Il reticolo di diffrazione
Un reticolo è costituito da N fenditure, ciascuna di larghezza a, parallele
ed equispaziate di una distanza d. Si realizza ad es. tracciando delle
incisioni sottili su una lastra di vetro con una punta di diamante posta su
una macchina utensile molto precisa. Le parti comprese tra due incisioni
costituiscono le fenditure. Più recentemente la tecnica consiste nel
depositare uno strato di materiale riflettente su una lastra di vetro ed
asportare lo strato con una punta di diamante (reticolo in riflessione).
Sono anche usate tecniche di asportazione controllata mediante
fotolitografia (analoghe a quelle per la creazione di circuiti stampati).
La distanza d tra due fenditure è il passo del reticolo: la larghezza
complessiva L del reticolo è =Nd. Valori tipici sono: L = 2.5 cm con N =
104 linee per cui il passo è d = L/N = 2.5 10-4 cm = 2.5 m; la larghezza
a di ciascuna fenditura può essere di ¼ di d per cui a = 0.6 m.
Il reticolo è uno strumento molto potente per l’analisi spettrale della
radiazione emessa dalle varie sostanze.
Un’onda piana di lunghezza d’onda  incide sul reticolo che sta in un
piano d’onda; l’incidenza è normale; dopo il reticolo una lente
convergente trasforma l’onda piana in un’onda convergente ad es. sul
punto P. A ciascuna delle fenditure la luce viene diffratta come visto nel
caso della singola fenditura: i fasci diffratti dalle varie fenditure
interferiscono a loro volta nel punto P dando luogo ad una figura di
diffrazione prodotta dal reticolo.
Per una trattazione quantitativa consideriamo i campi prodotti dalle
ondine diffratte dalle varie fenditure come in figura. Supponiamo che
l’ampiezza del campo sia la stessa per le diverse fenditure (sorgenti
secondarie)
Consideriamo i campi elettrici delle onde che si propagano lungo la
direzione  e calcoliamo le differenze di cammino su un piano PQ
perpendicolare. Le onde diffratte dalle varie fenditure saranno:
E1 = (E0 /x1) sin (kx1- t)
E2 = (E0 /x2) sin (kx2- t) = (E0 /x2) sin [k(x1 + ) - t)]
E3 = (E0 /x3) sin [k(x1 + 2  - t)]
E4 = (E0 /x4) sin [k(x1 + 3  - t)] con  = d sin: diff di percorso tra due
fenditure consecutive. Se supponiamo che la distanza media x sia grande
rispetto a d: x1  x2  x3  x4 ..La composizione dei campi si effettua con
il metodo dei fasori: ogni componente del campo di eguale ampiezza è
spostata dell’angolo:  = k•δ = 2/. Nella direzione  = 0 e cioè nel
piano perpendicolare alla direzione di incidenza sul reticolo è  = d sin
= 0 e  = 0. I vettori sono tutti sovrapposti e la risultante ha ampiezza A0
= N(E0/x) con intensità I0 = (c0/2) N2 (E0/x)2 = N2 I (I = intensità
prodotta dalla singola fenditura). Facciamo ora crescere  con continuità:
i vettori si aprono a ventaglio: la loro risultante diminuisce. I loro estremi
si distribuiscono su una semicirconferenza e poi su una circonferenza: la
risultante A si annulla: si ha il primo minimo per  = 2/N ;  = /N. Se
aumentiamo ancora  la risultante cresce di nuovo: il sistema copre una
circonferenza e mezza.
Nuovo zero quando i vettori si distribuiscono su due circonferenze, poi
su tre ecc. Per  = m 2/N;  = m /N con m =  1,  2,  3,.. si ha una
successione di minimi di intensità nulla. Questi minimi sono separati da
massimi secondari corrispondenti a  = (2m +1) /N cioè a distribuzioni
dei vettori su 3/2, 5/2, 7/2.. di circonferenza. Le ampiezze rispettive
sono: 2N (E0/x)/3 …Il rapporto di intensità tra il massimo centrale ed il
primo max secondario vale: 9 2/4  22; esso data la vicinanza angolare
non si distingue dal massimo principale.
Un massimo confrontabile con il massimo centrale si ha per:  = 2;
 = : gli N vettori si trovano tutti allineati. Lo stesso per  = 2m;
 = m : si ha quindi:

2

d sin   2m ; sin  m 
m
m  0,  1,  2,...
d
La formula dà, fissato il rapporto tra lunghezza d’onda e passo, le
direzioni per le quali l’intensità è max per l’interferenza. Per m = 0,  = 0
massimo centrale; per m =  1 i massimi del primo ordine; per m =  2 i
massimi del secondo ordine ecc. L’ordine massimo possibile risulta
limitato da sin m  1, m  d/. Se l’ampiezza del campo elettrico di
ciascuna sorgente non dipende da  tutti i massimi principali hanno la
stessa intensità: I = N2 I1.
Lo stesso andamento dei massimi secondari avviene anche nell’intorno
di ciascun massimo principale data la periodicità di 2.
La distanza angolare tra il max che si forma per sinm = m /d ed il
minimo adiacente è: (sin  )      
Nd
L
Se /L << 1 si può porre: (sin) = cosm .
Si definisce larghezza angolare di un massimo principale:
2
2
 m  2 

Nd cos m L cos m
A parità di passo d più largo è il reticolo maggiore è N e più stretti sono i
massimi principali. La figura
mostra i risultati per vari valori di
N. Si vedono anche gli N-2
massimi secondari che per N
molto grande hanno bassissima
intensità. Si vede anche che: le
direzioni dei massimi (λ/d) non
dipendono da N; l’intensità cresce
con N2; l’ampiezza angolare dei
massimi diminuisce con l’aumentare di N. Fin qui si è trattato
principalmente dell’interferenza
tra le sorgenti. Ora tenendo conto anche della diffrazione da ciascuna
fenditura si ha che Ii diminuisce all’aumentare di m come visto, per cui
l’intensità del max di ordine m è : I(m) = N2I i(m). Per il valore di m per
cui: sin m = m /d e sin m = /a si avrebbe un max principale di
interferenza ma anche un minimo nullo di diffrazione da ciascuna fendi-
tura cioè I1(m) = 0. La relazione
m’ = d/a dà l’ordine del primo
massimo principale mancante.
Fissato il rapporto tra il passo d e
la larghezza a dei tratti si osserva
il massimo centrale ed alcuni
adiacenti. Ad es. per d/a = 3 si ha la situazione di figura
Potere risolutivo di un reticolo
Se la sorgente che illumina il reticolo non è monocromatica le diverse 
che compongono la radiazione producono massimi principali ad angoli
diversi: solo il massimo centrale si forma a  = 0 per tutte le . La
dipendenza dell’angolo a cui si formano i massimi dalla  prende il nome
di dispersione angolare. Fissato un valore dell’ordine m l’insieme dei
massimi per le varie  prende il nome di spettro di
ordine m: spettro del primo, secondo, ecc. ordine.
Se la luce è bianca (tutte le  tra viola  v = 0.4 m
e rosso r = 0.7 m) lo spettro del 1 ordine è
l’unico puro: ad un certo angolo corrisponde una
sola  ( perché r < 2 v). Invece negli altri ordini si ha sovrapposizione
di spettri di ordine diverso. Ad es per l’angolo 2 corrispondente al
massimo di 2 ordine per la luce rossa si osserva anche il massimo di 3
ordine per la luce di  tale che: sin2 = 2 r/d = 3 /d  = (2/3)r = 0.47
m (blu). Per questo ai lati dei due spettri del primo ordine simmetrici
rispetto all’ordine zero caratterizzati da colori dal violetto al rosso
(sin1,v < sin 1,r) non si vede la stessa successione di colori.
Il reticolo consente la separazione delle varie componenti
monocromatiche di una radiazione: analizzatore di radiazione.
Potere risolutivo del reticolo: capacità di distinguere due  vicine tra
loro; i massimi relativi devono avere larghezza angolare minima ed il
potere risolutivo fa uso del criterio di Rayleigh.
Siano 1 e 2 con 1 < 2 reticolo con passo d ed N fenditure; i massimi


 di ordine m ed i relativi minimi
sin  m ,1  m 1 , sin  'm ,1  m 1  1
d
d Nd adiacenti si formano a:
sin  m , 2  m
2
d
, sin  'm , 2  m
2
d

2
Nd
Due lunghezze d’onda saranno risolvibili quando il
max di una coincide con il min della seconda:
m
1
d
m
2
d

2
Nd
m
2
d
m
1
d

1
Nd
Dato che 1  2   se  = 2 - 1 si ottiene:
m  = /N: si definisce potere risolvente del
reticolo all’ordine m: R = /  = mN la quale esprime la minima
differenza  risolvibile. Il potere risolutivo risulta proporzionale al
numero totale di tratti, aumenta con l’ordine dello spettro e risulta
indipendente dal passo del reticolo.
Spettroscopia con il reticolo di diffrazione
Come detto i reticoli hanno un importante utilizzo nell’analisi
spettroscopica della radiazione emessa o assorbita dalle varie sostanze.
Uno schema di apparecchio utilizzato per questo scopo è mostrato.
La luce emessa da S passa attraverso una
sottile fenditura F posta nel fuoco di una
lente L1 che invia un fascio di raggi
paralleli sul reticolo R. Il sistema fenditura
lente prende il nome di collimatore. I raggi
trasmessi dal reticolo secondo  sono
focalizzati dal sistema di lenti L2 ed L3 : telescopio, e possono essere
osservati con l’occhio. Ruotando il telescopio attorno al centro del
reticolo si varia l’angolo  e si vede luce nella direzione  che soddisfa:
sin  = m(/d). Noto d ed m e misurando  si ricava . In
corrispondenza si osserva una riga luminosa colorata (corrispondente alla
 ) che corrisponde all’immagine monocromatica della fenditura F: riga
spettrale. L’insieme delle righe spettrali forma lo spettro di emissione
della sostanza. Gli spettrografi moderni sostituiscono il telescopio con
un (od un insieme di) rivelatori fotoelettrici in modo che l’informazione
sulle righe spettrali sia raccolta direttamente come segnale elettrico.
Inoltre può ruotare il reticolo con il che varia sia l’angolo di incidenza
(che fin qui si è assunto 0) che di diffrazione. Ma le leggi fondamentali
del reticolo rimangono valide.
Gli spettri di emissione si dividono in: 1) spettri a righe; 2) spettri a
bande; 3) spettri continui.
Gli spettri a righe ed a bande vengono emessi da sostanze allo stato
gassoso ed a pressione bassa: quelli a righe sono dovuti all’emissione da
parte di atomi , quelli a bande da molecole (biatomiche o poliatomiche).
In entrambi i casi gli atomi o molecole sono eccitati da una sorgente
esterna di energia (es. elevata temperatura – fiamma: Na; o con una
scarica elettrica: lampade a scarica (H, He, Ne, Hg, Na). Questi spettri
sono caratteristici di ciascuna sostanza: nessun atomo o molecola ha lo
stesso spettro: Lo spettro corrisponde alla struttura del singolo atomo o
molecola e dipende dalla distribuzione dei suoi livelli energetici.
Su questo è basata
l’analisi spettroscopica
delle sostanze: è un
metodo molto semplice
ed
efficace
per
l’individuazione di una
sostanza in un materiale.
Es. D2 in H2
Gli spettri continui sono invece emessi dalle sostanze solide o liquide
portate ad elevata temperatura: es. il filamento di una lampada ad
incandescenza; le caratteristiche dello spettro dipendono (quasi) solo
dalla temperatura a cui è la sostanza.
Spettri di assorbimento
Se si esamina con lo spettroscopio la luce emessa da un filamento
incandescente si osserva una striscia continua di colori dal rosso al
violetto (1 ordine). Se si interpone tra la sorgente ed il reticolo un
contenitore contenente ad es. Na si vedono due righe nere nella stessa
posizione angolare delle righe
emesse dal Na.: Il Na ha assorbito
la radiazione di quelle : righe di
assorbimento;
spettro
di
assorbimento. Anche
l’assorbimento è dovuto agli atomi ed alle molecole della sostanza
interposta. Vi è una corrispondenza tra spettro di emissione ed
assorbimento: Ogni sostanza è in grado di assorbire le radiazioni che
nelle stesse condizioni è capace di emettere: legge di Kirchoff.
Spettro solare: righe di Fraunhofer di assorbimento su fondo continuo
H e Na. Anche gli
spettri di assorbimento
sono utilizzati per il
riconoscimento di sostanze. La radiazione assorbita può, in alcuni casi
essere ridiffusa in tutte le direzioni.
Diffrazione dei raggi X
I raggi X hanno  inferiori a 10-9 m; vengono prodotti dal frenamento in
un materiale pesante di elettroni accelerati a d.d.p. superiori a 103 V. Un
dispositivo per la loro produzione è il tubo a raggi X (Coolidge).
Un fascio di elettroni prodotto da un filamento è
accelerato da una d.d.p. (10 – 100 kV) e colpisce un
anodo di materiale pesante (Cu, W, Pb). Gli elettroni
penetrando nei primi strati del materiale interagiscono
con i fortissimi campi elettrici prodotti dagli elettroni negli atomi;
subiscono un brusco frenamento ed emettono radiazione e.m.
I raggi X a causa della loro  molto piccola rispetto al passo d dei reticoli
non sono efficacemente diffratti da essi. Invece un reticolo naturale
abbastanza fitto è costituito dagli atomi di un cristallo. In un cristallo gli
atomi sono disposti in modo regolare ed esso può in effetti
essere pensato come un reticolo (in 3 d!) atto a diffrangere radiazione X.
Ad es nel NaCl gli ioni Na+ e Cl- formano un reticolo cubico di lato a =
2.82 10-10 m = 0.282 nm (costante reticolare).
Quando un fascio di X a  incide sul cristallo gli
elettroni degli atomi si comportano come dipoli
oscillanti emettendo o.e.m. a . Il cristallo si comporta
come un sistema 3d di sorgenti coerenti e nello spazio
circostante si osserva l’interferenza delle onde emesse dai centri reticolari. Un’onda piana che incide formando l’angolo  (angolo di radenza)
con i piani reticolari distanti d vede gli atomi che giacciono su una retta
perpendicolare ai piani reticolari come un
reticolo unidimensionale. Nella direzione di
osservazione che forma l’angolo  rispetto ai
piani la differenza di cammino tra onde emesse
da due sorgenti contigue A e B’ è BB’B’’ = 2d sin . Lo stesso è per le
coppie B’C’ e C’D’ per cui si ha interferenza costruttiva quando:
2d
sin  = m ; sin  = m/2d; m = 1, 2, 3, … legge di Bragg.
in altre direzioni il fascio è soppresso o fortemente
attenuato come nei reticoli. Nella figura è
schematizzato uno spettrografo a raggi X. Se si
conosce la  e si misura  si ricava d. Questo
costituisce la base della cristallografia a raggi X. In
realtà la cosa è più complessa perché i raggi X
incontrano vari piani reticolari.
Se si invia un fascio di X su un (sottile) cristallo ad
es. di NaCl si osserva su un rivelatore (es. film
fotografico) uno spettrogramma a punti: macchie di
Laue. Dalla posizione di esse si può ricavare la
struttura del cristallo. Se il fascio X incide su una
polvere cristallina con i singoli cristalli orientati in
ogni direzione si osservano anelli attorno ad una
macchia centrale: anelli di Debye-Scherrer. Tutti
questi effetti sono dovuti all’interferenza delle
ondine emesse dai singoli centri cristallini.
Esempio
Un reticolo contiene N = 4000 linee su una larghezza L = 2 cm; la
larghezza delle fenditure è a = 1m. La luce di λ = 0.5 m trasmessa dal
reticolo viene osservata nel piano focale di una lente con f = 20 cm.
Calcolare la posizione dei massimi del primo e secondo ordine, la loro
larghezza ed il numero di massimi osservabili.
Il passo del reticolo è d = L/N = 5m; d/a = 5
per cui manca il massimo del quinto ordine. Si
possono osservare al più i quattro massimi
principali per parte oltre al massimo centrale
m = 1 sinθ1= λ/d = 0.1; θ1 = 5.74o Δθ1= 2λ/L = 0.003o
m = 2 sinθ2= 2λ/d = 0.2; θ2 = 11.54o Δθ2= 2λ/L = 0.003o
La posizione xm sullo schermo del massimo e la sua larghezza sono date
da: xm= f tgθm ≈ f θm; Δx = f Δθ per cui: m = 1 x1 = 2.01 cm; Δx = 10 m
m = 2 x2 = 4.08 cm; Δx = 10 m. L’immagine è una riga luminosa
sottile: riga spettrale della lunghezza d’onda λ. Se non ci fosse l’effetto
della diffrazione il numero dei massimi sarebbe d/λ = 10. Invece si
possono osservare con intensità decrescente i massimi 1,2,3,4; il quinto
manca perché coincide con il primo minimo di diffrazione. I massimi
6,7,8,9 sono di intensità piccolissima: si possono osservare con un laser.
Esempio
In un esperimento di Young le due fenditure distano d = 30 m e sono
larghe a = 3 m. Determinare il numero di frange effettivamente
osservabili per λ = 0.55 m.
Valgono i risultati del reticolo con N = 2; le
posizioni dei massimi non dipendono da N ma
solo da d e λ: si ha: sin θm = m λ/d = 1.83*10-2 •m.
Il primo minimo di diffrazione si ha per: sin θ =
λ/a = 0.183 e corrisponde al massimo di
interferenza di ordine 10: m = d/a = 10. Quindi si
possono vedere in tutto 19 frange: il massimo
centrale e 9 massimi principali a destra e sinistra.
La figura mostra le frange di interferenza ,
la figura di diffrazione della fenditura e l’effetto combinato.
Esempio
Una lampada al sodio contiene Na gassoso eccitato da una scarica
elettrica ed emette due lunghezze d’onda molto vicine di valori λ1 =
589.0 nm e λ2 = 589.6 nm. Quante linee deve avere un reticolo affinché
λ1 e λ2 siano appena risolvibili nello spettro del secondo ordine.
Si richiede un potere risolutivo R = λ/Δλ = 589.3/0.6 = 982 ≈ 1000. Si
ha quindi: R = mN; m = 2, N = 500
Ulteriori nozioni sul reticolo di diffrazione
Un reticolo può essere costituito anche da uno specchio in cui sono state
prodotte delle incisioni: in questo caso la parte lasciata intatta funziona
da specchio (fenditure riflettenti). Lo schema è quello di fig
Il vantaggio di un reticolo in
riflessione è che non vi è materia
attraversata dalla radiazione; ciò può
essere utile ad es. nell’uv e nel ir dove
possono esserci pochi materiali
trasparenti alla radiazione.
Blazed
Se la faccetta del reticolo è orientata in modo tale da essere in condizioni
speculari tra fascio incidente e fascio diffratto si ha un sensibile aumento
dell’intensità del fascio rifratto: il reticolo si dice blazed.
Reticolo di fase
E’ possibile ottenere effetti diffrattivi simili a quelli del reticolo studiato
se anziché fare variare l’ampiezza della radiazione incidente che
attraversa alternativamente tratti opachi e trasparenti si fa variare in
modo periodico (es. sinusoidalmente) lo spessore del materiale o l’indice
di rifrazione del mezzo. In questo modo si ottiene una variazione
periodica del cammino ottico e si hanno lo stesso fenomeni di
interferenza. Si tratta di un reticolo di fase. Utilizzato nei laser e nei
dispositivi optoelettronici delle comunicazioni ottiche.
A sinistra in alto l’ordinario reticolo in
trasmissione:
modula
l’ampiezza
dell’onda. A destra un reticolo di fase
ottenuto variando l’indice di rifrazione del
materiale: modulazione di fase. In basso a
sin. Lo stesso effetto è ottenuto variando
lo spessore di un materiale ad indice n
uniforme. In basso a dx. un reticolo di fase
in riflessione. Se α e β sono gli angoli di
incidenza e diffrazione l’eq. del reticolo è : mλ = sinα + sinβ
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Lez.11 OA Ing