FOCUS CLINICI BILANCIO IDRICO L’acqua è la componente più abbondante del nostro organismo, rappresentando il 5070% del peso corporeo. È presente in percentuali diverse nei vari tessuti: il tessuto muscolare, il cervello e il polmone ne contengono circa il 75%, mentre il tessuto adiposo solo il 10%. In un soggetto giovane adulto, di sesso maschile, il contenuto di acqua rappresenta in media il 60% del peso corporeo, mentre in un corrispondente soggetto di sesso femminile è circa il 50%, essendo nelle donne il grasso sottocutaneo più abbondante. Giornalmente vengono assunti circa 2500 ml di acqua. I due terzi della quota giornaliera sono introdotti con gli alimenti o sotto forma di acqua semplice, presente nelle bevande. Una piccola quantità proviene dai processi metabolici dei carboidrati, dei grassi e delle proteine presenti nelle sostanze alimentari. In condizioni omeostatiche, ogni giorno le uscite (liquidi eliminati) bilanciano le entrate (liquidi assunti). In condizioni ambientali ordinarie, con una temperatura di 20 °C, vengono eliminati ogni giorno in media 1500 ml di acqua con le urine, circa 100 ml con il sudore, circa 150 ml con le feci; una quota di circa 400 ml è perduta per evaporazione dall’epitelio dell’apparato respiratorio (con la ventilazione, e aumenta con l’aumentare della frequenza respiratoria), e un’altra quota di circa 350 ml, attraverso la cute (perspiratio insensibilis). Nel calcolo del bilancio idrico devono essere considerati alcuni fattori che conducono alla perdita di liquidi, quali per esempio: vomito, piressia, allettamento, iperventilazione, diarrea profusa, coma o sopore, presenza di piaghe da decubito. segue Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. Noè Copyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. Tra le entrate vanno considerati i liquidi assunti per via orale (sotto forma di alimenti o acqua) e tramite infusione endovenosa, sondino nasogastrico (SNG) o gastrodigiunostomia percutanea (PEG). Se le uscite sono maggiori delle entrate, si verifica una condizione di disidratazione (ipovolemia) che, se significativa, può portare a ipotensione e insufficienza renale; viceversa, se le entrate sono maggiori delle uscite avremo una condizione di iperidratazione (ipervolemia), che può dare origine a uno scompenso cardiocircolatorio e, in casi estremi, a un quadro di edema polmonare. Questo consiste nella presenza di elevate quantità di liquidi negli spazi interstiziali dei tessuti, secondaria a un’alterazione di uno degli elementi di controllo: aumento della pressione idrostatica capillare, diminuzione della pressione oncotica, aumento della permeabilità capillare. In un soggetto adulto, l’acqua può essere ripartita in due compartimenti: liquido extracellulare (LEC) e liquido intracellulare (LIC). Il LEC rappresenta il 27% circa del peso corporeo ed è costituito da: • liquido interstiziale; • plasma sanguigno (nell’organismo adulto sono contenuti circa 40 ml di plasma/kg di peso corporeo); • linfa; segue Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. Noè Copyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. • liquido transcellulare (liquido cefalorachidiano, pleurico, peritoneale, sinoviale, intraoculare e secreti digestivi). Il liquido interstiziale rappresenta il liquido che si trova nello spazio intercellulare, corrispondente al 16% del peso corporeo (11-12 l). Il plasma sanguigno è il componente liquido del sangue e rappresenta circa il 4,5% del peso corporeo (3 l). La linfa deriva dal liquido interstiziale, circola nei vasi linfatici e rappresenta circa il 2% del peso corporeo (1,4 l), mentre il liquido transcellulare rappresenta circa il 3-4% del peso. Il LIC si trova all’interno delle cellule e rappresenta il 30-40% del peso corporeo (2125 l). L’acqua può muoversi facilmente attraverso la membrana cellulare, a essa permeabile. Lo spostamento è guidato dalla presenza di sostanze osmoticamente attive, principalmente gli ioni. L’acqua si distribuisce rapidamente attraverso le membrane cellulari in modo da garantire un equilibrio tra concentrazione osmolare e distribuzione di acqua tra i compartimenti extra- e intracellulare. Se il contenuto di acqua di un compartimento varia, si modifica anche la osmolarità del compartimento medesimo, che viene registrata da osmocettori attivi a livello centrale (ipotalamico) e periferico (renale), in grado di modificare gli input provenienti dal centro della sete e la quantità di urine emesse. Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. Noè Copyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. FOCUS CLINICI INCONTINENZA URINARIA La vescica è un organo cavo situato nella cavità pelvica, costituito da un corpo e da un collo. È una struttura anatomica che si continua con l’uretra e che è formata da fibre muscolari lisce del muscolo detrusore, frammiste a fibre elastiche. Questa muscolatura costituisce lo sfintere interno che, con il suo tono normale, impedisce lo svuotamento della vescica, sino a quando la pressione nel corpo vescicale non abbia superato il valore soglia. A livello dell’ultima parte del collo si trova un anello di muscolatura striata che costituisce lo sfintere esterno, che è sotto il controllo della volontà e che può rimanere contratto impedendo lo svuotamento vescicale, anche quando l’organo è stimolato a contrarsi per attività riflessa. La vescica è innervata da fibre parasimpatiche sacrali (nervi pelvici) sia sensitive che motorie. Le prime hanno funzione di recettori di tensione (meccanocettori), che segnalano le modificazioni di tensione del muscolo detrusore e, in particolare, del collo vescicale, quando sono presenti adeguate quantità di urina; arrivano al midollo spinale (tratto S2-S4). Dal midollo spinale partono le fibre efferenti che controllano il muscolo detrusore, eccitandolo, e lo sfintere interno, inibendolo. La vescica riceve fibre simpatiche, tramite i nervi ipogastrici inferiori (segmenti lombari L1-L3), che hanno azioni inibitorie sul muscolo detrusore (Fig. 1). Le fibre sensitive e motrici somatiche per la muscolatura striata dello sfintere esterno viaggiano nei nervi pudendi. segue Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. Noè Copyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. FIGURA 1 Controllo neuromuscolare della vescica. (Da: Widmaier et al., 2006.) Lo svuotamento della vescica inizia come riflesso automatico, tramite il contingente di fibre parasimpatiche contenuto nei nervi pelvici; tale riflesso viene avviato allorché la parete vescicale viene distesa da un contenuto di urina superiore a 300-350 ml, con aumento della pressione intravescicale fino al livello critico. Si ha allora: segue Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. Noè Copyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. • l’attivazione dei recettori da stiramento della parete vescicale; • la trasmissione dei segnali dal midollo spinale (segmenti S2-S4) al centro motore vegetativo parasimpatico che, tramite le fibre effettrici dei nervi pelvici, comanda la contrazione del muscolo detrusore della vescica e il rilasciamento dello sfintere interno. Lo sfintere esterno si rilascia se viene a mancare il controllo volontario e il riflesso provoca allora, in modo del tutto automatico, l’atto della minzione. II riflesso minzionale può essere inibito o facilitato dai centri encefalici. Nella minzione volontaria il riflesso minzionale viene facilitato dall’inibizione corticale dello sfintere esterno, che viene rilasciato tramite la contrazione del muscolo detrusore, secondaria alla contrazione volontaria del diaframma e dei muscoli addominali (aumento della pressione intraaddominale e compressione della vescica) e, nello stesso tempo, al rilasciamento dei muscoli perianali ed elevatori dell’ano. Nel caso in cui la minzione non possa essere effettuata all’insorgere del bisogno e debba essere rimandata, la corteccia motoria comanda la contrazione volontaria dello sfintere esterno, che si mantiene in contrazione tonica, fino a che non diventa possibile l’atto della minzione. segue Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. Noè Copyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. L’incontinenza urinaria può essere determinata da danni neurologici (vescica neurogena, vescica atonica e ipertonica), infezioni delle vie urinarie, assunzione di alcuni farmaci (diuretici, ipnotici) e stress psichici, soprattutto nelle persone anziane. Vescica neurogena In caso di lesione del midollo spinale al di sopra del segmento S2, la vescica non viene più controllata dalla corteccia cerebrale. Essa si riempie e si svuota in modo automatico, per il riflesso della minzione. Vescica ipertonica La vescica ipertonica si ha in seguito a lesioni nervose che interrompono le vie inibitrici; in questo caso le influenze facilitatrici prevalgono, aumentando il tono vescicale; pertanto, per piccole variazioni di pressione endovescicale, si ha emissione di urina, con minzioni molto frequenti. Vescica atonica La vescica atonica si verifica in seguito a lesione delle vie sensitive che inviano informazioni alla corteccia cerebrale sullo stato di tensione dell’organo. La vescica si distende in misura eccessiva per la sua tonicità plastica a mano a mano che si riempie, senza che insorga il riflesso della minzione. Una volta raggiunto il massimo grado di riempimento, attraverso l’uretra escono poche gocce di urina alla volta, per traboccamento (iscuria paradossa). Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. Noè Copyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. FOCUS CLINICI PRESIDI PER IL CATETERISMO VESCICALE Il cateterismo vescicale consiste nell’introduzione di un tubo di gomma/silicone a differente calibro (misurato in French [Fr]) in vescica, attraverso il meato uretrale. Questa tecnica consente lo svuotamento vescicale nei pazienti non più in grado di controllare la minzione o in quelli con ostacolo al deflusso urinario. Viene inoltre effettuato nei casi in cui si rende necessario un monitoraggio stretto della diuresi (per esempio, scompenso cardiocircolatorio). La procedura deve essere eseguita in sterilità, poiché può essere veicolo di infezioni, e previa lubrificazione dell’estremità del catetere da inserire in vescica. Il catetere vescicale può restare in sede per periodi prolungati e variabili in base al tipo di catetere posizionato. Nel caso in cui un paziente sia portatore di una ipertrofia prostatica di grado moderato-severo, è possibile impiegare un catetere semirigido. Una volta in sede, il catetere viene ancorato all’interno della vescica, gonfiando il palloncino posto in punta con alcuni millilitri di soluzione fisiologica, mentre all’estremità esterna del catetere viene applicato un sacchetto graduato per la raccolta dell’urina. segue Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. Noè Copyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. Esistono cateteri vescicali a tre vie (una per il gonfiaggio del palloncino, una per l’immissione del liquido di lavaggio e una per la fuoriuscita del liquido refluo), che consentono il lavaggio e l’irrigazione della cavità vescicale. Per rimuovere il catetere è necessario sgonfiare preventivamente il palloncino di ancoraggio, per evitare traumatismi uretrali e sanguinamenti. Infine, in alternativa, nel paziente maschio è possibile impiegare un dispositivo esterno per il drenaggio urinario (urocondom). L’urocondom è formato da una guaina di gomma, morbida e pieghevole, che viene fatta scivolare sopra il pene e a esso ancorata tramite una striscia elastica adesiva. Può restare in sede per 24 ore ed è facile che si deposizioni. A ogni sostituzione, la cute e il meato uretrale devono essere adeguatamente detersi ed è necessario evidenziare eventuali segni di irritazione cutanea. Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. Noè Copyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. FOCUS CLINICI EMODIALISI E DIALISI PERITONEALE La dialisi è una procedura medica che consente la rimozione di liquidi e soluti dal sangue del paziente affetto da insufficienza renale acuta o cronica severa. Si basa sul principio della diffusione attraverso una membrana semipermeabile. I soluti e l’acqua passano dal liquido extracellulare al liquido dialitico attraverso una membrana. La durata della procedura varia da 3 a 5 ore ed è effettuata una o più volte alla settimana, in base alla gravità della compromissione renale. La dialisi peritoneale, detta anche dialisi peritoneale continua ambulatoriale (DPCA), è una procedura che prevede l’infusione di una soluzione ipertonica in cavità peritoneale. La soluzione viene lasciata in loco per un determinato periodo di tempo e successivamente drenata. La membrana peritoneale è una membrana semipermeabile, che funge da filtro per la rimozione dei liquidi, degli elettroliti e dei cataboliti in eccesso. La dialisi peritoneale prevede tre fasi: 1. infusione del liquido dialitico tramite catetere sterile introdotto chirurgicamente nella cavità peritoneale; 2. permanenza del liquido nella cavità peritoneale per un tempo variabile da 4 a 6 ore e durante il quale i cataboliti del sangue vi si accumulano; 3. drenaggio del liquido dal cavo peritoneale e immissione di liquido fresco. Il liquido va cambiato da tre a cinque volte al giorno. Uno dei vantaggi della DPCA risiede nel fatto che non è necessaria l’ospedalizzazione e consente al paziente di proseguire le proprie attività quotidiane. Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. Noè Copyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l.