- ANNO XLIII N. 12 DICEMBRE 1995 MENSILE DELL'AICCRE ASSOCIAZIONE UNITARIA DI COMLINI PROVINCE REGIONI dal quartiere alla regione per una Comuriità europea federale Riflessioni precongressuali Pace in Bosnia Ad oggi i Soci dell'AICCRE, che stanno cominciando a riflettere sulle questioni politiche - sia di politica interna del CCRE che di politica generale europea - in vista del Congresso ordinario dell'AICCRE del 14 - 15 marzo p.v., si trovano di fronte ad alcuni documenti, che elenchiamo di seguito: - il documento politico approvato all'unanimità dall'Assemblea straordinaria dell'AICCRE del 14.12.95, pubblicato di seguito a pag. 3 di questo numero; -la Dichiarazione del Comitato di iniziativa e di vigilanza del semestre di presidenza italiana dell'unione europea e della Conferenza della revisione di Maastricht, Comitato di cui 1'AICCRE fa parte, Dichiarazione pubblicata a pag. 1 e seguenti del numero di novembre 1995 della nostra rivista; Poesia tratta dal volumetto «Poesie del Natale», 1995, a cura degli alunni delle classi IV e IV D della scuola elementare ~RuggeroBonghin di Roma 1 - l'inserto "Quale repubblica federale italiana?" ~ u b b l i c a t osul numero di novembre 1995, inserto che riproduce, anche storicamente, la posizione delllAICCRE di fronte alla trasformazione dell'Italia da uno Stato regionale repubblicano a una possibile Repubblica federale; - l'inserto del numero di settembre di "Comuni d'Europax, che riportava la posizione delllAICCRE di fronte alla riforma del Trattato di Maastricht ("L'Europa che vogliamo") e, nello stesso inserto, l'Appello di Messina (aprile 1995), approvato in occasione del 4Oesimo anniversario dei Trattati di Roma, alla presenza del presidente Haensch del Parlamento europeo e con la partecipazione, a Messina, degli Enti associati della Sicilia; - il Manifesto conclusivo degli Stati generali di Strasburgo, che in vista della revisione di Maastricht criticava duramente l'incapacità di agire dell'Europa intergovernativa e l'esigenza di un'attribuzione alla Commissione esecutiva di Strasburgo anche della politica estera e della politica di sicurezza europee (si veda il testo di questo Manifesto, nella ennesima riproduzione, nel numero di gennaio 1994 di "Comuni d'Europan: anche questo manifesto si intitola "L'Europa che noi vogliamo"). Ai testi precedentemente citati non ahbiamo qui, sul momento, molto da aggiungere se non poche utili messe a punto. Da una parte proprio un tedesco, K.Seitz, ha composto un libro, tradotto e pubblicato anche in Italia. intitolato "Europa, una colonia tecnologica". In questo libro l'autore sostiene che tutta 1'Europa, Germania inclusa, è in arretrato in relazione alle sei tecnologie più avanzate che si affermano attualmente in nord America e in Giappone. Ciò implica che il modo concreto e possibile di evitare una germanizzazione dell'Europa consiste in un'Europa politicamente ed economicamente unita, che utilizzando tutte le capacità lavorative e di intelligenza dell'intera Unione europea, dall'estremo nord all'estremo sud, permetta di superare questa globale inferiorità europea e crei una produzione di tale valore aggiunto che riesca nella competizione col terzo mondo, che è in pieno sviluppo e con costi di lavoro estremamente bassi. Ciò premesso vorremmo far tesoro di un articolo dell'ex cancelliere tedesco Helmut Schmidt, che di fronte alla pressione tedesca perchè passi nelle date stabilite il progetto di unione economica e monetaria europea, chiarisce agli europei non tedeschi che in Germania c'è una corrente in aumento che non vorrebbe sottostare alle regole pattizie dell'unione, vorrebbero servirsi esclusivamente del marco e avere le mani libere per la reale germanizzazione, unilaterale, dell'Europa del Centro e dell'Est. A parere quindi di Schmidt si tratta non di respingere i parametri di Maastricht, ma di utilizzare al meglio la soluzione pattizia che l'Unione viene a creare e che, in qualche modo, dovrà non lasciar le mani libere interamente ai "cattivi tedeschi". Noi dobbiamo far tesoro delle considerazioni di Schmidt, che è un ottimo europeista, ma per cominciare dobbiamo far si, come dice il documento dell'AICCRE del 14 dicembre, che I'unificazione monetaria risulti un effettivo strumento della costruzione dell'unione politica europea ma non una "saracinesca che si abbassa ad un'ora prefissata", utilizzata per accentuare la divisione fra i paesi dell'unione europea, divisi in maniera perentoria fra efficienti e ineffcienti. In ogni caso lo spirito della presa di posizione dell'AICCRE è che si stia attenti a non confondere i pur necessari strumenti - ieri la CED (Comunità europea di difesa), oggi la moneta europea - con i fini della nostra stessa strategia politica, che consistono nel costruire una federazione politica sovrananzionale, al limite di tutti i paesi dell'Europa (una Paneuropa democratica e federale), vòlta a parlare la lingua federalista a tutto il resto del som ma r1o COMUNI D'EUROPA Pianeta e a preparare quelia che I<ant cbiamava la "pace perpetua". In altre parole occorre che stiamo attenti a non sottostare a un eccessivo, predominante economicismo, con la sudditanza della prospettiva di unione politica all'unione economica. E grave la confusione fra un grande ideale politico e gli strumenti, indubbiamente necessari, per raggiungerlo. In questo senso è inaccettabile che con l'est europeo si stia intavolando in maniera predominante un discorso economico e non un limpid o e preliminare discorso politico ideale: ricordiamo in tale senso la presa di posizione del gennaio 1993 dell'attuale presidente del Parlamento europeo, Haensch, come relatore a quel tempo della Commissione istituzionale del Parlamento europeo ("Per una Paneuropa federale"). Inoltre oggi, con Maastricht male interpretato, ci si limita ad una discussione monetarista e si è chiuso in un cassetto il Piano Delors, col quale si affronta lo sviluppo ma anche la disoccupazione. Indubbiamente il semestre in corso dal 1" gennaio 1996, che è il periodo di presidenza italiana del semestre comunitario, si decide- modo le sorti della Unione ranno in europea, tentando di avviarci verso un'Europa pre-federale e non verso un'Europa che blocca il progresso comunitario a ciò che si è raggiunto nel frattempo, e che (vedasi il caso jugoslavo) ci mette di fronte un'Europa confederale, cioè disunita, incapace di agire. Un Segretariato politico, di chiara derivazione intergovernativa, renderebbe l'Europa incapace di divenire un'autentico Soggetto politico autonomo. I1 federalismo non è un optional deil'Unione, ma la filosfia che ci deve guidare in questo problematico momento della democrazia planetaria. Questo che noi ora stiamo affermando rispetta coerentemente tutta la storia del CCRE e la stessa ragione per cui esso è stato Creato. E evidente che l'autentica visione federale dell'unione europea ristabilisce in pieno l'equilibrio democratico fra il nord e il sud dell'Europa. Non c'è possibilità di affrontare e risolvere il problema meridionale europeo, se non si segue onestamente e senza ambiguità una soluzione politica e federale dell'unione europea. ¤ la cronaca del 14 dicembre Congresso straordinario e Consiglio nazionale dellSAICCRE 11 14 dicembre scorso, a Roma, presso la Sala Borromini, si è svolto il Congresso straordinario dell'AICCRE, che aveva all'ordine del giorno l'approvazione del nuovo statuto dell'Associazione. La seduta si è aperta sotto la presidenza di Angelo Passaleva, presidente del Consiglio regionale della Toscana e presidente della Federazione regionale dell'AICCRE, e ha subito ascoltato una relazione sul nuovo statuto del presidente della Commissione per la r$orvza dello statuto, Francesco Colonna. Tra gli altri, sono intervenuti nel dibattito Raffaele Gallus, presidente della Federazione sarda dell'AICCRE, Pierino Donada, presidente della Federazione friulana, Alessandra Guerra, assessore della Regione Friuli Venezia Giulia, Maria Pia Bozzo, membro del Consiglio nazionale, Michele Cossa, Sindaco di Sestu, Angelo Castelli e Fernando Vera, membri della Direzione nazionale, Raffaele Felce, uicep~esidente della Federazione sarda. Il presidente dell'AICCRE, Umberto Serafini, ha quindi presentato un doczrmento sul semestre italiano di presidenza delI'Unione europea e la Conferenza intergovernativa per la revziione del Trattato di Maastricht. È seguito un dibattito che ha visto gli interventi, tra gli altri, di Nino Ianni, rappresentante della Provincia di Massa Carrara, di Aldo Amati, segretario della Federazione marchigiana dell'AlCCRE, di Lorenzo Viale, consigliere comunale di Ventimiglia, di Nunzia Fiorentino, consigliere regionale della Puglia, di Cesare San Mauro, presidente della Commissione bilancio del Comune di Roma e tesoriere dell'AICCRE, d i Franco Punzi, vicepresidente vicario delI'AICCRE e presidente della Federazione pugliese, d i Patrizia Dini, consigliere regionale della Toscana. In fine mattinata, messi in votazione dal presidente Passaleva, l'Assemblea ha approvato all'unanimità il nuovo statuto dell'AICCRE e il (segue a pag 3) 2 - Congresso straordinario e Consiglio nazionale dell'AICCRE 3 - L'Europa dei cittadini 4 - Adeguamento nella continuità, di Francesco Colonna 5 - Statuto dell'AICCRE 7 - Le norme regolamentari 8 - La società dell'informazione globale, di Massimo Fichera 10 - Da Bronte a Trento (via Pisa) e ritorno, di Gmberto Serafini 12 - Strategia di movimento e realtà politica europea, di Francesco Giglio 16 - I LIBRI DICEMBRE 1995 il documento del P4 dicembre L'Europa dei cittadini L'Assemblea straordinaria dell'AICCRE (Sezione italiana del Consiglio dei Comuni e delle Regioni d'Europa), riunita a Roma il 14 dicembre 1995, nell'approssimarsi dell'assunzione dell'Italia, per il semestre gennaio-giugno 1996, della Presidenza dell'unione europea, sottolinea come la grave responsabilità sovranazionale, decisiva agli effetti dell'awenire prossimo del nostro Paese, sia assai spesso strumentalizzata, dal Parlamento nazionale e dalle forze politiche, e di riflesso dalla stampa e da tutti i media, agli effetti delle prospettive interne di potere e non secondo una logica autonoma da queste preoccupazioni; comunque, ribadisce che dobbiamo fare uno sforzo ancora maggiore di quello fin qui previsto per essere tempestivamente o quanto prima in regola coi parametri economico-finanziari che ci provengono, per I'UEM, dal Trattato di Maastricht, da noi firmato a suo tempo, ma osserva da un lato che l'unificazione monetaria costituisce un passo importante, uno degli strumenti per la costruzione dell'unione politica dell'Europa, che non può essere utilizzato per accentuare la divisione, per accrescere le distanze fra i paesi dell'unione europea. L'unione monetaria non può essere una saracinesca che si abbassa ad un' ora prefissata, ma un processo di armonizzazione delle diverse economie per rafforzare la coesione; dall'altro che occorre subito respingere, nelle competenti sedi comunitarie, l'appesantimento che si vorrebbe creare sui Paesi che non possano, per ragioni obiettive economiche, partecipare immediatamente all'UEM; soprattutto afferma che, fino alle proposte conclusive della CIG, al parere del P E e a tutte le ratifiche nazionali sulla revisione di Maastricht, la politica dell'unione sia gestita come lo è attualmente dagli organi dell'unione; comunque, mentre l'Italia si appresta come deve - o dovrebbe - a versare "lacrime e sangue" per mettersi in regola circa i parametri dell'UEM, l'Assemblea giudica incredibile che frattanto alcuni Paesi dell'unione compiano atti del tutto contrari a quella politica autenticamente europea, che deve superare interessi e presupposti nazionalisti, come è successo per il Governo francese, che ha ripreso gli esperimenti atomici senza consultare i consociati comunitari, o per la Germania che ha avanzato assurdamente la proposta di un suo posto permanente di grande potenza nel Consiglio di sicurezza dell'ONU: l'Assemblea straordinaria dell'AICCRE ricorda che l'Unione europea si fa non su precipui motivi militari (come per la CED) o economico-finanziari (come ora per l'UEM), anche se questi sono fattori determinanti in una Unione federale, ma per un obiettivo di vera solidarietà sovranazionale, di costruzione della pace e di avanzamento di civiltà, fattori che escludono definitivamente ogni arroganza nazionale. Venendo alla Conferenza per la revisione di DICEMBRE 1995 Maastricht l'Assemblea sostiene che i risultati della Conferenza dovranno essere subordinati a un parere finale del P E e, in caso di dissensi, si dovrà rimettere il loro superamento a un Comitato di conciliazione, prima di sottoporre il tutto alle ratifiche nazionali: infatti, se l'Europa dei cittadini non è una espressione priva di valore che compare nel Trattato, non si dovrà affidare il destino di questi cittadini a un puro accordo diplomatico fra gli Stati; inoltre l'Assemblea si awede con stupore che, riconosciute ormai ineludibili politiche estera e di sicurezza comuni, si profili, in ambienti politico-diplomatici, l'eventualità di creare ad hoc un Segretariato politico, di origine intergovernativa, ripetendo la vecchia proposta, bocciata, del Piano Fouchet e retrocedendo, in queste materie, dal metodo comunitario, che viceversa ha dato così spesso risultati apprezzabili, metodo che le affiderebbe alla Commissione esecutiva di Bruxelles, controllata, owiamente, sia dal Parlamento Europeo che dal Consiglio dell'unione (cioè della rappresentanza o Senato degli Stati). Infine l'Assemblea, proprio per quel che riguarda la materia specifica del CCRE, mentre è d'accordo nel chiedere che nella revisione del Trattato sia completato e chiarito il principio di sussidiarietà - che si lega abitualmente a quello di prossimità, cioè alla preferenza per le soluzioni più vicine all'iniziativa e al controllo dei singoli cittadini -, insiste affinchè questo principio sia visto in un quadro stretto di interdipendenza, che è un principio di solidarietà federale, e sia ordinato da una Costituzione europea, sulla quale è sempre tardi che dica una sua parola senza incertezza il PE. L'Assemblea approfitta dell'occasione per ricordare che 1'AICCRE è da quarantrè anni che studia e si batte per il passaggio dell'Italia, gradualmente, da uno Stato cosiddetto regionale - mai realizzato nella sua completezza - a uno Stato federale, che - come dovrebbe esser noto - implica un assai più completo coordinamento nazionale, soprattutto col Senato delle Regioni, se visto al modo del Bundesrat tedesco. Poichè, giustamente, in questo momento, accanto al problema della coesione economica europea ci si preoccupa della drammatica situazione dell'occupazione, pesante ovunque, ma gravissima nel nostro Mezzogiorno, 1'Assemblea osserva la scarsa attenzione rivolta al Piano Delors, che non si occupa soltanto dello sviluppo, ma altresì, attentamente, di una occupazione "non assistita", e in pari tempo del problema della competitività globale dell'Unione europea col resto del mondo, con l'owia ricaduta sui problemi del lavoro. Inoltre l'Assemblea chiede un patto sociale e di interdipendenza regionale dell'unione. Circa il Comitato delle Regioni e delle Collettività locali l'Assemblea insiste su due punti: che tutti i suoi membri siano, per Trattato, eletti dal popolo nei rispettivi Enti, e che il Comitato sia invitato a realizzare un tavolo di lavoro comune col Parlamento Europeo, in luogo di attardarsi in minuscole questioni di competenza: è o w i o che la competenza deve ricadere in definitiva sulle spalle dei cittadini, che dovranno sempre più essere comunque ascoltati nei modi convenienti (come prevedeva la Carta europea delle libertà locali del CCRE, nella versione autentica del 19531, mentre ancora una volta si tende ad emarginarli. L'Assemblea vede con grande favore il coordinamento che si è stabilito, con apposito Comitato, fra cutte le organizzazioni federaliste italiane, a partire dallo storico e glorioso Movimento Federalista Europeo, per vigilare sul Semestre italiano di Presidenza dell'unione e sulla Conferenza intergovernativa per la revisione di Maastricht, ed è pronta ad offrire tutto l'appoggio del1'AICCRE all'intervento che il CCRE vuol fare a Torino, per l'inizio della Conferenza a fine marzo, ribadendo la difesa di tutte le istanze - federali sovra e infranazionali - approvate agli Stati generali di Strasburgo, ivi comprese le problematiche specifiche per le regioni transfrontaliere che assurgono a territorio di cerniera dell'unione europea. I1 CCRE e quindi 1'AICCRE sono nati come punti d'appoggio per l'azione popolare in favore della Federazione europea, e in questo momento le loro responsabilità sono, se possibile, ancora cresciute. L'Assemblea dunque rivolge un Appello a tutti gli Enti autonomi territoriali italiani (Regioni, Province, Comuni e Comunità montane) perchè, soprattutto attraverso i loro Consigli, appoggino quanto propone I'AICCRE, facendo riprendere alllItalia quel ruolo di testa del processo di unità democratica europea, che storicamente ha sempre avuto. 14 dicembre 1995 (.~egueda pag. 2 ) documento politico discusso. Nella presente pagina e nelle pagine seguenti pubblichiamo i testi integrali - dei due documenti. Nel pomeriggio Lello stesso giorno, si è riunito, nello stesso luogo, il Consiglio nazionale dell'Associazione, per deliberare data e luogo dell'Assemblea congressuale nazionale ed ad& tare i/ relativo reaolamento Sotto la presidenza del presidente Umberto Serafini, dopo un dibattito nel quale sono intervenuti il segretario generale Gianfranco Martini, Francesco Colonna, Raffaele Gallus, Angelo Passaleva, Pierino Donada, Fernando Vera, il segretario generale aggiunto Fabio Pellegrini, Giuseppe Bufardeci, il vice-presidente vicario Franco Punzi, è stata approvata la convocazione a Ronza, il 14 e 1 5 marzo 1996, dell'Assemblea congressuale ordinaria dell'Associazione, ed è stato approvato il relativo Regolamento, che viene pubblicato nelle pagine seH guenti. - COMUNI D'EUROPA di fronte ai mutamenti della realtà esterna Adeguamento nella continuità di Francesco Colonna * 1. - Tre criteri i s p i r a t o r i I1 nuovo statuto ~ ~ ~ ~ ' A I adottato c c R E all'Assemblea nazionale del 14 dicembre 1995 presenta, rispetto alla precedente normativa statutaria, modifiche profonde, tendenti a promuovere un adeguamento dell'associazione, nella continuità della sua ispirazione di fondo, a una situazione radicalmente nuova, per i mutamenti intervenuti nella realtà internazionale e per i cambiamenti che si sono avuti e sono in atto negli assetti politici nazionali e anche nella vita delle autonomie locali (sul piano europeo con l'unificazione fra il CCREe la IULAe in Italia con il nuovo ordinamento degli enti locali e con le nuove leggi elettorali). Le innovazioni introdotte corrispondono essenzialmente a tre criteri ispiratori: 1) una decisa accentuazione del carattere come associazione rappresentativa dell' AICCRE di Regioni ed Enti locali, salvaguardandone però al tempo stesso la natura di associazione che è espressione non solo di "enti" ma dell'insieme delle collettività locali; 2) l'awio di un processo di organica "regionalizzazione" della struttura ~ ~ ~ ~ ' A I c c R E ; 3 ) una netta semplificazione degli organi dirigenti volta a rafforzare il ruolo di direzione degli organi collegiali: il Consiglio nazionale e la Direzione. - Associazione non solo d i Enti ma d i collettività 2. L'esigenza di accentuare il carattere delllArccome associazione di enti (regionali e locali) non è sorta solo negli ultimi tempi. Essa nasce dal fatto che l'unità europea diviene sempre più non solo una prospettiva ideale, ma realtà di una costruzione effettiva, per quanto difficile e faticosa; materia dunque di un impegno non solo di avanguardie militanti ma delle amministrazioni locali, sempre più direttamente investite in quanto tali dalle conseguenze di decisioni su problemi di dimensione europea prese a livello europeo, e perciò sempre più direttamente interessate alla battaglia per una Federazione europea fondata sul rispetto, lo sviluppo e il rilancio delle autonomie territoriali. Ma questa esigenza acquista oggi un rilievo particolare, sia sul terreno europeo anche in rapporto ai problemi posti dalla fusione CCREIULA,sia sul terreno nazionale, perché i mutamenti in atto degli assetti politici italiani investono largamente la vita delle regioni e degli enti locali, e il tema delle autonomie e del loro ruolo dell'ordinamento si ripropone con rinnovata attualità nel dibattito sulle riforme istituzionali e sul federalismo. Sotto questo aspetto il nuovo Statuto introCRE " Prcsidcnte della Commissionc pcr la riforma dello Statuto. COMUNI D'EUROPA duce alcuni mutamenti incisivi per quanto attiene alla riserva di posti statutariamente prevista a favore dei soci titolari (e dei rappresentanti delle Federazioni regionali che ne sono espressione diretta) nella composizione degli organi collegiali di direzione. Una tale riserva già esisteva per il Consiglio nazionale e anche, ma in misura più ridotta, per la Direzione. Non era invece prevista per i massimi vertici dell'Associazione. Ora, sulla base del nuovo Statuto: - la quota riservata ai soci titolari (ai quali sono assimilati i rappresentanti delle Federazioni regionali che dei soci titolari sono espressione diretta) viene mantenuta, in una misura attorno al 70 per cento, per il Consiglio nazionale (dove Dassa da 135 su 185 a 120 su 165) e viene fortemente accresciuta. dal 5 1 al 77 Der cento, per la Direzione (dove passa da 24 su 47 a 35 su 45); - viene abolita la Giunta, organismo nel quale nessuna riserva di posti per i soci titolari era prevista; - e viene contemporaneamente assicurata la presenza preminente di rappresentanti diretti di enti, regionali e locali, anche ai massimi vertici dell'Associazione attraverso la norma per cui il Presidente e due dei tre vice Presidenti debbono essere scelti fra i soci titolari. È previsto d'altra parte che ai lavori del Consiglio nazionale e della Direzione possano prendere parte, non solo come semplici invitati, rappresentanti della Conferenza dei presidenti delle Regioni e del Comitato di coordinamento dei Consigli regionali e delle Associazioni nazionali delle diverse categorie di enti locali (ANCI,UPI. e UNCEM). Mentre accentua così la caratteristica del~'AICCRE come associazione di enti - con proprie specifiche anche se non esclusive competenze sul terreno dei gemellaggi europei, dei rapporti comunitari ed europei, dei servizi europei agli enti locali - lo Statuto conserva però ed esalta i caratteri peculiari in cui si manifesta la ragion d'essere della nostra associazione: - la sua natura di associazione di rappresentanza unitaria dell'intero sistema delle autonomie e non di una particolare categoria di enti; - la sua natura di associazione politica, a vocazione europea e federalistica, di promozione dell'impegno europeista delle comunità locali e che proprio per questo si fonda bens" sugli enti, ma tende a rappresentare l'insieme delle collettività locali. Anche in questa luce il nuovo Statuto prevede che Regioni, provincie e comuni maggiori siano rappresentati non solo dagli Esecutivi ma anche dai rispettivi Consigli e prevede che oltre agli enti soci titolari possano far parte dell'Associazione come soci individuali senza diritto di voto congressuale e con i limi- ti ricordati nel diritto a far parte degli organismi - anche gli eletti regionali e locali e i membri di organi degli enti, in primo luogo gli assessori, anche se privi di mandato elettivo. Nella stesso senso vanno le norme che ima ricercare una presenza tenpegnano ~'AICCRE denzialmente paritaria delle donne nel Consiglio nazionale e nella Direzione e che prevedono l'istituzione di due Consulte, dei parlamentari, europei e nazionali, e dei funzionari delle Regioni e degli Enti locali. 3. - La regionalizzazione dell'AZCCRE I1 carattere centrale del tema deila regionalizzazione nel nuovo Statuto è sottolineato già dal fatto che esso viene affrontato in uno dei primi articoli, l'articolo 5 , che non prevede solo l'esistenza di Federazioni regionali, ma definisce l'Associazione nel suo complesso come "associazione nazionale a struttura regionale". Proprio in quanto associazione non limitata a una sola categoria di enti, e che nasce per promuovere una battaglia europeista comune e rappresentare una comune interfaccia europea del sistema delle autonomie, 1'Associazione deve essere organicamente articolata al livello regionale, dove può trovare piena attuazione una funzione di raccordo fra la Regione e i diversi enti locali, e fra gli enti e le popolazioni, e deve avere strutture centrali forti ed efficienti, in grado di fornire un impulso politico unitario; di raccogliere e fornire informazioni, documentazione, servizi; e di assicurare i necessari rapporti internazionali. Nel concreto, lo Statuto prevede addirittura un mutamento del carattere del Congresso dell'associazione. Quest'ultimo era finora concepito come assemblea degli enti soci titolari. nel quale le Federazioni regionali non avevano parte. Con il nuovo Statuto non si giunge a trasformarlo in una assemblea di delegati eletti da Congressi delle Federazioni regionali, come probabilmente dovrà avvenire quando la regionalizzazione sarà completata; si avvia però un processo che va in questa direzione, prevedendo che all'Assemblea congressuale nazionale le Federazioni regionali partecipino con propri delegati, con diritto di voto, accanto ai rappresentanti diretti degli Enti soci. Di non minore rilievo è l'inserimento organico delle Federazioni regionali nella direzione complessiva dell'Associazione. Finora rappresentanti delle Federazioni regionali erano come aggiunti, e con voto solo consultivo, ai membri del Consiglio nazionale e della Direzione. I1 nuovo Statuto prevede invece che essi siano compresi in questi organismi a pieno titolo, e con un peso decisivo. Nel Consiglio nazionale essi superano ampiamente un terzo: una sessantina su 165 componenti; nella Direzione addirittura toccano quasi la metà: 20 su 45. Anche sotto l'aspetto finanziario, le innovazioni introdotte sono profonde. Alle Federa(segue a pag l > ) DICEMBRE 1995 Statuto del19AICCRE approvato dall'Assemblea generale straordinaria Articolo 1 (Natura e finalità) L'Associazione italiana per il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d'Europa (Aiccre), con sede in Roma, è l'associazione nazionale che raccoglie liberamente in modo unitario le Regioni, i Comuni, le Province e le altre rappresentanze elettive di Comunità locali (Aree metropolitane, Circoscrizioni, Comunità montane) nel loro impegno a operare per la costruzione di una Federazione europea fondata sul pieno riconoscimento, il rafforzamento e la valorizzazione delle autonomie regionali e locali. L'Aiccre è la Sezione italiana del Ccre (Consiglio dei Comuni e delle Regioni d'Europa), Sezione europea dell'unione internazionale delle città e dei poteri locali (Iula), ai sensi dell'articolo I1 dello Statuto del Ccre. Articolo 2 (Compiti) L'Aiccre - assume e promuove iniziative dei poteri regionali e locali per lo sviluppo della cultura europea e per la costruzione della democrazia istituzionale e dell'unità politica dell'Europa in forma federale, sulla base del principio di sussidiarietà; per la pace, la collaborazione pacifica e la fraternità dei popoli contro gli odii nazionali, etnici e religiosi; per la realizzazione della pari dignità e delle pari opportunità di tutti gli esseri umani; per il superamento degli squilibri in Europa e nel mondo; - sostiene una più ampia valorizzazione delle autonomie locali nella Repubblica italiana la cui unità sia fondata su un moderno federalismo; - opera per la più stretta collaborazione a tal fine fra le associazioni delle autonomie locali, nella prospettiva di una loro federazione; - adotta e promuove iniziative di reciproca conoscenza, di incontri, scambi di esperienza e gemellaggi fra i poteri regionali e locali dei diversi paesi d'Europa e con quelli extraeuropei con i quali l'Unione europea intrattiene rapporti di cooperazione; - effettua studi e ricerche sulle autonomie regionali e locali in Europa e sui problemi di loro competenza che investono la dimensione europea; - organizza, d'intesa con le istituzioni regionali e locali e con le loro associazioni, attività di informazione e di formazione degli amministratori e del personale sui problemi europei; - svolge attività di servizio agli enti associati nei loro rapporti con il governo e le amministrazioni dello Stato in relazione ai problemi europei, e con le istituzioni e organizzazioni europee, a partire da quelle dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa; - opera per favorire e organizzare la parteDICEMBRE 1995 cipazione e la rappresentanza unitaria dei poteri regionali e locali negli organi istituzionali dell'unione europea e del Consiglio d'Europa. Articolo 3 (Soci titolari) 3.1. Sono soci titolari dell'Aiccre, con diritto di voto nelle istanze congressuali dell'Associazione, le Regioni e gli Enti territoriali elettivi rappresentanti di primo e secondo grado delle collettività locali che abbiano deliberato l'adesione all'Associazione, accettandone le finalità e lo Statuto. 3.2. I soci titolari sono rappresentati dal rappresentante legale dell'Ente, o da un suo delegato permanente, che deve essere membro degli organi dell'Ente. Regioni, Province e Comuni capoluoghi di Provincia o con popolazione superiore ai trecentomila abitanti sono rappresentati inoltre anche dal presidente del relativo Consiglio regionale, provinciale o comunale - o da un Consigliere da lui designato come delegato permanente. 3.3. L'adesione è a tempo indeterminato, salvo recesso. I1 recesso deve essere deciso con provvedimento formale dell'organo competente; deve essere comunicato all'Associazione entro il 30 settembre e ha effetto dal 1" gennaio dell'anno successivo. I1 recesso comporta la decadenza del rappresentante degli enti dagli incarichi ricoperti nell'Associazione. Articolo 4 (Soci individuali) 4.1. Possono far parte dell'Aiccre come soci individuali i membri eletti delle assemblee regionali e locali, gli assessori provinciali e comunali, anche non eletti, e i componenti di organi regionali e locali responsabili verso organi eletti, i quali aderiscano agli scopi dell'Associazione e ne accettino lo Statuto. Gli organi dirigenti dell'Associazione possono inoltre ammettere a far parte dell'Aiccre come soci individuali ex eletti regionali e locali e personalità che si siano particolarmente distinti in campo europeo, nelle amministrazioni locali, nelllAiccre. 4.2. I soci individuali non hanno diritto di voto nelle istanze congressuali dell'Associazione, salvo nel caso che siano stati eletti dai Congressi delle Federazioni regionali come delegati all'Assemblea congressuale nazionale. Possono essere eletti a far parte degli organi dirigenti dell'Associazione, fermo restando il principio che almeno i sette decimi dei membri di tali organi debbano essere soci titolari o rappresentanti delle Federazioni regionali. Articolo 5 (Struttura regionale) 5.1. L'Aiccre è un'associazione nazionale a struttura regionale. Essa si articola in Fede- razioni regionali nelle quali si raccolgono la Regione e gli Enti locali aderenti all'Associazione, e i soci individuali esistenti nella regione. 5.2. Le Federazioni regionali sono rette da propri regolamenti, riconosciuti dal Consiglio nazionale in armonia con lo Statuto dell'Associazione. Congressi regionali stabiliscono i programmi delle Federazioni ed eleggono i loro organi dirigenti e i loro delegati all'Assemblea congressuale nazionale. 5.3. Delegati eletti dai Congressi delle Federazioni regionali partecipano con diritto di voto all'Assemblea congressuale nazionale. Le Federazioni regionali sono rappresentate, nelle forme definite dal presente Statuto, negli organi di direzione nazionale dell'Aiccre. 5.4. Le Federazioni regionali coordinano e promuovono iniziative regionali e locali per i fini dell'Associazione e nel rispetto degli orientamenti fissati dagli organismi nazionali. Comunicano annualmente agli organi di direzione nazionale dell'Associazione i propri programmi di attività e resoconti dell'attività svolta e i bilanci preventivi e consuntivi. 5.5. Le Federazioni regionali dispongono di autonomia amministrativa e funzionale. Gli organi nazionali non rispondono della loro gestione amministrativa e finanziaria. Alle Federazioni regionali viene trasferito un contributo non inferiore al 15 per cento delle quote riscosse dall'Associazione sul territorio regionale. Sull'impiego del contributo le Federazioni forniscono rendiconto agli organi centrali. 5.6. Le risorse finanziarie iscritte nel bilancio dell'Associazione per la promozione e organizzazione di convegni e altre attività sono destinate almeno per il 75 per cento a sostenere un programma di iniziative di particolare rilievo delle Federazioni regionali. Articolo 6 (Organi nazionali) Sono organi nazionali dell'Associazione: - L'Assemblea congressuale nazionale; - I1 Consiglio nazionale; - La Direzione nazionale; - I1 Presidente e i vice Presidenti; - I1 Segretario generale e il Segretario generale aggiunto; - I1 Tesoriere; - I1 Collegio dei Revisori dei conti; - I1 Collegio dei probiviri. Articolo 7 (Consulta parlamentare e Consulta dei funzionari) 7.1. Una Consulta parlamentare dell'Associazione raccoglie i parlamentari nazionali o europei impegnati a sostegno dei fini e dell'attività dell'Aiccre. COMUNI D'EUROPA 7.2. Una Consulta dei funzionari dell'Associazione raccoglie funzionari delle Regioni e degli Enti locali impegnati nell'attività europeistica. I suoi membri sono nominati dal Consiglio nazionale. Articolo 8 (Norme particolari sugli organi) 8.1.11 Presidente e due dei vice Presidenti dell'Associazione devono essere soci titolari. 8.2. Presidente e vice presidenti, Segretario generale, Segretario generale aggiunto, Tesoriere e presidenti del Collegio dei Revisori dei conti e del Collegio dei probiviri non possono rivestire l'incarico per più di due mandati consecutivi. 8.3. L'Associazione opera affinché negli organi collegiali nazionali (Consiglio nazionale e Direzione), come in quelli delle Federazioni regionali, uomini e donne siano presenti in misura paritaria e comunque in misura non inferiore a un terzo del numero dei componenti per ciascuno dei due sessi. Articolo 9 (Assemblea congressuak naziorzale) 9.1. L'Assemblea congressuale nazionale è il massimo organo di direzione dell'Associazione, ne definisce gli indirizzi politici e programmatici; adotta, col voto favorevole dei due terzi dei presenti. lo Statuto e ie sue modifiche, elegge il Consiglio nazionale, il Collegio dei Revisori dei conti e il Collegio dei probiviri. 9.2. L'Assemblea congrcssuale nazionale è composta dai soci titolari che abbiano aderito alllAssociazione al momento in cui l'Assemblea viene indetta e siano in regola con il pagamento delle quote sociali e dai delegati eletti dai Congressi delle Federazioni regionali. 11 numero di tali delegati è stabilito dal regolamento congressuale, tenendo conto della popolazione di ciascuna regione e della misura delle adesioni di enti locali al17Aiccrenella regione stessa. 9.3. L'Assemblea congressuale nazionale è convocata in via ordinaria dal Consiglio nazionale, entro i sei mesi successivi alle elezioni generali per il rinnovo della maggioranza delle amministrazioni regionali e locali, e comunque non oltre cinque anni dalla sua precedente riunione. Può riunirsi in via straordinaria per decisione del Consiglio nazionale o su richiesta di un quinto dei soci titolari o di almeno cinque Federazioni regionali. 9.4. La convocazione dell'Assen-iblea congressuale nazionale è decisa dal Consiglio nazionale, che adotta contestualmente il regolamento congressuale. Deve avvenire almeno 60 giorni prima della data fissata per la riunione, e deve essere effettuata mediante pubblicazione sugli organi di stampa dell'Associazione o mediante lettera raccomandata. Articolo 10 (Consiglio nazionr2le - conzposizione) 10.1. I1 Consiglio nazionale è eletto dall'Assemblea nazionale ed è composto da 165 membri (di cui almeno 120 fra soci titolari e rappresentanti delle Federazioni regionali). Sono compresi fra i membri del Consiglio membri eletti su designazione delle Federazioni regionali - in ragione di tre per le Federazioni con dieci o pii1 delegati congressuali, due per le rimanenti -. Nella composizione del Consiglio nazionale dovrà essere assicurata una equilibrata rappresentanza delle Regioni, delle Province, dei Comuni più grandi e dei Comuni minori. 10.2. Fanno parte del Consiglio come membri di diritto, dopo la loro cessazione dalla carica, quanti abbiano rivestito l'incarico di Presidente, vice Presidente, Segretario generale, Segretario generale aggiunto. 10.3. Partecipano al Consiglio nazionale con voto consultivo i membri del Collegio dei Revisori dei conti e del Collegio dei probiviri, due rappresentanti della Consulta parlamentare e due rappresentanti della Consulta dei funzionari. 10.4. Nello spirito dell'articolo 2 del presente Statuto, prendono parte ai lavori del Consiglio nazionale rappresentanti della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, della Conferenza dei Presidenti dell'Assemblea e dei Consigli regionali e delle Province autonome, dell'Associazione nazionale dei Comuni italiani (Anci), dell'Unione delle Province italiane (Upi), dell'Unione delle comunità ed Enti montani (Uncem). 10.5. Sono invitati alle riunioni del Consiglio nazionale un rappresentante per ciascuna delle seguenti associazioni europeiste o di amministratori locali: Associazione europea degli insegnanti (Aede), Centro italiano di formazione europea (Cife), Consiglio italiano del Movimento europeo (Cime), Confederazione italiana servizi pubblici enti locali (Cispel), Federazione italiana delle Case d'Europa (Fice), Federazione mondiale delle città unite (FmCU),Lega delle autonomie locali, Movimento federalista europeo (Mfe). 10.6. 11 Consiglio si riunisce in sessione ordinaria, su convocazione della Direzione, almeno due volte l'anno. Deve essere convocato qualora debbano essere assunte decisioni di particolare rilevanza per l'Associazione. Si riunisce in via straordinaria per decisione della Direzione o su richiesta di almeno venti dei soci titolari che ne fanno parte o di almeno quattro Federazioni regionali. 10.7. I membri del Consiglio che perdano la qualità di rappresentanti legali dei soci titolari o di loro delegati sono automaticamente sostituiti con i nuovi rappresentanti dei soci stessi. 10.8. 11 Consiglio nazionale può cooptare, con il voto favorevole di due terzi dei presenti, fino a un massimo di 20 nuovi membri. Articolo 11 (Consiglio nazionale - cori2petenze) I1 Consiglio nazionale - convoca l'Assemblea congressuale nazionale e adotta il relativo regolamento congressuale; - assume. negli intervalli fra le riunioni dell'Assemblea nazionale, le decisioni fondamentali relative all'indirizzo politico e programmatico dell'Aiccre; - elegge nel siio seno la Direzione nazionale, il Presidente e tre vice Presidenti, il Segretario generale e il Segretario generale aggiunto, il Tesoriere; - delibera il programma annuale di attività dell'Associazione e discute il rendiconto dell'attività svolta nell'anno precedente; - adotta il bilancio preventivo e il conto consuntivo; delibera le quote associative; - riconosce l'avvenuta costituzione delle Federazioni regionali nel rispetto delle previsioni statutarie; riceve e valuta le comunicazioni presentate dalle Federazioni regionali ai sensi dell'articolo 5.4. e le eventuali osservazioni della Direzione nazionale in proposito; -ha competenza su ogni questione non riservata espressamente ad altri organi. Articolo 12 (Direziorze nazionale - conzposìzione) Un momento del Congresso straordinario 12.1. La Direzione nazionale è eletta dal Consiglio nazionale e d è con-iposta da 45 DICEMBRE 1995 membri (di cui almeno 35 fra soci titolari e rappresentanti delle Federazioni regionali) fra i quali sono compresi: il presidente e i vice Presidenti, il Segretario generale e il Segretario generale aggiunto. Sono compresi fra i membri della Direzione 20 membri eletti su designazione delle Federazioni regionali. nistrativo, deliberazioni di spesa entro limiti di importo determinato; - delibera la pianta organica e l'inquadramento del personale, nomina i capiservizio: - designa i rappresentanti dell'Associazione in tutte le sedi nazionali e internazionali. 12.2. Partecipano alle riunioni della Direzione nazionale il Tesoriere, i presidenti del Collegio dei Revisori dei conti e del Collegio dei probiviri, i membri di diritto del Consiglio nazionale di cui al comina 10.2. (Presidente e vice Presidenti) 12.3. Nello spirito dell'articolo 2 del presente Statuto, prendono parte ai lavori della Direzione rappresentanti della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, della Conferenza dei Presidenti dell'Asseinblea e dei Consigli regionali e delle Province autonome, dell1Anci, dell'Upi e delllUncem. 12.4. Sono invitati alle riunioni della Direzione nazionale i rappresentanti delle associazioni europeiste o di amministratori locali elencate al comma 10.5. 12.5. La Direzione è convocata dal Presidente almeno sei volte l'anno in via ordinaria, e inoltre per iniziativa del Segretario generale e del Segretario generale aggiunto o su richiesta di almeno nove dei suoi membri o di almeno tre Federazioni regionali. Articolo 13 (Direzione nazionale - competenze) La Direzione nazionale - assicura la direzione politica permanente dell'Associazione nel rispetto delle decisioni del Consiglio nazionale; - assume le decisioni fondamentali e adotta le prese di posizione e i documenti politici impegnativi per l'Associazione; determina gli indirizzi degli organi di stampa dell'Associazione, discute annualmente una relazione su di essi, ne nomina i direttori e i comitati di direzione; - - amministra l'Associazione e ne ha la responsabilità; adotta i progetti di bilancio preventivo, di conto consuntivo e di eventuali variazioni da sottoporre al Consiglio nazionale; decide circa il programma di iniziative decentrate di cui all'articolo 5.6.; - esamina e sottopone al Consiglio nazionale questioni che possano insorgere in relazione al rispetto delle norme statutarie da parte delle Federazioni regionali e al loro regolare funzionamento; - nomina al proprio interno un Comitato amministrativo di cinque membri, due dei quali scelti fra i rappresentanti delle Federazioni regionali. I1 Comitato formula proposte per l'iitilizzo delle risorse destinate al programma di iniziative decentrate di cui all'articolo 5.6 e su questioni particolari che le vengano sottoposte dalla Direzione; è consultato dal Tesoriere su questioni amministrative di particolare rilevanza; - delibera le spese non ricorrenti o di mero funzionamento; puO delegare il Segretario generale e il Segretario generale aggiunto ad assumere, d'intesa con il Comitato ammi- DICEMBRE 1995 Articolo 14 14.1.11 Presidente rappresenta l'Associazione ed è garante dello Statuto: convoca e presiede le riunioni del Consiglio nazionale e della Direzione. I vice Presidenti coadiuvano il Presidente e lo sostituiscono in caso di assenza o impedimento. 14.2. In casi di particolare urgenza, ove sia impossibile la tempestiva convocazione della Direzione, il Presidente assume, d'intesa con i vice Presidenti, il Segretario generale e il Segretario generale aggiunto, prese di posizione politiche a nome dell'Associazione. Articolo 15 Segretavio generale e Segvetavio generale aggiunto Segretario generale e il Segretario generale aggiunto assicurano la continuità dell'azione politica e organizzativa dell'Associazione; provvedono all'attuazione delle decisioni del Consiglio nazionale e della Direzione, dirigono l'attività corrente dell'Associazione e sovrintendono ai suoi uffici; assumono le decisioni di spesa non riservate alla Direzione e quelle a loro delegate dalla Direzione; firmano i relativi documenti di spesa. I1 Segretario generale aggiunto coadiuva il Segretario generale nell'attuazione dei suoi compiti; lo sostituisce in caso di assenza o impedimento. Articolo 16 (Tesovieve) I1 Tesoriere è responsabile della gestione amministrativa; verifica l'andamento delle entrate e delle spese rispetto alle previsioni del bilancio e alla situazione di cassa: predispone, d'intesa con il Segretario generale e il Segretario generale aggiunto, lo schema del bilancio preventivo, delle relative variazioni e del conto consuntivo, da presentare alla Direzione. Articolo 17 (Collegio dei Revisovi dei conti) I1 Collegio dei Revisori dei conti è composto di tre membri effettivi e due supplenti, esperti in materia di contabilità e di bilancio; esso elegge nel proprio seno un presidente e un segretario. Articolo 18 (Collegio dei Probivivi) I1 Collegio dei probiviri è composto di cinque membri; esso elegge nel proprio seno un presidente e un segretario; esamina le questioni di natura personale che investano i soci o altre che al Collegio vengano sottoposte; riferisce le proprie determinazioni e presenta proprie eventuali valutazioni e proposte al Consiglio nazionale e alla Direzione. Articolo 19 (Validità delle sedute) Per la validità delle sedute degli organi collegiali è richiesta in prima convocazione la presenza della maggioranza assoluta dei componenti. In seconda convocazione la seduta è valida qualunque sia il numero dei presenti. Le decisioni del Consiglio nazionale e della Direzione sono prese a maggioranza dei presenti. In caso di parità prevale il voto del Presidente. Norme transitorie I Al presidente uscente dell'Associazione, Umberto Serafini. in riconoscimento dei suoi meriti straordinari e del ruolo ~luridecennale da lui esercitato, è attribuito il titolo di Presidente fondatore dell'Aiccre. I1 I1 presente Statuto entra immediatamente in vigore dal momento della sua approv~zione da parte dell'Assemblea generale straordinaria convocata per adottarlo. I11 11 Consiglio nazionale in carica provvede a convocare l'Assemblea congressuale nazionale ordinaria prevista dall'articolo 9.4. del presente Statuto, per il rinnovo degli organi nazionali dell'Associazione, e ad emanare il relativo regolamento congressuale di cui all'articolo I I, primo capoverso, dello Statuto stesso. per l'Assemblea congressuale ordinaria Le norme regolamentari 1. Ld3Assembleacongressuale nazionale del17Aiccre è convocata in via ordinaria, a norma dell'articolo 9 dello Statuto dell'Associazione, per i giorni 14 e 15 marzo 1996. 2. Ai sensi dell'articolo 9 dello Statuto dell'Associazione, hanno diritto di voto all'Assemblea congressuale nazionale: a) i soci titolari che abbiano aderito all'Associazione alla data in cui l'Assemblea è stata indetta, e siano in regola con il pagamento delle quote, e le Comunità montane che abbiano aderito all'Associazione entro il 28 febbraio 1996. b ) I delegati eletti dai Congressi delle Federazioni regionali secondo le norme e nella misura di cui ai successivi articoli del presente regolamento. I membri del Consiglio nazionale, del Collegio dei revisori dei conti e del Collegio dei probiviri uscenti, che non rientrino nelle categorie di cui al capoverso precedente, prendono parte all'Assemblea congressuale con diritto di parola, ma senza diritto di voto. 3. L'Assemblea congressuale nazionale COMUNI D'EUROPA quali compiti per l'Europa? La società dell'infomazione globale di Massimo Fichera * Nella società in cui viviamo i problemi si dividono in due grandi categorie: quelli di cui si parla molto e quelli importanti: non sempre le d u e categorie coincidono, anzi spesso si parla molto di cose non importanti, e qualche volta ci sono cose importanti di cui invece non si parla affatto. La società dell'informazione ha il privilegio di essere una qiiestione estremamente importante, ma di cui si parla anche molto. I1 che implica anche qualche rischio, perché non sempre se ne parla nel modo giusto. Soprattutto non c'è forse ancora la coscienza sostanziale, non retorica e non formale, della trasformazione che la creazione di questo nuovo tipo di società sta portando. A parole, tutti ne riconoscono l'importanza. Quando però si tratta di agire a livello di decisioni politiche e di creazione di regole, si decide ancora privilegiando gli spezzoni di una vecchia società dell'informazione, lasciando il nuovo ad una crescita per molti aspetti disordinata. Si preferisce legiferare sulle televisioni, regolando quante reti debba avere un proprietario privato, quante ne debba avere un soggetto pubblico, dimenticando che la televisione diventerà, nella sua forma attuale, sempre meno importante, che essa occuperà uno spazio sempre più ridotto nel niiovo sistema multimediale della comunicazione e dell'informazione. In realtà quello che sta succedendo nel sistema dell'informazione è veramente un cambianiento totale. Accennerò ad alcune caratteristiche di questo cambiamento, con le semplificazioni che mi posso permettere approfittando del vantaggio-svantaggio di non essere un tecnico. Noi eravamo abituati ad una società in cui la trasmissione di informazioni avveniva sostanzialmente in due modi: o in quello cosiddetto "point/multi-point", la distribuzione circolare, come la radio e la televisione, o la trasmissione "punto a punto" di cui l'esempio classico era quello telefonico. L'altra caratteristica era che se si voleva disegnare una mappa del sistema della comunicazione si poteva disegnarne una in cui ciascun tipo di comunicazione aveva la sua strada, ciascuno percorreva un suo cammino: chi trasmetteva immagini aveva un certo percorso, chi trasmetteva suoni seguiva un'altra strada, chi trasmetteva dati aveva ancora un'altra strada; il problema era, al massimo, di stare attenti agli incroci. Oggi queste due premesse non sono più vere. Sono infatti possibili sul piano dell'intreccio della coniunicazione tutti gli incroci e gli intrecci possibili e immaginabili. Prendo iin esempio dal campo in cili ope- " Presidente di Euroneu,~.Kelazione teniit;) ci1 Convesno di Viareggio del 6-7 ottobre '95 su "Quale futuro per la democrazia in Europa: i poteri territoriali prcitagcinisti dcll'Unione europea". m:Q Ipulpil ro, che è qiiello televisivo: da un punto centrale di produzione, si può trasmettere a tutti gli "insiemi" che si vuole: si può trasmettere a tutto il mondo, - un sistema di satelliti a ricezione diretta, opportunamente collegati, vi permette di coprire la terra; potete trasmettere ad un continente (un solo satellite a diffusione diretta copre ormai un continente come 1'Eiiropa); potete trasmettere ad un singolo paese (il sistema di trasmissione terrestre dei ripetitori, che permette di arrestare la trasmissione dove si vuole, sembra ancora il più adatto - ma è anche il più obsoleto a questa dimensione nazionale); ma si può trasmettere ad una sola regione e con il cavo si può trasmettere ad una sola città, ad un quartiere, ad un condominio, a un singolo cittadino. Non solo: si possono disegnare gli "insiemi" in maniera trasversale, cioè si può rendere fruibile un programma - attraverso lo "scrambling" solo per una certa categoria: trasmettere, per esempio, ai notai di tutta Europa o, se vi fa piacere ai notai di tutto il mondo. Insomma é possibile qualsiasi combinazione; Internet è la dimostrazione di come oggi possa avvenire, su scala mondiale, una comunicazione diretta in cui ciascuno può essere nello stesso tempo trasmettitore, ricevitore e produttore di suoni, immagini, notizie, dati. Questa è la conseguenza del fatto che quella mappa fatta di strade diverse non ha più valore: oggi c'è un'unica autostrada elettronica. C'è un'immagine, che direi plastica, di questa unificazione del processo di comunicazione attraverso l'elettronica: c'è iin momento della comunicazione in cui qiialsiasi cosa stiate trasmettendo, sia il listino della borsa di Francoforte o il terzo concerto branderburghese di Bach, il segnale che viaggia è una coppia binaria di impulsi elettronici: viene codificato a monte e poi decodificato a valle, ma il segnale durante il percorso è lino. In altre parole il sistema di comunicazione verso cui. tendenzialmente, stiamo andando è un sistema dove tutti potranno trasmettere e ricevere tutto in qiialsiasi ora e in qualsiasi luogo. Mi pare evidente che sia indispensabile valutare e riflettere sulle coiiseguenze sociali e d economiche, politiche e culturali di questa trasformazione. Non penso tanto ai "giochini" della democrazia elettronica, perché un sistema politico adotta soluzioni di tipo rappresentativo o di tipo "a democrazia diretta" per valutazioni che hanno a che fare in modo assai limitato con la mancanza o meno di mezzi tecnologici. Ma certamente la comunità di coloro che prendono le decisioni di base della democrazia, è oggi una comunità formata da utenti di un sistema di informazione di una potenza straordinaria. Si tratta di cittadini che hanno - e avranno sempre più - a disposizione una massa di informazioni estreinamente superiore rispetto a quella che avevano precedentemente. - Ma ecco il problema: questa massa di informazioni sarà omogenea o sarà articolata? perché una massa di informazioni può essere quantitativamente vasta e ricca, ma può essere contenutisticamente omogenea e quindi povera. Voglio fare un esempio semplice: oggi di radio ce ne sono moltissime: la maggior parte di esse trasmettono esattamente lo stesso tipo di programma. L'amplificazione del mezzo non ha in nessun modo diversificato il messaggio; lo ha anzi omogeneizzato nel modo più banale. Ci sarà un'informazione monolitica o pluralistica? e ancora: ci sarà un'informazione divisa, ancora più duramente che nel passato, secondo le possibilità economiche?, ci sarà, cioè, un'informazione per i ricchi ed un'informazione per i poveri? non bisogna dimenticare, infatti, che il sistema della comunicazione, così come si va definendo, ha dei costi e offre possibilità di ricavi che lo spingono in maniera crescente verso il terreno commerciale: è quindi portato ad offrire più informazioni a chi ha maggiori possibilità. Di fronte alla complessità - e ai rischi di questi problemi e alla loro diretta influenza politica non possiamo non porci due problemi: chi possiederà le reti? chi fabbricherà i messaggi? questo è il problema del sistema della comunicazione moderno. La tendenza alle concentrazioni in questo terreno la stiamo seguendo giorno per giorno in tutto il mondo: essa è fortissima, con una variante alla quale in un certo senso non eravamo preparati: nel sistema della comunicazione, la vera concentrazione pericolosa non è la concentrazione orizzontale, cioè diverse imprese che gestiscono reti che si uniscono assieme, ma quella verticale: chi fabbrica l'"hardwaren, può essere lo stesso che gestisce le reti, ma può essere anche lo stesso che poi fabbrica il prodotto. Questa forma di concentrazione verticale può certamente diventare infinitamente più pericolosa di quelle che eravamo abituati a fronteggiare. Le vecchie leggi antitrust con cui fino ad oggi in tanti paesi, non in tutti, si fronteggiavano i rischi di questo genere appaiono in questo contesto strumenti obsoleti: cosa diventa la lotta contro i trust oligopolistici, di fronte a questa "verticalizzazione"? Di fronte a un panorama come questo tutti sembrano d'accordo: bisogna creare delle regole. Sii questo nessuno sembra disposto a opporsi: anche i più sfrenati liberisti accettano l'idea che ci debbano essere delle regole. è il Ma il problema non è solo questo: livello istitiizionale a cui si deve porre mano a è la queste regole per renderle efficaci? dimensione anche territoriale necessaria affinché possano essere valide? la risposta è, per quello che mi riguarda, una sola: l'unico livello che abbia iin senso e che dia una possibilità di regolare in modo efficace il sistema moderno dell'informazione è ¶uello europeo. - #-m- COMUNI D'EUROPA DICEMBRE 1995 Consentitemi una piccola digressione autobiografica: io sono diventato federalista negli anni '50, quando ho incontrato Adriano Olivetti, h o conosciuto Altiero Spinelli, ho cominciato ad ascoltare un amico cui debbo molto, Umberto Serafini. Allora facevo il giornalista: la mia adesione all'idea europea era di natura politico-culturale, ideale, etica. Poi ho fatto un altro mestiere nella vita: il manager o il burocrate (chiamatelo come volete) nel sistema delle comunicazioni. Facendo questo mestiere, e trattando quindi affari e progetti concreti, ho verificato giorn o per giorno nella pratica cotne la dimensione europea sia l'unica che consente di intemenire efficacemente. Nel tnondo attuale si può agire nel settore dell'informazione (ma anche negli altri) solo al livello delle grandi aree continentali. La scelta europeista - è questo il risultato della mia esperienza - resta certo una scelta ideale e culturale, ma è diventata anche scelta di carattere operativo, una "condicio sine qua non" per muoversi sul piano delle iniziative concrete. Un tempo si facevano le conferenze internazionali delle telecomunicazioni: ad esse partecipavano centinaia di paesi cercando faticosamente di concordare delle regole. Oggi queste conferenze hanno perso senso. Al confronto internazionale ci si presenta come membri di una realtà continentale, nel nostro caso quella europea già al suo interno unita, per poi negoziare e contrattare con le altre grandi aree continentali (in questo campo, ma del resto è così in molti altri catnpi, penso all'America e all'Estremo Oriente). Altrimenti si è fuori dal giuoco. Cosa è possibile - meglio dire: necessario -fare a livello europeo? vorrei indicare quattro tipi di interventi: il primo è il livello dell'armonizzazione dell'esistente: non c'è stato settore come quello della cotnunicazione in cui per scelte politiche si sia piegata una tecnologia che era strutturalmente sovranazionale ad una dimensione nazionale. La radio è uno strutnento internazionale per sua natura: Marconi i primi esperimenti li fece a livello internazionale. Bene: tutto il sistetna radiofonico si è sviluppato su rigidi schemi nazionali, con rigide barriere. E lo stesso è avvenuto sia per la televisione che per gli altri sottosistemi della comunicazione. Attorno a queste rigidità, che discendevano non da necessità oggettive ma ripeto da scelte politiche, è avvenuta la creazione di sistemi legislativi tutti ripiegati su sé stessi e quindi profondamente diversi uno dall'altro. L'armonizzazione delle legislazioni nazionali in questo terreno in Europa è un lavoro di disboscamento terribile, di una difficoltà estrema, ma è uno dei tanti "Hic Rhodus, hic salta" del processo di costruzione europea. Un secondo livello è la regolamentazione del nuovo. Per fortuna, direi, siamo di fronte ad un settore dove di nuovo ce ne è tanto e della più varia natura: a cominciare dalle grandi reti informatiche fino al sistema dei diritti di autore nelle trasmissioni via satellite. Se su questo nuovo non si lavora da subito in maniera concordata, e non lo si regola a liveilo europeo prima che si consolidi, si è persa la partita. Un terzo tipo di intervento è a livello degli accordi industriali. Credo che in questo settoDICEMBRE 1995 re bisogna essere molto chiari: è vero che l'informazione è anche una merce, ma non può essere considerata una merce come le altre. I1 fatto che chi fabbrica questa "merce" appartenga a un paese o ad un altro, a una cultura o ad un'altra non può non avere conseguenze. Allora, a livello degli accordi industriali e soprattutto, direi -e questo è il quarto settore d'intervento - a livello della produzione dei programmi, deve nascere una legislazione europea che favorisca i necessari accorpamenti, garantendo alle nuove imprese europee nello stesso tempo le necessarie dimensioni, ma anche i diritti dei partner minori. Una legislazione europea di questo tipo può nascere oppure può non nascere: ma allora significa sapere che ciascuno dei nostri paesi sarà, alla lunga il partner "minore" di una qualche realtà industriale extraeuropea: e penso sia alle industrie di telecomunicazione, sia a quelle che producono programmi per la comunicazione multimediale. Cosa si fa in questo senso? Alcune cose sono state fatte, ma si ha l'impressione di difficoltà sempre maggiori: in nessun settore come in questo sembra esserci la volontà delle grandi multinazionali di lasciare completamente aperti i giuochi, di lasciare senza regole il sistema. Gli stati nazionali da parte loro devono sapere che lo sviluppo delle tecnologie in questo campo va a ridurre la loro funzione. Anche qui permettetemi di fare un esetnpio tratto dalla televisione; il futuro della distribuzione televisiva avverrà con tre tipi di tecnologie: via cavo, via satellite, o via terrestre. come è adesso. A ciascuno di questi tre modi di tecnologia di distribuzione corrisponde una dimensione ottimale di utilizzazione I1 sistema cavo è quello proprio delle realtà locali, è un sistema ricco, per sua natura portato ad essere limitato nello spazio: l'interesse di cablare delle isole in un certo senso privilegiate deriva dalla possibilità propria del cavo di offrire servizi molto più ricchi che non la stessa televisione. I1 sistema di trasmissione via satellite da parte sua non può non essere internazionale. L'unico sistema di comunica- zione che ha una precisa e controllabile dimensione nazionale è quello dei ripetitori via terra, ma che è anche quello in fase discendente. In questo settore, quindi, lo sviluppo va da una realtà locale ad una realtà sovranazionale (nel nostro caso europea): il sistema di comunicazione che si va a costruire avrà i suoi punti di forza da una parte nelle comunità locali, dall'altra nella realtà continentale. Io sono convinto che, nonostante le difficoltà, questa battaglia (costruire fin dal principio il nuovo sistema dell'informazione, come strutturalmente sovranazionale ed europeo) è certamente una battaglia che non si può perdere. Non so se oggi ci sia più da essere pessimisti o ottimisti sul futuro dell'Europa. Forse possiamo rispondere con la nota considerazione che non c'è poi grande differenza, perché un pessimista non è altro che un ottimista con qualche informazione in più. Comunque anche se fossimo pessimisti, spero che non vorren-io rinunciare all'ottimismo della volontà. Dobbiamo sapere che un sistema europeo dell'informazione è una delle priorità assolute nel processo di costruzione europea. In caso contrario il sistema dell'informazione (dopo un breve periodo di illusione nazionalistica, in cui singoli paesi crederanno di difendere la loro autonomia e poi saranno travolti da un sistema ineluttabilmente mondiale) finirà nelle mani di un sistema oligopolistico dove poche grandi "corporations" avranno il controllo di questo settore fondamentale per la democrazia. Voi avrete letto cosa succede in America: la Walt Disney va allargando la sua sfera di attività. Dal suo settore di produzione entra in altri settori e si prepara ancora ad occupare nuovi spazi. O r a io, cotne voi tutti, credo di avere un buon rapporto e molta considerazione per Mickey Mouse (anche se spero che si farà consigliare da Minnie che, come capita sovente alle donne, si rivela più saggia di lui). Ma, onestamente, consegnargli una parte fondamentale del destino democratico dell'Europa non W mi piacerebbe molto. L'intervento di Massimo Fichera a Viareggio; alla sua destra Marie-Thérèse Pilet, consigliere comunale di Orléans, che presiedeva la seduta COMUNI D'EUROPA il peccato originale Da Bronte a Trento (via Pisa) e ritorno istituzioni e società - come e quando può giovare un'ltalia federale di Umberto Serafini Soffriva frequentemente di mal di testa (nostalgico) e si stava faticosamente adattand o al "carcere duro" della Scuola Normale e all'esilio pisano. Era uno dei due siciliani entrambe provenienti da piccoli centri - entrati alla Normale quell'anno (1935-'36), dopo che in nove avevamo superato il concorso. I1 più giovane - la mascotte - era Armando Saitta, che veniva da Sant'Angelo di Brolo; lui, Nino Radice, veniva da Bronte ed era un ex-allievo del Collegio Capizzi, una solida scuola della zona etnea. Io venivo da Roma e consideravo Pisa un'oasi riposante, in cui potevo studiare liberato dalle troppe amicizie e dalle troppe distrazioni romane, ed evitavo di fare di Pisa una succedanea della mia tumultuosa vita liceale: i due siciliani sembrava invece che fossero arrivati a Parigi e si fecero risucchiare dalla metropoli, dalla sua popolazione e - fondamentalmente - dalle sue ragazze. E il mal di testa passò. Fui io ad essere attirato talvolta dalla sicilianità studentesca, tanto che la mia vecchia tessera universitaria reca ancora la firma di Angelo Musco, in tournée teatrale a Pisa. Poi ci siamo lasciati, perchè io rinunciai alla Normale per andare a Roma a provocare direttamente, partendo dalla teoria filosofica, il fascista Giovanni Gentile: mi sentivo di tanto in tanto con Nino, sicchè il legame non si era spezzato. Scoppia la guerra e finiamo presto, lui ed io - i casi della storia - nell'inferno dell'assedio di Tobruk in Libia (siamo nell'estate 194 1): io ero con la divisione "Bologna" all'ala orientale dell'assedio, Nino con la divisione "Trento" nella zona centrale del seinicerchio. Ci scrivevamo cartoline in franchigia, stando a poche centinaia di metri, e ci raccontavamo quel che la censura militare permetteva. Poi il destino ci ha diviso, io son o finito in India a studiare il Terzo mondo (prigioniero dal 13 dicembre 19411, Nino è rimpatriato con reparti della sua divisione: e qui è successo quello che io ini aspettavo e attendevo in più larga scala, dal giorno della dichiarazione della guerra "sbagliata" e antiitaliana, quando fui subito convinto che l'Asse Roma-Berlino avrebbe, alla distanza, perduto e l'Italia sarebbe stata colpita per prima, andando incontro a una guerra civile, come la chiama anche l'amico Claudio Pavone. Nino e d io abbiamo sempre amato il napoletano Pisacane, Carlo Pisacane duca di San Giovanni e (perchè no? ì socialista: ora, di fronte alla guerra sbagliata, la memoria di Pisacane mi stimolava all'insurrezione, non alla cospirazione intellettuale, pedagogica e a lungo termine; ma rni induceva anche a non commettere l'errore di essere, impreparato, fatto fuori dai lazzaroni, che si trovano ovunque. Dicevo: bisogna prima che almeno una rilevante minoranza di italiani apra gli occhi con le prirne sconfitte strategiche; frattanto conveniva trovarsi non chiusi nella propria biCOMUNI D'EUROPA blioteca, ma in quelle collettività umane che potevano essere i sensori dell'opinione di massa, le forze armate e le fabbriche. Mentre io fui tolto di mezzo troppo presto - già alla fine del '41 -, Nino ebbe almeno l'occasione di "testimoniare" col coraggio che gli è connaturato. Trovandosi 1'8 settembre '43 a Trento, dopo essere rientrato dalllAfrica, nella caserma deposito del suo reggimento - la "Cesare Battisti" -, volse le armi contro i tedeschi, ebbe morti e feriti e iniziò così la Resistenza. Il cittadino di Bronte ha fatto dunque la Resistenza nel Trentino e coi trentini, ne è stato anzi uno dei protagonisti: ne è stato poi lo storico affettuoso. Dopo avere agito, ne è divenuto il narratore: pubblicati alcuni articoli introduttivi nella "Rassegna del Movimento di Liberazione in Italia", è del 1960 la sua storia "La Resistenza nel Trentino (1943-1945)". Con la Costituente e l'avvento della Repubblica Nino è rimasto a lavorare nel Trentino, professore secondario e universitario che difendeva la scuola pubblica - cioè la scuola democratica di tutti -. Per anni, sia pure a una certa distanza geografica, ne h o seguito l'attività: illustrava tra l'altro la figura di Ernesta Battisti, la vedova di Cesare, che aveva difeso gli Ebrei anche negli anni bui del fascismo; ha attaccato i clericali trentini in politica, ma ha celebrato Rosmini e la libertà, e in genere i rosminiani; e così via. Ma Nino non ha dimenticato la sua Sicilia, vista da un siciliano cittadino della Repubblica. Ecco, proprio Antonino Radice, uulgo Nino, sta lì a rendere inaccettabile - a prescindere dal contesto in cui è stato pronunziato, che non può annullarlo - un giudizio dell'amico Bobbio, che mi ha lasciato di stucco. Cioè (più o meno): "se ci troviamo insieme un gruppo di piemontesi o se si trovano insieme un gruppo di siciliani, ci sentiamo molto più piemontesi o siciliani che italiani". Ma chi l'ha detto? Già mi pare strano che, per seguire una moda autodistruttiva e soprattutto astratta e da "intellettuale" (in senso negativo), Bobbio esprima come suo un sentimento simile, ostentato indubbiamente, qua e là, da una parte di un ceto piccolo borghese, chiuso e presuntuoso: ma soprattutto questo non è sicuramente un diffuso sentimento popolare, che è invece molto più "colto" e aperto anche se si tratta non di rado di analfabeti. Lo affermo perchè h o fatto l'ufficialetto di fanteria e la guerra in un reggimento "napoletano"; perchè h o fatto l'assistente sociale a Roma e nelle sue borgate; perchè ho viaggiato sulle navi da carico con equipaggio veneto e istriano; perchè h o fatto per trentaquattro anni il consigliere comunale in piccoli Coinuni del Piemonte; perchè insomma h o inteso tanta gente che si sente anzitutto italiana pur parlando diversi dialetti: maestri elementari e carrettieri, medici condotti e clowns di circo equestre, elettricisti e tassinari.. . Avrei capito se Bobbio avesse detto: ci sono tanti modi di sentirsi italiano, buoni e cattivi, generosi e ambigui. iMa qui, prima di tornare da Nino, vorrei chiarire, da federalista, un mio punto di vista: che più lapidariamente espresse tanto tempo fa Montesquieu, questo padre spirituale del federalismo. Si ama la propria famiglia ( o adesso bisogna dire "la coppia stabile allargata con figli"?), ma poi ci si sente membri della propria città, di cui la famiglia si deve considerare una parte; si ama la propria terra, la propria regione, ma guai a non preferirgli la propria patria nazionale - che rappresenta il superamento di ogni gretto localismo e che non ha niente a che fare col nazionalismo -; e (è Montesquieu che continua) se pensassi agli interessi della mia nazione e trascurassi quelli superiori dell'Europa, o pensassi agli interessi dell'Europa e trascurassi quelli, superiori, dell'intero genere umano, questi sarebbero dei crimini. Chi non ragiona e non sente così, prima o poi resta disarmato di fronte alla pulizia etnica: ci si deve sentire cosmopolitici già all'ombra del proprio campanile. Tutto ciò dispiacerà a Hegel, che il giovane Giuseppe Bedeschi ("Il pensiero politico di Hegel") considera, con giusto fastidio, padre del nazionalismo, dell'irnperialismo, del colonialismo, del razzismo e perfino del corporativismo: ma che c'iinporta? Torniamo dunque in Trentino. Di là rni si fa arrivare (anche se non mi sorprende, perchè avevo sentore di quel che andava ruminando il mio Nino) un suo libro edito da "De Martinis e C. Editori, Catania", lire trentamila: porta la data del 1995 e si intitola "Risorgimento perduto". Un tempo si diceva "lo stile è l'uoino": qui il libro è il suo autore, la cui stessa biografia serve per capire sino in fondo le 3 16 pagine del libro. I1 quale - ma non inganni l'espressione - potrebbe avere per sottotitolo quello che si indica nelle "Conclusioni": "il peccato originale"; peccato che viene esemplificato negli errori scoininessi durante la spedizione dei Mille, deludendo le speranze di molti siciliani "umiliati e offesi", siciliani che vedevano nel processo unitario la creazione di una Italia - una vera patria - che includesse il riscatto dei siciliani, la loro liberazione da tradizionali nemici esterni e interni, mentre subirono l'annessione all'Italia piemontese. Ma il riandare alla metà dell'Ottocento, con una analisi storica spietata, serve non a rinchiudersi nell'amarezza quanto a operare ora consapevolmente: è il sottinteso affascinante di questo siciliano, che ha vissuto ormai e operato tanti anni in un lembo della Mitteleuropa, dopo essere stato un protagonista della Resistenza italiana ed europea. Quindi è appropriato il sottotitolo conferito, in concreto, dall'autore al libro: "origini antiche del malessere nazionale". Questo Carlo Cattaneo di Bronte non cade, pur nel suo raDICEMBRE 1995 dicalismo, nell'errore di buttare con l'acqua sporca anche il bambino: per cui sono spinto a leggere con preoccupazione l'incauta citazione dall'opuscolo "Finis Italiae" (1994) di Sergio Romano, fatta da Giancarlo Vigorelli nella "Prefazione" alle pagine di Radice: "La storia dell'Italia risorgimentale si è conclusa. Quella degli anni ottanta e della crisi presente appartiene a un libro nuovo che potremmo chiamare, per meglio marcare la cesura col passato, dell'Italia post-risorgimentale. Quanto più rifiuteremo di ammettere la fine della terza Italia tanto più tarderemo ad affrontare con il necessario realismo la costruzione della Quarta". Ameremmo sapere da Romano cos'è il "necessario realismo": tanto vago e pericoloso quanto il "buon governo" sollecitato da altri. Si pensi che nel suo opuscolo - che non è affatto "illuminante" Sergio Romano ricostituisce l'iter dell'ideologia risorgimentale distinguendola in due partiti, quello degli educatori - cioè dei pazienti educatori che volevano formare attraverso opere di bene gli Italiani, dopo che l'Italia politica era stata fatta - e quella dei guerrieri - in cui sono visti paritariamente Garibaldi e i combattenti di Salò (la morale essendo, in fondo, quella di Marinetti, rivoluzionario che ha indossato la divisa, con feluca e spadino, di accademico d'Italia). I1 Cavour, acerbamente criticato da Radice, non era per altro Bismark, malgrado il suo piemontesisino e la sua monarchia, e comunque il fascismo - e penso più al neo-hegeliano di Castelvetrano, Gentile, che a Mussolini - era 1'Antirisorgimento, che non può farci dimenticare il Risorgimento autentico, quello che va, malgrad o tutto, da Garibaldi "eroe (umanitario) dei due Mondi" alla poesia "Marzo 1821" del rosminiano Alessandro Manzoni e ha segnato, a partire dagli illuministi di Milano o di Napoli, il rientro dell'Italia in Europa. A proposito di quest'ultima - l'Europa - (ecco come stimola la lettura del libro di Nino) bisognerà fare coraggiosamente la distinzione tra i meridionalisti a sfondo europeo (per esempio Salvemini) e i nazional-liberali (Gobetti) e nazional-comunisti (Gramsci) - moralmente a noi assai cari, politicamente alquanto provinciali (si legga, per una critica a Gobetti, il libro, bellissimo e oggi sconosciuto, "L'anarchia di Vittorio Alfieri" del suo amico Umberto Calosso) -. Una caratteristica del "Kisorgimento perduto" è, accanto agli attacchi a larga parte della storiografia risorgimentale, l'autocritica siciliana. Non ha esitazione nella condanna degli esuli siciliani - per lo più in Piemonte - soprattutto nella parte iniziale del Risorgimento; è altresì assai chiaro in un passaggio essenziale del libro: "La gente meridionale, spesso insufficientemente rappresentata dai propri uomini politici, quasi sempre alleati alle borghesie del Nord, è divenuta così il bersaglio d'una Italia pronta ad ogni sorta di accorgimenti e vittima lei stessa alla fine dell'immenso imbroglio nazionale". Qui torno all'Europa, affrontata in modo maldestro da una parte del Mezzogiorno. Ricordo l'accoglienza seccata e aspra che il consueto Ministro (meridionale) per gli affari del Mezzogiorno fece qualche anno fa all'opuscolo del1'AICCRE "Lo sviluppo distratto" - dovuto alla penna del nostro Luigi Troiani -, opuscolo che attaccava l'incapacità delle Regioni DICEMBRE 1995 meridionali di programmare in vista dell'utilizzazione, tempestiva e adeguata, dei fondi finanziari comunitari (mentre l'opuscolo fu salutato con grande favore dal Conlmissario della Comunità europea Antonio Giolitti, un piemontese aperto al Mezzogiorno). Del resto, facendo un passo indietro, i poco informati storici dell'Italia contemporanea d o vrebbero ricordare la critica di Adriano Olivetti al modo in cui è stata realizzata la "Cassa del Mezzogiorno", non utilizzando convenientemente l'esperienza della roosveltiana TVA (Tennessee Valley Authority) della Federazione americana e giovando sostanzialmente al clientelismo di quella "classe politica" meridionale, alleata - secondo le stesse parole di Radice - "delle borghesie del Nord". Facendo tesoro delle riflessioni (e delle citazioni congeniali) di Radice, egli ci stimola - ma tutto il libro di Nino risulta vòlto all'attualità - a interpretare il timore di un meridionalista da lui citato che, se non si fosse proweduto tempestivamente ad abbandonare politiche economiche così angustamente "padane o subpadane", in meno di un secolo l'intera Italia sarebbe caduta in un inevitabile fenomeno di "meridionalizzazione", che può voler dire, parlando sinteticamente, e anche con un po' di seinplicismo, l'Italia intera posseduta dalla mafia (sulla cui storia, crescita e trasformazione attendiamo un prossimo pa?zphlet di Radice). Ma qui c'è un altro interrogativo, che lo stesso autore del "Risorgimento perduto" ci suggerisce quasi per sottinteso: questa politica "padana o subpadana", che può al contrario, come paradosso e monumento dell'ingratitudine, indurre il Nord a staccarsi dal Sud dopo averlo largamente sfruttato, al fine secessionista di partecipare da solo al banchetto dell'Europa industrializzata, per ironia della sorte cade proprio quando quest'ultima batte il passo nella competizione economica internazionale (K. Seitz, "Europa, una colonia tecnologica") e potrà "rimanere a galla" solo se, tutta unita (nord-sud, ovest-est), farà un salto qualitativo e porterà avanti una produzione di tale "valore aggiunto" da risalire la china. Qui, se con Radice e con tutti coloro che conoscono 1'Italia, ci rendiamo conto della enorme disponibilità di intelligenza del Mezzogiorno, si presenta una grande prospettiva e, simultaneamente, il pericolo di una grande evasione: il Mezzogiorno come California d'Europa. Perchè no? Owiamente, se non stiamo attenti, questa prospettiva presenta tuttavia il terribile pericolo di diventare un alibi per rimandare ogni impresa immediata, minore ma più che possibile senza rinvii. Insomma io non vedo in nessun caso il libro di Nino come una dotta, esperta correzione "storiografica", unita a un tradizionale sdegnoso lamento, ma come un tenlpestivo, bruciante pamphlet per riflessione urgente e azione immediata: anche alcuni giudizi "storici" assumono pertanto un sapore attuale e politico: Non è certamente Radice il primo a rivedere le bucce a Cavour nell'azione meridionale, lui stesso riporta un giudizio sferzante di Guido Dorso: ma Radice segue una strada astuta, chiamando in campo e placcando proprio un mostro sacro della cultura, lo storico siciliano Rosario Romeo - tanto contemporaneo che è stato perfino parlamentare europeo -. C h e dice? "Rosario Romeo . . . grande storico nostro, scomparso da pochi anni, ha dedicato una monumentale e meritoria opera in tre volumi allo statista piemontese . .. mettendo in luce di apprezzamento la concezione liberale dell'uomo. Non sembra però che lo stesso storico abbia commentato col dovuto rigore e nelle sue conseguenze per il sud l'aspetto moderato e frenante della concezione politica dello statista piemontese, il cui peso agli inizi dell'unità e negli anni che accompagnarono i governi post-unitari, è, a parere nostro, . . . decisivo agli effetti di un non mai scomparso squilibrio nazionale". In un solo colpo Radice ci mette in crisi: è dunque un progressista opposto a Bismark; che abbiamo apprezzato per la cultura economica "inglese", cioè liberale; che abbiamo seguito -attraverso il classico libro di Ruffini su "La giovinezza di Cavour" - nel giovanile scambio epistolare con le cuginette svizzere D e Sellon, protestanti? Una cultura un po' libresca - una nostra cultura un po' libresca parteggiava per il progressista: il ritratto di Radice, reso ancora più severo dalla constatata, simultanea debolezza di un Garibaldi "liberatore deludente", ci obbliga non tanto a dare un giudizio migliore o peggiore di Cavour, quanto a inserirlo in un giudizio globale sull'awenuto "squilibrio nazionale". Non si tratta di buttar via "l'ideologia risorgimentale" - ripeteremo a Sergio Romano - ma di reinserirci in essa sceverando il grano dal loglio. Intanto il pseudo-Risorgimento della "cultura" fascista non ha niente a che fare con quella "Preparazione intellettuale del Risorgimento italiano (1748-1789)'' - intellettuale, ma potremmo aggiungere "morale" -, che dà il titolo a un prezioso volumetto di Ald o Ferrari (Milano, Fratelli Treves editori, 1923!); n è col Mito di Mazzini, popolare in tutta l'Asia che si awicinava alla democrazia liberale; nè con quell'Italia che, risorgendo, era amata fraternamente da tanti europei di "nobili sentimenti", e ci basterà ricordare le pagine straordinarie dell'inglese Trevelyan. Ma il problema della negativa influenza di una parte dei piemontesi - non certo D'Azeglio e non certo Einaudi, precisa onestan-iente Radice - non è esclusivamente meridionale: come dimenticare quel che è capitato alla Roma capitale monarchica, dopo la "liberazione" del XX settembre 1870? Si sono dati la mano nel rapinarla piemontesi e lombardi: basti leggere "Roma capitale" di Alberto Caracciolo. Naturalmente Roma è diventata la parodia della capitale di un Risorgimento unitario: a livello di governo "nazionale" si è saldata a Roma l'alleanza di "burocrati ineridionali" al servizio delle borghesie del Nord (gli unici esclusi del tutto sono stati i Romani, che oserei paragonare ai cittadini di Bronte, stritolati - come ci ha raccontato Radice - fra emissari cavouriani, caporali o generali - garibaldini e reazionari locali). Mi rendo ben conto che più che una recensione al libro di Nino mi son lasciato tirare a una riapertura di dialogo con questo vecchio amico: ma in fondo proprio questo mi premeva, in un momento in cui l'Italia vuol cambiare, senza sapere come e perchè e soprattutto tradita d a una marea di mediocri intellettuali, a cui sono incautamente affidate televisione e gazzette. È il momento in cui si COMUNI D'EUROPA la "forza federalista" Strategia di movimento e realtà politica europea a partire dalla scuola di Francesco Giglio * La politica internazionale versa in uno stat o di palese fibrillazione talvolta crescente, talvolta sfiorante addirittura il dramma, come nel caso del recente assassinio del primo ministro israeliano Rabin avvenuto il 4 Novembre scorso. Con questo tragico fatto siamo alla dimostrazione che di pace ancora si muore; e non solo nel Medio Oriente. Hanno fatto bene ad evidenziarlo alcuni che, assieme a quello di Rabin, hanno ricordato i precedenti, altrettanto funesti, esempi di Martin Luther King, dei fratelli Kennedy, di Sadat. I1 ricordo però, a mio awiso, va spostato indietro. Basti pensare soltanto a Gandhi, padre della non violenza, vittima della violenza. Da quanto menzionato scaturisce una lezione che noi non possiamo e non vogliamo eludere: il problema dei problemi della convivenza civile, dall'Est alllOvest e dal Nord al Sud, resta quello della pace, al di là di ogni alchimia politica virtuale. Alla pace vanno, perciò, ricondotte anche le sorti dell'integrazione europea minacciata - tra l'altro - d a quelli che André Glucksmann ha chiamato, all'indomani dell'assassinio di Rabin, i "nuovi guerriglieri dell'assoluto" accecati dall'odio. Ma veniamo più da vicino all'Europa e al suo processo di crescita. L'bnione Europea si trova oggi in una vera e propria situazione di stallo. Eppure sono alle porte appuntamenti di grande importanza: la Conferenza inter~overnativa del 1996 " per il riesame del trattato di Maastricht, la Presidenza italiana dell'unione per il primo semestre del '96 ed anche il tanto sospirato, ipotetico e contrastato rientro italiano nel Sistema monetario europeo, messo in discussione da più parti. I1 Consiglio europeo di Majorca ed il Vertice dei Ministri finanziari di Valencia (Settembre '95), hanno ribadito l'impegno per l'euromoneta che dovrebbe essere sancita nel 1999, a meno di ventilati ripensamenti sempre possibili. Alcuni Paesi - e tra questi 1'1talia -non sarebbero pronti per quell'epoca. Da ciò il rischio che essa e. di conseguenza. la stessa Unione economica, sarebbe, in un prim o momento un fatto limitato a pochi. Questo rischio va scongiurato, traducendo gli attuali meccanismi perversi in processi virtuosi di cambiamento nella direzione indicata che deve essere perseguita non da pochi ma da tutti. L'avvertimento riguarda in modo particolare il nostro Paese. Noi, però, siamo sempre più sostenitori in questo momento della necessità dell'unione politica, della costituzione federale, del governo europeo, del superamento del deficit democratico in seno all'unione. Senza Unio- - " Presidente della Sezione italiana dell'Associazione eu: ropea degli insegnanti. Relazione tenuta al Comitato centrale del 18/11/'95. COMUNI D'EUROPA ne econo,mica e monetaria non c'è Unione politica. E anche vero però che - a dispetto di quanti la snobbano o addirittura, come l'Inghilterra, la avversano e paventano senza l'Unione politica quella economica e monetaria avrebbe poco fiato. Se questa affermazione è conforme a verità dobbiamo moltiplicare il nostro impegno politico, o meglio etico-politico, come cittadini e come educatori. Io mi trovo in perfetta sintonia con chi dice che l'Europa non ha più davanti a sé cent'anni e neppure cento mesi. La prospettiva storica si fa oggi sempre più prospettiva politica. I tempi sono ristretti e siamo già al dilemma: o la Federazione europea a breve tempo o la rassegnazione al peggio per un tempo oscuro ed indeterminato. Siamo all'Apocalisse? Facciamo del catastrofismo? Indulgiamo a radicalismo? Niente di tutto questo. Più semplicemente, in una situazione di indubbia difficoltà, siamo convinti del rilancio di quella strategia di movimento che ha contraddistinto sempre il nostro comportamento. Parlo al plurale perché intendo coinvolgere in questo discorso l'intera Forza Federalista per il rinvigorimento della nostra azione comune che deve avere, di necessità, momenti concordati di programmazione e di verifica. Abbiamo come compito prioritario quello di far crescere la tensione federalista (ortodossa e non eterodossa) nel nostro Paese e d in Europa per spingere a fare dellJEuropa un vero soggetto politico. A me non è mai piaciuta l'immagine dell'Europa come eterna "pila" ricaricabile. Un soggetto politico lo si costruisce in forma strutturale e, quindi, permanente. Nel nostro caso, o si procede in questa direzione o si avalla purtroppo la posizione dell'Europa come eterna "ruota di scorta" del sistema politico planetario. I1 concetto va esplicitato con la maggiore chiarezza possibile. Esaù (cioè 1'Europa ) non può vendere, o meglio svendere, il suo diritto di primogenitura politica a Giacobbe (cioè Stati Uniti, Giappone, eccetera). I1 nostro continente deve poter determinare e gestire una politica propria e non accedere in posizione di sudditanza a politiche altrui. Nell'affermare ciò, rivendichiamo idee di primato? Manco a dirlo! Diciamo solo che l'Europa debba poter essere partner di fatto e non solo di nome nel già menzionato sistema politico mondiale, necessariamente multipolare, con un'ONU dei popoli e non dei soli governi troppo spesso in contrasto tra loro. La creazione dell'ONU dei popoli deve essere contestuale a quella dell'Europa dei popoli, giacché il nuovo ordine mondiale - a cinquant'anni dalla fondazione dell'ONTJ medesima - non potrà ormai affermarsi senza una nuova Europa che per noi va ricostruita su basi federali. Si tratta di un'impresa non certo facile. Passare dal sistema degli stati sovrani (inau- gurato circa tre secoli e mezzo or sono con la pace di Westfalia del 1648) ad un nuovo patto di sovranità condivisa in termini di sovranazionalità è quanto bisogna proporsi per risolvere i tanti problemi scottanti dell'oggi e del domani: altrimenti saranno sempre alle porte nuove guerre e nuove ingiustizie. La Santa Alleanza nel secolo XIX e la Società delle Nazioni nel nostro, malgrado solenni quanto vacue dichiarazioni di principio, hanno finito per riproporre aggravandolo il disegno storico-politico del secolo XVII alla conclusione della guerra dei trent'anni. Tutti sappiamo infine che cosa è stato per cinquant'anni il cosiddetto ordine di Yalta (1945). Maastricht, con tutte le sue carenze e con tutte le sue approssimazioni, rappresenta una prima inversione di tendenza a partire da lontano: dal sistema Westfalia appunto. Sfruttiamo questa tendenza per approdare, come da qualche parte viene auspicato, prima o poi al "governo del mondo" (una vera riforma delllONU non può che muovere in questa direzione). Una cosa è certa per ora: il "governo del mondo" passa di necessità attraverso il govern o europeo. In questa ottica, mi pare debba essere precisato che l'allargamento dell'unione Europea è certamente nell'ordine delle cose; ma particolarmente urgente è il suo approfondzmento in termini di federalismo. Non riconoscersi in questa progettazione politica dai tempi e dai modi ben scanditi e correlati tra loro significa chiamarsi fuori dalla capacità effettiva di costruire veramente l'Europa. I1 nostro continente continuerebbe così a guardare le stelle, inerte e gravemente colpevole, come per i fatti tragici della Bosnia e del Ruanda, o anche semplice spettatore nell'"affairen nucleare di Mururoa che, in assenza di una vera autorità sovranazionale che possa regolare tutta la materia, consente a Chirac atomico di posare sempre più a un D e Gaulle riveduto e corretto; ma in peggio. Per nessuno dei casi menzionati (ma altri ve ne sono) non servono gli appelli, le condanne, le proteste. Occorre ben altro, cioè la determinazione dell'Europa a dotarsi di reali poteri di sovranazionalità. Ridotto all'osso, questa è la vera essenza del discorso, al di là delle litanie di un rituale che, pur avendo fatto ormai il suo tempo, molti continuano ad evocare. I1 senso della nostra lotta (ripeto: di tutta la Forza Federalista) è anche quello di battere i patetici salmodianti domenicali per far vincere così la strategia di movimento mirata all'obiettivo della Federazione Europea, il cui approdo finale è rappresentato in Europa come nel resto del mondo - da quella che Dahrendorf ha chiamato "la quadratura del cerchio" e cioè la coesistenza e l'interazione di libertà politica, coesione sociale e benessere economico. DICEMBRE 1995 A scanso di equivoci, dirò che se di Dahrendorf apprezzo questa analisi, dissento invece in forma netta e decisa da lui per quanto riguarda i giudizi negativi sull'unione politica. Tant'è: prendiamo atto che una parte della cultura politica europea "predica bene e razzola male"; un'altra "semina vento per raccogliere tempesta". Solo pochi si salvano rispetto alle nostre problematiche. La Forza Federalista deve, frattanto, proseguire per la sua strada, facendosi carico anche di queste discrasie per contrastarle e superarle. Noi militiamo nell'area di movimento, dobbiamo perciò praticare coerentemente una strategia di movimento, senza indulgenze di sorta. Le tattiche accomodanti e le posizioni nebulose non fanno al nostro caso. Ciò che occorre è la chiarezza politica. Educazione e scuola: come e perché Anche il tema per noi specifico dell'educazione e della scuola si situa in questo contesto di decisioni forti, in base alle quali aborriamo l'uso dei pannicelli caldi, optando per riforme strutturali che poggino sulla ricerca di nuovi contenuti per il conseguimento di obiettivi di cambiamento non fittizio ma reale, non di facciata ma di sostanza. Pur in un succinto schema operativo, non si può fare a meno di considerare alcuni problemi di fondo che provo soltanto ad elencare. Si tratta di vere e proprie scommesse di crescita di una vasta materia che deve vedere in primo piano l'autonomia, i sistemi di valutazione, la riforma della secondaria superiore, i nuovi "curricula" formativi, gli abbandoni scolastici, unJUniversitàdi vero respiro sovranazionale, le nuove tecnologie educative. Abbiamo di fronte - come si vede - un quadro di iniziative comuni da realizzare sul piano europeo non in forme di pura e semplice cooperazione ma di concreta interazione progettuale ed operativa. E nel farlo, non si può continuare a dipendere dai soliti teorici di speranze appese a tenui fili. Bisogna viceversa saper scavare nel fondo dei vari problemi per individuare il minimo comune denominatore di valori, di idealità, di bisogni e tendere in tal modo a un modello educativo di alto profilo, in sintonia con un sistema politico di democrazia sovranazionale. Tale operazione complessa presuppone l'impegno congiunto delle istituzioni europee rinnovate ed una spinta di base della società della solidarietà e dell'impegno etico-educativo-politico. La parola d'ordine è: mobilitarsi dal basso, a partire dalla scuola, con lo spirito di una nuova coscientizzazione federalista per la quale non servono owiamente né le sirene ammaliatrici dell'eurottimismo, né le tenebrose Cassandre dell'europessimismo. Necessitano, invece, un realeuropeismo ed idealeuropeismo protesi permanentemente e dare linfa all'intera società che non può vivere sempre al bivio tra solitudine della realtà virtuale e clamori osannanti a transeunti miti consumistici. Qualcuno sostiene che stiamo per celebrare il definitivo ingresso nel mondo dell'uomo-robot. Questa affermazione potrebbe risultare vera solo se il progresso tecnicoDICEMBRE 1995 scientifico, che legittimamente è all'ordine delle cose, dovesse verificarsi a scapito dell'uomo e della sua spiritualità. Proprio nel momento in cui siamo sempre più fortemente convinti che all'appuntamento della Federazione Europea si giunge con il rilancio di uno "spirito nuovo" è prioritariamente all'Uomo che dobbiamo appellarci. Scienze e tecnologie, considerate owiamente come un processo irreversibile, vanno poste al servizio dell'uomo e non viceversa. Balza evidente, a mano a mano che ci avviciniamo al giro di boa del secondo Millennio, come per aspirare ad una nuova convivenza civile e ad istituzioni idonee a gestire la globalizzazione anche sul terreno della politica occorra puntare sull'Uomo. Dal tempo della clava a quello del computer ciò che resta una costante della storia è l'Uomo. A lui innanzitutto dobbiamo perciò pensare per la formazione di una coscienza soprannazionale come completamento e arricchimento di quella "coscienza nazionale" che nel 1872, in un memorabile discorso, Francesco De Sanctis indicava come compito precipuo della scuola. Così pure della scuola è compito di dare un significato più pregnante alla politica attraverso un progetto globale di educazione. Sarà il modo per conferire alla politica medesima la dignità che le spetta. Uno scrittore giornalista italiano, riferendosi alle nostre attuali vicende (il discorso, però, potrebbe riguardare anche Paesi diversi dal nostro), ha immaginato che la politica come personaggio e come persona rivolgesse una lettera al suo giornale per rivendicare la sua antica dignità. La protesta della politica in questo esempio chiama in causa soprattutto la corruzione in cui viene invischiata e lo stesso uso a dir poco improprio che si fa del suo nome anche visto in termini etimologici, "Adesso - osserva la politica personificata - è stato superato ogni limite. Dopo Tangentopoli sono arrivate Affittopoli, Invalidopoli, Ospedalopoli, Fiscopoli". La conclusione della politica personaggio è: "Che cosa ho fatto di male per meritare questo destino? Perché strapparmi via dai supremi repertori della classicità per condannarmi a stare in una specie di girone infernale in compagnia di spregevoli termini come corruzzione e concussione?" (Giulio Nascimbeni, in "Corriere della Sera", 8 Ottobre 1995). Scuola e società si mobilitino - questo è il senso della metafora in parola - per dare il giusto significato e il giusto valore ad una politica per ora claudicante se non completamente azzoppata. I1 discorso si fa tanto più pressante quanto più lo spostiamo dal contesto nazionale al contesto internazionale. Diciamo la verità: chi adultera la politica è condannabile. Anche chi la sottovaluta, però, non andrà certo lontano nelle riforme che riguardano il proprio Paese e - meno che mai - nella costruzione europea che va concepita come una riforma politica per antonomasia. Vorrei concludere su questo punto con un dato incontrovertibile. Cambia la qualità della politica se cambia la qualità dell'educazione che deve sempre sorreggerla. Al pari, una politica costruttiva determina sempre il rafforzarsi di un'educazione e di una cultura libere, disintossicate da tutte le scorie nazionalistiche, razzistiche, fondamentalistiche. I1 trinomio, dunque, da tenere sempre in piedi non può che essere quello di scuola senza frontiere, cultura della libertà e della solidarietà, politica soprannazionale. Un impegno associativo da riconfermare e da rinvigorire Credo che da quanto detto finora si evinca chiaramente quale debba essere il ruolino di marcia prossimo venturo della nostra associazione. I1 1996 sarà il quarantennale della nostra fondazione. Lo onoreremo a livello internazionale, nazionale e locale. E passato molto tempo da quel lontano 1956, quando a Parigi llAEDE fu tenuta a battesimo. È passato molto tempo dal 1958, quando a Frascati tenemmo il nostro primo Congresso nazionale. Oggi ci voltiamo indietro per considerare il cammino percorso per procedere poi avanti con rinnovata lena. Tanti sono i propositi e le determinazioni; tanti anche gli obiettivi da conseguire. E per fare tutto ciò devono poter valere alcune premesse basilari. La prima riguarda l'identità dell'Associazione che va salvaguardata e rafforzata. Noi non siamo pirandellianamente "uno, nessuno e centomila" e, perciò, non abbiamo bisogno di esercizi di trapezio e di parrucca. Siamo noi stessi con una presenza in Europa che vogliamo sempre più valorizzare. La seconda premessa è costituita dall'intesa tra tutta la Forza Federalista da configurare ancora meglio come laboratorio per la costruzione di un unico referente politico delle Istituzioni a tutti i livelli. La terza premessa è quella di una più incisiva presenza nella scuola da far valere come stimolo nei confronti dei centri operativi, di tutte le cabine di regia della scuola medesima e dell'intera società. I mezzi da impiegare nell'incentivazione di queste premesse vorrei riassumerli con quattro verbi significativi: confrontarsi, discutere, dialogare, crescere. Facciamone l'uso più illuminato possibile per un'azione di ampia formazione e non di semplice informazione fine a se stessa. In quest'ottica bisognerà collocare il 1996 particolarmente ricco - come ho già osservato - di avvenimenti. Onoreremo - ripeto - il quarantennale della nostra Associazione con appuntamenti mirati di riflessione e non di coreografica celebrazione tanto a livello locale, quanto a livello nazionale ed internazionale. Specificatamente in sede nazionale, esso sarà celebrato utilizzando in forma inedita il nostro convegno estivo in Agosto che precederà quanto già previsto per l'occasione dal Comitato internazionale del successivo Novembre. Mi riservo di fare una proposta globale in tal senso che tenga conto anche che il 1996 è l'anno dedicato alla formazione che per noi ha come nucleo forte la sovrannazionalità. Un'attenzione pari se non maggiore dovremo riservare al semestre italiano di Presidenza dell'unione Europea che pone in calendario, tra l'altro, per il 10 Marzo, a Palermo, il Consiglio informale dei ministri degli esteri; per la seconda metà dello stesso Marzo, a Torino, la Conferenza intergovernativa; per il 9-10 Maggio, a Ravello, il Forum mediterraneo ed infine per il 22-23 Giugno, a Firenze, il Consiglio europeo di chiusura. Nel muoverci terremo conto di queste date, in sintonia con il Movimento europeo, con la Forza Federalista e con il Comitato ad hoc da noi costituito nello scorso Luglio. -11nostro deve essere, in ogni caso e sempre meglio, un approfondimento etico-politicoeducativo per il quale bisogna essere in grado sempre di rispondere a cinque interrogativi: Chi? Che cosa? Quando? Dove? Perché? Un lavoro generico ed approssimativo di semplice testimonianza non serve per la reale visibilità di una militanza di movimento. La nostra azione va posta come identità forte per se stessa e per il collegamento che deve sempre proporsi con tutte le forze vive della scuola e della società nell'elaborazione del progetto europeo della chiarezza dei principi e dei fini. L'Europa non può essere, come purtroppo finisce per essere per alcuni, un treno nella nebbia di cui senti il fischio senza capire dove va. Siamo ad un bivio. Guai ad imboccare la via sbagliata! Gli Anni Cinquanta furono decisivi per 1'1talia e per l'Europa: si trattò di un decennio di ricostruzione dopo la guerra. I successivi Annisessanta furono spensierati e segnarono il trionfo dell'owio, della mondanità, delle canzoni, della febbre frenetica del vivere. Tragici furono gli Anni Settanta: tragici soprattutto per l'irrompere del terrorismo nel nostro Paese. Controversi si sono manifestati gli Anni Ottanta. C'è qualcuno che li giudica del tutto inutili; ma ricordiamoci che alla fine di essi abbiamo avuto la rivoluzione dolce, la caduta del muro di Berlino, la morte del comunismo. E questo un auspicio per i residui Anni Novanta che potrebbero far registrare un'avanzata del nostro continente se nel 1999 avremo veramente l'Unione economica e monetaria come auspicio beneaugurante per l'Unione politica, per il nuovo secolo e per il nuovo millennio. Chi vivrà vedrà. Una cosa è certa: noi non saremo inerti. Diremo dei si e dei no: no agli scettici, no ai filosofi dell'owio, no ai sostenitori delle certezze assolute; si, invece, ai problematici, perché quelli che sono davanti a noi sono tutti problemi da risolvere, progetti da realizzare, scommesse da vincere, facendo leva sulla volontà. Occorre ancora ripeterlo: continuiamo ad essere, malgrado tutto, degli ottimisti della volontà. In base ad essa, nel prossimo futuro, per dirla con il poeta: "L'alba è nuova, è nuova". ¤ Un dovere Abbonarsi a «Comuni d'Europa» è un dovere individuale per tutti gli amici e i colleghi. Per gli Enti è un dovere abbonare tutti i loro consiglieri eletti. Da questi impegni, in realtà, si verifica la coerenza dell'impegno europeo e federalista: questo impegno «Comuni d'Europa», che si stampa col '96 da 44 anni, lo merita. Lo meritano la sua capacità di informare, la spregiudicatezza dei suoi giudizi, la cultura dei suoi collaboratori, la sua coerenza federalista. COMUNI D'EUROPA Da Bronte a Trento.. . Le norme regolamentari (segue da pag. 1 l ) (rrgur da pog i ) dovrebbe riflettere sul serio al federalismo, interno e sovranazionale, come nostra bussola intellettuale e morale. Purtroppo si devono leggere, anche da parte di onesti poligrafi, periodi come il seguente (cito ancora il "Finis Italiae" di Sergio Romano): "L'europeismo fu.. . negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, la preoccupazione dominante di coloro che erano maggiormente consapevoli risorgimentadella precarietà dell'ide~lo~ia le". Ci risiamo! L'ideologia richiamata è la negazione del Risorgimento, impersonata da quel vergognoso personaggio che fu Giovanni Gentile, così ignorante da confondere l'aspirazione all'indipendenza nazionale degli Indiani col nazional-fascismo di Subhas Chandra Bose al servizio dei giapponesi (ma Gentile aveva mai sentito parlare di Rajagopalachari e della crisi di molti indipendentisti indiani, che non volevano indebolire, con la stessa loro pacifica rivoluzione contro gli inglesi, la lotta internazionale contro il nazifascisma?). Questo incredibile Giovanni Gentile, che in una Asia che aveva diffuso il culto di Mazzini (quante volte devo ripetere di aver trovato in una dimora contadina indiana "I doveri dell'uomo" di Mazzini?) e che stava via via subendo, con terrore, l'avanzata barbara dei giapponesi (o si ignora quel che di orribile essi hanno compiuto in Cina?),ha avuto il coraggio di affermare, dopo Pearl Harbour, che ciò che caratterizza la guerra "non è la violenta partecipazione degli Stati Uniti con tutto il peso del brutale meccanismo della loro plutocratica industria, ma l'intervento guerriero e politico, ispirato a un profondo sentimento religioso e di razza, della grande Asia, con a capo l'Oriente estremo, che più aveva assimilato della scienza occidentale e più rigorosamente aveva custodite le tradizioni dello spirito nuovo". So bene come reagisce a queste idiozie il "resistente" Radice (e come ammetterà che la tendenza del nostro Risorgimento era, sia pure con una punta di retorica, rappresentata da Garibaldi, che, accanto a Victor Hugo, si adoperò al congresso per la pace del 1867 a Ginevra in pro della creazione del giornale "Stati Uniti d'Europa", senza domandare il permesso a Sergio Romano): ma non mi basta. Nel prossimo pamphlet di Radice chiedo che si prospetti il problema del Mezzogiorno italiano (e non solo: ed europeo), e quindi quale Europa dobbiamo volere, che sappia capovolgere il nordismo imperversante, favorito ancora una volta dalla inadeguatezza di tanti politici del Sud. Grazie comunque, caro Nino, di questo tuo libro, nel risvolto di copertina del quale, al termine della lista delle tue pubblicazioni, leggo con commozione: "Ricordo di una lezione- Guido Calogero". Anche Guido, che abbiamo cominciato a conoscere a Pisa, collegava la battaglia per la libertà del proprio campanile, della propria scuola, del proprio centro sociale alla prospettiva di quell'unità europea, che cerchiamo di perseguire non per creare un nuovo, più potente nazionalismo (la fortezza Europa!) ma come passaggio per unire il mondo, nella libertà e nella giu¤ stizia. elegge all'inizio dei suoi lavori la presidenza, la segreteria, la commissione per la verifica dei mandati, la commissione politica e la commissione elettorale. 4. L'elezione del Consiglio nazionale (come quelle del Collegio dei revisori dei conti e del Collegio dei probiviri) awiene sulla base di una lista concordata proposta dalla commissione elettorale, owero sulla base di liste concorrenti, che devono in tal caso essere sottoscritte da almeno un decimo dei soci titolari e dei delegati presenti al Congresso. Dovranno in ogni caso essere tenute in considerazione le indicazioni dell'articolo 10, comma 1, e dell'articolo 8, comma 3, dello Statuto. 5. Nel caso in cui l'elezione awenga sulla base di liste concorrenti, il voto dovrà svolgersi a scrutinio segreto. Gli elettori potranno esprimere preferenze per i candidati della lista prescelta, in numero non superiore a un quinto degli eligendi. Alle liste sarà assegnato un numero di eletti proporzionale al numero dei voti ricevuti, calcolato applicando il metodo delle direzioni successive (Metodo d'Hondt). In ciascuna lista saranno eletti i candidati che avranno riscosso il più alto numero di preferenze. A parità di preferenze, prevale l'ordine di lista. Norme sui Congressi regionali 6. Le Federazioni regionali procederanno entro sei mesi dalla data di approvazione del presente regolamento all'adozione o all'adeguamento dei propri regolamenti a quanto prevede il nuovo statuto dell'Aiccre. 7. In ogni caso, in vista dell'Assemblea congressuale nazionale, le Federazioni regionali indiranno un Congresso regionale per procedere all'elezione dei delegati regionali all'Assemblea. 8. I Congressi regionali di cui all'articolo precedente dovranno tenersi nel periodo fra 1'8 gennaio e il 4 marzo 1996. La data prescelta per la tenuta del Congresso regionale sarà comunicata alla Direzione nazionale entro il 10 gennaio 1996. Qualora le Federazioni regionali non adempiano a questo compito, e nelle Regioni in cui le Federazioni regionali non esistano, la Direzione nazionale prowederà a convocare un'assemblea congressuale regionale per la formazione degli organi della Federazione regionale e la designazione dei delegati della Regione. 9. Ai Congressi regionali partecipano con diritto di voto i soci titolari esistenti nella Regione che abbiano aderito all'Associazione alla data in cui l'Assemblea congressuale nazionale è stata indetta, e siano in regola con il pagamento delle quote, e le Comunità montane che abbiano aderito all'AssociazioDICEMBRE 1995 ne prima della data del Congresso regionale. Hanno diritto di parola e possono essere eletti delegati anche i soci individuali. Partecipa ai lavori un rappresentante della Direzione nazionale. 10. I1 Congresso regionale elegge all'inizio dei suoi lavori un presidente e una commissione elettorale. 11. 11 numero dei delegati attribuiti a ciascuna regione è stabilito, tenendo conto della popolazione della Regione e dell'indice delle adesioni all'Aiccre in ciascuna regione, ai sensi dell'articolo 9, comma 2 , dello Statuto, nella misura indicata dalla tabella seguente: Regione / Delegati Lombardia Campania Sicilia Lazio Veneto Piemonte Puglia Emilia Romagna Toscana Calabria Liguria Sardegna Marche Abruzzo Friuli V.G . Trentino A.A. Umbria Basilicata Molise Valle d'Aosta Totale 8 6 9 8 7 6 7 8 11 3 4 4 6 4 8 6 6 5 2 2 120 12. L'elezione dei delegati avviene sulla base di una lista concordata proposta dalla commissione elettorale, owero sulla base di liste concorrenti, che in tal caso devono essere sottoscritte da almeno un decimo dei soci titolari presenti al Congresso. Qualora awenga sulla base di liste concorrenti, il voto si dovrà svolgere a scrutinio segreto. Potrà essere espresso un voto di preferenza per uno dei candidati presenti nella lista prescelta. Alle liste sarà assegnato un numero d i eletti proporzionale al numero dei voti ricevuti, calcolato applicando il metodo delle direzioni successive (Metodo d'Hondt). In ciascuna lista saranno eletti i candidati che avranno riscosso il più alto numero di preferenze. A parità di preferenze, prevale l'ordine di lista. 13. Dell'esito delle votazioni sarà redatto verbale, che sarà inoltrato alla Direzione na-zionale. A ciascun delegato verrà fornita una delega firmata dal presidente del Congresso regionale e dal presidente della Commissione elettorale. DICEMBRE 1995 Adeguamento ,nella continuità (segue da pag. 4 ) zioni è direttamente attribuito almeno il 15 per cento delle quote riscosse sul loro territorio ed è previsto inoltre che almeno il 7 5 cento delle spese di bilancio per iniziative sul terreno nazionale sia destinato a sostenere un programma di iniziative di particolare rilievo delle Federazioni regionali. 4. - L'assetto degli organi dirigenti Per quanto riguarda la semplificazione degli organi dirigenti e il rafforzamento del ruolo della Direzione, lo Statuto prevede l'eliminazione della Giunta, organismo nel quale non era previsto nessun vincolo di presenza di soci titolari e che avrebbe dovuto avere un ruolo meramente esecutivo, ma che aveva finito per assumere funzioni di fatto sovrapposte a quelle di competenza statutaria della Direzione. Consiglio nazionale e direzione riacquistano così pienamente il loro ruolo fondamentale di direzione anche grazie a una sensibile riduzione del numero dei loro componenti. A tale numero si doveva aggiungere quello dei rappresentanti delle Federazioni regionali presenti con voto solo consultivo, e ora considerati membri a pieno titolo. Se si tiene conto di questo, in realtà il nuovo Statuto riduce il numero dei componenti del Consiglio nazionale di 01tre un quarto, da 225 (185 più 4 0 ) a 165, e il numero dei componenti della Direzione di quasi la metà, da 87 (47 più 4 0 ) a 45. La Direzione, inoltre, acquista anche un maggiore potere di intervento, oltre che di controllo, nelle questioni amministrative, attraverso un comitato in cui due dei cinque membri devono essere rappresentanti delle Federazioni regionali. Quanto all'esigenza reale di una sede più snella nella quale assumere in caso di necessità prese di posizioni politiche tempestive senza attendere di poter convocare la Direzione, compito in pecedenza affidato alla Giunta, esso viene ora attribuito al Presidente, d'intesa con i vice presidenti, il segretario generale e il segretario generale aggiunto. Va segnalata ancora l'introduzione nello Statuto di una norma in base alla quale a partire dal prossimo Congresso Presidente, vice Presidenti, Segretario generale e Segretario generale aggiunto, Tesoriere e Presidenti del Collegio dei Revisori dei conti e del Collegio dei Probiviri non potranno esercitare la carica per più di due mandati consecutivi. Tenendo conto infine del fatto che il presidente deil'Associazione dovrà essere scelto fra i soci titolari, una norma transitoria prevede che al nostro presidente uscente, Umberto Serafini sia attribuito, in riconoscimento dei suoi meriti e del suo molo pluridecennale, il titolo di Presidente fondatore. W Il volume si può acquistare, al prezzo di copertina di L. 8.000, direttamente presso: AICCRE Piazza di Trevi 86 00187 Roma Tel. (06) 6994.0461 Fax (06) 67.93.275 - Vi saranno viceversa inviate il numero di copie che desiderate (al prezzo di L. 8.000 cadauna) dietro invio di fotocopia della ricevuta di versamento, per l'importo corrispondente, sul C/C postale n. 38276002, intestato a Comuni d'Europa - Piazza Trevi 86 00187 Roma, oppure sul c/c bancario n. 300008 intestato ad AICCRE - Istituto Bancario San Paolo di Torino Via della Stamperia 64 - 00187 Roma, specificando sempre la causale del versamento. È una breve storia di 45 anni di straordinario impegnofederalista europeo, con l'acquisizione di una mentalità planetaria anche da parte dei contadini di una Comunità montana e dei marinai di un borgo povero sperduto sulla costa marina. Anni di un lavoro capzllare, alla base della società, e di un impegno straordinario di migliaia di quadri volontari Lavoro anche di pressione durissima ai fianchi di governi nazionali e di classi politiche distratte, riuscendo spesso a trascinare qualche statista più lungimirante e coraggioso. Nello stesso tempo "la breve storia" è introdotta dalla rievocazione di due sercoli di federalismo politico e anche teorico, ostacolato da interessi costituiti, da pregiudizi, da filosofie avverse. Si sono scovati anche angoli oscuri o meno conosciuti, con una parte del federalistno indiano, con una parte della più attenta riflessione autocritica di qualche leader comunirta, con uno sforzo sin dagli inizi per far prendere una strada assaipiù vicina alla interdipendenza planetaria da parte delle Nazioni Unite. Questo libro vi farà pensare e vi aiuterà a comprendere il groviglio di problemi che oggi sollevano il procesro di unità europea, nonché lo stesro concetto di federalismo sia rovranazionale che interno ai singoli Paesi e particolarmente all'Italia, concetto sovente così conjùro anche nel cervello di "politologidi rango". COMUNI D'EUROPA I LIBRI verso nuove dimensioni «Comuni e Servizi in Europa>> di Guido Bonicelli e Ario Rupeni Prendere le giuste misure con l'Europa per organizzare meglio i servizi comunali in Italia. Questa é l'occasione che viene offerta dalla lettura del volume di Guido Bonicelli e di Ario Rupeni «Comuni e Servizi in Europa (più U.S.A. e Canada)», il secondo della Collana «Città e servizi», inaugurata proprio in questo inizio del 1995 dalla CEL di Gorle (BG), Editrice della Associazione nazionale dei Comuni. La rassegna critica e sistematica delle esperienze in dieci diversi Paesi nonchè la ricostruzione degli orientamenti assunti o che si stanno assumendo in sede comunitaria in materia di servizi pubblici locali consente una rapida e significativa visualizzazione, certamente utile per i sindaci e gli amministratori comunali - ma anche per quelli provinciali e regionali - al fine di meglio capire problemi, metodi e strumenti di soluzioni che riguardano direttamente le nostre realtà cittadine. In particolare, le situazioni delle dieci realtà nazionali sono state perlustrate attraverso una visitazione condotta da Guido Bonicelli, Paese per Paese, con viaggi mirati ad una conoscenza diretta di protagonisti e di testimoni. Ed é proprio questa radiografia di esperienze che permette all'amministratore locale e comunque allo studioso dei problemi dei servizi pubblici (trasporti, ambiente, energia, acqua) di comprendere, in contesti differenziati, alcuni tratti comuni che si ripropongono anche in Italia nelle nostre città. «Esprimiamo il nostro apprezzamento agli autori perché così ci aiutano a predisporre quella Carta Europea dei servizi "al pubblico", che è uno degli obiettivi prioritari in questo momento della Commissione europea». Così si esprime Antonio Castellano Auyanet, presidente del Comitato europeo delle imprese a partecipazione pubblica (CEEP) nella prefazione al volume. Infatti, egli sostiene, «ci troviamo in una fase di riconsiderazione del ruolo, dell'ammissione e delle motivazioni dei servizi pubblici». L'esponente europeo é convinto infatti che «la parola d'ordine della privatizzazione non basta da sola a soddisfare quell'insieme di esigenze complesse e diversificate, di ordine sociale, economico, produttivo e tecnologico, che mettono in gioco diritti e aspettative e non solo legittimi interessi». La liberalizzazione e la progressiva globa- lizzazione internazionale dei mercati e dell'economia anche della scala europea verso dimensioni più larghe richiede una corretta e stimolante concorrenza che non può tuttavia passare sopra le ragioni di uno sviluppo equilibrato e diffuso di tutte le aree e i centri urbani della Comunità. I1 volume della CEL si pone quindi come una vivace lettura, ricca di analisi e soluzioni che richiamano subito questioni proprie anche di «casa nostra». Nel campo dei servi- mensile dell'AICCRE Direttore responsabile: Umberto Serafini Condirettore: Maria Teresa Coppo Gavazzi Redazione: Mario Marsala Direzione e redazione: Piazza di Trevi 8 6 - 00187 Roma Indir. telegrafico: Comuneuropa - Roma tel. 69940461-2 -3-4-5, fax 6793275 Questo numero è stato finito di stampare nel mese di gennaio 1996 ISSN 0010-4973 Abbonamento annuo per la Comunità europea, inclusa l'Italia L. 30.000 Estero L. 40.000; per Enti L. 150.000 Sostenitore L. 500.000 Benemerito L. 1.000.000 COMUNI D'EUROPA zi comunali quindi é fondato sostenere che in qualche modo l'Europa ci é sempre più vicina. Occorre avere il coraggio di misurarsi con le nuove dimensioni internazionali, raccogliendo la sfida delle diversità per una emulazione ed una competizione che risulti via via più fruttuosa. È bene perciò confrontarsi in maniera aperta e senza complessi dilatando la nostra conoscenza dei problemi e delle soluzioni sul tappeto a partire dal tema della privatizzazione dei servizi, o come forse sarebbe più corretto del crescente intreccio del ruolo pubblico con l'iniziativa privata. Anche su questo terreno, le risposte, sia in Europa come negli Stati Uniti non sono certo univoche. Aprendosi all'Europa, tuttavia, il dibattito in Italia può acquistare in termini di laicità, fuori da schemi ideologici o astratte semplificazioni. D'altronde il lavoro che si sta conducendo a Bruxelles per la preparazione della Carta Europea dei servizi «al pubblico», di cui la prima parte del volume tratta ampiamente, anch'esso costituisce un itinerario che ci coinvolge oggettivamente, soprattutto per ritrovare assieme ai partners comunitari il capo di quella matassa, costituita dai servizi pubblici, su cui si gioca tanta parte della qualità stessa della vita delle città. Oltre a segnalare alcuni documenti significativi, il volume si intrattiene sulla «Carta triangolare delie qualità ambientali», redatta recentemente in Italia. Essa costituisce un esempio significativo di un approccio ai temi dei servizi secondo quella logica di rispetto delle risorse naturali e ambientali che costituisce una delle possibili strategie innovative in materia di servizi locali. Gli autori, Guido Bonicelli già direttore generale dell'azienda energetica di Torino, studioso ed esperto di problemi gestionali, produttivi e tecnologici delle imprese di servizio pubblico è anche ricercatore e saggista. Ario Rupeni, che è il direttore della nuova collana «Città e servizi» della Editrice CEL, è studioso e operatore delle autonomie locali e regionali, nonché dei servizi pubblici. Autore di molte opere e saggi in materia di istituzioni e di finanza comunale, di delega delle funzioni regionali, ha fondato e diretto riviste in materia di ambiente, sanità, imprese pubbliche e regionalismo. m Una copia L. 3.000 (arretrata L. 5.000) I versamenti devono essere effettuati: l ) sul c/c bancario n. 300.008 intestato: AICCRE c/o Istituto bancarzo San Paol« di Torino sede di Roma, Via della Stamperia, 64 - 00187 Roma, specificando la causale del versamento; 2) sul c.c.p. n. 38276002 intestato a "Comuni d'Europa", piazza di Trevi, 86-00187 Roma; 3) a mezzo assegno circolare - non trasferibile - intestato a: AICCRE, specificando la causale del versamento. Aut. Trib. di Roma n. 4696 de11'11-6-1955 Arti Grafiche Rugantino s.r.l., Roma, Via Spoleto, 1 Fotocomposizione: Graphic Art 6 s.r.l., Roma, Via Ludovico Muratori 11/13 Associato all'USPI - Unione Stampa periodica italiana DICEMBRE 1995