I macchiaioli e il loro tempo macchiaioli e il loro tempo è la mostra, fortemente voluta dalla dirigenza della Banca di Anghiari e Stia Credito Cooperativo, che ha caratterizzato l'estate di Anghiari e proseguirà fino al 18 ottobre. La splendida sede del Museo Statale di Palazzo Taglieschi con le sue raccolte di Madonne lignee rinascimentali, di robbiane, di armi e di bronzi, valorizza ed è valorizzata dai capolavori dell'ottocento toscano che la curatela della mostra ha selezionato. Perché l'esposizione potesse interessare il pubblico più vasto, perché chiunque, finanche i bambini, potesse trovarvi motivi di interesse o di semplice curiosità, non si è voluto proporre un discorso filologico critico sull'arte del Macchiaioli, ma approfondire invece la conoscenza di questi artisti come uomini del loro e nel loro tempo. Un tempo, la metà del secolo XIX, di generale rivoluzione. Telemaco Signorini, uno dei grandi tra i macchiaioli, scrive.“Venne il '59 e del '59 fu una rivoluzione di redenzione patria e di arte e sorsero i Macchiaioli” La mostra inizia con un interessante excursus storico sulle guerre di indipendenza alle quali, in particolare alla seconda, i macchiaioli parteciparono in gran numero come volontari. Bandi, proclami, libri, opuscoli, documenti dell'epoca, anche due fucili e una baionetta adagiati su una bella bandiera tricolore introducono il visitatore in quello che era il clima di patriottismo, gli aneliti di libertà ed indipendenza che caratterizzarono quel periodo storico sfociato, per quanto riguarda la Toscana, nell'allontanamento pacifico, il 27 aprile del 1859, del Granduca Leopoldo II e nella successiva annessione plebiscitaria al Piemonte. I G. Abbati - Stradina al sole Il re Vittorio Emanuele II era stato l'unico tra tutti i sovrani dei vari stati che fino ad allora componevano l'Italia a non rinnegare mai le libertà costituzionali concesse ed a battersi, con la raffinata diplomazia del primo ministro Camillo Benso conte di Cavour e, in prima persona, con la spada alla testa dell'esercito, per restituire all'Italia i suoi confini naturali liberando il territorio dalle dominazioni straniere, non esitando, per la completa unificazione dell'Italia, a porsi in 3 contrasto anche con il Pontefice Pio IX che arrivò a scomunicare il cattolico sovrano di casa Savoia. Con fotografie e documenti sparsi in successive vetrine, nello svolgersi del percorso espositivo vengono ricordati anche gli altri principali protagonisti della politica dell'epoca: Bettino Ricasoli, Ubaldino Peruzzi, il generale Giuseppe Garibaldi. A questo fervore patriottico parteciparono pienamente i Macchiaioli: quasi tutti combatterono per l'indipendenza S. Lega - Paese con contadini come volontari. Abbati perse un occhio nella battaglia del Volturno e successivamente nel 1866 finì prigioniero in Croazia, Sernesi nello stesso 1866 morì per le ferite riportate in battaglia. *** Quegli artisti che poi sarebbero stati chiamati Macchiaioli e molti altri che nella tollerante Toscana avevano trovato rifugio, ebbero come luogo di ritrovo e sede per le loro discussioni, politiche ed artistiche, un Caffè fiorentino, il Caffè Michelangelo, la cui storia ci è stata lasciata in sapide descrizioni da Telemaco Signorini, nel volumetto Caricaturisti e caricaturati. Farsi le caricature era un modo per non prendersi troppo sul serio e, scherzando rafforzare la loro amicizia. Proprio la seconda sezione della mostra è dedicata alla caricatura non solo quella grafica nella quale primeggiò il biturgense Angiolo Tricca, ma anche quella plastica, ben più rara, nella quale eccelse Adriano Cecioni. Una sezione divertente ma utile anche a comprendere lo spirito della società dell'epoca. La caricatura è, essa stessa, uno specchio dei tempi, diceva Robert de Montesquiou, non è un'arte frivola ma è intimamente legata all'evoluzione di una data società. Caricatura dal punto di vista della rappresentazione grafica è la resa comica di un volto, di un personaggio con l'accentuata riproduzione dei connotati più appariscenti lasciando nello stesso tempo che la figura sia perfettamente riconoscibile, quindi un ritratto caricaturato. Per far comprendere l'affinità tra caricatura e ritratto, un pannello espone una piccola serie di ritratti eseguiti con le stesse veloci ed immediate tecniche della caricatura: matita, carboncino, acquerello. Questo è solo l'antipasto di ciò che sorprenderà i visitatori della mostra. Li attendono infatti ancora poco meno di cento opere pittoriche, di provenienza privata e museale, molte veri e propri capisaldi della pittura di macchia tanto da aver partecipato alle più importanti mostre in musei di tutto il mondo, Francia, Spagna. Germania, Stati Uniti, Giappone. Alcuni numeri: quattro opere di Abbati di primaria importanza, un rarissimo Sernesi, cinque Lega tra i quali i famosissimi Lezione di piano e Paesaggio con contadini, otto Fattori del quale spiccano La porta rossa, Il carro dei carbonai e 4 L'arsellaio già nella collezione di Renato Fucini. nove tavolette di Signorini, tre di Banti, ed ancora due Borrani, Cabianca, Bechi, Gelati tutti anche con opere del primissimo periodo di Castiglioncello, Boldini, De Nittis, Cecioni, Cecconi, Ferroni, Cannicci, i tre Tommasi, i due fratelli Gioli, Vinea, Corcos ed altri ancora Un forte connubio tra arte e quotidianità caratterizza la pittura di “macchia”che illustra precipuamente la vita sia rurale che cittadina facendone emergere tutta la dignità dell'uomo che lavora e soffre. Per questo, rispettando il titolo della mostra I Macchiaioli e il loro tempo tutto il percorso espositivo che si snoda nei tre piani del palazzo Taglieschi è intervallato da alcune ampie vetrine contenenti una nutrita serie di oggetti, documenti, libri che aiutano a comprendere la vita quotidiana degli artisti e dei loro contemporanei. Una suggestiva sala dalle pareti in pietra e la volta a botte offre il primo esaltante saggio della pittura macchiaiola con due splendide, luminosissime tavolette del periodo di Castiglioncello, una del Borrani Veduta della punta di Castiglioncello con la torre medicea G. Fattori - Carro dei carbonai l'altra del Cabianca Le monachine. Tra le due Le Cascine, meravigliosa, raffinatissima opera di Raffaello Sernesi Della sala delle campane ci piace ricordare due splendidi Abbati e La porta rossa di Fattori, ma anche i due Gelati, Le notizie di Cristiano Banti e la Stradina di Cabianca reggono bene il confronto con quei capolavori. Proseguendo il percorso, una vetrina racchiude oggetti di uso prevalentemente maschile, pipe bocchini, portaceralacche e relativi sigilli, un raro orologio solare tascabile e tante altre curiosità insieme ad una piccola raccolta di monete, paoli e baiocchi, sia di Pio IX che di Vittorio Emanuele II, e tante altre curiosità delle quali lasciamo ai visitatori il piacere della scoperta. Questo è il secondo assaggio di oggettistica che incontrano i visitatori dopo quello nella vetrina delle caricature, ove fanno bella mostra tra l'altro tre portapennelli in avorio lavorato ed un raro portafotografie verticale, oggetti preziosi che potevano arredare, secondo il gusto dell'epoca, gli studi dei pittori affermati ed alla moda, che erano così pieni di bibelots, piume, tappeti, arazzi, oggetti d'arte che alcuni di essi erano segnalati sulle guide turistiche come luoghi degni di visita anche in una città come il capoluogo toscano che non mancava certo di palazzi, chiese, musei, e monumenti di grande interesse. Al piano terreno si trovano numerosi altri capolavori: di Signorini Canale a Viareggio, di Fattori Imboscata di cavalleria, di Abbati Il pergolato della casa di Diego Martelli e Stradina al sole nel quale la pittura di macchia raggiunge uno degli esiti più alti e affascinanti, di Lega Lezione di piano e Paesaggio con contadini, un olio ed un acquerello di De Nittis ed altri ancora Prima di affrontare le bella scala curvilinea che porta al piano superiore, sorprende i visitatori un magnifico velocipede del 1865 accanto ad una vetrina che racchiude, oltre ad interesanti 5 documenti, un simpatico e fresco acquerello di Pompeo Massani con due signorine che stanno imparando ad andare in bicicletta non senza pericolose e sconvenienti cadute. La bicicletta con il treno è il simbolo della velocità che connotò la seconda metà del secolo XIX. Delle tante opere esposte al primo piano sono indimenticabili i due Boldini (anche se già visti alla recente Mostra di Forlì), ma degne di nota anche le tavolette di Signorini, Il carro dei carbonai di Fattori. Amore materno di Ferroni fa da contrappunto alla stupenda Madonna lignea con Bambino di Iacopo della Quercia. Degne di nota Il ritorno dai campi di Luigi Gioli e tante altre opere che è impossibile citare una ad una.. Immagini della Firenze dell'epoca e dei personaggi che la frequentarono, immagini del lago di Massaciuccoli ove intorno al musicista Giacomo Puccini, nel Club della Bohème, si radunarono diversi dei nostri artisti, autografi, ed altro materiale documentario introducono alle interessanti opere del secondo piano T. Signorini - Barconi a Viareggio ove spiccano quadri di Angiolo e Ludovico Tommasi, Kienerk, Lloyd insieme ad opere di tutti quegli artisti che già attivi nell'ottocento riuscirono a ben figurare anche nei primi anni del nuovo secolo. Accanto a due splendidi acquerelli di Adriano Cecioni raffiguranti il figlio dell'artista che soffre e si affatica per fare i compiti, alcuni giocattoli, raffinate schede per l'insegnamento dell'alfabeto, libri di testo e lettura ci documentano il mondo dell'infanzia. L'universo femminile è mostrato intorno a due splendide opere, Signora sulla terrazza di Ulvi Liegi e Conversazione sulla terrazza di Cristiano Banti, con carnet di ballo, ventagli, biglietti augurali, portasali, portaprofumi, portapillole, portabiglietti, riviste di moda insieme ad una bella macchina da cucire e perfino un ricettario Occorre una precisazione. Gli oggetti che si trovano nelle collezioni degli appassionati cultori di memorie del tempo sono quasi sempre oggetti di lusso perciò rispecchiano, per lo più, la vita della parte più agiata della popolazione, non quella delle classi meno abbienti, quindi meglio la vita dei macchiaioli di seconda generazione provenienti da agiate famiglie borghesi che si potevano permettere di ospitare i maestri per insegnare la pittura ai loro figli, piuttosto che quella dei primi artefici della Macchia tutti vissuti in grandi ristrettezze economiche. Il percorso si avvia alla conclusione con altre opere di Ulvi Liegi, Nomellini, Francesco e Luigi Gioli, non senza che sia stato possibile ammirare capolavori di Corcos, Cannicci, Cecconi, Belimbau ed altri in una panoramica completa che porta fino alle evoluzioni della pittura di macchia, verso i nuovi movimenti europei come il fauvismo ed il colorismo. La mostra termina con una splendida Sera in Maremma di Llewelyn Lloyd. Affermarono i Padri del Concilio Vaticano II: “Il mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell'ammirazione”. Questa consapevolezza ha motivato tutti coloro che con grande impegno, a vario titolo e secondo le loro competenze, hanno contribuito a questa realizzazione in un luogo di straordinario fascino, nel quale, per l'occasione, vengono a convivere fianco a fianco, capolavori lontani tra loro nel tempo ma tutti accomunati dalla bellezza. Diceva Shakespeare: “La bellezza da sola basta a persuadere di sé gli occhi degli uomini senza bisogno di oratore”. Non mi sembra pertanto necessario aggiungere altre parole perché in ognuno dovrebbe essere ormai scattata la curiosità ed il desiderio E. Ferroni - Amore materno di vedere quanto la Banca di Anghiari e Stia ha voluto offrire ai suoi soci ed a tutto il territorio in occasione dei centodieci anni della sua fondazione Non può però tacersi che la Banca ha voluto realizzare anche, un bel volume, non un semplice catalogo, che consentirà di ricordare e rivedere i capolavori della Mostra ma anche di conoscere sinteticamente gli avvenimenti salienti della storia e, in appositi capitoli monografici, la vita della Toscana della seconda metà dell'ottocento in tutti i suoi aspetti Questo libro viene posto in vendita ad un prezzo veramente vantaggioso. Il mio articolo potrebbe ritenersi concluso ma per chi avesse ancora desiderio di alcune notizie sulla pittura di macchia dirò che il termine Macchiaioli ebbe una origine dispregiativa e fu loro affibbiato da un critico in occasione di una mostra tenutasi nel 1861. Quella pittura fu, per l'epoca, una vera rivoluzione. Non teneva infatti conto dei canoni della bellezza classica che fino ad allora erano stati insegnati nelle Accademie, non veniva elaborando negli studi una natura idillica ed idealizzata, non si rifaceva ad episodi di storia antica o mitologici ma, all'aria aperta cercava di cogliere e riportare velocemente su piccoli supporti, le impressioni che la natura o la vita umana nei suoi aspetti quotidiani suscitava nell'animo dell'artista Una rivoluzione che ebbe il suo apice e raggiunse le vette maggiori nella prima metà degli anni sessanta quando questi artisti ebbero modo di confrontarsi e lavorare fianco a fianco o a Castiglioncello ospiti dell'amico Diego Martelli in una natura ancora incontaminata che gli inebriò di luce con i suoi smaglianti colori, o nella campagna di Pergentina che vide Lega, Borrani e Signorini raccogliersi in piccolo cenacolo per arrivare ad esprimere anche sentimenti di lirico intimismo. Come in tutte le rivoluzioni dopo questi primi eroici ed irripetibili anni, la vis rivoluzionaria andò calmandosi ed ogni artista trovò le sue connotazioni caratteristiche e sviluppò temi e motivi che più sentiva o che più lo affascinavano. Le esperienze e le vicende personali conferirono ad ognuno di essi quella cifra particolare che consentirà agli studiosi di attribuire più facilmente a ciascun autore le opere degli anni successivi. 7 Anche se l'opera dei macchiaioli manca, in genere, di eclatanti denunce socio-politiche, traspare però in essa una sincera partecipazione alla condizione dell'uomo, specie quella delle classi più disagiate. Se i macchiaioli non fanno esplicite denunce è solo perché ritengono che l'arte debba parlare del vero, del bello e del sentimento restando estranea alla politica. E una pittura di sentimento quale quella dei macchiaioli, non può essere accusata di provincialismo e regionalismo. Dove infatti si può percepire più sentimento se non nel proprio piccolo mondo, nella terra dove siamo nati, che ci ha cresciuto e forgiato? E' stato detto che “niente meraviglia gli uomini quanto il senso comune e le azioni semplici. Tutte le grandi azioni sono state semplici e tutte le grandi pitture lo sono.” Scevri da pregiudizi ideologici o da malintese mode esterofile, visitando la mostra, lasciatevi meravigliare da questa pittura semplice e grandiosa, ricordando che “Non c'è via più sicura per evadere dal mondo che l'arte, ma non c'è legame più sicuro col mondo che l'arte” . Non lo dico io ma Goethe. G Giuseppe Figna A. Tricca Il pittore Stefano Uzzi