Il Palio è poesia
MARIO VERDONE
In questo momento, triste, offriamo ai lettori senesi la testimonianza di Mario Verdone pubblicata in “Palio, La
Festa della Città” a cura di Luca Betti e Alessandro Falassi (2003), sul rapporto palio-poesia
Incuriosito, negli anni Cinquanta, dai manoscritti ottocenteschi e dalle storie roman e conservate nella Biblioteca
Comunale di Siena mi imbattei, oltre che in alcuni inediti
di Giuseppe Gioachino Belli, nei Canti romani di Filippo
Pistrucci. Erano dedicati ai campioni della libertà e agli
eroi della antica Roma, ma tra i versi estemporanei, forse
recitati nei giorni del Palio al Teatro dei Rozzi o nella Sala
degli Specchi, egli improvvisò quartine che abbandonando i
luoghi comuni, le figure retoriche, lo sfoggio di cultura classica caratteristici dei suoi componimenti, riuscirono gradite
all’editore Onorato Porri, al così detto “Balì F. S. Redi” ed
al “Nobil Uomo signor Mario Nerucci” al quale erano dedicate. Ecco alcune quartine della poesia Corsa de’ cavalli nella
Piazza di Siena del 2 gennaio 1814:
La Pantera avendo in core
il nativo suo coraggio
sovra gli altri fa passaggio
divorandosi il sentier.
Ma la Selva impaziente
se le stringe irata al fianco
e con corso ardito e franco
tenta innanzi sorpassar.
Ecco voltan: stelle! ahi miseri!
l’un sull’altro avviticchiati
coi cavalli son cascati,
tristo gruppo a rimirar ...
Gli omaggi poetici al Palio ed ai suoi protagonisti, conclamati nelle stornellate di rione, oppure offerti dal Paggio
maggiore della “comparsa”, il giorno delle onoranze ai
Protettori, col tradizionale “Sonetto”, erano spesso affidati
fin dai primi del Novecento alla stampa periodica, dei bollettini rionali, ed umoristica. In alcuni volumi emergevano i
nomi di poeti vernacoli autorevoli quali Momo Giovannelli,
Ezio Felici, e Fernando Giannelli, cui avevano fatto seguito,
ed è impossibile ricordarli tutti, dai maggiori ai minori,
Luciano Fini, Carlo Fontani, Dino Corsi, Arrigo Pecchioli,
Valentino della Selva. In prose e poesie sul Palio si cimentano
anche scrittori e poeti laureati, nazionali e locali: D’Azeglio,
Pratesi e Sanminiatelli, Palazzeschi e Paolo Cesarini, Dina
Ferri e Vittoria Gazzei Barbetti, Tommaso Landolfi, Luigi
Bonelli, Idillio Dell’Era e Adriano Seroni, Giulio Catoni
e Alessandro Falassi, Geno Pampaloni e Mario Bussagli,
Giovanni Righi Parenti e tanti altri. Federigo Tozzi, uomo
nato in campagna, vedeva “tartuca”, “liocorno” e “civetta”,
ma distanti dal Palio, nel suo Bestie.
Eugenio Montale era avvinto dalla
... purpurea buca
dove un tumulto d’anime saluta
le insegne di Liocorno e di Tartuca.
...
Dalla torre
cade un suono di bronzo: la sfilata
prosegue fra tamburi che ribattono
a gloria di contrade
...
Il presente si allontana
ed il traguardo è là: fuor dalla selva
dei gonfaloni, su lo scampanio
del cielo irrefrenato, oltre lo sguardo
dell’uomo...
Mario Luzi così si esprimeva in Mi guarda Siena:
... nel furore policromo
del bruciante mulinello
mi guarda Siena
da dentro la sua guerra,
mi cerca dentro con gli occhi
addannati dei suoi veliti
percossa dai suoi tamburi
trafitta dai suoi vessilli ...
Versi di Corrado Govoni e dei Futuristi vennero
da me raccolti nel 1978 in un quadernetto edito dalla
rivista romana “Futurismo oggi”: Palio Siena Futurista.
L’opuscolo iniziava con le parole di Corrado Govoni, Il
Palio è poesia:
Spunta l’anima e corri, o poesia
il traguardo è già in vista:
corri anche solo con la spennacchiera
della mia tradita primavera!
Nelle pagine erano riportate alcune immagini: un
dipinto, non so se perduto, di Corrado Forlin, Sintesi
del Palio di Siena (1939), ma di cui l’Archivio Perrone di
Milano possiede il bozzetto; una visione mistica di Siena
di Giovanni Acquaviva, una tavola parolibera di Enzo
Benedetto, direttore e animatore di “Futurismo oggi”.
Sfogliando Palio Siena Futurista ritrovo i miei segni
di approvazione su alcune liriche:
Tonfa un mortaretto
secco
solcano il cielo
cornacchie e grida di bimbi.
É la Paliofollia che il “tartuchino” Silvio Gigli aveva
scritto dopo aver partecipato anche a un Concorso di
Poesia Bacchica Amorosa e Guerriera (1937) presieduto
in Fortezza - alla Mostra Nazionale dei Vini Tipici - da
F.T. Marinetti.
Un nostalgico Lunedì del Palio è firmato da Dina
Cucini, la poetessa che aveva pubblicato, apprezzata da
Marinetti, L’Aeropoema delle Torri di Siena.
Farfa infervorato urlava:
Siena corre maratone di bellezza
e vince due volte il Palio.
Recitava Giovanni Acquaviva:
Torre su torre
la Piazza del Campo
inclinando sorge
fa asta della torre il palazzo
e l’avventa.
Una tavola parolibera, disegnata da Enzo Benedetto,
con tutte le curve del Campo, inneggiava:
Per tutta notte Siena
canta di Medio Evo.
Da giovane non ho mai scritto poesie sul Palio. Se mai
una metafisica corsa di colonnini nel capitolo Campaperto
di Città dell’uomo (1941) o una prosa poetica intitolata Il
Palio dei bambini, compresa nel mio libro La piazza magica.
E in più matura età sarò stato commosso dallo Scambio
di bandiere (nel libro Ogni giorno ogni vento), da Il Campo
prima del Palio, dai “giùbili” dopo la corsa (Una gioia da
vedere), dalle voci dei piccoli che cantano uno stornello
contradaiolo. Però ricordo un mio sonetto scritto per il
Palio della Pace e pubblicato in uno dei Numeri Unici
del “Dàccelo!” (16 agosto 1946) in previsione di una
sperata vittoria della Selva, che si prevedeva quasi certa
e che invece non ci fu. Il sonetto venne stampato ugualmente, ma siccome erano stati usati caratteri tipografici
antiquati, tanto che le “s” sembravano tante “f”, molti
lettori risero, quasi lodando il mio presunto umorismo,
mentre io non avevo scherzato affatto.
Per concludere, vorrei chiedere se a qualcuno sarà
caduto l’occhio su un mio atto unico, da me stesso
definito “irrappresentabile” (anche se due volte ci ha
provato con successo il Teatro Agorà di Roma in una
finzione radiofonica) che meritò arguti disegni di Enzo
Cesarini: Ionesco e il Rinoceronte, e per il quale lo stesso
Ionesco volle felicitarsi con me; è stato pubblicato nel
volume, elegantemente illustrato da Raffaello Arcangelo
Salimbeni, Teatro di Contrada. Qui c’è uno stornello popolaresco ispirato proprio dall’emblema della Contrada
della Selva, e che non ambisce di essere collocato
nell’Olimpo della vera Poesia:
Quando s’avventa in piazza
col corno sulla fronte
primo è il Rinoceronte!
Tavola parolibera disegnata da Enzo Benedetto
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