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ANNO XLIII N. 12
DICEMBRE 1995
MENSILE DELL'AICCRE
ASSOCIAZIONE UNITARIA DI COMLINI PROVINCE REGIONI
dal quartiere alla regione per una Comuriità europea federale
Riflessioni
precongressuali
Pace in Bosnia
Ad oggi i Soci dell'AICCRE, che stanno cominciando a riflettere sulle questioni politiche
- sia di politica interna del CCRE che di politica generale europea - in vista del Congresso ordinario dell'AICCRE del 14 - 15
marzo p.v., si trovano di fronte ad alcuni documenti, che elenchiamo di seguito:
- il documento politico approvato all'unanimità dall'Assemblea straordinaria dell'AICCRE del 14.12.95, pubblicato di seguito a pag.
3 di questo numero;
-la Dichiarazione del Comitato di iniziativa e di vigilanza del semestre di presidenza italiana dell'unione europea e della Conferenza
della revisione di Maastricht, Comitato di cui
1'AICCRE fa parte, Dichiarazione pubblicata
a pag. 1 e seguenti del numero di novembre
1995 della nostra rivista;
Poesia tratta dal volumetto «Poesie del Natale», 1995, a cura degli alunni delle classi IV
e IV D della scuola elementare ~RuggeroBonghin di Roma
1
- l'inserto "Quale repubblica federale italiana?" ~ u b b l i c a t osul numero di novembre
1995, inserto che riproduce, anche storicamente, la posizione delllAICCRE di fronte alla trasformazione dell'Italia da uno Stato regionale repubblicano a una possibile Repubblica federale;
- l'inserto del numero di settembre di
"Comuni d'Europax, che riportava la posizione delllAICCRE di fronte alla riforma del
Trattato di Maastricht ("L'Europa che vogliamo") e, nello stesso inserto, l'Appello di Messina (aprile 1995), approvato in occasione del
4Oesimo anniversario dei Trattati di Roma, alla presenza del presidente Haensch del Parlamento europeo e con la partecipazione, a Messina, degli Enti associati della Sicilia;
- il Manifesto conclusivo degli Stati generali di Strasburgo, che in vista della revisione
di Maastricht criticava duramente l'incapacità
di agire dell'Europa intergovernativa e l'esigenza di un'attribuzione alla Commissione
esecutiva di Strasburgo anche della politica
estera e della politica di sicurezza europee (si
veda il testo di questo Manifesto, nella ennesima riproduzione, nel numero di gennaio
1994 di "Comuni d'Europan: anche questo
manifesto si intitola "L'Europa che noi vogliamo").
Ai testi precedentemente citati non ahbiamo qui, sul momento, molto da aggiungere se
non poche utili messe a punto. Da una parte
proprio un tedesco, K.Seitz, ha composto un
libro, tradotto e pubblicato anche in Italia. intitolato "Europa, una colonia tecnologica". In
questo libro l'autore sostiene che tutta 1'Europa, Germania inclusa, è in arretrato in relazione alle sei tecnologie più avanzate che si affermano attualmente in nord America e in Giappone. Ciò implica che il modo concreto e possibile di evitare una germanizzazione dell'Europa consiste in un'Europa politicamente ed
economicamente unita, che utilizzando tutte
le capacità lavorative e di intelligenza dell'intera Unione europea, dall'estremo nord all'estremo sud, permetta di superare questa globale inferiorità europea e crei una produzione
di tale valore aggiunto che riesca nella competizione col terzo mondo, che è in pieno sviluppo e con costi di lavoro estremamente bassi.
Ciò premesso vorremmo far tesoro di un articolo dell'ex cancelliere tedesco Helmut Schmidt, che di fronte alla pressione tedesca perchè passi nelle date stabilite il progetto di
unione economica e monetaria europea, chiarisce agli europei non tedeschi che in Germania c'è una corrente in aumento che non vorrebbe sottostare alle regole pattizie dell'unione, vorrebbero servirsi esclusivamente del
marco e avere le mani libere per la reale germanizzazione, unilaterale, dell'Europa del
Centro e dell'Est. A parere quindi di Schmidt
si tratta non di respingere i parametri di Maastricht, ma di utilizzare al meglio la soluzione
pattizia che l'Unione viene a creare e che, in
qualche modo, dovrà non lasciar le mani libere interamente ai "cattivi tedeschi". Noi dobbiamo far tesoro delle considerazioni di Schmidt, che è un ottimo europeista, ma per cominciare dobbiamo far si, come dice il documento dell'AICCRE del 14 dicembre, che I'unificazione monetaria risulti un effettivo strumento della costruzione dell'unione politica
europea ma non una "saracinesca che si abbassa ad un'ora prefissata", utilizzata per accentuare la divisione fra i paesi dell'unione
europea, divisi in maniera perentoria fra efficienti e ineffcienti.
In ogni caso lo spirito della presa di posizione dell'AICCRE è che si stia attenti a non
confondere i pur necessari strumenti - ieri la
CED (Comunità europea di difesa), oggi la
moneta europea - con i fini della nostra stessa strategia politica, che consistono nel costruire una federazione politica sovrananzionale, al limite di tutti i paesi dell'Europa (una
Paneuropa democratica e federale), vòlta a
parlare la lingua federalista a tutto il resto del
som
ma
r1o
COMUNI D'EUROPA
Pianeta e a preparare quelia che I<ant cbiamava la "pace perpetua". In altre parole occorre
che stiamo attenti a non sottostare a un eccessivo, predominante economicismo, con la sudditanza della prospettiva di unione politica all'unione economica. E grave la confusione fra
un grande ideale politico e gli strumenti, indubbiamente necessari, per raggiungerlo. In
questo senso è inaccettabile che con l'est europeo si stia intavolando in maniera predominante un discorso economico e non un limpid o e preliminare discorso politico ideale: ricordiamo in tale senso la presa di posizione
del gennaio 1993 dell'attuale presidente del
Parlamento europeo, Haensch, come relatore
a quel tempo della Commissione istituzionale
del Parlamento europeo ("Per una Paneuropa
federale"). Inoltre oggi, con Maastricht male
interpretato, ci si limita ad una discussione
monetarista e si è chiuso in un cassetto il Piano Delors, col quale si affronta lo sviluppo ma
anche la disoccupazione.
Indubbiamente il semestre in corso dal 1"
gennaio 1996, che è il periodo di presidenza
italiana del semestre comunitario, si decide-
modo le sorti della Unione
ranno in
europea, tentando di avviarci verso un'Europa
pre-federale e non verso un'Europa che blocca il progresso comunitario a ciò che si è raggiunto nel frattempo, e che (vedasi il caso jugoslavo) ci mette di fronte un'Europa confederale, cioè disunita, incapace di agire. Un Segretariato politico, di chiara derivazione intergovernativa, renderebbe l'Europa incapace di
divenire un'autentico Soggetto politico autonomo. I1 federalismo non è un optional deil'Unione, ma la filosfia che ci deve guidare in questo problematico momento della democrazia
planetaria. Questo che noi ora stiamo affermando rispetta coerentemente tutta la storia
del CCRE e la stessa ragione per cui esso è stato Creato.
E evidente che l'autentica visione federale
dell'unione europea ristabilisce in pieno l'equilibrio democratico fra il nord e il sud dell'Europa. Non c'è possibilità di affrontare e risolvere il problema meridionale europeo, se
non si segue onestamente e senza ambiguità
una soluzione politica e federale dell'unione
europea.
¤
la cronaca del 14 dicembre
Congresso straordinario e Consiglio nazionale
dellSAICCRE
11 14 dicembre scorso, a Roma, presso la Sala
Borromini, si è svolto il Congresso straordinario
dell'AICCRE, che aveva all'ordine del giorno
l'approvazione del nuovo statuto dell'Associazione.
La seduta si è aperta sotto la presidenza di
Angelo Passaleva, presidente del Consiglio regionale della Toscana e presidente della Federazione regionale dell'AICCRE, e ha subito ascoltato una relazione sul nuovo statuto del presidente della Commissione per la r$orvza dello
statuto, Francesco Colonna.
Tra gli altri, sono intervenuti nel dibattito
Raffaele Gallus, presidente della Federazione
sarda dell'AICCRE, Pierino Donada, presidente della Federazione friulana, Alessandra Guerra, assessore della Regione Friuli Venezia Giulia, Maria Pia Bozzo, membro del Consiglio nazionale, Michele Cossa, Sindaco di Sestu, Angelo Castelli e Fernando Vera, membri della Direzione nazionale, Raffaele Felce, uicep~esidente
della Federazione sarda.
Il presidente dell'AICCRE, Umberto Serafini, ha quindi presentato un doczrmento sul semestre italiano di presidenza delI'Unione europea e la Conferenza intergovernativa per la revziione del Trattato di Maastricht.
È seguito un dibattito che ha visto gli interventi, tra gli altri, di Nino Ianni, rappresentante della Provincia di Massa Carrara, di Aldo
Amati, segretario della Federazione marchigiana dell'AlCCRE, di Lorenzo Viale, consigliere
comunale di Ventimiglia, di Nunzia Fiorentino,
consigliere regionale della Puglia, di Cesare San
Mauro, presidente della Commissione bilancio
del Comune di Roma e tesoriere dell'AICCRE,
d i Franco Punzi, vicepresidente vicario delI'AICCRE e presidente della Federazione pugliese, d i Patrizia Dini, consigliere regionale
della Toscana.
In fine mattinata, messi in votazione dal presidente Passaleva, l'Assemblea ha approvato all'unanimità il nuovo statuto dell'AICCRE e il
(segue a pag 3)
2 - Congresso straordinario e Consiglio nazionale dell'AICCRE
3 - L'Europa dei cittadini
4 - Adeguamento nella continuità, di Francesco Colonna
5 - Statuto dell'AICCRE
7 - Le norme regolamentari
8 - La società dell'informazione globale, di Massimo Fichera
10 - Da Bronte a Trento (via Pisa) e ritorno, di Gmberto Serafini
12 - Strategia di movimento e realtà politica europea, di Francesco Giglio
16 - I LIBRI
DICEMBRE 1995
il documento del P4 dicembre
L'Europa dei cittadini
L'Assemblea straordinaria dell'AICCRE
(Sezione italiana del Consiglio dei Comuni e
delle Regioni d'Europa), riunita a Roma il 14
dicembre 1995, nell'approssimarsi dell'assunzione dell'Italia, per il semestre gennaio-giugno 1996, della Presidenza dell'unione europea, sottolinea come la grave responsabilità
sovranazionale, decisiva agli effetti dell'awenire prossimo del nostro Paese, sia assai spesso strumentalizzata, dal Parlamento nazionale
e dalle forze politiche, e di riflesso dalla stampa e da tutti i media, agli effetti delle prospettive interne di potere e non secondo una logica autonoma da queste preoccupazioni;
comunque, ribadisce che dobbiamo fare
uno sforzo ancora maggiore di quello fin qui
previsto per essere tempestivamente o quanto
prima in regola coi parametri economico-finanziari che ci provengono, per I'UEM, dal
Trattato di Maastricht, da noi firmato a suo
tempo,
ma osserva da un lato che l'unificazione
monetaria costituisce un passo importante,
uno degli strumenti per la costruzione dell'unione politica dell'Europa, che non può essere utilizzato per accentuare la divisione, per
accrescere le distanze fra i paesi dell'unione
europea. L'unione monetaria non può essere
una saracinesca che si abbassa ad un' ora prefissata, ma un processo di armonizzazione delle diverse economie per rafforzare la coesione;
dall'altro che occorre subito respingere, nelle
competenti sedi comunitarie, l'appesantimento che si vorrebbe creare sui Paesi che non
possano, per ragioni obiettive economiche,
partecipare immediatamente all'UEM;
soprattutto afferma che, fino alle proposte
conclusive della CIG, al parere del P E e a tutte le ratifiche nazionali sulla revisione di Maastricht, la politica dell'unione sia gestita come
lo è attualmente dagli organi dell'unione;
comunque, mentre l'Italia si appresta come
deve - o dovrebbe - a versare "lacrime e
sangue" per mettersi in regola circa i parametri dell'UEM, l'Assemblea giudica incredibile
che frattanto alcuni Paesi dell'unione compiano atti del tutto contrari a quella politica autenticamente europea, che deve superare interessi e presupposti nazionalisti, come è successo per il Governo francese, che ha ripreso
gli esperimenti atomici senza consultare i consociati comunitari, o per la Germania che ha
avanzato assurdamente la proposta di un suo
posto permanente di grande potenza nel Consiglio di sicurezza dell'ONU:
l'Assemblea straordinaria dell'AICCRE ricorda che l'Unione europea si fa non su precipui motivi militari (come per la CED) o economico-finanziari (come ora per l'UEM), anche se questi sono fattori determinanti in una
Unione federale, ma per un obiettivo di vera
solidarietà sovranazionale, di costruzione della pace e di avanzamento di civiltà, fattori che
escludono definitivamente ogni arroganza nazionale.
Venendo alla Conferenza per la revisione di
DICEMBRE 1995
Maastricht l'Assemblea sostiene che i risultati
della Conferenza dovranno essere subordinati
a un parere finale del P E e, in caso di dissensi, si dovrà rimettere il loro superamento a un
Comitato di conciliazione, prima di sottoporre il tutto alle ratifiche nazionali: infatti, se
l'Europa dei cittadini non è una espressione
priva di valore che compare nel Trattato, non
si dovrà affidare il destino di questi cittadini a
un puro accordo diplomatico fra gli Stati;
inoltre l'Assemblea si awede con stupore
che, riconosciute ormai ineludibili politiche
estera e di sicurezza comuni, si profili, in ambienti politico-diplomatici, l'eventualità di
creare ad hoc un Segretariato politico, di origine intergovernativa, ripetendo la vecchia
proposta, bocciata, del Piano Fouchet e retrocedendo, in queste materie, dal metodo comunitario, che viceversa ha dato così spesso
risultati apprezzabili, metodo che le affiderebbe alla Commissione esecutiva di Bruxelles,
controllata, owiamente, sia dal Parlamento
Europeo che dal Consiglio dell'unione (cioè
della rappresentanza o Senato degli Stati).
Infine l'Assemblea, proprio per quel che riguarda la materia specifica del CCRE, mentre
è d'accordo nel chiedere che nella revisione
del Trattato sia completato e chiarito il principio di sussidiarietà - che si lega abitualmente a quello di prossimità, cioè alla preferenza
per le soluzioni più vicine all'iniziativa e al
controllo dei singoli cittadini -, insiste affinchè questo principio sia visto in un quadro
stretto di interdipendenza, che è un principio
di solidarietà federale, e sia ordinato da una
Costituzione europea, sulla quale è sempre
tardi che dica una sua parola senza incertezza
il PE.
L'Assemblea approfitta dell'occasione per
ricordare che 1'AICCRE è da quarantrè anni
che studia e si batte per il passaggio dell'Italia,
gradualmente, da uno Stato cosiddetto regionale - mai realizzato nella sua completezza
- a uno Stato federale, che - come dovrebbe esser noto - implica un assai più completo coordinamento nazionale, soprattutto col
Senato delle Regioni, se visto al modo del
Bundesrat tedesco.
Poichè, giustamente, in questo momento,
accanto al problema della coesione economica
europea ci si preoccupa della drammatica situazione dell'occupazione, pesante ovunque,
ma gravissima nel nostro Mezzogiorno, 1'Assemblea osserva la scarsa attenzione rivolta al
Piano Delors, che non si occupa soltanto dello sviluppo, ma altresì, attentamente, di una
occupazione "non assistita", e in pari tempo
del problema della competitività globale dell'Unione europea col resto del mondo, con
l'owia ricaduta sui problemi del lavoro. Inoltre l'Assemblea chiede un patto sociale e di interdipendenza regionale dell'unione.
Circa il Comitato delle Regioni e delle Collettività locali l'Assemblea insiste su due punti: che tutti i suoi membri siano, per Trattato,
eletti dal popolo nei rispettivi Enti, e che il
Comitato sia invitato a realizzare un tavolo di
lavoro comune col Parlamento Europeo, in
luogo di attardarsi in minuscole questioni di
competenza: è o w i o che la competenza deve
ricadere in definitiva sulle spalle dei cittadini,
che dovranno sempre più essere comunque
ascoltati nei modi convenienti (come prevedeva la Carta europea delle libertà locali del
CCRE, nella versione autentica del 19531,
mentre ancora una volta si tende ad emarginarli.
L'Assemblea vede con grande favore il
coordinamento che si è stabilito, con apposito
Comitato, fra cutte le organizzazioni federaliste italiane, a partire dallo storico e glorioso
Movimento Federalista Europeo, per vigilare
sul Semestre italiano di Presidenza dell'unione e sulla Conferenza intergovernativa per la
revisione di Maastricht,
ed è pronta ad offrire tutto l'appoggio del1'AICCRE all'intervento che il CCRE vuol fare a Torino, per l'inizio della Conferenza a fine marzo, ribadendo la difesa di tutte le istanze - federali sovra e infranazionali - approvate agli Stati generali di Strasburgo, ivi comprese le problematiche specifiche per le regioni transfrontaliere che assurgono a territorio
di cerniera dell'unione europea.
I1 CCRE e quindi 1'AICCRE sono nati come punti d'appoggio per l'azione popolare in
favore della Federazione europea, e in questo
momento le loro responsabilità sono, se possibile, ancora cresciute. L'Assemblea dunque rivolge un Appello a tutti gli Enti autonomi territoriali italiani (Regioni, Province, Comuni e
Comunità montane) perchè, soprattutto attraverso i loro Consigli, appoggino quanto propone I'AICCRE, facendo riprendere alllItalia
quel ruolo di testa del processo di unità democratica europea, che storicamente ha sempre avuto.
14 dicembre 1995
(.~egueda pag. 2 )
documento politico discusso. Nella presente pagina e nelle pagine seguenti pubblichiamo i testi integrali
- dei due documenti.
Nel pomeriggio Lello stesso giorno, si è riunito, nello stesso luogo, il Consiglio nazionale
dell'Associazione, per deliberare data e luogo
dell'Assemblea congressuale nazionale ed ad&
tare i/ relativo reaolamento
Sotto la presidenza del presidente Umberto
Serafini, dopo un dibattito nel quale sono intervenuti il segretario generale Gianfranco
Martini, Francesco Colonna, Raffaele Gallus,
Angelo Passaleva, Pierino Donada, Fernando
Vera, il segretario generale aggiunto Fabio Pellegrini, Giuseppe Bufardeci, il vice-presidente
vicario Franco Punzi, è stata approvata la convocazione a Ronza, il 14 e 1 5 marzo 1996, dell'Assemblea congressuale ordinaria dell'Associazione, ed è stato approvato il relativo Regolamento, che viene pubblicato nelle pagine seH
guenti.
-
COMUNI D'EUROPA
di fronte ai mutamenti della realtà esterna
Adeguamento nella continuità
di Francesco Colonna *
1. - Tre criteri i s p i r a t o r i
I1 nuovo statuto ~ ~ ~ ~ ' A I adottato
c c R E all'Assemblea nazionale del 14 dicembre 1995 presenta, rispetto alla precedente normativa statutaria, modifiche profonde, tendenti a promuovere un adeguamento dell'associazione,
nella continuità della sua ispirazione di fondo,
a una situazione radicalmente nuova, per i mutamenti intervenuti nella realtà internazionale
e per i cambiamenti che si sono avuti e sono in
atto negli assetti politici nazionali e anche nella vita delle autonomie locali (sul piano europeo con l'unificazione fra il CCREe la IULAe in
Italia con il nuovo ordinamento degli enti locali e con le nuove leggi elettorali).
Le innovazioni introdotte corrispondono
essenzialmente a tre criteri ispiratori:
1) una decisa accentuazione del carattere
come associazione rappresentativa
dell' AICCRE
di Regioni ed Enti locali, salvaguardandone
però al tempo stesso la natura di associazione
che è espressione non solo di "enti" ma dell'insieme delle collettività locali;
2) l'awio di un processo di organica "regionalizzazione" della struttura ~ ~ ~ ~ ' A I c c R E ;
3 ) una netta semplificazione degli organi dirigenti volta a rafforzare il ruolo di direzione
degli organi collegiali: il Consiglio nazionale e
la Direzione.
- Associazione non solo d i Enti ma
d i collettività
2.
L'esigenza di accentuare il carattere delllArccome associazione di enti (regionali e locali) non è sorta solo negli ultimi tempi. Essa nasce dal fatto che l'unità europea diviene sempre
più non solo una prospettiva ideale, ma realtà
di una costruzione effettiva, per quanto difficile e faticosa; materia dunque di un impegno
non solo di avanguardie militanti ma delle amministrazioni locali, sempre più direttamente
investite in quanto tali dalle conseguenze di decisioni su problemi di dimensione europea prese a livello europeo, e perciò sempre più direttamente interessate alla battaglia per una Federazione europea fondata sul rispetto, lo sviluppo e il rilancio delle autonomie territoriali.
Ma questa esigenza acquista oggi un rilievo
particolare, sia sul terreno europeo anche in
rapporto ai problemi posti dalla fusione CCREIULA,sia sul terreno nazionale, perché i mutamenti in atto degli assetti politici italiani investono largamente la vita delle regioni e degli
enti locali, e il tema delle autonomie e del loro
ruolo dell'ordinamento si ripropone con rinnovata attualità nel dibattito sulle riforme istituzionali e sul federalismo.
Sotto questo aspetto il nuovo Statuto introCRE
" Prcsidcnte della Commissionc pcr la riforma dello Statuto.
COMUNI D'EUROPA
duce alcuni mutamenti incisivi per quanto attiene alla riserva di posti statutariamente prevista a favore dei soci titolari (e dei rappresentanti delle Federazioni regionali che ne sono
espressione diretta) nella composizione degli
organi collegiali di direzione.
Una tale riserva già esisteva per il Consiglio
nazionale e anche, ma in misura più ridotta,
per la Direzione. Non era invece prevista per i
massimi vertici dell'Associazione.
Ora, sulla base del nuovo Statuto:
- la quota riservata ai soci titolari (ai quali
sono assimilati i rappresentanti delle Federazioni regionali che dei soci titolari sono espressione diretta) viene mantenuta, in una misura
attorno al 70 per cento, per il Consiglio nazionale (dove Dassa da 135 su 185 a 120 su 165) e
viene fortemente accresciuta. dal 5 1 al 77 Der
cento, per la Direzione (dove passa da 24 su
47 a 35 su 45);
- viene abolita la Giunta, organismo nel
quale nessuna riserva di posti per i soci titolari era prevista;
- e viene contemporaneamente assicurata
la presenza preminente di rappresentanti diretti di enti, regionali e locali, anche ai massimi vertici dell'Associazione attraverso la norma per cui il Presidente e due dei tre vice Presidenti debbono essere scelti fra i soci titolari.
È previsto d'altra parte che ai lavori del
Consiglio nazionale e della Direzione possano
prendere parte, non solo come semplici invitati, rappresentanti della Conferenza dei presidenti delle Regioni e del Comitato di coordinamento dei Consigli regionali e delle Associazioni nazionali delle diverse categorie di enti locali (ANCI,UPI. e UNCEM).
Mentre accentua così la caratteristica del~'AICCRE
come associazione di enti - con
proprie specifiche anche se non esclusive
competenze sul terreno dei gemellaggi europei, dei rapporti comunitari ed europei, dei
servizi europei agli enti locali - lo Statuto
conserva però ed esalta i caratteri peculiari in
cui si manifesta la ragion d'essere della nostra
associazione:
- la sua natura di associazione di rappresentanza unitaria dell'intero sistema delle autonomie e non di una particolare categoria di enti;
- la sua natura di associazione politica, a
vocazione europea e federalistica, di promozione dell'impegno europeista delle comunità
locali e che proprio per questo si fonda bens"
sugli enti, ma tende a rappresentare l'insieme
delle collettività locali.
Anche in questa luce il nuovo Statuto prevede che Regioni, provincie e comuni maggiori siano rappresentati non solo dagli Esecutivi
ma anche dai rispettivi Consigli e prevede che
oltre agli enti soci titolari possano far parte
dell'Associazione come soci individuali senza diritto di voto congressuale e con i limi-
ti ricordati nel diritto a far parte degli organismi - anche gli eletti regionali e locali e i
membri di organi degli enti, in primo luogo gli
assessori, anche se privi di mandato elettivo.
Nella stesso senso vanno le norme che ima ricercare una presenza tenpegnano ~'AICCRE
denzialmente paritaria delle donne nel Consiglio nazionale e nella Direzione e che prevedono l'istituzione di due Consulte, dei parlamentari, europei e nazionali, e dei funzionari
delle Regioni e degli Enti locali.
3. - La regionalizzazione dell'AZCCRE
I1 carattere centrale del tema deila regionalizzazione nel nuovo Statuto è sottolineato già
dal fatto che esso viene affrontato in uno dei
primi articoli, l'articolo 5 , che non prevede solo l'esistenza di Federazioni regionali, ma definisce l'Associazione nel suo complesso come
"associazione nazionale a struttura regionale".
Proprio in quanto associazione non limitata
a una sola categoria di enti, e che nasce per
promuovere una battaglia europeista comune
e rappresentare una comune interfaccia europea del sistema delle autonomie, 1'Associazione deve essere organicamente articolata al livello regionale, dove può trovare piena attuazione una funzione di raccordo fra la Regione
e i diversi enti locali, e fra gli enti e le popolazioni, e deve avere strutture centrali forti ed
efficienti, in grado di fornire un impulso politico unitario; di raccogliere e fornire informazioni, documentazione, servizi; e di assicurare
i necessari rapporti internazionali.
Nel concreto, lo Statuto prevede addirittura un mutamento del carattere del Congresso
dell'associazione. Quest'ultimo era finora concepito come assemblea degli enti soci titolari.
nel quale le Federazioni regionali non avevano
parte. Con il nuovo Statuto non si giunge a
trasformarlo in una assemblea di delegati eletti da Congressi delle Federazioni regionali, come probabilmente dovrà avvenire quando la
regionalizzazione sarà completata; si avvia
però un processo che va in questa direzione,
prevedendo che all'Assemblea congressuale
nazionale le Federazioni regionali partecipino
con propri delegati, con diritto di voto, accanto ai rappresentanti diretti degli Enti soci.
Di non minore rilievo è l'inserimento organico delle Federazioni regionali nella direzione
complessiva dell'Associazione. Finora rappresentanti delle Federazioni regionali erano come
aggiunti, e con voto solo consultivo, ai membri
del Consiglio nazionale e della Direzione. I1
nuovo Statuto prevede invece che essi siano
compresi in questi organismi a pieno titolo, e
con un peso decisivo. Nel Consiglio nazionale
essi superano ampiamente un terzo: una sessantina su 165 componenti; nella Direzione addirittura toccano quasi la metà: 20 su 45.
Anche sotto l'aspetto finanziario, le innovazioni introdotte sono profonde. Alle Federa(segue a pag l > )
DICEMBRE 1995
Statuto del19AICCRE
approvato dall'Assemblea generale straordinaria
Articolo 1
(Natura e finalità)
L'Associazione italiana per il Consiglio dei
Comuni e delle Regioni d'Europa (Aiccre),
con sede in Roma, è l'associazione nazionale
che raccoglie liberamente in modo unitario le
Regioni, i Comuni, le Province e le altre rappresentanze elettive di Comunità locali (Aree
metropolitane, Circoscrizioni, Comunità montane) nel loro impegno a operare per la costruzione di una Federazione europea fondata
sul pieno riconoscimento, il rafforzamento e la
valorizzazione delle autonomie regionali e locali.
L'Aiccre è la Sezione italiana del Ccre (Consiglio dei Comuni e delle Regioni d'Europa),
Sezione europea dell'unione internazionale
delle città e dei poteri locali (Iula), ai sensi dell'articolo I1 dello Statuto del Ccre.
Articolo 2
(Compiti)
L'Aiccre
- assume e promuove iniziative dei poteri
regionali e locali per lo sviluppo della cultura
europea e per la costruzione della democrazia
istituzionale e dell'unità politica dell'Europa
in forma federale, sulla base del principio di
sussidiarietà; per la pace, la collaborazione pacifica e la fraternità dei popoli contro gli odii
nazionali, etnici e religiosi; per la realizzazione
della pari dignità e delle pari opportunità di
tutti gli esseri umani; per il superamento degli
squilibri in Europa e nel mondo;
- sostiene una più ampia valorizzazione
delle autonomie locali nella Repubblica italiana la cui unità sia fondata su un moderno federalismo;
- opera per la più stretta collaborazione a
tal fine fra le associazioni delle autonomie locali, nella prospettiva di una loro federazione;
- adotta e promuove iniziative di reciproca conoscenza, di incontri, scambi di esperienza e gemellaggi fra i poteri regionali e locali dei
diversi paesi d'Europa e con quelli extraeuropei con i quali l'Unione europea intrattiene
rapporti di cooperazione;
- effettua studi e ricerche sulle autonomie
regionali e locali in Europa e sui problemi di
loro competenza che investono la dimensione
europea;
- organizza, d'intesa con le istituzioni regionali e locali e con le loro associazioni, attività di informazione e di formazione degli amministratori e del personale sui problemi europei;
- svolge attività di servizio agli enti associati nei loro rapporti con il governo e le
amministrazioni dello Stato in relazione ai
problemi europei, e con le istituzioni e organizzazioni europee, a partire da quelle dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa;
- opera per favorire e organizzare la parteDICEMBRE 1995
cipazione e la rappresentanza unitaria dei poteri regionali e locali negli organi istituzionali
dell'unione europea e del Consiglio d'Europa.
Articolo 3
(Soci titolari)
3.1. Sono soci titolari dell'Aiccre, con diritto di voto nelle istanze congressuali dell'Associazione, le Regioni e gli Enti territoriali elettivi rappresentanti di primo e secondo grado
delle collettività locali che abbiano deliberato
l'adesione all'Associazione, accettandone le finalità e lo Statuto.
3.2. I soci titolari sono rappresentati dal
rappresentante legale dell'Ente, o da un suo
delegato permanente, che deve essere membro
degli organi dell'Ente.
Regioni, Province e Comuni capoluoghi di
Provincia o con popolazione superiore ai trecentomila abitanti sono rappresentati inoltre
anche dal presidente del relativo Consiglio regionale, provinciale o comunale - o da un
Consigliere da lui designato come delegato
permanente.
3.3. L'adesione è a tempo indeterminato,
salvo recesso. I1 recesso deve essere deciso con
provvedimento formale dell'organo competente; deve essere comunicato all'Associazione
entro il 30 settembre e ha effetto dal 1" gennaio dell'anno successivo. I1 recesso comporta
la decadenza del rappresentante degli enti dagli incarichi ricoperti nell'Associazione.
Articolo 4
(Soci individuali)
4.1. Possono far parte dell'Aiccre come soci individuali i membri eletti delle assemblee
regionali e locali, gli assessori provinciali e comunali, anche non eletti, e i componenti di organi regionali e locali responsabili verso organi eletti, i quali aderiscano agli scopi dell'Associazione e ne accettino lo Statuto. Gli organi dirigenti dell'Associazione possono inoltre
ammettere a far parte dell'Aiccre come soci individuali ex eletti regionali e locali e personalità che si siano particolarmente distinti in
campo europeo, nelle amministrazioni locali,
nelllAiccre.
4.2. I soci individuali non hanno diritto di
voto nelle istanze congressuali dell'Associazione, salvo nel caso che siano stati eletti dai Congressi delle Federazioni regionali come delegati all'Assemblea congressuale nazionale. Possono essere eletti a far parte degli organi dirigenti dell'Associazione, fermo restando il
principio che almeno i sette decimi dei membri di tali organi debbano essere soci titolari o
rappresentanti delle Federazioni regionali.
Articolo 5
(Struttura regionale)
5.1. L'Aiccre è un'associazione nazionale a
struttura regionale. Essa si articola in Fede-
razioni regionali nelle quali si raccolgono la
Regione e gli Enti locali aderenti all'Associazione, e i soci individuali esistenti nella regione.
5.2. Le Federazioni regionali sono rette da
propri regolamenti, riconosciuti dal Consiglio
nazionale in armonia con lo Statuto dell'Associazione. Congressi regionali stabiliscono i
programmi delle Federazioni ed eleggono i loro organi dirigenti e i loro delegati all'Assemblea congressuale nazionale.
5.3. Delegati eletti dai Congressi delle Federazioni regionali partecipano con diritto di
voto all'Assemblea congressuale nazionale. Le
Federazioni regionali sono rappresentate, nelle forme definite dal presente Statuto, negli
organi di direzione nazionale dell'Aiccre.
5.4. Le Federazioni regionali coordinano e
promuovono iniziative regionali e locali per i
fini dell'Associazione e nel rispetto degli
orientamenti fissati dagli organismi nazionali.
Comunicano annualmente agli organi di direzione nazionale dell'Associazione i propri programmi di attività e resoconti dell'attività svolta e i bilanci preventivi e consuntivi.
5.5. Le Federazioni regionali dispongono di
autonomia amministrativa e funzionale. Gli
organi nazionali non rispondono della loro gestione amministrativa e finanziaria. Alle Federazioni regionali viene trasferito un contributo
non inferiore al 15 per cento delle quote riscosse dall'Associazione sul territorio regionale. Sull'impiego del contributo le Federazioni forniscono rendiconto agli organi centrali.
5.6. Le risorse finanziarie iscritte nel bilancio dell'Associazione per la promozione e
organizzazione di convegni e altre attività sono
destinate almeno per il 75 per cento a sostenere un programma di iniziative di particolare rilievo delle Federazioni regionali.
Articolo 6
(Organi nazionali)
Sono organi nazionali dell'Associazione:
-
L'Assemblea congressuale nazionale;
- I1 Consiglio nazionale;
-
La Direzione nazionale;
- I1 Presidente e i vice Presidenti;
- I1 Segretario generale e il Segretario generale aggiunto;
- I1 Tesoriere;
-
I1 Collegio dei Revisori dei conti;
-
I1 Collegio dei probiviri.
Articolo 7
(Consulta parlamentare e Consulta dei funzionari)
7.1. Una Consulta parlamentare dell'Associazione raccoglie i parlamentari nazionali o
europei impegnati a sostegno dei fini e dell'attività dell'Aiccre.
COMUNI D'EUROPA
7.2. Una Consulta dei funzionari dell'Associazione raccoglie funzionari delle Regioni e
degli Enti locali impegnati nell'attività europeistica. I suoi membri sono nominati dal
Consiglio nazionale.
Articolo 8
(Norme particolari sugli organi)
8.1.11 Presidente e due dei vice Presidenti
dell'Associazione devono essere soci titolari.
8.2. Presidente e vice presidenti, Segretario
generale, Segretario generale aggiunto, Tesoriere e presidenti del Collegio dei Revisori dei
conti e del Collegio dei probiviri non possono
rivestire l'incarico per più di due mandati consecutivi.
8.3. L'Associazione opera affinché negli organi collegiali nazionali (Consiglio nazionale e
Direzione), come in quelli delle Federazioni
regionali, uomini e donne siano presenti in misura paritaria e comunque in misura non inferiore a un terzo del numero dei componenti
per ciascuno dei due sessi.
Articolo 9
(Assemblea congressuak naziorzale)
9.1. L'Assemblea congressuale nazionale è il
massimo organo di direzione dell'Associazione,
ne definisce gli indirizzi politici e programmatici;
adotta, col voto favorevole dei due terzi dei
presenti. lo Statuto e ie sue modifiche,
elegge il Consiglio nazionale, il Collegio dei
Revisori dei conti e il Collegio dei probiviri.
9.2. L'Assemblea congrcssuale nazionale è
composta dai soci titolari che abbiano aderito
alllAssociazione al momento in cui l'Assemblea viene indetta e siano in regola con il pagamento delle quote sociali e dai delegati eletti dai Congressi delle Federazioni regionali. 11
numero di tali delegati è stabilito dal regolamento congressuale, tenendo conto della popolazione di ciascuna regione e della misura
delle adesioni di enti locali al17Aiccrenella regione stessa.
9.3. L'Assemblea congressuale nazionale è
convocata in via ordinaria dal Consiglio nazionale, entro i sei mesi successivi alle elezioni generali per il rinnovo della maggioranza delle
amministrazioni regionali e locali, e comunque
non oltre cinque anni dalla sua precedente riunione. Può riunirsi in via straordinaria per decisione del Consiglio nazionale o su richiesta
di un quinto dei soci titolari o di almeno cinque Federazioni regionali.
9.4. La convocazione dell'Assen-iblea congressuale nazionale è decisa dal Consiglio nazionale, che adotta contestualmente il regolamento congressuale. Deve avvenire almeno 60
giorni prima della data fissata per la riunione,
e deve essere effettuata mediante pubblicazione sugli organi di stampa dell'Associazione o
mediante lettera raccomandata.
Articolo 10
(Consiglio nazionr2le - conzposizione)
10.1. I1 Consiglio nazionale è eletto dall'Assemblea nazionale ed è composto da 165
membri (di cui almeno 120 fra soci titolari e
rappresentanti delle Federazioni regionali).
Sono compresi fra i membri del Consiglio
membri eletti su designazione delle Federazioni regionali - in ragione di tre per le Federazioni con dieci o pii1 delegati congressuali, due per le rimanenti -. Nella composizione del Consiglio nazionale dovrà essere assicurata una equilibrata rappresentanza delle Regioni, delle Province, dei Comuni più grandi e
dei Comuni minori.
10.2. Fanno parte del Consiglio come membri di diritto, dopo la loro cessazione dalla carica, quanti abbiano rivestito l'incarico di Presidente, vice Presidente, Segretario generale,
Segretario generale aggiunto.
10.3. Partecipano al Consiglio nazionale
con voto consultivo i membri del Collegio dei
Revisori dei conti e del Collegio dei probiviri,
due rappresentanti della Consulta parlamentare e due rappresentanti della Consulta dei funzionari.
10.4. Nello spirito dell'articolo 2 del presente Statuto, prendono parte ai lavori del
Consiglio nazionale rappresentanti della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle
Province autonome, della Conferenza dei Presidenti dell'Assemblea e dei Consigli regionali
e delle Province autonome, dell'Associazione
nazionale dei Comuni italiani (Anci), dell'Unione delle Province italiane (Upi), dell'Unione delle comunità ed Enti montani (Uncem).
10.5. Sono invitati alle riunioni del Consiglio nazionale un rappresentante per ciascuna
delle seguenti associazioni europeiste o di amministratori locali: Associazione europea degli
insegnanti (Aede), Centro italiano di formazione europea (Cife), Consiglio italiano del
Movimento europeo (Cime), Confederazione
italiana servizi pubblici enti locali (Cispel), Federazione italiana delle Case d'Europa (Fice),
Federazione mondiale delle città unite (FmCU),Lega delle autonomie locali, Movimento
federalista europeo (Mfe).
10.6. 11 Consiglio si riunisce in sessione ordinaria, su convocazione della Direzione, almeno due volte l'anno. Deve essere convocato
qualora debbano essere assunte decisioni di
particolare rilevanza per l'Associazione. Si riunisce in via straordinaria per decisione della
Direzione o su richiesta di almeno venti dei soci titolari che ne fanno parte o di almeno quattro Federazioni regionali.
10.7. I membri del Consiglio che perdano la
qualità di rappresentanti legali dei soci titolari
o di loro delegati sono automaticamente sostituiti con i nuovi rappresentanti dei soci stessi.
10.8. 11 Consiglio nazionale può cooptare,
con il voto favorevole di due terzi dei presenti, fino a un massimo di 20 nuovi membri.
Articolo 11
(Consiglio nazionale - cori2petenze)
I1 Consiglio nazionale
- convoca l'Assemblea congressuale nazionale e adotta il relativo regolamento congressuale;
- assume. negli intervalli fra le riunioni
dell'Assemblea nazionale, le decisioni fondamentali relative all'indirizzo politico e programmatico dell'Aiccre;
- elegge nel siio seno la Direzione nazionale, il Presidente e tre vice Presidenti, il Segretario generale e il Segretario generale aggiunto, il Tesoriere;
- delibera il programma annuale di attività
dell'Associazione e discute il rendiconto
dell'attività svolta nell'anno precedente;
- adotta il bilancio preventivo e il conto
consuntivo; delibera le quote associative;
- riconosce l'avvenuta costituzione delle
Federazioni regionali nel rispetto delle previsioni statutarie; riceve e valuta le comunicazioni presentate dalle Federazioni regionali ai
sensi dell'articolo 5.4. e le eventuali osservazioni della Direzione nazionale in proposito;
-ha competenza su ogni questione non riservata espressamente ad altri organi.
Articolo 12
(Direziorze nazionale - conzposìzione)
Un momento del Congresso straordinario
12.1. La Direzione nazionale è eletta dal
Consiglio nazionale e d è con-iposta da 45
DICEMBRE 1995
membri (di cui almeno 35 fra soci titolari e
rappresentanti delle Federazioni regionali)
fra i quali sono compresi: il presidente e i vice Presidenti, il Segretario generale e il Segretario generale aggiunto. Sono compresi
fra i membri della Direzione 20 membri eletti su designazione delle Federazioni regionali.
nistrativo, deliberazioni di spesa entro limiti di
importo determinato;
- delibera la pianta organica e l'inquadramento del personale, nomina i capiservizio:
- designa i rappresentanti dell'Associazione in tutte le sedi nazionali e internazionali.
12.2. Partecipano alle riunioni della Direzione nazionale il Tesoriere, i presidenti del
Collegio dei Revisori dei conti e del Collegio
dei probiviri, i membri di diritto del Consiglio
nazionale di cui al comina 10.2.
(Presidente e vice Presidenti)
12.3. Nello spirito dell'articolo 2 del presente Statuto, prendono parte ai lavori della
Direzione rappresentanti della Conferenza dei
Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, della Conferenza dei Presidenti dell'Asseinblea e dei Consigli regionali e delle Province autonome, dell1Anci, dell'Upi e delllUncem.
12.4. Sono invitati alle riunioni della Direzione nazionale i rappresentanti delle associazioni europeiste o di amministratori locali
elencate al comma 10.5.
12.5. La Direzione è convocata dal Presidente almeno sei volte l'anno in via ordinaria,
e inoltre per iniziativa del Segretario generale
e del Segretario generale aggiunto o su richiesta di almeno nove dei suoi membri o di almeno tre Federazioni regionali.
Articolo 13
(Direzione nazionale - competenze)
La Direzione nazionale
- assicura la direzione politica permanente dell'Associazione nel rispetto delle decisioni del Consiglio nazionale;
- assume le decisioni fondamentali e adotta le prese di posizione e i documenti politici
impegnativi per l'Associazione;
determina gli indirizzi degli organi di
stampa dell'Associazione, discute annualmente una relazione su di essi, ne nomina i direttori e i comitati di direzione;
-
- amministra l'Associazione e ne ha la responsabilità; adotta i progetti di bilancio preventivo, di conto consuntivo e di eventuali variazioni da sottoporre al Consiglio nazionale;
decide circa il programma di iniziative decentrate di cui all'articolo 5.6.;
- esamina e sottopone al Consiglio nazionale questioni che possano insorgere in relazione al rispetto delle norme statutarie da parte delle Federazioni regionali e al loro regolare funzionamento;
- nomina al proprio interno un Comitato
amministrativo di cinque membri, due dei
quali scelti fra i rappresentanti delle Federazioni regionali. I1 Comitato formula proposte
per l'iitilizzo delle risorse destinate al programma di iniziative decentrate di cui all'articolo 5.6 e su questioni particolari che le vengano sottoposte dalla Direzione; è consultato
dal Tesoriere su questioni amministrative di
particolare rilevanza;
- delibera le spese non ricorrenti o di mero funzionamento; puO delegare il Segretario
generale e il Segretario generale aggiunto ad
assumere, d'intesa con il Comitato ammi-
DICEMBRE 1995
Articolo 14
14.1.11 Presidente rappresenta l'Associazione ed è garante dello Statuto: convoca e presiede le riunioni del Consiglio nazionale e della Direzione. I vice Presidenti coadiuvano il
Presidente e lo sostituiscono in caso di assenza o impedimento.
14.2. In casi di particolare urgenza, ove sia
impossibile la tempestiva convocazione della
Direzione, il Presidente assume, d'intesa con i
vice Presidenti, il Segretario generale e il Segretario generale aggiunto, prese di posizione
politiche a nome dell'Associazione.
Articolo 15
Segretavio generale e Segvetavio generale aggiunto
Segretario generale e il Segretario generale
aggiunto assicurano la continuità dell'azione
politica e organizzativa dell'Associazione;
provvedono all'attuazione delle decisioni del
Consiglio nazionale e della Direzione,
dirigono l'attività corrente dell'Associazione e sovrintendono ai suoi uffici; assumono le
decisioni di spesa non riservate alla Direzione
e quelle a loro delegate dalla Direzione; firmano i relativi documenti di spesa.
I1 Segretario generale aggiunto coadiuva il
Segretario generale nell'attuazione dei suoi
compiti; lo sostituisce in caso di assenza o impedimento.
Articolo 16
(Tesovieve)
I1 Tesoriere è responsabile della gestione
amministrativa; verifica l'andamento delle entrate e delle spese rispetto alle previsioni del
bilancio e alla situazione di cassa: predispone,
d'intesa con il Segretario generale e il Segretario generale aggiunto, lo schema del bilancio
preventivo, delle relative variazioni e del conto consuntivo, da presentare alla Direzione.
Articolo 17
(Collegio dei Revisovi dei conti)
I1 Collegio dei Revisori dei conti è composto di tre membri effettivi e due supplenti,
esperti in materia di contabilità e di bilancio;
esso elegge nel proprio seno un presidente e
un segretario.
Articolo 18
(Collegio dei Probivivi)
I1 Collegio dei probiviri è composto di cinque membri; esso elegge nel proprio seno un
presidente e un segretario; esamina le questioni di natura personale che investano i soci o altre che al Collegio vengano sottoposte; riferisce le proprie determinazioni e presenta proprie eventuali valutazioni e proposte al Consiglio nazionale e alla Direzione.
Articolo 19
(Validità delle sedute)
Per la validità delle sedute degli organi collegiali è richiesta in prima convocazione la
presenza della maggioranza assoluta dei componenti. In seconda convocazione la seduta è
valida qualunque sia il numero dei presenti.
Le decisioni del Consiglio nazionale e della
Direzione sono prese a maggioranza dei presenti. In caso di parità prevale il voto del Presidente.
Norme transitorie
I
Al presidente uscente dell'Associazione,
Umberto Serafini. in riconoscimento dei suoi
meriti straordinari e del ruolo ~luridecennale
da lui esercitato, è attribuito il titolo di Presidente fondatore dell'Aiccre.
I1
I1 presente Statuto entra immediatamente
in vigore dal momento della sua approv~zione
da parte dell'Assemblea generale straordinaria
convocata per adottarlo.
I11
11 Consiglio nazionale in carica provvede a
convocare l'Assemblea congressuale nazionale
ordinaria prevista dall'articolo 9.4. del presente Statuto, per il rinnovo degli organi nazionali dell'Associazione, e ad emanare il relativo
regolamento congressuale di cui all'articolo
I I, primo capoverso, dello Statuto stesso.
per l'Assemblea congressuale ordinaria
Le norme regolamentari
1. Ld3Assembleacongressuale nazionale
del17Aiccre è convocata in via ordinaria, a
norma dell'articolo 9 dello Statuto dell'Associazione, per i giorni 14 e 15 marzo 1996.
2. Ai sensi dell'articolo 9 dello Statuto
dell'Associazione, hanno diritto di voto all'Assemblea congressuale nazionale:
a) i soci titolari che abbiano aderito all'Associazione alla data in cui l'Assemblea è
stata indetta, e siano in regola con il pagamento delle quote, e le Comunità montane
che abbiano aderito all'Associazione entro il
28 febbraio 1996.
b ) I delegati eletti dai Congressi delle Federazioni regionali secondo le norme e nella
misura di cui ai successivi articoli del presente regolamento.
I membri del Consiglio nazionale, del
Collegio dei revisori dei conti e del Collegio
dei probiviri uscenti, che non rientrino nelle
categorie di cui al capoverso precedente,
prendono parte all'Assemblea congressuale
con diritto di parola, ma senza diritto di voto.
3. L'Assemblea congressuale nazionale
COMUNI D'EUROPA
quali compiti per l'Europa?
La società dell'infomazione globale
di Massimo Fichera *
Nella società in cui viviamo i problemi si
dividono in due grandi categorie: quelli di cui
si parla molto e quelli importanti: non sempre
le d u e categorie coincidono, anzi spesso si
parla molto di cose non importanti, e qualche
volta ci sono cose importanti di cui invece non
si parla affatto. La società dell'informazione
ha il privilegio di essere una qiiestione estremamente importante, ma di cui si parla anche
molto.
I1 che implica anche qualche rischio, perché non sempre se ne parla nel modo giusto.
Soprattutto non c'è forse ancora la coscienza
sostanziale, non retorica e non formale, della
trasformazione che la creazione di questo
nuovo tipo di società sta portando.
A parole, tutti ne riconoscono l'importanza. Quando però si tratta di agire a livello di
decisioni politiche e di creazione di regole, si
decide ancora privilegiando gli spezzoni di
una vecchia società dell'informazione, lasciando il nuovo ad una crescita per molti aspetti
disordinata.
Si preferisce legiferare sulle televisioni, regolando quante reti debba avere un proprietario privato, quante ne debba avere un soggetto pubblico, dimenticando che la televisione diventerà, nella sua forma attuale, sempre
meno importante, che essa occuperà uno spazio sempre più ridotto nel niiovo sistema multimediale della comunicazione e dell'informazione.
In realtà quello che sta succedendo nel sistema dell'informazione è veramente un cambianiento totale. Accennerò ad alcune caratteristiche di questo cambiamento, con le semplificazioni che mi posso permettere approfittando del vantaggio-svantaggio di non essere
un tecnico.
Noi eravamo abituati ad una società in cui
la trasmissione di informazioni avveniva sostanzialmente in due modi: o in quello cosiddetto "point/multi-point", la distribuzione
circolare, come la radio e la televisione, o la
trasmissione "punto a punto" di cui l'esempio
classico era quello telefonico.
L'altra caratteristica era che se si voleva disegnare una mappa del sistema della comunicazione si poteva disegnarne una in cui ciascun tipo di comunicazione aveva la sua strada, ciascuno percorreva un suo cammino: chi
trasmetteva immagini aveva un certo percorso, chi trasmetteva suoni seguiva un'altra strada, chi trasmetteva dati aveva ancora un'altra
strada; il problema era, al massimo, di stare attenti agli incroci. Oggi queste due premesse
non sono più vere. Sono infatti possibili sul
piano dell'intreccio della coniunicazione tutti
gli incroci e gli intrecci possibili e immaginabili.
Prendo iin esempio dal campo in cili ope-
" Presidente di Euroneu,~.Kelazione teniit;) ci1 Convesno
di Viareggio del 6-7 ottobre '95 su "Quale futuro per la
democrazia in Europa: i poteri territoriali prcitagcinisti
dcll'Unione europea".
m:Q
Ipulpil
ro, che è qiiello televisivo: da un punto centrale di produzione, si può trasmettere a tutti gli "insiemi" che si vuole: si può trasmettere a tutto il mondo, - un sistema di satelliti
a ricezione diretta, opportunamente collegati, vi permette di coprire la terra; potete trasmettere ad un continente (un solo satellite a
diffusione diretta copre ormai un continente
come 1'Eiiropa); potete trasmettere ad un
singolo paese (il sistema di trasmissione terrestre dei ripetitori, che permette di arrestare
la trasmissione dove si vuole, sembra ancora
il più adatto - ma è anche il più obsoleto a questa dimensione nazionale); ma si può
trasmettere ad una sola regione e con il cavo
si può trasmettere ad una sola città, ad un
quartiere, ad un condominio, a un singolo
cittadino.
Non solo: si possono disegnare gli "insiemi" in maniera trasversale, cioè si può rendere fruibile un programma - attraverso lo
"scrambling"
solo per una certa categoria:
trasmettere, per esempio, ai notai di tutta Europa o, se vi fa piacere ai notai di tutto il mondo.
Insomma é possibile qualsiasi combinazione; Internet è la dimostrazione di come oggi
possa avvenire, su scala mondiale, una comunicazione diretta in cui ciascuno può essere
nello stesso tempo trasmettitore, ricevitore e
produttore di suoni, immagini, notizie, dati.
Questa è la conseguenza del fatto che quella mappa fatta di strade diverse non ha più valore: oggi c'è un'unica autostrada elettronica.
C'è un'immagine, che direi plastica, di questa
unificazione del processo di comunicazione
attraverso l'elettronica: c'è iin momento della
comunicazione in cui qiialsiasi cosa stiate trasmettendo, sia il listino della borsa di Francoforte o il terzo concerto branderburghese di
Bach, il segnale che viaggia è una coppia binaria di impulsi elettronici: viene codificato a
monte e poi decodificato a valle, ma il segnale
durante il percorso è lino. In altre parole il sistema di comunicazione verso cui. tendenzialmente, stiamo andando è un sistema dove tutti potranno trasmettere e ricevere tutto in
qiialsiasi ora e in qualsiasi luogo.
Mi pare evidente che sia indispensabile valutare e riflettere sulle coiiseguenze sociali e d
economiche, politiche e culturali di questa
trasformazione. Non penso tanto ai "giochini" della democrazia elettronica, perché un sistema politico adotta soluzioni di tipo rappresentativo o di tipo "a democrazia diretta" per
valutazioni che hanno a che fare in modo assai limitato con la mancanza o meno di mezzi
tecnologici. Ma certamente la comunità di coloro che prendono le decisioni di base della
democrazia, è oggi una comunità formata da
utenti di un sistema di informazione di una
potenza straordinaria. Si tratta di cittadini che
hanno - e avranno sempre più - a disposizione una massa di informazioni estreinamente superiore rispetto a quella che avevano precedentemente.
-
Ma ecco il problema: questa massa di informazioni sarà omogenea o sarà articolata? perché una massa di informazioni può essere
quantitativamente vasta e ricca, ma può essere contenutisticamente omogenea e quindi
povera.
Voglio fare un esempio semplice: oggi di radio ce ne sono moltissime: la maggior parte di
esse trasmettono esattamente lo stesso tipo di
programma. L'amplificazione del mezzo non
ha in nessun modo diversificato il messaggio;
lo ha anzi omogeneizzato nel modo più banale.
Ci sarà un'informazione monolitica o pluralistica? e ancora: ci sarà un'informazione divisa, ancora più duramente che nel passato,
secondo le possibilità economiche?, ci sarà,
cioè, un'informazione per i ricchi ed un'informazione per i poveri? non bisogna dimenticare, infatti, che il sistema della comunicazione,
così come si va definendo, ha dei costi e offre
possibilità di ricavi che lo spingono in maniera crescente verso il terreno commerciale: è
quindi portato ad offrire più informazioni a
chi ha maggiori possibilità.
Di fronte alla complessità - e ai rischi di questi problemi e alla loro diretta influenza
politica non possiamo non porci due problemi: chi possiederà le reti? chi fabbricherà i
messaggi? questo è il problema del sistema
della comunicazione moderno.
La tendenza alle concentrazioni in questo
terreno la stiamo seguendo giorno per giorno
in tutto il mondo: essa è fortissima, con una
variante alla quale in un certo senso non eravamo preparati: nel sistema della comunicazione, la vera concentrazione pericolosa non è
la concentrazione orizzontale, cioè diverse imprese che gestiscono reti che si uniscono assieme, ma quella verticale: chi fabbrica
l'"hardwaren, può essere lo stesso che gestisce
le reti, ma può essere anche lo stesso che poi
fabbrica il prodotto. Questa forma di concentrazione verticale può certamente diventare
infinitamente più pericolosa di quelle che eravamo abituati a fronteggiare. Le vecchie leggi
antitrust con cui fino ad oggi in tanti paesi,
non in tutti, si fronteggiavano i rischi di questo genere appaiono in questo contesto strumenti obsoleti: cosa diventa la lotta contro i
trust oligopolistici, di fronte a questa "verticalizzazione"?
Di fronte a un panorama come questo tutti
sembrano d'accordo: bisogna creare delle regole. Sii questo nessuno sembra disposto a
opporsi: anche i più sfrenati liberisti accettano
l'idea che ci debbano essere delle regole.
è il
Ma il problema non è solo questo:
livello istitiizionale a cui si deve porre mano a
è la
queste regole per renderle efficaci?
dimensione anche territoriale necessaria affinché possano essere valide? la risposta è, per
quello che mi riguarda, una sola: l'unico livello che abbia iin senso e che dia una possibilità
di regolare in modo efficace il sistema moderno dell'informazione è ¶uello europeo.
-
#-m-
COMUNI D'EUROPA
DICEMBRE 1995
Consentitemi una piccola digressione autobiografica: io sono diventato federalista negli
anni '50, quando ho incontrato Adriano Olivetti, h o conosciuto Altiero Spinelli, ho cominciato ad ascoltare un amico cui debbo
molto, Umberto Serafini. Allora facevo il giornalista: la mia adesione all'idea europea era di
natura politico-culturale, ideale, etica. Poi ho
fatto un altro mestiere nella vita: il manager o
il burocrate (chiamatelo come volete) nel sistema delle comunicazioni.
Facendo questo mestiere, e trattando quindi affari e progetti concreti, ho verificato giorn o per giorno nella pratica cotne la dimensione europea sia l'unica che consente di intemenire efficacemente. Nel tnondo attuale si può
agire nel settore dell'informazione (ma anche
negli altri) solo al livello delle grandi aree continentali.
La scelta europeista - è questo il risultato
della mia esperienza - resta certo una scelta
ideale e culturale, ma è diventata anche scelta
di carattere operativo, una "condicio sine qua
non" per muoversi sul piano delle iniziative
concrete.
Un tempo si facevano le conferenze internazionali delle telecomunicazioni: ad esse partecipavano centinaia di paesi cercando faticosamente di concordare delle regole. Oggi queste conferenze hanno perso senso. Al confronto internazionale ci si presenta come
membri di una realtà continentale, nel nostro
caso quella europea già al suo interno unita,
per poi negoziare e contrattare con le altre
grandi aree continentali (in questo campo, ma
del resto è così in molti altri catnpi, penso all'America e all'Estremo Oriente). Altrimenti
si è fuori dal giuoco.
Cosa è possibile - meglio dire: necessario
-fare a livello europeo? vorrei indicare quattro tipi di interventi: il primo è il livello dell'armonizzazione dell'esistente: non c'è stato
settore come quello della cotnunicazione in
cui per scelte politiche si sia piegata una tecnologia che era strutturalmente sovranazionale ad una dimensione nazionale.
La radio è uno strutnento internazionale
per sua natura: Marconi i primi esperimenti li
fece a livello internazionale. Bene: tutto il sistetna radiofonico si è sviluppato su rigidi
schemi nazionali, con rigide barriere. E lo
stesso è avvenuto sia per la televisione che per
gli altri sottosistemi della comunicazione.
Attorno a queste rigidità, che discendevano
non da necessità oggettive ma ripeto da scelte
politiche, è avvenuta la creazione di sistemi legislativi tutti ripiegati su sé stessi e quindi
profondamente diversi uno dall'altro. L'armonizzazione delle legislazioni nazionali in questo terreno in Europa è un lavoro di disboscamento terribile, di una difficoltà estrema, ma
è uno dei tanti "Hic Rhodus, hic salta" del
processo di costruzione europea.
Un secondo livello è la regolamentazione
del nuovo. Per fortuna, direi, siamo di fronte
ad un settore dove di nuovo ce ne è tanto e
della più varia natura: a cominciare dalle grandi reti informatiche fino al sistema dei diritti
di autore nelle trasmissioni via satellite. Se su
questo nuovo non si lavora da subito in maniera concordata, e non lo si regola a liveilo
europeo prima che si consolidi, si è persa la
partita.
Un terzo tipo di intervento è a livello degli
accordi industriali. Credo che in questo settoDICEMBRE 1995
re bisogna essere molto chiari: è vero che
l'informazione è anche una merce, ma non
può essere considerata una merce come le altre. I1 fatto che chi fabbrica questa "merce"
appartenga a un paese o ad un altro, a una cultura o ad un'altra non può non avere conseguenze. Allora, a livello degli accordi industriali e soprattutto, direi -e questo è il quarto settore d'intervento - a livello della produzione dei programmi, deve nascere una legislazione europea che favorisca i necessari
accorpamenti, garantendo alle nuove imprese
europee nello stesso tempo le necessarie dimensioni, ma anche i diritti dei partner minori. Una legislazione europea di questo tipo
può nascere oppure può non nascere: ma allora significa sapere che ciascuno dei nostri
paesi sarà, alla lunga il partner "minore" di
una qualche realtà industriale extraeuropea: e
penso sia alle industrie di telecomunicazione,
sia a quelle che producono programmi per la
comunicazione multimediale.
Cosa si fa in questo senso? Alcune cose sono state fatte, ma si ha l'impressione di difficoltà sempre maggiori: in nessun settore come
in questo sembra esserci la volontà delle grandi multinazionali di lasciare completamente
aperti i giuochi, di lasciare senza regole il sistema.
Gli stati nazionali da parte loro devono sapere che lo sviluppo delle tecnologie in questo
campo va a ridurre la loro funzione. Anche
qui permettetemi di fare un esetnpio tratto
dalla televisione; il futuro della distribuzione
televisiva avverrà con tre tipi di tecnologie: via
cavo, via satellite, o via terrestre. come è adesso. A ciascuno di questi tre modi di tecnologia
di distribuzione corrisponde una dimensione
ottimale di utilizzazione
I1 sistema cavo è quello proprio delle realtà
locali, è un sistema ricco, per sua natura portato ad essere limitato nello spazio: l'interesse
di cablare delle isole in un certo senso privilegiate deriva dalla possibilità propria del cavo
di offrire servizi molto più ricchi che non la
stessa televisione. I1 sistema di trasmissione
via satellite da parte sua non può non essere
internazionale. L'unico sistema di comunica-
zione che ha una precisa e controllabile dimensione nazionale è quello dei ripetitori via
terra, ma che è anche quello in fase discendente.
In questo settore, quindi, lo sviluppo va da
una realtà locale ad una realtà sovranazionale
(nel nostro caso europea): il sistema di comunicazione che si va a costruire avrà i suoi punti di forza da una parte nelle comunità locali,
dall'altra nella realtà continentale.
Io sono convinto che, nonostante le difficoltà, questa battaglia (costruire fin dal principio il nuovo sistema dell'informazione, come strutturalmente sovranazionale ed europeo) è certamente una battaglia che non si
può perdere. Non so se oggi ci sia più da essere pessimisti o ottimisti sul futuro dell'Europa. Forse possiamo rispondere con la nota
considerazione che non c'è poi grande differenza, perché un pessimista non è altro che un
ottimista con qualche informazione in più.
Comunque anche se fossimo pessimisti, spero
che non vorren-io rinunciare all'ottimismo della volontà. Dobbiamo sapere che un sistema
europeo dell'informazione è una delle priorità
assolute nel processo di costruzione europea.
In caso contrario il sistema dell'informazione (dopo un breve periodo di illusione nazionalistica, in cui singoli paesi crederanno di difendere la loro autonomia e poi saranno travolti da un sistema ineluttabilmente mondiale) finirà nelle mani di un sistema oligopolistico dove poche grandi "corporations" avranno
il controllo di questo settore fondamentale
per la democrazia.
Voi avrete letto cosa succede in America: la
Walt Disney va allargando la sua sfera di attività.
Dal suo settore di produzione entra in altri
settori e si prepara ancora ad occupare nuovi
spazi. O r a io, cotne voi tutti, credo di avere un
buon rapporto e molta considerazione per
Mickey Mouse (anche se spero che si farà consigliare da Minnie che, come capita sovente alle donne, si rivela più saggia di lui). Ma, onestamente, consegnargli una parte fondamentale del destino democratico dell'Europa non
W
mi piacerebbe molto.
L'intervento di Massimo Fichera a Viareggio; alla sua destra Marie-Thérèse Pilet, consigliere
comunale di Orléans, che presiedeva la seduta
COMUNI D'EUROPA
il peccato originale
Da Bronte a Trento (via Pisa) e ritorno
istituzioni e società
-
come e quando può giovare un'ltalia federale
di Umberto Serafini
Soffriva frequentemente di mal di testa
(nostalgico) e si stava faticosamente adattand o al "carcere duro" della Scuola Normale e
all'esilio pisano. Era uno dei due siciliani entrambe provenienti da piccoli centri - entrati alla Normale quell'anno (1935-'36), dopo che in nove avevamo superato il concorso.
I1 più giovane - la mascotte - era Armando
Saitta, che veniva da Sant'Angelo di Brolo;
lui, Nino Radice, veniva da Bronte ed era un
ex-allievo del Collegio Capizzi, una solida
scuola della zona etnea. Io venivo da Roma e
consideravo Pisa un'oasi riposante, in cui potevo studiare liberato dalle troppe amicizie e
dalle troppe distrazioni romane, ed evitavo di
fare di Pisa una succedanea della mia tumultuosa vita liceale: i due siciliani sembrava invece che fossero arrivati a Parigi e si fecero risucchiare dalla metropoli, dalla sua popolazione e - fondamentalmente - dalle sue ragazze. E il mal di testa passò. Fui io ad essere
attirato talvolta dalla sicilianità studentesca,
tanto che la mia vecchia tessera universitaria
reca ancora la firma di Angelo Musco, in
tournée teatrale a Pisa.
Poi ci siamo lasciati, perchè io rinunciai alla Normale per andare a Roma a provocare
direttamente, partendo dalla teoria filosofica,
il fascista Giovanni Gentile: mi sentivo di tanto in tanto con Nino, sicchè il legame non si
era spezzato. Scoppia la guerra e finiamo presto, lui ed io - i casi della storia - nell'inferno dell'assedio di Tobruk in Libia (siamo
nell'estate 194 1): io ero con la divisione "Bologna" all'ala orientale dell'assedio, Nino con
la divisione "Trento" nella zona centrale del
seinicerchio. Ci scrivevamo cartoline in franchigia, stando a poche centinaia di metri, e ci
raccontavamo quel che la censura militare
permetteva. Poi il destino ci ha diviso, io son o finito in India a studiare il Terzo mondo
(prigioniero dal 13 dicembre 19411, Nino è
rimpatriato con reparti della sua divisione: e
qui è successo quello che io ini aspettavo e attendevo in più larga scala, dal giorno della dichiarazione della guerra "sbagliata" e antiitaliana, quando fui subito convinto che l'Asse
Roma-Berlino avrebbe, alla distanza, perduto
e l'Italia sarebbe stata colpita per prima, andando incontro a una guerra civile, come la
chiama anche l'amico Claudio Pavone. Nino
e d io abbiamo sempre amato il napoletano
Pisacane, Carlo Pisacane duca di San Giovanni e (perchè no? ì socialista: ora, di fronte
alla guerra sbagliata, la memoria di Pisacane
mi stimolava all'insurrezione, non alla cospirazione intellettuale, pedagogica e a lungo
termine; ma rni induceva anche a non commettere l'errore di essere, impreparato, fatto
fuori dai lazzaroni, che si trovano ovunque.
Dicevo: bisogna prima che almeno una rilevante minoranza di italiani apra gli occhi con
le prirne sconfitte strategiche; frattanto conveniva trovarsi non chiusi nella propria biCOMUNI D'EUROPA
blioteca, ma in quelle collettività umane che
potevano essere i sensori dell'opinione di
massa, le forze armate e le fabbriche. Mentre
io fui tolto di mezzo troppo presto - già alla
fine del '41 -, Nino ebbe almeno l'occasione
di "testimoniare" col coraggio che gli è connaturato. Trovandosi 1'8 settembre '43 a
Trento, dopo essere rientrato dalllAfrica, nella caserma deposito del suo reggimento - la
"Cesare Battisti" -, volse le armi contro i tedeschi, ebbe morti e feriti e iniziò così la Resistenza.
Il cittadino di Bronte ha fatto dunque la
Resistenza nel Trentino e coi trentini, ne è stato anzi uno dei protagonisti: ne è stato poi lo
storico affettuoso. Dopo avere agito, ne è divenuto il narratore: pubblicati alcuni articoli
introduttivi nella "Rassegna del Movimento
di Liberazione in Italia", è del 1960 la sua storia "La Resistenza nel Trentino (1943-1945)".
Con la Costituente e l'avvento della Repubblica Nino è rimasto a lavorare nel Trentino,
professore secondario e universitario che difendeva la scuola pubblica - cioè la scuola
democratica di tutti -. Per anni, sia pure a
una certa distanza geografica, ne h o seguito
l'attività: illustrava tra l'altro la figura di Ernesta Battisti, la vedova di Cesare, che aveva
difeso gli Ebrei anche negli anni bui del fascismo; ha attaccato i clericali trentini in politica, ma ha celebrato Rosmini e la libertà, e in
genere i rosminiani; e così via. Ma Nino non
ha dimenticato la sua Sicilia, vista da un siciliano cittadino della Repubblica.
Ecco, proprio Antonino Radice, uulgo Nino, sta lì a rendere inaccettabile - a prescindere dal contesto in cui è stato pronunziato,
che non può annullarlo - un giudizio dell'amico Bobbio, che mi ha lasciato di stucco.
Cioè (più o meno): "se ci troviamo insieme
un gruppo di piemontesi o se si trovano insieme un gruppo di siciliani, ci sentiamo molto più piemontesi o siciliani che italiani". Ma
chi l'ha detto? Già mi pare strano che, per seguire una moda autodistruttiva e soprattutto
astratta e da "intellettuale" (in senso negativo), Bobbio esprima come suo un sentimento
simile, ostentato indubbiamente, qua e là, da
una parte di un ceto piccolo borghese, chiuso
e presuntuoso: ma soprattutto questo non è
sicuramente un diffuso sentimento popolare,
che è invece molto più "colto" e aperto anche
se si tratta non di rado di analfabeti. Lo affermo perchè h o fatto l'ufficialetto di fanteria e
la guerra in un reggimento "napoletano";
perchè h o fatto l'assistente sociale a Roma e
nelle sue borgate; perchè ho viaggiato sulle
navi da carico con equipaggio veneto e istriano; perchè h o fatto per trentaquattro anni il
consigliere comunale in piccoli Coinuni del
Piemonte; perchè insomma h o inteso tanta
gente che si sente anzitutto italiana pur parlando diversi dialetti: maestri elementari e
carrettieri, medici condotti e clowns di circo
equestre, elettricisti e tassinari.. . Avrei capito
se Bobbio avesse detto: ci sono tanti modi di
sentirsi italiano, buoni e cattivi, generosi e
ambigui. iMa qui, prima di tornare da Nino,
vorrei chiarire, da federalista, un mio punto
di vista: che più lapidariamente espresse tanto tempo fa Montesquieu, questo padre spirituale del federalismo. Si ama la propria famiglia ( o adesso bisogna dire "la coppia stabile
allargata con figli"?), ma poi ci si sente membri della propria città, di cui la famiglia si deve considerare una parte; si ama la propria
terra, la propria regione, ma guai a non preferirgli la propria patria nazionale - che rappresenta il superamento di ogni gretto localismo e che non ha niente a che fare col nazionalismo -; e (è Montesquieu che continua)
se pensassi agli interessi della mia nazione e
trascurassi quelli superiori dell'Europa, o
pensassi agli interessi dell'Europa e trascurassi quelli, superiori, dell'intero genere umano,
questi sarebbero dei crimini. Chi non ragiona
e non sente così, prima o poi resta disarmato
di fronte alla pulizia etnica: ci si deve sentire
cosmopolitici già all'ombra del proprio campanile. Tutto ciò dispiacerà a Hegel, che il
giovane Giuseppe Bedeschi ("Il pensiero politico di Hegel") considera, con giusto fastidio, padre del nazionalismo, dell'irnperialismo, del colonialismo, del razzismo e perfino
del corporativismo: ma che c'iinporta?
Torniamo dunque in Trentino. Di là rni si
fa arrivare (anche se non mi sorprende, perchè avevo sentore di quel che andava ruminando il mio Nino) un suo libro edito da "De
Martinis e C. Editori, Catania", lire trentamila: porta la data del 1995 e si intitola "Risorgimento perduto". Un tempo si diceva "lo stile è l'uoino": qui il libro è il suo autore, la cui
stessa biografia serve per capire sino in fondo
le 3 16 pagine del libro. I1 quale - ma non inganni l'espressione - potrebbe avere per sottotitolo quello che si indica nelle "Conclusioni": "il peccato originale"; peccato che viene
esemplificato negli errori scoininessi durante
la spedizione dei Mille, deludendo le speranze di molti siciliani "umiliati e offesi", siciliani che vedevano nel processo unitario la creazione di una Italia - una vera patria - che
includesse il riscatto dei siciliani, la loro liberazione da tradizionali nemici esterni e interni, mentre subirono l'annessione all'Italia
piemontese. Ma il riandare alla metà dell'Ottocento, con una analisi storica spietata, serve
non a rinchiudersi nell'amarezza quanto a
operare ora consapevolmente: è il sottinteso
affascinante di questo siciliano, che ha vissuto ormai e operato tanti anni in un lembo della Mitteleuropa, dopo essere stato un protagonista della Resistenza italiana ed europea.
Quindi è appropriato il sottotitolo conferito,
in concreto, dall'autore al libro: "origini antiche del malessere nazionale". Questo Carlo
Cattaneo di Bronte non cade, pur nel suo raDICEMBRE 1995
dicalismo, nell'errore di buttare con l'acqua
sporca anche il bambino: per cui sono spinto
a leggere con preoccupazione l'incauta citazione dall'opuscolo "Finis Italiae" (1994) di
Sergio Romano, fatta da Giancarlo Vigorelli
nella "Prefazione" alle pagine di Radice: "La
storia dell'Italia risorgimentale si è conclusa.
Quella degli anni ottanta e della crisi presente appartiene a un libro nuovo che potremmo
chiamare, per meglio marcare la cesura col
passato, dell'Italia post-risorgimentale.
Quanto più rifiuteremo di ammettere la fine
della terza Italia tanto più tarderemo ad affrontare con il necessario realismo la costruzione della Quarta". Ameremmo sapere da
Romano cos'è il "necessario realismo": tanto
vago e pericoloso quanto il "buon governo"
sollecitato da altri. Si pensi che nel suo opuscolo - che non è affatto "illuminante" Sergio Romano ricostituisce l'iter dell'ideologia risorgimentale distinguendola in due partiti, quello degli educatori - cioè dei pazienti educatori che volevano formare attraverso
opere di bene gli Italiani, dopo che l'Italia politica era stata fatta - e quella dei guerrieri
- in cui sono visti paritariamente Garibaldi
e i combattenti di Salò (la morale essendo, in
fondo, quella di Marinetti, rivoluzionario che
ha indossato la divisa, con feluca e spadino,
di accademico d'Italia). I1 Cavour, acerbamente criticato da Radice, non era per altro
Bismark, malgrado il suo piemontesisino e la
sua monarchia, e comunque il fascismo - e
penso più al neo-hegeliano di Castelvetrano,
Gentile, che a Mussolini - era 1'Antirisorgimento, che non può farci dimenticare il Risorgimento autentico, quello che va, malgrad o tutto, da Garibaldi "eroe (umanitario) dei
due Mondi" alla poesia "Marzo 1821" del rosminiano Alessandro Manzoni e ha segnato, a
partire dagli illuministi di Milano o di Napoli, il rientro dell'Italia in Europa. A proposito
di quest'ultima - l'Europa - (ecco come
stimola la lettura del libro di Nino) bisognerà
fare coraggiosamente la distinzione tra i meridionalisti a sfondo europeo (per esempio Salvemini) e i nazional-liberali (Gobetti) e nazional-comunisti (Gramsci) - moralmente a
noi assai cari, politicamente alquanto provinciali (si legga, per una critica a Gobetti, il libro, bellissimo e oggi sconosciuto, "L'anarchia di Vittorio Alfieri" del suo amico Umberto Calosso) -.
Una caratteristica del "Kisorgimento perduto" è, accanto agli attacchi a larga parte
della storiografia risorgimentale, l'autocritica
siciliana. Non ha esitazione nella condanna
degli esuli siciliani - per lo più in Piemonte
- soprattutto nella parte iniziale del Risorgimento; è altresì assai chiaro in un passaggio
essenziale del libro: "La gente meridionale,
spesso insufficientemente rappresentata dai
propri uomini politici, quasi sempre alleati alle borghesie del Nord, è divenuta così il bersaglio d'una Italia pronta ad ogni sorta di accorgimenti e vittima lei stessa alla fine dell'immenso imbroglio nazionale". Qui torno
all'Europa, affrontata in modo maldestro da
una parte del Mezzogiorno. Ricordo l'accoglienza seccata e aspra che il consueto Ministro (meridionale) per gli affari del Mezzogiorno fece qualche anno fa all'opuscolo del1'AICCRE "Lo sviluppo distratto" - dovuto
alla penna del nostro Luigi Troiani -, opuscolo che attaccava l'incapacità delle Regioni
DICEMBRE 1995
meridionali di programmare in vista dell'utilizzazione, tempestiva e adeguata, dei fondi
finanziari comunitari (mentre l'opuscolo fu
salutato con grande favore dal Conlmissario
della Comunità europea Antonio Giolitti, un
piemontese aperto al Mezzogiorno). Del resto, facendo un passo indietro, i poco informati storici dell'Italia contemporanea d o vrebbero ricordare la critica di Adriano Olivetti al modo in cui è stata realizzata la "Cassa del Mezzogiorno", non utilizzando convenientemente l'esperienza della roosveltiana
TVA (Tennessee Valley Authority) della Federazione americana e giovando sostanzialmente al clientelismo di quella "classe politica" meridionale, alleata - secondo le stesse
parole di Radice - "delle borghesie del
Nord".
Facendo tesoro delle riflessioni (e delle citazioni congeniali) di Radice, egli ci stimola
- ma tutto il libro di Nino risulta vòlto all'attualità - a interpretare il timore di un meridionalista da lui citato che, se non si fosse
proweduto tempestivamente ad abbandonare politiche economiche così angustamente
"padane o subpadane", in meno di un secolo
l'intera Italia sarebbe caduta in un inevitabile
fenomeno di "meridionalizzazione", che può
voler dire, parlando sinteticamente, e anche
con un po' di seinplicismo, l'Italia intera posseduta dalla mafia (sulla cui storia, crescita e
trasformazione attendiamo un prossimo
pa?zphlet di Radice). Ma qui c'è un altro interrogativo, che lo stesso autore del "Risorgimento perduto" ci suggerisce quasi per sottinteso: questa politica "padana o subpadana", che può al contrario, come paradosso e
monumento dell'ingratitudine, indurre il
Nord a staccarsi dal Sud dopo averlo largamente sfruttato, al fine secessionista di partecipare da solo al banchetto dell'Europa industrializzata, per ironia della sorte cade proprio quando quest'ultima batte il passo nella
competizione economica internazionale (K.
Seitz, "Europa, una colonia tecnologica") e
potrà "rimanere a galla" solo se, tutta unita
(nord-sud, ovest-est), farà un salto qualitativo
e porterà avanti una produzione di tale "valore aggiunto" da risalire la china. Qui, se con
Radice e con tutti coloro che conoscono 1'Italia, ci rendiamo conto della enorme disponibilità di intelligenza del Mezzogiorno, si presenta una grande prospettiva e, simultaneamente, il pericolo di una grande evasione: il
Mezzogiorno come California d'Europa. Perchè no? Owiamente, se non stiamo attenti,
questa prospettiva presenta tuttavia il terribile pericolo di diventare un alibi per rimandare ogni impresa immediata, minore ma più
che possibile senza rinvii.
Insomma io non vedo in nessun caso il libro di Nino come una dotta, esperta correzione "storiografica", unita a un tradizionale
sdegnoso lamento, ma come un tenlpestivo,
bruciante pamphlet per riflessione urgente e
azione immediata: anche alcuni giudizi "storici" assumono pertanto un sapore attuale e
politico: Non è certamente Radice il primo a
rivedere le bucce a Cavour nell'azione meridionale, lui stesso riporta un giudizio sferzante di Guido Dorso: ma Radice segue una strada astuta, chiamando in campo e placcando
proprio un mostro sacro della cultura, lo storico siciliano Rosario Romeo - tanto contemporaneo che è stato perfino parlamentare
europeo -. C h e dice? "Rosario Romeo . . .
grande storico nostro, scomparso da pochi
anni, ha dedicato una monumentale e meritoria opera in tre volumi allo statista piemontese . .. mettendo in luce di apprezzamento la
concezione liberale dell'uomo. Non sembra
però che lo stesso storico abbia commentato
col dovuto rigore e nelle sue conseguenze per
il sud l'aspetto moderato e frenante della concezione politica dello statista piemontese, il
cui peso agli inizi dell'unità e negli anni che
accompagnarono i governi post-unitari, è, a
parere nostro, . . . decisivo agli effetti di un
non mai scomparso squilibrio nazionale". In
un solo colpo Radice ci mette in crisi: è dunque un progressista opposto a Bismark; che
abbiamo apprezzato per la cultura economica
"inglese", cioè liberale; che abbiamo seguito
-attraverso il classico libro di Ruffini su "La
giovinezza di Cavour" - nel giovanile scambio epistolare con le cuginette svizzere D e
Sellon, protestanti? Una cultura un po' libresca - una nostra cultura un po' libresca parteggiava per il progressista: il ritratto di
Radice, reso ancora più severo dalla constatata, simultanea debolezza di un Garibaldi "liberatore deludente", ci obbliga non tanto a
dare un giudizio migliore o peggiore di Cavour, quanto a inserirlo in un giudizio globale sull'awenuto "squilibrio nazionale". Non
si tratta di buttar via "l'ideologia risorgimentale" - ripeteremo a Sergio Romano - ma
di reinserirci in essa sceverando il grano dal
loglio. Intanto il pseudo-Risorgimento della
"cultura" fascista non ha niente a che fare
con quella "Preparazione intellettuale del Risorgimento italiano (1748-1789)'' - intellettuale, ma potremmo aggiungere "morale" -,
che dà il titolo a un prezioso volumetto di Ald o Ferrari (Milano, Fratelli Treves editori,
1923!); n è col Mito di Mazzini, popolare in
tutta l'Asia che si awicinava alla democrazia
liberale; nè con quell'Italia che, risorgendo,
era amata fraternamente da tanti europei di
"nobili sentimenti", e ci basterà ricordare le
pagine straordinarie dell'inglese Trevelyan.
Ma il problema della negativa influenza di
una parte dei piemontesi - non certo D'Azeglio e non certo Einaudi, precisa onestan-iente Radice - non è esclusivamente meridionale: come dimenticare quel che è capitato alla Roma capitale monarchica, dopo la "liberazione" del XX settembre 1870? Si sono
dati la mano nel rapinarla piemontesi e lombardi: basti leggere "Roma capitale" di Alberto Caracciolo. Naturalmente Roma è diventata la parodia della capitale di un Risorgimento unitario: a livello di governo "nazionale" si è saldata a Roma l'alleanza di "burocrati ineridionali" al servizio delle borghesie
del Nord (gli unici esclusi del tutto sono stati
i Romani, che oserei paragonare ai cittadini di
Bronte, stritolati - come ci ha raccontato
Radice - fra emissari cavouriani, caporali o generali - garibaldini e reazionari locali).
Mi rendo ben conto che più che una recensione al libro di Nino mi son lasciato tirare a una riapertura di dialogo con questo vecchio amico: ma in fondo proprio questo mi
premeva, in un momento in cui l'Italia vuol
cambiare, senza sapere come e perchè e soprattutto tradita d a una marea di mediocri intellettuali, a cui sono incautamente affidate
televisione e gazzette. È il momento in cui si
COMUNI D'EUROPA
la "forza federalista"
Strategia di movimento e realtà politica europea
a partire dalla scuola
di Francesco Giglio *
La politica internazionale versa in uno stat o di palese fibrillazione talvolta crescente,
talvolta sfiorante addirittura il dramma, come
nel caso del recente assassinio del primo ministro israeliano Rabin avvenuto il 4 Novembre scorso.
Con questo tragico fatto siamo alla dimostrazione che di pace ancora si muore; e non
solo nel Medio Oriente.
Hanno fatto bene ad evidenziarlo alcuni
che, assieme a quello di Rabin, hanno ricordato i precedenti, altrettanto funesti, esempi
di Martin Luther King, dei fratelli Kennedy,
di Sadat. I1 ricordo però, a mio awiso, va spostato indietro. Basti pensare soltanto a
Gandhi, padre della non violenza, vittima
della violenza.
Da quanto menzionato scaturisce una lezione che noi non possiamo e non vogliamo
eludere: il problema dei problemi della convivenza civile, dall'Est alllOvest e dal Nord al
Sud, resta quello della pace, al di là di ogni alchimia politica virtuale. Alla pace vanno, perciò, ricondotte anche le sorti dell'integrazione europea minacciata - tra l'altro - d a
quelli che André Glucksmann ha chiamato,
all'indomani dell'assassinio di Rabin, i "nuovi guerriglieri dell'assoluto" accecati dall'odio. Ma veniamo più da vicino all'Europa e al
suo processo di crescita.
L'bnione Europea si trova oggi in una vera e propria situazione di stallo. Eppure sono
alle porte appuntamenti di grande importanza: la Conferenza inter~overnativa
del 1996
"
per il riesame del trattato di Maastricht, la
Presidenza italiana dell'unione per il primo
semestre del '96 ed anche il tanto sospirato,
ipotetico e contrastato rientro italiano nel Sistema monetario europeo, messo in discussione da più parti.
I1 Consiglio europeo di Majorca ed il Vertice dei Ministri finanziari di Valencia (Settembre '95), hanno ribadito l'impegno per
l'euromoneta che dovrebbe essere sancita nel
1999, a meno di ventilati ripensamenti sempre possibili. Alcuni Paesi - e tra questi 1'1talia -non sarebbero pronti per quell'epoca.
Da ciò il rischio che essa e. di conseguenza. la
stessa Unione economica, sarebbe, in un prim o momento un fatto limitato a pochi. Questo rischio va scongiurato, traducendo gli attuali meccanismi perversi in processi virtuosi
di cambiamento nella direzione indicata che
deve essere perseguita non da pochi ma da
tutti. L'avvertimento riguarda in modo particolare il nostro Paese.
Noi, però, siamo sempre più sostenitori in
questo momento della necessità dell'unione
politica, della costituzione federale, del governo europeo, del superamento del deficit
democratico in seno all'unione. Senza Unio-
-
" Presidente della Sezione italiana dell'Associazione
eu:
ropea degli insegnanti. Relazione tenuta al Comitato centrale del 18/11/'95.
COMUNI D'EUROPA
ne econo,mica e monetaria non c'è Unione
politica. E anche vero però che - a dispetto
di quanti la snobbano o addirittura, come
l'Inghilterra, la avversano e paventano senza l'Unione politica quella economica e
monetaria avrebbe poco fiato.
Se questa affermazione è conforme a verità
dobbiamo moltiplicare il nostro impegno politico, o meglio etico-politico, come cittadini
e come educatori.
Io mi trovo in perfetta sintonia con chi dice che l'Europa non ha più davanti a sé
cent'anni e neppure cento mesi. La prospettiva storica si fa oggi sempre più prospettiva
politica. I tempi sono ristretti e siamo già al
dilemma: o la Federazione europea a breve
tempo o la rassegnazione al peggio per un
tempo oscuro ed indeterminato.
Siamo all'Apocalisse? Facciamo del catastrofismo? Indulgiamo a radicalismo? Niente
di tutto questo. Più semplicemente, in una situazione di indubbia difficoltà, siamo convinti del rilancio di quella strategia di movimento che ha contraddistinto sempre il nostro
comportamento. Parlo al plurale perché intendo coinvolgere in questo discorso l'intera
Forza Federalista per il rinvigorimento della
nostra azione comune che deve avere, di necessità, momenti concordati di programmazione e di verifica. Abbiamo come compito
prioritario quello di far crescere la tensione
federalista (ortodossa e non eterodossa) nel
nostro Paese e d in Europa per spingere a fare dellJEuropa un vero soggetto politico.
A me non è mai piaciuta l'immagine dell'Europa come eterna "pila" ricaricabile. Un
soggetto politico lo si costruisce in forma
strutturale e, quindi, permanente. Nel nostro
caso, o si procede in questa direzione o si
avalla purtroppo la posizione dell'Europa come eterna "ruota di scorta" del sistema politico planetario. I1 concetto va esplicitato con la
maggiore chiarezza possibile. Esaù (cioè 1'Europa ) non può vendere, o meglio svendere, il
suo diritto di primogenitura politica a Giacobbe (cioè Stati Uniti, Giappone, eccetera).
I1 nostro continente deve poter determinare e
gestire una politica propria e non accedere in
posizione di sudditanza a politiche altrui.
Nell'affermare ciò, rivendichiamo idee di
primato? Manco a dirlo! Diciamo solo che
l'Europa debba poter essere partner di fatto e
non solo di nome nel già menzionato sistema
politico mondiale, necessariamente multipolare, con un'ONU dei popoli e non dei soli
governi troppo spesso in contrasto tra loro.
La creazione dell'ONU dei popoli deve essere contestuale a quella dell'Europa dei popoli, giacché il nuovo ordine mondiale - a
cinquant'anni dalla fondazione dell'ONTJ
medesima - non potrà ormai affermarsi senza una nuova Europa che per noi va ricostruita su basi federali.
Si tratta di un'impresa non certo facile.
Passare dal sistema degli stati sovrani (inau-
gurato circa tre secoli e mezzo or sono con la
pace di Westfalia del 1648) ad un nuovo patto di sovranità condivisa in termini di sovranazionalità è quanto bisogna proporsi per risolvere i tanti problemi scottanti dell'oggi e
del domani: altrimenti saranno sempre alle
porte nuove guerre e nuove ingiustizie.
La Santa Alleanza nel secolo XIX e la Società delle Nazioni nel nostro, malgrado solenni quanto vacue dichiarazioni di principio,
hanno finito per riproporre aggravandolo il
disegno storico-politico del secolo XVII alla
conclusione della guerra dei trent'anni. Tutti
sappiamo infine che cosa è stato per cinquant'anni il cosiddetto ordine di Yalta
(1945). Maastricht, con tutte le sue carenze e
con tutte le sue approssimazioni, rappresenta
una prima inversione di tendenza a partire da
lontano: dal sistema Westfalia appunto.
Sfruttiamo questa tendenza per approdare,
come da qualche parte viene auspicato, prima
o poi al "governo del mondo" (una vera riforma delllONU non può che muovere in questa
direzione).
Una cosa è certa per ora: il "governo del
mondo" passa di necessità attraverso il govern o europeo.
In questa ottica, mi pare debba essere precisato che l'allargamento dell'unione Europea è certamente nell'ordine delle cose; ma
particolarmente urgente è il suo approfondzmento in termini di federalismo.
Non riconoscersi in questa progettazione
politica dai tempi e dai modi ben scanditi e
correlati tra loro significa chiamarsi fuori dalla capacità effettiva di costruire veramente
l'Europa. I1 nostro continente continuerebbe
così a guardare le stelle, inerte e gravemente
colpevole, come per i fatti tragici della Bosnia
e del Ruanda, o anche semplice spettatore
nell'"affairen nucleare di Mururoa che, in assenza di una vera autorità sovranazionale che
possa regolare tutta la materia, consente a
Chirac atomico di posare sempre più a un D e
Gaulle riveduto e corretto; ma in peggio.
Per nessuno dei casi menzionati (ma altri
ve ne sono) non servono gli appelli, le condanne, le proteste. Occorre ben altro, cioè la
determinazione dell'Europa a dotarsi di reali
poteri di sovranazionalità.
Ridotto all'osso, questa è la vera essenza
del discorso, al di là delle litanie di un rituale
che, pur avendo fatto ormai il suo tempo,
molti continuano ad evocare.
I1 senso della nostra lotta (ripeto: di tutta la
Forza Federalista) è anche quello di battere i
patetici salmodianti domenicali per far vincere così la strategia di movimento mirata all'obiettivo della Federazione Europea, il cui approdo finale è rappresentato in Europa come
nel resto del mondo - da quella che Dahrendorf ha chiamato "la quadratura del cerchio" e cioè la coesistenza e l'interazione di libertà politica, coesione sociale e benessere
economico.
DICEMBRE 1995
A scanso di equivoci, dirò che se di Dahrendorf apprezzo questa analisi, dissento invece in forma netta e decisa da lui per quanto riguarda i giudizi negativi sull'unione politica. Tant'è: prendiamo atto che una parte
della cultura politica europea "predica bene
e razzola male"; un'altra "semina vento per
raccogliere tempesta". Solo pochi si salvano
rispetto alle nostre problematiche.
La Forza Federalista deve, frattanto, proseguire per la sua strada, facendosi carico anche di queste discrasie per contrastarle e superarle. Noi militiamo nell'area di movimento, dobbiamo perciò praticare coerentemente una strategia di movimento, senza indulgenze di sorta.
Le tattiche accomodanti e le posizioni nebulose non fanno al nostro caso. Ciò che occorre è la chiarezza politica.
Educazione e scuola: come e perché
Anche il tema per noi specifico dell'educazione e della scuola si situa in questo contesto di decisioni forti, in base alle quali
aborriamo l'uso dei pannicelli caldi, optando
per riforme strutturali che poggino sulla ricerca di nuovi contenuti per il conseguimento di obiettivi di cambiamento non fittizio
ma reale, non di facciata ma di sostanza.
Pur in un succinto schema operativo, non
si può fare a meno di considerare alcuni problemi di fondo che provo soltanto ad elencare. Si tratta di vere e proprie scommesse di
crescita di una vasta materia che deve vedere
in primo piano l'autonomia, i sistemi di valutazione, la riforma della secondaria superiore,
i nuovi "curricula" formativi, gli abbandoni
scolastici, unJUniversitàdi vero respiro sovranazionale, le nuove tecnologie educative. Abbiamo di fronte - come si vede - un quadro di iniziative comuni da realizzare sul piano europeo non in forme di pura e semplice
cooperazione ma di concreta interazione
progettuale ed operativa. E nel farlo, non si
può continuare a dipendere dai soliti teorici
di speranze appese a tenui fili.
Bisogna viceversa saper scavare nel fondo
dei vari problemi per individuare il minimo
comune denominatore di valori, di idealità,
di bisogni e tendere in tal modo a un modello educativo di alto profilo, in sintonia con
un sistema politico di democrazia sovranazionale. Tale operazione complessa presuppone l'impegno congiunto delle istituzioni
europee rinnovate ed una spinta di base della società della solidarietà e dell'impegno etico-educativo-politico.
La parola d'ordine è: mobilitarsi dal basso,
a partire dalla scuola, con lo spirito di una
nuova coscientizzazione federalista per la
quale non servono owiamente né le sirene
ammaliatrici dell'eurottimismo, né le tenebrose Cassandre dell'europessimismo. Necessitano, invece, un realeuropeismo ed idealeuropeismo protesi permanentemente e dare linfa all'intera società che non può vivere
sempre al bivio tra solitudine della realtà virtuale e clamori osannanti a transeunti miti
consumistici.
Qualcuno sostiene che stiamo per celebrare il definitivo ingresso nel mondo dell'uomo-robot. Questa affermazione potrebbe risultare vera solo se il progresso tecnicoDICEMBRE 1995
scientifico, che legittimamente è all'ordine
delle cose, dovesse verificarsi a scapito dell'uomo e della sua spiritualità. Proprio nel
momento in cui siamo sempre più fortemente convinti che all'appuntamento della Federazione Europea si giunge con il rilancio di
uno "spirito nuovo" è prioritariamente all'Uomo che dobbiamo appellarci. Scienze e
tecnologie, considerate owiamente come un
processo irreversibile, vanno poste al servizio
dell'uomo e non viceversa.
Balza evidente, a mano a mano che ci avviciniamo al giro di boa del secondo Millennio, come per aspirare ad una nuova convivenza civile e ad istituzioni idonee a gestire la
globalizzazione anche sul terreno della politica occorra puntare sull'Uomo. Dal tempo
della clava a quello del computer ciò che resta una costante della storia è l'Uomo. A lui
innanzitutto dobbiamo perciò pensare per la
formazione di una coscienza soprannazionale come completamento e arricchimento di
quella "coscienza nazionale" che nel 1872, in
un memorabile discorso, Francesco De Sanctis indicava come compito precipuo della
scuola. Così pure della scuola è compito di
dare un significato più pregnante alla politica attraverso un progetto globale di educazione. Sarà il modo per conferire alla politica
medesima la dignità che le spetta. Uno scrittore giornalista italiano, riferendosi alle nostre attuali vicende (il discorso, però, potrebbe riguardare anche Paesi diversi dal nostro),
ha immaginato che la politica come personaggio e come persona rivolgesse una lettera
al suo giornale per rivendicare la sua antica
dignità. La protesta della politica in questo
esempio chiama in causa soprattutto la corruzione in cui viene invischiata e lo stesso uso
a dir poco improprio che si fa del suo nome
anche visto in termini etimologici, "Adesso
- osserva la politica personificata - è stato
superato ogni limite. Dopo Tangentopoli sono arrivate Affittopoli, Invalidopoli, Ospedalopoli, Fiscopoli". La conclusione della politica personaggio è: "Che cosa ho fatto di male per meritare questo destino? Perché strapparmi via dai supremi repertori della classicità per condannarmi a stare in una specie di
girone infernale in compagnia di spregevoli
termini come corruzzione e concussione?"
(Giulio Nascimbeni, in "Corriere della Sera", 8 Ottobre 1995). Scuola e società si mobilitino - questo è il senso della metafora in
parola - per dare il giusto significato e il
giusto valore ad una politica per ora claudicante se non completamente azzoppata.
I1 discorso si fa tanto più pressante quanto
più lo spostiamo dal contesto nazionale al
contesto internazionale.
Diciamo la verità: chi adultera la politica è
condannabile. Anche chi la sottovaluta, però,
non andrà certo lontano nelle riforme che riguardano il proprio Paese e - meno che mai
- nella costruzione europea che va concepita
come una riforma politica per antonomasia.
Vorrei concludere su questo punto con un
dato incontrovertibile. Cambia la qualità della politica se cambia la qualità dell'educazione che deve sempre sorreggerla. Al pari, una
politica costruttiva determina sempre il
rafforzarsi di un'educazione e di una cultura
libere, disintossicate da tutte le scorie nazionalistiche, razzistiche, fondamentalistiche.
I1 trinomio, dunque, da tenere sempre in
piedi non può che essere quello di scuola senza frontiere, cultura della libertà e della solidarietà, politica soprannazionale.
Un impegno associativo
da riconfermare e da rinvigorire
Credo che da quanto detto finora si evinca chiaramente quale debba essere il ruolino
di marcia prossimo venturo della nostra associazione.
I1 1996 sarà il quarantennale della nostra
fondazione. Lo onoreremo a livello internazionale, nazionale e locale. E passato molto
tempo da quel lontano 1956, quando a Parigi llAEDE fu tenuta a battesimo. È passato
molto tempo dal 1958, quando a Frascati tenemmo il nostro primo Congresso nazionale.
Oggi ci voltiamo indietro per considerare
il cammino percorso per procedere poi avanti con rinnovata lena. Tanti sono i propositi e
le determinazioni; tanti anche gli obiettivi da
conseguire. E per fare tutto ciò devono poter
valere alcune premesse basilari.
La prima riguarda l'identità dell'Associazione che va salvaguardata e rafforzata. Noi
non siamo pirandellianamente "uno, nessuno e centomila" e, perciò, non abbiamo bisogno di esercizi di trapezio e di parrucca. Siamo noi stessi con una presenza in Europa che
vogliamo sempre più valorizzare.
La seconda premessa è costituita dall'intesa tra tutta la Forza Federalista da configurare ancora meglio come laboratorio per la costruzione di un unico referente politico delle
Istituzioni a tutti i livelli.
La terza premessa è quella di una più incisiva presenza nella scuola da far valere come
stimolo nei confronti dei centri operativi, di
tutte le cabine di regia della scuola medesima
e dell'intera società.
I mezzi da impiegare nell'incentivazione di
queste premesse vorrei riassumerli con quattro verbi significativi: confrontarsi, discutere,
dialogare, crescere. Facciamone l'uso più illuminato possibile per un'azione di ampia formazione e non di semplice informazione fine
a se stessa.
In quest'ottica bisognerà collocare il 1996
particolarmente ricco - come ho già osservato - di avvenimenti.
Onoreremo - ripeto - il quarantennale della nostra Associazione con appuntamenti mirati di riflessione e non di coreografica celebrazione tanto a livello locale, quanto a livello nazionale ed internazionale. Specificatamente in sede nazionale, esso sarà celebrato utilizzando in forma inedita il nostro
convegno estivo in Agosto che precederà
quanto già previsto per l'occasione dal Comitato internazionale del successivo Novembre.
Mi riservo di fare una proposta globale in
tal senso che tenga conto anche che il 1996 è
l'anno dedicato alla formazione che per noi
ha come nucleo forte la sovrannazionalità.
Un'attenzione pari se non maggiore dovremo
riservare al semestre italiano di Presidenza
dell'unione Europea che pone in calendario,
tra l'altro, per il 10 Marzo, a Palermo, il Consiglio informale dei ministri degli esteri; per
la seconda metà dello stesso Marzo, a Torino,
la Conferenza intergovernativa; per il 9-10
Maggio, a Ravello, il Forum mediterraneo ed
infine per il 22-23 Giugno, a Firenze, il Consiglio europeo di chiusura.
Nel muoverci terremo conto di queste date, in sintonia con il Movimento europeo, con
la Forza Federalista e con il Comitato ad hoc
da noi costituito nello scorso Luglio.
-11nostro deve essere, in ogni caso e sempre
meglio, un approfondimento etico-politicoeducativo per il quale bisogna essere in grado
sempre di rispondere a cinque interrogativi:
Chi? Che cosa? Quando? Dove? Perché?
Un lavoro generico ed approssimativo di
semplice testimonianza non serve per la reale visibilità di una militanza di movimento.
La nostra azione va posta come identità forte
per se stessa e per il collegamento che deve
sempre proporsi con tutte le forze vive della
scuola e della società nell'elaborazione del
progetto europeo della chiarezza dei principi
e dei fini. L'Europa non può essere, come
purtroppo finisce per essere per alcuni, un
treno nella nebbia di cui senti il fischio senza
capire dove va.
Siamo ad un bivio. Guai ad imboccare la
via sbagliata!
Gli Anni Cinquanta furono decisivi per 1'1talia e per l'Europa: si trattò di un decennio
di ricostruzione dopo la guerra. I successivi
Annisessanta furono spensierati e segnarono
il trionfo dell'owio, della mondanità, delle
canzoni, della febbre frenetica del vivere.
Tragici furono gli Anni Settanta: tragici soprattutto per l'irrompere del terrorismo nel
nostro Paese. Controversi si sono manifestati
gli Anni Ottanta. C'è qualcuno che li giudica
del tutto inutili; ma ricordiamoci che alla fine di essi abbiamo avuto la rivoluzione dolce, la caduta del muro di Berlino, la morte
del comunismo. E questo un auspicio per i
residui Anni Novanta che potrebbero far registrare un'avanzata del nostro continente se
nel 1999 avremo veramente l'Unione economica e monetaria come auspicio beneaugurante per l'Unione politica, per il nuovo secolo e per il nuovo millennio. Chi vivrà vedrà. Una cosa è certa: noi non saremo inerti.
Diremo dei si e dei no: no agli scettici, no ai
filosofi dell'owio, no ai sostenitori delle certezze assolute; si, invece, ai problematici,
perché quelli che sono davanti a noi sono tutti problemi da risolvere, progetti da realizzare, scommesse da vincere, facendo leva sulla
volontà. Occorre ancora ripeterlo: continuiamo ad essere, malgrado tutto, degli ottimisti
della volontà. In base ad essa, nel prossimo
futuro, per dirla con il poeta: "L'alba è nuova, è nuova".
¤
Un dovere
Abbonarsi a «Comuni d'Europa» è un
dovere individuale per tutti gli amici e i
colleghi. Per gli Enti è un dovere abbonare tutti i loro consiglieri eletti.
Da questi impegni, in realtà, si verifica
la coerenza dell'impegno europeo e federalista: questo impegno «Comuni d'Europa», che si stampa col '96 da 44 anni, lo
merita. Lo meritano la sua capacità di
informare, la spregiudicatezza dei suoi
giudizi, la cultura dei suoi collaboratori, la
sua coerenza federalista.
COMUNI D'EUROPA
Da Bronte a Trento..
.
Le norme regolamentari
(segue da pag. 1 l )
(rrgur da pog i )
dovrebbe riflettere sul serio al federalismo,
interno e sovranazionale, come nostra bussola intellettuale e morale. Purtroppo si devono
leggere, anche da parte di onesti poligrafi, periodi come il seguente (cito ancora il "Finis
Italiae" di Sergio Romano): "L'europeismo
fu.. . negli anni successivi alla seconda guerra
mondiale, la preoccupazione dominante di
coloro che erano maggiormente consapevoli
risorgimentadella precarietà dell'ide~lo~ia
le". Ci risiamo! L'ideologia richiamata è la negazione del Risorgimento, impersonata da
quel vergognoso personaggio che fu Giovanni Gentile, così ignorante da confondere l'aspirazione all'indipendenza nazionale degli
Indiani col nazional-fascismo di Subhas
Chandra Bose al servizio dei giapponesi (ma
Gentile aveva mai sentito parlare di Rajagopalachari e della crisi di molti indipendentisti
indiani, che non volevano indebolire, con la
stessa loro pacifica rivoluzione contro gli inglesi, la lotta internazionale contro il nazifascisma?). Questo incredibile Giovanni Gentile, che in una Asia che aveva diffuso il culto
di Mazzini (quante volte devo ripetere di aver
trovato in una dimora contadina indiana "I
doveri dell'uomo" di Mazzini?) e che stava
via via subendo, con terrore, l'avanzata barbara dei giapponesi (o si ignora quel che di
orribile essi hanno compiuto in Cina?),ha
avuto il coraggio di affermare, dopo Pearl
Harbour, che ciò che caratterizza la guerra
"non è la violenta partecipazione degli Stati
Uniti con tutto il peso del brutale meccanismo della loro plutocratica industria, ma l'intervento guerriero e politico, ispirato a un
profondo sentimento religioso e di razza, della grande Asia, con a capo l'Oriente estremo,
che più aveva assimilato della scienza occidentale e più rigorosamente aveva custodite
le tradizioni dello spirito nuovo". So bene come reagisce a queste idiozie il "resistente" Radice (e come ammetterà che la tendenza del
nostro Risorgimento era, sia pure con una
punta di retorica, rappresentata da Garibaldi,
che, accanto a Victor Hugo, si adoperò al
congresso per la pace del 1867 a Ginevra in
pro della creazione del giornale "Stati Uniti
d'Europa", senza domandare il permesso a
Sergio Romano): ma non mi basta. Nel prossimo pamphlet di Radice chiedo che si prospetti il problema del Mezzogiorno italiano (e
non solo: ed europeo), e quindi quale Europa
dobbiamo volere, che sappia capovolgere il
nordismo imperversante, favorito ancora una
volta dalla inadeguatezza di tanti politici del
Sud.
Grazie comunque, caro Nino, di questo
tuo libro, nel risvolto di copertina del quale,
al termine della lista delle tue pubblicazioni,
leggo con commozione: "Ricordo di una lezione- Guido Calogero". Anche Guido, che
abbiamo cominciato a conoscere a Pisa, collegava la battaglia per la libertà del proprio
campanile, della propria scuola, del proprio
centro sociale alla prospettiva di quell'unità
europea, che cerchiamo di perseguire non
per creare un nuovo, più potente nazionalismo (la fortezza Europa!) ma come passaggio
per unire il mondo, nella libertà e nella giu¤
stizia.
elegge all'inizio dei suoi lavori la presidenza,
la segreteria, la commissione per la verifica
dei mandati, la commissione politica e la
commissione elettorale.
4. L'elezione del Consiglio nazionale (come quelle del Collegio dei revisori dei conti
e del Collegio dei probiviri) awiene sulla base di una lista concordata proposta dalla
commissione elettorale, owero sulla base di
liste concorrenti, che devono in tal caso essere sottoscritte da almeno un decimo dei
soci titolari e dei delegati presenti al Congresso.
Dovranno in ogni caso essere tenute in
considerazione le indicazioni dell'articolo
10, comma 1, e dell'articolo 8, comma 3, dello Statuto.
5. Nel caso in cui l'elezione awenga sulla
base di liste concorrenti, il voto dovrà svolgersi a scrutinio segreto. Gli elettori potranno esprimere preferenze per i candidati della lista prescelta, in numero non superiore a
un quinto degli eligendi.
Alle liste sarà assegnato un numero di
eletti proporzionale al numero dei voti ricevuti, calcolato applicando il metodo delle direzioni successive (Metodo d'Hondt). In ciascuna lista saranno eletti i candidati che
avranno riscosso il più alto numero di preferenze. A parità di preferenze, prevale l'ordine di lista.
Norme sui Congressi regionali
6. Le Federazioni regionali procederanno
entro sei mesi dalla data di approvazione del
presente regolamento all'adozione o all'adeguamento dei propri regolamenti a quanto
prevede il nuovo statuto dell'Aiccre.
7. In ogni caso, in vista dell'Assemblea
congressuale nazionale, le Federazioni regionali indiranno un Congresso regionale per
procedere all'elezione dei delegati regionali
all'Assemblea.
8. I Congressi regionali di cui all'articolo
precedente dovranno tenersi nel periodo fra
1'8 gennaio e il 4 marzo 1996. La data prescelta per la tenuta del Congresso regionale
sarà comunicata alla Direzione nazionale entro il 10 gennaio 1996.
Qualora le Federazioni regionali non
adempiano a questo compito, e nelle Regioni in cui le Federazioni regionali non esistano, la Direzione nazionale prowederà a convocare un'assemblea congressuale regionale
per la formazione degli organi della Federazione regionale e la designazione dei delegati della Regione.
9. Ai Congressi regionali partecipano con
diritto di voto i soci titolari esistenti nella Regione che abbiano aderito all'Associazione
alla data in cui l'Assemblea congressuale nazionale è stata indetta, e siano in regola con
il pagamento delle quote, e le Comunità
montane che abbiano aderito all'AssociazioDICEMBRE 1995
ne prima della data del Congresso regionale.
Hanno diritto di parola e possono essere
eletti delegati anche i soci individuali.
Partecipa ai lavori un rappresentante della Direzione nazionale.
10. I1 Congresso regionale elegge all'inizio
dei suoi lavori un presidente e una commissione elettorale.
11. 11 numero dei delegati attribuiti a ciascuna regione è stabilito, tenendo conto della popolazione della Regione e dell'indice
delle adesioni all'Aiccre in ciascuna regione,
ai sensi dell'articolo 9, comma 2 , dello Statuto, nella misura indicata dalla tabella seguente:
Regione / Delegati
Lombardia
Campania
Sicilia
Lazio
Veneto
Piemonte
Puglia
Emilia Romagna
Toscana
Calabria
Liguria
Sardegna
Marche
Abruzzo
Friuli V.G .
Trentino A.A.
Umbria
Basilicata
Molise
Valle d'Aosta
Totale
8
6
9
8
7
6
7
8
11
3
4
4
6
4
8
6
6
5
2
2
120
12. L'elezione dei delegati avviene sulla
base di una lista concordata proposta dalla
commissione elettorale, owero sulla base di
liste concorrenti, che in tal caso devono essere sottoscritte da almeno un decimo dei
soci titolari presenti al Congresso.
Qualora awenga sulla base di liste concorrenti, il voto si dovrà svolgere a scrutinio
segreto. Potrà essere espresso un voto di
preferenza per uno dei candidati presenti
nella lista prescelta.
Alle liste sarà assegnato un numero d i
eletti proporzionale al numero dei voti ricevuti, calcolato applicando il metodo delle direzioni successive (Metodo d'Hondt). In ciascuna lista saranno eletti i candidati che
avranno riscosso il più alto numero di preferenze. A parità di preferenze, prevale l'ordine di lista.
13. Dell'esito delle votazioni sarà redatto
verbale, che sarà inoltrato alla Direzione na-zionale. A ciascun delegato verrà fornita una
delega firmata dal presidente del Congresso
regionale e dal presidente della Commissione elettorale.
DICEMBRE 1995
Adeguamento ,nella continuità
(segue da pag. 4 )
zioni è direttamente attribuito almeno il 15
per cento delle quote riscosse sul loro territorio ed è previsto inoltre che almeno il 7 5 cento delle spese di bilancio per iniziative sul terreno nazionale sia destinato a sostenere un
programma di iniziative di particolare rilievo
delle Federazioni regionali.
4. - L'assetto degli organi dirigenti
Per quanto riguarda la semplificazione degli organi dirigenti e il rafforzamento del ruolo della Direzione, lo Statuto prevede l'eliminazione della Giunta, organismo nel quale non
era previsto nessun vincolo di presenza di soci
titolari e che avrebbe dovuto avere un ruolo
meramente esecutivo, ma che aveva finito per
assumere funzioni di fatto sovrapposte a quelle di competenza statutaria della Direzione.
Consiglio nazionale e direzione riacquistano così pienamente il loro ruolo fondamentale
di direzione anche grazie a una sensibile riduzione del numero dei loro componenti. A tale
numero si doveva aggiungere quello dei rappresentanti delle Federazioni regionali presenti con voto solo consultivo, e ora considerati
membri a pieno titolo. Se si tiene conto di questo, in realtà il nuovo Statuto riduce il numero
dei componenti del Consiglio nazionale di 01tre un quarto, da 225 (185 più 4 0 ) a 165, e il
numero dei componenti della Direzione di
quasi la metà, da 87 (47 più 4 0 ) a 45.
La Direzione, inoltre, acquista anche un
maggiore potere di intervento, oltre che di
controllo, nelle questioni amministrative, attraverso un comitato in cui due dei cinque
membri devono essere rappresentanti delle
Federazioni regionali.
Quanto all'esigenza reale di una sede più
snella nella quale assumere in caso di necessità
prese di posizioni politiche tempestive senza
attendere di poter convocare la Direzione,
compito in pecedenza affidato alla Giunta,
esso viene ora attribuito al Presidente, d'intesa con i vice presidenti, il segretario generale e
il segretario generale aggiunto.
Va segnalata ancora l'introduzione nello
Statuto di una norma in base alla quale a partire dal prossimo Congresso Presidente, vice
Presidenti, Segretario generale e Segretario generale aggiunto, Tesoriere e Presidenti del
Collegio dei Revisori dei conti e del Collegio
dei Probiviri non potranno esercitare la carica per più di due mandati consecutivi.
Tenendo conto infine del fatto che il presidente deil'Associazione dovrà essere scelto fra
i soci titolari, una norma transitoria prevede
che al nostro presidente uscente, Umberto Serafini sia attribuito, in riconoscimento dei suoi
meriti e del suo molo pluridecennale, il titolo
di Presidente fondatore.
W
Il volume si può acquistare, al prezzo
di copertina di L. 8.000, direttamente
presso:
AICCRE
Piazza di Trevi 86 00187 Roma
Tel. (06) 6994.0461
Fax (06) 67.93.275
-
Vi saranno viceversa inviate il numero
di copie che desiderate (al prezzo di
L. 8.000 cadauna) dietro invio di fotocopia della ricevuta di versamento,
per l'importo corrispondente, sul C/C
postale n. 38276002, intestato a Comuni d'Europa - Piazza Trevi 86 00187 Roma, oppure sul c/c bancario
n. 300008 intestato ad AICCRE - Istituto Bancario San Paolo di Torino Via della Stamperia 64 - 00187 Roma, specificando sempre la causale
del versamento.
È una breve storia di 45 anni di straordinario impegnofederalista europeo, con l'acquisizione di una
mentalità planetaria anche da parte dei contadini di una Comunità montana e dei marinai di un borgo
povero sperduto sulla costa marina.
Anni di un lavoro capzllare, alla base della società, e di un impegno straordinario di migliaia di quadri volontari Lavoro anche di pressione durissima ai fianchi di governi nazionali e di classi politiche distratte, riuscendo spesso a trascinare qualche statista più lungimirante e coraggioso. Nello stesso tempo "la breve storia" è introdotta dalla rievocazione di due sercoli di federalismo politico e anche teorico, ostacolato da interessi costituiti, da pregiudizi, da filosofie avverse. Si sono scovati anche angoli oscuri o meno conosciuti, con
una parte del federalistno indiano, con una parte della più attenta riflessione autocritica di qualche leader
comunirta, con uno sforzo sin dagli inizi per far prendere una strada assaipiù vicina alla interdipendenza planetaria da parte delle Nazioni Unite.
Questo libro vi farà pensare e vi aiuterà a comprendere il groviglio di problemi che oggi sollevano il
procesro di unità europea, nonché lo stesro concetto di federalismo sia rovranazionale che interno ai singoli Paesi e particolarmente all'Italia, concetto sovente così conjùro anche nel cervello di "politologidi
rango".
COMUNI D'EUROPA
I LIBRI
verso nuove dimensioni
«Comuni e Servizi in Europa>>
di Guido Bonicelli e Ario Rupeni
Prendere le giuste misure con l'Europa
per organizzare meglio i servizi comunali in
Italia. Questa é l'occasione che viene offerta
dalla lettura del volume di Guido Bonicelli e
di Ario Rupeni «Comuni e Servizi in Europa (più U.S.A. e Canada)», il secondo della
Collana «Città e servizi», inaugurata proprio
in questo inizio del 1995 dalla CEL di Gorle (BG), Editrice della Associazione nazionale dei Comuni. La rassegna critica e sistematica delle esperienze in dieci diversi Paesi
nonchè la ricostruzione degli orientamenti
assunti o che si stanno assumendo in sede
comunitaria in materia di servizi pubblici locali consente una rapida e significativa visualizzazione, certamente utile per i sindaci
e gli amministratori comunali - ma anche
per quelli provinciali e regionali - al fine di
meglio capire problemi, metodi e strumenti
di soluzioni che riguardano direttamente le
nostre realtà cittadine.
In particolare, le situazioni delle dieci
realtà nazionali sono state perlustrate attraverso una visitazione condotta da Guido Bonicelli, Paese per Paese, con viaggi mirati ad
una conoscenza diretta di protagonisti e di
testimoni.
Ed é proprio questa radiografia di esperienze che permette all'amministratore locale e comunque allo studioso dei problemi
dei servizi pubblici (trasporti, ambiente,
energia, acqua) di comprendere, in contesti
differenziati, alcuni tratti comuni che si ripropongono anche in Italia nelle nostre
città.
«Esprimiamo il nostro apprezzamento
agli autori perché così ci aiutano a predisporre quella Carta Europea dei servizi "al
pubblico", che è uno degli obiettivi prioritari in questo momento della Commissione
europea». Così si esprime Antonio Castellano Auyanet, presidente del Comitato europeo delle imprese a partecipazione pubblica
(CEEP) nella prefazione al volume. Infatti,
egli sostiene, «ci troviamo in una fase di riconsiderazione del ruolo, dell'ammissione e
delle motivazioni dei servizi pubblici». L'esponente europeo é convinto infatti che «la
parola d'ordine della privatizzazione non
basta da sola a soddisfare quell'insieme di
esigenze complesse e diversificate, di ordine
sociale, economico, produttivo e tecnologico, che mettono in gioco diritti e aspettative
e non solo legittimi interessi».
La liberalizzazione e la progressiva globa-
lizzazione internazionale dei mercati e dell'economia anche della scala europea verso
dimensioni più larghe richiede una corretta
e stimolante concorrenza che non può tuttavia passare sopra le ragioni di uno sviluppo
equilibrato e diffuso di tutte le aree e i centri urbani della Comunità.
I1 volume della CEL si pone quindi come
una vivace lettura, ricca di analisi e soluzioni che richiamano subito questioni proprie
anche di «casa nostra». Nel campo dei servi-
mensile dell'AICCRE
Direttore responsabile: Umberto Serafini
Condirettore: Maria Teresa Coppo Gavazzi
Redazione: Mario Marsala
Direzione e redazione: Piazza di Trevi 8 6 - 00187 Roma
Indir. telegrafico: Comuneuropa - Roma
tel. 69940461-2 -3-4-5, fax 6793275
Questo numero è stato finito di stampare nel mese di gennaio 1996
ISSN 0010-4973
Abbonamento annuo per la Comunità europea, inclusa l'Italia L. 30.000 Estero
L. 40.000; per Enti L. 150.000 Sostenitore L. 500.000 Benemerito L. 1.000.000
COMUNI D'EUROPA
zi comunali quindi é fondato sostenere che
in qualche modo l'Europa ci é sempre più
vicina. Occorre avere il coraggio di misurarsi con le nuove dimensioni internazionali,
raccogliendo la sfida delle diversità per una
emulazione ed una competizione che risulti
via via più fruttuosa.
È bene perciò confrontarsi in maniera
aperta e senza complessi dilatando la nostra
conoscenza dei problemi e delle soluzioni
sul tappeto a partire dal tema della privatizzazione dei servizi, o come forse sarebbe più
corretto del crescente intreccio del ruolo
pubblico con l'iniziativa privata.
Anche su questo terreno, le risposte, sia
in Europa come negli Stati Uniti non sono
certo univoche. Aprendosi all'Europa, tuttavia, il dibattito in Italia può acquistare in termini di laicità, fuori da schemi ideologici o
astratte semplificazioni. D'altronde il lavoro
che si sta conducendo a Bruxelles per la preparazione della Carta Europea dei servizi «al
pubblico», di cui la prima parte del volume
tratta ampiamente, anch'esso costituisce un
itinerario che ci coinvolge oggettivamente,
soprattutto per ritrovare assieme ai partners
comunitari il capo di quella matassa, costituita dai servizi pubblici, su cui si gioca tanta parte della qualità stessa della vita delle
città.
Oltre a segnalare alcuni documenti significativi, il volume si intrattiene sulla «Carta
triangolare delie qualità ambientali», redatta
recentemente in Italia. Essa costituisce un
esempio significativo di un approccio ai temi dei servizi secondo quella logica di rispetto delle risorse naturali e ambientali che
costituisce una delle possibili strategie innovative in materia di servizi locali.
Gli autori, Guido Bonicelli già direttore
generale dell'azienda energetica di Torino,
studioso ed esperto di problemi gestionali,
produttivi e tecnologici delle imprese di servizio pubblico è anche ricercatore e saggista. Ario Rupeni, che è il direttore della
nuova collana «Città e servizi» della Editrice CEL, è studioso e operatore delle autonomie locali e regionali, nonché dei servizi
pubblici. Autore di molte opere e saggi in
materia di istituzioni e di finanza comunale,
di delega delle funzioni regionali, ha fondato e diretto riviste in materia di ambiente,
sanità, imprese pubbliche e regionalismo.
m
Una copia L. 3.000 (arretrata L. 5.000)
I versamenti devono essere effettuati: l ) sul c/c bancario n. 300.008 intestato:
AICCRE c/o Istituto bancarzo San Paol« di Torino sede di Roma, Via della
Stamperia, 64 - 00187 Roma, specificando la causale del versamento;
2) sul c.c.p. n. 38276002 intestato a "Comuni d'Europa", piazza di Trevi, 86-00187 Roma;
3) a mezzo assegno circolare - non trasferibile - intestato a: AICCRE, specificando
la causale del versamento.
Aut. Trib. di Roma n. 4696 de11'11-6-1955
Arti Grafiche Rugantino s.r.l., Roma, Via Spoleto, 1
Fotocomposizione: Graphic Art 6 s.r.l., Roma, Via Ludovico Muratori 11/13
Associato all'USPI - Unione Stampa periodica italiana
DICEMBRE 1995
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Anno XLIII Numero 12