La filosofia e la lotta politica Marx Lezioni d'Autore La concezione romantica della nazione L’idea di nazione ottocentesca è definita attraverso elementi come razza, lingua, costume, religione. La nazione è la coesistenza d’individui che devono vivere insieme. Questa concezione abbraccia l’hegeliano Stato di diritto, il Rechtstaat: organismo in cui il tutto è superiore alle parti, ossia agli individui che lo compongono, i quali hanno la loro ragion d’essere solo nello Stato. Romanticismo tedesco e Restaurazione La filosofia politica del Romanticismo tedesco si sviluppa in una direzione statalistica e statolatrica. Proclama un nazionalismo giuridico e politico ed esalta il diritto storico e la politica specifica degli Stati, la molteplicità delle religioni positive e dei loro culti, il nazionalismo. Offre strumenti teorici di legittimazione delle istituzioni assolutistico-feudali, contro le tendenze riformatrici scatenate da Rivoluzione francese e guerre anti-napoleoniche. L’anima individualistica e libertaria del Romanticismo Fuori dalla Germania esiste un’anima del Romanticismo che si coniuga alle istanze liberaleggianti e contrarie a Metternich. In Italia sono accentuati gli aspetti democratico-volontaristici che fondano la nazione non solo sulla comunanza di tradizioni, ma sulla volontà cosciente di un popolo. Ernest Renan: “la nazione è il plebiscito di tutti i giorni”. Giuseppe Mazzini: nazione e libertà Mazzini fonda il culto della nazione sul liberalismo (salvaguardia dei diritti individuali) e la democrazia (la teoria del popolo come detentore della sovranità). Mazzini salda il concetto di nazione e quello di libertà, intesa non solo come libertà dallo straniero, ma anche come libertà dal potere assoluto, e quindi come libertà nello Stato. Cambiare il mondo: l’approccio sociale Karl Marx 1845: “I filosofi hanno finora soltanto interpretato il mondo; ora si tratta di trasformarlo” Nel 1847, Karl Marx viene incaricato dalla Lega dei comunisti di elaborare un documento programmatico, in collaborazione con Engels: il Manifesto del partito comunista (1847-1848). La prima traduzione completa del Manifesto in Italia sarà pubblicata solo nel 1892. Il Manifesto del partito comunista “Uno spettro si aggira per l'Europa: lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono coalizzate in una sacra caccia alle streghe contro questo spettro: il papa e lo zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi. [...] È ormai tempo che i comunisti espongano apertamente in faccia a tutto il mondo il loro modo di vedere, i loro fini, le loro tendenze, e che contrappongano alla favola dello spettro del comunismo un manifesto del partito stesso.” La concezione dialettica della storia All’interno del Manifesto, Marx sviluppa la concezione dialettica della storia, che ha al suo centro il concetto di lotta di classe tra borghesi e proletari. La funzione storica della borghesia Meriti e limiti della borghesia La borghesia ha il merito di aggiornarsi costantemente sia nei mezzi di produzione sia nei rapporti sociali; tuttavia, nell’ampliare le comunicazioni per smerciare i prodotti e creare un mercato mondiale, questa ha distrutto le campagne e ingigantito le città costruendo un mondo a propria immagine e somiglianza. Il piano dei valori e dei costumi ne è sconvolto, investito da un movimento di laicizzazione che ha costretto gli uomini a guardare con occhi liberi da illusioni la loro posizione nella vita. Classi sociali e fasi di sviluppo produttivo Il contributo originale di Marx è nell’aver legato l’esistenza delle classi a determinate fasi storiche di sviluppo della produzione. Poiché le classi si definiscono in relazione alla proprietà, si definiranno sempre due classi antagoniste: la borghesia, paragonata a uno stregone che invoca le forze infernali, rimarrà inghiottita dalle forze produttive sociali che si rivolteranno contro i rapporti di proprietà privatistici. La missione del proletariato Il proletariato è investito da una missione storico-universale. In passato la dialettica storica portava alla vittoria di una nuova classe di oppressori, la rivoluzione comunista invece vuole abolire qualsiasi forma di proprietà privata, di divisione del lavoro e di dominio di classe attraverso la socializzazione dei mezzi di produzione che, passando dalla gestione privata a quella pubblica, pone fine allo sfruttamento di classe. La dittatura proletaria Il compito del proletariato è quello di distruggere i meccanismi istituzionali borghesi, non d’impadronirsene e di utilizzarli per scopi propri. Lo Stato moderno è la sovrastruttura di una società civile borghese e capitalistica che deve essere rifiutata e smantellata attraverso una dittatura proletaria di transizione che a differenza delle altre dittature (di una minoranza di oppressori) rappresenta la maggioranza degli oppressi su di una minoranza di ex oppressori destinati a sparire. L’internazionalismo socialista Il Manifesto si chiude ricordando la necessità di una stretta collaborazione tra i partiti dei vari paesi, ponendo le basi dell'internazionalismo di matrice socialista. I proletari di tutto il mondo hanno obiettivi comuni e quindi devono unirsi. Di qui il famoso appello, divenuto poi motto dell'Unione Sovietica: Proletari di tutti i paesi, unitevi! Lo spirito di Che Guevara Ernesto Guevara medico argentino, scrittore e poi rivoluzionario, guerrigliero. Durante i suoi studi, passa molto tempo a viaggiare in America Latina. Durante i suoi viaggi si rende conto della povertà di massa, delle disuguaglianze sociali ed economiche in tutta l'America Latina; le sue letture sulle teorie marxiste lo portano a ipotizzare la rivoluzione come unica soluzione per liberare il Sudamerica inteso come entità unita e senza confini. L’incontro con Fidel Castro L’incontro con Fidel Castro a Città del Messico è decisivo, Guevara vede in lui il capo rivoluzionario che stava cercando e si unisce al ‘Movimento del 26 di luglio’ che aveva in programma di abbattere il dittatore cubano Fulgencio Batista. La lunga guerriglia, sostenuta con il crescente appoggio dei contadini e degli studenti delle famiglie benestanti cubane, riesce a deporre Batista nel 1959. L’ultimo discorso di Guevara all’ONU Capo della delegazione cubana all'Assemblea Generale dell'ONU, Guevara proferisce un ultimo discorso il 24 febbraio 1965, intervenendo al seminario economico sulla solidarietà afro-asiatica: “In questa lotta fino alla morte non ci sono frontiere. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a quanto accade in ogni parte del mondo. Una vittoria di qualsiasi nazione contro l'imperialismo è una nostra vittoria, come una sconfitta di qualsiasi nazione è una nostra sconfitta.” FINE Lezioni d'Autore