UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI URBINO
“Carlo Bo”
FACOLTÀ DI ECONOMIA
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE
IN MARKETING E COMUNICAZIONE PER LE AZIENDE
I CENTRI COMMERCIALI NATURALI:
UNA RISORSA PRODUTTIVA PER IL CENTRO CITTADINO.
IL CASO DI PALERMO
Relatore: Chiar.ma Prof.ssa
Tesi di laurea di:
ELISABETTA SAVELLI
DIANA RICCIARDI
Anno Accademico 2011/2012
“LA VUCCIRIA" DI RENATO GUTTUSO (1974) “Ma si tratta sempri di farfanterie, perché lei in quella viuzza
accussì stritta, accussì china di bancarelle d'ova, di frutta, di virdura, di
caci, di carni, di pisci, che in mezzo ci può passari 'na sula pirsona a
volta, prifirisci non annarci pirchì si senti assufficcari.”
Andrea Camilleri (2011)
INDICE
pag.
Introduzione
............................................................................................................... VII
Metodologia
...............................................................................................................
XI
1. Il territorio, le città e il marketing
1.1. Il marketing territoriale ...........................................................................
1
1.1.1. I “fattori critici di successo” di un territorio e il piano strategico di
marketing territoriale .........................................................................
12
1.1.2. Il marketing mix territoriale ...............................................................
16
1.2. Il marketing del turismo ..........................................................................
20
1.3. Il marketing relazionale ...........................................................................
25
2. I distretti del commercio: un volano per lo sviluppo del territorio
2.1. La città post-moderna e i luoghi del commercio .....................................
29
2.2. L’esperienza britannica: i Town Centre Management .....................................
40
2.3. L’esperienza belga e francese: le Cellules de Gestion de Centre-Ville ...............
54
2.4. L’esperienza spagnola: il Centro Comerciale Abierto .......................................
61
2.4.1. Il caso andaluso ..............................................................................
64
2.4.2. Il caso catalano ...............................................................................
65
2.5. L’esperienza americana: i Business Improvement Districts ..............................
72
2.6. I Centri Commerciali Naturali (CCN) in Italia .......................................
76
2.6.1. Il CCN “Il Molo” ...........................................................................
83
2.6.2. Il CCN “Vignola Grandi Idee”......................................................
85
2.7. Centri Commerciali Naturali VS Centri Commerciali Artificiali ...........
88
2.8. Il marketing esperienziale: nuove prospettive di studio per i TCM ........
92
2.9. Merchandising delle attività e dei punti vendita nel CCN ......................
99
3. Le leve economiche della Sicilia: il commercio e il turismo
3.1. Analisi del contesto economico regionale ................................................ 103
3.1.1. I distretti produttivi siciliani ........................................................... 111
V 3.2. Il turismo in Sicilia ................................................................................... 114
3.2.1. I distretti turistici ............................................................................ 120
3.3. Il sistema distributivo siciliano ................................................................. 123
3.4. Le principali norme che disciplinano il commercio in Sicilia ................. 132
4. Il tessuto urbano ed economico della città di Palermo
4.1. Continuità e trasformazioni ..................................................................... 137
4.2. Il sistema economico palermitano ........................................................... 142
4.2.1. Il turismo ........................................................................................ 149
4.2.1.1. Il Distretto Turistico “Palermo- Costa Normanna” ........... 153
4.2.2. Il commercio .................................................................................. 156
4.3. Le politiche e le strategie di sviluppo locali ............................................. 163
4.3.1. Le politiche per il recupero del Centro Storico.............................. 171
4.3.2. Il quartiere della Kalsa: le peripezie della globalizzazione ............ 174
4.4. I mercati storici: un’importante risorsa territoriale ................................. 178
5. I Centri Commerciali Naturali: una risorsa per la città di Palermo
5.1. I Centri Commerciali Naturali in Sicilia ................................................. 185
5.1.1. Il CCN “Io Centro” e il Centro Storico di Catania .......................... 191
5.2. I CCN a Palermo: un circolo virtuoso? ................................................... 196
5.2.1. “Natale 2011” ................................................................................ 207
5.2.2. L’Ecobank .............................................................................................. 208
5.2.3. Interventi di pedonalizzazione ....................................................... 209
5.3. Il CCN “Piazza Marina & Dintorni” .......................................................... 212
5.3.1. “La Befana a Piazza Marina” ........................................................ 215
5.3.2. “Una Marina di Libri” ................................................................... 215
5.4. Il CCN “Politeama – Ruggero Settimo & Dintorni” ........................................ 217
5.5. Un’analisi SWOT sui CCN a Palermo ................................................... 221
Conclusioni e prospettive future ......................................................................................... 227
Bibliografia ................................................................................................................. 235
Sitografia
................................................................................................................. 245
Appendice
VI INTRODUZIONE
L’importanza che il commercio ha assunto è evidente da tempo e i
percorsi di sperimentazione in ordine alla sua valorizzazione ed integrazione nel territorio sono stati sperimentati in modo diverso a livello nazionale e in altri paesi e contesti.
Agli inizi degli anni Novanta, le moderne strutture del commercio
da “non-luoghi”, celebre definizione coniata dal sociologo francese Marc
Augé (1993), si sono trasformate in “superluoghi”, ovvero da contenitori
anonimi e privi di identità e di storia a strutture architettoniche che dominano il territorio in cui sorgono e rilanciano il ruolo delle periferie cittadine, reinventando gli spazi di scambio sociale nonché economico. I
luoghi del commercio hanno così assunto nuove finalità oltre a quelle essenzialmente commerciali, diventando luoghi d’incontro, di spettacolo, di
apprendimento ed esperienza. Oggi, più che in passato, i nuovi luoghi
della distribuzione e del consumo tendono a divenire centri di socialità e
di relazioni interpersonali di grande importanza, soprattutto per le nuove
generazioni, sostituendosi alla funzione che un tempo era degli spazi
pubblici urbani. Secondo il sociologo urbano Guido Martinotti (1993), il
successo di queste aree dello shopping è proprio legato al loro essere spazi
eterogenei, popolari, accessibili a tutti, in un certo senso democratici e
non aristocratici.
La Sicilia, da sempre, ha rappresentato una terra di approdo di popoli lontani che in questa Isola hanno riconosciuto una fonte di ricchezza
naturale, costruendo regni e lasciando un patrimonio storico-culturale
unico al mondo. Cultura, conservazione delle tradizioni, utilizzo di spazi
per promuovere gli usi e i costumi di una terra, che da sola rappresenta
un crogiolo di profumi, aromi e sapori: su questo dovrebbe puntare la politica territoriale. La Regione, infatti, negli ultimi decenni, ha subito un
progressivo impoverimento economico con la chiusura di numerose industrie, tra le quali l’ultima e la più grave è la chiusura dello stabilimento
VII Fiat di Termini Imerese. Gli unici settori economici in cui la Sicilia può
puntare sono il turismo e il commercio.
In questo elaborato intendo dimostrare come i Centri Commerciali
Naturali (CCN) possano diventare un vero e proprio strumento per la valorizzazione del territorio contrastando il fenomeno della desertificazione
dei centri storici, favorito quest’ultimo dall’avvento impetuoso della
Grande Distribuzione Organizzata (GDO) e dall’apertura dei centri
commerciali periferici. Attraverso i CCN si crea una rete tra gli operatori
locali, i quali insieme possono, in maniera più efficiente, offrire dei servizi in grado di sviluppare il commercio e il turismo dell’area, settori questi
in cui la Sicilia può fondare la propria politica di crescita economica.
Il Centro Commerciale Naturale si presta a diventare sede di cultura, di produzione e di fruizione culturale. Gli eventi culturali, i cartelloni
artistici, le iniziative ricreative e del tempo libero divengono, se programmati e concordati adeguatamente, un fattore di richiamo e di promozione strategica che qualifica i territori e li rende attrattivi. A ciò si
aggiunge la creazione di un arredo urbano dignitoso (anche attraverso
l’attivazione e l’estensione della raccolta differenziata) che consente non
solo un miglioramento della qualità di vita urbana per i residenti, ma anche il presupposto minimo per garantire un’adeguata accoglienza dei turisti. A ciò vanno aggiunti provvedimenti per il miglioramento della viabilità, ma anche la sperimentazione prima e l’adozione poi di isole pedonali
permanenti o le chiusure programmate alla mobilità privata di tratti urbani.
Tutte iniziative che contribuiscono a riattivare la vitalità dei centri
storici riscoprendone le tradizioni culturali e artistiche, le botteghe artigiane ed i negozi storici, attraendo quindi il turismo e riattivando il
commercio.
Nel I capitolo si offre una panoramica delle discipline scientifiche
che sono a fondamento della trattazione dei Centri Commerciali Naturali, come il marketing territoriale, il marketing del turismo e quello relazionale.
VIII Il II capitolo approfondisce lo studio del Centro Commerciale Naturale evidenziando la sua capacità di rappresentare un volano per lo sviluppo economico di un territorio. Dopo un’analisi sulla città postmoderna ed i luoghi del commercio, si esaminano le forme di CCN inglesi
(i Town Centre Management), francesi-belgi (le Cellules de Gestion de CentreVille), spagnoli (il Centro Comerciale Abierto ) e americani (i Business Improvement Districts). Infine si analizza il caso italiano, con esempi piemontesi ed
emiliani. Successivamente si mette a confronto il Centro Commerciale
Naturale con il Centro Commerciale Artificiale, cercando di capire quali
siano i rispettivi punti di forza e di debolezza, e si approfondisce
l’applicazione del marketing esperienziale e delle politiche del merchandising all’interno dei punti vendita associati al CCN.
Il III capitolo focalizza l’attenzione sulla realtà siciliana, esplorando
le principali caratteristiche del settore turistico e di quello commerciale.
Si descrive, in particolare, il sistema distributivo regionale e le principali
norme che disciplinano il commercio in Sicilia.
Il IV capitolo entra nel dettaglio del tessuto economico di Palermo,
approfondendo
le
principali
trasformazioni
avvenute
negli
ultimi
vent’anni. Vengono illustrate le politiche che l’Amministrazione ha attivato per il recupero del Centro Storico e in particolare l’evoluzione urbanistica dello storico quartiere Kalsa. Infine si descrivono i mercati storici
della città quali fulcri di attrazione turistico-commerciale e viene esposto
il progetto delle “Vie dei Mercati” che attraverso un unico percorso vuole
collegare due dei mercati storici attualmente funzionanti, Ballarò e il Capo.
Il V capitolo, dopo un panoramica sui CCN in Sicilia e la descrizione del CCN “Io Centro” di Catania, analizza i Centri Commerciali Naturali presenti a Palermo, inquadrandone la normativa di riferimento e
l’iter amministrativo di accreditamento. Si cerca di capire in che modo
possono attivare un circolo virtuoso per lo sviluppo economico del territorio, e a tal fine vengono analizzati i ruoli dei diversi attori coinvolti e la
loro interazione. Si approfondiscono nello specifico le caratteristiche con-
IX sortili dei due CCN “Piazza Marina & Dintorni” e “Politeama – Ruggero
Settimo & Dintorni”, descrivendone l’offerta merceologica e le iniziative
intraprese. Il capitolo si conclude con un’analisi SWOT sui CCN presenti
nella città di Palermo.
Desidero ringraziare la mia famiglia, per il sostegno morale ed economico che mi ha dato in questi anni di studio fuori sede, e tutte le persone che mi hanno sempre aiutato ed appoggiato nelle mie scelte.
Ringrazio il Comune di Palermo e in particolare l’Assessorato alle
Attività Produttive, Settore Servizi alle Imprese - Ufficio Sviluppo Economico, rappresentato dalla responsabile dott.ssa Caterina Guercio per
avermi fatto partecipare alle riunioni della Cabina di regia, e i Presidenti
dei CCN di Palermo per i loro incontri e dibattiti per me sempre spunto
di riflessione.
In particolare ringrazio la dott.ssa Maria Giambruno, Presidente del
CCN “Piazza Marina & Dintorni”, per la sua disponibilità e la passione
che mette in questo progetto, che comporta tanta fatica ma anche molte
soddisfazioni.
X METODOLOGIA
Dopo un attento studio delle discipline che ne costituiscono i fondamenti teorici, come il marketing territoriale, relazionale e del turismo,
nella mia ricerca ho indagato le origini del fenomeno dei CCN, cercando
di individuarne le cause e studiandone le diverse forme realizzate nei vari
Paesi del vecchio e del nuovo continente. Tale analisi è stata sviluppata
attraverso un’approfondita indagine bibliografica nazionale ed internazionale ed un esame dei principali siti Web disponibili in Rete.
Il mio obiettivo è stato quello di studiare i casi internazionali di
Town Centre Management per capire meglio il loro funzionamento e adattarlo al caso territoriale palermitano, che essendo ancora in una fase di startup, presenta alcune debolezze e per questo deve essere migliorato e rinforzato.
Mi sono così recata presso l’Assessorato alle Attività Produttive del
Comune di Palermo ed ho assistito alle riunioni della Cabina di regia, organo amministrativo di coordinamento delle azioni dei diversi stakeholder
presenti nel territorio, alle quali partecipavano i presidenti dei sei CCN
di Palermo, l’Assessore alle Attività Produttive, il responsabile dell’Ufficio
Sviluppo Economico e il Presidente della II Commissione Consiliare Attività Produttive del Comune di Palermo.
Lo studio dei sei CCN palermitani è avvenuto attraverso la mappatura dei CCN ed una serie di interviste ai rispettivi presidenti, svolte sottoponendo loro dei questionari che avevano lo scopo di indagarne le motivazioni all’origine della loro costituzione, l’evoluzione, l’identità delle
iniziative e degli eventi promossi e le eventuali situazioni di conflittualità
con l’Amministrazione comunale.
Dallo studio è nata una collaborazione con il Comune di Palermo
che ha comportato da parte mia la stesura di un regolamento sui CCN da
presentare in sede di Consiglio Comunale.
XI I CAPITOLO
IL TERRITORIO, LE CITTÀ E IL MARKETING
1.1.
Il marketing territoriale
Prima di entrare nello specifico della trattazione, è opportuno inquadrare l’argomento dei CCN (Centri Commerciali Naturali) in un insieme disciplinare che ne costituisce i fondamenti teorici, fra cui il marketing territoriale e urbano.
Ogni territorio, da sempre, ha come obiettivo il proprio sviluppo
economico e l’innalzamento della qualità della vita al fine di creare valore per la comunità locale. Da qualche tempo tali obiettivi sono stati assegnati al marketing territoriale e perseguiti attraverso gli strumenti tipici
del marketing management.
La letteratura accademica presenta il marketing territoriale essenzialmente quale ambito del marketing che si fonda su un’ipotesi precisa:
l’assimilazione del territorio all’impresa. Tale metafora rileva come le città e i territori siano in competizione tra loro e, pertanto, richiedano
l’apporto di discipline manageriali quali il marketing. È, infatti, innegabile che il territorio faccia marketing in quanto genera scambi sia al proprio
interno sia nei confronti di aree geografiche esterne con l’obiettivo di
creare valore per la comunità di riferimento. La specificità del marketing
riguarda la dimensione dello scambio di mercato e consente di approcciare il governo territoriale a partire dall’esame delle dinamiche relazionali
di scambio realizzate dagli attori locali, di cui parlerò dettagliatamente
nel prosieguo della trattazione.
La relazione tra marketing e territorio si potrebbe risolvere in termini di studio del mercato del territorio. Il territorio diviene esso stesso
soggetto cui può essere riconosciuta una funzione imprenditoriale volta
alla massimizzazione del valore degli scambi. Si giunge a parlare di mar-
1 keting territoriale, infatti, perché il territorio attua dinamiche di scambio
nei confronti della propria utenza attuale e potenziale, e in qualità di
“bene pubblico” non orientato al profitto non avrà l’esclusivo obiettivo di
sviluppo economico, ma sosterrà anche una più ampia e composita finalità di creazione di valore pubblico e di innalzamento della qualità della vita per la popolazione residente.
Storicamente le azioni definite in letteratura come marketing territoriale cominciano in Europa in epoca coloniale, quando i giornali presentano pubblicità relative ai territori di neo-conquista e quando rinomate località turistiche promuovono la loro immagine. Anche negli Stati
Uniti d’America, a partire dalla metà del XIX secolo, al fine di attrarre
investimenti e residenti, i comuni svolgono un’intensa attività di comunicazione, mentre già nei primi decenni del Novecento vengono istituite
agenzie pubbliche 1. Politiche di attrazione di investimenti vengono attuate anche da alcune città del Canada e della Gran Bretagna, nazione
quest’ultima dove comunque prevale il marketing turistico 2. In Europa, le
due Guerre Mondiali vedono la scomparsa di simili azioni affermandosi
politiche di pianificazione territoriale estranee al marketing. Negli anni
Ottanta l’avvento di nuovi scenari economici induce alcuni territori a ricorrere nuovamente a strumenti di marketing ed in particolare alla comunicazione. Gran Bretagna, Francia ed Olanda sono le nazioni europee
in cui il marketing territoriale ha visto una incisiva e diffusa applicazione
negli ultimi decenni.
Si afferma così il marketing urbano, ovvero quel marketing che ha
come contesto territoriale di applicazione le città. Gli autori Ashworth e
Voogd 3 affermano che il background del marketing delle città sia da ascrivere al nuovo set di obiettivi ed aspettative cui le autorità di pianificazione pubblica sono state chiamate a rispondere a partire dagli anni Ottanta
1
Ward S.V. (1994), Time and place: key themes in place promotion in the USA, Canada and Britain since 1870, in
J.R. Gold e S.V. Ward (Eds.), Place Promotion: The Use of Publicity and Marketing to Sell Towns and Regions
(53-74), John Wiley & Sons, Chichester.
2
Gold J.R. e Ward S.V. (1994), Place Promotion: The Use of Publicity and Marketing to Sell Towns and Regions,
John Wiley & Sons, Chichester.
3
Ashworth G.J. e Voogd H. (1988), “Marketing the city. Concepts, processes, and Dutch applications”, Town Planning Review, Vol. 59/1.
2 nel nuovo clima economico e politico.
TABELLA 1.1: FASI DI SVILUPPO DEL MARKETING TERRITORIALE BAILEY (1989) - KOTLER, HAIDER, REIN (1993)4
O B IE TTIV I
FASE
§
Smokestack
chasing
Target
m arketin g
C A R A TTE R IS TIC H E
C reare nuove attività/lavoro nel settore
industriale
§
P rom ozione di bassi costi operativi
§
S ussidi per attrarre im prese
§
A ttrarre im pianti da altre località
§
M iglioram ento delle infrastrutture
§
A ttrarre ed espandere settori rem un e-
§
B assi costi operativi
rativi
§
Form azione professionale
A ttrarre forza lavoro per settori rem u-
§
P artnerships pubblico-private
nerativi
§
B uona qualità di vita (divertim enti e a m -
§
biente)
Product
developm ent
§
A ttrarre ed espandere settori em ergenti
§
A ttrarre forza lavoro per settori em e r-
§
R etention delle im prese esistenti
§
Im pulso all’im prenditoria e agli investim enti locali
§
genti
§
P iù intense partnerships pubblicoprivate
Fornire servizi di alto livello
§
Form azione professionale tecnica
§
B uona qualità di vita (cultura e offerta
form ativa)
W A R D , 1998
FASE
Agricultural
colonisation
Urban
Functional
diversity
Selling
the industrial
city
Selling
the postindustrial
city
O B IE TTIV I
C A R A TTE R IS TIC H E
§
C olonizzazione di territori liberi
§
A m pi territori disponibili in breve tem po
§
V endita di prodotti tangibili (es. terreni,
§
D ifferenziazione di specifiche funzioni
case)
urbane (es. turism o)
§
A ttrarre industrie
§
R innovam ento urbano
§
S ostituzione di fonti di redditività perse
§
Focus sulla prom ozione
§
S ussidi per attrarre im prese
§
R uolo chiave nell’intensa com petizione
§
C A R A TTE R IS TIC H E
P rom ozione della città e delle sue attra-
B A R K E , 1999
FA SE
S ellin g
cities
Advertising
cities
O B IE TTIV I
§
V endere i pregi esistenti della città
§
R ecuperare im m agini negative della
città
zioni
§
sull’im m agine
§
A ccentuare le im m agini positive
§
A ttrarre investim enti e turism o
com plessi di alto livello in aree dedic a-
§
A ttenzione ai bisogni dei residenti
te, considerazione dei residenti e delle
§
Marketing
cities
P ubblicità e prom ozione centrata
N on solo pubblicità m a eventi di qualità,
im prese locali
4
Anche se il modello di Bailey è basato sull’esperienza degli Stati Uniti, Kotler, Haider e Rein (1993) considerano il
modello valido per una più ampia generalizzazione in quanto riflette “the growth, development, and sophistication
of place competition in a changing world economy”.
3 §
Current
phase
locali e dei residenti;
§
§
Identificazione dei bisogni dei clienti
§
Focalizzazione sulla com unicazione
A ssecondare i bisogni degli operatori
Fornire un’im m agine attraente
dell’im m agine; analisi dei consum atori.
all’esterno
Fonte: Nostra elaborazione. I motivi di affermazione del marketing territoriale sono riconducibili
a cinque fenomeni che si sono affermati nella nostra epoca 5:
•
la globalizzazione, che ha determinato un aumento dell’interdipendenza delle aree geo-economiche;
•
l’integrazione europea;
•
il declino sociale ed ambientale;
•
la concorrenza tra zone urbane;
•
la particolare attenzione allo sviluppo economico.
Oggi i territori vivono una fase di profonda trasformazione, di crisi
di varia natura e intensità, e necessitano di una politica di gestione appropriata in grado di creare competitività, attrarre e valorizzare le specificità dell’area. L’adozione di tale approccio apporta una nuova dimensione nella gestione pubblica di un’area geografica e supera la tradizionale filosofia della pianificazione urbanistica. Il management delle aree territoriali, ancorché effettuato dalle amministrazioni locali, deve essere sempre più attuato in un’ottica imprenditoriale. In particolare, tra le ragioni
di questo orientamento emergente Caroli 6 individua:
•
la crescente decentralizzazione del potere politico e amministrativo
che, attraverso un continuo processo di federalismo, ha accresciuto gli
spazi di gestione diretta del governo locale sul proprio territorio, anche da un punto di vista fiscale;
•
la difficoltà di risolvere a livello centrale i problemi occupazionali
nonché quelli legati alla sanità e alla sicurezza;
•
la crescente necessità, per le aree urbane, di stabilire il proprio spazio
5
Van den Berg L., Bramezza I., Van der Meer J. (1994), “Gestione e marketing della città: l’esperienza olandese”,
Impresa & Stato, Vol. 27.
6
Caroli M.G. (2006), Il marketing territoriale. Strategie per la competitività sostenibile del territorio, Franco Angeli,
Milano.
4 competitivo in coerenza con la propria vocazione.
Lo stesso autore indica che, nell’ambito di un più generale obiettivo
di sviluppo sostenibile, il marketing territoriale è finalizzato a promuovere la competitività economica di un’area geografica 7. Esso svolge un ruolo
complementare alle stesse politiche locali ed urbanistiche, configurandosi
come importante contributo metodologico, avendo come obiettivo il raggiungimento delle condizioni di utilizzo ottimale delle risorse disponibili e
tenendo sott’occhio i bisogni e le aspettative delle diverse categorie di
utenti potenziali che rappresentano la domanda territoriale.
Secondo Cercola 8 il marketing territoriale è “un processo finalizzato alla creazione di valore per una collettività composta dall’insieme di individui che fruiscono di un territorio predeterminato nei suoi confini”, il cui meta-obiettivo di
creazione di valore può essere ricondotto a tre sub-obiettivi fortemente
correlati tra loro: equilibrio e coesione sociale; sostenibilità ambientale e
competitività economica (si veda Tab. 1.2).
TABELLA 1.2: DEFINIZIONI DI MARKETING URBANO AUTORE
Ashworth e Voogd
(1990a)
Van der Meer
(1990)
Texier e Valla
(1992)
Kotler, Haider e Rein
(1993)
Philo e Kearns
(1993)
DEFINIZIONE
[Urban marketing] involves procedures and strategies through which urban
space is adapted as far as possible to accord with the wishes of selected
target groups with the objective of creating the conditions for the efficient
operation of the social and economic functions and activities of the area
concerned.
City marketing can be described as the set of activities intended to optimize
the tuning between the supply of urban functions and the demand from inhabitants, companies, tourists and other visitors.
Les actions individuelles ou collectives pour attirer des activités nouvelles
sur son territoire, favoriser le développement des entreprises exerçant localement leur activité, et promouvoir globalement une image favorable.
[Urban Marketing] succeeds when stakeholders such as citizens, workers
and business firms derive satisfaction from their community, and when visitors, new businesses, and investors find their expectations met. Place marketing, at its core, embraces four activities:
•
Designing the right mix of community features and services;
•
Setting attractive incentives for the current and potential buyers and
users of its goods and services;
•
Delivering the place’s products and services in an efficient, accessible
way;
•
Promoting the place’s values and image so that potential users are
fully aware of the place’s distinctive advantages.
[Urban Marketing] entails the various ways in which public and private
agencies – local authorities and local entrepreneurs, often working collaboratively – strive to sell the image of a particular geographically defined place, usually a town or city, so as to make it attractive to economic enterpri-
7
Caroli M.G. (1999), Il marketing territoriale, Franco Angeli, Milano.
8
Cercola R. (1999), “Economia neoindustriale e marketing territoriale”, Sviluppo & Organizzazione, Vol. 172.
5 ses to tourists, and even to the inhabitants of that place.
Van Den Berg, Bramezza e Van Der
Meer (1994)
Casella
(1997)
Ward
(1998)
Valdani e Jarach
(1998)
Cercola
(1999)
Paoli
(1999)
Varaldo, Caroli
(1999)
Caroli
(1999)
Valdani e Ancarani
(2000)
Vesci
(2001)
Petruzzellis
(2002)
Il marketing della città è l’analisi, pianificazione e implementazione di programmi che mirano a creare, costruire, mantenere rapporti e scambi vantaggiosi con i mercati relativi al fine di raggiungere obiettivi organizzativi
[Il marketing urbano] si occupa dell’analisi, della pianificazione, della messa
in opera e del controllo dei programmi concepiti dall’autorità pubblica di
management urbano e dagli organismi che da essa dipendono […] per rispondere al meglio alle aspettative delle persone e delle attività della città e
del suo territorio e migliorare la qualità e la competitività globale della città
nel suo ambiente concorrenziale.
[Urban Marketing involves] a concern with making and propagating place
images that are sufficiently attractive to persuade place users, principally
understood as visitors and investors, to part with their money. The place is
packaged and sold as a commodity. Its multiple social and cultural meanings are selectively appropriated and repackaged to create a more attractive place image in which any problems are played down.
Disciplina cui compete l’analisi, la pianificazione, e l’implementazione di
piani che hanno la finalità di creare, costruire e mantenere rapporti vantaggiosi con i mercati per il raggiungimento di obiettivi politico-organizzativi di
interesse, quali l’incremento della popolazione produttiva e l’arricchimento e
miglioramento delle condizioni di vita della popolazione residente o migrante.
Un processo finalizzato alla creazione di valore per una collettività composta dall’insieme di individui che fruiscono di un territorio predeterminato nei
suoi confini.
Tutte quelle attività che, esercitate su uno specifico spazio geografico, possono rendere un’area attrattiva per un prescelto gruppo di investitori logistico-industriali, sui bisogni percepiti del quale (o dei quali) si attua il disegno
delle caratteristiche dell’area stessa.
Il marketing del territorio fornisce gli strumenti concettuali ed operativi per
collegare l’offerta di territorio alla sua domanda.
Il marketing del territorio è una funzione che contribuisce allo sviluppo equilibrato dell’area, attraverso l’ideazione e l’attuazione di un’interpretazione
delle caratteristiche in chiave di offerta che soddisfa segmenti identificati di
domanda attuale e potenziale; Sul piano strategico, il marketing del territorio è un’intelligenza d’integrazione e di fertilizzazione.
L’analisi dei bisogni degli stakeholder e dei clienti/mercati volta a costruire,
mantenere e rafforzare rapporti di scambio vantaggiosi con gli stakeholder
(marketing territoriale interno) e con i pubblici esterni di riferimento (marketing territoriale esterno), con lo scopo ultimo di aumentare il valore del territorio e delle imprese e l’attrattività degli stessi, attivando un circolo virtuoso
soddisfazione-attrattività-valore.
Il marketing territoriale piuttosto che costituire quell’attività volta
all’attrazione degli investimenti su una determinata area, rappresenterebbe
quel processo relazionale, strategico ed operativo attuato da un ente territoriale, un’agenzia a capitale pubblico, ecc singolarmente intesi o, in accordo
fra loro e, nell’ipotesi di emersione del sistema vitale, con l’ausilio
dell’azione consonante e (e/o risonante) degli altri agenti sul territorio, finalizzato ad indurre uno sviluppo ordinato, coordinato e coerente di un’area
predeterminata.
Le tecniche proprie del marketing con i dovuti adeguamenti alle specificità
del territorio intervengono quali strumenti di competizione, al fine di gestire
con un approccio integrato la problematica dell’attrazione delle risorse
scarse e della loro riproducibilità.
Fonte: Nostra elaborazione. 6 Usando l’efficace espressione di «places in trouble», Kotler, Heider e
Rein 9 individuano nei fattori interni ed esterni ai territori stessi ciò che
rende necessario l’utilizzo del marketing. Riguardo ai fattori interni, il
principale è rappresentato dal ciclo di vita di una città, che vede naturalmente alternare periodi di crescita (city growth dynamic) a periodi di declino (city decay dynamic). Le cause esterne sono, invece, individuabili nel
repentino cambiamento tecnologico, nella competizione globale e nei
cambiamenti verificatesi entro i livelli di potere politico e non solo entro i
confini statali.
Si possono distinguere quattro fasi del ciclo di vita del territorio: depressione, sviluppo, maturità e declino.
FIGURA 1.1: CICLO DI VITA DEL TERRITORIO Fonte: Nostra elaborazione. Nella fase di depressione l’area è dotata solo di fattori di base quali
la presenza di materie prime o un basso costo della manodopera. Le imprese sono indotte a localizzarsi in quelle aree solo se motivate dalla riduzione dei costi, non essendoci ancora le condizioni per avviare un processo in grado di innescare delle economie di localizzazione. In questa fase il
compito della pianificazione e del marketing territoriale si dovrebbe focalizzare in investimenti esterni di tipo greenfield, ossia di un’area non precedentemente utilizzata, cercando di capire quali investimenti promuovere e incoraggiare in funzione delle caratteristiche sociali e delle sinergie
9
Kotler P., Haider D.H., Rein I. (1993), Marketing Places: attracting investment, industry and tourism to cities,
states, and nations, The Free Press, New York.
7 con gli altri settori economici.
Nella fase di sviluppo l’offerta localizzativa di servizi qualificati e di
laboratori di ricerca diventa la discriminante in grado sia di sostenere i
sistemi locali nella fase di innovazione sia di dilatare nel tempo gli esiti
delle economie di localizzazione, innescando degli effetti circolari cumulativi in grado di rallentare le conseguenze dovute alle diseconomie di urbanizzazione ed aumentare i vantaggi competitivi acquisiti.
Nella fase di maturità le aree tendono sempre più ad assomigliarsi e
ad offrire le stesse condizioni. La concorrenza, in questo caso, inizia a
spostarsi verso la possibilità del territorio di fornire sia un sistema di relazioni endogene, in grado di favorire il processo di ristrutturazione del
processo produttivo al fine di operare in modo più efficace ed efficiente,
sia aree ad un prezzo inferiore rispetto ad altre realtà concorrenti.
Nell’ultima fase, quella del declino, le caratteristiche del territorio
sono ormai obsolete e non possono più essere usate per attrarre imprese.
In questo caso si parla di processo di de-industrializzazione. L’area non è
più attrattiva e occorre che si proceda ad una nuova industrializzazione.
Qui il ruolo del marketing territoriale di rappresentare l’idea di sviluppo
del divenire del territorio diventa fondamentale per riconvertire le diseconomie in economie territoriali. Occorre, infatti, capire la migliore riconversione possibile data la struttura dell’area. Per sostenere ed intensificare il sistema di interazione e integrazione tra i diversi settori economici, l’attività di marketing si dovrebbe focalizzare nel creare le condizioni ambientali affinché ogni associazione o imprenditore collabori
all’interno, in modo settoriale e trasversale tra le differenti attività economiche per competere all’esterno. Raggiungere questo obiettivo significa, da un lato, costruire un sistema territoriale dinamico in grado di assorbire i momenti di flessione di un particolare settore economico senza
danneggiare in modo irreversibile un intero territorio, dall’altro lato significa drenare gli effetti positivi di un settore economico trainante, in un
determinato periodo storico, verso altri settori economici direttamente o
indirettamente coinvolti nel processo di produzione.
8 L’applicazione delle logiche e degli strumenti di pianificazione
aziendale alle unità territoriali, come detto, è relativamente recente e impone un adattamento capace di riconoscere i molteplici fattori di differenziazione tra la realtà urbana e quella imprenditoriale. Di converso ci
sono delle similitudini che consentono di ipotizzare e realizzare, di fatto,
un impiego di logiche e strumenti di tipo imprenditoriale dato che la gestione di una città o di un territorio è oggi sempre più paragonabile a
quella di una grande impresa in cui ci si trova a soddisfare la domanda di
clienti attraverso l’offerta di beni e servizi. Secondo questa prospettiva la
competitività e la visibilità della città dipendono dal sistema di relazioni e
dai rapporti di scambio che la città stessa attiva o è in grado di attivare
con gli interlocutori più rilevanti. La città, infatti, come l’impresa, vede
convergere verso di sé un insieme eterogeneo d’interessi portati avanti da
gruppi di soggetti rilevanti. A questo proposito Camagni 10 propone uno
schema interpretativo che indica quattro categorie fondamentali di attori:
1.
i customer, gli utilizzatori dei prodotti/servizi del territorio che a loro
volta si distinguono in fruitori di servizi localizzativi (imprese locali o
esterne al territorio), di servizi pubblici (residenti e non) e di servizi
residenziali;
2.
gli stockholder, i proprietari di risorse come terreni, fabbricati e infrastrutture che in caso di sviluppo della città o del territorio beneficiano di una valorizzazione dello stock di capitale;
3.
gli stakeholder, tutti quelli che hanno un interesse collegato alla città
(lavoratori, fornitori);
4.
i policy-maker che hanno il compito di gestire l’attività urbana, le relazioni tra i diversi soggetti della città all’interno dei circuiti professionali e politici.
Considerando la tipologia di clienti cui il territorio può rivolgere la
propria offerta possiamo distinguere un marketing territoriale esterno, rivolto ai clienti esterni di un territorio, con l’obiettivo di attrarre e generare in loro fiducia esterna, e un marketing interno, rivolto ai clienti in 10
Camagni R. (1992) “Il marketing urbano come strumento di competizione fra città”, Sviluppo & Organizzazione,
Vol. 132.
9 terni con l’obiettivo di valorizzare l’esistente e generare in loro soddisfazione e fiducia interna 11 (si veda Fig. 1.2). Esiste una circolarità tra soddisfazione dei clienti interni e attrattività del territorio nei confronti dei
clienti esterni. La relazione che unisce il territorio ai pubblici/clienti
esterni è identificabile nell’attrazione, nel senso che le politiche attuate
dal territorio nei confronti di tali pubblici sono volte a richiamare
all’interno del territorio stesso i possibili segmenti di clienti (imprese, investitori, turisti, ecc.), mentre la relazione che unisce il territorio ai pubblici/clienti interni è identificabile nella soddisfazione che si intende generare e incrementare nei confronti dei pubblici interni, ovvero i residenti nel territorio e gli attori coinvolti nel processo di pianificazione strategica territoriale (Camera di Commercio, Unione Industriali, Unione Consumatori, APT, ecc.).
Quanto più il territorio è attrattivo tanto più interessa le differenti
categorie di pubblici di riferimento, aumentando la soddisfazione dei diversi stakeholder e assumendo maggior valore nei loro confronti. Tale incremento di valore comporta un incentivo per gli stakeholder a sostenere
sforzi e investimenti che ne aumentano ulteriormente l’attrattività, alimentando in questo modo una continua circolarità del rapporto soddisfazione-attrattività-valore.
11
Valdani E. e Ancarani F. (2000), Strategie di marketing del territorio. Generare valore per le imprese e i territori
nell’economia della conoscenza, Egea, Milano.
10 FIGURA 1.2: I DIVERSI AMBITI DISCIPLINARI DEL MARKETING TERRITORIALE VALORE TERRITORIO
INFRASTRUTTURE E SERVIZI
ê
ê
RESIDENTI SODDISFATTI
ATTIVITÀ CLIENTI/SERVIZI
ê
ê
RESIDENTI FEDELI
SODDISFAZIONE FEDELTÀ
IMPRESE/CLIENTI
ESTERNO
INTERNO
MARKETING
TERRITORIALE
Marketing delle imprese
Marketing del turismo
Marketing urbano
VALORE CITTÀ
OFFERTA INTEGRATA DI
INFRASTRUTTURE E SERVIZI
VALORE CITTÀ
ê
ê
ATTIVITÀ IMPRESE/CLIENTI
ê
OFFERTA INTEGRATA DI
STRUTTURE E SERVIZI TURISTICI
CITTADINI SODDISFATTI
ê
ê
ê
TURISTI SODDISFATTI E FEDELI
SODDISFAZIONE E FEDELTÀ
IMPRESE
CITTADINI FEDELI
Fonte: Nostra elaborazione da Valdani E. e Ancarani F. (2000), Strategie di marketing del territorio. Generare valore per le imprese e i territori nell’economia della conoscenza, Egea, Milano. 11 1.1.1.
I “fattori critici di successo” di un territorio e il
piano strategico di marketing territoriale
Ciò che le attività di marketing devono strategicamente considerare,
come detto, sono i fattori di attrattività di un territorio che possono essere intangibili o tangibili. Le componenti tangibili e intangibili del territorio-prodotto, risultato dell’integrazione tra prodotti e servizi, determinano la sostanza dell’offerta (si veda Tab. 1.3).
TABELLA 1.3: LE COMPONENTI TANGIBILI DI UN TERRITORIO LE COMPONENTI TANGIBILI
§
la posizione geografica e le altre caratteristiche morfologiche
§
le infrastrutture e il patrimonio pubblico e privato
§
il sistema dei servizi e le caratteristiche del mercato locale
§
le forme esterne e le strutture interne
§
la composizione e la disposizione urbanistica
§
il complesso dei servizi pubblici, vie di comunicazione, reti di telecomunicazioni
§
le aree industriali
§
il patrimonio immobiliare pubblico e privato
§
l’insieme degli elementi distintivi la cultura
§
il sistema di servizi pubblici
§
il sistema produttivo locale
LE COMPONENTI INTANGIBILI
§
il sistema di valori civili e sociali;
§
il livello di capacità e abilità del sistema produttivo locale
§
gli elementi qualitativi delle risorse umane
§
la quantità e l’efficacia degli scambi culturali ed economici con gli ambienti esterni
§
l’egemonia economica e culturale
§
il grado di sviluppo sociale
§
il livello di benessere e la sua ripartizione
§
l’efficacia e l’efficienza di funzionamento della giustizia
§
l’efficacia e l’efficienza della macchina amministrativa
Fonte: Nostra elaborazione da Consiglio Nazionale delle Ricerche e Istituto di Ricerca sull’Impresa e lo Svilup-­‐
po (2005), “Una proposta di marketing territoriale: una possibile griglia di analisi delle risorse”, Ceris – Cnr, Vol. 8. Gli elementi intangibili esprimono le “opportunità” di apprendimento e di innovazione offerte ai fruitori, e sono costituiti dalle componenti
che promuovono e facilitano l’espressione della qualità delle risorse tangibili. Hanno grande interesse e rilevanza perché influiscono prima sulla
12 definizione e poi sul posizionamento di un territorio rendendolo idoneo a
misurarsi con altre zone.
Le modalità con le quali definire gli elementi che possono essere
considerati “attraenti” per abitanti e visitatori e la verifica dei tipi di risorse disponibili sono passaggi fondamentali dell’analisi di marketing territoriale e per la realizzazione del relativo piano di marketing territoriale.
La determinazione attenta della tipologia dei visitatori, attuali e potenziali, permette di ricavare quali sono le loro aspirazioni relative al territorio
e comprendere le motivazioni che inducono le persone a recarsi in un posto particolare. Questi dati permettono di definire il “potenziale mercato
del territorio” che insieme ad un’attenta analisi competitiva, avente come
riferimento il panorama degli attori presenti sul mercato e le rispettive
azioni adottate, permettano di acquisire coscienza dell’effettiva consistenza e qualità dell’offerta e quindi del possibile posizionamento del prodotto località. Si giunge così all’identificazione e focalizzazione di un limitato numero di fattori critici di successo, ovvero di elementi che soddisfano
meglio i clienti, e di punti di forza dell’offerta territoriale, ma anche di
elementi di debolezza 12.
In base ai risultati è, infine, possibile redigere un piano strategico
realizzato tramite un processo di partecipazione di tipo volontario in cui
si realizzano interazioni non gerarchiche tra tutti gli attori del piano
(promotori,
finanziatori
e
coordinatori)
basate
sulla
negoziazione.
L’obiettivo ultimo di tale processo è creare una visione condivisa della
città e del territorio, e definire di concerto gli obiettivi e le strategie di
sviluppo.
Rispetto agli strumenti tradizionali di tipo normativo-regolamentare
come il piano urbanistico, il piano strategico per le città presenta le seguenti caratteristiche distintive 13:
12
I fattori critici di successo sono quelle caratteristiche di un servizio a cui i clienti riconoscono un’importanza superiore alle altre. Indicano ciò che i diversi segmenti di clienti vorrebbero trovare in un servizio in quanto in grado di
soddisfare un bisogno per loro molto importante. Possono riguardare il servizio nelle sue componenti costitutive
oppure riferirsi ad aspetti accessori. Il possesso di queste competenze, caratteristiche, organizzazione capaci di
facilitare la soddisfazione dei fattori critici di successo dei segmenti di clienti a cui rivolgersi è un punto di forza
che consente di competere con gli altri concorrenti da una posizione privilegiata.
13
Margheri A. (2005), “La pianificazione strategica per lo sviluppo delle aree urbane”, Economia e Ambiente, Anno
XXIV, Vol. 6.
13 •
La volontarietà. Il piano strategico non è previsto da alcuna normativa.
La sua realizzazione e legittimazione dipendono dall’impegno e dal
grado di coinvolgimento degli attori locali, dalla loro disponibilità a
partecipare attivamente al processo con idee e contributi.
•
Il coinvolgimento. Il piano necessita della partecipazione il più possibile
estesa della comunità per ricercare un’idea di sviluppo condiviso. Ciò
è perseguito tramite l’attivazione di momenti di confronto partecipato
fra tutti gli agenti sociali.
•
La ricerca del consenso sulle scelte, come diretta conseguenza del punto
precedente, rafforzando il tessuto sociale, favorendo la mobilitazione e
coinvolgendo l’iniziativa privata.
•
L’identificazione
del
vantaggio
competitivo,
ottenuto
con
l’analisi
dell’ambiente, individuando punti di forza e di debolezza, opportunità
e minacce, risorse disponibili e fattori critici, evidenziando e ricercando quindi non ciò che si dovrebbe fare, ma ciò che si può fare.
•
La visione intersettoriale. Il piano mira a definire una visione integrale
della realtà urbana, per delineare il modello possibile di città, amplia
la prospettiva politica e sociale e ricerca una maggiore competitività
economica e una maggiore qualità di vita.
•
La flessibilità decisionale, prevede la possibilità d’aggiornamento continuo dei contenuti per mantenere l’allineamento tra i contenuti stessi
del piano e l’evoluzione dell’ambiente di riferimento. Ciò presuppone
un’attività di monitoraggio periodico.
•
La focalizzazione su alcune idee chiave. Ci si concentra sui temi critici per
la comunità in termini di benefici, opportunità e problemi. Le aree
prioritarie d’intervento emergono dalla valutazione del contesto socioeconomico e dal confronto tra i diversi soggetti coinvolti nel piano.
•
L’orientamento all’azione. All’individuazione degli obiettivi prioritari ne
discende un impegno a operare specifici interventi.
•
L’assunzione di una logica di razionalità limitata che ricerca soluzioni possibili in base alle risorse e opportunità concrete.
Per il successo della pianificazione strategica è importante elaborare
14 una visione unitaria degli obiettivi di sviluppo, comune a tutti i soggetti
coinvolti e soprattutto la volontà di cooperare per realizzarli partendo da
una chiara fotografia dei bisogni e delle attese del territorio. Per questo
motivo risulta importante la capacità dei promotori del piano di coinvolgere e motivare i potenziali partner.
Gli elementi caratteristici del percorso di formulazione del piano
fanno riferimento a quattro momenti, di cui il primo è di carattere preliminare, mentre gli altri tre costituiscono le classiche fasi previste dalla
metodologia di pianificazione strategica 14:
1) l’accordo preliminare;
2) la fase di diagnosi;
3) la fase di progettazione;
4) la fase d’implementazione.
Il primo momento, che segna l’avvio del processo di pianificazione
strategica, coincide con l’adesione ad un accordo preliminare da parte dei
principali attori locali. Nella maggior parte delle esperienze la sottoscrizione dell’accordo è promossa dall’ente locale che si fa carico di agire da
soggetto promotore del piano. Poiché la condivisione degli obiettivi del
piano è uno degli aspetti fondamentali del processo, è importante in questa fase riuscire a coinvolgere un numero sufficiente di attori in grado di
rappresentare tutti gli interessi del territorio. In questo modo si legittima
il processo di pianificazione strategica della città e si responsabilizzano i
soggetti partecipanti.
Con la fase di diagnosi, si procede alla raccolta d’informazioni per definire un profilo di sintesi della città, dei suoi punti di forza e di debolezza, delle opportunità e delle minacce (analisi SWOT). In questa fase la
partecipazione degli stakeholder trova la prima traduzione operativa. La
messa in collegamento dei diversi attori del territorio facilita la generazione e la diffusione di conoscenze riferibili al territorio, e costituisce una
tappa fondamentale del processo di pianificazione strategica. In molte
esperienze, oltre a forum e sessioni allargate a tutti i partecipanti, sono
14
Ibidem.
15 organizzati gruppi di discussione tematici (come mobilità, infrastrutture,
cultura, servizi socio-sanitari, ecc.) composti da un numero ristretto di attori per facilitare l’operatività in ogni fase del processo. I gruppi di lavoro
sono chiamati a ricostruire la situazione e le caratteristiche del territorio,
spesso aiutati da un quadro di sintesi oggettivo e attendibile della situazione economica, sociale, culturale e urbanistica della città, di solito fornita dall’attore pubblico, per condividere una conoscenza comune del territorio in esame. Partendo da tale base informativa, i partecipanti sono
chiamati a confrontarsi per individuare l’idea di sviluppo del territorio il
più possibile condivisa.
In base ai risultati ottenuti nella fase di diagnosi, si procede ad approfondire l’idea di sviluppo del territorio in aree d’intervento che trovano poi una successiva esplicitazione in linee strategiche, obiettivi e azioni
per realizzarle. È questa la fase di progettazione in cui si dà contenuto operativo all’idea di sviluppo e lo si formalizza in un documento, il piano
strategico. Una volta redatto, il piano è sottoposto agli attori partecipanti
per la sottoscrizione ufficiale e plenaria del piano stesso. In questo modo
l’idea di sviluppo e le misure per perseguirlo sono formalizzati in un patto
che impegna ciascuno per la propria parte i diversi soggetti.
La fase d’implementazione costituisce la realizzazione delle linee, degli
obiettivi e delle azioni contenute nel piano. In questa fase è importante
verificare in modo sistematico il grado di raggiungimento degli obiettivi
fissati dalle linee strategiche, in modo che sia possibile affrontare eventuali cambiamenti di contesto e le criticità dei progetti procedendo ad un
loro aggiornamento.
1.1.2.
Il marketing mix territoriale
In letteratura accademica la definizione di marketing territoriale
come strumentazione volta allo sviluppo dell’area geografica di riferimento implica necessariamente la definizione di un set di strumenti operativogestionali. Il marketing territoriale operativo vede il proprio fulcro con-
16 cettuale nel marketing mix, abbracciando quattro attività principali 15:
1. progettazione di un adeguato mix di beni e servizi territoriali;
2. predisposizione di incentivi per gli utenti ed acquirenti attuali e potenziali di beni e servizi locali;
3. miglioramento dell’accessibilità dei beni territoriali;
4. promozione dei valori e dell’immagine della città affinché i potenziali
utenti siano pienamente consapevoli dei vantaggi distintivi offerti.
Dal canto suo, Caroli avanza un’ulteriore proposta maggiormente
articolata, che contempla nell’ambito del marketing mix territoriale:
•
un’area degli interventi sulle componenti tangibili ed intangibili
dell’offerta, nei quali rientra anche la definizione delle politiche di
prezzo e di prodotto;
•
un’area della promozione, finalizzata a seguire da vicino i potenziali
acquirenti prima, durante e dopo il loro accesso al territorio;
•
un’area della comunicazione che si articola in politica pubblicitaria,
azioni di propaganda, relazioni pubbliche, forme di direct marketing
nonché la realizzazione di grandi eventi;
•
un’area organizzativa interna, volta al coordinamento degli attori locali per attività di monitoraggio e acquisizione di risorse finanziarie;
•
un’area organizzativa esterna, deputata alla gestione delle relazioni
che si vengono a determinare con il mercato, e a implementare il piano operativo di marketing territoriale.
Da notare il fatto di aver introdotto tra le leve del marketing mix la
gestione organizzativa delle relazioni sia interne che esterne all’area di riferimento, in quanto mette sullo stesso piano la variabile relazione e le
variabili tipiche del marketing mix.
In sintesi, possiamo schematizzare le leve del marketing mix come illustrato nella Tabella 1.4.
15
Van den Berg L., Bramezza I., Van der Meer J. (1994), “Gestione e marketing della città: l’esperienza olandese”,
Impresa & Stato, Vol. 27.
17 TABELLA 1.4: MARKETING MIX E MARKETING MIX TERRITORIALE M A R K ETIN G M IX
M A R K ETIN G M IX TER R ITO R IA LE
P ro d u ct
B eni e servizi pubblici e territoriali
P rice
C osto d ’accesso ed incentivi
P lace
M odalità di accesso al territorio
P ro m o tio n
C om unicazione e gestione dell’im m agine del territorio
Fonte: Nostra elaborazione. Il reale problema dell’applicare le leve del marketing mix al territorio,
a livello sia operativo che concettuale, è rappresentato dai margini di
manovra delle singole leve.
Nel caso del territorio le variabili, specie quella riguardante il product, potrebbero assumere prevalentemente una connotazione strategica
invece che tattica snaturandone di fatto la valenza 16. Si nota infatti che
nell’impresa, secondo il classico orientamento al marketing, la progettazione e realizzazione del prodotto hanno come riferimento le ricerche di
mercato e mirano a soddisfare le esigenze e i desideri espressi dalla domanda. Tale operazione nel caso territoriale è evidente come non sia priva di complessità: «one immediate problem is that it is not readily apparent what
the product actually is, nor how the consumption of place occurs….[Place] are in reality complex pakages of goods, services and experiences that are consumed in very different ways» 17.
La variabile prezzo potrebbe essere analizzata secondo i criteri del
marketing e, quindi, sinteticamente sulla base della disponibilità di spesa
manifestata dalla domanda di riferimento. Tuttavia si scontra fortemente
con più generali indirizzi e vincoli di programmazione economica nonché
con le stesse problematiche relative alla sfera dei beni pubblici.
Sulla distribuzione, intesa come modalità di accesso al territorio, il
discorso non deve essere analogamente defocalizzato, riferendolo alle sole
agenzie di sviluppo. In tale ambito si potrà inserire la riflessione sulle potenzialità che Internet può oggi offrire.
Infine, la comunicazione, sia interna che esterna al sistema territo 16
Vesci M. (2001), Il governo del territorio: approccio sistemico vitale e strumenti operativi, Cedam, Padova.
17
Gold J.R. e Ward S.V. (1994), Place Promotion: The Use of Publicity and Marketing to Sell Towns and Regions,
John Wiley & Sons, Chichester.
18 riale, si presenta come una leva a completa discrezione degli operatori del
mercato territoriale e che è determinante per il funzionamento dello stesso. Il piano di comunicazione deve identificare i target, definire gli obiettivi, scegliere i canali di supporto e definire il budget, individuare il mix
promozionale di ogni campagna, lanciare e coordinare l’insieme di azioni, misurare i risultati e valutare la realizzazione del piano. Il mix promozionale è rappresentato dalla azioni pubblicitarie (televisione, radio,
quotidiani, opuscoli, riviste), il direct marketing (posta, telemarketing), la
promozione delle vendite (concessioni, agevolazioni, pacchetti multiprodotto), le pubbliche relazioni (rassegne stampa, seminari e convegni,
sponsorizzazioni), fino alla vendita personalizzata e all’e-marketing.
C’è da dire inoltre che nell’applicare la metafora del territorio come
impresa in concorrenza si deve considerare il fatto che la domanda di riferimento per un marketing territoriale è ben più articolata di quella individuata tradizionalmente. Risulta problematico, infatti, cercare di valutare in modo approfondito i mercati di riferimento in termini di analisi
dei processi decisionali e di acquisto quali motivazioni, partecipazione alla decisione e processi di selezione.
19 1.2.
Il marketing del turismo
Il marketing territoriale può essere utilizzato in maniera sinergica
insieme al marketing turistico, il quale sviluppa l’analisi del comportamento delle persone e dell’offerta in termini di attività ricettive e di svago, creando azioni congiunte e sistemiche che valorizzano i territori . Il marketing territoriale si rivolge agli utenti potenziali di un territorio sia sul fronte degli investitori che sul fronte dei cittadini potenziali e
dei turisti o visitatori. Le politiche conseguenti vanno differenziate in base ai diversi segmenti della domanda territoriale, anche se le metodologie
e le caratteristiche strategiche del piano di marketing territoriale appaiono simili per gli investimenti e per i turisti. Ovviamente saranno diverse
le destinazioni delle attività di analisi e promozione così come le politiche
dell’offerta territoriale derivate dai piani di marketing.
Il turismo rappresenta il settore emergente dell’economia mondiale
pari al 5-7% dell’occupazione nei paesi industrializzati. In Italia sono circa 800.000 gli occupati nel settore del turismo, ovvero quasi il 4% della
forza lavoro del Paese, configurandosi quindi come il principale comparto
singolo per volume della produzione e addetti diretti e indiretti 18.
Il marketing territoriale diretto alla promozione del turismo segue le
stesse fasi e le stesse modalità operative delle altre tipologie analizzate:
l’analisi del mercato e del posizionamento competitivo dell’area, lo studio
dei fattori attrattivi e l’analisi SWOT; la segmentazione della domanda
attuale e potenziale; la definizione dei clienti-obiettivo; il marketing operativo e le politiche di comunicazione e promozione del territorio 19.
Per l’individuazione dei clienti-target ogni area può costruire una
matrice tra PAT (Potenziali Attrattori Turistici) e utenti/turisti, pur nel
riconoscimento della specificità del prodotto turistico data dal carattere
composito del prodotto per la molteplicità e l’integrazione delle componenti: servizi offerti da una azienda, da altri operatori o dalla Pubblica
18
Dati forniti dalla Confcommercio (http://www.confcommercio.it).
19
Garofano M. (1997), Marketing turistico nel mercato globale, in Nocifora E. (a cura di), Turismatica, Franco Angeli, Milano.
20 Amministrazione, e risorse presenti nell’ambiente.
Gli elementi di attrazione nella destinazione possono essere molteplici, a carattere naturale, artificiale (monumenti), culturale (musei, teatri, festival), sociale (modi di vita locale, opportunità di socializzazione).
La politica di promozione turistica che ne deriva va dalla pianificazione e
realizzazione della rete di infrastrutture di collegamento tra le diverse attrattività ai servizi e alle facilities (strutture ricettive, ristorative, sportive,
di trasporto, punti di vendita al dettaglio, altri servizi) fino alla costruzione dell’immagine della destinazione.
A tal proposito l’immagine del prodotto turistico si connota per una
fragilità intrinseca dovuta anche alla vulnerabilità dell’esperienza del turismo legata a possibili carenze anche di una soltanto delle imprese turistiche locali. La percezione del prodotto turistico e/o della destinazione
può cambiare nel tempo per i mutamenti nella domanda degli utenti o
per le performance dei concorrenti. Ciò richiede una continua riformulazione e ridefinizione del prodotto, o addirittura la diversificazione, attraverso l’inserimento di nuovi servizi, nuovi destinatari, nuove caratterizzazioni. In ogni caso, l’immagine esterna del prodotto turistico, intesa come
“insieme delle rappresentazioni mentali delle sue caratteristiche, reali o fittizie, presso un dato pubblico” 20 diventa il fattore principale nella politica di marketing territoriale per il turismo. In effetti, l’immagine crea e dipende dalle
aspettative del turista e, nello stesso tempo, rappresenta un decisivo fattore per consolidare le motivazioni e il senso di appartenenza degli operatori turistici locali. Va tuttavia sottolineato come diventi altrettanto importante verificare la coerenza tra immagine percepita e offerta turistica in
senso lato, pena la perdita di credibilità del territorio e la possibile disaffezione dei clienti/turisti attuali e potenziali. Ancora, va presidiata la
coerenza tra immagine della città/regione, anche in termini di identità
collettiva, “spirito del luogo” e immagine del prodotto specifico: in caso
di coerenza si può rafforzare la scelta del turista e la continuità della preferenza, laddove in caso di incoerenza si possono produrre fenomeni di
20
Cesarin F. (1996), Il marketing dei prodotti turistici, Giappichelli Editore, Torino.
21 discrasia cognitiva che tendono a spostare le scelte di consumo su prodotti/destinazioni alternative. Ne deriva l’esigenza di forte attenzione ai canali informativi attraverso cui le immagini circolano e di programmazione di politiche di comunicazione specifiche e complessive (turismo urbano, turismo naturalistico, artistico-culturale, enogastronomico, servizi
collettivi, arredo urbano, ecc.). Si tratta quindi di una vera e propria politica di marca (paese/regione/località) per la caratterizzazione del prodotto, le scelte di comunicazione, di distribuzione e di pricing, riferite ai prodotti specifici.
Le iniziative che influenzano le decisioni del turista possono essere
classificate in quattro tipologie:
•
le azioni che modificano le opinioni e le idee del consumatore (si parla
in tal caso di “riposizionamento psicologico”);
•
le azioni che modificano le caratteristiche del prodotto urbano (“riposizionamento reale” legato alle politiche territoriali strutturali);
•
le iniziative che richiamano l’attenzione sugli attributi scarsamente
considerati;
•
le azioni che modificano il modello ideale del prodotto urbano.
Anche le finalità delle politiche di comunicazione si differenziano
tra obiettivi di riconoscimento (risposta cognitiva), di adesione (risposta
affettiva), e di mobilitazione (stadio di azione).
Proprio per questi aspetti si definisce il marketing territoriale, e in
particolare quello legato alle attività turistiche, come marketing di tipo
relazionale che prevede un’interazione non solo con le risorse naturali e
fisico-tecniche ma anche tra individui e soprattutto si circostanzia in un
rapporto di partecipazione nella condivisione di un giudizio sul territorio
piuttosto che in processo di consumo di tipo partecipato. Ovviamente il
grado di partecipazione del turista dipende, nello specifico, dalla durata e
dalla frequenza del consumo, oltre che dalla tipologia dei servizi turistici.
Più in generale, una strategia di promozione turistica, come in ogni azione di marketing territoriale, deve prevedere sia azioni “interne” rivolte ai
cittadini e agli operatori economici locali per rafforzare la visione dello
22 sviluppo settoriale e verificare la customer satisfaction attuale, sia un piano
di marketing “esterno” rivolto ai consumatori/turisti potenziali per promuovere la destinazione o il singolo prodotto e far conoscere l’offerta locale. Diventa, quindi, fondamentale il percorso di concertazione locale
con gli attori del settore turistico e, più in generale, con gli stakeholder territoriali, nella costruzione di una strategia chiara e condivisa di sviluppo
locale.
Si capisce dalla complessità delle azioni di promozione turistica come tali politiche rappresentino un importante strumento di valorizzazione
territoriale con effetti indotti e sinergie anche sulla promozione dei prodotti locali e delle imprese o settori dell’area in un’ottica allargata di
marketing territoriale strategico.
Analogamente a quanto sta avvenendo nell’ambito degli studi di
strategia d’impresa, anche nella chiave di lettura proposta i due concetti
di marketing turistico e marketing territoriale sono reciprocamente correlati e sono intesi in un’ottica unificata. I sistemi turistici in un regime di
competizione si garantiscono il successo nel medio e lungo termine nella
misura in cui, nelle attività di destination management, riescono a raggiungere un equilibrio tra marketing turistico e marketing territoriale. Il primo,
come si è avuto modo di vedere, segue una logica market driven, ovvero di
individuazione di quelle combinazioni di risorse disponibili che consentono di cogliere al meglio le opportunità contingenti del mercato turistico,
mantenendo al contempo una coerenza con la visione di lungo periodo
dello sviluppo turistico. Il secondo, invece, adotta una logica resource based, ovvero di individuazione e successivo sviluppo delle risorse necessarie
a colmare il gap esistente tra l’attuale identità (non solo turistica)
dell’area e quella che si ritiene necessario assumere in futuro, in funzione
degli scenari evolutivi possibili.
Le risorse dell’area assumono, quindi, un ruolo centrale nel collegare i due processi essendo da un lato lo strumento fondamentale impiegato
nelle attività di marketing turistico e dall’altro l’oggetto del processo di
marketing territoriale. In particolare, il legame tra questi due differenti
23 approcci allo sviluppo d’area ripropone i due concetti cardine di strategia
duale e di vantaggio competitivo basato sulle risorse. I sistemi territoriali
a vocazione turistica di successo combinano una strategia di breve periodo volta a rafforzarne l’offerta di prodotti turistici con una visione di lungo periodo diretta a modificarne le capacità competitive attraverso uno
sviluppo del bundle di risorse locali.
Il processo di marketing turistico, oltre a produrre come risultato
principale l’attrazione di flussi turistici verso la destinazione, genera due
ulteriori outcome:
a)
una serie di segnali deboli sia sulle criticità insite nel bundle di risorse
su cui si fonda l’offerta turistica o sulle opportunità connesse a determinati scenari di sviluppo;
b)
l’assunzione, da parte di uno o più attori del contesto, del ruolo di
portatore di una visione di cambiamento rappresentata da una nuova funzione di valore per l’area.
Tali risultati rappresentano i triggering factors del processo di marke-
ting territoriale che a sua volta genera un cambiamento della struttura
delle risorse del territorio e una modifica delle capabilities degli attori
dell’area e, come outcome, nuove opportunità di mercato da sfruttare attraverso la creazione di offerte turistiche mirate.
24 1.3.
Il marketing relazionale
Un ambito del marketing che in questa sede ci può essere utile per
comprendere i processi che si innescano in un distretto è il paradigma del
marketing relazionale. Esso viene definito come “il marketing basato sulle relazioni, il network e l’interazione, riconoscendo che il marketing è immerso nella gestione totale del network delle organizzazioni di vendita, del mercato e della società.” 21. Si tratta di un approccio rivolto a costruire e mantenere relazioni
positive di lungo termine con i singoli clienti e gli altri stakeholder, e che
riconosce che il valore finale per il cliente si crea congiuntamente tra le
parti coinvolte. Sotto questo profilo si assume l’idea che il marketing relazionale rappresenti la convergenza dei paradigmi del marketing e della
qualità totale, focalizzandosi sulla customer satisfaction e sul customer service.
La filosofia del marketing relazionale va oltre il classico paradigma
delle 4P del marketing management inglobandolo al suo interno ed indirizzandolo verso un approccio manageriale che riconosce un sistema
d’impresa in cui le parti che lo compongono interagiscono fra loro e ricompongono continuativamente l’unità sistemica.
Il marketing relazionale così inteso, pertanto, si avvale di strumenti
di pianificazione (relationship marketing plan) e di attività che valicano i confini tra funzioni e discipline specialistiche ed i confini stessi dell’impresa
(supply chain management, alleanze, gestione degli accordi e delle cooperazioni inter-organizzative, orizzontali, verticali, laterali, ecc.).
Secondo questo modello, per essere pienamente efficaci, le attività di
marketing devono rivolgersi ai vari soggetti interni (sub-sistemi) ed esterni
(sovra-sistemi) al sistema organizzativo, sia esso un’azienda o un distretto
(network): si tratta cioè di adottare una prospettiva manageriale integrata,
organizzativamente
diffusa
e
culturalmente
olistica,
coerente
con
l’impostazione sistemico-vitale. Occorre invece rifuggire da logiche di
marketing centrate solo sul cliente finale: concentrarsi esclusivamente sul
consumatore esterno significa, infatti, ignorare che in un sistema organiz 21
Gummensson E. (1999), Total Relationship Marketing. Rethinking management: From 4Ps to 30 Rs, ButterwortHeinemann, Oxford.
25 zativo vi sono stakeholders (clienti interni, distributori, fornitori, finanziatori, istituzioni pubbliche, mass media, ecc.) la cui piena soddisfazione è
un requisito indispensabile per la soddisfazione dei clienti finali e per il
successo competitivo di lungo termine.
In un network ciò che si osserva è la centralità del cliente finale, la
generazione del valore in termini non addizionali, l’integrazione ed interdipendenza tra gli attori, e possiamo distinguere tre componenti: gli attori, le risorse e le attività (si veda Fig. 1.3). Gli attori gestiscono e controllano le attività attraverso il controllo diretto o indiretto, e perseguono
obiettivi soggettivi di varia natura che privilegiano quanto più sono in posizione di potere. Le risorse invece sono rappresentate da risorse tangibili
ed intangibili (impianti, macchinari, know-how, risorse tecniche, capacità
organizzative, qualità della manodopera, disponibilità finanziarie) e sono
le fonti di posizioni di potere degli attori il cui valore risiede nel suo uso e
dalla sua combinazione con altre risorse. Le attività si sviluppano quando
gli attori usano, scambiano e combinano risorse. Possono essere di trasformazione o di trasferimento (delle risorse) e possono essere collegate in
modo sequenziale (un’attività si svolge se è già stata svolta l’altra), in modo indiretto (sono collegate da attività intermedie), o in modo generico (se
i risultati di un’attività hanno una qualche influenza su un’altra).
FIGURA 1.3: IL MODELLO NETWORK NETWORK
DEGLI ATTORI
ATTORI
NETWORK
DELLE ATTIVITÀ
ATTIVITÀ
RISORSE
NETWORK
DELLE RISORSE
Fonte: Nostra elaborazione. 26 L’azione di marketing, quindi, si esplicita in un’azione organizzativa
su tre livelli 22:
1) nella singola relazione, dove come visto la prestazione tra le parti dipende dalla combinazione di diversi elementi (risorse, attività e attori)
che si manifesta nei modi in cui le parti organizzano la relazione;
2) a livello di sistema aziendale con un coinvolgimento coordinato di diverse unità organizzative;
3) a livello di struttura della rete di mercato, dove il modo in cui le imprese impostano la relazione con i clienti incide direttamente
sull’assetto del mercato.
Nell’ambito di questa trattazione ciò che si prenderà in esame sono
le forme di rete d’impresa, di interazione che si creano all’interno di un
sistema territoriale, ossia tra soggetti che partecipano alle dinamiche territoriali, trascendendo i comportamenti soggettivi. Si parla anche di distretto il quale non è una forma organizzativa di valenza esclusivamente
economica ma una realtà socio-territoriale, un ambiente sociale del quale
vanno analizzate le relazioni, la cultura ed il territorio. Le imprese distrettuali condividono un patrimonio costituito dalla stratificazione storica di legami sociali ed economici relativi ad una specifica attività produttiva che funge da collante dell’intero sistema e tale patrimonio rappresenta un vantaggio competitivo difficilmente appropriabile e replicabile da
imprese esterne.
Nel secondo capitolo vedremo in che modo i distretti del commercio
possono diventare un vero volano per l’economia di un territorio e in che
modo le singole imprese possono dar vita ad un sistema di rete efficace ed
efficiente.
22
Fiocca R., Snehota I., Tunisini A. (2009), Marketing Business-to-Business, McGraw Hill, Milano.
27 II CAPITOLO
I DISTRETTI DEL COMMERCIO: UN VOLANO PER LO
SVILUPPO DEL TERRITORIO
2.1.
La città post-moderna e i luoghi del commercio
L’evoluzione commerciale di questi ultimi decenni ha cambiato profondamente gli assetti economici e sociali dei territori. La liberalizzazione
delle licenze, l’internazionalizzazione dei mercati, la concentrazione delle
imprese, la modernizzazione dei sistemi e delle tecnologie insieme con il
rafforzarsi delle imprese commerciali della GDO (Grande Distribuzione
Organizzata) e la diffusione di nuove modalità di esperienze d’acquisto
dei consumatori hanno reso lo scenario più competitivo e costretto ad un
rinnovamento del settore.
La struttura della moderna distribuzione al dettaglio è caratterizzata
da un’elevata dimensione, una localizzazione spesso nelle aree periferiche
della città, un ampio assortimento di prodotti food e non food, un’alta competizione dei prezzi, facilità di accesso e self service con ampi parcheggi
gratuiti. Il successo del commercio extraurbano è imputabile ad una serie
di fattori fra cui l’aumento diffuso della mobilità delle persone e
l’esigenza di concentrazione della spesa in ordine di tempo e di spazio.
Tutto ciò ha comportato una crisi del commercio urbano e la conseguente desertificazione dei centri storici che da secoli assolvono il compito di concentrare servizi di natura commerciale e artigianale. In Europa,
così come in Italia, molti esercizi commerciali al dettaglio presenti nei
centri storici o nelle immediate vicinanze sono stati costretti a chiudere i
battenti o a decidere di trasferirsi all’interno di qualche Centro Commerciale Pianificato, non potendo far fronte alla forte concorrenza delle nuove realtà commerciali. Dal Grafico 2.1 si evince come in dodici anni il
rapporto in termini di quote di mercato possedute fra negozi tradizionali
29 e moderna distribuzione si sia praticamente invertito a favore di
quest’ultima.
GRAFICO 2.1: RIPARTIZIONE DELLE QUOTE DI MERCATO FRA DISTRIBUZIONE TRADIZIONALE E MODERNA (1996-­‐2008) 60% 53% 52% 53% 54% 50% 40% 1996 2006 35% 34% 33% 35% 2007 2008 30% 20% 11% 12% 12% 12% 10% 0% Negozi tradizionali Distribuzione moderna Altre tipologie Fonte: Nostra elaborazione da dati SymphonyIRI Group, InfoScan Census e Istat. Il centro urbano assolve ad una funzione fondamentale di identificazione sociale, di riconoscimento di una data collettività con la sua storia.
La presenza di un’articolata offerta di servizi risulta, infatti, una condizione essenziale per mantenere in vita un luogo a cui vengono riconosciute importanti valenze positive.
La città post-moderna non può essere più considerata solo un luogo
fisico bensì un’entità morfologica complessa che si è costruita e trasformata nel tempo, in cui i fattori di natura economica convivono con le necessità abitative, i cambiamenti tecnologici, le culture architettoniche ed
urbanistiche, le normative che regolano l’uso del suolo e infine, ma non
meno importante, le pratiche sociali. La post-modernizzazione
23
è un fe-
nomeno così complesso che coinvolge ogni aspetto della vita individuale e
23
Il pensiero post-moderno si origina dalla filosofia e sta ad indicare una corrente di pensiero che caratterizza
l’epoca attuale che supera e si contrappone alla modernità intesa come staticità, determinismo ed esattezza dei
fenomeni. La post-modernità si contrappone a tale interpretazione statica e meccanicistica, alla visione
dell’universo come governato da leggi inviolabili, ordinate, prevedibili.
30 sociale 24, tanto da richiedere continui adeguamenti del territorio e nuovi
modelli di organizzazione economica e spaziale. Nell’ambito di tali mutazioni del contesto territoriale anche la città è pervasa da un nuovo clima
culturale e i recenti cambiamenti hanno dato origine ad una trasformazione dell’assetto urbano e ad un’evoluzione della spazialità.
È in ambito architettonico che il concetto di post-moderno ha fatto
le sue prime prove, diffondendosi poi in altri universi del sapere e del fare. Nella città post-moderna l’architettura-chiave non è più quella tradizionale delle grandi istituzioni civili e religiose, dei grandi santuari del
commercio e della finanza (le banche, la borsa, ecc.) ma estese attrezzature espositive e museali, centri direzionali, aerostazioni, centri commerciali, stadi sportivi, macrostrutture alberghiere, città della scienza risaltano
per dimensioni, originalità e qualità formali, per soluzioni tecnologiche
innovative, imponendosi come le cattedrali di una nuova religione, quella
del marketing urbano.
I luoghi più caratteristici dell’architettura e urbanistica postmoderna possono essere raggruppati in tre grandi categorie. La prima
comprende le nuove città del tempo libero e del divertimento, la seconda
le cattedrali del consumo materiale e culturale, la terza i vecchi centri
storici rinnovati 25. A volte l’architettura si misura con una distribuzione
specialistica dei luoghi rispetto alle tre categorie, e più spesso deve rispondere alle esigenze di concentrazione nello stesso luogo di più funzioni, rafforzando la capacità competitiva della città.
L’architettura post-moderna esprime la volontà di usare le tradizioni
e gli stili del passato, ma, con un grande eclettismo stilistico; riscopre il
valore dell’ornamento e ricorre ai colori anche più inusuali; ostenta la
propria fragilità e precarietà, cerca di coinvolgere l’intero apparato sensoriale degli abitanti e dei visitatori facendone degli “spettatori”. Sotto
24
“La società post-moderna appare simile a una rete di micro-gruppi societari nei quali gli individui interagiscono e
intrattengono tra di loro forti legami emotivi, passioni condivise, esperienze simili”, Maffesoli M. (1988), Le Temps
des tribus, le déclin de l’individualisme dans la société de masse, La Table Ronde, Paris; trad. it. (2004), Il tempo
delle tribù. Il declino dell’individualismo nelle società postmoderne, Guerini, Milano.
25
Strassoldo R. (1998), Aspetti sociologici dell’urbanistica post-moderna, in Mazzette A. (a cura di), La città che
cambia. Dinamiche del mutamento urbano, Angeli, Milano.
31 l’espressione di città post-moderna sembra intessersi un patchwork di sensazioni, di immagini, di punte tecnologiche, di nuovi prodotti e di nuovi
consumi urbani che affascina, ma nello stesso tempo si rivela tanto sfuggente quanto privo di qualsiasi logica organizzativa. La città postmoderna può essere definita come un “superluogo” appartenente contemporaneamente ad una molteplicità di reti, locali e globali: luoghi degli
scambi tra le città, di gruppi sociali, forze economiche e funzionali cioè
di flussi materiali e immateriali che strutturano l’ordine economico, ma
anche luoghi del lavorare, dell’abitare, del tempo libero, della mobilità,
della permanenza, della socialità, quindi del vivere la dimensione metropolitana quotidiana” 26.
La città contemporanea a causa dell’enorme accelerazione dei fattori
di mobilità, sia collettiva che individuale, non può più essere pensata come un oggetto spaziale definito che s’identifica in contrapposizione con
altri spazi che rappresentano il suo contrario, ma come un’entità in continua ed imprevedibile evoluzione che sfugge ad ogni tentativo di delimitazione dei suoi confini e caratteri permanenti. Essa non è più il luogo
centrale, differenziato dal resto del territorio, le cui funzioni mirano alla
produzione di beni e servizi per il soddisfacimento dei bisogni dei cittadini. Si afferma un nuovo concetto urbano in cui la città, pur mantenendo
un ruolo strategico, abbandona lo zoning funzionale ed adotta nuovi modelli d’uso del territorio e nuove centralità. Bisogna allontanarsi, quindi,
dalla concezione che definisce la città come una struttura unitaria e permanente, per orientare l’attenzione verso le pratiche urbane in tutta la
loro gamma, da quelle della vita quotidiana alle attività economiche, a
quelle culturali e politiche.
La ricerca di Eurisko per Indicod dal titolo “Valorizzare il centro urbano - le attese dei cittadini consumatori” del 2003 ha messo in evidenza la rela-
26
Provincia di Bologna (2006), La Civiltà dei Superluoghi.
32 zione fra centro urbano e attese dei cittadini 27. Centro urbano significa in
primis “edifici e monumenti storici” ma non solo. La soddisfazione complessiva è buona, il “proprio” centro è tendenzialmente abbastanza soddisfacente per il fascino degli edifici e monumenti storici, per i negozi e il
sistema dell’offerta e dei servizi, ma non è altrettanto soddisfacente per le
proposte di intrattenimento e culturali, ed è risultato del tutto insoddisfacente per la qualità dell’aria, del traffico, per i mezzi pubblici e per la ristrettezza delle isole pedonali.
Dalla ricerca emerge che la relazione con il centro urbano è differente in relazione alla dimensione dello stesso. Mentre nei piccoli-medi
centri si è più insoddisfatti, i grandi centri risultano globalmente più in
grado di soddisfare le attese dei cittadini ed in particolare i centri con più
di 100.000 abitanti dispongono di un’offerta ampia e di migliore qualità,
rispetto ai medio-piccoli centri.
Un centro urbano risulta non essere tale se manca di locali, bar, caffè, teatri, negozi, cinema e librerie. La soddisfazione dei cittadini non deriva solo dai monumenti storici, ma anche dai negozi, dai locali e
dall’offerta di servizi. I negozi devono avere format diversi, dal recupero
delle
tradizioni
artigianali
ai
grandi
magazzini,
dalle
librerie
all’abbigliamento di qualità, e per i giovani dai negozi di entertainment agli
articoli sportivi. I cittadini richiedono offerte di intrattenimento e di cultura materiale ed immateriale: dai ristoranti ai cinema, teatri, mostre,
musei, locali nuovi e tipici ed anche artisti di strada. Nelle attese dei cittadini il centro urbano deve essere l’ambito in cui le radici storicoartistiche s’intrecciano nella ricchezza delle offerte di scambio e di esperienza, di acquisto e di cultura: una realtà pulsante che ingloba le novità
“culturali” a disposizione dell’apprendimento dei cittadini. E questa caratteristica è migliore nei grandi centri urbani, e per lo più insoddisfacen 27
La ricerca si è svolta in due fasi: la prima, di tipo intensivo-quantitativo, ha preso in esame 72 casi a mezzo di colloqui individuali in 9 centri grandi, medi e piccoli situati al Nord, Centro e Sud Italia; la seconda, di tipo estensivo,
ha previsto lo svolgimento di 1.000 interviste personali (di cui 100 a Milano, 100 a Roma e 100 a Napoli) effettuate a individui fra i 14 e i 75 anni residenti in Comuni con almeno 10.000 abitanti.
33 te nei centri piccoli e medi che non dispongono di un’offerta ricca e articolata.
All’interno del centro urbano inteso più come “agglomerato con residenti” che non come vero “centro della città”, il commercio, in sede fissa ed ambulante, riveste un carattere di assoluta necessità. Il commercio
può costituire un valore aggiunto a sostegno delle politiche di coesione
sociale perché rivitalizzare i centri urbani significa anche riattivare le relazioni tra le persone e accrescere la percezione della sicurezza. Il ruolo
del commercio evolve così da “servizio alla popolazione”, come ad esempio le banche o gli uffici pubblici, ad “attore della qualità urbana” inteso
come agglomerato di tutti quegli aspetti che caratterizzano un commercio
moderno ed in particolare il commercio di prossimità di beni di consumo:
l’offerta dei prodotti e dei servizi, la presenza vitale nelle strade, la vivacizzazione e l’illuminazione serale delle vie e dei quartieri, la possibilità
di ricevere chiarimenti sui prodotti, la vetrina del negozio e la proposta di
innovazioni.
Nonostante la presenza di grandi centri commerciali periferici e la
possibilità di effettuare gli acquisti in rete, il commercio di prossimità risulta svolgere un ruolo insostituibile nel servizio alla popolazione: il
grande centro commerciale periferico opera con assortimenti per lo più
banalizzati e tende ad espellere specialità che non hanno una rotazione
elevata risultando antieconomiche per queste grandi strutture. Dallo studio sopra citato emerge la necessità per il cittadino di disporre di negozi
di qualità. Gli intervistati chiedono esercizi la cui presenza si è nel tempo
ridotta: la libreria, l’abbigliamento di qualità e giovane, l’entertainment, gli
articoli sportivi, la telefonia e l’informatica, gli elettrodomestici. Ma vi è
anche una specifica richiesta di negozi alimentari, sia di piccoli supermercati di prossimità, che consentano di fare la spesa di tutti i giorni, sia
di alimentari di qualità, gastronomie e prodotti tipici e locali.
Il cittadino vorrebbe disporre di formati diversi per fare gli acquisti:
la ricerca mette in evidenza le opportunità rappresentate dai negozi artigianali, nei quali è possibile ricevere assistenza e consigli, e dai grandi
34 magazzini, formato poco presente in Italia e largamente diffuso in Europa. Il grande magazzino riunisce un’ampia e differenziata offerta di prodotti di qualità ed anche di prezzo. La richiesta di supermercati è solo
marginale, sia per la presenza diffusa di questo formato, sia per la banalizzazione dei prodotti che esso tende ad imporre.
Nella stessa ricerca i fattori che costituiscono il valore del centro urbano sono stati messi a confronto con la soddisfazione per ciascuno di essi
da parte dei cittadini. Tenuto conto che il centro trova i suoi fondamenti
negli edifici e monumenti di valore storico, nella numerosità dei negozi e
nella loro qualità elevata, nella capacità d’intrattenimento e cultura e nella vivibilità intesa come qualità dell’aria che si respira, spazi verdi, pulizia ed ecologia urbana, ebbene, per quanto riguarda gli edifici storici, i
monumenti e la qualità dei negozi, la soddisfazione è stata tendenzialmente buona, mentre per quanto riguarda l’offerta di intrattenimento,
cultura e la vivibilità, la soddisfazione è risultata tendenzialmente bassa
ed in particolare spicca il gap tra attese e risposte di offerta di intrattenimento e cultura. I fattori quali la mobilità, del tutto insoddisfacenti, non
determinano l’attrattività del centro, bensì i fattori di “esperienza di apprendimento e di vita” sono costituiti dall’intrattenimento, la cultura e la
vivibilità (si veda Tab. 2.1).
TABELLA 2.1: I FATTORI DA MIGLIORARE PER L’ATTRATTIVITÀ DEL CENTRO URBANO SECONDO I FREQUENTATORI Fonte: Eurisko (2003), Valorizzare il centro urbano -­‐ le attese dei cittadini consuma-­‐
tori, Indicod. 35 Come detto, i rapidi e profondi cambiamenti che hanno portato la
diffusione dei caratteri urbani in tutto il territorio, hanno affievolito i significati collegati alla polis ed eliminato i tradizionali riferimenti alla città
come luogo evocatore d’identità territoriali forti. Le politiche urbanistiche più recenti si orientano sempre più sulla razionalizzazione e sul recupero dell’esistente, piuttosto che sulla semplice espansione fisica della città. Partendo dalla struttura urbana consolidata, le azioni di riqualificazione urbana si indirizzano non solo a ridefinire la forma della città e a
migliorarne la vivibilità, dai centri storici alle periferie, ma soprattutto a
creare occasioni di sviluppo capaci di restituire qualità, identità e opportunità di rilancio economico. Seguendo questa logica i concetti di riqualificazione, recupero e riuso hanno assunto un’importanza determinante e
rappresentano un orientamento diffuso e di rilievo per le amministrazioni
locali che sono alla continua ricerca di progetti per rilanciare la città. Dal
già citato studio dell’Eurisko per Indicod risulta che per quanto riguarda
la valutazione dell’operato dei responsabili del centro urbano, le amministrazioni locali ricevono un voto di quasi sufficienza, mentre alle altre
istituzioni e agenzie (rappresentanti di quartiere, commercianti) viene riconosciuto scarso peso. Spicca invece l’attesa di interventi che provengano anche da aziende e negozi privati, in particolare da parte delle istituzioni bancarie e delle associazioni del commercio.
Nella pianificazione urbana si afferma una linea strategica che
s’ispira all’idea di una città che sia un grande luogo d’incontro nel quale
si confluisce tanto per socializzare e scambiare conoscenze ed esperienze
culturali, anche d’avanguardia, quanto per acquistare e vendere beni e
prodotti. Una città in cui il cittadino oltre alle opportunità di lavoro e
d’incontro possa avere piacere di vivere. Si viene a delineare così un nuovo paesaggio, animato dai luoghi del loisir e dell’entertainment, dove ruolo
trainante è attribuito al commercio non solo per le opportunità economiche e occupazionali ma anche perché esso comporta un rafforzamento
dell’immagine e dell’identità urbana, un miglioramento della qualità della
36 vita, un risanamento e rigenerazione sociale ed ambientale del tessuto residenziale e degli spazi pubblici, e forti capacità di attrarre il turismo.
Si deve dare valore alla funzione del commercio come elemento di
standard di servizio per la rigenerazione urbana e come volano per diversi interventi che favoriscono il territorio. Riqualificare il commercio nel
centro urbano vuol dire anche riposizionare il centro rispetto alle funzioni urbane considerate caratterizzanti e prioritarie. Il commercio può costituire un valore aggiunto a sostegno delle politiche di coesione sociale
perché rivitalizzare i centri urbani significa anche riattivare le relazioni
tra le persone e accrescere la percezione della sicurezza. Tra le diverse
azioni messe in campo e rivolte alla valorizzazione di un’immagine commerciale integrata delle città si possono tenere in conto azioni di particolare rilievo come la creazione di partnership pubblico-privato per interventi
di riqualificazione urbana o di animazione nelle aree a forte vocazione
commerciale.
FIGURA 2.1: OLTRE 60.000 BRAND DI TOWN CENTRE MANAGEMENT A partire dagli anni Sessanta sono state numerose le iniziative di gestione
coordinata del centro storico o di specifiche aree commerciali urbane che
si sono sviluppate a livello internazionale. A livello nazionale sono stati
sperimentati vari percorsi come: i Centri Commerciali Naturali (Toscana), i Distretti Urbani del Commercio (Lombardia), i Programmi di Qua37 lificazione Urbana (Piemonte), i Piani Urbani Complessi (Umbria), i progetti integrati di valorizzazione del commercio, ecc. A livello internazionale, il Town Centre Management in Gran Bretagna, le Cellules de Gestion de
Centre-Ville in Belgio e Francia, i Centros Commerciales Abiertos in Spagna e i
BID (Business Improvement District) in America, sono casi di valorizzazione
del commercio urbano come integratore dello sviluppo di specifiche aree
(si vedano Tabelle 2.2 e 2.3).
TABELLA 2.2: INIZIATIVE DI GESTIONE COORDINATA PER ANNO DI INIZIO ATTIVITÀ E PER PAESE (%) Stati Uniti
Canada
Giappone
Gran Bretagna
Belgio
Germania
Olanda
Prima del 1970
6,0
32,0
12,9
0,0
0,0
1980-1990
31,0
40,0
0,0
2,3
0,0
1990-2000
54,0
19,0
27,4
89,4
38,5
Dopo il 2000
9,0
9,0
59,7
8,3
61,5
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: Nostra elaborazione da Zanderighi L., Commercio Urbano e nuovi strumenti di governance, Il Sole 24 ore, Milano. TABELLA 2.3: ASSOCIAZIONI E PARTNERSHIP INTERNAZIONALI DI TCM Associazione
Paese
Membri
Origini
Austria Sadtmarketing
Austria
nd
2000
AMCV – Ass. du Management de Centre-Ville
Belgio
nd
1997
EFTC – European Federation of Town Centre
Europa
8
1996
TOCEMA EUROPE– Town Centre Management in Europe
Europa
6
2000
AFMCV – Ass. Française pour le Management de Centre-Ville
Francia
nd
2001
BCSD – Bundesvereinigung City und Stadtmarketing Deutschland
Germania
> 50
1996
AGeC – Ass. Gestione Centro Città
Norsk Sentrumsforum
NVBO – Nederlandse Vereniging van Binnenstedelijke
Ondernemers
Italia
Norvegia
nd
41
2008
1995
Paesi Bassi
31
1995
AGECU – Ass. Esapañola de Gerentes de Centros Urbanos
Spagna
nd
1999
Svenska Stadskärnor
ATCM – Ass. of Town Centre Management
IDA – International Dowtown Ass.
Svezia
UK
USA
200
520
423
1993
1990
1954
Fonte: Nostra elaborazione da Guercini S. (2007), Il marketing delle destinazioni commerciali. Modernità distri-­‐
butiva e ruolo dei promotori, Franco Angeli, Milano. 38 Nell’ambito della competizione globale tra le città con forme di partnership pubblico-private, un fondamentale ruolo strategico è sostenuto
dall’esperienza di tanti Paesi europei, come il Regno Unito, il Belgio, la
Francia e la Spagna, che mostrano come i risultati più evidenti si siano
ottenuti laddove i programmi hanno puntato sullo sviluppo delle attività
commerciali e per il tempo libero. Di seguito saranno riportati esempi ed
esperienze di TCM internazionali.
APPROFONDIMENTO
•
La rete europea dei Town Centre Management (gestione dei centri città) è la TOCEMA EUROPE
creata nell’ambito del programma europeo INTERREG IIIC. É il frutto di un’ampia e diversificata
partnership composta da amministrazioni locali, regionali ed enti parastatali tra cui le associazioni nazionali di TCM. TOCEMA EUROPE promuove le iniziative di TCM in tutta Europa e incoraggia l’implementazione di progetti innovativi per lo sviluppo urbano 28.
•
Il programma si basa su un approccio globale allo sviluppo urbano, ossia su un approccio multidisciplinare comprendente aspetti economici, sociali e culturali e la partnership (sia formale sia
informale) ne costituisce il pilastro portante del sistema che unisce gli operatori pubblici e privati del centro cittadino e li stimola a cooperare per il mutuo interesse sulla base di un piano
d’azione comune.
•
I partners di TOCEMA EUROPE hanno prodotto la prima definizione europea di Gestione di Centro Città (GeCC), che agisce sulla vitalità e vivibilità del centro città e costituisce uno strumento
di sviluppo economico, sociale e culturale del centro città poiché è in simbiosi con il contesto
generale di sviluppo urbano. Si concentra su una visione, lo sviluppo strategico, e promuove la
partecipazione attiva dei diversi interessati nella gestione, nel marketing, nel finanziamento e
nello sviluppo del centro città riunendo attori di differenti settori e facilitando gli scambi, la m utua comprensione e le azioni congiunte.
28
http://www.tocema-europe.com.
39 TABELLA 2.4: TOCEMA EUROPE OBIETTIVI
•
Creare una rete europea per il Town Centre Management, che si occupi di tematiche di sv iluppo urbano quali il commercio, l’ambiente urbano (pulizia, sicurezza, vivibilità, ecc.), il turismo, la cultura, l’accessibilità, la residenza in risposta alle attese degli attori locali, dei fruitori e dei cittadini
•
Stimolare il dibattito sul futuro del centro città
•
Garantire un processo trasversale e una titolarità condivisa della visione e della strategia
•
Sviluppare un processo forte e efficace per mettere a punto iniziative condivise
•
Creare centri vivibili, invitanti, sostenibili
MISSIONI
•
Fornire linee guida al concetto di Town Centre Management in Europa creando un marchio e
una definizione europea comuni
•
Creare una dinamica europea a lungo termine in grado di sviluppare scambi di esperienze
pratiche, metodologie e procedure o prassi consigliate
•
Migliorare o rafforzare la cooperazione interregionale nel settore TCM tra città, regioni e associazioni nazionali o regionali di TCM
•
Valutare e favorire nuove iniziative di sviluppo urbano e progetti congiunti con la partecipazione pubblica e privata
Fonte: Nostra elaborazione. 2.2.
L’esperienza britannica: i Town Centre Management
Il Regno Unito, a partire dai primi anni Novanta, si è mostrato pioniere in Europa nell’attivare politiche a livello nazionale per incoraggiare
a sperimentare forme locali di Town Centre Management (TCM), sostenendo
i centri delle città in modo che questi continuino a rappresentare un ruolo
importante per la società in risposta alle pressioni derivanti dalla competitività di sistema che connaturano lo sviluppo del ventunesimo secolo.
Letteralmente Town Centre Management definisce la gestione del centro città
che consiste in un’iniziativa coordinata e partecipata volta a rendere il
centro delle città un luogo attrattivo e gradevole. Quasi in tutte le sue
forme presuppone la costituzione di un partenariato pubblico-privato che
medi e faccia convergere un ampio ventaglio di interessi. Il risultato più
40 ricorrente di queste attività è un incremento dell’efficacia nella promozione e nel marketing di tali zone, che riescono così a preservare il proprio ruolo di cuore della comunità.
Alla fine degli anni Settanta, la realtà commerciale della Gran Bretagna fu radicalmente modificata quando le grandi catene di distribuzione organizzata (Tesco, J. Sansbury, Asda, Wm Morrison Supermarkets)
sono entrate di prepotenza nei Centri Commerciali Integrati, affiancandosi quindi a realtà commerciali e di servizio di ogni tipo e creando dei
poli per lo shopping quotidiano ed occasionale, radicalmente alternativi a
quello dei centri storici. Si registra così un progressivo e rapido spostamento dello sviluppo del settore della distribuzione dalle aree urbane verso nuove e più ampie zone situate ai margini degli insediamenti urbani.
La crescente apertura di grandi centri commerciali extraurbani che avviene sul territorio inglese in quegli anni e il successo che tali superfici di
vendita registrano presso il consumatore non solo determinano significativi spostamenti delle quote di mercato nel settore, ma si ripercuotono in
misura crescente anche sui centri urbani, provocando il fenomeno della
desertificazione di alcune arterie commerciali centrali ed attivando in
molti casi una vera e propria spirale sociale ed economica negativa.
L’offerta commerciale cittadina, sempre meno competitiva, si impoverisce
attraverso una progressiva chiusura delle attività e la perdita di attrattività delle location centrali, spesso accompagnata da un degrado fisico delle
strutture immobiliari, e finisce per attivare una dinamica che si ripercuote inevitabilmente sulla qualità e sulle tendenze sociali dell’area, innalzando il grado di insoddisfazione dei frequentatori e riducendo in qualche
caso il livello di sicurezza del luogo.
È proprio di fronte a questo scenario che i diversi soggetti coinvolti
hanno iniziato a interrogarsi sui possibili modelli di gestione integrata
delle aree in crisi, iniziando le prime riflessioni non soltanto sulle politiche di valorizzazione da attivare per il centro urbano, ma sulla possibilità
di trasferire l’approccio manageriale di un Centro Commerciale Pianificato a un’agglomerazione spontanea di offerta.
41 Inizialmente il TCM si focalizzava soprattutto sulla soluzione di
problemi ambientali, di sicurezza e di marketing, e le iniziative mosse
erano di tipo informale o ad hoc tra autorità locali e piccoli gruppi di operatori economici per attivare una gestione integrata secondo una visione
olistica dei problemi e delle opportunità del centro città. Si prevedevano
azioni di tipo strutturale legate al miglioramento fisico e funzionale del
contesto in cui operavano attraverso interventi urbanistici, piantumazione
di alberi e abbellimento degli spazi pubblici, pedonalizzazioni di vie e caratterizzazioni estetico-fisiche accompagnati da programmi di marketing
e promozione. La sfida era quella di imparare dai Centri Commerciali Integrati (i Mall e gli Shopping Centre) quali sono i fattori attrattivi e le pratiche migliori per un ritorno proficuo non soltanto in termini di investimenti economici ma anche in termini di fidelizzazione, e attraverso
l’importazione dell’approccio manageriale creare un’unita di gestione in
centro città definendo delle linee guide di politica commerciale pubblica.
I centri storici ambivano a tornare ad essere punto di riferimento privilegiato e quotidiano della città e non soltanto luogo di visita occasionale e
spesso non finalizzata all’acquisto.
La prima iniziativa di TCM in Gran Bretagna nasce nel 1986 nella
città di Ilford e in due piccole città nel distretto londinese di Redbridge,
in cui viene designato un responsabile con il compito di coordinare
l’attività commerciale dell’area sia sviluppando una specifica attività di
promozione sia progettando soluzioni per una migliore fruizione (anche
estetica) degli spazi pubblici. Questo sistema è stato creato al fine di evitare delle sovrapposizioni di competenze ed offrire uno sportello unico
d’informazione. In questo modello iniziale la gestione rimaneva a carico
della comunità locale ma l’idea di un possibile partenariato era già in discussione. Le politiche avevano come obiettivo di limitare l’apertura di
grandi superfici in periferia e il sostegno ai progetti di recupero e valorizzazione dei centri urbani. L’idea di trasferire e utilizzare le tecniche che
si sono rivelate efficaci nei centri commerciali del settore privato al settore pubblico è attribuita a P.H. Spridell. Il concetto è stato utilizzato per
42 centralizzare in un’unica unità i servizi che necessitavano i centri urbani
come la manutenzione dei marciapiedi, la pulizia, la sicurezza, i parcheggi e l’illuminazione pubblica.
Da questo primo progetto, il sistema è stato implementato in diverse
città e da queste prime esperienze il concetto e le teorie su cui si fondano
si sono evolute e incrementate, soprattutto a partire dagli anni Novanta
in cui si assiste ad un vero e proprio sviluppo delle iniziative di TCM con
la creazione di una regolamentazione circa la gestione dei centri città.
Nella legislazione inglese, la pianificazione settoriale è affrontata nella
Planning Policy Guidance (PPG), circolari ministeriali che riguardano la riqualificazione dei centri urbani e contengono indicazioni utili al rilascio
del permesso di urbanizzazione, mentre il Planning Advice Note (PAN) indica le modalità di applicazione delle azioni contenute nelle PPG.
Nel 1993 il Department of the Environment (DoE) pubblicò la revisione
“Planning Policy Guidance N. 6: Town centres and retail development” che sottolineava l’importanza dello sviluppo dei centri urbani tracciando delle linee guida più restrittive per scoraggiare i pianificatori pubblici dal permettere altri complessi commerciali su siti greenfield 29, sostenendo invece il
riuso di aree brownfield 30. Il documento definisce in particolare il sequential
test, in base al quale il permesso di realizzare una superficie commerciale
periferica viene concesso solo se è stata verificata l’effettiva impossibilità
di inserire la stessa in aree urbane centrali, e sottolinea l’importanza del
retailing per la sopravvivenza dei centri urbani, esigendo che i futuri retail
planning ponessero come priorità la “vitality and viability” del centro città,
considerato che nella logica dello sviluppo sostenibile 31 l’accessibilità a
queste aree è garantita anche a quelli che non dispongono di mezzi privati di trasporto. In generale gli obiettivi che il Governo si pone nella definizione della PPG6 riguardano il sostegno e il miglioramento della vitalità
29
Sito vergine, non ancora edificato con strutture commerciali.
30
Aree urbana già edificata.
31
Si intende per sviluppo sostenibile lo sviluppo economico compatibile con la salvaguardia e la conservazione delle risorse ambientali che soddisfi, almeno parzialmente, i bisogni attuali senza compromettere la possibilità delle
future generazioni di fronteggiare le loro necessità.
43 e della mobilità all’interno dei centri cittadini, e la promozione di localizzazioni,
in
particolare
commerciali,
in
maniera
da
incentivarne
l’accessibilità con mezzi alternativi alla macchina privata. Le linee guida
di riferimento per i town centres sono le grandi e piccole città, i distretti di
sviluppo urbano fuori dalle città storiche che contengono un certo numero di funzioni e attraggono un consistente numero di spostamenti. Non
riguarda, si specifica, lo sviluppo diffuso di negozi o la localizzazione solitaria di strutture commerciali di grandi dimensioni, le quali sono espressamente disincentivate dalla guidance. In questi termini, prima di definire
delle politiche da suggerire per lo sviluppo dei centri, la guidance definisce
alcuni parametri per la valutazione della natura e delle condizioni del
centro stesso. Tra questi indicatori l’accessibilità trova un posto di primo
piano, definita come analisi della correttezza delle localizzazioni circa le
plurime modalità dei mezzi di trasporto, la qualità e la quantità dei parcheggi, la frequenza e il livello di servizio della rete del trasporto pubblico, la qualità e la quantità dei percorsi pedonali e ciclabili correlati alla
costruzione delle reti e al livello di servizio delle stesse.
In particolare, la PPG6 definisce tre livelli di azione generali, sui
quali articolare le previsioni e le indicazioni 32:
•
uno legato alla pianificazione, per il quale si suggerisce di enfatizzare
lo strumento stesso per la promozione della riqualificazione e dello
sviluppo dei centri storici attraverso l’identificazione di funzioni miste
da insediare;
•
un altro legato proprio ai centri cittadini, in cui evidenziare
l’importanza del problema dell’accessibilità ai centri storici e alle funzioni insediate, e alla necessità di allestire un efficiente sistema di
parcheggi, con politiche di gestione dei prezzi e della disponibilità
degli stessi a seconda delle tipologie di utenti, e contemporaneamente
la promozione di standard di urban design;
32
Politecnico di Milano (2003), Riqualificazione territoriale ed ambientale delle aree adiacenti alle infrastrutture nella
Provincia di Bergamo: indicazioni progettuali in alcuni casi studio e definizione di criteri, Dipartimento di Architettura e Pianificazione (DiAP), Milano.
44 •
un livello, infine, per la progettazione degli spazi commerciali, relativamente all’attenzione agli impatti sulla viabilità dei centri cittadini,
all’accessibilità con sistemi plurimodali e quindi alla rete della mobilità pubblica e privata, e agli impatti in genere su tutto il sistema della
mobilità e della viabilità urbana.
Data la necessità di promulgare una regolamentazione che stabilisse
appositi spazi e modalità di gestione dei centri città a seguito del massiccio intervento/investimenti della GDO, nel 2003 fu emanata dal Governo
U.K. un provvedimento denominato “Town Centres First” che stabiliva criteri specifici per impedire lo svuotamento del piccolo commercio nei centri città ad opera della GDO.
TABELLA 2.5: DIFFUSIONE DEI TOWN CENTRE MANAGEMENT IN U.K. 500 450 N° iniziative di TCM 400 350 300 250 TCM 200 150 100 50 0 1991 1992 1996 1997 1999 2004 Fonte: Nostra elaborazione da Paparelli R. e Del Duca M. (2010), Centri commerciali naturali. Strategia e stru-­‐
menti di network marketing a servizio del commercio, del turismo e del terziario, Franco Angeli, Milano. Ma la vera diffusione in U.K. dei progetti di TCM avvenne dopo
l’istituzione
dell’Association
of
Town
Centre
Management
(ATCM),
un’associazione non governativa fondata nel 1991, che conta attualmente
oltre 300 soci in rappresentanza di centri urbani e di campagna, in un
network solido e diffuso di esperienze differenti ma animate da principi
comuni. Forti di un riconoscimento e promozione a livello nazionale, da
una stima di 9 iniziative alla fine del 1991 si è assistito ad un dilagare di
nuovi progetti, arrivando già nel 1992 a 45, 182 nel 1997, 230 nel 1999, e
45 stime recenti sostengono che attualmente siano più di 450 gli schemi di
TCM operanti (si veda Tab. 2.5).
La missione dell’ATCM è di favorire lo sviluppo dei centri urbani
attraverso la cooperazione tra soggetti pubblici e privati, attraverso una
gestione intelligente delle risorse, la promozione di ciò che è già esistente
e lo sviluppo dei fattori di attrazione.
Per meglio comprendere la natura di questa associazione e la sua
azione nel territorio è utile individuare gli scopi fondamentali della sua
costituzione, la strategia di azione, gli strumenti di cui si avvale e le indicazioni operative della sua attività.
Gli obiettivi fondamentali dell’ATCM sono:
• promuovere la partecipazione nella ricerca di soluzioni ai problemi
delle diverse aree;
• favorire le attività di marketing che con il rafforzamento dell’immagine
dell’area sostengono l’attrattività delle medesime come luogo piacevole
da visitare e da frequentare;
• valorizzare gli sforzi dell’amministrazione pubblica, degli operatori
privati e della comunità locale attraverso un utilizzo più efficiente delle
risorse e un approccio cooperativo alla soluzione dei problemi
dell’area, non solo per i consumatori ma anche per i residenti ed i turisti;
• migliorare l’offerta complessiva dei servizi in centro città.
Da questa elencazione di obiettivi si comprende come il problema
della
scelta
di
funzioni
e
localizzazioni,
soprattutto
commerciali
all’interno dei centri delle città inglesi, sia stato trasformato dalla guidance
in un problema di combinazione tra pianificazione delle funzioni e pianificazione del sistema della mobilità. In particolare, risulta necessario, come detto a proposito del PPG6, migliorare l’accessibilità ai centri urbani,
favorendo e razionalizzando la rete dei trasporti pubblici e privati, e rendendoli sicuri ed accessibili per tutte le categorie (donne, bambini, anziani, disabili) incentivando lo sviluppo delle utilities (come parcheggi, banche, poste, pubblica amministrazione, servizi per la sanità e l’istruzione) e
46 progetti a tutela dell’ambiente o in favore di un suo risanamento. Bisogna
puntare su un time management efficiente che contribuisca ad evitare perdite di tempo per chi usa il centro storico per lavoro o per svolgere diverse
mansioni, e contribuire alla realizzazione di aree, strutture, iniziative per
coloro che desiderano trascorrervi del tempo libero. Il centro storico deve
diventare un’identità coesa e riconoscibile sia all’esterno, sia al proprio
interno contribuendo così ad aumentare il valore delle rendite immobiliari, tutto ciò valorizzando l’impegno economico della pubblica amministrazione, esercitando un parere consultivo sull’uso delle risorse e offrendo i risultati di monitoraggi costanti sulle diverse iniziative attuate.
Per raggiungere questi obiettivi le strategie messe in atto sono molteplici e differenziate, in particolare:
• coinvolgere i diversi attori nel processo decisionale, favorendo la massima condivisione possibile di informazioni e suggerimenti;
• organizzare partnership di mutuo aiuto tra i diversi operatori, cercando
di mettere in luce i reciproci vantaggi al fine di scoraggiare atteggiamenti o strategia competitive o distruttive;
• pubblicare i risultati di ricerche o inchieste che abbiano come oggetto
lo sviluppo del centro storico di riferimento;
• redarre un Business Plan e un piano di fattibilità annuale, con obiettivi
specifici, concreti, realizzabili;
• redarre un piano di Fund Raising costruito per obiettivi per possibili finanziatori.
Il processo consiste nel trasferimento delle competenze manageriali
dai prodotti venduti nei centri urbani o dai servizi in essi erogati ai centri
urbani stessi, che richiedono anch’essi un business plan, piani di fattibilità,
soluzioni di marketing innovative e rispondenti ai bisogni degli utenti, soluzioni organizzative ad alta complessità.
Le principali aree di intervento dell’ATCM sono le seguenti:
• definizione degli obiettivi a cui tendere e chiarezza circa i risultati attesi dagli interventi;
• definizione dello stato dell’arte in cui il territorio si trova;
47 • individuazione dei principali trend demografici, sociali, culturali ed
economici al fine di programmare interventi di sviluppo che rispondano alle esigenze non solo del momento, ma in grado di reggere anche
ad un prospettiva di medio-lungo periodo;
• individuazione di Best Practice che possano orientare gli interventi di
sviluppo;
• creazione di un network a livello locale, nazionale e internazionale di
supporto alle iniziative di sviluppo;
• coinvolgimento della pubblica amministrazione, associazioni di categoria, Leisure Operator, agenzie immobiliari, organizzazioni no-profit, rappresentanze dei cittadini e dei consumatori, operatori turistici, imprenditoria privata attorno al medesimo tavolo di progettazione e discussione;
• rappresentanza politica dei suoi membri.
Quest’Associazione è nata con lo scopo di sostenere lo sviluppo dei
centri urbani in Gran Bretagna, ma conta attualmente anche soci di altri
paesi, e proprio la capacità di aggregazione di attori eterogenei, accomunati all’inizio solo da un criterio geografico-territoriale risulta essere il
fattore distintivo di tale associazione, che ne costituisce la forza e al contempo il fattore di maggiore criticità. La natura diversa degli attori coinvolti e di conseguenza la diversità dei bisogni, delle aspettative e della disponibilità di risorse richiede necessariamente una grande chiarezza nella
definizione degli obiettivi e nella stesura del piano strategico, che si fonda
su quattro pilastri:
§
identificazione dei soggetti da coinvolgere;
§
focalizzazione delle caratteristiche specifiche del contesto locale;
§
definizione di Vision e Mission;
§
definizione degli obiettivi da raggiungere.
Ogni associazione locale vede la compartecipazione di enti pubblici,
imprese private, imprese commerciali di medio-grandi dimensioni, piccole
imprese quali esercizi commerciali o strutture turistico-alberghiere, imprese no-profit e mondo dell’associazionismo e del volontariato, e asso48 ciazioni di categoria. Ognuna di esse, al fine di adempiere con la maggiore efficacia possibile agli scopi indicati, indica un Management Board o uno
Steering Committee composti da un gruppo ristretto di associati (spesso il
gruppo dei fondatori o una rappresentanza significativa per ogni categoria) con il compito di promozione delle iniziative, garanzia della continuità di azione, coinvolgimento di un numero sempre più allargato di attori,
richiamo alla partecipazione e motivazione per tutti i membri al fine di
evitare dispersioni e malcontenti. Per ovviare ai rischi legati allo spontaneismo, a capo di questa struttura di riferimento vi è un manager identificato in una persona fisica, che funge spesso anche da rappresentante legale dell’organizzazione e funge da interlocutore privilegiato con enti, associazioni e istituzioni.
Il
programma
di
TCM,
che
generalmente
viene
sviluppato
all’interno di un più ampio contesto di pianificazione del territorio e delle
strategie di valorizzazione della città, svolge il ruolo primario di consentire ai diversi soggetti che hanno un interesse nell’area di condividere le risorse di sviluppare una visione comune e di implementare un piano di
azione che definisca precisi obiettivi di accrescimento della vitalità e della
vivibilità del centro storico. Ciò che risulta fondamentale è la stesura di
un accurato Action Plan e di una precisa pianificazione delle risorse mediante un Business Plan articolato e preciso. Quest’ultimo viene elaborato
e implementato sulla base dello specifico contesto che caratterizza ogni
singolo centro urbano, contiene la pianificazione e la revisione delle attività programmate per un triennio (o un quinquennio) ed è suddiviso in
diverse sezioni:
Ø la Vision ovvero l’identità che si vuole attribuire al centro urbano, il
proprio progetto ideale, l’obiettivo a cui tendere (per esempio: il centro urbano come luogo di aggregazione per bambini e anziani);
Ø gli obiettivi particolari attraverso cui giungere alla realizzazione della
Vision (per esempio il potenziamento dei mezzi pubblici, la collocazione di aree verdi attrezzate, l’installazione di bagni pubblici e altri
49 servizi di utilità, la collocazione di strutture coperte per l’inverno e i
giorni di pioggia);
Ø le aree prioritarie di azione;
Ø i finanziamenti previsti e il piano di fund-raising da attuare.
L’Action Plan ha durata annuale ed entra nel dettaglio delle attività
operative da attuare prevedendo:
§
gli obiettivi specifici da raggiungere;
§
la tempistica;
§
le risorse umane ed economiche da impiegare;
§
i contatti da attivare con enti pubblici, privati, istituzioni;
§
i criteri da utilizzare nelle diverse scelte;
§
i risultati attesi.
Attraverso
il
coinvolgimento
diretto
dei
principali
stakeholder
dell’area urbana, il TCM mira a sviluppare a livello locale soluzioni e
strumenti capaci di salvaguardare e valorizzare l’unicità economicoculturale dell’area stessa.
Queste esperienze si sono sviluppate in diverse città, da piccoli a
grandi centri urbani e quello che differenzia l’una dall’altra è il piano di
azione che viene attuato per conseguire gli obiettivi. Nelle forme più
avanzate si riesce ad investire in una visione condivisa e strategica del
centro, fino ad attrarre investimenti e residenti creando un ambiente vivace e stimolante. Attualmente il modello Town Centre Management continua ad evolversi e a differenziarsi in molteplici contesti per rispondere alle nuove sfide e specificità dei centri cittadini.
L’esperienza inglese mostra come il rapporto tra le associazioni di
gestione dei centri storici e la pubblica amministrazione, favorisca il sorgere delle associazioni stesse e l’inizio delle attività nella fase di start-up,
soprattutto attraverso finanziamenti altrimenti difficilmente ottenibili tra
privati. Anche le associazioni di categoria rivestono un ruolo importante
in questa prima fase, nel reperimento degli associati, nella diffusione degli
scopi dell’associazione e nella promozione capillare delle iniziative; non
50 sono tuttavia finanziatori diretti. Il rapporto tra enti pubblici e privati è
stato regolato in due modi differenti:
Ø i privati intervengono solo nella fase attuativa delle iniziative, oppure
offrono pareri consultivi sulla gestione del TCM non prevedendo che
siano anche finanziatori;
Ø
i privati sono soci a tutti gli effetti e condividono tutto il processo decisionale ed attuativo. In questo caso i privati sono anche finanziatori
e partecipano in modo diretto alla raccolta delle risorse necessarie per
lo sviluppo delle attività.
Oltre ai fondi pubblici, stanziati spesso secondo una quota fissa an-
nuale o triennale, le fonti economiche dei diversi town centre sono, per
suddivisione delle stesse associazioni, le seguenti:
§
Shopping List Approach: si tratta del reperimento dei fondi per singola
iniziativa, finanziamenti occasionali elargiti di solito da privati e legati ad iniziative molto specifiche.
§
Core funding: sono finanziamenti strutturali, erogati principalmente
dalle grandi imprese private e servono ad accompagnare e sostenere
tutta l’attività annuale dell’associazione. Non vi è obbligo di destinazione, il denaro è gestito dal Board e ripartito secondo il bisogno. Per
le imprese questo costituisce un’ulteriore garanzia perché subordinato
alla definizione e all’approvazione di un Business Plan.
§
Funding in kind: si tratta di agevolazioni e aiuti non in denaro per
esempio la concessione gratuita di stabili per la sede dell’associazione,
di sale per iniziative particolari, di risorse umane che operano gratuitamente come consulenti.
I Town Centre Management si impegnano direttamente nell’attività di
fund raising attraverso la riscossione della quota annuale dei singoli soci,
l’organizzazione di fiere che prevedono il pagamento di una quota di
iscrizione, l’affitto di spazi per pubblicità o promozione, la realizzazione
di brochure, mappe, guide per il turista che prevedono l’inserimento di
inserzioni a pagamento. La consuetudine è quella di ottemperare ai costi
fissi attraverso i contributi pubblici o i finanziamenti annuali delle grandi
51 imprese private e di far ricorso alle piccole donazioni dei pubblici esercizi
o di altri erogatori in presenza di iniziative specifiche, fortemente radicate sul territorio, di immediata visibilità (e di conseguenza di immediato
ritorno di immagine). Esempi di spese che consentono immediato ritorno
di immagine (e quindi un approccio shopping list) sono l’animazione di
strada, il baby parking, le luminarie natalizie, la cura del verde pubblico,
l’arredo urbano, il materiale promozionale soprattutto ad uso turistico
come mappe, elenchi delle strutture recettive, calendari di iniziative particolari, i gadget in occasione di eventi particolari.
Risulta rilevante come le grandi imprese in franchising
della GDO
intervengono mettendo a disposizione non solo grosse disponibilità economiche, ma anche competenze manageriali e imprenditoriali al fine di
ottenere un ritorno di immagine, migliori entrature politiche e istituzionali, un miglioramento delle relazioni con la comunità locale, un aumento del valore degli immobili presso cui hanno il loro esercizio e, in generale, un aumento del loro volume di affari. Di contro si presenta molto
basso il coinvolgimento diretto delle piccole-medie imprese e dei singoli
esercizi commerciali 33 che dall’associazione si attendono spesso benefici a
breve-medio termine e non sono disponibili ad investimenti di maggior
respiro. Chi ha la maturità e la disponibilità sufficiente per considerare il
passaggio da beneficiario a finanziatore è animato da interessi economici,
immobiliari 34 e civili.
Per far fronte alla difficoltà di ottenere fondi da parte delle piccole
imprese private anche la Gran Bretagna si sta affidando ad una modalità
di reperimento fondi nata negli Stati Uniti e denominata BID (Business
Improvement Districts), di cui parlerò più approfonditamente nel seguito della trattazione. Consiste nell’identificazione di particolari aree del centro
storico, caratterizzate da grande afflusso turistico o commerciale, in cui
33
L’iniziativa di TCM messa in atto a Nottingham coinvolge finanziariamente circa il 6% degli operatori commerciali
dell’intera area. In generale, il grado di partecipazione degli operatori commerciali del centro storico nella realtà
inglese varia tra il 10% ed il 15%.
34
La crescita del valore di ciascun immobile è proporzionale all’aumento del valore complessivo dell’intera area di
collocamento.
52 tutti gli operatori presenti pagano un’aliquota aggiuntiva, gestita
dall’associazione dei commercianti locali e destinata ad iniziative specifiche e di pubblica utilità. Il meccanismo è quello di una tassa di scopo con
in più la gestione diretta dei proventi, non intermediati dallo stato centrale o dagli enti locali. La trasparenza è garantita dal fatto che il computo
dell’imposta complessiva è noto a tutti gli associati, così come trasparente
è il bilancio e il costo delle singole iniziative. Le aree in questo modo appaiono rivitalizzate grazie all’intervento di tutti gli operatori su di essa
incentrati, che sono sollecitati ad intervenire direttamente nella gestione
di tali fondi e nel processo decisionale circa le differenti iniziative per
usufruire dei benefici derivanti dalle stesse e rientrare così dell’esborso
suppletivo obbligatorio.
In Europa, a partire dal 2003, oltre 60 BID sono stati creati in Inghilterra, in Galles, in Scozia e in Irlanda. La maggior parte degli
UKBID è adesso nei centri urbani, tuttavia il principio è stato usato in altri aree di tipo industriale di considerevole interesse.
Nelle differenti esperienze di TCM sono state rilevate delle problematiche: vi è, infatti, da un lato una sproporzione tra i finanziamenti,
gravanti per lo più sulla pubblica amministrazione, e i benefici derivanti
dalle iniziative promosse, goduti in particolare dagli operatori commerciali, che tuttavia sono sempre molto restii ad investire personalmente in
questi progetti anche a fronte di precedenti vantaggiosi; dall’altro si è rilevato un alto numero di free-riders, operatori che godono dei vantaggi derivanti dalla gestione integrata dei centri storici pur non essendo membri
del TCM. Si tratta non solo di esercenti privati, quanto soprattutto di
imprese e agenzie immobiliari, i cui ritorni sono strettamente legati alla
vivibilità delle aree di investimento.
L’ATCM britannica sta promuovendo con molta forza l’istituzione
delle TIZ (Town Improvement Zones) con i medesimi criteri e le medesime
aspettative che hanno dato origine ai BID statunitensi e canadesi, alla ricerca di modelli di compartecipazione obbligata, che superino i modelli
volontaristici soggetti spesso a notevoli volatilità. Per attuarli si farebbe
53 ricorso ad un referendum destinato a tutti gli operatori commerciali per
raccoglierne il favore e non imporre il progetto dall’alto, e trasformarne
la natura da libero investimento a ulteriore gabella.
2.3.
L’esperienza belga e francese: le Cellules de Gestion
de Centre-Ville
L’attività di TCM in Belgio è più recente rispetto a quella inglese.
La particolarità di questo modello è quella di essere una normativa nata
nella Regione Vallone 35. Il Governo Regionale Vallone aveva l’intenzione
di ristabilire l’equilibrio nelle città fra il centro e le periferie al fine di
evitare che le zone centrali continuassero a degradarsi economicamente,
socialmente e strutturalmente, così nel 1998 elaborò un “Plan d’action intégré pour la gestion des centres-villes” al fine di trovare una via d’uscita al declino economico di numerosi centri cittadini, identificando nella Gestion de
Centre-Ville (GCV) la possibile soluzione al problema e specificatamente
nella Cellules de Gestion de Centre-Ville (CGCV) la struttura operativa attraverso cui realizzare il progetto. Queste Cellule o unità di gestione sono la
struttura operativa attraverso cui si realizzano i progetti 36.
Questo modello di gestione mantiene intatto uno dei fattori principali delle esperienze di Town Centre Management ovvero il partenariato
pubblico-privato nel quale i posti chiave sono equamente divisi tra il settore pubblico e quello privato. I centri urbani che decidono di creare
queste unità sono affiancati da una Cellula di riflessione e coordinamento
di livello regionale, conosciuta come Association du management de centre-ville,
che ha un ruolo simile al modello inglese in quanto lavora in rete anche
se l’iniziativa è pubblica e non privata.
Gli obiettivi fondamentali della GCV sono:
§
aumentare la competitività del centro città;
35
La Regione Vallone costituisce una delle tre Regioni dello stato federale del Belgio, insieme alla Regione delle
Fiandre e alla Regione di Bruxelles-Capitale.
36
http://www.amcv.be.
54 §
ottimizzare la gestione del centro città e dell’ambiente urbano al fine
di migliorare l’immagine percepita dai residenti e dai visitatori;
§
soddisfare le aspirazioni dell’insieme degli utilizzatori del centro città.
Il Governo Vallone chiarisce ulteriormente gli obiettivi, stabilendo
che la CGCV dovrà:
§
essere l’interfaccia tra il settore privato, quello pubblico e gli utenti
del centro città;
§
fissare un obiettivo comune per i differenti attori del centro città, una
visione comune in un approccio strategico;
§
gestire il centro città unitariamente, attraverso un approccio globale
che prenda in considerazione le molteplici funzioni commerciale, sociale, culturale, residenziale, ecc.. 37.
Un chiarimento particolare richiede l’ultimo punto, in quanto nono-
stante si citi più volte un approccio globale e multisettoriale, la gestione
delle CGCV focalizza la sua attività prioritariamente (e potremmo dire
esclusivamente) sulla funzione commerciale, similarmente a tutte le altre
iniziative di CCM.
Queste unità di gestione sono delle associazioni senza scopo di lucro
(ASBL – Association Sans But Lucratif) create dai comuni, la cui costituzione
permette il partenariato fra il settore pubblico e quello privato, una grande autonomia dei rapporti con le amministrazioni, una gestione di contabilità semplificata e l’accesso a certi tipi di contributi e sussidi (locali, regionali, nazionali ed europei).
37
Il Conseil Economique et Social de la Région Wallonne (CESRW) sottolinea che “la gestion des centres-villes doit
privilégier une approche globale et prendre en considération l’ensemble des fonctions du centre. Outre la compétitivité commerciale, les fonctions sociales, culturelles, administratives et résidentielles, ainsi que les aspects urbanistiques et environnementaux doivent être intégrés dans le plan d’action”.
55 FIGURA 2.2: GLI STACKEHOLDER DELLE CGCV STAKEHOLDERS CGCV Settore Pubblico Amministrazioni
-­‐ Comune (Assessori, consiglieri,
responsabili amministrativi, centro pubblico di assistenza CPAS,
polizia, ecc.)
-­‐ Provincia
-­‐ Regione
Organismi culturali e sportivi (musei, centri culturali, ecc.)
Uffici del Turismo
Uffici per l’impiego
Società di sviluppo economico (intercommunales)
Società di trasporto pubblico:
(SNCB, TEC)
Istituti di formazione
•
•
•
•
•
•
•
Settore Privato •
•
•
•
•
•
•
•
•
Associazioni di commercianti e di
rappresentanza sindacale (Union
des classes moyennes)
Camera dell’Industria e del commercio
Grande distribuzione
Banche
Società immobiliari
Società di comunicazioni
“Media”
Società di gestione dei parcheggi
Sindacati di proprietari
Associazioni •
•
Comitati di quartiere
Associazioni locali
(storiche, folkloristiche, ecc.)
Fonte: Nostra elaborazione. La Cellula è gestita da un Comitato direttivo e da un Consiglio di
Amministrazione i cui partner possono essere del settore pubblico o del
privato (si veda Fig. 2.2).
All’interno delle ASBL si possono individuare alcuni soggetti principali:
•
Assemblea generale;
•
Consiglio di Amministrazione;
•
Comitato direttivo;
•
Gestionnaire de Centre-Ville (CCManager);
•
Commissioni di lavoro;
56 •
Stewards urbani;
•
Operai urbani;
•
Assistenti.
L’Assemblea Generale riunisce tutti i membri della CGCV e si riunisce
una o due volte l’anno. Il Consiglio di Amministrazione è l’organo direttivo
della Cellule e determina i macro-obiettivi, le azioni da realizzare e i ruoli del CCManager e degli altri dipendenti. Alcune Cellules di maggiori dimensioni si dotano anche di un Comitato direttivo. Si tratta di un CdA ristretto atto a prendere le decisioni più urgenti senza dover attendere una
riunione del CdA.
Come nel caso della Gran Bretagna, la gestione dei centri cittadini
in Belgio è accompagnata da iniziative di creazione di nuove professioni.
Innanzitutto, la figura del Gestionnaire de Centre-Ville o CCManager, che in
questo caso diventa fondamentale per la creazione della Cellula. Esso è
l’agente esecutivo del CdA che coordina tutto il lavoro della CGCV e
mette in opera il piano strategico. Non è solo l’amministratore ma anche
colui che si occupa delle relazioni con gli operatori e con le amministrazioni pubbliche. In Belgio, il Manager gestisce il centro città come un centro commerciale, con poteri sulle cessioni di depositi, sulle circolazioni, il
parcheggio o altro, diversamente da quanto accede invece in Francia, in
cui ha competenze più limitate. Esso è affiancato da altre figure come lo
steward urbano e l’operaio urbano. Lo steward urbano è costantemente in contatto con il pubblico diventando il punto di riferimento per gli operatori e
la Cellula nel rapporto con il pubblico. Sono spesso considerati alla stregua di agenti/guardie del centro città, spesso assegnati allo stesso settore
per facilitare il rapporto con la popolazione e i commercianti. L’operaio
invece ha un ruolo meno noto ma altrettanto importante perché è
l’incaricato di fare ciò che non fanno in tempi brevi le amministrazioni
comunali, come la pulizia dei graffiti, pronti interventi e sostegno alle diverse promozioni. Proprio la presenza di queste due professioni fa emergere il ruolo sociale e civico delle attività delle Cellule, facendo sì che i
57 visitatori delle zone commerciali assumano dei comportamenti corretti e
rispettosi verso il territorio.
Se le necessità lo richiedono, le Cellules possono istituire delle Commissioni di lavoro su temi specifici (es. sicurezza, mobilità, animazione,
ecc.).
Infine gli assistenti sono dipendenti delle CGCV che si occupano prevalentemente di questioni amministrative e di segreteria. La loro presenza
è necessaria soprattutto nelle iniziative di grandi dimensioni.
FIGURA 2.3: FONTI FI FINANZIAMENTO CGCV PRIVATI 10% AMM. LOCALE 20% -­‐ 40% REGIONE VALLONE 40% -­‐ 70% Fonte: Nostra elaborazione. Le Cellules si finanziano attraverso contributi provenienti dal Comune (varia fra il 20% e il 40% del budget totale delle Cellule), da partners
sotto forma, nella maggioranza dei casi, di contributo volontario, da quote associative 38 e altri ricavi provenienti da attività collaterali, come quelle promozionali (Fig. 2.3).
Anche in Francia si è avvertita l’urgenza di pensare e di gestire in
modo più unitario la questione del centro città attraverso i TCM importando per lo più il modello belga delle Cellules.
Nella maggior parte dei casi il piano di lavoro viene elaborato dalla
municipalità escludendo ogni partecipazione diretta di altri soggetti, sia
38
Può accadere che certi commercianti oltre a versare la quota associativa contribuiscano con la sponsorizzazione
di eventi o comprando un pacchetto di attività fornite dalla Cellula.
58 istituzionali sia privati. Il Comune stesso, infatti, progetta in ogni suo
aspetto l’intervento di TCM, configurandosi come un organismo tecnico
di supporto all’amministrazione locale. Tale situazione permette di gestire i diversi progetti in un modo organico e non frammentato ma rischia
tuttavia
di
attrarre
pochi
soggetti
privati,
i
quali
intervengono
nell’attuazione del piano d’intervento attraverso l’offerta di aiuti e competenze e poco nella definizione delle linee-guida del piano.
Una seconda metodologia prevede invece il coinvolgimento diretto
dei diversi soggetti privati, i quali collaborano con l’amministrazione locale alla fase ideativa del piano di lavoro. In tal caso il TCM si avvale di
due diversi organismi: il Forum, luogo di confronto e di proposta per tutti i
soggetti intermedi di rappresentanza e i portatori di interessi, e la Società
di valorizzazione, organismo con ruoli manageriali e imprenditoriali. In
questo caso il Comune presiede il Forum e partecipa alla Società mediando tra le varie esigenze e proposte e svolgendo un ruolo attivo nella realizzazione dei programmi.
Anche in Francia la figura che si occupa del TCM è il Manager de
Centre-Ville. Nato negli anni Novanta, il Manager de Centre-Ville si preoccupa di rilanciare il centro città per attenuare la fuga dei consumatori verso
la periferia. Il lavoro del Manager è diviso in cinque aree principali di attività 39:
•
definizione di un piano d’azione strategico per lo sviluppo del commercio in un territorio;
•
sviluppo e gestione di partnership finanziarie;
•
attivazione di gruppi di attori locali, privati e pubblici, nella gestione
strategica dei progetti di sviluppo e promozione del commercio;
•
creazione e attuazione di una strategia di comunicazione interna ed
esterna;
•
promozione di progetti;
39
http://www.cefac.com.
59 •
consulenza e know-how per lo sviluppo e la rivitalizzazione del territorio.
Il Manager è il portavoce e l’interlocutore privilegiato dei vari attori
del piano di TCM. Ha due missioni essenziali: garantire la promozione e
l’animazione del centro e gestire le relazioni tra il commercio e lo spazio
pubblico al fine di favorire lo sviluppo e l’attrattiva dell’area interessata.
La sua attività si esprime nel sostenere il commercio del centro città, indirizzando gli interessi particolari dei commercianti in una visione più
ampia. Deve svolgere un ruolo d’interfaccia con i vari attori e deve, dunque, gestire interessi ed obiettivi diversi, a volte divergenti, coordinando
le idee e le azioni dei vari partner.
In Francia, tuttavia, il Manager de Centre-Ville ha meno poteri rispetto
ad altri paesi europei. Grazie alle sovvenzioni centrali e ad una presa di
coscienza crescente delle Comunità locali, sotto l’egida delle Camere di
commercio, il Manager riesce ad organizzare un certo numero di progetti
concreti, intessendo relazioni tra il commercio e lo spazio pubblico. In
particolare stabilisce contatti con i vari attori per farsi conoscere e fare
conoscere il progetto di TCM, organizza una strategia di comunicazione
del centro città attraverso diversi canali (sito Internet, comunicazione
esterna, etc.), ricerca investitori, segue il piano di lavoro nelle sue fasi
operative. Talvolta interviene in operazioni di pianificazione urbana, e
assume il ruolo di sportello unico del commercio (regolamentazione e
funzionamento dei commerci e della città).
La Chambre de Commerce et d’Industrie de Paris Seine-Saint-Denis ha recentemente proposto che venga istituto un Comitato di controllo che riunisca
tutti
gli
operatori
locali
e
che
abbia
il
compito
di
verificare
l’indipendenza del Manager de Centre-Ville nei confronti di tutti gli operatori locali.
Per quanto riguarda la modalità di finanziamento del TCM in Francia, piuttosto che quello complessivo per l’intero progetto, è più comune
quello in prestazioni, in particolare quello del personale, che ricorre ad
una continua negoziazione, in quanto i finanziamenti vengono ricercati
60 durante l’attuazione del piano di lavoro di volta in volta su obiettivi specifici.
Una particolarità del modello francese è l’introduzione delle Zone
Franche Urbane (ZFU), uno strumento introdotto con la legge Raffarin
del 1996, legge quadro sul commercio ancora vigente, che prevede sgravi
fiscali per quelle attività che creano nuovi posti di lavoro o che contribuiscano a promuovere lo sviluppo e la rivitalizzazione di aree urbane degradate. Queste zone fanno parte di nuclei urbani con più di 10.000 abitanti, situati in zone dette “sensibili” o svantaggiate in base al tasso di disoccupazione, la percentuale di persone uscite dal sistema scolastico senza
diploma, il numero di giovani e il potenziale fiscale pro capite. Il principio è di accordare sgravi fiscali e sociali alle piccole imprese presenti o
che si stabiliscano nella ZFU 40.
Il dispositivo è accompagnato da un piano di azione attuato dalla
Comunità locale, i loro partner e lo Stato, in ambiti come il rinnovamento
urbano, la formazione professionale, i trasporti pubblici, l’arredo urbano
e i servizi pubblici, lo sviluppo del commercio e dei servizi.
2.4.
L’esperienza spagnola: il Centro Comerciale Abierto
In Spagna, il commercio al dettaglio rappresenta attualmente circa il
14% del PIL, il 16% dell’occupazione e il 30% delle imprese, escluso il
settore agricolo e zootecnico 41. Negli ultimi anni, anche in questo Paese,
il settore ha subito seri problemi a causa di un processo di cambiamento e
di evoluzione nella distribuzione commerciale come l’introduzione di
nuovi formati di vendita al dettaglio (centri commerciali, ipermercati,
ecc.),
le
abitudini
diverse,
e
l’utilizzo
di
nuove
tecnologie
dell’informazione e della comunicazione.
A metà degli anni Novanta il governo spagnolo ha proceduto ad un
aggiornamento importante della legislazione in materia di commercio,
40
Queste attività possono assumere al massimo 50 lavoratori dipendenti, riservandone un terzo agli abitanti delle
Zone Urbane Sensibili (ZUS).
41
http://www.cecacomercio.org.
61 dettato da un lato dalla necessità di inserire la formula della grande distribuzione organizzata all’interno del quadro normativo nazionale,
dall’altro dall’esigenza di stabilire un equilibrio tra la nuova formula distributiva ed il commercio tradizionale per garantire accessibilità e visibilità sul mercato e competitività ad entrambi i canali del commercio 42.
È con questo spirito che a partire dal 1995 il Consiglio dei Ministri,
di concerto con le Comunità Autonome, che in materia hanno competenza esclusiva 43, ha approvato il “Plan Marco de Modernizacion del Comercio Interior”, accordo in cui si sono delineate le iniziative da avviare e le misure
da intraprendere per consentire al commercio di adattarsi alle nuove esigenze e strutture ed in cui si è stabilita la quota di finanziamento statale a
supporto delle stesse.
Da allora si sono succeduti numerosi provvedimenti volti a disciplinare
e
monitorare
l’attività
commerciale,
come
la
costituzione
dell’Osservatorio della distribuzione commerciale nel 1996 e la regolamentazione dell’orario di apertura degli esercizi commerciali nel 2004, a
garantire la convivenza tra le diverse forme in cui si esplica ed incentivare lo sviluppo di una visione strategica condivisa da parte delle piccole e
medie imprese, categoria questa fortemente destabilizzata e maggiormente penalizzata dalla convivenza forzata con la grande distribuzione e per
questo chiamata a far sistema 44.
In seguito ad uno studio del 1998 del Ministero dell’Economia e delle Attività Produttive che decretò il valore strategico dei centri città a
elevata densità commerciale, il mezzo attraverso cui perseguire la modernizzazione ed il rafforzamento del commercio tradizionale è stato individuato nel Centro Comerciale Abierto (CCA).
Concepito come vero e proprio strumento di valorizzazione urbana,
di cooperazione fra commercianti e altri operatori coinvolti nelle dinami 42
Dati tratti da Regione Toscana (2009), Progetto TRAININGCOM – Training Commerce “Imprenditori del commercio a confronto con le realtà europee”, Asse V Transnazionalità e Interregionalità, POR FSE Ob 2 2007 – 2013.
43
Ogni Regione in Spagna ha competenza a legiferare sulle organizzazioni del commercio.
44
A partire dal 1997 è stata indetta una premiazione nazionale per le municipalità ed il commercio indipendente rivolto ai più virtuosi.
62 che del centro città, il CCA si basa sulla possibilità di gestione organizzata, secondo una logica imprenditoriale, di prodotti e servizi destinati al
consumer (promozioni, fidelizzazione, intrattenimento), offerti entro uno
spazio fisico delimitato al fine di rafforzarne la valenza commerciale e
rappresentare quindi un valore aggiunto all’atto dell’acquisto.
Finanziato in buona misura dalle quote associative delle attività aderenti, l’ente è il frutto del raggruppamento spaziale di attività a commercio e servizi generalmente localizzate entro i centri città e nei distretti urbani, ed opera una gestione professionale congiunta del distretto commerciale donandogli un’immagine unitaria che lo connota fortemente
come luogo omogeneo e unico. È un organismo che cerca di facilitare le
economie di scala tra gli associati offrendo loro servizi generali di amministrazione e contabilità, e che deve intraprendere una serie di azioni materiali tese a migliorare l’ambiente fisico e la sua fruizione, in termini di
accessibilità veicolare e pedonale, dotazione di parcheggi e di arredo urbano o aree verdi.
FIGURA 2.4: IL CIRCOLO VIRTUOSO DEI CCA Fonte: http://www.cecacomercio.org. Una volta avviato il CCA e raggiunta una sua adeguata stabilità si
apre una seconda fase in cui si deve muovere verso l’istituzione di un par63 tenariato pubblico-privato e nel contempo aumentare la qualità dei servizi e la percezione della stessa, ad esempio attraverso la certificazione di
qualità dei servizi per il singolo operatore.
Il CCA è quindi un organismo privato con una propria immagine e
una propria strategia rappresentante tutti gli attori economici che operano entro un’area definita della città con una concezione globale di offerta
di commercio, servizi, cultura e tempo libero. Questo si costituisce attraverso una società e con una gestione comune in cui un manager ha il
compito di centralizzare la gestione tenendo conto delle diverse linee
strategiche adottate.
Questo modello funziona se il rapporto tra operatori privati e amministrazione comunale è forte o opportunamente mediato da un ente altro dotato di elevata rappresentatività e riconoscibilità in grado di mediare con entrambe le parti e di raccordarne obiettivi e azioni, creando un
rapporto sinergico e di collaborazione tra ente locale, che deve sostenere
iniziative di riqualificazione fisica, e associazioni di commercianti, che
devono invece attivare sistemi di gestione e promozione coordinati.
Le diverse regioni spagnole hanno ognuna declinato a proprio modo
la legislazione nazionale e di seguito si riporta il modello andaluso e catalano, che trova esemplificazione nel caso di Barcellona.
2.4.1.
Il caso andaluso
In linea con i provvedimenti statali, anche il governo andaluso ha
approvato nel 1996 una legge del Comercio Interior de Andalucia, poi modificata a dicembre del 2002, con l’obiettivo di incentivare l’allineamento del
commercio andaluso alla realtà economica, intraprendendo tutte le misure e iniziative necessarie per la modernizzazione e razionalizzazione del
settore commerciale ai fini di una maggiore competitività e capacità di
creare occupazione.
É cosi nato il “I Plan Integral de Fomento del Comercio Interior de Andalucía” (1998-2002), che ha rappresentato l’occasione per determinare univocamente i criteri di pianificazione e gestione delle attività e per indivi64 duare la rete distributiva del commercio e i centri commerciali urbani di
forte attrattività locale e sovralocale della regione in cui promuovere la
creazione dei CCA.
Il lavoro di coordinamento e supervisione dei CCA è stato affidato
alla CECA, Confederación Empresarial de Comercio de Andalucía, associazione
senza scopo di lucro che opera dal 1979 a livello regionale negli interessi
delle piccole e medie imprese andaluse. Nel caso specifico la CECA:
•
affianca i raggruppamenti di attività economiche e amministrazioni
locali impegnate nell’istituzione di un CCA per consulenze in pianificazione urbanistica, azioni di commercio micro-urbano e progetti di
mercati alimentari;
•
introduce i CCA in un network regionale, la “Red de Centros Comerciales Abiertos en Andalucía”, per favorire lo scambio di conoscenze, buone
pratiche e contatti;
•
conduce analisi dei trend, degli scenari e dell’evoluzione dei CCA
stessi;
•
individua annualmente, sulla base di una classifica e di concerto con
il governo andaluso, i CCA, le municipalità e le singole attività economiche più virtuose e meritevoli di essere ammessi a finanziamento
l’anno successivo.
Tale sistema meritocratico mira a imprimere stimolo allo spirito im-
prenditoriale dei soggetti coinvolti nel processo di rivitalizzazione urbana
verso una ricerca ininterrotta di ottimizzazione e perfezionamento dei
progetti intrapresi, come del resto è costante l’impegno del governo regionale nell’affinare e aggiornare gli strumenti legislativi e le misure in
essi contenute.
2.4.2.
Il caso catalano
Anche in Cataluña la GeCC (Gestione di Centro Città) si è realizzata tramite la costituzione dei CCA. Obiettivo di base è di valorizzare e
quindi generare una preferenza per zone commerciali in un contesto
competitivo mutevole vissuto da consumatori esigenti, individualisti ed
65 edonisti. La legislazione catalana propone una gestione dei CCA i cui
principi di base sono:
•
la creazione di zone di eccellenza commerciale tramite la fornitura di
servizi di valore, la regolamentazione degli usi e delle merceologie, e
la promozione dell’area con servizi al consumatore e l’incremento
della frequentazione dell’area;
•
il reperimento delle risorse tramite contributo e partecipazione obbligatori;
•
la costituzione di un consorzio pubblico-privato per la gestione delle
proposte di attuazione e finanziamento dei progetti integrati (amministrazione comunale, operatori in forma singola o associata, altri enti).
In assenza di risorse economiche e di una normativa specifica che
indirizzasse lo sviluppo dei CCA, questi sono stati costituiti senza particolari evoluzioni fino a quando con il successo di alcuni modelli si assiste ad
un nuovo impulso per la modifica della legislazione con l’istituzione dei
BID su modello anglosassone.
Tra i modelli più virtuosi spicca quello di Barcellona, una città che
si è sviluppata fondamentalmente negli ultimi vent’anni quando, dopo essere stata designata sede olimpica per il 1992, decide di cambiare
l’approccio della città, aprendo i propri orizzonti verso il mare attraverso
un consistente investimento pubblico nelle strutture ed infrastrutture al
fine di trasformarsi da città industriale a città di commercio e turismo. Da
quel momento Barcellona nelle sue politiche ha puntato a sviluppare e
potenziare l’immagine e la realtà di una città da vivere, dove camminare,
lavorare e dove si possa fare shopping senza grandi spostamenti, decidendo
di dare un rinnovato ruolo al commercio quale fattore di coesione sociale
e di qualità di vita per i propri abitanti in una città che vuole offrire tutti
i servizi necessari non costringendo il cittadino a cercarli altrove.
Gli elementi che caratterizzano l’azione di governo del commercio a
Barcellona sono quattro 45:
45
ISCOMGROUP (2009), Una riflessione sul commercio in Puglia. Il commercio e il territorio, Bologna.
66 §
partecipazione;
§
valorizzazione delle aree a forte vocazione e concentrazione commerciale: gli assi commerciali;
§
strumenti di programmazione;
§
valorizzazione del ruolo dei mercati municipali.
L’Ayuntamiento di Barcellona per gestire le trasformazioni della città
si è dotato di strumenti di partecipazione utili al confronto e al coinvolgimento dei diversi attori (istituzioni, portatori d’interesse, associazioni,
ecc.) del territorio. Per il commercio gli organi con solo valore consultivo
sono il Forum Città e Commercio e il Consiglio di Città e Commercio. Il Forum
Città e Commercio è l’organo di partecipazione e consultazione per enti, associazioni ed amministrazioni nella relazione con il mondo del commercio. È presieduto dal Sindaco e si riunisce una volta all’anno per approvare il piano di attività presentato dal Consiglio Città e Commercio. Creato nel
1994, si propone di valutare il ruolo che il commercio deve svolgere nella
città, analizzare le problematiche che pongono le componenti della rete
commerciale
nella
loro
coesistenza,
analizzare
il
suo
contributo
all’economia urbana e rafforzare la relazione e la partecipazione tra
l’amministrazione ed il commercio. Il Consiglio di Città e Commercio (Consejo
Ciudad y Comercio), invece, è un organismo di consultazione i cui obiettivi
sono quelli di proporre, informare e studiare le iniziative, i progetti e le
politiche comunali che influiscono sulla rete commerciale della città. È
presieduto dal Vice sindaco, presidente della Commissione di Promozione
Economica e Occupazione, e si riunisce minimo due volte l’anno. Organizza la propria attività in commissioni di lavoro su temi specifici ed
emergenti che permettono di sviluppare in forma più tecnica le diverse
problematiche di interesse per il commercio. In questi organismi di partecipazione ci sono consiglieri comunali, rappresentanti di enti del commercio, rappresentanti delle istituzioni, consulenti tecnici e osservatori.
Le decisioni prese non sono vincolanti per il governo comunale, ma da
quando questi organi sono stati istituiti, il Comune non ha assunto decisioni contrarie alle indicazioni emerse dal Forum Città e Commercio.
67 L’elemento fondamentale per l’assunzione di decisioni è la realizzazione d’indagini e studi (sociologici, sulle tendenze demografiche, abitudini di consumo, offerta commerciale e servizi, studi urbanistici) che sono
alla base del lavoro delle commissioni del Consiglio Città e Commercio e serve ad analizzare le tendenze della città, impostare le sue politiche e interagire efficacemente con la realtà.
Tra il 1997 e il 2000 nella città di Barcellona i raggruppamenti
commerciali territoriali hanno esplicitato e consolidato il concetto latente
di una nuova organizzazione del commercio concretizzatasi nell’“asse
commerciale”. Questo concetto nasce nel 1997 come una struttura che
raggruppa diverse associazioni di commercianti in un territorio. Nel processo di identificazione e costituzione di un asse commerciale si delimita
una zona commerciale, si stabilisce un piano urbanistico per quella zona,
si crea un marchio e un’immagine grafica e si stimola l’attivazione di una
forma organizzativa tra gli operatori presenti nell’area.
In questo periodo a Barcellona sono presenti 20 assi commerciali ma
per sviluppare ulteriormente questi assi si è resa necessaria la creazione di
una nuova figura giuridica per captare meglio i bisogni collettivi del
commercio al di là delle esigenze del singolo asse. Nasce così la Fundaciò
Barcelona Comerç per i 16 assi commerciali del centro (si veda Fig. 2.5), associazione senza scopo di lucro che si pone l’obiettivo di promuovere lo
sviluppo del commercio urbano della città attraverso l’aspetto sociale,
culturale ed economico, sostenendo le idee e le proposte che arrivano da
ogni asse e quelle di altre persone o entità che la commissione ha invitato
ad aderire, generando economie di scala e aumentando la capacità contrattuale e il peso degli assi nelle decisioni.
68 FIGURA 2.5: GLI ASSI COMMERCIALI DELLA FUNDACIÒ BARCELONA COMERÇ 1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
Barna Centre Creu Coberta Eix Maragall Nou Barris Centre Comerç Carrer de Sants Eix Comercial de Gran de Gràcia Gracinova Eix Comercial Sant Antoni Comerç Cor d’Horta Eix Comercial de Sant Gervasi L’Eix de Sant Andreu Sarrià Eix Comercial Cor Eixample Eix Comercial del Raval La Rambla Sant Martí Eix Comercial Secondo la Fondazione, negli ultimi dieci anni, il flusso di persone
in questi 16 assi commerciali è passato da meno di 200 milioni nel 1998 a
più di 300 milioni nel 2007. In questi assi si trovano più di 12.000 negozi
che producono 40.000 posti di lavoro, fatturano nell’insieme più di 7 milioni di euro l’anno, e rappresentano il 7% del PIL della città. Gli assi
commerciali in coordinamento con la Fundaciò Barcelona Comerç realizzano
interventi di promozione congiunta del commercio, come giornate del
commercio o sfilate di moda, attraverso cui riescono a contenere i costi,
amplificare l’esito promozionale e la visibilità, e collaborano con
l’amministrazione comunale. Con quest’ultima ha concordato il Manifesto
di Barcellona e il PECNAB, il Piano Speciale del Commercio non alimentare di
Barcellona, con cui, in collaborazione con le associazioni di categoria, regola le aperture di esercizi commerciali non alimentari nella città, definisce la tipologia dimensionale e i settori merceologici secondo le caratteristiche del tessuto urbano, la sezione degli assi stradali ed i livelli di concentrazione degli insediamenti di commercio specializzato. Ancora, regola la distribuzione dei centri commerciali e l’insediamento delle medie e
grandi strutture nel territorio.
Nella scelta strategica di sviluppo della città, questo Piano integra il
PECAB, il Piano Speciale del Commercio Alimentare Barcellona, approvato
69 nell’aprile del 1996. Questo piano stabilisce le politiche municipali relative alle strutture per il commercio alimentare e la dimensione delle strutture commerciali che possono insediarsi nella trama urbana con limite
massimo di 1300 mq di superficie di vendita. Barcellona ha scelto, infatti,
di puntare sul commercio di prossimità e a limentare per fidelizzare il
consumatore al commercio urbano ponendola alla base delle politiche
urbanistiche della città . L’idea di base è far si che il cittadino non debba
spostarsi più di 300 metri da casa sua per trovare un’adeguata offerta per
i suoi acquisti alimentari. Per raggiungere questo obiettivo la città si è data due direttrice: gli strumenti normativi e regolamentari centrati prevalentemente sull’urbanistica e la ristrutturazione dei mercati municipali.
Quest’ultima è stata tra le principali azioni intraprese dal Comune di
Barcellona per consolidare la sua politica di sostegno al commercio di
prossimità.
Per affrontare efficacemente e gestire il processo di trasformazione
nell’aprile 1991 è stato creato l’Istituto Municipale dei Mercati con
l’obiettivo di adeguare e ristrutturare i mercati per fare in modo che questi potessero dare un forte contributo alla coesione sociale, civica e culturale attraverso la valorizzazione dei prodotti, il servizio personalizzato e
l’instaurazione di nuovi modelli di gestione. Il Consiglio di Amministrazione dell’Istituto è integrato da rappresentanti dei commercianti, delle
forze politiche e del governo comunale della città. Negli ultimi dieci anni
sono stati ristrutturati 20 mercati su 46 con un investimento di oltre 150
milioni di euro. Tale processo di trasformazione ha inciso fortemente sulla struttura dei mercati e sulla loro organizzazione, razionalizzando
l’offerta merceologica e ampliando lo spazio disponibile per gli esercizi
commerciali già presenti, nonché la dotazione degli spazi di servizio. Nella ristrutturazione sono stati affrontati sia fenomeni di ricambio generazionale sia di rinnovamento delle regole di gestione della struttura del
mercato, fissando in un regolamento gli orari di apertura, la merceologia,
i servizi comuni e gli schemi comportamentali. Dopo la ristrutturazione,
il numero di punti vendita per ogni mercato si è ridotto ad un terzo ri70 spetto agli operatori presenti negli stessi mercati negli anni ‘70 e ‘80. Nei
nuovi mercati è stato inoltre inserito, per completare la gamma merceologica, la presenza di un piccolo supermercato che concentra la propria offerta sui prodotti confezionati. Un ruolo importante nei mercati ristrutturati lo esercita la ristorazione che fa vivere al mercato un’altra dimensione, più ludica e non solo legata al rifornimento alimentare, e lo rende attrattivo in diversi momenti della giornata.
Lo studio d’impatto economico realizzato a giugno 2009 dal Servizio
di Promozione Economica di Barcellona e dall’Istituto dei Mercati di
Barcellona evidenzia il ruolo dei mercati come un motore del commercio
di prossimità della città. Lo studio presenta dati importanti come un volume di fatturato di 1.000 milioni di euro l’anno da parte dei mercati, con
un contributo dell’8% sul totale del commercio al dettaglio della città.
Questi indicatori rilevano l’importanza dei mercati come un valore da
preservare e da sostenere in quanto contribuiscono non solo con il rafforzamento del commercio di prossimità ma per il significativo contributo
all’occupazione, dato che oltre 8.000 persone lavorano direttamente nei
mercati di Barcellona.
Allo stato attuale si può constatare che, dato l’elevato numero di
adesioni, di cui il 60% volontarie, e la grande quantità di superfici di
vendita, in Cataluña i CCA sono un “prodotto maturo”, per contro però
il modello di partecipazione volontaria resta un fattore critico per la loro
continuità insieme al modello di dinamizzazione commerciale che non si
è differenziato né specializzato.
71 2.5.
L’esperienza americana: i Business Improvement Districts
Sulla base di alcune esperienze di autogestione, le Business Improvement Area (BIA), realizzate in Canada alla fine degli anni Sessanta, a partire dalla metà del decennio successivo anche negli Stati Uniti si sono sviluppate le prime forme di valorizzazione di agglomerazioni commerciali
spontanee presenti nei centri urbani attraverso lo strumento del BID (Business Improvement Districts), nato per sostenere il processo di rivitalizzazione delle aree centrali delle città, e l’esempio più famoso è costituito
dall’area di Time Square a New York.
Anche se non ne esiste una definizione standard, i BID sono meccanismi di finanziamento imposti da una tassa votata mediante referendum
dalle attività economiche e dai proprietari immobiliari di un distretto urbano con lo scopo di attuare un intervento locale e specificamente un miglioramento generale dei servizi pubblici.
Questo strumento, che si è diffuso in maniera significativa soprattutto negli anni Novanta sia nelle piccole che nelle grandi città americane
(Los Angeles, Chicago, Houston, Seattle, Washington DC), rappresenta
un approccio innovativo all’implementazione dei servizi comunali a livello di area, divenendo progressivamente una delle più utilizzate modalità
per accrescere la capacità di attrazione del commercio urbano negli Stati
Uniti. Si tratta di un’iniziativa promossa da un gruppo di imprese e proprietari immobiliari di una delimitata area urbana con l’obiettivo di fornire a chi opera nell’area un maggior livello di servizi pubblici rispetto a
quanto garantisce l’amministrazione comunale, a fronte del pagamento di
un contributo obbligatorio da parte di tutti i proprietari e di tutte le imprese che operano nell’area stessa. I servizi possono riguardare: iniziative
di marketing e di immagine comuni, calendario di eventi comuni, servizi
di sicurezza, di mantenimento costante della pulizia stradale e degli spazi
verdi, la sicurezza e la gestione della raccolta dei rifiuti. Certi gruppi o
partenariati predispongono inoltre iniziative di animazione e promozione
per valorizzare l’area stessa. Sono promosse da soggetti privati che per
72 poter operare devono ottenere un riconoscimento formale da parte
dell’ente pubblico locale sulla base di criteri e requisiti dettati dalla normativa vigente, tra cui il consenso all’iniziativa da parte della maggioranza, assoluta o qualificata, degli operatori privati interessati.
La nascita di un BID, da un lato, avviene come un processo “dal
basso”, dall’altro, è l’amministrazione comunale a svolgere un ruolo centrale nel legittimare giuridicamente la sua nascita, nel raccogliere le risorse economiche e nel trasferirle alla struttura organizzativa per le finalità
concordate.
Dal punto di vista giuridico, la creazione di un BID viene autorizzata dall’amministrazione comunale sulla base di una legge vigente nello
Stato in cui è localizzata l’iniziativa. Tale legge prevede non solo la possibilità di costituire un BID a livello locale ma ne stabilisce anche alcune
regole fondamentali per la sua costituzione quali la durata, le modalità di
raccolta dei fondi, la tipologia di servizi che possono essere forniti, la
composizione della struttura organizzativa e gestionale di controllo, nonché le modalità con le quali i proprietari immobiliari e le imprese possono
formalmente convincere l’autorità locale a costituire un BID.
Dal punto di vista societario, le principali tipologie organizzative
che vengono adottate sono tre: l’associazione non a scopo di lucro, la
partnership pubblico-privata e l’agenzia pubblica (public agency). Tale scelta
è legata al prevalere di servizi di tipo privatistico e commerciale rispetto a
quelli di carattere pubblico e alle possibilità contributive dei privati coinvolti. Le associazioni no-profit risultano la modalità più diffusa tra i BID
americani, seguita dalla partnership pubblico-privata e dall’ente a prevalenza pubblica. Come evidenzia la Tabella 2.6 la forma organizzativa di
matrice pubblica tende a prevalere laddove l’attività del BID riguarda il
miglioramento dell’arredo urbano e di altri aspetti più legati a interventi
di natura infrastrutturale, mentre la presenza di partnership pubblicoprivata sembra essere più legata allo sviluppo di iniziative di marketing e
di eventi promozionali.
73 TABELLA 2.6: SERVIZI PIÙ FREQUENTEMENTE FORNITI NEGLI STATI UNITI DAI BID PER TIPOLOGIA DI ORGANIZZAZIONE (%) Tipologia di organizzazione
Partnership
Associazione no profit
Ente pubblico
Arredo urbano
66
46
58
Marketing e promozione
68
79
81
Sviluppo del tenant mix
25
28
20
Manutenzione dell’area
53
59
55
Accessibilità (parcheggi)
26
15
23
Attività di lobby
40
51
55
Regolamentazione spazi pubblici
40
41
32
Sicurezza
34
38
35
Servizi sociali
6
6
6
pubblico-privata
Fonte: Nostra elaborazione da Zanderighi L., Commercio Urbano e nuovi strumenti di governance, Il Sole 24 ore, Milano. Dal punto di vista organizzativo, il funzionamento di un BID è legato alla presenza di un organo di governo, un comitato guida o un consiglio direttivo, composto da una rappresentanza sia degli operatori coinvolti sia dell’ente pubblico locale e da una struttura operativa denominata
BID Management, e viene nominato da coloro che rappresentano le diverse
componenti che promuovono l’iniziativa dell’area, cioè i proprietari immobiliari, i residenti, le imprese commerciali, l’amministrazione comunale, le agenzie pubbliche, le associazioni no-profit. Data la sua funzione di
indirizzo, la composizione di tale organismo mira a garantire la maggior
rappresentatività possibile delle diverse componenti. Salvo limitati casi in
cui lo stesso organo di governo agisca come management entity, la gestione
di un BID di solito viene delegata a una struttura più operativa che ha il
compito di ricevere i contributi raccolti e di implementare il piano di
azione concordato. La figura centrale di questa struttura, composta da un
numero limitato di persone, è rappresentata dal cosiddetto BID Manager.
Dal punto di vista economico, le fonti di finanziamento del BID sono rappresentate dai contributi versati dagli operatori e da contributi aggiuntivi, costituiti da tasse locali, che possono essere fissati per lo sviluppo
dei programmi di intervento. Il finanziamento dei servizi supplementari e
74 dei programmi definiti da un BID avviene attraverso il versamento di un
contributo obbligatorio e/o di una tassa aggiuntiva sulla proprietà immobiliare da parte di tutti coloro che possiedono immobili all’interno
dell’area per la durata del BID. La tesoreria dell’amministrazione comunale raccoglie annualmente tali versamenti e li trasferisce alla struttura
che gestisce il BID stesso entro un mese, interessi maturati inclusi. Tali
fondi possono essere utilizzati esclusivamente per finanziare le attività
identificate e approvate nel piano di lavoro. L’ammontare del versamento
viene fissato da ciascun BID in modo autonomo, spesso all’interno di un
limite massimo che viene stabilito a livello statale. Inoltre, nell’ambito
della sua autonomia e in funzione del programma di lavoro che intende
perseguire, ciascun BID ha la possibilità di fissare un tetto massimo al
contributo obbligatorio che deve essere versato da ogni singolo proprietario o di auto-limitare l’ammontare complessivo annuale di risorse finanziarie a sua disposizione. Il contributo obbligatorio viene determinato sulla base di una formula che può prendere in considerazione un solo criterio o una combinazione di diversi criteri, tra cui i più utilizzati frequentemente sono 46:
-­‐
il valore imponibile accertato della proprietà immobiliare;
-­‐
il differente utilizzo della proprietà immobiliare;
-­‐
il diverso livello di servizi offerti;
-­‐
i metri quadrati di superficie;
-­‐
i metri lineari di fronte strada.
L’importante è che l’ammontare complessivo delle risorse economi-
che messe a disposizione di un BID attraverso questo contributo, sia coerente con il programma di servizi supplementari stabilito e con le diverse
iniziative previste per la valorizzazione dell’area. Partendo da un progetto di massima delle esigenze dell’area e dei relativi costi che devono essere sostenuti, i promotori di un BID devono predisporre un budget in gra 46
Sansone M. (2007), Confronti metodologici, riflessioni critiche e proposte operative sul Marketing Urbano in ambito internazionale: focus sull’organizzazione e gestione dei Centri Commerciali Naturali in Italia, VI Convegno internazionale Italia- Francia “Marketing Trends”, Parigi.
75 do di sostenere dal punto di vista economico e finanziario le diverse azioni da realizzare.
Per quanto riguarda la durata dei BID è prevista una verifica ogni
cinque anni sull’opportunità di proseguire l’attività.
2.6.
I Centri Commerciali Naturali (CCN) in Italia
Come si denota dalle esperienze internazionali, oggi le organizzazioni di TCM sono ritenute strumenti fondamentali per mantenere e migliorare la vivibilità dei centri città, per salvaguardare e migliorare le
aree centrali urbane attraverso la fornitura di servizi aggiuntivi o complementari a quelli cittadini, la rigenerazione del centro mediante interventi strutturali e la riqualificazione socioeconomica.
In Italia la riforma Bersani sul commercio del 1998 si è posta
l’obiettivo di approntare politiche attive e non più puramente difensive in
risposta allo sviluppo di grandi superfici e dei centri commerciali, favorendo un processo di modernizzazione del commercio al dettaglio italiano
attraverso la liberalizzazione dell’esercizio della piccola attività commerciale e uno snellimento e decentramento delle funzioni di programmazione e controllo dell’attività commerciale attraverso la soppressione del Registro degli Esercenti il Commercio (REC) e la riduzione delle tabelle merceologiche da 14 a 2 (alimentari e non alimentari). Ciò che in questa sede interessa maggiormente è che il decreto ha conferito alle Regioni ampi poteri normativi e amministrativi. Le Regioni devono individuare le aree da
destinare agli insediamenti commerciali di media e grande dimensione e i
limiti ai quali devono essere sottoposti gli insediamenti commerciali riguardo alla tutela dei beni artistici, culturali e ambientali, i vincoli di natura urbanistica relativi alla disponibilità degli spazi pubblici e alle quantità minime di spazi da destinare a parcheggio, e gli indirizzi generali in
materia di orari e le caratteristiche di fiere e mercati rionali.
Il Centro Commerciale Naturale può essere identificato nell’insieme
delle piccole e medie attività commerciali di vendita al dettaglio insediate
nel tessuto territoriale cittadino. Il termine naturale sta ad indicare il fat76 to che tali esercizi commerciali non si trovano all’interno di spazi artificiali e pianificati ma nascono spontaneamente nelle vie, nelle piazze, e
nei vicoli del centro urbano.
Un CCN è una “forma di aggregazione e cooperazione di tutti gli operatori
economici del centro urbano (…) finalizzata a riqualificare , rivitalizzare e sviluppare tale realtà attraverso politiche comuni di marketing e comunicazione” 47. Esso
può assumere un notevole contenuto di servizio principalmente per motivazioni di tipo socioeconomico. Innanzitutto, l’invecchiamento della popolazione costringe ad un uso limitato dell’automobile che non deve essere necessaria per la spesa, sia giornaliera che saltuaria per grandi quantità. I single (nuclei famigliari monocomponente) tendenzialmente non possono servirsi delle grandi strutture commerciali e cercano nel commercio
di prossimità la soddisfazione delle loro limitate necessità. Le politiche
nazionali di riqualificazione dei centri storici e il conseguente rientro in
queste aree di cittadini che si erano spostati verso le periferie, alla ricerca
di migliori servizi, rendono necessario un nuovo moderno commercio di
prossimità organizzato e funzionale alle loro attese. La desertificazione
delle strade, che ha caratterizzato i decenni trascorsi, con la chiusura dei
negozi e la mancanza di vetrine, ha in molti casi reso difficilmente vivibili
interi quartieri che con l’introduzione dei Centri Commerciali Naturali
possono trovare una nuova vitalità, e quindi anche la sicurezza ne può essere migliorata 48.
Le associazioni di via, che si sono sviluppate negli ultimi quindici
anni in molte realtà urbane di media-grande dimensione del nostro Paese
e che su base volontaristica hanno cercato di avviare la promozione del
centro storico, hanno rappresentato una prima risposta importante in tale
direzione 49. Tali iniziative hanno, però, finito per pagare i limiti dello
scarso spirito associativo degli imprenditori commerciali e del comporta 47
Paparelli R. e Del Duca M. (2010), Centri commerciali naturali. Strategia e strumenti di network marketing a servizio del commercio, del turismo e del terziario, Franco Angeli, Milano.
48
Boario F. e Varbella L. (2007), “Commercio nei centri urbani”, IRES Piemonte, Vol. 211.
49
Cardillo R. (1998), Dall’associazionismo di via al marketing urbano, Parole & Immagini, Modena.
77 mento opportunistico dei singoli rispetto alle iniziative di gruppo. La
mancanza di un meccanismo di coordinamento delle singole iniziative a
livello di area e l’assenza di un progetto comune di valorizzazione commerciale del centro storico non ha consentito di mobilitare quella “coincidenza di interessi” tra piccolo commercio specializzato e media-grande
distribuzione finendo per limitare lo stesso potenziale di iniziative attivabili 50.
L’avvio di un’iniziativa di CCN prevede l’individuazione di un facilitator che funga da promotore dell’iniziativa nei confronti dei potenziali
partecipanti, vale a dire di uno o più soggetti cui affidare l’incarico di avviare operativamente il progetto. Ad assumere tale ruolo può essere, a secondo delle diverse condizioni locali, un funzionario dell’amministrazione
comunale oppure un gruppo di lavoro rappresentativo delle diverse tipologie di stakeholder, oppure ancora un consulente indipendente. Il compito
del facilitator è duplice: da un lato deve evidenziare ai potenziali partner le
ragioni e gli obiettivi che spingono a sviluppare l’iniziativa di TCM e i
reali benefici che i soggetti possono ottenere fornendo la loro collaborazione e il loro contributo; dall’altro deve identificare e coinvolgere gli stakeholders potenzialmente interessati al progetto di TCM, facendo emergere
una visione comune dei problemi dell’area urbana. L’obiettivo è quello di
instaurare un clima di fiducia reciproca tra gli stakeholders che consenta
l’individuazione di una visione strategica comune per lo sviluppo del centro urbano. Il successo dell’iniziativa è strettamente correlata alla capacità del facilitator di far percepire agli operatori in modo corretto le precise
finalità dell’iniziativa, la gestione manageriale che la presiede e i reali
benefici che il singolo imprenditore può ottenere per la propria azienda
dalla partecipazione a questa iniziativa congiunta.
Possiamo distinguere tre tipologie di stakeholders. La prima tipologia
è rappresentata dai soggetti pubblici/istituzionali: oltre all’amministrazione
comunale, la quale riveste un ruolo di guida nella fase di avvio, diversi
50
Zanderighi L. (2001), “Town Centre Management: uno strumento innovativo per la valorizzazione del centro storico e del commercio urbano”, Industria & Distribuzione, Vol. 2, pp. 27-37.
78 possono essere i soggetti che partecipano ad un’iniziativa di TCM, come
la polizia, l’università, la contea, l’Agenzia di sviluppo territoriale o la
Camera di Commercio. La seconda tipologia è, invece, rappresentata dai
soggetti privati di medio-grandi dimensioni: in questo ambito rientrano non solo
le imprese commerciali (imprese a succursali e catene di franchising), ma
anche tutti gli altri possibili portatori di interesse, quali le società immobiliari, le società di gestione dei parcheggi e dei trasporti pubblici, le
banche e le società finanziarie. La terza tipologia di soggetti è, infine,
rappresentata dai diversi esponenti della comunità locale, siano essi le diverse
associazioni presenti sul territorio (culturali, di consumatori, di residenti,
di categoria), la Chiesa e/o eventuali rappresentanti di organizzazioni
appartenenti al settore del volontariato. Questa tipologia di soggetti generalmente, non apporta un contributo economico, ma spesso offre gratuitamente risorse di tempo e di competenze per specifiche attività previste
dalle diverse iniziative. Il coinvolgimento di questa tipologia di soggetti
risulta di particolare importanza in quanto in questo modo l’iniziativa di
CCN si connette meglio con il territorio in cui opera ed è in grado di articolare un programma di valorizzazione dell’area, tenendo conto anche
delle esigenze della comunità residente. La partecipazione diretta dei
soggetti istituzionali/pubblici trova spiegazione nel loro importante ruolo
non solo di promotori dell’iniziativa e di elemento di raccordo tra
l’amministrazione e l’economia locale, ma anche di sostegno economico e
finanziario, soprattutto nella fase di avvio dell’iniziativa. La presenza nelle diverse iniziative di CCN di imprese commerciali di medio-grandi dimensioni trova, invece, ragione nell’obiettivo di coinvolgere operatori che
siano in grado di apportare risorse finanziarie e capacità manageriale nella gestione dell’iniziativa. La terza componente è rappresentata, invece,
da diversi operatori del centro storico, vale a dire da tutte quelle realtà
imprenditoriali che offrono servizi commerciali e non, e che grazie a questo comune strumento operativo sono in grado di svolgere in modo più efficace ed efficiente tutte quelle iniziative promozionali e di marketing necessarie per rafforzare la capacità di attrazione dell’area in cui svolgono
79 la loro attività. Soprattutto la presenza delle organizzazioni di categoria
(dei commercianti e degli artigiani) è di particolare importanza nella fase
di avvio dell’iniziativa come fondamentale elemento di raccordo con
l’imprenditoria locale e di ricerca di consenso per la nuova iniziativa,
grazie alla capacità di mobilitazione e di sensibilizzazione che hanno tali
organizzazioni sul territorio.
Un primo elemento importante da tener presente nella definizione
della natura dell’iniziativa di CCN che si vuole adottare riguarda il ruolo
che i diversi stakeholder privati intendono investire nella predisposizione
delle linee-guida del piano di intervento previsto per il CCN, ovvero si
tratta di definire il grado di concertazione con gli stakeholder privati che
l’amministrazione locale è disponibile ad accettare nella definizione degli
indirizzi di intervento nell’area. In proposito distinguiamo due diverse
opzioni. La prima opzione è quella che prevede che il piano di intervento
sia predisposto dal Comune come organismo tecnico di supporto
all’amministrazione locale nella fase di start-up di realizzazione dei progetti per quest’area, ed ha il vantaggio di portare avanti tali progetti in
modo più organico e meno frammentato. La partecipazione dei soggetti
privati all’iniziativa di CCN si limita ad apportare un aiuto di competenze e di risorse soltanto nella fase attuativa del piano, con la possibile conseguenza di un oggettivo minor interesse di tali soggetti. La seconda è, invece, quella rappresentata da un coinvolgimento diretto dei diversi soggetti privati partecipando essi stessi insieme all’amministrazione locale alla definizione delle linee-guida del piano di intervento. S’identificano in
proposito due differenti organismi. Un primo organismo, cosiddetto Forum, che rappresenta il luogo di confronto e di proposta per tutti i soggetti
intermedi di rappresentanza e i portatori di interessi sui problemi e sulle
politiche da attivare nel centro storico, ed ha il compito di valutare e
condividere le politiche dell’amministrazione locale nonché di proporre
nuovi progetti e iniziative. L’altro organismo è invece la Società di valorizzazione che rappresenta, invece, il luogo in cui sono presenti la dimensione imprenditoriale e manageriale dell’iniziativa con il compito di definire
80 una strategia idonea alla realizzazione di tali linee-guida e di realizzare il
programma delle iniziative. Il ruolo del Comune, che da un lato presiede
il Forum e dall’altro partecipa alla Società di valorizzazione, è quello di rappresentare un’occasione di raccordo e di snodo tra il momento della formulazione e della condivisione degli indirizzi di fondo della politica di valorizzazione del centro storico, e quello di definizione e di realizzazione
della strategia stessa.
Un secondo elemento da tener presente riguarda, invece, il ruolo del
soggetto pubblico in tale iniziativa. Si tratta di stabilire se il soggetto
pubblico, il Comune, vuole assumere il controllo diretto dell’iniziativa
oppure se viceversa la sua presenza è solo quella di garantire il raccordo
istituzionale necessario all’iniziativa 51. I Comuni coinvolti devono dare a
queste “strutture commerciali organizzate” appoggi non solo economici.
In particolare è molto importante l’apporto formativo che deve essere dato per contribuire al miglioramento culturale e gestionale delle strutture
commerciali: tutti gli esercenti coinvolti devono trarre vantaggio da questo coordinamento. Solo così si otterrà con miglior efficacia la valorizzazione del Centro e del Comune sia sotto il profilo della qualità urbana sia
per l’attrattiva turistica. L’avvio di un Centro Commerciale Naturale
coinvolge sin dall’inizio le istituzioni comunali e di quartiere, ed anche i
regolamenti comunali devono essere adattati alle necessità di queste nuove organizzazioni.
I centri urbani italiani sono caratterizzati da molteplici realtà storiche, culturali e commerciali. La conformazione spaziale è caratterizzata
da ridotte superfici commerciali e abitative, con spazi vivibili ritagliati
nelle diverse mutazioni architettoniche derivanti dalle trasformazioni culturali e sociali del tempo. A poco sono serviti i tentativi di abbellimento
e rivitalizzazione urbana che negli anni hanno fatto da cornice a diverse
realtà territoriali di rilievo. Molte regioni hanno visto praticare ristrutturazioni delle aree urbane di pregio dei loro comuni, pur essendo consape 51
Ibidem.
81 voli di mancanze importanti come una programmazione e un monitoraggio di medio-lungo periodo. Il patrimonio artistico-culturale è spesso soffocato dal traffico moderno, inadeguato, ad esempio, ai vicoli stretti e
tranquilli di una città medievale ed aggravato dallo sviluppo del terziario
nei centri storici e nelle zone centrali in genere, con la conseguente soppressione di piccole realtà commerciali e artigianali che lasciano spazio
ad attività diverse che necessitano di minore frequentazione. Infatti, i
problemi di assetto urbano aumentano esponenzialmente in funzione
all’incremento del numero di automobili ad uso prevalentemente privato.
L’uso di autoveicoli non favorisce lo sviluppo del commercio in quanto la
congestione del traffico nei centri e la scarsità dei posteggi, limita
l’accesso ai punti di vendita e la possibilità di compiere una passeggiata,
limitando fortemente la possibilità di integrazione di shopping e leisure. Ne
deriva che in molte città ancora non si sviluppa una sorta di one best way
tra gli imprenditori commerciali per favorire la possibilità di integrare
acquisti ed aumentare la qualità percepita della vita.
Rivitalizzare un centro storico significa recuperare le tradizioni,
l’artigianato e la produzione locale in genere. Potrebbe risultare efficace
un coinvolgimento dei negozi nella distribuzione di prodotti locali (inquadrati in prevalenza nel settore food e dell’artigianato) con una marca
collettiva che da subito garantisca qualità e visibilità, indipendentemente
dall’attribuzione di marchi d’origine controllata o protetta. La promozione e distribuzione di questi prodotti funzionerà come leva di differenziazione tra le realtà territoriali, muovendo il turismo anche nelle cittadine
non eccessivamente famose a livello turistico e culturale. Sappiamo, infatti, che un’ottima leva di differenziazione competitiva tra imprese distributrici è la corretta gestione del category management e della private label verso
la store loyalty e l’incremento dei rapporti industria-distribuzione. Simili
considerazioni si potranno fare usando i riconoscimenti dei prodotti tipici
DOC e DOP, integrati a marchi d’area distintivi delle zone territoriali
caratteristiche. Considerando il category management come strumento integrato delle industrie distributrici della GDO, parallelamente si potrebbe
82 proporre un’organizzazione strutturata delle attrezzature interne dei negozi in funzione degli obiettivi di valorizzazione competitiva. Nel layout e
nel display interno dei punti vendita, si lascerà spazio privilegiato ai produttori locali, i quali sempre più spesso sono poco riconosciuti proprio a
livello locale e poco apprezzati, soprattutto a livello agroalimentare. In
Italia, sono pochi i paesi o le città che hanno limitate attrazioni culturali,
paesaggistiche, enogastronomiche o storiche. Non dobbiamo però nascondere che alcune realtà sono meno pubblicizzate di altre e magari
vengono scoperte solo in brevi gite nel week-end. Perciò integrando politiche di marketing urbano con politiche più ampie di marketing territoriale si potrà convergere verso l’area loyalty e la city loyalty, anche confidando sulla marca collettiva. L’obiettivo è quello di arrivare a rendere
quotidiane le realtà locali, sfruttando direttamente in loco, l’attrattività
dei prodotti tipici delle zone individuate, cercando di limitare la vendita
di tali prodotti in zone diverse da quelle di produzione.
Nel proseguo della trattazione prenderò in considerazione le esperienze dei Centri Commerciali Naturali di due regioni italiane: il Piemonte, che è stata la prima regione a recepire la normativa nazionale, con il
CCN “Il Molo”, e l’Emilia Romagna con il CCN “Vignola Grandi Idee”.
2.6.1.
Il CCN “Il Molo”
Tra le prime e più efficienti regioni ad applicare la delega concessa
dallo Stato in materia di commercio e rivitalizzazione urbana troviamo il
Piemonte. La Legge Regionale del 12 novembre 1999, n. 28 “Disciplina,
sviluppo ed incentivazione del commercio in Piemonte, in attuazione del decreto legislativo 31/3/98, n. 114” all’articolo 18 programma varie forme di agevolazione per l’accesso al credito degli operatori nel settore del commercio
e, tra queste, il finanziamento di interventi diretti alla realizzazione di
progetti integrati volti alla valorizzazione del tessuto commerciale urbano, alla rivitalizzazione delle realtà minori, alla qualificazione del territorio e alla creazione di Centri Commerciali Naturali.
83 A partire dal 2000, tramite l’utilizzo di fondi europei, statali e regionali, la Regione Piemonte ha finanziato i Programmi di Qualificazione Urbana (PQU) promossi dai Comuni maggiormente competitivi commercialmente a livello territoriale, con problematiche di tipo urbano e fattori
di sviluppo sinergici rispetto al commercio, al fine di preservare, sviluppare e potenziare la funzione del commercio, con riferimento al contributo che esso fornisce alle varie forme di aggregazione sociale ed all’assetto
urbano. I programmi, anche di natura urbanistica, sono volti alla riqualificazione e allo sviluppo del tessuto commerciale, al rafforzamento
dell’immagine, dell’identità urbana e della riqualificazione urbana 52.
I commercianti, gli artigiani, i professionisti e i cittadini di Savigliano, in provincia di Cuneo, nel tentativo di porsi come alternativa
all’artificiosità e alla sostanziale omologazione dei grandi supermercati e
ipermercati, hanno costituito un’Associazione denominata “Il Molo- Centro
Commerciale Naturale di Savigliano”. Dalla comunicazione istituzionale
dell’Associazione si legge: “L’obiettivo principale è la riscoperta da parte dei cittadini, dello spazio vitale rappresentato dal centro cittadino, vero luogo di vita, di incontro e di scambio, tra tutte le componenti della città e delle campagne circostanti,
dove profumi, rumori, sapori e tipicità si contrappongono alla standardizzazione dei
Grandi Ipermercati” 53.
L’Associazione, attraverso il coinvolgimento attivo di tutti i partecipanti, ha come scopo quello di evitare una pericolosa perdita di identità e
di promuovere un’autonomia e una caratterizzazione uniche e irripetibili
che
distinguano
Savigliano
sul
territorio.
Il
degrado
ambientale,
l’omologazione industriale e le regole e i meccanismi della GDO, rischiano di mettere in difficoltà non solo prodotti, cibi, tipicità e cultura del
territorio, ma anche luoghi e qualità della vita, che nel lungo periodo ne
possono risentire in modo rilevante.
L’impegno dell’Associazione “Il Molo” sta nel rendere il centro cittadino non tanto luogo di consumo ma piuttosto punto di aggregazione,
52
Regione Piemonte, D.C.R 29 ottobre 1999, n. 563-13414, art. 18.
53
http:// www.ilmolo.net.
84 di appartenenza e di dialogo, attraverso l’organizzazione di mostre, attività culturali e ludiche, incontri ed eventi enogastronomici, in grado di
coinvolgere cittadini e commercianti, locali e turisti, accomunati dal desiderio di riappropriarsi dei propri spazi e di riconoscersi in attività modellate sulla specificità culturale. I clienti del Centro Commerciale Naturale, inoltre, possono ricevere la Saviglianocard, una semplice card, simile
ad una carta di credito, con la quale è possibile accumulare sconti facendo acquisti presso i negozi della città che aderiscono al circuito “Il Molo”, riconoscibili dal marchio esposto in vetrina. Il credito accumulato
può essere poi speso liberamente in tutta la rete “Il Molo”. Gli sconti Saviglianocard, rispetto ai tradizionali cataloghi a premi che mettono spesso a
disposizione prodotti di scarso valore, possono essere utilizzati per
l’acquisto di qualsiasi prodotto o servizio in vendita presso gli esercizi
convenzionati.
2.6.2.
Il CCN “Vignola Grandi Idee”
L’Emilia Romagna inizialmente prevedeva solo azioni d’iniziativa
comunale con una semplice “concertazione con i soggetti pubblici, i privati interessati, le associazioni del commercio maggiormente rappresentative anche in sede locale, le organizzazioni dei consumatori e sindacali” 54, successivamente la Legge
Regionale del 2005 55 prende in considerazione le forme di partnership pubblico-private per la promozione di un’area territoriale. Ai sensi della legge n. 41 del 1997, la Regione promuove i Centri Commerciali Naturali
realizzando interventi che permettono la riqualificazione della rete dei
piccoli esercizi per una maggiore competitività con le nuove forme di distribuzione commerciale. Gli interventi possono riguardare le infrastrutture, il sistema della mobilità, la riqualificazione delle singole strutture
54
Regione Emilia Romagna, Legge Regionale 5 luglio 1999, n. 14 “Norme per la disciplina del commercio in sede
fissa in attuazione del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 114”.
55
Regione Emilia Romagna, Legge Regionale 22 dicembre 2005, n. 20 “Legge Finanziaria Regionale adottata a
norma dell’articolo 40 della Legge Regionale 15 novembre 2001, n. 40 in coincidenza con l’approvazione del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2006 e del bilancio pluriennale 2006-2008”.
85 commerciali e la promozione dell’area, ai fini dell’intersettorialità e della
sinergia tra pubblico e privato.
A partire dal 1999, l’Amministrazione Comunale di Vignola, una
cittadina della provincia di Modena, si è posta l’ambizioso obiettivo di sostenere i piccoli negozi del centro storico e urbano impegnati nel rinforzare la loro capacità attrattiva verso i cittadini ed i consumatori, riconoscendosi come grande e coesa rete commerciale radicata sul territorio 56.
Vignola vanta un centro urbano caratterizzato oltre che da importanti risorse storico-architettoniche, dalla presenza di una variegata e significativa rete commerciale inserita in ambiti urbani di pregio. L’area commerciale centrale è essenzialmente attestata intorno ai due poli pregiati di
Viale Mazzini e del centro storico, che offrono entrambi percorsi e nastri
commerciali ben assortiti e pressoché ininterrotti.
Negli ultimi anni, i diversi soggetti interessati al mantenimento di alti livelli di vivacità cittadina si sono riuniti attorno ad un progetto complesso di valorizzazione urbana e commerciale. L’Amministrazione ha costituito un tavolo di lavoro a cui hanno partecipato attivamente le associazioni di categoria del commercio, gli stessi commercianti, artigiani ed i
gruppi promozionali organizzati sul territorio. Come primo passo operativo, è stato individuato un partner consulenziale che accompagnasse
l’Amministrazione durante l’intero processo sia nell’analisi dei problemi
che nella risoluzione pratica degli stessi. Ne è seguita la nascita di una
prima associazione tra commercianti che ha preso in mano lo sviluppo del
commercio nel quartiere di Via Resistenza, ideando uno stile di intervento promozionale basato sull’amicizia tra commercianti e cittadini. Questa
iniziativa ha dato poi il via ad un progetto di partnership promozionale
molto più complesso.
L’Amministrazione comunale si è fatta promotrice della nascita di
un’associazione pubblico-privata per la promozione del territorio, denominata “Vignola Grandi Idee”, a cui è stata affidata anche la missione di
56
http://www.vignolagrandiidee.it.
86 organizzare su tutto il centro urbano la promozione dei negozi e quindi
dei Centri Commerciali Naturali. Sono stati individuati tre poli commerciali: il Centro Storico, il comparto “Fuori dalle Mura”, che circonda
Viale Mazzini, e il quartiere di Via Resistenza, ribattezzato “Le Vie Ensemble”. Su queste zone sono stati previsti interventi strutturali
sull’arredo urbano, sulle pavimentazioni e sull’ammodernamento dei negozi. Per tali interventi la città di Vignola ha ottenuto stanziamenti finanziari dalla Provincia di Modena attraverso un bando che ha visto Vignola classificarsi al primo posto.
Il piano triennale di marketing urbano ha poi indicato le azioni
promozionali specifiche per ciascuna zona, affidando a Vignola Grandi Idee
il compito di gestirle. Il piano è basato essenzialmente sull’animazione,
attraverso l’organizzazione di eventi di grande portata come “Estate a
Vignola”, “Bambinopoli” e “Natale a Vignola” che hanno riscosso grande
successo; la promozione, che assicura ai consumatori di ogni età premi,
vantaggi, gadget e sconti; i servizi, quali le navette di collegamento tra i
tre Centri Commerciali Naturali, i punti di contatto e di accoglienza
aperti ai cittadini e consumatori, con la presenza di personale specializzato; e la comunicazione, attraverso tutti i tipi di media e soprattutto attraverso una linea editoriale stagionale e coordinata contenente sia informazioni commerciali sia informazioni di interesse turistico, culturale e per il
tempo libero.
L’anno 2003 è stato poi caratterizzato dal lancio di tre nuovi importanti progetti: la carta della fedeltà ai negozi aderenti a Vignola Grandi
Idee, il punto di contatto fisso per i cittadini ed i visitatori, e infine la segnaletica a valenza commerciale e turistica in alcune zone.
Quindi, il consumatore che a Vignola sceglie di fare shopping in uno
dei tre CCN ha a disposizione, in sintesi: una guida tascabile al commercio con le informazioni su oltre 100 negozi divisi per categoria merceologica, una carta a punti che dà diritto a buoni spesa da spendere negli stessi negozi convenzionati, un punto di contatto informativo sulle iniziative,
un servizio navetta in occasione degli eventi speciali, un programma di
87 feste e intrattenimenti articolato tutto l’anno. I consumatori più sensibili
alle nuove tecnologie possono, inoltre, ricevere le informazioni sulle iniziative commerciali e sugli eventi direttamente sul loro cellulare, iscrivendosi alla mailing list clienti di Vignola Grandi Idee attraverso il sito
Web.
2.7.
Centri Commerciali Naturali VS Centri Commerciali
Artificiali
Come detto in precedenza, il diffondersi della moderna distribuzione
è una delle cause che ha contribuito sia in Italia che all’estero alla crisi
del commercio, soprattutto nei centri storici.
La domanda di fondo che ci si pone a questo punto è la seguente:
qual’è il vantaggio competitivo di cui possono godere le imprese commerciali che operano in un contesto pianificato rispetto a quelle che operano
all’interno di un’aggregazione spontanea?
L’elemento chiave in grado di spiegare il gap competitivo esistente
tra le due diverse modalità di aggregazione dell’offerta è riconducibile alla presenza di un “surplus organizzativo” che da una parte consente a chi
opera all’interno di un centro pianificato di ottenere un vantaggio dalla
gestione in comune di determinati aspetti dell’attività commerciale rispetto alla gestione individuale, e dall’altra comporta una maggiore efficienza
nella gestione organizzata di determinate attività.
I Centri Commerciali Artificiali o Pianificati sono delle ampie strutture edilizie la cui superficie può raggiungere i 2.500 mq e al cui interno,
attorno ad una piazza o ad una strada coperta di tracciato lineare e dotate normalmente di un grande supermercato, sono disposti negozi, servizi
commerciali e di ristorazione.
A differenza delle equivalenti aggregazioni naturali, i Centri Commerciali Pianificati hanno una gestione centralizzata che consente di ottenere non solo una maggiore efficienza nello svolgimento di alcune funzioni di impresa per poter sfruttare le economie di scala, ma anche di
progettare e gestire in modo più efficace la relazione con la domanda di
88 consumo. In particolare, la società di gestione e il direttore del Centro
svolgono una funzione di regia a favore di tutti i punti vendita che vi sono
localizzati, una funzione che si articola nelle seguenti quattro attività
principali:
•
pianificazione strategica (monitoraggio della concorrenza e definizione del posizionamento);
•
articolazione dell’offerta di servizi (definizione del tenant mix);
•
fornitura dei servizi comuni “condominiali” (parcheggi, pulizia, sicurezza, arredo del centro);
•
gestione delle attività di marketing (pubblicità e attività promozionali).
La società di gestione del Centro Commerciale Artificiale garantisce
il pieno rispetto da parte di tutti gli operatori coinvolti delle direttive comuni e la partecipazione ad iniziative di comunicazione e promozione sistematiche. Grazie alla centralizzazione di queste attività i centri commerciali riescono a esprimere un posizionamento di mercato preciso e a
comunicarlo, a definire un’offerta coerente e a fornire in modo efficiente
e coordinato alle imprese che si localizzano al loro interno quei servizi di
contesto in grado di migliorarli ulteriormente. La gestione centralizzata
assume maggiore importanza nel momento in cui lo sforzo delle imprese
si concentra nel trasformare l’acquisto di beni e servizi in esperienze uniche, rendendo ancor più rilevante il controllo del contesto che viene adottato per caratterizzarle e spettacolarizzarle.
Quindi, la forza dei Centri Commerciali Pianificati, e in genere delle grandi strutture distributive, risiede nella possibilità di programmazione. Volendo schematizzare i punti di forza e di debolezza di un Centro
Commerciale Pianificato nei confronti dei clienti e degli operatori possiamo menzionare tra i punti di forza nei confronti dei clienti il grande e
vasto assortimento, i prezzi competitivi e la presenza di ampi parcheggi,
mentre nei confronti degli operatori una pianificazione strategica, la fornitura e la gestione di servizi comuni e delle attività di marketing. Tra i
punti di debolezza tuttavia si può citare la mancanza di un’identità archi89 tettonica, un ipercentrismo, una scarsa relazione con il contesto ed, infine, la difficoltà di generare nel cliente un’efficace shopping experience (si veda Tabella 2.8).
TABELLA 2.7: ELEMENTI DI SUCCESSO DEI CENTRI COMMERCIALI ARTIFICIALI Aggregazione di un grande insieme di merceologie e formule distributive, anche molto diverse tra loro,
in una struttura edilizia comune.
Efficienza e rapidità degli acquisti.
Disponibilità di ampi parcheggi gratuiti.
Costante rotazione di offerte promozionali, addirittura sotto costo.
Atmosfera avvolgente e spettacolare.
Sicurezza personale garantita.
Pulizia impeccabile, nessun segno di degrado e vandalismo.
Assenza di rumori molesti.
Aiuole, alberi e spazi verdi sempre curati e fioriti.
Protezione dalle condizioni climatiche avverse (pioggia, freddo, afa, ecc.)
Illuminazione ideale dovunque si vada.
Pubblicità costante realizzata ad ampio raggio tramite i mass media (quali giornali, radio, affissioni
grande formato) e in modo mirato con l’invio di leaflet direttamente a casa.
Presenza di aree di ristorazione, cinema, librerie, parchi giochi per bambini, ecc. per allungare piacevolmente i tempi di permanenza.
Fonte: Paparelli R. e Del Duca M. (2010), Centri commerciali naturali. Strategia e strumenti di network marke-­‐
ting a servizio del commercio, del turismo e del terziario, Franco Angeli, Milano. Per un’impresa di distribuzione localizzarsi all’interno di un contesto urbano naturale piuttosto che in un Centro Commerciale Pianificato
significa operare all’interno di un contesto spaziale che presenta alcune
significative differenze di cui occorre tener conto. Il contesto urbano in
cui si sviluppa un’agglomerazione naturale di imprese presenta, infatti,
alcune specificità rispetto a quello tipico di un centro commerciale almeno per i seguenti motivi:
§
solo in parte può essere privatizzabile (accesso pubblico);
§
svolge non solo una funzione commerciale, ma pur in modo differente, anche funzioni residenziali, amministrative, culturali, museali
(pluralità di stakeholders);
§
il soggetto pubblico concorre a definire le politiche di sviluppo ed
esercita un’azione amministrativa;
§
la proprietà immobiliare è costituita da una pluralità di soggetti pubblici e privati;
§
l’area presenta vincoli di natura architettonica e urbanistica (e più in
generale di vincoli di spazio in termini di qualità e di quantità);
90 §
la fornitura di alcuni servizi comuni (pulizia, arredo urbano, sicurezza, trasporto pubblico) dipende da competenze pubbliche diverse e
non sempre coordinate fra loro.
Trai punti di forza di un CCN c’è la capacità di personalizzare
l’offerta e la capacità di produrre una shopping experience efficace nonché
una forte relazione con il cliente e una localizzazione diffusa delle attività
all’interno del centro cittadino (si veda Tab. 2.8). D’altro canto persiste la
difficoltà di ampliare l’offerta commerciale e trovare linee guida comuni.
Se è vero, infatti, che il Centro Commerciale Naturale racchiude in sé le
potenzialità del turismo, dell’arte, dell’abitudine dei consumatori e della
socialità, è anche vero che può includere valenze negative, tra cui le antiquate idee di vantaggio competitivo garantito dalla posizione centrale, la
paura del rischio imprenditoriale e la rassegnazione contro realtà distributive più grandi in dimensioni e fatturato.
TABELLA 2.8: PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA DEI CENTRI COMMERCIALI ARTIFICIALI E NATURALI Centri Commerciali Artificiali Per gli operatori Per il cliente PUNTI DI FORZA • Grande e vario assortimento • Prezzi competitivi • Presenza di ampi parcheggi PUNTI DI DEBOLEZZA • Mancanza di identità architettonica • Difficoltà nel generare un’efficace shopping experience • Ipercentrismo • Offerta standardizzata • Scarsa relazione con il contesto • Pianificazione strategica • Fornitura di servizi comuni • Gestione delle attività di marketing Centri Commerciali Naturali Per il cliente Per gli operatori PUNTI DI FORZA • Offerta e servizi personalizzati • Capacità di produrre una shop-­‐
ping experience efficace. • Forte relazione con il contesto • Presenza di una forte identità architettonica • Localizzazione diffusa delle attività all’interno del centro cittadino • Difficoltà a trovare linee guida comuni • Resistenza ad aderire a sistemi integrati • Carenza di cultura progettuale PUNTI DI DEBOLEZZA • Offerta limitata Fonte: Nostra elaborazione da Maffina G. (2007), Il commercio fra aree, Immagine Focus – Modelli e luoghi del retail. Si può dire, dunque, che i Centri Commerciali Artificiali si stanno
ispirando sempre di più alla poliedricità dei centri storici mentre gli operatori economici dei centri cittadini hanno compreso che devono ispirarsi
ad una gestione unitaria e mirata della loro realtà. L’idea di fondo è che
91 il piccolo imprenditore artigiano o commerciante sia un’unità economicosociale indispensabile per uno sviluppo modernamente equilibrato in una
prospettiva di rivitalizzazione del piccolo e medio commercio che trasferisca elementi di know-how di marketing commerciale in possesso della
grande distribuzione per difendere e sviluppare la propria capacità competitiva in un contesto altamente competitivo. Questa ipotesi non deve
indurre a pensare ad una mera rappresentazione e riedizione delle leve di
marketing declinate dalla GDO bensì a delineare un innovativo modello
di sviluppo, una concertazione strategica ed un monitoraggio continuo
delle realtà e dei sentori socioeconomici.
2.8.
Il marketing esperienziale: nuove prospettive di studio per i TCM
La logica ed i contributi del marketing esperienziale, sorto negli Stati Uniti parallelamente a numerose altre teorie e modelli manageriali, e
l’evoluzione delle strategie del marketing concept si evidenziano sempre più
spesso nella ricerca di nuove o innovative modalità di selling proposition,
definendo un insieme di emozioni ed inducendo l’individuo a sperimentare situazioni piacevoli ed ottimali per definire un suo posizionamento riguardo l’esperienza che in quel momento sta vivendo.
Il marketing esperienziale mira a valorizzare l’esperienza soggettiva
e
personale
attraverso
le
emozioni
e
le
sensazioni
suscitate
dall’interazione con il prodotto e il punto vendita, tenendo conto della
struttura, dell’architettura e del layout, così da accrescere il coinvolgimento del cliente e rendere la shopping experience indimenticabile. Vendere
merce ed offrire intrattenimento non basta più a soddisfare i bisogni del
cliente ma costui deve sentirsi avvolto in un’atmosfera generale attraverso
l’illuminazione, la musica, i colori, gli odori e i profumi. 57
I centri città hanno avuto da sempre questa loro vocazione e coloro
che lavorano in questi ambienti non devono far altro che evidenziare tali
57
La piacevolezza dell’atmosfera del punto vendita comporta tra l’altro un aumento del tempo di permanenza al suo
interno e anche del livello di spesa del cliente.
92 sensazioni, accentuando alcune leve e strumenti a loro disposizione tramite politiche di esaltazione/differenziazione e di specializzazione turisticocommerciale, attraverso le quali i visitatori dei centri storici possono ritrovarsi immersi in un’atmosfera particolare, in quanto ogni area urbana
è diversa dalle altre per profumi, immagini e sensazioni.
Le periferie da questo punto di vista non hanno molte opportunità
da offrire, salvo che non siano state oggetto di illuminanti interventi di
riqualificazione territoriale. I grandi Centri Commerciali Pianificati si
presentano con una loro particolare atmosfera che è sempre più quella
della città virtuale, progettata con tecniche di modellazione solide e tridimensionali, nella speranza di riprodurre un ambiente simile a quello
delle aree di pregio delle città immediatamente circostanti, riproducendo
fedelmente le realtà cittadine dal maggiore impatto comunicazionale. Infatti, non vi è alcun dubbio che, oltre i punti di forza dei Centri Commerciali Artificiali citati in precedenza, ciò che consente a queste organizzazioni di conquistare le simpatie di un larghissimo range di consumatori sia anche l’atmosfera virtuale, esercitando un fascino particolare su
un’ampia fascia di utenti, soprattutto nella fase della prima visita. Spesso,
infatti, i consumatori pensano al Centro Commerciale Pianificato come
ad un’isola felice in cui trascorrere momenti di shopping e aggregazione in
un’atmosfera protetta, calda d’inverno e fresca d’estate. Il suo limite, tuttavia, è costituito da un effetto secondario, che si manifesta dopo un certo
tempo di frequentazione, e cioè da una sorta di stanchezza data dagli
elementi strutturali e di riproduzione ambientale artificiali e appariscenti
che però non poggiano su solide tradizioni o su costumi radicati. I grandi
centri commerciali, oltre a soffrire di un’atmosfera eccessivamente artificiosa, sono inoltre costretti ad offrire modalità comunicazionali fortemente standardizzate e ripetitive, che non facilitano l’affermazione della personalità di ciascun acquirente-consumatore, il quale alla lunga rischia di
sentirsi poco più che un numero.
Marcello Sansone sostiene sia molto probabile che i consumatori italiani, riconoscibili da abitudini piuttosto tradizionali, dopo gli iniziali en93 tusiasmi manifestati nella fase di prima immersione nelle nuove scenografie commerciali, ritornino sui loro passi per riassaporare scenari e modalità commerciali più simili alla loro natura: “prima o poi, molti consumatori si
convinceranno che il prezzo non è l’unica variabile da considerare nella scelta del
mercato più congeniale alle proprie esigenze, e che sono altrettanto importanti, o addirittura più importanti, gli aspetti ambientali, ludico-sentimentali e di servizio” 58.
Per questo motivo, in termini di atmosfera, i centri storici possono
competere a loro favore perché “naturalmente” posseggono ambienti ricchissimi di riferimenti storico-culturali capaci di suscitare emozioni, rappresentando secoli di cultura, tradizioni, storie di civiltà e di autentica
umanità che nessuna città virtuale potrà mai riprodurre. I negozi ed i
servizi presenti nei centri storici sono chiamati quindi ad interpretare
coerentemente questa vocazione conservata nell’ambiente urbano che li
circonda, utilizzando pienamente il beneficio concorrenziale rappresentato dai quei valori.
In ambito territoriale gli operatori sono quotidianamente impegnati
a formulare proposte di offerta spesso ispirate alla logica di fornire alla
clientela un mix integrato di beni e servizi in cui, tuttavia, la dimensione
esperienziale, laddove si riscontra, è casuale, spontanea ed inconsapevole,
senza una vera finalizzazione economica e di marketing .
Se i consumatori tendono ad acquistare essenzialmente emozioni ed
esperienze, l’offerta deve popolarsi di produttori e venditori di “ricordi”
ed il marketing dei servizi e dell’esperienza deve assumere a riferimento il
modello del teatro 59 . D’altronde i consumatori e visitatori dei centri
commerciali possono essere assimilati a dei turisti che, quando viaggiano
per svago, effettuano sempre un’esperienza di cui sono alla ricerca più o
meno consapevolmente.
58
Sansone M. (2007), Confronti metodologici, riflessioni critiche e proposte operative sul Marketing Urbano in ambito internazionale: focus sull’organizzazione e gestione dei Centri Commerciali Naturali in Italia, VI Convegno internazionale Italia- Francia “Marketing Trends”, Parigi.
59
«Il consumatore di servizi per il tempo libero, infatti, acquista essenzialmente un’emozione, un’esperienza. Contestualmente, le imprese che operano in questo business sono a loro volta produttori e venditori di ricordi», Valdani E. e GuenziI P. (1998), Il marketing nei parchi tematici. Un modello di gestione per le imprese
dell’entertainment, Egea, Milano.
94 Occorre andare, quindi, oltre il semplice mix di beni e servizi e indirizzarsi verso l’offerta di esperienze atte ad intrattenere e coinvolgere
emotivamente appagandone i bisogni.
Sono state proposte due tipi di categorie strategiche su cui i centri
storici possono puntare 60. Una sfera emozionale-romantica indicata per quei
consumatori che, a prescindere dalle scelte di consumo che adotteranno
durante la loro shopping experience, prestano maggiore attenzione alla qualità dell’ambiente e la ricchezza delle proposte che si affiancano all’offerta
commerciale piuttosto che alla merce vera e propria. Per questo tipo di
consumatori vanno assumendo sempre più significato la componente intangibile e simbolica dei prodotti che ne pongono in primo piano la dimensione
spettacolare,
ovvero
la
capacità
di
corrispondere
all’immaginario. Sarà allora sempre più importante sottolineare il valore
evocativo e “far vivere” i prodotti in un contesto narrativo che, in modo
semplice, proponga un’atmosfera affascinante, e dove i colori e i desideri
diventino co-protagonisti di un evento emotivo ludico e di condivisione.
Un’altra sfera è quella sociale-partecipativa che fa leva su un insieme di stimoli che trasformano i luoghi di frequentazione rendendoli sempre diversi e da scoprire, come la riscoperta di un ambiente tradizionale.
Le esperienze più ricche, coinvolgenti e memorabili sono riconducibili a quattro ambiti con cui gli autori Pine e Gilmore (2000) hanno
schematizzato il processo di coinvolgimento di un cliente/ospite. Utilizzando le due dimensioni più importanti dell’esperienza, il modello degli ambiti dell’esperienza (Fig. 2.6) distingue un primo livello di partecipazione
degli ospiti, rappresentato come un continuum lungo l’asse orizzontale tra i
due estremi:
-­‐
Partecipazione passiva, in cui i clienti non agiscono né influiscono in
modo diretto sulla performance, come i frequentatori dei concerti di
musica classica che vivono l’esperienza come semplici ascoltatori.
60
Cardillo R. (1998), Dall’associazionismo di via al marketing urbano, Parole & Immagini, Modena.
95 -­‐
Partecipazione attiva, in cui i clienti agiscono personalmente sulla
performance o sull’evento che produce l’esperienza.
La seconda dimensione descrive il tipo di connessione o coinvolgi-
mento ambientale che unisce i clienti con l’evento o la performance, rappresentato come un continuum lungo l’asse verticale tra i due estremi:
-­‐
Assorbimento, l’esperienza “penetra” nella persona attraverso la mente come guardare un film alla TV.
-­‐
Immersione, la persona “entra dentro” l’esperienza prendendo fisicamente o virtualmente parte all’esperienza stessa, come quando si
guarda un film al cinema con un grande schermo e l’ausilio di simulatori di realtà virtuale.
FIGURA 2.6: GLI AMBITI DELL’ESPERIENZA Assorbimento
Intrattenimento
Educazione Partecipazione
attiva
Partecipazione
passiva
Evasione
Esperienza
Estetica
Immersione
Fonte: Nostra elaborazione da Pine II B.J. e Gilmore J.H. (2000), L’economia delle esperienze, Etas, Milano. L’unione di queste dimensioni definisce i quattro ambiti di
un’esperienza (Fig. 2.6), declinando il livello complessivo del coinvolgimento del cliente: intrattenimento, educazione, evasione ed esperienza
estetica. Questi ambiti sono mescolati fra loro in misura e proporzioni diverse a seconda del tipo di esperienza e dell’ospite coinvolto, contribuen96 do a creare eventi unici, personali e irripetibili. Il grado di coinvolgimento finale del cliente/ospite dipende sia dall’alta o bassa propensione della
persona ad essere coinvolta in un dato evento sia dal grado di coinvolgimento che richiede, creando così infiniti possibili ambiti esperienziali.
Si deve quindi adottare la struttura esperienziale come un insieme di
stimoli potenziali che possano guidare l’offerta ed aiutare i clienti ad
esplorarla in modo coinvolgente.
Nel dettaglio, la dimensione estetica dell’esperienza è ciò che fa desiderare agli ospiti di entrare e fermarsi in un determinato luogo, quella
connessa all’atmosfera di un determinato luogo. L’intrattenimento è una
delle componenti chiave delle offerte ludiche in cui i visitatori possono
cimentarsi, provare e sperimentare nuove esperienze. In questo ambito si
può parlare di edutainment (education + entertainment), ovvero di una forma
educativa di intrattenimento in cui l’integrazione dei campi dell’estetica,
dell’intrattenimento e dell’evasione crea nelle persone il desiderio e le
mette nelle condizioni di conoscere meglio la realtà che si sta visitando.
«Per cogliere le opportunità che l’economia delle esperienze dischiude a chi opera nel
business del tempo libero e del turismo è necessario che gli spazi fisici delle imprese
ricettive, di trasporto, di ristorazione e dell’industria turistica in genere, nonché le destinazioni ed i sistemi turistici diventino “luoghi speciali”, piattaforme originali per
mettere in scena consapevolmente esperienze significative che contengano elementi di
intrattenimento, evasione, educazione e contemplazione estetica» 61 .
È stato proposto anche un approccio del marketing esperienziale che
tenga conto dei diversi tipi di interazione con il cliente nelle diverse fasi
che caratterizzano il processo di acquisto 62, distinguendo tra esperienza di
preacquisto, esperienza di acquisto, esperienza di consumo ed esperienza
ricordata. Durante l’esperienza di preacquisto emerge il bisogno e il desiderio da parte del cliente, e la forma di interazione deve puntare sulla
comunicazione e sull’informazione attraverso messaggi pubblicitari e
61
Pencarelli T. e Forlani F. (2002), “Il marketing dei distretti turistici – Sistemi vitali nell’economia delle esperienze”,
Sinergie, Vol. 58.
62
Bucchetti V. (1999), La messa in scena del prodotto. Packaging: identità e consumo, FrancoAngeli, Milano.
97 promozionali. La fase invece di acquisto si ha quando il cliente si reca
presso il punto vendita per acquistare il prodotto interessato entrando in
contatto con il punto vendita e la sua atmosfera. Il rapporto diretto con il
consumer permette di conoscere i suoi gusti e le abitudini di acquisto, di
rafforzarne la fidelizzazione monitorando l’evoluzione delle sue esigenze.
Durante la fase di esperienza di consumo il cliente entra in contatto con il
prodotto ed i suoi attributi, e con la fase del ricordo l’esperienza si può
protrarre nel tempo se la fase di contatto/acquisto è stata efficace.
FIGURA 2.7: PROCESSO DI ACQUISTO ESPERIENZIALE esperienza di preacquisto
esperienza ricordata
esperienza di acquisto
esperienza di consumo
Fonte: Nostra elaborazione. Bisogna comunque dire che l’approccio esperienziale funziona efficacemente per prodotti come l’intrattenimento (i libri o i film), ma la vera
sfida è di riuscire ad arricchire di significati emozionali anche prodotti
banali o per i quali la motivazione di acquisto è fondamentalmente razionale, come la spesa quotidiana.
98 2.9.
Merchandising delle attività e dei punti vendita nel
CCN
Il marketing esperienziale è strettamente collegato al visual merchandising perché, secondo Fioroni, anch’esso si prefigge l’obiettivo di aiutare
l’impresa a vendere di più ma in modo differente. Il marketing esperienziale, infatti, vende esperienze attraverso i prodotti mentre il visual merchandising propone tecniche per valorizzare e promuovere i prodotti nel
punto vendita, ponendosi tre obiettivi: attirare l’attenzione del cliente,
trasformare l’attenzione in desiderio e il desiderio in atto di acquisto 63.
TABELLA 2.9: FUNZIONI DELLE AREE DEL MERCHANDISING Layout delle attrezzature
v
v
v
v
v
Comunicare il posizionamento del punto vendita
Orientare il flusso della clientela
Dare informazioni
Agevolare il processo di acquisto
Facilitare lo svolgimento delle altre funzioni del visual merchandising
Layout merceologico
v Creare un percorso che stimoli il cliente e faciliti l’acquisto
Display dei prodotti
v Stimolare il processo d’acquisto
v Facilitare la ricerca dei prodotti ad acquisto programmato
v Attirare verso i prodotti ad acquisto d’impulso
Fonte: Nostra elaborazione. A tal proposito si parla di concept store ovvero lo spazio commerciale,
costruito intorno ad un tema specifico in cui i prodotti sono messi in scena in un ambiente spettacolare ed espressivo, e dove prima dei prodotti
ciò che si vuole proporre è la gratificante esperienza che il consumatore
può provare nel negozio stesso. Tale concezione del punto vendita si caratterizza come un nuovo modo di vendere e comprare, che propone uno
stile di vita e mescola oggetti diversi in un’esposizione curata ai minimi
dettagli attraverso un particolare sistema di arredo. Tutte le leve disponibili (location, merchandising, arredo, tematizzazione) devono essere coordinate in modo da arricchire l’esperienza di shopping, trasmettere determi-
63
Fioroni M. (2005), Lo shopping dell’esperienza, Morlacchi Editore, Perugia.
99 nati valori e comunicare al meglio l’identità dei prodotti e la filosofia dello store anche durante l’acquisto.
Il primo mezzo di comunicazione è proprio il punto vendita con la
sua organizzazione in ottica di merchandising interna ed esterna. Tutta la
struttura dovrà rappresentare l’obiettivo di differenziazione competitiva
basata sull’immagine e sulla razionalizzazione degli spazi espositivi, sulla
valorizzazione dell’aspetto esterno del negozio, sul comportamento delle
risorse destinate al front-line con i potenziali acquirenti, in coerenza con
gli standard professionali generali contenuti nel piano di marketing urbano. Il merchandising all’interno del punto vendita comprende la disposizione dei mobili, il layout merceologico e la disposizione dei prodotti sul display (ripiano, banco o scaffale).
Del resto le vetrine costituiscono un importante fattore di comunicazione e di immagine rappresentando il biglietto da visita di un punto vendita. Sono le prime a comunicare l’intenzione di appartenenza dei punti
vendita ad un progetto complementare ed integrato di Centro Commerciale Naturale, e tra gli scopi comunicativi principali ci sono quelli di informare, convincere, creare simpatia o prestigio intorno all’immagine di
una zona, di una strada verso l’attenzione di un pubblico eterogeneo e
vario che può essere caratterizzato da frequentatori/clienti abituali, occasionali o potenziali.
Le tecniche di merchandising possono riguardare i punti vendita considerati singolarmente o nel complesso attraverso un’accurata allocazione
spazio/strutturale delle imprese commerciali e delle strutture di servizio.
In ottica di prodotto è utile pensare al Centro Commerciale Naturale come ad un insieme inscindibile d’entità fisica e servizio in cui
l’attività
commerciale viene caratterizzata e differenziata attraverso scelte di assortimento dettate da condizioni di complementarità, piuttosto che di sovrapposizione, garantendo un assortimento specializzato e profondo, e
concependo l’offerta commerciale del Centro Commerciale Naturale come un unicum di un integrato sistema di offerta.
100 Occorre dunque organizzare la rete distributiva nel centro città in
funzione di studi preliminari che cerchino di scoprire una migliore funzionalità per le strutture collocate in un determinato modo, complementari al bisogno di consumo dei soggetti acquirenti, creando dei veri e propri cluster o micro-sistemi urbani. Ciò comporta ripensare come collocare
le diverse attività nelle strade e quale presentazione dare a queste ultime
(display) in base alle considerazioni fatte per rivitalizzare le zone meno
frequentate e creare così una migliore fruibilità del servizio commerciale
in tutta l’area. Quest’attività di marketing, tuttavia, risulta poco realizzabile soprattutto per ciò che riguarda lo spostamento delle attività in diverse zone. Difficilmente si riesce a far collimare le diverse esigenze di
spazio, d’approvvigionamento, di spese di gestione e di appeal commerciale dei vari imprenditori che risultano fortemente legati al territorio, alla
zona, ai vincoli di parentela e amicizia nel preciso luogo in cui si trovano.
Occorre inoltre considerare i vincoli architettonici e ambientali, che limitano gli interventi relativi alle trasformazioni delle unità immobiliari, delineando per questa strada la necessità d’attenzione nel creare i piani di
merchandising, i quali devono essere il risultato di collaborazione tra operatori commerciali, associazioni ed enti pubblici in un’ottica di integrazione
progettuale tra settore urbanistico e commerciale.
101 III CAPITOLO
LE LEVE ECONOMICHE DELLA SICILIA:
IL COMMERCIO E IL TURISMO
3.1. Analisi del contesto economico regionale
Prima di procedere con lo studio del commercio e dei CCN in Sicilia
è utile un’analisi del contesto economico siciliano per comprenderne la
struttura e le dinamiche.
Il protrarsi della crisi e delle turbolenze sui mercati finanziari ha
contribuito ad indebolire lo scenario economico generale. In questo quadro l’Ufficio Studi di Confcommercio indica prospettive molto modeste
sia per il PIL che per i consumi delle famiglie italiane. Nel 2011 il tasso di
crescita si è attestato a un +0,7% con un ulteriore rallentamento nel 2012
(+0,3%) mentre un +0,7% ha caratterizzato i consumi nel 2011 e un +0,2
è previsto nel 2012. Il Mezzogiorno, in particolare, riduce il suo contributo sia in termini di PIL (con una quota sul totale nazionale che passa dal
24% del 1995 al 23,5% del 2011), che di consumi (dal 28,6% al 26,6%) e
questi ultimi, in particolare, risultano in termini pro capite inferiori ai livelli di dieci anni fa e con una prospettiva di assoluta stagnazione per i
prossimi anni.
TABELLA 3.1: IL CONSUMO AGGREGATO PRO CAPITE (EURO COSTANTI) 1995
2000
2007
2011
2017
N ord
12.981
14.694
14.748
14.354
15.128
Sud
8.920
9.814
9.995
9.543
9.545
Italia
11.334
12.771
12.899
12.461
12.911
0,69
0,67
0,68
0,66
0,63
S u d /N o rd
Fonte: Elaborazioni e previsioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat. In Italia, nei primi nove mesi del 2011, tra aperture e chiusure, si è
registrata una riduzione di oltre 41.000 imprese del commercio e dei servizi di cui circa il 40% (oltre 16.000) solo al Sud. Le sole regioni della
Campania, Sicilia e Puglia hanno registrato quasi i tre quarti delle chiu-
103 sure di tutte le imprese del Mezzogiorno.
GRAFICO 3.1: VARIAZIONE % DEL PIL PRO CAPITE Fonte: Regione Siciliana (2011), Annuario statistico regionale Sicilia, Servizio Statistica ed Analisi Economica, Istat Sicilia. Uno studio di Unioncamere Sicilia ha presentato i risultati economici del triennio 2009-2011 su un campione di 6.038 imprese attive in Sicilia, pari a circa il 14% del totale delle società di capitali attive nella regione 64. Le imprese siciliane hanno registrato un significativo aumento di
valore della produzione, pari a oltre il 12%, passando da quasi € 5,6 miliardi nel primo anno a € 5,9 miliardi nel 2010 e a € 6,3 miliardi nel
2011. Anche il valore aggiunto è aumentato costantemente nel triennio,
arrivando nel 2011 a € 1,4 miliardi, pari a quasi il 23% del valore della
produzione nello stesso anno. Le altre grandezze economiche sono
ugualmente cresciute nel triennio considerato. In particolare, l’utile netto
è aumentato tra il 2009 e il 2011 del 35%.
Nonostante questi incrementi, il tessuto produttivo siciliano rimane
piuttosto debole, anche rispetto alla situazione meridionale. La dimensione media delle aziende siciliane è relativamente bassa. Il valore medio
della produzione è pari, infatti, al 42% del valore medio delle regioni italiane. Il 60% circa del campione di imprese di capitali considerato risulta
64
In questo studio “Condizioni e tendenze del sistema produttivo siciliano” di Unioncamere Sicilia si sottolinea che si
tratta di un campione “stabile” nel triennio di valutazione, costituito cioè dalle stesse imprese in tutti e tre gli anni
presi in esame.
104 in utile e realizza quasi l’82% del valore della produzione del campione
complessivo, dunque le imprese in utile sono numericamente del tutto
prevalenti e realizzano una quota proporzionalmente maggiore di fatturato.
GRAFICO 3.2: VALORE AGGIUNTO PER SETTORE IN SICILIA 2000-­‐2009 (INDICI 2000 = 100) Fonte: Regione Siciliana (2011), Annuario statistico regionale Sicilia, Servizio Statistica ed Analisi Economica, Istat Sicilia. Come si può notare dal Grafico 3.2, il valore aggiunto ha subito
dall’anno 2000 un’importante flessione nel settore delle “costruzioni” e in
quello dell’“industria”, mentre in quello dei “servizi” rimane su valori più
o meno costanti.
65
TABELLA 3.2: RISULATI ECONOMICI IN ALCUNI COMPARTI PRODUTTIVI – 2010 (MILIONI DI €) V alo re
produzione
totale
V alo re
produzione
m ed ia
V alo re
aggiunto
A gricoltura e attività connesse
1.060
0,77
210
M anifatturiero, energia, m inerario
9.757
2,6
2.456
C ostruzioni
5.792
0,81
1.571
C om m ercio
19.501
2,3
1.986
Trasporti e spedizioni
4.687
3,9
1.456
S ervizi alle im prese
3.342
0,59
1.154
Fonte: Nostra elaborazione da dati Unioncamere Sicilia. Quasi due terzi del valore della produzione realizzato dalle imprese
65
I risultati derivano dall’aggregazione di 41.130 bilanci di imprese siciliane rilevati nel 2010 considerando le società
di capitali, escluse le quotate e quelle che presentano il bilancio con standard IAS.
105 siciliane risulta concentrato in due soli comparti: il “commercio” e il
“manifatturiero, energia e minerarie”. Il “commercio” con circa il 42% è
il comparto che nel 2011 realizza la maggior quota di valore della produzione regionale, segue il “manifatturiero, energia e minerarie” con quasi
il 20% del totale. Al terzo posto con circa il 10-11% del totale si trova il
settore delle “costruzioni”. Va notato il risultato registrato dal turismo
che rappresenta solo il 2,2% del valore della produzione totale ma con un
valore aggiunto altissimo. Il settore “manifatturiero, energia, minerario”
e quello del “commercio” registrano nel 2011 anche la maggiore dimensione media delle imprese con un valore della produzione di poco più di €
2 milioni. In tutti gli altri comparti, le imprese hanno una dimensione
media inferiore al milione di euro e nettamente al di sotto del valore medio dell’aggregato totale.
Sempre lo studio di Unioncamere Sicilia fa notare come a fine 2011,
rispetto ai valori medi dell’Italia, in Sicilia risulta fortemente sovrarappresentato
in
termini
di
numerosità
delle
imprese
il
comparto
dell’“agricoltura” (22% della Sicilia rispetto al 14,6% dell’Italia) e quello
del “commercio” (33% rispetto al 27% ovvero circa un terzo del totale
delle aziende regionali registrate). Sono invece, molto meno sviluppati il
“manifatturiero, energia e minerario” (8,7% vs 11%), i “servizi alle imprese” (7,3% vs13,2%) e il “turismo” (5,3% vs 6,8%).
TABELLA 3.3: IMPRESE ATTIVE IN SICILIA PER SETTORE ECONOMICO V alo ri asso lu ti
V ar. 2010/2011
A gricoltura e attività connesse
89.986
-3,3
M anifatturiero, energia, m inerario
31.457
-2,1
C ostruzioni
46.702
-0,5
C om m ercio
123.746
-0,1
Turism o
20.059
3,7
S ervizi alle im prese
36.833
3,3
A ssicurazioni e credito
6.632
0,3
A ltri settori
24.403
1,9
Totale im prese attive
379.818
-0,6
Fonte: Nostra elaborazione da dati Unioncamere Sicilia. Interessante osservare che la preminenza numerica del commercio è
106 confermata anche se si considerano le sole società di capitali, oltre il 31%
delle quali sono appunto nel comparto del commercio. Tra il 2010 e il
2011 il numero delle imprese attive nel commercio rimane praticamente
stabile, mentre si riduce in modo abbastanza consistente la numerosità
delle aziende agricole (‐3,3%) e anche di quelle nel manifatturiero, energia e minerarie (‐2,1%). Incrementi significativi si osservano, al contrario
nel turismo (+3,7%) e nei servizi alle imprese (+3,5%).
In Sicilia va considerato che, dato l’esiguo numero di industrie presenti nel territorio rispetto alle regioni del Nord 66, il settore del commercio è quello che fornisce occupazione più di tutti gli altri. Considerando
che il commercio conta il 40% delle imprese esaminate, il 33%
dell’occupazione è assorbita dalle imprese del commercio operanti
nell’Isola, rispetto al 27% della media nazionale. Tutti gli altri comparti
hanno un peso in termini di occupazione largamente inferiore: il “manifatturiero, energia e mineraria” e le “costruzioni” che si collocano al secondo posto occupano meno del 15% del totale, ancora più distanti con
valori di poco superiori al 10% l’“agricoltura e attività connesse” e gli
“altri settori”. Anche le aziende siciliane del turismo vedono crescere
l’occupazione in modo significativo con un +5%.
Uno studio recente della Confcommercio 67 constata che tra il terzo
trimestre del 2007, punto di massimo per l’economia italiana, e il secondo
trimestre del 2012, i consumi pro capite degli italiani sono diminuiti in
termini reali del 6,5%, e il 2012 dovrebbe presentare la peggiore variazione negativa della spesa reale pro capite della storia della repubblica
(oltre il -3%). In Sicilia la dinamica recessiva dei consumi, che aveva già
assunto toni abbastanza marcati nel 2008, si è accentuata nel 2009, comportando situazioni di profondo disagio.
66
Da uno ricerca della Confcommercio “Il dualismo Nord-Sud nelle statistiche dei consumi Nord, Sud, Italia: consumi e crescita” del 2011, la Sicilia, insieme alle regioni più popolose del Sud d’Italia, risulta non avere praticamente
industrie. Guardando ai sistemi locali del lavoro del 2005, infatti, Sicilia, Sardegna e Campania, non arrivano al
4% di quota di valore aggiunto manifatturiero sul totale valore aggiunto.
67
Ufficio Studi Confcommercio (2012), Una nota sull’evoluzione regionale del Commercio in Italia, Roma.
107 68
TABELLA 3.4: I CONSUMI DELLE FAMIGLIE NELLE REGIONI ITALIANE V .M .A. d ei
consum i
a prezzi costanti
1996-2007
C onsum i
pro capite
correnti
V ar. %
dei consum i
a prezzi costanti
2007
2008
2009
2010
2011
N ord-O vest
1,6
17.605
-0,9
-1,8
1,5
0,8
N ord-E st
1,6
17.728
-0,2
-1,1
2,0
0,9
C entro
1,6
16.493
-1,3
-2,2
1,0
0,9
M ezzogiorno
1,0
12.016
-1,5
-2,9
-0,3
0,6
S icilia
1,3
12.349
-1,4
-3,2
-0,6
0,6
IT A L IA
1,5
15.454
-1,0
-2,0
1,0
0,8
Fonte: Confcommercio (2011), Aggiornamento delle Analisi e delle Previsioni dei Consumi nelle Regioni italiane, Roma. All’interno di questo perimetro fortemente recessivo, solo pochissimi
settori di spesa (la telefonia e l’informatica) e solo un canale di distribuzione come il discount, tengono i livelli di fatturato reale del 2011. Si
comprimono i redditi dei cittadini italiani e ciò, trasferendosi nella depressione dei consumi, colpisce tutto il sistema commerciale, soprattutto
nelle componenti meno caratterizzate da efficienza di costo e capacità
d’innovazione (si veda Graf. 3.3).
GRAFICO 3.3: CONSUMI DELLE FAMIGLIE – 2009 (VALORI CONCATENATI – INDICI 2007=100) Fonte: Regione Siciliana (2011), Annuario statistico regionale Sicilia, Servizio Statistica ed Analisi Economica, Istat Sicilia. 68
Le variazioni % medie annue e anno su anno si riferiscono ai consumi regionali nel complesso mentre il valore
del 2007 è espresso in termini pro capite.
108 Gli effetti della forte e duratura contrazione della domanda si sono
tradotti in un mutamento radicale delle quote di mercato che ha contribuito al ridimensionamento, lento ma inesorabile, dei negozi del piccolo
dettaglio. La distribuzione regionale dello stock di imprese commerciali e
le dinamiche settoriali della nati-mortalità riflettono la declinazione territoriale di questi fenomeni. Gli imprenditori del commercio nel Mezzogiorno sono tra i primi a pagare le conseguenze di queste dinamiche eccezionalmente critiche . In particolare fonti sindacali della Filcams Cgil affermano che nell’Isola, nel corso degli ultimi due anni sono stati persi
12.000 posti di lavoro, senza contare quelli che si nascondono dietro il
sommerso e che sfuggono alla statistica. Fra il 2011 e il 2012 sono invece
circa 15.000 le aziende che si sono viste costrette a far fronte alla chiusu-
COMMERCIO AL DETTAGLIO E RECESSIONE:
ra o alOMBRE..
fallimento.
ALTRE
GRAFICO 3.4: SALDI NATI-­‐MORTALITÀ DELLE IMPRESE DEL COMMERCIO AL DETTAGLIO Saldi nati-mortalità delle imprese del commercio al dettaglio
6.000
Me zzogiorno
4.000
2.000
Ce ntro
0
-2.000
Nord-e st
-4.000
-6.000
Nord-ove st
-8.000
-10.000
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
Fonte: Ufficio Studi Confcommercio (2009), Il commercio dentro la recessione, Roma. Elaborazioni Uffcio Studi Confcommercio su dati Movimprese
Secondo Unioncamere Sicilia nel solo 2011 hanno cessato la propria
!
attività ben 11.102 imprese commerciali, e poiché, come visto, questo
comparto costituisce il 40% delle imprese registrate e fornisce il 33% di
occupazione nell’Isola si comprende come ciò costituisca un grave danno
all’intera economia isolana. Il più colpito è il settore della vendita al dettaglio (escluso quello di autoveicoli e motocicli) con 7.812 chiusure. A seguire c’è quello del commercio all’ingrosso con 2.366 chiusure registrate,
e quello del commercio all’ingrosso, al dettaglio e alla riparazione di au-
109 7
toveicoli e motocicli con 924 chiusure di esercizi. Nel corso dei primi tre
mesi del 2012 il trend va ancora più accentuandosi con 3.337 esercizi
commerciali che hanno chiuso i battenti, con una stima che potrebbe toccare, alla fine dell’anno, quota 13.400 fra fallimenti o chiusure di imprese
dedite al commercio. Anche quest’anno il settore più colpito è quello del
commercio al dettaglio con 2.154 esercizi che hanno cessato la propria attività fra gennaio e marzo del 2012. Ripercorrendo perfettamente
l’andamento dell’anno precedente, seguono le imprese di vendita
all’ingrosso con 884 chiusure e quelle di commercio all’ingrosso, al dettaglio e alla riparazione di autoveicoli e motocicli che sono state costrette a
chiudere in 299.
TABELLA 3.5: NATI-­‐MORTALITÀ IMPRESE DEL COMMERCIO E DEI SERVIZI (GENNAIO-­‐SETTEMBRE 2011) Iscritte
C essate
S aldo
6.813
12.345
-5.532
11.398
15.789
-4.391
P uglia
7.837
10.275
-2.438
A bruzzo
2.795
3.932
-1.137
C alabria
3.699
4.584
-885
S ardegna
2.746
3.599
-853
B asilicata
832
1.285
-453
M olise
594
921
-327
36.714
52.730
-16.016
115.198
156.454
-41.347
S icilia
C am pania
Totale Sud
Totale Italia
Fonte: Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Movimprese. Stando al sondaggio stilato nel Rapporto 2012 di Unioncamere Sicilia 69, il primo ostacolo che incide maggiormente sulla crisi delle imprese
del settore è la crescente riduzione del mercato interno (individuato nel
26% dei casi) a fronte altresì di un continuo aumento dei costi di produzione del 20%. Allo stesso modo, il 45% degli imprenditori isolani intravede nella riduzione dei costi il fattore determinante per tornare a competere e a contrastare la crisi, mantenendosi a livelli elevatissimi la pressione fiscale sulle imprese: solo il 41,5% del reddito ante imposte diviene
69
Unioncamere Sicilia (2012), Le imprese siciliane. I risultati del 2011 e le prospettive future, Palermo.
110 reddito netto disponibile alle imprese.
3.1.1. I distretti produttivi siciliani
Una parentesi meritano i distretti produttivi che in Sicilia hanno
rappresentato un modo importante per fare sistema contribuendo allo sviluppo economico dell’Isola. I distretti, anche se geograficamente distanti
e diversi per produzione, sono legati dal comune intento di soddisfare imprenditori e associazioni di categoria, e quelli riconosciti dalla Regione
sono:
1. il Distretto Unico Regionale Cereali SWB;
2. il Distretto Produttivo della Meccanica;
3. il Distretto Agrumi di Sicilia;
4. il Distretto Produttivo della Pesca Industriale – COSVAP;
5. il Distretto Produttivo Meccatronica;
6. il Distretto Avicolo;
7. il Distretto regionale dei Lapidei di Pregio;
8. il Distretto Pietra Lavica;
9. il Distretto della Filiera della carne bovina;
10. il Distretto Produttivo Dolce Sicilia;
11. il Distretto Produttivo Eda Ecodomus;
12. il Distretto Produttivo del Legno e Componenti di arredo;
13. il Distretto del Ficodindia del Calatino Sud Simeto;
14. il Distretto Produttivo Siciliano Lattiero-Caseario;
15. il Distretto del Florovivaismo Siciliano.
I quattro distretti industriali che hanno un peso più rilevante
nell’economia siciliana e che sono riconosciuti dalla Federazione dei Distretti Italiani 70 sono i quattro di seguito brevemente descritti.
Il primo è il distretto della Sicilia Orientale filiera del Tessile, polo collocato nelle provincie di Catania, Messina ed Enna, la cui attività produttiva si distribuisce in tre poli produttivi: Bronte (CT), Valguarnera/Regalbulto (EN), Messina/Nebrodi. Nel comprensorio di Bronte è svi 70
http://www.osservatoriodistretti.org.
111 luppato l’artigianato tessile e numerose aziende confezionano abbigliamento prevalentemente per conto terzi, operando su commesse di grandi
marchi nazionali ed internazionali. Il polo ennese è specializzato nelle
confezioni di alta moda e pret–à–porter con proprio marchio, nelle confezioni delle prime linee per le griffes e nella maglieria. Infine il polo messinese sintetizza un pò tutta la filiera in senso verticale: dalla maglieria, alla camiceria, alle confezioni conto proprio, alla haute couture, ai façonisti, ai
conto/terzisti. La peculiarità di questo Distretto sta nell’aver aggregato in
un unico polo Bronte e diversi Comuni della Sicilia orientale, che vantano
una
lunga
tradizione
nel
tessile,
che
contraddistingue
parte
dell’economia regionale. L’elemento distintivo e qualificante del distretto,
rispetto alla concorrenza internazionale, è l’elevato standard qualitativo,
che consente di attrarre commesse di marchi che fanno dello styling e
dell’accuratezza dei dettagli un punto di forza del prodotto.
Il secondo distretto è quello della Pesca Industriale nel Mediterraneo riconosciuto nel marzo 2006 con decreto n.182/12.S n.152 dell’Assessorato
regionale alla Cooperazione, al Commercio, all’Artigianato e alla Pesca.
Il territorio di riferimento del distretto è la parte di Sicilia occidentale
compresa fra le province di Trapani e Palermo, ma l’area distrettuale si
estende fino a ricomprendere alcune località della costa nord-africana
(Libia, Egitto e Tunisia). Il distretto si è costituito in COSVAP (Consorzio Siciliano per la Valorizzazione del Pescato) ed è interpretato come
cluster di imprese che svolgono attività simili secondo una logica di filiera
orizzontale e verticale. È caratterizzato dalla compresenza di soggetti
pubblici e privati e le sue attività vanno dalla cattura alla commercializzazione del pescato, comprendendo anche i servizi connessi quali la cantieristica navale e le attività propedeutiche alla costruzione del naviglio
da pesca, nonché la maricoltura e l’allevamento ittico.
Il terzo distretto è quello della Meccanica Siciliana. Il territorio di riferimento si colloca nella parte Sud-Orientale dell’Isola, tra Siracusa ed
Augusta e si estende, ad Ovest, fino a Gela e, a Nord, fino a Milazzo. Le
ulteriori estensioni nell’area industriale di Ragusa fanno del distretto uno
112 dei più grandi poli industriali d’Europa. Nel distretto sono presenti PMI
che
operano
nel
settore
della
meccanica
ed
in
particolare
dell’impiantistica meccanica e che realizzano: progettazione, assemblaggio, montaggio e manutenzione di impianti industriali e tecnologici, metanodotti, oleodotti, gasdotti, reti idriche, macchine rotanti, diagnostica
di sicurezza e qualità, software. Le aziende del distretto si caratterizzano
per una notevole flessibilità operativa e gestionale, realizzando spesso una
buona parte del processo produttivo in cantieri ubicati in ogni parte del
mondo. Infatti, pur avendo le loro sedi legali ed operative nel territorio
siciliano, esse progettano, costruiscono, manutengono e riparano impianti
industriali e civili in cantieri mobili aperti nei luoghi dove si aggiudicano
le commesse. Ciò è valido in assoluto per le aziende denominate general
contractor 71, ma anche per la maggior parte delle aziende facenti parte della filiera verticale.
Infine si menziona il distretto produttivo Meccatronica che si estende
su tutto il territorio della Sicilia. È per lo più rappresentato dalla provincia di Palermo, cui appartengono circa il 63% delle imprese aderenti ed
include anche aziende situate nelle principali province della regione: Caltanissetta, Trapani, Catania, Agrigento, Ragusa, Siracusa. Il distretto è
stato promosso da Confindustria Palermo che, insieme all’Università degli
Studi di Palermo, si è occupata dell’elaborazione del Patto. È nato
dall’idea di valorizzare un’area di confine ad alta specializzazione tecnologica che si colloca tra la meccanica, l’automatica, l’elettronica e
l’informatica. L’utilizzo appropriato di nuovi materiali, l’integrazione di
tecnologie dell’automazione, l’uso di metodi di progettazione, simulazione, analisi sempre più complesse sono alcune delle sfide della nuova meccanica.
Aderiscono
al
distretto,
insieme
ad
alcuni
en-
ti/associazioni/consorzi, 148 imprese all’interno dell’intera filiera produttiva, che comprende produzioni metalmeccaniche, elettroniche ed in 71
Sono imprese di maggiori dimensioni, che svolgono l’intero processo produttivo della filiera verticale. Esse realizzano e manutenzionano grandi impianti industriali, metanodotti, oleodotti, reti di impianti tecnologici per usi civili,
occupandosi di tutte le fasi del processo produttivo (dall’approvvigionamento delle materie prime alla consegna
chiavi in mano ed il collaudo): raccolta della commessa; progettazione; acquisto delle materie prime e dei semilavorati; costruzione e montaggio della struttura meccanica; controllo di sicurezza e qualità; collaudo e consegna.
113 formatiche. All’interno del ramo manifatturiero, in particolare in provincia di Palermo, le categorie produttive più rappresentative sono: produzione di metalli non ferrosi e semilavorati, fusione di acciaio e, soprattutto, fabbricazione di autoveicoli, costruzione di materiale rotabile ferroviario e di parti di autoveicoli. Vi è, poi, una presenza rilevante di imprese di piccole dimensioni ma altamente competitive grazie alla loro specializzazione in prodotti particolari quali, ad esempio, la componentistica
per il settore dell’automotive. Il distretto comprende sia le imprese industriali legate alla produzione di componenti e di apparecchiature elettroniche e informatiche, sia le imprese del cosiddetto terziario avanzato, appartenenti ai comparti dell’informatica, della ricerca e sviluppo e delle
comunicazioni.
3.2.
Il turismo in Sicilia
Il turismo rappresenta un settore storicamente rilevante per
l’economia italiana, e in particolare siciliana, il cui potenziale di crescita
è ancora ampio.
Per
cogliere
alcune
tendenze
strutturali
è
utile
considerare
l’evoluzione delle performance della capacità ricettiva nell’ultimo decennio, confrontando la situazione italiana con i paesi UE ed in particolare
con i maggiori concorrenti (Francia, Spagna, Grecia, Germania e Austria). L’Italia nel 2010 dispone di 4,7 milioni di posti letto pari al 16,6%
dell’offerta dell’UE, ponendosi in seconda posizione tra i paesi europei
dopo la Francia (5,8 milioni di posti letto). Nell’ultimo decennio è osservabile una crescita della capacità ricettiva in Italia (+20,2) e nell’UE
(+22,9) 72. L’Italia è salita nel 2010 al primo posto della graduatoria della
quota di presenze nel complesso degli esercizi ricettivi dell’UE (+16) superando la Spagna (+15,6).
Il turismo rappresenta per la Sicilia una risorsa talmente importante
da costituire un vero e proprio volano per lo sviluppo di altri settori. Secondo alcuni esponenti degli organismi italiani di rappresentanza
72
Dati forniti dal Sistema Statistico Nazionale (2012), Rapporto annuale 2012, Ministero dello Sviluppo Economico,
Roma.
114 all’estero, la Sicilia è vista come un’interessante destinazione di investimenti diretti esteri, quali Russia e Brasile, che hanno manifestato la volontà di investire in Sicilia in importanti settori quali quello delle energie
rinnovabili,
ad
alta
intensità
tecnologica,
nella
moda
e
nell’enogastronomia.
La Sicilia risulta essere, insieme ad Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Lombardia e Veneto, la meta più frequentata per motivi personali e
in occasione di viaggi d’affari.
È interessante notare come nel biennio 2010-2011 il CISET (Centro
Internazionale di Studi sull’Economia Turistica) abbia rilevato un generalizzato aumento della spesa totale sul territorio e tuttavia un rapporto inverso tra dinamica della permanenza e della spesa media (si veda Fig.
3.1). Aumenta la spesa media ma diminuisce il tempo di permanenza sul
luogo. In Sicilia, insieme alla Toscana, Emilia-Romagna e Valle d’Aosta,
a fronte di un aumento della spesa media, si registra un’ulteriore riduzione della permanenza, al contrario di regioni come il Lazio, la Puglia e la
Sardegna che, a fronte di una riduzione della spesa media, registrano invece un aumento della permanenza.
FIGURA 3.1: DINAMICA DELLA SPESA NELLE REGIONI 2010-­‐2011 Fonte: Centro Internazionale di Studi sull’Economia Turistica (CISET). Potenzialità inespresse sono rappresentate dal turismo culturale tra-
115 dizionale, favorito dal portafoglio clienti extraeuropeo e dall’interesse
dimostrato dal mercato tedesco. In generale risultano infatti più competitive le regioni che puntano sul prodotto culturale tradizionale, che sono
più vicine ai principali bacini di origine e propongono prodotti sostitutivi
rispetto al Nord Africa.
Secondo il Rapporto 2009-2010 “Il Turismo in Sicilia”, redatto
dall’Assessorato del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo della Regione
Siciliana, l’industria turistico-ricettiva in Sicilia nel 2010 ha evidenziato
nel complesso lievi movimenti. Gli arrivi, rispetto al 2009, sono calati
dell’1,5%, mentre le presenze hanno fatto registrare un incremento
dell’1,6%. Tale situazione sembra migliorata nel 2011 mostrando un incremento dei flussi turistici rilevati nelle strutture alberghiere e complementari, con arrivi che rispetto al 2010 sono aumentati del 5,3% su tutto
il territorio regionale, mentre le presenze hanno registrato un incremento
dell’8,6%.
TABELLA 3.6: FLUSSI TURISTICI NELLE PROVINCE SICILIANE (2010-­‐2011) P R O V IN C E
A G R IG E N T O
C A LTA N IS S E TTA
C A TA N IA
ENNA
A R R IV I
2010
2011
372.411
373.291
PRESENZE
V ar. %
2010
0,2%
1.353.739
2011
1.331.072
V ar. %
-1,7%
61.804
62.691
1,4%
239.158
256.888
7,4%
671.424
740.460
10,3%
1.739.545
1.915.184
10,1%
57.311
59.676
4,1%
132.077
123.203
-6,7%
M ESSIN A
849.126
892.765
5,1%
3.382.339
3.563.035
5,3%
P A LE R M O
912.962
965.497
5,8%
2.794.634
3.538.820
26,6%
RAGUSA
189.698
198.549
4,7%
728.677
756.659
3,8%
S IR A C U S A
313.746
331.527
5,7%
1.166.380
1.095.509
-6,1%
TR APAN I
570.689
585.432
2,6%
1.958.942
2.080.397
6,2%
3.999.171
4.209.888
5,3%
13.495.491
14.660.767
8,6%
S IC IL IA
Fonte: Regione Siciliana (2012), Il Turismo in Sicilia – Anteprima 2010-­‐2011, Assessorato regionale del Turi-­‐
smo, dello Sport e dello Spettacolo. Nelle province siciliane si è osservato una generale crescita del movimento turistico nel 2011. In merito agli arrivi, il segno positivo si riscontra in tutti i territori provinciali. In particolare, hanno toccato la
punta di massima espansione nella provincia di Catania, dove il tasso di
variazione si è attestato al 10,3%. Progressi di un certo rilievo si riscontrano nelle restanti realtà territoriali, se si eccettua il distretto agrigentino
116 dove fra il 2010 e il 2011 gli arrivi rimangono pressoché invariati.
Discorso un po’ diverso vale per i pernottamenti, relativamente ai
quali si osservano province con forti sviluppi, come Palermo (27%) e Catania (10%), ed altre con variazioni negative come la provincia di Agrigento (-1,7%).
Come detto prima, il movimento turistico siciliano nel 2011 ha messo in evidenza un trend positivo che è stato riscontrato anche all’interno
dei due settori dell’industria turistico-ricettiva siciliana.
Nel comparto alberghiero sono aumentate le presenze (+9,2%), cosa
che ha fatto incrementare lievemente la permanenza media alberghiera.
Situazione opposta si riscontra invece nel settore extralberghiero.
GRAFICO 3.5: PAESI STRANIERI CON MAGGIOR NUMERO DI PRESENZE IN SICILIA (2010-­‐2011) 1.600.000
1.400.000
1.200.000
1.000.000
presenze
800.000
arrivi
600.000
400.000
200.000
0
Francia
Germania
Regno
Unito
U.S.A.
Russia
Spagna
Fonte: Regione Siciliana (2012), Il Turismo in Sicilia – Anteprima 2010-­‐2011, Assessorato regionale del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo. Osservando la provenienza dei visitatori si denota una crescita dei
flussi sia per gli italiani che per gli stranieri, ma sono questi ultimi che
fanno rilevare la migliore “prestazione”. In entrambi i casi si sviluppa in
particolare il tasso di incremento dei pernottamenti e anche della permanenza media. Come descritto dal Graf. 3.5, i visitatori esteri che trascorrono più notti nelle strutture ricettive isolane sono i francesi, che rappresentano il 19% delle presenze straniere. Nel 2010 i transalpini hanno su-
117 perato la soglia del milione di pernottamenti con un aumento del 3,2%, a
differenza degli arrivi che invece sono calati di quasi il 4%. Seguono poi i
tedeschi, che non sono molto distanti dai francesi con entrambi i flussi in
crescita. Nell’ordine ci sono poi gli inglesi, gli statunitensi e i russi. Questi ultimi hanno evidenziato nel 2010 una forte impennata, soprattutto
nei pernottamenti, totalizzando un +22,6 %. Queste cinque nazionalità
rappresentano più della metà del totale delle presenze estere in Sicilia.
Quindi occorrerebbe posizionarsi in modo forte sul turismo internazionale.
Osservando l’andamento temporale dal 2000 al 2011 della permanenza media (si veda Graf. 3.6), si può riscontrare un decremento nei
primi anni del periodo seguito da un’impennata iniziata a partire dal
2007 che ha portato tale variabile a superare i livelli riscontrati ad inizio
secolo, avvicinandosi ai tre giorni e mezzo 73.
GRAFICO 3.6: PERMANENZA MEDIA IN SICILIA (2000-­‐2010) 3,50
3,45
3,40
3,35
3,30
3,25
3,20
3,15
3,10
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
Fonte: Regione Siciliana (2012), Il Turismo in Sicilia – Anteprima 2010-­‐2011, Assessorato regionale del Turi-­‐
smo, dello Sport e dello Spettacolo. Sul fronte della fruizione culturale la Sicilia registra un calo del
16,5% nel 2011 rispetto al 2005, ma allo stesso tempo un aumento tra il
2010 e il 2011 del 10,3%.
73
Da segnalare che si tratta comunque di incrementi di non elevata entità che nell’ambito dell’intero periodo considerato racchiude un gap inferiore alla mezza giornata.
118 Nell’ambito
della
programmazione
PO
FESR
2007-2013
74
l’Assessorato regionale del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo – Dipartimento del turismo, dello Sport e dello Spettacolo – ha commissionato un’indagine condotta dal Raggruppamento Temporaneo di Imprese
IZI S.p.a. e Simulation Intalligence s.r.l., tesa a ricercare i motivi di attrattività turistica della Sicilia. La ricerca ha avuto per oggetto l’analisi
della domanda turistica cercando di individuare i fattori che determinano
l’attrattività turistica della Sicilia nei principale mercati esteri e nazionale, nonché il suo posizionamento rispetto ai maggiori competitor. Sono state
effettuate oltre 24.000 interviste coinvolgendo turisti potenziali e attuali,
intermediari ed organismi di rappresentanza nazionali ed internazionali.
È emerso che la Sicilia gode di un’immagine complessivamente positiva e che chi vi giunge lo fa per una scelta ben precisa, essendo l’Isola
percepita come terra di vacanza. Essa rappresenta una delle “classiche”
destinazioni italiane, terra di sole, mare, natura, arte, cultura e buon cibo. La Sicilia risulta un marchio universalmente riconosciuto e per questo
motivo facilmente commercializzabile. È, infatti, una delle poche regioni
italiane il cui nome viene correttamente tradotto in inglese e francese (Sicily e Sicile) come avviene solamente in Toscana.
Schematizzando, i punti di forza dell’attrattività turistica della Sicilia sono rappresentati dal fatto che è percepita come una terra calda, soleggiata e luminosa, ospitale ed accogliente, ricca di storia, cultura e arte.
Gli attributi positivi che i turisti, potenziali e attuali, riconoscono alla Sicilia superano di gran lunga quelli negativi, con un 85,4% contro un
14,6%.
74
Il Programma Operativo FESR (Fondo europeo per lo sviluppo regionale), adottato con Decisione della Commissione europea C (2007) 4249 del 7 settembre 2007, ha come obiettivo globale quello di “innalzare e stabilizzare il
tasso di crescita medio dell’economia regionale, attraverso il rafforzamento dei fattori di attrattività di contesto e
della competitività di sistema delle attività produttive, in un quadro di sostenibilità ambientale e territoriale e di
coesione sociale”.
Il Programma ha una dotazione finanziaria di € 6.539.605.100 e prevede sette priorità di intervento: “Reti e collegamenti per la mobilità”; ”Uso efficiente delle risorse naturali”; “Valorizzazione delle identità culturali e delle risorse paesaggistico-ambientali per l’attrattività e lo sviluppo”; “Diffusione della ricerca, dell’innovazione e della società dell’informazione”; “Sviluppo imprenditoriale e competitività dei sistemi produttivi locali”; “Sviluppo urbano sostenibile”; “Governance, capacità istituzionali e assistenza tecnica”.
Ciascun asse prioritario del Programma è articolato in obiettivi specifici, a loro volta declinati in obiettivi operativi
che raggruppano linee di intervento volte alla realizzazione della strategia individuata. Una serie di indicatori di
impatto, risultato e realizzazione consentiranno di monitorare i principali progressi conseguiti e l’efficacia degli
obiettivi nell’attuazione degli assi. Il Programma presenta inoltre un elenco indicativo di “Grandi Progetti” che riguardano la rete ferroviaria, il trasporto pubblico locale, il settore stradale, la logistica, il settore energetico.
119 Tuttavia ciò non basta per rimediare ai punti di debolezza, ormai
strutturali, che l’Isola presenta e che sono rappresentati dalla percezione,
da parte sia dei turisti potenziali e attuali sia degli operatori di settore, di
un non adeguato livello dei servizi destinati al turista per degrado e incuria, caos e disorganizzazione, nonché una scarsa accessibilità dall’esterno
e problemi di mobilità interna. Il dato preoccupante è che i giudizi più
severi sono stati espressi dai turisti stranieri, ovvero quel target più “pesante” e più difficile da fidelizzare.
3.2.1. I distretti turistici
Con la Legge nazionale 135/2001 “Riforma della legislazione nazionale
del turismo” sono stati istituiti i “Sistemi Turistici Locali” che vengono definiti come “i contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali
appartenenti anche a regioni diverse, caratterizzati dall’offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell’agricoltura
e dell’artigianato locale, o dalla presenza diffusa di imprese turistiche singole o associate”.
L’art. 6 della Legge Regionale 10/2005 “Norme per lo sviluppo turistico
della Sicilia e norme finanziarie urgenti” definisce i distretti turistici “contesti
omogenei o integrati comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a più province e caratterizzati da offerte qualificate di attrazioni turistiche e/o di beni culturali,
ambientali, ivi compresi i prodotti tipici dell’agricoltura e/o dell’artigianato locale.”.
L’obiettivo che la creazione di questi distretti si è posto è il miglioramento delle condizioni di offerta turistica complessiva, di fruibilità ed
accessibilità dei fattori di attrazione situati nel territorio del distretto stesso, nonché l’aumento dei volumi relativi al turismo pernottante ed alla
spesa turistica.
L’Assessorato regionale del Turismo ha attuato questa legge istituendo i Distretti Turistici per la cui attivazione verranno impiegati i
fondi PO FERS 2007-2013. È stato così pubblicato il bando finalizzato al
riconoscimento dei distretti in Sicilia, fissando requisiti di tipo:
-­‐
dimensionale (almeno 12 comuni aderenti);
-­‐
demografico (almeno150.000 abitanti nel territorio interessato);
120 -­‐
di capacità in termini di ospitalità a fini turistici (non meno di 7.500
posti letto ed 1 esercizio commerciale ogni 350 abitanti);
-­‐
di governance (almeno il 30% della compagine sociale a titolarità privata) mentre viene lasciata facoltà di scelta in merito alla forma aggregativa.
Presupposto indispensabile è la presenza, nell’ambito del distretto
turistico, degli elementi di attrazione turistica e delle emergenze culturali,
ambientali e paesaggistiche che caratterizzano il territorio nonché le sue
potenzialità.
Ai promotori dei distretti è stata chiesta la predisposizione di un
Piano di sviluppo turistico non inferiore a tre anni e relativo al Piano finanziario che contenga una dettagliata ricognizione delle risorse turisticamente rilevanti.
I distretti turistici siciliani sono quindi pensati come organismi che
attraverso lo studio e la valutazione delle risorse premettono una programmazione dello sviluppo del territorio. Un modo di rivalutare e potenziare le capacità dei comuni dell’Isola lasciando loro il compito di aggregarsi, valutarsi e stabilire il proprio modello di sviluppo.
I distretti turistici promuovono una sinergia tra le eccellenze dei territori e la promozione del turismo con una novità rispetto al passato rappresentata dalla partecipazione dei privati, sino ad in tetto del 30%, e
l’assoluta assenza di qualsiasi ente para-regionale.
I distretti turistici riconosciuti sono 22: 15 territoriali (contigui territorialmente) e 7 tematici (integrazione fra territori non contigui caratterizzati da un unico tema specifico), con eccezione della costituzione di un
unico distretto territoriale per le isole e gli arcipelaghi siciliani, di un distretto tematico per la valorizzazione della Venere di Morgantina e di un
distretto tematico legato ai percorsi della Targa Florio.
121 TABELLA 3.7: I DISTRETTI TURISTICI TERRITORIALI E TEMATICI IN SICILIA D IS TR E TTI TE R R ITO R IA LI
D IS TR E TTI TE M A TIC I
1.
A ntichi m estieri, sapori, e tradizioni popolari
siciliane
1.
S elinunte, il B elice e S ciacca T erm e
2.
S icilia occidentale
2.
V ini e sapori di S icilia
3.
D istretto turistico degli Iblei
3.
Le terre del m ito
4.
Il m are dell’E tna
4.
B orghi m arinari
5.
G olfo di C astellam m are
5.
P escaturism o e cultura del m are
6.
P alerm o C osta N orm anna
6.
S ud - E st
7.
V alle dei tem pli
7.
E cosicily – parchi, riserve e terre dei norm anni
8.
A ntichi m estieri, sapori, e tradizioni popolari
siciliane
9.
Targa Florio – A ci
8.
Tirreno N ebrodi
9.
Thyrrenium Tyndaris - P arco dei M iti
10. Taorm ina Etna
11. M onti Sicani e Valle del Platani
12. C efalù e P archi delle M adonie e di H im era
13. S icilia C entro M eridionale
14. V enere di M organtina
15. Isole ed arcipelaghi di S icilia
Fonte: Nostra elaborazione. FIGURA 3.2: I DISTRETTI TURISTICI TERRITORIALI DELLA SICILIA Fonte: Dipartimento Turismo, Sport e Spettacolo, Assessorato regionale del Turismo, dello Sport e dello Spetta-­‐
colo, Regione Siciliana. 122 3.3.
Il sistema distributivo siciliano
Il commercio, come abbiamo visto, rappresenta un settore importante per la Sicilia. In totale la regione conta 94.121 esercizi commerciali al
dettaglio di cui 70.730 fanno parte del piccolo dettaglio (si veda Tab.
3.8).
TABELLA 3.8: PUNTI VENDITA DEL COMMERCIO AL DETTAGLIO IN SICILIA PER FORMULA DISTRI-­‐
75
BUTIVA E MERCEOLOGIA – 2011 P icco lo
D ettaglio
70.730
M IN I
456
SUPER
IPER
736
27
GM
127
GSP
AMBUL
A LTR O
64
20.115
TO T
1.866
94.121
AREA
A LIM .
19.049
IN F O R M
1.456
NO
SPEC.
A LIM .
7.716
SPEC.
A LIM .
11.333
FER R
4.823
2.761
M O B ILI
4.917
AREA
NON
A LIM .
51.681
TA B
ABB
14.354
NON
SPEC.
2.374
A LTR O
21.508
CARB
2.249
TO T
70.730
Fonte: Nostra elaborazione da Ufficio Studi Confcommercio (2012), Rapporto sulle Economie Territoriali e il Ter-­‐
ziario di Mercato, Roma. Grazie al restyling di strutture spesso obsolete e proponendo un assortimento di maggior qualità nel settore dell’abbigliamento, degli accessori
e dei prodotti di bellezza e per la casa, il grande magazzino sta registrando una diffusione crescente.
Ma è nella Grande Distribuzione Organizzata (GDO) che la Sicilia
ha conosciuto un percorso di crescita vertiginoso. Negli ultimi anni, in
Francia e negli Stati Uniti si è assistito ad una fase di contrazione della
GDO e dei suoi diversi canali, ma in Italia ed in particolare in Sicilia il
trend è stato più che positivo. Il sistema distributivo in questa regione ha
vissuto negli ultimi dieci anni un periodo d’intensa e rapida evoluzione e
trasformazione. Oggi la concentrazione dell’attività della GDO in Sicilia
supera o si allinea a quella del Nord-Ovest: nell’ultimo quinquennio, in 75
MINI: minimercati 2010; SUPER: supermercati 2010; IPER: ipermercati 2010; GM: grandi magazzini 2010; GSP:
grandi superfici specializzate 2010; ALTRO: altre forme di vendita fuori dai negozi; AREA ALIM: Area alimentare;
NO SPEC. ALIM: Non specializzati alimentari; SPEC ALIM: Specializzati alimentari; TAB: Tabacchi; AREA NON
ALIM: Area non alimentare; CARB: Carburanti; INFORM: Apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni; FERR: Ferramenta, vernici e mater., costruzione; MOBILI: Mobili, articoli illuminazione, per la casa, tappeti, rivestimenti per pareti e pavimenti; ABB: Abbigliamento e calzature; ALTRO: tessili, elettrodomestici, libri, giornali,
cartolerie, medicinali, cosmetici, fiori, piante, gioielleria.
123 sieme alla Puglia, è stata la regione in cui si è avuto il massimo sviluppo
nelle vendite e nell’apertura di nuovi ipermercati e centri commerciali.
Storicamente, dalle analisi condotte sui dati del mercato italiano è
sempre emerso il divario tra lo stock delle strutture della GDO ed in particolare dei centri commerciali, presente nelle aree settentrionali del nostro Paese rispetto alle regioni del Sud, ma negli ultimi anni la situazione
è cambiata. Proprio nel Mezzogiorno, ed in particolare in Sicilia, sono
stati realizzati alcuni dei più grandi progetti di shopping center regionali,
con il contemporaneo arrivo di insegne specializzate che in una logica di
presidio del territorio, dopo il forte sviluppo al Nord, si spostano verso
aree forse meno ricche ma anche meno concorrenziali.
Dai dati 2008 di Confcommercio sullo stato della GDO nel food e nofood si può notare come il divario storico tra Nord e Sud si stia assottigliando. Il trend nazionale food e no-food è seguito dalla Sicilia con un
comparto del commercio alimentare (insieme di fresco e di confezionato)
la cui quota coperta dalla Grande Distribuzione Organizzata sale ad oltre
i due terzi del totale dei canali di commercializzazione, crescendo però ad
un ritmo inferiore all’1%. Crescita maggiore, invece, per il no-food con un
fatturato che dal 2006 è cresciuto di più rispetto ai dati nazionali. Ciò si
presume dovuto al proliferare dei centri commerciali e alla totale copertura territoriale, anche per le aree più decentrate o poco collegate con le
grandi aeree metropolitane che hanno creato nuova domanda ed incentivato i consumi.
Secondo il rapporto di Confcommercio del 2009, mentre la GDO al
Sud è cresciuta del 55%, in Sicilia l’offerta è aumentata fino al 184,8% e
ad oggi i centri commerciali sembrano essere i format principali della
struttura dell’offerta. Rispetto al 2002 nell’Isola ci sono 188 supermercati
in più e nel 2001 esistevano in tutto il territorio regionale solo 5 centri
commerciali per poi crescere in maniere esponenziale arrivando a 29 nel
2009 (si veda Tab. 3.9 e relativo Graf. 3.7).
124 TABELLA 3.9: CENTRI COMMERCIALI IN SICILIA 2001-­‐2009 A nno
N um ero
S u p . L o tto (m q )
G LA (m q) 76
2001
5
259.755
72.830
2003
9
470.572
120.421
2005
9
470.572
130.421
2009
29
1.748.615
595.234
GRAFICO 3.7: ANDAMENTO CRESCITA DEI CENTRI COMMERCIALI IN SICILIA 2001-­‐2009 35 30 25 20 15 10 5 0 2001 2003 2005 2009 Fonte: Nostra elaborazione da dati dell’Osservatorio Nazionale del Commercio -­‐ Mini-­‐
stero Attività Produttive. Nel Centro-Nord gli ipermercati occupano in ogni regione aree per
circa 2.000.000 mq mentre in Sicilia si contano circa 850.000 mq 77, anche
con strutture inferiori a 20.000 mq.
Con riferimento alla diffusione territoriale, Ragusa si trova al terzo
posto, dopo Catania e Siracusa (il dato è di 204 mq per ogni 1000 abitanti), mentre Palermo è all’ultimo posto per metri quadrati ma non per numero di punti vendita dei diversi canali GDO. Il dato importante sta però
nel fatto che i centri commerciali siciliani sono concentrati in prevalenza
nella parte orientale della regione, dove occupano già più di 500.000 600.000 mq nell’asse Catania, Siracusa e Ragusa .
Gli ipermercati siciliani sono concentrati in prevalenza nella zona
intorno a Catania, dove occupano già più di 700.000 mq. Nello stesso perimetro geografico sono oggi in costruzione altri centri commerciali per
76
Per GLA (Gross Leasable Area) si intende la superficie a disposizione degli operatori a titolo di proprietà o altro
titolo di godimento non gratuito, per l’esercizio della propria attività di vendita o di servizio.
77
Il dato complessivo della Sicilia di 850.000 mq non appare coerente con quello indicato perla provincia di Catania
di 700.000 mq. L’incongruenza salta agli occhi se si mette nel conto il dato della provincia di Siracusa che presenta caratteristiche analoghe a Catania e dove il solo centro commerciale Carrefour ha un edificato di 130.000
mq, al quale vanno poi aggiunti gli altri della provincia (Auchan, Emmezeta ecc.), avviandosi così a raggiungere,
o superare, la cifra fornita per l’intera Sicilia.
125 un totale di circa 650.000 mq. Si tratta di una concentrazione che, in
proporzione al numero di abitanti, in Europa, è seconda solo alla Norvegia. Ma la Norvegia è una nazione di 8.000.000 di abitanti e la porzione
della provincia di Catania conta circa 500.000 abitanti 78.
TABELLA 3.10: CENTRI COMMERCIALI PER PROVINCIA – 2009 P ro vin cia
N um ero C entri
A G R IG E N T O
Lotto Sup. Tot
2
111.753
G LA Totale
57.025
C A LTA N IS S E TTA
-
-
-
C A TA N IA
9
692.805
269.798
ENNA
-
-
-
M ESSIN A
-
-
-
P A LE R M O
8
137.064
54.786
RAGUSA
2
155.966
44.741
S IR A C U S A
7
630.026
159.466
TR APAN I
1
21.000
9.418
S IC IL IA
29
1.748.615
595.234
Fonte: Nostra elaborazione da dati dell’Osservatorio Nazionale del Commercio -­‐ Ministero At-­‐
tività Produttive. Sebbene nel giro di pochi anni il divario in termini quantitativi rispetto alle regioni del Nord si sia ridotto, è opportuno evidenziare alcuni
elementi che caratterizzano uno sviluppo per alcuni aspetti differenziato.
Un primo aspetto distintivo riguarda i processi autorizzativi. Al Nord
sta prevalendo una logica di forte controllo dell’impatto ambientale dei
nuovi interventi, il maggior numero dei quali è segnalato in aree già urbanizzate da riconvertire. In Sicilia si lavora ancora molto sul green-field,
cioè aree meno urbanizzate ma tuttavia prossime alle principali arterie
stradali.
Per quanto concerne la progettazione, i centri commerciali sviluppati
in Sicilia presentano un’immagine ed uno standard tendenzialmente aggiornati in linea con il quadro settentrionale, grazie al sempre più diffuso
know-how progettuale disponibile che permette l’allineamento sulle esigenze degli investitori e la competizione con il commercio tradizionale.
A livello di tipologie, in Sicilia il prodotto prevalente è la nuova galleria con ipermercato, mentre al Nord le preferenze puntano sempre più su
78
Per alcuni analisti questo è progresso e sviluppo territoriale che evidenzia la vocazione commerciale di Catania,
per altri invece è una gigantesca speculazione edilizia; i terreni in questione, infatti, sono originalmente agricoli:
ottenuta la variante d’uso e l’autorizzazione a costruire acquistano un valore centuplicato.
126 formule o più (apparentemente) semplici come i parchi commerciali, o su
iniziative multifunzionali, con forte incidenza di ristrutturazioni e ampliamenti.
Se si focalizza l’analisi sull’indice di concorrenza, in Sicilia emerge
l’alto rapporto tra metri quadrati disponibili e popolazione, che dovrebbe
non garantire la disposizione di notevoli spazi di crescita. Se si paragona
la situazione di fine anno 2000 con la dotazione commerciale presente a
fine anno 2008 risulta evidente la crescita. La dotazione media in quasi
tutto il territorio italiano è almeno raddoppiata, e in Sicilia risulta quasi
triplicata. A livello nazionale, il 74% dei centri commerciali ha una superficie compresa tra 20.000 e 40.000 mq di GLA (Gross Leasable Area, superficie lorda di pavimento abitabile comprendente superficie di vendita,
magazzini, uffici e locali di lavorazione) e limitando il focus in Sicilia tale
valore sale all’82%.
Analizzando il numero medio di punti di vendita presenti all’interno dei centri
commerciali è necessario soffermarsi sulle differenze di crescita nelle varie
regioni. Nel corso degli ultimi sette anni a livello nazionale non si sono
registrati significativi incrementi: si è passati da 61 a 65 punti di vendita
per centro commerciale. In Sicilia si è invece evidenziato un incremento
del numero medio dei punti di vendita all’interno dei centri pari a circa il
30%. Un fenomeno che testimonia una chiara tendenza alla realizzazione
di centri di dimensioni più grandi.
Per quanto riguarda le grandi superfici, il dato per centri commerciali
maggiori di 20.000 mq è meno dirompente rispetto a regioni come Puglia
e Campania ed alle regioni del Nord Italia. La Sicilia, considerando la
media di tutte le province, presenta un numero di centri commerciali inferiore.
Accanto ad una riduzione del numero degli addetti e dei negozi al
dettaglio tradizionale, si è assistito al parallelo aumento del numero dei
punti vendita e delle quote di mercato della GDO. Questa crescita esponenziale ha avuto conseguenze disastrose sul commercio al dettaglio
comportando la chiusura di svariati negozi tradizionali. Tra il 2000 e il
127 2008 a Catania sono stati promossi 311.251 mq a fronte dei 95.376 di Palermo e i 98.858 di Siracusa. Se la media regionale è di 162 mq per 1000
abitanti, a Catania è di 288 mq. Anche i dati Istat del 2008 evidenziano
come nel settore orientale della Sicilia, dove sussiste un numero sproporzionato di centri commerciali, l’avvio di nuove istanze per ottenere altre
licenze ha generato un sovradimensionamento dell’offerta.
Confcommercio, Camere di Commercio e associazioni di categoria
concordano con una generale revisione dell’attuale legislazione regionale
sul commercio per far fronte alle reali emergenze del settore. Negli ultimi
anni in Sicilia si è assistito al rilascio di numerose licenze a danno del settore commerciale tradizionale: se nel 2006 le strutture che avevano ricevuto autorizzazione dalla Regione erano 79, oggi sono salite a 104. E negli ultimi mesi, ai Comuni, secondo Confcommercio Sicilia, sono arrivate
nuove richieste per l’apertura di grandi centri commerciali (di queste 9
solo a Catania, Siracusa e Ragusa), cosa che preoccupa la stessa associazione dei commercianti 79, e che ha portato le amministrazioni locali ad
introdurre maggiori vincoli per la realizzazione di insediamenti commerciali di grande dimensione che ha rallentato negli ultimi anni le nuove
aperture.
Sebbene, infatti, la realizzazione di nuove superfici della moderna
distribuzione possa essere oggi considerata positivamente dal punto di vista socioeconomico (incremento dell’occupazione e maggiori introiti per
le casse comunali), i dati mostrano come nel lungo termine possano affiorare rilevanti asimmetrie nel mercato del lavoro e nei meccanismi gestionali e finanziari degli spazi interni 80. In particolare, il giro d’affari alimentare del commercio tradizionale vede la riduzione della quota relativa
ed una contrazione in valori assoluti che, nonostante abbia redditi medi e
PIL pro capite inferiori, presenta un incremento dei consumi dovuto al
34% medio in più di redditi non dichiarati, documentato dagli ultimi dati
79
Confcommercio Sicilia ha lanciato l’allarme chiedendo la revisione dell’attuale legge 28 del 1999 sulla riforma della disciplina del commercio: “è partita una corsa alle licenze per la grande distribuzione e la Regione ritarda a dare seguito all’annunciato blocco. Il risultato è che le piccole imprese sono minacciate anche perchè queste richieste sono spesso concentrate tutte nelle stesse aree”.
80
I punti di vendita inseriti all’interno del centro commerciale devono, infatti, essere in grado di produrre reddito per
poter continuare a sostenere i costi dell’investimento e contribuire a ravvivare il centro commerciale.
128 delle Camere di Commercio e della Regione. Nel 1° semestre del 2012 la
grande distribuzione nel complesso ha registrato in termini tendenziali un
modesto incremento del fatturato (+0,1%), contro una flessione del 2,6%
di quello delle imprese operanti su piccole superfici. A conferma di queste
valutazioni, la Nielsen rileva che nei primi sette mesi del 2012 il prezzo
medio del venduto presso gli ipermercati e nei negozi tradizionali è cresciuto rispettivamente del 2,4% e dell’1,1%. La contrazione della domanda, e quindi delle quote di mercato a favore della GDO, ha contribuito al
ridimensionamento, lento ma inesorabile, dei negozi che animano i tanti
centri storici del nostro paese. Secondo Nielsen non si tratterebbe di un
fenomeno fisiologico di selezione dei migliori, che avrebbe avuto riflessi
positivi sulla produttività aggregata, ma di un evento patologico che affonda le radici nella crisi dei redditi e nella conseguente riduzione dei
consumi delle famiglie che mette a dura prova i risultati economici di
molte strutture provocandone la chiusura.
Nonostante abbiamo visto come il divario italico tra Nord e Sud
nell’ambito della GDO sia diminuito, in generale non si può dire lo stesso
in termini di disponibilità di superficie di vendita in rapporto alla popolazione che, pur essendo lievemente aumentata negli ultimi anni, ha inciso
poco nel ridurre il divario che il Sud registra verso il Nord. Infatti rispetto alla media dell’Italia del 2010 (pari a 6,1 mq ogni 100 abitanti), nel
Nord-Ovest e nel Nord-Est la dotazione è rispettivamente di 9,7 e di 6,6
mq ogni 100 abitanti, mentre nel Sud è di 4,2, con una media di 3,7 mq
in Sicilia. Nel 2010 l’Osservatorio Nazionale del Commercio ha censito in
Italia 1.570 esercizi non alimentari con una superficie di vendita superiore a 400 mq, di cui ben 969 localizzate nelle regioni del Centro e del Sud,
di cui 127 in Sicilia. Allo stesso tempo vi è stato un ridimensionamento
dello stock in Sicilia (-3), effetto di un processo di selezione che ha colpito
soprattutto quelle aziende incapaci di rinnovare la propria offerta di prodotti e di servizi.
Rapportando le vendite complessive alla dimensione demografica e
analizzando le vendite pro capite, si osserva come al primo posto della re-
129 lativa graduatoria si collochi la Valle d’Aosta con un livello pari a €
5.462.000 a fronte di un valore medio nazionale di € 4.582.000. Al secondo posto troviamo l’Emilia Romagna e poi il Veneto rispettivamente
con € 5.414 e € 5.266. In fondo alla graduatoria vediamo Sardegna, Calabria e Sicilia (Fig. 3.3) con valori pro capite che si collocano attorno ai
€ 3.400.
FIGURA 3.3: GRADUATORIA REGIONALE DELLE VENDITE TOTALI IN RAPPORTO ALLA POPOLAZIONE – 2010 Fonte: Sistema Statistico Nazionale (2010), Rapporto sul sistema distributivo -­‐ Analisi economico-­‐strutturale del commercio italiano, Ministero dello Sviluppo Economico, Roma. Una posizione di primo piano assume in Sicilia anche il commercio
ambulante, la cui densità territoriale risulta lievemente aumentata rispetto a quella registrata nel 2009 presentando a livello nazionale una densità
media di 38,3 unità ogni 10.000 abitanti con una media nazionale di oltre
28. Da notare come al meridione della Penisola si sia registrato un aumento del commercio ambulante con punte massime anche in regioni come la Calabria (41,2), la Puglia (38) e la Sardegna (37,9), mentre minime
risultano al Nord in regioni come Trentino (12,5) e Friuli (13,4).
130 TABELLA 3.11: NUMERO ESERCIZI PER 10.000 ABITANTI – 2010 C om m ercio
A m bulante
C om m ercio al dettaglio
al di fuori di negozi,
banchi e m ercati
P iem onte
30,3
11,3
V alle D ’A osta
13,8
4,6
Lom bardia
19,7
4,5
Trentino-A lto A dige
12,5
4,9
V eneto
21,3
5,1
Friuli-V enezia-G iulia
13,4
4,0
Liguria
28,9
5,9
E m ilia R om agna
22,6
3,9
Toscana
33,1
4,4
U m bria
22,1
4,7
M arche
30,8
3,6
Lazio
24,4
7,5
A bruzzi
31,2
4,7
M olise
25,3
3,1
C am pania
36,3
4,1
P uglia
38,0
4,4
B asilicata
20,8
3,3
C alabria
41,2
4,8
S icilia
38,3
3,7
S ardegna
37,9
3,6
Totale
28,3
5,1
R egione
TABELLA 3.12: CONSISTENZE ESERCIZI DEL COMMERCIO AMBULANTE E DEL COMMERCIO AL DETTA-­‐
GLIO AL DI FUORI DI NEGOZI, BANCHI E MERCATI IN SICILIA – 2010 Commercio ambulante
TIPOLOGIA E SPECIALIZZAZIONE COMM.LE
Non specifico
CL
CT
EN
ME
PA
RG
SR
TP
TOT
150
265
600
66
67
370
60
38
128
1.744
Alimentare
498
412
860
159
562
600
357
378
297
4.123
Abbigliamento, Tessuti e Calzature
143
189
492
21
356
354
186
124
161
2.026
Abbigliamento e Tessuti
518
294
1.215
74
718
1.026
267
219
295
4.626
65
16
122
6
59
101
19
28
38
454
629
174
1.095
38
463
2.439
301
187
286
5.612
Calzature e Pelletteria
Altri articoli
Mobili e articoli di uso domestico
TOTALE
Commercio al dettaglio al di
fuori di negozi, banchi e mercati
AG
Non specificato
Commercio per corrispondenza, telefono, radio, televisione, Internet
Commercio solo via Internet
Vendita a domicilio
Commercio per mezzo di distributori
automatici
TOTALE
TOTALE GENERALE
107
16
145
10
170
190
17
31
54
740
2.110
1.366
4.529
374
2.395
5.080
1.207
1.005
1.259
19.325
60
150
101
15
6
90
20
17
30
489
8
8
54
-
78
43
3
6
15
215
26
19
94
14
59
107
17
35
47
418
17
23
71
4
113
132
21
28
33
442
15
15
63
12
35
74
31
19
25
289
126
215
383
45
291
446
92
105
150
1.853
2.236
1.581
4.912
419
2.686
5.526
1.299
1.110
1.409
21.178
Fonte: Nostra elaborazione da dati dell’Osservatorio Nazionale del Commercio -­‐ Ministero Attività Produttive. 131 Quanto detto dimostra come la Sicilia, la cui economia si basa fortemente sul terziario, abbia una fortissima vocazione commerciale, sebbene tra l’area orientale e quella occidentale ci sia una notevole divergenza in termini di offerta e di varietà delle formule impiegate. Nei prossimi anni si prevede (soprattutto nella Sicilia occidentale) una maggiore
crescita delle grandi superfici della distribuzione moderna, trainata da
migliori condizioni infrastrutturali come l’inaugurazione dell’Interporto
merci a Termini Imerese e il potenziamento delle vie del mare. Nella Sicilia orientale, che appare in una fase di maggiore maturità, si cominceranno ad apprezzare nuove formule distributive, le quali si affiancheranno alle grandi superfici già esistenti.
3.4.
Le principali norme che disciplinano il commercio in
Sicilia
L’art. 14 dello Statuto Speciale della Regione Sicilia afferma che:
“L’Assemblea Regionale Siciliana ha la legislazione esclusiva su industria e commercio, salva la disciplina dei rapporti privati”.
L’art. 5 “Programmazione della rete distributiva” della Legge Regionale 28/1999 “Riforma della disciplina del commercio” ha inserito tra i suoi
obiettivi l’esigenza di “assicurare il rispetto del principio della libera concorrenza,
favorendo l’equilibrato sviluppo delle diverse tipologie distributive e la pluralità delle
insegne, e un rapporto equilibrato tra gli insediamenti commerciali e la capacità di
domanda della popolazione residente e fluttuante per il settore dei generi di largo e generale consumo” (comma 1, lettera b).
L’art. 9 della suddetta legge sulle grandi strutture di vendita sancisce
che l’apertura, il trasferimento di sede e l’ampliamento della superficie di
una grande struttura di vendita sono soggetti ad autorizzazione rilasciata
dal comune competente per territorio nel rispetto della programmazione
urbanistico-commerciale, mentre non sono soggetti ad autorizzazione aggiuntiva ma a semplice comunicazione al comune competente per territorio, gli ampliamenti delle grandi strutture esistenti per una sola volta fino
ad una percentuale del 20% della superficie già occupata.
132 TABELLA 3.13: LE PRINCIPALI NORME SUL COMMERCIO IN SICILIA L.R. 28/1999 “Riforma della disciplina del commercio”
D.P.R. 165/2000 “Direttive e indirizzi di programmazione commerciale e criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale”
D.P. 2000 “Disposizioni per regolamentare gli interventi a favore dei centri storici, delle aree di
interesse commerciale, dei centri urbani di minore consistenza demografica ubicati nelle zone di
montagna, in zone rurali e nelle isole minori. Fissazione dei criteri di priorità e atti dovuti per il
rilascio delle autorizzazioni per medie e grandi strutture di vendita”
L.R. 16/2002 “Disposizioni urgenti nei settori dell’artigianato, del commercio, della cooperazione
e della pesca”
L.R. 10/2005 “Norme per lo sviluppo turistico della Sicilia e norme finanziarie urgenti”
Fonte: Nostra elaborazione. La domanda di rilascio dell’autorizzazione, indetta dal comune
competente per territorio entro 60 giorni dal ricevimento, viene esaminata da una Conferenza di Servizi, composta da quattro membri:
l’Assessorato regionale alla Cooperazione, al Commercio, all’Artigianato
e alla Pesca (ora alle Attività Produttive); la provincia regionale; il comune e la Camera di Commercio.
Il D.P.R. 165/2000 prevede direttive ed indirizzi di programmazione commerciale e criteri di programmazione urbanistica-commerciale. In
particolare all’art. 6 “Studi di impatto per le grandi superfici di vendita”
si disciplina che il rilascio di autorizzazioni per grandi strutture di vendita è subordinato alla redazione di uno studio di impatto che fornisca tutti i
riferimenti conoscitivi necessari per la valutazione effettuata in sede di
Conferenza di Servizi.
Lo studio di impatto costituisce il documento base per la verifica
della congruità delle iniziative commerciali e deve essere allegato
all’istanza di autorizzazione per l’esercizio di grandi strutture di vendita
presentata al comune competente per territorio. Il suddetto studio prevede i seguenti contenuti:
a) caratteristiche dell’iniziativa;
b) bacino di attrazione;
c) il volume di spesa attratta;
d) conto economico semplificato;
e) implicazioni urbanistiche generali;
133 f) impatto sul traffico;
g) impatto ambientale;
h) impatto commerciale;
i) impatto occupazionale (saldo netto occupazionale).
Per impatto commerciale la legge chiarisce che la nuova struttura non
deve compromettere la varietà di tipologie di vendita presenti nell’area di
riferimento o portare a concentrazioni in capo a singole insegne che possono generare situazioni di natura monopolistica, concentrando preesistenti strutture di vendita. Si devono valutare le quote di venduto che la
nuova iniziativa sottrae alle medie e grandi strutture di vendita esistenti e
agli esercizi di vicinato. Va stimata anche la quota di mercato congiunta
in caso di medie e grandi strutture di vendita operanti nello stesso comparto con la medesima insegna, in proprietà o collegata alla stessa centrale di acquisto o nell’area definita dall’isocrona corrispondente a 30 minuti
d’auto. Se tale quota supera un terzo del totale, la nuova iniziativa commerciale non può essere autorizzata. Nel caso invece dei centri commerciali la verifica va effettuata relativamente a tutti gli esercizi commerciali
singolarmente superiori alla soglia di una media struttura di vendita.
Secondo Federdistibuzione, la posizione di mercato dell’impresa richiedente l’autorizzazione e i limiti quantitativi al rilascio di autorizzazioni introdotti dalla Regione creano problemi di natura concorrenziale.
Innanzitutto l’inclusione, tra i vari criteri di valutazione, di considerazioni attinenti alla quota di mercato dell’impresa che intende realizzare
l’iniziativa, potendo influire sulla struttura dell’intero settore, risulta particolarmente idonea a determinare distorsioni della concorrenza, impedendo di fatto la crescita delle imprese ed il conseguimento di economie
di scala. In secondo luogo, la programmazione della rete distributiva che
intende favorire un rapporto equilibrato tra la domanda e l’offerta non fa
altro che ostacolare la libera evoluzione del mercato e distorcere la concorrenza. Infine, evidenzia l’esistenza di limiti quantitativi per il rilascio
delle autorizzazioni per l’apertura di grandi strutture di vendita, che al
fine di “consentire alla rete di vendita esistente un adeguamento progressivo alle con-
134 dizioni concorrenziali determinate dalle nuove norme sull’apertura di grandi strutture
di vendita” per un periodo transitorio che inizialmente doveva essere di
trenta mesi dall’entrata in vigore legge, ma che poi è stato ulteriormente
prorogato dalla legge regionale 30 ottobre 2002 n. 16 senza limiti di tempo 81.
Per quanto riguarda la disciplina dell’orario di apertura e chiusura
al pubblico, il decreto Bersani ha previsto all’art. 11 la possibilità di variare l’orario di apertura e di chiusura del punto vendita in modo che
questo potesse essere adattato alle esigenze dell’esercente e a quelle della
domanda locale. La legge regionale (art. 12, L.R. 28/1999), tuttavia, disciplina le aperture domenicali, prevedendo la possibilità di riconoscere
deroghe per gli esercenti dei comuni turistici e dei centri storici, ed il limite massimo di apertura giornaliera di dodici ore anziché tredici, come
previsto dalla legge nazionale.
L’11 agosto 2010 è stato presentato il disegno di legge “Norme in materia di orari degli esercizi commerciali e delle grandi strutture di vendita e modifiche
alla legge regionale 22 dicembre 1999, n. 28” ed esitato per l’Aula dalla III
Commissione legislativa “Attività Produttive”, che prevede in particolare
la modifica del primo comma dell’art. 12: “Gli orari di apertura e di chiusura
al pubblico degli esercizi di vendita al dettaglio sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti (…)”. Tuttavia il disegno di legge prevede due modalità
per consentire la deroga al regime ordinario: una disposta dal comune interessato, sentite le organizzazioni sindacali, senza particolari formalità,
fermo restando l’impossibilità di apertura in occasione delle festività
maggiori e per almeno trentadue domeniche, l’altra attraverso la convocazione di apposita Conferenza di Servizi da parte dell’Assessore regionale alle attività produttive, a cui partecipano i comuni interessati e le rappresentanze datoriali e sindacali.
L’orientamento politico attuale è quello di garantire e tutelare il sistema produttivo e commerciale siciliano, mettendolo al riparo dalle minacce egemoniche e di monopolio dei grandi colossi della grande distri 81
Federdistribuzione (2010), Competenza legislativa esclusiva alle Regioni in materia di commercio. La situazione
attuale - considerazioni e proposte, Roma.
135 buzione; valorizzare gli operatori del commercio, piccoli e medi, i centri
storici delle città siciliane e sostenere le produzioni artigianali di qualità e
le produzioni agroalimentari di eccellenza, che garantiscono il mantenimento dei saperi e dei mestieri tradizionali legati alla Sicilia, determinando anche un elemento di forte richiamo ed attrazione turistica.
136 IV CAPITOLO
IL TESSUTO URBANO ED ECONOMICO
DELLA CITTÀ DI PALERMO
4.1.
Continuità e trasformazioni
Fino agli anni Novanta il panorama urbano e sociale di Palermo è stato
spesso associato dall’opinione pubblica e dalla stampa internazionale a quello della Beirut delle bombe e degli attentati con un’evidente difficoltà dello
Stato a mantenere il controllo del territorio.
Negli ultimi venti anni Palermo ha vissuto una stagione di cambiamenti
sia sul piano politico che su quello culturale e sociale. Da una situazione di
stagnante e asfittico immobilismo, che ha determinato il progressivo declino
della città, negli anni Novanta si è aperta una stagione che ha segnato una
svolta e aperto alcuni spiragli. Nonostante però i recenti cambiamenti, la
realtà sociale ed economica di Palermo è ancora oggi segnata da innumerevoli difficoltà ed emergenze, da quella abitativa a quella dei trasporti, dalla
disoccupazione alla mancanza di servizi. A queste criticità si aggiungono poi
i problemi legati al ruolo della criminalità organizzata nella sua relazione
con una classe dirigente spesso inefficace nell’amministrare le risorse pubbliche.
Dal punto di vista delle dinamiche demografiche, Palermo è caratterizzata da una leggera ma continua flessione della popolazione. Continuiamo
ad assistere a un fenomeno di urban sprawl 82 senza tuttavia potere ancora rilevare effetti significativi in termini quantitativi legati a politiche attive di
riconquista del centro. Nel 2009 la popolazione della città è diminuita di
7.171 unità rispetto all’anno precedente, mentre la popolazione del Centro
Storico è aumentata, anche se di sole 82 unità.
82
Dall’inglese “città diffusa” o “dispersione urbana”, ad indicare una rapida e disordinata crescita di una città. Questo
fenomeno si manifesta nelle zone periferiche data la connotazione di aree di recente espansione e sottoposte a continui mutamenti. Un fatto caratteristico della dispersione urbana è la separazione fisica dello spazio usato per varie attività: residenziale, shopping center, uffici, istituzioni civiche, e strade.
137 Dal punto di vista delle dinamiche economiche, la Città ha una ridotta
capacità di sviluppo ed un minimo livello di attrattività di investimenti stranieri tra i più bassi d’Italia, registrando anche la minore vitalità economica
(solo 55 le imprese ogni mille abitanti, contro le 88 di Napoli, e le 130 di
Milano).
Il PIL pro capite palermitano (perlopiù dovuto all’economia dei servizi)
è lontano dalla media nazionale: è al sesto posto in regione e, negli ultimi
anni, oscilla intorno al 93° posto a livello nazionale 83.
Il tessuto imprenditoriale (che esaminerò dettagliatamente nel prossimo
paragrafo) presenta una prevalenza di imprese di piccola e piccolissima dimensione e la quasi assoluta assenza di imprese di dimensioni medie. Una
sua analisi mostra come il dato complessivo più evidente sia la terziarizzazione dell’economia e la riduzione del peso del settore industriale, così come
si è rilevato a livello regionale. L’economia della Città è sempre più rivolta
al terziario incentrato sui servizi tradizionali, come il commercio e la pubblica amministrazione, e con un numero ormai residuale di imprese attive
nei comparti a più alto valore innovativo. In questo quadro un dato interessante è quello riguardante l’imprenditoria immigrata: nella provincia di Palermo erano 616 le imprese guidate da imprenditori migranti sino al 1996;
nel 2007 si è passati a 3.260 posizioni iscritte al Registro Imprese della provincia, che rappresentano il 5,3% del totale di 61.734 imprese individuali
attive nello stesso periodo.
Nonostante
qualche
segnale
positivo,
come
quest’ultimo
sull’imprenditoria dei migranti, non stupisce che la disoccupazione continui
a essere un problema molto grave, solo in parte mitigato dal fenomeno del
lavoro nero o irregolare e dal massiccio ricorso a risorse statali e regionali
per l’assorbimento di forza lavoro nella pubblica amministrazione. Palermo
mantiene il primo posto in ambito nazionale registrando un tasso di disoccupazione superiore al 17%, a più di 10 punti percentuali di distanza dal
dato medio italiano. Restano gravi le difficoltà di inserimento delle donne
nel mercato del lavoro: la disoccupazione femminile, al 19,8% è quasi tre
83
Cfr. dati Sistema Statistico Nazionale (2010), Rapporto sul sistema distributivo - Analisi economico-strutturale del
commercio italiano, Ministero dello Sviluppo Economico, Roma.
138 volte più elevata del dato medio italiano 84.
Negli anni Novanta, come su detto, Palermo ha vissuto un’importante
svolta politica e sociale i cui effetti sono visibili ancora oggi nelle dinamiche
di trasformazione del tessuto sociale ed economico della Città. Nonostante
la permanenza (e in alcuni casi l’acuirsi) di problemi e conflitti quali il disastro del bilancio comunale, la gestione clientelare e inefficiente dei principali servizi pubblici e le tensioni sociali dovute a una gestione delle politiche
per il lavoro e la casa, Palermo è diventata lo scenario di politiche pubbliche
inedite per la sua storia, che hanno contributo a trasformarne la fisionomia
come:
•
la salvaguardia e il recupero del Centro Storico, con l’apparire di fenomeni di gentrification, cioè di un aumento dello statuto socio-professionale
degli abitanti parallelo al restauro degli alloggi in alcune aree;
•
le varianti alla destinazione d’uso di immobili di interesse storico e artistico per favorire l’apertura di musei, gallerie d’arte e alberghi di categoria superiore;
•
il ricorso costante a flussi di denaro pubblico (soprattutto fondi
dell’Unione Europea oltre a quelli statali) per la creazione di infrastrutture per il trasporto e la logistica, che oggi si concretizza nella volontà,
da parte dell’attuale regime urbano, di procedere a un ingente investimento per la ristrutturazione del waterfront in un’ottica di trasformazione
delle sue funzioni volgendole prevalentemente al turismo e al consumo
culturale.
Il contesto nel quale, secondo i suoi attuali amministratori, Palermo
mira a inserirsi è dunque quello tipico della competizione internazionale fra
città. Nella fase iniziale di questo processo, l’Amministrazione di centrosinistra si era concentrata fondamentalmente sulle attività di recupero del Centro Storico e su quelle culturali raggiungendo risultati rilevanti, mentre, per
quanto riguarda l’attività volta a migliorare la competitività del territorio
sul piano economico, l’azione è stata molto meno efficace 85.
84
Ibidem.
85
Azzolina L. (2009), Governare Palermo. Storia e sociologia di un cambiamento mancato, Donzelli, Roma.
139 L’Amministrazione di centrodestra, dall’inizio degli anni Duemila, ha
dato continuità all’azione di quella precedente sul piano degli interventi nel
Centro Storico (tranne per ciò che concerne l’insediamento delle fasce più
popolari) e su quelli per la cultura ma con “una caduta della progettualità e uno
scivolamento verso politiche distributive e di immagine” 86 . Il maggiore sforzo
dell’Amministrazione di centrodestra è invece dedicato, almeno nelle intenzioni dichiarate, ai lavori pubblici e all’infrastrutturazione del territorio.
Tuttavia la costruzione delle opere pubbliche procede senza coordinamento,
fra ritardi e arresti mentre la mobilità permane in una situazione estremamente critica 87.
Non stupisce, dunque, che ancora nei primi anni Novanta uno studio
di K. Kunzmann e M. Wegener “The Pattern of Urbanization in Western Europe” sulle economie delle città europee classificava Palermo tra le città marginali, senza pianificazione adeguata né infrastrutture sufficienti 88. Tuttavia,
nonostante la presenza di elementi di continuità con il passato, già quattro
anni dopo questo studio, un’inchiesta sulla gerarchia urbana europea 89 situava Palermo nella categoria delle “città marginalizzate” assieme a Cottbuss (nell’ex Germania dell’Est) e Napoli. Poco più di un decennio dopo, nel
2008
Palermo
riceve
il
premio
europeo
Prix
Rotthier,
assegnato
dall’organizzazione “A Vision of Europe. Fondation pour l’architecture”, che raggruppa persone vicine al movimento del New Urbanism a favore di uno sviluppo urbano compatto, neotradizionale ed ecologico, per il migliore progetto di recupero di un centro città.
Tutto ciò indica come Palermo, dopo una lunga fase di marginalizzazione e di chiusura, sia entrata durante l’ultimo ventennio in una fase di
globalizzazione e di cosmopolitizzazione, pur con un ritardo di diversi anni
rispetto ad altre città europee delle stesse dimensioni e con modalità simila 86
Ibidem.
87
“Il Comune di Palermo (…) si ritrova con le casse assolutamente vuote, senza bilancio approvato, fortemente indebitato con fornitori, disabili, anziani e senzatetto; e con gli abitanti vessati da un carico fiscale comunale insostenibile
(…), da provvedimenti contraddittori e assolutamente inefficaci a risolvere i cronici problemi della città, da servizi pubblici costosissimi e inefficienti, da un traffico caotico e convulso, dall’assenza assoluta di progettualità e di buona amministrazione” (Cancila O. (1988), Palermo, Laterza, Roma).
88
Kunzmann K. e Wegener M. (1991), “The Pattern of Urbanization in Western Europe”, Ekistics, Vol. 350.
89
Krätke S. (1995), Stadt, Raum, Ökonomie, Birkhäuser, Basel.
140 ri.
Effettuando un’analisi SWOT, nella Tabella 4.1 si schematizza quali
sono i punti di forza e di debolezza della città di Palermo, e quali le minacce
e le opportunità ancora non colte.
TABELLA 4.1: ANALISI SWOT DEL SISTEMA “PALERMO” P U N T I D I F O R Z A P U N T I D I D EB O LEZ Z A O P P O R T U N IT À M IN A C C E §
Cap olu ogo region ale e riferm en to dell ’area m etrop olitan a §
Cen tralità geografica n el M editerran eo §
Sistem a di p iccole e m edie im p rese §
Q u alità dei p rodotti locali §
Circu ito gastron om ico di qu alità §
P rod otti a groa lim en ta ri tip ici e tra d izion a li §
P orti com m ercia li, tu ristici e p esch erecci §
A erop orto in tern azion ale §
Cen tri di ricerca e u n iv ersità §
In fra stru ttu re e so tto serv izi §
T em p i lu n ghi di p ercorren za delle m erci §
D im inuzio n e di co m petitiv ità e d i quo te di m erca to §
Con corren za con altre città del M editerran eo §
Scarso coordin am en to e m essa in rete delle risorse §
Sistem a p rodu ttivo sottodim en sion ato §
Scarsa con oscen za e ricorso alla fin an za in n ovativa §
Scarso coordin am en to con en ti ed istitu zion i p rivate §
Illeg a lità d iffu sa §
Con trazion e delle azien de agricole §
Cap itale u m an o p oco sp ecializzato §
P iccolo com m ercio p oco ap erto all’in n o va zio n e §
Svilu p p o della ricerca ed avvio di im p rese in n ovative §
A rea Fiera co m e centro esp ositiv o e in cub ato re d ’im p resa §
Corsi di form azion e ed edu cazion e §
A pertura d ell ’area di lib ero scam b io del M editerran eo §
P oten zia m en to del sistem a lo gistico e del p o rto co m m ercia le §
M iglioram en to d ella q u alità d ella vita §
In tern a zio n a lizza zio n e §
P ia tta form a p ortu a le d el T irren o occid en ta le §
Storiche attività can tieristiche §
P oten zia m en to d el tu rism o crocieristico §
In fra stru ttu re ferro v ia rie e s trad ali d ism esse §
M ercati rion ali e p rod otti tip ici locali §
Iso la m en to g eo g ra fico §
M an cata p ian ifcazion e e razion alizzazion e d el sistem a d ella G D O §
Scarsa in n ovazion e tecn ologica e di p rodotto §
Con corren za com m erciale dei Paesi del b acin o del M ed iterran eo §
P resen za , su l territorio m etrop olita n o, d i in fra stru ttu re e servizi scarsam en te in tegrati alla rete §
Criticità organ izzative legate ad u n eccesso di b u rocrazia e 141 all’iso la m en to o p era tivo §
A ccessib ilità a l no d o po rtua le inad eg ua ta §
In crem en to d el traffico veicolare e d i m ezzi p esan ti §
In su fficien te in teg ra zio n e m o d a le n el tra sp o rto m erci §
In a d eg u a ta d o ta zio n e d i in fra stru ttu re lo g istich e e d i co lleg a m en to locale, region ale e sovra-­‐region a le §
M an cato riassetto d ell ’accessib ilità ad aree com m erciali e p rodu t-­‐
tive Fonte: Nostra elaborazione da Ecosfera S.p.a., Exitone S.p.a., GF Studio S.r.l. (2008), Piano strategico, Palermo Capitale dell’EuroMediterraneo per la riqualificazione, lo sviluppo e la promozione del territorio metro-­‐
politano della città di Palermo, Roma. 4.2.
Il sistema economico palermitano
Nell’ultimo quinquennio, la crescita economica della provincia di Palermo, valutata a prezzi correnti, è in linea con la media italiana e regionale, risultando però leggermente inferiore a quella di province che, per
l’appartenenza alla stessa regione e la vicinanza geografica con Palermo,
possono essere considerate “concorrenti dirette” nell’attrazione di fattori di
sviluppo di qualità, di investimenti e capitale umano (come Agrigento). Tuttavia, un’analisi più attenta mostra come la crescita economica della provincia tra il 2004 ed il 2010 sia attribuibile ai primi anni, ovvero al periodo
2004-2006, quando si è accumulato un incremento di PIL pari al 7,5%, un
valore di crescita superiore al trend nazionale (+6,6%) ma inferiore al dinamismo economico della Sicilia (+8,2%). Dal 2007 la crescita ha decelerato traducendosi in una recessione nel 2009-2010, che ha registrato una contrazione pari al -2,2% nel 2009 (Sicilia -1,4% e Italia -3%) ed al -0,2% nel
2010 (Sicilia +1,1% e Italia +1,8%).
La questione che occorre sottolineare è che mentre l’Italia nel 2010 è
tornata a crescere l’economia palermitana sconta una flessione che trova riscontro nei fatturati delle imprese in difficoltà (-14,6%) e nelle numerose
crisi aziendali che il territorio registra. Pertanto, per quanto la flessione del
PIL provinciale nel solo 2009 sia stata meno grave rispetto al resto della regione e del Paese, un’analisi complessiva del biennio 2009-2010 porta a ritenere che l’impatto della recessione, in confronto con la Sicilia e con
l’Italia, sia stato più severo a Palermo.
142 GRAFICO 4.1: ANDAMENTO DEL PIL A PREZZI CORRENTI IN PROVINCIA DI PALERMO, IN SICILIA ED IN ITALIA (2003-­‐2010; VAR. IN %) 6 Palermo Sicilia Italia 4,5 3 4,7 4,2 3,2 3,9 4,4 3,9 3,6 3,8 4,1 2,9 2,7 2,4 1,5 1,4 1,8 1,4 1,1 1,1 0 -­‐0,2 -­‐1,5 -­‐1,4 -­‐2,2 -­‐3 -­‐3 -­‐4,5 2004/2003 2005/2004 2006/2005 2007/2006 2008/2007 2009/2008 2010/2009 Fonte: Nostra elaborazione da dati Camera di Commercio di Palermo e Istituto Guglielmo Tagliacarne (2011), Osservatorio Economico della provincia di Palermo, Palermo. Nel 2011 gli indicatori economici mostrano un ulteriore arretramento
rispetto al 2010 con perdite che vanno a cumularsi a quelle già subìte nel
biennio precedente, allontanando nel tempo una prospettiva concreta di ripresa economica. Anche la produzione continua a ridursi (-8,7%) e la domanda stenta a ripartire. Nel corso del 2011, quindi, l’economia palermitana ha continuato a risentire della generale debolezza della ripresa economica e del clima di incertezza diffusa, e tutto ciò si traduce in ulteriori contrazioni del fatturato nei diversi macro-settori. Come mostra il Grafico 4.2, le
riduzioni più marcate si riscontrano nell’agricoltura (con un -9,6% di fatturato) e nei servizi (-8,7%), mentre sono leggermente meno intense nel manifatturiero (-7,9%) e soprattutto nelle costruzioni (-3,5%). La performance
negativa dei servizi risulta particolarmente condizionata dalla dinamica del
terziario avanzato (con un -10,9% di fatturato) e dei trasporti (-10,4%),
mentre contrazioni del volume di affari meno incisive si rilevano per il turismo (-7,2%). Nel commercio, invece, la dinamica congiunturale non sembra
affatto migliorare rispetto al 2010 (-10% delle vendite).
143 GRAFICO 4.2: SERIE STORICA DELLA VARIAZIONE DI FATTURATO NEI SETTORI ECONOMICI IN PROVINCIA DI PALERMO (2009-­‐2010; IN %) 0 -­‐5 -­‐10 -­‐15 -­‐3,5 -­‐5,3 -­‐10 -­‐7,2 -­‐7,9 -­‐10,1 -­‐9,6 -­‐12,1 -­‐14,8 -­‐10,9 -­‐10,4 -­‐19,6 -­‐9 -­‐10,9 -­‐16,5 -­‐18,3 -­‐21,3 -­‐7,7 -­‐8,7 -­‐11,1 -­‐14,7 -­‐14,8 -­‐15,2 -­‐17,9 -­‐20 -­‐7,8 -­‐17,1 -­‐14,2 -­‐17,2 -­‐21,5 -­‐25 -­‐25,2 -­‐30 2009 2010 2011 Fonte: Nostra elaborazione da dati Camera di Commercio di Palermo e Istituto Guglielmo Tagliacarne (2010), Osservatorio Economico della provincia di Palermo, Palermo. Il bilancio complessivo della capacità di crescita economica della provincia di Palermo non è, quindi, particolarmente favorevole giacché
l’economia provinciale mostra una capacità di crescita inferiore e un ritardo
competitivo sia rispetto all’andamento nazionale sia nei confronti del resto
della regione: nelle fasi di crescita Palermo cresce meno rapidamente rispetto al resto dell’Isola, mentre nelle fasi di inversione del ciclo ha difficoltà ad
agganciare la ripresa.
Dall’Osservatorio Economico della provincia di Palermo del 2010
emerge che la recessione ha agito sull’economia locale manifestandosi da
una parte nelle aspettative, sempre più negative, di imprenditori e consumatori influenzandone la propensione ad investire ed a consumare (quindi
l’andamento della domanda aggregata e del valore aggiunto locale), e,
dall’altra, nel sempre più difficile rapporto fra banche ed imprese, che ha
compromesso l’accesso al credito da parte di un numero sempre crescente di
144 PMI, proprio nel momento in cui la recessione ha indotto un degrado del
cash flow e delle condizioni di liquidità delle imprese, depauperandole dalle
risorse finanziarie necessarie.
FIGURA 4.1: IL CIRCOLO VIZIOSO DERIVANTE DALLA CRISI IN PROVINCIA DI PALERMO Investimenti 33% Occupazione 36,2% Minore liquidità 36% Consumi delle famiglie 68,8% Riduzione degli ordini 49,4% Fonte: Nostra elaborazione da dati Camera di Commercio di Palermo e Istituto Guglielmo Tagliacarne (2011), Osservatorio Economico della provincia di Palermo, Palermo. La crisi ha inciso soprattutto sui consumi delle famiglie e, quindi, sui
livelli di domanda finale del mercato, con riflessi sui fatturati delle imprese
per lo più del commercio 90. Infatti come tratto prevalente, l’economia palermitana è caratterizzata da una terziarizzazione molto intensa favorita dal
bacino di mercato della città capoluogo e da un tradizionale contenuto livello di sviluppo dell’industria, le cui attività non vanno oltre il 14% del totale
del valore aggiunto (il manifatturiero, in particolare, pesa per il 9,3%), un
valore pari a circa la metà della media italiana, ed inferiore anche a quella
regionale e meridionale.
Il grosso del terziario palermitano si concentra nel commercio al dettaglio, nei pubblici esercizi e alberghi e nei servizi alla persona (complessiva 90
Il 27% delle imprese ha scaricato gli effetti della crisi finanziaria a monte, ritardando i pagamenti dovuti ai propri fornitori, propagando gli effetti della recessione lungo l’intera filiera produttiva di appartenenza, e generalizzandola potenzialmente all’intero sistema produttivo. Un ulteriore 13% è stato costretto a ritardare i pagamenti ai lavoratori, contribuendo così alla contrazione dei consumi finali, in una spirale perversa che, dal rallentamento della domanda, ha finito per creare ulteriori problemi alle imprese offerenti.
145 mente il 74,3% del totale delle imprese terziarie provinciali). Si tratta di settori che, specie in un contesto in cui la domanda di consumo delle famiglie
non cresce adeguatamente, non possono più garantire la sopravvivenza economica ad un numero così abbondante di imprese.
Tale intenso grado di terziarizzazione non sempre, però, si basa su attività ad alto valore aggiunto o elevato livello competitivo. Spesso l’ampio
settore dei servizi locali nasconde importanti sacche di attività tradizionali
che non spingono verso l’alto il potenziale di crescita complessivo. Infatti,
da una ricerca dell’Osservatorio Economico è stato rilevato che circa il 67%
del campione preso in esame tra il 2004 e 2009 non ha effettuato alcuna innovazione nelle sue politiche di marketing strategico. Le poche imprese che
si sono ripiegate su interventi di marketing strategico hanno optato soprattutto per un miglioramento del prodotto, mentre una su cinque ha agito su
una riorganizzazione interna, per abbattere i costi e, quindi, agire sul prezzo finale (si vedano Grafici 4.3 e 4.4).
91
GRAFICO 4.3: INNOVAZIONI DI MARKETING ADOTTATE DALLE IMPRESE DELLA PROVINCIA DI PALERMO (2005-­‐
2010; IN %) Nessuna innovazione 66,6 Scambio di informazioni e competenze interne 12,4 Nuove unità operative/decentramento decisioni 11,2 Nuova commercializzazione, distribuzione ModiUiche design, packaging Cambiamenti relazioni imprenditoriali 6 5,4 3 Fonte: Nostra elaborazione da dati della Camera di Commercio di Palermo e Istituto Guglielmo Tagliacarne (2010), Osservatorio Economico della provincia di Palermo, Palermo. 91
Trattandosi di una domanda a risposta multipla il totale delle risposte può essere superiore a 100.
146 GRAFICO 4.4: AZIONI DI MARKETING ED ORGANIZZATIVE ADOTTATE DALLE IMPRESE DELLA PROVINCIA DI 92
PALERMO (2005-­‐2010; IN %) 30 Aumento qualità prodotti/servizi Nuovi mercati nazionali 24,2 Razionalizzazione costi 22,2 Ampliamento gamma offerta 20,4 11,2 Nuovi mercati esteri Irrobustimento organizzazione 7,2 Riduzione del personale 6,8 Nuove strategie commerciali 6,8 5,6 Riduzione margini Altro 3,4 RiqualiUicazione risorse umane 2,4 0 Fonte: Nostra elaborazione da dati della Camera di Commercio di Palermo e Istituto Guglielmo Tagliacarne (2011), Osservatorio Economico della provincia di Palermo, Palermo. Tuttavia, le difficoltà del sistema socioeconomico della provincia di Palermo nel conseguire risultati soddisfacenti e nell’avviare un percorso di recupero rispetto al gap di sviluppo con il resto del Paese dipendono da squilibri strutturali del sistema stesso mai sanati che si traducono in perdite di
efficienza organica. Alcuni dei più rilevanti squilibri sono di ordine sociale,
hanno cioè a che fare con la presenza di comportamenti illegali che modifica la struttura del circuito economico generando un allontanamento dal
modello di efficienza dell’economia di mercato, anche attraverso la creazione di posizioni dominanti 93. Altri squilibri sono di ordine geografico, ovvero
hanno a che fare con la lontananza e l’isolamento fisico dai mercati più ricchi, derivante, ovviamente, dall’insularità.
Rimanendo sul piano strettamente economico e produttivo, si può evidenziare, in primo luogo, che vi sono squilibri inerenti al modello di sviluppo stesso, dipendente in modo cruciale dai livelli di domanda di consumo,
92
Ibidem.
93
A questo proposito bisogna dire che gli economisti condividono l’idea che un diffuso livello di legalità stimola il dinamismo delle attività economiche, alimentando i processi di costruzione della ricchezza che, a loro volta, generano più
benessere e più sicurezza.
147 pubblico e privato, e molto meno dalla competitività intrinseca dal lato
dell’offerta. Il modello di sviluppo palermitano è basato su una domanda
aggregata,
specie
per
consumi,
superiore
alla
capacità
produttiva
dell’economia stessa, e quindi alla sua capacità di generare flussi di reddito
disponibile.
Accanto al modello di sviluppo eccessivamente dipendente dai consumi
interni e poco diversificato sui mercati esteri, la struttura economica provinciale risente negativamente di un modello di specializzazione produttiva
scarsamente orientato al mercato, dominato da un terziario spesso ruotante
attorno al settore pubblico, poco competitivo e caratterizzato da una ipertrofia del commercio al dettaglio, frammentato e disperso in numerose piccole superfici di vendita.
In sintesi, l’Osservatorio Economico di Palermo rimanda la modesta
capacità di crescita del sistema economico palermitano ai dieci fattori di seguito esposti:
1)
un contenuto apporto alla crescita di investimenti (pubblici e privati) ed
esportazioni in un sistema economico esposto alla concorrenza internazionale;
2)
una significativa dipendenza dai consumi delle famiglie, afflitte da un
tasso di disoccupazione eccessivamente elevato, e dalla spesa della pubblica amministrazione vincolata ai regimi di sostenibilità del patto di
stabilità interno;
3)
una spesa pubblica lenta che funziona più come ammortizzatore sociale
che come investimento sul territorio, in cui si evidenziano sacche di
inefficienza;
4)
un sistema imprenditoriale a bassa produttività, composto da imprese
minori, poco propense all’aggregazione, e da settori poco innovativi, per
lo più legati alla PA, al commercio di vicinato ed ai servizi alla persona
(in proposito si veda Grafico 4.5);
5)
un processo di abbandono dell’agricoltura e di deindustrializzazione che
spoglia il territorio delle potenzialità di creazione di crescita aggiuntiva;
6)
una modesta capacità di attrazione di turisti rispetto al potenziale offer-
148 to dal territorio;
7)
un mercato del lavoro affetto da gravi squilibri soprattutto per i giovani,
i cui tassi di disoccupazione sono tra i più elevati d’Italia;
8)
un sistema territoriale che alimenta il divario di produttività del lavoro
rispetto al resto del Paese;
9)
una elevata presenza di sommerso che ostacola la costruzione della ricchezza, l’attrazione di investimenti, la crescita delle figure professionali;
10) un sistema infrastrutturale sottodimensionato che acuisce l’insularità e le
esternalità negative per imprese e famiglie.
GRAFICO 4.5: PRINCIPALI MOTIVAZIONI PER LE QUALI LE IMPRESE COMMERCIALI E TURISTICHE DI PALERMO NON 94
HANNO INVESTITO NEL 2011 69,4 DifUicoltà Uinanziarie e/o di liquidità 74,1 Non è stato necessario 20,4 La situazione del mercato è incerta 16,7 29,4 27,1 3,5 La banca non ha accettato la richiesta di Uido Altro 7,4 0 0 Commercio Turismo Fonte: Nostra elaborazione da dati Camera di Commercio di Palermo e Istituto Guglielmo Tagliacarne (2011), Osservatorio Economico della provincia di Palermo, Palermo. 4.2.1.
Il turismo
Il turismo rimane un’opportunità fondamentale per un territorio come
Palermo ricchissimo di risorse ambientali, storico, culturali ed enogastronomiche, e sul quale è possibile progettare pacchetti di offerta molto diversificati, che spazino anche al di là del solo turismo balneare e di massa, per
andare verso nicchie ad elevata capacità di spesa quali il turismo professio 94
Domanda a risposta multipla con un totale diverso da 100.
149 nale, congressuale e culturale, dove per quest’ultimo si intendono tutte quelle attività legate alle tradizioni popolari e alle manifestazioni artistiche presenti nel territorio. Peraltro, tali segmenti consentirebbero anche una destagionalizzazione dei flussi turistici in ingresso, fornendo potenzialità di sviluppo anche alle aree più interne della provincia, tradizionalmente escluse
dai processi di sviluppo di tipo industriale e del terziario. Un fattore finalizzato alla destagionalizzazione dei flussi può derivare, inoltre, dall’attrazione
di flussi di turisti crocieristici, proprio nell’ottica di alimentare la domanda
espressa sul territorio.
Ciò si traduce in spesa e consumi e, quindi, in crescita della ricchezza
prodotta in provincia, anche se il contributo fornito dal turismo alla formazione del PIL provinciale appare contenuto.
Al tempo stesso, va ricordato come il turismo sia un settore in grado di
veicolare la crescita dell’intera economia locale per via dell’“effetto moltiplicatore” esercitato su numerosi settori produttivi, a partire dai servizi.
Nonostante le rilevanti potenzialità del territorio, il turismo appare un
settore ampiamente sottodimensionato nella realtà della provincia di Palermo sia in relazione alle risorse locali valorizzabili che in termini percentuali
di unità locali ed imprese operanti nel comparto, sensibilmente inferiori alla
media regionale e nazionale. Infatti, nel 2007 il settore ha prodotto appena
il 2,5% del valore aggiunto provinciale, in flessione rispetto al 3,1% del
2003, il che colloca la provincia fra le ultime otto in Italia per peso del settore turistico sull’economia locale.
Nell’ultimo triennio, il settore turistico della provincia ha sperimentato
contrazioni di fatturato molto consistenti del 40,3% nel 2009-2011. A differenza del 2010, in cui le variazioni negative dei principali indicatori economici erano più alte della media del terziario nel suo complesso, nel 2011 il
segmento turistico provinciale sembra aver risentito in misura più contenuta
del prolungarsi degli effetti della morsa recessiva, evidenziando flessioni di
fatturato (-7,2%) e margine operativo (-11,2%) comunque rilevanti ma in li-
150 nea con la media dei servizi 95.
Nell’insieme Palermo fa registrare una preoccupante flessione dei flussi
in ingresso fra il 2000 ed il 2010 (-20,8% in termini di arrivi, -23,9% di presenze, -3,8% di permanenza media), risultando la prima provincia siciliana
per numero di arrivi di turisti stranieri, grazie soprattutto all’aumento delle
connessioni internazionali della città (tramite il porto e l’aeroporto) che
hanno fatto registrare un incremento del numero totale di passeggeri in
transito nel 2011 del +14,3% e del +3,3% di voli 96, ma la seconda per presenze e permanenza media degli stranieri.
Vi sono quindi complessi problemi da affrontare in termini di politiche
promozionali del territorio, di riqualificazione dei servizi e degli operatori e
di offerta ricettiva. Il problema principale che limita lo sviluppo turistico di
Palermo, ma che ha penalizzato storicamente anche lo sviluppo industriale e
la competitività della sua agricoltura, è la cronica difficoltà di accessibilità,
solo in parte legata all’insularità, ma anche strettamente connessa ad un sostanziale divario infrastrutturale. Soltanto di recente è stato rimosso lo storico gap viario, con il completamento dell’autostrada Palermo-Messina, ma
le infrastrutture a rete continuano a presentare profili di arretratezza, soprattutto per quanto attiene alla rete ferroviaria, per lunghi tratti ancora a
binario unico, non adeguata per supportare flussi di traffico sostenuti. Anche la rete viaria soffre, soprattutto a causa di una certa inadeguatezza dei
collegamenti viari secondari fra la fascia costiera e le aree più interne del
territorio provinciale.
Nell’ambito della contabilità economica provinciale, la flebile dinamica
dei consumi del 2010 è ampiamente condizionata da flussi turistici in consistente diminuzione rispetto al 2009. Gli arrivi, infatti, si riducono del -8,8%
95
Va detto che, nel quinquennio 2004 - 2010, la crescita del tessuto produttivo operante nel settore turistico è stata per
larga parte superiore al trend nazionale, con un tasso di incremento medio annuo del 3,7%, a fronte del 3,3% siciliano
e del 2,8% italiano. La provincia di Palermo si contraddistingue in tal senso anche nel 2010, registrando, rispetto al
2009, un aumento del numero di imprese attive nel settore pari al 4,2%, superiore di un punto percentuale al dato regionale (+3,2%) e di 1,6 punti a quello nazionale (+2,6%). Anche in questo caso, come per il commercio, probabilmente si è verificato un rapido turnover nella demografia delle imprese, motivato dall’ingresso sul mercato, specie nel
segmento dei ristoranti e pubblici esercizi ed in alcuni segmenti della ricettività complementare, di numerose iniziative
non del tutto in grado di competere efficacemente sul mercato e di svilupparsi.
96
L’aeroporto e il porto sono diventati negli ultimi anni snodi piuttosto attivi, con volumi di traffico in crescita, e l’aumento
del numero delle strutture ricettive testimonia il tentativo di un nuovo posizionamento della città nel panorama internazionale.
151 e le presenze del -4,1%, a fronte di una media nazionale in crescita (arrivi
+3,5%, presenze +1,3%) e regionale in moderata flessione (arrivi e presenze
entrambi -1,9%). La flessione maggiore che sperimenta la provincia è quella
relativa ai flussi di turisti nazionali (arrivi -13,4%; presenze -2,8%), mentre
la domanda internazionale si riduce del -2,8% nel caso dei flussi in entrata e
del -2,5% nel caso delle permanenze. Si tratta di una dinamica annuale che
si somma ad un ciclo decennale molto severo. Fra il 2000 ed il 2010 si registra un -20,8% in termini di arrivi, un -23,9% di presenze ed un -3,8% in
termini di permanenza media. Un ciclo che testimonia la strutturale perdita
di attrattività turistica della provincia e la conseguente erosione di risorse
economiche che si riflette sulla distribuzione di ricchezza per abitante.
GRAFICO 4.6: SERIE STORICA DELLE VARIAZIONI DEL FATTURATO DELLE IMPRESE DEL TURISMO DELLA PROVINCIA DI PALERMO (2009-­‐2011; IN %) 1 -­‐1 -­‐3 -­‐5 -­‐7 -­‐7,2 -­‐9 -­‐11 -­‐13 -­‐15 -­‐15,2 -­‐17 -­‐17,9 -­‐19 2009 2010 2011 Fonte: Nostra elaborazione da dati Camera di Commercio di Palermo e Istituto Guglielmo Tagliacarne (2011), Osservatorio Economico della provincia di Palermo, Palermo. Nelle previsioni per il 2012 degli imprenditori del settore turistico palermitano si possono scorgere aspettative ancora pessimistiche. La ripresa
dei consumi e dei flussi turistici nazionali e internazionali non sembra dietro
l’angolo e per questo gli imprenditori del comparto si attendono indicatori
di performance ancora con il segno meno, con il fatturato in calo del -2%
circa, il margine operativo del -7% e il portafoglio ordini del -4%.
152 Per quel che concerne le politiche da sviluppare per accrescere la competitività del settore turistico provinciale, dalle dichiarazioni rilasciate dai
titolari
di
esercizi
ricettivi
nell’ambito
delle
indagini
condotte
dall’Osservatorio Economico della provincia di Palermo inerenti il 2007 ed
il 2010 è emerso che fattori strategici di rilievo risultano essere la comunicazione e la pubblicità, sia a livello nazionale che internazionale, seguiti
dall’organizzazione di eventi culturali. Ai fini della competitività turistica di
notevole rilievo sono anche il potenziamento della ricettività e la presenza
di compagnie aeree low cost (si veda Grafico 4.7).
GRAFICO 4.7: POLITICHE COMPETITIVE ATTUATE DAGLI OPERATORI DEL TURISMO, PALERMO (2007, 2010) 39,4 35,6 33,3 24,4 19,2 24,4 19,8 17,8 12 Comunicazione e Comunicazione e Eventi culturali pubblicità pubblicità nazionale internazionale 2007 9,8 2010 Potenziamento Compagnie aeree ricettività low cost Fonte: Nostra elaborazione da dati Camera di Commercio di Palermo e Istituto Guglielmo Tagliacarne (2011), Osservatorio Economico della provincia di Palermo, Palermo. 4.2.1.1. Il Distretto Turistico “Palermo - Costa Normanna”
I Distretti Turistici Territoriali, istituiti con Legge Regionale 10/2005,
come ricordato nel III capitolo, hanno come finalità il miglioramento delle
condizioni dell’offerta turistica complessiva, la fruibilità ed accessibilità dei
fattori di attrazione situati nel territorio del distretto stesso, nonché
l’aumento dei volumi relativi al turismo pernottante e della spesa turistica.
Il distretto turistico è un’importante occasione di sviluppo del comparto produttivo legato al turismo, e la presenza nello stesso di associazioni ed
153 imprese private tra le più importanti della filiera turistica provinciale rappresenta un’opportunità per la promozione sistemica ed organizzata del territorio.
Tra i distretti territoriali è stato riconosciuto, con D.A. n.44 del 13
giugno 2012, il Distretto Turistico “Palermo - Costa Normanna” comprendente i
comuni della fascia costiera da Palermo a Trabia e quelli dell’entroterra da
Monreale a Lercara Friddi.
Al Distretto hanno già aderito 34 imprese ed associazioni e 19 Comuni
della Provincia di Palermo (Palermo, Bagheria, Santa Flavia, Casteldaccia,
Altavilla Milicia, Ficarazzi, Vicari, Roccapalumba, Mezzojuso, Castronovo
di Sicilia, Campofelice di Fitalia, Godrano, Ciminna, Baucina, Bolognetta,
Monreale, Roccamena, Campofiorito, Ventimiglia di Sicilia).
Gli obiettivi strategici che il Distretto intende conseguire riguardano:
v il
potenziamento
del
turismo
inteso
come
fattore
di
sviluppo
dell’economia, della società e della cultura dei comuni aderenti al Distretto;
v la crescita di una moderna cultura dell’accoglienza nella comunità locale, potenziando e ottimizzando i servizi a disposizione dei turisti e valorizzando le peculiarità e l’identità del territorio;
v la progettazione di uno sviluppo turistico compatibile con le risorse ambientali e rispettoso dei valori della comunità locale;
v il miglioramento e la promozione dell’immagine del territorio come luogo da scoprire e da vivere, terra capace di generare nei visitatori autentiche emozioni;
v la valorizzazione delle risorse locali turisticamente rilevanti (cultura,
ambiente, produzioni locali, ecc.), rendendole fruibili per un più ampio
numero di utilizzatori temporanei motivati dall’unicità e dall’identità
del territorio.
Il Distretto prevede sei azioni strutturali: informazione ed accoglienza
turistica; comunicazione, promozione e commercializzazione; eventi; innovazione e qualità dell’offerta; identità e tipicità e progetti specifici.
154 TABELLA 4.2: LE AZIONI STRUTTURALI DEL DISTRETTO TURISTICO “PALERMO -­‐ COSTA NORMANNA” 1 . Info r m a zio n e e a cco glien za tu r istica : §
Creazion e della rete territoriale dei Pu n ti di In form azion e e accoglien za §
Stan dardizzazion e dei servizi §
M ateriali in form ativi e im m agin e coord in ata §
Svilu p p o P ortale in tern et tu ristico del D istretto §
P osta zion i in form a tive p resso le stru ttu re ricettive e i p u b b lici esercizi §
Costitu zion e Clu b degli am ici del D istretto e gestion e m ailin g list §
P a lerm o -­‐ Costa N orm an n a Card 2 . C o m u nica zio ne , p r o m o zio n e e co m m er cia lizza zio ne : §
P a rtecip a zion e attiva al p rogram m a p rom ozion ale della region e Sicilia e gestion e in cen tivi region a li a lla com m ercia lizza zion e, p rep a ra zion e d egli op era tori loca li p er la p a rtecip a zion e a Fiere §
O rgan izzazion e E du cation al tou r p er op eratori tu ristici e p er giorn alisti §
R ea lizza zio n e sa le m a n u a l (m a n u a le d i ven d ita ). §
In crem en to d ella n otorietà d ella d estin azion e su l m ercato in tern o (cam p agn e p u b b licitarie e altre azion i di advertisin g) §
M arketin g factory e Costitu zion e U fficio stam p a §
P rod u zion e M a n u a li p er la com m ercia lizza zion e d ei p rod otti tu ristici a d u so d egli op era tori 3 . G li even ti: §
P red isp osizion e Cartellon e E ven ti, m essa in rete d elle in izia tiv e e p ro m o zio n e §
Costitu zion e di p acchetti in tegrati di offerta co lleg a ti co n i p rin cip a li ev en ti 4 . Inn o v a zio n e e q u a lità d ell’o fferta : §
§
Sostegn o agli in vestim en ti fin alizzati alla riqu alificazion e alb erghiera, al p oten ziam en to e a l-­‐
la diversificazion e del sistem a ricettivo ed al p oten ziam en to in frastru ttu rale a servizio dello svilu p p o tu ristico A ccom p a g n a m ento a lla certifica zio ne di q ualità delle im p rese ricettiv e e d ei p u b b lici esercizi. §
P rocesso q u a lità : m essa a p u n to d i sistem a d i con trolli su i servizi offerti d a lle im p rese rice t-­‐
tive d el D istretto §
Creazion e della rete dei b ed & b reak fast e delle altre stru ttu re ricettive extralb erghiere (p o r-­‐
tale in tern et, p ren otazion e e com m ercia lizza zion e on -­‐lin e ) §
Stim olare ed in cen tiva re la com m ercializzazion e on -­‐line dei p ro do tti tu ristici §
Stru m en ti fin an ziari p er la riqu alificazion e e l’in n o va zio n e d ell’offerta ricettiva 5 . Id e ntità e tip icità §
R a ffo rza re il sen so d i a p p a rten en za e p ro m u o v ere i v a lo ri d ella co m u n ità §
Creazion e di u n a rete della ristorazion e tip ica, ricon oscib ile attraverso u n m archio §
Sosten ere le in iziative che valorizzan o le tradizion i locali , il dialetto, il rap p orto con il g en io d el lu o g o §
P rom u overe gli itin era ri d el gu sto 6 . P r o g etti sp e cifici §
T u rism o cu ltu rale/viaggio n ell’arte §
V ivere la N a tu ra Itin era ri, n a tu ra listici, d i rela x , m ed ita zion e e b en essere §
T u rism o ru rale/agritu rism o §
T u rism o B aln eare, N au tico, dell’Ittitu rism o e d el P esca tu rism o §
T u rism o religioso del folk lore e delle tradizion i p op olari Fonte: Nostra elaborazione. 155 4.2.2.
Il commercio
Come anticipato, il grosso del settore terziario palermitano si concentra sul commercio che rappresenta più del 60% del totale delle imprese di
servizi locali e circa il 16% degli occupati totali.
È un settore molto esteso ma poco dinamico: il valore aggiunto tra il
2004 ed il 2008 si riduce ad un tasso medio annuo dell’1,6%, mentre su scala regionale, meridionale e nazionale si registra un incremento o quantomeno una stagnazione. Si tratta del peggior risultato di crescita fra tutte le
province siciliane, alimentato soprattutto dalla flessione del commercio
all’ingrosso e di quello al dettaglio, autoveicoli e motoveicoli esclusi 97. Di
conseguenza, nonostante l’amplissima numerosità di imprese che operano
nel settore, l’incidenza del commercio sul valore aggiunto provinciale totale
si riduce, passando dall’11% del 2004 al 9,4% del 2008.
Tuttavia lo spessore numerico del tessuto imprenditoriale nel settore
cresce in modo relativamente rapido. Anche nel pieno della recessione, il
numero di esercizi commerciali continua a crescere: fra il 2010 ed il 2009 il
numero di imprese del settore cresce dello 0,9%, a fronte di una sostanziale
stagnazione nella media italiana. Ciò conferma che, nonostante la sua modesta competitività e il sovradimensionamento dell’offerta commerciale locale rispetto alla domanda, il settore commerciale viene ancora visto come
un rifugio per chi non riesce a trovare occupazione in altri comparti
dell’economia. Infatti, nell’ultimo anno l’unico segmento del settore commerciale che cresce è quello del piccolo commercio al dettaglio non specializzato, settore commerciale che presenta le minori barriere all’accesso, il
meno competitivo ma con difficoltà nel raggiungere livelli di redditività
soddisfacenti.
Nel 2011 le riduzioni di produzione (-11,2%) e fatturato (-10%) sono
superiori alla media del settore, così come quelle del portafoglio ordini
(-10,8%). Considerando il peso molto alto delle aziende commerciali sul tessuto imprenditoriale palermitano è facile comprendere come il perdurare di
97
Il commercio specializzato di autoveicoli e motoveicoli, sebbene registri comunque un risultato negativo nell’arco del
quinquennio, in controtendenza rispetto al trend di crescita a livello regionale, meridionale e nazionale, si riduce in misura significativamente inferiore rispetto agli altri due comparti.
156 andamenti negativi abbia fortemente inciso anche sull’occupazione locale,
in riduzione del -6,7% rispetto al 2010, rappresentando la variazione negativa più grave tra tutti i settori di attività.
Conseguenza di ciò è che il settore non riesce a produrre opportunità
occupazionali stabili in misura soddisfacente. Nonostante un incremento
complessivo del numero di imprese commerciali superiore al profilo regionale e nazionale del settore, pari allo 0,9% medio annuo, l’aumento degli occupati è più lento rispetto al dato siciliano e a quello italiano. La nascita di
un gran numero di iniziative improvvisate o con scarse prospettive di sviluppo genera un rapido turnover fra aperture e chiusure che alla fine non
produce un incremento occupazionale sostanziale. Nel 2008, infatti, benché
il numero di imprese commerciali sia cresciuto ad un tasso più rapido della
media, l’incidenza degli occupati del settore rispetto all’occupazione provinciale complessiva è totalmente immutata rispetto al valore del 2004, se non
addirittura in lieve calo nel 2010 (-0,1%).
Mentre in questi anni su scala nazionale il settore è stato connotato da
un profondo processo di ristrutturazione, che ha visto le grandi superfici
della GDO soppiantare i piccoli esercizi non specializzati e di fascia qualitativa bassa, comportando un rapido incremento delle società di capitali e allo
stesso tempo un decremento del numero di imprese individuali, a Palermo si
assiste ad un approccio al settore commerciale più spostato sulla risposta
all’emergenza occupazionale che all’irrobustimento competitivo.
Quasi il 39% del totale delle imprese provinciali opera nell’ambito della distribuzione. Si tratta di un settore largamente sovra rappresentato, suscettibile di ulteriori contrazioni nel numero di imprese nei prossimi anni, se
si pensa che a livello nazionale, nonostante le dinamiche dei consumi delle
famiglie siano migliori di quelle palermitane, il commercio rappresenta il
25% del totale delle imprese. Tra l’altro, considerando che nel settore commerciale ancora più del 78% delle imprese ha una natura giuridica di ditta
individuale, e che tale settore assorbe più del 41% di tutte le ditte individuali palermitane, si comprende bene che si tratta di un settore dove predomina
la piccola e piccolissima superficie commerciale, che non ha i livelli di eco-
157 nomia di scala idonei per competere con la GDO.
GRAFICO 4.8: ANDAMENTO DELLE IMPRESE ATTIVE DEL COMMERCIO IN PROVINCIA DI PALERMO, IN SICILIA ED IN ITALIA (2004-­‐2009; IN %) 2,5 2 2,1 1,8 1,7 1,5 1,1 1 0,5 0,8 0,5 Palermo 0,7 0,5 0,2 0,1 0 -­‐0,3 -­‐0,5 -­‐0,5 Sicilia Italia -­‐0,4 -­‐1 -­‐1,2 -­‐1,5 2005/2004 2006/2005 2007/2006 2008/2007 2009/2008 Fonte: Nostra elaborazione da dati dell’Istituto G. Tagliacarne su dati Infocamere e Movimprese. L’Osservatorio Economico della provincia di Palermo evidenzia come
il settore del commercio sia fra quelli che hanno risentito in misura più ampia degli effetti della recessione, vivendo allo stesso tempo una importante
evoluzione strutturale, partita dai provvedimenti legislativi nazionali e regionali di liberalizzazione del settore.
Da un punto di vista dimensionale, nonostante il forte progresso che la
GDO ha registrato in questi ultimi anni, il settore commerciale palermitano
rimane caratterizzato da piccole superfici e da piccoli imprenditori, che
nell’81% dei casi controllano un solo punto vendita e nel 62% non superano
una superficie di 200 mq. E sono proprio le grandi superfici di vendita e i
centri commerciali i principali concorrenti delle imprese commerciali palermitane. Secondo il 28,4% del campione analizzato dall’Osservatorio
Economico, i grandi centri commerciali polifunzionali costituiscono una minaccia particolare per quegli esercizi che non sono localizzati all’interno dei
centri stessi (si veda Graf. 4.9). Infatti, questi ultimi hanno un vantaggio generato dalla concentrazione di negozi, dall’offerta diversificata di servizi di
contorno allo shopping e dalle offerte promozionali (si pensi ad esempio agli
outlet, che riescono a offrire prezzi relativamente vicini a quelli dei grossisti),
158 generando così una indubbia capacità attrattiva che spiazza gli esercizi localizzati all’esterno dei centri stessi.
GRAFICO 4.9: FORMULE DISTRIBUTIVE CONSIDERATE CONCORRENTI PIÙ CRITICHE DALLE AZIENDE COMMERCILI 98
PALERMITANE (IN %) Centri commerciali 28,4 25,5 Ipermercati e supermercati 24,5 Grandi superUicie specializzate Grandi magazzini 17,6 12,7 Discount 8,8 Factory Outlet Commercio elettronico 4,9 34,3 Altro Fonte: Nostra elaborazione da dati Camera di Commercio di Palermo e Istituto Guglielmo Tagliacarne (2011), Osservatorio Economico della provincia di Palermo, Palermo. In un quadro all’insegna della flessione dei principali indicatori di performance del terziario, i risultati relativi al commercio nel triennio 20092011, evidenziano una dinamica più preoccupante di quella media complessiva, che non mostra particolari segnali di recupero rispetto al 2010 e non
lascia molto spazio a previsioni incoraggianti per il prossimo futuro (Graf.
4.10). Il comparto risente, infatti, di un mercato interno ancora molto debole e di una domanda che subisce una forte contrazione con un -38,4% di fatturato.
Una nota favorevole emerge dai dati dell’indagine relativi agli investimenti in leggero aumento (+0,5%), anche se la quota di imprenditori che ne
ha effettuati nel corso del 2011 si riduce sensibilmente rispetto all’anno precedente (13% contro il 22,6%). Nello specifico, tali investimenti sono serviti
soprattutto a sostituire macchinari e attrezzature obsoleti (38,5%), e ad
98
Trattandosi di una domanda a risposta multipla il totale delle risposte può essere superiore a 100.
159 espandere la capacità operativa dell’azienda (30,8%). Quote non marginali
di imprenditori del settore commerciale (il 23%) hanno posto al centro dei
propri investimenti il miglioramento delle strategie competitive in termini
sia di innovazione organizzativa e diversificazione dei segmenti di mercato,
sia di contenimento di costi. Tra coloro che nel 2011 non hanno investito,
circa sette operatori su dieci hanno trovato un ostacolo nelle difficoltà finanziarie o di liquidità in cui versa l’azienda, mentre tre su dieci hanno dichiarato di non ritenere necessario procedere a nuovi investimenti.
GRAFICO 4.10: SERIE STORICA DELLE VARIAZIONI DEL FATTURATO DELLE IMPRESE DEL COMMERCIO DELLA PROVINCIA DI PALERMO (2009-­‐2010; IN %) 0 -­‐2 -­‐4 -­‐6 -­‐8 -­‐10 -­‐10,1 -­‐10 -­‐12 -­‐14 -­‐16 -­‐18 -­‐18,3 -­‐20 2009 2010 2011 Fonte: Nostra elaborazione da dati Camera di Commercio di Palermo e Istituto Guglielmo Tagliacarne (2011), Osservatorio Economico della provincia di Palermo, Palermo. Le previsioni per il 2012 sono peggiori di quelle aggregate per il terziario e sembrano allontanare nel tempo l’uscita dalla crisi e l’avvio della ripresa del settore commerciale. Le imprese scontano un forte pessimismo sul
versante della domanda interna, con ordinativi attesi ancora in calo (-5,3%)
ragion per cui anche produzione e fatturato potrebbero ridursi in misura
superiore al 6%. Da sottolineare, invece, le prospettive di sostanziale stabilità occupazionale (-0,6%) e di leggera crescita degli investimenti (+1,0%).
Le attività imprenditoriali autorizzate nell’anno 2011, con apposito
documento o per SCIA (Segnalazione Certificata Inizio Attività) sono state
160 5.411, distribuite secondo quanto indicato nella Tabella 4.3.
TABELLA 4.3: IL SISTEMA DISTRIBUTIVO PALERMITANO PER AREA PRIVATA E PUBBLICA – 2011 S e tto r e p r e v a le n te d i a ttiv ità A n n o 2 0 0 9 Com m ercio su area privata A lim en ta re N o n a lim en ta re Form e sp eciali di ven dita (in tern et, distri-­‐
b u tori au tom atici, ecc.) A uto rizza zio n i a llo sca rico T o ta le Com m ercio su area pu bblica Com m ercio su area p u b b lica (tem p oran ea) T ip . A – P osteggi sta b ili (p erm a n en te) A n n o 2 0 1 0 A n n o 2 0 1 1 2 73 3 15 2 67 1 .28 6 1 .02 0 9 63 1 37 1 58 1 08 -­‐ -­‐ 2 51 1 .6 9 6 1 .4 9 3 1 .5 8 9 1 95 1 88 5 42 2 5 2 8 2 4 T ip . B – M ercati settim an ali (p erm an en te) 2 41 1 54 1 87 T ip . C – Itin era n ti (p erm a n en te) 4 99 5 66 1 .01 0 -­‐ -­‐ 5 9 6 0 9 3 6 1 .7 6 8 A uto rizza zio n i a llo sca rico T o ta le Fonte: Nostra elaborazione dal “Bilancio Sociale 2011”, Comune di Palermo Si noti come il commercio ambulante su area pubblica sia aumentato
in maniera vertiginosa nel 2011 all’opposto dei negozi alimentari che sono
diminuiti insieme a quelli del non alimentare.
Ad essere in crisi sono importanti realtà palermitane come i gruppi
Migliore e Li Vorsi letteralmente cannibalizzati dalla nascita dei centri
commerciali sorti come funghi negli ultimi anni. Tra Corso dei Mille e Via
Francesco Crispi si avvicinano a 50 le saracinesche abbassate, la maggior
parte delle quali serrate nell’ultimo biennio. Crisi che rischia non solo di
mandare sul lastrico decine di famiglie ma anche di creare un drammatico
effetto di desertificazione del salotto della città.
Tale osservazione è utile per comprendere i fenomeni di desertificazione che il centro cittadino sta subendo negli ultimi anni, con la chiusura di
molti negozi, diversi dei quali storici. Le organizzazioni di categoria parlano
all’incirca di 15.000 aziende che nell’ultimo anno in Sicilia hanno chiuso i
battenti. Secondo la Confcommercio il problema del crollo del fatturato non
è collegato soltanto alla crisi congiunturale ma anche alla presenza eccessiva
dei grandi centri commerciali che stanno stritolando il piccolo commerciante.
161 È indiscutibile che gli esercizi di vicinato, senza un radicale cambiamento di mentalità e strategie, saranno sempre più in grande difficoltà proprio a causa della scarsa preparazione imprenditoriale della piccola distribuzione, poco propensa al rinnovamento ed alla specializzazione. È quindi
necessario che la piccola e media bottega, se vuole restare in vita, capisca
che non può competere in termini di costi o di assortimento con il commercio moderno, ma può godere dell’enorme vantaggio della localizzazione in
aree dove la grande distribuzione non può o non vuole collocarsi, e cioè i
centri storici e i piccoli centri di provincia, e fare rete attraverso i Centri
Commerciali Naturali.
162 4.3.
Le politiche e le strategie di sviluppo locali
Il Comune di Palermo nel 2009 si è posto come obiettivo lo sviluppo
del tessuto economico locale proponendo le strategie e i relativi interventi,
così come mostrato in Tabella 4.4.
TABELLA 4.4: POLITICHE ECONOMICHE PREVISTE DAL COMUNE DI PALERMO – 2010 O B IET T IV O S V IL U P P O D E L TE S SU TO E C O N O M IC O S T R A T E G IE 1.
IN T ER V EN T I A lleg g erire gli on eri b u rocratici a c ari-­‐
co d elle im p rese m ig lio ra n d o le p er-­‐
form an ce d ello Sp ortello U n ico p er le Im p rese 1 .1 Sem p lificazion e di p rocedu re am m in i-­‐
strative 1 .2 . A ccreditam en to m in isteriale d el S U A P telem atico 1 .3 . A uto rizza zio ni per gra n di ev en ti 2 .1 R ev isio n e d el P ia n o G en era le d eg li I m -­‐
p ian ti P u b b licitari e del R egolam en to co m u n a le su lla p u b b licità e le p u b b lich e affission i 2.
R ev ision e di stru m en ti regolam en tari 2 .2 . R ev isio n e d el R eg o la m en to a cco n cia to ri e a ffin i 2 .3 . R ev isio n e d el R eg o la m en to co m m ercio aree p u b b liche 2 .4 . R ev isio n e d el R eg o la m en to so m m in istra-­‐
zion e alim en ti 3 .1 . R ea lizza zio n e d i p ro g etti v a ri 3 .2 . Sp ortello M ark etin g 3.
Sostegn o e p rom ozion e delle attività p rodu ttive locali 3 .3 . M an ifestazion i tem p oran ee su aree p u b -­‐
b liche p er la p rom ozion e delle attività co m m ercia li 3 .4 . In izia tiv e d ei C en tri C o m m ercia li N a tu -­‐
ra li Fonte: Nostra elaborazione dal “Bilancio Sociale 2010”, Comune di Palermo A detta del Comune, la priorità è di incidere positivamente sul processo di crescita imprenditoriale del territorio comunale, finalità perseguita
ponendosi a garanzia di un corretto ed equilibrato sviluppo delle attività
commerciali e imprenditoriali in genere assicurando il controllo del territorio sotto il profilo della regolarità amministrativa delle attività svolte, ed
esercitando un’attività di incentivazione delle dinamiche d’impresa del territorio comunale attraverso iniziative progettuali di valorizzazione del comparto.
Uno sguardo merita il Piano Strategico di Palermo, nato con l’obiettivo
di tracciare un nuovo profilo della città, che sia in grado di configurarsi
163 quale elemento guida nel suo processo di sviluppo di medio e lungo periodo
attraverso la promozione di azioni ed interventi in grado di valorizzarne le
risorse e le potenzialità ai vari livelli: regionale, nazionale, internazionale. Il
Piano è stato approvato dalla Giunta Comunale ed è dal 2009 al vaglio della
Regione Siciliana per la sua approvazione definitiva.
Così come è accaduto per altre importanti città in Europa (Torino,
Lione, Bilbao, Barcellona), Palermo attraverso il Piano Strategico ha voluto
dotarsi di uno strumento di programmazione e pianificazione fondamentale
al fine di orientare il suo sviluppo futuro e candidarsi a svolgere una importante funzione di promozione e propulsione per la crescita territoriale
dell’intera area di riferimento valorizzando le vocazioni proprie e le opportunità locali.
La vision tracciata dal Piano Strategico nasce da un progetto ed un percorso partecipato e condiviso tramite un lungo processo di ascolto del territorio che ha coinvolto i cittadini, le istituzioni, le associazioni, le imprese,
l’università e molti altri portatori d’interesse al fine di delineare un disegno
nuovo della città e azioni concrete per realizzarlo.
Gli obiettivi, le strategie e le azioni finalizzate all’attuazione della vision sono contenute nel Piano d’Azione che individua concretamente il nuovo
disegno di città frutto del processo di pianificazione ed i progetti da attuarsi
nel breve medio e lungo termine.
Questo piano individua due livelli di strategie tra loro integrati: un livello costituito dalle macro-azioni che si sostanziano nell’individuazione di
aree strategiche della città, denominate Nuove Centralità Urbane, dove andranno ad insediarsi progetti di rango urbano e metropolitano di ampio respiro in grado di generare attrattività, competitività e coesione sociale, ed
un livello attuativo in cui si sono individuati i Programmi Strategici Integrati
(PSI). Essi si concretizzano in insiemi, coerenti e sinergici, di interventi strategici e percorsi di sviluppo che da un lato guardano all’area metropolitana
e dall’altro trovano luogo di elezione in Aree di Trasformazione Integrata (ATI),
in forza dei valori in esse presenti e della capacità di divenire motore di un
nuovo e complessivo sviluppo per la città.
164 Nel dettaglio i PSI individuati sono:
1) Valorizzazione delle Risorse Culturali, visualizza il quadro delle linee strategiche da attuare al fine di valorizzare il patrimonio delle risorse culturali
esistenti e di accrescere la consapevolezza e la dimensione culturale della
città. Il programma intende operare su due livelli: uno più strettamente
materiale (recupero e riqualificazione sia degli spazi costruiti che degli
spazi aperti) ed uno immateriale che riguarda la promozione e la realizzazione di reti culturali e della conoscenza;
2) Valorizzazione delle Risorse Ecologiche e Ambientali, visualizza il quadro delle
linee strategiche da attuare al fine di tutelare, valorizzare e potenziare il
patrimonio delle risorse naturali a livello metropolitano, con la costituzione di una rete ecologica territoriale, a livello urbano, costituendo una rete
ecologica urbana che possa migliorare la qualità dell’ambiente urbano e attraverso la rigenerazione delle “città d’acqua” focalizzando l’attenzione
sulla riqualificazione e il recupero del “waterfront liquido”, inteso come
una rete di luoghi della città e di flussi da e per la città che, entrando in
contatto con il mare, sviluppano nuove identità, nuove dinamiche e innovativi processi di trasformazione.
3) Attrattività, Qualità urbana e Coesione sociale, visualizza il quadro delle linee
strategiche da attuare al fine di realizzare un sistema policentrico di attrattività, che sia in grado di migliorare la qualità dell’ambiente urbano e
creare nuove opportunità per realizzare maggiore coesione sociale. In
questa ottica, la realizzazione di nuove centralità urbane e la scelta della
loro localizzazione diventa l’opportunità per attivare processi di rigenerazione urbana e di rivitalizzazione economica.
4) Competitività, Impresa e Innovazione, individua un insieme di linee strategiche
attraverso le quali aumentare il livello di competitività della città di Palermo ed incentivare l’innovazione ponendo attenzione sui centri per la
ricerca come elementi principali per produrre sviluppo, accrescere le potenzialità del luogo e costruire reti immateriali, e sull’innovazione come
principio
fondante
delle
nuove
trasformazioni,
l’importanza in tutti gli ambiti della produzione.
165 riconoscendone
Ciascuno dei Programmi Strategici Integrati distingue interventi cardine, che
costituiscono leve per lo sviluppo dei potenziali di eccellenza e attraverso i
quali sono messe a sistema azioni che attengono a diverse linee strategiche,
e interventi attuativi, attraverso i quali i singoli progetti cardine trovano attuazione e sono necessari a garantire la piena efficacia dei primi.
Il Piano Strategico si caratterizza per l’assenza di uno schema normativo
di riferimento a monte e per la funzione di governance che dallo stesso discende. Esso, infatti, non scrive le regole ma individua piuttosto le linee cui ricondurre lo sviluppo locale in chiave condivisa, rappresentando il risultato
di un complesso processo di interazione, il cui obiettivo prioritario è la ricerca e la creazione del consenso su determinati temi strategici ritenuti prioritari per lo sviluppo futuro della città, in coerenza con le linee guida della
nuova programmazione comunitaria 2007-2013 – Asse VI Sviluppo Urbano.
A differenza del Piano Regolatore, che, quale atto amministrativo
nell’ambito di uno schema normativo definito, fissa le regole rigide della politica urbanistica del territorio, il Piano Strategico è frutto della scelta flessibile ed in progress degli obiettivi strategici di sviluppo che il territorio individua.
166 FIGURA 4.2: SINTESI DELLE TRASFORMAZIONI IN ATTO A PALERMO Fonte: “Piano Strategico, Palermo Capitale dell’EuroMediterraneo per la riqualificazione, lo sviluppo e la promozione del territorio metropolitano della città di Palermo”, Ecosfera S.p.a., Exitone S.p.a., GF Studio S.r.l., 2008 Le macro-azioni sono state analizzate per il contributo specifico che
ognuna di essa può dare alla costruzione delle nove “Città del futuro” individuate a partire dai nove assi strategici del piano e indispensabili selettori e
produttori di coerenze negli obiettivi strategici dei settori di intervento e
delle azioni di intervento che verranno posti in essere a partire dalle fasi
operative del PS.
167 TABELLA 4.5: LE "CITTÀ DEL FUTURO" DI PALERMO I.
La città m etrop olita n a II.
La città in terco n n essa III.
La città in tern a zio n a le IV .
La città p ro d u ttiva V.
V I.
V II.
V III.
IX .
La città crea tiva e d ell’in n ova zion e La città d el tu rism o La città d ella cu ltu ra La città d el lo isir La città d ell’in teg ra zion e Fonte: Nostra elaborazione
Le nove città del futuro si propongono come concept della visione guida
del Piano Strategico da mettere a valore nel progetto di sviluppo, e in questa sede particolare rilevanza risultano avere la Citta produttiva, la Città del turismo, la Città della cultura e la Città del loisir:
I. Città metropolitana. La città metropolitana agisce come un filtro che mette a fuoco le nuove relazioni definite a livello metropolitano tra il sistema della grande viabilità (tangenziale interna ed esterna, circonvallazione e parcheggi di interscambio), quello delle “porte” al sistema
delle “reti lunghe” costituite dal porto e dall’aeroporto, le polarità di
rango sovra-locale (l’Università, il polo sportivo del Nuovo Stadio e
della Città degli sport acquatici, i poli congressuali e culturali, il nuovo
centro direzionale regionale, le aree produttive, etc.) e le risorse ambientali di interesse metropolitano tra cui il Parco dell’Oreto e quello
agrumicolo di Ciaculli.
II. Città interconnessa. Il contributo che il Piano Strategico offre al sistema
delle connessioni urbane è rappresentato selezionando le componenti
del nuovo sistema della mobilità urbana: il sistema ferroviario metropolitano, la linea della metropolitana leggera e il tram, l’area portuale
e il sistema dei porti turistici. L’immagine di futuro che ne deriva è
quella di una città ad andamento reticolare, rafforzato oltre che dalla
presenza della nuova tangenziale interna, dal sistema delle cadenti trasversali, dalla circonvallazione intesa quale nuovo elemento di ricucitura e viale urbano e dal sistema integrato della rete del trasporto pubblico di massa.
III. Città internazionale. In quanto città che aspira ad un ruolo di rilievo nel
168 panorama internazionale, Palermo si candida ad ospitare funzioni ed
attività che si confrontano con una dimensione ampia di relazioni e
rafforzano le connessioni con le reti internazionali. La sfida per la
creazione di una città in grado di competere in un panorama internazionale trova importanti occasioni:
• un porto di respiro internazionale che investe sui servizi e sulle aree
a supporto delle attività commerciali e crocieristiche in grado di attrarre e generare nuove e preziose energie ed economie;
• la Città Internazionale della Cultura che ambisce a fare della dimensione
culturale una delle chiavi principali di competitività della città;
• le nuove polarità sportive quali il nuovo stadio di Viale del Fante e
la “Città degli sport acquatici” alla Bandita e il nuovo polo congressuale che dotano Palermo di strutture e servizi in grado di ospitare
eventi di respiro internazionale e occasione di sviluppo per la città.
IV. Città produttiva. La “città della produzione” evidenzia le azioni mirate al
potenziamento delle attività commerciali e produttive urbane. Le azioni mirano ad incidere su tutto il sistema delle imprese produttive, di
servizio e finanziarie e mirano allo sviluppo della capacità di attrarre
capitali, imprenditori e investimenti mettendo a sistema le grandi aree
della produzione e del commercio urbano, come il mercato ortofrutticolo, e i centri commerciali naturali, il settore dei trasporti e della logistica (porto commerciale e industriale), migliorandone l’accessibilità attraverso il riassetto del sistema della viabilità che connette queste aree
tra esse ed al territorio di riferimento.
V. Città creativa e dell’innovazione. Per raggiungere una posizione di rilievo
sul fronte dell’innovazione in campo internazionale Palermo individua
nella creatività e nell’innovazione carte vincenti per il proprio sviluppo, investendo in azioni mirate:
• al potenziamento dei settori della ricerca e della formazione (Università, Dipartimenti, strutture di ricerca, Policlinico);
• alla valorizzazione dei poli di eccellenza in campo internazionale e
culturale;
169 • al recupero e alla valorizzazione di preziose risorse territoriali grazie
a politiche di rigenerazione urbana in grado di generare qualità e
progetti di sviluppo integrati (Centro Storico, aree bersaglio, ecc.).
VI. Città del turismo. Palermo, città ad alto potenziale e vocazione turistica
si pone lo scopo di valorizzare risorse uniche ed eccellenze in campo
culturale, artistico e religioso, sportivo e congressuale, ambientale, attraverso:
• la riqualificazione del Centro Storico;
• il recupero e la valorizzazione dei beni diffusi nel territorio comunale messi a sistema dal progetto di realizzazione del “Museo Diffuso”;
• il potenziamento della vocazione turistica del porto attraverso nuovi
spazi e servizi per la crocieristica;
• la realizzazione di un nuovo polo congressuale Sampolo-FieraUcciardone- Cascino;
• la realizzazione del Nuovo Stadio e la Città degli sport acquatici;
• il recupero e la salvaguardia dei parchi urbani ed del waterfront.
VII. Città della cultura. Palermo mira ad una “dimensione culturale” del proprio sviluppo mettendo in campo azioni mirate a fondare la crescita del
territorio sulle risorse culturali, facendo di esse elementi catalizzatori e
vettori di opportunità di sviluppo, di qualità diffusa e, non ultimo, di
coesione e integrazione sociale. Le principali azioni dirette in ambito
culturale previste dal Piano sono:
• la realizzazione del Museo Diffuso;
• il potenziamento dell’offerta universitaria;
• la riqualificazione del Centro Storico;
• la realizzazione della Città Internazionale della Cultura;
• la realizzazione del nuovo polo congressuale nell’area SampoloFiera-Ucciardone-Cascino in grado di ospitare convegni e manifestazioni culturali di rilevanza internazionale.
VIII. Città del loisir e del tempo libero. Palermo vuole diventare una città in cui
si vive bene, in cui la qualità della vita sia il frutto anche del soddisfacimento della domanda di tempo libero e di luoghi di relazione. La cit-
170 tà del loisir è una città sicura, che offre spazi ed opportunità per lo svago, il divertimento, lo sport, luoghi di incontro e di relazione grazie al
rafforzamento della rete dei parchi urbani, alla riqualificazione degli
spazi pubblici e delle piazze, alla creazione di nuove attrezzature per
lo sport e a nuove centralità urbane come strumento per una mixité
funzionale capace di arricchire l’esperienza del vivere quotidiano.
IX. Città dell’integrazione. Le strategie del Piano, oltre a prevedere politiche
di sviluppo volte a produrre e a moltiplicare economie, affrontano la
sfida dell’integrazione e dell’equità sociale mirando alla sfida della coesione tanto attraverso azioni immateriali di supporto alle imprese e alle
fasce svantaggiate, quanto attraverso azioni di recupero e integrazione
del sistema delle periferie e dei grandi quartieri ERP, nonché attraverso politiche di rigenerazione delle aree centrali e delle borgate storiche
e della costa sud ancora degradate e in cui si concentrano sacche di
marginalità sociali ed economiche.
4.3.1.
Le politiche per il recupero del Centro Storico
Da quando gli stati nazionali hanno visto ridefiniti i propri poteri e ridotti gli ambiti di intervento, il modello dominante di gestione delle città è
sempre più quello delle entrepreneurial cities, città imprenditoriali. Da questo
punto di vista David Harvey 99 classifica quattro differenti strategie attraverso le quali le città cercano di acquisire vantaggi competitivi negli scenari internazionali:
• la concorrenza nella divisione spaziale del lavoro;
• la concorrenza nella divisione spaziale del consumo;
• la concorrenza per le funzioni di comando;
• la concorrenza per la redistribuzione.
Se guardiamo alla storia recente del capoluogo siciliano, focalizzando
la nostra attenzione sulle politiche di recupero del Centro Storico, possiamo
situare la politica urbana attuale della città nei campi della concorrenza nel 99
Harvey D. (1989), “From managerialism to entrepreneurialism: the transformation in urban governance in late capitalism”, Geografiska Annaler, Vol. 71/B (I), pp. 3-17.
171 la divisione spaziale del consumo e per la redistribuzione.
Il Centro Storico di Palermo (ossia la parte della città contenuta entro
il tracciato delle mura cinquecentesche) è un rettangolo di circa 250 ettari.
Dal punto di vista della qualità architettonica e artistica si tratta di un patrimonio considerevole: 7 teatri, 158 chiese, 55 conventi, più di 400 palazzi
aristocratici. Il 40% della sua superficie è occupata da immobili residenziali,
mentre il 33% da strade, piazze e spazi pubblici 100.
Il suo territorio, che coincide con quello della prima delle otto circoscrizioni nelle quali è diviso il territorio comunale, è di gran lunga l’unità
amministrativa meno estesa della città ma è anche quella con la più alta
densità di popolazione. Questo dato non deve tuttavia trarre in inganno:
dalla fine della seconda guerra mondiale il Centro Storico di Palermo ha infatti subito un vistoso calo della popolazione residente che, solo recentemente, ha fatto registrare un’inversione di tendenza.
Secondo i dati dei censimenti, nel 1951 gli abitanti del Centro Storico
erano 125.271 e fra il 1961 e il 1971 la popolazione si è più che dimezzata
passando da 106.836 a 52.013. Il calo della popolazione residente continua
negli anni seguenti tanto che nel 1981 gli abitanti censiti sono 38.672 e dieci
anni più tardi 24.438, per arrivare al minimo storico nel 2001, quando i residenti nel Centro Storico saranno appena 21.489, circa un sesto del 1951.
Oggi nel Centro Storico risiedono 26.974 persone (di cui 5.816 stranieri), un dato che resta piuttosto lontano dall’obiettivo di 50.000 abitanti fissato dal Piano Particolareggiato Esecutivo (PPE), mentre, secondo i dati del censimento del 2001, le abitazioni vuote erano il 31,5% 101.
Nel Centro Storico di Palermo risiede circa un quarto dell’intera popolazione immigrata stabilitasi in città, con un’incidenza di circa il 20% sul totale dei residenti nella Prima Circoscrizione. Se rispetto al 2008, la popolazione del Centro Storico è cresciuta di 82 unità, è interessante notare come
la popolazione straniera sia aumentata di 311 unità.
100
Di Benedetto G. (2000), La città che cambia. Restauro e riuso del Centro Storico di Palermo, Assessorato al Centro
Storico, Palermo.
101
Dal censimento del 2001 risultano a Palermo 269.577 abitazioni. Di queste l’86,4% (232.853) sono occupate, mentre
l’11,5% (pari ad un totale di 30.918) sono vuote. La prima circoscrizione (Centro Storico) è quella che presenta la
percentuale più alta di abitazioni vuote, circa 5 volte superiore al dato più basso e il 6,6% della sesta circoscrizione.
172 L’analisi del Piano Regolatore Portuale di Palermo (PRP) è utile per comprendere quali siano alcune delle principali linee d’indirizzo ipotizzate per
lo sviluppo della città nel quadro dell’attuale regime urbano 102.
Oggi il rapporto fronte mare-città è ritornato al primo posto
nell’agenda delle politiche urbane come sinonimo di urbanità legata anche
alle dinamiche dell’intrattenimento e della cultura e Palermo ha già innescato processi di ricucitura con il tessuto della città storica limitrofa.
L’intervento proposto per il fronte a mare di Palermo si inserisce all’interno di
una serie ormai consolidata di esperienze di recupero e di rifunzionalizzazione. Il presupposto generale di questa tipologia di interventi, ai quali il
PRP sembra ispirarsi, è la considerazione che “le città portuali stanno scoprendo
negli ultimi anni nuovi terreni di espansione che, paradossalmente, avevano sempre fatto
parte della loro identità urbana, sebbene per decenni città e porto si fossero reciprocamente ignorati” 103.
Questo scenario e le sue dinamiche rimandano alla compresenza di due
istanze progettuali differenti: la prima enfatizza la necessità di concepire un
approccio attento agli effetti sull’ambiente naturale dei sistemi idrici delle
coste fluviali, di quelle marine e dei delta che non di rado sono stati pesantemente modificati e, talvolta, distrutti dallo sviluppo in epoca moderna; la
seconda concerne più direttamente la necessità di impostare uno sviluppo
urbano attento alla specifica identità storica e culturale delle città e delle
regioni legata al generale desiderio di creare comunità locali che controbilancino i processi di globalizzazione.
Dalla ricognizione del PRP emerge un’ipotesi di sviluppo della città
che in buona parte ruota attorno al rapporto fra i due mandamenti del Centro Storico che si affacciano sul mare (Mandamento Castellamare e Mandamento Tribunali) comprese alcune sue zone limitrofe, e il Porto nelle sue
varie articolazioni, estendendosi poi alle altre aree della costa urbana. Si
102
Lo studio dei regimi urbani si concentra sugli attori che compongono le coalizioni e su come la loro collaborazione si
realizza attraverso i settori istituzionali della vita pubblica. Questo approccio analizza, inoltre, il modo in cui la coalizione si conserva di fronte ai processi di trasformazione sociale in corso, al continuo ingresso di nuovi attori e alla
eventualità di una rottura derivante da conflitti o da disinteresse. I regimi sono dinamici, non statici, e le dinamiche
dei regimi riguardano i modi in cui le forze del cambiamento e le forze della conservazione giocano le une contro le
altre.
103
Busquets J. (2006), Città-Porto: riconversione generica o specifica?, in Bruttomesso R. ( a cura di ) Città-Porto CityPort, Marsilio, Venezia.
173 tratta di una porzione di territorio urbano costituito dal waterfront della città
lungo le mura cinquecentesche e gli spazi del Centro Storico retrostanti. È
stata individuata un’area per i servizi culturali e per il tempo libero i cui intervenire prevedono la restaurazione del porticciolo dell’antica borgata marinara di Sant’Erasmo, che prolunga il quartiere della Kalsa sul mare, il Foro Italico, il Molo Sud nel corpo centrale del porto moderno e “la Cala”, il
porto della città antica con le sue ramificazioni nel retrostante mercato della
Vucciria.
Le aree funzionali previste per queste zone riguardano la nautica da
diporto ed attività culturali e ricreative, le aree per attività ricettive e funzioni urbane del terziario avanzato, il Parco Archeologico del Castello a
Mare e aree verdi attrezzate.
Per molti aspetti il progetto si configura dunque come una delle possibili declinazioni della modalità d’intervento inizialmente sviluppata a Barcellona dal 1985, che a Palermo individua tre differenti tipologie di porti: il
primo dedicato alla cantieristica e al traffico merci, il secondo dedicato al
traffico passeggeri e, in particolare, al flusso delle crociere, e il terzo dedicato alla nautica da diporto e ai servizi culturali e per il tempo libero.
4.3.2.
Il quartiere della Kalsa: le peripezie della globalizzazione
La zona più interessata (e da più tempo) dai processi di riqualificazione
e di rilancio del Centro Storico è la Kalsa, un sistema urbano composto
dall’articolazione di tre piazze (Kalsa, Magione, Marina) e degli spazi ad esse adiacenti. I cambiamenti di questa parte della città antica qui ci interessano perché riassumono in sé i principali elementi della storia urbana e sociale di Palermo e delle sue attuali dinamiche di trasformazione.
A partire dal secondo dopoguerra decenni di degrado e abbandono del
quartiere causarono il progressivo sgretolarsi di palazzi storici, monumenti e
di gran parte degli edifici risparmiati dai bombardamenti alleati. Al degrado
fisico seguì una progressiva emorragia di popolazione canalizzata verso i
nuovi quartieri residenziali borghesi a nord o verso i quartieri dormitorio
174 delle periferie, in gran parte frutto di speculazioni mafiose, che cingono il
centro città 104.
Negli anni Ottanta la Kalsa e i suoi dintorni offrivano un quadro desolante: un intrico di strade e vicoli in rovina, privi di illuminazione pubblica
e dei servizi urbani elementari, ancora in gran parte occupato dalle macerie,
che le guide turistiche raccomandavano di evitare o attraversare con cautela. La maggior parte dei residenti storici che ancora oggi vi abitano appartengono a un sottoproletariato sopravvissuto alle ondate di sgomberi da edifici pericolanti e spesso sono impegnati in attività al confine fra legalità e illegalità 105. La diminuzione della popolazione e la progressiva omogeneizzazione della sua composizione sociale sono stati parzialmente controbilanciate soltanto dall’arrivo di studenti universitari fuori sede e da immigrati, molti dei quali clandestini.
Questo scenario permane pressoché invariato fino ai primi anni Novanta quando la Kalsa diviene teatro di una serie di interventi di riqualificazione finanziati con le risorse europee del programma Urban. Promosso
dall’Amministrazione di centrosinistra il progetto “Urban per la Kalsa” aveva
una declinazione socialmente sostenibile e implicava sia interventi sul tessuto urbano miranti a valorizzare il patrimonio edilizio, architettonico e monumentale sia progetti miranti a sostenere il disastrato tessuto sociale del
quartiere e arginare le dinamiche di gentrificazione.
Le misure più significative da questo punto di vista riguardano
l’autorizzazione al cambio di destinazione d’uso di importanti immobili storici trasformati in alberghi di lusso e il contemporaneo stop all’uso di immobili restaurati di non rilevante interesse storico e architettonico per insediarvi famiglie che avevano fatto domanda per alloggi popolari.
Successivamente l’Amministrazione di centrodestra ha di fatto eliminato dalle proprie priorità l’orizzonte sociale degli interventi di riqualificazione segnando una rottura rispetto alla strategia della precedente Amministra 104
Su questi temi cfr. Schneider J.C. e Schneider P.T. (2003), Reversible Destiny. Mafia, Antimafia and the Struggle for
Palermo, University of California Press.
105
Di fatto, il territorio del quartiere è controllato da pochi nuclei familiari allargati che gestiscono quelle attività illegali e
informali che tengono in vita l’economia di questo territorio e regolano i rapporti con i politici locali che in essi trovano
un consistente serbatoio di voti.
175 zione 106.
A circa venti anni dai primi interventi, la Kalsa è diventata uno dei
luoghi simbolo di Palermo, sede di numerosi bar, ristoranti, hotel, centri
culturali e attrazioni turistiche.
Il processo di trasformazione è tuttora in corso ma il tempo trascorso
permette già di osservare alcune dinamiche che ci aiutano a comprendere in
quale direzione stia andando la città nel suo complesso. Da un certo punto
di vista la Kalsa appare come un tipico caso di quartiere sottoposto a pesanti interventi di make up urbano con le conseguenti trasformazioni in termini
di composizione sociale della popolazione, di tipologie di fruitori non residenti e di funzioni urbane. In effetti, l’aumento dell’attrattività della Kalsa,
non solo dal punto di vista immobiliare ma anche in termini di offerta culturale e di spazi di intrattenimento e socializzazione ha innescato un cambiamento profondo non solo nella composizione sociale dei suoi residenti ma
anche nella quantità e nella tipologia di persone che lo frequentano abitualmente senza risiedervi, accentuando così processi di ulteriore marginalizzazione di parte della popolazione e modi di vita tradizionalmente presenti nella zona. Tuttavia si notano anche fenomeni e sacche di resistenza
che conferiscono un andamento non lineare al cambiamento in corso.
L’arrivo di nuove forme urbane e nuovi abitanti non ha comportato
l’automatica espulsione degli antichi abitanti né eliminato del tutto le logiche preesistenti di gestione informale del territorio.
Nel centro di Palermo gli attriti e le turbolenze hanno principalmente
come protagoniste classi sociali diverse all’interno della stessa cittadinanza
autoctona. Molti attriti e resistenze derivano dal fatto che la presenza dei
nuovi spazi e l’arrivo di nuovi abitanti e fruitori si è inserito all’interno di
equilibri consolidati in un sistema fino a quel momento sostanzialmente
chiuso, introducendo elementi di nuovo dinamismo nell’economia di quartiere e turbolenze nei meccanismi di gestione informale dell’ordine e del territorio.
106
Significativamente, uno dei primi provvedimenti del Sindaco di Forza Italia appena insediato, fu proprio smantellare il
Centro Sociale Comunale delle Artigianelle nella Piazza Kalsa, iniziando dal trasferimento della sua responsabile
contro il quale a nulla valsero le manifestazioni con blocchi stradali organizzate dalle mamme del quartiere che con i
loro figli lo frequentavano.
176 Le dinamiche più interessanti da questo punto di vista riguardano il
piano degli scambi economici e delle relazioni di potere. Le trasformazioni
sopra descritte hanno stimolato nelle aree interessate l’offerta di servizi legali, informali o anche illegali gestiti dai residenti storici. Si è rigenerata così un’economia privata sommersa costituita dalla regolazione abusiva delle
poche aree di parcheggio disponibili, dalla gestione di punti di ristoro senza
licenza, dallo smercio di sostanze stupefacenti, ecc. Elemento cruciale è la
possibilità di fornire servizi o erogare prestazioni derivanti dalla capacità di
controllo del territorio, lì dove le agenzie ufficiali (forze dell’ordine, ufficio
di igiene, annona ecc.) per varie ragioni non intervengono.
A sottolineare il mix di complementarità e antagonismo in queste relazioni, spesso sono proprio questi servizi informali a garantire lo svolgimento
di eventi e manifestazioni culturali pubbliche. In molti casi neppure le manifestazioni indette dal Comune potrebbero svolgersi senza ricorrere alla
collaborazione interessata dei vecchi residenti che di fatto, a fronte di qualche vantaggio, suppliscono all’assenza di vigili urbani contribuendo a mantenere la chiusura al traffico di alcune vie o che, in assenza di accordi, possono impedire lo svolgimento delle manifestazioni programmate sabotandole
nei modi più diversi. Le stesse dinamiche permettono di gestire in maniera
altrettanto informale ed efficace la restituzione ai legittimi proprietari di refurtive di varia natura.
In tale contesto non stupisce che in alcune zone, dopo una fase di riqualificazione con la ristrutturazione degli edifici circostanti, l’arrivo di
nuovi residenti, l’apertura di locali destinati a una clientela borghese e straniera, si assista al perpetuarsi delle tradizionali modalità di uso dello spazio
pubblico (costruzione di chioschi abusivi, attività economiche senza licenza,
imposizione con pratiche apertamente intimidatorie di attività musicali per
tutta la notte) di pari passo all’attenuarsi dei controlli di polizia urbana, alla
conseguente chiusura di esercizi commerciali aperti proprio durante le fasi
iniziali della riqualificazione e alla riduzione dei flussi di nuovi residenti
borghesi.
Significativo da questo punto di vista il caso della “Fiera del consumo
177 critico” promossa dall’associazione contro il racket Addiopizzo. Dopo alcune edizioni tenutesi a Piazza Magione e segnate da una vera e propria lotta
per il mantenimento del controllo dello spazio pubblico da parte dei venditori abusivi e dall’intervento della polizia per sedare le fortissime tensioni
con i commercianti regolarmente iscritti, provenienti dal resto della città, la
Fiera è stata spostata nella parte ottocentesca della città.
4.4.
I mercati storici: un’importante risorsa territoriale
Nei mercati storici di Palermo si scopre la vita pulsante della città e
rappresentano una sintesi dell’indole colorita e allegra, e della cultura poliedrica e cosmopolita del palermitano.
Il mercato storico nasce principalmente per consentire a tutti di scegliere prodotti di qualità, potendo acquistarli a prezzi convenienti. Esso è
aperto da mattina presto a sera e si può acquistare un po’ di tutto, ma soprattutto è specializzato in prodotti alimentari quali frutta, verdura, pesce e
carne.
Tutti i mercati storici palermitani hanno origine araba, sono infatti dei
bazar a cielo aperto del tutto simili a quelli che si possono incontrare visitando i paesi arabi. Essi rappresentano uno dei segni tangibili di quello che
le diverse culture, susseguitesi nei secoli durante le varie dominazioni, hanno lasciato nella città e nei suoi abitanti. Dall’esposizione delle merci, i colori e gli odori ben combinati, alle intonazioni delle “abbanniatine”
utilizzate dai venditori per reclamizzare le loro merci, al “pattiare” per il
prezzo, tutto segue un rituale ben preciso che ritrova le sue radici e le sue
origini nell’antica civiltà araba.
Luoghi caratteristici da visitare, i mercati storici sono posti da inserire
sicuramente negli itinerari turistici perché angoli ricchi di tradizione e storia. La prima sensazione che si prova, infatti, lasciandosi alle spalle le grandi strade piene di automobili ed entrando in questi mercati, è quella di stare
vivendo un momento del passato.
La peculiarità di questi mercati è quella di essere sopravvissuti al bombardamento del progresso. Infatti in un supermercato troviamo porte che si
178 aprono da sole, carrelli in acciaio, luci al neon che esaltano i colori, prodotti
sigillati e prezzati, mentre nei mercati di Palermo si accede dalle strade, non
ci sono carrelli e la merce è libera di respirare nei cesti di paglia o nelle cassette di legno, di essere vista alla luce naturale e di sprigionare tutta la sua
fragranza olfattiva e visiva, come ci ricorda il celebre dipinto di Guttuso.
Non ci sono insegne luminose ma enormi lampade, non esiste cellophane ma
cartone, i prezzi non sono attaccati alla merce, ma indicati su pezzi di legno. Il viottolo che si apre tra le bancarelle è stretto e spesso reso impraticabile dalla folla. I profumi degli alimenti e delle spezie che provengono
dalle bancarelle si uniscono in un aroma straordinario di cibi appena cotti
come le panelle fritte, le stigliole, il pane appena sfornato con i biscotti e gli
sfincioni, il profumo acre di limoni con la fragranza dell’olio. Ed anche i sapori sono quelli di una volta, con i cibi tipici che non hanno perso la genuinità. Non c’è musica di sottofondo ma la musica la creano i venditori che, a
gran voce, in un dialetto incomprensibile per lo straniero, invitano ad acquistare il prodotto oppure cantano canzoni e, di tanto in tanto, si lanciano
commenti da una bancarella ad un’altra, coinvolgendo i passanti ad assaggiare i loro prodotti.
I principali mercati di Palermo sono:
Ø La “Vucciria”, in dialetto palermitano vuol dire “confusione”, è il più antico e importante di Palermo e si estende da Piazza Caracciolo alla Cala.
Sorto nel periodo della dominazione angioina, nasce come macello e
mercato della carne insieme, una volta chiusa da arcate, oggi completamente all’aperto, in cui la merce è esposta in tipiche bancarelle su basole di calcare compatto, chiamate “balate” sulla cui merce i rivenditori
spruzzavano continuamente l’acqua per mantenerla fresca.
In passato veniva chiamato “la Bucciria grande”, in modo tale da sottolineare la differenza rispetto agli altri mercati più piccoli. L’origine del
nome probabilmente deriva dalla parola “Bucceria”, che a sua volta viene
dal francese boucherie, che vuol dire macello. La Vucciria, infatti originariamente era dedicata principalmente alla vendita di carne, ma oggi per
le strade si vende anche frutta, verdura e pesce. La Vucciria è peraltro
179 protagonista di un rinomatissimo dipinto del grande pittore Renato Guttuso. Nel dopoguerra il mercato, a differenza di quello del Capo e di
Ballarò, ha molto risentito dello spopolamento del mandamento Castellammare e ne è conseguito un calo commerciale che non è stato bilanciato dall’afflusso degli abitanti delle zone limitrofe. Così la disaffezione
dei vecchi clienti, il venir meno di molte delle fiorenti attività commerciali di un tempo, la riduzione degli orari di vendita, la chiusura nel
pomeriggio lo hanno fatto via via declinare.
Ø Il Capo, insieme a Ballarò. è il mercato più frequentato della città. Parte
da Porta Carini, adiacente al Tribunale e si sviluppa attraverso tutte le
stradine ed i vicoli che arrivano fino alla Cattedrale e il Monte dei Pegni. Di origine araba, il mercato ha sempre goduto di una notevole affluenza e non ha risentito nel dopoguerra dello spopolamento del Mandamento Monte di Pietà perché hanno continuato a gravitarvi gli abitanti delle zone d’espansione settentrionali della città ed ancor oggi può
essere considerato uno dei più ricchi ed attivi della città nelle cui strette
“viuzze” si può acquistare un po’ di tutto. In mercato quindi si può dire
che possa vantare una continuità di vita di circa undici secoli e, rimanendo nel luogo d’origine, non ha mai modificato il suo carattere saraceno.
Ø Ballarò è il mercato popolare che dal Corso Tukory, nelle vicinanze della
stazione, si dirama nella parte interna dell’antico Centro Storico di Palermo all’interno della zona parallela alla Via Maqueda, lato monte, fino a Piazza Casa Professa, in cui esiste un mercato di abbigliamento
usato. Questo mercato è famoso soprattutto per le primizie che arrivano
dai terreni coltivati nei dintorni della città.
Proprio a Ballarò nel pomeriggio, sono soliti andare coloro che, tornando a casa dopo una dura giornata di lavoro, non intendono dedicarsi ai
fornelli, e quindi comprano pietanze pronte tipiche della gastronomia
palermitana, ciò che possiamo chiamare street food. Molto forte è, infatti,
la tradizione della cucina povera di strada, piatti tipici venduti agli angoli delle piazze e consumati sul posto come i babbaluci (le lumache) bol-
180 lite e condite con olio di oliva, aglio, prezzemolo e sale, le panelle fatte
con farina di ceci, i cazzilli preparati con purea di patate, le arancine
fatte di riso e ripiene di carne, pane ca’ meusa, moffolette di pane ripiene di
milza cotta e formaggio, frittola (grassetti e ciccioli di maiale), musso e
quarume.
Da ricordare anche Montalbo, storica via commerciale nei pressi del
mercato ortofrutticolo di Palermo; il Borgo Vecchio, piccolo ma caratteristico
mercato rionale che affonda le radici nel rione antistante il porto di Palermo
nei pressi della Via Principe di Scordia e a due passi dalla centralissima
Piazza Politeama; i Lattarini, dall’arabo "Suk-el-attarin", si estende da Piazza Borsa a oltre la Via Maqueda fino a Via Roma, ove sfocia nella Piazza
San Domenico quasi a contatto con la “Vucciria” e, infine, il Mercato delle
Pulci, antico mercato in un breve tratto di strada dietro la Cattedrale in
Piazza Peranni, in cui si trovano pezzi di antiquariato e mobili antichi.
Oltre ad essere una un’attrazione turistica, i mercati svolgono
l’importantissimo compito di fornitura commerciale per i residenti diventando uno dei principali concorrenti dello sviluppo e della crescita dei centri
commerciali.
Un interessante progetto di “Via dei Mercati” è stato proposto
dall’architetto Michelangelo Pavia. Il progetto nasce all’interno del coworking
neu[nòi] - spazio al lavoro, un’associazione di promozione sociale i cui valori
ispiranti sono il coworking, l’imprenditoria sociale, la sostenibilità ambientale, la cultura e la promozione dell’arte in tutte le sue forme.
Partendo dalla morfologia e dall’uso che la città di Palermo fa dei suoi
spazi, e il ricordo e la memoria con cui i palermitani raccontano la loro città, l’architetto ha trovato nella pedonalizzazione dei luoghi un mezzo per
raggiungere l’obiettivo dello sviluppo economico del territorio palermitano.
I mercati storici di Palermo, a suo modo di vedere, danno un servizio alla
comunità che risponde ai bisogni quotidiani di spesa e di incontro sociale
dei residenti, un servizio riconosciuto tale che risulta spontaneo trattare
questi spazi come pedonali: “la presenza del mercato fa accettare in modo automatico l’impossibilità di accesso alle auto ed attualmente la quasi totalità dei percorsi pe-
181 donali (tra ufficiali e non) è costituito dalle vie occupate dai mercati. Questo dato indica
un flusso pedonale già esistente lungo questi percorsi, flusso che può diventare un punto
focale nello sviluppo commerciale e turistico di questa città”. 107 Allo stesso tempo
sono fonte di richiamo turistico per il folklore e le tradizioni di cui essi sono
caratterizzati.
In questo modo si è cercato di creare un percorso fluido che unisca i
due mercati storici, il Capo e Ballarò, che oggi resistono anche se con gran
fatica alla incombente minaccia della GDO.
FIGURA 4.3: IL PERCORSO DEI MERCATI Fonte: Pavia M. (2012), Percorsi Palermo. Microinterventi di ricucitura del tessuto urbano, neu [nòi] -­‐ spazio al lavoro, Palermo. Come mostra la Figura 4.3, questa “Via dei Mercati” si concentra su
due interventi, in Piazza Borsa e in Via Casa Professa, che possono dare una
continuità al sistema esistente generando un unico progetto commerciale
che attraversa i quattro mandamenti. Il primo intervento proposto a Piazza
Borsa consiste in una ripresa del mercato arabo dei Lattarini con l’apertura
107
Pavia M. (2012), Percorsi Palermo. Microinterventi di ricucitura del tessuto urbano, neu [nòi] - spazio al lavoro, Palermo.
182 di un polo espositivo per l’artigianato provinciale così da fungere da vetrina
di eccellenza in cui essere presenti per la vendita dei prodotti, prevedendo
una turnazione dei commercianti. Il secondo intervento è localizzato a Casa
Professa e consisterebbe nel creare un nuovo settore di mercato adiacente al
Ballarò in cui si possano vendere prodotti etnici, offrendo così uno spazio
commerciale di rappresentanza alle tante etnie provenienti dall’Africa e
dall’India, che in questo quartiere sono presenti in maniera preponderante.
Questo intervento, a mio modo di vedere, servirebbe in parte a combattere
il mercato abusivo delle tante bancarelle che riempiono i marciapiedi e costeggiano le strade centrali della città di Palermo.
In questo percorso il consumatore finale/turista potrebbe così vivere
una passeggiata tra le strade caratteristiche della città, comprando nei negozi disposti in continuità prodotti non solo alimentari nei mercati di Ballarò e
Capo, ma anche articoli di abbigliamento e tessili in Via Bandiera, e prodotti di lattoneria e di forniture per cucine in Via Calderai. Un merchandising, quindi, completo, paragonabile a qualsiasi supermercato moderno, ma
con la caratteristica peculiare di respirare nelle stradine cultura e storia locale.
La gestione di questo percorso è affidata al Web. L’informatica e il
Web possono offrire, secondo l’autore, importanti stimoli alla pianificazione
territoriale con nuovi modelli di urbanistica partecipata e di governance tecnologica. Si prevede, infatti, uno spazio virtuale in cui si potrà dare visibilità a tutti i commercianti presenti e allo stesso tempo si tutela il consumatore, potendo esso stesso valutare il commerciante e i prodotti migliori dai
feedback lasciati dagli altri attraverso commenti, riducendo i fenomeni di
truffa e aumentando anche un consumo critico. Attraverso il portale web
inoltre sarà possibile ai commercianti prenotare on line la propria postazione nel mercato di Piazza Borsa, ad esempio con strutture di piazzole e banchi numerati, magari richiudibili la sera in modo da permettere il transito e
il posteggio alle auto. In questo modo si snellirebbe anche il processo gestionale per l’amministrazione.
183 V CAPITOLO
I CENTRI COMMERCIALI NATURALI:
UNA RISORSA PER LA CITTÀ DI PALERMO
5.1.
I Centri Commerciali Naturali in Sicilia
La Sicilia è una delle regioni più dinamiche nello sviluppo dei Centri Commerciali Naturali. Partendo dalla considerazione che è in atto una
profonda modificazione del mercato distributivo siciliano, ancora oggi caratterizzato dalla piccola e media impresa commerciale, e l’affermarsi di
nuovi stili di vita e nuovi bisogni di una società profondamente diversa da
quella di alcuni decenni fa, si è ravvisata l’esigenza da parte della classe
politica e istituzionale locale di lavorare per mantenere e migliorare il livello di qualità della vita delle realtà urbane isolane facendo perno sui valori, le funzioni, l’organizzazione degli spazi, dei servizi pubblici e la qualificazione dell’offerta commerciale e d’intrattenimento, che rappresenta
parte peculiare e indispensabile di un processo urbanistico, sociale ed
economico compiuto e unico al mondo.
TABELLA 5.1: ITER LEGISLATIVO DEI CENTRI COMMERCIALI NATURALI IN SICILIA L. R. 10/2005 “Norme per lo sviluppo turistico della Sicilia e norme finanziarie urgenti” D.A. 951/2009 “Norme di attuazione delle disposizioni di cui all’art..9 della L.R. 15/09/2005 n.10, mod. dall’art. 4 della L.R. 8/11/2007 n .21” D.A. 2140 5/s/2009 “Integrazione alle norme di attuazione delle disposizioni” D.A. 2908/2009 “Integrazione alle norme di attuazione delle disposizioni e proroga termine di cui al Decreto n. 2140/09, al 30/11/2009” D.A. 422/GAB “Bando per l’accesso alle agevolazioni previste dall’art. 62 della legge re-­‐
gionale 23 dicembre 2000, n. 32 e successive modifiche ed integrazioni, in attuazione del PO FESR 2007/2013, linea d’intervento 5.1.3.3.” D.A. 620/GAB “A g g io rn a m en to d ell’elen co reg ion a le d eli cen tri com m ercia li n a tu ra li” Fonte: Nostra elaborazione. All’interno di una legge quadro sulle norme che mirano ad incrementare lo sviluppo turistico in Sicilia è stato inserito l’argomento dei
CCN. L’art. 9 della L.R. 10/2005, modificato con l’art. 4 della L.R.
185 21/2007 dispone infatti che “al fine di migliorare la fruibilità turistica nel territorio siciliano ed in particolare per promuovere l’immagine e l’accessibilità dei centri
storici e negli ambiti urbani a vocazione turistica, su proposta del sindaco del comune
interessato, l’Assessore regionale per la cooperazione il commercio, l’artigianato e la
pesca, di concerto con l’Assessore regionale per il turismo, le comunicazioni ed i trasporti, promuove tramite i comuni la costituzione e l’attività dei centri commerciali
naturali”.
La legge regionale definisce Centro Commerciale Naturale “l’insieme
di attività terziarie private fra loro vicine e comunque ricadenti in un ambito urbano
definito”, ad esempio una zona del centro storico oppure un quartiere periferico dotato di una concentrazione di servizi.
L’insieme dei singoli esercizi si trasforma così in un vero e proprio
CCN quando gli operatori si associano per sviluppare strategie comuni,
organizzare eventi, coordinare promozioni che rendano il territorio in
questione agli occhi dei cittadini e dei visitatori un posto ideale per lo
shopping, ed in generale per vivere meglio la città con una dotazione di
servizi di qualità.
“Scopo esclusivo” del CCN è la valorizzazione del sistema economico locale riqualificando l’immagine e migliorando la vivibilità urbana negli spazi in cui opera, accrescendo le capacità attrattive delle attività che
ne fanno parte, con particolare riferimento al commercio tradizionale di
vicinato e di medie strutture, all’artigianato tradizionale e alla produzione di prodotti tipici siciliani, e infine migliorando il servizio offerto ai
consumatori ed ai turisti.
In questo modo si mira a:
v creare una struttura giuridicamente ed economicamente autonoma
per la gestione e la promozione del CCN;
v creare una nuova domanda turistica e residenziale, con un aumento
misurabile del giro d’affari delle attività commerciali e il ritorno
d’immagine per le altre attività coinvolte;
v ridurre i costi individualmente sostenuti o da sostenere per la comunicazione e la promo-commercializzazione delle attività coinvolte;
v aumentare la qualità della vita del quartiere, con un miglioramento
186 misurabile dei servizi per le attività commerciali e turistiche e per la
persona;
v incrementare la fidelizzazione dei visitatori, dei turisti e dei consumatori.
Per raggiungere questi obiettivi, le attività che un CCN può svolgere
riguardano 108:
• l’animazione urbana (feste in occasione del Natale e di altre occasioni
religiose e civili);
• una promozione che abbia una diretta ricaduta sulle attività economiche espresse dal CCN, come l’identificazione e realizzazione di un
marchio comune e delle relative attività promozionali;
• la creazione e registrazione del marchio;
• la comunicazione come informazione, editoria, pubblicità, propaganda,
pubbliche relazioni sui media cartacei, radio-televisivi e telematici (vetrofanie, pieghevoli, calendari fotografici, la registrazione del dominio
internet o realizzazione del sito web e messa in rete delle aziende consorziate);
• i servizi di supporto e assistenza ai consumi e allo shopping con interventi di fidelizzazione della clientela;
• i progetti di arredo urbano dei CCN e riqualificazione ambientale delle
vetrine, dell’immagine e dei prospetti, con acquisto di arredi, attrezzature, macchinari ed impianti.
• l’attivazione di strutture di servizio aperte al pubblico quali punti di
contatto e di assistenza agli acquisti e alla fruizione dei CCN;
• accordi con enti di promozione turistica del territorio per l’offerta di
pacchetti turistici integrati con l’offerta commerciale ed artigianale;
• le iniziative con il sistema economico e finanziario al fine di sponsorizzare progetti del CCN;
• accordi con la proprietà immobiliare su eventuali progetti di riconversione funzionale di immobili inutilizzati;
108
D.A. 951/2009 “Norme di attuazione delle disposizioni di cui all’art..9 della L.R.15/09/2005 n.10, mod. dall’art. 4
della L.R. 8/11/2007 n .21”, Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana (GURS).
187 • la partecipazione a bandi di finanziamento pubblico rivolti alle imprese
commerciali di vicinato per lo sviluppo delle strategie di marketing;
• la gestione di finanziamenti inerenti la sicurezza e il controllo, per la
realizzazione di impianti collettivi per la videosorveglianza esteso a
tutto il territorio del CCN;
• l’organizzazione di gruppi di lavoro su problemi legati alle attività
economiche dell’area del Centro Commerciale Naturale;
• l’organizzazione di manifestazioni culturali, convegni, dibattiti, seminari per il raggiungimento e la diffusione dei propri obiettivi, nonché
attività di formazione per i titolari e per gli addetti.
Il CCN può ricevere incentivi sia economici che di supporto tecnico
dalla Regione, dallo Stato, dall’Unione europea, dagli altri enti locali e
territoriali, con i quali stipulare accordi per il perseguimento delle loro
finalità, elaborando e realizzando iniziative comuni di marketing territoriale. Le spese finanziabili riguardano la realizzazione del progetto comune del Centro Commerciale Naturale e la riqualificazione della struttura produttiva e/o distributiva delle PMI (Piccole e Medie Imprese)
commerciali, artigianali e di servizi.
I soggetti ammissibili alle agevolazioni sono i Centri Commerciali
Naturali costituiti in forma di consorzi, accreditati con provvedimento
dell’Assessore ed iscritti nell’elenco regionale, e le PMI commerciali, artigianali e di servizi, aderenti al rispettivo CCN ed esercenti la loro attività
nell’ambito urbano definito, e i benefici consistono:
-­‐ nella concessione di un contributo a fondo perduto a favore del CCN,
nella misura massima del 50% della spesa ammissibile per un importo
non superiore a € 25.000 (fino a € 35.000 in alcuni casi);
-­‐ nella concessione di un contributo a fondo perduto a favore delle PMI
aderenti, nella misura del 50% della spesa ammissibile per un importo
non superiore a € 25.000 (anche in questo caso elevabile a € 35.000).
Per ottenere l’accreditamento e l’inserimento nell’albo regionale dei
CCN il singolo consorzio d’imprenditori e commercianti deve presentare
entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione del bando la relati-
188 va domanda di partecipazione al sindaco del Comune di appartenenza,
che, una volta acquisita la delibera di presa d’atto da parte del Consiglio
Comunale, la propone all’Assessorato regionale alla Cooperazione
e
quest’ultimo a sua volta, istruita positivamente la pratica, ne decreta
l’accreditamento. L’istanza da presentare deve espressamente indicare le
generalità del rappresentante legale del CCN e dei sette rappresentanti
legali delle imprese consorziate nonché il costo complessivo del progetto e
quello dei singoli progetti dei soggetti richiedenti. All’istanza devono essere allegati: il certificato camerale delle singole imprese comprensivo del
nulla-osta antimafia; il progetto definitivo contenente la descrizione degli
interventi che si intendono realizzare, con l’indicazione dei singoli costi e
la correlazione tra questi e gli effetti che si prevede di conseguire in termini di vantaggi per le singole imprese consorziate e per il sistema produttivo e/o distributivo dell’area interessata, e una perizia giurata che attesti la validità tecnica-finanziaria del progetto e la congruità e i costi per
la realizzazione dello stesso, e il business plan.
Per la selezione dei progetti da ammettere al finanziamento e, quindi, per redigere la graduatoria si è tenuto conto dei seguenti criteri di selezione e dei relativi punteggi per un massimo di 100 punti:
-­‐
un massimo di 30 punti per la percentuale dei soggetti aderenti al
CCN che operano all’interno della Z.T.O. (Zona Territoriale Omogenea) rispetto al totale dei soggetti aderenti (da attribuire in misura
di 0,3 punti ogni punto percentuale);
-­‐
un massimo di 10 punti per la presenza turistica del comune dove è
ubicato il CCN attestata dai dati ricavati dalle biglietterie di siti attrattivi locali ovvero, nel caso di libero ingresso, da dati statistici
pubblici relativi agli ultimi tre anni (attribuendo 0,05 punti ogni 100
visitatori);
-­‐
un massimo di 20 punti per il numero di imprese commerciali, artigianali e di servizi proponenti aderenti al CCN (da attribuire in misura di 0,2 punti per ogni singola impresa);
-­‐
5 punti tenendo conto dell’eventuale protocollo d’intesa del CCN con
189 associazioni di categoria;
-­‐
un massimo di 10 punti per il numero di imprese commerciali ed artigianali consorziate specializzate nella vendita di prodotti locali (da attribuire in misura di 1 punto per singola impresa specializzata);
-­‐
5 punti se è presente un’integrazione con interventi per la promozione delle produzioni locali a carico del F.E.A.S.R. (Fondo europeo
agricolo per lo sviluppo rurale);
-­‐
un massimo di 10 punti il cofinanziamento delle PMI aderenti al
CCN (da attribuire in misura proporzionale al maggiore cofinanziamento rispetto al totale dell’investimento);
-­‐
5 punti da attribuire se è presente un’esperienza di cooperazione pregressa tra gli esercizi aderenti al CCN;
-­‐
5 punti per interventi mirati all’introduzione di eco-innovazioni di
processo e di prodotto per il contenimento delle pressioni ambientali
e per la riduzione del consumo delle risorse non rinnovabili e/o interventi che prevedono l’introduzione di tecnologie che contribuiscono alla riduzione di emissioni di CO2 e degli altri GAS serra.
Una nota interessante da fare è l’aver introdotto una specie di “quo-
ta rosa” in caso di parità di punteggio fissando come criterio premiale la
presenza maggioritaria nel CCN di imprese commerciali, artigianali e di
servizi a prevalente rappresentanza legale femminile.
È stato pubblicato nel dicembre 2011 il bando “Aiuti ai Consorzi e alle
Piccole e Medie Imprese insediate nei Centri Commerciali Naturali”, presente in
Appendice, che prevede risorse finanziarie disponibili che ammontano a
€. 19.295.927,98 pari al 70% del totale delle risorse (di € 27.565.611,40)
per la riqualificazione delle aree interessate alla realizzazione di servizi
comuni e per la promozione di produzioni locali, prevedendo il contestuale accantonamento della restante quota del 30% pari a € 8.269.683,42
per assegnazioni successive. Una quota pari al 20% delle risorse è destinata ai contributi per progetti di investimento ubicati in zone svantaggiate.
Complessivamente in Sicilia sono stati riconosciuti 156 Centri
190 Commerciali Naturali di cui 33 nella provincia di Palermo, 32 nel Messinese, 16 in provincia di Catania e 19 nell’Agrigentino, 9 in provincia di
Caltanissetta, 11 in provincia di Enna, 15 nella provincia di Ragusa, 12
nel Siracusano e 9 in provincia di Trapani.
GRAFICO 5.1: NUMEROSITÀ CENTRI COMMERCIALI NATURALI IN SICILIA PER PROVINCIA – 2012 TP SR RG PA ME EN CT CL AG 0 5 10 15 20 25 30 35 Fonte: Nostra elaborazione. In Sicilia l’introduzione di questa iniziativa è stata vista come una
scommessa per venire fuori dall’attuale crisi dell’imprenditoria commerciale e artigianale. I Centri Commerciali Naturali raccolgono oggi circa
9.000 attività commerciali con una media per ciascun CCN che oscilla da
20 a 40 aderenti, con punte di 60, cifre queste che consentono di stimare
mediamente intorno al 50% il coinvolgimento sul totale delle imprese
commerciali presenti in ciascuno di essi.
5.1.1. Il CCN “Io Centro” e il Centro Storico di Catania
A Catania l’obiettivo che l’amministrazione locale si è posto è quello
di fondere l’offerta commerciale e culturale urbana. In linea con le altre
regioni d’Italia, il Comune di Catania, grazie ai finanziamenti del Ministero delle Attività Produttive, è stato inserito in un progetto pilota realizzato da Confesercenti per l’iniziativa riguardante il CCN “Io Centro”
nel tentativo di arginare gli effetti dannosi provocati dall’avvento dei centri commerciali extraurbani, ma il progetto nonostante un iniziale succes-
191 so non si è sviluppato per come si sperava 109.
La zona di riferimento gravita nell’area di Viale Ionio, che oltre ad
essere un importante asse commerciale si caratterizza per essere una rilevante zona residenziale, ricca oltre che di insediamenti abitativi anche di
attività turistiche, culturali e di servizio. Le azioni rientranti nel progetto
pilota hanno riguardato essenzialmente la progettazione di elementi di
arredo urbano, allestimento delle vetrine, animazione delle vie, pubblicità
delle iniziative attraverso i mezzi di comunicazione volte al rafforzamento
dell’identità commerciale dell’area, allo sviluppo del suo accreditamento
e alla fidelizzazione del consumatore.
L’idea era quella di creare nella zona ad elevata densità di esercizi
commerciali un’aggregazione per una gestione coordinata con l’obiettivo
di valorizzare le attività economiche presenti, rafforzare l’attrattività della città ed incrementare l’animazione e la vitalità dell’area, e quindi
un’offerta variegata non basata sulla quantità dei negozi ma sulle relazioni che li legano tra loro, caratterizzandosi non per l’omogeneità bensì per
le varie complementarietà di luogo, d’offerta, di domanda ed anche
aziendale e tipologica, relativa cioè alla varietà delle organizzazioni imprenditoriali e delle loro formule che possono essere presenti nelle aree
centrali.
Un’altra ipotesi di CCN a Catania è quella che riguarda il Centro
Storico. È opportuno distinguere all’interno del Centro Storico quattro
aree non omogenee per architettura prevalente, periodo di edificazione,
struttura sociale, qualità della vita, infrastrutture, servizi offerti e funzioni commerciali.
109
Per un approfondimento Cirelli C., Di Blasi E., Mercatanti L., Nicosia E., Porto C.M. (2004), “Trade as a cultural
identity aspect in a city. A case study on Catania”, Annali della Facoltà di Economia dell’Università di Catania,
Catania.
192 La prima è la zona portuale, per
FIGURA 5.1: CENTRO STORICO PORTO, CATANIA decenni trascurata, sottoposta negli ultimi vent’anni a politiche di recupero e
valorizzazione poiché ritenuta strategica
per
lo
sviluppo
locale
e
regionale.
L’obiettivo è quello di aumentare la
portata delle funzioni del porto di Catania, infatti nei processi di rigenerazione particolare attenzione è stata posta
nella riutilizzazione del waterfront, come
è accaduto in numerose ed importanti città portuali ed industriali come
Barcellona (di cui si è parlato nel II capitolo di questo testo), Glasgow, i
Docklands di Londra, Rotterdam, Cardiff, Valencia e Shanghai (sede
dell’Expo 2010) che costituiscono i modelli di rilancio economico, culturale e turistico da emulare.
Tra i fattori che hanno sostenuto la crescente attenzione da parte
delle autorità urbane verso lo sviluppo del turismo nel waterfront si possono ricordare:
-­‐ il dinamismo del turismo urbano/culturale;
-­‐ l’emergere di nuove tendenze nel turismo di massa;
-­‐ la possibilità per le città di investire nella ricerca di una maggiore diversificazione della propria struttura economica;
-­‐ la possibilità di migliorare la qualità della vita urbana dei cittadini.
L’obiettivo prioritario dell’Amministrazione locale è stato quello di
valorizzare il porto consentendone la fruizione ai cittadini, dal momento
che è stato finora percepito come luogo della città inaccessibile, non fruibile e lontano, un non-luogo urbano.
193 La seconda zona è l’area del Ba-
FIGURA 5.2: CENTRO STORICO BAROCCO, CATANIA rocco (principalmente la Piazza Duomo,
la Via Etnea cd. bassa e la Via Crociferi) grazie alla quale Catania è stata inclusa nel 2002 in quel “Distretto del Barocco”
dichiarato
Patrimonio
dell’umanità. È proprio questa la zona
che, nella percezione del cittadino, è intesa quale Centro Storico e che possiede
la maggiore vocazione turistica, non solo per la presenza della citata architettura barocca ma anche perché ospita i più importanti musei della città (Museo Civico Castello Ursino, Casa
Museo Vincenzo Bellini, Casa Museo Giovanni Verga, Museo Diocesano),
il Teatro Massimo Bellini e le più caratteristiche e suggestive riunioni
mercatali (pescheria e mercato di Piazza Carlo Alberto).
La terza zona è rappresentata dalle aree degradate e a rischio (San
Cristoforo, Cappuccini, San Berillo) cresciute negli anni in maniera disordinata con case fatiscenti e livelli elevati di emarginazione e microcriminalità. Tali zone presentano un alto grado di disagio sociale e negli ultimi decenni sono divenute aree di residenza di immigrati che abitano sovente edifici malsani. L’Amministrazione catanese ha già avviato un processo di riqualificazione urbana grazie alle politiche locali che hanno
operato in diverse direzioni al fine di dare un volto nuovo alla città e investirla di un ruolo più rilevante nel sistema competitivo a scala sovralocale. La riqualificazione, partendo dalla struttura urbana esistente, è stata
indirizzata non solo a ridefinire la forma della città e a migliorare la sua
vivibilità, ma anche a creare occasioni per realizzare progetti di sviluppo
capaci di restituire qualità, identità ed opportunità di rilancio economico.
La quarta e ultima area è il quartiere commerciale centrale o Central
Business District (CBD), che di storico ha ben poco rappresentando la Catania moderna con edifici della seconda metà del XX secolo, sorto dalle
macerie di una parte dell’antico quartiere S. Berillo e oggi sede delle
194 principali attività quaternarie: headquarter delle maggiori imprese, televisioni, giornali, uffici, ambasciate, banche, assicurazioni, studi professionali e fornitori di servizi in genere. Esso della città moderna rappresenta
una delle aree tipiche da cui vengono irradiate le funzioni direzionali e
commerciali di più alto livello.
Tra le altre caratteristiche del Centro c’è che di storico esso mantiene ancor oggi il conflitto tra pubblica amministrazione e commercianti.
Questi hanno sempre opposto una ferma avversità a tutte le modifiche
dell’assetto viario, non ultimo il caso della contestata chiusura al traffico
di Piazza Duomo e del Centro Storico in generale.
Oggi si cerca di lavorare per un obiettivo comune che deve essere
quello di far funzionare il Centro Storico come Centro Commerciale Naturale: un vero e proprio centro commerciale integrato con gli stessi fattori di sviluppo e di attrattività, sia negli aspetti si marketing sia in quelli
infrastrutturali. La proposta dovrebbe interessare un’ampia area che dal
Centro Storico si estende verso la nuova Area Centrale racchiusa tra: Via
Plebiscito, Via Alcalà, Via C. Dusmet, Via Principe Nicola, Via Archimede, Via F. Crispi, Piazza Verga, Piazza Trento, Viale XX Settembre,
Piazza Roma, Via S. Tomaselli e Via S. Maddalena.
La chiave di successo delle imprese, come ribadito più volte, sta nel
non competere col gigante della distribuzione moderna ma nello specializzarsi in ciò in cui questo è carente con offerte non rintracciabili nelle
immediate vicinanze e che rispondano a precise strategie di carattere
commerciale e con un accurato servizio di assistenza, creando un ambiente attrattivo, accogliente e favorevole alla sua frequentazione con la cura
della
qualità
architettonica
degli
interni,
delle
decorazioni,
dell’illuminazione e della segnaletica.
Il progetto dell’area commerciale nel Centro Storico di Catania, dovrebbe dar vita ad un contesto dinamico dominato da forti spinte innovative grazie ai punti di forza di questa zona rappresentati da:
-­‐ la presenza di importanti infrastrutture (la stazione FF.SS., la metropolitana attualmente in costruzione, le strade di collegamento con il resto
195 della città, della provincia e della regione) che rendono l’area luogo a
forte vocazione non solo commerciale ma anche turistica;
-­‐ il patrimonio storico, culturale e monumentale della zona e i forti poli
di attrazione quali strutture universitarie, monumenti, chiese, strutture
sanitarie vicine al centro stesso.
Di contro ad ostacolare la creazione del Centro Commerciale Naturale intervengono 110:
-­‐ i problemi di traffico e di viabilità della zona;
-­‐ l’offerta turistica debole dovuta a una scarsa capacità ricettiva;
-­‐ la mancanza di parcheggi;
-­‐ la presenza di zone non illuminate adeguatamente;
-­‐ la differente regolamentazione degli orari di apertura e chiusura rispetto a quelli dell’hinterland.
5.2.
I CCN a Palermo: un circolo virtuoso?
Nel territorio palermitano si è visto come le imprese commerciali
siano di piccole dimensioni a conduzione per lo più familiare, con conseguenti aspetti di fragilità e di debolezza. Negli ultimi anni si è assistito ad
una diminuzione sia del fatturato che dei clienti in tutti i settori dai servizi ristorativi, all’artigianato e all’abbigliamento, percependo come concorrente principale la Grande Distribuzione Organizzata che negli ultimi
anni si è introdotta pesantemente sul territorio con l’apertura di quattro
centri commerciali in soli due anni.
I commercianti, dal lato loro, manifestano una scarsa conoscenza del
cliente che si rivolge al punto vendita, un’insoddisfazione diffusa per
l’organizzazione di eventi e manifestazioni in città e per l’arredo urbano.
Puntando sulle 4 A, quali Ambiente, Accessibilità, Animazione e Attrattività, la costituzione di un CCN è un’azione di economia reale, il cui
volume aumenta in modo scalare mano a mano che coinvolge sempre più
produttori, consumatori e commercio di vicinato, e che ridistribuisce in
110
Cirelli C. e Nicosia E. (2011), Il centro storico, Centro Commerciale Naturale, Atti del convegno “Centri Storici.
Riqualificazione e sviluppo sostenibile”, 2011.
196 modo sano la ricchezza prodotta nel territorio, riduce di molto il depauperamento del potere di spesa delle famiglie e favorisce le iniziative turistiche.
Per questi motivi l’Amministrazione comunale ha introdotto a Palermo i CCN, i cui primi si sono accreditati nel 2009.
Così come in altre città, alcuni di essi erano associazioni di via che
poi a seguito della Legge Regionale 10/2005 si sono costituiti in consorzi
per poter usufruire dei finanziamenti.
Gli obiettivi che il Comune di Palermo si è posto attraverso la costituzione dei CCN riguardano:
•
la riqualificazione dell’immagine e il miglioramento della vivibilità
del territorio;
•
un accrescimento delle capacità attrattive delle attività commerciali
che ne fanno parte;
•
un miglioramento della qualità e della percezione del servizio offerto
ai consumatori ed ai turisti;
•
la realizzazione di un’offerta organizzata, efficiente ed ospitale;
•
la fidelizzazione della clientela;
•
il potenziamento di una sinergia fra ente locale e i CCN.
L’iter amministrativo per l’istituzione dei CCN prevede una delega
all’Assessore alle Attività Produttive per il coordinamento di quanto previsto dalla normativa di settore per l’accreditamento dei CCN, il parere
favorevole della II^ Commissione Consiliare, e si formalizza con la delibera del Consiglio Comunale.
Nel territorio del Comune di Palermo sono attualmente riconosciuti
sei Centri Commerciali Naturali (le cui mappe sono state da me realizzate
e si trovano in Appendice):
1. Sferracavallo
2. Politeama – Ruggero Settimo & Dintorni
3. Via Sciuti & Dintorni
4. Panormus
5. Piazza Marina & Dintorni
197 6. Palermo Liberty
FIGURA 5.3: CENTRI COMMERCIALI NATURALI NEL TERRITORIO DEL COMUNE DI PALERMO C.C.N. Sferracavallo
ssssSferracavallo
C.C.N. Politeama - Ruggero Settimo & Dintorni
C.C.N. Via Sciuti & Dintorni
C.C.N. Panormus
C.C.N. Piazza Marina & Dintorni
C.C.N. Palermo Liberty
Fonte: Nostra elaborazione. Da una prima visione si può notare come questi CCN, escludendo
quello di Sferracavallo, siano molto vicini tra di loro e concentrati in due
circoscrizioni facenti parte del Centro Storico e del centro cittadino. Di
seguito descriverò brevemente i CCN con una particolare attenzione ai
CCN “Piazza Marina & Dintorni” e “Politeama – Ruggero Settimo &
Dintorni”.
Il CCN “Sferracavallo” (Mappa 1 in Appendice) è inserito in una riserva naturale, scenografia ideale per un’area marina protetta con caratteristiche turistiche intrinseche che vuole proporsi di rivitalizzare il territorio e renderlo attrattivo agli occhi dei turisti. Una buona parte del territorio, infatti, si trova lungo il tratto di mare che bagna la borgata marinara facente parte della riserva marina di Isola delle Femmine – Capo
Gallo. La località, che si trova a Nord-Ovest di Palermo, era un villaggio
di pescatori nei cui pressi sorgevano delle torri di guardia, una costruita
nel Quattrocento ed un’altra nel Cinquecento, che facevano parte del sistema di avviso delle torri costiere della Sicilia, entrambe distrutte con la
costruzione dell’autostrada. Il perimetro del CCN si trova tra Barcarello,
198 Via Plauto (al confine con il Comune di Isola delle Femmine) e Piazza
Tommaso Natale. È una borgata e per questo motivo ha la necessità di
migliorare la mobilità interna, non soltanto in termini di fruibilità dei
mezzi pubblici ma potendo anche concordare con i taxisti una tariffa per
il percorso.
Il CCN “Politeama – Ruggero Settimo & Dintorni” (Mappa 2 in Appendice) si è costituito nel 2011 e comprende il territorio a più alta vocazione commerciale della Sicilia Occidentale, ovvero la Via Ruggero Settimo e gli immediati dintorni. Il consorzio, di cui parlerò approfonditamente al paragrafo 5.4., si propone all’esterno col marchio “inCENTRO –
Shopping all’aria aperta” e il suo principale obiettivo è quello di consentire a
cittadini e turisti di usufruire sempre più spesso e con più semplicità del
contesto architettonico del territorio del consorzio.
Il CCN “Via Sciuti & Dintorni” (Mappa 3 in Appendice) comprende
la via omonima da Viale Lazio, all’incrocio con Via Veneto, fino
all’incrocio con Via Notarbartolo con qualche diramazione da un lato in
Via N. Morello, angolo Via G. Di Marzo, e dall’altro in Viale delle Magnolie, incrocio con Via Valdinoto e il tratto di Via Rapisardi che si ricongiunge a Via L. Ariosto. L’area è essenzialmente commerciale a cui si
aggiunge nelle vicinanze la presenza di numerose sedi istituzionali e amministrative. Non sono presenti attrazioni turistiche come musei o monumenti ma è ben collegata, e quindi raggiungibile, con la stazione Notarbartolo. Nasce come prima associazione di via formalmente costituita a
Palermo, aderente a Confcommercio Palermo.
Il CCN “Panormus” (Mappa 4 in Appendice) nasce dalla volontà di
creare una rete tra gli esercenti ricadenti nell’area territoriale che comprende il mercato storico della Vucciria. Insieme al CCN “Piazza Marina
& Dintorni” è ubicato nel Centro Storico di Palermo, tra le stradine in
cui molti commercianti e artigiani locali hanno da anni la loro piccola attività.
Il CCN “Piazza Marina & Dintorni” (Mappa 5 in Appendice) è stato
costituito nel dicembre del 2009 sotto forma di consorzio al fine di attiva-
199 re una collaborazione organizzata e permanente tra piccole e medie imprese, associazioni ed enti operanti in un particolare ambito territoriale
del Centro Storico di Palermo. L’area del Centro Commerciale Naturale è ricca di testimonianze storiche e culturali e comprende il vecchio
quartiere della Kalsa. È delimitata perimetralmente dal mare e dalle vie:
Lincoln, Roma, Vittorio Emanuele con un’appendice nel porto turistico
della Cala e fino a Piazza XIII Vittime.
Il CCN “Palermo Liberty” (Mappa 6 in Appendice) è situato nella
zona centrale della città di Palermo. Il perimetro del CCN è delimitato da
Piazza F. Crispi, Via delle Croci, Via Giorgio Castriota, Via Isidoro La
Lumia, Via Emerico Amari, Via Roma, Via Cavour, Piazza Verdi, Via
Volturno, Piazza Vittorio E. Orlando, Via G. Pacini, sede dell’ex strada
ferrata PA-TP, delimitazione ovest impianti ferroviari delle Stazioni Lolli
e Notarbartolo, Via Generale Cantore, Piazza Diodoro Siculo, Via Antonio Salinas, Via Costantino Nigra, Piazza Goffredo Mameli, Via XX settembre, Via Giuseppe La Farina, Piazza Antonio Mordini, Piazza F. Crispi. È una zona centrale della città in cui, negli anni della Belle Époque,
ville nobiliari in stile liberty fiancheggiavano i grandi viali frutto degli
ideali razionali ottocenteschi, che spinsero verso una struttura a maglia
ortogonale con vie parallele fra di loro poste fra gli assi principali costituiti dalla Via della Libertà e Via Notarbartolo. Nel 1891-1892, in una
zona limitrofa denominata “Firriato di Villafranca”, di proprietà
dell’omonimo principe, ebbe sede l’Esposizione Nazionale. Dell’evento
rimangono ben poche tracce concrete mentre resta visibile l’impianto urbano che questa determinò con l’insediamento del nuovo rione Villafranca. Delle villette in stile liberty rimangono oggi pochissimi esemplari, molte sono state sostituite da palazzetti plurifamiliari e alti edifici multipiano
che ospitano oggi negozi di alta moda, facendo diventare Viale Libertà
una via del lusso con marchi rinomati come Prada, Luiss Vuitton, Tod’s,
Ermès, Tommy Hilfiger, Armani, Harmont & Blaine, Alviero Martini,
ecc.
I sei CCN condividono azioni strategiche comuni di pianificazione
200 economica nell’ottica di migliorare la fruibilità turistica e residenziale del
territorio e promuovere l’immagine e l’accessibilità del Centro Storico e
degli altri ambiti urbani centrali e periferici, proponendosi di accrescere
le capacità attrattive delle attività stanti nei perimetri dei CCN aderenti.
Il primo obiettivo è di far aderire la piccolissima impresa, il cui radicamento nel territorio diviene una risorsa strategica se collegata stabilmente ad altre piccole realtà di settori merceologici diversificati fra loro.
Il territorio si organizza per offrire al cliente, a poca distanza, una varietà
di scelta di prodotti e di servizi in ambiente cittadino, anche in competizione con la grande distribuzione.
Una seconda azione strategica è di allearsi con il consumatore/cliente locale, per offrire prodotti garantiti a prezzi accessibili in rapporto alla qualità richiesta, prestando attenzione al cliente attraverso
un’accoglienza personalizzata, tipica del piccolo commerciante, come
strumento di alleanza in un reciproco interesse.
Altre strategie riguardano il conseguimento di vantaggi economici
anche sul versante dei costi d’impresa e di produzione, ad esempio attivando la funzione di gruppo di acquisto del CCN per la pubblicità e la
promozione commerciale, per l’utenza energetica e telefonica, per i costi
di smaltimento dei rifiuti speciali e non pericolosi, per la consegna delle
merci e per la realizzazioni di eventi promozionali.
Obiettivo dell’Amministrazione Comunale è quello di incentivare lo
sviluppo dei CCN anche in circoscrizioni in cui non sono presenti, come
nelle zone di Viale Strasburgo, Corso Calatafimi, S. Erasmo e le Borgate
Marinare di Mondello, Acquasanta, Vergine Maria e Arenella. È, perciò,
previsto un regolamento che stabilisca dei parametri per individuare
l’eventuale costituzione di nuovi CCN, avvalendosi della partecipazione
attiva delle circoscrizioni in qualità di organi che in prima linea operano
sul territorio e del quale hanno contezza delle reali potenzialità.
L’Assessorato comunale alle Attività Produttive mi ha proposto di elaborare una bozza di questo regolamento e si può visionare ad Appendice di
questa tesi.
201 TABELLA 5.2: CCN ESISTENTI E CCN INDIVIDUATI DALL’AMMINISTRAZIONE DI PALERMO C IR C O SC R IZ IO N I C C N IN D IV ID U A T I C C N ESIST EN T I I. II. III. IV . D A L L’A M M IN IST R A Z IO N E •
CCN “Pan orm u s” •
CCN “Piazza M arin a & D in torn i” •
S. E rasm o •
Corso Calatafim i V . •
V ia Strasb u rgo V I. •
V ergin e M a ria •
A ren ella •
M on d ello •
A cq uasan ta V II. •
CCN “Sferracavallo” V III. •
CCN “Politeam a -­‐R u g g ero S ettim o & D in to rn i” •
CCN “Sciu ti & D in torn i” •
CCN “P a lerm o Lib erty” Fonte: Nostra elaborazione. Un altro obiettivo è quello di amplificare la percezione di un’offerta
attrezzata con servizi moderni che gli rendano facile e piacevole lo shopping, potenziando la sinergia fra l’ente locale e il CCN per la creazione di
portali d’ingresso, totem informativi, arredo urbano, servizi in genere,
per non fermarsi a programmi di pura e semplice animazione e promozione territoriale e avvicinare le imprese ad esperienze di rete commerciale integrata.
Le esperienze maturate con la nascita dei CCN sono basate sulla
convinzione che è necessario un miglioramento generale delle condizioni
cittadine, ricreando condizioni di attrattività nel territorio del Comune di
Palermo e in particolare nel Centro Storico, ritenuto oggi prioritario, insieme ad una ripresa dell’attività commerciale in generale. Infatti, tutte le
analisi condotte dal Censis negli ultimi anni mettono in evidenza il diffuso malessere che interessa i cittadini delle principali metropoli nazionali.
Un malessere che si sostanzia nella denuncia esplicita di due principali
elementi: il senso di insicurezza e la difficile gestione della vita quotidiana. Un malessere che rimanda ad almeno quattro aree critiche:
• la frammentazione del tessuto relazionale;
• il degrado territoriale;
202 • lo scadimento dell’etica civica;
• la debolezza delle risposte e dell’azione pubblica di contrasto.
Tali forme di malessere si saldano, e molto spesso si alimentano, con
l’incuria nella gestione dei fattori urbani. L’Indagine multiscopo dell’Istat
ha rilevato un profondo divario in termini di vivibilità che separa i grandi
comuni collocati al centro di un’area metropolitana rispetto a tutti gli altri, con un aumento della problematicità che tende ad impennarsi a partire da una dimensione demografica superiore ai 50.000 abitanti o comunque nei comuni di una grande cintura metropolitana. C’è da sottolineare
come gran parte delle criticità sono riconducibili al modello di mobilità,
oneroso in sé e in grado di produrre un impatto profondo sugli altri fattori urbani.
Una rinnovata attrattività socioculturale può favorire una riattivazione dei flussi commerciali che passano attraverso i piccoli esercizi nel
centro urbano stesso, e ciò comporta anche una crescita occupazionale,
che a Palermo abbiamo visto come sia concentrata soprattutto nel terziario e precisamente nel commercio.
I CCN, oltre ad inserirsi in un contesto urbano preesistente, creando
un baricentro commerciale conforme ai punti di aggregazione e di relazione sociale, consentono di migliorare la vivibilità, la fruibilità e la sicurezza di aree del territorio, incrementando gli standard di servizio di
prossimità al territorio, oltre a far considerare lo stesso, soprattutto per
un piccolo centro storico, un “palcoscenico naturale” per rilanciare la
propria offerta commerciale, contrastando il fenomeno della desertificazione dei centri storici e valorizzando l’offerta anche nei cosiddetti contesti fragili. Bisogna tuttavia aggiungere che, all’opportunità di favorire
processi di ammodernamento e innovazione e di avviare una gestione comune che consenta di porre in essere iniziative di marketing e di geomarketing, si contrappone sempre il rischio di un’implosione del sistema
in mancanza di sostegno e di politiche premianti da parte dell’apparato
pubblico.
203 FIGURA 5.4: IL CICLO VIRTUOSO PER UN CENTRO COMMERCIALE NATURALE EFFICACE Qualità del Servizio Varietà Prodotti Offerti Campagna Prezzi Identità Soddisfazione del Cliente/
Cittadino Sicurezza Fidelizzazion
e Cliente Mobilità Fonte: Nostra elaborazione. Il Centro Commerciale Naturale si vuole prestare a diventare anche
sede di cultura, di produzione e di fruizione culturale. Gli eventi culturali, i cartelloni artistici, le iniziative ricreative e del tempo libero divengono, se programmati e concordati tra gli associati del CCN, un altro fattore di richiamo e di promozione strategica che qualifica i territori e li rende attrattivi. A ciò si aggiunge il voler creare un arredo urbano dignitoso,
attraverso l’attivazione e l’estensione della raccolta differenziata, che
rappresenti non solo un miglioramento della qualità di vita urbana per i
residenti ma le condizioni minime per accogliere i turisti, e provvedimenti
per il miglioramento della viabilità ma anche la sperimentazione prima e
l’adozione poi di isole pedonali permanenti o le chiusure programmate alla mobilità privata di tratti urbani.
In tal senso, per pianificare le azioni, il 10 ottobre 2011 è stata istituita dal Comune di Palermo una Cabina di regia tra i CCN accreditati e il
Comune di Palermo. Essa è un organo amministrativo che ha il compito
di assicurare una regia unitaria per il coordinamento delle iniziative che
coinvolgono i CCN accreditati ed è impegnata in funzione consultiva e
204 propositiva sulle tematiche attinenti i CCN.
La Cabina di regia, quindi, è uno strumento di coordinamento nei
confronti di tutti gli attori di un territorio, sia esterni (Pubblica Amministrazione, privati, consumatori, residenti, fornitori di servizi pubblici, turisti, ecc.), sia interni, cioè le aziende che rappresentano l’offerta di quel
territorio. La tematica è appunto l’organizzazione di quel territorio, dove
le azioni messe in atto da un CCN devono avvenire in sinergia con le politiche portate avanti dall’Amministrazione Comunale (in tema di arredo
urbano, servizi alla persona, lavori pubblici, ecc.) per non fermarsi a programmi di pura e semplice animazione territoriale e per avvicinare le imprese, laddove serve ed è possibile farlo, ad esperienze di rete commerciale integrata.
La Cabina ha l’obiettivo generale di realizzare un’attività di programmazione e pianificazione strategica, che si declina in cinque azioni:
•
stimolare il confronto tra le varie parti istituzionali, operando al contempo come struttura di riferimento;
•
orientare ed attuare azioni di marketing territoriale;
•
raccordare e stimolare gli interventi dei vari soggetti (governance esterna ed interna)
•
coordinare l’iter procedurale di implementazione del programma di
finanziamento previsto per i CCN fino alla sottoscrizione dello stesso;
•
promuovere ed assicurare la sostenibilità delle scelte attraverso il partenariato pubblico/privato.
Condivisa e concertata tra i diversi attori locali, quindi, è la fase di
organizzazione e di consolidamento del mercato interno, ed occorre stabilire in accordo con i diversi attori coinvolti le condizioni per una strategia
di co-marketing territoriale che sappia costruire un prodotto attrattivo e
competitivo.
205 FIGURA 5.5: LA CABINA DI REGIA INTERFACCIA CON IL TERRITORIO C.C.N. Ente locale Cabina di Regia Associazioni di Categoria Camera di Commercio Fonte: Nostra elaborazione. Alla Cabina di regia, oltre ai Presidenti dei CCN accreditati, partecipano l’Assessore alle Attività Produttive del Comune di Palermo, il responsabile dell’Ufficio Sviluppo Economico e il Presidente della II^
Commissione Consiliare Attività Produttive del Comune di Palermo.
Le attività della Cabina di regia mirano a:
•
creare un ambiente favorevole per lo sviluppo delle attività locali e
un’interfaccia diretta con il territorio;
•
utilizzare in modo coordinato le risorse pubbliche/private;
•
monitorare il processo di sviluppo;
•
creare coesione sociale;
•
coinvolgere le associazioni di categoria;
•
attuare strategie di marketing territoriale condivise quali una maggiore qualità dei servizi offerti e una nascita “Identità-Prodotto” del territorio.
•
individuare ambiti territoriali omogenei per l’ampliamento e la creazione di Centri Commerciali Naturali.
Un ruolo importante è stato svolto dalla Confcommercio di Palermo,
206 che si è impegnata attivamente nel sostenere le iniziative dei territori interessati
ad
ottenere
il
riconoscimento
di
CCN,
cooperando
all’individuazione di percorsi progettuali propedeutici a tale riconoscimento, in riferimento al Decreto Assessoriale n. 951 del 9 aprile 2009
“Norme di attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 9 della legge regionale 15
settembre 2005, n. 10 sui Centri Commerciali Naturali”, prestando assistenza e
accompagnando i CCN durante l’iter burocratico di accreditamento.
5.2.1.
“Natale 2011”
Il progetto “Natale 2011” è stato il primo evento in rete promosso
dal Comune di Palermo in sinergia con i Centri Commerciali Naturali
della Città nell’ambito di una strategia di condivisione e coordinamento
delle varie iniziative e obiettivi attraverso l’apposita Cabina di regia.
La rete dei CCN ha promosso, ai fini dell’iniziativa proposta, una
sinergia con la Curia Diocesana che ha permesso di redigere un ricco
programma di iniziative di carattere commerciale, culturale, artistico, religioso, gastronomico e ricreativo atte a contribuire all’obiettivo strategico di valorizzazione del sistema economico locale. I referenti di ciascun
CCN hanno svolto un ruolo di coordinamento delle varie iniziative proposte dai singoli soggetti associati, contribuendo così al rafforzamento
della coesione interna e gettando le basi per un proficuo lavoro di rete sia
all’interno di ogni singolo consorzio sia tra i sei consorzi accreditati.
Il programma si articolava in una serie di eventi proposti da soggetti
aderenti ai singoli consorzi e alcuni organizzati dai CCN con iniziative
religiose promosse dalla Curia. Esso consisteva di tre parti:
1. calendario degli eventi;
2. mostre, esposizioni e visite assistite;
3. iniziative economiche e solidali.
Il calendario degli eventi includeva la “1° e 2° notte bianca d’Avvento”,
un evento religioso con concerto di musiche sacre, outlet del regalo, manifestazione gastronomica, mostre, visite ai presepi dell’itinerario, mercatino solidale, eventi di animazione locale e negozi aperti fino a mezzanotte
207 nelle zone interessate, e “La Sicilia a tavola”, una manifestazione gastronomica che aveva l’obiettivo di valorizzare le produzioni di qualità di
provenienza regionale con la presenza di ditte con produzione biologica
certificata. Tali eventi erano accompagnati da iniziative di pedonalizzazione, animazione territoriale ed eventi in strada.
Un secondo punto del programma prevedeva mostre, esposizioni e
visite assistite tra cui le mostre “…sulla strada per Betlemme”, presepi artistici allestiti a Sferracavallo e nella Chiesa di Santa Maria La Nova, e
“Artigianato in…mostra – Sferracavallo”, una mostra itinerante sulla cultura e
le tradizioni dell’antico borgo marinaro.
Infine le iniziative economiche e solidali prevedevano un servizio
privato di bus-navetta per il centro, con rimborso del costo del biglietto, e
l’iniziativa “Acquista qui…e ti regalerai una splendida vacanza!” con cui si partecipava con 20 € di spesa all’estrazione di una crociera nel Mediterraneo
per due persone, e, inoltre, si distribuivano gratta e vinci con uno sconto
da spendere nel negozio che ha rilasciato il biglietto.
5.2.2.
L’Ecobank
Un’iniziativa che ultimamente sta coinvolgendo i CCN e la Cabina
di Ragia è quella dell’Ecobank. Nel capoluogo siciliano la raccolta differenziata stenta ad affermarsi e non è, purtroppo, una novità trovare cumuli di rifiuti indifferenziati per le strade della città, soprattutto nei quartieri periferici. Per innescare un’inversione di tendenza nel febbraio del
2010 è partito il progetto "Palermo Differenzia" che vede la partecipazione del ministero dell’Ambiente, del Conai, della Prefettura, del Comune,
di Palermo Ambiente e dell’azienda municipalizzata Amia, che gestisce e
mantiene il servizio di igiene della città. All’inizio sono stati coinvolti
15.000 palermitani (7000 famiglie e circa 600 esercizi commerciali) per
33 strade, tutti forniti di bidoni di colore diverso per tipologia di rifiuti e
un preciso calendario per il conferimento. Il progetto è stato successivamente esteso ai diversi quartieri. Oggi sono coinvolti circa 13.000 abitanti
ed è stata raggiunta una quota di raccolta differenziata pari circa al 60%.
208 Successivamente l’Amministrazione cittadina ha pensato di fare rientrare
nella seconda fase di "Palermo Differenzia" il progetto “Ecobank”. Una
strategia adottata dall’Assessore all’Ambiente che mira ad incentivare le
cifre delle raccolta differenziata in città nella zona del Centro e nei punti
più commerciali. Esso prevede l’installazione lungo le strade di contenitori a prova di vandali in cui sarà possibile inserire bottiglie di plastica o
lattine in alluminio ricevendo in cambio un buono spesa. Un’iniziativa
all’insegna della collaborazione con i cittadini e con i CCN che mette in
moto un circolo virtuoso: promuovere il commercio facendo un servizio al
territorio. I buoni spesa saranno spendibili nei negozi convenzionati ai
CCN, da una parte incentivando la pulizia e il senso civico dei cittadini, e
dall’altra offrendo una buona occasione ai CCN per rafforzare la loro
immagine di enti che si occupano di salvaguardare il territorio, potendo
avere un ritorno economico attraverso i voucher per la spesa.
5.2.3.
Interventi di pedonalizzazione
Un altro progetto sul quale negli ultimi mesi si è aperto un dibattito
è quello delle pedonalizzazioni. Il Comune ha infatti proposto una micropedonalizzazione, ovvero isole pedonali, che possano dare respiro alle
strade del Centro Storico di Palermo con il duplice obiettivo di garantire
e favorire la vivibilità per i residenti e stimolare la rinascita del Centro
come luogo di socialità e sviluppo. Le aree individuate, alcune delle quali
sono già in parte pedonalizzate, sono le seguenti:
•
•
Mandamento Monte di Pietà
-­‐
Piazza Massimo
-­‐
Piazza Monte di Pietà
-­‐
Via Candelai
-­‐
Piazzetta della Canna
-­‐
Piazza Papireto
Mandamento Castellammare
-­‐
Piazza Olivella, Via Bara all’Olivella, Via dell’Orologio
-­‐
Piazza
San
Domenico,
209 Discesa
San
Domenico,
Via
Sant’Andrea, Piazza Sant’Andrea, C.le Sant’Andrea, V.lo della
Guardiola, Via Ambra
•
-­‐
Via Bambinai, Via Pantelleria, Largo Cavalieri di Malta
-­‐
Via Chiavettieri
Mandamento Tribunali
-­‐
Piazza Marina
-­‐
Via dei Bottai
-­‐
Piazza San Francesco, Via A. Paternostro
-­‐
Via Torremuzza, Piazza Kalsa
-­‐
V.lo della Salvezza, Piazzetta dei Bianchi, Piazza della Vittoria
allo Spasimo
•
-­‐
Piazza Sant’Anna, Piazza Croce dei Vespri, Piazza Rivoluzione
-­‐
Piazza Pretoria, Piazza Bellini
Mandamento Palazzo Reale
-­‐
Piazza Bologni
-­‐
Piazzetta Speciale
-­‐
Piazza Casa Professa
-­‐
Piazzetta Brunaccini
-­‐
Via del Bosco
-­‐
Via Chiappara al Carmine, Piazza Porta Sant’Agata
-­‐
Piazzetta San Francesco Saverio
-­‐
Piazzetta del Fondaco, Via del Fondaco a Palazzo Reale
-­‐
Vicolo Quartararo
-­‐
Vicolo Forno, Piazzetta delle Balate, Via delle Balate
-­‐
Cortile San Giovanni degli Eremiti
Il Centro Commerciale Naturale “Piazza Marina e Dintorni” e
l’associazione “Mandamento Tribunali” contestano, tuttavia, il progetto
del Comune presentando un documento di controproposta. Il documento
stilato propone un percorso di pedonalizzazione che, supportato da un
progetto solido e multidisciplinare nonché da un piano di mobilità, possa
realmente favorire l’attraversamento delle aree del Centro Storico della
città. Secondo loro, i nuovi regolamenti del Comune puntano a una pe-
210 donalizzazione selvaggia, senza regole e progettualità. Chiedono maggiori
controlli per combattere l’abusivismo e supportare i commercianti onesti
al fine di migliorare realmente la vivibilità del Centro Storico, per i residenti, per i turisti e per la cittadinanza tutta.
La loro volontà è quella di fermare con determinazione ogni iniziativa che abbia il carattere della occasionalità e che sia finalizzata ad ottenere effetti spot o di accomodamento, o, che peggio, rappresentino una
marcia indietro rispetto alla liberalizzazione delle attività imprenditoriali
in corso in Italia. Nel documento si legge: “Rimaniamo profondamente delusi e
opponiamo con forza l’idea di un piano di pedonalizzazioni a singhiozzo immaginato
solo come una fotografia dell’esistente e non un progetto”. Sono, invece, assolutamente favorevoli e disposti a collaborare con i mezzi a loro disposizione
per un progetto complessivo di riqualificazione territoriale che sia redatto
nell’interesse reale dello sviluppo economico e sociale del territorio del
Centro Storico e che parta dalla centralità del cittadino e del suo diritto
ad una qualità di vita sostenibile.
L’auspicata pedonalizzazione del Centro Storico e il progressivo alleggerimento dal traffico veicolare deve essere uno degli aspetti di una visione d’insieme delle regole e delle buone pratiche di convivenza, riflessione che deve affrontare anche l’importante tematica del patto di cittadinanza tra esercenti e residenti, tra operatori economici e cittadini, nel
rispetto dell’immagine che la città ogni giorno offre di sé ai tanti turisti.
La pedonalizzazione, con la necessaria valutazione delle infrastrutture e
dei servizi a corollario, deve essere una reale occasione di crescita e non
una previsione di strumenti coercitivi di disagio per chi vive l’area.
211 5.3.
Il CCN “Piazza Marina & Dintorni”
«Ho visto Piazza Marina e le immediate vicinanze come un grande teatro
all’aperto dove si esibivano musicisti di grandissimo talento… peccato, però, che ciascuno suonava una propria musica e nessuno aveva la capacità di udire la musica del
vicino. Ecco perché nei miei pensieri è nata l’idea di costituire il Centro Commerciale
Naturale “Piazza Marina & Dintorni”: perché i singoli orchestrali divenissero
un’orchestra affiatata, e il suono di ciascuno di loro salisse, amplificato, fino al cielo».
Così il Presidente del CCN “Piazza Marina & Dintorni”, Maria Giambruno, diceva parlando della sua idea originaria di “restituire a una parte
della città antica una propria dignità e una identità capace di testimoniare l’eredità
storica, valorizzare il patrimonio culturale e artistico esistente, incoraggiare gli imprenditori a investire nuovo entusiasmo e risorse economiche in un progetto di recupero
e rinascita”.
Il CCN risulta al momento il più florido e propositivo di Palermo.
Esso nasce come una rete di aggregazione tra soggetti privati ed enti pubblici con lo scopo di valorizzare l’area di Piazza Marina stimolando la
partecipazione attiva di tutte le imprese aderenti e coinvolgendo gli esercenti in un progetto che definisca una nuova idea di distretto produttivo,
culturale e turistico di qualità. Tali peculiarità sono sviluppate attraverso
la valorizzazione dell’heritage, la proposta di pacchetti turistici specifici, la
qualità dei servizi offerti, la riqualificazione complessiva del territorio, e
la creazione di un nuovo patto tra cittadini e le imprese.
L’area del Centro Commerciale Naturale è delimitata perimetralmente dal mare e dalle vie: Lincoln, Roma, Vittorio Emanuele con
un’appendice nel porto turistico della Cala fino a Piazza XIII Vittime.
L’obiettivo è quello di riuscire a fare economia e sviluppo ripartendo
dal territorio, utilizzando le vecchie sapienze insieme alle nuove strategie
di marketing, amplificando la visibilità dei consorziati, offrendo interessanti occasioni a quanti si fermeranno a conoscere meglio l’area.
Il progetto di pianificazione territoriale da loro proposto prevede i seguenti contenuti:
212 •
sviluppo turistico;
•
miglioramento della vivibilità e viabilità con aree e percorsi pedonali
e parcheggi,
•
strumenti e tempi di attuazione (quanto costa, dove trovo i soldi e in
quanto tempo);
•
strumenti di valutazione ex-post (valori quantitativi e qualitativi sul
raggiungimento degli obiettivi);
•
previsione di strumenti di progettazione partecipata che rendano
edotti i cittadini o le loro rappresentanze riguardo le decisioni da assumere;
•
previsione di un periodo di raccolta dati e revisione da parte di tutti
gli attori interessati.
Le aziende del consorzio sono multi-settore offrendo ai visitatori e ai
turisti una gamma completa di prodotti e servizi standard di qualità comprendendo servizi legati al soggiorno, al ristoro, nonché culturali e di
svago, pur avendo il CCN una forte vocazione artistico-culturale, ( si veda Tabella 5.3).
213 TABELLA 5.3: OFFERTA MERCEOLOGICA DEL CCN “PIAZZA MARINA & DINTORNI” D O V E M A N G IA R E D O V E D O R M IR E •
La Cam b u sa – T rattoria •
B & B A i C a rta ri *** •
A n tica F oca cceria S . Fran cesco •
B & B A lla K a la *** •
Cocoa •
B & B La ca sa d i Zo e *** •
Il B a g a tto •
B & B La d im o ra d el G en io *** •
O steria dei V esp ri •
H o tel Letizia *** •
V ela ria S.a .s. •
B & B S a n G a b riele ** •
K u rsaal K alh esa •
B & B A l g ia rd in o d ell’A lloro *** •
Can a E n oteca •
B & B S a n Fra n cesco ** •
Cafè Lu cà •
H o tel P o rta Felice **** •
P a n in fa rin a h •
B & B Il M ezza n in o d el G a tto p a rd o *** •
Casa O b atalà S H O P P IN G T E M P O L IB E R O •
Lib reria del M are •
Fon dazion e T he B rass G rou p •
E m p orio n avale Ship Chan dler •
G arage G alleria d ’arte •
P a stificio G iglio •
T eatrin o D itiram m u •
V a llon e G iova n n i •
L’Iso la co o p . G a lleria •
Lavan deria del Corso •
L’A ltro A rte C o n tem p ora nea •
Casa M erlo S.R .L. •
G arib aldi Lib ro-­‐ca ffè •
O fficin e A chab •
P a rco Lettera rio T om a si d i La m p ed u sa •
P u n to P izzo Free •
T eatro lib ero P alerm o O N LU S •
Castrogiovan n i A lb in o •
Il S ettecen to F A R E V E D E R E E A N D A R E D A V IS IT A R E •
Fon dazion e P alazzo In telligen te •
Fon dazion e Sam b u ca •
A m ici d ei M u sei Sicilia ni •
E xp a •
O liver A ssociazion e Cu ltu rale •
M u seo R egion ale d i P alazzo M irto •
A sso cia zio n e C u ltu ra le A u to n om e Form e •
G alleria R egion ale di P alazzo A b atellis •
A sso cia zio n e S ecolo V entu no •
U n iversità d eg li stu d i d i P a lerm o •
Children ’s m u seu m •
Sop rin ten den za del M are •
A ssocia zio ne Sta n ze al G en io •
M u seo A n ton io P asq u alin o (m arion ette) •
Chiesa di San M am ilian o •
G alleria d ’A rte M o dern a S E R V IZ I •
A .L .I. – A m b ien te L eg a lità Intercultura •
O m n ia Service soc. coop . •
B ib lio teca Fra n cesca n a •
A D S T rin a kria dev elo pm ent •
M on d ial M arm i P rogetti •
N O V A S E R V IC E •
A sso cia zio n e G rup p o S .A .L .I. •
O fficin a di Stu di M edievali •
Leo Clu b Carin i R iviera Pon en te Palerm o •
Lau ru m V iaggi P orta N u ova •
A sso cia zio n e K a ta k u sinò s •
I G ia rd in i d ell’A lloro •
M E D P R O M •
A ssocia zio ne A reb b a S icilia 214 •
Lab oratori riu n iti A ltrove •
Lib era U n iversità della P olitica •
T alìta K u m on lu s •
Ziggu rat •
M ain stream in g A gen d a •
I Sicalian i Fonte: Nostra elaborazione. 5.3.1.
“La Befana a Piazza Marina”
L’evento “La Befana a Piazza Marina” è un appuntamento ormai
consolidato da tre anni. Promosso da “Piazza Marina & Dintorni” in collaborazione con l’associazione culturale “Katakusinos” e “Muovi Palermo” e il patrocinio del Comune di Palermo, l’evento è una giornata di
grande festa che si sviluppa lungo l’asse di Piazza Marina, Via Alloro,
Piazza Vespri, Piazza Kalsa e Via Paternostro, offrendo intrattenimento
con musica e spettacoli e performance teatrali e di danza. Insieme a giocolieri, trampolieri, danzatori, statue, mimi, musicisti per tutto il giorno,
l’evento prevede un’animazione particolare per i
bambini con un angolo “Trucca-bimbi con la Befana”, un corteo delle Befane in festa e le “Fiabe
a colazione”, una lettura animata di racconti per
bambini.
All’evento si uniscono le iniziative dei ristoratori locali, come quella della Focacceria di San
Francesco “La focaccina con la milza per i poveri”, ed iniziative culturali, come quella della Galleria di Architettura EXPA con “La triennale di Milano – Mostra Sicilia –
Olanda 2”.
5.3.2.
“Una Marina di Libri”
Giunta alla terza edizione, “Una Marina di Libri” è il festival del libro promosso dal CCN “Piazza Marina & Dintorni” in collaborazione
con Navarra editore. Una tre giorni che vede come protagonista il libro,
l’arte, la memoria e l’impegno in uno dei palazzi storici di Palermo, Palazzo Chiaramonte Steri in Piazza Marina.
Si tratta di un evento che ha registrato un’alta affluenza e un grande
215 numero di presenze non solo locali e siciliane ma anche provenienti da altre regioni, diventando un’occasione di attrazione turistica. L’edizione
del 2012 ha segnato l’affermazione dell’evento palermitano tra gli appuntamenti nazionali più importanti con le quasi 30.000 presenze che hanno
passato abbondantemente le 20.000 dell’edizione passata, 50 editori partecipanti, 200 ospiti nazionali e internazionali e 130 eventi organizzati.
Il festival rappresenta la possibilità di discussione e confronto su temi importanti per l’editoria italiana quali la situazione attuale del mercato editoriale nella più ampia crisi economica mondiale, il ruolo delle biblioteche nella “conservazione” del libro, il ruolo dei festival del libro
nella promozione della lettura e delle innovazioni editoriali, e, infine, il
futuro dell’editoria e del rapporto con il prodotto librario tra ebook e selfpublishing. Un’occasione di riflessione quindi, ma anche di promozione del
mondo editoriale in un momento in cui i volumi di mercato hanno subito
un crollo segnando il -12% nel primo trimestre del 2012 e il digitale sta
imprimendo una trasformazione a tutto il comparto, dall’ideazione alla
distribuzione del prodotto editoriale finito, anche se ancora nel mercato
editoriale italiano questo rappresenta solo l’1% del totale.
Il festival è stato un’importante vetrina per gli editori, una cinquantina della piccola e media editoria indipendente italiana, che hanno avuto
la possibilità di promuovere le proprie pubblicazioni con presentazioni e
letture che hanno visto protagonisti i propri autori e gli stand ad essi dedicati con l’opportunità di farsi conoscere dai numerosi visitatori e di farsi apprezzare dai lettori. Gli editori si ritengono soddisfatti del volume di
vendite generato durante la tre giorni nonostante il calo generale del
mercato editoriale.
Un altro aspetto interessante di “Una Marina di Libri” è quello dei
laboratori didattici per ragazzi, che scandiscono le varie attività del festival alternandosi a quelle dedicate agli adulti, grazie all’impegno di 19 associazioni cittadine. Un modo per avvicinare i ragazzi al mondo dei libri
e numerose sono state le scolaresche ma anche le famiglie che hanno partecipato ai vari momenti ad essi dedicati.
216 Il festival è un modo per mettere insieme diverse forme di narrazione, dal teatro alla musica, dalla letteratura all’arte per raccontare il mondo del libro e delle parole nel tentativo anche di avvicinare nuovi lettori.
Nel messaggio di presentazione del 2012 gli organizzatori hanno voluto da subito precisare il loro obiettivo, quello di “far diventare Palermo un
polo di rilievo nel panorama dei festival letterari italiani: il terzo della cultura
dell’editoria dopo Torino e Roma”.
La manifestazione è stata candidata come miglior festival emergente
di Italia al “Festival of Festivals” di Matera.
5.4.
Il CCN “Politeama – Ruggero Settimo & Dintorni”
Il consorzio CCN “Politeama – Ruggero Settimo & Dintorni” si è costituito nel 2011 e comprende il territorio a più alta vocazione commerciale
della Sicilia Occidentale, ovvero la Via Ruggero Settimo, tra le Piazze
Politeama e Castelnuovo, Via Emerico Amari, Via Wagner, Via Cavour,
Piazza Verdi, Via Pignatelli Aragona e Via Meccio.
Con il marchio “inCENTRO - Shopping
all’aria aperta”, il suo principale obiettivo è
quello di consentire a cittadini e turisti di
usufruire sempre più spesso e con più semplicità dello contesto territoriale del consorzio.
Il consorzio conta sulla collaborazione di importanti partner istituzionali e commerciali. La stessa costituzione del Consorzio, il successivo
accreditamento delle istituzioni e l’avvio in tempi rapidissimi dei primi
servizi di utilità pubblica sono stati possibili unicamente grazie alla collaborazione attiva dei partner istituzionali e commerciali, oltre che alla abnegazione del Consiglio direttivo e del Presidente.
Tra
i
partner
istituzionali
ci
sono
il
Comune
di
Palermo,
l’Assessorato alle Attività Produttive e la Confcommercio Palermo, di
fondamentale supporto per la definizione della logica aggregativa, delle
strategie di fondo e per il supporto pratico di assistenza al Consiglio di-
217 rettivo. Mentre tra i partner commerciali, il CCN usufruisce del sostegno
dello Sportello Sostegno imprese CDM / Confcommercio / Promopalermo
CAT per le attività di marketing aggregativo ed assistenza alle fasi pratiche relative allo start-up d’impresa, Erkta Group per la collaborazione sulla
fornitura di navette elettriche per i collegamenti per Via Magliocco, e
l’Associazione No Stress - Night Shuttle per la fornitura di bus e collegamenti
da Viale Francia a Piazza Politeama.
Le aziende associate al consorzio attualmente sono 30, con
un’offerta variegata di livello generalmente alto ed esclusivo che comprende le seguenti categorie merceologiche:
•
libri;
•
abbigliamento uomo/donna;
•
articoli e abbigliamento sportivo;
•
antichità;
•
bar/pasticceria;
•
ristorazione;
•
hotel;
•
case di moda;
•
profumi e cosmetica;
•
gioielli e articoli di lusso;
•
accessori moda;
•
ottica;
•
articoli per la casa;
•
complementi d’arredo.
218 TABELLA 5.4: OFFERTA MERCEOLOGICA CCN “POLITEAMA – RUGGERO SETTIMO & DINTORNI” D O V E M A N G IA R E D O V E D O R M IR E •
G igi M an gia •
G ran d H otel W agn er •
B a r P a sticceria M a zza ra •
M ’H o m e S H O P P IN G •
R o b erta L o ja co n o §
Lon go G ioielli •
H u g o B o ss §
Lib reria Flaccovio •
La vie en rose §
V ittorio T orregrossa •
P olo Store §
M ario B arraja •
Fratelli Fecarotta §
G riffi •
T ecn ica Sp ort §
Sailor U om o •
Fecarotta A n tichità §
O ttica R icciardello •
P orzio P era lta G ioielli §
Colletti B ian chi •
O p tissim o G ru p p o R an dazzo §
A thletes W o rld •
B a rtes, §
M atran ga R olex •
Cocoon §
O lim p ia •
M a.G i §
Cu ccì •
Calzatu re Castiglion e §
E m an u el Store T aglie Forti Fonte: Nostra elaborazione.
Ciò che si evince da questa descrizione è il carattere prettamente
commerciale di questo CCN. Uno degli aspetti peculiari di inCENTRO è,
infatti, la grande tradizione commerciale di cui godono numerosi tra gli
associati. Alcuni di essi mantengono, infatti, la loro attività da oltre settant’anni, costituendo una vera e propria memoria storica di Palermo.
Per questi motivi inCENTRO costituisce una meta fissa per tutta la provincia di Palermo e per oltre un milione di turisti l’anno, oltre che un
punto di riferimento per lo shopping di qualità per l’intera Sicilia Occidentale.
219 FIGURA 5.6: CONSORZIATI CCN "POLITEAMA – RUGGERO SETTIMO & DINTORNI" 1.
R O B E R T A L O JA C O N O , V IA T U R A T I, 1 7 2.
H U G O B O S S , P IA ZZA P O LIT E A M A , 5 3.
LA V IE E N R O SE , P IA ZZA P O LIT E A M A , 7/8 1 7 . LO N G O G IO IE LLI, V IA R U G G E R O SE T T IM O , 28 4.
P O LO ST O R E , V IA E . A M A R I, 1 4 2 / 1 4 4 1 8 . V IT T O R IO T O R R E G R O SSA , V IA R U G G E R O SE T -­‐
5.
FR A T E LLI FE CA R O T T A , V IA R U G G E R O SE T -­‐
T IM O , 80 6.
8.
9.
M O , 3 7 T IM O , 23 1 9 . M A R IO B A R R A JA , V IA R U G G E R O SE T T IM O , T E CN ICA SP O R T , V IA P .P E D I B E LM ON -­‐
T E , 1 1 4 / A 7.
1 6 . LIB R E R IA FLA CCO V IO , V IA R U G G E R O SE T T I-­‐
2 6/C 2 0 . B A R P A S T IC C E R IA M A ZZA R A , V IA M A G LIO C C O , FE CA R O T T A A N T ICH IT À , V IA P .P E D I B E L-­‐
1 9 M O N T E , 1 0 3 /B 2 1 . G R IFFI, V IA M A G LIO CC O , 30 G IG I M A N G IA , V IA P .P E D I B E L M O N T E , 2 2 . SA ILO R U O M O , V IA M A G LIO CCO , 23 1 0 4 / D 2 3 . O T T ICA R ICCIA R D E LLO , V IA M A G LIO CCO , 40 P O R ZIO P E R A LT A G IO IE LLI, V IA R U G G E R O 2 4 . CO LLE T T I B IA N CH I, VIA M A G LIO CCO , 31 SE T T IM O , 73 2 5 . A T H L E TE S W O R LD , PIA ZZA VE R D I, 62 -­‐6 5 1 0 . O P T ISSIM O G R U P P O R A N D A ZZO , V IA R U G -­‐
2 6 . M A T R A N G A R O LE X , V IA R U G G E R O SE T T IM O , G E R O SE T T IM O , 55 5 6 1 1 . B A R T E S , V IA V ILLA R E A LE , 2 2 2 7 . O LIM P IA , V IA R U G G E R O SE T T IM O , 62 1 2 . G R A N D H O T E L W A G N E R , V IA W A G N E R , 2 2 8 . CU CCÌ, VIA P.PE D I B E LM O N T E , 101 1 3 . CO CO O N , VIA M A R IA N O ST A B ILE , 126 2 9 . E M A N U E L ST O R E T A G LIE FO R TI, VIA M A R IA -­‐
1 4 . M A .G I., V IA R U G G E R O SE T T IM O , 4 5 1 5 . M ’H O M E , V IA R U G G E R O SE T T IM O , 43 N O S T A B ILE , 1 6 2 3 0 . CA LZA T U R E CA ST IG LIO N E , VIA M A R IA N O ST A B ILE , 171 A \B 220 5.5.
Un’analisi SWOT sui CCN a Palermo
Nella Tabella 5.5 ho voluto schematizzare i punti di forza e di debolezza, le minacce e le opportunità dei CCN palermitani.
Tra i punti di forza sicuramente bisogna menzionare le forme di
cooperazione in rete che favorisce la competitività territoriale in un ottica
di sistemi unitari, incentivando gli stessi enti locali a superare logiche settoriali e favorendo progetti trasversali e una cultura del dialogo e della
cooperazione per seguire delle strategie comuni di sviluppo competitivo
territoriale che coinvolgano diversi attori locali.
Altri punti di forza sono legati all’offerta variegata dei loro punti di
vendita al dettaglio, in termini di prodotto (shopping, lusso, relazioni col
cliente, accoglienza, ecc.) e di format per dimensioni e natura (media distribuzione, piccoli negozi indipendenti, esercizi di vicinato), nella presenza di un mix funzionale con altre funzioni economiche e sociali, (ricettività, uffici, banche, e residenziale) e nel valore aggiunto portato dal ricco patrimonio culturale e dall’offerta turistica (musei, cinema, teatri, beni
artistici, ecc.).
Sono, quindi, presenti tutti gli elementi per offrire a visitatori e consumatori, sul momento o nell’arco di un breve soggiorno, un pacchetto
completo di esperienze memorabili in un ambiente piacevole, ricco di storia e tradizione oltre che con una vasta offerta enogastronomica.
Accanto ai punti di forza dei CCN palermitani, che superando
l’ottica individualistica, attraverso l’aggregazione di impresa e il senso di
appartenenza ad uno stesso territorio, puntano alla riqualificazione urbana ed alla rivitalizzazione dell’attività commerciale, si devono però registrare
punti
all’investimento
di
in
debolezza
una
espressi
visione
di
dalla
lungo
scarsa
periodo
propensione
sia
da
parte
dell’Amministrazione, con fondi pubblici, sia dei CCN, con fondi privati,
soprattutto in una fase di start-up come quella in cui si trova la realtà palermitana.
221 TABELLA 5.1: ANALISI SWOT DEI CCN PALERMITANI •
Favorire la com p etitività territo ria le a livello locale in u n ’ottica di sistem i u n itari •
In cen tiv a re n eg li E n ti L o ca li il su p era m en to d elle lo g ich e setto ria li a favore di p rogettu alità trasversali m irate al su p eram en to delle criticità a lla co m p etizio n e •
Con trib u ire a diffon dere la cu ltu ra del dialogo, del con fron to e del co in v o lg im en to degli a ttori d el territorio n ell ’an alisi e n ella gestio-­‐
P U N T I D I F O R Z A n e d i strategie p er m igliorare le p oten zialità d egli am b iti in teressati •
Coin volgere in m odo diretto u n n u m ero sign ificativo di im p rese in in vestim en ti eco n o m ici territo ria li •
Con trib u ire ad avviare form e sp erim en tali stru ttu rate d i organ izza-­‐
zion e tra op eratori p er la gestion e com u n e di azion i di m ark etin g, di servizi e di fidelizzazion e della clien tela. •
O fferta com m erciale e tu ristica diversificata •
Settorialità n ella regia com u n ale •
P oco o n essu n co in v o lg im en to d ei C C N d a p a rte d el C o m u n e n elle in izia tive che rigu ardan o le loro aree territoriali •
Forte dip en den za dei CCN ai fin an ziam en ti p u b b lici •
R u o lo n o n d efin ito d elle A sso cia zio n i d i ca teg o ria •
M an can za d i u n su fficien te eq u ilib rio n ella g overn an ce locale con n etta p revalen za d el ru olo d el Com u n e •
Caren za di m odelli organ izzativi e gestion ali in grado di garan tire u n a gestion e coordin ata e con logiche azien dali delle varie in iziat i-­‐
ve ed azion i a ca rico d el p u b b lico e d ei p riv a ti P U N T I D I D EB O LEZ Z A •
Scarso orien tam en to al m ark etin g •
D eb ole a tten zio ne a lle po litiche di fidelizza zio ne della clien tela •
M an can za d i u n p ortale w eb •
M an can za d i sicu rezza (crim in alità, p ericolosità d i traffico e tran s i-­‐
to) •
Sp orcizia e p resen za di im m ob ili degradati e/o vu oti •
D ifficile a ccessib ilità al Cen tro urb a n o co n in sufficien za d i a ree a p archeggio o dep ositi b ici o istitu zion e di tariffe di sosta e/o dep o-­‐
sito alte •
Criticità di tip o logistico -­‐in fra stru ttu ra le (con segn a m erce a i n ego-­‐
zi) M IN A C C E O P P O R T U N IT À •
P resen za d i im p oste loca li n u m erose ed eleva te. •
Cen tri com m erciali e la G D O •
U n a p o litica lo ca le d i svilu p p o territo ria le d istra tta e co n fu sa •
E ccessiva b u rocratizzazion e •
Crescita p rogressiva delle organ izzazion i di T CM •
Cam b iam en ti sociali ed u rb an i •
M aggiore esigen za d i riscop erta d elle trad izion i locali Fonte: Nostra elaborazione. Altri elementi che generano criticità sono la mancanza di sicurezza,
222 la sporcizia e la presenza di immobili degradati e/o vuoti, la difficile accessibilità
al
Centro
urbano,
oltre
a
criticità
di
tipo
logistico-
infrastrutturale e la presenza di numerose ed elevate imposte locali.
C’è da segnalare anche l’eccessiva spontaneità delle azioni intraprese dai CCN e il mancato controllo da parte loro sui fenomeni di free ridership, estendendo i benefici anche ai non consorziati, ciò dovuto anche alla
mancanza di figure manageriali idonee all’interno dell’organizzazione dei
CCN (con una scarsa conoscenza del contesto commerciale, impegno
promozionale insufficiente, scarsa capacità di gestione e coordinamento
delle attività correlate, debolezza di rapporti con le Istituzioni locali,
ecc.), e gli operatori non sono sufficientemente preparati a mettere in
campo strategie per concorrere in un mercato sempre più agguerrito.
Inoltre è evidente una scarsa propensione al marketing e alle politiche di
attrazione e fidelizzazione della clientela.
Bisogna dire che all’opportunità di favorire processi di ammodernamento e innovazione, di avviare una gestione comune che consenta di
porre in essere iniziative di marketing e geo-marketing, si contrappone
sempre il rischio di un’implosione del sistema in mancanza del giusto sostegno e di politiche premianti da parte sia dell’apparato pubblico che
dalle Associazioni di categoria, il cui ruolo non è bel specificato e si è limitato ad un ruolo di assistenza in una fase iniziale di accreditamento dei
CCN.
Una delle principali minacce che incombono per la vivibilità dei
Centri Commerciali Naturali è lo sviluppo di grandi Centri Commerciali
Artificiali lontano dal centro città e vicino alle infrastrutture di comunicazione più importanti. I Centri Commerciali si stanno sviluppando in
maniera tale da offrire un’esperienza commerciale e ricreativa “totale”,
alternativa al commercio tradizionale presente nei centri città. Questo,
purtroppo, ha incontrato le esigenze dei consumatori e dello stile di vita
(sempre più frenetico e frettoloso) facendoli diventare un’alternativa quasi
indiscussa rispetto al piccolo commercio tradizionale.
Esistono due tipi di opportunità che in futuro, però, potranno con-
223 tribuire a rafforzare le attività dei Centri Commerciali Naturali e del piccolo commercio di vicinato in genere.
La prima è legata alla crescita progressiva di organizzazioni (ed anche della loro professionalità) di Town Centre Management. Il Town Centre Manager, infatti, come abbiamo visto nei casi internazionali, è una professione vera e propria che può trovare applicazione anche nei Centri
Commerciali Naturali italiani che hanno una matrice culturale e compositiva forte dell’influenza ed anche della tradizione dell’associazionismo
delle piccole imprese (elemento che, come abbiamo visto nel II capitolo di
questo lavoro, non ritroviamo nel modello anglosassone). In Italia i Centri Commerciali Naturali sono spesso aggregazioni commerciali, mentre
nel TCM sono rappresentati interessi compositi per cui il Town Centre Manager necessita di un suo staff, di svolgere il suo incarico a tempo pieno
dietro corrispettivo economico (a contratto) e, soprattutto, di un bagaglio
di conoscenze ed esperienze da acquisire non solo “by doing” ma anche attivando uno scambio e un confronto con chi svolge il suo stesso mestiere,
quindi un aggiornamento professionale costante 111.
La seconda deriva dai cambiamenti sociali e di stili di consumo che
cambieranno molto nel corso dei prossimi decenni. Infatti, nella seconda
metà del secolo scorso, la maggior parte delle famiglie ha partecipato ad
un esodo di massa dalla città verso comunità suburbane in contesti più
rurali (soprattutto per maggiore necessità di spazio a prezzi accessibili).
Attualmente, si assiste invece ad un’inversione di tendenza, con il ritorno
alla città (per via della riduzione dei nuclei famigliari, dell’aumento della
popolazione anziana (che necessita di maggiori servizi di prossimità, dai
negozi agli uffici) e per via dell’innalzamento dei valori immobiliari in
area suburbana. L’innalzamento dell’indice di vecchiaia porterà ad una
sempre crescente esigenza di disporre di una variegata offerta di servizi
nelle immediate vicinanze della propria residenza (shopping, intrattenimento, strutture adeguate), impattando positivamente sulla domanda di
111
Il Progetto “Leonardo Da Vinci - TCM T&KE - Lifelong Learning Programme” ha appurato che il manager non
necessita di particolari qualifiche o specializzazioni scolastiche. Diciamo quindi che la preparazione deve essere
improntata sicuramente ad un’esperienza pratica ma costantemente aggiornata e confrontata.
224 negozi all’interno dei nuclei urbani e quartieri delle grandi, medie e piccole città. La tendenza anche delle giovani famiglie e dei single è di tornare a cercare abitazioni nei centri urbani, in quanto non necessitano o
possono permettersi soluzioni abitative unifamiliari suburbane. Di conseguenza, nei centri urbani si registra una nuova domanda di negozi e servizi in risposta alle loro particolari esigenze.
Infine, vi è una crescente tendenza a recuperare l’autenticità e la
propria identità individuale commerciale, coadiuvata da una gestione
professionale, ed a riscoprire le tradizioni della propria città.
225 CONCLUSIONI E PROSPETTIVE FUTURE
I processi di cambiamento nel Centro Storico di Palermo sono ancora piuttosto lontani dagli obiettivi dichiarati dai responsabili istituzionali
e politici che si sono succeduti alla guida della città: il recupero del patrimonio immobiliare, il restauro di quello monumentale, una popolazione residente di circa 50.000 abitanti. In questo quadro si tratterà di vedere come evolverà la realizzazione del Piano Regolatore Portuale nel quadro
più generale del nuovo Piano Strategico (e degli altri numerosi dispositivi di
pianificazione) messi a punto dall’Amministrazione Comunale.
La storia della Città, come abbiamo visto, è segnata da speculazioni
che hanno devastato buona parte del suo territorio e disarticolato irrimediabilmente il tessuto sociale: mentre il Centro veniva abbandonato proliferavano periferie senza servizi, quartieri dormitorio per un popolo di disoccupati serbatoi di manovalanza per la criminalità organizzata, nonché
destinati all’apertura di grandi centri commerciali che hanno contribuito
al processo di “desertificazione” del Centro Storico.
In quest’ottica, grande importanza assume l’iniziativa regionale di
istituire i Centri Commerciali Naturali, i quali consentono di migliorare
la vivibilità, la fruibilità e la sicurezza delle diverse aree del territorio, incrementando gli standard di servizio di prossimità al territorio stesso. I
CCN, inserendosi in un contesto urbano preesistente, creano un baricentro commerciale conforme ai punti di aggregazione e di relazione sociale
in un “palcoscenico naturale” capace di rilanciare e valorizzare l’offerta
commerciale e contrastare il fenomeno della desertificazione.
Nonostante i buoni propositi esposti dall’Amministrazione comunale
ben poco è stato fatto, sia per la recente costituzione dei CCN a Palermo
sia per il controllo eccessivo che il Comune vuole esercitare sulle azioni
private intraprese dai CCN.
A tutt’oggi la distribuzione territoriale dei CCN appare confusa e
non sono stati ancora definiti in maniera chiara i parametri da utilizzare
227 per approvare o meno la costituzione di nuovi CCN. I sei CCN accreditati lamentano, infatti, problemi di sovrapposizione territoriale che possono
diventare in futuro anche motivo di contese. Quattro dei sei CCN si trovano attigui, separati da una sola strada, come i CCN “Panormus” e
“Piazza Marina & Dintorni”, o territorialmente limitrofi, come i CCN
“Palermo Liberty” e “Politeama – Ruggero Settimo & Dintorni”.
Una possibile fusione di questi CCN sarebbe plausibile ricercando
un’omogeneità territoriale da individuare nelle caratteristiche culturali,
storiche e commerciali dell’area urbana stessa. I CCN “Panormus” e
“Piazza Marina & Dintorni”, ad esempio, potrebbero puntare più
sull’aspetto culturale facendo leva sulle tradizioni, il folklore palermitano
e la cultura, mentre i CCN “Palermo Liberty” e “Politeama – Ruggero
Settimo & Dintorni” potrebbero puntare sull’aspetto di shopping e di leisure, entrambi attivando progetti ed eventi che richiamino una propria tipologia di target di turisti e visitatori. Una loro possibile fusione quindi non
sarebbe da escludere: da una parte l’Amministrazione potrebbe gestire un
minor numero di CCN con caratteristiche omogenee, destinandogli una
quota maggiore di finanziamenti pubblici, dall’altra i CCN potrebbero
valersi di un più vasto territorio e, quindi, di un maggior numero di quote
versate dai consorziati.
Inoltre, a parer mio, costituire nuovi CCN, com’è la volontà
dell’attuale Amministrazione, sarebbe solo un dispendio di risorse e si
creerebbe confusione circa la priorità territoriale cui bisognerebbe porre
maggior attenzione per le rilevanti caratteristiche commerciali, turistiche
e culturali intrinseche. Il CCN nell’ordinamento regionale viene disciplinato, infatti, in quadro normativo riguardante le norme sul turismo, e
questo dev’essere il punto di partenza.
Nel definire i parametri, non è auspicabile il limite territoriale, che è
stato stabilito in sede di Consiglio Comunale senza un preciso criterio,
ma è necessario uno studio sull’attrattività commerciale della zona, perché un’area territoriale pur vasta può includere un numero limitato di
negozi e strutture, considerata inoltre la condizione di desertificazione
228 del Centro Storico cui stiamo assistendo, e i CCN, soprattutto in fase di
start-up, hanno bisogno di un numero consistente di attività commerciali.
Un’altra considerazione riguarda il fatto che negli ultimi anni sono
state varate misure restrittive nei confronti della grande distribuzione per
favorire le piccole e medie imprese commerciali, tuttavia, accanto alla
normativa sarebbe necessario introdurre un Piano Commerciale regionale
e comunale che organizzi e gestisca in modo coerente la distribuzione
commerciale rispondendo alle esigenze della PMI e della grande impresa
commerciale internazionale, ma soprattutto dei consumatori.
Le strategie di sviluppo che l’attuale regime urbano tenta di disegnare individuano alcune questioni particolarmente significative per il futuro
della città. Innanzitutto si pone la questione di quale strumento utilizzare
per perseguire l’obiettivo di sviluppo economico della città.
Atomismo e casualità delle iniziative hanno caratterizzato le azioni
intraprese dalle istituzioni locali negli ultimi dieci anni, con un’inerzia
spesso legata ad un’interpretazione riduttiva delle proprie competenze e
del proprio ruolo. Solo per dare una visione dell’operato confuso che è
stato fatto sino ad ora dal Comune basti pensare che dal 2005 ad oggi si è
assistito alla creazione di tre diversi percorsi istituzionali. A ottobre del
2005 è stato costituito il progetto Agenda 21, che nasce da un processo
consultivo delle amministrazioni locali con le loro popolazioni cercando il
consenso su un’Agenda di Programma. Attraverso la consultazione e la
costruzione di consenso, le amministrazioni locali possono imparare dalla
comunità locale e dalle imprese e possono acquisire le informazioni necessarie per la formulazione di nuove strategie e per la realizzazione di
piani di sviluppo sostenibile del proprio territorio e provvedimenti di ampio impatto sociale quali: Zone a Traffico Limitato, Tarsu, pedonalizzazioni di aree urbane, criteri oggettivi per assegnazione di beni confiscati
alla criminalità, housing sociale, ciclabilità urbana, ecc. A ottobre e novembre del 2008 è stato creato il Piano Strategico di Palermo Capitale
dell’EuroMediterraneo, uno strumento di pianificazione della città nel quale
la partecipazione delle forze sociali locali permette di costruire ideali par-
229 tenariati pubblico-privato finalizzati a realizzare interventi puntuali e
aumentare la qualità della vita, e quindi l’attrattività della città sia per i
residenti che per i visitatori, che però attende di essere approvato in sede
regionale. A ciò si deve aggiungere il progetto regionale dei Sistemi Turistici Locali, concepiti anch’essi come organismi che attraverso un’analisi
delle risorse premettono una programmazione dello sviluppo del territorio.
È quindi necessario che il Comune scelga accuratamente quali obiettivi perseguire e con quali strumenti. Di fondamentale importanza, infatti, sono strumenti territoriali come il Piano Urbano e il Piano Commerciale, di cui l’Amministrazione ne è totalmente sprovvista. Solo basandosi
su questi piani sarà possibile coordinare le diverse iniziative e proposte e
porre le basi per una trasformazione efficace del territorio.
Quello su cui si basano i principi fondanti i CCN, ovvero la riqualificazione ambientale, lo sviluppo economico e sociale del Centro Storico,
la centralità del cittadino e l’obiettivo della qualità della vita, da attuare
attraverso un pianificazione concordata, a mio avviso si deve tradurre in
altrettanti contenuti del Piano Urbano.
Lo stesso progetto di pedonalizzazione, rivolto ad una diversa, razionale e partecipata riorganizzazione del Centro Storico, comporta
l’opportunità di approfondire le questioni connesse all’uso del territorio,
anche in relazione alla necessità di adottare un Piano Urbano del Traffico, già allo studio dell’Amministrazione. Tutto ciò accade mentre sembra
molto ridotto l’interesse per la parte del Centro Storico che non si affaccia sul mare e per le questioni legate alle trasformazioni del tessuto sociale che una simile trasformazione implicherebbe.
Per questo motivo, ritengo che se da un lato sia apprezzabile la scelta dell’Amministrazione di avviare il processo graduale della pedonalizzazione, assunta proprio nell’ottica dei su esposti principi, ugualmente è
importante definire l’iter del Piano Urbano al fine di garantire una visione organica, generale e complessiva che raccolga proposte e istanze di cittadini, residenti, commercianti e che sia l’equo e razionale contempera-
230 mento di diversi interessi pubblici e privati coinvolti.
In generale i presidenti dei sei CCN chiedono all’Amministrazione
una maggiore flessibilità, de-burocratizzazione e un loro maggior coinvolgimento nelle iniziative che riguardano le aree del CCN, ma soprattutto una migliore e chiara politica di valorizzazione del territorio. Sta
emergendo, infatti, una crescente domanda di “strategia” a livello territoriale e di sviluppo di nuove forme di “condensazione intermedia” capaci
di:
•
catalizzare i meccanismi cooperativi tra soggetti interessati a muoversi in campo locale e che detengono significative risorse;
•
progettare e guidare le strategie di valorizzazione territoriale;
•
coordinare le politiche e le azioni intraprese su scala locale.
Dal canto loro, i presidenti dei CCN devono capire che il loro con-
sorzio dev’essere uno strumento per raggiungere l’obiettivo di sviluppare
il tessuto economico urbano e, perciò, non si può tradurre in una fonte
dei finanziamenti pubblici e in strumento per rafforzare la posizione di
potere di un’associazione di categoria, come quella del tessile di cui i presidenti di alcuni CCN sono esponenti.
È necessaria una vera e propria cultura imprenditoriale che promuova iniziative private di valorizzazione del territorio e colga le opportunità di fare rete tra soggetti diversi. Soltanto cambiando i presupposti
delle azioni intraprese dall’Amministrazione e dai CCN sarà possibile dar
vita a tutta una serie di iniziative culturali, turistiche e commerciali. Una
di queste potrebbe essere, ad esempio, la progettazione di un percorso di
mobile marketing. Si tratta di una tecnica di proximity marketing che opera in
un determinato territorio sfruttando tecnologie di comunicazione di tipo
visuale e mobile per promuovere la vendita di prodotti e servizi. Questa
tecnica di marketing non agisce su un target di utenti ben definito, ma
sulle persone che si trovano in una determinata area e sono vicine a un
dispositivo atto ad instaurare una comunicazione. Un cartellone pubblicitario invita il passante ad attivare il bluetooth sul proprio cellulare, che una
volta attivato e accettata la connessione, esso riceve gratuitamente sul
231 proprio cellulare un messaggio che può contenere file multimediali, informazioni, promozioni, inviti, premi, ecc. Questa tecnologia permette di
veicolare contenuti multimediali sui telefoni cellulari fino a 30 metri dalla
postazione del dispositivo bluetooth, e la permanenza del messaggio pubblicitario, restando memorizzato nel telefono cellulare e sempre a disposizione dell’utente che voglia conservarli e visualizzarli, utilizzando un permission marketing, ovvero una modalità di comunicazione che vede
l’esplicita approvazione da parte dell’utente alla ricezione del contenuto
pubblicitario inviato. È gratuito per chi riceve e permette il monitoraggio
dell’andamento della campagna mediante un’apposita interfaccia di sistema.
FIGURA 1: ESEMPIO DI TECNOLOGIA MOBILE MARKETING Applicata in un CCN, questa tecnologia può fornire informazioni al
passante sulla mappa del CCN, le strade e le attrazioni turistiche nonché
sull’itinerario consigliato. Tale tecnologia consentirebbe anche di inserire
un guida interattiva sulle vie appartenenti al CCN con l’indicazione dei
relativi negozi e delle offerte promozionali, nonché essere applicata anche
per la vendita di spazi pubblicitari o la diffusione di applicazioni culturali
e di eventi, potendo allo stesso tempo controllare statisticamente il numero di volte che sono state scaricate, e quindi il numero degli utenti.
Altra iniziativa può essere l’introduzione di una fidelity card. In un
232 famoso articolo, Dick e Basu 112 hanno elaborato un modello di fedeltà del
consumatore formulando un’elegante concettualizzazione degli effetti
combinati di attitudine e comportamento. I due autori ritengono che la
fedeltà sia il risultato dell’interazione tra l’attitudine relativa di un individuo a una marca o a un’insegna e il comportamento di acquisto ripetuto
di tale marca/insegna. Partendo da una diagnosi dello status di fedeltà a
una marca/insegna e dalla relativa sensibilità a variabili antecedenti di
natura cognitiva, affettiva e conativa, essi ritengono che sia possibile modificare tale status attraverso specifiche politiche di marketing.
Le implicazioni manageriali di questo approccio in termini di fedeltà
a un’area, come il centro storico, includerebbero così le loro “raccomandazioni” per il brand (l’area), il servizio (sistema di offerta complessivo
dell’area) e l’attività commerciale (ciascun punto vendita dell’area). Tali
raccomandazioni riguardano l’utilizzo dei dati per valutare la frequenza
di acquisto del consumatore, il monitoraggio delle visite e l’utilizzo di
strumenti (ad es. mailing list) per ricordare al cliente gli acquisti realizzati
in passato, nonché l’adozione di programmi di fidelizzazione per aumentare la sensibilità dei cittadini/consumatori ai possibili switching costs che
dovrebbero sostenere per andare altrove. Laddove le norme sociali influenzino i criteri di scelta, si potrebbero realizzare sistemi di incentivazione per i cittadini/consumatori e meccanismi di ricompensa che incoraggino un favorevole passaparola.
Ancora, e per concludere, i CCN potrebbero favorire il commercio e
il turismo con la ristrutturazione dei mercati storici, facendo rivivere il
fascino di questi luoghi, attraverso la presenza di botteghe artigiane e di
un commercio a km 0, e valorizzando allo stesso tempo i circostanti monumenti di notevole rilevanza storico-culturale.
112
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www.tocema-europe.com
www.unioncameresicilia.eu
www.vignolagrandiidee.it
246 APPENDICE
Legge Regionale n. 10 del 2005 della Regione Siciliana
“Norme per lo sviluppo turistico della Sicilia e norme
finanziarie urgenti”
Articolo 1
Principi e finalità
1. La Regione siciliana attribuisce un ruolo primario e centrale al turismo
per lo sviluppo sostenibile economico ed occupazionale del territorio e
per la crescita sociale e culturale della collettività, tenuto conto della
diffusa potenzialità turistica della Sicilia. Indirizza e coordina la
programmazione economica, la pianificazione territoriale e quella
relativa agli interventi infrastrutturali, sia specificatamente turistici che
funzionali al miglioramento della fruibilità turistica del territorio.
2. La Regione siciliana riconosce il ruolo centrale degli enti locali
territoriali nella valorizzazione del territorio, con particolare riguardo
alle politiche intersettoriali ed infrastrutturali utili per la qualificazione
del prodotto turistico e per l’accoglienza e l’informazione dei turisti. Per
il perseguimento di tali finalità la Regione favorisce la crescita
quantitativa e qualitativa del sistema turistico attraverso:
a) la creazione di circuiti di informazione, di assistenza e di tutela dei
soggetti
che
accedono
ai
servizi
turistici,
con
particolare
riferimento ai soggetti diversamente abili;
b) il potenziamento e la regolamentazione delle imprese turistiche,
agrituristiche, esercenti attività di bed and breakfast e delle agenzie
immobiliari turistiche;
c) gli interventi infrastrutturali con particolare riferimento allo
sviluppo del turismo;
d) la valorizzazione delle risorse ambientali e culturali;
e) l’attuazione di politiche di concertazione e di programmazione
negoziata tra i soggetti pubblici e privati interessati alla formazione
e alla commercializzazione dell’offerta turistica siciliana;
f) la promozione dell’immagine della Sicilia.
II (Omissis da art.2 ad art 5)
Articolo 6
Distretti turistici
1. Si definiscono distretti turistici i contesti omogenei o integrati
comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a più province e
caratterizzati da offerte qualificate di attrazioni turistiche e/o di beni
culturali, ambientali, ivi compresi i prodotti tipici dell’agricoltura e/o
dell’artigianato locale.
2. I distretti turistici possono essere promossi da enti pubblici, enti
territoriali e/o soggetti privati che intendono concorrere allo sviluppo
turistico del proprio territorio o di più territori appartenenti anche a
province diverse, attraverso la predisposizione e l’attuazione di specifici
progetti.
3. Fermi restando i limiti previsti dalla disciplina comunitaria in materia
di aiuti alle imprese, la Regione definisce, con decreto dell’Assessore
regionale per il turismo, le comunicazioni ed i trasporti, le modalità e la
misura del finanziamento dei distretti turistici che perseguono in
particolare le seguenti finalità:
a) sostenere attività e processi di aggregazione e di integrazione tra le
imprese turistiche, anche in forma cooperativa, consortile e di
affiliazione;
b) attuare interventi necessari alla qualificazione dell’offerta turistica
urbana e territoriale delle località ad alta densità di insediamenti
turistico-ricettivi;
c) istituire punti di informazione e di accoglienza per il turista, anche
telematici, secondo specifiche quantitative e qualitative coerenti
con standard minimi omogenei per tutto il territorio della Regione
determinati
comunicazioni
dall’Assessorato
e
dei
trasporti
regionale
per
tutti
del
i
turismo,
distretti
delle
turistici
riconosciuti;
d) sostenere lo sviluppo di marchi di qualità, di certificazione
ecologica nonché la riqualificazione delle imprese turistiche con
III priorità alla standardizzazione dei servizi turistici;
e) promuovere il marketing telematico del proprio distretto turistico
per l’ottimizzazione della relativa commercializzazione in Italia e
all’estero;
f) promuovere le strutture ricettive, i servizi e le infrastrutture volte
al miglioramento dell’offerta turistica;
g) individuare e proporre particolari tipologie di architettura rurale
realizzate tra il XII ed il XX secolo, a prescindere da qualsiasi
ipotesi di utilizzazione di natura ricettiva, ristorativa e sportivoricreativa, secondo quanto previsto dalla legge 24 dicembre 2003,
n. 378, al fine della loro tutela e valorizzazione. L’Assessorato
regionale del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti, di
concerto
con
l’Assessorato
regionale
dei
beni
culturali
ed
ambientali e della pubblica istruzione, individua i beni da tutelare
al fine della adozione degli eventuali regolamenti di attuazione.
4. I servizi turistici regionali, oltre ai compiti loro attribuiti, svolgono
attività di assistenza per la formazione ed il riconoscimento dei distretti
turistici.
5. Ai fini del loro riconoscimento, i distretti turistici devono essere
costituiti da soggetti pubblici e privati, i quali devono, altresì, specificare
la natura giuridica del distretto da loro formato mediante l’invio alla
Regione del relativo atto costitutivo.
(Omissis artt. 7 e 8)
Articolo 9
Centri commerciali naturali
1. Al fine di migliorare la fruibilità turistica nel territorio siciliano ed in
particolare per promuovere l’immagine e l’accessibilità dei centri storici e
negli ambiti urbani a vocazione turistica, su proposta del sindaco del
comune
interessato
l’Assessore
regionale
per
la
cooperazione
il
commercio, l’artigianato e la pesca, di concerto con l’Assessore regionale
IV per il turismo, le comunicazioni ed i trasporti, promuove tramite i comuni
la costituzione e l’attività dei centri commerciali naturali.
2. Si definisce centro commerciale naturale l’insieme di attività terziarie
private fra loro vicine e comunque ricadenti in un ambito urbano definito
che, sotto forma di comitato promotore o associazione o ente o consorzio,
agendo in rete come soggetto di un’offerta commerciale integrata ha lo
scopo di:
a) riqualificare l’immagine e migliorare la vivibilità urbana negli
spazi in
a) cui opera;
b) accrescere le capacità attrattive delle attività che ne fanno parte;
c) migliorare il servizio offerto ai consumatori ed ai turisti.
3. I centri commerciali naturali possono ricevere incentivi, sia economici
che di supporto tecnico, sia dalla Regione che dagli altri enti locali e
territoriali con i quali stipulano accordi per il perseguimento delle loro
finalità, elaborando e realizzando iniziative per un comune marketing
territoriale.
(Omissis da art. 10 ad art. 23)
V Decreto Assessoriale n. 951 del 09/04/2009.
Assessorato della cooperazione, del commercio, dell'artigianato
e della pesca
Regione Siciliana
“Norme di attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 9
della legge regionale 15 settembre 2005, n. 10, modificata
dall'articolo 4 della legge regionale 8 novembre 2007, n. 21”
Articolo 1
Elenco dei centri commerciali naturali
1. È istituito presso l'Assessorato regionale della cooperazione, del
commercio, dell'artigianato e della pesca - dipartimento cooperazione,
commercio e artigianato - servizio 5/s, l'elenco regionale dei centri
commerciali naturali, successivamente definiti C.C.N., nel quale sono
iscritti tutti i C.C.N. accreditati con apposito provvedimento assessoriale
a conclusione del procedimento istruttorio previsto dalle presenti norme
di attuazione.
Articolo 2
Definizione e scopi del centro commerciale naturale
1. I C.C.N., sono l'insieme di attività terziarie private fra loro vicine e
comunque ricadenti in un ambito urbano definito che, agendo in rete
come soggetti di un'offerta commerciale integrata, hanno lo scopo di:
a) riqualificare l'immagine e migliorare la vivibilità urbana negli spazi
in cui opera;
b) accrescere le capacità attrattive delle attività che ne fanno parte;
c) migliorare il servizio offerto ai consumatori ed ai turisti.
2. Al fine di strutturare i C.C.N. come entità giuridiche gli stessi si
possono costituire sotto le forme previste dal comma 2 dell'art. 9 della
legge regionale n. 10 del 15 settembre 2005, senza scopo di lucro.
VI 3. I C.C.N., al fine di potere ricevere incentivi di carattere economico,
dovranno essere costituiti nelle forme del consorzio al momento
dell'accreditamento da parte dell'Assessore regionale per la cooperazione,
il commercio, l'artigianato e la pesca.
Articolo 3
Regia unitaria
1. Nei comuni ove risultano accreditati più C.C.N., al fine di assicurare
una regìa unitaria per il coordinamento delle iniziative, il comune
promuove la collaborazione sia tra i C.C.N. che tra i soggetti coinvolti.
Articolo 4
Caratteristiche dei C.C.N.
1. I C.C.N. devono essere composti da un minimo di 20 componenti e
devono giustificare la loro costituzione mettendo in evidenza:
-­‐
lo scopo esclusivo della valorizzazione del sistema economico
locale, con particolare riferimento al commercio tradizionale di
vicinato e di medie strutture di vendita così come definiti dall'art.
2, comma 1, lettere e) ed f) della legge regionale n. 28 del 22
dicembre 1999, ai pubblici esercizi e all'artigianato tradizionale,
artistico e di servizio, nell'ambito dell'identità storico-culturale e
sociale della comunità interessata al C.C.N., al fine anche di
favorire la fruibilità turistica del territorio con la promozione
dell'immagine e dell'accessibilità dei luoghi interessati;
-­‐
il coinvolgimento nell'area interessata dai C.C.N., di immobili
pubblici e privati soggetti a vincolo di tutela;
-­‐
eventuale quota del bilancio comunale destinata al sostegno delle
attività dei C.C.N.;
-­‐
presenza di attività commerciali e artigianali interessate alla
vendita e/o alla produzione di prodotti tipici siciliani.
VII Articolo 5
Gli attori del C.C.N.
1. Possono fare parte del C.C.N., oltre alle P.M.I. commerciali, di servizi
e artigianali, le associazioni della società civile, del mondo dello sport e
della cultura, senza scopo di lucro, le istituzioni private, le banche, le
società e/o aziende private di gestione trasporti, di parcheggi, sponsor
privati, le organizzazioni religiose, i centri di assistenza tecnica per le
imprese (C.A.T.).
2. Per potere fare parte del C.C.N., i soggetti interessati devono essere in
possesso del certificato camerale delle imprese comprensivo del nulla osta
antimafia di cui all'art. 10 della legge regionale n. 575 del 31 maggio
1965 e successive modificazioni e, per i soggetti non iscritti alla
C.C.I.A.A., produrre dichiarazione sostitutiva rilasciata ai sensi dell'art.
47 del D.P.R. n. 445 del 28 dicembre 2000.
3. I soggetti individuati dal precedente comma 1, pur se non esercitando
la propria attività all'interno dell'ambito urbano definito, possono
chiedere di aderire al C.C.N. impegnandosi a trasferire la propria attività
all'interno di detto ambito urbano entro 60 giorni dall'accreditamento del
C.C.N. Trascorso infruttuosamente tale termine, la richiesta di adesione
al C.C.N. si intende rigettata e se, a seguito di tale atto, il numero dei
soggetti aderenti dovesse risultare inferiore a quanto previsto dal
precedente art. 4, comma 1, l'accreditamento ottenuto dal C.C.N. si
intende decaduto.
Articolo 6
Incentivi
1. I C.C.N. possono ricevere incentivi, sia economici che di supporto
tecnico, dalla Regione, dallo Stato, dall'Unione europea, dagli altri enti
locali e territoriali, con i quali stipulano accordi per il perseguimento
delle loro finalità, elaborando e realizzando iniziative per un comune
marketing territoriale.
VIII Articolo 7
Attività dei centri commerciali naturali
1. I C.C.N. possono organizzare, fra l'altro, eventi, creazione e
registrazione del marchio, realizzazione delle vetrofanie, pieghevoli,
calendari
fotografici,
registrazione
del
dominio
internet,
feste
in
occasione del Natale e di altre occasioni religiose e civili ed in
particolare:
-­‐
attività di animazione urbana;
-­‐
attività promozionali che abbiano diretta ricaduta sulle attività
economiche espresse dal centro commerciale naturale;
-­‐
attività di comunicazione come informazione, editoria, pubblicità,
propaganda, pubbliche relazioni sui media cartacei radio-televisivi
e telematici;
-­‐
servizi di supporto e assistenza ai consumi e allo shopping;
-­‐
progetti di arredo urbano dei centri commerciali naturali;
-­‐
attivazione di strutture di servizio aperte al pubblico, quali punti di
contatto e di assistenza agli acquisti e alla fruizione dei centri
commerciali naturali;
-­‐
accordi con enti di promozione turistica del territorio per l'offerta
di pacchetti turistici integrati con l'offerta commerciale ed
artigianale;
-­‐
iniziative con il sistema economico e finanziario al fine di
sponsorizzare iniziative del centro commerciale naturale;
-­‐
accordi con la proprietà immobiliare su eventuali progetti di
riconversione funzionale di immobili inutilizzati;
-­‐
partecipazione a bandi di finanziamento pubblico rivolti alle
imprese commerciali di vicinato per lo sviluppo delle strategie di
marketing;
-­‐
gestione di finanziamenti inerenti la sicurezza e il controllo, per la
realizzazione di impianti collettivi per la video sorveglianza esteso
a tutto il territorio del centro commerciale naturale;
-­‐
organizzare gruppi di lavoro su problemi legati alle attività
IX economiche dell'area di sedime del centro commerciale naturale;
-­‐
organizzare manifestazioni culturali, convegni, dibattiti, seminari
per il raggiungimento e la diffusione dei propri obiettivi, nonché
attività di formazione per i titolari e per gli addetti.
Articolo 8
Iter dell'accreditamento
1. I C.C.N. inoltrano istanza al sindaco del comune interessato affinché
lo stesso la proponga all'Assessore regionale per la cooperazione, il
commercio, l'artigianato e la pesca per l'accreditamento.
2. Il sindaco, entro 45 giorni dalla data di inoltro, acquisisce la delibera
di presa d'atto del consiglio comunale circa l'istituzione del C.C.N., e
propone all'Assessorato regionale della cooperazione, del commercio,
dell'artigianato e della pesca l'accreditamento del C.C.N. allegando la
seguente documentazione:
a) progetto illustrativo dell'attività che il centro si propone di
realizzare, con l'indicazione delle vie, delle piazze e delle aree
interessate alla costituzione del C.C.N.;
b) delibera di presa d'atto del consiglio comunale di cui al presente
articolo 8, comma 2;
c) certificato camerale antimafia, di cui all'art. 10 della legge
regionale n. 575 del 31 maggio 1965 e successive modificazioni,
delle imprese aderenti ai C.C.N., e dichiarazione sostitutiva
rilasciata ai sensi dell'art. 47 del D.P.R. n. 445 del 28 dicembre
2000 per gli aderenti ai C.C.N. non iscritti alla camera di
commercio;
d) atti deliberativi di adesione al C.C.N. dei soggetti di cui all'art. 5,
comma 1;
e) certificazioni rilasciate dal comune che attestino che le imprese
facenti parte del C.C.N. svolgono le loro attività nell'ambito
urbano individuato dal centro commerciale naturale;
f)
dichiarazione di impegno delle singole imprese partecipanti
X all'iniziativa di costituirsi secondo le forme previste dall'art. 2,
comma 2;
g) dichiarazione di impegno delle singole imprese che attualmente
non esercitano la propria attività all'interno dell'ambito urbano
definito di competenza del C.C.N., di trasferire la propria attività
all'interno
di
detto
ambito
urbano
entro
60
giorni
dall'accreditamento;
h) copia fotostatica di un valido documento di identità del legale
rappresentante delle imprese e degli enti partecipanti all'iniziativa.
3. Nel caso in cui le amministrazioni non dovessero ottemperare a quanto
sopra entro i termini stabiliti dal presente articolo, verrà nominato un
commissario
cooperazione,
ad
del
acta
da
parte
commercio,
dell'Assessorato
dell'artigianato
e
regionale
della
pesca
della
che
provvederà in via sostitutiva.
Articolo 9
Istruzione dell'istanza ed emanazione del decreto di accreditamento
1. L’istanza di accreditamento del C.C.N. presentata dal comune è
esaminata in via preliminare dal competente servizio 5/s - commercio
dell'Assessorato. In caso di carenza della documentazione, il servizio
invita per una sola volta il comune ed il C.C.N. ad integrare la
documentazione. Trascorsi inutilmente 30 giorni l'istanza si considera
rigettata.
2. L'istanza istruita positivamente viene proposta all'Assessore regionale
per
la
cooperazione,
il
commercio,
l'artigianato
e
la
pesca
per
l'emanazione del decreto di accreditamento, previa acquisizione dell'atto
costitutivo e dello statuto sociale del C.C.N. costituitosi sotto le forme
previste dal comma 2 dell'art. 9 della legge regionale n. 10 del 15
settembre 2005, senza scopo di lucro.
3. Qualora l'atto costitutivo e lo statuto sociale del C.C.N. non dovessero
pervenire all'Assessorato regionale della cooperazione, del commercio,
dell'artigianato e della pesca entro 45 giorni dalla richiesta, l'istanza di
XI accreditamento è da considerarsi rigettata.
(Omissis artt. 10 e 11)
XII Decreto Assessoriale n. 422/GAB del 02/08/2011
Assessorato delle Attività Produttive
Regione Siciliana
“Bando per l’accesso alle agevolazioni previste dall’art. 62 della
legge regionale 23 dicembre 2000, n. 32 e successive modifiche
ed integrazioni, in attuazione del PO FESR 2007/2013, linea
d’intervento 5.1.3.3.”
A) Oggetto e Finalità – L'Assessore Regionale alle Attività Produttive –
Dipartimento Attività Produttive, in attuazione del comma 4 articolo 9
della legge regionale n. 9 del 06/08/2009 dell'Obiettivo Specifico 5.1
“Consolidare
e
potenziare
il
tessuto
imprenditoriale
siciliano,
incentivando la crescita dimensionale delle P.M.I., lo sviluppo di distretti
e la formazione di gruppi di imprese, facilitando l'accesso al credito e
rafforzando le agglomerazioni esistenti con la riqualificazione delle aree
industriali e produttive, in un'ottica di miglioramento della qualità e della
competitività complessiva del sistema delle imprese” del P.O. F.E.S.R.
Sicilia 2007-2013, con le presenti direttive stabilisce le modalità ed i
criteri di cui al citato comma 4 dell'articolo 9 per l'accesso alle
agevolazioni previste alla linea di intervento 5.1.3.3 di cui all’Asse 5 del
P.O. F.E.S.R. Sicilia 2007-2013, Decisione della Commissione Europea C
(2007) 4249 del 07/09/2007, con la quale sono state previste “azioni
volte alla riqualificazione delle aree interessate alla realizzazione di
servizi comuni, alla promozione di produzioni locali nell’ambito dei
Centri
Commerciali
Naturali
(di
seguito
C.C.N.)
come
definiti
dall’articolo 9 della legge regionale n. 10 del 15/09/2005”.
B) Obiettivi – Gli obiettivi da perseguire sono quelli definiti alla
precedente lettera A) sulla base delle risorse definite alla successiva
lettera M) per la linea di intervento 5.1.3.3 del P.O. F.E.S.R. Sicilia
2007-2013 “azioni volte alla riqualificazione delle aree interessate alla
realizzazione di servizi comuni, alla promozione di produzioni locali
XIII nell’ambito dei Centri Commerciali Naturali come definiti dall’articolo 9
della legge regionale n. 10 del 15/09/2005” con le quali è possibile
attivare un regime di aiuti, rientrante nell'ambito di applicazione del
Regolamento (CE) n. 1998/2006 (regola “de minimis”), concernente la
concessione di contributi, ai Centri Commerciali Naturali in forma di
consorzi accreditati
09/04/2009,
ai sensi del decreto assessoriale n. 951 del
(G.U.R.S.
n.
20
del
08/05/2009),
ed
alle
P.M.I.
commerciali e di servizi, così come classificate dal decreto assessoriale del
11/02/1997, (G.U.R.S. n. 21 del 26/04/1997), e alle P.M.I. artigianali
(iscritte all’albo provinciale delle imprese artigiane), aderenti al C.C.N.
ed esercenti la loro attività nell’ambito urbano definito e individuato dal
C.C.N., per la realizzazione di servizi comuni e per la riqualificazione
delle strutture produttive e/o distributive.
C) Modalità di attuazione – Le risorse di cui alla lettera M) alle presenti
direttive saranno rese disponibili sulla base di bando pubblico con
procedura valutativa a graduatoria ai sensi dell'articolo 189 della legge
regionale n. 32/2000 e s.m.i..
D) Definizioni – Ai fini delle presenti direttive valgono le seguenti
definizioni:
•
P.M.I.: le imprese che rientrino nei limiti dimensionali di cui alla
Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione Europea del
06/05/2003, come recepita dal D.M. n. 19470 del 18/04/2005,
pubblicata nella G.U. n. 238 del 12/10/2005.
•
Imprese commerciali e di servizi: quelle classificate dal decreto
assessoriale del 11/02/1997, (G.U.R.S. n. 21 del 26/04/1997).
•
Imprese artigianali: quelle iscritte all'albo provinciale delle imprese
artigiane.
•
Centro Commerciale Naturale (C.C.N.): quello definito all'articolo 9
della legge regionale n. 10/2005 limitatamente alla costituzione in
forma di consorzio.
•
Ambito urbano definito dal C.C.N.: l'area continua, entro cui svolgono
la loro attività i soggetti aderenti al C.C.N., così come delimitata e
XIV definita negli atti custoditi presso il Dipartimento Regionale delle
Attività Produttive.
E) Soggetti Ammissibili – I soggetti ammissibili alle agevolazioni sono i
Centri Commerciali Naturali costituiti a norma delle disposizioni del
codice civile in forma di consorzi,
accreditati con provvedimento
dell'Assessore ed iscritti nell'elenco regionale di cui al decreto assessoriale
n. 951 del 09/04/2009, (G.U.R.S. n. 20 del 08/05/2009) e le P.M.I.
commerciali, artigianali e di servizi, come definite alla precedente lettera
D), aderenti al rispettivo C.C.N., esercenti la loro attività nell'ambito
urbano definito.
F) Requisiti di Ammissibilità – I requisiti di cui alle presenti direttive
sono
quelli
espressamente
indicati
nel
documento
“Requisiti
di
ammissibilità e criteri di selezione”:
•
interventi realizzati all'interno di Centri Commerciali Naturali
costituiti in consorzi di P.M.I. commerciali, così come classificati
dal decreto assessoriale del 11/02/1997, (G.U.R.S. n. 21 del
26/04/1997), esercenti la loro attività in ambiti territoriali comuni
(interventi che ricadono all'interno di un ambito urbano definito);
•
P.M.I. commerciali che non abbiano già fruito di contributi ex
sottomisura 4.02.c – aiuti al commercio ed all'artigianato – del
P.O.R. Sicilia 2000-2006;
•
imprese non di produzione, trasformazione e commercializzazione
di prodotti agricoli;
•
presenza di prodotti locali all'interno del Centro Commerciale
Naturale;
•
numero minimo di imprese commerciali ubicate nell'ambito dei
Centri Commerciali Naturali proponenti;
•
rispetto delle condizioni di cui al Regolamento (CE) n. 1998/2006
relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato relativo
agli
aiuti
d'importanza
minore
(<<de
minimis>>)
e
del
Regolamento (CE) n. 800/2008;
•
programma per il quale l'amministrazione responsabile abbia
XV confermato che lo stesso soddisfa le condizioni di ammissibilità
stabilite dal regime prima dell'avvio dei lavori del progetto (esclusi
gli aiuti che prevedono esenzione o riduzione fiscale). L'intervento,
a seconda della tipologia di opere edili eventualmente proposte e/o
previste dal bando/avviso, dovrà essere dotato del titolo abilitativo
edilizio corrispondente alle opere stesse e contemplato dalla
normativa vigente in materia, tenuto conto della competenza
esclusiva della Regione Siciliana in tale settore.
G)
Spese
Ammissibili
–
Sono
ammissibili
le
spese
effettuate
successivamente alla presentazione dell'istanza di finanziamento alle
condizioni di cui al precedente ultimo punto, lettera F). Le spese
ammissibili, tra quelle previste dalla vigente normativa in materia, sono
quelle effettuate per:
a. realizzazione del progetto comune del Centro Commerciale Naturale
e, in particolare:
1. consulenza tecnica necessaria per la progettazione ed esecuzione
dell'operazione
fino
ad
un
importo
massimo
del
5%
dell'investimento ammissibile;
2. realizzazione di programmi informatici, di un sito web e messa in
rete delle imprese consorziate;
3. interventi di fidelizzazione della clientela;
4. identificazione, realizzazione di un marchio comune e delle relative
attività promozionali, anche attraverso l'adeguamento dei sistemi
di gestione aziendale secondo standard internazionali riconosciuti a
livello
europeo
(implementazione
nelle
P.M.I.
commerciali,
artigianali e di servizi di sistemi di gestione della qualità aziendale
conformi alle seguenti norme: UNI EN ISO 9001 – UNI EN ISO
14001 – OHSAS 18001);
5. spesa per garanzie fornite da una banca, da una società di
assicurazione o da altri istituti finanziari nel caso di richiesta di
erogazione del contributo a titolo di anticipazione;
6. installazione della targa esplicativa dell'operazione finanziata,
XVI permanente e visibile nei casi previsti dalle norme comunitarie e
secondo le indicazione che saranno specificate in sede di bando
pubblico.
b. riqualificazione della struttura produttiva e/o distributiva delle P.M.I.
commerciali, artigianali e di servizi e, in particolare:
1. consulenza tecnica necessaria per la progettazione ed esecuzione
dell'operazione
fino
ad
un
importo
massimo
del
5%
dell'investimento ammissibile;
2. realizzazione di programmi informatici e di siti web per la
promozione delle produzioni e delle proposte commerciali;
3. realizzazione
di
opere
murarie
ed
assimilati
consistenti
nell'adeguamento alle esigenze di riqualificazione ambientale delle
vetrine, della immagine e dei prospetti;
4. acquisti di arredi e attrezzature;
5. realizzazione di iniziative promozionali;
6. acquisto di macchinari ed impianti vari;
7. acquisto di mezzi mobili non targati, strettamente necessari al ciclo
di produzione;
8. acquisto di apparecchiature elettroniche;
9. spesa per garanzie fornite da una banca, da una società di
assicurazione o da altri istituti finanziari nel caso di richiesta di
erogazione del contributo a titolo di anticipazione;
10. installazione della targa esplicativa dell'operazione finanziata,
permanente e visibile nei casi previsti dalle norme comunitarie e
secondo le indicazione che saranno specificate in sede di bando
pubblico.
L'acquisto di materiale usato è spesa ammissibile solo se sono soddisfatte
le tre seguenti condizioni: 1) il venditore rilascia una dichiarazione
attestante la provenienza esatta del materiale e che lo stesso, nel corso
degli ultimi sette anni, non ha beneficiato di un contributo nazionale o
comunitario; 2) il prezzo del materiale usato non è superiore al suo valore
di mercato ed è inferiore al costo di materiale simile nuovo; 3) le
XVII caratteristiche tecniche del materiale usato acquisito sono adeguate alle
esigenze dell'operazione e sono conformi alle norme e agli standard
pertinenti.
L'imposta sul valore aggiunto (I.V.A.), realmente e definitivamente
sostenuta dal beneficiario, è dovuta solo se non sia recuperabile.
H) Intensità delle Agevolazioni – I benefici di cui alle presenti direttive
consistono: 1) nella concessione di un contributo in conto capitale, a
favore del C.C.N., nella misura massima del 50% della spesa ammissibile,
di cui alla precedente lettera G) punto a, per un importo non superiore ad
€. 25.000,00. Il predetto contributo può essere elevato fino ad €.
35.000,00 per ogni singolo C.C.N. nella misura di €. 75,00 a fronte di
ogni singola impresa aderente che eccede il numero minimo di 20 e nei
limiti delle risorse finanziare disponibili; 2) nella concessione di un
contributo in conto capitale, a favore delle P.M.I. aderenti, nella misura
del 50% della spesa ammissibile, di cui alla precedente lettera G) punto b,
per un importo non superiore ad €. 25.000,00 per ogni singola impresa
beneficiaria e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili.
I) Modalità di erogazione dei benefici – I benefici di cui alle presenti
direttive sono concessi secondo le disposizioni previste dall'articolo 189
della legge regionale n. 32/2000 nella forma di contributi in conto
capitale. Le agevolazioni concesse sono erogate in non più di tre quote, la
prima delle quali, su apposita richiesta, anche a titolo di anticipazione
pari al 50% del contributo concesso. In caso di erogazione a titolo di
anticipazione dovrà essere prodotta fidejussione bancaria o polizza
assicurativa irrivecabile incondizionata ed escutibile a prima richiesta in
favore dell'Assessorato rilasciata in stretta conformità all'apposito schema
allegato al bando, con periodo di validità pari all'intero periodo del
vincolo della destinazione d'uso dei beni acquistati. Negli altri casi, per
l'erogazione delle singole quote di contributo, il programma deve avere
raggiunto uno stato d'avanzamento almeno proporzionale alla quota da
erogare. La prima quota può essere erogata, su apposita richiesta,
qualora l'impresa abbia realizzato uno stato di avanzamento in misura
XVIII non
inferiore
al
20%
dell'investimento
complessivo
ammissibile;
l'eventuale seconda quota a fronte di uno stato di avanzamento in misura
non inferiore al 51% del totale; l'eventuale terza quota, successivamente
all'ultimazione del programma. Dalla ultima quota è trattenuto il 10% del
contributo totale concesso, da erogare successivamente all'emissione del
decreto di concessione definitiva. La richiesta di erogazione relativa
all'ultimo stato di avanzamento deve essere trasmessa entro e non oltre 60
giorni
dalla
data
di
ultimazione
del
programma
e
deve
essere
accompagnata dalla documentazione di spesa e da una relazione
contenente la descrizione degli interventi realizzati. Sono fatti salvi
eventuali più ristretti termini fissati in sede di bandi. L'Assessorato
provvederà allo svincolo della fidejussione/polizza, contestualmente,
all'erogazione della prima quota di contributo a stato di avanzamento di
importo almeno pari all'anticipo erogato.
L) Criteri di selezione. Parametri per l’attribuzione del punteggio per la
collocazione in graduatoria – La graduatoria dei progetti deve essere
redatta entro 90 giorni dalla scadenza del termine fissato per la
presentazione delle istanze. Per la selezione dei progetti da ammettere a
finanziamento in rapporto alle risorse finanziarie disponibili si procederà
a redigere la graduatoria tenendo conto dei seguenti criteri di selezione e
dei punteggi a questi assegnati, per un massimo di Punti 100:
1. percentuale dei soggetti aderenti al C.C.N. che operano all'interno
della Z.T.O. definita dallo strumento urbanistico vigente “Centro
Storico Monumentale” – rispetto al totale dei soggetti aderenti –
fino ad un massimo di Punti 30 da attribuire in misura di 0,3 punti
per ogni punto percentuale;
2. presenza
turistica
del
comune
dove
è
ubicato
il
Centro
Commerciale Naturale attestata dai dati ricavati dalle biglietterie
(di siti attrattivi locali) ovvero, nel caso di libero ingresso, da dati
statistici pubblici relativi agli ultimi tre anni – fino ad un massimo
di Punti 10 determinati attribuendo 0,05 punti ogni 100 visitatori;
3. numero di imprese commerciali, artigianali e di servizi proponenti
XIX aderenti al C.C.N. – fino ad un massimo di Punti 20 da attribuire
in misura di 0,2 punti per ogni singola impresa;
4. protocollo d'intesa del C.C.N. con Associazioni di categoria –
Punti 5 secondo modalità definite in sede di ogni singolo bando;
5. numero
di
imprese
commerciali
ed
artigianali
consorziate
specializzate nella vendita di prodotti locali – fino ad un massimo
di Punti 10 da attribuire in misura di punti 1 per singola impresa
specializzata;
6. integrazione con interventi per la promozione delle produzioni
locali a carico del F.E.A.S.R. – Punti 5 secondo modalità definite
in sede di ogni singolo bando;
7. cofinanziamento delle P.M.I. aderenti al C.C.N. – fino ad un
massimo di Punti 10 da attribuire in misura proporzionale al
maggiore cofinanziamento rispetto al totale dell'investimento: (Tot.
Capitale Proprio/Tot. Capitale Investito x 10)
8. esperienza di cooperazione pregressa tra gli esercizi aderenti al
C.C.N. – Punti 5 secondo modalità definite in sede di ogni singolo
bando;
9. interventi mirati all'introduzione di Eco-innovazioni di processo e
di prodotto per il contenimento delle pressioni ambientali e per la
riduzione del consumo delle risorse non rinnovabili e/o interventi
che prevedono l'introduzione di tecnologie che contribuiscono alla
riduzione di emissioni di CO2 e degli altri GAS serra – Punti 5.
A
parità
di
punteggio
costituirà
criterio
premiale
la
presenza
maggioritaria nel C.C.N. di imprese commerciali, artigianali e di servizi a
prevalente rappresentanza legale femminile.
M) Risorse Finanziarie – Le risorse finanziarie pubbliche della linea di
intervento 5.1.3.3 ammontano complessivamente a €. 27.565.611,40. Le
risorse finanziarie disponibili ammontano a €. 19.295.927,98, pari al 70%
del totale delle risorse, giusta deliberazione della Giunta Regionale n. 83
del 06/03/2009 con la quale è stato approvato il quadro del riparto
finanziario delle risorse del P.O. F.E.S.R. Sicilia 2007-2013, prevedendo
XX il contestuale accantonamento della restante quota del 30% pari a €.
8.269.683,42 per assegnazioni successive. Una quota pari al 20% delle
risorse, così come previsto dall’articolo 67 della legge regionale n. 9 del
06/08/2009 è destinata ai contributi per progetti di investimento ubicati
in zone svantaggiate, ivi incluse quelle inserite nell'elenco aree interne ai
sensi della legge regionale n. 26/1988 (D.P.Reg. del 10/05/1989),
nonché nell'O.P.C.M. n. 3815 del 10/10/2009 e nel D.C.P.M. n. 3865
del 19/02/2011. Eventuali ulteriori risorse che dovessero rendersi, a
qualsiasi titolo, disponibili prima dell'emanazione del bando pubblico per
l'attuazione della linea di intervento, potranno costituirne ulteriore
dotazione finanziaria o, se disponibili successivamente, essere utilizzate
per lo scorrimento della graduatoria dello stesso bando pubblico o per
l’attivazione di un successivo bando pubblico.
N) Modalità e termini di presentazione delle domande – Le domande
relative agli interventi di cui alle presenti direttive dovranno essere
presentate dai soggetti di cui alla lettera E) con le modalità e i termini di
volta in volta fissati con i bandi. La domanda di agevolazioni è redatta e
sottoscritta dai legali rappresentanti del Centro Commerciale Naturale e
delle P.M.I. richiedenti. Le istanze, in bollo, dovranno essere presentate,
pena l'esclusione, a mezzo raccomandata del servizio postale pubblico
indirizzata
a:
Assessorato
Regionale
delle
Attività
Produttive
–
Dipartimento Attività Produttive – Servizio 8° Commercio – Via Degli
Emiri n. 45 – 90135 Palermo. L’Amministrazione Regionale non risponde
di ritardi nella presentazione dovuti a disguidi postali di qualsiasi tipo.
Non saranno prese in considerazione le istanze che dovessero pervenire
dal 15° giorno successivo alla data di scadenza fissata nel bando pubblico,
anche se spedite entro i termini previsti. Tutti i termini per gli
adempimenti a carico dei soggetti beneficiari previsti dalle presenti
direttive sono sospesi dall'1 al 31 agosto salvo quanto di volta in volta
stabilito in sede di bando.
O) Contenuto dell’istanza e relativi allegati – Fatto salvo quanto,
ulteriormente, specificato nei singoli bandi, l'istanza, redatta in forma di
XXI dichiarazione
sostitutiva
ai
sensi
del
D.P.R.
n.
445/2000,
deve
espressamente indicare:
•
le complete generalità del rappresentante legale del Centro
Commerciale Naturale e dei rappresentanti legali delle imprese
consorziate;
•
il costo complessivo del progetto e quello dei singoli progetti dei
soggetti richiedenti;
•
il contributo richiesto nell’ambito delle previsioni di cui alle
presenti direttive.
All’istanza devono essere allegati:
1) certificato camerale delle singole imprese comprensivo del nullaosta antimafia di cui all’articolo 10 della legge n. 575 del
31/05/1965 e successive modificazioni;
2) progetto definitivo, redatto da un tecnico abilitato, contenente la
descrizione degli interventi che si intendono realizzare, con
l'indicazione dei singoli costi e la correlazione tra questi e gli effetti
che si prevede di conseguire in termini di vantaggi per le singole
imprese consorziate e per il sistema produttivo e/o distributivo
dell'area interessata;
3) business plan;
4) perizia giurata sottoscritta da uno o più liberi professionisti, iscritti
nei rispettivi albi professionali, esterni al C.C.N. ed alle imprese
interessate, con la quale questi, secondo le rispettive competenze
professionali, attestano la validità tecnica-finanziaria del progetto e
la congruità dei costi esposti per la realizzazione dello stesso;
5) attestazioni e/o certificazioni per l'attribuzione dei punteggi
previsti dai criteri di selezione di cui alla precedente lettera L),
punti 1 e 2. Le suddette attestazioni e/o certificazioni dovranno
essere rilasciate dagli uffici comunali competenti;
6) eventuale documentazione attestante che l'ambito urbano definito
del C.C.N. ricade in zone svantaggiate ai sensi dell'articolo 67
della legge regionale n. 9/2009;
XXII 7) fotocopia di un documento di riconoscimento in corso di validità
del legale rappresentante del C.C.N..
(Omissis dal punto P al punto U)
XXIII REGOLAMENTO DEI CCN DEL COMUNE DI PALERMO
1)
Cos’è un Centro Commerciale Naturale
Un CCN è una forma di aggregazione e cooperazione di tutti gli
operatori economici del centro urbano finalizzata a riqualificare,
rivitalizzare e sviluppare tale realtà attraverso politiche comuni di
marketing e comunicazione.
2)
Finalità del CCN
Gli obiettivi fondamentali del CCN sono:
•
promuovere la partecipazione nella ricerca di soluzioni ai
problemi delle diverse aree;
•
favorire le attività di marketing che con il rafforzamento
•
dell’immagine dell’area sostengono l’attrattività delle medesime
come luogo piacevole da visitare e da frequentare;
•
valorizzare gli sforzi dell’Amministrazione Pubblica, degli
operatori privati e della comunità locale attraverso un utilizzo
più efficiente delle risorse e un approccio cooperativo alla
soluzione dei problemi dell’area, non solo per i consumatori ma
anche per i residenti ed i turisti;
•
3)
migliorare l’offerta complessiva dei servizi in centro città.
Unicità e omogeneità territoriale
a. I CCN agiscono indipendentemente operando in via esclusiva
nel proprio ambito territoriale definito e approvato con atto del
Consiglio Comunale e riconosciuto attraverso procedura di
accreditamento dalla Regione Siciliana.
b. I CCN devono provvedere a fornire una mappa dettagliata
dell’area in cui si estendono, descrivendone nel dettaglio le
attività dei consorziati (commerciali, culturali, turistiche, ecc.)
c.
Nel definire le aree di appartenenza dei CCN, si tiene conto
dell’omogeneità territoriale, da ricercare nelle caratteristiche
territoriali proprie dell’area che devono avere una particolare
rilevanza sotto il profilo commerciale e turistico.
XXIV d. Seguendo quanto detto nel punto b) e c), ciascun CCN viene
dotato di un’identità propria con una particolare inclinazione
(commerciale, di eventi, culturale ecc.).
4)
Impatto territoriale di nuovi CCN
a. La costituzione di un nuovo CCN non deve compromettere
l’omogeneità territoriale di CCN esistenti.
b. Un CCN contiguo ad uno esistente non viene autorizzato se
presenta strade già facenti parte di un altro o va ad interferire
con la sua identità consortile.
5)
Estensione territoriale
a. Non si pongono limiti territoriali a priori ma si analizzano la
numerosità, la tipologia dei soggetti consorziati e la coerenza
con la proposition value che il CCN vuole creare.
b. Unica eccezione al Punto a) è rappresentata dalla proposta di
un CCN che sia circoscritta ad una singola via. Essa non può
costituire un CCN ma un associazione di via.
6)
Coinvolgimento dei CCN
a. Il Comune si impegna a comunicare e rendere partecipe i CCN
di qualsiasi iniziativa progettata nell’ambito della loro area
territoriale, operando in partnership.
b. Per il punto a) viene prevista la presenza di un facilitator in sede
di consultazione presso i singoli assessorati comunali.
7)
Il ruolo del facilitator
a. L’avvio di un’iniziativa di CCN prevede l’individuazione di un
facilitator che funga da promotore dell’iniziativa nei confronti
dei potenziali partecipanti, vale a dire di uno o più soggetti cui
affidare l’incarico di avviare operativamente il progetto.
b. Ad
assumere
tale
ruolo
può
essere
un
funzionario
dell’amministrazione comunale oppure un gruppo di lavoro
rappresentativo delle diverse tipologie di stakeholder, oppure
ancora un consulente indipendente.
c.
Con l’obiettivo di instaurare un clima di fiducia reciproca tra
XXV gli stakeholders, che consenta l’individuazione di una visione
strategica comune per lo sviluppo del centro urbano, il compito
del facilitator è duplice. Da un lato deve evidenziare ai
potenziali partner le ragioni e gli obiettivi che spingono a
sviluppare l’iniziativa di CCN e i reali benefici che i soggetti
possono ottenere fornendo la loro collaborazione e il loro
contributo. Dall’altro deve identificare e coinvolgere gli
stakeholders potenzialmente interessati al progetto di CCN,
facendo emergere una visione comune dei problemi dell’area
urbana.
XXVI MAPPE DEI CCN DEL COMUNE DI PALERMO
MAPPA 1: CCN SFERRACAVALLO Fonte: Nostra elaborazione. XXVII MAPPA 2: CCN POLITEAMA -­‐ RUGGERO SETTIMO & DINTORNI Fonte: Nostra elaborazione. XXVIII MAPPA 3: CCN VIA SCIUTI & DINTORNI Fonte: Nostra elaborazione. XXIX MAPPA 4: CCN PANORMUS Fonte: Nostra elaborazione. XXX Fonte: Nostra elaborazione. MAPPA 5: CCN PIAZZA MARINA & DINTORNI XXXI MAPPA 6: CCN PALERMO LIBERTY Fonte: Nostra elaborazione. XXXII 
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I Centri Commerciali Naturali