Organo Ufficiale dell’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Torino Anno XXIII - numero 10 ottobre 2012 Direzione, Redazione, Amministrazione Via Caboto 35-10129 Torino 011 58151.11 r.a. Fax 011 505323 e-mail: [email protected] sito internet: www.omceo.to.it Presidente Amedeo Bianco Vice Presidente Guido GIUSTETTO Segretario Ivana GARIONE Tesoriere Guido REGIS Consiglieri Domenico BERTERO Tiziana BORSATTI Emilio CHIODO Riccardo DELLAVALLE Ezio GHIGO Anna Rita LEONCAVALLO Elsa MARGARIA Aldo MOZZONE Renato TURRA Roberto VENESIA Rosella ZERBI Patrizia BIANCUCCI (Odontoiatra) Gianluigi D’AGOSTINO (Odontoiatra) Bartolomeo GRIFFA (Odontoiatra) Commissione Odontoiatri Gianluigi D’AGOSTINO Presidente Patrizia BIANCUCCI Claudio BRUCCO Bartolomeo GRIFFA Paolo ROSATO Revisori dei Conti Riccardo FALCETTA Presidente Carlo FRANCO Angelica SALVADORI Vincenzo MACRI’ Supplente TORINO MEDICA Direttore Amedeo Bianco Direttore responsabile Mario Nejrotti Caporedattore Nicola Ferraro Autorizzazione del Tribunale di Torino n. 793 del 12-01-1953 Pubblicità SGI Srl Via Pomaro 3-10136 Torino 011 359908 / 3290702 Fax 011 3290679 e-mail: [email protected] - www.sgi.to.it sommario editoriale A ciascuno il suo la tribuna Uniti e forti per attraversare il deserto di questi tempi M. Nejrotti N. Ferraro 8 11 il dedalo Strati di coscienza e dilemmi morali A.E. Cavanna... La crisi colpisce la sanità piemontese E.D. Ruffino... 14 17 Lo stetoscopio Piccolo viaggio nell’urologia al femminile M. Boccaletti 20 chi fa cosa 22 Quell’inutile dolore... Com. stampa Guida ai servizi per il paziente 23 C. Di Pardo oncologico e la sua famiglia 24 Cinquemila donne per Ninfea Com. stampa medicina e salute L’ospedale sotto casa: per fare cosa? Due ruote incontro al sole…della ricerca medica P. Pinna Pintor N. Ferraro cultura Il medico filosofo L. Berra Transculturalismo tra verbale e non verbale G. Scarso la ricerca in provincia La riabilitazione nell’artrite reumatoide AslTO 3 L’uso degli inibitori della pompa protonica a Torino L. Lombardo 27 29 30 32 35 40 le nostre radici La mia suora G. Maggi 43 dai congressi Tumore alla mammella A. Scagliola Necessario promuovere la cultura della vaccinazione N. Ferraro 45 47 i servizi dell’ordine 48 Congressi 52 pianeta solidarietà AssociAzioni 60 Questa frase, pronunciata da Amedeo Bianco al Consiglio Nazionale di Padova del 28 settembre scorso, è chiarita, anche se non sarebbe necessario, dalla foto di copertina che ritrae l’ILVA di Taranto. Una realtà dove il diritto alla salute si scontra col diritto al lavoro e dove la Magistratura incalza la Politica a decidere con autorevole credibilità. Progetto e Realizzazione Grafica SGI Srl Stampa La Terra Promessa Onlus NOVARA Redatto il 15/10/2012 La Rivista è inviata a tutti gli iscritti all’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Torino e provincia e a tutti i Consiglieri degli Ordini d’Italia. innovativo corso di formazione dell’ordine ECM/FAD sull’audit clinico in collaborazione con il PRESENTA IL CORSO ECM/FAD e FAD april eciale n. 1/sp Anno XIII 2012 /eCM de Ni Fad Ne FessiO CieTÀ la prOieNza, eTiCa e sO r Quade iNa, sC nale ne Nazio tri Federazio e degli Odontoia le della i Trimestra dici Chirurgh Me dini dei MediC degli Or Xii 1 . MM Ne rMaziO e di FO O: MaNual verNO CliNiC OperaTOri gO gli per il mbre 2012 NTi e de 30 sette dei pazie di valutazione scade il urezza del test fax siC via la missione il term ine per la tras Corso di itato con ne accred formazio ativi iti form 15 cred iato Corso finanz Salute ero della dal Minist SICUREZZA DEI PAZIENTI E DEGLI OPERATORI Il corso intende rafforzare le conoscenze e le competenze dei professionisti per assicurare l’erogazione di cure efficaci e sicure. Un’importante opportunità di formazione sul governo clinico per la sicurezza dei pazienti e degli operatori. Il corso gratuito eroga 15 crediti ECM La versione “blended“ del corso è accreditata per medici chirurghi e odontoiatri ed è disponibile in formato cartaceo nel numero speciale “QUADERNI ECM/FAD de LA PROFESSIONE N. 1/2012” All’interno del numero troverà il questionario di valutazione da compilare in ogni sua parte (anagrafica e risposte a scelta multipla) che Le permetteranno, rispondendo almeno all’80% in modo corretto, di ottenere 15 crediti ECM. In tutti gli Ordini provinciali sono disponibili copie cartacee del corso FAD o potrà richiederle direttamente alla Federazione Nazionale Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri al N. 06/6841121 La C.G. EDIZIONI MEDICO SCIENTIFICHE di Torino, partner FNOMCEO per queste iniziative, spedirà gratuitamente al Suo indirizzo copia del numero speciale. Il questionario, correttamente compilato dovrà essere inviato via fax al N. 011/0200106 entro e non oltre il 30/09/2012. Per verificare successivamente l’esito del corso telefonare al N. 06/6841121 (centralino automatico) oppure visualizzare il risultato sul portale www.fnomceo.it trascorsi almeno 15 giorni dall’invio del fax. In caso di esito positivo, dopo almeno 60 giorni, contattare l’Ordine Provinciale di appartenenza per il ritiro dell’Attestato crediti ECM. Il servizio di HELP DESK, erogato da C.G. Edizioni Medico Scientifiche srl Via Candido Viberti, 7 - 10141 Torino - Italia è attivo dal Lunedì al Venerdì dalle ore 9.30 alle ore 13.00 Telefono 011/0203250 - Fax 011/0200106 - e-mail: [email protected] 5 Editoriale 6 AVVISO IMPORTANTE Come già ripetutamente comunicato su “Torino Medica”, il D.L. 185 del 29.11.2008, convertito nella legge del 28 gennaio 2009, finalizzato a favorire la diffusione delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni, ha istituito l’obbligo, attualmente senza sanzioni per inadempienza, per i professionisti iscritti ad un albo, di attivare una casella di Posta Elettronica Certificata (PEC). Si ricorda agli iscritti che continua ad essere in corso di validità il contratto, firmato dal Presidente, dott. Amedeo Bianco, con Postecom S.p.a., uno dei due gestori nazionali coi quali la FNOMCeO ha stipulato un’apposita convenzione, che gratuitamente prevede per ogni medico l’attribuzione, previa attivazione, di un indirizzo di casella di Posta Elettronica Certificata per una durata biennale. Gli iscritti all’albo in data anteriore al 26.4.2010, che ancora non hanno provveduto ad attivare la propria casella PEC e che intendono avvalersi della convenzione siglata dall’Ordine, possono o recarsi presso gli uffici di Via S. Caboto 35 (orario di apertura: da lunedì a venerdì dalle ore 9.00 alle ore 13.15 e dalle ore 14.00 alle ore 17.45) muniti di documento d’identità per ritirare brevi manu il kit di attivazione o fare richiesta scritta da inviare via email (indirizzo di posta elettronica: [email protected]) o da trasmettere via fax (ad uno dei seguenti numeri: 011-505323 / 011-7432113 / 011-7433783 / 011-7433780), allegando la fotocopia recto-verso del documento d’identità ed indicando l’indirizzo presso il quale si intende che venga recapitato il kit di attivazione. Gli iscritti all’albo in data posteriore al 26.4.2010, invece, a seguito di un cambiamento delle modalità di concessione del servizio erogato dall’ente gestore il servizio della Posta Elettronica Certificata, che attribuisce non più all’iscritto bensì all’Ordine l’onere della procedura di attivazione della casella PEC, dovranno mettersi in contatto con gli uffici dell’Ordine (ad uno dei seguenti numeri: 011-5815108 / 011-5815111, digitando 1 dopo il messaggio registrato) per fissare un appuntamento con il personale amministrativo che alla presenza dell’interessato provvederà direttamente all’attivazione della casella di Posta Elettronica Certificata. Il Segretario dott.ssa Ivana Garione 7 ottobre 12 Editoriale a ciascuno il suo Alla fine d’agosto è montata una forte polemica sull’obbligo, per decreto legge, per il medico di famiglia di prescrivere in certe situazioni i farmaci, indicandoli esclusivamente con il principio attivo, affidando poi al farmacista la scelta di dispensare quello “a prezzo minore”. Questo decreto riguarda solo le molecole prive di brevetto, perché scaduto e per le quali esiste un equivalente a minor costo. Lungi dal temere le novità, chi scrive ha sempre sostenuto che il medico dovrebbe indicare solo il principio attivo di tutti i farmaci, come succede in molti paesi. Il prescrittore, infatti, è impossibilitato a conoscere e quindi ad essere responsabile delle scelte industriali che portano alla commercializzazione del farmaco come prodotto finito al pubblico. Egli conosce solo quali principi attivi sono necessari alla cura e alla prevenzione delle malattie del suo paziente e di ciò sicuramente è responsabile. La comparsa degli equivalenti Dopo decenni di consuetudine che ha permesso la prescrizione di farmaci i cui principi attivi sono coperti da nomi di fantasia, studiati appositamente dal marketing per incrementarne la memorizzazione da parte del medico e quindi la prescrizione, con l’esaurimento temporale dei brevetti di molti farmaci sono comparsi gli equivalenti, individuati solo dal principio attivo e dal nome della casa farmaceutica. Anche per questi ultimi il medico ignora le procedure industriali di produzione e di distribuzione. Lo Stato per altro si è reso perfettamente conto, alla comparsa sul mercato degli equivalenti, di aver speso troppo per decenni per pagare farmaci di marca con soldi pubblici. Tale ingente spesa era solo in parte giustificata dai costi della ricerca in campo farmaceutico, ammortizzata dalle aziende in realtà in un tempo probabilmente minore di quello protetto dal brevetto. Decine di case farmaceutiche, molte facenti parte delle holding delle stesse industrie produttrici dei prodotti di marca, si sono affacciate al mercato e hanno ottenuto dagli organi competenti la rimborsabilità dei loro prodotti. Poi la crisi economica nazionale e internazionale ha forzato la mano del Ministero che ha promosso sempre di più l’uso degli equivalenti, divenuti nel tempo tutti del medesimo prezzo. L’ultimo decreto ferragostano del Consiglio dei Ministri, a firma del professor Balduzzi, si spinge ancora più in là, come ormai tutti sanno, e obbliga i medici di famiglia a scrivere per il farmaco solo il principio attivo. Ma con tutta una serie di distinguo che lasciano sconcertati. La ricetta nell’“Era Balduzzi” Si scrive il principio attivo per una nuova prescrizione in una patologia cronica, per la quale già in precedenza erano stati prescritti altri farmaci. Si scrive per una patologia non cronica o per un nuovo episodio di patologia cronica. Non si scrive se non c’è l’equivalente. Non si scrive se il paziente è in terapia cronica già con quel farmaco di marca o equivalente. Non si scrive se il medico non vuole e lo motiva. A questo punto sorge spontanea una domanda, dettata dall’esperienza professionale medica. Qual è l’obiettivo di questa operazione? A che cosa mira il Ministro? Stiamo parlando di principi attivi tutti riconosciuti dagli organi di controllo dello Stato a ciò deputati. Sono tutti farmaci approvati e introdotti nel prontuario per decisione degli organi di vigilanza. Quindi sono prodotti presumibilmente utili e ragionevolmente non dannosi e soprattutto, come dice il nome, “equivalenti”. L’obiettivo dell’ultimo decreto allora non è difendere il cittadino da possibili danni alla sua salute: se così fosse sarebbe come tacciare i controllori di ignoranza o peggio. Non è neanche cercare rimedio per una, se pur velata, sfiducia nell’etica della classe medica prescrittrice, perché solo un ingenuo e uno sprovveduto non si renderebbe conto che la pressione dell’industria farmaceutica sposterebbe in brevissimo tempo il suo obiettivo su una classe professionale diversa e per giunta istituzionalmente a lei accomunata dalla necessità imprescindibile di fare profitto sulla vendita del farmaco. Quindi non resta altro: l’obiettivo è esclusivamente economico. ottobre 12 8 Editoriale Dentro il Decreto Balduzzi Lo Stato, come dicevamo, sa che i farmaci di marca e gli equivalenti sono parimenti efficaci e sicuri e non potrebbe essere diverso, pena la perdita totale di credibilità dei suoi organi di verifica, ed ha la necessità assoluta di risparmiare. Il raggiungimento di questo obiettivo, però, lo scarica sulle categorie professionali con un decreto debole e confuso. Decreto che, se esaminato nelle sue affermazioni principali, può essere letto meglio in chiave di compromesso con gli interessi enormi che sono in campo e che vanno ben al di là delle demonizzate “resistenze dei medici”. Rivediamo le norme in questa luce: “Non si scrive se il paziente è in terapia cronica già con quel farmaco di marca o equivalente”. La quota di mercato attestata sui cronici all’attuale è praticamente tutta salva e le case produttrici di prodotti di marca o equivalenti possono stare tranquille: non si cresce, ma non si crolla. “Non si scrive se il medico non vuole e lo motiva”. Tutti gli eventuali e delicati rapporti tra medico e paziente e tra medico e chissà chi sono nella responsabilità del prescrittore e lo Stato se ne lava le mani. “Non si scrive se non c’è l’equivalente”. Gli investimenti sulla ricerca sono salvi e la partecipazione delle case farmaceutiche a mille iniziative che lo Stato ha colpevolmente via via dismesso, può continuare. Sull’altro versante, si introduce uno spostamento di mercato in modo graduale con le norme che obbligano la prescrizione del principio attivo, in modo da permettere di preparare tutti i correttivi che riducano i danni economici a chi ha interesse. Ma se l’obiettivo è economico e se i presupposti tecnici ed etici dello Stato sono, come sono, cristallini, non bastava un decreto che dicesse… “Art 1: “ A far data dal primo ottobre 2012 il SSN non rimborserà farmaci di marca, ove siano presenti in prontuario farmaci equivalenti a minor prezzo.” Art 2 : non c’è” ? Ad ognuno il suo Forse sarebbe tempo che lo Stato si assumesse l’onere e la responsabilità di tutte le proprie decisioni, senza scaricarle sulle spalle dei professionisti di questa o quella categoria, cercando in più di demonizzarli ad arte agli occhi dell’opinione pubblica. Ad ognuno il suo: ai medici la responsabilità di prescrivere una giusta terapia al paziente, ai farmacisti quella di vendere i farmaci prescritti e consigliarne l’uso corretto, all’industria di trovare un equilibrio accettabile tra profitto ed etica della cura, allo Stato l’obbligo di decidere con autorevole credibilità. Mario Nejrotti 9 ottobre 12 La tribuna avviso importante Cari lettori, molti iscritti certamente sanno che questa rivista da anni non rappresenta un peso per il bilancio del nostro Ordine in quanto i costi più onerosi di composizione, stampa e spedizione sono sostenuti direttamente dalla società editoriale SGI (Società Generale dell’Immagine). Infatti la raccolta delle inserzioni pubblicitarie ha consentito fin ora alla SGI di sostenere tali costi. La crisi economica che ha colpito tutti i settori e che tutti viviamo in prima persona ha determinato però uno squilibrio in questo bilancio di entrate-uscite: infatti, a fronte dell’aumento dei costi di carta, stampa e spedizione si è verificata una diminuzione della raccolta delle inserzioni pubblicitarie. In queste condizioni non sarebbe pertanto possibile, per Torino Medica, proseguire la pubblicazione e la propria missione istituzionale a costo zero come da noi desiderato. Tra le tante soluzioni possibili, quella meno gravosa e più praticabile è apparsa la riduzione del numero di pagine della rivista, realizzata pur senza rinunciare ai contenuti. Ma ciò purtroppo non è sufficiente. Pertanto d’accordo con l’editore, dal numero di ottobre 2012 della rivista, gli annunci dei convegni e degli eventi sul giornale e sul sito Web saranno pubblicati a titolo oneroso. La documentazione di questi eventi, una volta decisa la loro pubblicabilità, unita alla richiesta di pubblicazione, sarà trasmessa alla concessionaria SGI che provvederà ad indicare l’ammontare del costo in relazione alla dimensione dello spazio richiesto. Per informazioni preliminari sulle condizioni economiche gli inserzionisti possono rivolgersi direttamente alla dottoressa Daniela Cazzaro, presso SGI, al n. telefonico 011.359908 L’Esecutivo e la Direzione auspicano che tempi migliori possano consentire di poter tornare a fornire questo servizio gratuitamente agli organizzatori dei convegni e degli eventi formativi. Il Presidente dell’OMCeO della provincia di Torino Amedeo Bianco ottobre 12 10 La tribuna UNITI E FORTI PER ATTRAVERSARE IL DESERTO DI QUESTI TEMPI Questo il concetto intorno al quale si è articolata la relazione del Presidente Amedeo Bianco che il 28 settembre, a Padova nella pregevole sala del Palazzo della Ragione, ha presieduto il Consiglio Nazionale della FNOMCeO; subito dopo ha avuto inizio il convegno di Studio organizzato dalla Federazione sulla “Cybermedicine: l’integrazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei processi decisionali del sistema sanitario e delle cure dei pazienti”: un argomento di importanza cruciale per la Medicina e la Sanità contemporanea che affronteremo più in dettaglio sul prossimo numero. Come ha scritto Orfeo Notaristefano con la solita puntualità e pertinenza sul Portale Internet della Federazione, “Le parole di Amedeo Bianco hanno descritto ruolo che i medici italiani hanno in questo momento per affrontare e risolvere i problemi della sanità e, più in generale, i problemi dell’Italia. Una situazione nella quale i medici non sono il problema, ma parte della soluzione dei problemi. Un Consiglio Nazionale che è servito a fare il punto, rispetto all’ultimo del maggio scorso. Mesi durante i quali sono accaduti fatti che incidono sulla situazione economica e sociale del Paese e che, per quanto riguarda la sanità, Bianco ha così sintetizzato in poche righe: Dal 2011 al 2015, per effetto combinato delle manovre finanziarie Berlusconi-Tremonti (2011), del Salva Italia di Monti e dell’ultimissima spending review di Monti, lascerà sul campo circa 21 miliardi di euro. Fotografia precisa dell’attuale condizione della sanità in Italia. Con riferimenti al rapporto Stato-Regioni, al rinvio 11 del patto per la salute, comprensivo della ridefinizione dei LEA da marzo a tutt’oggi, e paradossalmente il fatto che, pur essendo ormai ottobre, non si è ancora definito il riparto del fondo sanitario 2012. Una situazione difficile che rischia di minare lo stesso articolo 32 della Costituzione, con una sanità sempre più compressa dal contenimento dei costi, sempre più in difficoltà nel garantire assistenza adeguata all’insieme della popolazione, mentre fasce sociali più abbienti sono in fuga dal SSN verso la sanità privata. E i medici in mezzo, costretti a sforzi sempre maggiori per tutelare la salute dei cittadini, per concorrere alla sostenibilità del sistema, impegnati – ha continuato Bianco- a disegnare una prospettiva per la professione, in grado di farle attraversare il deserto di questi tempi. Bianco ha richiamato i percorsi della Federazione in questi ultimi anni, i documenti prodotti su temi centrali della sanità e della professione medica, con particolare attenzione alla formazione e all’ECM, alla questione della prescrizione dei farmaci e così via fino alla valutazione sul DL Balduzzi, in discussione alla Camera. Ma si sta andando avanti anche nella Consulta per la Deontologia, con l’obiettivo di sottoporre agli Ordini una bozza di revisione dell’attuale testo, da portare in discussione generale in un apposito Consiglio Nazionale entro i primi mesi del 2013. Non poteva mancare un riferimento alle preoccupazioni per le fibrillazioni che attraversano gli enti previdenziali-assistenziali, altro tema lasciato a riflessioni possibilmente condivise dai Presidenti degli Ordini”. ottobre 12 La tribuna C’è da aggiungere che il Consiglio Nazionale ha anche approvato all’unanimità il contributo di oltre 73 mila euro in favore delle popolazioni colpite dal terremoto in Emilia Romagna. Anche i gettoni di presenza della seduta del Consiglio Nazionale di Padova sono stati devoluti alle popolazioni terremotate. QUALCHE PASSAGGIO DELLA RELAZIONE DEL PRESIDENTE BIANCO “…Gli elementi strutturali di questa emergenza finanziaria, economica, politica e sociale del nostro paese sono molteplici e interagenti: il gravame di un debito pubblico enorme che sfiora i 2.000 miliardi di euro superando il valore del PIL e per giunta con un trend in crescita, i costi dei suoi interessi – circa 80 miliardi di Euro l’anno – sono esposti a una pressione speculativa internazionale che non sono mostri ma più banalmente aggregati di risparmio e profitti a caccia di investimenti remunerativi sul mercato finanziario mondiale, l’oggettiva debolezza di una valuta - l’euro – che ha alle spalle una banca centrale ma non sempre una governance politico istituzionale capace di esprimere scelte idonee a supportarne le decisioni. Questa crisi di vaste proporzioni si abbatte su un sistema produttivo italiano in ginocchio per molte sue peculiarità che ne riducono la competitività ma che oggi stagna nella spirale della recessione (meno reddito- meno consumi-meno produzione- meno reddito e così via) con una crescita del PIL rideterminata a meno il 2,5%, infine un paese con poco appeal per gli investitori anche grazie a una strutturazione burocratica dell’amministrazione centrale e di quella periferica (Regioni, Province, Comuni) obsoleta e conservatrice, a una macchina giudiziaria che non garantisce tempi certi ai contenziosi, civilistici, a un alto tasso di corruzione, (la Corte dei Conti parla di costi di oltre 60 miliardi annui), infine una classe dirigente politica, centrale e periferica in profonda crisi di identità e di consenso, sempre più spesso coinvolta in aree di spreco di denaro pubblico e di illegalità. È questo, a capi sommari e imperfetti, lo scenario nel quale sono maturate e sono state assunte decisioni drastiche e terribili che hanno colpito e ferito i ceti più deboli e quelli meno protetti della nostra società e tra questi le speranze del futuro, le giovani generazioni, i giovani, scuotendo fino alle radici tutto il nostro sistema del welfare. Non si salva niente e nessuno da questa tempesta quasi perfetta, pensiamo alla riforma delle pensioni, alla riduzione degli investimenti nell’istruzione pubblica, alla riduzione dei trasferimenti finanziari a regioni, province e comuni in gran parte sottratti a beni e servizi per i cittadini all’aumento delle tassazioni dirette che gravano direttamente sui soliti noti e quelle indirette indistintamente sui consumi. Pensiamo infine alla nostra sanità che dal 2011 al 2015, per effetto combinato delle manovre finanziarie Berlusconi-Tremonti (2011), del Salva Italia di Monti e dell’ul- ottobre 12 timissima Spending Review di Monti, lascerà sul campo circa 21 miliardi di €. Possiamo discutere se si poteva, o si può, fare diversamente questo intervento sulla finanza pubblica, ma dovremmo per lo meno condividere l’effettiva necessità e urgenza di tagliare la spesa pubblica Ovviamente non ci compete affrontare tutta questa complessa materia ma per i nostri fini, quanto accade nella sanità è uno specchio fedele, è un’ottima chiave di lettura per comprendere quanto accade nella nostra società. Queste manovre disegnano prospettive molto anguste per il nostro Servizio Sanitario Nazionale tanto che, sul piano della sua sostenibilità, questa, almeno nel presente e nel prossimo futuro, può essere conseguita solo attraverso un razionamento più o meno implicito delle prestazioni. Al di là dei sottili distinguo tecnici, la stessa spending review in ambito sanitario, pur dichiarando di colpire i costi inefficienti, opera nella realtà con tagli lineari sottraendo al finanziamento della sanità complessivi 6,8 miliardi di euro fino al 2015 che si aggiungono a quelli dichiaratamente lineari delle manovre finanziarie Berlusconi-Tremonti. Vanno così precostituendosi le condizioni materiali perché presto, molto presto, praticamente tutte le Regioni siano tecnicamente da inserire in un piano di rientro. Francamente non è questo che dovrebbe prioritariamente preoccuparci, ma piuttosto le risposte delle amministrazioni regionali che non sono disposte a restare con il cerino in mano. Non vi sono certamente sfuggiti alcuni toni di vero e proprio conflitto istituzionale tra Regioni, Governo e Parlamento su queste materie e su altre, a testimonianza di profonde difficoltà economiche, ma anche di una grande incertezza su chi fa cosa sul piano ordinamentale della sanità, leggi Titolo V novellato della Costituzione, in ampia deroga a quel principio costituzionale che chiede alle parti leale collaborazione. È in questa chiave di lettura che dobbiamo interpretare il rinvio del patto della sa- 12 La tribuna lute, comprensivo della ridefinizione dei LEA da marzo a tutt’oggi, e paradossalmente il fatto che, pur essendo ormai ad ottobre, non si è ancora definito il riparto del fondo sanitario 2012. Non sarà una decisione agevole visto che ad anno contabile pressoché concluso, si dovranno prima di tutto ripartire i 900 milioni di euro che la spending review prevede in riduzione quest’anno, il prossimo saranno 1.500 milioni di € e con una previsione di coprire i fondi regionali con ulteriori 2 Mld di euro attraverso forme di compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini. In questa difficilissima situazione il rischio vero è quello di una sanità pubblica sempre meno equa e universale, quindi sempre meno capace di tutelare quel diritto, unico ed indivisibile sancito dall’art. 32 della nostra Costituzione. Già oggi la contrazione dell’offerta sanitaria pubblica, ticket onerosi, ammalianti offerte di prestazioni low cost, sospingono ceti più o meno abbienti a soluzioni più o meno compiute di opting out dal sistema pubblico, indirizzandoli verso forme di sanità privata e quindi potenzialmente minacciose dell’altro principio sul quale si fonda il nostro Servizio Sanitario Nazionale e cioè quello della solidarietà”. Il ruolo dei medici, come cittadini e professionisti “…I nostri professionisti che operano in conto e per conto del Servizio Sanitario Nazionale sono stati chiamati a un contributo non indifferente per il risanamento della finanza pubblica con il blocco dei contratti, delle convenzioni e delle retribuzioni, con addizionali Irpef aggiuntive su scaglioni di reddito superiore ai 90.000 Euro lordi per la dipendenza, con blocchi alle dinamiche di sviluppo professionale e di carriera, con forti limitazioni al turn over, con la drastica riduzione dei posti letto per acuti senza un contestuale e coerente incremento di quelli in post acuzie e residenziali e di altre forme di assistenza socio sanitaria domiciliari. Questa è la parte più appariscente di quanto richiesto ma, come la punta di un iceberg, non rende l’idea della più grande parte sommersa, rappresentata da quel la- 13 voro oscuro e quotidiano di prima linea, laddove cioè i nostri professionisti sono chiamati a reggere il fronte di una domanda sanitaria in crescita quali-quantitativa, a fronte di risorse decrescenti. Dobbiamo soprattutto contrastare quella deriva che, nelle organizzazioni sanitarie sempre più assillate dal contenimento dei costi, sospinge i nostri professionisti verso una dimensione di anonimi ma costosi fattori produttivi e il loro prodotto, i delicati ma costosi servizi di tutela della salute, verso una mera quantificazione dei costi che generano. Questo non significa chiamarsi fuori da quelle responsabilità che invece ci competono per concorrere alla sostenibilità del nostro sistema sanitario, ma pretendere che i decisori e i cittadini guardino a noi come fonti di soluzione dei problemi e non come causa degli stessi. Viene a questo punto da chiedersi che cosa stia nelle nostre disponibilità per evitare, o quanto meno contrastare, questo fenomeno e disegnare una prospettiva per la professione, in grado di farle attraversare il deserto di questi tempi, mettendo in gioco quanto di meglio esprime e soprattutto può e deve ancora esprimere. Questo significa non solo legittimamente difendere ruoli, funzioni e ambiti di competenze, ma anche promuovere innovazioni nella nostra cultura tecnico- professionale, nella nostra formazione universitaria e long-life, nella nostra deontologia, nei tradizionali modelli di organizzazione del lavoro mettendo così in campo energie e risorse oggi silenti, capaci peraltro di produrre efficienza ed efficacia nelle organizzazioni sanitarie. Proteggere la nostra professione vuol dire infatti rifondare i luoghi e i contenuti della formazione universitaria del medico, promuovere lo sviluppo professionale come standard di valutazione delle competenze, pretendere il rispetto della sua autonomia e responsabilità nei processi decisionali e gestionali delle istituzioni sanitarie come garanzia dei diritti delle persone assistite, ridisegnare relazioni e funzioni con le professioni sanitarie che, nelle moderne organizzazioni sanitarie, concorrono ai processi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione”. Nicola Ferraro ottobre 12 Il dedalo STRATI DI COSCIENZA E DILEMMI MORALI Lo studio del cervello, sia nel soggetto sano che nel paziente neurologico, fornisce frequenti spunti di dibattito di interesse generale per la società. Le recenti scoperte nel campo delle neuroscienze hanno illuminato aspetti fondamentali del funzionamento del cervello e al contempo hanno rivelato importanti scenari per la morale, la religione, la politica, oltre che le riflessioni sul sé e sui contenuti della mente. La società civile sempre più frequentemente bussa alla porta del neuroscienziato per ottenere risposte e chiarificazioni che influenzeranno decisioni cruciali nelle aule di tribunale come nei sondaggi di marketing [1]. La nascita di discipline autonome come la neuroeconomia, la neuroetica e la neuroestetica è una recente testimonianza dell’impatto che le neuroscienze hanno ormai assunto sulla vita di milioni di persone [2]. Da qualche tempo si parla infatti di una vera e propria “neurocultura”, termine di nuovo conio che riassume efficacemente i molteplici aspetti di intersezione tra le neuroscienze e la società [3]. L’area in cui forse più che altrove tale impatto è risuonato nell’interesse dei media è quella delle patologie della coscienza [4]. La coscienza La coscienza è indubbiamente l’aspetto più caratterizzante di ogni essere umano. Passiamo infatti la maggior parte della nostra vita in uno stato di veglia e di consapevolezza dell’ambiente che ci circonda. Tutti i giorni interagiamo a più riprese con i nostri simili e con il mondo, e siamo in grado di farlo producendo comportamenti coerenti con ciò che ci viene richiesto, proprio perché ci rendiamo conto di essere coinvolti in determinati accadimenti. Le neuroscienze hanno rivelato che la coscienza sembra essere associata a un’elevata elaborazione dell’informazione da parte di alcune aree cerebrali polimodali e associative (prefrontali, parietali e temporali), la cui attività è fondamentale per l’esecuzione di funzioni di ordine superiore, come la memoria, l’attenzione e il linguaggio [5]. Non solo: anche la capacità di provare emozioni sembra essere strettamente intrecciata al senso di consapevolezza di sé e dell’ambiente [6]. La coscienza viene pertanto a coincidere con l’essenza della natura umana. Detto al- ottobre 12 trimenti, la coscienza è alla base delle persone che siamo. Queste considerazioni sollevano delicate questioni etiche sul rapporto tra coscienza e qualità della vita dei pazienti con patologie neurologiche croniche che compromettono lo stato normale di coscienza. È sicuramente ancora vivido il ricordo delle controversie infiammate dai casi di Eluana Englaro in Italia e Terry Schiavo negli Stati Uniti. In gioco non c’era solamente la vita delle pazienti, ma soprattutto quale dovesse essere il valore da attribuire all’esistenza di pazienti con gravi quadri clinici, la cui capacità di essere coscienti fosse grandemente danneggiata. Alle neuroscienze viene chiesto di contribuire a chiarire i dilemmi etici cui ci troviamo di fronte in queste situazioni, fornendo elementi che aiutino a prendere decisioni pienamente motivate. Negli ultimi due decenni, grazie al perfezionamento delle tecniche di neuroimmagine, che permettono un’istantanea dell’attività cerebrale in vivo, la coscienza è entrata a pieno titolo a far parte dei fenomeni di indagine scientifica. L’interesse ha riguardato lo studio della coscienza sia in soggetti sani sia, soprattutto, in pazienti affetti da danni neurologici e/o sindromi neuropsichiatriche e neuropsicologiche. Sono inoltre di grande interesse recenti ricerche volte a individuare dei criteri per stabilire l’effettivo stato di coscienza di pazienti con severi danni neurologici [7]. Uno di questi studi ha utilizzato la tecnica di risonanza magnetica funzionale (fMRI) per dimostrare che una paziente, diagnosticata in stato vegetativo, era comunque in grado di esibire segni di attività cosciente, quando richiesta di immaginare specifici movimenti precodificati come giocare a tennis (Figura 1) [8]. Tali risultati contribuiscono a migliorare i criteri e gli strumenti diagnostici con cui effettuare la valutazione dello stato di coscienza di un individuo colpito da danni neurologici. In particolare, le tecniche di neuroimmagine pos- 14 Il dedalo Figura 1. è stato possibile visualizzare segnali di attività cerebrale cosciente quando a pazienti con diagnosi clinica di stato vegetativo veniva richiesto di rievocare sequenze motorie pre-codificate, come nel gioco del tennis. Figura 2 Alterazioni fisiologiche (sfondo bianco) e patologiche (sfondo azzurro) dello stato di coscienza: si notano variazioni graduali sia nel livello di vigilanza (asse Y) che nei contenuti di coscienza (asse X). sono rivelarsi di grande utilità per discriminare con più precisione i confini tra i diversi stadi intermedi che si situano fra la morte cerebrale e lo stato normale di piena coscienza. Ciò appare di estrema importanza soprattutto nel caso in cui vi siano prospettive di recupero per il paziente. Gli strati della coscienza L’accurata valutazione dello stato di rispondenza nei casi di patologie neurologiche che compromettono la coscienza in forma cronica (coma, stati vegetativi) o acuta (epilessia, encefaliti) è di primaria importanza ai fini della diagnosi, della prognosi e dell’assistenza del paziente [9]. Dal punto di vista operativo, è possibile suddividere le caratteristiche dello stato di coscienza in due dimensioni: i contenuti della consapevolezza, ovvero l’essere coscienti di sé e dell’ambiente, e il grado di coscienza, ovvero il livello di vigilanza. A seconda delle aree cerebrali lese e della severità ed entità del danno derivano condizioni neurologiche in cui i due aspetti possono essere variamente colpiti, sia in modo persistente che transitorio (Figura 2). Come è noto al clinico, la capacità di rispondere agli stimoli esterni è direttamente proporzionale all’aumento sia del livello sia dei contenuti di coscienza. Per esempio, nello stato di coma, così come nell’anestesia generale, si riscontra l’assenza di qualunque risposta a stimoli esterni. Nello stato vegetativo il paziente apre e chiude gli occhi, alternando i periodi di veglia e di sonno: manca tuttavia ogni attività cognitiva. Nello stato di minima coscienza, sebbene la coscienza sia gravemente danneggiata, è comunque presente un 15 grado minimo di consapevolezza di sé e dell’ambiente. Ciò si riscontra attraverso l’esecuzione di comandi semplici, risposte sì/no di tipo gestuale o verbale, comportamenti finalistici e manifestazioni emotive di riso o pianto appropriate alle circostanze. Una delle scoperte più interessanti delle neuroscienze dell’ultimo decennio è che la coscienza sembra essere un fenomeno graduale, che emerge e si manifesta, per così dire, “a strati”. Sebbene attualmente non esista un procedimento infallibile per la misurazione dello stato di coscienza nei pazienti affetti da diverse patologie neurologiche, è auspicabile che in futuro l’integrazione tra i consueti strumenti della valutazione clinica (come la Glasgow Coma Scale e la Glasgow-Liege Scale) e l’impiego di nuovi protocolli, derivati dagli esiti delle indagini effettuate con le tecniche di neuroimmagine, possano condurre a valutazioni più obiettive e affidabili. È quindi facile prevedere che in futuro, con il miglioramento delle tecniche di indagine cerebrale in vivo e delle procedure di interpretazione dei dati clinici, gli studi sui correlati neurali dei disturbi della ottobre 12 Il dedalo coscienza daranno notevoli contributi al fine di affinare la diagnosi e potenziare i meccanismi di recupero cerebrale. Le maggiori conoscenze apriranno inoltre nuove finestre sulla natura umana e ci potranno illuminare sulle coordinate etiche riguardanti la dignità della vita. Prof. Andrea E. Cavanna, MD PhD [email protected] Michael Trimble Neuropsychiatry Research Group, University of Birmingham and BSMHFT, Birmingham, UK Sobell Department of Motor Neuroscience and Movement Disorders, Institute of Neurology and University College London, UK Prof. Andrea Nani Michael Trimble Neuropsychiatry Research Group, University of Birmingham and BSMHFT, Birmingham, UK BIBLIOGRAFIA 1 Frank L. (2011). The Neurotourist: Postcards from the Edge of Brain Science. Oxford: Oneworld Publications. 2 Fehr E, Camerer CF. (2007). Social Neuroeconomics: The Neural Circuitry of Social Preferences. Trends in Cognitive Sciences 11:419-427. 3 Rolls ET. (2012). Neuroculture. Oxford: Oxford University Press 4 Cavanna AE, Nani A. (2012). Consciousness: States, Mechanisms and Disorders. New York: Nova Science Publishers. 5 Cavanna AE. (2007). The Precuneus and Consciousness. CNS Spectrums 12:545-552. 6 Damasio AR. (1999). The Feeling of What Happens. New York: Harcourt Brace. 7 Boly M, Coleman MR, Davis MH et al. (2007). When Thoughts Become Actions: An fMRI Paradigm to Study Volitional Brain Activity in NonCommunicative Brain Injured Patients. Neuroimage 36:979-92. 8 Owen AM, Coleman MR, Boly M et al. (2006). Detecting Awareness in the Vegetative State. Science 313:1402. 9 Cavanna AE, Monaco F. (2009). Brain mechanisms of altered conscious states during epileptic seizures. Nature Reviews Neurology 5:267-276. ottobre 12 16 Il dedalo LA CRISI COLPISCE LA SANITÀ PIEMONTESE Triste risveglio per la capitale del management italiano. La sanità piemontese rischia di fallire, schiacciata da miliardi di Euro di deficit. Per anni hanno vinto le impostazioni culturali, prima ancora che politiche, che relegavano l’economia ad un noioso dettaglio burocratico che sanciva ex-post l’andamento della spesa sanitaria, come un dato di fatto. La sicurezza di poter disporre, sempre e comunque, di risorse illimitate, per il settore salute, ha indotto a non tenere troppo in considerazione le risultanze contabili: anzi queste sono state sistematicamente ritardate e non pubblicizzate. Ora che la situazione obbliga a definire il reale stato di indebitamento del settore pubblico, anche il settore sanitario comincia a prendere coscienza della superficialità che ha portato ad adottare una serie di accorgimenti per spostare agli esercizi successivi la manifestazione finanziaria degli impegni assunti. Alcuni degli accorgimenti adottati sono a dir poco curiosi: il patrimonio veniva dichiarato cedibile e sulla previsione di incasso, si cominciava a spendere; non si iscrive il possibile costo per gli interessi per ritardato pagamento ed ora, se cerchiamo di cambiare ditta, perché la concorrenza offre un prezzo minore, ci troviamo a pagare dieci anni di interessi arretrati alla ditta esclusa; si iscrivono in bilancio crediti verso altre Aziende sanitarie che, come i titoli di stato greci, sarà ben difficile poter incassare. E via dicendo. chi burocrati e consci dei possibili effetti della crisi finanziaria, si tende a portarsi avanti con i lavori, dando corso a nuove spese, fiduciosi che il criterio sia sempre quello di tagliare un po’a tutti. Meglio quindi aumentare subito le spese, in modo che i tagli pesino di meno! Con questa mentalità, il deficit continua a crescere con responsabilità generali e collettive, sostenuto dalla difficoltà di individuare parametri di razionalizzazione: la demagogia in ambito sanitario risulta essere quanto mai efficace, impedendo qualsiasi forma di analisi economica di fronte ad un nuovo investimento, impedendo di verificare l’utilità marginale dei singoli impieghi. Le prime critiche sulle modalità di utilizzo delle risorse disponibili hanno evidenziato ad esempio: –– –– –– –– I presupposti della crisi La prima domanda da porsi è come mai nessuno se n’era finora accorto, o più correttamente, a quante forze faceva comodo non accorgersi che la situazione si stava progressivamente deteriorando? Un’infinità di interessi, che partono dalle ditte fornitrici fino al singolo dipendente del S.S.R., aveva infatti convenienza a pensare che tutto andasse bene e che si potesse continuare così, ancora per tanto tempo. Il problema è che oggi si registra più di un segnale di cedimento. Le banche, che fungevano da istituto tesoriere, cominciano ad essere preoccupate per l’eccessiva esposizione verso il settore pubblico, e le aziende sanitarie in particolare, ed inevitabilmente tendono a ridurre le aperture di credito, mentre la macchina della spesa non riesce a rallentare. Anzi da buoni vec- 17 un continuo proliferare di high tecnology, come se a curare i pazienti non fossero le ore in cui rimangono in attività le attrezzature, ma il numero di nastri tagliati per inaugurarli (se ci confrontiamo con l’Europa appare evidente come in Italia, a “deficitare” non sono le tecnologie, ma le loro modalità di utilizzo); il numero di parti per reparti di ginecologia è decisamente inferiore a quello previsto dall’OMS per raggiungere la cosiddetta more experience, mentre la percentuale dei parti cesarei risulta ben superiore a quel 15% proposto dalla stessa OMS; la percentuale di farmaci generici è assai distante dal 42% raggiunto in Germania; le densitometrie ossee effettuate superano di gran lunga quelle della media europea. Se a questi scostamenti, rispetto al benchmarket, corrispondono risultati eccellenti la situazione sarebbe facilmente difendibile, ma così non è. La crisi finanziaria comincia a colpire duro anche il Piemonte, ma, contraddicendo le tradizioni sabaude, questa volta ci coglie un po’impreparati. Non perché siamo l’unica Regione del Nord in condizioni di prefallimento, ma perché il Piemonte aveva spesso rappresentato un cardine del sistema sanitario, contribuendo anche alla formazione di più di un Premio Nobel per la medicina. Oggi situazioni di altissima professionalità si alternano a situazioni irrazionali, senza che il sistema riesca ad isolare ed eliminare l’inefficiente: anzi proprio chi genera situazioni inefficienti sembra riscuotere maggiore successo. La carenza dei controlli interni, sancita dall’inutilità dei nuclei di valutazione e dei collegi sindacali, le difficoltà nel far funzionare i dipartimenti o di creare una rete di benchmarket, fan sì che rimanga difficile distinguere chi opera correttamente da chi sperpera. In mancanza di ottobre 12 Il dedalo regole, si richiede a tutte le unità erogative di ridurre le spese, senza neanche tentare di definire un ordine che permetta di elencare le strutture in funzione della capacità di utilizzo delle risorse. Il bivio Oggi siamo di fronte ad un bivio: irrigidirsi su ogni piccola questione per mantenere lo status quo e il perpetrare i singoli interessi o cercare di salvaguardare un sistema che permette di curare milioni di persone ancora con ottimi risultati, attraverso un’azione di profonda ristrutturazione. Interpretare il mondo sanitario e rilanciare le possibilità di sviluppo delle sue singole componenti rappresenta una sfida indispensabile per mantenere e migliorare il sistema. Per affrontare questa sfida occorrerà accrescere le conoscenze sui meccanismi di funzionamento e le condizioni in cui queste si realizzano. L’approccio da seguire sarà inevitabilmente di tipo interdisciplinare, volto ad inserire nel ragionamento l’insieme definire realtà estremamente diverse all’interno del settore sanitario, ognuna con caratteristiche proprie. Nonostante il riconoscimento della crucialità del problema sono però pochi gli studi e i momenti di riflessione, con la conseguenza che il processo decisionale appare spesso irrazionale e incongruo, oltre che lento. Il Piemonte, salvo alcuni lodevoli tentativi, non ha organizzato una vera e propria scuola di formazione per il management, cosicché il livello di preparazione risulta alquanto frastagliato: ogni manager, ai vari livelli, ha seguito un suo percorso e ciò rende difficile una gestione uniforme delle strutture. Non trovando criteri di selezione, risultava spesso vincente chi riusciva a trovare “il cavillo per accrescere la spesa” e così l’offerta di beni e servizi è aumentata senza controlli. La crisi finanziaria pone però dubbi sulle possibilità di mantenere tale stile di management. Il rischio è che proprio nel momento del maggior bisogno sociale si palesino gli effetti delle “non” decisioni. Da tempo si rileva come i costi eccedono le risorse disponibili, ma psicologicamente nessuno voleva affrontare il problema, rischiando, ora, di far mancare di colpo il carburante al sistema. Sta cioè venendo a mancare quel terzo pagante (il debito dello Stato) che ha, fin ora, permesso il mantenimento e il potenziamento delle attività, senza fornire agli operatori gli strumenti per valutare il grado di efficienza delle medesime. A sostenere quest’atteggiamento sono stati gli indubbi vantaggi in capo a chi accresceva il deficit: peccato che probabilmente non saranno costoro a dover dire ai pazienti che non ci sono più fondi per una carrozzina o per i farmaci. La possibile evoluzione dello scenario delle conoscenze che diverse discipline scientifiche hanno acquisito nel settore, cercando di ricondurre il tutto ad una sintesi unitaria. Quello che manca è spesso una visione comune per affrontare il problema, dando invece spazio alle pretese individuali spalleggiati da una legislazione ormai anacronistica. Ad esempio: spostare un dipendente all’interno dello stesso ospedale è un’impresa ardua (anche perché il management non è in grado di fornire i criteri per cui si sposta un dipendente anziché un altro); si protocollano in ogni azienda sanitaria migliaia di lettere del tutto inutili (se non come forme di tutela per chi scrive) e via di questo passo. La complessità insita nella gestione delle attività sanitarie, alla luce della crisi finanziaria, obbliga a rivedere l’assetto del sistema e ridefinire ogni singolo settore, avendo ben coscienza che il processo di specializzazione ha portato a ottobre 12 Nell’immaginario collettivo, fino al periodo antecedente la crisi, quasi tutti riconoscevano nel sistema sanitario l’apparato cui affidare le proprie aspettative di salute. La crisi economica e il rapido mutamento cui è sottoposta la nostra società, fa dubitare che si possa continuare, nelle stesse forme, anche nel prossimo futuro, per sempre più evidenti ragioni di sostenibilità. La capacità del sistema di rispondere alle pretese che giungono dalle diverse istanze sociali deve quindi trovare risposte nel superamento dei meccanismi attualmente in essere, individuando, sperando in “isorisorse”, modelli organizzativi in grado, di gestire le maggiori esigenze, gerarchizzandole per ordine di gravità. Nel corso degli anni, la consapevolezza dei diritti sanitari è andata crescendo, diventando patrimonio culturale sia delle collettività, che dei singoli individui. Questo approccio ha permesso lo sviluppo di una sensibilità insperata solo pochi decenni fa, ma ha anche generato una visione troppo personalizzata del concetto di salute e delle aspettative in essa riposte, fino a negare l’accettazione della possibilità di ammalarsi. Tutti conoscono i propri diritti, ma tutti li percepiscono in modo leggermente diverso dagli altri componenti delle collettività, 18 Il dedalo accrescendo così il rischio di conflittualità. La complessità del mondo globalizzato obbliga però a rivedere i confini e le modalità di attuazione di quelli che, fino a ieri, venivano considerati diritti irrinunciabili, sapendo però che, oggi, non si è più in grado di soddisfarli tutti, se non coniugando la dimensione globale con il contesto locale. Occorre cioè rivedere il Welfare state trasformandolo e adattandolo a una logica sostenibile, dove tutti gli attori si sentano parte attiva, contribuendo a costruire condizioni accettabili, evitando il rischio di rimanere senza stato sociale, proprio quando la crisi economica richiederebbe un maggior livello di coesione sociale e di redistribuzione. La sfida dei prossimi anni è quella di riconciliare l’affermazione dei principi, sanciti con la “Carta dei Diritti”, che ha posto il rispetto dei diritti dell’ uomo tra le finalità dell’ONU (concetti poi ripresi dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nella “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” del 10 dicembre 1948) e la possibilità di organizzare servizi adeguati nei micro cosmi, nel rispetto delle singole condizioni operative. Ciò comporta il determinare limiti e regole, in quanto le attuali non sono riuscite ad autocontrollare l’utilizzo delle risorse, mentre ne esaltano la possibilità di rivendicazione. La crisi di sistema dei primi anni ‘90 aveva portato il sistema italiano a ricercare soluzioni politico-legislative non più basate su un sistema di tipo assembleare, ma ad attribuire a una sola persona la gestione degli apparati pubblici (ASL comprese), per un periodo prefissato di tempo. Da un eccesso di “assemblearismo”, considerato causa principale dello spreco, si è cioè passati ad un organismo “monocratico” e sulla carta tecnocratico, che però avrebbe dovuto essere accompagnato da una serie di adeguamenti, tali da renderlo confacente alle specificità del settore sanitario. La scarsa organizzazione delle società scientifiche, associato al fallimento degli organi di controllo, ha invece impedito lo svilupparsi di un’adeguata dialettica propositiva. La massa di informazioni e di conoscenze necessarie per gestire la sanità indurrebbe a coinvolgere tutti i decision maker, ma la mancanza di cultura manageriale non permette ancora che tale concentrazione di professionisti si traduca dallo sterile assemblearismo populista in una reale capacità di assumere decisioni razionali e tempestive. Per la funzionalità del sistema, oltre all’individuazione di un modello razionale, è infatti necessaria la presenza di substrato culturale e, soprattutto, di una classe dirigente in grado di attuare i programmi di ristrutturazione. Una sfida decisamente affascinante per il management del Piemonte: peccato la si debba affrontare con le tasche vuote. Emanuele Davide Ruffino Bruno Perino Germana ZollesI 19 ottobre 12 Lo stetoscopio PICCOLO VIAGGIO NELL’UROLOGIA AL FEMMINILE Nella sensibilità comune il rapporto ginecologo uomo/ facilmente ad un’assistenza di più ampio respiro, anche paziente donna è ben accetto (almeno in Occidente) e di tipo sessuologico. La Sessuologia non viene rifiutata quindi non colpisce più di tanto. Ma si può dire la stes- nel rapporto urologa/paziente, ma anche dove non sasa cosa di quello tra urologa e paziente uomo? Premes- rebbe l’aspetto principale, alla fine spesso la si deve afso che su tale rapporto giocano pesantemente l’età, la frontare. “Essere urologa – conclude la dottoressa Ambu cultura e la personalità di chi si sottopone ad una visita - quindi non significa necessariamente essere androlourologica, che qui definiremmo perlomeno “delicata”, ga o sessuologa (anche se spesso vi è confusione tra le incide molto anche sul paziente la qualità percepita della due specialità); l’urologo dei nostri tempi non prende in professionista. Un certo disagio in tale rapporto indub- considerazione non solo la parte “meccanica” (starembiamente esiste, incidendo in misura assai più marcata mo per dire, idraulica) della patologia, ma tiene anche che in quello tra specialista e paziente di sesso analogo. conto delle implicazioni affettive, familiari, psicologiche Ne conviene anche Alessandra Ambu, dirigente di I° li- che una malfunzione dell’apparato uro-genitale può vello nella Struttura Complessa di Urologia dell’Ospedale comportare”. civile di Rivoli, diretta da Maurizio Bellina: “In quasi 20 anni di pratica clinica (una decina come urologa) non Massimo Boccaletti mi è tuttavia mai capitato – dice - che qualche paziente si sia sottratto alla visita per mettersi nelle mani di uno specialista maschio. Nel corso di laurea esiste anche una materia chiamata Psicologia clinica “ma a dissipare l’imbarazzo aiuta più la pratica che la condotta apAllo stesso argomento la redazione ha dedicato presa sui libri”. un’intervista al prof. Dario Fontana, realizzata dalla Il momento più delicato è forse la manovra manuale dottoressa Patrizia Biancucci e pubblicata sul Portache si compie per verificare le condizioni della prole dell’Ordine stata. In quel caso a dissipare il disagio può anche www. videomedica.org aiutare una frase del tipo: “Se fossi un’oculista le (parola chiave per la ricerca del fimato “Fontana”). guarderei gli occhi. Invece, essendo urologa…”. Disagio destinato forse ad attenuarsi in futuro, perché l’urologia appare oggi sempre più al femminile, in linea peraltro con il trend di altre Hai lo smartphone? specialità (ad esempio l’OdontostomatoloCollegati con il codice QR! gia). “Al di là della frasetta convenzionale, della battuta distensiva – osserva ancora la dottoressa Ambu - l’imbarazzo tenderà comunque a dissiparsi se tra curante e curato subentra l’empatia”. Cioè? “Quando da un lato c’è partecipazione LA “GEOGRAFIA” DELLE UROLOGHE IN ITALIA al problema del paziente – sottolinea È stato recentemente somministrato un “questionario conoscitivo” l’urologa - e dall’altro la sicurezza che il sulla condizione delle donne urologhe italiane a curato dalla CIFU professionista si farà carico di aiutare il (Comitato Italiano Femminile Urologhe). Dai 187 questionari compaziente a risolvere il problema”. pilati risulta che: A causa dell’aumento della vita media, * il numero delle professioniste ammonta in Italia a più di 400 unità, l’urologia moderna intercetta in questi con una età media di 39.8 anni; anni un’importante quota di patologie * il 41% lavora in Aziende universitarie e il 39% in quelle ospedaliere; oncologiche; in questi casi, alcuni interventi demolitivi (in particolare quelli su * le ore lavorative settimanali prestate sono per il 29% dalle 41 alle 60; vescica e prostata) possono mettere a * il 22% delle specialiste lavora più di 50 ore; rischio la potenza sessuale. Ecco allora * il 54% risulta invece svolgere attività libero professionale. che da un rapporto terapeutico basato L’81 per cento, cifra assai significativa per la rilevanza del dato e per il su due fasi (intervento chirurgico e riatipo di domanda posta, si dichiara del tutto “soddisfatta” del proprio bilitazione post-intervento) si passa assai lavoro. ottobre 12 20 Chi fa cosa QUELL’INUTILE DOLORE... Istituzioni e cittadini insieme per combatterlo La lotta al dolore è un impegno che da oltre un decennio la Sanità italiana sta portando avanti, dall’iniziale direttiva 24 maggio 2001 del Presidente del Consiglio dei Ministri, conforme alle indicazioni dell’OMS e del PSN (Piano Sanitario Nazionale) 1998/2000, alla tappa fondamentale dell’anno 2010, con la Legge 38 del 15 marzo, che ha permesso di compiere un importante passo in avanti nel trattamento del dolore cronico, distinguendo nettamente tra cure palliative e terapia del dolore, branca della medicina per la cura di tutte le patologie dolorose di natura oncologica e non oncologica. Nella “Giornata Nazionale del Sollievo 2012”, che si è tenuta nel maggio scorso, presso tutti i punti informativi del Maria Vittoria e dell’Amedeo di Savoia sono stati messi a disposizione di pazienti e visitatori opuscoli e materiale informativo sul centro di terapia del dolore, sul quello di cure palliative e sulle indicazioni d’uso degli oppiacei. Un patto di solidarietà tra istituzioni e cittadini che si rinnova ogni anno. Nell’ambito di questa iniziativa – ha detto il dr. Paolo Mussano, Direttore Sanitario dell’Ospedale Maria Vittoria - sono stati organizzati diversi eventi, grazie alla collaborazione tra le Direzioni Sanitarie degli Ospedali Maria Vittoria e Amedeo di Savoia e le Strutture di Terapia Antalgica e Cure Palliative, per informare i cittadini sui loro diritti, attraverso la presentazione della ‘Carta dei diritti del paziente che soffre’ e dei servizi dedicati alla cura del dolore e alla palliazione”. “Il confronto con la popolazione – ha sottolineato ancora il Direttore Sanitario - rappresenta sempre un momento imprescindibile per noi operatori sanitari che abbiamo come obiettivo primario la presa in carico e l’assistenza dei pazienti”. Per questa occasione anche al Sant’Anna, alle Molinette ed al Regina Margherita di Torino porte aperte contro il dolore. Centoquattro ospedali sono stati premiati con i Bollini Rosa dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna -O.N.Da. (le informazioni sono disponibili ed in continuo aggiornamento sul sito www.bollinirosa.it o telefonando al numero 02/29015286.) “L’iniziativa è stato il naturale proseguimento dell’evento dello scorso anno – ha spiegato la Dott.ssa Teresa Emanuele, Responsabile del Progetto Ospedale Donna - in cui è stato distribuito a tutti i pazienti e ai visitatori un questionario per misurare la percezione del dolore e sondare l’informazione ricevuta dagli operatori sanitari sulle cause e terapie del dolore.” Dall’analisi dei risultati è emerso che non c’è ancora una chiara consapevolezza su questo tema ed è per questo che l’informazione alla popolazione costituisce un momento essenziale per la sensibilizzazione pubblica. Fonte: Comunicati Stampa dell’ASLTO2 e dell’Ospedale Molinette S. Patrito e PP. Berra ottobre 12 22 Chi fa cosa GUIDA AI SERVIZI PER IL PAZIENTE ONCOLOGICO E LA SUA FAMIGLIA Il 20 giugno scorso presso l’Aula Magna A.M. Dogliotti dell’Ospedale San Giovanni Battista di Torino, è stata presentata la prima edizione della Guida ai servizi per il paziente oncologico e la sua famiglia. La guida, curata dagli assistenti sociali della rete oncologica Piemonte e Valle d’Aosta – spiega Lorella Perugini, coordinatore della ROAS (Rete Oncologica Assistenti Sociali) Piemonte e Valle d’Aosta -, è una concreta risposta alle esigenze dei cittadini affetti da patologie oncologiche per ottenere un’informazione competente ed esaustiva sui servizi e le attività di sostegno e aiuto in aggiunta al trattamento terapeutico di routine; con la centralità della persona nella sua interezza e complessità e che, colpita temporaneamente da una malattia, ha diritto a vivere dignitosamente. Nella guida si trovano le indicazioni per ottenere aiuti pratici, per risolvere i problemi quotidiani e per ottenere aiuti finanziari. Scopo della giornata è stato sviluppare tra tutti gli operatori coinvolti nella cura, assistenza e riabilitazione del paziente oncologico, i canali di informazione e condivisione degli gli aspetti riferiti al lavoro di Rete. Da tutti i relatori è emersa chiaramente la necessità di standardizzare e divulgare il progetto, unificare il linguaggio burocratico e informatico, rendere unica la modulistica e scambiarsi tutte le informazioni per poter lavorare verso una migliore assistenza al malato. “La Rete siamo noi, persone che vogliono fare le cose e che hanno la forza di fare le cose” ha dichiarato il prof. Oscar Bertetto, Direttore del Dipartimento ROPV (Rete Oncologica Piemonte e Valle d’Aosta). Vari e di grande interesse i temi trattati: la legge 104 /92, l’accoglienza psico-sociale alla donna operata alla mammella, i bambini in cura, le cure palliative, l’assistenza domiciliare tramite la Faro, la realtà delle famiglie con familiare in cura presso l’Ospedale di Candiolo… Un progetto molto interessante è quello portato avanti dal Regina Margherita: lo “SP.IN” (SPortello Informativo), illustrato da Elena Volpe, assistente sociale: “Gemmato dalla Carta dei Bambini, lo SP.IN si occupa di accompagnare la famiglia nell’accettazione della malattia e nella risoluzione pratica dei problemi quotidiani come sostituire i genitori nell’andare a prendere a scuola i fratellini del bambino malato. Abbiamo ottenuto per i nostri piccoli ospiti delle facilitazioni, per esempio, per il riconoscimento dell’invalidità o della legge 104: una volta alla settimana è il medico legale Inps che viene presso la nostra struttura e visita i bambini che hanno fatto richiesta di prestazione e non il contrario, azzerando quindi tutte le difficoltà burocratiche e logistiche con gran sollievo per i piccoli e i loro genitori”. 23 La dott.ssa Fagioli, direttore della S.C. di Oncoematologia Pediatrica dell’ospedale S.Anna, ha posto invece l’attenzione sugli aumenti di guarigione in percentuale positiva dell’ 80% nell’ultimo ventennio per i bambini italiani, mentre per i bambini provenienti da altre nazionalità (rumeni, albanesi, marocchini, cinesi, sudafricani) la percentuale resta più bassa. “Negli ultimi anni l’afferenza di bambini stranieri bisognosi di cure presso l’ospedale Infantile Regina Margherita ha subito un costante incremento, dovuto ad un aumento delle famiglie di stranieri residenti sul territorio cittadino e provinciale, ma anche a nuclei che intraprendono veri e propri viaggi della speranza per curare i loro bambini malati. A volte pazienti possono presentare, oltre alla malattia neoplastica e alla tossicità secondaria alle cure, patologie ‘endemiche’ della loro nazione di origine (infettive, cardiologiche, nutrizionali…). “Occorre quindi, superando la barriera linguistica e spesso anche socio-culturale che accompagna queste famiglie – ha aggiunto la dottoressa Fagioli- ricostruire in modo più preciso possibile l’anamnesi, la storia clinica, il pregresso trattamento, e stadiare globalmente il paziente, prima di impostare un corretto iter terapeutico, che si riferisce alle indicazioni dei protocolli nazionali ed internazionali, ma è adattato al singolo caso. A questo scopo è stato attivato il programma di scambio Cura e Intercultura, che anche tramite un mediatore culturale, si occupa di capire oltre alla lingua, le differenze culturali, sociali e religiose del paziente e della sua famiglia per cercare di favorire un rapporto il più empatico possibile con i clinici”. Infine i servizi socio sanitari hanno lanciato una sfida per il risparmio perché, come ha sottolineato il direttore sanitario del Regina Margherita dott. De Intinis, “in Sanità ciò che non si spende si reinveste; bisogna dimostrare di poter risparmiare senza ridurre i servizi e la Rete può riuscirci perché ha raccolto intorno a sé talmente tante intelligenze che ha l’intelligenza di riuscire nell’intento”. Quindi, come recita un proverbio africano “Da soli si va più veloci ma insieme si va più lontano”. La Guida ai Servizi è distribuita gratuitamente in tutte le strutture sanitarie presenti in Piemonte e Valle d’Aosta ma è possibile consultarla e scaricarne copia dal sito della Rete Oncologica (www.reteoncologica.it) nella sezione allegati. Carmen Di Pardo Ufficio Stampa Rete Oncologica Piemonte e Valle d’Aosta AOU San Giovanni Battista ottobre 12 Chi fa cosa CINQUEMILA DONNE PER NINFEA È possibile vedere il video de “Il Progetto Ninfea” all’indirizzo: http://www.youtube.com/watch?v=7NHNrLX3b8c hone? p t r a lo sm i con HaiCollegate QR! dic il co Come nasce NINFEA Avviato nel 2005 dagli epidemiologi dell’Università e dell’Ospedale Molinette di Torino, NINFEA nasce dalla constatazione che la salute degli esseri umani è fortemente influenzata dagli ambienti e dalle circostanze che si incontrano nei primi anni di vita, e ancor prima, nell’utero materno. Per capire come queste esposizioni con il passare degli anni influenzino l’insorgere di malattie, la cosa migliore da fare è seguire fin dalla nascita (e dalla gravidanza) un gran numero di bambini, raccogliendo man mano informazioni sul loro stato di salute e sul loro sviluppo accompagnandoli nel processo di crescita. È quello che gli epidemiologi chiamano “studio di coorte di nuovi nati”. «Con questo tipo di studio - spiega Lorenzo Richiardi, coordinatore del Progetto NINFEA potremo studiare se, e in che modo, l’assunzione di farmaci in gravidanza possa avere conseguenze sul futuro stato di salute del bambino, se e come la durata dell’allattamento materno influenzi il suo sviluppo, se l’esposizione all’inquinamento atmosferico nei primi anni di vita, il lavoro svolto dai genitori o le condizioni economiche producano qualche effetto nel tempo; e così anche ci interessa sapere quale influenza hanno le prime malattie infettive, la dieta o l’assunzione di alcol da parte della madre o la sua abitudine al fumo...». Un metodo nuovo Nel 2005, quando la costituzione di coorti di nuovi nati cominciava a prendere piede in Europa, anche gli epidemiologi di Torino decidono di iniziare uno studio di ottobre 12 Cinquemila: tante sono le mamme italiane che hanno aderito al Progetto NINFEA e hanno deciso di dare un contributo importante per tutelare la salute dei bambini e delle future mamme. NINFEA (sigla che sta per Nascita e Infanzia: gli Effetti dell’Ambiente) è infatti un progetto scientifico che si propone di approfondire la conoscenza dei fattori che possono causare complicanze durante la gravidanza e malattie nei bambini, dalla nascita fino all’adolescenza. coorte di questo tipo. Ma lo fanno sperimentando un approccio decisamente innovativo, che lo differenziava da tutti gli altri, ossia basandosi sull’uso di Internet. «Tutto lo studio, sia il reclutamento delle donne durante la gravidanza sia la raccolta dei questionari successivisottolinea Richiardi è svolto solo attraverso il Web, una modalità ancora inesplorata nel 2005. Nasceva così la coorte di nuovi nati NINFEA, coordinata dall’Università di Torino in collaborazione con altri centri italiani. Successivamente lo stesso approccio è stato utilizzato in altri studi di questo genere, sia in Europa sia nel mondo». Il punto cruciale, come sempre quando si ha a che fare con l’epidemiologia, è avere a disposizione una grande quantità di dati, e quindi di bambini e di madri che collaborano. NINFEA oggi Vi sareste aspettati di arrivare al traguardo di 5.000 partecipanti nel giro di sette anni? Era nelle aspettative (lo studio infatti prevede di arrivare ad almeno 7.500 partecipanti) ma non era per nulla scontato. Quando si comincia, infatti, soprattutto se si usa una metodica che non è stata ancora sperimentata su larga scala, le incognite sono tante e si può soltanto sperare di avere fatto previsioni corrette. Siamo davvero contenti del risultato e ringraziamo tutte le partecipanti per il loro contributo. Che tipo di informazioni vengono raccolte, e in che modo? Si raccolgono molte informazioni con diversi questio- 24 nari. I principali sono tre, ciascuno compilabile in circa 30 minuti: il primo durante la gravidanza, il secondo 6 mesi dopo il parto e il terzo 18 mesi dopo il parto. Si va da domande su esposizioni ambientali e occupazionali a domande sulla storia di salute o sulla storia riproduttiva, a quelle sullo stile di vita. Il secondo e il terzo questionario si focalizzano soprattutto sul bambino: lo sviluppo, l’alimentazione, il sonno, la frequenza delle malattie infettive, l’assunzione di farmaci... Infine, quando il bambino compie sei mesi, viene proposto alle mamme di partecipare anche alla parte dello studio che coinvolge la donazione di campioni di saliva, sia della mamma sia del bambino. Dopo la compilazione del terzo questionario, come vengono seguiti i bambini? Proponiamo brevi questionari periodici su tematiche specifiche quali, per esempio, lo sviluppo cognitivo e la salute respiratoria. Utilizzeremo anche informazioni che vengono già raccolte di routine in database amministrativi. Le madri che partecipano al progetto compilano solo i questionari oppure hanno un rapporto diretto con voi? Ci fa molto piacere constatare che riusciamo a mantenere uno scambio attivo con le partecipanti, cosa che avviene per e-mail ma, soprattutto, attraverso la nostra pagina facebook (www.facebook.com/pages/ProgettoNINFEA/210478081656). 25 Ma non solo: le mamme possono mantenersi costantemente aggiornate sugli sviluppi del Progetto anche accedendo al nostro sito www.progettoninfea.it Quando i dati raccolti potranno essere “messi a frutto”? Alcuni risultati sono già stati ottenuti. Inizialmente abbiamo condotto alcuni studi per dimostrare la validità del reclutamento basato su Internet. Tutti i lavori pubblicati, di cui diamo regolarmente notizia anche sulle news del sito e sulla nostra pagina facebook, sono elencati sul sito www.progettoninfea.it. Ora stiamo cominciando a lavorare su alcune tematiche sanitarie: in particolare sui determinanti della crescita e dell’asma e, insieme ad altre coorti di nuovi nati, sul ruolo di alcune esposizioni (occupazionali, consumo di pesce, moderato consumo di alcol, fattori socioeconomici) nell’influenzare il peso del bambino alla nascita. Che cosa deve fare una donna per partecipare a NINFEA? È sufficiente accedere al sito www.progettoninfea.it, cliccare sul pulsante dei questionari, registrarsi e cominciare la compilazione. Ufficio Stampa Progetto NINFEA Per informazioni: tel: 02 48702283, fax 02 48706089 [email protected]. ottobre 12 Medicina e salute L’ OSPEDALE SOTTO CASA: PER FARE COSA? L’affermazione del Professor Veronesi nel suo editoriale del 30 luglio u.s., su La Stampa a pagina 9, dal titolo “Strutture da ripensare e ricoveri brevi”* sull’inefficienza degli “interventi regolatori estemporanei”, che stabiliscono i tempi massimi delle liste di attesa, è del tutto condivisibile come quella sul fatto che “bisogna intervenire sulle cause”: ovvero eliminare le barriere che impediscono di mettere in atto prescrizioni normative, nuove iniziative e così via. Nei paesi di lingua anglosassone, USA, UK, Australia, Canada, sono in continuo sviluppo da più di un decennio, le ricerche sulla strategia di provata efficacia1 (EB, Evidence Based) per facilitare l’adozione, l’implementazione che dir si voglia, delle norme promulgate dagli enti regolatori o dalle società professionali sotto forma di linee guida o raccomandazioni. Sulla disponibilità ed accessibilità tempestiva, sotto casa, di attività diagnostiche che non costringano i pazienti o famigliari a grandi spostamenti e ai disagi relativi, sarebbe utile una maggiore precisazione per quanto riguarda il livello di approfondimento diagnostico che verrebbe richiesto ‘sotto casa’. Già oggi sono disponibili nelle città italiane e anche nei piccoli centri, molti laboratori e centri diagnostici privati accreditati e servizi ambulatoriali pubblici con dotazioni diversificate. Non si può certo preconizzare che siano a poca distanza da casa RM e TAC o PET e attrezzature e personale per sofisticate indagini cardiologiche (coronarografia, ecocardiografia esofagea). D’altra parte non va dimenticato che la crescita dell’offerta di prestazioni diagnostiche, induce la domanda come è stato recentemente dimostrato in uno studio in Piemonte sulla correlazione fra presenza di dotazioni strumentali e numerosità delle indagini effettuate2 a scapito dell’appropriatezza delle procedure e del contenimento della spesa. 1 Agency for Healthcare Research and Quality- Closing the Quality Gap: A Critical Analysis of Quality Improvement Strategies. Fact Sheet. AHRQ Publication No. 04-P014, Rockville, March 2004 2 Pinna Pintor P., Picco W., Gnavi R., Bobbio M. ‘Geographical variation in use of non invasive cardiovascular tests between small areas in the Piedmont Region (Italy)’ - poster 25th International Conference ISQua 2008 - Copenhagen Una proposta da approfondire La proposta del Professor Veronesi, dovrebbe essere più approfondita sulle tipologie di indagini “sotto casa” e la loro distribuzione sul territorio. Una diagnosi di sospetto infarto può essere affidata, ad esempio, al medico o al cardiologo di base, con la visita, l’elettrocardiogramma e il dosaggio degli enzimi cardiaci ma, sulla tempestività e efficacia dell’intervento in caso di diagnosi positiva, il sistema rischia di far perdere tempo prezioso ai fini della terapia con angioplastica primaria. Per questo tipo di sospetti diagnostici, ai fini dell’efficacia della terapia, non vi è dubbio che è meglio ricorrere ai Pronto Soccorso tramite il 118 (meglio l’arri- vo al Pronto Soccorso di tanti codici bianchi con pochi infartuati salvati che meno codici bianchi con infartuati morti o condannati alla cardiopatia cronica che oltre alla sofferenza, costeranno molto di più nel futuro). Per un sospetto clinico di embolia polmonare, la cui conferma richiede TAC multibanco ed esami di laboratorio, anche se i tempi non sono così stringenti come nella diagnosi di infarto, possono nascere dubbi sulle possibilità di effettuare indagini necessarie con diffusione delle dotazioni necessarie (TAC multibanco) sul territorio. Molti altri esempi si possono fare e riguardano ad esempio la prevenzione in ambito ostetrico: è difficile immaginare la disseminazione sul territorio di centri diagnostici di ostetricia prenatale che richiede, a parte la strumentazione sofisticata, una grande esperienza da parte degli operatori nell’uso della tecnica ultrasonica. Poiché il professor Veronesi accenna al ruolo di approfondimento diagnostico e terapico dell’ospedale, è possibile che la diagnostica strumentale di cui ha fatto cenno sia proprio quello che intende necessaria per gli appro- ottobre 12 Medicina e salute fondimenti affidati agli ospedali anche se nella attuale differenza della distribuzione geografica in Italia non è facile definire la soglia tra la diagnostica ‘sotto casa’ e quella per gli approfondimenti. Non vi sono dubbi invece sull’opportunità che in ospedale venga accorciata la durata dei ricoveri per il trattamento delle fasi acute senza dimenticare che, quando questo concetto definito “fast track” è stato introdotto in cardiochirurgia erano frequenti i rientri in ospedali di pazienti con complicazioni non gestibili a domicilio. Per questi pazienti, il Professor Veronesi, propone strutture di “accoglienza protetta” che, credo possono essere indicate come centri per postacuzie o per cure intermedie in cui ricoverare pazienti, che dopo la fase acuta, non essendo ancora stabilizzati, non possono essere inviati a domicilio ma devono essere trattati in centri per cure intermedie o di riabilitazione di diversi livelli a seconda della complessità delle patologie. Questi progetti non sono nuovi ma ed ancora del tutto recentemente figurano nell’ultimo DL 95/6-07 2012 che delibera la riduzione dei posti per acuti e passaggio a cure diurne in DH, dal DH alle cure ambulatoriali. Già tutto previsto e mai realizzato Il Professor Veronesi, infine, preconizza nel processo di trasformazione e modificazione dell’ospedale, la realizzazione nel rispetto di un “Principio Fondante”, non solo dell’eccellenza tecnologica delle cure, ma la loro umanizzazione come condizione per migliorare la QoL, Quality of Life, la qualità di vita, in definitiva. Questi requisiti in Italia da due decenni sono previsti dall’art 14 della riforma sanitaria (Legge 502 del 1992) che impone per l’accreditamento delle strutture, l’umanizzazione delle cure, l’informazione, ed il comfort alberghiero... E qui si torna da capo, le norme abbondano ma non sono applicate, gli enti preposti dl miglioramento della qualità e sicurezza delle cure dovrebbero destinare, come già in atto nei paesi citati, risorse per individuare nelle diverse aree geografiche e contesti specialistici, le strategie per il miglioramento. Prof. Plinio Pinna Pintor * L’articolo è facilmente scaricabile dalla Rete digitando il relativo titolo su un qualsiasi motore di ricerca. hone? p t r a lo sm i con HaiCollegate QR! dic il co ottobre 12 28 Medicina e salute DUE RUOTE INCONTRO AL SOLE… DELLA RICERCA MEDICA Questo il titolo di un benefico proclama lanciato il 23 giugno scorso per manifestazione cicloturistica non competitiva attraverso l’Italia per sostenere la ricerca pediatrica della Onlus dell’ospedale Infantile Regina Margherita. “Alle ore 12 – recitava l’invito- tutti davanti all’ospedale Infantile Regina Margherita con bici, handbike, velocipedi, tricicli, pedibus calcantibus per accogliere, applaudire ed augurare buona viaggio al gruppo di ciclisti che pedalerà da Bardonecchia a Capo d’Otranto per sostenere la Onlus “Io sto con il Regina Margherita” e la ricerca pediatrica in Ematologia infantile e sulle anemie congenite. La manifestazione La DBA È stata una corsa cicloturistica non competitiva, articolata su otto tappe in otto giorni, che ha unito il territorio italiano più ad Ovest (Bardonecchia) con quello più ad Est (Capo d’Otranto) andando da Nord a Sud. Le tappe sono state: Bardonecchia, Alessandria, Modena, Rimini, Ancona, Pescara, Foggia, Bari e Capo d’Otranto. L’iniziativa è stata voluta per finanziare lo studio delle basi genetiche e dei meccanismi di sviluppo dell’Anemia di Blackfan-Diamond (DBA). Si tratta di un difetto di produzione dei globuli rossi che si manifesta con grave anemia fino dai primi mesi di vita. Oltre all’anemia, quasi la metà dei bambini affetti presenta bassa statura e/o malformazioni di vari organi (principalmente arti, cuore e rene). A lungo termine, la DBA sembra predisporre allo sviluppo di alcuni tumori e di pancitopenia, ossia, come i nostri lettori sanno, la diminuzione anche dei globuli bianchi e delle piastrine. Le possibilità di cura consistono nella somministrazione di cortisonici, ai quali risponde una parte dei pazienti, o in trasfusioni di sangue o nel trapianto di cellule staminali emopoietiche. La DBA è una malattia geneticamente determinata. Nel 1999 il gruppo del reparto di Ematologia dell’ospedale Regina Margherita (diretto dal professor Ugo Ramenghi) ha contribuito alla identificazione del primo gene che causa la malattia (il gene RPS19, che è alterato nel 25% dei pazienti). Per la comprensione dei meccanismi che determinano la DBA, presupposto essenziale per una migliore cura della patologia, mancano ancora numerosi elementi. Tutti i geni coinvolti in questa malattia servono alla cellula per produrre “proteine ribosomiali” (ossia che compongono i ribosomi, gli organuli intracellulari deputati alla sintesi proteica). Non è noto come i difetti delle proteine ribosomiali possano determinare anemia, bassa statura e malformazioni, come accade nei pazienti DBA. Scopo della ricerca è quindi la migliore comprensione di come le alterazioni delle proteine ribosomiali causino le manifestazioni cliniche della DBA. Uno degli approcci utilizzati sarà quello di valutare l’effetto che le mutazioni determinano sulle cellule, studiando come vengono espressi i geni nelle cellule con mutazioni in RPS19 rispetto alle cellule di soggetti sani. Nicola Ferraro (Dal comunicato dell’Ufficio Stampa dell’Azienda Ospedaliera Città della salute e della Scienza di Torino) 29 ottobre 12 Cultura il medico filosofo La filosofia come elemento fondamentale della professione medica Negli ultimi anni si è resa evidente in Europa e nel mondo una tendenza della filosofia e dei filosofi al passaggio da modalità di pensiero teoriche, spesso lontane dalla vita quotidiana, ad una filosofia più diretta ai problemi concreti dell’esistenza, configurando quella che oggi viene definita “pratica filosofica”. All’interno di quest’area, in sempre maggiore espansione, un ruolo di rilievo è svolto dal counseling filosofico, una relazione d’aiuto che, basandosi sui concetti fondamentali del counseling in generale, si caratterizza per l’uso della filosofia e del metodo filosofico. Questo ha rappresentato dalla fine degli Anni Novanta una piccola rivoluzione nel modo di intendere la filosofia, che è venuta così ad affiancarsi alla psicologia nell’approccio ai problemi dell’uomo e dell’ esistenza. Nello stesso tempo, in ambito medico, la tendenza alla super-specializzazione e al tecnicismo estremo ha portato alla progressiva perdita del senso profondo e dei significati dell’agire medico, con una tendenza all’indebolimento del rapporto con il paziente. Ciò ha comportato in tempi recenti la rivalutazione del contributo della filosofia in medicina, riportando l’immagine del medico filosofo già presente nell’antichità. La ben nota frase di Ippocrate “Il medico che si fa filosofo diventa pari a un dio” (Iatròs philòsophos isòtheos) rende l’idea di questo miracoloso connubio tra capacità medica e filosofica. La combinazione tra conoscenze mediche, quindi abilità diagnostiche e terapeutiche, e filosofiche, quindi saggezza e ampiezza di visione, sarebbe in grado di dare al medico una competenza più globale, comprendente sapere scientifico e umanistico, tale da renderlo un più efficace punto di riferimento nel raggiungimento della salute del paziente. Se guardiamo indietro nel tempo, nell’Antichità i rapporti tra filosofia e medicina erano così stretti da rendere difficile separare le due discipline, poiché l’una si fondava sulle conoscenze dell’altra. Numerosi sono i medicifilosofi esempio nobile di questo intreccio, quali tra i più noti Ippocrate, Aristotele, Galeno. Lo studio dell’uomo era infatti inseparabile dall’indagine sulla natura e sull’universo, tanto che per tutta l’antichità l’essere un buon medico richiedeva anche l’essere filosofo, così come per il buon filosofo era d’obbligo occuparsi della salute dell’uomo. Nonostante questa comune origine, filosofia e medicina si sono progressivamente separate, divenendo sempre più l’una scienza dello spirito e l’altra scienza della natura. La medicina si è resa così sempre più scientifica ed og- ottobre 12 gettivante, perdendo quello spirito di fondo in grado di dare senso a se stessa, e allontanandosi dalla possibilità di mantenere una visione globale dell’essere umano e della sua malattia. Così come la filosofia si è sempre più spinta verso teoria ed astrazione, perdendo il contatto con la realtà e la concretezza dell’esistenza. Sapere medico e capacità filosofica Mentre è facile intendere il sapere medico, come conoscenza biologica e organica, più complessa e delicata è invece la definizione della capacità filosofica. Con questa non intendiamo tanto la conoscenza della filosofia e dei filosofi, come repertorio di idee e di concetti, bensì la capacità di vedere le cose in modo più profondo e darvi un senso, di cogliere i significati e ricercare valori, di vedere essenze e universalità, tutti questi fattori utili al medico stesso e alla solidità della sua professione, ma anche e soprattutto al paziente ed al suo supporto emotivo. Non è quindi tanto una competenza di tipo psicologico, basata cioè sull’applicazione di modelli interpretativi e strategie di intervento ben strutturate e definite, bensì è una modalità di approccio e di analisi dei problemi propria dei metodi adottati dalla filosofia. Sebbene la psicologia moderna stia assumendo un ruolo rilevante nella professione medica questa forse non è sufficiente a rafforzare ed integrare la pratica della medicina. Infatti anche la stessa psicologia, sempre più scientifica, può avere sostegno ed integrazione da parte della filosofia nell’affrontare questioni di carattere più “esistenziale” quali il senso della vita, della morte, della malattia, del dolore. Questo in aggiunta al continuo emergere di problematiche a forte carattere etico e bioetico quali per esempio le questioni relative alla fecondazione artificiale, l’eutanasia, la gestione dei malati terminali, le terapie geniche, ecc… Il metodo filosofico si basa essenzialmente su un particolare tipo di atteggiamento, di modo di porsi nei confronti di situazioni o problemi, libero da pregiudizi, da condizionamenti socio-culturali o rigidi schematismi teorici che potrebbero limitare la visione delle cose. Il ruolo del medico Il medico, pur essendo divenuto sempre più un tecnico della salute, rimane nel vissuto dei pazienti, della persone e della società, un punto di riferimento imprescindibile. Egli è portatore di un sapere che rappresenta l’essenza dell’essere umano. Il corpo e la mente sono strutture biologiche fondamentali della nostra esistenza che, proprio per queste caratteristiche, vengono a 30 Cultura Persino in un medico come Christian Barnard, inventore del trapianto cardiaco nel 1967 e apparentemente distante in modo abissale dalla classicità greca, l’eredità filosofico-culturale di Ippocrate ha lasciato un segno molto forte, rintracciabile per esempio nel rifiuto militante dell’“apartheid”. rappresentare il centro fondamentale su cui gravita la vita di ogni uomo. Il motto “quando c’è la salute c’è tutto” esprime bene il valore attribuito dalla nostra cultura al benessere, che trova nella figura del medico il riferimento principale. Ora l’importanza a volte sottovalutata del medico è accentuata dal fatto che egli non è solo portatore di una conoscenza diagnostica e terapeutica, in grado di consentire il mantenimento o il recupero della salute, ma è anche e soprattutto un punto di riferimento, di appoggio e di sostegno. Oggi la facilitazione della divulgazione medico-scientifica fa sì che a volte la figura del medico sia svalorizzata, essendo esperienza frequente incontrare pazienti con autodiagnosi e terapie autoprescritte che vengono proposte-imposte al medico stesso, il quale, se non consenziente viene criticato e sostituito. È quindi necessario tenere conto dell’importanza del recupero di una immagine professionale totale, che includa non solo capacità tecniche diagnostiche e terapeutiche, ma anche abilità di comunicazione e di gestione della relazione, capacità di dare fiducia, di indirizzare, condurre e consigliare pazienti sofferenti. Questo com- 31 prende competenze di tipo psicologico ma anche di carattere filosofico, come accade nel counseling filosofico, recuperando una identità del medico più completa e quindi più forte ed efficace. Il campo della Medicina, per la sua complessità e importanza, richiede che sia ben chiaro il senso ed il valore del suo agire e delle conseguenze che ne derivano, mettendo sempre al centro il bene dell’essere umano nella sua totalità. Il medico di oggi deve quindi ritornare in grado di curare il corpo ma anche l’anima, che ne è elemento inscindibile; deve riuscire a recuperare per il paziente, ma anche per la società, quel ruolo di saggezza che storicamente gli appartiene; deve poter osservare il proprio agire tecnico sotto la luce del suo senso e significato profondo; deve quindi sempre di più riuscire ad essere, o ritornare ad essere, Medico-filosofo. Lodovico Berra Medico specialista in psichiatria, psicoterapeuta Direttore Istituto Superiore di formazione e ricerca in Filosofia, Psicologia, Psichiatria ISFiPP Torino ottobre 12 Cultura TRANSCULTURALISMO TRA VERBALE E NON VERBALE Le differenze di culture rappresentano una sfida per lo studio della psicopatologia e per l’assistenza clinica in modo particolare nell’attuale contingenza storica in cui si attuano importanti flussi migratori. Già Kraepelin, circa un secolo fa, si era accorto che esistevano differenze nelle manifestazioni sindromiche psichiatriche in relazione alle etnie ed alle culture. I sintomi sono una manifestazione del linguaggio non verbale e la loro comprensione anche a fini terapeutici ne richiede la traduzione in un contesto narrativo comprensibile ad operatori sanitari di diversa cultura. Differenze nel linguaggio non verbale possono dare origine ad equivoci con conseguenze variabili di volta in volta in relazione ai contesti interessati ed alle persone coinvolte. Ciò non toglie che la conoscenza delle diversità insite non solo nei linguaggi, ma anche nella comunicazione analogica, richiede oggi più che mai una consapevolezza psicosociale che non sia riservata solo agli esperti. ketchup Era appena arrivato a Londra dopo un lungo, estenuante viaggio in treno, partito il giorno prima dal suo paese natio in Italia. Campagnolo, era sempre stato contadino e, dopo molti anni di dura fatica e poco guadagno, si era deciso a cercare lavoro, di tentare la fortuna lontano da casa, recandosi all’estero come avevano già fatto tanti suoi compaesani. Tarchiato e robusto, la faccia ruvida avvolta da una ispida barba nera, si aggirava per la città cosmopolita, sconosciuta, ammirato e stupito, anche un po’ intimorito. La sua prima reazione alla nuova avventura fu, come spesso gli capitava in simili circostanze, di sentire tagliente il morso della fame. D’altro canto non mangiava dal giorno precedente. Entrò nel primo ristorante che incontrò sulla sua strada, per lo meno un qualcosa con una certa somiglianza con un suo corrispettivo italiano. D’altronde, la scritta luminosa all’esterno era di facile traduzione anche per lui che d’inglese non masticava una parola. Dentro era pieno di gente, ma vi regnava un silenzio che lo sbalordì. Era abituato alle trattorie del suo paese dove a stento riusciva a sentire che cosa gli urlava nell’orecchio chi gli sedeva accanto (1). Un’anziana cameriera lo prese in consegna all’ingresso e lo scortò ad un tavolino d’angolo da cui poteva osservare fuori sul marciapiede tanta gente d’ogni razza e colore. Ordinò qualcosa dal menu senza capire esattamente che cosa. Infatti arrivò un piatto il cui contenuto era tutto da decifrare e scoprire. Aveva tutto il tempo, finalmente seduto comodamente, immerso nel silenzio di quel locale, appena interrotto dal vociare sommesso e dal lieve tintinnio delle posate. Solo i morsi della fame gli suggerivano di non andare tanto per il sottile ed ingurgitare quell’apparenza di cibo, di qualunque cosa si trattasse, quale che ne fosse il gusto. Insieme c’era anche una sorta di bottiglietta rossa dalla forma un po’ strana, tendente al quadrato piuttosto che al rotondo, insomma, dall’aspetto indefinito che vedeva per la prima volta in vita sua. Vi era disegnato o fotografato un rubicondo pomodoro maturo, bello tondo. Doveva certamente contenere salsa di pomodoro, questa era l’unica cosa comprensibile fra quelle poste sul tavolo oltre forchetta e coltello ed un robusto boccale di birra che era riuscito ad ordinare superando le barriere linguistiche. Quella bottiglietta o scatolina, non sapeva come chiamarla, era l’unica cosa certamente commestibile che si trovava davanti. L’oggetto di per sé, qualunque cosa fosse, non lo era di sicuro. Lo era il suo contenuto che bisognava spremere fuori, ma non sapeva ancora di avere a che fare con un aggeggio altamente tecnologico dell’era moderna, di una città all’avanguardia. Non sapeva nemmeno che aveva un nome speciale. Lo scoprì soltanto voltandolo dall’altra parte dove troneggiava la scritta: ketchup. Già aprirne il tappo fu impresa impegnativa, ma il difficile doveva ancora arrivare. Afferrò quella bottiglina o scatoletta e la tenne sollevata a testa in giù sopra il piatto il cui contenuto restava ancora da decodificare. Sperava che il sugo di pomodoro avrebbe reso appetitoso qualunque cibo che la sua ottobre 12 32 fame gli avrebbe fatto divorare avidamente senza porsi troppo domande. Tuttavia, con suo grande sconforto, non uscì nulla. Provò a tenerla un po’ più in alto: stesso identico risultato. Iniziò a scuoterla dapprima delicatamente, poi vigorosamente: nulla. Si disse che non doveva perdere la calma. La pazienza è la virtù dei forti e chi la dura la vince. Inoltre, si vergognava un po’ al pensiero che gli altri avventori si accorgessero della sua goffaggine. Gli venne ad un tratto in mente che, forse, andava spremuta. Provò, prima con dolcezza, poi con decisione: niente di niente. Mentre accadeva tutto ciò, un signore inglese alto (anche se da seduto non si poteva notare) e smilzo, con sottili baffetti biondi, trovandosi assiso ad un tavolo lì vicino, si accorse delle difficoltà in cui versava quella persona, indubbiamente straniera, anche se non ne conosceva la nazionalità. Poteva essere italiano. Incuriosito, divertito, ritenne, però, suo dovere intervenire per aiutare lo sconosciuto in difficoltà, già un po’ trafelato e scoraggiato, anche se cercava di non darlo a vedere. Cercò di attirarne l’attenzione. Provò con qualche “ehm. ehm” pronunciati con voce un po’ rauca, quindi, aggiunse alcuni colpetti di tosse. Non riuscendo nel suo intento, iniziò a fare segnalazioni con la mano, portando il dito indice davanti al volto, a poca distanza dal proprio naso, agitandolo con gesti lievi, appena accennati con accompagnamento di strizzatine d’occhi e sorrisetti complici, il tutto abbozzato in modo accorto, evitando di farsi notare da altri avventori a cui avrebbe dovuto chiedere scusa per il disturbo e l’intrusione, trovandosi pure obbligato a fornire qualche spiegazione, inventando strane scuse. Finalmente vinto, l’italiano rinunciò nell’impresa, anche se non era sua intenzione arrendersi tanto facilmente. Era in Inghilterra, paese moderno sì, all’avanguardia, ma lui era un italiano! Apparteneva ad un popolo ricco d’inventiva ed abile nella nobile arte dell’arrangiarsi. In quel frangente alzò il volto fino a quel momento chino sul piatto, ruotò gli occhi all’intorno per distrarsi un attimo, ragionare, raccogliere le forze residue prima di rinnovare gli sforzi, sicuramente senza nessun intento di cercare un aiuto che non si aspettava e non voleva. In quel momento incrociò lo sguardo dell’inglese e dai suoi gesti capì che si stava rivolgendo a lui, proprio a lui, senza capirne il perché. Si guardò intorno per esserne più sicuro. Sì, era proprio così. Tutti gli altri si facevano gli affari loro mangiando, bevendo, scambiando qualche parola se seduti allo stesso tavolo in due o tre, massimo quattro. Felice di avere, infine, catturato la sua attenzione, l’inglese, con mossa rapida, ma inequivocabile, per risultare comprensibile in stile molto britannico, attento a non farsi scoprire dagli altri avventori, con un sorriso stampato sotto i baffi, gli insegnò come fare: per tre volte sbattè rapidamente il palmo della mano destra contro il pugno chiuso della sinistra che, nelle sue intenzioni, rappresentava il barattolo del ketchup. Non avendo capito nulla del messaggio ricevuto (d’altronde come poteva riuscirci, poveretto e solo in terra straniera), allibito, stupefatto, sentendosi umiliato e offeso, l’italiano reagì altrettanto prontamente, cercando a sua volta di agire di nascosto rispetto ai tavoli vicini senza farsi sorprendere in flagrante, e, per tutta risposta, con un ghigno incorniciato dalla barba, si esibì nell’italico gesto, ripetuto tre volte in rapidissima sequenza, del palmo della mano sinistra sbattuto contro il cavo del gomito destro piegato con il pugno chiuso. La comunicazione, se mai c’era stata o tale poteva definirsi, inutile dirlo, finì lì. Appare superfluo precisare che quanto narrato accadeva negli anni in cui, finalmente, dopo secoli di guerre, nasceva l’Unità Europea. Giuseppe Scarso (1) Nota del Narratore. Paese che vai, usanza che trovi, con vantaggi e svantaggi. Fra il mangiare bene nel frastuono e male nel silenzio, si opterebbe, in generale, per mangiare bene nella quiete, il che non esclude il rischio di mangiare male nel rumore. Forse non si capisce, ma il narratore pone la domanda: culture diverse, nell’incontrarsi, mescolano il meglio od il peggio di ciascuna? Entrambi, risponderà il solito ottimista. 33 ottobre 12 La ricerca in Provincia LA RIABILITAZIONE NELL’ARTRITE REUMATOIDE Proposta di un modello operativo per la gestione della “popolazione” dei pazienti affetti da artrite reumatoide Questo articolo ci è stato inviato in redazione qualche mese fa da Ugo Viora, coordinatore regionale di APIMAR (Agenzia PIemontese MAlattie Reumatiche) Onlus. Ringraziamo il medico che, con raro senso della notizia, ha pensato subito a “Torino Medica” per la diffusione di questo articolo e ci scusiamo con lui e con gli autori per non aver potuto pubblicare questa proposta operativa prima. Consola noi (e speriamo possa confortare anche i nostri autori-lettori) il fatto che in redazione arrivino sempre più proposte, inviti, sollecitazioni, segnalazioni… Purtroppo questa ricchezza che ci lusinga è in netta controtendenza con la riduzione delle pagine dovuta all’aumento vertiginoso delle spese di produzione e di spedizione della rivista: dal momento che il materiale inviatoci è sempre di grande importanza e qualità l’unico criterio applicabile rimane quindi quello cronologico. Pubblichiamo alcuni passaggi del testo del mail inviatoci dal dott. Viora come necessaria introduzione all’articolo. Nicola Ferraro Introduzione “…come coordinatore regionale APIMAR Onlus, ricevo oggi dalla Fisiatria di Pinerolo* l’articolo allegato. Presentato in un convegno organizzato nella cittadina piemontese nell’aprile 2011, con dati fino al 2009, è stato aggiornato con i dati del 2010 e sarà nuovamente discusso in occasione del XXX Convegno Annuale ANAP Onlus il prossimo 5 maggio. Spero possa trovare spazio su Torino Medica come esperienza spontanea della fisiatria dell’ASL 3. Per qualsiasi ulteriore approfondimento la referente del progetto è la terapista Sabina Borraccino - Ospedale di Pinerolo. Ringrazio per l’attenzione e porgo cordiali saluti. Ugo Viora” Premessa Quando si parla di riabilitazione nell’artrite reumatoide (AR), si fa riferimento a protocolli che prevedono il risparmio articolare, lo stretching, la mobilizzazione successiva alla chirurgia di protesizzazione, il confezionamento di ausili e ortesi di posizionamento per la prevenzione delle deformità. Questi sono gli interventi che normalmente si effettuano in un servizio di Riabilitazione ospedaliero quando giunge in modalità random, magari dopo un intervento di protesi, qualche paziente affetto da AR. Per il resto, come messo in evidenza anche nel rapporto del Censis del 2008, esclusi i centri ospedalieri/universitari - distribuiti a macchia di leopardo sul territorio e per questo spesso lontani e difficili da raggiungere non sembrano esistere presidi locali di riferimento dove la Reumatologia e la Riabilitazione affrontino insieme la gestione dei malati di AR. 35 In questa ottica, considerando che l’incidenza percentuale di questa malattia nella popolazione è dello 0,6%, i progetti riabilitativi individuali si traducono in una realtà numerica difficilmente amministrabile da centri ospedalieri e servizi ambulatoriali, che non siano quelli specializzati e di riferimento nazionale. Tuttavia, per affrontare correttamente l’argomento, è indispensabile tenere conto dei problemi in cui versa la maggior parte dei servizi di fisioterapia, legati alle risorse umane, economiche e spesso anche agli spazi a disposizione. La Riabilitazione è un crocevia a cui si arriva da percorsi di Traumatologia, Neurologia, Oncologia, talvolta aggravati da complicanze psichiatriche, internistico-geriatriche. Inoltre, sulle liste per cicli di riabilitazione ambulatoriali, che devono restare nei tempi di attesa codificati dalle Regioni, gravano tutte le patologie legate all’artrosi. Il trattamento per eccellenza è quello individuale, dove ottobre 12 La ricerca in Provincia trovano spazio le differenze che caratterizzano il decorso di malattia di ciascun paziente e la relazione nel momento terapeutico. Ma quando la domanda sovrasta la possibilità di farsi carico, come si può intervenire? Questi sono stati i ragionamenti che abbiamo elaborato nel momento in cui dall’ambulatorio di Reumatologia ci è pervenuta la richiesta di affiancare la Riabilitazione al percorso di cura dei loro pazienti: ecco comparire i numeri. Ci siamo quindi chieste: “ … ma tra il tutto e il niente, ci sarà una risposta, anche minima, che possa avere un senso e rappresentare la differenza ?”. La risposta che abbiamo provato ad articolare è un modello operativo che ha permesso al nostro Servizio di gestire i “numeri” e offrire tutto ciò che si poteva, con le risorse di cui disponevamo. Strutturazione del progetto L’obiettivo è la gestione della malattia nella quotidianità, conservando il più possibile nel tempo la qualità della vita. I pazienti a cui è rivolto tale progetto provengono dall’ambulatorio di Reumatologia e riguarda, al momento, pazienti con diagnosi di AR in trattamento farmacologico con DMARDs** e farmaci biologici in periodico follow-up ambulatoriale. Proprio in un momento in cui l’artrite reumatoide vive, dal punto di vista farmacologico, una fase di grande svolta, il corretto uso delle articolazioni può ulteriormente contenere la progressione del danno articolare. Si sono previste quattro sedute di gruppo condotte da due fisioterapiste. Ogni incontro, della durata di 1 ora e 30 minuti, si articola in una parte teorica e in una parte pratica. La parte teorica comprende: l’accoglienza, la compilazione del questionario HAQ per la valutazione dell’autonomia, la consegna di una breve dispensa con esercizi e ** Il termine “DMARDS” rappresenta l’acronimo di consigli, l’utilizzo degli ausili, la gestione del dolore e il “Disease modifying antirheumatic drugs”: risparmio articolare. In ogni incontro si mantengono de“Farmaci antireumatici che modificano la malattia”. gli spazi per il confronto sull’esperienza del gruppo preCon questa sigla si identificano più classi di farmaci cedente e la ricaduta nel quotidiano: “… si riesce tutti associate dal comune utilizzo nel trattamento delle i giorni a ricavare un momento per la cura delle proprie patologie reumatiche che agiscono sui meccanismi articolazioni ? … quali sono le difficoltà ? … commenti su patogenetici delle malattie infiammatorie con lo costi e benefici ... rinforzo dei concetti di base”. scopo di rallentare o, di interrompere la progressioLa parte pratica è strutturata in: esercizi di mobilizzazione della malattia, quando possibile. Sono definiti ne e auto-mobilizzazione che possono variare a seconda “farmaci di fondo” perché, a differenza degli dell’età e delle condizioni cliniche dei pazienti, stretching analgesici e degli antinfiammatori non steroidei, e rilassamento guidato con supporto audio. non sono sintomatici ma agiscono soprattutto sui Si prevede un incontro per il follow-up, possibilmente a sei meccanismi immunitari che sono alla base delle mesi, con nuova valutazione HAQ, revisione della corretta malattie infiammatorie croniche esecuzione degli esercizi, scambi e rimandi sull’esperienza individuale. Risultati Da gennaio a giugno 2009 sono stati considerati 161 pazienti, suddivisi in fasce di età. Hanno aderito ai gruppi in 56 (34%) ottobre 12 36 La ricerca in Provincia A distanza di sei mesi tutti i pazienti che avevano preso parte ai gruppi sono stati ricontattati per il follow up e rivalutati col test HAQ. Sono tornati in 24. Nel 2009 è stata presa in considerazione una prima lista fornita dalla Reumatologia. Dal 2010 invece siamo entrati a regime contattando tutti i pazienti che avevano effettuato la prima visita durante l’anno in corso. La precocità è un concetto importante che non riguarda solo la diagnosi e la terapia farmacologica ma comprende anche l’obiettivo della riabilitazione: il risparmio articolare e la prevenzione. I DATI RACCOLTI SONO I SEGUENTI: Attività gruppi A.R. anno 2010 Totale pazienti contattati 58 Rifiutano31 Accettano27 Tornano al follow-up 14 Attività gruppi A.R. anno 2011 Totale pazienti contattati 45 Rifiutano24 Accettano21 Tornano al follow-up 11 Conclusioni Volevamo capire quanto il nostro progetto sarebbe stato colto come un’occasione dai pazienti affetti da AR. Nel 2009 la percentuale complessiva delle adesioni è stata inferiore alle nostre aspettative. Inoltre ritenevamo che questa proposta sarebbe stata accolta con entusiasmo dalle persone più giovani e con una diagnosi precoce di malattia. Con sorpresa, proprio in quella fascia di età si è verificata la percentuale di rinuncia più significativa, riconducibile a problemi di lavoro. Inaspettatamente, invece, le persone in età compresa tra i 60 e i 70 anni sono state quelle che maggiormente hanno gradito la proposta e aderito al progetto, in quanto già pensionati e desiderosi di sentirsi ancora attivi. Abbiamo ritenuto rilevanti ai fini della raccolta dei dati statistici i 161 pazienti che rappresentano la somma tra i 105 che hanno declinato la proposta e i 56 che hanno invece accettato. La percentuale di adesione è quindi calcolabile nella misura del 34% . Rispetto al follow-up, invece, ci aspettavamo il “calo fisiologico” e infatti dei 56 pazienti che avevano preso parte ai gruppi, sono tornati in 24 (43%) di cui, come da valutazione HAQ, 5 peggiorati e 19 sostanzialmente stabili o addirittura migliorati. Nel 2010 e nel 2011 invece è aumentata la percentuale di pazienti che hanno aderito alla proposta: circa il 47% dei pazienti contattati ha accettato di partecipare ai gruppi. In entrambi gli anni le presenze al follow-up si confermano al 50% circa diminuendo sensibilmente anche il calo previsto. ottobre 12 38 La ricerca in Provincia Tutti coloro che hanno preso parte ai gruppi hanno manifestato un alto indice di gradimento. La maggior parte ha dichiarato di eseguire gli esercizi a casa con regolarità e di trarne un soggettivo beneficio. In tutti i gruppi abbiamo riscontrato tra i pazienti un forte bisogno di condivisione che ha contribuito a creare un clima di collaborazione e scambio. I pazienti che hanno partecipato al follow up eseguivano gli esercizi accuratamente e da questo si evinceva che, nel periodo intercorso tra l’addestramento ed il follow-up, avevano interiorizzato gli obiettivi ed eseguito con costanza gli esercizi, mantenendo l’escursione articolare e un buon livello di autonomia residua (come da valutazione HAQ). Riportavano inoltre il dato “assolutamente soggettivo” di sentirsi meglio. Per la realizzazione di questo progetto è stato necessario trovare il linguaggio e le strategie che consentissero all’ambulatorio di Reumatologia e a quello di Riabilitazione di operare insieme e superare le numerose difficoltà legate alla fase organizzativa del lavoro. Attualmente pensiamo che la migliore strutturazione del progetto si sia tradotta nel 2010 e nel 2011 nell’aumento delle adesioni ai gruppi nella riduzione della percentuale di abbandono al follow-up. Nel rapporto del Censis riecheggia la richiesta di potenziamento dei Centri di Reumatologia (38,1%) e dei Servizi di Riabilitazione (37,5%). Questo progetto vuole essere un tentativo di risposta e un’occasione di confronto e scambio di esperienze con altri Servizi dislocati sul territorio che abbiano, eventualmente, messo a regime altri modelli di gestione. *A.S.L. TO3 S.C. Recupero e Riabilitazione Funzionale Direttore: dott. Rodolfo Odoni Area Pinerolo – Orbassano Ospedale “E. Agnelli” Fisioterapiste: Sabina Borraccino, Maria Grazia Canone, Cinzia Comba, Paola Gastaut, Silvia Revel 39 ottobre 12 La ricerca in Provincia L’USO DEGLI INIBITORI DELLA POMPA PROTONICA A TORINO I risultati di uno studio all’Ospedale Mauriziano Nel marzo del 2011, sulle pagine di Torino Medica avevamo illustrato gli scopi di uno studio di tipo “epidemiologico” mirante a fare luce sulle modalità di prescrizione, uso e appropriatezza della terapia di una classe di farmaci ritenuta per lo più sicura e priva di significativi effetti collaterali, gli Inibitori della Pompa Protonica (IPP). Per i dettagli e le premesse in esteso dello studio rimandiamo a tale articolo (1). Allora avevamo accennato che, in realtà, tali farmaci non sono completamenti esenti da effetti collaterali, anzi vengono segnalati sempre più interferenze e danni di vario tipo, intestinale (SIBO, Small Intestinal Bacterial Overgrowth), cardiologico e osseo (2,3). Oggi abbiamo i risultati dello studio, effettuato su 1.056 pazienti (620 F, 436 M, età media 70 ± 19), che si sono avvicendati negli ambulatori dell’Ospedale torinese tra il gennaio e l’aprile del 2011, la maggior parte dei quali proveniente da ambulatori dell’area medica (83%) ed una parte minore (17%) proveniente dall’area chirurgica. Di tutti, grazie alla collaborazione di pressocchè tutte le specialità dell’Ospedale Mauriziano, è stata raccolta un’anamnesi meticolosa computerizzata, che prevedeva la precisazione di tutti i farmaci assunti negli ultimi due anni, con accuratezza di dosaggio, modalità di prescrizione e di assunzione. Venivano pure considerate le procedure diagnostiche effettuate, i sintomi, le co-morbidità e la diagnosi gastroenterologica finale. Da questo studio è emerso che il 45% dei soggetti studiati (478/1056) facevano uso di Inibitori della pompa protonica e tra questi circa l’80% assumeva questa terapia per lungo tempo (> 6 mesi/2 anni). I Pazienti appartenevano a tutte le classi di età dai 20 agli 80 anni, ma con un aumento significativo nella fascia di età compresa tra i 60 e 80 anni di età. Questo era particolarmente evidente nei soggetti in trattamento a lungo termine, senza differenza significativa tra uomini e donne. VALUTAZIONE NEI PAZIENTI CHE ASSUMEVANO IPP PER LUNGO TEMPO Farmaci , dosi e modalità Il Lansoprazolo risultava assunto dal 35 % dei pazienti, l’Esomeprazolo dal 30 %, l’Omeprazolo dal 20%, il Pantoprazolo dal 10 e il Rabeprazolo dal 5% dei soggetti. Il dosaggio era “pieno” in modo continuativo nel 45% dei soggetti , “pieno e successivamente di mantenimento” nel 35% e “persistentemente dimezzato” nel 20%, per un periodo di tempo mediano rispettivamente di 6,5±1 anni, 4±0,5 anni e 4,5±2,5 anni. La modalità di trattamento più adottata era quella con- ottobre 12 tinuativa, senza interruzioni, o con brevi periodi di interruzioni (60%), mentre il pattern stagionale rendeva conto del 25% e quello à la démande del 15%. Prescrizione La prescrizione degli IPP era eseguita per iniziativa diretta del Medico di Famiglia nel 37%, era consigliata da uno Specialista Gastroenterologo nel 35% e da uno Specialista non-Gastroenterologo nel 25%. Degno di nota che nel 3% dei casi l’IPP veniva assunto come automedicazione, con acquisto tipo OCT. Procedure diagnostiche Di tutti i pazienti in terapia “long-term” solo il 40% dei soggetti era stato valutato con esofagogastroduodenoscopia prima o durante il trattamento, il 2% aveva eseguito una pH-metria 24 ore, l’1% una manometria esofagea e l’1% una radiografia del tratto digestivo superiore. Ne risulta che il 56% dei soggetti almeno assumeva IPP senza essere stato sottoposto ad esame diagnostico oggettivo. Diagnosi gastroenterologica La diagnosi di Malattia da Reflusso GastroEsofageo (MRGE) è stata posta nel 33%, quella di dispepsia funzionale nel 15%, di gastrite H. pylori –correlata nel 10%, di gastrite H. pylori negativa nell’8%, di ulcera peptica nel 5%, di cancro gastrico nell’1%. È degno di nota che nel 7% dei casi la diagnosi di gastrite non era ulteriormente precisata e nel 4% la gastrite risultava di tipo atrofico. H. pylori Un test per la ricerca dell’ infezione da H. pylori (sierologico o istologico o fecale con HpSa o mediante breath test ) era stato eseguito nel 45% dei soggetti in trattamento long-term con IPP. Farmaci associati Gli antinfiammatori (FANS) venivano assunti dal 24% dei soggetti, più frequentemente dalle donne, in modo statisticamente significativo. L’aspirina era assunta dal 12%, la warfarina dal 5%, la ticlopidina dal 5%, il clopidogrel dal 2% e farmaci citostatici dal 6%. Un consistente 63% dei soggetti era sottopostoa multiterapia, principalmente per problematiche cardiovascolari, aterosclerosi, ipertensione arteriosa, diabete mellito e tireopatie. 40 La ricerca in Provincia CONCLUSIONI E DISCUSSIONE Questo studio dimostra che una notevole proporzione della popolazione afferente all’ospedale per consulto medico o chirurgico assumeva IPP (quasi il 50%), e che la maggior parte di essa assumeva tali farmaci con modalità “long-term” (79%). Benché l’età più frequente dei soggetti fosse quella tra 60 e 80 anni, una parte non trascurabile era compresa tra 30 e 50 anni. In una percentuale del primo gruppo di soggetti l’assunzione risultava giustificata da motivi generici, a volte fumosi, di protezione gastrica (54%); ma spesso, almeno nel 56% dei casi, senza un vera motivazione obiettivata e, non raramente, senza vera consapevolezza da parte del paziente: è risultato infatti frequente che il paziente, nell’elencare i farmaci assunti, non si ricordasse nemmeno di assumere gli IPP, e solo dopo specifica domanda rispondeva “sì, ma questo è solo per proteggere lo stomaco”. Il problema della appropriatezza terapeutica è ancora più discusso e discutibile per la fascia di età compresa tra 30 e 50 anni, per la natura benigna della patologia gastrica. I pazienti giovani (<45 anni) infatti erano una minoranza , ma un considerevole numero in termini assoluti, per i quali l’assunzione a lungo termine di IPP può essere una spesa inappropriatamente costosa. In questo caso può essere di aiuto diagnostico un semplice esame del sangue, il Gastropanel, eseguibile presso il Laboratorio Analisi dell’Ospedale Mauriziano di Torino, che valuta la funzionalità gastrica e lo status H. pylori . Tutti i tipi di IPP risultavano coinvolti, ma quelli più usati erano il lansoprazolo e l’omeprazolo, a pieno dosaggio (nel 45% dei casi) per un periodo mediano di 6,5 anni. La prescrizione veniva fatta principalmente dal Medico di Famiglia (37%) e dal Gastroenterologo (35%). L’automedicazione long-term è stata registrata nel 3% dei casi, che benché sia limitato in termini percentuali, in numeri assoluti rappresenta una quantità non trascurabile di soggetti e desta preoccupazioni sull’appropriatezza della terapia OCT. La maggioranza dei pazienti in trattamento long-term mancavano di una diagnosi endoscopica, mentre solo una minima percentuale dei pazienti era stata sottoposta a una pH-metria 24 ore (2%) o a una manometria esofagea (1%) per sostanziare la diagnosi di MRGE. Benché la diagnosi di MRGE possa essere eseguita anche solo su base clinica da Medici esperti, è da ricordare comunque che il goldstandard per tale condizione rimane la pH-metria 41 MESSAGGI CHIAVE 1) Una notevole percentuale di soggetti usa gli IPP, in modo non appropriato, spesso senza la consapevolezza del trattamento, ritenendoli solo una protezione gastrica. In realtà bisogna porre la giusta attenzione ai possibili effetti collaterali, primo fra tutti la SIBO. La fascia di età maggiormente incriminata, e cui bisogna porre massima attenzione, è quella compresa tra 60 e 80 anni, ma anche le altre fasce non sono esenti.. 2) Occorre che il Medico pratico interroghi specificamente il paziente sull’uso degli IPP, verificando da quanti mesi o anni li assume, per non sottovalutare e procrastinare un’abitudine terapeutica spesso non giustificata. 3) è necessario che il Medico verifichi l’esistenza delle indicazioni corrette a tale trattamento nel singolo paziente, ricordando che la diagnosi di dispepsia NON giustifica, per sé, un trattamento long-term con IPP. Può essere utile in questo caso, specie nei soggetti giovani, il ricorso diagnostico al Gastropanel, che può precisare l’atteggiamento funzionale dello stomaco e lo status H. pylori, nei soggetti vergini da trattamento eradicante. 4) La ricerca dell’infezione gastrica da H. pylori va effettuata con più frequenza in questa categoria di pazienti, ricordando che deve essere fatta dopo almeno 1 mese di sospensione del trattamento con IPP (UBT, HpSa). In caso di non possibilità di sospensione degli IPP, si possono ricercare gli anticorpi anti- H. pylori., con metodo sierologico. ottobre 12 La ricerca in Provincia esofagea 24 ore. Recentemente si è osservato un incremento pletorico dell’ uso della diagnosi di MRGE, spesso non giustificabile, per sintomi extra-esofagei , come tosse e/o irritazione delle corde vocali, pur verificata per via endoscopica da esperti Otorinolaringoiatri. La valutazione dell’infezione gastrica da H. pylori è stata eseguita probabilmente meno frequentemente del dovuto, essendo stata registrata solo nel 45% dei soggetti.. La mia personale convinzione è che la condotta clinica basata sul “test and treat”può ridurre l’inappropriatezza della terapia long-term con IPP. Concludendo, pensiamo che con semplici accorgimenti di tipo anamnestico e diagnostico si può migliorare la qualità della prestazione medica, riducendo la spesa sociale e aumentando la soddisfazione del paziente, che non di rado, si vede sollevato dalla schiavitù pluriennale dell’assunzione di farmaci non necessari e potenzialmente dannosi BIBLIOGRAFIA 1. Lombardo L. Terapia con Inibitori della pompa protonica. Torino Medica 2011; 3:32-36. 2. Kwok C, Loke YK: eta-analyis: the effects of proton pump inhibitors on cardiovascular events and mortalità in patients receiving clopidogrel. Aliment Pharmacol Ther 2010; 31:810-23. 3. Lombardo L, Monica F, Ruggia O, ChiecchioA. Increased incidence of small intestinal bacterial overgrowth during proton pump inhibitor therapy. Clinical Gastroenterology & Hepatology 2010;8:504-8 Lucio Lombardo ottobre 12 42 Le nostre radici la mia suora Dal 1969 al 1976 la caposala del reparto assegnatomi fu Suor Adele; la conoscevo già bene perché, prima di venire da me, era stata la responsabile del blocco operatorio dove prestavo servizio. Suor Adele era nata nel 1914 in un paese vicino al fiume Adda, tra Bergamo e Lodi: prese i voti a 21 anni e fu destinata all’ospedale San Giovanni Vecchio di Torino. Nella primavera del 1937 fu mandata a far le pulizie alle Molinette, da poco inaugurate, per aprire i reparti e trasferirvi i malati. Dalle Molinette non si mosse più fino al maggio 1976, quando a 62 anni fu mandata in pensione e lasciò il mio reparto. Era ancora in buona salute, ogni tanto veniva a trovarci e mi diceva che si sentiva inutile senza essere più vicina ai malati. Fu messa a San Salvario, dove per un po’ di anni poté ancora aiutare i senzatetto che venivano a cercare un piatto di minestra o un giaciglio per la notte. Finì i suoi giorni oltre i 90 anni a Intra sul Lago Maggiore da dove vedeva, al di là dell’acqua, la terra lombarda che le ricordava la sua infanzia. IL CULTO DELLA MODESTIA Era una donna che parlava poco e non la sentii mai alzare la voce; quando un giovane medico o un infermiere non eseguiva il lavoro come voleva lei, diceva piano:”posso fare io?” e risolveva il problema. Se le inservienti erano lente a lavare i pavimenti, prendeva anche lei uno scopettone e si metteva a sfregare a ritmo sostenuto, dando il buon esempio. La sentii brontolare soltanto una volta, quando molti pazienti affetti da Miastenia gravis ci arrivavano da fuori Piemonte; io ero stato in America a imparare la timectomia per la cura dei miastenici e la notizia si era sparsa tra i neurologi italiani. Suor Adele mi disse: “Dobbiamo prenderli tutti noi questi malati così complicati?”, ma subito dopo sorrise e aggiunse: “…Se vengono qui è perché siamo bravi”. EMERGENZA Di lei ricordo due episodi che mi fecero comprendere il suo valore nelle situazioni di emergenza. Il bambino Ci arrivò un bambino di due anni con una cisti polmonare da operare; in quei tempi non si eseguivano operazioni sul torace all’ospedale infantile e dovevamo pensarci noi. Suor Adele scovò un lettino con le sbarre in un solaio, si procurò pannolini e ciripà e una vaschetta per fargli il bagno. La madre lo aveva lasciato a noi, dicendo che a casa ne aveva un altro di due mesi che stava allattando e 43 diede alla suora un numero di telefono ove chiamarla in caso di necessità. Suor Adele sistemò il bambino in una camera a tre letti in mezzo a due donne di mezza età ancora da operare, che ebbero il compito di accudirlo e di farlo mangiare. Il bimbo fu operato e si riprese rapidamente, ma quando decisi che poteva essere dimesso, il numero di telefono lasciato dalla madre risultò sbagliato. La suora si scatenò con i Carabinieri e la Polizia, dicendomi: “È carino e simpatico, ma non possiamo tenercelo qui per sempre!”. Finalmente i Carabinieri trovarono i genitori che vennero a riprenderselo, mentre suor Adele piangeva. La ragazza. Un mattino, all’inizio degli anni ’70 mi telefonò un funzionario della Polizia Ferroviaria di Porta Nuova: era arrivato un treno dal Sud; erano scesi tutti i viaggiatori meno una ragazza sola, che non stava in piedi e aveva puntato sul cappotto un biglietto con su scritto il mio nome e come indirizzo “ospedale Mulinetto”. La Polizia Ferroviaria riuscì a trovarmi tramite il centralino dell’ospedale, la caricò su una macchina e me la portò in reparto. La malata aveva vent’anni, si chiamava Teresina ed aveva un empiema pleurico drenato da un tubetto dal quale usciva pus fetido. Abitava in un paesino in casa della sorella che aveva bambini e il medico condotto, temendo che l’infezione rappresentasse un pericolo per i minori, consigliò al sindaco del paese di inviarla alla Chirurgia Toracica delle ottobre 12 Le nostre radici Molinette, perché un suo amico chirurgo che mi conosceva gli aveva fatto il mio nome. Teresina era pallida, magrissima e con la febbre; aveva soltanto uno scialle nero e un sacchetto di fazzoletti, perché era squassata da una tosse orrenda con escreato purulento e si esprimeva in un dialetto stretto, comprensibile con difficoltà. Suor Adele affrontò la situazione con disinvoltura: con i soldi che i pazienti le offrivano per i fiori alla Madonna, andò allo Standa e comprò biancheria, pigiama, vestaglia e pantofole, dicendo che la Madonna poteva stare un po’ senza fiori, mentre la ragazza doveva pur cambiarsi. Dovemmo fare tre operazioni: un nuovo drenaggio dell’empiema, toracoplastica e decorticazione, la prima subito e le atre due a venti giorni l’una dall’altra. Un medico scoprì che era analfabeta e le portò un sillabario e tutti i giorni qualcuno le insegnava qualcosa. Inoltre alcune ricoverate al momento della dimissione le regalarono capi di vestiario, calze,golfini, gonne e un profumo. Le regalarono anche un braccialetto e una collana e una paziente che era parrucchiera, stimolata dalla suora, le tagliò i capelli e le fece la piega: lei si rimirò nello specchio, estasiata. Dopo due mesi era ingrassata di sei chili, sapeva leggere, soprattutto non aveva più drenaggi né tosse. Quando le dissi che ormai era guarita e poteva tornarsene a casa, si mise a piangere come una fontana, poi mi disse che non aveva i soldi per il biglietto del treno. In corsia era ricoverato un colonnello in pensione che, con un bel cipiglio militaresco, si fece promotore di una colletta alla quale aderirono tutti, malati, personale e studenti e si raccolse in breve una somma ben superiore al prezzo del biglietto. Fu così che Teresina partì con tre valigie di vestiario, un sillabario e un po’ di soldi; volle baciare tutti e abbracciò stretta suor Adele. Me la vedo ancora con una testa di riccioli neri, un bellissimo sorriso e gli occhi pieni di lacrime. LA PENSIONE Quando smise di lavorare, suor Adele mi disse soltanto: da domani mi mandano in pensione e verrà una caposala nuova, ma mi mancherete tutti e non vi dimenticherò. Anch’io non l’ho dimenticata. Giuliano Maggi 44 Dai congressi TUMORE ALLA MAMMELLA Approccio interdisciplinare e novità diagnostiche Sempre più in medicina, terapie e interventi per singoli casi sono il risultato del lavoro in equipe di vari specialisti. In Piemonte, l’approccio interdisciplinare è ora una realtà anche nella diagnosi e cura del tumore alla mammella. Se ne è parlato recentemente nel corso della tavola rotonda intitolata “La donna con tumore al seno: assistenza a 360 gradi” dei “Martedì Salute”, fortemente voluto dagli organizzatori del ciclo di conferenze, l’Associazione Educazione, Prevenzione e Salute, e dalla Ra.vi. associazione torinese di donne colpite da cancro al seno. Stimolate dalle domande del giornalista Nicola Ferraro, caporedattore dei media dell’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino, le specialiste operanti presso la Breast Unit (Unità Interdipartimentale di Senologia dell’Ospedale San Giovanni Battista di Torino), hanno animato la mattinata con interventi molto interessanti per il pubblico presente e per i colleghi. La premessa evidenziata da tutte le relatrici è l’importanza della diagnosi precoce. Quindi la necessità di sottoporsi regolarmente ad esami diagnostici. “Un timore diffuso riguarda l’eventuale pericolosità della mammografia – ha affermato Giovanna Mariscotti, Dirigente medico I livello del Servizio di Diagnostica Senologica- ma i mammografi di ultima generazione permettono un’eccellente capacità diagnostica con tempi di esposizione più brevi e dosi molto più basse di radiazioni”. Oggi esiste anche la tomosintesi, esame tridimensionale della mammella che permette di separare i vari strati della ghiandola, di estrapolarli ed evidenziarli: abbiamo eseguito circa 6.000 esami e posso affermare che l’accuratezza è assai elevata”. La prevenzione passa anche attraverso corretti stili di vita, primo fra tutti l’alimentazione. “Numerosi e validi studi internazionali – ha spiegato Etta Finocchiaro, specialista in Scienze dell’alimentazione, Divisione Dietetica e Nutrizione Clinica - non lasciano dubbi: più tessuto adiposo (soprattutto a livello addominale) è presente, maggiore è la possibilità di sviluppare que- 45 ottobre 12 Dai congressi sto tipo di tumore. La dieta consigliata raccomanda il consumo costante di frutta, verdura e cereali integrali; mentre si invita a ridurre i dolci, gli zuccheri a rapido assorbimento, l’alcol, i cibi preconfezionati contenenti grassi idrogenati o oli vegetali in grandi quantità perché molto meno cari dell’olio di oliva che, in quantità opportune, è un alimento molto importante. “Rispetto alla carne – ha continuato la dottoressa Finocchiaro quella ‘bianca’, spesso consigliata nelle diete, proviene da allevamenti che fanno largo uso di estrogeni; quindi sarebbe meglio eliminarla. La carne più sana è quella di maiale: l’animale difficilmente si ammala, di conseguenza, non viene imbottito di farmaci, e soprattutto (cosa che pochi sanno) il suo grasso contiene Omega 3 e Omega 6, elementi preziosi per il nostro benessere fisico. Inoltre, non basta l’attenzione all’alimentazione, ma è fondamentale aumentare l’attività fisica”. Un deciso verdetto è stato espresso sui fitormoni. “Gli isoflavonoidi di soia non servono. Possono essere utili ad alleviare i fastidi della menopausa. Non fanno male, ma non esiste evidenza scientifica che ci proteggano dal tumore”. E, ha aggiunto la professoressa Anna Sapino, ordinaria di Anatomia Patologica all’Università di Torino: “Dopo uno studio condotto su 1.600.000 sottoposte a terapia ormonale sostituiva (non a base di fitormoni) per alleviare i sintomi della menopausa si è rilevato che esiste un legame tra questi farmaci e l’insorgenza di tumori alla mammella, seppur non molto aggressivi. Molto dipende dalla durata della cura, tuttavia il risultato ha portato ad una netta riduzione di queste terapie”. L’approccio psicologico alla malattia Particolare importanza è accordata all’approccio psicologico alla malattia, con un’interessante premessa di Antonella Varetto, Dirigente Psicologo SCDU Psiconcologia, che ha ersordito affrontando l’annosa questione del legame tra stress e tumore: “Possiamo dire che è un cofattore, ma non affermerò mai che lo stress porta all’insorgenza di un tumore. Non solo non ci credo ma non esistono evidenze scientifiche a supporto di tale tesi”. Tuttavia, “Paura e dolore sono compagni della donna che affronta un cancro. Quindi noi dobbiamo intervenire accompagnandola nell’iter della malattia. Nel tumore, quasi mai si vede la ferita interna e proprio per questo è utile la presenza dello psicologo”. ottobre 12 Oggi, i malati di tumore trovano un efficace aiuto anche nella riabilitazione. “Fino a qualche decennio fa, riabilitare un paziente oncologico era impensabile. – ha affermato Maria Pia Schieroni, Direttore del Dipartimento Riabilitativo - Il tumore alla mammella è stato il primo ad essere preso in considerazione nella riabilitazione che, oggi si attiva come un intervento integrato nella terapia. Il nostro lavoro si concentra sull’attività fisica, importantissima perché riduce la fatica (sintomo caratteristico della malattia oncologica), migliora le perfomance fisiche e cardiovascolari, attenua i disturbi psichici come ansia e depressione, giova alla qualità del sonno e riduce l’osteoporosi”. Infine, una notizia che offre una sicurezza in più ai malati. Ne ha parlato Anna Sapino: “Seguendo le indicazioni dell’Unione Europea, entro il 2016 i tumori alla mammella dovranno essere curati esclusivamente all’interno di Unità di Senologia (brest unite) certificate. I medici che vi lavoreranno dovranno essere ‘certificati’ seguendo parametri specifici, come la reale esperienza nel settore connotata anche dal numero di casi seguiti annualmente (non meno di 150). Nella selezione saranno coinvolte le associazioni delle donne operate al seno. A questo scopo, il Governo italiano ha istituito temporaneamente un comitato tecnico costituito dai rappresentanti di tutte le società dei professionisti che operano nella diagnosi e cura (dal radiologo, al chirurgo, all’oncologo)”. E sempre più importante per la diagnosi e la cura del tumore sarà il medico di base, primo interlocutore del paziente. Come ha ricordato Nicola Ferraro, deve sempre più affermarsi “la parola come atto terapeutico… La Medicina, con la “M” maiuscola, esiste soltanto quando s’instaura il rapporto tra medico e paziente… È importante poi sottolineare come la figura del medico di base stia cambiando: nel prossimo futuro sarà sempre più lui il personaggio chiave della tutela della salute in quanto accompagnerà e guiderà il paziente nei meandri delle possibilità operative sempre più complesse che caratterizzeranno la sanità. Egli ci tutelerà anche dall’accanimento diagnostico-terapeutico, ci accompagnerà nel percorso di guarigione e sarà sempre disposto ad ascoltarci quando sentiremo il pressante bisogno di parlare per capire e trovare un sostegno”. Alessandra Scagliola 46 Dai congressi NECESSARIO PROMUOVERE LA CULTURA DELLA VACCINAZIONE “Le coperture vaccinali, nel nostro paese, sono in calo. Noi pediatri avvertiamo tutta la responsabilità di contribuire a sensibilizzare le persone verso l’importanza della prevenzione vaccinale, non solo tra i bambini ma anche tra adolescenti ed adulti, in virtù del rischio concreto del dilagare anche di malattie che si credevano debellate.” Così, il prof. Gianni Bona, direttore del Dipartimento per la Salute della Donna e del Bambino presso l’Azienda ospedaliero-universitaria Maggiore della Carità di Novara e Ordinario di Pediatria dell’Università del Piemonte Orientale, a margine del congresso “Dall’obbligo all’adesione consapevole: le vaccinazioni tra obiettivi di copertura e responsabilità dell’informazione” tenutosi a Torino il 22 settembre scorso. “È necessario – insiste il professor Bona – che i medici si facciano parte attiva nella diffusione della copertura vaccinale, guidando la popolazione a comprendere l’importanza della vaccinazione per quelle patologie di cui si tende a sottovalutare la gravità. Anche una banale influenza – insiste il professore - può avere conseguenze gravi in caso di patologie preesistenti. In tal senso è fondamentale contrastare l’informazione scorretta e, talvolta, addirittura terroristica, che viene divulgata rispetto ai vaccini che invece restano il principale, più sicuro ed efficace strumento di prevenzione per patologie che possono avere conseguenze anche gravi, quale ad esempio il Papilloma Virus, responsabile del tumore del collo dell’utero.” NicFer 47 ottobre 12 I servizi dell’Ordine SUL WEB LE OFFERTE E LE RICHIESTE DI LAVORO! Le rubriche dei medici disponibili alle sostituzioni in Medicina Generale e delle offerte/richieste di lavoro o di collaborazione professionale, che trovavate prima dei programmi dei convegni, sono scaricabili ora dal sito Internet dell’Ordine all’indirizzo www.omceo.to.it > Area Servizi > Occasioni di lavoro. Gli spazi Internet dell’Ordine hanno conosciuto nell’ultimo anno un vero boom di accessi; questo dato lusinghiero ci permette realmente di diversificare sempre meglio questo mezzo di comunicazione dalla rivista Torino Medica rendendolo, ad esempio uno strumento più agevole, tempestivo ed efficace nella comunicazione dell’attualità e nella pubblicazione delle rubriche di servizio. Nell’imminente futuro ci saranno sicuramente altre novità che comunicheremo tempestivamente. La Redazione di Torino Medica (RTM) COMUNICAZIONE DI CAMBIO INDIRIZZO avviso SI CHIARISCE AGLI ISCRITTI CHE LA PROCEDURA CORRETTA PER LA SEGNALAZIONE ALL’ORDINE DI UN CAMBIO DI RESIDENZA O DI INDIRIZZO PREVEDE OBBLIGATORIAMENTE LA COMPILAZIONE DELL’APPOSITO MODULO SCARICABILE ALL’INDIRIZZO: www.omeco.to.it à Area Servizi à Segreteria à Modulistica à Modulo variazione indirizzo QUESTO MODULO DEVE ESSERE INVIATO VIA MAIL ALL’INDIRIZZO [email protected] O INVIATO TRAMITE FAX AL NUMERO 011505323 INOLTRE SI PREGANO GLI ISCRITTI DI SEGNALARE ALLA SEGRETERIA AMMINISTRATIVA EVENTUALI DISGUIDI DI SPEDIZIONE DELLA RIVISTA “TORINO MEDICA” La redazione di Torino Medica (RTM) LA FEDER.S.P.EV PER GLI ISCRITTI ALL’OMCeO DI TORINO La “Federazione Sanitari Pensionati e Vedove” si occupa della risoluzione dei problemi economico-sociali dei medici, farmacisti, veterinari che godono di una pensione e dei loro famigliari. Per maggiori informazioni o per accedere ai servizi dell’Ente, si può telefonare alla signora Teresa Gariglio, 333/8440475, Presidente provinciale dell’Ente, o al dott. Giorgio Cappitelli, 348/6703250, Presidente regionale. La Redazione di Torino Medica (RTM) ottobre 12 48 I servizi dell’Ordine PROSSIME SEDUTE DELL’ACCADEMIA DI MEDICINA DI TORINO Venerdì 9 Novembre 2012 Ore 17.30 SEDUTA INAUGURALE ANNO ACCADEMICO 2012– 2013 “Una filosofia per la medicina” Relatore: Ivan CAVICCHI Presentato dal Socio: Alberto ANGELI Venerdì 23 Novembre Ore 21 “I disturbi dell’identità di genere: quale terapia?” Relatori: Dario FONTANA , Filippo BOGETTO, Ezio GHIGO Mercoledì 5 Dicembre ore 17 SEDUTA CONGIUNTA CON ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO E ACCADEMIA DI AGRICOLTURA “ALCOOL E ALCOOL DIPENDENZA” “Giovani, alcool e altre dipendenze” Relatore: Alessandro CAVALLI (Padova) “Alcool: patologia e vulnerabilità di genere” Relatore: Vittorio GALLO “Non c’è solo alcool nel vino: considerazioni sulla composizione dei vini e sulla loro diversità” Relatore: Vincenzo GERBI Venerdì 14 Dicembre ore 21,00 Seduta privata dei Soci Ordinari ed Emeriti per l’Elezione di nuovi Soci I DIRITTI DELLE PERSONE FRAGILI: UNA GUIDA “I diritti delle persone fragili. Come orientarsi nella rete dei servizi: certificazioni, agevolazioni, assistenza e protezione giuridicica” è una guida realizzata dall’Assessorato alle Politiche Attive di Cittadinanza, Diritti Sociali e Parità della Provincia di Torino. Nata dalla collaborazione tra il Centro Informazione Disabilità (C.I.D.) e l’Ufficio di Pubblica Tutela della Provincia di Torino, vuole essere uno strumento di facile consultazione per fornire informazioni e indirizzi utili ad affrontare quelle problematiche concrete che spesso le “persone fragili”, prive di autonomia o incapaci di provvedere ai propri interessi, e le loro famiglie si trovano a dover gestire. La guida, inoltre, fornisce indicazioni sulle procedure necessarie per l’accesso ai servizi e alle risorse disponibili. La guida è suddivisa in tre sezioni, ciascuna relativa a una fascia di età (minori, adulti, anziani) e ciascuna sezione fornisce informazioni su agevolazioni fiscali, assistenza, contributi economici, diritto allo studio, lavoro, pensioni, tutela, curatela, amministrazione di sostegno. Grazie alla collaborazione dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino, la pubblicazione sarà distribuita presso le sedi dei medici di base. Inoltre ne riceveranno copia: ospedali e servizi sociali dove operano professionisti socio-sanitari della provincia di Torino; le cancellerie dei Tribunali; gli URP (Uffici di Relazione con il Pubblico) del Comune di Torino, della Provincia di Torino e della Regione Piemonte. La guida è consultabile e scaricabile anche in Internet, sul sito della Provincia di Torino, al seguente indirizzo: http:// www.provincia.torino.gov.it/solidarietasociale/guida_diritti/guida_diritti Anna Maria Bidoia Provincia di Torino 49 ottobre 12 I servizi dell’Ordine DAL PORTALE FNOMCEO 50 ottobre 12 Congressi Torino 6 novembre 2012, ore: 8:30 – 17:00 Aula Magna “A.M. Dogliotti” Presidio Ospedaliero Molinette Ingresso: Corso Bramante 88, Torino TRATTAMENTO CON RADIOFREQUENZA DEL DOLORE CRONICO: DALLA NEUROLESIONE ALLA NEUROMODULAZIONE AZIENDA OSPEDALIERA CITTÀ DELLA SALUTE E DELLA SCIENZA DI TORINO Crediti Formativi: 4 Responsabile scientifico: dott.ssa Anna De Luca Adelaide MIRANDA Tel. 011/633.3212 - Fax 011/633.5116 e- mail:[email protected] Per le iscrizioni è necessario collegarsi al sito ECM Regione Piemonte www.ecmpiemonte.it 8,30 – 9,00 Registrazione dei partecipanti 9,00 – 9,15 Saluti della Direzione e Introduzione dell’evento formativo. 9,15 – 9,45 Lezione magistrale Prof. O. Rohof (Orbis Concern Hospital Sittard, Netherlands) 9,45 – 10,45 Cosa conosciamo della Radiofrequenza: meccanismi di azione e approccio clinico, Prof. F. Molinari, Dott. L. Sicuro 11,00 – 13,00 Indicazioni, applicazione e risultati del trattamento con Radiofrequenza:Facet Syndrome, Dott.ssa C. Roero Articolazione sacro-iliaca, Dott.ssa M. Mauro Anca e ginocchio, Dott.ssa M. Clemente Nervo periferico, Dott.ssa M. Lombardi 13,00 – 13,15 DISCUSSIONE Pausa pranzo ottobre 12 52 Congressi Iscrizione al congresso: ore 7.45 - 8.15 14,00 – 15,00 Il trattamento con Radiofrequenza in ambito kinesiologico, Dott. V. Verna, Dott. M. Cancelli, Dott.ssa A. Borrè 15,00 – 15,15 Le possibili complicanze Dott.ssa M. Clemente 15,15 – 15,45 Preparazione del paziente alla procedura: comunicazione e gestione dell’ansia, F. Muro, M. Torresan, E. Mainardi 15,45 – 16,30 Quale ruolo nella gestione del dolore: proposta di un algoritmo interdisciplinare, Dott.ssa A. De Luca, Dott. N. Luxardo 16,30 – 17,00 Verifica dell’apprendimento e conclusioni. Introduzione al Congresso e Saluto ai partecipanti: P. Monferino (Assessore Sanità) E. Ghigo (Preside della Facoltà di Medicina) M. Dore (Commissario ASL To5) M.T. Spinnler (Direttore S.C. Cardiologia ASL To5) IL MEDICO DI FRONTE A DECISIONI COMPLESSE SESSIONE I Cardiopatia e problemi oncologici. Presentazione di un caso clinico F. Rabajoli L’evento formativo è gratuito e aperto a n. 250 operatori 8.30 – 10.00 Moderatori: Dr. M. Bobbio – Dr. MR. Conte Il punto di vista del Cardiologo P. Noussan Il punto di vista del Cardiochirurgo R. Casabona Il punto di vista dell’Oncologo A. Comandone Discussione interattiva Torino 23 novembre 2012 Museo dell’Automobile, c.so Unità d’Italia n. 40 10.00 – 10.30 Coffee Break CASI ESTREMI IN CARDIOLOGIA QUALI I LIMITI? Questioni mediche, deontologiche e giuridiche. Il medico di fronte a decisioni complesse l’infermiere di fronte a situazioni complesse SESSIONE II Valvulopatia severa e comorbilità. Presentazione di caso clinico L. Formato 10.30 – 12.00 Moderatori: Dr. M. Minelli – Dr. R. Belli Il punto di vista del Cardiologo Il punto di vista del Cardiochirurgo Il punto di vista del Rianimatore M. D’Amico M. Rinaldi M. Lupo Discussione interattiva SESSIONE III Coronaropatia severa e comorbilità. Presentazione di un caso clinico P. Gaetano 12.00 – 13.30 Moderatori: Dr. P. Presbitero – Dr. S. Bongo CORSO ACCREDITATO PER MEDICI ED INFERMIERI Il corso è accreditato ECM per i medici e per gli infermieri, nello specifico le le discipline accreditate sono le seguenti: Medico chirurgo (cardiologia, medicina e chirurgia di accettazione e di urgenza, neurologia, nefrologia, geriatria, anestesia e rianimazione, oncologia, cardiochirurgia, medicina nucleare), psicologo, infermiere. I crediti assegnati sono 4,5 e l’evento ha il seguente numero 804-43682. 53 Il punto di vista dell’Emodinamista F. Varbella Il punto di vista del Cardiochirurgo M. Diena Il punto di vista del Nefrologo e del Neurologo M. Salomone M. De Mattei Discussione interattiva 13.30 – 14.30 Lunch ottobre 12 Congressi SESSIONE IV Cardiomiopatia e problemi aritmici nel paziente “grande anziano”. Presentazione del caso clinico. C. Checchinato 14.30 – 15.45 Moderatori: Dr. F. Gaita – Dr. S. Marra Il punto di vista dell’esperto in cardiostimolazione M. Giammaria Il punto di vista del Geriatra, terapia medica ed elettrica a confronto M. Bo Discussione interattiva L’INFERMIERE DI FRONTE A SITUAZIONI COMPLESSE SESSIONE I Il paziente oncologico diventa cardiopatico: problematiche cliniche ed assistenziali 08.30 – 10.00 Moderatori: Dr. P. Altini – CPSE L. Orsino Caso clinico e punto di vista dell’Infermiere di Cardiologia G. Tarditi Il punto di vista dell’Infermiere di Oncologia S. Vendemiati 10.00 – 10.30 Coffee Break SESSIONE II Valvulopatia nell’anziano: le difficoltà nell’assistere il paziente: quali supporti per l’Infermiere? 10.30 – 12.00 Moderatori: Dr. Ricciardolo – CPSE M. Rebellato Il punto di vista dell’Infermiere di Cardiologia B. Parodi Il punto di vista dell’Infermiere di Medicina A. Sciulli SESSIONE III Coronaropatia e comorbilità: caso clinico e questioni giuridiche 12.00 – 13.30 Moderatori: Dr. G. Boccuzzi – DI L. Setti Caso clinico e punto di vista dell’Infermiere di Emodinamica C. Zanini Le indicazioni dell’Infermiere forense V. Garis 13.30 – 14.30 Lunch SESSIONE IV Area Critica: limiti, difficoltà e disagi dell’Infermiere della Cardiologia di fronte ai casi clinici estremi. Possibilità per prevenire il Bun Out ottobre 12 54 Congressi Esperto di Diritto Sanitario Internazionale L. Resegotti Rappresentante dell’Istituzione C. Zanon 14.30 – 15.45 Moderatori: B. Possenti – S. Fiesoli Caso clinico e punto di vista dell’Infermiere della Cardiologia F. Bianchi Caso clinico e punto di vista dell’Infermiere del DEA I. Prisciandaro Il punto di vista dello Psicologo P. Lombardo SESSIONE V - CONGIUNTA MEDICO INFERMIERISTICA Ore 16.00 Moderatore: Dr. N. Ferraro Tavola rotonda: considerazioni mediche, bioetiche, deontologiche e giuridiche Ore 17.45 Questionari e chiusura Ore 18.00 Concerto Ore 19.00 Apericena DIREZIONE SCIENTIFICA - Maria Teresa Spinnler, Responsabile Cardiologia Ospedale Moncalieri Asl To5 - Antonio Ferrero, Cardiologia Ospedale S. Croce Moncalieri ASL TO5 - Pietro Altini, Docente CdL Infermieristica, Università di Torino La partecipazione al corso è gratuita. Premessa: Teoria dei sistemi complessi e determinismo in Medicina A. Ferrero PER ISCRIZIONI ED INFORMAZIONI Segreteria organizzativa CONGRESS SET UP SRL T. +39 0165 238523 F. +39 349 2758234 [email protected] BioeticistaE. Larghero Avvocato Ordine dei Medici R. Longhin Medico Umanista P. Simone Presidente Ordine dei Medici A. Bianco 55 ottobre 12 Congressi Torino 24 novembre 2012 PROGRAMMA SCIENTIFICO 8.00 Benvenuto e registrazione. 8.30 Presentazione del corso (F. Cattel – A. Messori) Sermig, p.zza Borgo Dora, 61 IL PERCORSO DEL FARMACO NELLA CONTINUITA’ ASSISTENZIALE Il contenimento della spesa farmaceutica 8.45 Saluti delle autorità. (Regione Piemonte e Toscana, SIFO, Ordine Medici e Farmacisti) I sessione “Modelli di assesment e studi di Farmacoeconomia” Moderatori: A. Messori, F. Cattel 9.00 9.20 9.40 10.00 10.20 Esempi classici della Farmacoeconomia presenti in letteratura (C. Jommi) Modelli di Assesment nell’ambito dell’HTA di farmaci (A. Cicchetti) Modelli di Assesment nell’ambito dell’HTA dei dispositivi (A. Beux) Cost sharing, risk sharing and payment by results: l’esperienza italiana dei farmaci innovativi, criticità e prospettive (F. Goffredo) Prontuari Regionali e valutazioni d’inserimento il modello della regione Veneto (M.R. Magrì) 10.40 Corso regionale di aggiornamento a cura della sezione SIFO Piemonte – Valle d’Aosta e Toscana Coffee Break II sessione “Le politiche della razionalizzazione della spesa farmaceutica regionale: I Prontuari regionali e le gare centralizzate ” I diversi operatori nell’ambito della sanità (medico, farmacista, infermiere professionale) sono sempre più coinvolti nell’implementazione dei processi sanitari relativi a specifiche patologie (percorsi diagnostico-terapeutici). Molti fenomeni sono stati studiati nell’intento di ottimizzare l’attuazione di questi percorsi, valutando in particolare la gestione dei processi sanitari per attuare logiche di governo clinico. Tutti i percorsi vedono come attore protagonista il farmaco, che svolge un ruolo fondamentale sia in un contesto clinico che economico e legislativo. Obiettivo di questo convegno è individuare i percorsi e le strategie che l’AIFA, il SSN e le Regioni hanno adottato o che vorranno adottare per garantire il giusto equilibrio tra il contenimento della spesa dei farmaci e dei dispositivi a livello regionale e nazionale e la garanzia del diritto alla cura del paziente. Partendo da concetti base che da sempre hanno caratterizzato gli studi pubblicati sulla Farmacoeconomia verranno proposti alcuni modelli di carattere regionale e nazionale di assesment di farmaci e dispositivi medici e si cercherà di mettere in risalto gli aspetti positivi e negativi di alcuni strumenti di razionalizzazione della spesa utilizzati in quest’ultimi anni come le Commissioni per il Prontuario. Infine verranno approfondite le modalità che portano sempre più le regioni a procedere con gare ed acquisti centralizzati. 57 Moderatori: E.Ciccarelli, N. Dirindin 10.55 11.15 11.35 11.55 12.15 12.35 Il modello del Piemonte (L. Giuliani) Le gare dell’Area Vasta Toscana (M. Pani) Il progetto AcrossItaly (S. Trippoli) Nuove modalità organizzative in sanità, Il Farmacista di Reparto: L’esperienza di Asti (M. Colombo-Gabri, A.M.Toffano) Contributo delle professioni sanitarie nella razionalizzazione della spesa (S. Storto) Confronto/Dibattito “L’Esperto risponde” 13.00 Colazione di lavoro 14.00 Role playing: Simulazione di un approccio di valutazione delle attività e rendicontazione della spesa farmaceutica in un dipartimento oncoematologico all’interno di una grossa azienda ospedaliera (A. Brusco – R. Arione – S. Stecca - M. Boccadoro ) Tavola rotonda: “Le istituzioni e le Società Scientifiche discutono le modalità d’accesso alle terapie da parte del paziente in relazione al contenimento della spesa Moderatori: A. Del Favero, M. Dall’Acqua ottobre 12 Congressi 15.00 16.40 17.00 17.10 Il punto di vista del Medico Specialista (U. Marchisio) Il punto di vista del Medico di Medicina generale (G. Giustetto) Il punto di vista dell’IPASVI (M.A. Schirru) Il punto di vista del Farmacista Ospedaliero (G. Sassi ) Il punto di vista dell’ordine dei Farmacisti (M. Giaccone) Il punto di vista di un Direttore Sanitario (S. Falco) Il punto di vista della Federazione Sovrazonale Piemonte 1 (G. Zanetta) Il punto di vista dell’AGENAS (F.P.M. Saccà) Il punto di viste del paziente (M.Rolle, E. Bertolino) Confronto/Dibattito “L’Esperto risponde” Compilazione dei questionari ECM. Conclusioni. (E. Ciccarelli – A. Messori – F. Cattel) INFORMAZIONI GENERALI RESPONSABILI SCIENTIFICI DELL’EVENTO Dr. Francesco Cattel Segretario Regionale SIFO Piemonte, Valle d’Aosta A.O. Città della Salute e della Scienza di Torino [email protected] Dr.ssa Enrica Ciccarelli Dirigente Medico Ospedaliero, Endocrinologia, Ospedale E. Valdese, Torino [email protected] Dr. Andrea Messori Segretario Regionale SIFO Toscana Magazzino Farmaceutico Centralizzato Estav Centro [email protected] ottobre 12 SEGRETERIA SCIENTIFICA Dr A.Beux, Dr. F. Cattel, Dr.ssa E. Ciccarelli, Dr. A. Messori PROVIDER & SEGRETERIA ISCRIZIONI: SIFO - VIA C. FARINI 81 MILANO TEL 026071934 – FAX 0269002476 [email protected] – www.sifoweb.it SEGRETERIA ORGANIZZATIVA: E-belf di Elisabetta Bersezio e C. Corso Montevecchio 50 – 10129 Torino TEL 0114548142 – FAX 0114542135 [email protected] TARGET: Il corso è riservato a n. 60 Farmacisti ospedalieri e territoriali, 10 Medici di Medicina Generale, 10 Medici ospedalieri e 20 Infermieri professionali. Per le iscrizioni sarà necessario utilizzare la procedura online collegandosi al sito www.sifoweb.it/Eventi/ Eventi ECM SIFO provider/Corsi interrregionali. I soci dopo aver selezionato il l’evento, dovranno cliccare sulla voce iscrizioni on line ed inserire le credenziali SIFO per poi espletare la registrazione. I non soci (medici e farmacisti convenzionati) dovranno registrarsi al sito e poi procedere all’iscrizione on line. Crediti ECM Per avere diritto ai crediti formativi ECM è obbligatorio: • frequentare il 100% delle ore di formazione • compilare il questionario di valutazione dell’evento • compilare il questionario di apprendimento e rispondere correttamente almeno all’80% delle domande. Al termine dell’attività formativa verrà rilasciato l’attestato di partecipazione, mentre il certificato riportante i crediti ECM sarà inviato dopo le dovute verifiche direttamente al domicilio del discente. 58 Pianeta solidarietà AssociAzioni Le associazioni si presentano Questa nuova sezione della rubrica “Pianeta Solidarietà” inaugura un ulteriore canale di dialogo tra la solidarietà internazionale che transita o fa capo a Torino, il volontariato locale e l’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino. In questa sezione di Torino Medica vengono brevemente presentate le associazioni coinvolte nel progetto di comunicazione con l’OMCeO di Torino, attivato dall’Ordine nel marzo 2011, e già inserite nel nuovo Network loro dedicato. Un’intera sezione dello spazio in Rete utilizzato dall’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino è da tempo proprio dedicato a questo Network: vedi il sito http://www.omceotorinoservizi.com/ al quale si può accedere immediatamente con uno smartphone in grado di leggere il codice QR qui sopra. Insieme alla descrizione delle singole associazioni ci saranno talvolta progetti, iniziative, proposte del nostro Network costituito, per ora, già da più di 30 associazioni. La redazione di Torino Medica Centro supporto e ascolto vittime di violenza demetra Donne, bambini e anziani possono essere oggetto di violenza proprio nella loro casa. La violenza consiste in insulti, minacce, percosse, ricatto economico, emotivo e psicologico, stalking. Il Centro offre assistenza sanitaria dedicata e sportello d’ascolto e counseling. Supporto sanitario alle vittime di violenza • Visite Mediche dedicate alle vittime di violenza di genere e di stalking • Pronto Soccorso con triage avanzato e attivazione delle risorse della Rete antiviolenza. • Prestazioni sanitarie adeguate con sostegno attivo durante il percorso diagnostico e terapeutico, assistenza e supporto compresa una corretta refertazione medico–legale. • Consulenze specialistiche in ordine alle sequele della violenza. ottobre 12 60 Pianeta solidarietà AssociAzioni Le associazioni si presentano • • • • Redige protocolli e linee guida per gli operatori sanitari dei Pronto Soccorso della Regione Piemonte. Consulenze telefoniche per gli operatori delle strutture sanitarie sprovviste di servizi adeguati. Attivazione della rete dei servizi pubblici e privati di sostegno alle vittime di violenza. Formazione specifica degli operatori. Sportello di ascolto e counseling per le vittime e i loro famigliari • Il Centro Demetra consente di “rompere il silenzio” e accompagna le vittime nel percorso di aiuto immediato e di riattivazione delle proprie capacità e delle proprie risorse, non ultima la dignità. • Lo sportello apre spazi di ascolto attivo in cui la persona possa raccontare quanto accaduto, il suo stato d’animo, le sue paure, l’angoscia, i suoi bisogni, le necessità e si sostiene la persona nel percorso che deciderà di intraprendere attraverso i servizi di aiuto e accoglienza della Rete. • Nei casi di violenza domestica o comunque reiterata, attraverso il colloquio di counseling, si cerca di far emergere le risorse e le capacità che la persona ha di riprendere in mano la propria vita. • Sostegno nell’attivare possibili soluzioni ed interventi preventivi. • Supporto ai famigliari e ai maltrattanti. Centro DEMETRA Orario: dal lunedì al venerdì, dalle ore 9 alle 16 Presidio San Lazzaro, Via Cherasco, 23 - 2° piano, stanza 4 tel. 011-633.5899 / 335-7169000 di acce e i t ega ista Colal ll’intervnsabile espo o, del rel CentrSchinco d rizio at dr. P e-mail [email protected] Pronto SoccorsoMolinette 24/24 h Corso Bramante, 88, Tel. 011-633.5185 Triage 011-633.5248 Sportello di ascolto e counseling Orario: dal lunedì al venerdì, dalle ore 10 alle 16 Tel. 011-633.5302 / 5899 Link: http://www.regione.piemonte.it/ pariopportunita/cms/index.php/comunicazione-e-promozione/video-gallery/ item/60-patrizio-schinco AMBULATORIO “BAMBI” ABUSO SESSUALE E MALTRATTAMENTO SU MINORE Presso l’Ospedale Infantile Regina margherita funziona dal 2002 nell’ambito del DEA c’è un ambulatorio dedicato alla diagnosi di abuso e maltrattamento su minore denominato “BAMBI”. Il principio su cui si fonda l’”Ambulatorio Dedicato” è quello di ridare ad un bambino, che è stato violato nel corpo e nello spirito, la considerazione come “persona” e la rassicurazione sul suo stato di salute fisico. A tal fine l’Ambulatorio “BAMBI” offre, al bambino/a ed a chi lo accompagna, un pediatra ed un’infermiera “dedicati” che possono offrire tutta l’attenzione ed il tempo necessario per raccogliere il racconto dell’accompagnatore/bambino e soprattutto per permettere al bambino di “potersi fidare” degli operatori ed accettare la visita, svincolando la gestione del caso da quella procedurale del DEA attraverso l’assegnazione di un codice specifico. Dopo la visita vengono effettuati, in altra sede, i necessari colloqui dei genitori/bambino con la psicologa, assistente sociale. 61 ottobre 12 Pianeta solidarietà AssociAzioni Le associazioni si presentano Componenti dell’Ambulatorio “Bambi” • 1 medico pediatra 3 • 5 medici pediatri • 5 infermiere pediatriche • 6 infermiere pediatriche che prestano la loro opera in reperibilità notturna e festiva • 1 assistente sociale coordinatore e 1 assistente sociale • 1 psicologa Servizio Sanitario Nazionale – Regione Piemonte AZIENDA SANITARIA OSPEDALIERA O.I.R.M.-S.ANNA di rilievo nazionale ad alta specializzazione materno infantile 10126 Torino – Corso Spezia 60 – tel. 011313.4444 www.oirmsantanna.piemonte.it Tel. 0113135833-0113135832 e-mail: [email protected] Fax: 0113135214 Link: http://www.videomedica.org/ videomedica/?s=bambi ottobre 12 rvizio ccedi del aszeione di a e R Q e ic Leggi il coodrealizzato dalla red audiovisiv Torino Medica 62