Scheda 7
L’influenza dell’attività motoria e sportiva sulla qualità della vita
Pietro Delfini
Lo stile di vita
attivo
È già stato considerato a proposito dell’evoluzione motoria nell’età adulta:
uno stile di vita attivo e un’alimentazione equilibrata, sortiranno l’effetto
di produrre uno stato di wellness, che, inevitabilmente, non mancherà di
modificare la visione del mondo e, quindi, le modalità di approccio ai
problemi esistenziali.
Va anche sottolineato il fatto che lo stile attivo e la pratica di attività
esercitate spesso in gruppo o alla presenza di altri, aumenta la
possibilità di relazioni sociali, di contatti, di confronto delle proprie azioni
con quelle altrui e agisce incrementando il livello della considerazione di
sé (autostima), come soggetto in grado, tenendo conto degli altri, di
organizzare e gestire attività complesse, protratte nel tempo e, perciò,
finalizzate.
Ne è già stato fatto cenno, a più riprese, ma vale la pena di ribadire il ruolo
che la pratica di attività fisico motorie e sportive può giocare nel
contrastare gli effetti della malattia ipocinetica, conseguenza quasi
inevitabile, soprattutto in contesti urbanizzati e in adeguamento a costumi
e modi di vita indotti dall’organizzazione della società contemporanea,
industrializzata e posseduta dal demone del PIL (prodotto interno lordo) 1
che deve essere sempre incrementato, con la conseguenza di lasciare
sempre meno spazi (fisici e metaforici) a noi e ai nostri figli.
L’industria culturale 2 prescrive, obbliga a consumare oltre il necessario,
sempre di più, sempre più frenetici, sempre più lontani da casa e dai figli,
che, di conseguenza rimangono sempre più soli, sempre più legati
all’utilizzo (o sono da essi utilizzati?) dei mezzi che la tecnologia moderna
mette a disposizione (TV, Videogiochi, Internet, Facebook, ad esempio), i
quali, d’altra parte, lasciano sempre meno possibilità all’esercizio della
motricità, in spazi del resto sempre più ridotti e meno fruibili a causa
dell’urbanizzazione più o meno selvaggia, a causa del traffico sempre più
caotico.
Viene, a questo punto, spontanea la stessa domanda, formulata a
proposito del Doping 3: a chi giova?
1
Si veda “L’evoluzione motoria 3”, p. 10.
Si veda “L’evoluzione motoria 3”, Il corpo incorruttibile come standard, nota 22, p. 14.
3
Si veda la Scheda sul “Doping”.
2
- Stile di vita attivo -
1
Certamente non giova alla salute dei giovani e neanche a quella dei meno
giovani.
Il ruolo del
tecnico
In questa prospettiva, diviene quanto mai delicata la funzione del
preparatore atletico, o del personal trainer o dell’allenatore con i soggetti
di qualunque fascia d’età. Ad essi non è concesso alcun errore:
specialmente con gli adulti e con gli anziani è, infatti, molto più difficile
porre dei rimedi ad errori di valutazione o di impostazione di piani di
preparazione; con i bambini, invece, i medesimi, specie se veniali,
potrebbero pure essere tollerati, in considerazione del fatto che, in
seguito, potranno essere recuperati, in funzione della duttilità e plasticità di
comportamento tipica dell’infanzia.
Attenzione, però: ogni errore può rilevarsi irreversibile sul piano fisico, ma
anche controindicare per sempre la condivisione di un progetto di
preparazione fisico – motoria o sportiva.
Vanno quindi attentamente valutate, insieme al livello delle capacità
personali, le singole motivazioni 4 e cercati i mezzi e (perché no?) gli
espedienti per renderle durature, orientandole in senso intrinseco: per il
piacere di fare l’attività fisico-motoria, di farla bene, insieme agli altri, in
contesti piacevoli e, soprattutto in un ambiente che, dopo l’iniziale,
inevitabile “delega” all’istruttore, sia lasciato sempre maggiore spazio alla
propria capacità di organizzarsi e gestirsi i tempi e gli spazi dell’attività e,
in ultima analisi, all’autonomia personale.
Vanno altresì considerate le differenze di genere molto più evidenti nei
soggetti non allenati che tra gli atleti, sia maschi che femmine.
La funzione
dello sport
Lo sport non deve mai essere considerato un fine, perché, al massimo, se
praticato ad altissimo livello, può coprire un arco di tempo limitato (circa
venti di anni, nella vita di un individuo) 5.
Per chi, invece, non arriva ad esprimersi nelle rappresentative nazionali si
può valutare fino a dieci anni il periodo di permanenza nello sport
agonistico.
Esso può però rappresentare, in ogni caso, un mezzo per la formazione
personale: nel senso che, attraverso la pratica sportiva e l’espressione
delle proprie possibilità motorie, il giovane viene a costruire le sue
modalità di “essere nel mondo”, che potrà replicare, con gli opportuni
adattamenti, in altre circostanze della vita.
La pratica dello sport può, dunque, costituire l’occasione per compiere un
autentico tirocinio per il per il mestiere di adulto: l’adolescente impara a
mettersi in gioco e ad assumersi le proprie responsabilità, nella piena
consapevolezza delle capacità personali e dei limiti attuali, ma tenendo
4
5
Si veda la Scheda sul “Ruolo dell’allenatore”.
Questo aspetto è già stato considerato nella Scheda Avviamento vs Specializzazione.
- Stile di vita attivo -
2
presente la possibile, probabile evoluzione della sua performance
sportiva.
In altri termini, impara a programmare, anche in prospettiva lontana, gli
obiettivi (di solito ambiziosi, ma realizzabili) insieme ai mezzi, ai metodi e
alle situazioni attraverso i quali essi potranno essere raggiunti.
Tutto ciò significa, apprendere uno stile di attribuzione causale (locus of
control interno) ottimistico 6, che fa riconoscere, sempre e
attribuendosene il merito, il ruolo del proprio impegno e delle proprie
capacità incrementate e incrementabili (nei limiti biologici e con
l’allenamento) per il perseguimento delle mete più ambite.
Imparerà, dunque, che saranno il lavoro, l’impegno, la programmazione e
la forza delle proprie motivazioni a determinare la riuscita nelle imprese,
anche in quelle più rischiose, perché la valutazione del rischio comporterà,
ovviamente, la predisposizione dei mezzi per controllarlo.
L’altra prospettiva interpretativa delle cause che possono determinare la
riuscita, il locus esterno, che attribuisce il proprio successo a elementi
fuori del proprio controllo (esterni, appunto), come la fortuna, l’intervento
astrale, i riti magici o le manifestazioni apotropaiche, gli eventi contingenti
o temporanei, sortirà inevitabilmente l’effetto di consegnare il soggetto che
ad essa si affida ad un destino di insuccessi nello sport, come nella vita.
Egli, infatti, non si percepirà mai come il protagonista della sua vicenda
umana e sportiva, per la cui riuscita, dunque, non sarà neanche stimolato
ad impegnarsi, perché sarà comunque la sorte a decidere per lui.
Abbiamo già visto, invece, che il successo nello sport (e anche nella vita)
dipende dalla qualità e soprattutto dalla quantità e continuità di impegno.
Impegnandosi in un’attività sportiva, inoltre, il giovane misura
sistematicamente se stesso sulla possibilità di sconfitta e di vittoria, circa
le modalità per fronteggiare e risolvere le situazioni problematiche e circa
la sicurezza e la fiducia nelle risorse personali.
Impara, anche, che la vita si può (e si deve) articolare su molteplici
interessi e attività, che vanno coltivati e organizzarti nei rispetti della loro
rilevanza nelle diverse età, senza trascurarne alcuno e stabilendo una
gerarchia d’importanza, tenendo prima di tutto presente l’intero spazio di
vita (cosa farò da grande).
Il giovane può anche intravedere nella pratica dello sport la possibilità di
coniugare, per il suo tramite, l’aspetto ludico tipico dell’infanzia e
dell’adolescenza con l’esigenza di trovare l’occasione lavorativa che lo
impegnerà nel resto della vita o per un congruo numero di anni
(prospettiva dello sport professionistico e quella degli atleti di alto livello, in
forza a gruppi sportivi militari, ad esempio).
Altri, poi, potranno utilizzare le competenze acquisite con la pratica
sportiva per intraprendere la professione dell’allenatore, del tecnico, del
preparatore o dell’insegnante.
6
Si veda la dispensa sulla Personalità dell’atleta vincente del corso di Psicologia II.
- Stile di vita attivo -
3
L’attività motoria
come servizio
Tutti gli altri, gli adulti non praticanti sport (ed anche i giovani che hanno
abbandonato l’attività sportiva) sono, invece, i potenziali fruitori del
servizio “attività motoria”.
È un servizio sempre più richiesto, perché sempre più pressante è
avvertita l’esigenza di mantenere un livello di efficienza fisica accettabile
(“si diventa vecchi perchè di smette di fare sport”, Mateev), sia a scopo
profilattico che per adeguamento ai miti e alle leggende metropolitane
imposte dall’industria culturale 7.
Per-Olaf Åstrand, del Dipartimento di Fisiologia, Ginnastica e Scuola
Superiore di Educazione Fisica di Stoccolma, ha scritto, già nel 1969, su
commissione del Consiglio d’Europa, un opuscolo sullo “Sport per Tutti”
in cui, tra l’altro ha messo in evidenza che la “riduzione di potenza è in
parte l’effetto inevitabile dell’invecchiamento, ma probabilmente, almeno in
una certa misura, del cambiamento del modo di vivere.
Nella società moderna le persone anziane si impegnano in attività sportive
e all’aperto con minore frequenza. Per molti impiegati, le esigenze fisiche
del lavoro quotidiano sono pressoché trascurabili, ed essi divengono
inattivi e sedentari. Il corpo umano si adatta alla ridotta domanda, quindi
diminuisce il potenziale di lavoro massimo e la capacità al lavoro fisico.
Un regolare allenamento fisico può controbilanciare questo
deterioramento progressivo” 8 (mantenere un adeguato livello di
efficienza fisica).
È un servizio, dunque, quello dell’attività motoria, che viene ad assumere
un’importanza sempre più rilevante, soprattutto per la popolazione adulta.
A differenza del giovane sportivo, infatti, l’adulto 9 non nutre più velleità o
speranze che lo sport possa divenire un tramite per risolvere il problema
dell’occupazione lavorativa stabile, ma, come detto sopra, si rivolge alla
pratica dell’esercizio fisico (fitness) sia a scopo di profilassi, che per
adeguamento a mode, leggende o modelli di stili di vita attivi, ma
anche e a volte soprattutto, perché la partecipazione ad un’attività
strutturata, comporta stare insieme ad altri, condividerne le esperienze e
la cultura, avere dei punti di riferimento 10, a volte persino usufruire dei
vantaggi di una sorta di associazione di mutuo soccorso, per la
risoluzione di problemi esistenziali o legati alla gestione della quotidianità.
Ha necessità, dunque, di interagire in un ambiente consono alle sue
abitudini, nel rispetto delle sue caratteristiche, curiosità e prerogative
culturali.
7
Si veda “L’evoluzione motoria 3”, Il corpo incorruttibile come standard, p. 14.
Åstrand, P. O.,1969, Sport per Tutti – Esercizio e Salute, Comitato per Cooperazione Culturale
del Consiglio d’Europa, Strasburgo, p. 15.
9
Ma anche il giovane che ha abbandonato l’attività sportiva agonistica.
10
Le persone che frequentano i “circoli sportivi” sono, ovviamente, caratterizzati, anche, per una
loro specificità professionale, di cui tende ad usufruire il socio del circolo che si trovi nella
necessità di farlo.
8
- Stile di vita attivo -
4
Non ha, invece, bisogno, a parte casi particolari, soltanto di proposte di
esercizi, di serie di ripetizioni o di prescrizioni di diete frustranti, di
integratori o, peggio, di sostanze medicinali.
Particolare attenzione deve essere prestata quando si affronta il problema
dell’attività motoria per le femmine non allenate, in età adulta.
Probabilmente le cose sono un po’ cambiate, rispetto a 40 anni fa, almeno
in Italia, dove la donna era molto più presente in casa e aveva meno
occasioni di esercitare uno stile di vita attivo. Bisogna però tenere
presente, sia pure con i dovuti aggiustamenti, che “a 25 anni una donna
presenta un valore pari, o di poco superiore, di un uomo di 65 anni; ma un
individuo di 65 anni può dare valori migliori di un individuo di 25 anni, dello
stesso sesso. Un lavoro considerato troppo impegnativo per una donna
può esserlo anche per un uomo anziano” 11.
Lo stile di vita attivo, nella misura adeguata alle capacità individuali, ha
anche la funzione di favorire il ricambio cellulare, agevola la circolazione
sanguigna e, perciò, l’ossigenazione del sangue e dei tessuti e
l’eliminazione dei metaboliti del lavoro muscolare. Per dirla con le parole
di Åstrand, “oggi si ritiene che il movimento sia la migliore misura
preventiva in quanto favorisce la ventilazione e la irrorazione polmonare”
12
.
Adottare tale stile, inoltre, implica un dispendio energetico adeguato a
sostenere le attività da esso richieste.
A parità di calorie introdotte, rispetto ad una precedente situazione,
comporterà quindi una riduzione del peso corporeo.
Una necessità quest’ultima oltremodo rilevante nella opulenta società dei
consumi o del “benessere”, dove l’Obesità 13, o comunque lo stato di
soprappeso, sembra sia diventata un problema che investe la stragrande
maggioranza della popolazione adulta e non solo.
Adottando, perciò, uno stile di vita attivo, senza strafare e nei limiti
consentiti dal proprio fisico e dall’età, si avrà, dunque, una sicura influenza
sul miglioramento della qualità della vita, i cui effetti si evidenziano sia sul
piano fisico (miglioramento dell’efficienza generale e dello stato di salute),
su quello psicologico (migliore autostima, senso di autoefficacia,
atteggiamento ottimistico, nel senso dello sviluppo di uno stile di
attribuzione causale che imputa i propri successi alle proprie capacità,
piuttosto che ad elementi aleatori) ed, anche su quello delle relazioni
sociali, come abbiamo visto.
11
Åstrand, cit., p. 14. Egli era un fisiologo e con il termine valore intende quello fatto registrare
nelle misurazioni del massimo potenziale aerobico. Åstrand si riferisce, ovviamente, a soggetti
sedentari, a parte il caso del sessantacinquenne (evidentemente allenato) che può far registrare
valori superiori ad un venticinquenne (non allenato).
12
Åstrand, cit., p. 17. Åstrand è anche autore, insieme a Rodahl, K., di un classico: 1970,
Manuale di fisiologia del lavoro, McGrow – Hill, New York.
13
Per quest’ultimo argomento si veda la scheda sull’Alimentazione dello sportivo.
- Stile di vita attivo -
5
Domande di riepilogo relative alla scheda “Stile attivo e Qualità
della vita”
1.
Quali potrebbero essere i principali fattori in grado di influire positivamente sullo stato
di wellness
2.
Quale è il ruolo dell’industria culturale?
1.
In che senso lo sport può costituire un tirocinio per il mestiere d’adulto?
1.
Quali sono i principali insegnamenti che un ragazzo può trarre dalla pratica dello
sport?
2.
Negli adulti, quale possono essere i principali effetti dell’attività motoria sul piano
psichico e sociale?
3.
Quali sul piano fisico?
- Stile di vita attivo -
6
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