelux o del futuro Buddha Universale incarnatosi in una figura femminile a guidare il mondo. Così lʹho raccontata a te, soltanto a te Maya, che sei una carissima amica e collega. A proposito, stasera ceniamo assieme. Sempre che la mia storiella non ti abbia fatto venire lʹemicrania. “No, non è la tua storiella. Anzi lʹho trovata molto interessante, credimi. Eʹ questo congresso che mi fa venire mal di testa. Ma come fatto i relatori ad essere così barbosi e prolissi ? Lʹunica cosa interessante che ho ascoltato, mio caro George, è il tuo racconto profetico. Pensa un pochino. Per premiarti, accetto lʹinvito a cena e te ne sono grata. Così potremo ridiscutere della regina Cristina , ok ?” “Benissimo. Vedi che le profezie tibetane, in fondo, servono a qualcosa. Mancano ancora tre ore alla cena. Che ne diresti se ce andassimo in giro per Bombay nel frattempo anziché continuare ad ascoltare questi vecchi tromboni ?” “Anche questa proposta lʹaccetto!” esclamò ridendo, Maya. Lasciarono trascorrere ancora pochi minuti e poi si alzarono cercando di non farsi notare e si avviarono verso lʹuscita con evidente sollievo sui volti. George Sidney si riprometteva, quella sera, a cena, di fare la corte alla sua bella collega Maya. Ma aveva sbagliato i calcoli. Non vi fu spazio per la galanteria. Per tutta la cena, Maya, non fece altro che parlare della profezia tibetana, esaminandola da tutti i lati e da ogni angolo. Insomma, lʹunico argomento fu la regina universale, Cristina Prima, futuro Buddha destinato a regnare sulla terra e nello spazio. “Me lo sono voluto!” rifletteva George Sidney. “Mai parlare ad una studiosa di scienze orientali di una profezia di monaci tibetani. E il bello è – disse tra sé – che a Lhasa, i monaci la profezia me lʹhanno raccontata per davvero e con lʹaria più seria del mondo. Anche Maya, a quanto pare, comincia a prenderla sul serio. La sua compagnia, comunque, mi ricompensa ampiamente. Per svelarle i miei sentimenti, però, dovrò aspettare di trovarmi in una sede più adatta. Lontano dai congressi internazionali, dellʹatmosfera accademica. Magari a Londra, nella City. Ma senza congressisti attorno perché IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO nulla nuoce di più al corteggiamento che un clima ufficiale di studiosi universitari. Maya, dal canto suo, si infervorava sullʹargomento. Rallegrandosi di aver bloccato, in tal modo, lʹoffensiva sentimentale di George. Lei non poteva certo dirglielo, ma oltre a lavorare per i servizi segreti americani assieme a suo fratello Rahula, per ciò che concerneva i suoi gusti sessuali non andavano certo nella direzione auspicata dal buon George Sidney. Questʹultimo, però, aveva finito per sospettare qualcosa anche perché – in una pausa della conferenza internazionale – aveva notato senza essere visto a sua volta che la bella Maya, di cui lui era segretamente innamorato, si era appartata con una giovane studiosa giapponese ed aveva visto tra loro due effusioni di un genere inequivocabile. Con enorme sorpresa, certo, ma con una sicura chiarificazione del suo problematico innamoramento. Non poteva contare di essere corrisposto da Maya, il suo oggetto del desiderio. Sicuramente no. Non da lei. “Così lo scopo principale di tutto questo mio darmi daffare – aveva detto tra sé George – cioè piacere a Maya, si è rivelato completamente inutile. Ma perché non me lo ha detto subito. Valle a capire le donne ! Almeno, certe donne... Beh, consoliamoci con la conferenza scientifica. Almeno quella può sfociare su qualche risultato concreto.” Poi, qualche tempo dopo George se ne tornò a Londra e si fidanzò con una suddita britannica, di gusti sessuali... tradizionalisti. Quanto a Maya se ne tornò a New York, rendendo frequenti visite a suo fratello Rahula che la conosceva bene e ne apprezzava lʹacume e lʹintelligenza superiore. Appartenevano entrambi ai servizi segreti statunitensi e servivano lealmente la loro beneamata patria. 21 Il tibetano Devadatta, indossando vestiti allʹoccidentale dava meno nellʹocchio. Poi ormai la gente cʹera abituata a vedere tibetani nelle città europee. Soprattutto monaci, anchʹessi in esilio come il loro capo il Dalai Lama, il quale recentemente aveva annunciato al mondo la sua intenzione di ritirarsi a vita privata. Sperava, Gyatso, che il governo di Pechino gli avrebbe consentito di rientrare nel suo paese e di vivere come un qualsiasi pensionato, senza rappresentare il simbolo di IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO una religione che sotto il profilo politico ‐rappresentando gli aneliti di indipendenza di un paese – dava fastidio al regime di Pechino. Per questo regime, Devadatta, lavorava. Scese dal treno ad Avignone e si recò fuori della stazione alla ricerca di un taxi. Cadeva una leggera pioggerellina e Devadatta fu lieto quando il taxi giunse al suo hotel. Come sono tristi le città sotto la pioggia – pensava – meglio le nevi eterne delle cime tibetane, in fondo. Non era lʹunico tibetano a lavorare per la Cina, no di certo. Ma aveva ormai capito che quelli di Pechino si sbagliavano di grosso: lʹapparato burocratico‐ militare cercava armi segrete, nascoste in una reliquia buddhista. Poveri illusi! Devadatta aveva capito che cosa conteneva, in realtà, quellʹoggetto: un messaggio universale di pace e di fratellanza. Altro che armi segrete. Era esattamente il contrario di unʹarma. Era lʹantidoto al fanatismo generale, era il punto dʹincontro di tutte le fedi il trait‐dʹunion della trascendenza, quello che, in fondo, il sovrano come lʹuomo della strada potevano accettare perché il messaggio contenuto nella ciotola dʹoro di Buddha era semplicemente questo: tutte le ricchezze del mondo non valgono la pace interiore, la serenità, il distacco dellʹuomo senza sostegno che contempla lʹillusione del mondo e rimane illuminato sulla realtà delle cose, sulla vanità delle corone, dei titoli nobiliari, sulle discriminazioni di casta e di razza, sulle assurde ricchezze che guardano dallʹalto moltitudini di morti di fame ma non trovano la pace dello spirito, sullʹergersi di castelli e di palazzi sontuosi. Una sola parola frullava nella mente di Devadatta: vanità, illusione, vuoto. Sentiva che il cinesi si sbagliavano, come si era sbagliato lui a sostenere la loro causa. Non vi era alcuna causa da sostenere. Non si trattava neppure di riconvertirsi al lamaismo. Niente, un vuoto totale. Assoluto. Nuove armi ? Ma quali nuove armi. Ce nʹerano già abbastanza sul pianeta terra per distruggere la casa comune non una ma mille volte mille. Pensò alla superstizioni, alle sette, agli oracoli, alle profezie. Non cʹera nulla di tutto ciò. Sbagliava lui, il collaborazionista con i cinesi così come sbagliava il Dalai Lama ad identificare il Tibet come sua patria. Quale patria ? Il cosmo era la patria comune. Eravamo tutti figli di una cometa , senza saperlo. O meglio, sapendolo, ma stentando a rendercene conto. Conosceva, Devadatta, le leggende del suo paese. Chissà perché i suoi genitori IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO gli avevano affibbiato quel nome. Secondo i testi sacri, Devadatta era il cugino di Buddha Sakhyamuni ed aveva cercato di sostituirsi a lui alla testa dellʹordine, non esitando a ricorrere ai tentativi di omicidio. Lui, lʹanti‐ Buddha ! Mentre suo cugino Ananda era il fedele discepolo... Ma che importava ? Devadatta sapeva benissimo che, in quella religione, cʹè il brigante, il cattivo, che si salva ed il buono, lʹonesto ed il virtuoso che si perde... Non era più interessato alla ricerca adesso che sapeva dove si nascondeva la ciotola dʹoro di Buddha, sottratta da un re e da un papa ai Templari. Era lì, ad Avignone nella cripta di Papa Benedetto XII, al secolo Jacques Fournier da Saverdun (Linguadoca). Contrariamente al suo predecessore Giovanni XXII, Jacques Duèse da Cahors che era un teologo dilettante, Fournier era un grande esperto. Monaco cisterciense aveva compiuto studi profondi nellʹuniversità parigina, divenendo magister in teologia. Era un avignonese che auspicava, in cuor suo, un ritorno a Roma della Chiesa. Ma fu lui a dare inizio alla costruzione del Palazzo dei Papi in Avignone. E perché mai ? Devadatta lo sapeva da quellʹesperto in storia delle religioni mondiali che era. Oltre che una spia di Pechino. Sapeva perché e con quali denari quel papa si era costruito il palazzo ad Avignone. Che diamine! Benedetto XII aveva avuto come predecessori Giovanni XXII e...Clemente V , colui che assieme a Filippo il Bello aveva fatto condannare al rogo i Templari, impossessandosi dei loro tesori... Si recò la mattina dopo il suo arrivo ad Avignone a visitare il Palazzo dei Papi. Era spuntato un pallido sole e la città appariva più bella e sorridente che mai. Giunto davanti alla cripta, Devadatta osservò la tomba del pontefice e disse tra sé: ti ho trovato, tesoro di Buddha, ma non mi servi più a nulla. Aveva deciso: sarebbe tornato sulle sue montagne, come il Dalai Lama. Ma lui avrebbe mandato a quel paese sia i monaci che i cinesi. Il vuoto non aveva bisogno di essere riempito. Nessuna setta, nessuna fede. Lʹuomo senza sostegno, senza appoggio. Lʹuomo figlio delle stelle e destinato a ritornare polvere di stelle. Non vi era altro da cercare, nullʹaltro da scoprire, e, soprattutto, niente da trovare. Neppure nellʹisola di Sado, quella la lasciava alla setta fondata da Nichiren, ed al Rinzai giapponese di Lin‐ Tse. A lui bastava lʹaria pura delle montagne tibetane e gli spazi senza confini verso il cielo stellato. Fu in Tibet che Devadatta, alla fine della sua carriera e della sua vita, decise di IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO ritirarsi. A Lhasa, curiosamente, ebbe per concittadino Sua Santità Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama, ritiratosi in pensione a vita privata e riammesso in Tibet dalle autorità cinesi dopo un lungo esilio, che lo aveva visto pellegrino nel mondo, diffondere la propria religione. Ma Devadatta e Gyatso, pur abitando nella stessa città, non sʹincontrarono mai. 22 Nel quartier generale della Nato, ad Evere, a Bruxelles, in una grande sala allʹinterno delle palazzine a due piani , i ministri della Difesa atlantica stavano facendo il punto su una questione rigidamente top secret. Gli alleati dovevano ascoltare una relazione dellʹinviato della Cia, Rahula Maitreya, il quale – proveniente dalla base aeronautica militare di Andrews, nei pressi di Washington a bordo di un velivolo Usa era da poco atterrato nei pressi della base Nato di Bruxelles. Ed era stato portato immediatamente nel luogo del vertice segreto. “Quel che ho da dirvi, signori – esordì Rahula, il ben noto miliardario americano che agiva per i servizi segreti ‐ pone la parola fine ad una lunga, laboriosa quanto inutile ricerca di unʹarma assoluta, che però si è rivelata assolutamente inesistente. Al suo posto, abbiamo – sembrerà incredibile – una semplice profezia di carattere, come dire ? , religioso. Ecco una bella profezia religiosa. Che essa si compia oppure rimanga una favola quale probabilmente essa è a noi non interessa di certo. Quel che ci interessa è di non gettare più al vento i quattrini dei contribuenti su false piste misteriose che poi si rivelano immense frottole e non sono degne del minimo credito. Non posso dirvi, essendo qui dinnanzi a voi in missione ufficiale, cosa realmente pensi di tutta questa storia il mio governo, il governo di Washington, la Casa Bianca. Perché, trattandosi di un affare assolutamente riservato, il presidente degli United States certo non si pronuncia e non ha la minima intenzione di riconoscere agli occhi del mondo di sapere quanto in realtà conosce. Eʹ stato il primo ad essere informato dellʹesito delle nostre ricerche, naturalmente. Posso dirvi, in confidenza, che ci si è fatto sopra una bella risata. Ma questo rimanga tra noi. Signori ministri dellʹAlleanza Atlantica – proseguì Maitreya – dovete sapere , e forse lo saprete data lʹattività che svolgete presso i rispettivi governi, che a IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO partire dalla guerra fredda, la ricerca di armi sempre più micidiali è stata la preoccupazione costante di tutti i servizi segreti mondiali. Russi, cinesi, inglesi, francesi, americani, israeliani, arabi, tutti quanti insomma, si sono dati terribilmente da fare per cercare qualche cosa che andasse oltre la bomba H. Nel frattempo, la corsa spaziale, la ricerca sui mutamenti climatici e sulla possibilità di costruire bombe dʹacqua , legate ovviamente alla possibilità di creare uragani e cicloni da scagliare dallʹalto contro un ipotetico nemico. Ricerche folli, ricerche Dio solo sa quanto fossero insensate ed assurde; ciò nondimeno compiute con scrupolo e solerzia in tutti i laboratori mondiali. Scoperte e contro scoperte. Scienziati al lavoro; agenti segreti allʹopera. Tonnellate di rapporti riservati, di segreti gelosamente custoditi, di spie sguinzagliate in ogni parte del globo. Agenti infiltrati, provocatori, autori delle cospirazioni meglio orchestrate per mettere – o togliere – dal potere dittatori, uomini di paglia da innalzare o da eliminare a tempo debito, burattini nelle mani delle super potenze. In questo scenario, si è innescata la ricerca ultima che ci ha portato su una pista assolutamente sbagliata, sullʹassurdità globale. Ma nessun paese, nessun governo, nessun servizio di sicurezza poteva – a priori – ignorarla. Così come ben sapete, capitali ingenti sono stati investiti dai nostri rispettivi governi così come hanno fatto quelli dei paesi, nostri potenziali nemici. A cercare che cosa ? Lo sappiamo tutti. Il ministro francese, intervenendo un poʹ seccato: “Abbiamo gettato al vento i soldi dei contribuenti per inseguire una chimera...” Silenzio imbarazzato in aula. Rahula, schiarendosi la voce, diede la sua risposta:”Lʹho ammesso subito. Ma tutti i servizi segreti occidentali erano concordi sul fatto che quellʹoggetto sacro che stavamo cercando potesse racchiudere qualche formula utile a fini bellici. Ci avevano fuorviato anche alcuni fatti come lʹuccisione di due professoresse della Sorbona, lʹuniversità parigina, che non cʹentravano assolutamente nulla con le nostre ricerche dellʹarma micidiale. Una professoressa era stata assassinata perché i fondamentalisti islamici non le perdonavano il suo modo di vita allʹoccidentale. La poveretta aveva assistito ad un colloquio per una tesi di laurea che trattava del resoconto del veneziano Marco Polo relativo allʹoggetto in questione, cioè quella reliquia buddhista che poteva, forse, portare con sé la formula. Tutto qui. Un nostro informatore parigino ci aveva ragguagliato sul fatto, ritenendo possibile che lʹattentato alla professoressa fosse in qualche modo collegato alle inchieste che tutti i servizi segreti del mondo stavano portando IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO avanti. Errore gravissimo, ma comprensibile. Tanto più che unʹaltra docente, questa volta non musulmana bensì ebrea, era perita tragicamente in un attentato nel suo paese. Ma anche in questo caso nessuna relazione, non la minima, con la grande ricerca dellʹarma assoluta. Capito ? Tutto un equivoco. Adesso, si è chiarito ed a noi non importa se lʹ oggetto tanto ricercato salterà fuori o meno. Non ci interessa più. Eʹ un reperto storico ed archeologico. Al massimo potrà essere interessante per gli studiosi di storia delle religioni. Noi abbiamo chiuso. Niente più investimenti in questa direzione. Possiamo aprire il dossier di altri armamenti, quello delle armi definite le bombe dʹacqua , ad esempio, consistenti nella capacità di creare tremende catastrofi naturali (uragani, cicloni, inondazioni devastanti eccetera) in territorio nemico. Ma per il resto, tutto come prima. Il ministro tedesco: “ Ma tutti gli impegni contro il surriscaldamento del pianeta, la diversificazione delle fonti energetiche per limitare le immissioni nellʹatmosfera di Co 2 ? Insomma, tutti gli sforzi anche economici‐ finanziari per scongiurare le catastrofi naturali derivanti dal cambiamento del clima e del surriscaldamento degli oceani, lo scioglimento del ghiacci delle calotte polari, come si conciliano con la ricerca di armamenti atmosferici ?” “Caro ministro, ‐ replicò Rahula – non chieda a me perché questa nostra società così tecnologicamente evoluta è anche spaccata da insanabili contraddizioni. Una cosa sono gli investimenti per le armi ed unʹaltra le conferenze degli scienziati per i mutamenti climatici. Una cosa lʹindustria bellica ed unʹaltra le spese mirate alla ricostruzione ed a riparare i danni dellʹindustria bellica. Insomma, la società moderna si contraddice. Ma mi creda, non è colpa della Casa Bianca, del Pentagono oppure del Cremlino, della Cia o del Kgb. Eʹ qualcosa di assurdo, riconducibile, forse, a fattori genetici insiti nella natura umana. Costruire, demolire, ricostruire per poi nuovamente demolire. Farsi la guerra per poi poter fare la pace e preparare nuove guerre e nuove conferenze di pace, nuove armi, nuovi trattati, nuovi negoziati, nuove firme di armistizi e nuove dichiarazioni ostili. Tregue e conflitti...” “Cʹest la vie!” sospirò il ministro francese. “Appunto!” concluse Rahula Maitreya. E la seduta ministeriale fu tolta. 23 IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO Il cardinale Dufour ricevette il professor Delacroix per fare il punto finale su quella loro ricerca. “Ebbene, professore – esordì il cardinale – come vede, alla fine, tutto si chiarisce. Eʹ ormai evidente, anche grazie alla sue informazioni, che quellʹoggetto chiamiamolo pure la ciotola dʹoro di Buddha apparteneva al tesoro dei Templari. Forse, assieme allʹoro appartenente al Tempio, venne impiegata per la costruzione di qualche cattedrale, o qualche palazzo apostolico, vatti a sapere. Eʹ così ?” “Tutto starebbe ad indicarlo, eminenza !” replicò il professore che cominciava a sentirsi a disagio di fronte allʹalto prelato, consapevole che era imbarazzante per un alto dignitario della Chiesa ammettere certe cose, in presenza di un laico. Ma il cardinale Dufour apparteneva, per così dire, allʹala più progressista della Chiesa cattolica e non si sentiva minimamente turbato dalla conferma di un segreto che i papi del Medio Evo ed i loro discendenti avevano tenuto gelosamente custodito. Non solo: avevano fatto di tutto per tenerlo nascosto al mondo. Nessun pontefice aveva mai voluto ammetterlo. Nessuno storico ne era venuto a conoscenza. Insomma, un segreto ben guardato e sepolto sotto la polvere dei secoli. “E così – esclamò ridendo il cardinale francese – salta fuori che il grande viaggiatore veneziano Marco Polo non solo non riuscì a convertire lʹimperatore Kublai Khan alla nostra beneamata religione cattolica, ma fu proprio il mongolo ed i suoi sacerdoti che riuscirono – ironia della sorte – a convertire lʹesploratore mercante della Serenissima, giunto in Catai assieme al padre ed allo zio, alla religione degli idolatri di Sagamoni Borcan, il Buddha!” Vedendo il buon umore con il quale lʹalto prelato commentava lʹesito di anni di ricerche, il professor Delacroix, a sua volta, si aperse in una franca risata liberatoria. “Sì, eminenza, tutto sta ad indicarlo. Marco Polo tornò a Venezia convertito al buddhismo! E, nella cella della sua cattività genovese dettò ad un pisano, anchʹegli prigioniero, la storia del suo viaggio in Oriente. Non tralasciando neppure il suo nuovo pensiero riguardante il nuovo credo al quale aveva aderito.Nel libro scritto da Rustichello, ovviamente, non vi è la minima traccia della storia del tesoro affidato ai Templari e tanto meno il riconoscimento della conversione intellettuale di Marco Polo. Si è forse trattato di una censura ecclesiastica ?” “Ma certo, caro amico!” esclamò, divertito, il cardinale Dufour, IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO aggiungendo:”Non penserà che il Papa avignonese cui Filippo il Bello offerse in omaggio Le livres des merveilles con lʹavventura orientale di Marco Polo abbia voluto lasciare trapelare entrambe le cose. Il tesoro dei Templari se lo sarebbe spartito con il re, condannando i seguaci del Tempio per eresia e quanto alla conversione del Polo perché mai dichiararla apertamente al mondo ? Anzi, dal libro doveva apparire chiaramente che Kublai Khan era molto virtuoso e devoto ed interessato alla religione cristiana. Sua madre era una cristiana nestoriana. Quindi, nel racconto di Marco Polo bastava rovesciare la prospettiva di chi si convertiva e a che cosa si convertiva. Era molto più semplice, lasciare credere che il Gran Khan era disposto ad abbracciare, col tempo, la religione di Roma. Anche se, esplicitamente, il testo del viaggiatore veneziano riconosce che lʹimperatore della Cina voleva, in realtà tenersi i suoi idoli. Era semplicemente molto tollerante verso tutte le religioni e ciò conferma un certo atteggiamento del Buddhismo verso di noi. Mentre, spiace dirlo, noi cattolici non siamo stati altrettanto aperti verso di loro. Così come, nella storia, non lo sono stati i musulmani. Questi ultimi distrussero tutti i volumi ‐ed erano migliaia – conservati nellʹuniversità buddhista di Nalanda. Semplicemente lʹimperatore turco non aveva trovano neppure una copia del Corano nelle biblioteche di Nalanda e così aveva bruciato tutti i manoscritti. Ma insomma, Clemente V non poteva non censurare il libro dettato da Marco Polo a Rustichello ! Diceva troppe cose sgradevoli per lui personalmente e per le mire che aveva riguardo ai Templari ed, inoltre, faceva balenare sulla scena del mondo la storia della conversione di un cittadino veneziano, giunto dallʹOriente.” “Mi scusi, eminenza, ma adesso che tutta la verità è venuta a galla, come si comporterà la Chiesa nei confronti dellʹeditore De Jong di Bruxelles, che come lei sa e amico mio e mi ha messo al corrente del ritrovamento a Venezia del prezioso manoscritto da parte di uno studioso italiano ?” “Mio caro, non si preoccupi! Noi uomini di Chiesa non abbiamo paura della verità. Marco Polo era un cristiano‐ buddhista. Cosa cambia ? Credeva in Dio. Era una brava persona. In perfetta buona fede dialogava con un grande imperatore e si scambiava con lui le sue idee. Ormai, ai nostri tempi, Santa Romana Chiesa accetta questo ed altro. Anzi, vede in tutto ciò un segno della divina provvidenza. Siamo ormai avviati verso un ecumenismo che bandisce lʹintolleranza religiosa. Anzi, lʹintima religiosità di tutto il genere umano è una conferma del disegno cosmico dellʹAltissimo che vuole rendere fratelli tutti gli uomini. Quel che conta è la fede in Dio, nel Creatore Onnipotente. Non importa IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO quali istituzioni religiose si frequentano, lʹimportante è che non si esca dalla religiosità, dallʹintima comunione di esseri spirituali che non cedono, in un mondo materialistico come il nostro, alle tentazioni che il Male continua a presentare al genere umano. I tempi mutano, ma la fede in Dio, mio caro professore, non può mutare. La ringrazio per avermi tenuto informato degli esiti delle sue laboriose ricerche. Ho già reso edotto il Santo Padre dei risultati ottenuti. Le invia la sua apostolica benedizione...” Delacroix baciò la mano con lʹanello che il cardinale gli porgeva e se ne tornò, più sereno, nel suo ateneo, la Facoltà di Letteratura alla Sorbonne. Il suo ricordo si rivolse alle due professoresse assassinate in quel modo barbaro. E dire che per quelle uccisioni lui ed il cardinale avevano pensato a chissà quale storia tenebrosa, a quali intrighi e complotti. Certo era in atto una grande caccia al mistero, ma non aveva poi un volto così pauroso come si poteva temere allʹinizio. La Chiesa – pensò – ha sempre una risposta a tutto. Meno male che esiste, altrimenti chissà quali effetti devastanti avrebbe in tutto il mondo il famoso detto latino homo homini lupus. Lʹuomo è un lupo per lʹuomo. Proprio vero e gli ultimi avvenimenti cui ho assistito, rifletté il professor Delacroix sembrano ancora una volta confermarlo. Ma se tutto finisce bene è perché in fondo al tunnel vi è pur sempre uno spiraglio di luce, così come vi è sempre una finale ricerca del bene anche nellʹanimo umano, una scintilla di spiritualità in ogni uomo. 24 Rimane da dare un epilogo a questa storia solo apparentemente tenebrosa e drammatica, ma in realtà semplice ed in fondo rassicurante. Marcello Adriani, grazie allʹinfluente relazione dellʹeditore De Jong aveva trovato un lavoro di interprete e traduttore presso lʹUnione Europea, precisamente nei servizi della Commisione a Palazzo Berlaymont. Era diventato grande amico di Romolo Giordani e della sorella di Astrid, Julienne. Aveva finito per fidanzarsi con Astrid. Le due coppie erano inseparabili. Andavano al cinema, a teatro, ai concerti insieme. Insomma, una vita in comune. Abitavano tutti a Woluwé Saint Lambert, uno dei diciannove quartieri dellʹagglomerato urbano della capitale europea, Bruxelles, dove risiedeva il vecchio editore. Avevano acquistato con un mutuo due villette adiacenti, IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO immerse nel verde. Anche il giorno del matrimonio venne deciso da entrambe le coppie, in comune. Un duplice matrimonio cui vennero, naturalmente, invitati da i genitori di Marcello e che si celebrò nella chiesetta di Woluwé Saint‐Lambert. Anche il prete genovese, don Guido, ricevette un biglietto dʹinvito alle nozze ed accettò di buon grado. Giunse, don Guido, allʹaeroporto di Bruxelles assieme a mamma Anna ed a quel miscredente di Giorgio, il padre di Marcello. “Grazie al cielo, siamo arrivati sani e salvi! “ disse don Guido, scendendo dalla scaletta dellʹ aeromobile. “Grazie al pilota dellʹAlitalia!” replicò Giorgio, con un sorrisetto ironico, cui il prete non replicò, facendo finta di non avere udito. Le due coppie di promessi sposi erano raggianti. Con uno sforzo fisico notevole, il vecchio editore non aveva voluto mancare alla cerimonia delle due figliole avute da due mogli diverse: le sue Astrid e Julienne che, adesso, andavano spose a due bravi ragazzi. Cerimonia semplice ma commovente. Con un sacco di amici attorno. Terminiamo il racconto soltanto per aggiungere qualche significativo particolare. Julienne e Romolo ebbero tre figli maschi. Ad Astrid ed a Marcello, un anno dopo il matrimonio nacque una figlia. La chiamarono Christine. Quando divenne grande, Christine andò ad iscriversi alla facoltà di teologia dellʹUniversità di Lovanio. Sentiva, sin da piccola, un grande richiamo per la storia delle religioni. Poi , appena laureata, si iscrisse allʹUniversité Bouddhique Européenne, della quale divenne una degli insegnanti più eminenti. Ebbene, non sappiamo se Christine sapeva della profezia tibetana, non possiamo dire se era destinata ad essere una bodhisattva, cioé un Dalai Lama, in gonnella. Quello che possiamo dire è questo: si convertì al Buddhismo. La ciotola dʹoro di Buddha non venne mai ritrovata. FINE IL MISTERO DELLA CIOTOLA Dʹ ORO DI BUDDHA ‐ FRANCO IVALDO 
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