Chiara Maria Pulvirenti
Dottorato in Storia Contemporanea
XXIV ciclo
Università di Catania
STORIE IN CORSO VI.
Seminario nazionale dottorandi
Catania, 26-28 maggio 2011
www.sissco.it
LA RIVOLUZIONE ITINERANTE
LA MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE NEGLI ANNI DELLA
PRIMA GUERRA CARLISTA (1833-1840)
1. Premessa
Quando si parla di guerra civile spagnola e di brigate internazionali, il pensiero corre agli anni tra il
1936 e il 1939. Ma già un secolo prima, tra il 1833 e il 1840 durante la prima guerra carlista, o
guerra de los Siete Años, una guerra civile divampata per una disputa dinastica, gruppi di volontari,
rivoluzionari e controrivoluzionari, si erano mobilitati per accorrere in Spagna da tutta Europa.
Lo studio dell’impatto della prima guerra carlista sul piano internazionale è stato in parte trascurato
dagli storici, visto che la storiografia ha tradizionalmente preferito una prospettiva tarata intorno al
concetto di Stato nazionale, per lo studio di un periodo considerato la fase cruciale del processo di
corrosione delle strutture politiche, economiche sociali d’ancien régime e della crisi del prestigio
della monarchia spagnola nel quadro delle potenze europee.
Le conseguenze della prima guerra carlista superarono però i confini della penisola: la Gran
Bretagna, la Francia, la Prussia, l’Austria, la Russia, gli Stati italiani preunitari si mobilitarono per
una parte o per l’altra. Ma soprattutto si mobilitarono gli individui che volontariamente in Spagna si
arruolarono per difendere i nuovi principi liberali o conservare le inveterate consuetudini, in quello
che fu un momento di straordinaria partecipazione civile, il risorgimento della militanza politica a
dimensione europea.
In un’ottica transnazionale le città, le diplomazie, i volontari, diventeranno i protagonisti intorno ai
quali si dipaneranno le trame di questo lavoro, studiati attraverso un uso incrociato delle fonti
conservate presso l’Archivo Historico Nacional, l’Archivo del Ministerio de Asuntos Exteriores y
de Cooperación, l’Archivo General Militar di Madrid, l’Archivo General Militar di Segovia,
1
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l’Archivo Diocesano di Barcellona, il Museo Zumalacarregui di Guipuzcoa, l’Archivio del
Ministero degli Affari Esteri, gli Archivi di Stato di Roma, Torino e Napoli e il Museo Centrale del
Risorgimento.
Questa ricerca sceglie dunque un triplice punto di osservazione, quello della storia nazionale, quello
della storia delle relazioni internazionali e infine quello biografico, per restituire valore allo statuto
idiografico delle discipline storiche, per evidenziare il ruolo delle scelte personali degli individui,
dei volontari, di quegli esuli italiani in particolare, che Marco Mugnaini ha definito “la diplomazia
irregolare”1, le cui vicende ed esperienze risultano fondamentali per cogliere il respiro cosmopolita,
per quanto strumentale all’affermazione dell’idea di nazione, della cultura illuministica e romantica
del XIX secolo. È la “terzina” la chiave di volta di questo lavoro: tre nodi tematici, tre punti
d’osservazione, tre protagonisti, una tripartizione che strutturerà fisicamente sia questa relazione
che, probabilmente, la stessa tesi.
Nelle prossime pagine passeremo in rassegna le tre parti attraverso una ricognizione delle fonti
bibliografiche e documentarie a disposizione e delle conclusioni che abbiamo tratto nel corso della
ricerca.
2. Spagna 1831-1840: “présage pour l’Europe entière”
La Spagna dei primi decenni del XIX secolo è un paese sottoposto a continue tensioni, sollecitate
dalla rivoluzione liberale: sono gli anni in cui di fronte all’abolizione dei diritti signorili, portata a
compimento dalla dinastia borbonica nel corso di un secolo (1700-1808), sorge un nuovo ceto di
proprietari formato dalla borghesia, che riesce ad accedere alla proprietà della terra, e dall’antica
nobiltà che può convertire molti degli antichi diritti feudali in proprietà privata 2. La penisola iberica
è dunque perfettamente inserita nel quadro delle trasformazioni che fanno la storia dell’Ottocento
1
M. Mugnaini, Italia e Spagna nell’età contemporanea. Cultura, politica e diplomazia (1814-1870), Edizioni
Dell’Orso, Alessandria 1994, p. 152.
2
Per un profilo della storia della Spagna e sulla rivoluzione liberale vedi AA.VV., Histoire de l’Espagne
contemporaine. De 1808 à nos jour, sous la direction de J. Canal, Armand Colin, Paris 2009 ; AA. VV., La politisation
des campagnes au XIXe siècle. France, Italie, Espagne et Portugal¸ Ecole Française de Rome, Roma2000; AA. VV.,
La revolución liberal : (Congreso sobre la Revolución liberal española en su diversidad peninsular (e insular) y
americana, Madrid, abril de 1999) coord. por Alberto Gil Novales, Ediciones del Orto, Madrid 2001; Artola M., La
buruesia revolucionaria, 1808-1848¸ Alianza Editorial, Madrid 1973, R. Carr, España 1808 – 1975, Ediciones
Península, Barcelona 2003; I. Castells, A. Moliner Prada, Crisis del antiguo regimen y revolución liberal en España
(1789-1845), Ariel, Barcelona 2000, R. Ceamanos LLorens, Del liberalismo al carlismo. Sociedad y politica en la
España del siglo XIX. General Jaime Ortega y Olleta. Archivo personal¸ Diputación provincial de Zaragoza, Zaragoza
2002, J. Fontana, Historia de España,.Vol. VI, La época del liberalismo, Editorial Crítica, Barcelona – Madrid 2007;
M. Santirso Rodriguez, Progreso y libertad: España en la Europa liberal (1830-1870), Ariel, Barcelona 2008; J. Vicens
Vives, Profilo della storia di Spagna, Einaudi, Torino 1966 (I ed.).
2
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europeo, a dimostrazione di quanto sia priva di fondamento scientifico l’idea di una España
diferente rispetto al panorama politico del Vecchio Continente e di come piuttosto proprio la
Spagna sia l’avanguardia dei cambiamenti esasperati dall’età napoleonica, come dichiarano gli
stessi contemporanei, che definiscono la guerra de la Independencia3 iniziata nel 1808 “présage
pour l’Europe entière” 4. Quelle che la Spagna è costretta ad affrontare sono rotture storiche di
enorme impatto e inoltre nel giro di 32 anni, dal 1808 al 1840 la Spagna è coinvolta per 23 anni in
diverse e violente guerre, strettamente intrecciate tra loro: la guerra de la Independencia (18081814), le guerre coloniali in America (1814-1824), la guerra contro i realisti e l’invasore francese
(1822-1823) a conclusione del Triennio liberale (1820-1823), la rivolta dei malcontents (1827) e
infine la prima guerra carlista (1833-1840).
È in questo periodo di grandi trasformazioni che nascono i termini “carlismo” e “carlista”. Indicano
il gruppo dei seguaci del fratello minore di Fernando VII di Borbone, re di Spagna dal 1808 al 1833,
don Carlos María Isidro, erede al trono fino al 1830, quando venne abolita la legge salica e la
neonata Isabella, figlia di Fernando VII e Maria Cristina di Borbone, lo superò nella linea di
successione. Il “carlismo” identifica in questo senso un’opzione dinastica, che fa propria d’altra
parte la posizione politica ed ideologica dei sostenitori dell’assolutismo monarchico e della
conservazione delle istituzioni dell’economia feudale, dell’ordine sociale e dei costumi connotati
dai principi della tradizione cattolica, tipici dell’ancien régime. I carlisti sono dunque gli eredi
degli oppositori ai principi liberali, affermati nelle Cortes di Cadice, e dello schieramento di quei
conservatori che inizialmente vengono chiamati serviles e poi absolutistas o realistas. Il carlismo
diventa così il più importante movimento di espressione della controrivoluzione in Spagna, la
versione iberica dei legittimismi europei, che attraversò il XIX secolo e sopravvisse a buona parte
del XX, pur subendo continue mutazioni e diramandosi in multiformi manifestazioni. Diversi sono i
punti di vista dai quali la storiografia spagnola ha affrontato questa complessa corrente politica:
innanzitutto quello della storia di lungo periodo, dato che il carlismo ha provato a controllare lo
3
Sulla svolta “guerra de la independencia”: AA. VV., La Guerra de la Independencia en la cultura española, Siglo
XXI de España Editores, Madrid 2008; AA. VV. Sombras de mayo. Mitos i memorias de la Guerra de la Independencia
en España (1808-1908), Casa de Velázquez, Madrid 2007, J.Alvarez Junco, La Guerra de la Independencia y el
surgimiento de España como nación, en “Claves de Razón Práctica”, n. 192, 2009, pp. 4- 13;
4
ASMAER, Moscati I, b. 120, f. 5, Spagna, Istruzioni originali di Vittorio Emanuele I al conte Prospero Balbo inviato
a Madrid (Torino 19 novembre 1816), citato in M. Mugnaini, Italia e Spagna nell’età contemporanea., cit., p. 78.
3
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straordinario intreccio di eventi bellici, conflitti politici, cambiamenti e sconvolgimenti economici,
culturali e sociali per più di un secolo5.
Lo studio della prima guerra carlista ha appassionato soprattutto gli storici catalani e non è un caso:
le parole carlì e carlin sono proprio di origine catalana, sebbene in quella regione durante la guerra
de los Siete Años si aderì con maggiore intensità alle istanze espresse dai liberali, più o meno
radicali, che a quelle dei carlisti6.
La Capitanía General de Cataluña, tra le prime ad essere create all’inizio del XVIII secolo, era una
regione che era riuscita a sfruttare a proprio beneficio la sua particolare forma di amministrazione
territoriale, che aveva trovato un incentivo allo sviluppo agricolo e industriale nell’abolizione dei
privilegi feudali, ma che negli anni venti e trenta del XIX secolo viveva una profonda crisi
economica che spingeva ai margini della società coloro che non erano riusciti ad approfittare del
processo di modernizzazione. La Catalogna si era sollevata nel 1827 durante la rivolta dei
Malcontents, termine locale che viene tradotto in castigliano con guerra de los agraviados, vera e
proprio guerra civile, considerata dalla storiografia il prologo della prima guerra carlista, durante la
quale i sostenitori dell’assolutismo si opposero a qualsiasi apertura di tipo liberale. La rivolta dei
malcontents esplose durante un periodo di profonda depressione economica e i realisti, spesso
contadini profondamente influenzati dal clero, dimostrarono una certa confusione politica,
riponendo ora le proprie speranze nello stesso Fernando VII, al quale inizialmente avevano
rimproverato un’eccessiva indulgenza nei riguardi degli elementi liberal-moderati dell’esercito, ora
nell’erede Carlos, a riprova di quanto fossero sociali più che ideologiche le radici della
sollevazione. D’altra parte fu proprio durante questa guerra che per la prima volta iniziarono a
5
Per una storia di lungo periodo del Carlismo vedi AA.VV., El Carlismo en su tiempo: geografias de la
contrarrevolucion¸ Actas de la I jornada de estudio del Carlismo, 18 – 21 septiembre 2007, Estella, Pamplona 2008;
AA. VV. El Carlismo y las guerras carlistas: hechos, hombres y ideas, Madrid 2003; AA. VV., ¿Qué es el carlismo?,
edicion cuidada por F. Elías de Tejada, R. Gambra Ciudad, F. Puy Muñoz, Escelicer, Madrid 1971; J. Burgo,
Bibliografia del siglo XIX. Guerras carlistas, Diputación foral de Navarra, Pamplona 1978; J. Canal, El carlismo. Dos
siglos de contrarrevolución en España, Alianza Editorial, Madrid 2000, J. C. Clemente, Bases documentales del
Carlismo y de las guerras civiles de los siglos XIX y XX, Servicio Historico Militar, Madrid 1985; J. C. Clemente,
Historia General del Carlismo, Madrid 1990; A. Bullon De Mendoza, Las guerras carlistas en sus documentos, Ariel,
Barcelona 1998; A. Moral Roncal, Las guerras carlistas, Silex, Madrid 2006, R. Oyarzun, Historia del carlismo¸
Alianza Editorial, Madrid 1969.
6
Sul carlismo e la prima guerra carlista in Catalogna: P. Anguera, Deu, Rei i fam. El primer carlisme a Catalunya,
Biblioteca Abat Oliba, Barcelona 1995; J. Canal, ¿En busca del precedente perdido? Triptico sobre las complejas
relacione entre carlismo y catalanismo a finales del siglio XIX, en “Historia y política”, n. 14, pp. 45-84; J. Mundet i
Gifre, La primera guerra carlina a Catalunya, Publicacions de l’Abadia de Monteserrat, Barcelona 1990; J. M., Les
bullangues de Barcelona durante la primera guerra carlina (1835-1837), El Médol, Tarragona 1993.
4
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proclamarsi carlisti, come affermava il console francese a Barcellona, che il 7 aprile scrisse che il
grido di guerra dei malcontents era “Viva il Rey CARLO QUINTO”7
Venuto a mancare Fernando VII, che consapevolmente era riuscito a mantenere nei ranghi lo
scontro tra realisti e liberali, tanto da dire, poco prima di morire: «Yo soy como el tapón de una
botella de cerveza; cuando falte, la cerveza saltarà» il carlismo uscì definitivamente allo scoperto,
ma finì col confondersi nella miscela di conflitti sociali latenti in Catalogna.
Il carlismo si fece portavoce del malumore che derivava dalla miseria diffusa e dalla congiuntura
recessiva: la disoccupazione dilagava e l’industria era paralizzata. Non sarebbe stato difficile
dunque trovare insoddisfatti da arruolare tra le proprie fila, ma in questa prima fase il carlismo
ottenne solo tiepide adesioni tra i contadini poveri che accettavano di combattere agli ordini di
nobili indebitati e delle personalità catalane che non riuscivano a beneficiare del processo di
industrializzazione della regione, tra gli operai soprattutto del settore tessile, che vivevano in
condizioni di miseria, infine tra gli ecclesiastici e i militari che si erano rifiutati di continuare a
militare nel corpo dei Voluntarios de Isabel II , “figlio degenere” dei Voluntarios realistas, sciolti
nel febbraio del 1833, da sempre considerati l’esercito di riserva del carlismo. Erano dunque solo
una parte dei settori più impoveriti delle classi popolari che si sollevavano contro la riforma liberale
borghese, ma non per ragioni di natura ideologica, piuttosto spinti dalla prospettiva di una paga
giornaliera, dato che ai soldati dell’esercito carlista veniva pagato il soldo, e nella speranza che i
propri interessi, ostili ai cambiamenti introdotti dallo sviluppo capitalista, potessero finire col
coincidere con gli interessi feudali dei propri tradizionali superiori.
Con lo storico catalano Pere Anguera sembra davvero il caso di dire “Déu, Rei i fam”, piuttosto che
“Déu, Rei i Patria” per spiegare le ragioni decisive che spinsero solo pochi catalani a farsi carlins.
Questa debolezza iniziale del carlismo in Catalogna si spiega con il discreto favore di cui godeva la
politica del Capitano generale Manuel Llauder che governava la regione dal 1832 e poteva contare
sulla complicità degli elementi più dinamici dell’industria catalana. Fu colui che promosse il ritorno
degli esuli liberali, che riuscì a sottomettere i Voluntarios realistas, impiegandoli proprio nella lotta
contro il carlismo, che patrocinò la produzione di giornali filogovernativi come El Vapor oltre al
Boletìn Oficìal de la Provincia de Cataluña e il Diario de Barcelona, consultabili presso l’Archivo
Histórico de la Ciutad de Barcelona, e grazie ai quali è oggi possibile orientarsi nella complessità
degli eventi catalani di quel periodo.
7
J. Torras, La guerra de los Agraviados, Universidad de Barcelona, Barcelona 1967, p. 200. Italianizzato nel testo.
5
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Il governo militare di Llauder non sopravvisse però alla rivoluzione liberale dell’estate del 1835, ad
una prima di una serie di bullangues (bullangas in castigliano) che coinvolsero e sconvolsero
l’intera Catalogna, ma soprattutto Barcellona tra il luglio del 1835 e l’ottobre del 18378, e che si
posero in perfetta antitesi con il progetto carlista. Sebbene il rogo dei conventi fosse stato l’atto di
inizio della rivolta, non fu il clero assolutista il bersaglio dei rivoluzionari. Era la mancanza di
spirito di iniziativa antifeudale della monarchia spagnola e dello stesso Capitano, contro cui
protestavano la borghesia, i ceti medi, molti contadini, inclusi i giornalieri inquadrati nelle truppe
dei Voluntarios d Isabel II: chiedevano libertà politica per tutti i cittadini, nutrivano il mito della
Costituzione di Cadice del 1812, come la più alta espressione di quella libertà e la rimozione
definitiva di ogni residuo privilegio signorile. Si apriva così un secondo fronte da temere per la
monarchia spagnola, quello del radicalismo liberale, del repubblicanesimo, al quale provò a
rispondere tramite l’invio di altri carismatici leader alla guida della Capitanía, come il liberale
Francisco Espoz y Mina, che rispose con la persecuzione dei liberali radicali e impedendo la
restaurazione della Costituzione del 1812 e nel 1837 Ramón De Meer, che impiantò in Catalogna la
prima dittatura militare della storia spagnola. A restituire l’atmosfera e le riflessioni politiche
formulate dagli intellettuali catalani di quel periodo un’ingente mole di opuscoli, tutti conservati
presso Archivo Histórico de la Biblioteca de Catalunya, in particolare nel fondo Fullets Bonsoms
che contiene pamphlets scritti da repubblicani, liberali e carlisti e pubblicati a Barcellona tra il 1836
e il 1840.
Ma fu il Nord della penisola iberica a mettere più seriamente a repentaglio il destino della
monarchia spagnola e lo dimostra con maggiore evidenza la storia del territorio Vasco-Navarro in
cui il carlismo trovò grande adesione ininterrottamente dal 1833 fino alla tregua di Vergara del 29
agosto 18399. Come scrivono gli storici Agirreazkuénaga e Ortiz de Orruño il semplice malumore
contadino non sarebbe bastato a fornire al carlismo l’ambiente ideale per la propria affermazione, fu
8
Sulle bullangues di Barcellona, A. M. García Rovira, Radicalismo liberal, republicanismo y recolución (1835-1837),
in “Ayer”, n. 29, 1998, pp. 63-90; J. M. Ollé Romeu, Les bullangues de Barcelona durant la primera guerra carlina
(1835-1837), El Mèdol, Reus 1994, 2 voll.; M. Santirso Rodriguez, Revolución liberal y guerra civil en Cataluña
(1833-1840), Universidad Autonoma de Barcelona, Barcelona 1994.
9
Sulla prima guerra carlista nelle Province Basche e in Navarra: F. Bacon, Historia de la revolución de las Provincias
Vascongadas y Navarra: desde 1833 al 1837, Donostia, Txertoa 1973; M. Kasper, La guerrilla en Guipuzkoa (18081835), Edición del Mueso Zumalakarregi, Guipuzkoa 1991; J. L. Pan-Montojo, Carlistas y liberales en Navarra (18331839), Gobierno de Navarra, Pamplona 1990, R. Rio Aldaz, Fueros y unidad nacional española en las Cortes liberales
del la primera guerra carlista, antes el Convenio de Vergara, en “Trienio”, n. 31, 1998, pp. 101-130, C. Rubio Pobes,
Revolución y tradición. El País Vasc ante la Revolución liberal y la construción del Estado español, 1808-1868,
Editoria Siglo XXI,Madrid 1996, R. Urquijo i Goitia, Els furs bascos en la crisis l’Antic Règim: la dicotomia abolició o
modificació durant la Primera Guerra Carlina, en Recerques, n. 34, 1996, pp. 24-26.
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piuttosto il concorso attivo dalla piccola nobiltà rurale ed indebitata di queste zone ad essere
determinante. Durante il triennio le élites basche e navarre, che controllavano l’apparato
istituzionale in ambito locale e provinciale, avevano subito l’esperienza traumatica della
disammortizzazione dei beni ecclesiastici e civili, un incremento della pressione tributaria, lo
smantellamento di alcune istituzioni tradizionali e infine vivevano la politica fortemente
centralizzatrice del governo liberale, come una concreta minaccia alla propria autonomia e ai propri
privilegi tradizionali, i fueros. Una radicale riforma amministrativa era stata avviata nel 1824 dal
ministro Lopez Ballesteros, convinto che il rispetto dei fueros dovesse essere subordinato alle
esigenze di sviluppo della monarchia spagnola, e fu lì che si consumò la rottura definitiva che portò
all’avvicinamento al Pretendente di quei territori, alle rivolte di città come Bilbao, Vitoria,
Savatierra nel 1833, infine alla scelta di quella regione come proprio quartier generale da parte di
Don Carlos nel 1834 e alla costituzione di un embrione di amministrazione statale basata sulle
deputazioni e sulle giunte Vasco-Navarre, oltre che su di un Ministero Universale affidato al
vescovo León Joaquín Abarca. Prezioso per lo studio della politica carlista nelle Province Basche è
l’archivio del Museo Zumalacárregui di Ormaiztegui, che raccoglie copie dei documenti delle
Deputazioni di Álava, Bizkaia, Gipuzkoa e Navarra. Questa documentazione verrà affiancata a
quella raccolta all’Archivo Historico Nacional di Madrid e conservata nel fondo Estado, sulle
guerre carliste in Navarra10, e a quella conservata presso la sede di Madrid del Archivo General
Militar, particolarmente utile per la ricostruzione delle operazioni di guerra11.
3. La mobilitazione diplomatica internazionale
Se la Spagna era un presagio per l’Europa intera, certo è che il Vecchio Continente non rimase
fatalisticamente ad attendere. In Spagna non era in gioco solo un trono, ma soprattutto la scelta tra i
nuovi principi liberali e quelli legittimisti. Da quello scontro sul suolo iberico potevano uscire
rafforzate le Potenze Legittimiste o quelle che avevano scelte di adottare regimi liberali e
l’equilibrio stabilito a Vienna nel 1815 non sarebbe stato più lo stesso, se nel Mediterraneo, vicino
alla nuova zona di interesse dell’espansione europea, il Nord Africa, si fosse mantenuto uno Stato
d’ancien régime o si fosse affermato un modello liberale di Stato nazionale. Ogni Paese europeo
aveva ragioni diverse per scegliere di sostenere la causa isabellina o quella del Pretendente Don
10
11
Archivo Historico Nacional (AHN), Estado, Guerras carlistas en territorio Navarro, legajos 8755-8765.
Archivo General Militar de Madrid (AGMM), Museo de Infanteria, Guerras Carlistas,
7
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Carlos12. La Francia guardava innanzitutto alla posizione strategica della Spagna e delle Isole
Baleari, di grande importanza per le comunicazioni con l’Algeria, ma soprattutto doveva aderire
alle scelte di politica estera dell’alleato, che nel 1831 con l’Entente le aveva permesso di uscire
dall’isolamento internazionale, la Gran Bretagna. Il ministro degli esteri inglese Lord Palmerston
dal canto suo, mirava a contrastare l’influenza delle Potenze del Nord, Austria, Russia e Prussia
attraverso la ricerca di campi di sperimentazioni di nuove alleanze. Li trovò proprio nella penisola
iberica già a partire dal 1831 ed anche in quell’occasione per una questione dinastica: il regno del
Portogallo dal 1826 era diventato una monarchia costituzionale, ma nel 1828 Don Miguel di
Braganza, reggente per conto della nipote Maria da Gloria, si era proclamato monarca assoluto.
Inizialmente insieme all’Austria, alla Francia e alla Gran Bretagna avevano riconosciuto la
sovranità dell’usurpatore, ma quando l’imperatore del Brasile e padre di Maria da Gloria, Don
Pedro, era tornato nel 1831 nel regno lusitano per difendere i diritti dinastici della figlia con una
spedizione militare, erano stati proprio il Regno Unito e la Francia ad appoggiarlo. Si potevano
delineare così quelle che sarebbero state le future alleanze sancite dal trattato della Cuádruple
Alianza firmata a Londra da Gran Bretagna, Francia, Spagna e Portogallo il 22 aprile 1834, che
entrava nel merito soltanto della questione portoghese, ma che certamente serviva alla causa
isabellina, considerato che il Portogallo era diventato il Quartier Generale dei carlisti e l’asilo dello
stesso Don Carlos. L’alleanza, che poteva anche essere letta come una reazione agli accordi di
München-Gratz del settembre 1833 e della Convenzione di Berlino che sancivano una nuova Santa
Alleanza, fu definita da Lord Palmerston “a capital hit and all of my own doing”13, soprattutto visto
che la Francia si trovava in una posizione subordinata rispetto alla Gran Bretagna e che Spagna e
Portogallo da quel momento avrebbero legato a doppio filo le proprie sorti a quelle degli alleati. Il
legame fu addirittura rafforzato una volta che venne risolta la questione lusitana il 26 maggio 1834,
quando lo sconfitto Don Miguel dovette firmare la convenzione di Evora Monte che lo costringeva
a prendere la via dell’esilio. Il cuore del confronto internazionale si spostò allora nella Spagna
12
Sulla mobilitazione internazionale negli anni della prima guerra carlista vedi E. M. Brett, The British Auxiliary
Legion in the First Carlist War, 1835-1838, Four Courts Press, London 2005; A. Bullon De Mendoza, La intervención
extranjera en la primera guerra carlista (notas para el estudio de un tema olvidado), en “Aportes”, (septiembre 1987),
n. 6, pp. 38-65; M. Mugnaini, Italia e Spagna nell’età contemporanea, cit.; M. Rodriguez Alonso, Gran Bretaña y
España. Diplomacia, guerra, revolución y comercio, Actas, Madrid 1991; R. Urquijo i Goitia, Interferencias de las
cortes conservadoras ante el Pretendiente carlista, en “Hispania”, n. 223, 2006; R. Urquiijo i Goitia, Relaciones entre
España y Napoles durante la Primera Guerra Carlista, Actas, Madrid 1998.
13
H. L. Bulwer, The Life of Henry John Temple, Viscount Palmerston , J. B. Lippincott & Co., Philadelphia 18711874, p. 188
8
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isabellina e il 18 agosto 1834 il trattato della Cuádruple si arricchì di nuovi articoli, con i quali ci si
impegnava materialmente a difendere la successione al trono di Isabella anche attraverso
l’intervento militare, che la Spagna sollecitò nel 1835 preoccupata in seguito alle vittorie dei
generali carlisti Zumalacárregui in Navarra e Cabrera nel Maestrazgo.
Di fronte all’accelerare degli eventi anche gli apparati diplomatici delle Potenze legittimiste,
Austria, Russia, Prussia e Stati italiani preunitari, dovettero organizzarsi. Una mobilitazione lenta la
loro, attenta ai consigli del regista, il cancelliere Metternich, e che si servì della mediazione del
Regno di Napoli con la Spagna, anche in virtù della parentela di Ferdinando II, con la reggente
Maria Cristina, sua sorella.
Don Carlo era molto attento alle relazioni internazionali e, inviando propri emissari nelle corti delle
potenze amiche, sperava di ottenere in fretta il riconoscimento diplomatico in aggiunta agli aiuti
economici che già gli giungevano copiosi. Gli Stati legittimisti attendevano però che i carlisti
riuscissero a conquistare la capitale e si limitarono, e solo nel 1836, a ritirare i propri ambasciatori
da Madrid e ad inviare presso il quartier generale carlista a Baiona dei propri agenti.
Decisamente entusiasti nei confronti dei carlisti, ma pur sempre in linea con la condotta diplomatica
dettata da Vienna erano gli Stati dalla penisola italiana, che si ritrovarono idealmente “uniti” dalla
reazione di fronte all’esplodere della rivoluzione liberale in Spagna e consapevoli dell’influenza che
da anni ormai il mito di quella Nazione e della costituzione di Cadice esercitava sui sovversivi
italiani. L’idea che la penisola iberica rappresentasse lo specchio della situazione italiana dominava
i dibattiti, grande pubblicità si dava nella stampa italiana alla questione della guerra civile spagnola
e gli stessi reazionari italiani avevano finito col trovare nel carlismo un riflesso ideale delle proprie
convinzioni ideologiche14.
Ricchissima è la documentazione diplomatica a disposizione per la ricostruzione del quadro delle
relazioni internazionali nella prima guerra carlista. Ancora nel consistente fondo Estado
dell’Archivo Historico Nacional di Madrid è presente ad esempio la corrispondenza degli
ambasciatori e dei consoli spagnoli nelle varie città europee, Parigi, Lisbona, Napoli, Genova,
Torino, Bruxelles, che provano ad intuire e a riflettere gli umori che si respirano all’estero, che
riferiscono di eventuali infiltrazioni carliste nelle varie corti, che rassicurano sulla costanza del
14
Sulle relazioni culturali tra Spagna e Italia vedi A. Bistarelli, Lo specchio spagnolo: il doppio sguardo del liberalismo
italiano di inizio Ottocento, in “Rassegna storica del Risorgimento”, Anno XCI – II, aprile – giugno 2004, pp. 181-201;
N. Del Corno, Don Carlos e “i nuovi mori”. La prima guerra carlista nella pubblicistica italiana reazionaria
dell’Epoca, in “Spagna contemporanea”, 1993, anno II, n. 3, pp. 7 - 21; G. Spini, Mito e realtà della Spagna nelle
rivoluzioni italiane del 1820-1821, Perrella, Roma 1950
9
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sostegno alla causa della futura regina Isabella, completate dalle fonti dell’Archivo General del
Ministerio de Asuntos Exteriores, Sección Histórica, che includono la corrispondenza del Segretario
di Stato con Vienna e la Santa Sede15, e il materiale raccolto dalla commissione istituita da Zea
Bermudez presso le corti di Vienna e Berlino nel 1839 per il riconoscimento di Isabella II16.
Utile sarà inoltre l’uso del fondo degli Archivos Consulares Nápoles y Sicilia, contenente la
documentazione del consolato di Napoli a Barcellona dal XVIII a metà del XIX secolo, conservato
presso l’Archivo Diocesano di Barcellona e pressoché ignorato dagli storici. Le bullangas di
Barcellona rivivono nei tre registri copialettere che raccolgono le relazioni del console a Barcellona
dal 1836 al 1846 alla legazione del Re a Madrid e alla stessa segreteria di Stato a Napoli. Sono dei
veri e propri diari che forniscono informazioni dettagliate sulle operazioni di guerra intorno alla
città17. Altrettanto importante risulta inoltre la consultazione della documentazione conservata
presso gli archivi italiani, a cominciare dal fondo Archivi preunitari dell’Archivio Storico
Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri di Roma. Nell’Archivio Borbone presso l’Archivio di
Stato di Napoli si trovano poi le lettere a testimonianza dei rapporti epistolari che il fratello di Maria
Cristina, reggente di Spagna, Ferdinando II, intratteneva in quegli anni non solo con la sorella, ma
anche con lo stesso Fernando VII, con Carlo V, con l’Infanta Luisa Carlotta18.
All’Archivio di Stato di Torino è soprattutto attraverso il fondo Lettere Ministri – Spagna che è
possibile comprendere cosa abbia rappresentato per lo Stato sabaudo la prima guerra carlista e le
ragioni per cui la diplomazia piemontese si spendesse tanto a favore di Don Carlos: all’interno delle
dettagliatissime relazioni mensili dei diplomatici che si avvicendavano a Madrid, indirizzate al
Ministro degli Affari Esteri piemontese, troviamo un manoscritto di 40 pagine ad esempio con
importanti riflessioni sul perché la guerra carlista fosse esplosa con più violenza nelle Province
Basche, che ci permette di notare come ogni riflessione sulla realtà spagnola, anche quella
apparentemente più lontana venga ricollegata dai diplomatici alla realtà del proprio Paese 19.
All’interno di quello stesso Archivio sono conservate inoltre le carte delle Missioni Segrete
15
Archivo Histórico del Ministerio de Asuntos Exteriores (AMAE), Correspondencia, Embajada y Legaciones.
AMAE, Politica Interior, Reconocimiento de Isabel II. Comision encargada a Cea Bermudez cerca de las cortes en
Berlin y Viena, H2838, (1839).
17
Archivo Diocesano de Barcelona, Archivos consulares pontificios, NAPOLES I SICILIA: 1.20; 1.21; 1. 22; 1.24;
10.6, 10.7, 10.8.
18
Archivio di Stato di Napoli (ASN), Archivio Borbone, Carte del Re Ferdinando II, bb. 760 (Luisa Carlotta) 761
(Fernando VII), 762 (Maria Cristina), 763 (Carlo V) + Corrispondenza con gli ambasciatori, b. 816 (1833-1835), b.
817(1836).
19
Archivio di Stato di Torino (AST), Lettere Ministri – Spagna, bb. 110-115.
16
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Straordinarie dalle quali abbiamo notizia ad esempio dell’invio in gran segreto tra il 1833 e il 1838
di un emissario sabaudo, Paolo Cerruti, in Francia e Spagna “per venire in aiuto al Re legittimo di
Spagna D. Carlos”20.
4. La nuova politica: l’esperienza del volontariato militare in Spagna
Negli ultimi anni la storiografia internazionale ha prodotto diversi studi che si interrogano
sull’esistenza di una “internazionale liberale” di esuli italiani nei primi decenni del XIX secolo e
provano a dimostrare come la sociabilità transnazionale non sia una conseguenza della
globalizzazione novecentesca, ma una caratteristica della nuova concezione della militanza politica,
emersa dalla rivoluzione francese, che mobilita centinaia di individui colti in difesa degli ideali
liberali. L’esilio diventa in quest’ottica un’opportunità per la circolazione delle loro idee e la
penisola iberica si rivela presto una delle terre d’asilo ideali per la raccolta di forze, per la
propaganda di idee e l’organizzazione di società segrete e giornali che le veicolino 21. Durante la
prima guerra carlista molti italiani che avevano guardato alla Spagna del Triennio liberale come ad
un modello ideale per la propria nazione scelgono di scendere in campo attivamente, arruolandosi
come volontari, per difendere la causa isabellina22.
Non tutti i volontari erano consapevoli “rivoluzionari di professione”, spesso la loro scelta di
arruolarsi era dettata dalla necessità di allontanarsi dal proprio Paese per problemi economici o
questioni aperte con la giustizia, ma certo è che la concezione della militanza era cambiata, si era
fatta cosmopolitica, e che il campo di battaglia iberico si trasformò nel banco di prova delle doti
militari di figure di spicco dei risorgimenti nazionali, che avrebbero reso incandescente il continente
europeo negli anni successivi.
Numerosi furono i militari stranieri che durante la guerra civile spagnola di quel primo squarcio di
XIX secolo percorsero la penisola iberica e la storia della formazione dei corpi armati entro i quali
20
AST, Carte Politiche Diverse, Missioni diplomatiche straordinarie, b. 3, anni 1827 – 1842, Missione di Paolo Cerruti
in Francia e Spagna, 1833 – 1838
21
Sugli italiani in esilio e l’internazionale liberale vedi AA. VV., Ancora sugli italiani in Spagna durante la Guerra de
la Independencia, Giornata internazionale di studio, Milano 24 gennaio 2008, a cura di V. Scotti Douglas, Milano 2008;
AA. VV., Giuseppe Mazzini and the Globalisation of Democratic Nationalismo. 1830 – 1920, edited by C.A. Bayly, E.
Biagini, Oxford University Press, New York 2008; A. Bistarelli, La tela e il quadro. Per una biografia collettiva degli
esuli italiani del 1821, in “Cercles. Revista d’história cultural”, n. 10, 2007, pp. 201-220; A. Bistarelli, Vivere il mito
spagnolo. Gli esiliati italiani in Catalogna durante il Trienio Liberal, in “Trienio”, n. 32, 1998, pp. 5-14; M. Isabella,
Risorgimento in exile: Italian Émigrés and the Liberal International in the Post-Napoleonic Era, Oxford University
Press, Oxford 2009.
22
Sull’esperienza del volontariato internazionale come apprendistato al Risorgimento vedi G. Pecout, International
volunteers and the Risorgimento, in “Journal of Modern Italian Studies”, 14 (4) 2009, pp. 413 – 426.
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militarono è possibile ricostruirla incrociando le fonti documentali conservate sia nel fondo Estado
dell’Archivo Historico Nacional che nella Sección Histórica dell’Archivo Histórico del Ministerio
de Asuntos Exteriores23.
La prima spedizione inglese, comandata dal Generale Sir Lacy Evans, composta da circa 12000
uomini, giunse nel luglio 1835 a Santander e a San Sebastian, sulla costa settentrionale della
penisola iberica tra le Asturie e i Paesi Baschi.
La Francia inviò al governo di Madrid le unità della legione straniera che erano state impegnate
nella conquista dell’Algeria, comandate dal Generale Bernelle. Entrarono attraverso la città di Jaca
il 18 settembre 1835, ma una volta giunti sul territorio iberico, molti volontari passarono nelle fila
carliste. All’interno di questa legione era presente un battaglione di italiani, guidati dagli esuli
napoletani Andrea Ferrary e Raffaele Poerio24.
La legione portoghese entrò in Spagna attraverso Zamora il 25 ottobre 1835, guidata da Francisco
Xavier da Silva Pereira barone Das Antas. Successivamente si aggiunse il battaglione dei Cazadores
de Oporto, comandato dal colonnello Craster, che approdò via mare a Barcellona e combattè
soprattutto nel territorio del Maestrazgo e nella Valenza settentrionale.
È proprio la vicenda del battaglione dei Cazadores de Oporto a risultare emblematica per
comprendere il significato dell’esperienza del volontariato in Spagna per gli esuli italiani liberali.
Le loro vite verranno ricostruite attraverso lo studio dei documenti conservati presso il Museo
Centrale del Risorgimento di Roma e i fascicoli personali della sezione di Segovia dell’Archivo
General Militar. Come quella di Giacomo Durando25, che giungeva in Spagna da Mondovì dopo
rocambolesche peregrinazioni: un breve esilio in Svizzera da giugno a novembre 1831, la scelta di
entrare nella Legione Straniera belga quello stesso anno e di continuare la carriera militare in
Portogallo durante la guerra civile, dal 1833 fino alla capitolazione di Évora-Monte, il passaggio in
Spagna e la partecipazione alla campagna militare di Catalogna nel 1836 con i Cazadores de
Oporto. Altrettanto significativa è la biografia di Nicola Fabrizi, esule modenese e mazziniano, che
proprio durante la sua esperienza spagnola propose che l’iniziativa per l’unificazione italiana
potesse partire dalla Sicilia, isola che immaginò simile alla penisola iberica. Per i suoi progetti
cospirativi Fabrizi si sarebbe servito proprio della lezione appresa in Catalogna, delle incusioni
23
AMAE, Sección Histórica, ll. H2853, H2854.
Storia dell’antica Legione Straniera creata nel 1834, licenziata nel 1838 dei Signori Gen. G. Bernelle e Capit.
Augusto De Colleville voltata in italiano da Camillo Zanetti, Presso Marsigli e Rocchi, Bologna 1852.
25
P. Casana Testora, Giacomo Durando in esilio (1831-1847), Pubblicazioni del Comitato di Torino per la storia del
Risorgimento italiano, Torino 1979.
24
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partigiane e della guerra per bande, e avrebbe continuato fino al 1860 ad intrattenere lunghi rapporti
epistolari con i vecchi compagni dei Cazadores de Oporto, pur di coinvolgerli nell’impresa del
risorgimento italiano. Nella stessa brigata militò poi anche Giovanni Durando, fratello di Giacomo,
che percorse in Spagna passi importanti della sua carriera militare, oltre ai modenesi Manfredo
Fanti ed Enrico Cialdini, al toscano Domenico Cucchiari e al genovese Nicola Ardoino. Tutti si
impegnarono lungo un tragitto simile a quello che del resto fu il percorso del loro generale, ancora
un italiano, il genovese Gaetano Borso di Carminati, guida e fondatore di quel corpo cosmopolita in
Belgio, trionfatore ad Oporto, nonché firmatario del protocollo siglato a Lisbona, con cui nel
novembre 1835 i Cazadores de Oporto entravano a servizio della regina e reggente di Spagna
Maria Cristina di Borbone e della figlia Isabella.
Ma la militanza itinerante non era prerogativa esclusiva dei liberali. A sostegno di Don Carlo non
solo si schierarono ufficialmente Prussia, Austria, Regno delle Due Sicilie e Regno di Sardegna, ma
si formò anche una legione straniera di volontari, su iniziativa del generale prussiano Augusto
Laurens, che riunì tutti gli stranieri carlisti e i disertori delle legioni cristine a Salinas de Léniz, nella
provincia di Guipùzcoa, nei Paesi Baschi, dove stabilì il proprio quartier generale. Tra gli altri fu il
britannico Lord Ranelagh a farsi paladino della causa carlista: nel marzo 1837 era a Roma e con la
tacita approvazione del papa arruolava uomini per una legione straniera che soccorresse il
Pretendente26.
5. La struttura della tesi
Concludiamo con un ipotetico indice della tesi questa relazione su una ricerca che vuole proporre
una lettura di uno dei più importanti passaggi rivoluzionari del XIX secolo, che si sbarazzi della
tradizionale categoria dello Stato nazionale, per servirsi piuttosto di un contesto internazionale che
guardi non solo al Mediterraneo occidentale, ma all’intero continente europeo come terreno su cui
rivoluzionari di professione di ogni provenienza geografica e sociale misero alla prova la “nuova
politica”, la politica che mobilita, il cui seme era stato piantato dalla Rivoluzione francese e dalle
campagne napoleoniche e che iniziò a germogliare proprio nei campi di battaglia spagnoli della
prima guerra carlista.
26
AMAE, Sección Histórica, Politica Santa Sede, H2655.
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PRIMA PARTE
Spagna 1833-1840: “présage pour l’Europe entière”27
I. La questione dinastica e la crisi del prestigio della monarchia spagnola
II. Il Carlismo
III. La guerra civile: tra bullangas e fueros
SECONDA PARTE
La mobilitazione diplomatica internazionale
I. La «Cuadruple alianza»
II. La «diplomazia lenta»: lo schieramento delle Potenze Conservatrici
III. L’Italia «unita» dalla conservazione
TERZA PARTE
La “nuova politica”: l’esperienza del volontariato militare in Spagna
I. Un’Internazionale liberale: l’esilio come opportunità rivoluzionaria
II. Italiani in Spagna: i Cazadores de Oporto
III. Memorie di Spagna: l’esperienza iberica e i risorgimenti nazionali.
27
ASMAER, Moscati I, b. 120, f. 5, Spagna, Istruzioni originali di Vittorio Emanuele I al conte Prospero Balbo inviato
a Madrid (Torino 19 novembre 1816), citato in M. Mugnaini, Italia e Spagna nell’età contemporanea. Cultura, politica
e diplomazia (1814-1870), Edizioni Dell’Orso, Alessandria 1994, p. 78.
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