FRANCESCA ALINOVI «L’apparecchio fotografico, anziché indurre i soggetti a mettere allo scoperto la propria personalità, sembra incitare loro, al contrario, l’impulso a nascondersi, a travestirsi, a de-identificarsi… La clientela, insomma, lungi dal pretendere un fedele ritratto speculare, esige ritratti immaginari». La fotografia.Illusione o rivelazione?, 1981 DISDERI DUCHAMP LUTHI ONTANI SCHERMAN MORIMURA VILEM FLUSSER «Quando decifriamo un'immagine, dobbiamo tener conto del suo carattere magico. E' dunque sbagliato voler vedere nelle immagini “eventi congelati”» Per una filosofia della fotografia, 1983 VILEM FLUSSER «Non esiste una fotografia ingenua, non concettuale. La fotografia è un'immagine di concetti. E' impossibile fotografare effettivamente tutto ciò che è fotografabile. L'immaginazione dell'apparecchio è superiore a quella di ogni singolo fotografo e a quella di tutti i fotografi messi insieme: proprio in ciò consiste la sfida per il fotografo» Per una filosofia della fotografia, 1983 VILEM FLUSSER «Ogni singola fotografia è allo stesso tempo il risultato della collaborazione e della lotta fra apparecchio e fotografo. Si può, di conseguenza, considerare decifrata una fotografia nel momento in cui riusciamo a stabilire quale sia in essa il rapporto fra collaborazione e lotta» Per una filosofia della fotografia, 1983 VILEM FLUSSER «Il compito di ogni critica fotografica dovrebbe perciò essere di evidenziare, da una parte, come l'uomo si sforzi di padroneggiare l'apparecchio e, dall'altra, come gli apparecchi mirino ad assorbire le intenzioni umane» Per una filosofia della fotografia, 1983 VILEM FLUSSER «Poiché gli apparecchi funzionano in modo automatico e non obbediscono ad alcuna decisione umana, nessuno può possederli. Ogni decisione umana è presa sulla base di decisioni dell'apparecchio; essa si è ridotta a decisione puramente “funzionale”, ovvero: l'intenzione umana si è volatizzata» Per una filosofia della fotografia, 1983 VILEM FLUSSER «Il compito di una filosofia della fotografia è quindi mettere a nudo questa lotta fra uomo e apparecchio nel campo della fotografia e riflettere su una possibile soluzione del conflitto» Per una filosofia della fotografia, 1983 PHILIPPE DUBOIS «Ci è stato più volte detto che la foto era l’immagine moltiplicabile in serie per eccellenza, si è sottolineato abbastanza che la fotografia apriva l’era della riproducibilità tecnica delle immagini. Ciò che si dimentica troppo spesso, è che questa riproducibilità opera solamente tra segni. Per quanto riguarda l’unicità essa non poggia su questo rapporto tra segni, essa poggia sul rapporto di ciascuno di essi con l’oggetto che denota. Tutte le stampe sono tirate da uno stesso negativo, e quel negativo, che è la foto propriamente detta, è sempre unico… le stampe positive non sono infatti altro che delle foto di foto, delle “metafoto”, delle immagini di secondo grado… la fotografia in quanto tale, colta nel suo principio - l’impronta, il negativo, la polaroid, il dagherrotipo - è sempre necessariamente singolare» L'atto fotografico, 1983 PHILIPPE DUBOIS «Ogni foto non ci mostra per principio che del passato, che questo sia più o meno vicino o lontano. E’ questo scarto temporale, che fa della fotografia una rappresentazione sempre in ritardo, differita, dove nessuna simultaneità tra l’oggetto e la sua immagine è possibile (questa sarà una delle grandi differenze con i mezzi elettronici: il video e il circuito chiuso televisivo autorizzano la diretta, il feed-back immediato, l’auto controllo visivo nell’istante stesso)». «Anche nel caso della Polaroid questo sfasamento sussiste…». …NELLA FOTOGRAFIA DIGITALE NO, PERCHE’ SPARISCE L’IMMAGINE LATENTE.» L'atto fotografico, 1983 PHILIPPE DUBOIS «La distanza fotografica è il luogo di vacillamento delle nostre certezze… Questo tipo di situazione, con gli intensi ondeggiamenti che implica, costituisce in effetti un vero terreno di fertilizzazione della Finzione». «Ci si ricorda, per esempio di questa frase di Peter Handke: Attendere una foto davanti un apparecchio a sviluppo automatico; ne potrebbe venire fuori un’altra con un viso diverso - così potrebbe cominciare una storia». «Lo scarto, che è al centro delle fotografie, per quanto ridotto sia, è dunque un abisso. Tutti i poteri dell’immaginario vi si collocano».» L'atto fotografico, 1983 ROSALIND KRAUSS INFORME «Disfare le categorie formali, negare che ogni cosa abbia una forma “propria”, di immaginare il senso diventato senza forma, come una ragnatela o un verme schiacciato sotto il piede… Questa operazione, che produce la bassezza è quella che si avvicina di più alla pratica fotografica» Teoria e storia della fotografia, 1990 CLAUDIO MARRA ESTETICA TECNOLOGICA • Abbattimento della logica dell’opera • Dalla lettura alla fruizione • Dall’artistico all’estetico Scene da camera, 1990 MARIO COSTA ESTETICA TECNOLOGICA • Produzione e fruizione sensoriale • Conoscenza intellettuale (non “artistica”) • Assenza del significato (“significante”) • Annullamento dell’individialità (“pluralità”) • Indebolimento della forma (“informe”) Il sublime tecnologico, 1990 PIERRE SORLIN ANALOGICO vs VIRTUALE «Con l’immagine virtuale… il soggetto non si limita a vedere. È catturato in un flusso e deve ricorrere a tutte le sue facoltà, percepire, sentire, intuire, capire, agire oltre che vedere. L’immagine analogica, invece, era nettamente scissa dall’osservatore, che la esaminava dall’esterno come avrebbe fatto per qualunque altro oggetto; essa sembrava indipendente, oggettiva». I figli di Nadar, 1997 PIERRE SORLIN DIGITALE «I computer lavorano su entità che l'occhio non percepirà mai e grazie ad essi il ragionamento logico prevale sull'osservazione diretta». I figli di Nadar, 1997 MARIO COSTA «Per quanto riguarda la fotografia, il vero problema estetico che essa pone non è quello della riproducibilità, così come si è creduto per troppo tempo, ma quello della oggettiva ridefinizione dello statuto teorico dell’artista». Della fotografia senza soggetto, 1997 MARIO COSTA PREPONDERANZA DEL CONTENUTO «Quel poco di teoria estetica esistente in materia di fotografia si è edificata in base al pregiudizio della preponderanza del contenuto: “In fotografia viene sempre in primo piano il contenuto”, dice la Sontag, e Barthes conferma, “io non vedevo altro che il referente”. Il mio punto di vista è ben diverso: in una fotografia io non vedo altro che la fotografia e il fotografo, il referente mi è del tutto indifferente». Della fotografia senza soggetto, 1997 MARIO COSTA ESSENZA DEL MEDIUM «La storia artistica della fotografia non è altro che la storia dell’autodisvelamento di un medium nella quale i singoli grandi fotografi rispondono a una chiamata tecnologica che invoca, secondo un ordine necessario e del tutto indifferente al soggetto che risulterà chiamato, l’epifania dell’essenza del medium». Della fotografia senza soggetto, 1997 DUE PENSATORI DI RIFERIMENTO JEAN BAUDRILLARD DELITTO «Questa è la storia di un delitto: l’uccisione della realtà. E dello sterminio dell’illusione… questo delitto è senza movente e senza autore, e dunque resta perfettamente inspiegabile. In ciò consiste la sua vera e propria perfezione… l’immagine non può più immaginare il reale, poiché coincide con esso. Non può più sognarlo, poiché ne costituisce la realtà virtuale… per fortuna il delitto non è mai perfetto». Il delitto perfetto, 1995 JEAN BAUDRILLARD REALITY SHOW / READY-MADE «Così come sono, coloro che vengono prelevati dalla loro vita reale, per andare a recitare il loro psicodramma coniugale alla televisione, hanno per antenato il portabottiglie di Duchamp, che costui preleva allo stesso modo dal mondo reale per conferirgli altrove, in un ambito che si suole ancora definire arte, un’iperrealtà indefinibile. Il portabottiglie, fuori dal suo contesto, dalla sua idea e dalla sua funzione, diventa più reale del reale (iperreale) e più arte dell’arte. Qualsiasi oggetto, individuo o situazione è oggi un ready-made virtuale, nella misura in cui di essi si può dire quanto Duchamp dice in fondo del portabottiglie: esiste, l’ho incontrato. E’ così che ciascuno è invitato a presentarsi tale e quale, e a recitare la sua vita in diretta sullo schermo, come il ready-made recita la sua parte tale e quale, in diretta, sullo schermo del museo». Il delitto perfetto, 1995 MARC AUGE’ REALE / FINZIONE «Ci fu un tempo in cui il reale si distingueva chiaramente dalla finzione, in cui ci si poteva fare paura raccontandosi storie ma sapendo che erano inventate, in cui si andava in luoghi specializzati e ben delimitati (parchi di divertimento, fiere, teatri, cinema) in cui la finzione copiava il reale. Ai nostri giorni, insensibilmente, si sta producendo l’inverso: il reale copia la finzione… Questa spettacolarizzazione, questo passaggio alla finzione integrale che fa saltare la distinzione reale / finzione, si estende al mondo intero». Disneyland e altri nonluoghi, 1997 MARC AUGE’ CREDENZA PER PROCURA • Opuscoli turistici • Babbo Natale • Informazione • Fotografia Disneyland e altri nonluoghi, 1997 JEAN BAUDRILLARD REALITY SHOW / READY-MADE 1995 GOLDIN MARC AUGE’ FINZIONE 1997 CASEBERE