In copertina: Breuiculum, lam. XII (Karlsruhe, Badische Landesbibliothek, Cod. St. Peter, perg. 92, fol. 12r, riprodotta con il permesso della Biblioteca). Tommaso le Myésier, accompagnato da Raimondo Lullo, offre a Giovanna d’Évreux, regina di Francia e Navarra, l’Electorium magnum, l’Electorium medium e il Breuiculum. Machina Philosophorum Testi e studi dalle culture euromediterranee 38 Questo lavoro è stato realizzato all’interno del progetto di ricerca FI201129696-C02-02, della DGIGPN-MIECIC e 2014 SGR 53, dell’AGAUR della Generalitat de Catalunya Thomas <Migerii> (1267 - 1336) La Parabola gentilis : con la Quaestio quam clamauit palam saracenis in Bugia e l’opuscolo di Jean Quidort Tractatus de probatione fidei per testimonia paganorum / Tommaso Le Myésier ; edizione critica e studio di Óscar de la Cruz Palma ; traduzione italiana a cura di Giuliana Musotto. – Palermo : Officina di Studi Medievali, 2014. (Machina Philosophorum : testi e studi dalle culture euromediterranee ; 38) I. Thomas <Migerii> (1267 - 1336) II. Ioannes : Parisiensis III. Cruz Palma, Oscar : de la IV. Musotto, Giuliana 1. Filosofia della religione 210 CDD-21 CIP: Biblioteca dell’Officina di Studi Medievali Collana coordinata da: Armando Bisanti, Maria Bettetini, Carolina Miceli, Luca Parisoli, Luciana Pepi, Patrizia Spallino. Copyright © 2014 by Officina di Studi Medievali Via del Parlamento, 32 – 90133 Palermo e-mail: [email protected] www.officinastudimedievali.it www.medioevo-shop.net ISBN 978-88-6485-063-4 ISBN 978-88-6485-055-9 (e-book) Ogni diritto di copyright di questa edizione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo è riservato per tutti i Paesi del mondo. È vietata la riproduzione, anche parziale, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata dall’editore. Prima edizione, Palermo, novembre 2014 Stampa: FOTOGRAPH s.r.l. Editing redazionale: Giuliana Musotto Editing: Alberto Musco Tommaso Le Myésier LA PARABOLA GENTILIS con la Quaestio quam clamauit palam saracenis in Bugia e l’opuscolo di Jean Quidort Tractatus de probatione fidei per testimonia paganorum Edizione critica e studio di Óscar de la Cruz Palma Traduzione italiana a cura di Giuliana Musotto 2014 Tutte le collane editoriali dell’Officina di Studi Medievali sono sottoposte a valutazione da parte di revisori anonimi. Il contenuto di ogni volume è approvato da componenti del Comitato Scientifico ed editoriale dell’Officina o da altri specialisti che vengono scelti e periodicamente resi noti. All the editorial series of the Officina di Studi Medievali are peer-reviewed series. The content of the each volume is assessed by members of Advisory Board of the Officina or by other specialists who are chosen and whose names are periodically made know. Hoc opvs Fernando Domíngvez Reboiras perfecto amphitryoni illvstrissimo Raimvndi-Lvlli-Institvti Fribvrgensis feliciter cordialiter dicatvm INDICE Introduzione1 0. Giustificazione 1 1. La Parabola gentilis de Le Myésier come introduzione all’op. 11 Liber de gentili et tribus sapientibus di Raimondo Lullo 5 2. Trasmissione del testo 8 3. Contenuto 10 4. Composizione: il metodo compilatorio di Le Myésier 13 5. Fonti 14 5.1. Le citazioni dell’op. 11 Liber de gentili di Raimondo Lullo nella Parabola 14 5.2. Jean Quidort di Parigi citato nella Parabola 14 6. Descrizione dei manoscritti 16 6.1. Stemma codicum 20 7. Criteri di edizione, apparato critico e apparato delle fonti 24 8. Sigla et signa 25 Parabola gentilis. Parabola iuuans ad disponendum christicolas Appendice I: Quaestio quam clamauit palam Saracenis di Tommaso le Myésier, edizione critica 27 123 Appendice II: Tractatus de probatione fidei per testimonia paganorum di Jean Quidort di Parigi, edizione critica 129 Giustificazione 129 Criteri di edizione e numerazione del testo 131 Descrizione dei manoscritti. Testimonia et sigla 132 Testo137 Abbreuiationes - Bibliographia 175 Index codicum 185 Index nominum et locorum 187 Organigramma dell’Officina di Studi Medievali 193 IX Introduzione1 0. Giustificazione Nell’op. 11 Liber de gentili et tribus sapientibus (c. 1271-1274 relativamente alla versione catalana originale e c. 1274-1289 per la traduzione latina) un gentile dialoga con tre interlocutori, un giudeo (libro II), un cristiano (libro III) e un saraceno (libro IV), sui principi e le dottrine proprie delle loro rispettive religioni. Il dialogo si articola secondo le condizioni previamente poste dal prologo della Sapientia (con varianti testuali rispetto all’Intelligentia), una figura allegorica, che interviene nel primo libro presentando ai personaggi le regole fondamentali dell’Ars lulliana e lo fa mediante l’uso di esempi sull’esistenza di Dio. Nel prologo dell’opera risalta come la presentazione del gentile avvenga in maniera poco definita, come un uomo che anela alla comprensione della bellezza, della vastità e della diversità del mondo e del loro Creatore. Meravigliato dalla Naturalezza e sconfortato a causa della sua incomprensione, la foresta in cui vive è un luogo appartato, sebbene non lontano dalla città, nel quale incontra i tre sapienti. Gli alberi del luogo, anche allegoricamente, con i propri fiori forniscono i vizi e le virtù, che servono come indice degli argomenti da discutere. Il libro di Raimondo Lullo sviluppa la dialettica apologetica del cristianesimo da un punto di vista innovatore: devono essere le rationes necessariae (mediante la tecnica che fornisce l’Ars) e non le auctoritates, né tanto meno l’imposizione forzata, a dimostrare quale delle tre religioni si basi su fondamenti più solidi. Questa ri- 1 Ringrazio il personale del Raimundus-Lullus-Institut della Albert-LudwigUniversität di Freiburg i. Breisgau, per l’accoglienza riservatami nell’autunno del 2004. Ringrazio in particolar modo il Dr. Fernando Domínguez Reboiras, per avere messo a mia disposizione tutti i mezzi di cui egli stesso disponeva per la realizzazione di questo lavoro. Ringrazio anche il professore Alessandro Musco, per l’interesse che ha mostrato per questo lavoro e per averlo pubblicato; e Giuliana Musotto, per la dedizione mostrata che è stata molto più preziosa della semplice traduzione in italiano del testo. 1 cerca dell’intelligentia come ragione del fondamento della fede si identifica con il leitmotiv di Raimondo Lullo contro il disprezzo per l’uso delle auctoritates. Lo esprime sintenticamente nei suoi Proverbi in questo modo: «Vbi plus intelligis, plus potes credere».2 Sarà interessante, quindi, notare lo sviluppo delle autorità di cui fa uso Le Myésier nella Parabola con questo stesso scopo. Nell’epilogo dell’op. 11 Liber de gentil vengono affronati due argomenti di uguale interesse: il primo, dopo il dialogo e nel momento del commiato dei sapienti, i quali si rammaricano di non avere potuto disporre del tempo necessario per giungere alla conclusione di un’unica fede, che eviterebbe le differenze tra i popoli e, quindi, i mali del modo. Ognuno di loro, comunque, si impegna a continuare a cercare queste concordanze tra le religioni per giungere alla conclusione di una fede comune.3 Conclusosi il dialogo, il gentile deve chiarire quale delle tre religioni sostiene correttamente la fede e, quindi, quale delle tre sceglierà per la sua conversione.4 Nel momento di dichiarasi a favore di una di esse, Raimondo Lullo irrompe nelle ultime righe e si rivolge direttamente al lettore dicendogli che, con l’aiuto dell’op. 3, ovvero dell’Ars compendiosa inueniendi ueritatem (1274), egli potrà conoscere la scelta fatta dal gentile.5 Più avanti, lo stesso Lullo chiarirà quale è stata la scelta operata dal gentile, ossia il cristianesimo, e lo farà nell’ op. 122, Liber de fine, I, 5 (1305): Quo ad theologiam libri nostri supra dicti essent ualde boni, et inter alios Liber gentilis; in quo christianus, Saracenus et Iudaeus coram quodam gentili de ueritate disputant. Et de fide per illum librum Op. 69, Liber prouerbiorum XVI “De fide”, ROL XXX, 200, lin. 11. Op. 11, Gentil, epil.: «[...] e que tant de temps durás nostra esputatió tro que tos .iii. aguessem .iª. ffe, .iª. lig tan solament, e que enffre nos aguessem manera de honrar e servir la .i. l’autre, per so que enans nos puscam concordar? Cor guerra, treball, malevolenssa, e donar dan, e honta enpatxa los homens a eser concordants en .iª. creenssa. [...] E con se serien concordats e avenguts en .iª. ffe, que anasen per lo mon donant gloria e laor del nom de nostre senyer Deus» (NEORL II, 209, lins. 299-308). 4 Op. 11, Gentil, epil. (NEORL II, 207, lins. 224-232). 5 Op. 11, Gentil, epil.: «[...] demanant qual lig es semblant que·l gentil aja triada per eser agradable a Deu» (NEORL II, 210, lins. 317-318). 2 3 2 possent cognoscere, si uolebant, quod sancta fides catholica obtinet ueritatem, et quod Iudaei in errore sunt, et etiam Saraceni (ROL IX, 267, lins. 541-545). Nell’opera di Raimondo Lullo però non si trova dettaglio alcuno sull’identità del gentile che, a giudicare dalla chiara definizione di “gentiles” che viene data nell’op. 8. Doctrina pueril, potrebbe appartenere a qualsiasi cultura dell’extramundo giudeo-cristianomusulmano del Mediterraneo.6 L’identificazione del gentile, almeno secondo i lullisti come Tommaso le Myésier, non cessava di avere la sua importanza. Pertanto, se i sapienti delle tre religioni pretendono di convincere i propri interlocutori, qual è allora la predisposizione del gentile? Se ognuno di essi è il rappresentante di una cultura, di una natio o di una Lex, se ciascuno di essi è ben definito dal punto di vista storico, sociologico e culturale, la conversione del gentile vuole indurre a riconoscere quale cultura? Cosa pretendeva Raimondo Lullo con questa figura? Secondo Le Myésier, il maestro si esprimeva mediante l’uso della parabola come, secondo quanto egli dice, era solito fare per raggiungere l’obbiettivo del proprio lavoro: «Sed quia Remundus quandoque aliquas parabolas facit, ut apte ueniat ad intentum, ideo, per modum eius, fingere intendo huius rei introitum in hunc modum».7 La pretesa di Le Myésier è quella di chiarire l’identità del gentile, ciò infatti contribuirebbe al raggiungimento dell’obbiettivo che si propone il testo di Raimondo Lullo. E lo fa seguendo il modello del maestro e componendo una Parabola gentilis che accresca la conoscenza sul personaggio principale del dialogo. Tommaso le Myésier è determinato nella sua decisione. Quando redige l’Electorium magnum, probabilmente il suo contributo più influente al lullismo, sostituisce il prologo che compose Raimondo 6 Op. 8 Doctrina pueril, 72, 3, (c. 1274-1276) (ROL XXXIII, 356-357, lins. 19-29): «Mogels, tartres, bulgars, ongres d’Ungria la Manor, comans, nasturins, rosogs, genovins e molts d’altres, son gentils e son homens qui no an lig. E, enaxí con flom d’aygua qui per custuma va enjús e no fa mas decorrer en la mar, enaxí tots aquels decorren e no cessen de perdre Deu e de anar en foch perdurable; e a penes es negú qui sia lur precurador ne qui·ls ajut a demostrar via perdurable». 7 Quaestio, lins. 55-57 (cf. Appendice I) 3 Lullo all’op. 11. Gentil con uno nuovo, che intitola Parabola iuuans ad disponendum christicolas, comunemente nota come Parabola gentilis.8 Per contribuire a comprendere l’interpretazione di Le Myésier, il presente lavoro fornisce l’edizione critica della Parabola, la cui lettura consentirà di approfondire la conoscenza del lullismo e, più direttamente, la tradizione della lettura e della tras-missione dell’op. 11. Gentil, essendo questo il libro maggiormente citato dallo stesso autore all’interno di tutta la sua produzione. Durante il lavoro di edizione della Parabola, si è ritenuto necessario realizzare l’edizione critica di altri due opuscoli, entrambi essenziali per una lettura sicura della Parabola: nell’Appendice I viene editata la Quaestio quam clamauit palam Saracenis, un’introduzione alla Parabola scritta da Le Myésier9 e quindi una parte della stessa.10 Nell’Appendice II, invece, si riporta l’edizione critica del testo di Jean Quidort di Parigi, il Tractatus de probatione fidei per testimonia paganorum,11 giacché esso è stato copiato quasi integralmente da Le Myésier per la stesura della sua Parabola. Ciascuna delle due edizioni ha permesso di localizzare le fonti utilizzate rispettivamente da Le Myésier e dal suo contemporaneo Jean Quidort, ma anche di scoprire che le opere del francescano Ruggero Bacone, specialmente la Metaphisica e l’Opus maius, sono state essenziali. Tali riferimenti, cui si aggiungono le citazioni meno numerose, ma non per questo meno significative, come il riferimento allo Speculum musicale di Johannes de Muris, anch’egli contemporaneo di Le Myésier, convertono la Parabola in un esempio di intertestualità che consente di comprendere le relazioni esistenti tra gli intellettuali parigini nella prima metà del XIII secolo. D’ora innanzi mi riferirò ad essa semplicemente come Parabola (cf. l’apparato finale delle Abbreuiationes). 9 Questa edizione è stata presa dal mio lavoro de la Cruz (2004), ma, data la sua brevità, ho ritenuto utile riproporlo insieme alle opere del medesimo contesto della Parabola. 10 Da questo momento si userà la dicitura Quaestio (cf. l’apparato finale delle Abbreuiationes). 11 D’ora in avanti verrà indicato semplicemente come Quidort o Tractatus di Quidort (cf. l’apparato finale delle Abbreuiationes). 8 4 1. La Parabola gentilis di Le Myésier come introduzione all’op. 11 Liber de gentili et tribus sapientibus di Raimondo Lullo Tommaso le Myésier o Thomasius Migerius (m. 1336) è uno dei primi e più influenti lullisti della tradizione connessa alle opere di Raimondo Lullo (1232-1316). I due entrarono in relazione in vita, quando Le Myésier era ancora un socius della Sorbona,12 ai tempi della prima visita di Raimondo Lullo a Parigi negli anni 1287-1289. Questa relazione si mantenne anche successivamente nella forma più propria di maestro-alunno, come dimostrano sia i testi trasmessi da Le Myésier sia parte della sua produzione. Infatti, per esempio, Lullo inviò al suo discepolo l’op. 84 Liber super quaestionibus Magistri Thomae Attrebatensis (Parigi, luglio 1299), alcune risposte formulate da Le Myésier dopo lo scritto sull’applicazione dell’Ars lulliana. È probabile che si incontrarono nuovamente in occasione dell’ultimo soggiorno a Parigi di Raimondo Lullo, tra il 1309 e il 1311, prevalentemente nella Certosa di Vauvert (attualmente i Giardini di Lussemburgo, molto vicini all’Università La Sorbona). Probabilmente in quell’occasione Le Myésier cercava l’approvazione del maestro sul progetto di raccogliere le sue opere.13 Non a caso, dal prologo e dal contenuto delle domande presenti nell’op. 84 Liber super quaestionibus Magistri Thomae Attrebatensis,14 si deduce che Le Myésier conosceva diverse opere lulliane, cui si aggiungono, oltre ai contatti personali, le donazioni di libri di Raimondo Lullo alla Certosa di Vauvert, secondo quanto si evince dall’op. 189 Vita coaetanea (Parigi, 1311): Diuulgati quidem sunt libri sui [sc. Raymundi] per uniuersum; sed in tribus locis fecit eos praecipue congregari; uidelicet in monaste- Hillgarth-cat., p. 192. Hillgarth-cat., p. 195. 14 Il libro è ancora inedito (ad eccezione delle edizioni di Lión del 1491, di Venezia del 1507 e di Maiorca del 1746), ma si può consultare il testo digitalizzato dei manoscritti grazie al servizio offerto dal Raymundus-Lullus-Institut de la AlbertLudwig-Universität de Freiburg i. Breisgau: http://freimore.ruf.uni-freiburg.de. Per i riferimenti bibliografici, si veda anche il catalogo di A. Bonner, in http://orbita.bib. ub.es/llull. Queste indicazioni sono valide per tutte le opere lulliane. 12 13 5 rio Cartusiensium Parisius, et apud quendam nobilem ciuitatis Ianuae, et apud quendam nobilem ciuitatis Maioricarum (ROL VIII, 304, lins. 744-745). Effettivamente Le Myésier raccolse le opere lulliane in quattro “formati”: a partire da una grande raccolta chiamata Electorium magnum, deriva un Electorium medium (andato perduto), cui segue un paruum (conosciuto come Breuiculum, l’originale è conservato a Karlsruhe, Badische Landesbibliothek, St. Peter, perg. 92)15 e, infine, da quest’ultimo un minimum (che è andato perduto). Sebbene il manoscritto originale dell’Electorium magnum o, semplicemente, Electorium, sia andato perduto, il suo migliore rappresentante è il ms E (Parigi, Bibliothèque Nationale de France, ms. lat. 15450),16 che utilizzo nelle edizioni che propongo nel presente lavoro. In questo compendio, Le Myésier organizza le opere lulliane per temi, in sette parti, ad ognuna delle quali aggiunge un prologo. La settima parte è dedicata alle opere lulliane che confutano le dottrine eterodosse o eretiche e alle religioni non cristiane, tra cui in particolare il Giudaismo e soprattutto l’Islam, uno degli obbiettivi più importanti dell’opera lulliana. I testi trattati nel presente studio sono strettamente relazionati all’introduzione redatta da Le Myésier per la settima parte del suo Electorium. Nel prologo generale alle opere che costituiscono questa settima parte (E fols. 448ra-451v), Le Myésier relaziona i testi in una forma caratteristica, ossia ciascuno di essi introduce il successivo. Prima di tutto si trova la presentazione generale alla settima parte (Pars septima magna. Incipit pars prime intentionis, E fols. 448ra-448va),17 cui segue il testo di Raimondo Lullo op. 181. Liber de quaestione ualde alta et profunda18 (E fols. 448va-451v), al quale Le Myésier aggiunge Ed. ROL Suppl. Lul. I. Senza dubbio, contiene note marginali attribuite alla mano di Le Myésier. Relativamente ai problemi di compilazione di questo trattato, alla sua conservazione e trasmissione, ai contenuti e alle parti che lo compongono, cf. principalmente Hillgarth, passim. 17 Hillgarth, appendix VI, pp. 432-435. 18 Ed. ROL VIII, pp. 147-174. 15 16 6 un commento (E fol. 451vb).19 A seguire, Le Myésier inserisce un altro suo testo proprio, intitolato Quaestio quam clamauit palam Saracenis (E fol. 452ra)20 che, a ragione dell’explicit,21 può essere considerato come un prologo della Parabola gentilis (E fols. 452rb-457v).22 A continuazione (E fols. 458r-495r) si trova l’op. 11 Liber de gentili et tribus sapientibus, priva però del prologo di Raimondo Lullo. La Quaestio quindi, come esplicitato nelle ultime linee, può essere considerata l’introduzione alla Parabola che, a sua volta, serve da introduzione all’op. 11 Liber de gentili et tribus sapientibus,23 che è il testo successivo. Questo insieme di testi concatenati costituisce, quindi, il prologo di Le Myésier alla settima parte del suo Electorium. Concretamente la Parabola gentilis funge meglio da prologo all’op. 11. Gentil, che apre il compendio delle opere lulliane in questa settima parte, anche se deve essere letta alla luce del posto che essa occupa nell’intestazione. La stretta relazione testuale e tematica che la Parabola mantiene con l’op. 11. Gentil mi ha spinto ad occuparmi della sua Hillgarth, appendix VI, pp. 435-436: expl. «Quia ergo iam uisum est quod articuli, quos negant infideles et qui sunt difficiliores ad probandum, christianis iam sunt bene probati, scilicet diuina Trinitas et Filii Dei incarnatio, restat Remundo posse ostendere quod tales articuli non sint dati pro nihilo nec sine fine, aduertens quod, si non est alia uita hominibus, perpetua, frustra et sine utilitate est fides et omnes eius articuli friuoli sunt nec est curandum de fide nec de eius suprema ueritate. Qua re clamat Remundus et clamauit Bugiae in platea publica inter meliores et magis peritos Saracenos quod fides catholica Romana sancta est, Deo accepta siue grata et salubris, primitiua, uera et necessaria ad salutem». 20 Hillgarth, appendix VI, pp. 436-438; de la Cruz (2004). Propongo la mia edizione critica nell’Appendice I. 21 Appendice I, lins. 53-57. 22 Si può considerare l’illustrazione che si trova nei fols. 457v-458r parte del Liber de gentili e non della Parabola. 23 L’explicit della Parabola gentilis è il seguente (fol. 458r): [parla la Sapienza, il personaggio allegorico che si presenta ai saggi e al gentile] «Modus inuestigandi per has arbores existere talis debet, scilicet quod intellectus inuestigare uolens consideret has quinque arbores et quomodo quaelibet arbor habet flores suos propios [...] Veniamus ergo primo ad primam arborem et dicamus sic:». Quindi, l’Electorium apre il primo libro dell’op. 11 Liber de gentili: «Manifestum est intellectui humano [...]», prescindendo dal prologo che si legge nella versione catalana (cf. NEORL II), ma che si conserva negli altri testimoni latini. 19 7 edizione critica, che non è altro che l’obbiettivo principale del presente lavoro. 2. Transmissione del testo La collocazione della Parabola nell’Electorium (cod. E)24 permette di chiarire alcune delle ragioni della sostituzione perché, com’è noto,25 questo testimone è un trasmettitore significativo del progetto di compilazione que Le Myésier fece delle opere lulliane. Senza dubbio, nonostante l’intenzione di Le Myésier, la trasmissione della Parabola induce a pensare che essa non sempre è stata accettata come il prologo all’op. 11. Liber de gentili. La ricezione dei manoscritti che si conservano rende evidente che la Parabola ha acquisito una tradizione propria rispetto all’op. 11 Liber de gentili, al punto da diventare un opuscolo indipendente: negli otto manoscritti che tarsmettono la Parabola, il testo non occupa sempre la medesima posizione. Lo schema seguente riassume la posizione della Parabola nei suoi testimoni, in comparazione con quelli che trasmettono l’op. 11 Liber de gentili: Manoscritti testimoni dell’op. 11 Manoscritti testimoni della ParaLiber de gentili bola gentilis R = Paris, Bibliothèque Nationale, ms. lat. 16114 (fin. s. XIII), fols. 15v-73r E = Paris, Bibliothèque Nationale, ms. lat. 15450 (c. 1325), fols. 458r-495r E fols. 452rb-457v Come si vedrà nello studio relativo alla trasmissione del testo e nello stemma codicum, oltre ad E, sono molto importanti i codici V e M5; tuttavia gli ultimi due non consentono di percepire molto chiaramente la collocazione della Parabola nel progetto generale di Le Myésier. 25 In maniera più approfondita, cf. Hillgarth, passim. 24 8 G = Berlin, Staatsbibliothek, ms. lat. 465 (s. XIV), fols. 1r-51v M = München, Bayerische Staatsbibliothek, Clm. 10497 (s.XIVXV), fols. 1ra-48ra P = Palma, Biblioteca Pública, ms. 1062 (a. 1390), fols. 1r-106v B = Bologna, Biblioteca Universitaria, 1732 (888) (s. XIV) fols. 2r-57v O = Oxford, Bodleian Library, Arch. Seld. B.25 (s. XIV-XV), fols. 90r-155r V = Vaticano, Biblioteca Apostolica, Vat. lat. 9344 (s. XV), fols. 2r-62r C = Roma, Biblioteca Casanatense, ms. 1414 (olim D.I.5), (prim. med. s. XV) fols. 116r-136v N = Mainz, Stadtbibliothek II.234 (s. XV), fols. 202v-264r H = Salamanca, Biblioteca de la Universidad, 1875 (s. XV), fols. 1r-87r A = Milano, Biblioteca Ambrosiana, A 208 Inf. (s. XV), fols. 2ra-55ra R2 = Paris, Bibliothèque Mazarine, ms. 3501 (1390) (s. XVII), fols. 170v-204v R3 = Paris, Bibliothèque Mazarine, ms. 3506 (2157) (s. XVII), 9v-118r M2 = München, Bayerische Staatsbibliothek, Clm. 10594 (s. XVII), fols. 22r-144v M3 = München, Bayerische Staatsbibliothek, Clm. 10564 (s. XVII), fols. Int.II 19r-97v M4 = München, Bayerische Staatsbibliothek, Clm. 10575 (s. XVII), fols. Int.II 32v-165r V fols. 179v-191v. R2 fols. 167r-170v (P3 in Hillgarth) R3 senza numerazione (fols. 1r-9v) (P4 in Hillgarth) M3 fols. Int.II 2v-16v (P1 in Hillgarth) M4 fols. Int.II 2v-32r (P2 in Hillgarth) 9