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Profili di tutela dei minori immigrati
di Mario Pavone**
**
La questione dei migranti è divenuta sempre più rilevante ngli ultimi anni nel contesto europeo e ciò ha
reso imminente la necessità di strutturazione di un diritto comune europeo dell’immigrazione che possa
dare direttive riguardanti la gestione e,soprattutto, la tutela dei diritti dei migranti e dell’apolide con
particolare riguardo ai soggetti deboli come gli anziani,i disabili le donne ed i minori.
a.le migrazioni come risorsa per l’Europa
Merita,da subito,di essere ricordata l’importante affermazione con cui si apre il documento varato, di
recente,dal Consiglio d’Europa sui temi dell’immigrazione ed asilo.
“Le migrazioni internazionali sono una realtà che persisterà in particolare finché resteranno i divari di
ricchezza e di sviluppo tra le diverse regioni del mondo.
Possono rappresentare un’opportunità poiché sono un fattore di scambi umani ed economici e consentono
inoltre alle persone di concretare le loro aspirazioni.
Possono contribuire in modo decisivo alla crescita economica dell’Unione europea e degli Stati membri
che hanno bisogno di migranti a motivo della situazione del loro mercato del lavoro o della loro
situazione demografica.
Infine, apportano risorse ai migranti e ai loro paesi d’origine, contribuendo in tal modo al loro sviluppo”.
Da più parti è stato sottolineato come,di fronte all’aumento degli immigrati,gli stati europei dovrebbero
prendere misure di promozione del ritorno volontario più che varare misure coattive.
Inoltre,si sostiene che l’ordine di allontanamento dovrebbe essere perseguito solo in accordo con le
leggi nazionali e non dovrebbe essere applicato se presente il rischio di violenze, torture o trattamenti
inumani e degradanti nel paese di ritorno sia da parte del governo sia da parte di “non-state actors”.
Come conseguenza a tali affermazioni di princpio,il nuovo pacchetto di regole e procedure introdotto
dalla UE con la Direttiva 115/2008,è basato sul pieno riconoscimento e rispetto dei fondamentali diritti
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umani e della dignità dei cittadini stranieri clandestini
e/o irregolari ed in cui viene sottolineata
l’importanza di tenere in debito conto dalla Autorità procedente al rimpatrio
•
l'interesse superiore dei bambini,
•
la vita familiare,
•
le condizioni di salute del cittadino straniero soggetto a rimpatrio
•
il principio del non-refoulement, cioè il divieto esplicito di espulsione e di rimpatrio di profughi
verso i Paesi dove la loro vita o la loro libertà è in pericolo.
Appare,innanzitutto,indispensabile guardare all’interesse superiore dei bambini immigrati.
b.le politiche nazionali in tema di immigrazione ed asilo dei minori
Le politiche contemporanee riguardanti i minori stranieri sono regolate in parte dalle norme relative
all’immigrazione e all’asilo emanate dai singoli Stati e in parte dalle norme relative ai diritti dei minori,
tra le quali ha particolare rilevanza la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo.
La Convenzione, recepita dal nostro ordinamento con valore di legge,riconosce a tutti i minori – compresi
i minori stranieri, anche se irregolari – un’ampia sfera di diritti:
il diritto alla non discriminazione, alla protezione, a vivere con la propria famiglia, alla salute,
all’istruzione, a un livello di vita sufficiente allo sviluppo del minore, a non essere detenuto se non come
provvedimento di ultima risorsa e in strutture separate dagli adulti, alla partecipazione,ecc.
Tra i suoi principi generali, sia la Convenzione che la Direttiva UE 115/208 stabiliscono che tutte le
politiche riguardanti i minori debbano fondarsi preminentemente sul principio del “superiore interesse
del minore”.
Il fine primario da perseguire, dunque,è il bene del minore ed è questo che deve avere la priorità
rispetto ad altri obiettivi quali,ad esempio,il contrasto dell’immigrazione clandestina.
In questo modo, le politiche riguardanti i minori stranieri vengono ad essere sottratte alle logiche di
controllo e repressione che governano in generale le politiche migratorie varate dagli Stati.
Spesso,tuttavia, in violazione della Convenzione di New York, le norme e le prassi tendono a far
prevalere la logica di controllo su quella del “superiore interesse del minore”.
Per rispettare gli impegni assunti a livello internazionale e le leggi vigenti nel nostro ordina mento
è,quindi,necessario che le istituzioni italiane modifichino le norme che regolano lo status dei minori
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stranieri e le relative prassi in direzione di un’effettiva applicazione di tale principio e di una piena
garanzia dei diritti riconosciuti dalla Convenzione sui diritti del fanciullo.
Invero,i minori stranieri che subiscono maggiori violazioni dei diritti sanciti dalla Convenzione di New
York sono i minori entrati in Italia clandestinamente.
c. La individuazione di uno status dei minori irregolari e clandestini
Occorre,anzitutto,definire lo status dei minori irregolari e clandestini.
In generale,con il termine clandestini si intendono gli immigrati entrati illegalmente in Italia, mentre
l'irregolarità fa riferimento ad una situazione sopravvenuta di perdita del permesso di soggiorno.
Uno degli argomenti più importanti è rappresentato dalla figura del minore straniero non accompagnato
irregolarmente presente sul territorio italiano, non richiedente asilo o protezione umanitaria ed
emigrato con il sostanziale consenso degli esercenti la potestà genitoriale o comunque non contro la loro
volontà.
La questione del trattamento dei minori stranieri non accompagnati è una materia decisamente
complessa,perché coesistono molteplici disposizioni disorganiche e in parte contrastanti tra loro, che
danno luogo ad enormi difficoltà di orientamento e di conseguenza a prassi giudiziarie disparate tra
loro.
Questi ragazzi immigrano sperando in una sopravvivenza decente, con il beneplacito ed il sacrificio
ingente, (anche economico) dei loro genitori.
Se da una parte possono essere spinti da una smania consumistica, le ragioni del loro sradicamento sono
da ricercare soprattutto nella necessità.
È possibile che qualcuno venga immediatamente attratto da modelli di vita illegali o se li sia già
prefigurati prima di raggiungere il nostro paese; ma è più probabile che la maggior parte dei ragazzi
stranieri che si rende colpevole di illeciti, lo sia a causa delle difficoltà, degli ostacoli e degli scarsi aiuti
che riceve lungo il percorso di ricerca di un inserimento sociale decente e dignitoso: casa, scuola, lavoro,
socializzazione, tutela dell'identità.
È rilevante in questo senso il regolamento 535/99, che definisce i compiti del Comitato per i minori,
e,per la prima volta,dà una definizione precisa, di questa categoria riprendendo quella della Risoluzione
del Consiglio dell'Unione Europea del 1997, si può dire che istituzionalizza questa categoria di minori.
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Per quanto riguarda i bambini, al di sotto dei 14 anni di età, il fatto che siano soli in un paese straniero
coincide di per sé almeno con la mancanza di assistenza, perché soggetti tanto immaturi hanno bisogno
del genitore presente che stia con lui e a lui provveda.
Di qui la prassi di molti Tribunali per i minorenni di aprire la procedura per la dichiarazione di
adottabilità, dopo le necessarie ricerche dei genitori o di altri parenti che si trovano all'estero. Questa
disciplina non è però sempre applicabile all'adolescente minore straniero che rappre senta la fascia più
numerosa presente in Italia.
•
il minore non accompagnato giunto alla frontiera.
La normativa italiana prevede che sia respinto e rimpatriato senza nessun tipo di tutela.
Infatti il nostro ordinamento non prevede la possibilità per il minore di entrare nel territorio da solo
per motivi di lavoro.
Se comunque il minore riesce ad entrare, eludendo i controlli alla frontiera, allora, data la sua posizione
di minorenne potrà usufruire di tutta una serie di strumenti che potranno, almeno temporaneamente
tutelarlo.
È prima di tutto dal dettato costituzionale che emerge la figura del minore non più destinatario di un
generico favor imposto dall'alto, ma titolare di veri e propri diritti soggettivi, perfetti ed azionabili.
Nella Costituzione si rinvengono norme a tutela del minore sia tra i principi fondamentali, artt. 2, 3, sia
nella parte relativa ai diritti e doveri dei cittadini, sia nel titolo riguardante i rapporti etico-sociali,
artt. 29, 30, 31, e nella parte relativa ai rapporti economici, art. 37; tale complesso di norme tutela il
minore come 'uomo',' cittadino', come 'figlio', come 'lavoratore' e mai come personalità da forgiare per
renderla conforme ad una astratta morale di stato o della famiglia).
Dopo l'introduzione della legge Martelli che non affrontava se non marginalmente l'aspetto dei minori, è
stata determinante la legge 27 maggio 1991 n. 176, che ha ratificato la Convenzione sui diritti dei
fanciulli di New York del 1989, tale provvedimento è la più compiuta espressione normativa sui diritti del
fanciullo e con i suoi 54 articoli, costituisce un documento complesso. La Convenzione rafforza, per ciò
che concerne le modalità formative ed educative del minore, le norme sopra viste della Costituzione
italiana, ponendo il superiore interesse del minore quale chiave di lettura circa la predisposizione delle
misure da attuare nei suoi confronti.
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L'art. 3 afferma che "l'interesse superiore del fanciullo" debba essere la prima considerazione, in tutte
le decisioni che lo riguardano e da qualunque soggetto provengono, compresi gli organi legislativi,
ribadendo
l'importanza
di
"soddisfare
le
speciali
e
specifiche
esigenze
dell'infanzia
e
dell'adolescenza";rispetto ad altre esigenze in concorso, le esigenze del minore, potranno prevalere
oppure no, ma dopo essere state oggetto di primaria considerazione.
L'art. 20 dichiara il diritto di ogni fanciullo, temporaneamente o definitivamente privato del suo
ambiente familiare, ad una protezione e ad aiuti speciali dello stato di origine, e ove esso non li
garantisca, alla protezione sostitutiva degli stati parti.
Tale assistenza può realizzarsi, continua l'articolo, attraverso l'affidamento, l'adozione o il
collocamento in istituti di assistenza.
Tale visione sottolinea l'importanza di differenziare la posizione del minore straniero da quella
dell'adulto, garantendo al minore un diritto all'educazione, formazione, crescita non speculare alla
cittadinanza ma concepito come un diritto primario che da essa prescinde e che crea obblighi per lo
stato nel cui territorio il minore si trova.
Nel successivo art. 22 si riafferma la priorità del diritto del minore che chiede 'rifugio' alla protezione
e assistenza umanitaria nello stato di arrivo; quindi si impegnano gli stati parti ad attivarsi anche "per
ricercare i genitori o altri familiari... al fine di ottenere le informazioni necessarie per ricongiungerlo
alla sua famiglia".
In materia di protezione dei minori l'individuazione della legge applicabile e della autorità competente
avviene in base all'art 42 della legge 31 maggio 1995 n. 218, Riforma del sistema italiano di diritto
internazionale privato, con riferimento alla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, resa esecutiva in
Italia con legge 24 ottobre 1980, n.742
In base all'art. 1 di questa Convenzione le autorità, sia giudiziarie che amministrative, dello stato di
residenza abituale di un minore sono competenti ad adottare misure tendenti alla protezione della sua
persona e dei suoi beni.
Le autorità amministrative e giudiziarie dello stato di residenza abituale adottano le misure previste
dalla loro legislazione interna, come stabilisce la Convenzione del 1961.
Per il minore, dunque, viene prevista una tutela 'forte', che non ammette alcuna distinzione 'per ragioni
di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere'.
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Questo significa che al minore straniero in Italia si applicheranno le normali misure di protezione
previste dalle nostre leggi.
•
I minori non accompagnati clandestini
Iminori in una condizione particolarmente problematica sono i minori non accom pagnati, ovvero i minori
immigrati in Italia senza i propri genitori.
1.Quali e quanti sono i minori non accompagnati
Vengono tecnicamente definiti “minori non accompagnati” i bambini che, come stabilisce il DPCM
535/99,vivono nel nostro Paese senza avere la cittadinanza italiana (o di altri stati dell’UE) e senza la
presenza dei genitori o altri adulti che li assistano e ne siano formalmente responsabili.
Quello dei bambini stranieri soli è un fenomeno cresciuto in modo rilevante nel corso degli anni Novanta
assieme all’immigrazione.
Al fine di quantificarlo e monitorarlo è stato istituito il “Comitato per i minori stranieri” (CMS),
operativo ormai da dieci anni (art. 33 D.Lgs. n. 286, 25.07.1998).
Secondo i dati più aggiornati raccolti dal CMS, al primo gennaio 2008 i bambini stranieri
extracomunitari soli risultano essere oltre 7.500.
Si tratta però di una sottostima,che risente della grande difficoltà sia di individuarne la pre senza sul
suolo italiano (tche di solito entrano clandestinamente) sia di accertarne lo status una volta fermati,
essendo la grande maggio ranza dei bambini soli sprovvista di documenti.
Save the Children,ad esempio, ha raccolto testimonianze di come in molti casi i minori immigrati al
momento dell’identificazione dichiarino di essere maggiorenni sperando così di non essere trattenuti e
di trovare poi più facilmente un lavoro.
Va poi considerato che dal primo gennaio 2007 i bambini rumeni e bulgari sono diventati comunitari e
quindi non più di pertinenza del CMS, ma la problematicità della loro condizione non è certo risolta.
Al 31 dicembre 2006, quando ancora venivano registrati, i rumeni costituivano ben un terzo dei “minori
non accompagnati”, risultando la comunità di gran lunga più rappresentata.
La problematicità dei minori di tale nazionalità appare del resto anche da altre fonti:
nel 2006, ad esempio, su 11.413 minorenni stranieri denunciati, il 38% era rumeno.
Seguivano, a distanza, i provenienti dal Marocco con il 14%(v http://giustiziaincifre.istat.it/).
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Peraltro,la distribuzione dei bambini soli per cittadinanza al primo gennaio 2008 non riflette necessa
riamente la gerarchia delle presenze straniere adulte.
Le più rappresentate sono soprattutto le provenienze da Palestina, Afghanistan e Iraq, nazionalità
queste che non risultano tra le 15 comunità complessivamente più numerose in Italia. Un dato che
suggerisce come il fenomeno abbia proprie caratteristiche specifiche.
Va in aggiunta considerato che tra i “minori non accompagnati” prevale ampiamente il sesso maschile
(oltre il 90% dei casi), ed è comunque rilevante la quota dei più piccoli (gli under 15 sono un quarto del
totale).
2.Cosa facciamo per loro?
Secondo una recente indagine dell’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), sono 1.110 i
Comuni che tra il 2004 e il 2007 hanno preso in carico un minore straniero non accompagnato,
concentrati soprattutto in Lazio, Emilia-Romagna e Lombardia.
Tra gli aspetti problematici messi in luce vi è l’elevato onere economico sul welfare locale (si stima un
costo medio per Comune di circa 170 mila euro) e un quadro normativo definito “complicato e ambiguo”,
che rende frammentata e molto diversificata la risposta che a questo delicato fenomeno viene data sul
territorio nazionale.
Un ultimo dato che denota la poca efficacia delle misure adottate è anche il fatto che la grande
maggioranza dei minori (oltre il 60%) fugge dalle strutture di prima accoglienza alle quali è affidato.
Nonostante quindi i progressi degli ultimi dieci anni, le misure di risposta a questo delicato e complesso
fenomeno rimangono insoddisfacenti.
Allo stato attuale, una parte rilevante del fenomeno rimane invisibile, la maggioranza dei minori fermati
fugge dai centri ospitanti, i costi per i Comuni sono considerati molto rilevanti, le modalità di azione sul
territorio sono molto diversificate conseguenza di un quadro norma tivo poco chiaro.
Dal punto di vista delle risorse, la Legge Finanziaria 2008 del precedente Governo aveva aumentato il
Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati, che andava a beneficio anche dei minori non accompagnati.
Nel marzo 2008 la Corte Costituzionale (sentenza 50/2008), pur riconoscendone l’importanza e l’utilità,
ha però dichiarato incostituzionale tale Fondo perché riguarda materie di competenza locale e non solo
statale.
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I Comuni dicono di sentirsi abbandonati a se stessi nell’affrontare questo problema e quando lo Stato se
ne occupa si trova con le mani legate.
Nel frattempo si consolida il numero di minorenni stranieri ospitati dal sistema penitenziario italiano.
Se il peso degli stranieri sugli under 18 residenti è pari circa al 6%, sono invece di cittadinanza non
italiana ben il 60% degli ingressi negli istituti penali per minori
http://www.giustizia.it/minori/
3.Quali sono i problemi del loro inserimento in Italia
Va innanzitutto sottolineato come le norme vigenti tendono ad ostacolare l’integrazione dei
minori
stranieri:
•
il permesso di soggiorno “per minore età”, che viene rilasciato ai minori stranieri non
accompagnati,attualmente non consente di esercitare attività lavorative e non può essere
rinnovato al compimento dei 18 anni, se non quando sussistono determinate condizioni molto
restrittive, con la conseguenza che la maggior parte di questi ragazzi dopo aver compiuto 18
anni, anche se hanno offerte di lavoro o frequentano la scuola, diventano clandestini passibili di
espulsione.
•
I minori stranieri non accompagnati si trovano così sempre più emarginati ed esposti ai rischi di
sfruttamento nell’ambito del lavoro nero o in attività illegali.
E’ urgente che queste disposizioni, che violano palesemente il principio del “superiore interesse del
minore”,vengano modificate, prevedendo che il permesso di soggiorno per minore età consenta di
lavorare e possa essere in generale convertito, al compimento della maggiore età, in permesso per lavoro
o per studio.
4.Il rimpatrio dei minori non accompagnati
Un problema ancora più rilevante è costituito dal rimpatrio.
I minori in generale non possono essere espulsi; tuttavia, può essere disposto il “rimpatrio assistito” del
minore se un organo apposito, il Comitato per i minori stranieri, stabilisce che questo è nel “superiore
interesse del minore”.
L’attuale orientamento del Comitato per i minori stranieri, però, è che tendenzialmente tutti i minori
non accompagnati di cui si rintracci la famiglia nel paese d’origine dovrebbero essere rimpatriati, ad
eccezione dei casi in cui questo comporti gravi rischi per il minore.
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Nella maggior parte dei casi il rimpatrio viene eseguito coattivamente dalla Polizia, contro la volontà del
minore e in genere anche contro la volontà dei genitori, con modalità molto simili ad un’espulsione e, per
di più, senza che il minore abbia effettive possibilità di presentare ricor so.
Inoltre, per molti di questi minori il rimpatrio significa tornare in contesti molto poveri, in cui vi sono
scarsissime opportunità di istruzione, di lavoro e di assistenza.
Questa prassi, dunque, non sembra rispondere effettivamente al “superiore interesse del minore”,
quanto piuttosto all’esigenza di contrastare l’immigrazione irregolare di minori non accompagnati.
E’ necessario,quindi,che i criteri per decidere se un minore debba essere rimpatriato o restare in Italia
siano modificati in modo da consentire una reale valutazione dell’interesse del minore, e quindi che il
Comitato per i minori stranieri tenga in considerazione tra gli altri criteri, benché in modo non
vincolante, anche l’opinione del minore, l’opinione dei suoi genitori e le condizioni economico-sociali del
contesto d’origine.
Inoltre, è necessario che sia garantito al minore l’effettiva possibilità di presentare ricorso contro il
provvedimento di rimpatrio.
La Direttiva 115/2008 ha introdotto alcune regole precise anche per l’allontanamento ed il rimpatrio dei
minori non accompagnati.
Innanzi tutto dovrà essere fornita un'assistenza adeguata da parte di organismi appropriati diversi
dalle autorità che eseguono il rimpatrio.
Inoltre lo Stato comunitario che effettua l’espulsione dovrà accertarsi che il bimbo sarà accom pagnato
presso un membro della sua famiglia, un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza
nello Stato di rimpatrio.
•
I minori irregolari
Oltre ai minori non accompagnati,vi sono poi i minori entrati irregolarmente in Italia insieme ai genitori o
per ricongiungersi ad essi.
Nei casi in cui i genitori sono irregolari, la normativa vigente prevede che, in generale, il mino re
accompagni i genitori in caso di loro espulsione: anche in questi casi, tuttavia, sarebbe necessaria una
previa valutazione del “superiore interesse del minore”.
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Inoltre, dovrebbe essere applicata in modo meno restrittivo la norma in base a cui il Tribunale per i
minorenni può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare per gravi motivi con nessi con lo
sviluppo psicofisico del minore.
Nei casi in cui i genitori siano regolari, invece, il minore ricongiunto “di fatto” dovrebbe essere trattato
come il minore ricongiuntosi regolarmente e quindi ottenere un permesso di soggiorno per motivi
familiari: l’adozione di trattamenti più sfavorevoli quali il rilascio del permesso per minore età, come
avviene presso alcune Questure, contrasta infatti con il principio del “superiore interesse del minore”.
Inoltre, per garantire il diritto dei minori a vivere con i propri genitori ed attuare il dettato della legge
secondo cui in tutti i procedimenti relativi al ricongiungimento familiare si deve tenere conto di tale
principio,nonché per ridurre il numero di minori ricongiuntisi irregolarmente, si dovrebbero rendere
meno restrittive le condizioni per il ricongiungimento familiare (condizioni relative al reddito, all’alloggio
ecc.) e rendere più rapide ed efficienti le relative pratiche burocratiche.
•
i minori richiedenti l’asilo politico
Un’altra categoria di soggetti è costituita dai minori che chiedono l’asilo politico
Alcuni minori(accompagnati o non accompagnati) all’ingresso in Italia.presentano domanda di asilo.
A seguito alle nuove disposizioni introdotte dalla legge Bossi-Fini,è necessario che siano previste
specifiche garanzie per i richiedenti asilo minorenni.
•
In primo luogo, è necessario che si stabilisca che i minori non possono essere in alcun caso
trattenuti nei centri di permanenza temporanea e assistenza, né, in generale, nei centri di
identificazione (salvo il caso in cui la minore età sia palesemente in dubbio, e per il solo tempo
necessario a verificarne l’età).
•
In secondo luogo, deve essere chiarito che nei casi in cui la domanda di asilo venga rigettata, il
minore non può comunque essere espulso e la decisione sulla sua permanenza in Italia deve
fondarsi, come per tutti i minori, sulla valutazione del “superiore interesse del minore”.
Sul punto,merita di essere sottolineato che nel Dicembre del 2006 è stata emanata dal Gover no Prodi
una importante Direttiva in tema di asilo politico per i minori che rafforza la presa in carico da parte
delle istituzioni.
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La direttiva "favorisce la presentazione della richiesta d´asilo e riduce i tempi d´attesa - per il suo
affidamento ad un servizio appositamente dedicato - dall´arrivo del minore in Italia fino alla consegna
della sua domanda d´asilo da parte del tutore".
L’obiettivo è quello di evitare che il ragazzo scappi e finisca nella rete dello sfrutta mento senza alcuna
tutela giuridica ma, soprattutto, che diventi un invisibile".
All´arrivo in frontiera, il minore, dopo la presa in carico del giudice tutelare, il minore sarà subito
affidato al Sistema Nazionale di Protezione per Richiedenti Asilo e non ad una struttura qualsiasi come
accadeva in passato.
Il Sistema di Protezione, infatti, oltre ad avere una quota di posti che ogni anno vengono destinati alle
categorie vulnerabili, ha competenza e formazione per seguire il minore aiutan dolo nella difficile fase
di inserimento in un contesto culturale nuovo e diverso.
Inoltre la Direttiva stabilisce,all´art. 1,che al momento dell´arrivo siano subito date al minore tutte le
informazioni necessarie sui suoi diritti e le opportunità legali esistenti laddove manifesti la volontà di
chiedere asilo.
Finora il minore straniero non accompagnato, anche se richiedente asilo, veniva affidato dalla Questura
all´Ente locale, in attesa che gli venisse nominato un tutore.
In principio era,quindi,accolto in una struttura genericamente individuata in base alla disponi bilità sul
territorio e solo in un secondo momento era inserito nel Sistema di protezione nazio nale.
Si trattava di una fase delicata perché, in attesa della nomina di un tutore da parte del giudice tutelare
e che il ragazzo fosse assegnato ad una struttura del Servizio di Protezione Nazionale, trascor revano
alcuni mesi e spesso si verificava che il minore scappasse e faccesse perdere le sue trac ce.
La direttiva contribuisce,quindi,ad individuare percorsi e luoghi di aiuto ai minori stranieri, assi curando
che i tempi di intervento in loro favore siano rapidi per fornirgli, così, la tutela di cui hanno bisogno.
La direttiva prevede che il minore solo venga informato subito della possibilità di presentare domanda
d'asilo anche con l'aiuto di mediatori culturali, interpreti e opuscoli in lingua.
Se manifesta questa intenzione, la procedura di protezione parte immediatamente, prima che venga
materialmente presentata la domanda.
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La Questura affida infatti il ragazzo al Comune in cui si trova perché venga inserito nel Sistema
centrale di protezione per richiedenti asilo e contemporaneamente informa Tribunale dei minorenni e il
giudice tutelare perché venga nominato un tutore.
In questo modo il minore potrà essere seguito da subito dai servizi sociali fino alla presen tazione della
richiesta d'asilo, grazie alla quale otterrà dalla Questura un permesso di soggiorno.
Naturalmente, se nel corso di questa procedura il tutore non conferma la domanda d'asilo, o questa
viene rigettata dopo la presentazione,il ragazzo non viene abbandonato.
Pur uscendo dal sistema di protezione per richiedenti asilo è,infatti,affidato alle strutture che si
occupano di minori stranieri non accompagnati.
d.le norme italiane in materia di protezione del minore.
Prima di tutto occorre che il minore straniero abbia ‘residenza abituale’ in Italia.
Atteso che la Convenzione dell’Aja del 1961 non contiene una definizione delle misure tendenti alla
protezione del minore, né una elencazione esaustiva o indicativa,si debbano intendere _icompresse
nell’ambito della Convenzione: la tutela, artt. 343 e seguenti del codice civile, gli interventi urgenti di
protezione della pubblica autorità, art. 403 codice civile,i provvedimenti giudiziari relativi all’esercizio
della potestà genitoriale, infine artt. 330 e seguenti del codice civile, e altri ancora.
Sono inoltre applicati gli affidamenti eterofamiliari artt 2-5 della l. 184/83 sull’adozione e l’art 37che
dichiara applicabile al minore straniero in condizione di abbandono in Italia la legge italiana in materia di
adozione di affidamento e di provvedimenti necessari in caso di urgenza. Molto importante è anche l’art.
371 c.c. che demanda al Giudice Tutelare il compito di stabilire il luogo in cui il minore sottoposto a
tutela deve vivere e che, rispetto ai minori stranieri non accompagnati è stato per analogia interpretato
da alcune realtà locali, come attribuente all’autorità giudiziaria la valutazione dell’interesse o meno del
minore a rimanere in Italia o ad essere rimpatriato.
Dall’esame della situazione del minore solo in Italia, emerge come negli anni successivi alla legge
Martelli, la disciplina che si applicava a tali minori fosse complessa ed eterogenea.
In quegli anni, grazie all’intervento molto pressante dell’autorità giudiziaria, si ottenne che il nostro
paese portasse l’attenzione sui minori stranieri in generale, al di là dell’esistenza sul nostro territorio di
un genitore o di un familiare regolare.
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Prendendo spunto dal complesso quadro normativo, dalla prassi giudiziaria così come dalle esperienze di
collaborazione tra diversi contesti locali, nel corso del 1994, le autorità centrali del Ministero
dell’Interno, di quello di Grazia e Giustizia e del Lavoro decisero di avviare una serie di incontri e
discussioni che condussero all’emanazione di circolari. Si tentava così di regolamentare in modo
uniforme sul territorio nazionale la questione del trattamento dei minori stranieri non accompagnati.
In base a tali circolari amministrative, all’autorità di polizia veniva sottratto ogni potere di
determinazione sulla condizione ed il trattamento del minore, demandando all’autorità giudiziaria
minorile il difficile e delicato compito di individuare la soluzione più confacente agli interessi supremi
del minore richiamati dalla Convenzione Internazionale sui diritti del fanciullo.
Significativa in questo senso è la circolare n. 67 del 16 giugno 1994 del Ministero del Lavoro, grazie alla
quale viene riconosciuto il diritto al lavoro del minore straniero ultra-quindicenne. Tale provvedimento
stabiliva le condizioni e le procedure da seguire per l’accesso al lavoro di minori extracomunitari in stato
di abbandono in Italia, prescindendo dalla iscrizione del minore stesso nelle liste di collocamento.
Venendo, poi incontro a ragioni di carattere umanitario, con una successiva circolare del 23 settembre
1995 del Ministero del Lavoro, si consentì la possibilità per il minore straniero non accompagnato e
sottoposto a tutela, una volta raggiunta la maggiore età, di rimanere in Italia, usufruendo delle
iscrizione alle liste di collocamento, alla pari degli altri cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in
Italia per motivi di lavoro anziché essere sottoposto al provvedimento espulsivo. Sebbene le autorità a
livello locale applicassero spesso i provvedimenti amministrativi in maniera discrezionale e disomogenea,
risulta dal quadro fatto, che in linea generale, erano state poste le basi nel trattamento dei minori non
accompagnati per un superamento della logica delle espulsioni a favore di una logica alternativa di
accoglienza ed integrazione. Vedremo più avanti come questo orientamento, troverà conferma con la L
40/98 ma non, almeno appare, con i decreti attuativi della legge stessa.
e.L’intervento della Giustizia minorile
Da questa analisi sembra che le soluzioni più opportune da adottare nei confronti del minore straniero
non accompagnato, anche nel senso del rimpatrio o della sua permanenza in Italia, siano di competenza
dell'Autorità Giudiziaria minorile.
Tale convinzione appare oggi messa in discussione per effetto di nuovi strumenti normativi, che
dovrebbero trasferire la competenza all'autorità amministrativa; infatti tale materia pare ora sotto il
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controllo del Comitato per i minori stranieri istituito dalla legge n. 40/98, così come è stata modificata
dal d.lgs. 113/99, al quale spetta adottare il provvedimento di rimpatrio del minore straniero non
accompagnato, previo eventuale nulla osta del tribunale per i minorenni qualora sia instaurato un
procedimento giurisdizionale nei suoi confronti.
f.L’accattonaggio minorile in Italia
Uno degli aspetti più frequenti in cui i minori che giungono in un paese europeo, come l’Italia, vengono
sfruttati è l’accattonaggio.
Essa è una delle più antiche forme di profitto che vede l’impiego dei minori e una delle forme più
vergognose in cui un bambino viene sfruttato.
Il triste fenomeno dell’accattonaggio minorile in Italia ha inizio verso la metà degli anni Ottanta e vede
inizialmente l’utilizzo di minori slavi Rom e successivamente di bambini marocchini, impegnati a chiedere
l’elemosina e a lavare i vetri delle auto ai semafori.
Oggi,accanto a queste 3-4.000 presenze, si sono aggiunti minori albanesi che sembrano far parte di un
vero e proprio racket, dipendente da organizzazioni dedite all’immigrazione clande stina, e che si
occupano di inserire questi minori in Italia.
Secondo l’Osservatorio sul lavoro minorile, in Italia, sono più di 8.000 i bambini, per lo più stranieri,
sfruttati e costretti a mendicare dal racket; mentre, per il Dossier Fides, sarebbero circa 20.000 i
piccoli accattoni presenti in Italia, di cui solo 8.000 popolerebbero la Regione Lazio.
Altre fonti, invece, sostengono che il fenomeno è troppo fluttuante per offrire stime scienti
fiche,infatti,non esistono uffici pubblici, né del volontariato sociale, che riescano a quan tificare in
maniera palmare l’accattonaggio in Italia.
g.le cause del fenomeno
Due sarebbero le cause legate all’inasprirsi di questo fenomeno.
•
Innanzitutto, l’aumento dei flussi migratori verso l’Europa.
I principali paesi d’origine, infatti, dei flussi di tratta verso l’Italia per motivi di accattonaggio sono:
Romania, Albania, Moldavia, Bulgaria e Marocco.
Moltissimi minori stranieri,poi,vengono abbandonati e di conseguenza sono facilmente preda di chi li
intende sfruttare. Secondo il Dossier Fides, dal 2000 al 2005, sono stati identificati ben 50.000 minori
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stranieri abbandonati.I piccoli coinvolti sono: bambini di nazionalità romena (39%); marocchina (22%);
albanese (15%); dell’Europa orientale e del Nord Africa (24%).
Nella maggior parte dei casi, si tratta di adolescenti al di sopra dei 15 anni (81%) e la loro presenza è
più numerosa in Lombardia (23%) e nel Lazio (16%).
•
La seconda causa, invece, riguarda gli elevati guadagni legati all’accattonaggio che porta il giro
d’affari delle organizzazioni criminali a circa 500 milioni all’anno.
Infatti, ogni bambino può rendere circa 100 Euro al giorno.
I bambini impiegati possono essere sia piccolissimi come pure disabili.
In particolare,i minorenni di etnica albanese e rumena, vengono “affidati” dalle proprie famiglie a
organizzazioni criminali, di origine balcanica,che si occupano della loro “collocazione” in Italia.
Così, nelle strade della capitale, si ritiene che i piccoli costretti all’accattonaggio, oscillino dai 300 ai
400 ed in prevalenza sono proprio stranieri.
Elevato, comunque, è anche il loro sfruttamento al Nord Italia, soprattutto, di bambini provenienti dalla
Romania e dal Marocco.
In certi casi, poi, rimangono totalmente privi di istruzione, a meno che non frequentino regolar mente la
scuola e vengano costretti a mendicare nel pomeriggio.
Di fatto,sono ridotti in schiavitù.
Secondo i dati forniti dal citato Dipartimento di Polizia criminale per i minori, a Latina, si è registrato
un aumento sia delle denunce, che dei denunciati, pari al 200%; a Taranto del 1.500%; a Lecce
dell’800%; a Ragusa del 600% e a Siracusa del 700%. Al contrario, nel Trentino Alto Adige, si è avuta
una riduzione del 25%, in Liguria del 40%, in Calabria del 71,4%. Rimini, Teramo e Siena, invece,
registrano un calo del 50%; e Terni e Benevento un -70-80%13.
L’azione di repressione contro gli sfruttatori, poi, non sempre si rivela adeguata.
Innanzitutto, i baby mendicanti vivono in un clima di omertà e di paura che rendere difficile
capire dove dormono, cosa mangiano, a chi sono affidati, quante ore vengono tenuti in strada,
nonché provare i maltrattamenti che subiscono.
Lo stesso inserimento dei minori in comunità, case di accoglienza e istituti minorili è reso difficoltoso
dalla carenza di strutture e dall’ostilità delle famiglie di origine dei ragazzi, nonché di questi ultimi,
restii ad adattarsi ad una vita regolata e organizzata, pronti ad allontanarsi dai luoghi di ricovero.
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La mafia albanese è nota per la violenza esercitata sui bambini che vengono ceduti ai trafficanti dalle
famiglie e diventano schiavi: sono malnutriti, vestiti di stracci e mandati a chiedere l’elemosina, per
attirare la pietà della gente.
Se al termine della giornata non hanno raccolto il minimo previsto, sono intimoriti e percossi.
Spesso, per non incorrere in queste pene, la persona che usa il minore nell’accattonaggio non è un
parente oppure lo si manda per strada da solo, minacciandolo di punizioni se non porta a casa i soldi.
Tali accorgimenti sono frequenti tra i nomadi e non sono purtroppo rari i casi in cui i bambini vengano
appositamente storpiati per suscitare pietà.
Accade anche che i piccoli siano addirittura imbottiti di sedativi, affinché stiano buoni e tranquilli in
braccio alle madri che chiedono l’elemosina sui marciapiedi.
Questi bambini maltrattati da grandi diverranno a loro volta “capetti”, ricreando il circolo dello
sfruttamento.
h.le altre forme di sfruttamento e la giurisprudenza
Accanto all’attività di accattonaggio sono connesse altre attività delittuose a cui i minori sono obbligati:
furti, spaccio di stupefacenti, sfruttamento sessuale; oltre al fatto che, i piccoli, sono forzati a vivere
per strada, in stato di malnutrizione, costantemente soggetti a percosse se non guadagnano quanto
imposto o non ubbidiscono ai loro sfruttatori.
Alcuni bambini invece vengono “trattati meglio”: sono quelli destinati ai pedofili.
La possibilità di un loro rimpatrio risulta spesso molto difficoltoso per la mancanza di documenti di
identità, per l’ostilità da parte della famiglia d’origine ma soprattutto perché l’accattonaggio “rende”
intorno alle ex 150.000 lire al giorno di cui buona parte va all’organizzazione, un’altra alla famiglia e
circa ex 10.000 lire rimangono al minore.
Nel 1998, nella regione Lazio, sono state 4.523 le denunce di casi di sfruttamento minorile di diverso
tipo (prostituzione, delinquenza, mendicità, etc.).
Ciò sottolinea la necessità, in tutta la nazione, di interventi mirati e definitivi nei confronti di questa
forma di sfruttamento dei bambini, nel rispetto di tutti i diritti enunciati nella Convenzione ONU a
favore dell’infanzia.
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Una sentenza della Corte costituzionale del 1997 ha dichiarato che è lecito elemosinare e mendicare, ma
è reato utilizzare a questo fine un minore di anni 14 (come ha ribadito una sentenza -forse la prima in
Italia- nei confronti di una donna Rom, emessa dalla pretura di Terni).
Se il minore è sottoposto all’autorità o alla custodia di chi mendica, la pena prevede l’arresto da 3 mesi
ad 1 anno. Se il fatto è commesso dal genitore, la condanna comporta la sospen sione dell’esercizio della
potestà e può dar luogo all’apertura di un procedimento per l’adozione del minore (art. 671 del Codice
Penale).
Di recente,La Suprema Corte ha attestato un duro colpo allo sfruttamento dei c.d. baby mendicanti
affermando con chiarezza l’applicabilità del carcere preventivo per chi sfrutta i minori mandandoli sulla
strada a chiedere l'elemosina.
Lo ha stabilito la Cassazione,sezione V penale, con Sentenza n. 43868 del 9 novembre 2005 - depositata
il 1° dicembre 2005 (Presidente B. Foscarini, Relatore A. Alfonso)(1) che, nel confermare la custodia
cautelare in carcere disposta dal GIP nei confronti di Robert M., 34enne indagato per avere sfruttato
l'accatttonaggio di minorenni, ha chiarito che ''la finalità di sfruttamento non e' esclusa
dall'eventualità che un margine degli introiti dell'accattonaggio vada a beneficio delle persone offese
dal reato''.
La Suprema Corte, decidendo in relazione ad caso in cui era stato contestato all’imputato il reato di cui
all’art. 600 c.p., per aver ridotto in schiavitù e sfruttato per l’accattonaggio dei minori e degli
handicappati, ha affermato che la finalità di sfruttamento, che distingue il suddetto reato da altre
forme illegali di inibizione della libertà personale, non è esclusa dall'eventualità che un margine degli
introiti dell'accattonaggio vada a beneficio delle persone offese dal reato.
Determinante ai fini della decisione e' apparso,invece,lo stato di soggezione in cui queste ultime versino
essendo sottoposte all'altrui potere di disposizione che si estrinseca nell'esigere, con violenza fisica o
psichica, prestazioni sessuali o lavorative, accattonaggio o altri obblighi di fare.
Invano la difesa del Sig.Robert. M., per il quale il Tribunale della Liberta' di Firenze, nel marzo 2005,
aveva disposto il carcere preventivo si e' rivolto alla Suprema Corte, sostenendo che non si poteva
parlare di sfruttamento dal momento che i minorenni ''traevano utili dall'accat tonaggio''.
Sulla scorta delle suddette motivazioni la Suprema Corte ha,quindi,dichiarato 'inammissibile' il ricorso
dell'uomo che resta dunque in carcere con l'accusa di avere sfruttato i baby mendicanti.
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La decisione appare pienamente in linea con l’orientamento già espresso in materia della Suprema Corte
che lo scorso anno,aveva confermato una sentenza in tema di abbandono di minori ad un anno e a due
mesi di reclusione ad una zingara, Zumra H., colpevole di avere abbandonato i tre figli minori, con meno
di 14 anni (uno aveva solo due anni), a chiedere l'elemosina sul marciapiede di via XX Settembre a
Genova.
La donna,condannata dalla Corte d'appello di Genova, nel maggio 2003,
aveva proposto ricorso in
Cassazione chiedendo le attenuanti generiche.
La Quinta sezione penale,con sentenza n. 7556/05 aveva,invece, respinto il ricorso, sottolinenan do la
legittimità della decisione dei giudici di merito che avevano rilevato ''la consapevolezza dell'imputata di
avere abbandonato i tre figli'' e che ''la precocità dei bambini nomadi non si attaglia va ai soggetti
passivi del reato, segnatamente al bimbo di due anni che, lasciato libero dai fratellini, non era in
condizioni di provvedere a se stesso, girovagando a pochi passi dal passaggio continuo dei veicoli''.
Due sentenze lapidarie che fanno riflettere sulla condizione umana dei minori sfuttati agli angoli delle
strade.
Il fenomeno più evidente di sfruttamento dei minori è rappresentato dai bambini che, soprattutto nella
zona centrale o vicino alle stazioni, vendono ogni genere di mercanzia e che vengono definiti "baby
mendicanti".
Spugnette,accendini e fazzolettini costituiscono la loro merce di scambio, venduta nei parcheggi o ai
semafori: qualcuno compra, spesso vengono allontanati con fastidio, ma pochi si chiedono cosa ci
facciano lì e chi li sfrutti ovvero denuncino alle Autorità l’illecito sfruttamento.
Da alcuni anni,ormai, gli investigatori delle varie Procure della Repubblica stanno cercando di scoprire
chi siano gli adulti a capo di questa organizzazione.
Un lavoro di "intelligence", di indagine, difficile e faticoso: il reato ipotizzato è quello di "riduzione in
schiavitù".
L'inchiesta non è facile anche per il clima di omertà e paura in cui vivono i bambini, soprattutto per
provare i maltrattamenti che subiscono.
i.Conclusioni
Il traffico di esseri umani e' ormai un problema su scala mondiale che coinvolge ogni anno almeno
1.200.000 minori al di sotto dei 18 anni.
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La ''materia prima'' si trova nei paesi poveri ed è costituita da
una umanita' indifesa e tradita
sfruttata da associazioni criminali e che costituisce gli schiavi del XXI secolo, un numero di ragazzi in
aumento, soprattutto in alcune regioni del mondo.
Una rete di vendite e spostamenti che rende 1,2 miliardi di dollari l'anno, come altri tipi di traffici
illeciti, dalle armi alla droga.
Occorre un maggior rispetto delle leggi, maggior controllo ed assistenza nei confronti delle fami glie
disagiate ed una mirata informazione all’opinione pubblica sul fenomeno.
Chiedere elemosina significa stare per strada ogni giorno, non frequentare la scuola, non gioca re, non
socializzare con altri coetanei.
Significa obbligare il bambino ad una vita che non gli appartiene e obbligarlo a non credere in un futuro
migliore.
Significa annientare i suoi diritti.
La mendicità non è più considerata un atto illecito ma quando tocca i bambini essa diventa dolorosamente
intollerabile.
I bambini mendicanti sui marciapiedi di città piccole e grandi non vanno a scuola, non giocano, dormono
dove capita,vivono ai margini tra denutrizione, malattie, maltrattamenti, sfrutta mento.
Per questi bambini l'infanzia è un'esperienza breve e spesso crudele.
Di fronte a quelle mani tese che dicono “ho fame”, non rispondiamo con qualche spicciolo, per lavarci la
coscienza: così facendo non li liberiamo certamente dalla schiavitù alla quale sono costretti, non li
liberiamo da nulla.
Ricordiamoci allora che dietro a quelle mani ci sono organizzazioni criminali che li sfruttano dopo averli
rapiti o comprati, riducendoli in schiavitù, annientandone la dignità.
Al posto del denaro diamo loro qualcosa da mangiare, non avremo così il “dubbio” di aver “contribuito” al
racket dell’accattonaggio,che genera emarginazione.
Secondo l’ultimo Rapporto del Segretario Generale dell’ONU, presentato a New York e a Roma
dall’Unicef e dall’Oms, la violenza sui minori è un fenomeno che accomuna tutti gli stati del mondo.
Almeno 54 mila minori sono stati, infatti, uccisi nel 2002; 223 mila costretti a rapporti sessuali o
comunque a contatti fisici forzati; 218 milioni di bambini sono lavoratori, di cui 126 milioni coinvolti in
attività rischiose, 5.7 in lavori forzati o imposti per estinguere il debito contratto; 1.8 milioni sono
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vittime del giro della prostituzione e della pornografia; 1.2 risultano essere vittime del traffico di
esseri umani; e tra i 100 e 140 milioni di ragazze hanno subito una muti lazione genitale.
Tale violenza, spesso, rimane nascosta e socialmente accettata e per molti bambini è una routi ne.
Nella maggior delle volte è commessa da persone di cui i bambini si fidano e comprende la violenza
fisica, psicologica, la discriminazione, l’abbandono e il maltrattamento.
La grande differenza tra maschi e femmine è che, i primi, sono più a rischio di violenze fisiche rispetto
alle femmine, le quali sono invece più soggette a violenze sessuali, abbandono ed induzione della
prostituzione.
Non esistono uffici pubblici né del volontariato sociale che riescano a quantificare in maniera palmare il
fenomeno nel nostro paese.
L'unica certezza è sulla nazionalità: sono quasi tutti immigrati stranieri.
Difficile è anche scoprire quante ore i bambini vengono tenuti in strada,dove dormono,dove mangiano, a
chi siano affidati.
Ma l'altro problema è rappresentato dalla scarsità di posti di ricovero per questi bambini che vengono
strappati ai loro padroni.
Una questione che la legge non risolve, anche perché, minori di 14 anni, non possono essere espulsi.
Per poterli rimpatriare è necessario rintracciare i parenti nel paese di origine e, nel caso in cui siano
consenzienti al ritorno del minore, affidarli a loro.
Risulta che molti bambini frequentino regolarmente la scuola e nel pomeriggio vendano spugnette e
accendini per aiutare la famiglia rimasta nel Paese di origine.
Aiutare la famiglia è,quindi,uno dei motivi principali per il quale i bambini vivono situazioni di
sfruttamento e schiavitù come nel caso di molti bambini della comunità cinese, che lavorano 12, 13 ore al
giorno su una macchina per cucire, in laboratori semiclandestini dove cinesi sfruttano altri cinesi che,
per emigrare devono farsi anticipare somme che poi dovranno restituire a parenti e amici che sono già
qui.
Ma addossare la colpa di queste situazioni unicamente sulle spalle dei genitori o delle comu nità
straniere sarebbe un errore.
Tali comportamenti sono tipici in presenza di un mercato selvaggio, basato unicamente sul prezzo come
elemento di concorrenza.
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E' il cosiddetto mercato globale che, organismi internazionali come l'Unicef, additano come fonte di
sfruttamento e schiavitù.
In questo desolante scenario spesso il bambino viene reificato, ridotto ad una ''cosa'', a ''mer ce'',
merce che e' per molti adulti - come riferisce il dossier della Fides, un buon affare e basta.
Dinanzi al dilagare del fenomeno,è giunto il momento per la istituzione in Italia di un Osservatorio
Nazionale per i Minori Immigrati che, da una parte, affronti il problema della criminalità minorile
straniera e dall’altro si occupi di apprestare gli strumenti di intervento in una materia così delicata che
affligge la nostra società contemporanea.
Non bisogna dimenticare che i minori stranieri non accompagnati sono tre volte vulne rabili:
perché minori, stranieri e soli !...
Cava dei Tirreni, 24 Aprile 2009
** Presidente
ANIMI Onlus
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