Lo spettro di Stalin in piazza
Venerdì 19 Marzo 2010 00:00
di Carlo Benedetti
MOSCA. Si diceva un tempo: “Uno spettro si aggira per l'Europa: è lo spettro del comunismo”.
Poi il comunismo è arrivato in forma di potere terreno e, dopo alcuni anni, è rientrato nei libri
delle teorie. Ed ecco ora che in Russia, alla vigilia del 65mo anniversario della Vittoria sul
nazismo (9 maggio), un nuovo spettro si aggira dal Baltico al Pacifico. E’ quello di Josif
Vissarionovic Stalin, il “generalissimo” della grande guerra, che (dopo la messa in silenzio
ordinata da Krusciov) tornerà nelle strade e nelle piazze della Russia. Tipografie e studi di
decoratori sono al lavoro.
Si preparano gigantografie che lo presentano nella tradizionale divisa militare, si riproducono
manifesti con la sua immagine. Su tutto dominerà un pannello (sempre dei vecchi tempi) con
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Stalin che sovrasta una schiera di soldati dell’Armata Rossa che vanno all’attacco coperti da
una grande scritta che dice: “Avanti, verso la distruzione dell’occupante nazista, per cacciarlo
dalla nostra patria!”.
Seguirà a tutto questo un’orgia di riproduzioni di cartoline dedicate alla vita di Stalin, di opuscoli
e libri in suo onore. Torneranno a circolare i distintivi con la sua effigie. Si venderanno nelle
strade busti in gesso e in bronzo, riproduzioni di ogni tipo, bandiere e cimeli vari. E chi in questo
momento scrive dalla capitale russa, ricorda bene quel tempo dell’Urss caratterizzato da uno
“stalinismo popolare”. Erano i primi anni dell’epoca di Breznev, quando autisti di taxi o di camion
portavano sul parabrezza o accanto al posto di guida ritratti di Stalin vedendo nel periodo
passato momenti eroici, caratterizzati da forti credenze.
Ora contro questo revival si fanno vivi i liberal-democratici della nuova Russia e quelli
dell’organizzazione “Memorial”. Protestano contro il sindaco di Mosca, Luzkov, accusandolo di
dare spazio agli stalinisti. E lui (con un forte appello alla popolazione diffuso in diretta dalla tv) si
difende ricordando che l’Urss, con Stalin, vinse la guerra, contribuendo a fare della Russia
sovietica una potenza militare e industriale globale, in grado di decidere assieme agli Stati Uniti
l'assetto del mondo postbellico. E il fatto stesso di andare controcorrente, di conseguenza,
costringe il pur chiacchierato sindaco liberista a intervenire con decisione contro quelle forze
politiche di centro-destra del paese, che tendono a scindere la vittoria dalla figura di Stalin e dal
sistema comunista.
Secondo Boris Gryzlov, un laudatores del Cremlino che guida il partito di maggioranza «Russia
Unita» (la formazione che sostiene Putin e Medvedev) «é stato il popolo a vincere la guerra,
non Stalin (...) nessun poster potrà mai correggere il discutibile ruolo di Stalin nella vita del
nostro paese». A rincarare la dose è poi il leader nazional-liberale Vladimir Zhirinovsky,
secondo il quale «Abbiamo perso i primi mesi di guerra a causa sua e vinto la guerra non per
lui. Stalin giustiziò i vertici militari e furono i nuovi comandanti cresciuti nelle trincee assieme ai
soldati russi a battere l'esercito nazista, Stalin non ha nessun merito al riguardo».
In questo contesto si sviluppano ulteriori polemiche. Con il dibattito che ormai esula da
considerazioni ideologico dottrinarie, come ai tempi della destalinizzazione del Ventesimo
congresso kruscioviano. Si può quindi dire che oggi tutto fa parte del processo di costruzione
identitaria della Russia postsovietica. Si lotta contro chi cerca di far convivere il passato
imperiale zarista, quello sovietico e il presente di un Paese che, sebbene amputato di gran
parte dei suoi ex territori, ancora si concepisce come potenza mondiale.
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Ma è anche chiaro che non c’è - a livello della società civile - nessuno spirito di rivalutazione per
i tempi di Stalin. Si combatte infatti contro una “riabilitazione” dettata da ambienti di varia
ispirazione, che vanno dagli stalinisti agli ultranazionalisti di estrema destra e che si muovono
sotto gli slogan di una «Russia eterna e indivisibile». Per molti si tratta di una classica
concezione nazionalista, dove momenti di drastica cesura come la rivoluzione bolscevica o il
crollo dell'Urss, vengono ridotti a mero “incidente della storia”.
Intanto ad appoggiare la “riabilitazione” di Stalin sono, in primo luogo, i veterani della grande
guerra e le formazioni comuniste. In particolare si distinguono i comunisti di Ziuganov che
(aiutati dalla recentissima avanzata elettorale) si presentano come dogmatici custodi della storia
e della Vittoria. Si schierano, quindi, a difesa delle scelte del municipio di Mosca rilevando che
«tutti i comandanti del fronte riconobbero il talento militare di Stalin e non avrebbero mai
immaginato una vittoria militare senza di lui».
Varie, quindi, le interpretazioni nella Russia di oggi. Sia sul piano propriamente storiografico che
su quello politico tra conflittualità e instabilità.
Le diverse scuole di pensiero vengono ora ripercorse nei loro contributi e tratti essenziali: dai
sostenitori della continuità a quelli della rivincita della Russia; dalla scuola totalitaria ai teorici
della modernizzazione; dall'interpretazione termidoriana a quella del dispotismo orientale; dagli
studi classici all'ampia galassia "revisionista" che ha arricchito e ampliato nell'ultimo ventennio
la storiografia sull'Urss. Per i molti che oggi auspicano il ritorno dello stalinismo e per molti che
lo temono questa prossima giornata che ricorda la Vittoria sarà, di conseguenza, un momento
di grande prova.
Ma sarà, appunto, solo una prova e non un fatto di numeri. Perchè la Russia post-sovietica pur se attraversata da contraddizioni - ha già dimostrato di aver fatto un passo avanti nella sua
costruzione sociale. Superando, quanto a conduzione politica, quel concetto che portava a
considerare il “Partito” come un “ordine” politico-ideologico destinato, per imposizione divina, a
dirigere la società.
C’è, comunque, in tutta questa vicenda di revisioni storiche caratterizzate da una rinascita di
memoria popolare (o meglio di tante memorie parziali e contraddittorie), anche una appendice
italiana per la prossima manifestazione della Vittoria. Si annunciano gruppi da Roma e da
Milano che verranno ad unirsi ai cortei, coperti dalle bandiere rosse dei russi. E da Bologna
arriva la notizia che un gruppo di “stalinisti” parteciperà al corteo di Mosca portando una
testimonianza di un certo effetto. E precisamente il manifesto che la Federazione bolognese del
PCI pubblicò nel giorno della scomparsa di Stalin ricordando “il grande amico del popolo
italiano”. Altri tempi, per tutti, che la storia non può cancellare nonostante i contrapposti
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