Organo Ufficiale dell’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Torino
Anno XXIII - numero 10
ottobre 2012
Direzione, Redazione, Amministrazione
Via Caboto 35-10129 Torino
011 58151.11 r.a.
Fax 011 505323
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sito internet: www.omceo.to.it
Presidente
Amedeo Bianco
Vice Presidente
Guido GIUSTETTO
Segretario
Ivana GARIONE
Tesoriere
Guido REGIS
Consiglieri
Domenico BERTERO
Tiziana BORSATTI
Emilio CHIODO
Riccardo DELLAVALLE
Ezio GHIGO
Anna Rita LEONCAVALLO
Elsa MARGARIA
Aldo MOZZONE
Renato TURRA
Roberto VENESIA
Rosella ZERBI
Patrizia BIANCUCCI (Odontoiatra)
Gianluigi D’AGOSTINO (Odontoiatra)
Bartolomeo GRIFFA (Odontoiatra)
Commissione Odontoiatri
Gianluigi D’AGOSTINO Presidente
Patrizia BIANCUCCI
Claudio BRUCCO
Bartolomeo GRIFFA
Paolo ROSATO
Revisori dei Conti
Riccardo FALCETTA Presidente
Carlo FRANCO
Angelica SALVADORI
Vincenzo MACRI’ Supplente
TORINO MEDICA
Direttore
Amedeo Bianco
Direttore responsabile
Mario Nejrotti
Caporedattore
Nicola Ferraro
Autorizzazione del Tribunale di Torino
n. 793 del 12-01-1953
Pubblicità
SGI Srl Via Pomaro 3-10136 Torino
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sommario
editoriale
A ciascuno il suo
la tribuna
Uniti e forti per attraversare il deserto di questi tempi
M. Nejrotti
N. Ferraro
8
11
il dedalo
Strati di coscienza e dilemmi morali A.E. Cavanna...
La crisi colpisce la sanità piemontese E.D. Ruffino...
14
17
Lo stetoscopio
Piccolo viaggio nell’urologia al femminile M. Boccaletti
20
chi fa cosa
22
Quell’inutile dolore... Com. stampa
Guida ai servizi per il paziente
23
C. Di Pardo
oncologico e la sua famiglia
24
Cinquemila donne per Ninfea Com. stampa
medicina e salute
L’ospedale sotto casa: per fare cosa?
Due ruote incontro al sole…della ricerca medica
P. Pinna Pintor
N. Ferraro
cultura
Il medico filosofo L. Berra
Transculturalismo tra verbale e non verbale G. Scarso
la ricerca in provincia
La riabilitazione nell’artrite reumatoide AslTO 3
L’uso degli inibitori della pompa
protonica a Torino L. Lombardo
27
29
30
32
35
40
le nostre radici
La mia suora G. Maggi
43
dai congressi
Tumore alla mammella A. Scagliola
Necessario promuovere la cultura della vaccinazione N. Ferraro
45
47
i servizi dell’ordine
48
Congressi
52
pianeta solidarietà
AssociAzioni
60
Questa frase, pronunciata da Amedeo Bianco
al Consiglio Nazionale di Padova del 28
settembre scorso, è chiarita, anche se non
sarebbe necessario, dalla foto di copertina
che ritrae l’ILVA di Taranto. Una realtà dove
il diritto alla salute si scontra col diritto al
lavoro e dove la Magistratura incalza la Politica a decidere con autorevole credibilità.
Progetto e Realizzazione Grafica
SGI Srl
Stampa
La Terra Promessa Onlus
NOVARA
Redatto il 15/10/2012
La Rivista è inviata a tutti gli iscritti all’Ordine dei Medici Chirurghi
e degli Odontoiatri di Torino e provincia e a tutti i Consiglieri degli Ordini d’Italia.
innovativo corso di formazione
dell’ordine ECM/FAD sull’audit clinico
in collaborazione con il
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Il corso intende rafforzare le conoscenze e le competenze dei professionisti per assicurare l’erogazione di cure
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In tutti gli Ordini provinciali sono disponibili copie cartacee del corso FAD o potrà richiederle direttamente
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La C.G. EDIZIONI MEDICO SCIENTIFICHE di Torino, partner FNOMCEO per queste iniziative, spedirà
gratuitamente al Suo indirizzo copia del numero speciale.
Il questionario, correttamente compilato dovrà essere inviato via fax al N. 011/0200106 entro e non oltre
il 30/09/2012.
Per verificare successivamente l’esito del corso telefonare al N. 06/6841121 (centralino automatico)
oppure visualizzare il risultato sul portale www.fnomceo.it trascorsi almeno 15 giorni dall’invio del fax.
In caso di esito positivo, dopo almeno 60 giorni, contattare l’Ordine Provinciale di appartenenza per il
ritiro dell’Attestato crediti ECM.
Il servizio di HELP DESK, erogato da
C.G. Edizioni Medico Scientifiche srl
Via Candido Viberti, 7 - 10141 Torino - Italia
è attivo dal Lunedì al Venerdì dalle ore 9.30 alle ore 13.00
Telefono 011/0203250 - Fax 011/0200106 - e-mail: [email protected]
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Editoriale
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AVVISO IMPORTANTE
Come già ripetutamente comunicato su “Torino Medica”, il D.L. 185 del 29.11.2008, convertito nella legge del
28 gennaio 2009, finalizzato a favorire la diffusione delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni, ha istituito
l’obbligo, attualmente senza sanzioni per inadempienza, per i professionisti iscritti ad un albo, di attivare una casella di Posta Elettronica Certificata (PEC).
Si ricorda agli iscritti che continua ad essere in corso di validità il contratto, firmato dal Presidente, dott. Amedeo
Bianco, con Postecom S.p.a., uno dei due gestori nazionali coi quali la FNOMCeO ha stipulato un’apposita convenzione, che gratuitamente prevede per ogni medico l’attribuzione, previa attivazione, di un indirizzo di casella
di Posta Elettronica Certificata per una durata biennale.
Gli iscritti all’albo in data anteriore al 26.4.2010, che ancora non hanno provveduto ad attivare la propria casella
PEC e che intendono avvalersi della convenzione siglata dall’Ordine, possono o recarsi presso gli uffici di Via S.
Caboto 35 (orario di apertura: da lunedì a venerdì dalle ore 9.00 alle ore 13.15 e dalle ore 14.00 alle ore 17.45)
muniti di documento d’identità per ritirare brevi manu il kit di attivazione o fare richiesta scritta da inviare via email (indirizzo di posta elettronica: [email protected]) o da trasmettere via fax (ad uno dei seguenti numeri:
011-505323 / 011-7432113 / 011-7433783 / 011-7433780), allegando la fotocopia recto-verso del documento
d’identità ed indicando l’indirizzo presso il quale si intende che venga recapitato il kit di attivazione.
Gli iscritti all’albo in data posteriore al 26.4.2010, invece, a seguito di un cambiamento delle modalità di concessione del servizio erogato dall’ente gestore il servizio della Posta Elettronica Certificata, che attribuisce non più
all’iscritto bensì all’Ordine l’onere della procedura di attivazione della casella PEC, dovranno mettersi in contatto
con gli uffici dell’Ordine (ad uno dei seguenti numeri: 011-5815108 / 011-5815111, digitando 1 dopo il messaggio registrato) per fissare un appuntamento con il personale amministrativo che alla presenza dell’interessato
provvederà direttamente all’attivazione della casella di Posta Elettronica Certificata.
Il Segretario
dott.ssa Ivana Garione
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ottobre 12
Editoriale
a ciascuno il suo
Alla fine d’agosto è montata una forte polemica sull’obbligo, per decreto
legge, per il medico di famiglia di prescrivere in certe situazioni i farmaci,
indicandoli esclusivamente con il principio attivo, affidando poi al farmacista la scelta di dispensare quello “a prezzo minore”.
Questo decreto riguarda solo le molecole prive di brevetto, perché scaduto e per le quali esiste un equivalente a minor costo.
Lungi dal temere le novità, chi scrive ha sempre sostenuto che il medico
dovrebbe indicare solo il principio attivo di tutti i farmaci, come succede
in molti paesi.
Il prescrittore, infatti, è impossibilitato a conoscere e quindi ad essere responsabile delle scelte industriali che portano alla commercializzazione del
farmaco come prodotto finito al pubblico.
Egli conosce solo quali principi attivi sono necessari alla cura e alla prevenzione delle malattie del suo paziente e di ciò sicuramente è responsabile.
La comparsa degli equivalenti
Dopo decenni di consuetudine che ha permesso la prescrizione di farmaci i cui principi attivi sono coperti da nomi di
fantasia, studiati appositamente dal marketing per incrementarne la memorizzazione da parte del medico e quindi la
prescrizione, con l’esaurimento temporale dei brevetti di molti farmaci sono comparsi gli equivalenti, individuati solo
dal principio attivo e dal nome della casa farmaceutica.
Anche per questi ultimi il medico ignora le procedure industriali di produzione e di distribuzione.
Lo Stato per altro si è reso perfettamente conto, alla comparsa sul mercato degli equivalenti, di aver speso troppo per
decenni per pagare farmaci di marca con soldi pubblici.
Tale ingente spesa era solo in parte giustificata dai costi della ricerca in campo farmaceutico, ammortizzata dalle
aziende in realtà in un tempo probabilmente minore di quello protetto dal brevetto. Decine di case farmaceutiche,
molte facenti parte delle holding delle stesse industrie produttrici dei prodotti di marca, si sono affacciate al mercato
e hanno ottenuto dagli organi competenti la rimborsabilità dei loro prodotti.
Poi la crisi economica nazionale e internazionale ha forzato la mano del Ministero che ha promosso sempre di più
l’uso degli equivalenti, divenuti nel tempo tutti del medesimo prezzo.
L’ultimo decreto ferragostano del Consiglio dei Ministri, a firma del professor Balduzzi, si spinge ancora più in là,
come ormai tutti sanno, e obbliga i medici di famiglia a scrivere per il farmaco solo il principio attivo.
Ma con tutta una serie di distinguo che lasciano sconcertati.
La ricetta nell’“Era Balduzzi”
Si scrive il principio attivo per una nuova prescrizione in una patologia cronica, per la quale già in precedenza erano
stati prescritti altri farmaci.
Si scrive per una patologia non cronica o per un nuovo episodio di patologia cronica.
Non si scrive se non c’è l’equivalente.
Non si scrive se il paziente è in terapia cronica già con quel farmaco di marca o equivalente.
Non si scrive se il medico non vuole e lo motiva.
A questo punto sorge spontanea una domanda, dettata dall’esperienza professionale medica.
Qual è l’obiettivo di questa operazione? A che cosa mira il Ministro?
Stiamo parlando di principi attivi tutti riconosciuti dagli organi di controllo dello Stato a ciò deputati. Sono tutti farmaci approvati e introdotti nel prontuario per decisione degli organi di vigilanza.
Quindi sono prodotti presumibilmente utili e ragionevolmente non dannosi e soprattutto, come dice il nome, “equivalenti”.
L’obiettivo dell’ultimo decreto allora non è difendere il cittadino da possibili danni alla sua salute: se così fosse sarebbe
come tacciare i controllori di ignoranza o peggio.
Non è neanche cercare rimedio per una, se pur velata, sfiducia nell’etica della classe medica prescrittrice, perché solo
un ingenuo e uno sprovveduto non si renderebbe conto che la pressione dell’industria farmaceutica sposterebbe in
brevissimo tempo il suo obiettivo su una classe professionale diversa e per giunta istituzionalmente a lei accomunata
dalla necessità imprescindibile di fare profitto sulla vendita del farmaco.
Quindi non resta altro: l’obiettivo è esclusivamente economico.
ottobre 12
8
Editoriale
Dentro il Decreto Balduzzi
Lo Stato, come dicevamo, sa che i farmaci di marca e gli equivalenti sono parimenti efficaci e sicuri e non potrebbe
essere diverso, pena la perdita totale di credibilità dei suoi organi di verifica, ed ha la necessità assoluta di risparmiare.
Il raggiungimento di questo obiettivo, però, lo scarica sulle categorie professionali con un decreto debole e confuso.
Decreto che, se esaminato nelle sue affermazioni principali, può essere letto meglio in chiave di compromesso con gli
interessi enormi che sono in campo e che vanno ben al di là delle demonizzate “resistenze dei medici”.
Rivediamo le norme in questa luce:
“Non si scrive se il paziente è in terapia cronica già con quel farmaco di marca o equivalente”.
La quota di mercato attestata sui cronici all’attuale è praticamente tutta salva e le case produttrici di prodotti di marca
o equivalenti possono stare tranquille: non si cresce, ma non si crolla.
“Non si scrive se il medico non vuole e lo motiva”.
Tutti gli eventuali e delicati rapporti tra medico e paziente e tra medico e chissà chi sono nella responsabilità del prescrittore e lo Stato se ne lava le mani.
“Non si scrive se non c’è l’equivalente”.
Gli investimenti sulla ricerca sono salvi e la partecipazione delle case farmaceutiche a mille iniziative che lo Stato ha
colpevolmente via via dismesso, può continuare.
Sull’altro versante, si introduce uno spostamento di mercato in modo graduale con le norme che obbligano la prescrizione del principio attivo, in modo da permettere di preparare tutti i correttivi che riducano i danni economici a
chi ha interesse.
Ma se l’obiettivo è economico e se i presupposti tecnici ed etici dello Stato
sono, come sono, cristallini, non bastava un decreto che dicesse…
“Art 1: “ A far data dal primo ottobre 2012 il SSN non rimborserà farmaci di marca, ove siano presenti in prontuario farmaci
equivalenti a minor prezzo.”
Art 2 : non c’è” ?
Ad ognuno il suo
Forse sarebbe tempo che lo Stato si assumesse l’onere e la responsabilità di tutte le proprie decisioni, senza scaricarle sulle spalle dei professionisti di questa o quella categoria, cercando in più
di demonizzarli ad arte agli occhi dell’opinione pubblica.
Ad ognuno il suo: ai medici la responsabilità di prescrivere una
giusta terapia al paziente, ai farmacisti quella di vendere i farmaci prescritti e consigliarne l’uso corretto, all’industria di trovare un
equilibrio accettabile tra profitto ed etica della cura, allo Stato
l’obbligo di decidere con autorevole credibilità.
Mario Nejrotti
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ottobre 12
La tribuna
avviso importante
Cari lettori,
molti iscritti certamente sanno che questa rivista da anni
non rappresenta un peso per il bilancio del nostro Ordine in quanto i costi più onerosi di composizione, stampa
e spedizione sono sostenuti direttamente dalla società
editoriale SGI (Società Generale dell’Immagine).
Infatti la raccolta delle inserzioni pubblicitarie ha consentito fin ora alla SGI di sostenere tali costi.
La crisi economica che ha colpito tutti i settori e che
tutti viviamo in prima persona ha determinato però uno
squilibrio in questo bilancio di entrate-uscite: infatti, a
fronte dell’aumento dei costi di carta, stampa e spedizione si è verificata una diminuzione della raccolta delle
inserzioni pubblicitarie.
In queste condizioni non sarebbe pertanto possibile, per Torino Medica, proseguire la pubblicazione e la propria missione istituzionale a costo zero come da noi desiderato.
Tra le tante soluzioni possibili, quella meno gravosa e più praticabile è apparsa la riduzione del
numero di pagine della rivista, realizzata pur senza rinunciare ai contenuti.
Ma ciò purtroppo non è sufficiente.
Pertanto d’accordo con l’editore, dal numero di ottobre 2012 della rivista, gli annunci dei
convegni e degli eventi sul giornale e sul sito Web saranno pubblicati a titolo oneroso.
La documentazione di questi eventi, una volta decisa la loro pubblicabilità, unita alla richiesta
di pubblicazione, sarà trasmessa alla concessionaria SGI che provvederà ad indicare l’ammontare del costo in relazione alla dimensione dello spazio richiesto.
Per informazioni preliminari sulle condizioni economiche gli inserzionisti possono rivolgersi
direttamente alla dottoressa Daniela Cazzaro, presso SGI, al n. telefonico 011.359908
L’Esecutivo e la Direzione auspicano che tempi migliori possano consentire di poter tornare a
fornire questo servizio gratuitamente agli organizzatori dei convegni e degli eventi formativi.
Il Presidente dell’OMCeO della provincia di Torino
Amedeo Bianco
ottobre 12
10
La tribuna
UNITI E FORTI PER ATTRAVERSARE
IL DESERTO DI QUESTI TEMPI
Questo il concetto intorno al quale si è articolata la
relazione del Presidente Amedeo Bianco che il 28 settembre, a Padova nella pregevole sala del Palazzo della Ragione, ha presieduto il Consiglio Nazionale della
FNOMCeO; subito dopo ha avuto inizio il convegno di
Studio organizzato dalla Federazione sulla “Cybermedicine: l’integrazione delle tecnologie dell’informazione e
della comunicazione nei processi decisionali del sistema
sanitario e delle cure dei pazienti”: un argomento di importanza cruciale per la Medicina e la Sanità contemporanea che affronteremo più in dettaglio sul prossimo
numero.
Come ha scritto Orfeo Notaristefano con la solita puntualità e pertinenza sul Portale Internet della Federazione, “Le parole di Amedeo Bianco hanno descritto ruolo
che i medici italiani hanno in questo momento per affrontare e risolvere i problemi della sanità e, più in generale, i problemi dell’Italia. Una situazione nella quale
i medici non sono il problema, ma parte della soluzione
dei problemi. Un Consiglio Nazionale che è servito a fare
il punto, rispetto all’ultimo del maggio scorso. Mesi durante i quali sono accaduti fatti che incidono sulla situazione economica e sociale del Paese e che, per quanto
riguarda la sanità, Bianco ha così sintetizzato in poche
righe: Dal 2011 al 2015, per effetto combinato delle manovre finanziarie Berlusconi-Tremonti (2011), del
Salva Italia di Monti e dell’ultimissima spending review
di Monti, lascerà sul campo circa 21 miliardi di euro.
Fotografia precisa dell’attuale condizione della sanità in
Italia. Con riferimenti al rapporto Stato-Regioni, al rinvio
11
del patto per la salute, comprensivo della ridefinizione
dei LEA da marzo a tutt’oggi, e paradossalmente il fatto
che, pur essendo ormai ottobre, non si è ancora definito
il riparto del fondo sanitario 2012.
Una situazione difficile che rischia di minare lo stesso
articolo 32 della Costituzione, con una sanità sempre
più compressa dal contenimento dei costi, sempre più
in difficoltà nel garantire assistenza adeguata all’insieme
della popolazione, mentre fasce sociali più abbienti sono
in fuga dal SSN verso la sanità privata.
E i medici in mezzo, costretti a sforzi sempre maggiori
per tutelare la salute dei cittadini, per concorrere alla sostenibilità del sistema, impegnati – ha continuato Bianco- a disegnare una prospettiva per la professione, in
grado di farle attraversare il deserto di questi tempi.
Bianco ha richiamato i percorsi della Federazione in questi ultimi anni, i documenti prodotti su temi centrali della
sanità e della professione medica, con particolare attenzione alla formazione e all’ECM, alla questione della prescrizione dei farmaci e così via fino alla valutazione sul
DL Balduzzi, in discussione alla Camera.
Ma si sta andando avanti anche nella Consulta per la
Deontologia, con l’obiettivo di sottoporre agli Ordini
una bozza di revisione dell’attuale testo, da portare in
discussione generale in un apposito Consiglio Nazionale
entro i primi mesi del 2013. Non poteva mancare un
riferimento alle preoccupazioni per le fibrillazioni che attraversano gli enti previdenziali-assistenziali, altro tema
lasciato a riflessioni possibilmente condivise dai Presidenti degli Ordini”.
ottobre 12
La tribuna
C’è da aggiungere che il Consiglio Nazionale ha anche
approvato all’unanimità il contributo di oltre 73 mila
euro in favore delle popolazioni colpite dal terremoto in
Emilia Romagna. Anche i gettoni di presenza della seduta del Consiglio Nazionale di Padova sono stati devoluti
alle popolazioni terremotate.
QUALCHE PASSAGGIO DELLA RELAZIONE
DEL PRESIDENTE BIANCO
“…Gli elementi strutturali di questa emergenza finanziaria, economica, politica e sociale del nostro paese sono
molteplici e interagenti: il gravame di un debito pubblico enorme che sfiora i 2.000 miliardi di euro superando
il valore del PIL e per giunta con un trend in crescita, i
costi dei suoi interessi – circa 80 miliardi di Euro l’anno –
sono esposti a una pressione speculativa internazionale
che non sono mostri ma più banalmente aggregati di
risparmio e profitti a caccia di investimenti remunerativi
sul mercato finanziario mondiale, l’oggettiva debolezza
di una valuta - l’euro – che ha alle spalle una banca centrale ma non sempre una governance politico istituzionale capace di esprimere scelte idonee a supportarne le
decisioni.
Questa crisi di vaste proporzioni si abbatte su un sistema
produttivo italiano in ginocchio per molte sue peculiarità che ne riducono la competitività ma che oggi stagna nella spirale della recessione (meno reddito- meno
consumi-meno produzione- meno reddito e così via) con
una crescita del PIL rideterminata a meno il 2,5%, infine
un paese con poco appeal per gli investitori anche grazie a una strutturazione burocratica dell’amministrazione
centrale e di quella periferica (Regioni, Province, Comuni)
obsoleta e conservatrice, a una macchina giudiziaria che
non garantisce tempi certi ai contenziosi, civilistici, a un
alto tasso di corruzione, (la Corte dei Conti parla di costi
di oltre 60 miliardi annui), infine una classe dirigente politica, centrale e periferica in profonda crisi di identità e di
consenso, sempre più spesso coinvolta in aree di spreco
di denaro pubblico e di illegalità.
È questo, a capi sommari e imperfetti, lo scenario nel
quale sono maturate e sono state assunte decisioni drastiche e terribili che hanno colpito e ferito i ceti più deboli
e quelli meno protetti della nostra società e tra questi
le speranze del futuro, le giovani generazioni, i giovani, scuotendo fino alle radici tutto il nostro sistema del
welfare.
Non si salva niente e nessuno da questa tempesta quasi
perfetta, pensiamo alla riforma delle pensioni, alla riduzione degli investimenti nell’istruzione pubblica, alla riduzione dei trasferimenti finanziari a regioni, province e
comuni in gran parte sottratti a beni e servizi per i cittadini all’aumento delle tassazioni dirette che gravano direttamente sui soliti noti e quelle indirette indistintamente
sui consumi.
Pensiamo infine alla nostra sanità che dal 2011 al 2015,
per effetto combinato delle manovre finanziarie Berlusconi-Tremonti (2011), del Salva Italia di Monti e dell’ul-
ottobre 12
timissima Spending Review di Monti, lascerà sul campo
circa 21 miliardi di €.
Possiamo discutere se si poteva, o si può, fare diversamente questo intervento sulla finanza pubblica, ma dovremmo per lo meno condividere l’effettiva necessità e
urgenza di tagliare la spesa pubblica
Ovviamente non ci compete affrontare tutta questa complessa materia ma per i nostri fini, quanto accade nella
sanità è uno specchio fedele, è un’ottima chiave di lettura per comprendere quanto accade nella nostra società.
Queste manovre disegnano prospettive molto anguste
per il nostro Servizio Sanitario Nazionale tanto che, sul
piano della sua sostenibilità, questa, almeno nel presente
e nel prossimo futuro, può essere conseguita solo attraverso un razionamento più o meno implicito delle prestazioni.
Al di là dei sottili distinguo tecnici, la stessa spending review in ambito sanitario, pur dichiarando di colpire i costi
inefficienti, opera nella realtà con tagli lineari sottraendo
al finanziamento della sanità complessivi 6,8 miliardi di
euro fino al 2015 che si aggiungono a quelli dichiaratamente lineari delle manovre finanziarie Berlusconi-Tremonti.
Vanno così precostituendosi le condizioni materiali perché presto, molto presto, praticamente tutte le Regioni
siano tecnicamente da inserire in un piano di rientro.
Francamente non è questo che dovrebbe prioritariamente preoccuparci, ma piuttosto le risposte delle amministrazioni regionali che non sono disposte a restare con il
cerino in mano.
Non vi sono certamente sfuggiti alcuni toni di vero e proprio conflitto istituzionale tra Regioni, Governo e Parlamento su queste materie e su altre, a testimonianza di
profonde difficoltà economiche, ma anche di una grande
incertezza su chi fa cosa sul piano ordinamentale della
sanità, leggi Titolo V novellato della Costituzione, in ampia deroga a quel principio costituzionale che chiede alle parti
leale collaborazione.
È in questa chiave di lettura
che dobbiamo interpretare
il rinvio del patto della sa-
12
La tribuna
lute, comprensivo della ridefinizione dei LEA da marzo
a tutt’oggi, e paradossalmente il fatto che, pur essendo
ormai ad ottobre, non si è ancora definito il riparto del
fondo sanitario 2012.
Non sarà una decisione agevole visto che ad anno contabile pressoché concluso, si dovranno prima di tutto ripartire i 900 milioni di euro che la spending review prevede
in riduzione quest’anno, il prossimo saranno 1.500 milioni di € e con una previsione di coprire i fondi regionali
con ulteriori 2 Mld di euro attraverso forme di compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini.
In questa difficilissima situazione il rischio vero è quello
di una sanità pubblica sempre meno equa e universale, quindi sempre meno capace di tutelare quel diritto,
unico ed indivisibile sancito dall’art. 32 della nostra Costituzione.
Già oggi la contrazione dell’offerta sanitaria pubblica, ticket onerosi, ammalianti offerte di prestazioni low cost,
sospingono ceti più o meno abbienti a soluzioni più o
meno compiute di opting out dal sistema pubblico, indirizzandoli verso forme di sanità privata e quindi potenzialmente minacciose dell’altro principio sul quale si
fonda il nostro Servizio Sanitario Nazionale e cioè quello
della solidarietà”.
Il ruolo dei medici, come cittadini
e professionisti
“…I nostri professionisti che operano in conto e per conto del Servizio Sanitario Nazionale sono stati chiamati a
un contributo non indifferente per il risanamento della
finanza pubblica con il blocco dei contratti, delle convenzioni e delle retribuzioni, con addizionali Irpef aggiuntive su scaglioni di reddito superiore ai 90.000 Euro lordi
per la dipendenza, con blocchi alle dinamiche di sviluppo
professionale e di carriera, con forti limitazioni al turn
over, con la drastica riduzione dei posti letto per acuti
senza un contestuale e coerente incremento di quelli in
post acuzie e residenziali e di altre forme di assistenza
socio sanitaria domiciliari.
Questa è la parte più appariscente di quanto richiesto
ma, come la punta di un iceberg, non rende l’idea della
più grande parte sommersa, rappresentata da quel la-
13
voro oscuro e quotidiano di prima linea, laddove cioè i
nostri professionisti sono chiamati a reggere il fronte di
una domanda sanitaria in crescita quali-quantitativa, a
fronte di risorse decrescenti.
Dobbiamo soprattutto contrastare quella deriva che, nelle organizzazioni sanitarie sempre più assillate dal contenimento dei costi, sospinge i nostri professionisti verso
una dimensione di anonimi ma costosi fattori produttivi
e il loro prodotto, i delicati ma costosi servizi di tutela
della salute, verso una mera quantificazione dei costi che
generano.
Questo non significa chiamarsi fuori da quelle responsabilità che invece ci competono per concorrere alla sostenibilità del nostro sistema sanitario, ma pretendere che i
decisori e i cittadini guardino a noi come fonti di soluzione dei problemi e non come causa degli stessi.
Viene a questo punto da chiedersi che cosa stia nelle nostre disponibilità per evitare, o quanto meno contrastare,
questo fenomeno e disegnare una prospettiva per la professione, in grado di farle attraversare il deserto di questi
tempi, mettendo in gioco quanto di meglio esprime e
soprattutto può e deve ancora esprimere.
Questo significa non solo legittimamente difendere ruoli,
funzioni e ambiti di competenze, ma anche promuovere
innovazioni nella nostra cultura tecnico- professionale,
nella nostra formazione universitaria e long-life, nella
nostra deontologia, nei tradizionali modelli di organizzazione del lavoro mettendo così in campo energie e risorse
oggi silenti, capaci peraltro di produrre efficienza ed efficacia nelle organizzazioni sanitarie.
Proteggere la nostra professione vuol dire infatti rifondare i luoghi e i contenuti della formazione universitaria
del medico, promuovere lo sviluppo professionale come
standard di valutazione delle competenze, pretendere il
rispetto della sua autonomia e responsabilità nei processi decisionali e gestionali delle istituzioni sanitarie come
garanzia dei diritti delle persone assistite, ridisegnare relazioni e funzioni con le professioni sanitarie che, nelle
moderne organizzazioni sanitarie, concorrono ai processi
di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione”.
Nicola Ferraro
ottobre 12
Il dedalo
STRATI DI COSCIENZA
E DILEMMI MORALI
Lo studio del cervello, sia nel soggetto sano che nel paziente
neurologico, fornisce frequenti spunti di dibattito di interesse
generale per la società.
Le recenti scoperte nel campo delle neuroscienze hanno
illuminato aspetti fondamentali del funzionamento del cervello e
al contempo hanno rivelato importanti scenari per la morale, la
religione, la politica, oltre che le riflessioni sul sé e sui contenuti
della mente.
La società civile sempre più frequentemente bussa alla
porta del neuroscienziato per ottenere risposte e chiarificazioni che influenzeranno decisioni cruciali nelle aule di
tribunale come nei sondaggi di marketing [1]. La nascita
di discipline autonome come la neuroeconomia, la neuroetica e la neuroestetica è una recente testimonianza
dell’impatto che le neuroscienze hanno ormai assunto
sulla vita di milioni di persone [2].
Da qualche tempo si parla infatti di una vera e propria
“neurocultura”, termine di nuovo conio che riassume
efficacemente i molteplici aspetti di intersezione tra le
neuroscienze e la società [3]. L’area in cui forse più che
altrove tale impatto è risuonato nell’interesse dei media
è quella delle patologie della coscienza [4].
La coscienza
La coscienza è indubbiamente l’aspetto più caratterizzante di ogni essere umano. Passiamo infatti la maggior
parte della nostra vita in uno stato di veglia e di consapevolezza dell’ambiente che ci circonda. Tutti i giorni
interagiamo a più riprese con i nostri simili e con il mondo, e siamo in grado di farlo producendo comportamenti
coerenti con ciò che ci viene richiesto, proprio perché ci
rendiamo conto di essere coinvolti in determinati accadimenti.
Le neuroscienze hanno rivelato che la coscienza sembra
essere associata a un’elevata elaborazione dell’informazione da parte di alcune aree cerebrali polimodali e associative (prefrontali, parietali e temporali), la cui attività è
fondamentale per l’esecuzione di funzioni di ordine superiore, come la memoria, l’attenzione e il linguaggio [5].
Non solo: anche la capacità di provare emozioni sembra
essere strettamente intrecciata al senso di consapevolezza di sé e dell’ambiente [6]. La coscienza viene pertanto
a coincidere con l’essenza della natura umana. Detto al-
ottobre 12
trimenti, la coscienza è alla base delle persone che siamo.
Queste considerazioni sollevano delicate questioni etiche
sul rapporto tra coscienza e qualità della vita dei pazienti
con patologie neurologiche croniche che compromettono lo stato normale di coscienza. È sicuramente ancora
vivido il ricordo delle controversie infiammate dai casi di
Eluana Englaro in Italia e Terry Schiavo negli Stati Uniti. In
gioco non c’era solamente la vita delle pazienti, ma soprattutto quale dovesse essere il valore da attribuire all’esistenza di pazienti con gravi quadri clinici, la cui capacità
di essere coscienti fosse grandemente danneggiata. Alle
neuroscienze viene chiesto di contribuire a chiarire i dilemmi etici cui ci troviamo di fronte in queste situazioni,
fornendo elementi che aiutino a prendere decisioni pienamente motivate.
Negli ultimi due decenni, grazie al perfezionamento delle
tecniche di neuroimmagine, che permettono un’istantanea dell’attività cerebrale in vivo, la coscienza è entrata
a pieno titolo a far parte dei fenomeni di indagine scientifica. L’interesse ha riguardato lo studio della coscienza sia in soggetti sani sia, soprattutto, in pazienti affetti
da danni neurologici e/o sindromi neuropsichiatriche e
neuropsicologiche. Sono inoltre di grande interesse recenti ricerche volte a individuare dei criteri per stabilire
l’effettivo stato di coscienza di pazienti con severi danni
neurologici [7]. Uno di questi studi ha utilizzato la tecnica
di risonanza magnetica funzionale (fMRI) per dimostrare
che una paziente, diagnosticata in stato vegetativo, era
comunque in grado di esibire segni di attività cosciente,
quando richiesta di immaginare specifici movimenti precodificati come giocare a tennis (Figura 1) [8].
Tali risultati contribuiscono a migliorare i criteri e gli strumenti diagnostici con cui effettuare la valutazione dello
stato di coscienza di un individuo colpito da danni neurologici. In particolare, le tecniche di neuroimmagine pos-
14
Il dedalo
Figura 1.
è stato possibile visualizzare segnali di attività cerebrale cosciente quando a
pazienti con diagnosi clinica di stato vegetativo veniva richiesto di rievocare
sequenze motorie pre-codificate, come nel gioco del tennis.
Figura 2
Alterazioni fisiologiche (sfondo bianco) e patologiche (sfondo azzurro) dello
stato di coscienza: si notano variazioni graduali sia nel livello di vigilanza (asse
Y) che nei contenuti di coscienza (asse X).
sono rivelarsi di grande utilità per discriminare con più precisione i confini tra i diversi
stadi intermedi che si situano fra la morte
cerebrale e lo stato normale di piena coscienza. Ciò appare di estrema importanza
soprattutto nel caso in cui vi siano prospettive di recupero per il paziente.
Gli strati della coscienza
L’accurata valutazione dello stato di rispondenza nei casi di patologie neurologiche che compromettono la coscienza
in forma cronica (coma, stati vegetativi)
o acuta (epilessia, encefaliti) è di primaria
importanza ai fini della diagnosi, della prognosi e dell’assistenza del paziente [9]. Dal punto di vista operativo,
è possibile suddividere le caratteristiche dello stato di
coscienza in due dimensioni: i contenuti della consapevolezza, ovvero l’essere coscienti di sé e dell’ambiente,
e il grado di coscienza, ovvero il livello di vigilanza. A
seconda delle aree cerebrali lese e della severità ed entità
del danno derivano condizioni neurologiche in cui i due
aspetti possono essere variamente colpiti, sia in modo
persistente che transitorio (Figura 2). Come è noto al clinico, la capacità di rispondere agli stimoli esterni è direttamente proporzionale all’aumento sia del livello sia dei
contenuti di coscienza. Per esempio, nello stato di coma,
così come nell’anestesia generale, si riscontra l’assenza di
qualunque risposta a stimoli esterni. Nello stato vegetativo il paziente apre e chiude gli occhi, alternando i periodi
di veglia e di sonno: manca tuttavia ogni attività cognitiva. Nello stato di minima coscienza, sebbene la coscienza
sia gravemente danneggiata, è comunque presente un
15
grado minimo di consapevolezza di sé e dell’ambiente. Ciò si riscontra attraverso l’esecuzione di comandi
semplici, risposte sì/no di tipo gestuale o verbale, comportamenti finalistici e manifestazioni emotive di riso o
pianto appropriate alle circostanze. Una delle scoperte
più interessanti delle neuroscienze dell’ultimo decennio
è che la coscienza sembra essere un fenomeno graduale,
che emerge e si manifesta, per così dire, “a strati”. Sebbene attualmente non esista un procedimento infallibile
per la misurazione dello stato di coscienza nei pazienti
affetti da diverse patologie neurologiche, è auspicabile
che in futuro l’integrazione tra i consueti strumenti della valutazione clinica (come la Glasgow Coma Scale e
la Glasgow-Liege Scale) e l’impiego di nuovi protocolli,
derivati dagli esiti delle indagini effettuate con le tecniche di neuroimmagine, possano condurre a valutazioni
più obiettive e affidabili. È quindi facile prevedere che in
futuro, con il miglioramento delle tecniche di indagine
cerebrale in vivo e delle procedure di interpretazione dei
dati clinici, gli studi sui correlati neurali dei disturbi della
ottobre 12
Il dedalo
coscienza daranno notevoli contributi al fine di affinare
la diagnosi e potenziare i meccanismi di recupero cerebrale. Le maggiori conoscenze apriranno inoltre nuove
finestre sulla natura umana e ci potranno illuminare
sulle coordinate etiche riguardanti la dignità della vita.
Prof. Andrea E. Cavanna, MD PhD
[email protected]
Michael Trimble Neuropsychiatry Research Group,
University of Birmingham and BSMHFT, Birmingham,
UK
Sobell Department of Motor Neuroscience
and Movement Disorders,
Institute of Neurology and University College London,
UK
Prof. Andrea Nani
Michael Trimble Neuropsychiatry Research Group,
University of Birmingham and BSMHFT, Birmingham,
UK
BIBLIOGRAFIA
1 Frank L. (2011). The Neurotourist: Postcards
from the Edge of Brain Science. Oxford: Oneworld Publications.
2 Fehr E, Camerer CF. (2007). Social Neuroeconomics: The Neural Circuitry of Social Preferences.
Trends in Cognitive Sciences 11:419-427.
3 Rolls ET. (2012). Neuroculture. Oxford: Oxford
University Press
4 Cavanna AE, Nani A. (2012). Consciousness:
States, Mechanisms and Disorders. New York:
Nova Science Publishers.
5 Cavanna AE. (2007). The Precuneus and Consciousness. CNS Spectrums 12:545-552.
6 Damasio AR. (1999). The Feeling of What Happens. New York: Harcourt Brace.
7 Boly M, Coleman MR, Davis MH et al. (2007).
When Thoughts Become Actions: An fMRI Paradigm to Study Volitional Brain Activity in NonCommunicative Brain Injured Patients. Neuroimage 36:979-92.
8 Owen AM, Coleman MR, Boly M et al. (2006).
Detecting Awareness in the Vegetative State.
Science 313:1402.
9 Cavanna AE, Monaco F. (2009). Brain mechanisms of altered conscious states during epileptic
seizures. Nature Reviews Neurology 5:267-276.
ottobre 12
16
Il dedalo
LA CRISI COLPISCE
LA SANITÀ PIEMONTESE
Triste risveglio per la capitale del management italiano.
La sanità piemontese rischia di fallire, schiacciata da miliardi di Euro di deficit.
Per anni hanno vinto le impostazioni culturali, prima
ancora che politiche, che relegavano l’economia ad un
noioso dettaglio burocratico che sanciva ex-post l’andamento della spesa sanitaria, come un dato di fatto.
La sicurezza di poter disporre, sempre e comunque, di
risorse illimitate, per il settore salute, ha indotto a non
tenere troppo in considerazione le risultanze contabili:
anzi queste sono state sistematicamente ritardate e non
pubblicizzate. Ora che la situazione obbliga a definire il
reale stato di indebitamento del settore pubblico, anche
il settore sanitario comincia a prendere coscienza della
superficialità che ha portato ad adottare una serie di accorgimenti per spostare agli esercizi successivi la manifestazione finanziaria degli impegni assunti. Alcuni degli
accorgimenti adottati sono a dir poco curiosi: il patrimonio veniva dichiarato cedibile e sulla previsione di incasso,
si cominciava a spendere; non si iscrive il possibile costo
per gli interessi per ritardato pagamento ed ora, se cerchiamo di cambiare ditta, perché la concorrenza offre un
prezzo minore, ci troviamo a pagare dieci
anni di interessi arretrati alla ditta esclusa;
si iscrivono in bilancio crediti verso altre
Aziende sanitarie che, come i titoli di stato
greci, sarà ben difficile poter incassare. E
via dicendo.
chi burocrati e consci dei possibili effetti della crisi finanziaria, si tende a portarsi avanti con i lavori, dando corso
a nuove spese, fiduciosi che il criterio sia sempre quello
di tagliare un po’a tutti. Meglio quindi aumentare subito
le spese, in modo che i tagli pesino di meno!
Con questa mentalità, il deficit continua a crescere con
responsabilità generali e collettive, sostenuto dalla difficoltà di individuare parametri di razionalizzazione: la
demagogia in ambito sanitario risulta essere quanto mai
efficace, impedendo qualsiasi forma di analisi economica
di fronte ad un nuovo investimento, impedendo di verificare l’utilità marginale dei singoli impieghi. Le prime
critiche sulle modalità di utilizzo delle risorse disponibili
hanno evidenziato ad esempio:
––
––
––
––
I presupposti della crisi
La prima domanda da porsi è come mai
nessuno se n’era finora accorto, o più
correttamente, a quante forze faceva comodo non accorgersi che la situazione si
stava progressivamente deteriorando?
Un’infinità di interessi, che partono dalle
ditte fornitrici fino al singolo dipendente del S.S.R., aveva infatti convenienza a
pensare che tutto andasse bene e che si
potesse continuare così, ancora per tanto
tempo.
Il problema è che oggi si registra più di
un segnale di cedimento. Le banche, che
fungevano da istituto tesoriere, cominciano ad essere preoccupate per l’eccessiva
esposizione verso il settore pubblico, e le
aziende sanitarie in particolare, ed inevitabilmente tendono a ridurre le aperture
di credito, mentre la macchina della spesa
non riesce a rallentare. Anzi da buoni vec-
17
un continuo proliferare di high tecnology,
come se a curare i pazienti non fossero le ore
in cui rimangono in attività le attrezzature, ma
il numero di nastri tagliati per inaugurarli (se
ci confrontiamo con l’Europa appare evidente
come in Italia, a “deficitare” non sono le tecnologie, ma le loro modalità di utilizzo);
il numero di parti per reparti di ginecologia è decisamente inferiore a quello previsto
dall’OMS per raggiungere la cosiddetta more
experience, mentre la percentuale dei parti cesarei risulta ben superiore a quel 15% proposto
dalla stessa OMS;
la percentuale di farmaci generici è assai distante dal 42% raggiunto in Germania;
le densitometrie ossee effettuate superano di
gran lunga quelle della media europea.
Se a questi scostamenti, rispetto al benchmarket, corrispondono risultati eccellenti la situazione sarebbe facilmente difendibile, ma così non è.
La crisi finanziaria comincia a colpire duro anche il Piemonte, ma, contraddicendo le tradizioni sabaude, questa volta ci coglie un po’impreparati. Non perché siamo
l’unica Regione del Nord in condizioni di prefallimento,
ma perché il Piemonte aveva spesso rappresentato un
cardine del sistema sanitario, contribuendo anche alla
formazione di più di un Premio Nobel per la medicina.
Oggi situazioni di altissima professionalità si alternano a
situazioni irrazionali, senza che il sistema riesca ad isolare
ed eliminare l’inefficiente: anzi proprio chi genera situazioni inefficienti sembra riscuotere maggiore successo.
La carenza dei controlli interni, sancita dall’inutilità dei
nuclei di valutazione e dei collegi sindacali, le difficoltà
nel far funzionare i dipartimenti o di creare una rete di
benchmarket, fan sì che rimanga difficile distinguere chi
opera correttamente da chi sperpera. In mancanza di
ottobre 12
Il dedalo
regole, si richiede a tutte le unità erogative di ridurre le
spese, senza neanche tentare di definire un ordine che
permetta di elencare le strutture in funzione della capacità di utilizzo delle risorse.
Il bivio
Oggi siamo di fronte ad un bivio: irrigidirsi su ogni piccola
questione per mantenere lo status quo e il perpetrare i
singoli interessi o cercare di salvaguardare un sistema che
permette di curare milioni di persone ancora con ottimi risultati, attraverso un’azione di profonda ristrutturazione.
Interpretare il mondo sanitario e rilanciare le possibilità di
sviluppo delle sue singole componenti rappresenta una
sfida indispensabile per mantenere e migliorare il sistema.
Per affrontare questa sfida occorrerà accrescere le conoscenze sui meccanismi di funzionamento e le condizioni
in cui queste si realizzano.
L’approccio da seguire sarà inevitabilmente di tipo interdisciplinare, volto ad inserire nel ragionamento l’insieme
definire realtà estremamente diverse all’interno del settore sanitario, ognuna con caratteristiche proprie. Nonostante il riconoscimento della crucialità del problema
sono però pochi gli studi e i momenti di riflessione, con
la conseguenza che il processo decisionale appare spesso
irrazionale e incongruo, oltre che lento.
Il Piemonte, salvo alcuni lodevoli tentativi, non ha organizzato una vera e propria scuola di formazione per il management, cosicché il livello di preparazione risulta alquanto
frastagliato: ogni manager, ai vari livelli, ha seguito un
suo percorso e ciò rende difficile una gestione uniforme
delle strutture. Non trovando criteri di selezione, risultava
spesso vincente chi riusciva a trovare “il cavillo per accrescere la spesa” e così l’offerta di beni e servizi è aumentata senza controlli. La crisi finanziaria pone però dubbi
sulle possibilità di mantenere tale stile di management.
Il rischio è che proprio nel momento del maggior bisogno sociale si palesino gli effetti delle “non” decisioni. Da
tempo si rileva come i costi eccedono le risorse disponibili,
ma psicologicamente nessuno voleva affrontare il
problema, rischiando, ora, di far mancare di colpo
il carburante al sistema. Sta cioè venendo a mancare quel terzo pagante (il debito dello Stato) che
ha, fin ora, permesso il mantenimento e il potenziamento delle attività, senza fornire agli operatori
gli strumenti per valutare il grado di efficienza delle
medesime. A sostenere quest’atteggiamento sono
stati gli indubbi vantaggi in capo a chi accresceva
il deficit: peccato che probabilmente non saranno
costoro a dover dire ai pazienti che non ci sono più
fondi per una carrozzina o per i farmaci.
La possibile evoluzione dello scenario
delle conoscenze che diverse discipline scientifiche hanno acquisito nel settore, cercando di ricondurre il tutto
ad una sintesi unitaria. Quello che manca è spesso una
visione comune per affrontare il problema, dando invece spazio alle pretese individuali spalleggiati da una legislazione ormai anacronistica. Ad esempio: spostare un
dipendente all’interno dello stesso ospedale è un’impresa
ardua (anche perché il management non è in grado di
fornire i criteri per cui si sposta un dipendente anziché un
altro); si protocollano in ogni azienda sanitaria migliaia di
lettere del tutto inutili (se non come forme di tutela per
chi scrive) e via di questo passo.
La complessità insita nella gestione delle attività sanitarie,
alla luce della crisi finanziaria, obbliga a rivedere l’assetto
del sistema e ridefinire ogni singolo settore, avendo ben
coscienza che il processo di specializzazione ha portato a
ottobre 12
Nell’immaginario collettivo, fino al periodo antecedente la crisi, quasi tutti riconoscevano nel sistema
sanitario l’apparato cui affidare le proprie aspettative di salute. La crisi economica e il rapido mutamento cui è sottoposta la nostra società, fa dubitare che si possa continuare, nelle stesse forme,
anche nel prossimo futuro, per sempre più evidenti
ragioni di sostenibilità. La capacità del sistema di
rispondere alle pretese che giungono dalle diverse istanze sociali deve quindi trovare risposte nel superamento
dei meccanismi attualmente in essere, individuando, sperando in “isorisorse”, modelli organizzativi in grado, di
gestire le maggiori esigenze, gerarchizzandole per ordine
di gravità.
Nel corso degli anni, la consapevolezza dei diritti sanitari è andata crescendo, diventando patrimonio culturale
sia delle collettività, che dei singoli individui. Questo
approccio ha permesso lo sviluppo di una sensibilità insperata solo pochi decenni fa, ma ha anche generato
una visione troppo personalizzata del concetto di salute
e delle aspettative in essa riposte, fino a negare l’accettazione della possibilità di ammalarsi. Tutti conoscono i
propri diritti, ma tutti li percepiscono in modo leggermente diverso dagli altri componenti delle collettività,
18
Il dedalo
accrescendo così il rischio di conflittualità.
La complessità del mondo globalizzato obbliga però a
rivedere i confini e le modalità di attuazione di quelli
che, fino a ieri, venivano considerati diritti irrinunciabili, sapendo però che, oggi, non si è più in grado
di soddisfarli tutti, se non coniugando la dimensione
globale con il contesto locale. Occorre cioè rivedere
il Welfare state trasformandolo e adattandolo a una
logica sostenibile, dove tutti gli attori si sentano parte
attiva, contribuendo a costruire condizioni accettabili, evitando il rischio di rimanere senza stato sociale,
proprio quando la crisi economica richiederebbe un
maggior livello di coesione sociale e di redistribuzione.
La sfida dei prossimi anni è quella di riconciliare l’affermazione dei principi, sanciti con la “Carta dei Diritti”, che ha posto il rispetto dei diritti dell’ uomo tra le
finalità dell’ONU (concetti poi ripresi dall’Assemblea
generale delle Nazioni Unite nella “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” del 10 dicembre 1948) e
la possibilità di organizzare servizi adeguati nei micro
cosmi, nel rispetto delle singole condizioni operative.
Ciò comporta il determinare limiti e regole, in quanto
le attuali non sono riuscite ad autocontrollare l’utilizzo delle risorse, mentre ne esaltano la possibilità di
rivendicazione.
La crisi di sistema dei primi anni ‘90 aveva portato il
sistema italiano a ricercare soluzioni politico-legislative non più basate su un sistema di tipo assembleare,
ma ad attribuire a una sola persona la gestione degli apparati pubblici (ASL comprese), per un periodo
prefissato di tempo. Da un eccesso di “assemblearismo”, considerato causa principale dello spreco, si è
cioè passati ad un organismo “monocratico” e sulla
carta tecnocratico, che però avrebbe dovuto essere
accompagnato da una serie di adeguamenti, tali da
renderlo confacente alle specificità del settore sanitario. La scarsa organizzazione delle società scientifiche,
associato al fallimento degli organi di controllo, ha invece impedito lo svilupparsi di un’adeguata dialettica
propositiva.
La massa di informazioni e di conoscenze necessarie
per gestire la sanità indurrebbe a coinvolgere tutti i
decision maker, ma la mancanza di cultura manageriale non permette ancora che tale concentrazione di
professionisti si traduca dallo sterile assemblearismo
populista in una reale capacità di assumere decisioni
razionali e tempestive. Per la funzionalità del sistema,
oltre all’individuazione di un modello razionale, è infatti necessaria la presenza di substrato culturale e, soprattutto, di una classe dirigente in grado di attuare i
programmi di ristrutturazione. Una sfida decisamente
affascinante per il management del Piemonte: peccato la si debba affrontare con le tasche vuote.
Emanuele Davide Ruffino
Bruno Perino
Germana ZollesI
19
ottobre 12
Lo stetoscopio
PICCOLO VIAGGIO
NELL’UROLOGIA AL FEMMINILE
Nella sensibilità comune il rapporto ginecologo uomo/ facilmente ad un’assistenza di più ampio respiro, anche
paziente donna è ben accetto (almeno in Occidente) e di tipo sessuologico. La Sessuologia non viene rifiutata
quindi non colpisce più di tanto. Ma si può dire la stes- nel rapporto urologa/paziente, ma anche dove non sasa cosa di quello tra urologa e paziente uomo? Premes- rebbe l’aspetto principale, alla fine spesso la si deve afso che su tale rapporto giocano pesantemente l’età, la frontare. “Essere urologa – conclude la dottoressa Ambu
cultura e la personalità di chi si sottopone ad una visita - quindi non significa necessariamente essere androlourologica, che qui definiremmo perlomeno “delicata”, ga o sessuologa (anche se spesso vi è confusione tra le
incide molto anche sul paziente la qualità percepita della due specialità); l’urologo dei nostri tempi non prende in
professionista. Un certo disagio in tale rapporto indub- considerazione non solo la parte “meccanica” (starembiamente esiste, incidendo in misura assai più marcata mo per dire, idraulica) della patologia, ma tiene anche
che in quello tra specialista e paziente di sesso analogo.
conto delle implicazioni affettive, familiari, psicologiche
Ne conviene anche Alessandra Ambu, dirigente di I° li- che una malfunzione dell’apparato uro-genitale può
vello nella Struttura Complessa di Urologia dell’Ospedale comportare”.
civile di Rivoli, diretta da Maurizio Bellina: “In quasi 20
anni di pratica clinica (una decina come urologa) non
Massimo Boccaletti
mi è tuttavia mai capitato – dice - che qualche paziente
si sia sottratto alla visita per mettersi nelle mani di uno
specialista maschio. Nel corso di laurea esiste anche una
materia chiamata Psicologia clinica “ma a dissipare
l’imbarazzo aiuta più la pratica che la condotta apAllo stesso argomento la redazione ha dedicato
presa sui libri”.
un’intervista al prof. Dario Fontana, realizzata dalla
Il momento più delicato è forse la manovra manuale
dottoressa Patrizia Biancucci e pubblicata sul Portache si compie per verificare le condizioni della prole dell’Ordine
stata. In quel caso a dissipare il disagio può anche
www. videomedica.org
aiutare una frase del tipo: “Se fossi un’oculista le
(parola chiave per la ricerca del fimato “Fontana”).
guarderei gli occhi. Invece, essendo urologa…”. Disagio destinato forse ad attenuarsi in futuro, perché
l’urologia appare oggi sempre più al femminile, in linea peraltro con il trend di altre
Hai lo smartphone?
specialità (ad esempio l’OdontostomatoloCollegati con il codice QR!
gia). “Al di là della frasetta convenzionale,
della battuta distensiva – osserva ancora
la dottoressa Ambu - l’imbarazzo tenderà comunque a dissiparsi se tra curante e curato subentra l’empatia”. Cioè?
“Quando da un lato c’è partecipazione
LA “GEOGRAFIA” DELLE UROLOGHE IN ITALIA
al problema del paziente – sottolinea
È stato recentemente somministrato un “questionario conoscitivo”
l’urologa - e dall’altro la sicurezza che il
sulla condizione delle donne urologhe italiane a curato dalla CIFU
professionista si farà carico di aiutare il
(Comitato Italiano Femminile Urologhe). Dai 187 questionari compaziente a risolvere il problema”.
pilati risulta che:
A causa dell’aumento della vita media,
* il numero delle professioniste ammonta in Italia a più di 400 unità,
l’urologia moderna intercetta in questi
con una età media di 39.8 anni;
anni un’importante quota di patologie
* il 41% lavora in Aziende universitarie e il 39% in quelle ospedaliere;
oncologiche; in questi casi, alcuni interventi demolitivi (in particolare quelli su
* le ore lavorative settimanali prestate sono per il 29% dalle 41 alle 60;
vescica e prostata) possono mettere a
* il 22% delle specialiste lavora più di 50 ore;
rischio la potenza sessuale. Ecco allora
* il 54% risulta invece svolgere attività libero professionale.
che da un rapporto terapeutico basato
L’81 per cento, cifra assai significativa per la rilevanza del dato e per il
su due fasi (intervento chirurgico e riatipo di domanda posta, si dichiara del tutto “soddisfatta” del proprio
bilitazione post-intervento) si passa assai
lavoro.
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20
Chi fa cosa
QUELL’INUTILE DOLORE...
Istituzioni e cittadini insieme per combatterlo
La lotta al dolore è un impegno che da oltre un decennio la Sanità italiana sta portando avanti, dall’iniziale direttiva
24 maggio 2001 del Presidente del Consiglio dei Ministri, conforme alle indicazioni dell’OMS e del PSN (Piano Sanitario Nazionale) 1998/2000, alla tappa fondamentale dell’anno 2010, con la Legge 38 del 15 marzo, che ha permesso
di compiere un importante passo in avanti nel trattamento del dolore cronico, distinguendo nettamente tra cure
palliative e terapia del dolore, branca della medicina per la cura di tutte le patologie dolorose di natura oncologica e
non oncologica.
Nella “Giornata Nazionale del Sollievo 2012”, che si
è tenuta nel maggio scorso, presso tutti i punti informativi del Maria Vittoria e dell’Amedeo di Savoia
sono stati messi a disposizione di pazienti e visitatori
opuscoli e materiale informativo sul centro di terapia del dolore, sul quello di cure palliative e sulle
indicazioni d’uso degli oppiacei.
Un patto di solidarietà tra istituzioni e cittadini che
si rinnova ogni anno. Nell’ambito di questa iniziativa
– ha detto il dr. Paolo Mussano, Direttore Sanitario dell’Ospedale Maria Vittoria - sono stati organizzati diversi eventi, grazie alla collaborazione tra
le Direzioni Sanitarie degli Ospedali Maria Vittoria e
Amedeo di Savoia e le Strutture di Terapia Antalgica
e Cure Palliative, per informare i cittadini sui loro
diritti, attraverso la presentazione della ‘Carta dei
diritti del paziente che soffre’ e dei servizi dedicati
alla cura del dolore e alla palliazione”.
“Il confronto con la popolazione – ha sottolineato
ancora il Direttore Sanitario - rappresenta sempre un
momento imprescindibile per noi operatori sanitari
che abbiamo come obiettivo primario la presa in carico e l’assistenza dei pazienti”.
Per questa occasione anche al Sant’Anna, alle Molinette ed al Regina Margherita di Torino porte aperte
contro il dolore. Centoquattro ospedali sono stati
premiati con i Bollini Rosa dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna -O.N.Da. (le informazioni sono disponibili ed in continuo aggiornamento
sul sito www.bollinirosa.it o telefonando al numero
02/29015286.)
“L’iniziativa è stato il naturale proseguimento dell’evento dello scorso anno – ha spiegato la Dott.ssa Teresa Emanuele, Responsabile del Progetto Ospedale
Donna - in cui è stato distribuito a tutti i pazienti e ai visitatori un questionario per misurare la percezione del dolore
e sondare l’informazione ricevuta dagli operatori sanitari sulle cause e terapie del dolore.”
Dall’analisi dei risultati è emerso che non c’è ancora una chiara consapevolezza su questo tema ed è per questo che
l’informazione alla popolazione costituisce un momento essenziale per la sensibilizzazione pubblica.
Fonte: Comunicati Stampa dell’ASLTO2 e dell’Ospedale Molinette
S. Patrito e PP. Berra
ottobre 12
22
Chi fa cosa
GUIDA AI SERVIZI PER IL PAZIENTE
ONCOLOGICO E LA SUA FAMIGLIA
Il 20 giugno scorso presso l’Aula Magna A.M. Dogliotti dell’Ospedale San Giovanni Battista di Torino, è stata
presentata la prima edizione della Guida ai servizi per il
paziente oncologico e la sua famiglia. La guida, curata
dagli assistenti sociali della rete oncologica Piemonte e
Valle d’Aosta – spiega Lorella Perugini, coordinatore della ROAS (Rete Oncologica Assistenti Sociali) Piemonte e
Valle d’Aosta -, è una concreta risposta alle esigenze dei
cittadini affetti da patologie oncologiche per ottenere
un’informazione competente ed esaustiva sui servizi e
le attività di sostegno e aiuto in aggiunta al trattamento terapeutico di routine; con la centralità della persona
nella sua interezza e complessità e che, colpita temporaneamente da una malattia, ha diritto a vivere dignitosamente.
Nella guida si trovano le indicazioni per ottenere aiuti
pratici, per risolvere i problemi quotidiani e per ottenere
aiuti finanziari. Scopo della giornata è stato sviluppare tra
tutti gli operatori coinvolti nella cura, assistenza e riabilitazione del paziente oncologico, i canali di informazione
e condivisione degli gli aspetti riferiti al lavoro di Rete. Da
tutti i relatori è emersa chiaramente la necessità di standardizzare e divulgare il progetto, unificare il linguaggio
burocratico e informatico, rendere unica la modulistica e
scambiarsi tutte le informazioni per poter lavorare verso
una migliore assistenza al malato.
“La Rete siamo noi, persone che vogliono fare le cose e
che hanno la forza di fare le cose” ha dichiarato il prof.
Oscar Bertetto, Direttore del Dipartimento ROPV (Rete
Oncologica Piemonte e Valle d’Aosta). Vari e di grande
interesse i temi trattati: la legge 104 /92, l’accoglienza
psico-sociale alla donna operata alla mammella, i bambini in cura, le cure palliative, l’assistenza domiciliare tramite la Faro, la realtà delle famiglie con familiare in cura
presso l’Ospedale di Candiolo…
Un progetto molto interessante è quello portato avanti
dal Regina Margherita: lo “SP.IN” (SPortello Informativo),
illustrato da Elena Volpe, assistente sociale: “Gemmato
dalla Carta dei Bambini, lo SP.IN si occupa di accompagnare la famiglia nell’accettazione della malattia e nella
risoluzione pratica dei problemi quotidiani come sostituire i genitori nell’andare a prendere a scuola i fratellini del
bambino malato. Abbiamo ottenuto per i nostri piccoli
ospiti delle facilitazioni, per esempio, per il riconoscimento dell’invalidità o della legge 104: una volta alla settimana è il medico legale Inps che viene presso la nostra
struttura e visita i bambini che hanno fatto richiesta di
prestazione e non il contrario, azzerando quindi tutte le
difficoltà burocratiche e logistiche con gran sollievo per i
piccoli e i loro genitori”.
23
La dott.ssa Fagioli, direttore della S.C. di Oncoematologia Pediatrica dell’ospedale S.Anna, ha posto invece
l’attenzione sugli aumenti di guarigione in percentuale
positiva dell’ 80% nell’ultimo ventennio per i bambini
italiani, mentre per i bambini provenienti da altre nazionalità (rumeni, albanesi, marocchini, cinesi, sudafricani) la percentuale resta più bassa. “Negli ultimi anni
l’afferenza di bambini stranieri bisognosi di cure presso
l’ospedale Infantile Regina Margherita ha subito un costante incremento, dovuto ad un aumento delle famiglie
di stranieri residenti sul territorio cittadino e provinciale, ma anche a nuclei che intraprendono veri e propri
viaggi della speranza per curare i loro bambini malati.
A volte pazienti possono presentare, oltre alla malattia
neoplastica e alla tossicità secondaria alle cure, patologie
‘endemiche’ della loro nazione di origine (infettive, cardiologiche, nutrizionali…). “Occorre quindi, superando
la barriera linguistica e spesso anche socio-culturale che
accompagna queste famiglie – ha aggiunto la dottoressa
Fagioli- ricostruire in modo più preciso possibile l’anamnesi, la storia clinica, il pregresso trattamento, e stadiare
globalmente il paziente, prima di impostare un corretto
iter terapeutico, che si riferisce alle indicazioni dei protocolli nazionali ed internazionali, ma è adattato al singolo
caso. A questo scopo è stato attivato il programma di
scambio Cura e Intercultura, che anche tramite un mediatore culturale, si occupa di capire oltre alla lingua, le
differenze culturali, sociali e religiose del paziente e della
sua famiglia per cercare di favorire un rapporto il più empatico possibile con i clinici”.
Infine i servizi socio sanitari hanno lanciato una sfida per
il risparmio perché, come ha sottolineato il direttore sanitario del Regina Margherita dott. De Intinis, “in Sanità
ciò che non si spende si reinveste; bisogna dimostrare
di poter risparmiare senza ridurre i servizi e la Rete può
riuscirci perché ha raccolto intorno a sé talmente tante
intelligenze che ha l’intelligenza di riuscire nell’intento”.
Quindi, come recita un proverbio africano “Da soli si va
più veloci ma insieme si va più lontano”.
La Guida ai Servizi è distribuita gratuitamente in tutte le
strutture sanitarie presenti in Piemonte e Valle d’Aosta
ma è possibile consultarla e scaricarne copia dal sito della
Rete Oncologica (www.reteoncologica.it) nella sezione
allegati.
Carmen Di Pardo
Ufficio Stampa Rete Oncologica
Piemonte e Valle d’Aosta
AOU San Giovanni Battista
ottobre 12
Chi fa cosa
CINQUEMILA DONNE PER NINFEA
È possibile vedere il video de
“Il Progetto Ninfea” all’indirizzo:
http://www.youtube.com/watch?v=7NHNrLX3b8c
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Come nasce NINFEA
Avviato nel 2005 dagli epidemiologi dell’Università e
dell’Ospedale Molinette di Torino, NINFEA nasce dalla
constatazione che la salute degli esseri umani è fortemente influenzata dagli ambienti e dalle circostanze che
si incontrano nei primi anni di vita, e ancor prima, nell’utero materno.
Per capire come queste esposizioni con il passare degli
anni influenzino l’insorgere di malattie, la cosa migliore
da fare è seguire fin dalla nascita (e dalla gravidanza) un
gran numero di bambini, raccogliendo man mano informazioni sul loro stato di salute e sul loro sviluppo accompagnandoli nel processo di crescita. È quello che gli
epidemiologi chiamano “studio di coorte di nuovi nati”.
«Con questo tipo di studio - spiega Lorenzo Richiardi,
coordinatore del Progetto NINFEA potremo studiare se,
e in che modo, l’assunzione di farmaci in gravidanza
possa avere conseguenze sul futuro stato di salute del
bambino, se e come la durata dell’allattamento materno
influenzi il suo sviluppo, se l’esposizione all’inquinamento atmosferico nei primi anni di vita, il lavoro svolto dai
genitori o le condizioni economiche producano qualche
effetto nel tempo; e così anche ci interessa sapere quale
influenza hanno le prime malattie infettive, la dieta o
l’assunzione di alcol da parte della madre o la sua abitudine al fumo...».
Un metodo nuovo
Nel 2005, quando la costituzione di coorti di nuovi nati
cominciava a prendere piede in Europa, anche gli epidemiologi di Torino decidono di iniziare uno studio di
ottobre 12
Cinquemila:
tante sono le mamme italiane
che hanno aderito al Progetto NINFEA
e hanno deciso di dare un contributo
importante per tutelare la salute
dei bambini e delle future mamme.
NINFEA (sigla che sta per
Nascita e Infanzia:
gli Effetti dell’Ambiente)
è infatti un progetto scientifico
che si propone
di approfondire la conoscenza dei fattori
che possono causare complicanze durante
la gravidanza e malattie nei bambini, dalla
nascita fino all’adolescenza.
coorte di questo tipo. Ma lo fanno sperimentando un
approccio decisamente innovativo, che lo differenziava da tutti gli altri, ossia basandosi sull’uso di Internet.
«Tutto lo studio, sia il reclutamento delle donne durante
la gravidanza sia la raccolta dei questionari successivisottolinea Richiardi è svolto solo attraverso il Web, una
modalità ancora inesplorata nel 2005. Nasceva così la
coorte di nuovi nati NINFEA, coordinata dall’Università
di Torino in collaborazione con altri centri italiani. Successivamente lo stesso approccio è stato utilizzato in altri studi di questo genere, sia in Europa sia nel mondo».
Il punto cruciale, come sempre quando si ha a che fare
con l’epidemiologia, è avere a disposizione una grande
quantità di dati, e quindi di bambini e di madri che collaborano.
NINFEA oggi
Vi sareste aspettati di arrivare al traguardo di 5.000
partecipanti nel giro di sette anni?
Era nelle aspettative (lo studio infatti prevede di arrivare ad almeno 7.500 partecipanti) ma non era per nulla
scontato. Quando si comincia, infatti, soprattutto se si
usa una metodica che non è stata ancora sperimentata
su larga scala, le incognite sono tante e si può soltanto
sperare di avere fatto previsioni corrette. Siamo davvero
contenti del risultato e ringraziamo tutte le partecipanti
per il loro contributo.
Che tipo di informazioni vengono raccolte, e in che
modo?
Si raccolgono molte informazioni con diversi questio-
24
nari. I principali sono tre, ciascuno compilabile in circa
30 minuti: il primo durante la gravidanza, il secondo 6
mesi dopo il parto e il terzo 18 mesi dopo il parto. Si va
da domande su esposizioni ambientali e occupazionali a
domande sulla storia di salute o sulla storia riproduttiva,
a quelle sullo stile di vita. Il secondo e il terzo questionario si focalizzano soprattutto sul bambino: lo sviluppo,
l’alimentazione, il sonno, la frequenza delle malattie infettive, l’assunzione di farmaci... Infine, quando il bambino compie sei mesi, viene proposto alle mamme di
partecipare anche alla parte dello studio che coinvolge
la donazione di campioni di saliva, sia della mamma sia
del bambino.
Dopo la compilazione del terzo questionario, come
vengono seguiti i bambini?
Proponiamo brevi questionari periodici su tematiche
specifiche quali, per esempio, lo sviluppo cognitivo e la
salute respiratoria. Utilizzeremo anche informazioni che
vengono già raccolte di routine in database amministrativi.
Le madri che partecipano al progetto compilano
solo i questionari oppure hanno un rapporto diretto con voi?
Ci fa molto piacere constatare che riusciamo a mantenere uno scambio attivo con le partecipanti, cosa che
avviene per e-mail ma, soprattutto, attraverso la nostra
pagina facebook (www.facebook.com/pages/ProgettoNINFEA/210478081656).
25
Ma non solo: le mamme possono mantenersi costantemente aggiornate sugli sviluppi del Progetto anche
accedendo al nostro sito
www.progettoninfea.it
Quando i dati raccolti potranno essere “messi a frutto”?
Alcuni risultati sono già stati ottenuti. Inizialmente abbiamo condotto alcuni studi per dimostrare la validità
del reclutamento basato su Internet. Tutti i lavori pubblicati, di cui diamo regolarmente notizia anche sulle news
del sito e sulla nostra pagina facebook, sono elencati sul
sito www.progettoninfea.it. Ora stiamo cominciando a
lavorare su alcune tematiche sanitarie: in particolare sui
determinanti della crescita e dell’asma e, insieme ad altre coorti di nuovi nati, sul ruolo di alcune esposizioni
(occupazionali, consumo di pesce, moderato consumo
di alcol, fattori socioeconomici) nell’influenzare il peso
del bambino alla nascita.
Che cosa deve fare una donna per partecipare a
NINFEA?
È sufficiente accedere al sito www.progettoninfea.it,
cliccare sul pulsante dei questionari, registrarsi e cominciare la compilazione.
Ufficio Stampa Progetto NINFEA
Per informazioni:
tel: 02 48702283, fax 02 48706089
[email protected].
ottobre 12
Medicina e salute
L’ OSPEDALE SOTTO CASA:
PER FARE COSA?
L’affermazione del Professor Veronesi nel suo editoriale del 30 luglio u.s., su La Stampa a pagina 9, dal titolo “Strutture da ripensare e ricoveri brevi”* sull’inefficienza degli “interventi regolatori estemporanei”, che stabiliscono i tempi
massimi delle liste di attesa, è del tutto condivisibile come quella sul fatto che “bisogna intervenire sulle cause”: ovvero eliminare le barriere che impediscono di mettere in atto prescrizioni normative, nuove iniziative e così via.
Nei paesi di lingua anglosassone, USA, UK, Australia, Canada, sono in continuo sviluppo da più di un decennio, le
ricerche sulla strategia di provata efficacia1 (EB, Evidence Based) per facilitare l’adozione, l’implementazione che dir
si voglia, delle norme promulgate dagli enti regolatori o dalle società professionali sotto forma di linee guida o raccomandazioni.
Sulla disponibilità ed accessibilità tempestiva, sotto casa, di attività diagnostiche che non costringano i pazienti o famigliari a grandi spostamenti e ai disagi relativi, sarebbe utile una maggiore precisazione per quanto riguarda il livello di
approfondimento diagnostico che verrebbe richiesto ‘sotto casa’. Già oggi sono disponibili nelle città italiane e anche
nei piccoli centri, molti laboratori e centri diagnostici privati accreditati e servizi ambulatoriali pubblici con dotazioni diversificate. Non si può certo preconizzare che siano a poca distanza da casa RM e TAC o PET e attrezzature e personale
per sofisticate indagini cardiologiche (coronarografia, ecocardiografia esofagea). D’altra parte non va dimenticato che
la crescita dell’offerta di prestazioni diagnostiche, induce la domanda come è stato recentemente dimostrato in uno
studio in Piemonte sulla correlazione fra presenza di dotazioni strumentali e numerosità delle indagini effettuate2 a
scapito dell’appropriatezza delle procedure e del contenimento della spesa.
1
Agency for Healthcare Research and Quality- Closing the Quality Gap: A Critical Analysis of Quality Improvement Strategies. Fact
Sheet. AHRQ Publication No. 04-P014, Rockville, March 2004
2 Pinna Pintor P., Picco W., Gnavi R., Bobbio M. ‘Geographical variation in use of non invasive cardiovascular tests between
small areas in the Piedmont Region (Italy)’ - poster 25th International Conference ISQua 2008 - Copenhagen
Una proposta da approfondire
La proposta del Professor Veronesi, dovrebbe essere più
approfondita sulle tipologie di indagini “sotto casa” e la
loro distribuzione sul territorio.
Una diagnosi di sospetto infarto può essere affidata,
ad esempio, al medico o al cardiologo di base, con la
visita, l’elettrocardiogramma e il dosaggio degli enzimi
cardiaci ma, sulla tempestività e efficacia dell’intervento
in caso di diagnosi positiva, il sistema rischia di far perdere tempo prezioso ai fini della terapia con angioplastica
primaria. Per questo tipo di sospetti diagnostici, ai fini
dell’efficacia della terapia, non vi è dubbio che è meglio
ricorrere ai Pronto Soccorso tramite il 118 (meglio l’arri-
vo al Pronto Soccorso di tanti codici bianchi con pochi
infartuati salvati che meno codici bianchi con infartuati
morti o condannati alla cardiopatia cronica che oltre alla
sofferenza, costeranno molto di più nel futuro).
Per un sospetto clinico di embolia polmonare, la cui conferma richiede TAC multibanco ed esami di laboratorio,
anche se i tempi non sono così stringenti come nella diagnosi di infarto, possono nascere dubbi sulle possibilità
di effettuare indagini necessarie con diffusione delle dotazioni necessarie (TAC multibanco) sul territorio.
Molti altri esempi si possono fare e riguardano ad esempio la prevenzione in ambito ostetrico: è difficile immaginare la disseminazione sul territorio di centri diagnostici
di ostetricia prenatale che richiede, a parte la strumentazione sofisticata, una grande esperienza da
parte degli operatori nell’uso della tecnica
ultrasonica. Poiché il professor Veronesi accenna al ruolo di approfondimento diagnostico
e terapico dell’ospedale,
è possibile che la diagnostica strumentale
di cui ha fatto cenno
sia proprio quello
che intende necessaria per gli appro-
ottobre 12
Medicina e salute
fondimenti affidati agli ospedali anche se nella attuale
differenza della distribuzione geografica in Italia non
è facile definire la soglia tra la diagnostica ‘sotto casa’
e quella per gli approfondimenti.
Non vi sono dubbi invece sull’opportunità che in ospedale venga accorciata la durata dei ricoveri per il trattamento delle fasi acute senza dimenticare che, quando
questo concetto definito “fast track” è stato introdotto
in cardiochirurgia erano frequenti i rientri in ospedali di
pazienti con complicazioni non gestibili a domicilio. Per
questi pazienti, il Professor Veronesi, propone strutture
di “accoglienza protetta” che, credo possono essere indicate come centri per postacuzie o per cure intermedie
in cui ricoverare pazienti, che dopo la fase acuta, non
essendo ancora stabilizzati, non possono essere inviati
a domicilio ma devono essere trattati in centri per cure
intermedie o di riabilitazione di diversi livelli a seconda
della complessità delle patologie. Questi progetti non
sono nuovi ma ed ancora del tutto recentemente figurano nell’ultimo DL 95/6-07 2012 che delibera la riduzione dei posti per acuti e passaggio a cure diurne in
DH, dal DH alle cure ambulatoriali.
Già tutto previsto e mai realizzato
Il Professor Veronesi, infine, preconizza nel processo
di trasformazione e modificazione dell’ospedale, la
realizzazione nel rispetto di un “Principio Fondante”,
non solo dell’eccellenza tecnologica delle cure, ma la
loro umanizzazione come condizione per migliorare
la QoL, Quality of Life, la qualità di vita, in definitiva.
Questi requisiti in Italia da due decenni sono previsti dall’art 14 della riforma sanitaria (Legge 502 del
1992) che impone per l’accreditamento delle strutture, l’umanizzazione delle cure, l’informazione, ed il
comfort alberghiero...
E qui si torna da capo, le norme abbondano ma non
sono applicate, gli enti preposti dl miglioramento della qualità e sicurezza delle cure dovrebbero destinare,
come già in atto nei paesi citati, risorse per individuare
nelle diverse aree geografiche e contesti specialistici,
le strategie per il miglioramento.
Prof. Plinio Pinna Pintor
* L’articolo è facilmente scaricabile dalla Rete digitando il relativo titolo su un qualsiasi motore
di ricerca.
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28
Medicina e salute
DUE RUOTE INCONTRO AL SOLE…
DELLA RICERCA MEDICA
Questo il titolo di un benefico proclama lanciato il 23 giugno scorso per manifestazione cicloturistica non competitiva attraverso l’Italia
per sostenere la ricerca pediatrica della Onlus
dell’ospedale Infantile Regina Margherita.
“Alle ore 12 – recitava l’invito- tutti davanti
all’ospedale Infantile Regina Margherita con
bici, handbike, velocipedi, tricicli, pedibus calcantibus per accogliere, applaudire ed augurare buona viaggio al gruppo di ciclisti che pedalerà da Bardonecchia a Capo d’Otranto per
sostenere la Onlus “Io sto con il Regina Margherita” e la ricerca pediatrica in Ematologia
infantile e sulle anemie congenite.
La manifestazione
La DBA
È stata una corsa cicloturistica non competitiva, articolata su otto tappe in otto giorni, che ha unito il territorio italiano più ad Ovest (Bardonecchia) con quello
più ad Est (Capo d’Otranto) andando da Nord a Sud.
Le tappe sono state: Bardonecchia, Alessandria, Modena, Rimini, Ancona, Pescara, Foggia, Bari e Capo
d’Otranto.
L’iniziativa è stata voluta per finanziare lo studio delle
basi genetiche e dei meccanismi di sviluppo dell’Anemia di Blackfan-Diamond (DBA). Si tratta di un difetto
di produzione dei globuli rossi che si manifesta con
grave anemia fino dai primi mesi di vita. Oltre all’anemia, quasi la metà dei bambini affetti presenta bassa
statura e/o malformazioni di vari organi (principalmente arti, cuore e rene).
A lungo termine, la DBA sembra predisporre allo sviluppo di alcuni tumori e di pancitopenia, ossia, come
i nostri lettori sanno, la diminuzione anche dei globuli
bianchi e delle piastrine. Le possibilità di cura consistono nella somministrazione di cortisonici, ai quali
risponde una parte dei pazienti, o in trasfusioni di sangue o nel trapianto di cellule staminali emopoietiche.
La DBA è una malattia geneticamente determinata. Nel
1999 il gruppo del reparto di Ematologia dell’ospedale
Regina Margherita (diretto dal professor Ugo Ramenghi) ha contribuito alla identificazione del primo gene
che causa la malattia (il gene RPS19, che è alterato nel
25% dei pazienti).
Per la comprensione dei meccanismi che determinano la
DBA, presupposto essenziale per una migliore cura della patologia, mancano ancora numerosi elementi. Tutti
i geni coinvolti in questa malattia servono alla cellula
per produrre “proteine ribosomiali” (ossia che compongono i ribosomi, gli organuli intracellulari deputati alla
sintesi proteica). Non è noto come i difetti delle proteine
ribosomiali possano determinare anemia, bassa statura
e malformazioni, come accade nei pazienti DBA.
Scopo della ricerca è quindi la migliore comprensione
di come le alterazioni delle proteine ribosomiali causino
le manifestazioni cliniche della DBA. Uno degli approcci
utilizzati sarà quello di valutare l’effetto che le mutazioni determinano sulle cellule, studiando come vengono
espressi i geni nelle cellule con mutazioni in RPS19 rispetto alle cellule di soggetti sani.
Nicola Ferraro
(Dal comunicato dell’Ufficio Stampa dell’Azienda Ospedaliera
Città della salute e della Scienza di Torino)
29
ottobre 12
Cultura
il medico filosofo
La filosofia come elemento fondamentale della professione medica
Negli ultimi anni si è resa evidente in Europa e nel mondo una tendenza della filosofia e dei filosofi al passaggio
da modalità di pensiero teoriche, spesso lontane dalla
vita quotidiana, ad una filosofia più diretta ai problemi concreti dell’esistenza, configurando quella che oggi
viene definita “pratica filosofica”. All’interno di quest’area, in sempre maggiore espansione, un ruolo di rilievo
è svolto dal counseling filosofico, una relazione d’aiuto
che, basandosi sui concetti fondamentali del counseling
in generale, si caratterizza per l’uso della filosofia e del
metodo filosofico. Questo ha rappresentato dalla fine
degli Anni Novanta una piccola rivoluzione nel modo
di intendere la filosofia, che è venuta così ad affiancarsi alla psicologia nell’approccio ai problemi dell’uomo e
dell’ esistenza.
Nello stesso tempo, in ambito medico, la tendenza alla
super-specializzazione e al tecnicismo estremo ha portato alla progressiva perdita del senso profondo e dei
significati dell’agire medico, con una tendenza all’indebolimento del rapporto con il paziente. Ciò ha comportato in tempi recenti la rivalutazione del contributo della
filosofia in medicina, riportando l’immagine del medico
filosofo già presente nell’antichità. La ben nota frase di
Ippocrate “Il medico che si fa filosofo diventa pari a un
dio” (Iatròs philòsophos isòtheos) rende l’idea di questo
miracoloso connubio tra capacità medica e filosofica. La
combinazione tra conoscenze mediche, quindi abilità
diagnostiche e terapeutiche, e filosofiche, quindi saggezza e ampiezza di visione, sarebbe in grado di dare
al medico una competenza più globale, comprendente
sapere scientifico e umanistico, tale da renderlo un più
efficace punto di riferimento nel raggiungimento della
salute del paziente.
Se guardiamo indietro nel tempo, nell’Antichità i rapporti tra filosofia e medicina erano così stretti da rendere
difficile separare le due discipline, poiché l’una si fondava sulle conoscenze dell’altra. Numerosi sono i medicifilosofi esempio nobile di questo intreccio, quali tra i più
noti Ippocrate, Aristotele, Galeno. Lo studio dell’uomo
era infatti inseparabile dall’indagine sulla natura e sull’universo, tanto che per tutta l’antichità l’essere un buon
medico richiedeva anche l’essere filosofo, così come
per il buon filosofo era d’obbligo occuparsi della salute
dell’uomo.
Nonostante questa comune origine, filosofia e medicina
si sono progressivamente separate, divenendo sempre
più l’una scienza dello spirito e l’altra scienza della natura.
La medicina si è resa così sempre più scientifica ed og-
ottobre 12
gettivante, perdendo quello spirito di fondo in grado di
dare senso a se stessa, e allontanandosi dalla possibilità
di mantenere una visione globale dell’essere umano e
della sua malattia. Così come la filosofia si è sempre più
spinta verso teoria ed astrazione, perdendo il contatto
con la realtà e la concretezza dell’esistenza.
Sapere medico e capacità filosofica
Mentre è facile intendere il sapere medico, come conoscenza biologica e organica, più complessa e delicata è
invece la definizione della capacità filosofica. Con questa non intendiamo tanto la conoscenza della filosofia e
dei filosofi, come repertorio di idee e di concetti, bensì
la capacità di vedere le cose in modo più profondo e
darvi un senso, di cogliere i significati e ricercare valori,
di vedere essenze e universalità, tutti questi fattori utili al medico stesso e alla solidità della sua professione,
ma anche e soprattutto al paziente ed al suo supporto
emotivo. Non è quindi tanto una competenza di tipo
psicologico, basata cioè sull’applicazione di modelli interpretativi e strategie di intervento ben strutturate e
definite, bensì è una modalità di approccio e di analisi
dei problemi propria dei metodi adottati dalla filosofia.
Sebbene la psicologia moderna stia assumendo un ruolo rilevante nella professione medica questa forse non
è sufficiente a rafforzare ed integrare la pratica della medicina. Infatti anche la stessa psicologia, sempre
più scientifica, può avere sostegno ed integrazione da
parte della filosofia nell’affrontare questioni di carattere
più “esistenziale” quali il senso della vita, della morte,
della malattia, del dolore. Questo in aggiunta al continuo emergere di problematiche a forte carattere etico e
bioetico quali per esempio le questioni relative alla fecondazione artificiale, l’eutanasia, la gestione dei malati
terminali, le terapie geniche, ecc…
Il metodo filosofico si basa essenzialmente su un particolare tipo di atteggiamento, di modo di porsi
nei confronti di situazioni o problemi, libero da pregiudizi, da condizionamenti socio-culturali o rigidi schematismi teorici che potrebbero limitare la visione delle cose.
Il ruolo del medico
Il medico, pur essendo divenuto sempre più un tecnico della salute, rimane nel vissuto dei pazienti, della
persone e della società, un punto di riferimento imprescindibile. Egli è portatore di un sapere che rappresenta
l’essenza dell’essere umano. Il corpo e la mente sono
strutture biologiche fondamentali della nostra esistenza che, proprio per queste caratteristiche, vengono a
30
Cultura
Persino in un medico
come Christian Barnard,
inventore del trapianto
cardiaco nel 1967
e apparentemente
distante in modo
abissale dalla classicità
greca, l’eredità
filosofico-culturale di
Ippocrate ha lasciato
un segno molto
forte, rintracciabile
per esempio nel
rifiuto militante
dell’“apartheid”.
rappresentare il centro fondamentale su
cui gravita la vita di ogni uomo. Il motto
“quando c’è la salute c’è tutto” esprime
bene il valore attribuito dalla nostra cultura al benessere, che trova nella figura
del medico il riferimento principale. Ora l’importanza a
volte sottovalutata del medico è accentuata dal fatto che
egli non è solo portatore di una conoscenza diagnostica
e terapeutica, in grado di consentire il mantenimento o il
recupero della salute, ma è anche e soprattutto un punto
di riferimento, di appoggio e di sostegno.
Oggi la facilitazione della divulgazione medico-scientifica
fa sì che a volte la figura del medico sia svalorizzata,
essendo esperienza frequente incontrare pazienti con
autodiagnosi e terapie autoprescritte che vengono proposte-imposte al medico stesso, il quale, se non consenziente viene criticato e sostituito.
È quindi necessario tenere conto dell’importanza del
recupero di una immagine professionale totale, che includa non solo capacità tecniche diagnostiche e terapeutiche, ma anche abilità di comunicazione e di gestione
della relazione, capacità di dare fiducia, di indirizzare,
condurre e consigliare pazienti sofferenti. Questo com-
31
prende competenze di tipo psicologico
ma anche di carattere filosofico, come
accade nel counseling filosofico, recuperando
una identità del medico più completa e quindi più forte
ed efficace.
Il campo della Medicina, per la sua complessità e importanza, richiede che sia ben chiaro il senso ed il valore del
suo agire e delle conseguenze che ne derivano, mettendo sempre al centro il bene dell’essere umano nella sua
totalità. Il medico di oggi deve quindi ritornare in grado
di curare il corpo ma anche l’anima, che ne è elemento
inscindibile; deve riuscire a recuperare per il paziente, ma
anche per la società, quel ruolo di saggezza che storicamente gli appartiene; deve poter osservare il proprio
agire tecnico sotto la luce del suo senso e significato profondo; deve quindi sempre di più riuscire ad essere, o
ritornare ad essere, Medico-filosofo.
Lodovico Berra
Medico specialista in psichiatria, psicoterapeuta
Direttore Istituto Superiore di formazione e ricerca in
Filosofia, Psicologia, Psichiatria
ISFiPP Torino
ottobre 12
Cultura
TRANSCULTURALISMO TRA
VERBALE E NON VERBALE
Le differenze di culture rappresentano una sfida per lo studio della psicopatologia e per
l’assistenza clinica in modo particolare nell’attuale contingenza storica in cui si attuano
importanti flussi migratori.
Già Kraepelin, circa un secolo fa, si era accorto che esistevano differenze nelle manifestazioni sindromiche psichiatriche in relazione alle etnie ed alle culture.
I sintomi sono una manifestazione del linguaggio non verbale e la loro comprensione
anche a fini terapeutici ne richiede la traduzione in un contesto narrativo comprensibile
ad operatori sanitari di diversa cultura.
Differenze nel linguaggio non verbale possono dare origine ad equivoci con conseguenze variabili di volta in volta in relazione ai contesti interessati ed alle persone coinvolte.
Ciò non toglie che la conoscenza delle diversità insite non solo nei linguaggi, ma anche
nella comunicazione analogica, richiede oggi più che mai una consapevolezza psicosociale che non sia riservata solo agli esperti.
ketchup
Era appena arrivato a Londra dopo un lungo, estenuante viaggio in treno, partito il giorno prima dal
suo paese natio in Italia. Campagnolo, era sempre stato contadino e, dopo molti anni di dura fatica e
poco guadagno, si era deciso a cercare lavoro, di tentare la fortuna lontano da casa, recandosi all’estero
come avevano già fatto tanti suoi compaesani.
Tarchiato e robusto, la faccia ruvida avvolta da una ispida barba nera, si aggirava per la città cosmopolita, sconosciuta, ammirato e stupito, anche un po’ intimorito.
La sua prima reazione alla nuova avventura fu, come spesso gli capitava in simili circostanze, di sentire
tagliente il morso della fame. D’altro canto non mangiava dal giorno precedente.
Entrò nel primo ristorante che incontrò sulla sua strada, per lo meno un qualcosa con una certa
somiglianza con un suo corrispettivo italiano. D’altronde, la scritta luminosa all’esterno era di facile
traduzione anche per lui che d’inglese non masticava una parola.
Dentro era pieno di gente, ma vi regnava un silenzio che lo sbalordì.
Era abituato alle trattorie del suo paese dove a stento riusciva a sentire che cosa gli urlava nell’orecchio
chi gli sedeva accanto (1).
Un’anziana cameriera lo prese in consegna all’ingresso e lo scortò ad un tavolino d’angolo da cui poteva osservare fuori sul marciapiede tanta gente d’ogni razza e colore.
Ordinò qualcosa dal menu senza capire esattamente che cosa. Infatti arrivò un piatto il cui contenuto
era tutto da decifrare e scoprire. Aveva tutto il tempo, finalmente seduto comodamente, immerso nel
silenzio di quel locale, appena interrotto dal vociare sommesso e dal lieve tintinnio delle posate. Solo
i morsi della fame gli suggerivano di non andare tanto per il sottile ed ingurgitare quell’apparenza di
cibo, di qualunque cosa si trattasse, quale che ne fosse il gusto.
Insieme c’era anche una sorta di bottiglietta rossa dalla forma un po’ strana, tendente al quadrato
piuttosto che al rotondo, insomma, dall’aspetto indefinito che vedeva per la prima volta in vita sua.
Vi era disegnato o fotografato un rubicondo pomodoro maturo, bello tondo. Doveva certamente
contenere salsa di pomodoro, questa era l’unica cosa comprensibile fra quelle poste sul tavolo oltre
forchetta e coltello ed un robusto boccale di birra che era riuscito ad ordinare superando le barriere
linguistiche.
Quella bottiglietta o scatolina, non sapeva come chiamarla, era l’unica cosa certamente commestibile
che si trovava davanti. L’oggetto di per sé, qualunque cosa fosse, non lo era di sicuro. Lo era il suo
contenuto che bisognava spremere fuori, ma non sapeva ancora di avere a che fare con un aggeggio
altamente tecnologico dell’era moderna, di una città all’avanguardia.
Non sapeva nemmeno che aveva un nome speciale. Lo scoprì soltanto voltandolo dall’altra parte dove
troneggiava la scritta: ketchup.
Già aprirne il tappo fu impresa impegnativa, ma il difficile doveva ancora arrivare. Afferrò quella
bottiglina o scatoletta e la tenne sollevata a testa in giù sopra il piatto il cui contenuto restava ancora
da decodificare. Sperava che il sugo di pomodoro avrebbe reso appetitoso qualunque cibo che la sua
ottobre 12
32
fame gli avrebbe fatto
divorare avidamente
senza porsi troppo domande.
Tuttavia, con suo grande sconforto, non uscì nulla. Provò a tenerla
un po’ più in alto: stesso identico risultato.
Iniziò a scuoterla dapprima delicatamente, poi
vigorosamente: nulla.
Si disse che non doveva perdere la calma. La pazienza è la
virtù dei forti e chi la dura la vince. Inoltre, si vergognava un po’
al pensiero che gli altri avventori si accorgessero della sua goffaggine.
Gli venne ad un tratto in mente che, forse, andava spremuta. Provò, prima con dolcezza, poi con decisione: niente di niente.
Mentre accadeva tutto ciò, un signore inglese alto (anche se da seduto non si poteva notare) e smilzo, con sottili baffetti biondi, trovandosi assiso ad un tavolo lì vicino, si
accorse delle difficoltà in cui versava quella persona, indubbiamente straniera, anche se non
ne conosceva la nazionalità.
Poteva essere italiano. Incuriosito, divertito, ritenne, però, suo dovere intervenire per aiutare lo sconosciuto in difficoltà, già un po’ trafelato e scoraggiato, anche se cercava di non darlo a vedere.
Cercò di attirarne l’attenzione. Provò con qualche “ehm. ehm” pronunciati con voce un po’ rauca, quindi,
aggiunse alcuni colpetti di tosse. Non riuscendo nel suo intento, iniziò a fare segnalazioni con la mano,
portando il dito indice davanti al volto, a poca distanza dal proprio naso, agitandolo con gesti lievi,
appena accennati con accompagnamento di strizzatine d’occhi e sorrisetti complici, il tutto abbozzato in
modo accorto, evitando di farsi notare da altri avventori a cui avrebbe dovuto chiedere scusa per il disturbo e l’intrusione, trovandosi pure obbligato a fornire qualche spiegazione, inventando strane scuse.
Finalmente vinto, l’italiano rinunciò nell’impresa, anche se non era sua intenzione arrendersi tanto facilmente. Era in Inghilterra, paese moderno sì, all’avanguardia, ma lui era un italiano! Apparteneva ad un
popolo ricco d’inventiva ed abile nella nobile arte dell’arrangiarsi.
In quel frangente alzò il volto fino a quel momento chino sul piatto, ruotò gli occhi all’intorno per distrarsi un attimo, ragionare, raccogliere le forze residue prima di rinnovare gli sforzi, sicuramente senza nessun
intento di cercare un aiuto che non si aspettava e non voleva.
In quel momento incrociò lo sguardo dell’inglese e dai suoi gesti capì che si stava rivolgendo a lui, proprio
a lui, senza capirne il perché. Si guardò intorno per esserne più sicuro. Sì, era proprio così. Tutti gli altri si
facevano gli affari loro mangiando, bevendo, scambiando qualche parola se seduti allo stesso tavolo in due
o tre, massimo quattro. Felice di avere, infine, catturato la sua attenzione, l’inglese, con mossa rapida, ma
inequivocabile, per risultare comprensibile in stile molto britannico, attento a non farsi scoprire dagli altri
avventori, con un sorriso stampato sotto i baffi, gli insegnò come fare: per tre volte sbattè rapidamente il
palmo della mano destra contro il pugno chiuso della sinistra che, nelle sue intenzioni, rappresentava il
barattolo del ketchup.
Non avendo capito nulla del messaggio ricevuto (d’altronde come poteva riuscirci, poveretto e solo in
terra straniera), allibito, stupefatto, sentendosi umiliato e offeso, l’italiano reagì altrettanto prontamente,
cercando a sua volta di agire di nascosto rispetto ai tavoli vicini senza farsi sorprendere in flagrante, e,
per tutta risposta, con un ghigno incorniciato dalla barba, si esibì nell’italico gesto, ripetuto tre volte in
rapidissima sequenza, del palmo della mano sinistra sbattuto contro il cavo del gomito destro piegato con
il pugno chiuso.
La comunicazione, se mai c’era stata o tale poteva definirsi, inutile dirlo, finì lì.
Appare superfluo precisare che quanto narrato accadeva negli anni in cui, finalmente, dopo secoli di guerre, nasceva l’Unità Europea.
Giuseppe Scarso
(1) Nota del Narratore. Paese che vai, usanza che trovi, con vantaggi e svantaggi. Fra il mangiare bene nel frastuono e male
nel silenzio, si opterebbe, in generale, per mangiare bene nella quiete, il che non esclude il rischio di mangiare male nel
rumore.
Forse non si capisce, ma il narratore pone la domanda: culture diverse, nell’incontrarsi, mescolano il meglio od il peggio di
ciascuna? Entrambi, risponderà il solito ottimista.
33
ottobre 12
La ricerca in Provincia
LA RIABILITAZIONE
NELL’ARTRITE REUMATOIDE
Proposta di un modello operativo per la gestione della “popolazione”
dei pazienti affetti da artrite reumatoide
Questo articolo ci è stato inviato in redazione qualche mese fa da Ugo Viora, coordinatore regionale di
APIMAR (Agenzia PIemontese MAlattie Reumatiche) Onlus. Ringraziamo il medico che, con raro senso
della notizia, ha pensato subito a “Torino Medica” per la diffusione di questo articolo e ci scusiamo con lui
e con gli autori per non aver potuto pubblicare questa proposta operativa prima. Consola noi (e speriamo
possa confortare anche i nostri autori-lettori) il fatto che in redazione arrivino sempre più proposte, inviti,
sollecitazioni, segnalazioni… Purtroppo questa ricchezza che ci lusinga è in netta controtendenza con la riduzione delle pagine dovuta all’aumento vertiginoso delle spese di produzione e di spedizione della rivista:
dal momento che il materiale inviatoci è sempre di grande importanza e qualità l’unico criterio applicabile
rimane quindi quello cronologico.
Pubblichiamo alcuni passaggi del testo del mail inviatoci dal dott. Viora come necessaria introduzione
all’articolo.
Nicola Ferraro
Introduzione
“…come coordinatore regionale APIMAR Onlus, ricevo oggi dalla Fisiatria di Pinerolo*
l’articolo allegato.
Presentato in un convegno organizzato nella cittadina piemontese nell’aprile 2011,
con dati fino al 2009, è stato aggiornato con i dati del 2010 e sarà nuovamente
discusso in occasione del XXX Convegno Annuale ANAP Onlus il prossimo 5 maggio.
Spero possa trovare spazio su Torino Medica come esperienza spontanea della fisiatria
dell’ASL 3.
Per qualsiasi ulteriore approfondimento la referente del progetto è la terapista Sabina
Borraccino - Ospedale di Pinerolo.
Ringrazio per l’attenzione e porgo cordiali saluti.
Ugo Viora”
Premessa
Quando si parla di riabilitazione nell’artrite reumatoide
(AR), si fa riferimento a protocolli che prevedono il risparmio articolare, lo stretching, la mobilizzazione successiva
alla chirurgia di protesizzazione, il confezionamento di
ausili e ortesi di posizionamento per la prevenzione delle
deformità. Questi sono gli interventi che normalmente
si effettuano in un servizio di Riabilitazione ospedaliero
quando giunge in modalità random, magari dopo un
intervento di protesi, qualche paziente affetto da AR.
Per il resto, come messo in evidenza anche nel rapporto del Censis del 2008, esclusi i centri ospedalieri/universitari - distribuiti a macchia di leopardo sul territorio
e per questo spesso lontani e difficili da raggiungere non sembrano esistere presidi locali di riferimento dove
la Reumatologia e la Riabilitazione affrontino insieme la
gestione dei malati di AR.
35
In questa ottica, considerando che l’incidenza percentuale di questa malattia nella popolazione è dello 0,6%, i
progetti riabilitativi individuali si traducono in una realtà
numerica difficilmente amministrabile da centri ospedalieri e servizi ambulatoriali, che non siano quelli specializzati e di riferimento nazionale. Tuttavia, per affrontare
correttamente l’argomento, è indispensabile tenere conto dei problemi in cui versa la maggior parte dei servizi
di fisioterapia, legati alle risorse umane, economiche e
spesso anche agli spazi a disposizione.
La Riabilitazione è un crocevia a cui si arriva da percorsi di
Traumatologia, Neurologia, Oncologia, talvolta aggravati da complicanze psichiatriche, internistico-geriatriche.
Inoltre, sulle liste per cicli di riabilitazione ambulatoriali, che devono restare nei tempi di attesa codificati dalle Regioni, gravano tutte le patologie legate all’artrosi.
Il trattamento per eccellenza è quello individuale, dove
ottobre 12
La ricerca in Provincia
trovano spazio le differenze che caratterizzano il decorso di malattia di ciascun paziente e la relazione nel momento
terapeutico.
Ma quando la domanda sovrasta la possibilità di farsi carico, come si può intervenire?
Questi sono stati i ragionamenti che abbiamo elaborato nel momento in cui dall’ambulatorio di Reumatologia ci è
pervenuta la richiesta di affiancare la Riabilitazione al percorso di cura dei loro pazienti: ecco comparire i numeri. Ci
siamo quindi chieste: “ … ma tra il tutto e il niente, ci sarà una risposta, anche minima, che possa avere un senso e
rappresentare la differenza ?”. La risposta che abbiamo provato ad articolare è un modello operativo che ha permesso al nostro Servizio di gestire i “numeri” e offrire tutto ciò che si poteva, con le risorse di cui disponevamo.
Strutturazione del progetto
L’obiettivo è la gestione della malattia nella quotidianità, conservando il più possibile nel tempo la qualità della vita. I
pazienti a cui è rivolto tale progetto provengono dall’ambulatorio di Reumatologia e riguarda, al momento, pazienti
con diagnosi di AR in trattamento farmacologico con DMARDs** e farmaci biologici in periodico follow-up ambulatoriale. Proprio in un momento in cui l’artrite reumatoide vive, dal punto di vista farmacologico, una fase di grande
svolta, il corretto uso delle articolazioni può ulteriormente contenere la progressione del danno articolare.
Si sono previste quattro sedute di gruppo condotte da due fisioterapiste. Ogni incontro, della durata di 1 ora e 30
minuti, si articola in una parte teorica e in una parte pratica.
La parte teorica comprende: l’accoglienza, la compilazione del questionario HAQ per la valutazione dell’autonomia, la consegna di una breve dispensa con esercizi e
** Il termine “DMARDS” rappresenta l’acronimo di
consigli, l’utilizzo degli ausili, la gestione del dolore e il
“Disease modifying antirheumatic drugs”:
risparmio articolare. In ogni incontro si mantengono de“Farmaci antireumatici che modificano la malattia”.
gli spazi per il confronto sull’esperienza del gruppo preCon questa sigla si identificano più classi di farmaci
cedente e la ricaduta nel quotidiano: “… si riesce tutti
associate dal comune utilizzo nel trattamento delle
i giorni a ricavare un momento per la cura delle proprie
patologie reumatiche che agiscono sui meccanismi
articolazioni ? … quali sono le difficoltà ? … commenti su
patogenetici delle malattie infiammatorie con lo
costi e benefici ... rinforzo dei concetti di base”.
scopo di rallentare o, di interrompere la progressioLa parte pratica è strutturata in: esercizi di mobilizzazione della malattia, quando possibile. Sono definiti
ne e auto-mobilizzazione che possono variare a seconda
“farmaci di fondo” perché, a differenza degli
dell’età e delle condizioni cliniche dei pazienti, stretching
analgesici e degli antinfiammatori non steroidei,
e rilassamento guidato con supporto audio.
non sono sintomatici ma agiscono soprattutto sui
Si prevede un incontro per il follow-up, possibilmente a sei
meccanismi immunitari che sono alla base delle
mesi, con nuova valutazione HAQ, revisione della corretta
malattie infiammatorie croniche
esecuzione degli esercizi, scambi e rimandi sull’esperienza
individuale.
Risultati
Da gennaio a giugno 2009
sono stati considerati 161
pazienti, suddivisi in fasce
di età.
Hanno aderito ai gruppi in
56 (34%)
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36
La ricerca in Provincia
A distanza di sei mesi tutti i pazienti che avevano preso
parte ai gruppi sono stati ricontattati per il follow up e
rivalutati col test HAQ. Sono tornati in 24.
Nel 2009 è stata presa in considerazione una prima lista
fornita dalla Reumatologia. Dal 2010 invece siamo entrati a regime contattando tutti i pazienti che avevano
effettuato la prima visita durante l’anno in corso. La precocità è un concetto importante che non riguarda solo
la diagnosi e la terapia farmacologica ma comprende
anche l’obiettivo della riabilitazione: il risparmio articolare e la prevenzione.
I DATI RACCOLTI SONO I SEGUENTI:
Attività gruppi A.R. anno 2010
Totale pazienti contattati
58
Rifiutano31
Accettano27
Tornano al follow-up
14
Attività gruppi A.R. anno 2011
Totale pazienti contattati
45
Rifiutano24
Accettano21
Tornano al follow-up
11
Conclusioni
Volevamo capire quanto il nostro progetto sarebbe stato
colto come un’occasione dai pazienti affetti da AR. Nel
2009 la percentuale complessiva delle adesioni è stata
inferiore alle nostre aspettative. Inoltre ritenevamo che
questa proposta sarebbe stata accolta con entusiasmo
dalle persone più giovani e con una diagnosi precoce
di malattia.
Con sorpresa, proprio in quella fascia di età si è verificata la percentuale di rinuncia più significativa, riconducibile a problemi di lavoro. Inaspettatamente, invece, le
persone in età compresa tra i 60 e i 70 anni sono state
quelle che maggiormente hanno gradito la proposta e
aderito al progetto, in quanto già pensionati e desiderosi di sentirsi ancora attivi. Abbiamo ritenuto rilevanti
ai fini della raccolta dei dati statistici i 161 pazienti che
rappresentano la somma tra i 105 che hanno declinato
la proposta e i 56 che hanno invece accettato. La percentuale di adesione è quindi calcolabile nella misura
del 34% . Rispetto al follow-up, invece, ci aspettavamo
il “calo fisiologico” e infatti dei 56 pazienti che avevano
preso parte ai gruppi, sono tornati in 24 (43%) di cui,
come da valutazione HAQ, 5 peggiorati e 19 sostanzialmente stabili o addirittura migliorati.
Nel 2010 e nel 2011 invece è aumentata la percentuale di pazienti che hanno aderito alla proposta: circa il
47% dei pazienti contattati ha accettato di partecipare
ai gruppi. In entrambi gli anni le presenze al follow-up
si confermano al 50% circa diminuendo sensibilmente
anche il calo previsto.
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38
La ricerca in Provincia
Tutti coloro che hanno preso parte ai gruppi hanno manifestato un alto indice di gradimento. La maggior parte ha
dichiarato di eseguire gli esercizi a casa con regolarità e di trarne un soggettivo beneficio. In tutti i gruppi abbiamo
riscontrato tra i pazienti un forte bisogno di condivisione che ha contribuito a creare un clima di collaborazione e
scambio.
I pazienti che hanno partecipato al follow up eseguivano gli esercizi accuratamente e da questo si evinceva che, nel
periodo intercorso tra l’addestramento ed il follow-up, avevano interiorizzato gli obiettivi ed eseguito con costanza
gli esercizi, mantenendo l’escursione articolare e un buon livello di autonomia residua (come da valutazione HAQ).
Riportavano inoltre il dato “assolutamente soggettivo” di sentirsi meglio.
Per la realizzazione di questo progetto è stato necessario trovare il linguaggio e le strategie che consentissero all’ambulatorio di Reumatologia e a quello di Riabilitazione di operare insieme e superare le numerose difficoltà legate alla
fase organizzativa del lavoro. Attualmente pensiamo che la migliore strutturazione del progetto si sia tradotta nel
2010 e nel 2011 nell’aumento delle adesioni ai gruppi nella riduzione della percentuale di abbandono al follow-up.
Nel rapporto del Censis riecheggia la richiesta di potenziamento dei Centri di Reumatologia (38,1%) e dei Servizi di
Riabilitazione (37,5%). Questo progetto vuole essere un tentativo di risposta e un’occasione di confronto e scambio
di esperienze con altri Servizi dislocati sul territorio che abbiano, eventualmente, messo a regime altri modelli di gestione.
*A.S.L. TO3 S.C. Recupero e Riabilitazione Funzionale
Direttore: dott. Rodolfo Odoni
Area Pinerolo – Orbassano Ospedale “E. Agnelli”
Fisioterapiste: Sabina Borraccino, Maria Grazia Canone, Cinzia Comba,
Paola Gastaut, Silvia Revel
39
ottobre 12
La ricerca in Provincia
L’USO DEGLI INIBITORI DELLA POMPA
PROTONICA A TORINO
I risultati di uno studio all’Ospedale Mauriziano
Nel marzo del 2011, sulle pagine di Torino Medica avevamo illustrato gli scopi di uno studio di tipo “epidemiologico” mirante a fare luce sulle modalità di prescrizione,
uso e appropriatezza della terapia di una classe di farmaci ritenuta per lo più sicura e priva di significativi effetti
collaterali, gli Inibitori della Pompa Protonica (IPP). Per i
dettagli e le premesse in esteso dello studio rimandiamo
a tale articolo (1). Allora avevamo accennato che, in realtà, tali farmaci non sono completamenti esenti da effetti
collaterali, anzi vengono segnalati sempre più interferenze e danni di vario tipo, intestinale (SIBO, Small Intestinal
Bacterial Overgrowth), cardiologico e osseo (2,3).
Oggi abbiamo i risultati dello studio, effettuato su 1.056
pazienti (620 F, 436 M, età media 70 ± 19), che si sono
avvicendati negli ambulatori dell’Ospedale torinese tra il
gennaio e l’aprile del 2011, la maggior parte dei quali
proveniente da ambulatori dell’area medica (83%) ed
una parte minore (17%) proveniente dall’area chirurgica. Di tutti, grazie alla collaborazione di pressocchè tutte
le specialità dell’Ospedale Mauriziano, è stata raccolta
un’anamnesi meticolosa computerizzata, che prevedeva la precisazione di tutti i farmaci assunti negli ultimi
due anni, con accuratezza di dosaggio, modalità di prescrizione e di assunzione. Venivano pure considerate le
procedure diagnostiche effettuate, i sintomi, le co-morbidità e la diagnosi gastroenterologica finale.
Da questo studio è emerso che il 45% dei soggetti studiati (478/1056) facevano uso di Inibitori della pompa
protonica e tra questi circa l’80% assumeva questa terapia per lungo tempo (> 6 mesi/2 anni). I Pazienti appartenevano a tutte le classi di età dai 20 agli 80 anni, ma
con un aumento significativo nella fascia di età compresa tra i 60 e 80 anni di età. Questo era particolarmente
evidente nei soggetti in trattamento a lungo termine,
senza differenza significativa tra uomini e donne.
VALUTAZIONE NEI PAZIENTI CHE ASSUMEVANO IPP
PER LUNGO TEMPO
Farmaci , dosi e modalità
Il Lansoprazolo risultava assunto dal 35 % dei pazienti,
l’Esomeprazolo dal 30 %, l’Omeprazolo dal 20%, il Pantoprazolo dal 10 e il Rabeprazolo dal 5% dei soggetti.
Il dosaggio era “pieno” in modo continuativo nel 45%
dei soggetti , “pieno e successivamente di mantenimento” nel 35% e “persistentemente dimezzato” nel 20%,
per un periodo di tempo mediano rispettivamente di
6,5±1 anni, 4±0,5 anni e 4,5±2,5 anni.
La modalità di trattamento più adottata era quella con-
ottobre 12
tinuativa, senza interruzioni, o con brevi periodi di interruzioni (60%), mentre il pattern stagionale rendeva
conto del 25% e quello à la démande del 15%.
Prescrizione
La prescrizione degli IPP era eseguita per iniziativa diretta del Medico di Famiglia nel 37%, era consigliata
da uno Specialista Gastroenterologo nel 35% e da uno
Specialista non-Gastroenterologo nel 25%. Degno di
nota che nel 3% dei casi l’IPP veniva assunto come automedicazione, con acquisto tipo OCT.
Procedure diagnostiche
Di tutti i pazienti in terapia “long-term” solo il 40% dei
soggetti era stato valutato con esofagogastroduodenoscopia prima o durante il trattamento, il 2% aveva
eseguito una pH-metria 24 ore, l’1% una manometria
esofagea e l’1% una radiografia del tratto digestivo superiore. Ne risulta che il 56% dei soggetti almeno
assumeva IPP senza essere stato sottoposto ad
esame diagnostico oggettivo.
Diagnosi gastroenterologica
La diagnosi di Malattia da Reflusso GastroEsofageo
(MRGE) è stata posta nel 33%, quella di dispepsia funzionale nel 15%, di gastrite H. pylori –correlata nel
10%, di gastrite H. pylori negativa nell’8%, di ulcera
peptica nel 5%, di cancro gastrico nell’1%. È degno di
nota che nel 7% dei casi la diagnosi di gastrite non era
ulteriormente precisata e nel 4% la gastrite risultava
di tipo atrofico.
H. pylori
Un test per la ricerca dell’ infezione da H. pylori (sierologico o istologico o fecale con HpSa o mediante breath
test ) era stato eseguito nel 45% dei soggetti in trattamento long-term con IPP.
Farmaci associati
Gli antinfiammatori (FANS) venivano assunti dal 24%
dei soggetti, più frequentemente dalle donne, in modo
statisticamente significativo. L’aspirina era assunta dal
12%, la warfarina dal 5%, la ticlopidina dal 5%, il clopidogrel dal 2% e farmaci citostatici dal 6%. Un consistente 63% dei soggetti era sottopostoa multiterapia,
principalmente per problematiche cardiovascolari, aterosclerosi, ipertensione arteriosa, diabete mellito e tireopatie.
40
La ricerca in Provincia
CONCLUSIONI E DISCUSSIONE
Questo studio dimostra che una notevole proporzione della popolazione
afferente all’ospedale per consulto
medico o chirurgico assumeva IPP
(quasi il 50%), e che la maggior parte
di essa assumeva tali farmaci con modalità “long-term” (79%).
Benché l’età più frequente dei soggetti fosse quella tra 60 e 80 anni,
una parte non trascurabile era compresa tra 30 e 50 anni. In una percentuale del primo gruppo di soggetti
l’assunzione risultava giustificata da
motivi generici, a volte fumosi, di protezione gastrica (54%); ma spesso, almeno nel 56% dei casi, senza un vera
motivazione obiettivata e, non raramente, senza vera consapevolezza da
parte del paziente: è risultato infatti
frequente che il paziente, nell’elencare i farmaci assunti, non si ricordasse
nemmeno di assumere gli IPP, e solo
dopo specifica domanda rispondeva “sì, ma questo
è solo per proteggere lo stomaco”. Il problema della
appropriatezza terapeutica è ancora più discusso e
discutibile per la fascia di età compresa tra 30 e 50
anni, per la natura benigna della patologia gastrica.
I pazienti giovani (<45 anni) infatti erano una minoranza , ma un considerevole numero in termini assoluti, per i quali l’assunzione a lungo termine di IPP
può essere una spesa inappropriatamente costosa.
In questo caso può essere di aiuto diagnostico un
semplice esame del sangue, il Gastropanel, eseguibile presso il Laboratorio Analisi dell’Ospedale Mauriziano di Torino, che valuta la funzionalità gastrica
e lo status H. pylori .
Tutti i tipi di IPP risultavano coinvolti, ma quelli più
usati erano il lansoprazolo e l’omeprazolo, a pieno
dosaggio (nel 45% dei casi) per un periodo mediano di 6,5 anni.
La prescrizione veniva fatta principalmente dal
Medico di Famiglia (37%) e dal Gastroenterologo
(35%). L’automedicazione long-term è stata registrata nel 3% dei casi, che benché sia limitato in
termini percentuali, in numeri assoluti rappresenta
una quantità non trascurabile di soggetti e desta
preoccupazioni sull’appropriatezza della terapia
OCT. La maggioranza dei pazienti in trattamento
long-term mancavano di una diagnosi endoscopica,
mentre solo una minima percentuale dei pazienti
era stata sottoposta a una pH-metria 24 ore (2%)
o a una manometria esofagea (1%) per sostanziare
la diagnosi di MRGE. Benché la diagnosi di MRGE
possa essere eseguita anche solo su base clinica da
Medici esperti, è da ricordare comunque che il goldstandard per tale condizione rimane la pH-metria
41
MESSAGGI CHIAVE
1) Una notevole percentuale di soggetti usa gli IPP, in
modo non appropriato, spesso senza la consapevolezza
del trattamento, ritenendoli solo una protezione
gastrica. In realtà bisogna porre la giusta attenzione ai
possibili effetti collaterali, primo fra tutti la SIBO.
La fascia di età maggiormente incriminata, e cui
bisogna porre massima attenzione, è quella compresa
tra 60 e 80 anni, ma anche le altre fasce
non sono esenti..
2) Occorre che il Medico pratico interroghi
specificamente il paziente sull’uso degli IPP, verificando
da quanti mesi o anni li assume, per non sottovalutare
e procrastinare un’abitudine terapeutica
spesso non giustificata.
3) è necessario che il Medico verifichi l’esistenza delle
indicazioni corrette a tale trattamento nel singolo
paziente, ricordando che la diagnosi di dispepsia NON
giustifica, per sé, un trattamento long-term con IPP.
Può essere utile in questo caso, specie nei soggetti
giovani, il ricorso diagnostico al Gastropanel, che può
precisare l’atteggiamento funzionale dello stomaco e lo
status H. pylori, nei soggetti vergini
da trattamento eradicante.
4) La ricerca dell’infezione gastrica da H. pylori va
effettuata con più frequenza in questa categoria di
pazienti, ricordando che deve essere fatta dopo almeno
1 mese di sospensione del trattamento con IPP (UBT,
HpSa). In caso di non possibilità di sospensione degli
IPP, si possono ricercare gli anticorpi anti- H. pylori.,
con metodo sierologico.
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La ricerca in Provincia
esofagea 24 ore. Recentemente si è osservato un incremento pletorico dell’ uso della diagnosi di MRGE, spesso
non giustificabile, per sintomi extra-esofagei , come tosse e/o irritazione delle corde vocali, pur verificata per via
endoscopica da esperti Otorinolaringoiatri.
La valutazione dell’infezione gastrica da H. pylori è stata
eseguita probabilmente meno frequentemente del dovuto, essendo stata registrata solo nel 45% dei soggetti..
La mia personale convinzione è che la condotta clinica
basata sul “test and treat”può ridurre l’inappropriatezza
della terapia long-term con IPP.
Concludendo, pensiamo che con semplici accorgimenti di tipo anamnestico e diagnostico si può migliorare
la qualità della prestazione medica, riducendo la spesa
sociale e aumentando la soddisfazione del paziente, che
non di rado, si vede sollevato dalla schiavitù pluriennale
dell’assunzione di farmaci non necessari e potenzialmente dannosi
BIBLIOGRAFIA
1. Lombardo L. Terapia con Inibitori della
pompa protonica. Torino Medica 2011;
3:32-36.
2. Kwok C, Loke YK: eta-analyis: the effects
of proton pump inhibitors on cardiovascular events and mortalità in patients receiving clopidogrel. Aliment Pharmacol Ther
2010; 31:810-23.
3. Lombardo L, Monica F, Ruggia O, ChiecchioA. Increased incidence of small intestinal bacterial overgrowth during proton
pump inhibitor therapy. Clinical Gastroenterology & Hepatology 2010;8:504-8
Lucio Lombardo
ottobre 12
42
Le nostre radici
la mia suora
Dal 1969 al 1976 la caposala del reparto assegnatomi fu
Suor Adele; la conoscevo già bene perché, prima di venire
da me, era stata la responsabile del blocco operatorio dove
prestavo servizio. Suor Adele era nata nel 1914 in un paese vicino al fiume Adda, tra Bergamo e Lodi: prese i voti a
21 anni e fu destinata all’ospedale San Giovanni Vecchio di
Torino. Nella primavera del 1937 fu mandata a far le pulizie alle Molinette, da poco inaugurate, per aprire i reparti e
trasferirvi i malati. Dalle Molinette non si mosse più fino al
maggio 1976, quando a 62 anni fu mandata in pensione e
lasciò il mio reparto. Era ancora in buona salute, ogni tanto
veniva a trovarci e mi diceva che si sentiva inutile senza essere più vicina ai malati. Fu messa a San Salvario, dove per un
po’ di anni poté ancora aiutare i senzatetto che venivano a
cercare un piatto di minestra o un giaciglio per la notte. Finì i
suoi giorni oltre i 90 anni a Intra sul Lago Maggiore da dove
vedeva, al di là dell’acqua, la terra lombarda che le ricordava
la sua infanzia.
IL CULTO DELLA MODESTIA
Era una donna che parlava poco e non la sentii mai alzare
la voce; quando un giovane medico o un infermiere non
eseguiva il lavoro come voleva lei, diceva piano:”posso
fare io?” e risolveva il problema. Se le inservienti erano lente a lavare i pavimenti, prendeva anche lei uno
scopettone e si metteva a sfregare a ritmo sostenuto,
dando il buon esempio. La sentii brontolare soltanto una
volta, quando molti pazienti affetti da Miastenia gravis
ci arrivavano da fuori Piemonte; io ero stato in America
a imparare la timectomia per la cura dei miastenici e la
notizia si era sparsa tra i neurologi italiani. Suor Adele
mi disse: “Dobbiamo prenderli tutti noi questi malati così
complicati?”, ma subito dopo sorrise e aggiunse: “…Se
vengono qui è perché siamo bravi”.
EMERGENZA
Di lei ricordo due episodi che mi fecero comprendere il
suo valore nelle situazioni di emergenza.
Il bambino
Ci arrivò un bambino di due anni con una cisti polmonare da operare; in quei tempi non si eseguivano operazioni sul torace all’ospedale infantile e dovevamo pensarci
noi. Suor Adele scovò un lettino con le sbarre in un solaio, si procurò pannolini e ciripà e una vaschetta per fargli
il bagno. La madre lo aveva lasciato a noi, dicendo che a
casa ne aveva un altro di due mesi che stava allattando e
43
diede alla suora un numero di telefono ove chiamarla in
caso di necessità. Suor Adele sistemò il bambino in una
camera a tre letti in mezzo a due donne di mezza età
ancora da operare, che ebbero il compito di accudirlo e
di farlo mangiare. Il bimbo fu operato e si riprese rapidamente, ma quando decisi che poteva essere dimesso, il
numero di telefono lasciato dalla madre risultò sbagliato.
La suora si scatenò con i Carabinieri e la Polizia, dicendomi: “È carino e simpatico, ma non possiamo tenercelo
qui per sempre!”. Finalmente i Carabinieri trovarono i
genitori che vennero a riprenderselo, mentre suor Adele
piangeva.
La ragazza.
Un mattino, all’inizio degli anni ’70 mi telefonò un funzionario della Polizia Ferroviaria di Porta Nuova: era arrivato un treno dal Sud; erano scesi tutti i viaggiatori meno
una ragazza sola, che non stava in piedi e aveva puntato
sul cappotto un biglietto con su scritto il mio nome e
come indirizzo “ospedale Mulinetto”. La Polizia Ferroviaria riuscì a trovarmi tramite il centralino dell’ospedale,
la caricò su una macchina e me la portò in reparto. La
malata aveva vent’anni, si chiamava Teresina ed aveva un
empiema pleurico drenato da un tubetto dal quale usciva
pus fetido. Abitava in un paesino in casa della sorella che
aveva bambini e il medico condotto, temendo che l’infezione rappresentasse un pericolo per i minori, consigliò al
sindaco del paese di inviarla alla Chirurgia Toracica delle
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Le nostre radici
Molinette, perché un suo amico chirurgo che mi conosceva gli aveva fatto il mio nome.
Teresina era pallida, magrissima e con la febbre; aveva
soltanto uno scialle nero e un sacchetto di fazzoletti,
perché era squassata da una tosse orrenda con escreato
purulento e si esprimeva in un dialetto stretto, comprensibile con difficoltà.
Suor Adele affrontò la situazione con disinvoltura: con i
soldi che i pazienti le offrivano per i fiori alla Madonna,
andò allo Standa e comprò biancheria, pigiama, vestaglia e pantofole, dicendo che la Madonna poteva stare
un po’ senza fiori, mentre la ragazza doveva pur cambiarsi. Dovemmo fare tre operazioni: un nuovo drenaggio dell’empiema, toracoplastica e decorticazione, la
prima subito e le atre due a venti giorni l’una dall’altra.
Un medico scoprì che era analfabeta e le portò un sillabario e tutti i giorni qualcuno le insegnava qualcosa.
Inoltre alcune ricoverate al momento della dimissione
le regalarono capi di vestiario, calze,golfini, gonne e un
profumo. Le regalarono anche un braccialetto e una
collana e una paziente che era parrucchiera, stimolata
dalla suora, le tagliò i capelli e le fece la piega: lei si
rimirò nello specchio, estasiata.
Dopo due mesi era ingrassata di sei chili, sapeva leggere, soprattutto non aveva più drenaggi né tosse. Quando le dissi che ormai era guarita e poteva tornarsene a
casa, si mise a piangere come una fontana, poi mi disse
che non aveva i soldi per il biglietto del treno. In corsia
era ricoverato un colonnello in pensione che, con un
bel cipiglio militaresco, si fece promotore di una colletta
alla quale aderirono tutti, malati, personale e studenti e
si raccolse in breve una somma ben superiore al prezzo
del biglietto.
Fu così che Teresina partì con tre valigie di vestiario, un
sillabario e un po’ di soldi; volle baciare tutti e abbracciò
stretta suor Adele. Me la vedo ancora con una testa
di riccioli neri, un bellissimo sorriso e gli occhi pieni di
lacrime.
LA PENSIONE
Quando smise di lavorare, suor Adele mi disse soltanto:
da domani mi mandano in pensione e verrà una caposala nuova, ma mi mancherete tutti e non vi dimenticherò.
Anch’io non l’ho dimenticata.
Giuliano Maggi
44
Dai congressi
TUMORE ALLA MAMMELLA
Approccio interdisciplinare e novità diagnostiche
Sempre più in medicina, terapie e interventi per singoli casi
sono il risultato del lavoro in equipe di vari specialisti. In
Piemonte, l’approccio interdisciplinare è ora una realtà
anche nella diagnosi e cura del tumore alla mammella.
Se ne è parlato recentemente nel corso della tavola
rotonda intitolata “La donna con tumore al seno:
assistenza a 360 gradi” dei “Martedì Salute”, fortemente voluto dagli organizzatori del ciclo di conferenze, l’Associazione Educazione, Prevenzione e Salute, e
dalla Ra.vi. associazione torinese di donne colpite da
cancro al seno.
Stimolate dalle domande del giornalista Nicola Ferraro,
caporedattore dei media dell’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino, le
specialiste operanti presso la Breast Unit (Unità Interdipartimentale di Senologia dell’Ospedale San Giovanni Battista
di Torino), hanno animato la mattinata con interventi molto
interessanti per il pubblico presente e per i colleghi.
La premessa evidenziata da tutte le relatrici è l’importanza della diagnosi precoce. Quindi la necessità di sottoporsi
regolarmente ad esami diagnostici.
“Un timore diffuso riguarda l’eventuale pericolosità della mammografia – ha affermato Giovanna Mariscotti, Dirigente medico I livello del Servizio di Diagnostica Senologica- ma
i mammografi di ultima generazione permettono
un’eccellente capacità diagnostica con tempi
di esposizione più brevi e dosi molto più
basse di radiazioni”. Oggi esiste anche
la tomosintesi, esame tridimensionale
della mammella che permette di separare i vari strati della ghiandola, di estrapolarli ed evidenziarli:
abbiamo eseguito circa 6.000
esami e posso affermare che
l’accuratezza è assai elevata”.
La prevenzione passa anche attraverso corretti stili
di vita, primo fra tutti l’alimentazione. “Numerosi
e validi studi internazionali – ha spiegato Etta
Finocchiaro, specialista in
Scienze dell’alimentazione, Divisione Dietetica e
Nutrizione Clinica - non
lasciano dubbi: più tessuto adiposo (soprattutto a livello addominale)
è presente, maggiore è la
possibilità di sviluppare que-
45
ottobre 12
Dai congressi
sto tipo di tumore. La dieta consigliata raccomanda il
consumo costante di frutta, verdura e cereali integrali;
mentre si invita a ridurre i dolci, gli zuccheri a rapido
assorbimento, l’alcol, i cibi preconfezionati contenenti
grassi idrogenati o oli vegetali in grandi quantità perché
molto meno cari dell’olio di oliva che, in quantità opportune, è un alimento molto importante. “Rispetto alla
carne – ha continuato la dottoressa Finocchiaro quella ‘bianca’, spesso consigliata nelle diete, proviene da allevamenti che fanno largo uso di estrogeni; quindi sarebbe meglio eliminarla. La carne
più sana è quella di maiale: l’animale difficilmente
si ammala, di conseguenza, non viene imbottito
di farmaci, e soprattutto (cosa che pochi sanno) il
suo grasso contiene Omega 3 e Omega 6, elementi
preziosi per il nostro benessere fisico. Inoltre, non
basta l’attenzione all’alimentazione, ma è fondamentale aumentare l’attività fisica”.
Un deciso verdetto è stato espresso sui fitormoni. “Gli
isoflavonoidi di soia non servono. Possono essere utili
ad alleviare i fastidi della menopausa. Non fanno male,
ma non esiste evidenza scientifica che ci proteggano dal
tumore”. E, ha aggiunto la professoressa Anna Sapino,
ordinaria di Anatomia Patologica all’Università di Torino:
“Dopo uno studio condotto su 1.600.000 sottoposte
a terapia ormonale sostituiva (non a base di fitormoni)
per alleviare i sintomi della menopausa si è rilevato che
esiste un legame tra questi farmaci e l’insorgenza di tumori alla mammella, seppur non molto aggressivi. Molto dipende dalla durata della cura, tuttavia il risultato ha
portato ad una netta riduzione di queste terapie”.
L’approccio psicologico alla malattia
Particolare importanza è accordata all’approccio psicologico alla malattia, con un’interessante premessa di
Antonella Varetto, Dirigente Psicologo SCDU Psiconcologia, che ha ersordito affrontando l’annosa questione
del legame tra stress e tumore: “Possiamo dire che è
un cofattore, ma non affermerò mai che lo stress porta all’insorgenza di un tumore. Non solo non ci credo
ma non esistono evidenze scientifiche a supporto di tale
tesi”. Tuttavia, “Paura e dolore sono compagni della
donna che affronta un cancro. Quindi noi dobbiamo intervenire accompagnandola nell’iter della malattia. Nel
tumore, quasi mai si vede la ferita interna e proprio per
questo è utile la presenza dello psicologo”.
ottobre 12
Oggi, i malati di tumore trovano un efficace aiuto anche
nella riabilitazione. “Fino a qualche decennio fa, riabilitare un paziente oncologico era impensabile. – ha affermato Maria Pia Schieroni, Direttore del Dipartimento Riabilitativo - Il tumore alla mammella è stato il primo ad
essere preso in considerazione nella riabilitazione che,
oggi si attiva come un intervento integrato nella terapia.
Il nostro lavoro si concentra sull’attività fisica, importantissima perché riduce la fatica (sintomo caratteristico
della malattia oncologica), migliora le perfomance fisiche e cardiovascolari, attenua i disturbi psichici come
ansia e depressione, giova alla qualità del sonno e riduce
l’osteoporosi”.
Infine, una notizia che offre una sicurezza in più ai
malati. Ne ha parlato Anna Sapino: “Seguendo le indicazioni dell’Unione Europea, entro il 2016 i tumori
alla mammella dovranno essere curati esclusivamente
all’interno di Unità di Senologia (brest unite) certificate.
I medici che vi lavoreranno dovranno essere ‘certificati’
seguendo parametri specifici, come la reale esperienza
nel settore connotata anche dal numero di casi seguiti
annualmente (non meno di 150). Nella selezione saranno coinvolte le associazioni delle donne operate al seno.
A questo scopo, il Governo italiano ha istituito temporaneamente un comitato tecnico costituito dai rappresentanti di tutte le società dei professionisti che operano
nella diagnosi e cura (dal radiologo, al chirurgo, all’oncologo)”.
E sempre più importante per la diagnosi e la cura del tumore sarà il medico di base, primo interlocutore del paziente. Come ha ricordato Nicola Ferraro, deve sempre
più affermarsi “la parola come atto terapeutico… La
Medicina, con la “M” maiuscola, esiste soltanto
quando s’instaura il rapporto tra medico e paziente… È importante poi sottolineare come la figura
del medico di base stia cambiando: nel prossimo
futuro sarà sempre più lui il personaggio chiave
della tutela della salute in quanto accompagnerà
e guiderà il paziente nei meandri delle possibilità
operative sempre più complesse che caratterizzeranno la sanità. Egli ci tutelerà anche dall’accanimento diagnostico-terapeutico, ci accompagnerà
nel percorso di guarigione e sarà sempre disposto
ad ascoltarci quando sentiremo il pressante bisogno di parlare per capire e trovare un sostegno”.
Alessandra Scagliola
46
Dai congressi
NECESSARIO PROMUOVERE LA CULTURA
DELLA VACCINAZIONE
“Le coperture vaccinali, nel nostro paese, sono in calo. Noi pediatri avvertiamo tutta la responsabilità di contribuire a
sensibilizzare le persone verso l’importanza della prevenzione vaccinale, non solo tra i bambini ma anche tra adolescenti ed adulti, in virtù del rischio concreto del dilagare anche di malattie che si credevano debellate.”
Così, il prof. Gianni Bona, direttore del Dipartimento per la Salute della Donna e del Bambino presso l’Azienda ospedaliero-universitaria Maggiore della Carità di Novara e Ordinario di Pediatria dell’Università del Piemonte Orientale, a
margine del congresso “Dall’obbligo all’adesione consapevole: le vaccinazioni tra obiettivi di copertura e responsabilità dell’informazione” tenutosi a Torino il 22 settembre scorso.
“È necessario – insiste il professor Bona – che i medici si facciano parte attiva nella diffusione della copertura vaccinale, guidando la popolazione a comprendere l’importanza della vaccinazione per quelle
patologie di cui si tende a sottovalutare la gravità. Anche una banale
influenza – insiste il professore - può avere conseguenze gravi in caso
di patologie preesistenti. In tal senso è fondamentale contrastare
l’informazione scorretta e, talvolta, addirittura terroristica, che viene
divulgata rispetto ai vaccini che invece restano il principale, più sicuro ed efficace strumento di prevenzione per patologie che possono
avere conseguenze anche gravi, quale ad esempio il Papilloma Virus,
responsabile del tumore del collo dell’utero.”
NicFer
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ottobre 12
I servizi dell’Ordine
SUL WEB LE OFFERTE E LE RICHIESTE DI LAVORO!
Le rubriche dei medici disponibili alle sostituzioni in Medicina Generale e delle offerte/richieste di lavoro o di collaborazione professionale, che trovavate prima dei programmi dei convegni, sono scaricabili ora dal sito Internet
dell’Ordine all’indirizzo www.omceo.to.it > Area Servizi > Occasioni di lavoro.
Gli spazi Internet dell’Ordine hanno conosciuto nell’ultimo anno un vero boom di accessi; questo dato lusinghiero
ci permette realmente di diversificare sempre meglio questo mezzo di comunicazione dalla rivista Torino Medica
rendendolo, ad esempio uno strumento più agevole, tempestivo ed efficace nella comunicazione dell’attualità
e nella pubblicazione delle rubriche di servizio. Nell’imminente futuro ci saranno sicuramente altre novità che
comunicheremo tempestivamente.
La Redazione di Torino Medica (RTM)
COMUNICAZIONE DI CAMBIO INDIRIZZO
avviso
SI CHIARISCE AGLI ISCRITTI CHE LA PROCEDURA CORRETTA PER LA SEGNALAZIONE ALL’ORDINE DI UN CAMBIO DI
RESIDENZA O DI INDIRIZZO PREVEDE OBBLIGATORIAMENTE LA COMPILAZIONE DELL’APPOSITO MODULO SCARICABILE ALL’INDIRIZZO: www.omeco.to.it à Area Servizi à Segreteria à Modulistica à Modulo variazione indirizzo
QUESTO MODULO DEVE ESSERE INVIATO VIA MAIL ALL’INDIRIZZO [email protected]
O INVIATO TRAMITE FAX AL NUMERO 011505323
INOLTRE SI PREGANO GLI ISCRITTI DI SEGNALARE ALLA SEGRETERIA AMMINISTRATIVA EVENTUALI DISGUIDI DI SPEDIZIONE DELLA RIVISTA “TORINO MEDICA”
La redazione di Torino Medica (RTM)
LA FEDER.S.P.EV PER GLI ISCRITTI ALL’OMCeO DI TORINO
La “Federazione Sanitari Pensionati e Vedove” si occupa della risoluzione dei problemi economico-sociali dei medici,
farmacisti, veterinari che godono di una pensione e dei loro famigliari.
Per maggiori informazioni o per accedere ai servizi dell’Ente, si può telefonare alla signora Teresa Gariglio,
333/8440475, Presidente provinciale dell’Ente, o al dott. Giorgio Cappitelli, 348/6703250, Presidente regionale.
La Redazione di Torino Medica (RTM)
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I servizi dell’Ordine
PROSSIME SEDUTE DELL’ACCADEMIA DI MEDICINA DI TORINO
Venerdì 9 Novembre 2012
Ore 17.30
SEDUTA INAUGURALE ANNO ACCADEMICO 2012– 2013
“Una filosofia per la medicina”
Relatore: Ivan CAVICCHI
Presentato dal Socio: Alberto ANGELI
Venerdì 23 Novembre
Ore 21
“I disturbi dell’identità di genere: quale terapia?”
Relatori: Dario FONTANA , Filippo BOGETTO, Ezio GHIGO
Mercoledì 5 Dicembre
ore 17
SEDUTA CONGIUNTA CON ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO E ACCADEMIA DI AGRICOLTURA
“ALCOOL E ALCOOL DIPENDENZA”
“Giovani, alcool e altre dipendenze”
Relatore: Alessandro CAVALLI (Padova)
“Alcool: patologia e vulnerabilità di genere”
Relatore: Vittorio GALLO
“Non c’è solo alcool nel vino: considerazioni sulla composizione dei vini e sulla loro diversità”
Relatore: Vincenzo GERBI
Venerdì 14 Dicembre
ore 21,00
Seduta privata dei Soci Ordinari ed Emeriti per l’Elezione di nuovi Soci
I DIRITTI DELLE PERSONE FRAGILI: UNA GUIDA
“I diritti delle persone fragili. Come orientarsi nella rete dei servizi: certificazioni, agevolazioni, assistenza e protezione giuridicica” è una guida realizzata dall’Assessorato alle Politiche Attive di Cittadinanza, Diritti Sociali e Parità della
Provincia di Torino.
Nata dalla collaborazione tra il Centro Informazione Disabilità (C.I.D.) e l’Ufficio di Pubblica Tutela della Provincia
di Torino, vuole essere uno strumento di facile consultazione per fornire informazioni e indirizzi utili ad affrontare
quelle problematiche concrete che spesso le “persone fragili”, prive di autonomia o incapaci di provvedere ai propri
interessi, e le loro famiglie si trovano a dover gestire.
La guida, inoltre, fornisce indicazioni sulle procedure necessarie per l’accesso ai servizi e alle risorse disponibili.
La guida è suddivisa in tre sezioni, ciascuna relativa a una fascia di età (minori, adulti, anziani) e ciascuna sezione
fornisce informazioni su agevolazioni fiscali, assistenza, contributi economici, diritto allo studio, lavoro, pensioni,
tutela, curatela, amministrazione di sostegno.
Grazie alla collaborazione dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino, la pubblicazione
sarà distribuita presso le sedi dei medici di base.
Inoltre ne riceveranno copia: ospedali e servizi sociali dove operano professionisti socio-sanitari della provincia di
Torino; le cancellerie dei Tribunali; gli URP (Uffici di Relazione con il Pubblico) del Comune di Torino, della Provincia
di Torino e della Regione Piemonte.
La guida è consultabile e scaricabile anche in Internet, sul sito della Provincia di Torino, al seguente indirizzo: http://
www.provincia.torino.gov.it/solidarietasociale/guida_diritti/guida_diritti
Anna Maria Bidoia
Provincia di Torino
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ottobre 12
I servizi dell’Ordine
DAL PORTALE FNOMCEO
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ottobre 12
Congressi
Torino 6 novembre 2012,
ore: 8:30 – 17:00
Aula Magna “A.M. Dogliotti”
Presidio Ospedaliero Molinette
Ingresso: Corso Bramante 88, Torino
TRATTAMENTO CON RADIOFREQUENZA
DEL DOLORE CRONICO:
DALLA NEUROLESIONE
ALLA NEUROMODULAZIONE
AZIENDA OSPEDALIERA
CITTÀ DELLA SALUTE E DELLA SCIENZA DI TORINO
Crediti Formativi: 4
Responsabile scientifico: dott.ssa Anna De Luca
Adelaide MIRANDA
Tel. 011/633.3212 - Fax 011/633.5116
e- mail:[email protected]
Per le iscrizioni è necessario collegarsi al sito
ECM Regione Piemonte
www.ecmpiemonte.it
8,30 – 9,00 Registrazione dei partecipanti
9,00 – 9,15 Saluti della Direzione e Introduzione
dell’evento formativo.
9,15 – 9,45 Lezione magistrale Prof. O. Rohof
(Orbis Concern Hospital Sittard, Netherlands)
9,45 – 10,45 Cosa conosciamo della Radiofrequenza: meccanismi di azione e approccio clinico, Prof. F. Molinari, Dott. L. Sicuro
11,00 – 13,00 Indicazioni, applicazione e risultati del
trattamento con Radiofrequenza:Facet
Syndrome, Dott.ssa C. Roero
Articolazione sacro-iliaca, Dott.ssa M.
Mauro
Anca e ginocchio, Dott.ssa M. Clemente
Nervo periferico, Dott.ssa M. Lombardi
13,00 – 13,15
DISCUSSIONE
Pausa pranzo
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Congressi
Iscrizione al congresso: ore 7.45 - 8.15
14,00 – 15,00 Il trattamento con Radiofrequenza in
ambito kinesiologico, Dott. V. Verna, Dott.
M. Cancelli, Dott.ssa A. Borrè
15,00 – 15,15 Le possibili complicanze Dott.ssa M.
Clemente
15,15 – 15,45 Preparazione del paziente alla procedura: comunicazione e gestione dell’ansia,
F. Muro, M. Torresan, E. Mainardi
15,45 – 16,30 Quale ruolo nella gestione del dolore:
proposta di un algoritmo interdisciplinare,
Dott.ssa A. De Luca, Dott. N. Luxardo
16,30 – 17,00 Verifica dell’apprendimento e conclusioni.
Introduzione al Congresso e Saluto ai partecipanti:
P. Monferino (Assessore Sanità)
E. Ghigo (Preside della Facoltà di Medicina)
M. Dore (Commissario ASL To5)
M.T. Spinnler (Direttore S.C. Cardiologia ASL To5)
IL MEDICO DI FRONTE A DECISIONI COMPLESSE
SESSIONE I
Cardiopatia e problemi oncologici.
Presentazione di un caso clinico
F. Rabajoli
L’evento formativo è gratuito e aperto a n. 250 operatori
8.30 – 10.00
Moderatori: Dr. M. Bobbio – Dr. MR. Conte
Il punto di vista del Cardiologo P. Noussan
Il punto di vista del Cardiochirurgo R. Casabona
Il punto di vista dell’Oncologo
A. Comandone
Discussione interattiva
Torino 23 novembre 2012
Museo dell’Automobile,
c.so Unità d’Italia n. 40
10.00 – 10.30
Coffee Break
CASI ESTREMI IN CARDIOLOGIA
QUALI I LIMITI?
Questioni mediche, deontologiche e giuridiche.
Il medico di fronte a decisioni complesse
l’infermiere di fronte a situazioni complesse
SESSIONE II
Valvulopatia severa e comorbilità.
Presentazione di caso clinico
L. Formato
10.30 – 12.00
Moderatori: Dr. M. Minelli – Dr. R. Belli
Il punto di vista del Cardiologo
Il punto di vista del Cardiochirurgo
Il punto di vista del Rianimatore
M. D’Amico
M. Rinaldi
M. Lupo
Discussione interattiva
SESSIONE III
Coronaropatia severa e comorbilità.
Presentazione di un caso clinico
P. Gaetano
12.00 – 13.30
Moderatori: Dr. P. Presbitero – Dr. S. Bongo
CORSO ACCREDITATO
PER MEDICI ED INFERMIERI
Il corso è accreditato ECM per i medici e per gli infermieri,
nello specifico le le discipline accreditate sono le seguenti:
Medico chirurgo (cardiologia, medicina e chirurgia di accettazione e di urgenza, neurologia, nefrologia, geriatria,
anestesia e rianimazione, oncologia, cardiochirurgia,
medicina nucleare), psicologo, infermiere.
I crediti assegnati sono 4,5 e
l’evento ha il seguente numero 804-43682.
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Il punto di vista dell’Emodinamista F. Varbella
Il punto di vista del Cardiochirurgo M. Diena
Il punto di vista del Nefrologo e del Neurologo
M. Salomone
M. De Mattei
Discussione interattiva
13.30 – 14.30
Lunch
ottobre 12
Congressi
SESSIONE IV
Cardiomiopatia e problemi aritmici nel paziente “grande
anziano”.
Presentazione del caso clinico.
C. Checchinato
14.30 – 15.45
Moderatori: Dr. F. Gaita – Dr. S. Marra
Il punto di vista dell’esperto in cardiostimolazione M. Giammaria
Il punto di vista del Geriatra, terapia medica
ed elettrica a confronto M. Bo
Discussione interattiva
L’INFERMIERE DI FRONTE A SITUAZIONI COMPLESSE
SESSIONE I
Il paziente oncologico diventa cardiopatico: problematiche cliniche ed assistenziali
08.30 – 10.00
Moderatori: Dr. P. Altini – CPSE L. Orsino
Caso clinico e punto di vista dell’Infermiere di Cardiologia
G. Tarditi
Il punto di vista dell’Infermiere di Oncologia
S. Vendemiati
10.00 – 10.30
Coffee Break
SESSIONE II
Valvulopatia nell’anziano: le difficoltà nell’assistere il paziente: quali supporti per l’Infermiere?
10.30 – 12.00
Moderatori: Dr. Ricciardolo – CPSE M. Rebellato
Il punto di vista dell’Infermiere di Cardiologia B. Parodi
Il punto di vista dell’Infermiere di Medicina
A. Sciulli
SESSIONE III Coronaropatia e comorbilità: caso clinico e questioni giuridiche
12.00 – 13.30
Moderatori: Dr. G. Boccuzzi – DI L. Setti
Caso clinico e punto di vista dell’Infermiere di Emodinamica
C. Zanini
Le indicazioni dell’Infermiere forense
V. Garis
13.30 – 14.30
Lunch
SESSIONE IV
Area Critica: limiti, difficoltà e disagi dell’Infermiere della
Cardiologia di fronte ai casi clinici estremi. Possibilità per
prevenire il Bun Out
ottobre 12
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Congressi
Esperto di Diritto Sanitario Internazionale
L. Resegotti
Rappresentante dell’Istituzione
C. Zanon
14.30 – 15.45
Moderatori: B. Possenti – S. Fiesoli
Caso clinico e punto di vista dell’Infermiere della Cardiologia
F. Bianchi
Caso clinico e punto di vista dell’Infermiere del DEA
I. Prisciandaro
Il punto di vista dello Psicologo
P. Lombardo
SESSIONE V - CONGIUNTA MEDICO INFERMIERISTICA
Ore 16.00
Moderatore: Dr. N. Ferraro
Tavola rotonda: considerazioni mediche, bioetiche, deontologiche e giuridiche
Ore 17.45
Questionari e chiusura
Ore 18.00
Concerto
Ore 19.00
Apericena
DIREZIONE SCIENTIFICA
- Maria Teresa Spinnler,
Responsabile Cardiologia Ospedale Moncalieri Asl To5
- Antonio Ferrero,
Cardiologia Ospedale S. Croce Moncalieri ASL TO5
- Pietro Altini, Docente CdL Infermieristica,
Università di Torino
La partecipazione al corso è gratuita.
Premessa: Teoria dei sistemi complessi
e determinismo in Medicina A. Ferrero
PER ISCRIZIONI ED INFORMAZIONI
Segreteria organizzativa
CONGRESS SET UP SRL
T. +39 0165 238523
F. +39 349 2758234
[email protected]
BioeticistaE. Larghero
Avvocato Ordine dei Medici
R. Longhin
Medico Umanista
P. Simone
Presidente Ordine dei Medici
A. Bianco
55
ottobre 12
Congressi
Torino 24 novembre 2012
PROGRAMMA SCIENTIFICO
8.00
Benvenuto e registrazione.
8.30
Presentazione del corso (F. Cattel – A.
Messori)
Sermig, p.zza Borgo Dora, 61
IL PERCORSO DEL FARMACO
NELLA CONTINUITA’ ASSISTENZIALE
Il contenimento della spesa farmaceutica
8.45
Saluti delle autorità. (Regione Piemonte e
Toscana, SIFO, Ordine Medici e Farmacisti)
I sessione
“Modelli di assesment e studi di
Farmacoeconomia”
Moderatori: A. Messori, F. Cattel
9.00
9.20
9.40
10.00
10.20
Esempi classici della Farmacoeconomia
presenti in letteratura (C. Jommi)
Modelli di Assesment nell’ambito dell’HTA
di farmaci (A. Cicchetti)
Modelli di Assesment nell’ambito dell’HTA
dei dispositivi (A. Beux)
Cost sharing, risk sharing and payment by
results: l’esperienza italiana dei farmaci innovativi, criticità e prospettive (F. Goffredo)
Prontuari Regionali e valutazioni d’inserimento il modello della regione Veneto
(M.R. Magrì)
10.40
Corso regionale di aggiornamento
a cura della sezione
SIFO Piemonte – Valle d’Aosta e Toscana
Coffee Break
II sessione “Le politiche della razionalizzazione
della spesa farmaceutica regionale: I Prontuari
regionali e le gare centralizzate ”
I diversi operatori nell’ambito della sanità (medico, farmacista, infermiere professionale) sono sempre più coinvolti
nell’implementazione dei processi sanitari relativi a specifiche patologie (percorsi diagnostico-terapeutici). Molti
fenomeni sono stati studiati nell’intento di ottimizzare
l’attuazione di questi percorsi, valutando in particolare la
gestione dei processi sanitari per attuare logiche di governo clinico. Tutti i percorsi vedono come attore protagonista il farmaco, che svolge un ruolo fondamentale sia in un
contesto clinico che economico e legislativo.
Obiettivo di questo convegno è individuare i percorsi e le
strategie che l’AIFA, il SSN e le Regioni hanno adottato o
che vorranno adottare per garantire il giusto equilibrio tra
il contenimento della spesa dei farmaci e dei dispositivi a
livello regionale e nazionale e la garanzia del diritto alla
cura del paziente.
Partendo da concetti base che da sempre hanno caratterizzato gli studi pubblicati sulla Farmacoeconomia
verranno proposti alcuni modelli di carattere regionale e
nazionale di assesment di farmaci e dispositivi medici e si
cercherà di mettere in risalto gli aspetti positivi e negativi di alcuni strumenti di razionalizzazione della spesa
utilizzati in quest’ultimi anni come le Commissioni per il
Prontuario. Infine verranno approfondite le modalità che
portano sempre più le regioni a procedere con gare ed
acquisti centralizzati.
57
Moderatori: E.Ciccarelli, N. Dirindin
10.55
11.15
11.35
11.55
12.15
12.35
Il modello del Piemonte (L. Giuliani)
Le gare dell’Area Vasta Toscana (M. Pani)
Il progetto AcrossItaly (S. Trippoli)
Nuove modalità organizzative in sanità, Il
Farmacista di Reparto: L’esperienza di Asti
(M. Colombo-Gabri, A.M.Toffano)
Contributo delle professioni sanitarie nella
razionalizzazione della spesa (S. Storto)
Confronto/Dibattito “L’Esperto risponde”
13.00 Colazione di lavoro
14.00
Role playing: Simulazione di un approccio di valutazione delle attività e rendicontazione della spesa farmaceutica in un dipartimento oncoematologico all’interno di
una grossa azienda ospedaliera
(A. Brusco – R. Arione – S. Stecca - M.
Boccadoro )
Tavola rotonda: “Le istituzioni e le Società Scientifiche discutono le modalità d’accesso alle
terapie da parte del paziente in relazione
al contenimento della spesa
Moderatori: A. Del Favero, M. Dall’Acqua
ottobre 12
Congressi
15.00
16.40
17.00
17.10
Il punto di vista del Medico Specialista
(U. Marchisio)
Il punto di vista del Medico di Medicina generale (G. Giustetto)
Il punto di vista dell’IPASVI (M.A. Schirru)
Il punto di vista del Farmacista Ospedaliero
(G. Sassi )
Il punto di vista dell’ordine dei Farmacisti
(M. Giaccone)
Il punto di vista di un Direttore Sanitario (S.
Falco)
Il punto di vista della Federazione Sovrazonale Piemonte 1 (G. Zanetta)
Il punto di vista dell’AGENAS (F.P.M. Saccà)
Il punto di viste del paziente (M.Rolle, E.
Bertolino)
Confronto/Dibattito “L’Esperto risponde”
Compilazione dei questionari ECM.
Conclusioni. (E. Ciccarelli – A. Messori – F.
Cattel)
INFORMAZIONI GENERALI
RESPONSABILI SCIENTIFICI DELL’EVENTO
Dr. Francesco Cattel
Segretario Regionale SIFO Piemonte, Valle d’Aosta
A.O. Città della Salute e della Scienza di Torino
[email protected]
Dr.ssa Enrica Ciccarelli
Dirigente Medico Ospedaliero, Endocrinologia,
Ospedale E. Valdese, Torino
[email protected]
Dr. Andrea Messori
Segretario Regionale SIFO Toscana
Magazzino Farmaceutico Centralizzato Estav Centro
[email protected]
ottobre 12
SEGRETERIA SCIENTIFICA
Dr A.Beux, Dr. F. Cattel, Dr.ssa E. Ciccarelli, Dr. A. Messori
PROVIDER & SEGRETERIA ISCRIZIONI:
SIFO - VIA C. FARINI 81 MILANO
TEL 026071934 – FAX 0269002476
[email protected] – www.sifoweb.it
SEGRETERIA ORGANIZZATIVA:
E-belf di Elisabetta Bersezio e C.
Corso Montevecchio 50 – 10129 Torino
TEL 0114548142 – FAX 0114542135
[email protected]
TARGET:
Il corso è riservato a n. 60 Farmacisti ospedalieri e
territoriali, 10 Medici di Medicina Generale, 10 Medici
ospedalieri e 20 Infermieri professionali.
Per le iscrizioni sarà necessario utilizzare la procedura
online collegandosi al sito www.sifoweb.it/Eventi/
Eventi ECM SIFO provider/Corsi interrregionali. I soci
dopo aver selezionato il l’evento, dovranno cliccare sulla
voce iscrizioni on line ed inserire le credenziali SIFO per
poi espletare la registrazione. I non soci (medici e farmacisti
convenzionati) dovranno registrarsi al sito e poi procedere
all’iscrizione on line.
Crediti ECM
Per avere diritto ai crediti formativi ECM è obbligatorio:
• frequentare il 100% delle ore di formazione
• compilare il questionario di valutazione dell’evento
• compilare il questionario di apprendimento e rispondere correttamente almeno all’80% delle domande.
Al termine dell’attività formativa verrà rilasciato l’attestato
di partecipazione, mentre il certificato riportante i crediti
ECM sarà inviato dopo le dovute verifiche direttamente al
domicilio del discente.
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Pianeta solidarietà AssociAzioni
Le associazioni si presentano
Questa nuova sezione della rubrica “Pianeta Solidarietà” inaugura un ulteriore canale
di dialogo tra la solidarietà internazionale che transita o fa capo a Torino, il volontariato locale e l’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino.
In questa sezione di Torino Medica vengono brevemente presentate le associazioni
coinvolte nel progetto di comunicazione con l’OMCeO di Torino, attivato dall’Ordine nel marzo 2011, e già inserite nel nuovo Network loro dedicato. Un’intera sezione dello spazio in Rete utilizzato dall’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri
della provincia di Torino è da tempo proprio dedicato a questo Network: vedi il sito
http://www.omceotorinoservizi.com/ al quale si può accedere immediatamente con
uno smartphone in grado di leggere il codice QR qui sopra.
Insieme alla descrizione delle singole associazioni ci saranno talvolta progetti, iniziative, proposte del nostro
Network costituito, per ora, già da più di 30 associazioni.
La redazione di Torino Medica
Centro supporto e ascolto vittime di violenza
demetra
Donne, bambini e anziani possono essere oggetto di violenza proprio nella loro casa. La
violenza consiste in insulti, minacce, percosse, ricatto economico, emotivo e psicologico,
stalking.
Il Centro offre assistenza sanitaria dedicata e sportello d’ascolto e counseling.
Supporto sanitario alle vittime di violenza
• Visite Mediche dedicate alle vittime di violenza di genere e di stalking
• Pronto Soccorso con triage avanzato e attivazione delle risorse della Rete antiviolenza.
• Prestazioni sanitarie adeguate con sostegno attivo durante il percorso diagnostico e terapeutico, assistenza e
supporto compresa una corretta refertazione medico–legale.
• Consulenze specialistiche in ordine alle sequele della violenza.
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Pianeta solidarietà AssociAzioni
Le associazioni si presentano
•
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Redige protocolli e linee guida per gli operatori sanitari dei Pronto Soccorso della Regione Piemonte.
Consulenze telefoniche per gli operatori delle strutture sanitarie sprovviste di servizi adeguati.
Attivazione della rete dei servizi pubblici e privati di sostegno alle vittime di violenza.
Formazione specifica degli operatori.
Sportello di ascolto e counseling per le vittime e i loro famigliari
• Il Centro Demetra consente di “rompere il silenzio” e accompagna le vittime nel percorso di aiuto immediato e
di riattivazione delle proprie capacità e delle proprie risorse, non ultima la dignità.
• Lo sportello apre spazi di ascolto attivo in cui la persona possa raccontare quanto accaduto, il suo stato d’animo, le sue paure, l’angoscia, i suoi bisogni, le necessità e si sostiene la persona nel percorso che deciderà di
intraprendere attraverso i servizi di aiuto e accoglienza della Rete.
• Nei casi di violenza domestica o comunque reiterata, attraverso il colloquio di counseling, si cerca di far emergere le risorse e le capacità che la persona ha di riprendere in mano la propria vita.
• Sostegno nell’attivare possibili soluzioni ed interventi preventivi.
• Supporto ai famigliari e ai maltrattanti.
Centro DEMETRA
Orario: dal lunedì al venerdì, dalle ore 9 alle 16
Presidio San Lazzaro, Via Cherasco, 23 - 2° piano, stanza 4
tel. 011-633.5899 / 335-7169000
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Pronto SoccorsoMolinette 24/24 h
Corso Bramante, 88, Tel. 011-633.5185
Triage 011-633.5248
Sportello di ascolto e counseling
Orario: dal lunedì al venerdì, dalle ore 10 alle 16
Tel. 011-633.5302 / 5899
Link:
http://www.regione.piemonte.it/
pariopportunita/cms/index.php/comunicazione-e-promozione/video-gallery/
item/60-patrizio-schinco
AMBULATORIO “BAMBI”
ABUSO SESSUALE E MALTRATTAMENTO
SU MINORE
Presso l’Ospedale Infantile Regina margherita funziona dal 2002 nell’ambito del DEA c’è un ambulatorio dedicato
alla diagnosi di abuso e maltrattamento su minore denominato “BAMBI”.
Il principio su cui si fonda l’”Ambulatorio Dedicato” è quello di ridare ad un bambino, che è stato violato nel
corpo e nello spirito, la considerazione come “persona” e la rassicurazione sul suo stato di salute fisico. A tal fine
l’Ambulatorio “BAMBI” offre, al bambino/a ed a chi lo accompagna, un pediatra ed un’infermiera “dedicati” che
possono offrire tutta l’attenzione ed il tempo necessario per raccogliere il racconto dell’accompagnatore/bambino
e soprattutto per permettere al bambino di “potersi fidare” degli operatori ed accettare la visita, svincolando la
gestione del caso da quella procedurale del DEA attraverso l’assegnazione di un codice specifico.
Dopo la visita vengono effettuati, in altra sede, i necessari colloqui dei genitori/bambino con la psicologa, assistente
sociale.
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Pianeta solidarietà AssociAzioni
Le associazioni si presentano
Componenti dell’Ambulatorio “Bambi”
• 1 medico pediatra 3
• 5 medici pediatri
• 5 infermiere pediatriche
• 6 infermiere pediatriche che prestano la loro opera in reperibilità notturna e festiva
• 1 assistente sociale coordinatore e 1 assistente sociale
• 1 psicologa
Servizio Sanitario Nazionale – Regione Piemonte
AZIENDA SANITARIA OSPEDALIERA O.I.R.M.-S.ANNA
di rilievo nazionale ad alta specializzazione materno infantile
10126 Torino – Corso Spezia 60 – tel. 011313.4444
www.oirmsantanna.piemonte.it
Tel. 0113135833-0113135832
e-mail: [email protected] Fax: 0113135214
Link:
http://www.videomedica.org/
videomedica/?s=bambi
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