EUROPANEWS n. 9 del 31/01/2011 anno XXII - Organo ufficiale dell’associazione “L’INCONTRO” - Bisettimanale di informazione, politica e attualità. - Editrice Direzione Redazione: Mopak s.r.l. - I strada 66 35129 Padova - Direttore responsabile: ALBERTO ZUCCATO Autorizzazione del Tribunale di Padova n. 1214 del 12/05/90 Spedizione in A.P. - 45% - art. 2 comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Padova. - Sped. Abbonamento INDIRETTO - Contiene I.P. - Stampa Litocenter srl - Zona industriale nuova - 35016 Piazzola sul Brenta (PD) - Prezzo Euro 0,1852 ANZIANI Servizi per i “diversamente giovani” DIPENDENZE L’amore che cura e fa rinascere Gennaio 2011 il Notiziario dell’Operatore Socio Assistenziale incontri INFANZIA Un villaggio dove crescere MULTICULTURALITÀ Operatore multiculturale, un professionista per il mondo che cambia DISABILI Interventi mirati per l’integrazione ISTITUTO CORTIVO: diventa professionista nel sociale. Dal 1984 l’Istituto Cortivo opera nel campo della progettazione ed erogazione di attività formative nel sociale, un mondo ricco di umanità che rappresenta da sempre il suo esclusivo e coinvolgente orizzonte di impegno. Oltre vent’anni di esperienze, di scelte e di fatti concreti hanno forgiato una struttura dinamica e vitale, un potente motore che, alimentato dall’energia della volontà e della solidarietà, forma non solo personale altamente qualificato e professionalmente motivato, ma promuove e partecipa anche ad iniziative sociali e culturali rivolte a migliorare la qualità della vita nella nostra società. L’Istituto Cortivo è presente con i suoi Centri Didattici nelle principali città italiane; la sede centrale è a Padova. Un’organizzazione efficiente, perfettamente armonizzata, che sa adeguarsi alle realtà locali senza mai venir meno agli obiettivi e ai criteri guida che uniformano tutte le attività dell’Istituto Cortivo. Per consentire ai suoi allievi di svolgere l’esperienza di tirocinio pratico nella propria zona di residenza, l’Istituto Cortivo ha stipulato convenzioni con oltre 8500 Enti pubblici e privati in tutte le regioni d’Italia. A garanzia della qualità dei cicli di formazione proposti, l’Istituto Cortivo si è dotato di un Comitato Scientifico che si dedica alla valutazione della correttezza metodologica dei percorsi didattici programmati per i vari corsi di formazione, delle strategie e degli orientamenti formativi messi a punto dalla Direzione Didattica. ASER C QU Essere protagonista nel sociale Corsi di formazione per Operatori Socio Assistenziali nei seguenti ambiti operativi: Multiculturalità - Infanzia - Dipendenze Anziani - Disabili - Assistente Turistico Disabili - Amministratore di Sostegno Animatore SA8000 ORGANIZZAZIONE C E RT I F I C ATA ONI S.R.L ZI . T I FI C A ER SGQ certificato a fronte della norma ISO 9001:2008 Istituto Cortivo via E. Ramin, 1 35136 Padova www.cortivo.it per informazioni: editoriale Il tempo della Solidarietà Quando l’equilibrio fra l’uomo e la natura si spezza, giunge il tempo della Solidarietà. Sebbene siamo consapevoli del fatto che il rapporto uomo - natura sia giunto in varie situazioni al limite di rottura, rimangono sempre e comunque troppo poche e sporadiche le iniziative concretamente rivolte al tentativo di migliorare le cose. Purtroppo, anche nella nostra società ci sono molteplici situazioni di fragile equilibrio e, anche in questo caso, i provvedimenti tesi a risolvere i problemi sono spesso inadeguati e di scarsa efficacia. Alle volte sembra proprio che il nostro sistema di vita sia indirizzato a perpetuare i rischi e i disagi piuttosto che a prevenirli e, possibilmente, a eliminarli. Le conseguenze di questo atteggiamento riempiono la cronaca quotidiana: sempre più persone in difficoltà alle quali manca un adeguato livello di assistenza e sempre più frequenti eventi funesti, come la recente alluvione che ha colpito le popolazioni venete soprattutto nelle aree del Veronese, del Vicentino e del Padovano. Che fare, allora? Fra i tanti che si fanno questa domanda ci siamo anche noi dell’Istituto Cortivo, che da tempo cerchiamo di renderci utili in entrambi i versanti al meglio delle nostre possibilità. Per quanto riguarda l’assistenza ai disagiati, il nostro impegno è da sempre quello di formare professionisti nel sociale che sappiano offrire non solo competenza e volontà, ma anche doti di umanità e partecipazione, che donano all’attività di aiuto un significato più elevato e tangibile, di sensibilità e solidarietà. Solidarietà è il concetto che più degli altri caratterizza il nostro mondo e il nostro modo di agire, che ci dà la spinta per muoverci concretamente verso tutto ciò e tutti coloro che possono avere bisogno di noi. Già in altre occasioni abbiamo esteso il nostro obiettivo oltre i confini del sociale e, anche questa volta, di fronte alla distruzione che ha raggiunto tante località del Veneto, non siamo rimasti insensibili. Abbiamo deciso di non stare a guardare, ma di intervenire attivamente per alleviare le conseguenze del disastro. Come riporterà anche il nostro Bilancio Sociale, è stato scelto di devolvere aiuti concreti a favore degli alluvionati, per il loro sollievo e per la nostra gioia di contribuire a rendere meno dura la situazione che vivono. Se credi di voler condividere con noi questo spirito di Solidarietà, quello che ti invitiamo a fare è segnalarci le iniziative solidali e sociali più meritevoli di essere conosciute. Sappiamo che in tutto il territorio ci sono persone che lavorano senza clamore, senza fare notizia, mettendo semplicemente a disposizione degli altri tempo, forza e talento. Crediamo sia giusto stimolare queste persone a continuare a impegnarsi, tentando di portare alla luce le loro attività benefiche e umanitarie che sono il collante del nostro tessuto sociale. A tal proposito, abbiamo creato il nuovo indirizzo mail [email protected] a cui inviare le iniziative di cui sei a conoscenza. Se hai notizia, nella tua zona di residenza, di idee o progetti che valga la pena diffondere, informarci! Ci impegniamo a parlarne e, come anticipato nel precedente numero di “Incontri”, ci piacerebbe dare vita a una rete comunicativa il cui scopo non sarà, per una volta, ricercare lo scoop a tutti i costi, ma dare, invece, spazio e visibilità alle infinite gocce del nostro grande e pacifico fiume, generoso e interessato solo a rendere fertili i territori del disagio e del bisogno per farvi crescere fiori bellissimi”. 1 INCONTRI Gennaio 2011 2 INCONTRI Gennaio 2011 sommario 04 INFANZIA Esperienze importanti tra comunità e scuola primaria 06 Un villaggio dove crescere 04 08MULTICULTURALITÀ Mamma mia, maestra, come sei magla, devi mangiale... 09 Operatore multiculturale, un professionista per il mondo che cambia 10 AGENDA SEMINARI & CORSI 08 11 centro studi piazza 12ANZIANI Servizi per i “diversamente giovani” 14 Giorno dopo giorno le gratificazioni crescono 12 16DISABILI Interventi mirati per l’integrazione 17 Accettare una sfida dà più responsabilità e più soddisfazioni 18 ASSISTENTE TURISTICO PER DISABILI Viaggiando con la diversità 16 20 AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO Il saper essere non basta, serve il saper fare 21 Amministratore di Sostegno per porre rimedi a vite difficili 20 progetto grafico e impaginazione: immagina.biz 22DIPENDENZE Né drogati né ubriaconi, solo persone 23 L’amore che cura e fa rinascere 24 SPAZIO INCONTRI 25 EX ALLIEVI RACCONTANO 28 SERVIZIO SEGNALAZIONE ALLIEVI 22 3 INCONTRI Gennaio 2011 INFANZIA Esperienze importanti tra comunità e scuola primaria Belle e intense le parole di Daniela Pina, che ci racconta di seguito il nocciolo della sua esperienza di tirocinante in due diverse realtà della provincia di Alessandria, entrambe attive nel settore dei servizi per l’infanzia. Grazie al tirocinio, infatti, Daniela ha potuto confrontarsi con i problemi dell’assistenza ai bambini e diventare più consapevole delle loro esigenze. Dite: “È faticoso lavorare con i bambini” Avete ragione! Poi aggiungete: “Perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, chinarsi, curvarsi, farsi piccoli...”. Qui avete torto, non è questo che più stanca. È piuttosto il fatto di essere obbligati ad innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti. Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi. Per non ferirli! 4 INCONTRI Gennaio 2011 INFANZIA Il mio tirocinio si è svolto presso due strutture: una comunità per minori, che rispondeva al bisogno di tutela, assistenza ed educazione del minore tenendo conto dell’importanza delle relazioni nelle prime fasi evolutive, e una scuola primaria con forte presenza di allievi stranieri provenienti da Albania, Romania, Marocco, Pakistan ed Ecuador. Comunità per minori Nella comunità c’erano bimbi di tutte le età, dagli ancora lattanti ai preadolescenti di 11 anni. Inizialmente, hanno fatto fatica ad accettare la mia presenza, ma con il tempo si sono abituati, hanno cominciato ad ascoltarmi e a considerarmi un adulto di riferimento. Viste le tante età diverse, ho gestito le attività in modo variegato, pianificandole con la referente educativa in modo che fossero in sintonia con gli obiettivi prefissati dall’équipe. Quindi, giochi in giardino con la palla di spugna, percorsi in triciclo e giochi di movimento dondolante con i piccoli sino a tre anni per sperimentare l’orientamento nello spazio e giocare senza cadere e perdere il ritmo (altalena, cavallo a dondolo, ecc.), ma anche tanto gioco libero. In questa fascia d’età, mi è stata affidata una piccolina di un anno, appena arrivata in comunità. Non sapeva né camminare, né gattonare, ma, con il passare dei giorni, l’ho aiutata ad avere fiducia in se stessa accompagnandola prima a lasciarsi andare a gattoni sul tappeto e poi, nel giro di un mese, a compiere i primi passi. Con affetto e pazienza, le ho insegnato a fidarsi di me, ad acquisire la consapevolezza che io ero lì accanto a lei per aiutarla ad alzarsi tutte le volte che cadeva. Il fatto di muoversi le ha consentito anche di potersi relazionare di più e meglio con lo spazio e con i suoi compagni di gioco. Dopo alcuni mesi, la bimba è stata affidata ad una famiglia, ma, nel frattempo, aveva imparato a camminare! Con i ragazzini, invece, le attività erano più complesse. Il mattino giocavano in giardino: amavano andare in bicicletta, ma anche inventare continuamente nuovi giochi. I preferiti erano comunque il classico nascondino e il gioco del “ce l’hai”. Non sempre andava tutto liscio, a volte litigavano e se le davano di santa ragione. Per contenere la loro aggressività, ho pensato di organizzare parte del tempo libero con attività manuali e con lo svolgimento dei compiti per le vacanze. Abbiamo creato cartelloni utilizzando varie tecniche, pennarelli, matite colorate, tempere, pastelli a cera, collage e carta crespa. Ho insegnato loro come usare tempere e pennelli, ho ritagliato infiniti quadratini di carta per il mosaico e con la carta crespa abbiamo create tante palline e striscioline poi utilizzate per decorare i cartelloni... Scuola Primaria In questa scuola erano presenti ragazzini di ceto sociale medio alto, ma anche tanti bimbi stranieri. L’ambiente era comunque molto omogeneo ed equilibrato perché la scuola era riuscita, grazie ai vari progetti di inserimento ed integrazione, a riunire sotto lo stesso tetto un’ampia varietà di nazionalità, culture e religioni. In questo contesto ho svolto il tirocinio nell’ambito del sostegno scolastico a bimbi con difficoltà. È in questa veste che ho conosciuto Patrizio, un ragazzino di quinta elementare che aveva frequentato una scuola privata ed era stato trasferito da poco nella nuova classe. Le insegnanti, pur avvertendo una problematica nel bambino, sono venute a sapere solo a fine anno che Patrizio era seguito da una psicologa per una diagnosi di disturbo della personalità, informazione che, forse, se fosse stata inviata prima alla scuola, avrebbe consentito di ottimizzare il piano di recupero. Patrizio aveva molte lacune e non riusciva a stare al passo con i compagni. Le maestre avevano però creato una buona atmosfera attorno a lui: tutti gli volevano bene e non lo prendevano in giro per le sue difficoltà. Il mio compito era di supportarlo individualmente utilizzando schede appositamente pensate per facilitarlo nello studio. È stata, quindi, sviluppata una programmazione individualizzata con obiettivi minimi. Abbiamo lavorato molto sulla lingua italiana e sulla scrittura, che presentava molte anomalie. Non era una scrittura disgrafica, ma evidenziava troncature ed elisioni nelle parole. Patrizio tendeva a non terminare le parole e a tralasciare le regole grammaticali. Non era nemmeno in grado di usare il corsivo. Nell’esposizione orale, invece, era molto fantasioso e creativo, ma questo lo portava spesso a raccontare fatti non attinenti al testo della lettura. Ho deciso di lavorare sulla lettura: leggevamo insieme dei brani e poi lo aiutavo a sintetizzarli con la scrittura. Cercavamo le parole di cui non conosceva il significato sul vocabolario e lavoravamo con l’analisi grammaticale su piccole frasi. Per alleggerire il compito, gli facevo anche rappresentare il racconto con un disegno. Era un bambino particolare, figlio di una madre molto protettiva. Tendeva a fuggire di fronte alle difficoltà, a nascondersi. Spesso lo sorprendevo a parlare da solo: si poneva delle domande e si rispondeva, a volte sottolineando il fatto che poteva parlare da solo perché tanto nessuno lo ascoltava. Si era anche inventato un personaggio immaginario che si divertiva a uccidere nei modi più diversi e tutti macabri. Ho provato a tirare fuori le sue fantasie tramite il disegno, ma lui si ostinava a dire di non essere capace e, quando usava i colori, utilizzava quelli molto scuri. Aveva difficoltà con la sua parte più emotiva, ma era invece molto competente in materie come la matematica, che richiedevano l’utilizzo della razionalità. 5 INCONTRI Gennaio 2011 INFANZIA Un villaggio dove crescere SOS Villaggi dei Bambini è un’organizzazione a respiro internazionale che opera con le sue comunità per minori soprattutto nel terzo mondo, ma è presente con alcuni centri anche in Italia: è in uno di questi, in provincia di Roma, che Luisa Anzaldo ha svolto il suo tirocinio. Come tutti i Villaggi SOS, anche quello romano offre accoglienza a lungo termine prendendosi cura dei bambini sino al raggiungimento dell’autosufficienza. Un servizio continuo, quindi, che consente di sviluppare legami affettivi duraturi, necessari per porre le basi di un futuro sereno e indipendente. Qui i bambini possono vivere la loro infanzia seguiti dalle “mamme” SOS e dalle “Zie” SOS, così definite per la particolarità del loro intervento, che ricalca molto da vicino le mansioni parentali più strette. Il villaggio è molto bello, con appartamenti circondati da un grande giardino. Uno di questi è riservato ai ragazzi che, raggiunti i 18 anni, decidono di continuare ad 6 INCONTRI Gennaio 2011 abitare nel villaggio. Le giornate si svolgono come in tutte le famiglie, anche se ogni “mamma” riesce a dare un’impronta particolare. I ragazzi vanno a scuola, aiutano in casa, fanno sport, alcuni si preparano per la prima comunione o la cresima. La sera, dopo la cena e una lettura per accompagnare i piccoli nel sonno, tutti dormono. L’ultima a spegnere la luce è la “mamma”, a disposizione tutta la notte per chi dovesse avere bisogno d’aiuto. Sole e Luna Sole aveva 12 anni quando lo incontrai: dolce, sorridente, curioso e sempre in movimento, trascorreva il suo tempo con me sino alle quattro e mezza del pomeriggio. Insieme facevamo i compiti, giocavamo e chiacchieravamo. A volte succedeva che arrivava Luna, la sorellina... Stare insieme era impossibile: Luna faceva di tutto per assorbire la mia attenzione e, se il fratello si arrabbiava, cominciavano a litigare. Era sempre lui a mollare per primo, se ne andava per evitare il peggio, lasciando più spazio alla sorella. Luna era proprio... lunatica, cambiava umore nel giro di pochi secondi, un continuo ondeggiare tra l’essere diffidente e accogliente, indifferente e adorante, comunque sempre pronta a farmi capire quanto ero importante per lei. Sole e Luna erano arrivati al Villaggio con il fratello maggiore dopo un tragico percorso familiare: un padre alcolizzato e violento e una madre troppo fragile per prendersi cura di loro. Inizialmente la mamma poteva venirli a trovare solo una volta alla settimana, poi ha cominciato a portarli due volte al mese a casa di sua madre dove abitava. Ultimamente, grazie al fatto che ha saputo trovarsi una casa e un lavoro dignitoso, può tenere con sé i ragazzi tutti i fine settimana. Il fratello maggiore, a causa delle sue particolari esigenze, vive invece in una Casa Famiglia diversa, vicina al Villaggio. Il rapporto con Sole e Luna è buono e passa spesso a trovarli. La separazione dai fratellini ha sortito anche dei risultati positivi: Sole, ad esempio, ha tirato fuori la sua personalità, prima oscurata in parte dal fratello. INFANZIA 7 INCONTRI Gennaio 2011 MULTICULTURALITÀ Wy, la mia allieva cinese a cui insegnavo l’italiano presso il centro d’accoglienza, si preoccupava per me e, con il suo buffo accento, mi diceva “maestla, devi mangiale di più...”. Mamma mia, maestla, come sei magla, devi mangiale... Cinese, si chiamava Wy e aveva una quarantina d’anni. Un giorno si presentò disperata al centro d’ascolto e mi raccontò la sua storia: in seguito al suicidio del suo compagno si era trovata senza appoggio economico e aveva chiesto ospitalità insieme alla sua bambina a vari centri d’accoglienza, ma, siccome non aveva fissa dimora e un lavoro, i servizi sociali avevano dato in affidamento la figlia a una famiglia del posto. Il racconto di Susy Venturi ci consente di cogliere in tutta la sua importanza la figura dell’operatore multiculturale impegnato nell’opera di mediazione tra cittadini stranieri e istituzioni. Tirocinante presso il centro d’ascolto di un’associazione cattolica di volontariato, da oltre cent’anni presente nella principale stazione ferroviaria di Firenze, grazie a questa esperienza, si è trovata a confrontarsi con problematiche cruciali legate ai temi della discriminazione, dell’integrazione e della burocrazia. Vediamo cosa ci racconta della storia di Wy... Dopo aver chiesto consiglio alla mia tutor, ho informato i Servizi della situazione, precisando l’intenzione 8 INCONTRI Gennaio 2011 della donna di intraprendere un percorso di integrazione che le consentisse di trovare una casa e un lavoro. L’assistente sociale considerò positivo il desiderio di Wy, ma subentrò un grosso problema: a fine dicembre era scaduto il permesso di soggiorno e così dovemmo effettuare la richiesta di rinnovo per motivi familiari, pratica che richiese lunghi tempi d’attesa. Nel frattempo, Wy fu accolta presso il centro d’accoglienza dell’associazione e ci mettemmo subito all’opera per cercare di alleviare le sue sofferenze. Il problema principale era la lingua. Non parlava l’italiano e il suo linguaggio gestuale veniva spesso frainteso e la cosa le procurava un forte senso di frustrazione. L’impossibilità a comunicare l’aveva costretta all’isolamento sociale, con la sensazione di non essere una persona all’altezza della situazione. La separazione dalla figlia era per lei fonte di grandissimo dolore e rabbia: aveva paura che non la riconoscesse più come madre, nonostante gli incontri settimanali. Comunque, il clima di disponibilità che aveva trovato nella casa d’accoglienza le aveva permesso di intraprendere a piccoli passi un processo di cambiamento. Aveva instaurato buoni rapporti con le altre ospiti e le operatrici, si era presa cura dei bambini, aveva collaborato alle attività della casa e, soprattutto, imparato a controllare le sue emozioni. Sostenuta e aiutata nel superare i momenti di solitudine e sconforto, Wy si è poi rivelata una persona sensibile, generosa e anche coraggiosa. Con il tempo, sono riuscita a dare un senso ad alcuni comportamenti tipici della sua cultura di provenienza, ma ho anche imparato ad apprezzare la sua volontà a integrarsi e ad assimilare la cultura e le abitudini del nostro paese. Wy ha imparato l’italiano con me: agli inizi ricopiava intere pagine di frasi che non capiva per allenarsi nella scrittura e imparare a leggere il nostro alfabeto. Poi, con costanza ed applicazione, ha iniziato a capire e a pronunciare le parole sino ad acquisire un ampio e variegato vocabolario. Oggi l’accento è un po’ buffo, la sua voce continua ad avere toni alti, ma finalmente riesce a comunicare. Siamo diventate amiche e il mio più grande desiderio è che possa finalmente riunirsi alla sua bambina, a risolvere quel senso di fallimento che ancora non è riuscita completamente a superare. MULTICULTURALITÀ Operatore multiculturale, un professionista che cambia per il mondo Gli utenti che ho seguito durante il tirocinio sono stati quaranta bambini italiani e dieci provenienti dal Kosovo, regione della ex Jugoslavia, quest’ultimi facenti parte del gruppo etnico europeo detto Rom e residenti in un enorme campo abusivo. Napoletana, Ida De Crescenzo ha vissuto il suo stage in un centro educativo dedicato a bambini da 6 a 10 anni, italiani e non, del quartiere Scampia. Una realtà davvero difficile e impegnativa per una tirocinante, che però ha saputo affrontare con la giusta attenzione e con la dovuta determinazione, affermando con forza la fondamentale importanza del suo ruolo di operatrice multiculturale. I bambini Rom che vivono in questo contesto si trovano a dover affrontare problematiche sociali e familiari molto complesse che spesso causano alterazioni nel loro sviluppo: hanno provato il sapore amaro della fame, hanno dovuto abbandonare la loro terra devastata dalla guerra, gli amici e tutto ciò che avevano alla ricerca di un luogo in cui poter ricominciare a vivere con le loro famiglie. I problemi che incontrano sono senza dubbio linguistici e religiosi, ma soprattutto comportamentali: sono abituati a correre e saltare in continuazione, amano gli spazi aperti e difficilmente riescono a stare fermi. Un modo di essere che può diventare causa di discriminazione e isolamento, anche se all’interno del centro un po’ tutti i bimbi, stranieri e italiani, condividevano gran parte dei loro problemi: situazioni familiari complesse, disagio sociale elevato, difficoltà nell’interazione con coetanei e adulti e nell’accettazione delle regole di convivenza, mancanza di motivazioni allo studio e alla realizzazione di sé. Un altro elemento che accomuna i piccoli Rom a quelli di Scampia è che alcune delle loro famiglie lavorano onestamente, altre purtroppo no. Vivere qui, dove la sottocultura camorristica è ben presente, fa nascere in queste giovani menti la convinzione che l’unica via percorribile sia quella dell’illegalità, perseguendo modelli di vita che sembrano offrire una scorciatoia per ottenere soldi, rispetto e potere. In questo senso, i progetti e gli obiettivi proposti da strutture come quella in cui ho potuto completare la mia formazione rappresentano, forse, l’unica risposta concreta da offrire a questi ragazzi, attraverso relazioni educative fondate sul riconoscimento dell’altro e sulla mediazione culturale di contenuti e metodologie, per fare in modo che, mediante lo studio e il gioco, possano trovare la giusta direzione per diventare davvero cittadini attivi e positivi nella nostra società. Non è un percorso facile. Ho avuto a che fare con bambine di dieci anni che vivono in piccole baracche in mezzo al fango e ai topi con la mamma, il papà e cinque fratellini che accudiscono quando i genitori vanno a lavare i vetri delle auto ai semafori per ricevere qualche elemosina. Oppure con bambini felici perché il babbo è in carcere per furto: quando viveva con loro picchiava sempre la mamma e adesso la loro maggiore paura è che un giorno ritorni a casa. Situazioni estreme, per le quali l’altruismo e la voglia di aiutare il prossimo non bastano. È necessario disporre di forza interiore, saper gestire le proprie ansie e mantenere sempre un atteggiamento positivo. È una professionalità importante, destinata a svolgere un ruolo creativo e sempre più cruciale nell’attuale panorama di grandi trasformazioni etniche e sociali. 9 INCONTRI Gennaio 2011 agenda seminari & corsi Il prossimo Corso di “IMPRESA SOCIALE“ organizzato dall’Istituto Cortivo avrà luogo a Villa Ottoboni a Padova nei giorni 14, 15, 16 Aprile 2011 Il corso è riservato ad allievi ed ex-allievi ed è gratuito. Per informazioni: Istituto Cortivo, Centro di Formazione Professionale, Via E. Ramin, 1 - 35136 Padova Tel. 049 8901222 - Fax 049 8901213 - e-mail: [email protected] I centri per l’infanzia vanno in rete Cortivobabyplanet.it è un portale dedicato a tutti i centri per l’infanzia garantiti dal marchio Cortivo Baby Planet. È un “condominio” che darà a tutti i centri Cortivo Baby Planet una serie di vantaggi: - un’identità a denominazione di origine controllata, riconoscibile e autorevole; - una maggiore visibilità; - la valorizzazione delle esperienze, delle professionalità e dei percorsi formativi; - una ulteriore garanzia di qualità. 10 INCONTRI Gennaio 2011 Centro Studi Piazza Counseling per Tutti! Attilio Piazza, che molti di voi hanno conosciuto, durante i Seminari di crescita personale e professionale, propone per l’Istituto Cortivo un percorso per la formazione della figura professionale di Counselor Sistemico. Il counseling è un’attività professionale che tende ad orientare, sostenere e sviluppare le potenzialità dell’utente, promuovendone atteggiamenti attivi, propositivi e stimolando le capacità di scelta. Si occupa di insegnare a prendere decisioni, migliorare le relazioni interpersonali in famiglia, nel lavoro, a scuola. Il percorso triennale è per i futuri counselor che intendono offrire con pazienza ed eccellenza il proprio dono ai loro utenti. È per i professionisti che comprendono come l’aiutare l’Altro implichi l’aver imparato prima di tutto ad aiutare se stessi. “C’è tutta la mia esperienza di oltre vent’anni di insegnamento in questo percorso, che oggi ho il piacere di proporre agli studenti dell’Istituto Cortivo”. Dott. Attilio Piazza “Se pensate che la formazione sia costosa, provate l’ignoranza!” Derek Bok (Presidente dell’Università di Harvard) www.attiliopiazza.org 11 INCONTRI Gennaio 2011 ANZIANI Servizi per i “diversamente giovani” La celebre vignetta di Altan con l’anziano seduto sulla panchina che dice “non sono vecchio, sono diversamente giovane” sintetizza molto bene il senso di disagio che spesso le persone “anagraficamente” anziane vivono. A nessuno, oggi, piace essere definito vecchio e la cosiddetta terza età viene oggi considerata un’epoca della vita ancora potenzialmente ricca di opportunità e, quindi, degna di essere vissuta pienamente in relazione con se stessi e con gli altri. Proprio per questo, ogni intervento di assistenza all’anziano dovrebbe essere programmato rispettando le esigenze e le necessità delle persone. Interventi mirati, quindi, rivolti a garantire pienezza di vita nelle più diverse situazioni, anche in presenza di patologie e fragilità esistenziali. Queste le considerazioni iniziali di Flavia Carla Corda, il cui tirocinio si è svolto presso una Residenza per Anziani in provincia di Milano e un Centro Diurno Integrato della periferia milanese. La residenza per anziani abbina all’assistenza sanitaria e riabilitativa 12 INCONTRI Gennaio 2011 moderni servizi alberghieri. Inaugurata di recente, è molto bella: ha un ampio parco, il campo di bocce, terreni riservati alla coltivazione dell’orto, un terrario rialzato e piacevoli en plein air attrezzati con sedie, tavoli, fontane e gazebo. È dotata di circa 280 posti letto, di cui 60 in appartamenti che consentono agli utenti di continuare la loro vita di coppia (anche quando uno o entrambi necessitano di assistenza continua e professionale), nonché di offrire ospitalità ai parenti in visita. Sono, inoltre, disponibili la sala musica, la sala polivalente per le attività occupazionali e culturali, la palestra, gli ambulatori, la cappella, le cucine e persino un servizio di parrucchiere, manicure, pedicure ed estetista. Il Centro Diurno, invece, si trova in un quartiere dormitorio caratterizzato da degrado urbanistico e sociale ed è nato su iniziativa della Caritas. La popolazione locale è costituta prevalentemente da anziani, molti dei quali non autosufficienti o con storie di profonda solitudine. L’obiettivo era quindi quello di creare per loro un luogo protetto, dove incontrare altre persone e dare un senso al tempo altrimenti vuoto di esperienze. Gli ambienti sono ampi e piacevoli, in grado di ospitare sino a 30 persone, con uffici, ambulatorio medico, palestra, cucina, tisaneria, sala da pranzo, sala TV e feste, attività di gruppo, ecc. Presso la moderna RSA, il livello di assistenza era estremamente professionale, ma caratterizzato da un’impronta piuttosto fredda e impersonale. Le più attente alla qualità della relazione erano le OSA, le più vicine agli utenti da cui ho potuto imparare molto. Il Centro Diurno, invece, era gestito soprattutto da volontari e l’atmosfera era sicuramente più calda e accogliente. Anche in questo contesto, l’assistenza di base era prerogativa delle Operatrici Socio Assistenziali: erano loro a occuparsi degli anziani sin dal mattino, sempre con il sorriso, la battuta pronta, gli abbracci, i gesti affettuosi. Alleviavano le malinconie degli ospiti, si complimentavano per i ANZIANI piccoli progressi e, soprattutto, raccoglievano le loro confidenze. Alle OSA era affidata anche l’igiene personale degli ospiti: li aiutavano a lavarsi e ad avere cura della loro persona. Alcuni anziani, infatti, depressi e demotivati, tendevano a trascurarsi e andavano quindi continuamente sollecitati a non lasciarsi andare. La giornata era fatta di continui cambi di pannoloni, piccole medicazioni, distribuzione dei pasti, rigorosa scelta dei cibi in base ai problemi di salute. C’erano, però, anche i momenti più allegri e piacevoli: la lettura del giornale, i giochi per ravvivare la memoria, le uscite in città, le feste a cui partecipavano anche i familiari, l’arteterapia, le attività di ricamo e manuali... La palestra era invece il luogo dell’esercizio fisico, del tenersi in forma con la cyclette, il tapis roulant, le sbarre e gli attrezzi, delle terapie individuali con il fisioterapista. Due strutture completamente diverse, quindi, ma entrambe con lo stesso obiettivo: offrire più opportunità e qualità della vita alle persone “diversamente giovani”. 13 INCONTRI Gennaio 2011 ANZIANI Giorno dopo giorno le gratificazioni crescono Quest’avventura ha aumentato la mia determinazione, una qualità che già mi apparteneva per carattere, ma che durante il tirocinio si è intensificata e potenziata. Nel mio percorso di vita ho sempre cercato di fare il possibile per aiutare chi aveva bisogno e, quindi, conoscevo bene la soddisfazione interiore che se ne può trarre, ma condurre un’attività di assistenza quotidiana mi ha fatto mano a mano capire che fare del bene alle persone aiutava davvero anche me stesso: alla fine di ogni giornata la gratificazione era immensa. Il passaggio da un atteggiamento di generica attenzione per il prossimo all’impegno costante in favore dei più deboli si può concretizzare solo attraverso un’evoluzione personale fatta di disponibilità, capacità di ascolto, attenzione, buona volontà e, soprattutto, professionalità. Boris Leta ci racconta proprio di questa particolare fase, da lui vissuta in una casa di riposo per 14 INCONTRI Gennaio 2011 anziani in provincia di Cosenza. È stata una bella esperienza, ho conosciuto operatori che svolgono con tenacia e altruismo il loro lavoro e ho potuto rendermi conto del fatto che, se si fa una cosa senza il cuore, non se ne riceve nulla in termini di compenso interiore, perché questo deriva solo dall’aver reso almeno un po’ più felici gli altri. È necessario disporre di qualità umane, bontà, compassione e spirito di collaborazione per ottenere gratificazioni che vadano oltre l’interesse economico. Si dice che dietro ogni persona c’è una storia, ebbene, io le ho lette tutte e posso dire che sono bei racconti, forse non tanto per i “titoli”, ma per tutto quello che c’è scritto dentro. Due sono stati i casi che ho seguito in modo particolare, i miei due nonni che alloggiavano nello stesso corridoio, ma in stanze diverse. Lui, sulla sedia a rotelle, faceva riabilitazione con il girello e il busto perché aveva subito una frattura alla colonna vertebrale e presentava una lieve forma di demenza. I familiari lo venivano a trovare tutte le domeniche e si informavano sui suoi progressi. Lei, invece, era perfettamente lucida, ma era stata colpita da un ictus che le aveva causato una lieve ANZIANI paralisi alla gamba sinistra. I primi tempi si muoveva in carrozzina, ma poi, terapia dopo terapia, aveva cominciato a spostarsi sempre più agevolmente con il tripode. Anche lei riceveva spesso le visite dei familiari, sempre molto interessati a sapere le novità sulle sue condizioni. Tutti e due avevano delle terapie da seguire con orari distinti che cambiavano ogni giorno, la signora assumeva del ferro perché era anemica, mentre il signore faceva l’insulina per il diabete. Questi erano i miei due nonni, entrambi ancora pieni di vita e di voglia di fare: è stata per me una vera gioia stare con loro e vederli migliorare giorno dopo giorno. L’operatore deve sapere, deve saper fare e deve saper essere. Il sapere viene dal bagaglio di conoscenze teoriche. Il saper fare corrisponde alle abilità concrete conseguite e al metodo per applicarle. Il saper essere è l’atteggiamento nella relazione d’aiuto, la consapevolezza del compito da svolgere e del significato che ha per la persona che si aiuta. Dall’intreccio fra queste tre dimensioni, nasce un modo di assistere che non è una ricetta preconfezionata, ma l’espressione compiuta di una vera professionalità. 15 INCONTRI Gennaio 2011 DISABILI Interventi mirati per l’integrazione L’esperienza del tirocinio si è svolta per Clarissa Vallo all’interno di un Centro di Riabilitazione per Disabili della provincia di Lecce. La struttura, gestita da religiosi, è di tipo residenziale e semiresidenziale e ospita circa 400 utenti con patologie che vanno dall’autismo alla sindrome di Down sino alla paraplegia. Le giornate al centro erano organizzate all’insegna della laboriosità. Le attività erano numerose, con laboratori di ceramica, cartapesta, mosaico, disegno, ma anche di falegnameria, cucina, ricamo, ecc. C’erano anche le serre e un campo sperimentale per l’agricoltura. Gli intervalli erano riservati ai preziosi momenti della socializzazione e cioè la colazione, il pranzo e la cena. Erano naturalmente previste anche attività ludico-ricreative come le partite di calcio e di pallavolo. Gli interventi erano mirati: cognitivo-neuropsicologico per migliorare il linguaggio, la memoria e l’attenzione; educativo per favorire l’autonomia personale e la socializzazione; fisioterapico per il recupero e miglioramento delle funzioni motorie; logopedico per trattare i disturbi del linguaggio, della comunicazione e dell’apprendimento; psicologico-psicoterapico individuale e di gruppo per soggetti in età evolutiva, adulti e famiglie; psicomotorio per favorire l’evoluzione delle varie tappe di sviluppo 16 INCONTRI Gennaio 2011 psicomotorio e comportamentale; di terapia occupazionale per migliorare le capacità prassi che e percettive al fine di ottimizzare l’integrazione; pedagogico per migliorare la relazione e la comunicazione, potenziare le abilità cognitive e incoraggiare l’integrazione nell’ambito della società e della scuola. non gli mancava nulla. Insomma, era una persona dolce e affettuosa, che partecipava con gioia alle attività e che amava la musica e il disegno. Il rapporto con lui era basato sulla fiducia e sulla collaborazione. Ancora oggi, quando posso, lo vado a salutare e lui mi accoglie sempre con un sorriso. Gianluigi Ruggero Paraplegico e affetto da un lieve ritardo mentale, Gianluigi aveva una trentina d’anni ed è stata anche la sua gentilezza a permettermi agli inizi di rompere il ghiaccio e di avvicinarmi al mondo della disabilità, che non conoscevo e che agli inizi un po’ temevo. Gentile e rispettoso, mai scortese e sempre attento a seguire le indicazioni degli operatori, aveva alle spalle una situazione familiare difficile e da anni il Centro era diventato la sua casa. Mi parlava spesso dei suoi genitori, esprimendomi il dispiacere per non poterli vedere, ma ripeteva anche che al Centro stava bene e che Difficile e polemico, ma volonteroso, Ruggero era affetto dalla sindrome di Down: lo ricordo nei periodi delle festività, intento a creare oggetti per gli addobbi. Svolgeva il suo lavoro con molta attenzione, ma era geloso di tutto, della sua attività, dei suoi oggetti e perfino della sua postazione. Guai a chi si azzardava a mettere in discussione il suo operato. Amava l’arte, soprattutto il canto e la recitazione. Si divertiva a improvvisare scenette teatrali a dir poco spassose, ma non sopportava di essere interrotto e, in quei momenti, la sua suscettibilità lo rendeva ancora più tenero e buffo! DISABILI sfida Accettare una dà più responsabilità e più soddisfazioni Nonostante avessi avuto già l’opportunità di stare a contatto con i disabili durante l’anno di servizio come obiettore di coscienza, il tirocinio che ho svolto in un Centro Polivalente per disabili e inabili in provincia di Palermo è stata la mia prima vera esperienza nel mondo dei diversamente abili, molto più profonda e delicata anche per il contesto in cui si è svolta e per il ruolo che ho ricoperto. Sapevo di possedere una certa predisposizione verso questa realtà, ma solo grazie a questo periodo di attività concreta come tirocinante ho acquisito la consapevolezza di possedere alcune doti personali che posso mettere al servizio degli altri in termini di cura e assistenza, prime fra tutte la pazienza (più di quanto pensassi di averne) e la dedizione in tutto ciò che ho fatto (e che spero di continuare a fare). Soprattutto, ho avuto conferma di quanto sia bello e utile prendersi cura e assistere chi è in difficoltà, arricchirsi attraverso esperienze umane capaci di farci sentire realizzati in ciò che si fa. un rischio sia per le operatrici, che per gli altri utenti. Capelli e occhi scuri, in posizione eretta supererebbe il metro e ottanta. Invece, cammina a testa china, con passo pesante e un po’ goffo, ma molto veloce, portandosi dietro un fisico possente, spalle larghe, gambe, braccia e mani grosse e pesanti. Quando l’educatore che lo seguiva si è licenziato, i responsabili mi hanno chiesto se accettavo di occuparmi di lui, anche perché avevano notato che dimostrava per me una certa simpatia, se di simpatia si poteva parlare: nei miei confronti, almeno, non aveva mai avuto atteggiamenti irriguardosi o di minaccia. Ho accettato, per me era una sfida e, trattandosi del soggetto più “problematico” del Centro, è stata una decisione che mi ha responsabilizzato parecchio. L’ultimo giorno di lavoro dell’educatore che lasciava sono stato tutto il tempo con loro, mi istruiva nei minimi dettagli raccomandandomi più volte che doveva essere lui a voler fare una certa cosa e non io a proporgliela, al massimo potevo chiedergli cosa gli andava di fare. I primi giorni a darmi man forte c’era la psicologa che dirigeva l’équipe, poi rimasi da solo. Bisognava accoglierlo, ovvero prendergli le mani prima che potesse dare qualche ceffone a chi gli capitava a tiro. Poi dargli cinque diversi tipi di pillole ogni giorno, portarlo a passeggiare al primo segno di impazienza e poi farlo mangiare. Quando si andava al laboratorio assieme agli altri, mi sedevo vicino o di fronte a lui, pronto a fronteggiare i momenti in cui, senza preavviso, diventava violento, ma anche a soddisfare i suoi desideri: giocare a carte, a dama, a ping pong, a calcio balilla, dipingere, riposarsi… Dopo qualche tempo, tendeva a stare solo con me: era proprio ciò che volevo ottenere, instaurare un vero e proprio rapporto con lui, improntato sulla sua fiducia nei miei confronti. Conoscere se stessi e conoscere gli altri: questo l’obiettivo che Luca Bellante ha perseguito durante il periodo del tirocinio, con impegno e volontà, mettendo in campo tutte le sue capacità per riuscire a gestire al meglio rapporti difficili e complessi come quello di cui ci racconta nelle righe che seguono. Un caso che ho seguito personalmente, un po’ per scelta e un po’ per rispondere alle esigenze del Centro, è stato Giovanni, un ragazzo colpito da una forma particolare di autismo. Prima di me era sempre stato seguito dall’unico operatore maschio presente in organico perché ha una stazza imponente e, data la sua patologia, poteva rappresentare 17 INCONTRI Gennaio 2011 ASSISTENTE TURISTICO PER DISABILI Viaggiando con la diversità Il tirocinio per la formazione di un Assistente Turistico per Disabili richiede necessariamente un percorso particolare, con stage all’interno di un’agenzia di viaggi e praticantato presso strutture che si occupano di disabilità. È stata questa l’esperienza di Maria Letizia Annaloro della provincia di Enna. Vediamo com’è andata... L’agenzia che mi ha accolta come tirocinante aveva come motto “un nuovo modo di girare il mondo!”. Intrigante... Soprattutto in linea con il mio progetto: diventare Assistente Turistica per Disabili, ovvero preparata per accompagnare persone diversamente abili alla scoperta di un mondo spesso inaccessibile a causa delle numerose barriere psicologiche e architettoniche. Affiancata dallo staff dell’agenzia, sono riuscita a programmare una giornata a Siracusa, città d’arte tra le più belle e interessanti della Magna Grecia. Partenza in autobus da Enna, all’arrivo visita al Duomo e alla fontana di Artemide, pranzo alla Trattoria da Pippo, attrezzata per persone con problemi di alimentazione e disabilità. Nel pomeriggio visita al parco archeologico siracusano e rientro in serata sempre in bus. Assieme al tirocinio presso l’Agenzia Viaggi ho affrontato anche il tirocinio più “tosto”, quello direttamente a contatto con i disabili. La struttura che mi ha ospitato è una Casa Famiglia dove vengono accolte persone con varie difficoltà e i cui obiettivi sono la riabilitazione, il reinserimento e la formazione al lavoro. Al mio arrivo, gli utenti erano una quarantina, alcuni con 18 INCONTRI Gennaio 2011 handicap fisici e sensoriali, altri con ritardi mentali più o meno gravi, altri ancora affetti da sindrome di Down. All’interno della Casa Famiglia, ho potuto non solo confrontarmi con la disabilità, ma anche sperimentare le mie capacità di operatore al fianco dei disabili. Questo mi ha consentito di avere tutte le coordinate per il mio progetto turistico. Infatti, conoscendo le necessità degli utenti con problemi, ho potuto effettuare meglio la ricerca delle strutture ristorative e ricettive in grado di accogliere persone disabili. Ho utilizzato gli strumenti telematici e organizzato un “viaggio su misura”. Il tirocinio è stata un’esperienza straordinaria che mi ha permesso di conoscermi meglio e di credere maggiormente nelle mie capacità. Il rapporto con i disabili è stato ricco di emozioni, a volte anche difficile. Ci sono stati momenti in cui mi sono veramente sentita messa alla prova, ad esempio quando mi sono trovata a dover gestire la crisi di un ragazzo affetto da autismo: al momento non sapevo cosa fare, poi ho reagito prontamente e ho chiamato subito l’operatore cercando di mantenermi calma per non perdere il controllo della situazione. ASSISTENTE TURISTICO PER DISABILI Gli ospiti della Casa Famiglia hanno saputo far emergere la mia grinta e la mia voglia di vivere trasmettendomi il segreto della vera felicità. 19 INCONTRI Gennaio 2011 AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO Il saper essere non basta, serve il saper fare Mi guardavo in giro e pensavo che mi mancava qualcosa. Avevo bisogno di esprimere un mio stile, quello che sentivo dentro di me, ma che non riuscivo a portare fuori… Con queste parole, Loretta Masat, residente in provincia di Venezia, fotografa la sua situazione personale prima di incontrare l’Istituto Cortivo e i suoi corsi di Amministratore di Sostegno: un professionista nel sociale a cui però mancavano quegli elementi legislativi e normativi che possono fare la differenza fra fornire assistenza armati solo di tanta buona volontà e fornire assistenza con un solido bagaglio di competenze amministrative. Sono sempre stata attiva nel volontariato, come Infermiera Volontaria della CRI, con un’associazione che lavorava in favore delle donne mastectomizzate e con un’altra associazione che si occupava di malati terminali. Nel frattempo, lavoravo in diversi ambiti: impiegata amministrativa prima in un deposito di bibite e, poi, in una piccola azienda 20 INCONTRI Gennaio 2011 specializzata in impianti di amplificazione, quindi estetista in un salone di bellezza e, in seguito, tecnico-estetico in una ditta operante in zona. Tutti questi impieghi non erano, però, la mia strada. Avevo in mano un diploma di Dirigente di Comunità, equivalente nel Veneto a Operatore Socio Sanitario, e volevo trovare qualcosa che fosse più confacente al mio titolo e alle mie aspirazioni. Dieci anni fa, finalmente, sono riuscita a fare il salto di qualità: sono stata assunta da una Cooperativa Sociale per lavorare presso una Comunità Alloggio con utenza psichiatrica. Dalla bellezza esteriore alla bellezza interiore, questo è il mio motto! Nelle tre diverse realtà dove ho svolto e continuo a svolgere il mio intervento mi sono trovata a confrontarmi con persone provenienti dall’ex manicomio, altri dall’Ospedale Psichiatrico Giudiziario, altri ancora con handicap-ritardo lieve o medio e, grazie a loro, ho capito che la figura dell’Amministratore di Sostegno è spesso indispensabile. Così è scattata la molla e mi sono iscritta all’Istituto Cortivo. Felicemente conclusa la parte teorica, ho affrontato il tiroci- nio suddividendolo in due parti, la prima presso i Servizi Socio-Sanitari dell’ASSL, la seconda presso i Servizi Sociali del Comune. Entrambe le situazioni mi hanno dato modo di imparare molto, ho trovato addetti e dirigenti estremamente disponibili a darmi informazioni e spiegazioni, soprattutto ho potuto addentrarmi non solo nella gestione della parte burocratica, cartelle e documenti, lettere e valutazioni, ma anche nel rapporto con gli utenti. Soprattutto in Comune, ho potuto mettere in pratica tutti gli strumenti propri dell’Amministratore di Sostegno. Agendo in sintonia con l’équipe, composta da operatori intelligenti, autorevoli e ricchi di umanità, ho avuto l’occasione per immedesimarmi a fondo negli utenti e offrire risposte all’altezza dei loro bisogni. Dopo questa esperienza, mi sento in grado di dire che potrò essere un buon Amministratore di Sostegno non solo per le mie specifiche conoscenze, ma anche perché, ne sono certa, dispongo di tutto il necessario per potermi esprimere coniugando il saper essere con il saper fare. AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO Amministratore di Sostegno per porre rimedi a Ho lavorato 15 anni come psicologa con i bambini disabili in Ucraina, perciò sapevo bene cosa significa lavorare nel sociale, ma il tirocinio che ho fatto per diventare Amministratore di Sostegno in un Centro di Servizi di Assistenza Sociale in provincia di Vercelli mi ha permesso di vivere una nuova esperienza. In questo periodo ho potuto, infatti, spaziare in diversi ambiti di attività all’apparenza distinti e separati, ma in realtà tutti rivolti alla programmazione degli interventi amministrativi necessari per rispondere ai bisogni degli utenti. Ci sono tante persone bisognose afferma Olga Kharytonkina - per le quali l’Amministratore di Sostegno può fare molto, ma è necessaria una buona preparazione, conoscere le leggi e saper gestire il patrimonio dell’amministrato in funzione delle sue necessità e aspirazioni. Lo stage è stato sicuramente per me un’opportunità di crescita, professionale e umana. Ho sentito tante storie di persone che avevano una vita normale che poi, per vari motivi, da un giorno all’altro è diventata completamente diversa. Chi ha perso il lavoro, chi la salute, chi altre capacità, tutti si sono trovati a dover dipendere dall’aiuto degli altri in una posizione di estrema debolezza. Per questo, un buon Amministratore di Sostegno deve avvicinarsi a loro con moltissima pazienza, perseveranza, premura, attenzione e amore, perché bisogna sempre aver presente che dietro la freddezza dei documenti ufficiali ci sono persone con una storia e una vita difficile. Come il signor Giovanni, divorziato, manovale dell’edilizia. Dopo un ictus cerebrale, ha vissuto in vari istituti e vite difficili comunità, quando usciva conduceva una vita disordinata e percepiva un contributo economico dal Comune in attesa della liquidazione della pensione. A un certo punto è andato a convivere con un’operatrice conosciuta in istituto, ma il tentativo è ben presto fallito. Nominato un Amministratore di Sostegno a tempo indeterminato, Giovanni ha vinto la causa contro la sua ex compagna che aveva addirittura prelevato una cifra consistente dal suo conto falsificando la firma. L’altro suo problema era il veicolo acquistato a rate che non poteva pagare. La banca lo tempestava di solleciti, per cui l’Amministratore di Sostegno ha cercato la macchina scoprendo che Giovanni l’aveva venduta. L’informazione è stata spedita in banca per avvisarla che il debito non potrà più essere saldato. Oppure il signor Gino, entrato in residenza accompagnato dall’anziana madre e dalla volontaria che lo seguiva da anni. La sua vita era stata un continuo susseguirsi di brevi intervalli di benessere seguiti da lunghi periodi fortemente destabilizzati, caratterizzati da delirio paranoideo e disturbi del comportamento, spesso conclusi con un ricovero ospedaliero coatto. Ultimamente, Gino era solito vagabondare per la città anche di notte, senza uno scopo preciso, creando pericolo per se stesso e per gli altri. Aveva comportamenti aggressivi verso gli oggetti, ma purtroppo anche nei confronti della mamma, 93 anni, che non riusciva più a gestirlo. Dopo l’inserimento, avvenuto in modo graduale e senza particolari problemi, è stata chiesta per lui la nomina di un Amministratore di Sostegno a tempo indeterminato. I primi provvedimenti sono stati la chiusura del conto corrente intestato a Gino e alla madre per aprirne un altro intestato solo a lui, seguita dalla richiesta all’INPS di trasferire la pensione sul nuovo conto. 21 INCONTRI Gennaio 2011 DIPENDENZE Né drogati né ubriaconi, solo persone La mia esperienza di tirocinio presso un’Associazione no-profit attiva in provincia di Trapani nel settore della prevenzione, recupero e reinserimento socio-lavorativo di soggetti tossicodipendenti, farmacodipendenti, alcoldipendenti o in situazioni di grave marginalità sociale è stata molto interessante, fantastica, stancante, stressante, a volte anche demotivante, ma sempre estremamente particolare. Così afferma Daniela Di Vita, che per conseguire l’attestato di Operatore Socio Assistenziale per le Dipendenze ha vissuto un tirocinio intenso e complesso, alla scoperta di una realtà che sino a quel momento aveva conosciuto solo attraverso i libri. Fin dal primo giorno mi sono sentita molto a mio agio in quest’ambiente non facile da accettare. Soprattutto, ho apprezzato sin dal primo momento il lavoro degli operatori che, con grande forza di volontà e tanti sacrifici, riescono a sostenere e motivare i ragazzi nei momenti più negativi. Con questo non voglio dire che tutto sia stato semplice per me dato che, da un 22 INCONTRI Gennaio 2011 momento all’altro, mi sono ritrovata in un mondo diverso da quello che avevo vissuto sino al giorno prima, un posto nuovo con nuove regole nel quale non sapevo esattamente come comportarmi, sia con i miei colleghi, sia con gli ospiti. Mi sentivo indifesa, non sapevo cosa fare e cosa dire, come farmi avanti per collaborare. Solo quando era presente la mia tutor mi sentivo più libera di chiedere e devo dire grazie a lei se sono riuscita a inserirmi e a farmi accettare. Il suo sostegno è stato indispensabile perché mi ha consentito di collaborare con lei nei rapporti con gli altri operatori, con gli utenti e con le loro famiglie. Mi ha corretto e insegnato a muovermi mostrando sicurezza e competenza nelle iniziative che prendevo. All’inizio, anche i ragazzi mi osservavano con insistenza, ero al centro della loro attenzione, quasi fossi un alieno. Per questo ho deciso di prendere confidenza con loro, di raccontare qualcosa di me e di vivere il più possibile la comunità svolgendo un orario che andava dalle otto di mattina alle otto di sera. Queste iniziative si sono rivelate ben presto azzeccate, ho potuto conoscerli uno a uno e ho capito bene come si svolgeva la loro vita. Mano a mano mi sono sentita sempre più parte della struttura e anche i ragazzi, tranne alcune eccezioni, mi hanno accolto senza problemi. Quando finiva la giornata del sabato, mi chiedevano se ci saremmo rivisti lunedì e, quando andavo via, me lo ripetevano: era bello sentirsi salutata in coro, mi sentivo accettata, sentivo che stavo vincendo la mia sfida. Perché, in realtà, la mia è stata una messa in gioco di me stessa, in quanto da un lato subivo il fascino della vita in comunità, dall’altro provavo una sorta di paura buona verso i ragazzi che, in qualche modo, si trovavano costretti a condurre un periodo della loro vita iniziato per caso, per gioco o per curiosità e diventato sempre più difficile. Della comunità ho apprezzato il sistema delle regole, il rispetto che si deve dimostrare verso se stessi e verso gli altri e la meditazione pomeridiana. Quest’ultima mi ha molto colpito e interessato: il suo scopo è liberare il corpo dallo stress e, in effetti, da lì si usciva molto rilassati, oserei dire con una pace interiore diversa, spinti verso il cambiamento positivo, verso un rapporto con la famiglia più intenso, verso un futuro migliore, più consapevoli che la lotta più dura da combattere sarà il post-terapia, il rientro nella società. In conclusione, posso affermare che questi mesi mi hanno dato tantissimo, ho conosciuto tante persone e tante vite, tutte diverse e tutte speciali. Un uomo saggio diceva: “Per noi non ci sono persone ‘cattive’, ‘pazze’; non ci sono ‘drogati’, ‘ubriaconi’, ma persone che utilmente hanno messo in atto ‘sequenze sbagliate’ adatte alle loro risorse e alle loro alternative presenti e a disposizione in quel contesto”. Beh… io la penso esattamente così! DIPENDENZE L’amore che cura e fa Quando per la prima volta sono entrata nella sede dell’associazione, sono stata subito investita da un’ondata di calore che ha immediatamente spazzato via ogni mia remora e disagio. Era un luogo accogliente, dove si svolgevano varie attività, tutte molto coinvolgenti. Ilenia Fedeli racconta del suo tirocinio in provincia di Livorno presso il centro diurno di un’associazione che si occupa del recupero di persone con problemi di dipendenza. Un’esperienza che l’ha trovata pronta ad affrontare con consapevolezza una tappa importante del suo percorso di formazione. Il Centro diurno apriva alle nove del mattino. Mi piaceva arrivare un quarto d’ora prima, così che i ragazzi mi trovassero lì al loro arrivo. Era anche un modo di dare l’esempio perché, nel programma di recupero, il rispetto per le regole era una prerogativa fondamentale. Tutte le mattine iniziavano con il rito del caffé: chi arrivava per primo lo preparava per tutti. Dopo il caffè e la sigaretta fumata insieme all’aperto e accompagnata da una “chiacchiera”, che aiutava a sciogliere il ghiaccio, la giornata iniziava con la distribuzione del metadone e la somministrazione dei farmaci, naturalmente solo agli utenti per i quali erano stati prescritti. Si cominciavano poi le attività giornaliere previste dal calendario rinascere settimanale: falegnameria, restauro e tinteggiatura, creazione e riparazione di oggetti, taglio e cucito, ecc. Inoltre, c’erano gli appuntamenti con la palestra per la ginnastica aerobica e il corso di difesa personale, i corsi di fotografia, video-photoshop e informatica. Il programma prevedeva anche incontri di gruppo settimanali con gli educatori e con la psicologa e i colloqui individuali sempre con la psicologa. Svolgevo varie mansioni: partecipavo a tutti i momenti della giornata, dal “mettere su” il caffè del mattino alla preparazione del pranzo, dalle pulizie alla partecipazione ai laboratori. Mi sono occupata anche di animazione, un campo in cui riesco a esprimermi particolarmente bene. Le cose da fare erano molte, spesso svolte con ritmi frenetici, ma era comunque necessario mantenere sempre una posizione di ascolto e di empatia con i ragazzi. Non era facile, il Centro era anche un luogo di sofferenza e ho quindi dovuto imparare in fretta a gestire le mie emozioni. Ho intuito che la prima cosa da fare era imparare come funzionava la struttura, ad esempio, come avveniva l’inserimento, chi se ne occupava, come veniva monitorato il percorso di recupero, come si svolgevano le giornate, come veniva strutturato un gruppo di lavoro... Senza tutte queste informazioni non sarei andata lontana. È stato necessario anche raccogliere notizie sui ragazzi, conoscere le loro storie, instaurare con Chi non è mai stato amato o non si è sentito tale, spesso cerca rimedio al dolore nel modo più rapido e facile, ad esempio facendo uso di droghe. Le usa come antidoto per curare il male di vivere e, così facendo, non si rende conto di costruire con le proprie mani la sua prigione. Una realtà difficile quella della tossicodipendenza, che richiede agli operatori che se ne occupano una grande dose di amore incondizionato... loro un rapporto di fiducia. Senza la fiducia il mio ruolo non sarebbe mai stato riconosciuto. Fortunatamente, sono stata seguita molto bene dal mio supervisore che, dopo aver verificato come mi muovevo all’interno della struttura e quanto ero in grado di assumermi delle responsabilità, ad appena due settimane dal mio arrivo, mi ha affidato due ragazzi da accompagnare al Ser.T per il controllo settimanale delle urine. Mi ha lasciato fare, ma senza perdermi d’occhio. Me la sono cavata bene e mi sono sentita orgogliosa di aver portato sino in fondo una mansione così importante. Mi sono anche trovata a dover gestire situazioni piuttosto delicate, ma in questo caso mi sono sempre rivolta al supervisore. Sono convinta, infatti, che, di fronte a certe situazioni, essere umili e accettare le proprie difficoltà è il modo migliore per crescere professionalmente. 23 INCONTRI Gennaio 2011 spazioincontri Questa pagina fa parte della storia del nostro giornale. Sin dai primi numeri, infatti, abbiamo voluto riservare uno spazio alle parole che ci giungevano direttamente dai nostri allievi o ex allievi: storie e notizie, successi e difficoltà, problemi e soddisfazioni. Come una finestra sul mondo del nostro Istituto, è una rubrica pronta ad accogliere qualsiasi genere di contributo, individuale o collettivo, felice o preoccupato, riflessivo o divertente. È un luogo attraverso il quale puoi comunicare ai tanti altri giovani e meno giovani lettori di Incontri il tuo stato d’animo, le tue sensazioni, le tue emozioni e i tuoi propositi, le tue piccole e grandi scoperte, i tuoi consigli che potrebbero rivelarsi preziosi per chi deve affrontare le esperienze che tu hai già fatto. Scrivici adesso, entra anche tu a far parte della nostra grande famiglia, ti aspettiamo con gioia. Diventare Operatori Socio Assistenziali con l’Istituto Cortivo può servire anche a migliorare le competenze acquisite in anni di volontariato. È questo che è successo a Giovanna Di Dio, del Centro Didattico di Palermo, che facendoci partecipi della sua positiva esperienza, ha colto l’occasione per ringraziarci. Ecco le sue parole... All’Istituto Cortivo La mia è una storia iniziata nel 1997 come volontaria dell’Associazione Saleiman, un’avventura nel mondo dei bambini che continua ormai da 13 anni. Sostenuta dall’amore e dalla determinazione ad essere accanto in modo autentico a chi ha bisogno, tuttora mi trovo a collaborare con Saleiman su diversi progetti di aiuto e assistenza. È stato però l’incontro con il vostro Istituto che ha cambiato la qualità del mio lavoro. Un giorno mi è capitato casualmente in mano un opuscolo che presentava le iniziative dell’Istituto Cortivo: mi sembrava un’ottima opportunità e così mi sono iscritta. Oggi posso definirmi una OSA per l’infanzia a tutti gli effetti. Sono sempre la Giovanna che ama aiutare gli altri, ma arricchita da una preparazione teorica e pratica che mi permette non solo di capire di più le problematiche sociali e le esigenze degli utenti, ma anche di lavorare meglio in équipe. Sono molto soddisfatta di ciò che sto facendo e per ora sono felice così. Tra qualche mese inizierò anche a svolgere alcune ore di servizio presso una scuola elementare del mio paese, dove mi occuperò di bambini con difficoltà scolastiche e comportamentali. Un grazie infinito per la vostra disponibilità Giovanna Di Dio Inviate le vostre lettere a: Istituto Cortivo - Via E. Ramin, 1 - 35136 Padova, e le vostre mail a: [email protected] 24 INCONTRI Gennaio 2011 ex allievi raccontano Questa rubrica è dedicata alle esperienze e alle testimonianze di ex allievi dell’Istituto Cortivo. Storie in presa diretta di persone in cammino verso la piena realizzazione personale e professionale. Il corso di formazione dell’Istituto Cortivo è stato per Rosa Runcio l’occasione per cambiare lavoro e cambiare vita. Oggi può dedicarsi a una professione che sente più affine alla sua sensibilità. “Dopo il diploma di perito agrario, per alcuni mesi ho lavorato nel negozio di agraria dei miei genitori. Il lavoro vero e proprio è giunto poco tempo dopo, in un laboratorio di analisi dove si eseguivano test e controlli su cereali e vini. Ci sono rimasta per vent’anni ed è stato frustrante: non mi piaceva quello che facevo, non mi piaceva l’ambiente, non mi piaceva la qualità dei rapporti umani, pressoché inesistenti...”. Esordisce così Rosa Runcio, di un piccolo paese della pianura friulana a 30 km da Udine. Oggi, dopo aver conseguito l’attestato dell’Istituto Cortivo come Operatrice Socio Assistenziale per i Disabili, lavora nel Centro Residenziale Diurno “Una Finestra sul Futuro dopo di Noi” gestito da “La Pannocchia”, associazione onlus molto conosciuta in zona con la quale Rosa è entrata in contatto grazie al tirocinio. “Ho terminato il corso con l’Istituto Cortivo nel settembre 2010 e a febbraio sono stata contattata da un’operatrice de La Pannocchia che mi ha informato che stavano cercando personale. Avevo lasciato una buona impressione di me durante il tirocinio e mi chiedevano la disponibilità per un colloquio finalizzato all’assunzione. Stavo ancora lavorando presso il laboratorio di analisi, ma non ho avuto esitazioni. Mi sono presentata, il colloquio è andato bene e, a marzo, dopo aver dato le dimissioni, ho iniziato la mia nuova avventura professionale. Sono stata assunta con un contratto a termine, ma proprio in questi giorni mi hanno confermato l’assunzione a tempo indeterminato. Incredibile, il mio sogno è diventato a tutti gli effetti una realtà...”. Hai lasciato un lavoro sicuro e hai voltato pagina... Coraggio o incoscienza? “Desideravo un lavoro più significativo, più umano. Avevo avuto una buona esperienza nel campo del volontariato, mi ero occupata di alcolismo, un problema molto sentito qui in Friuli. Era un’attività che mi riempiva, che mi faceva sentire utile... Avevo più volte incrociato la pubblicità dell’Istituto Cortivo. A frenarmi era il fatto che per avere maggiori informazioni bisognava incontrare l’informatore didattico, mi sembrava troppo impegnativo. Poi, però, quando la situazione sul lavoro si è fatta più pesante ho pensato: ora o mai più. Ho incontrato l’informatore e mi sono iscritta. Non è stato semplice riprendere i libri in mano dopo tanto tempo. Devo dire però che le materie erano molto interessanti e le docenti del Centro Didattico di Udine eccezionali. Ad aprirmi le porte al cambiamento è stato, infine, il tirocinio, suddiviso tra il Centro Nostra Famiglia di San Vito e, per l’appunto, La Pannocchia”. Cosa ti è piaciuto subito del tuo nuovo lavoro? “È una domanda che mi suscita molta emozione. Da febbraio sto vivendo un’esperienza straordinaria, per la prima volta mi sembra di stare tra persone vere, autentiche. Ho trovato un ambiente eccezionale, dove i valori di fondo sono la solidarietà, l’empatia e l’aiuto reciproco. Tra colleghi andiamo molto d’accordo: ci sono operatori che quando qualcuno ha bisogno di un cambio di turno si propongono per la sostituzione ancora prima che venga fatta una richiesta ufficiale. Insomma, tutto il contrario del clima che vivevo abitualmente nel vecchio posto di lavoro. Ora mi sento più realizzata e sono anche orgogliosa di me. Dicono che sono brava, che possiedo una speciale capacità di comunicare con i disabili. Faccio un esempio: durante il soggiorno estivo a Lignano, uno degli utenti che aveva sempre manifestato il terrore dell’acqua, con me ha accettato di fare il bagno... Non dimenticherò mai la felicità che ho letto negli occhi di quel ragazzo e la contentezza che ho 25 INCONTRI Gennaio 2011 ex allievi raccontano Questa rubrica è dedicata alle esperienze e alle testimonianze di ex allievi dell’Istituto Cortivo. Storie in presa diretta di persone in cammino verso la piena realizzazione personale e professionale. colto sul viso stupito della sua mamma e degli operatori. È stato un episodio che mi ha dato molta fiducia nelle mie capacità”. Evidentemente ispiri sicurezza... Ma parlami del Centro: cosa fate, in quanti siete... “Siamo in 12 operatori suddivisi tra turni diurni e notturni. Gli utenti sono 12, con handicap fisici e psichici medio-gravi. Hanno comunque tutti un buon grado di autonomia, che permette loro di vivere il centro come una vera e propria casa famiglia. Tutte le attività vengono svolte tenendo presente abilità residue e hanno come obiettivo il manteni- 26 INCONTRI Gennaio 2011 mento di un buon livello di autosufficienza”. Nel giro di pochi mesi la tua vita è completamente cambiata... “Lavoro con gente giovane, grintosa, che mi riempie di entusiasmo. E poi il Centro è a soli sei chilometri da dove abito. Ora ho più tempo e la turnazione mi consente di organizzare al meglio la mia vita familiare”. Un’ultima parola sull’Istituto Cortivo? “È stata un’ottima opportunità. Anzi continua ad esserlo: ho frequentato molti seminari a Villa Ottoboni, tutte occasioni preziose per tenersi sempre aggiornati”. ex allievi raccontano Questa rubrica è dedicata alle esperienze e alle testimonianze di ex allievi dell’Istituto Cortivo. Storie in presa diretta di persone in cammino verso la piena realizzazione personale e professionale. Dopo la laurea ben tre attestati con l’Istituto Cortivo: così Immacolata Tempone Azzato ha aggiunto le competenze pratiche alle conoscenze teoriche. Impegnata nell’assistenza all’infanzia, sta progettando l’apertura di un nido o di un “punto ludico”. “Ho sempre avuto il desiderio di esprimere nella professione la mia propensione per le relazioni umane”. Un desiderio sorretto da valide motivazioni quello di Immacolata Tempone Azzato di Marsiconuovo in provincia di Potenza, laureata in Scienze dell’Educazione e in possesso di ben tre attestati conseguiti con l’Istituto Cortivo: Operatore Socio Assistenziale per l’Infanzia e Disabilità e Amministratore di Sostegno. Attualmente lavora presso la Cooperativa Sociale ISKRA di Sala Consilina, presso la quale si occupa dell’assistenza a domicilio di minori con disagio e difficoltà scolastiche. Cosa ti ha spinto, una volta laureata, a intraprendere il percorso formativo con l’Istituto Cortivo? “Il mio sogno era di lavorare in un asilo nido e desideravo quindi conseguire una formazione specifica per l’infanzia. In effetti, stavo già lavorando in un asilo nido e proprio questo mi aveva spinto ad approfondire le mie conoscenze in questo settore. Per circa quattro anni ho lavorato e studiato: è stato un periodo molto intenso, ma che mi ha permesso di sperimentare diverse realtà e, soprattutto, di mettermi alla prova in vari ambiti. Grazie agli studi con l’Istituto Cortivo e ai tirocini, infatti, ho potuto non solo esplorare meglio il mondo dell’infanzia, ma anche avvicinarmi al mondo dei disabili e alle problematiche legate al disagio sociale”. Cosa ha aggiunto l’Istituto Cortivo alla tua preparazione universitaria? “Anzitutto la qualità nella relazione con i docenti, sempre estremamente disponibili, interessati alla mia storia e sempre molto incoraggianti, e poi la concretezza dell’esperienza sul campo, grazie alla quale ho potuto mettermi alla prova e verificare le mie capacità. L’Università prepara molto dal punto di vista teorico, ma il tirocinio è stato deludente. Diversamente, quelli svolti per l’Istituto Cortivo sono stati estremamente utili, una vera e propria fonte di arricchimento personale e professionale. Ricordo il primo, svolto all’interno di una Comunità per minori con disagio: mi è rimasto il ricordo dei ragazzi, con i quali anche una sola parola era fondamentale nella relazione d’aiuto e poi il rapporto con l’équipe, ricco di scambi, confronti, suggerimenti... Conservo ricordi molto belli anche dei tirocini con i disabili e di quello come Amministratore di Sostegno presso il comune di Potenza”. Hai vissuto a Salerno per otto anni: come è stato il rientro in Basilicata? “Ho trovato una realtà cambiata in positivo. Il Comune di Potenza aveva avviato molti e interessanti progetti che riguardavano le aree della disabilità e del disagio sociale. È stato proprio presso il Comune di Potenza, mentre facevo tirocinio con i disabili, che ho incontrato una signora che mi ha fatto conoscere la Cooperativa Sociale ISKRA. Mi hanno chiamato e mi hanno fatto una proposta fantastica: lavorare il mattino e svolgere il tirocinio nel pomeriggio... Sono stata assunta nel novembre del 2009 con un contratto a tempo determinato”. Di cosa ti occupi? “Seguo a domicilio quattro minori, ma, probabilmente, mi saranno affidati altri casi. Fra gli altri, assisto una bimba con difficoltà di apprendimento. Quando l’ho conosciuta non riusciva a leggere, né a scrivere, né a comprendere i numeri. Ora, grazie anche al lavoro fatto con la logopedista, è molto miglio- rata. Tra i ragazzi che mi sono stati affidati c’è anche una quindicenne due volte bocciata alle medie: un’adolescente ribelle, ostile nei confronti degli insegnanti, con un atteggiamento da bulletta. Con lei ho lavorato molto non solo sulle sue difficoltà scolastiche, ma anche sulle motivazioni, facendola riflettere sull’importanza dello studio come strumento per poter realizzare i suoi sogni futuri. Altro caso quello di un ragazzino di famiglia poverissima; quando sono andata da lui, mi sono accorta che non possedeva nulla, niente colori, fogli, materiale didattico... Allora mi sono rivolta al Comune e sono riuscita a fargli avere l’essenziale”. Lavori quindi con il disagio minorile... “Sì, mi sono attivata anche per creare un campo estivo che abbiamo chiamato Punto Ludico, riservato proprio a bambini provenienti dalle famiglie più disagiate e in difficoltà. Abbiamo avuto molti riscontri positivi e, quindi, abbiamo deciso di tenerlo aperto tutto l’anno. Qui i ragazzi trovano quello che non hanno a casa, giochi, materiali, attività e stimoli per crescere e per sperimentare. Lavoriamo sull’autostima, sulla concezione di sé, li aiutiamo a essere più consapevoli dell’importanza dell’igiene personale, delle regole, del fatto di coltivare le amicizie”. Qualche progetto in vista? “Sì, aprire un asilo nido o una struttura simile al Punto Ludico. Avevo già iniziato a muovermi in questo senso, ma ho trovato troppi intoppi burocratici. Ci voglio, però, riprovare al più presto. Nel frattempo, le mie competenze sono cresciute e mi sento più sicura e in grado di farcela. Nel progetto, vorrei coinvolgere mio fratello e una mia amica laureata in Psicologia”. 27 INCONTRI Gennaio 2011 servizio segnalazione allievi In quanto scuola di formazione esclusivamente dedita ad attività didattiche, l’Istituto Cortivo non cura direttamente iniziative di collocamento al lavoro, ma sviluppa invece attività di segnalazioni dei propri allievi alle strutture interessate. A questo fine, offre gratuitamente agli allievi che hanno concluso il corso, il Servizio Segnalazione Allievi, che consiste nel segnalare, attraverso il proprio ufficio aperto dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12, i nominativi degli allievi che hanno conseguito l’attestato di studio ad enti e strutture che ne fanno richiesta attivi nel sociale in tutto il territorio nazionale. Si ricorda agli allievi interessati a questo tipo di servizio che, per consentire la segnalazione del loro nominativo per un eventuale inserimento professionale nel mondo del sociale, sono tenuti a rilasciare l’autorizzazione al trattamento dei dati come previsto dalla legge 196/03 compilando il modulo disponibile presso la Segreteria Didattica dell’Istituto Cortivo di Padova. Il servizio fornisce inoltre agli allievi un orientamento su come condurre un’indagine occupazionale, come scrivere un curriculum e quali documenti e informazioni allegarvi, per individuare le strutture più idonee presenti nella propria zona di residenza. Servizio riservato alle strutture Le strutture interessate a ottenere nominativi di allievi che hanno concluso il corso nelle diverse specializzazioni possono farne richiesta all’Istituto Cortivo. Servizio riservato agli allievi Gli allievi interessati a conoscere le richieste pervenute all’Istituto Cortivo relativamente alla propria specializzazione e alla propria zona di residenza possono farne richiesta. Servizio Segnalazione Allievi Istituto Cortivo Centro di Formazione Professionale Via E. Ramin, 1 - 35136 Padova Tel. 049 8901222 - Fax 049 8901213 e-mail: [email protected] 28 INCONTRI Gennaio 2011 Centro Congressi Villa Ottoboni: fuori dai luoghi comuni. Il Centro Congressi Villa Ottoboni, immerso nel verde dell’ampio parco che gli fa da naturale cornice e inserito in un suggestivo contesto storico e culturale, è il luogo ideale per incontri, meeting e conferenze. L’interno si sviluppa su più livelli e comprende un’ampia reception, tre sale conferenza, uno spazio eventi flessibile, salette riservate e servizio di ristorazione. Tutto questo (assieme alla favorevole posizione*) fa del Centro Congressi Villa Ottoboni un posto davvero speciale e... fuori dai luoghi comuni. Centro Congressi Villa Ottoboni via E. Ramin, 1 - 35136 Padova * Villa Ottoboni si trova a pochi chilometri dal casello di Padova Ovest ed è facilmente raggiungibile dalle principali arterie della città. Essere protagonista nel sociale Animatore: Il divertimento è una cosa seria. www.immagina.biz Scegli l’affidabilità, l’esperienza e la modernità dell’Istituto Cortivo per prepararti ad una professione nuova e appassionante. Diventare Animatore significa mettere in gioco i tuoi talenti, arricchendoli con un adeguato bagaglio teorico e pratico, per poter lavorare in ambito sociale, turistico, culturale e formativo. Una professione per chi ama la vita e vuole imparare a facilitare e promuovere la dimensione ludica, stimolando nelle persone la creatività, il benessere, la relazione, nel rispetto della loro età e condizione. Corsi di formazione nei seguenti ambiti operativi: Multiculturalità - Infanzia - Dipendenze - Anziani - Disabili - Assistente Turistico per Disabili - Amministratore di Sostegno - Animatore ISTITUTO CORTIVO Sede centrale - Via E. Ramin, 1 - 35136 PADOVA - Tel. 049 8901222 - Fax 049 8901213 - www.cortivo.it