Poste Italiane S.p.A. – Spediz. in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 e 3, Roma aut. n. 165/2007 Anno associativo 2008-’09 L’educazione, fattore di sviluppo... la scelta del prendersi cura Sussidio annuale MIEAC – Via Aurelia, 481 – 00165 Roma – tf. 0666412426 www.impegnoeducativo.it Sussidio annuale L’educazione, fattore di sviluppo... la scelta del prendersi cura Anno associativo 2008-’09 3 Pubblicazione ad uso interno a cura dell’Equipe nazionale del Movimento di Impegno Educativo di A.C. Roma, novembre 2008 Sommario Lettera della Presidente nazionale ai soci del MIEAC ad apertura del nuovo anno associativo 2008-’09..................... 7 Il tema dell’anno: «L’educazione, fattore di sviluppo... la scelta del prendersi cura».................................... 15 Le schede bibliche di don A. Mastantuono...................... 19 Io - tu - l’Altro................................................................................. 21 Leggersi, provocati da una domanda (Lc 24,15-24)................... 33 Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27)...... 47 Bibliografia...................................................................................... 63 L’itinerario di spiritualità a cura di A. Izzo............ 65 Avvento - Chiamati alla Santità..................................................... 67 Quaresima - Insieme per servire.................................................... 75 Tempo di Pasqua/Pentecoste - Dallo scoraggiamento alla speranza................................................................................... 81 Educapolis. I microprogetti 2008-’09. .............. 87 Scheda progettuale n. 1 - Educare alla corresponsabilità sociale.. 89 Scheda progettuale n. 2- Culture fedi e identità giovanili........... 93 Scheda progettuale n. 3 - Adulti e giovani, insieme nella transizione verso l’età adulta.............................................. 99 Tema e cammino annuale Lettera della Presidente nazionale ai soci del MIEAC ad apertura del nuovo anno associativo 2008-’09 Roma, 16 ottobre 2008 Ai Presidenti diocesani del MIEAC Ai Vicepresidenti diocesani del MIEAC Agli Assistenti diocesani del MIEAC Agli Aderenti del MIEAC «L’educazione, fattore di sviluppo... la scelta del prendersi cura» Carissimi, vi so già impegnati col gruppo e sul territorio. Molti di voi hanno già programmato il cammino di quest’anno prima dell’estate, e con tanti ci siamo incontrati e abbiamo fruttuosamente lavorato nel Convegno estivo di Castellammare. Nella cornice splendida del Golfo abbiamo condiviso un momento intenso di preghiera, studio, laboratorio e progettazione. Dalle meditazioni di don Antonio è nato il sussidio che, con le liturgie, sosterrà la nostra cura spirituale. Particolarmente significativa la presenza tra noi del Presidente Nazionale dell’Azione Cattolica, Franco Miano, e, in diversi momenti, di tanti responsabili dell’ACI. In un momento in cui la cura dell’educazione è finalmente, nuovamente, messa al centro della vita pastorale e associativa come il primum, il MIEAC è chiamato ad un impegno ancora più intenso e qualificato. Siamo interpellati a dare un contributo di progettazione, di metodo, di apertura laicale e dialogica al mondo degli adulti educatori, per leggere - con tutta l’ACI e la comunità ecclesiale intera - l’emergenza educativa, non con un atteggiamento difensivo, né come un ulteriore «argomento» 7 Sussidio annuale 2008-’09 da trattare. Lo diciamo fin dal tema scelto per quest’anno associativo: «L’educazione, fattore di sviluppo... la scelta del prendersi cura». La cura chiede messa in gioco di persone e di strutture, disponibilità ad un cambiamento radicale come singoli e come comunità. La cura chiede vicinanza, premura, discernimento, prevenienza, passione, competenza e capacità di attivare dinamiche di reale cambiamento. Chiede capacità di riconoscere ed agire su quei meccanismi politici, sociali, ecclesiali, che quotidianamente incidono in maniera sistematica, spesso misconosciuta o sottovalutata, sulla capacità e sulle possibilità degli adulti di incidere con l’azione educativa e sulla strutturazione della personalità delle giovani generazioni: la città, in ognuna delle sue manifestazioni educa. Si pone come contesto di crescita o di perdita di sé. Il nostro impegno, allora, si struttura con grande energia e determinazione, in maniera ellittica intorno a due fuochi: gli adulti che sono chiamati ad essere di per sé educa tori (e, quindi, quei giovani che tendono già oggi ad assumersi responsabilità educative) e la comunità come possibile, feconda opportunità di sviluppo. Ascolto, dialogo, a volte denuncia, accompagnamento, costruzione di reti di collaborazione e cooperazione (con Istituzioni, associazioni, scuole ... ), tentativi di coerente individuazione di percorso. I risultati della ricerca IARD, ai quali siamo stati introdotti dallo stimolante intervento del dott. Grassi al convegno (presente in audio sul nostro sito) ci confermano in una prospettiva che, con l’identità stessa del MIEAC, abbiamo assunto. Da questo punto di vista, ribadiamo con forza la scelta del metodo della progettazione, operata e resa sistematica con Educapolis. Nei laboratori di Castellammare sono stati costruiti tre nuovi percorsi che verranno offerti ai gruppi, prima attraverso il sito, poi in un nuovo testo. A noi riprendere l’impegno di realizzare, attraverso il metodo dei microprogetti, tentativi di risposta ai bisogni intercettati sul territorio. Dobbiamo essere pronti, in questo anno congressuale ad un ulteriore slancio. Impegno di crescita dei singoli e dei nostri gruppi per prenderci in carico il nostro proprio, 8 Tema e cammino annuale la cura educativa. Capacità di dialogo e cooperazione con tutta l’associazione, perché la centralità educativa ci sta a cuore e insieme possiamo amplificare gli obiettivi che ci poniamo. Capacità di raggiungere il più possibile insegnanti, genitori, animatori sociali e specialisti; un’attenzione (anche creativa nelle sue forme) ai giovani che si preparano alle professioni educative e sociali (Licei, Università)... anche molto oltre i confini ecclesiali, per condividere con loro segmenti di percorso, con la prospettiva comune dell’educazione intesa come umanizzazione. Lucida conoscenza e competenza dei fenomeni sociali dei quali la costruzione della persona si nutre. È urgente rimettere al centro le questioni della legalità e della democrazia, dell’accoglienza del diverso e dell’intercultura. La cronaca di questi giorni spinge ad un sovrappiù di attenzione ad aspetti della nostra cultura di cittadini e della nostra ottica di credenti che sembravano acquisiti. Proveremo a realizzare su questi temi due convegni, uno al Nord e uno al Sud, per offrire un contributo di interpretazione e progettazione. Nel percorso che vi suggeriamo per quest’anno chiediamo ai gruppi - come ci dicevamo a Castellammare - di realizzare una Giornata di riflessione (se possibile in rete con altri soggetti ritenuti significativi) nel proprio territorio sul primo fuoco (chiamiamola: la dimensione personale della cura educativa). Di realizzarla tutti, contemporaneamente, nei nostri paesi e città il prossimo 16 novembre, un Appuntamento ideale, una Giornata nazionale del MIEAC che ci veda idealmente insieme, ognuno con le proprie forze (piccole o grandi) di capacità di coinvolgimento di altri soggetti nell’ambito ecclesiale e sul territorio. Per dare centralità ai luoghi del nostro impegno abbiamo preferito collocare nella giornata del 23 novembre l’elezione del Delegato regionale (anche con la sola presenza dei Presidenti e rappresentanti dei gruppi): in ognuna delle regioni coinvolte ci sarà un membro dell’equipe nazionale. Affidiamo al Congresso Nazionale, (5-7 dicembre) un serio approfondimento del secondo fuoco: a quali condizioni la città, la politica, l’economia, le Istituzioni, i conte9 Sussidio annuale 2008-’09 sti possono favorire la crescita delle persone e lo sviluppo della comunità. La qualità degli interlocutori del momento pubblico, l’approfondimento e la proposta dei laboratori, la stesura di un manifesto che dica le idee, i progetti, il futuro che ci sta a cuore, e su cui ampliare le adesioni ideali al MIEAC, fanno del Congresso un momento di identità e formazione da non limitare ai soli delegati, ma da proporre a tutti gli aderenti e simpatizzanti. Ci aspettiamo e dobbiamo costruire una partecipazione numerosa e qualificata. La cronaca di questi giorni conferma, purtroppo, la preoccupazione che già al Convegno avevamo espresso (ne facevo cenno anche nella mia relazione) annunciando, assumendo (e chiedendovi di assumere) un impegno straordinario per la scuola, pensata come un’opportunità e in una possibile, praticabile’ alleanza’ con le famiglie. La produzione legislativa di queste settimane merita, infatti, un’attenzione urgente e competente: su di essa abbiamo espresso ragioni di grande preoccupazione con una riflessione (confronta e diffondi il parere sul sito) e contiamo di pubblicare un numero speciale di «Proposta Educativa». Un notevole contributo abbiamo offerto con quello su don Milani. Si tratta della figura guida a cui facciamo riferimento ancora quest’ anno, anche alla luce delle scelte, dell’impegno, della profezia di don Lorenzo, un progetto di uomo estremamente stimolante, un’idea di scuola e un modello di maestro che interpellano ancora gli insegnanti e denunciano le scelte politiche di oggi, una passione ed una razionalità che affascinano ancora chi pensa alla scuola come luogo della crescita, dello sviluppo, delle pari opportunità umane e sociali. A questo proposito, oltre allo studio personale e all’approfondimento nel gruppo di «Proposta Educativa», ne va decisamente implementata la diffusione (anche a prezzi promozionali, da concordare): è un obiettivo prioritario. Dobbiamo darci il traguardo di raddoppiare il numero degli abbonati. Si tratta di condividere con il maggior numero di persone possibile una cultura caratterizzata da un approccio complesso e problematico al reale, per non accon10 Tema e cammino annuale tentarci delle letture semplificatorie che ci vengono indotte dai mass media, per ampliare le capacità di interpretazione critica del reale, per resistere il più possibile a forme di pensiero banalizzante o, peggio, tendente all’assuefazione a logiche che ci sono estranee. Si veda, una per tutte, la sistematica ‘costruzione’ del sentimento di paura nei confronti dell’altro, lo straniero, il diverso, con l’annessa categoria di ‘invasione’ (di volta in volta islamica, Rom, di immigraticriminali...) che sta portando il Paese - giovani in testa - ad una deriva xenofoba e razzista, estranea alla nostra cultura costituzionale e ai valori di solidarietà e accoglienza ai quali si ispira. Altrettanto importante, da questo punto di vista, visitare, diffondere in ogni modo e partecipare all’elaborazione delle pagine del nostro sito. Luogo di immediata diffusione di quanto produciamo in termini culturali (denunce, partecipazione a campagne di valore sociale, iniziative, riflessioni, recensioni), è e vuole essere - come molti hanno imparato a scoprire - luogo di un’informazione altra e di un’interpretazione possibile, diversa, della realtà. Visitarlo quotidianamente e diffonderlo ulteriormente, inviare programmazioni, iniziative, notizie, sintesi di eventi, recensioni... significa darsi un’opportunità di conoscenza e formazione sul campo, condividere riflessione ed interpretazioni nel flusso delle informazioni, contribuire a costruire speranza, anche per quegli educatori (e a volte siamo noi stessi) che nella solitudine sperimentano la frustrazione e temono l’insignificanza. Ci attende - e ci impegna - un anno straordinario nell’ordinario. Il nostro Congresso Nazionale, l’inizio di un tempo che la Chiesa italiana dedicherà all’educazione, una rinnovata attenzione, perciò, al nostro Movimento e a quello che ci sta a cuore ... È il tempo dell’impegno, dell’entusiasmo, della passione. Lo vivremo insieme. Dando nuova linfa ai gruppi ‘esperti’, accompagnando i piccoli nuclei di MIEAC che stanno nascendo, rendendo sempre più qualificata e puntuale la rivista, tenendo aggiornato e sempre più ricco 11 Sussidio annuale 2008-’09 il sito, favorendo le occasioni di incontro tra i gruppi e con i membri dell’equipe nazionale. Lo faremo insieme, sapendo dare alla nostra fatica il passo di una gioia serena e pensosa. Con affetto 12 Mirella Arcamone Tema dell’anno Tema e cammino annuale «L’educazione, fattore di sviluppo... la scelta del prendersi cura» Il tema L’educazione è fattore imprescindibile di sviluppo integrale tanto per la singola persona (dimensione esistenziale, affettiva, relazionale) quanto per la comunità e per la società (rapporti tra le persone, valori comuni, civile convivenza, solidarietà, giustizia, pace, libertà, partecipazione democratica, responsabilità...). Da qui due sottolineature: • il contributo che deve venire dal mondo dell’educazione: percorsi.. iniziative.. progetti educativi, cura delle nuove generazioni, adulti autenticamente educatori e testimoni; • l’apporto che deve venire all’educazione dalla comunità (famiglia, scuola, chiesa) e della società (istituzioni, amministrazioni, politica, economia, cultura) perché l’impegno educativo possa esprimersi in tutte le sue potenzialità e non venga ostacolato od addirittura vanificato da scelte, comportamenti, politiche, investimenti che vanno in tutt’altra direzione..... La cura chiede messa in gioco di persone e di strutture, disponibilità ad un cambiamento radicale come singoli e come comunità. La cura chiede vicinanza, premura, discernimento, prevenienza, passione, competenza e capacità di attivare dinamiche di reale cambiamento. Chiede capacità di riconoscere ed agire su quei meccanismi politici, sociali, ecclesiali, che quotidianamente incidono in maniera sistematica, spesso misconosciuta o sottovalutata, sulla capacità e sulle possibilità degli adulti di incidere con l’azione educativa e sulla strutturazione della personalità delle giovani generazioni. 15 Sussidio annuale 2008-’09 La «città», in ognuna delle sue manifestazioni educa. Si pone come contesto di crescita o di perdita di sé. L’impegno educativo, pertanto, va strutturato con grande energia e determinazione, in maniera ellittica intorno a due fuochi: gli adulti che sono chiamati ad essere di per sé educatori (e, quindi, quei giovani che tendono già oggi ad assumersi responsabilità educative) e la comunità come possibile, feconda opportunità di sviluppo. Ascolto, dialogo, a volte denuncia, accompagnamento, costruzione di reti di collaborazione e cooperazione (con Istituzioni, associazioni, scuole...), tentativi di coerente individuazione di percorso. Gli strumenti Il «Progetto Educapolis», integrato da tre nuovi percorsi, quale tentativo di risposta ai bisogni intercettati sul territorio. Si tratta di raggiungere - attraverso il metodo della progettazione, dei microprogetti - insegnanti, genitori, animatori sociali, specialisti, giovani che si preparano alle professioni educative e sociali... anche molto oltre i confini ecclesiali, per condividere con loro segmenti di percorso, con la prospettiva comune dell’educazione intesa come umanizzazione, sviluppo integrale della persona, lucida conoscenza e competenza dei fenomeni sociali dei quali la costruzione della persona si nutre. L’itinerario di spiritualità Una proposta di spiritualità laicale, a misura di educatore. Un forte radicamento biblico-evangelico, in cui far convergere rigore esegetico e rilettura spirituale dei testi sacri, per ridare vita, attualità, significato alle parole di Cristo, cogliendole a partire dal contesto originario e riascoltandole da dentro la condizione dell’uomo d’oggi. Tre schede bibliche, accompagnate da altrettanti schemi di celebrazioni, uno per ogni tempo forte dell’anno liturgico, 16 Tema e cammino annuale offriranno la possibilità di predisporre incontri comunitari di riflessione e di preghiera, a misura... di educatori. La figura guida Anche quest’anno è Don Milani (v. Proposta Educativa n° 2 del 2007), a significare un impegno straordinario per la scuola alla luce delle scelte, dell’opera, della profezia di don Lorenzo: un progetto di uomo estremamente stimolante, un’idea di scuola e un modello di maestro che continuano ad interpellare gli insegnanti e denunciano le scelte politiche di oggi; una passione ed una razionalità che affascinano ancora chi pensa alla scuola come luogo della crescita, dello sviluppo, delle pari opportunità umane e sociali. 17 Schede bibliche di don A. Mastantuono Le riflessioni bibliche Scheda n°. 1 Io - tu - l’Altro Io - tu - l’Altro 1. I protagonisti del cammino formativo L’uomo si muove verso l’esterno spinto dal bisogno di rispondere ai propri bisogni e desideri. Il bisogno primario è quello della fame, per cui l’individuo si mette in cammino con il fine di cercare cibo. A un certo punto della propria esistenza, sia personale che societaria, questa ricerca diventa simbolica rappresentando una realtà più interna ed essenziale. La ricerca di cibo diventa, così, la ricerca di ciò che può nutrire la nostra fame di senso e significato per sopravvivere agli eventi bruti della vita quotidiana. Il viaggio della vita si snoda, allora, attraverso quelle molteplici «città invisibili», interiori ed esteriori, nelle quali desideriamo trovare quel cibo tanto agognato. Ma la ricerca può trasformarsi in inferno quando quelle «briciole» di verità che siamo riusciti a racimolare, cercando qua e là, nelle viuzze e nelle piazze, assurgono ad unica verità dichiarando guerra alle altre. Allunghiamo la mano per afferrare e fare nostri questi pezzetti di cibo ma essi stessi ci fanno scoprire nudi e divisi da noi stessi e dagli altri. Abbiamo sbagliato bersaglio. Pensando che quel dato frammento fosse la verità assoluta l’abbiamo afferrato dividendoci tra noi e pensando che tutto ciò che differisse da questo fosse un nemico da cui difenderci o da distruggere. E la vita si fa inferno! Come imparare a starci dentro? Occorre fermarci e non smettere mai di «cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio» (Calvino 2001,164). Non tanto cioè scatenare rivoluzioni e fare gesti eclatanti, quanto il paziente, minuscolo lavoro di cura di ognuno di noi, che si china su qualcosa di apparentemente non così significativo, non così importante e come dice Calvino – 21 gli dà spazio e lo fa durare: in questo consiste il cammino formativo! Ma chi cercare, chi imparare a riconoscere per uscire dai cespugli delle proprie comodità, delle opinioni e delle rappresentazioni? Martin Buber direbbe che è possibile scoprirlo ascoltando e rispondendo alla voce che ci domanda: «Adamo, dove sei?». Nel libro della Genesi, al capitolo 3, Dio pone questa domanda alla sua creatura dopo che quest’ultima ha fatto i conti con il peccato, cioè dopo che ha sbagliato bersaglio. Il fatto interessante è che Dio non gli chiede chi ma dove sei. Gli domanda di collocarsi di nuovo all’interno della storia della salvezza; il «dove» indica un luogo da cercare, uno stato di vita che di nuovo immette dentro la relazione con l’altro E ciò è possibile solo se Adamo, l’umano, accetta il rischio di uscire fuori dai cespugli della sua pigrizia e dell’omologazione per raccontarsi responsabilmente e ritrovarsi dentro la storia comunitaria di liberazione e di amore del suo Dio. Afferma Buber: «Per quanto ampio sia il successo e il godimento di un uomo, per quanto vasto sia il suo potere e colossale la sua opera, la sua vita resta priva di un cammino finché egli non affronta la voce. Adamo affronta la voce, riconosce di essere in trappola e confessa: “Mi sono nascosto”. Qui inizia il cammino dell’uomo» (Buber 1990, 22s). L’uomo quindi è invitato a «riprendersi», cioè raccogliere la propria anima sfilacciata in tutte le direzioni, concentrarla e indirizzarla sempre nuovamente verso la meta. Un cammino che è possibile compiere solo a partire da noi stessi. Iniziare, quindi, da dove ci si trova collocati, cioè da noi stessi. Partire col cambiare se stessi. E questo è necessario perché il cambiamento della nostra esistenza determinerà anche il cambiamento del mondo esterno e non viceversa. 22 Io - tu - l’Altro Sussidio annuale 2008-’09 Io - tu - l’Altro Le riflessioni bibliche Una trasformazione provocata dalla presenza interpellante dell’altro. Occorre allora aprirci al racconto degli altri per scoprire il posto, il luogo dove risiede la cosa più preziosa che andiamo cercando: noi stessi. Questa apertura ci porta all’ascolto di un’altra domanda che la Bibbia pone non più ad Adamo, ma a Caino dopo che ha ucciso suo fratello. Al capitolo 4 del libro della Genesi il Signore Dio domanda a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Rispondere a questa domanda è fondamentale per il nostro viaggio alla scoperta di chi siamo, del tesoro del compimento della nostra natura. Senza l’altro non possiamo salvarci. Ma occorre collocarlo all’interno della nostra storia e collocarlo significa distanziarci da lui, considerarlo diverso da noi e così far nascere la possibilità di dialogo. Caino non accetta la diversità di Abele e per questo lo uccide. La pena sarà quella di viaggiare per «le città invisibili» della storia per ripercorrere la sua vicenda e ricollocare se stesso dentro la relazione con l’altro. «Dov’è tuo fratello?». La risposta a tale chiamata ci invita a riconsiderare ogni volta il rapporto che abbiamo con l’altro diverso da noi per riporlo nel luogo che gli spetta e per completare il mosaico della vita. Infine il rapporto io-tu si apre alla trascendenza, alla presenza del «terzo». Anche in questo caso l’apertura è determinata da una domanda, quella che troviamo nel Vangelo di Giovanni (Gv 1,38) e che si pone come compimento del processo educativo. La nuova domanda, posta questa volta dai discepoli a seguito di quella di Gesù, serve come strada di risposta alle prime due; quasi a dire che riesco a capire e accogliere dove sono e dov’è l’altro, solo se scopro la risposta alla domanda: «Maestro, dove rimani, dove dimori?». La risposta a questo interrogativo permette alla persona umana di ritrovare se stessa e la sua vocazione comunitaria. Da qui si sviluppa il fine della formazione cristiana che diventa un ricercare dov’è il Figlio nella vita quotidiana e scoprire lì il nostro posto, la nostra vera identità. Nel prologo Giovanni dice che al principio c’era la Parola, e la Parola era presso Dio: il Figlio è di 23 fronte al Padre. Si ristabilisce, così, la relazione del «principio» della creazione dell’uomo. Come accorgerci, come renderci consapevoli circa questa realtà? Gesù dice: «Venite e vedete!» (Gv 1,39). Due verbi che indicano movimento e accoglienza. Venite: egli è colui che cammina davanti a noi (si girò) per cui bisogna andare a lui come risposta alla sua chiamata. Occorre muoverci, spostarci da dove siamo (ex-stasi), dal luogo simbolico in cui rimaniamo per andare verso il tu che ci interpella e ci chiama a vedere dove lui decide di rimanere. E dove «abita» Gesù? Presso Dio, di fronte a lui, in un rapporto di distanziamento e quindi di relazione. Il discepolo, dunque, scopre e fa esperienza con tutto se stesso che il suo posto è nel Figlio, di fronte al Padre per lo Spirito. Il cammino formativo cristiano ha, allora, come fine l’accompagnare il discepolo alla scoperta della sua vocazione relazionale col fratello grazie alla sua condizione di fronte al Padre, nel Figlio per lo Spirito. Si scopre, così, essere narrativo e relazionale perché dimorante nel seno della Trinità. Nascosto con Cristo in Dio, l’uomo fa esperienza, nella storia, della propria vocazione. Un’esperienza, quindi, che ci trasforma, che ci dà, cioè, una forma altra o, meglio, «oltre», un modo di essere e di agire diversamente. In questo senso l’esperienza cristiana diventa un continuo percorso formativo, un cammino in cui Dio ci modella e ci dona di nuovo la forma della sua immagine e somiglianza, come al «principio»: «Questa parola fu rivolta a Geremia da parte del Signore: “Prendi e scendi nella bottega del vasaio; là ti farò udire la mia parola”. Io sono sceso nella bottega del vasaio ed ecco, egli stava lavorando al tornio. Ora, se si guastava il vaso che egli stava modellando, come capita con la creta in mano al vasaio, egli rifaceva con essa un altro vaso, come ai suoi occhi pareva giusto. Allora mi fu rivolta la 24 Io - tu - l’Altro Sussidio annuale 2008-’09 Le riflessioni bibliche Io - tu - l’Altro parola del Signore: “Forse non potrei agire con voi, casa di Israele, come questo vasaio? Oracolo del Signore. Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa di Israele”» (Ger 18,1-6). È Dio stesso che ci prende nelle sue mani, ci fa sentire il calore del suo amore e, come una chioccia, ci cova per donarci la vita. L’esperienza cristiana diventa, allora, simbolo di queste mani trafitte d’amore, con cui Dio ci permette di vivere una nuova creazione. Ma come può rendersi visibile questa azione di modellamento, come può concretizzarsi questa formazione continua dei discepoli? Risponderemo a questa domanda con l’esperienza che hanno vissuto i discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35). 2. Emmaus: racconto paradigma per un cammino formativo 2.1. La situazione iniziale (Lc 24,13-14) I primi due versetti del brano ci forniscono il contesto e l’ambiente temporale/spaziale in cui si inserisce la dinamica narrativa dei discepoli. Ci raccontano la situazione storica ed esistenziale da cui parte e si sviluppa il processo formativo della Chiesa. È anche la situazione iniziale di ogni uomo e ogni donna, il punto di partenza da accogliere senza giudizio e da accompagnare in virtù del misterioso straniero. 2.1.1. La crisi della Pasqua Il primo indizio che ci viene fornito è quello temporale. È il giorno primo dopo il sabato (Lc 24,1) o il «terzo giorno» (Lc 24,7), cioè il giorno della risurrezione di Cristo, il suo passaggio dalla morte alla vita. È il momento della ferita, della crisi della storia e degli uomini. Un uscire fuori 25 Sussidio annuale 2008-’09 dai canoni che finora hanno regolato la vita stessa e il suo sviluppo nella vicenda umana. Una crisi abitata dall’evento pasquale di Cristo che penetra così nella storia dell’uomo e della donna di tutti i tempi e li trasforma, li trasfigura facendoli diventare nuove creature. La luce della Pasqua convive dentro la tenebra del peccato e della morte per annientarne, però, la forza e la disperazione. «La crisi, ogni crisi, costituisce un’esperienza pasquale, un avvenimento di morte e di vita. Non possiamo allora non riferirci al Signore Gesù e alla sua traversata pasquale, se vogliamo cercare un senso profondo a tutte le nostre crisi. La crisi del Getsemani costituisce per lui l’entrata nella sua Pasqua e il segno massimo della sua umanità. Il Padre non gli ha risparmiato l’angoscia e il disorientamento proprio di ogni uomo» (Biemmi 2003, 65). La Pasqua, allora, si presenta come una ferita che, in virtù della potenza dello Spirito, diventa feritoia, possibilità di una nuova vita rinnovata e libera. La crisi della morte e risurrezione di Cristo porta dentro di sé un giudizio, una separazione, e costituisce l’occasione di una maturazione della fede. La crisi diventa, in tal modo, il punto iniziale del cammino formativo dei discepoli del Signore, un momento che può generare desiderio di muoversi, di comprendere la propria vera identità e il proprio posto nella storia della salvezza. 26 Io - tu - l’Altro «Dal punto di vista teologico, la crisi caratterizza chi vive nel suo presente secondo un passaggio “da” “a”. Ossia, è la categoria esistenziale più vicina alla teologia della Pasqua. Così, se la storia della salvezza avviene secondo la forma mentis della Pasqua, il cristiano è per definizione un essere in crisi» (Tenace 2005, 355). Le riflessioni bibliche Non solo il punto iniziale, ma la situazione normale in cui si viene a trovare la comunità cristiana. Una situazione di passaggio e di transizione, una situazione instabile e spesso ambigua che porta alla continua messa in discussione dei propri progetti e delle proprie strategie. Io - tu - l’Altro 2.1.2. Un cammino senza meta Dopo la situazione temporale vengono presentati i protagonisti del cammino formativo. La cifra «due» non ricorre a caso. Alcuni vi vedono un’allusione alla seconda lettera dell’alfabeto, quella con cui comincia la Torah, significando in tal modo un nuovo inizio della storia della salvezza. Un inizio che si innesta in una condizione parziale; infatti «due» è anche il numero che indica la relazione diadica tra un io e un tu. La crisi genera, allora, la necessità di relazionarsi con un tu, con qualcuno che mi possa aiutare a comprendermi, a capire dove sono e dove sto andando. Ma il dialogo non è completo: manca «il terzo», cioè la fonte della vera relazione. I due hanno perso l’immagine e somiglianza con Dio Trinità, per questo sperimentano la divisione, la separazione, l’incomprensione. La meta, di conseguenza, si fa incerta e il cammino si rinchiude dentro un narcisistico dibattito che non porta a nulla, a nessun fine. Lo dimostra il fatto che gli studiosi non sanno ancora identificare il luogo preciso dove possa essere presente un villaggio di nome Emmaus. «Data questa indecisione concluderemo volentieri che Emmaus è il villaggio che non sta “da nessuna parte”. I discepoli sanno da dove partono, non sanno dove vanno. Fuggono da Gerusalemme. Intendono frapporre una certa distanza tra la città di Dio e loro stessi; anche se restano colpiti dagli avvenimenti che si sono appena verificati a Gerusalemme e che li hanno indotti a questa fuga e a questa disperazione [...] C’è dunque un viaggio, anche se nella direzione sbagliata» (Chenu 2005, 45s). 27 Infatti un rapporto errato con l’altro, una relazione parziale portano a sbagliare bersaglio, a vivere la relazione non faccia a faccia ma come di fronte a un oggetto. E allora la relazione si trasforma in fuga. L’uomo si volge ad altro che illusoriamente lo attrae e lo distoglie dal rapporto sincero con il tu dentro una comunità (con un noi). È la storia dell’uomo di ogni tempo che fugge dall’esperienza di Dio che lo ha messo in crisi, che lo ha destabilizzato e decentrato. Un uomo che, allora, cerca se stesso dentro le relazioni umane che diventano però specchio di se stessi; cerca il significato della propria esistenza fuggendo da Gerusalemme, da tutto ciò che possa in qualche modo ricordargli e rappresentare un richiamo all’esperienza che ha fatto di Dio. In questo cammino l’uomo sa bene cosa lascia: una fede tradizionale, una fede «specchio» che non riesce a dare significato alla propria vita, un Dio padrone che schiaccia la libertà dell’uomo opponendosi al suo sviluppo e alla sua autonomia, come accade al figlio prodigo della parabola raccontata da Luca. L’uomo moderno è un fuggitivo, uno che cerca di distanziarsi da una religione vista come troppo oppressiva e moraleggiante, che invece di liberare l’umano lo schiaccia e lo reprime. Ma il suo cammino, perdendo la fonte, l’origine, non ha neppure un fine, vaga verso mete che, raggiunte, si presentano come miraggi di una felicità che si allontana sempre più e non è mai raggiungibile. La crisi può portare, allora, alla fuga disperata da un’illusione che si è infranta, da un sogno che si è spento nello scandalo della morte e del fallimento. E proprio così che i discepoli hanno percepito la morte di Gesù. Essa appare loro come un abisso d’ingiustizia e come negazione di un Dio d’amore. Di fronte a questa immagine occorre fuggire perché considerata scandalo, inciampo verso la verità di se stessi. Il racconto della fuga dell’uomo è anche quello della fuga della comunità quando si rifugia negli eventi di massa e nella fede devozionale. Il cammino formativo della Chiesa deve tener conto di questa percezione di Dio e di questa fuga, accogliendo 28 Io - tu - l’Altro Sussidio annuale 2008-’09 Le riflessioni bibliche Io - tu - l’Altro il fatto che l’uomo e la comunità cristiana stessa si può allontanare da Dio – anche se magari frequenta tutti i giorni le sagrestie e le cerimonie – a seguito di un rifiuto, anche inconscio, dello scandalo dell’abbassamento di un Dio d’amore attraverso l’annientamento della croce. Ma questa crisi può diventare prospettiva di crescita e di maturazione attraverso un cammino di formazione che accompagni l’uomo a compiere il passaggio da una fede tradizionale e «scandalosa» alla fede del Signore risorto. Come diceva Seneca: «Se vuoi sfuggire ai mali che ti assillano, non devi andare in un altro luogo; devi essere un altro uomo». Occorre allora accogliersi in questa crisi senza fuggire in altri luoghi. L’uomo ritrova, così, se stesso, iniziando il cammino da se stesso. Da dove la crisi lo ha messo a nudo e rivelato. 2.1.3. Un dialogo non completo e conflittuale Dopo la presentazione temporale e dei personaggi ci viene presentato il loro modo di vedere e di rapportarsi col mondo. La loro relazione con se stessi e con ciò che li circonda. La crisi della risurrezione mette in questione uno status quo che finora sembrava andare bene, ma che in questo momento si rivela come criticato e giudicato (krìno in greco sta sia per criticare che per giudicare). La crisi costringe a un giudizio, una riflessione, una valutazione. Porta cioè a mettere allo scoperto i valori sui quali scommettere per superare il momento difficile. La crisi, allora, genera una situazione di conflitto, di competizione in cui lo scopo è quello di portare l’altro sul terreno dei propri significati. Il senso di quanto è accaduto viene dibattuto in maniera animata, intensa, con una forte connotazione emotiva. Si arriva quindi a una sorta di scontro di significati in cui la parola, come vedremo far notare dal misterioso forestiero, non è gettata dentro l’altro perché sia fecondo, ma contro l’altro per convincerlo e per portarlo dentro le proprie idee. È la situazione di una comunicazione che non porta a nessun risultato proficuo perché utilizzata solo per confondere e per reprimere l’avversario. La relazione esiste, i due sono uno di fronte all’altro ma la 29 comunicazione tradisce il loro intento: darsi una spiegazione della crisi avvenuta mettendo in risalto non il desiderio del confronto ma quello della sopraffazione. Questo modo di comunicare porta alla guerra e alla divisione. Ognuno, restando dentro il proprio concetto, la propria idea, cerca di portarvi l’altro e, se ciò non avviene, nasce la lotta e la soppressione di uno degli interlocutori. È ciò che accade, ad esempio, nella relazione madre/figlio: il rapporto tra i due rischia di trasformarsi in relazione fusionale dove di solito il più piccolo viene annientato e ridotto al più forte e potente quando tra i due non si riesce a creare una distanza; quando la diversità del figlio non riesce a risvegliarsi per la presenza troppo opprimente dell’io della madre. Questo è vero anche nel rapporto Chiesa-mondo in cui ognuna della parti scaglia parole contro l’altra per portarla sul proprio terreno, per fagocitarla e impedirle di esprimersi nella sua diversità. Il cammino formativo, invece, si presenta come accoglienza anche dei conflitti relazionali che si vengono a creare nei rapporti umani. Non ha paura di accettare una situazione in continuo conflitto per ospitarla dentro il suo percorso e le sue tappe. Questo senza il desiderio dell’omologazione o della fusione. «Occorre mantenere la diversità dei generi letterari, l’originalità anche scomposta dei soggetti narrativi. Accettare anche un po’ di disordine e di confusione: diversità di linguaggi, di spiritualità, di età, di percorsi di fede, che a volte non riescono a intendersi, ma che custodiscono un tesoro prezioso [...] Questi racconti hanno bisogno di trovare un silenzio che li raccolga, ma anche li purifichi, li orienti, li interpreti» (Torresin 2002, 498). Per la vita Il cammino pastorale-formativo della comunità ecclesiale si può sviluppare come luogo, locanda che fa del si30 Io - tu - l’Altro Sussidio annuale 2008-’09 Le riflessioni bibliche lenzio e dell’ascolto la sua prerogativa iniziale per lasciare posto all’altro e al suo racconto. Se la comunità permette il riverbero di questa umanità, se lascia parlare l’uomo di oggi con le sue contraddizioni e le sue ambiguità senza giudicarle o condannarle, emerge lo straniero, il forestiero misterioso che inizia un cammino di rinnovamento e di trasformazione Io - tu - l’Altro Domande • Se la domanda posta da Dio ad Adamo «Dove sei?», fatta per obbligarlo a prendere coscienza della propria situazione, fosse rivolta ad ognuno di noi, oggi, quale sarebbe la nostra risposta? Siamo adulti inseriti in una società, ma realmente qual è il posto che occupiamo? • Siamo disposti ad abbandonare i nostri «comodi cespugli omologati» per abitare la città, il quartiere, l’associazione, la comunità ecclesiale in maniera responsabile, accettando il rischio del cambiamento, della novità e quindi della «crisi» dovuta alla necessità di aprirsi all’altro diverso da me, e trasformarla in una «esperienza pasquale» ? • Il cambiamento inizia da noi stessi e prosegue con la fatica di riconoscere l’altro. Nei momenti di crisi della nostra esistenza noi cerchiamo l’altro per relazionarci. Siamo capaci di relazioni che non siano lo specchio della nostra immagine? • I nostri gruppi sono luoghi dove l’altro viene ascoltato e accolto con tutte le sue diversità, rinunciando ad ogni imposizione o sopraffa31 Sussidio annuale 2008-’09 Io - tu - l’Altro zione per fa emergere «il forestiero misterioso»? Quanto spazio lasciamo nelle nostre storie perché possano arricchirsi con quelle di coloro che incrociamo nel cammino? 32 Le riflessioni bibliche Scheda n° 2 Leggersi, provocati da una domanda (Lc 24,15-24) Leggersi, provocati da una domanda (Lc 24,15-24) 1. Un’autobiografia particolare Dentro il discorrere e il conversare dell’uomo per trovare una via d’uscita alla mancanza di senso che emerge dalla lettura della realtà, si inserisce il cammino di Gesù. La situazione esistenziale della comunità cristiana, che cerca se stessa dentro il conflitto e la crisi, diventa feritoia che permette ai Risorto di fuoriuscire e di accompagnare la traversata. Il primo atteggiamento di Gesù è quello dell’avvicinarsi per farsi prossimo. Come il buon samaritano. «Gesù fa il primo passo, in un certo senso. E in lui è il regno di Dio che si avvicina ai discepoli» (Chenu 2005, 46s). È far sentire che lui c’è, che il regno di Dio è vicino e che Dio ha deciso di usare compassione nei confronti della sua creatura. «Gesù, nel racconto di Emmaus, appare come un viandante che si fa compagno di strada dei nostri racconti. Non teme di perdere tempo ad ascoltare, anzi gli è indispensabile partire dalla nostra storia [...] Solo chi è capace di un’attenzione straordinaria e profonda della vita e delle sue “istantanee” (un pastore con il suo gregge, i tralci di una vite, un seminatore...) diventa capace di raccontare storie nuove, che diano respiro, che rilancino la speranza perduta, che invitino a prendere di nuovo il largo» (Torresin 2002, 498). Questa irruzione del «terzo» permette alla relazione diadica di allargarsi e di trascendersi. La relazione io-tu 33 si apre all’«oltre», si apre alla trascendenza per superarsi e non rimanere invischiata nel rapporto fusionale. La presenza del viandante misterioso, che si pone accanto al cammino dell’uomo e della donna per interpellarli sulla loro situazione e sul loro progetto, orienta verso un futuro di speranza. Il suo modo di porsi in ascolto si mostra attraverso l’interrogare, che deriva dal latino inter-rogare, che significa «trasportare da un luogo all’altro». Infatti, la domanda di Gesù è intenta proprio a trasportare i discepoli dal vortice delle emozioni che li sta distruggendo alla consapevolezza delle cause della loro fuga e del loro disagio. «Nell’ottica della reciprocità, l’autentico maestro non è colui che fornisce risposte, contenuti di sapere, ma colui che è in grado di suscitare domande. Il vero maestro è maestro di domande. Intorno a questa affermazione si potrebbe riarticolare l’intero progetto didattico, teso a raggiungere non un “sapere statico” bensì “nomade” [...] Il maestro non è soltanto l’esperto che semplicemente trasmette dei contenuti, piuttosto egli fornisce risposte a mo’ di domanda nella convinzione che la ricerca non ha fine. La pedagogia della domanda è quindi orientata a costruire un pensiero interrogativo, contrapposto a quello semplicemente assertorio» (Baccarini 2003, 176s). La domanda di Gesù fa emergere, così, le inquietudini e le rappresentazioni che i discepoli si sono fatti dopo gli eventi che hanno vissuto. Le domande del Maestro aiutano i due a narrarsi attraverso un racconto autobiografico che fa venire fuori la loro situazione interiore, la loro visione delle cose accadute, il loro fare e il linguaggio con cui manifestano la loro reazione. Le domande del viandante innescano il bisogno dei due di raccontarsi per frapporre uno spazio tra l’irruenza delle emozioni e il Se che le deve sì vivere, ma anche pensare e ordinare, per non rimanerne sommerso. 34 Leggersi, provocatida una domanda (Lc 24,15-24) Sussidio annuale 2008-’09 Le riflessioni bibliche Leggersi, provocatida una domanda (Lc 24,15-24) Giuseppe Martini sottolinea proprio questa necessità dell’uomo, quella cioè di collocare le proprie esperienze dentro una trama ben precisa e apportatrice di senso. «Quando le nostre emozioni sono troppo forti, vi è l’esigenza, per non lasciarsene sommergere, di costruire, attraverso la parola e il racconto, una distanza, che potrà permettere ora un’attenuazione del loro impatto, se doloroso, ora un loro più pieno godimento» (Martini 1998, 20s). Narrarsi, allora, è disporsi alla comprensione della propria vita. Si tratta di ri-conoscersi, conoscere di nuovo ciò che si è conosciuto vivendo. In quanto processo che comporta un riconoscimento del proprio vissuto, l’esperienza può assumere i tratti di un risveglio. È la presa di coscienza di qualcosa che, in un certo senso, si sapeva gia prima, ma non si sapeva di sapere. E ciò che spiegava bene Benjamin: «Vi è un sapere non ancora cosciente di ciò che è stato la cui estrazione alla superficie ha la struttura di un risveglio» (Benjamin 1983, 508). E il risveglio è «il caso esemplare del ricordo: il caso in cui riusciamo a ricordarci di ciò che è più prossimo, il più banale, più a portata di mano» (ivi)1. Il ricordo è quel «pensare all’indietro» per organizzare i propri vissuti nella forma di un racconto. È un presentare 1 Scrive Victor Turner: «L’esperienza è incompleta, a meno che uno dei suoi momenti non sia un atto creativo di retrospezione, nel quale agli eventi e alle parti dell’esperienza viene attribuito un significato [...] L’esperienza è sia un “vivere attraverso” che un “pensare all’indietro”. Ed è anche un “volere o desiderare in avanti”, cioè uno stabilire mete e modelli per l’esperienza futura, nella quale si spera che gli errori e i rischi dell’esperienza passata saranno evitati o eliminati» (Turner, 1986, 43s). 35 Sussidio annuale 2008-’09 «Scrivere la propria vita è sempre un ripercorrersi per ripensarsi, per assegnarsi un’identità e un senso nuovi e ulteriori rispetto a quelli del vissuto reale, cronologico, empirico, poiché addensati intorno al simbolico» (Cambi 2002, 23). Ma questa operazione ci fa imbattere anche in qualcosa d’altro: alla storia che eravamo impegnati a narrare possono cominciare ad affiancarsi frammenti di storie diverse o di una storia nascosta, possono emergere storie di altri o del mondo che ci circonda. È la funzione più interessante della memoria: quella di essere sovversiva, cioè di conservare tracce anche di ciò che nell’identità attuale, e nelle storie che raccontiamo a partire da questa, non trova posto. Si tratta di scarti della memoria, di elementi che ci mostrano che la nostra storia si incrocia con quella degli altri e del mondo intorno a noi. Quando la pratica autobiografica vi si imbatte la narrazione si inceppa. La presentazione di sé lascia spazio, allora, ad altro: la ricerca di sé, l’investigazione di un sé che non è più dato per scontato ma che sfugge, e che quanto più sfugge tanto più si vorrebbe conoscere. «È questa ricerca che rende propriamente la pratica autobiografica una forma di esperienza: la forma di esperienza per eccellenza [...] il desiderio di risvegliarci alla conoscenza del sé, un sé che non è più tanto il prodotto del nostro racconto, quanto l’oggetto la cui forma il racconto si sforza di ricalcare» (Jedlowski 2000, 115s). Ma ciò non avviene in un atto solipsistico. I due discepoli si raccontano interpellati dal viandante. Questo 36 Leggersi, provocatida una domanda (Lc 24,15-24) il proprio sé, una costruzione cognitiva che dà ordine al proprio materiale scegliendo ciò che è significativo, condensando la vita, accelerandone o rallentandone l’esposizione, stabilendo relazioni tra evento ed evento, fra gli eventi e le azioni, fra le azioni e i caratteri. Leggersi, provocatida una domanda (Lc 24,15-24) Le riflessioni bibliche significa che quando ci raccontiamo, non possiamo fare a meno di collocarci in relazione col punto di vista di un ascoltatore implicito, alle cui norme organizziamo il discorso. L’«altro» comanda silenzi e omissioni, suggerisce certe parole e non altre, fa si che i ricordi a cui prestiamo attenzione siano questi o questi altri. In definitiva, fin tanto che è una presentazione di sé, l’autobiografia non può prescindere dall’idea di colui al quale ci presentiamo: tende a organizzarsi secondo un punto di vista e a consolidare così un’identità relazionale. Ritornando ai due discepoli del brano potremmo dire che tutto ciò che abbiamo mostrato fino ad ora avviene nell’interazione con Gesù, l’altro per eccellenza, che permette ai due di ascoltarsi e di interagire interrogativamente col proprio sistema di rappresentazioni. Ecco che dalla narrazione degli interlocutori emerge la descrizione della loro situazione esistenziale vissuta in quel momento e la loro difficoltà a darle un senso. Vediamo, allora, quale carta d’identità esce fuori. Nella presentazione della personalità complessa dei discepoli prendiamo in prestito lo schema di Marchese (1990, 187) secondo cui si potrebbe studiare l’epifania del protagonista di un racconto seguendo quattro dimensioni distinte ma interconnesse strettamente fra loro nella realtà narrativa: 1) l’essere, cioè le attribuzioni o qualità del personaggio; 2) il fare, cioè la sfera pragmatica in cui è coinvolto; 3) il vedere, cioè la prospettiva in senso lato; 4) il parlare, cioè gli eventi verbali, gli atti linguistici di cui il personaggio è emittente e ricevente. a) Essere. L’essere dei due discepoli è scosso dalla tristezza e dalla disperazione; due emozioni che rischiano di dilaniare l’esistenza e di ridurre le relazioni con l’altro al livello dell’aggressività e della violenza. Il corpo dei due fuggitivi reagisce a queste emozioni con l’immobilismo. «Non hanno più voglia di continuare, di fare un passo in più. La loro interiorità si rivela nella loro 37 Sussidio annuale 2008-’09 Il loro cuore è dilaniato, è infranto. Fanno esperienza della sclerocardia, cioè dell’indurimento del cuore dovuto alla tristezza. Questa sclerocardia li porta allo sclerosoma, alla chiusura del corpo, alla fredda staticità. Come conseguenza di questo immobilismo si ha la relazione con l’altro che è visto come uno straniero, quasi un avversario. È la conseguenza di un’identità che si chiude in se stessa e che vede nell’altro solo una minaccia o un nemico da cui difendersi. Come ultimo elemento dell’essere emerge un nome, Cleopa, che storicizza e dona un’identità ben precisa a uno dei protagonisti del brano. Dell’altro non si conosce nulla. Questo può significare due cose: una negativa che indica la realtà di un rapporto dilaniato dalla divisione e dalla sclerocardia che porta a considerare l’altro, il diverso, come uno privo di consistenza personale e quindi da usare liberamente come oggetto per soddisfare i propri interessi e le proprie vigliaccherie; un’interpretazione invece più positiva - e che non contrasta, però, con la prima - tende a identificare il senza nome come ciascun lettore; è uno spazio lasciato vuoto perché ognuno possa identificarsi con l’altro discepolo e investirsi responsabilmente nell’incontro. Quest’ultima interpretazione mette in gioco anche il lettore e lo coinvolge nella dinamica e nella relazione della vicenda. E il Signore non tarda a sollecitarci: con la domanda successiva mette a nudo le nostre rappresentazioni della realtà e dell’altro. b) Vedere. La domanda del Signore aiuta i discepoli a dare un nome al loro comportamento corporeo e psicologico: è il loro modo di vedere la situazione, i fatti 38 Leggersi, provocatida una domanda (Lc 24,15-24) esteriorità, nella loro apparenza. Hanno il volto triste, poiché, secondo l’assioma biblico, il volto rivela il cuore. I due discepoli sono completamente scombussolati dagli avvenimenti recenti. La loro speranza è crollata» (Chenu 2005, 48). Leggersi, provocatida una domanda (Lc 24,15-24) Le riflessioni bibliche accaduti, la crisi. Dal loro racconto emerge la visione di Messia: un messia vittorioso, un liberatore politico dall’occupazione romana, a favore di un popolo finalmente libero di disporre di sé. E tutto questo confermato, tra l’altro, dalla potenza delle parole e delle opere che quel profeta di Nazaret ha compiuto di fronte a Dio e a tutto il popolo. Un’immagine che, però, viene a cozzare con quella che le autorità religiose si sono fatte del Nazareno. Esse hanno visto in lui un uomo pericoloso per lo status quo, un bestemmiatore e un sedizioso. Lo hanno quindi condannato a morte e sono arrivate a crocifiggerlo. Di fronte a questa incongruenza «…i discepoli non sono in grado di collegare i tre elementi che sono stati espressi in tre versetti: i fatti meravigliosi, la morte sulla croce, la salvezza d’Israele. Il secondo elemento introduce una contraddizione radicale e provoca una grande disillusione: il bel sogno di un Israele restaurato nella sua identità nazionale e politica è crollato» (ivi, 52). La loro difficoltà - dovuta all’impedimento dei loro occhi - è allora quella di conciliare gli opposti, nati dalla frattura della Pasqua del Signore. Da una parte troviamo l’illusione dell’irruzione del regno di Dio attraverso «effetti speciali» ed eventi miracolistici, dall’altra la stoltezza e la maledizione del fallimento della croce. Il pensiero dei due è tutto centrato sull’aut-aut, non è possibile pensare diversamente. Questo modo di vedere e di essere nasce da un’ulteriore difficoltà circa gli eventi che, invece, sono capitati nella mattinata. «I discepoli se hanno la piena informazione sulla Pasqua, non hanno però la fede pasquale. Rimane il fossato tra l’informazione e l’adesione. Ciò che 39 Sussidio annuale 2008-’09 È la difficoltà di un uomo che non possiede la fede come adesione alla Pasqua del Signore e che quindi non è in grado di dare senso e significato alla realtà che sta vivendo. La visione della realtà è parziale perché non ancora portata a compimento dalla fede pasquale e dalla presenza del Risorto nel mondo. c) Fare. Dall’essere e dal vedere deriva il fare. Un fare immobile, rigido, privo di movimento a motivo della sofferenza che «si introduce sul cammino della realtà senza avvertire, ineluttabile, trasformando lo spazio vitale in costrizione mortifera. Essa destruttura e disumanizza. Apre una frattura in tutte le relazioni, e in primo luogo nella propria interiorità. La sola parola d’ordine contro di essa è resistenza, e non compiacenza. L’umano è in pericolo poiché siamo mortali [...] Uno degli effetti più immediati della sofferenza è il ripiegamento, per non dire la chiusura di sé. L’essere umano è solo al mondo. E ciò che è peggio, ha l’impressione di non contare niente.[...] Se il dolore imprigiona in se stessi, esso affonda anche nell’abisso del presente. L’avvenire assume il colore della morte, la disperazione corrode i caratteri più fermi. Ci si dichiara vinti e si lasciano cadere le braccia» (ivi, 98s). Il serpente della divisione ha iniettato il suo veleno attraverso la menzogna e l’inganno che non fanno vedere che è possibile salvarsi attraverso il perdono e l’amore. Il fare dell’uomo, allora, si trasforma in af40 Leggersi, provocatida una domanda (Lc 24,15-24) è stato riferito dalle donne li ha, più che sorpresi, stupefatti, sconvolti. Ma non al punto di convincerli. La grande difficoltà nasce in realtà dal fatto che le donne non hanno trovato il corpo, non hanno visto Gesù» (ivi, 53). Leggersi, provocatida una domanda (Lc 24,15-24) Le riflessioni bibliche ferrare e possedere per ricercare un senso a ciò che sta vivendo con sofferenza. L’altro diventa un oggetto e così la realtà e Dio stesso. Tutto diviene manipolabile, sperimentabile, riproducibile. Il mistero scompare perché il volto dell’altro è stato nascosto dietro a una maschera e si è trasformato in un puro strumento di conoscenza e soddisfacimento dei propri desideri. Il fare si esprime, così, nel possedere e nell’utilizzare liberamente tutto e tutti per i propri fini anche ritenuti giusti per il bene della scienza o dell’umanità. Non esiste più la coscienza del limite che apre al mistero, ma tutto si espande diventando enorme e brutto. La relazione diventa mercantile e legiferata dalle norme dell’economia e degli interessi. Tutto, allora, si fa commerciabile, compresi gli affetti e le emozioni. d) Parlare. Dall’essere, dal vedere e dal fare scaturisce, infine, il parlare. È lo stesso Gesù a rilevare come il linguaggio dei due sia un puro scagliarsi di parole in maniera reciproca. Il Risorto sottolinea questo dinamismo con un verbo che significa «lanciare frecce», «rispondere con frecciate». Se siamo stati punti dal veleno del serpente anche il nostro linguaggio serve come freccia avvelenata da scagliare contro l’altro per immobilizzarlo e dominarlo. Come fa il ragno con la propria preda per poi avvolgerla con la tela, succhiarne il sangue (cioè la vita) e mangiarla. Il nostro parlare, allora, serve solamente per afferrare l’altro e portarlo nella nostra tela per mangiarlo, cioè per renderlo simile a noi. Un linguaggio, quindi, distorto, menzognero, che falsifica i rapporti e li riduce a monologhi solitari. La parola, in questo vortice, non è più una fecondazione reciproca che fa crescere una nuova vita autonoma e libera, ma una «masturbazione» che disperde il seme dentro il proprio egoismo e la propria chiusura. Il racconto autobiografico dei due, stimolato dalle domande dello sconosciuto, dà la possibilità di pensare 41 all’indietro e riprendere così i propri vissuti, carichi di rappresentazioni e di emozioni. Una specie di flashback che fornisce il modo e l’ordine attraverso i quali il lettore diviene consapevole di ciò che è accaduto mettendolo in grado di costruire egli stesso un significato testuale tramite i processi di interpretazione. E tutto questo grazie a un rapporto dialogico col «terzo» interpellante e coinvolgente. Riassumendo, dal racconto emerge la carta d’identità dei due discepoli e quindi della comunità cristiana che si sta leggendo: 1. Il dolore di una ferita, delle tante ferite della Chiesa che spesso vengono represse o nascoste. Emerge, allora, l’inconciliabilità tra morte e gloria, tra sofferenza e redenzione. La sequenza della Pasqua, nella liturgia cattolica, evidenzia questo carattere di conflittualità con la famosa frase: «mors et vita duello». La morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso duello dentro la ferita, la crisi della Pasqua. E questo è vero anche per noi quando viviamo un momento di forte crisi: dentro di noi il desiderio di morire entra in conflitto con l’istinto di sopravvivenza; se vince il desiderio di morte si sfocia nel suicidio, se invece ha la meglio il desiderio di vita si sfocia nella creatività. È tipico questo di ogni periodo di passaggio nella vita personale in cui si sperimenta la morte del nostro io precedente insieme alla vita dell’io nuovo dentro un conflitto che comporta molta sofferenza. È vero anche per la comunità cristiana quando sperimenta dei momenti di crisi in cui si sente fortemente spinta a morire a certi modi di essere e di fare per rinascere a uno stile di vita nuovo. La crisi fa emergere il conflitto e tutta la sofferenza che contiene. Quando, però, gli occhi sono incapaci di vedere con la luce della fede pasquale, non si riesce a scorgere questa sofferenza come opportunità di redenzione, la ferita come feritoia di salvezza. Per questo oggi tendiamo a eliminarla o perlomeno a ghettizzarla. Anche ai nostri 42 Leggersi, provocatida una domanda (Lc 24,15-24) Sussidio annuale 2008-’09 Leggersi, provocatida una domanda (Lc 24,15-24) Le riflessioni bibliche giorni c’è la difficoltà a riconoscere la sofferenza e la morte come occasioni di redenzione, per cui vengono messi in essere tutti quegli atteggiamenti che servono per stigmatizzarle e per sconfiggerle. Certo, è umano e importante lottare contro la sofferenza e la morte, anche Gesù l’ha fatto; l’errore non sta in questo ma nel voler a tutti i costi nascondere, occultare ciò che è naturale e fa parte del corso della vita stessa. La lotta e il conflitto con queste dimensioni della nostra esistenza sono, invece, necessari per un loro ascolto e una loro trasformazione in salvezza, non solo, ma anche per un nuovo slancio creativo (Brunini 2004, 41-62; Goffman 2003). 2. La presenza del sogno e della speranza. Anche la cultura è capace di sognare e di sperare, attraverso i propri schemi e le proprie idee. Sogni e speranze che nel corso della storia sono stati trasformati o completati; basti pensare al desiderio di avere sotto di sé grandi masse di persone che seguono il proprio messaggio e sulle quali esercitare. il potere. Sogni che spesso non hanno tenuto conto del presente e della realtà rifugiandosi nel mondo dell’utopia, dell’idealità e del successo. Voli pindarici dovuti all’eccessiva razionalizzazione del reale che hanno portato tante comunità verso un futuro ideale privo del peso e della densità del mondo interiore e del proprio limite. 3. Il desiderio di ricerca di senso, di cibo che possa riempire il vuoto lasciato dalla ferita. Una ricerca che non ha una meta ben precisa ma che è spinta dal desiderio di capire. I due discepoli stanno camminando e, come diceva Burkert, tale movimento è causato dalla ricerca di cibo che implica lotta «contro altri aspiranti alle stesse risorse e la possibilità di inganni, combattimenti e fughe». In altre parole una ricerca stabilita come mezzo per la soluzione di problemi e rappresentata e comunicata tramite il racconto. Un cibo simbolico, s’intende, che 43 Sussidio annuale 2008-’09 però significa conoscenza, prestigio, dominio, potere... come i nostri progenitori del libro della Genesi che allungano la mano per afferrare il frutto proibito. 5. La densità della parola. Una parola avvelenata nella sua relazione verticale, cioè verso l’interiorità. Una parola simbolo che unisce un’energia interiore (dominata, nel nostro brano, da un cuore indurito e smarrito, un cuore avvolto nella tristezza e nella confusione, un’interiorità repressa e nascosta perché troppo dolorosa) e un’energia superiore (una mente chiusa dentro gli schemi e i pregiudizi). Una parola, di conseguenza, avvelenata nella sua relazione orizzontale, cioè verso l’altro. Un rapporto che conduce a una comunicazione violenta e aggressiva nei confronti del diverso e dello straniero. Una parola usata per i propri fini anche se spesso mascherati dalle buone intenzioni dell’evangelizzazione. 6. La presenza della tentazione di chiudere tutto dentro degli schemi già stabiliti, delle teorie o dei dogmi fissati come leggi scritte da nessuna parte. È la tentazione di incasellare il reale, di analizzarlo, di fissarlo nel mondo delle rappresentazioni mentali. È il pericolo della storia dell’uomo che, come abbiamo visto in precedenza, tenta di riportare l’alterazione dentro le categorie standard con l’illusione di ridurre o annientare l’energia che vi sottostà. Ma è anche la tentazione della Chiesa quando si rinchiude dentro la fortezza delle proprie certezze e dell’abitudine senza aprirsi alla novità della presenza del Risorto che la interpella tramite la storia. 44 Leggersi, provocatida una domanda (Lc 24,15-24) 4. Il desiderio di ricordare, di fare memoria. Una memoria malata, però, che è più che altro nostalgia (cf. SplidikRupnik 2005, 121-126). Nostalgia di una Chiesa ancora significativa e punto di riferimento nella società e nella storia. Le riflessioni bibliche Per la vita Leggersi, provocatida una domanda (Lc 24,15-24) Di fronte alle domande e alle provocazioni del «forestiero» attraverso la storia, la comunità è invitata a leggersi e a rispecchiarsi nel «testo» del mondo. Emerge, così, una radiografia o, meglio, un’autobiografia di se stessa da raccontarsi e raccontare. Per compiere questo processo di lettura occorre incominciare a fare i seguenti passi: 1. Interrogarsi e interrogare il mondo. Occorre un’ azione ecclesiale che si ponga di fronte a se stessa e alla realtà contemporanea non con i pregiudizi e gli stereotipi, ma con il desiderio di domandare, di interrogare ciò che emerge dagli atteggiamenti e dai movimenti culturali e sociali. 2. Ascoltare l’autobiografia dell’uomo e della donna che incontriamo nella quotidianità. «La storia spesso è come il cammino di questi due discepoli: un percorso verso l’inevitabile tramonto, verso un insignificante villaggio che diventa un rifugio di sbandati. Racconto di fuggitivi, di uomini e donne che scappano da Gerusalemme, che vivono con la speranza alle spalle. Sono storie di percorsi interrotti, di sentieri perduti. Non dobbiamo avere paura di ospitare storie così [...] Sono storie che spesso fanno male, sono percorsi bloccati che si rifiutano di trovare vie di uscita. Per questo nessuno li vuole, nessuno li ascolta. Diventano storie che si perdono, o che semplicemente si trasformano in lamentazione frustrante e sterile. È difficile ascoltare i racconti: bisogna sapere che spesso hanno dentro anche il veleno della recriminazione, del risentimento; sono intrisi di sensi di colpa, s’intestardiscono in percorsi senza uscita» (Torresin 2002, 497). 45 Sussidio annuale 2008-’09 Domande • Una relazione tra un Io e un Tu è incompleta se non aggiungiamo il terzo soggetto, Dio. Solo così la relazione può aprirsi alla dimensione dell’oltre. In quest’ottica abbiamo la premura costante nei nostri gruppi di ascoltare la domanda di Dio «tuo fratello dov’è?», «che posto ha nella tua vita?», «quanto ti spendi per lui?» • Quanto il nostro atteggiamento assomiglia a quello del «Maestro», che si fa «forestiero misterioso» nell’accompagnare i discepoli di Emmaus lungo la strada, aiutandoli ad uscire dalla crisi suscitando in loro domande, costringendoli a raccontarsi con criteri nuovi senza sommergerli con la propria sapienza? Quanto i nostri occhi vedono e sostengono lo sguardo del mondo? In altre parole quanto siamo narcisisti o quanto siamo attenti a coloro che ci stanno attorno con le loro delusioni, le loro diversità, le loro storie? 46 Leggersi, provocatida una domanda (Lc 24,15-24) 3. Da questi due atteggiamenti ne deriva un terzo che investe gli occhi: il vedere. Oggi la Chiesa ha il dovere di guardare negli occhi il mondo, ha la missione di penetrare con lo sguardo le trame di tante storie che si affacciano alla sua attenzione. Ma vedere anche nel senso di accogliere i racconti degli altri e dentro scoprirvi il racconto della propria vita. In altre parole, gli altri, raccontandosi, ci raccontano, parlano di noi stessi e del nostro modo di essere, agire, vedere, parlare. Le riflessioni bibliche Scheda n° 3 Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27) Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27) 1. Lasciarsi giudicare dalla saggezza della parola di Dio La vicenda dei due discepoli continua con la seconda tappa (o scena) della trama narrativa che prende il nome di complicazione, cioè una specie di messa in crisi della situazione iniziale. Il Signore infatti cerca di aiutare i due a considerare il proprio mondo non in senso assoluto ma da relativizzare continuamente per aprirsi a inediti e ulteriori sviluppi. Gesù, non è più colui che si introduce discretamente nello scambio, ma colui che conduce la discussione. Passiamo quindi dal punto di vista dei discepoli a quello di Gesù che non ricusa di evidenziare le motivazioni profonde che hanno generato gli atteggiamenti e il racconto dei due discepoli. Egli «rimprovera ai discepoli sia la loro insipienza (stolti) sia la loro mancanza di fede (tardi a credere), una carenza dell’intelligenza e del cuore, del sapere e del sentire, in quanto il cuore è il luogo in cui si gioca l’adesione a Dio o il rifiuto della sua rivelazione» (Chenu 2005, 53). Con questo rimprovero Gesù mette in luce le radici profonde che hanno portato i due personaggi, noi lettori e la comunità, ad agire nel modo precedentemente descritto. a) L’insipienza, la stoltezza. Cioè la mancanza di intelletto (a-nous), frutto della sapienza, che permette di vedere «il tempo e lo spazio abitati come ambiti di salvezza 47 Itinerario di spiritualità 2008-’09 Per questo lo sguardo sapienziale è una lenta iniziazione ad una conoscenza simbolica in modo che cominci a svegliarsi nel soggetto un’esperienza spirituale. In questa maniera la vita diventa saporita, carica di sapore. Cosa che, invece, non hanno vissuto i due non riuscendo, quindi, a guardare oltre i fatti. La loro vita è diventata insipida, senza sapore e se «il sale perde sapore, con che cosa sarà condito? Non è adatto né per la terra né per il concime per cui viene buttato fuori» (Lc 14,34-35). b) Lentezza del cuore nel credere a tutto ciò che hanno detto i profeti. Il cuore nella visione biblica è il luogo dell’insieme, perciò è quanto costituisce e costruisce la persona. Il cuore è l’organo da cui la persona è articolata, ma non smembrata, dove la percezione della totalità di sé a tutti i livelli è custodita, promossa e sentita. È l’organo del coordinamento, dell’intreccio, di tutte le emozioni, le intuizioni, le esperienze che in esso si incontrano, convergono, si fecondano a vicenda e di nuovo ripartono in direzione di tutte le dimensioni della persona, di tutti gli angoli dell’io. Il cuore è l’organo del sentimento, dato che gestisce il relazionarsi dell’uomo, l’organo in cui si misura il rispetto, cioè la qualità della relazione. Il cuore è anche l’organo dell’amore, perché coinvolge tutta la persona. È evidente allora che il cuore è anche l’organo della fede, con cui si possono conoscere i misteri di Dio che è amore. Per questo motivo un cuore lento è incapacità di vivere e di conoscere l’amore e il rapporto con gli altri e con l’Altro. E un cuore che pulsa lentamente, che non è «sintonizzato» su quello di Dio che invece batte follemente per l’amore che nutre nei confronti della 48 Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27) che mantengono una continuità oltre i tempi e oltre gli spazi umani così diversificati» (Spidlik-Rupnik 2005, 383). La sapienza è allora guardare in faccia la realtà per scorgervi un oltre, un superamento nel mistero. Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27) Le riflessioni bibliche sua creatura e per lei è disposto ad abbassarsi fino alla follia della croce. Se i discepoli avessero creduto alla voce dei profeti avrebbero compreso meglio la kenosis del Figlio che muore per compiere il disegno di amore del Padre per l’umanità intera. Da questi due atteggiamenti diventa chiaro il motivo del mancato riconoscimento di Gesù risorto presente e operante nella storia e nelle sue fratture per trasformarla e orientarla verso una prospettiva di salvezza: è l’alienazione dell’intelligenza e del cuore. Entrambe le dimensioni dell’essere umano si sono avvelenate e sclerotizzate, dividendosi e camminando ognuna per conto proprio. L’uomo si sperimenta, allora, diviso e questa divisione provoca la morte fisica, psichica e spirituale. Per sbocciare nella fede occorre, invece, che la mente e il cuore si accordino. Ma solo Gesù, nella sua condizione di risorto, può far passare dal misconoscimento al riconoscimento. Può aprire gli occhi dei discepoli al compimento delle Scritture nella sua stessa persona. Ecco che allora dopo aver riaperto la ferita e trovato il suo punto più profondo vi discende con tutto se stesso. La Chiesa dice nel Credo: «Discese agli inferi». Il Signore discende negli inferi dell’uomo aperti finalmente dal terremoto della croce. Entra dentro e, attraverso il perdono e la misericordia, riconcilia gli opposti (Ef 2,14-16). Così, ciò che appare contraddittorio agli occhi degli uomini si integra in una storia della salvezza che ha una sua diversa coerenza. Lo scandalo è superato nel mistero. Per questo la vita e la morte di Gesù si mostrano come atto di riconciliazione di ciò che allo sguardo umano crea conflitto, crisi, ferita. Gesù dimora dentro il conflitto, dentro l’anomalia e vi porta la gloria di Dio – che nell’esperienza biblica indica la densità del suo mistero, che è mistero di amore e di misericordia – insieme alla coscienza e alla consapevolezza dell’uomo: «E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, interpretò loro in tutte le Scritture ciò che lo riguardava». 49 «L’esercizio al quale Gesù si applica ora è un esercizio di interpretazione, di “ermeneutica”, dato che viene usato il termine greco. Come dire che la Scrittura biblica non si riduce mai al suo senso più ovvio: esige un discernimento, una penetrazione del senso. E il senso nascosto è spesso più ricco di quello letterale. Gesù pratica la tecnica esegetica ebrea della “collezione (di versi)” che accosta versetti presenti in varie parti della Bibbia e che introduce una coerenza dove non si coglievano che affermazioni disparate» (Chenu 2005, 56). Gesù mette insieme vari testi della sacra Scrittura e li interpreta, cioè fa rivivere l’anima, il significato che li tiene uniti, la vera presenza che grazie al «forestiero» riprende vita e intelligibilità. Quel Messia sofferente, quel logos originario di cui parlano le Scritture, «oggi» ha un nome ben preciso: Gesù di Nazaret. Il Signore risorto incomincia a tessere, cuce la storia della salvezza con la sua storia, con quella dei discepoli e, grazie al potere del testo, anche con la nostra. Tutto diviene un intreccio di racconti unificati dalla persona del Cristo sofferente-risorto, del messia trafitto e glorificato. Il dramma della storia dell’uomo è adesso letto alla luce del dramma di Cristo morto e risorto che apre una nuova strada di salvezza. La tela che viene tessuta mostra il disegno di Dio per l’umanità, un disegno di amore e di continuo perdono e desiderio di riaccogliere tra le proprie braccia la sua creatura perduta. Con l’arte della rapsodizzazione Gesù fa entrare i due discepoli dentro il testo narrativo delle Scritture e lo rende vivo. Solo così i nostri amici possono interagirvi accogliendone il senso e, nel dialogo, trovarvi un significato per la loro vita. Alla luce di questo nuovo senso la loro esistenza è letta con un nuovo significato: Gesù entra nelle ferite della storia e le orienta verso la speranza della possibilità di un mondo trasfigurato dalla luce del Risorto. Si parte da Mosè, che ha ferito l’Egitto, il mar Rosso e il cuore indurito del faraone, ha ferito la roccia, segno del cuore del suo popolo, facendone uscire l’acqua della salvezza e le lacrime della 50 Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27) Itinerario di spiritualità 2008-’09 Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27) Le riflessioni bibliche purificazione. Si continua, poi, con i profeti, che hanno trafitto il cuore indurito e la mente annebbiata del popolo d’Israele con la parola che come una spada a doppio taglio penetra fin nelle giunture dell’interiorità spezzandole. Si giunge, infine, al compimento in Cristo, che con la croce ha trafitto la roccia del cranio di Adamo fino a penetrare negli inferi del suo cuore e dividerlo in due per ridare unità a tutto l’essere umano. Con la croce Cristo ha separato, quindi, ciò che era fuso (con-fuso) facendo chiarezza e riportando la relazione tra il maschile e il femminile, tra la vita e la morte, ecc. Grazie al testo della Scrittura i discepoli possono scoprire la presenza vivificante del Signore nelle viscere del dramma della loro storia e di quella dell’umanità per aprirsi, così, alla speranza. Ma questo momento, anche se significativo e significante, non basta. Questo risveglio della Parola non è sufficiente. Ha, infatti, solo preparato il terreno al passaggio dal fatto alla fede, alla manifestazione del Risorto che fra poco avverrà in pienezza. Ma per adesso fermiamoci qui. Per la vita Di fronte ai racconti dell’uomo, nella confusione – a volte – dei percorsi, la comunità ecclesiale è chiamata a ricostruire i nessi, a offrire una grammatica che permetta la decifrazione della storia di ciascuno. La Chiesa non ha paura di dimorare dentro il conflitto e dentro le ferite contraddittorie dell’uomo, ma lo fa interpretandole alla luce della parola di Dio. Il luogo in cui la parola è letta e attualizzata è, in seno alla pastorale, la catechesi e l’evangelizzazione in generale. Alla luce del Maestro la catechesi e l’evangelizzazione diventano invece: 1. custodia delle storie degli uomini e delle donne per offrirle alla Parola perché le illumini e le orienti; 51 Itinerario di spiritualità 2008-’09 2. interpretazione profonda e sincera dei nodi e delle cause più recondite che hanno fatto scattare gli atteggiamenti raccontati attraverso l’arte della relazione e dell’interazione; 4. rapsodia delle Scritture per aiutare chi è in formazione a collocare queste cause dentro una relazione e una storia con il Dio della misericordia che si rivela nella sacra Scrittura, nel magistero e in tutto il materiale della tradizione ecclesiale. Il tessere la storia personale e comunitaria delle persone umane con quella di chi le ha precedute serve proprio per inserirsi dentro una storia più grande che, a partire dall’alleanza con Abramo, trova il suo compimento nella nuova alleanza della morte e risurrezione di Cristo, passando attraverso tutte le vicende, anche le più disparate e complesse, che hanno accompagnato i personaggi del Primo e del Secondo Testamento. 2. Incontrare la «vera presenza» (Lc 24,28-29) 2.1. Aprirsi all’invocazione Con il v. 29 il testo inizia a presentare il processo di cambiamento che avviene nei discepoli. L’azione trasformatrice parte dal punto in cui si trovano adesso i due discepoli: si sentono degli arrivati. Hanno scoperto il senso del loro cammino, hanno raggiunto finalmente la meta. È il cammino della Chiesa che cede all’illusione di aver compreso tutto su Gesù. La fede non nasce solo da un’adesione intellettuale alla proposta di Cristo; come abbiamo detto in precedenza occorre che mente e cuore si accordino. «Se la vita spirituale viene intesa in maniera intellettuale, allora basta osservare certe regole, 52 Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27) 3. discesa empatica fin dentro gli inferi di queste cause per condividerli con chi li sta vivendo, accoglierne tutta l’energia e farvi posare sopra il perdono di Dio; Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27) Le riflessioni bibliche compiere certe pratiche spirituali, aderire a certe dottrine per essere “spirituali”. Ma una simile “spiritualità” non porta alla vera comunione, neppure da un punto di vista sociale o ecclesiale. Anzi il rischio è che su questo malinteso si creino dei clichés e dei modelli di comportamento magari legati a gruppi ristretti, sui quali la persona finisce per misurare se stessa e la sua vita spirituale. Come a dire che chi pensa di rientrare in quei modelli comincia a sentirsi a posto, a giudicare chi non vive o non riesce a vivere con quello stesso stile, e a “classificare” le persone a seconda se appartengano o no a quel “cliché” Si crea insomma un nuovo conformismo a delle regole che vengono scambiate per spiritualità» (Rupnik 1996, 21). Gesù, invece, invita ad andare oltre. Il suo atteggiamento mostra che occorre camminare ancora per l’apertura degli occhi e quindi del cuore. Prosegue, così, il cammino perché in lui la storia della salvezza possa aprirsi all’escaton, al tempo senza fine, al futuro escatologico. Grazie alla sua presenza la storia dell’umanità diventa storia della salvezza che si realizza negli ultimi tempi, nella ricapitolazione di tutto il creato nel Cristo cosmico. È per questo che, dopo aver interpretato le Scritture, Gesù assume un atteggiamento abbastanza strano e che apparentemente ha poco a che fare con la vicenda narrata: fa finta di andare più lontano. Dopo l’interpretazione della Parola e prima della frazione del pane, egli fa finta (prosepoiesato da pros = presso, di fronte a, più epoiesato = creare, ma anche poetare, verseggiare, inventare) di passare il guado (poreuestai da poreuo = passo da parte a parte, guado) e andare più lontano. Di fronte all’atteggiamento di Gesù che va oltre ci si accorge che non basta aver capito delle cose sulla vita e sulla fede. Il primo passo da compiere, allora, è quello di riconoscere dove siamo: è notte e non è prudente continuare a camminare! L’oscurità quindi rappresenta lo stato del cuore e della mente dei discepoli. L’uomo si sente inghiottito dalla tenebra, simbolo della morte e del peccato. Egli pensava di salvarsi da solo, con le proprie forze e la 53 propria ragione, ma la notte ha sempre il sopravvento e con lei il mondo del mistero e dell’ignoto mai completamente afferrabili. Tutti gli artifici adottati per scongiurare questa esperienza drammatica sono serviti solamente a rimanervi ancora più avvinghiati. Come succede a Pietro, che vuole raggiungere il Signore camminando sul mare ma, fidandosi troppo delle sue forze, sprofonda nelle acque della tempesta che prima aveva sfidato (Mt 14,22-23). Come il cieco di Gerico, avvolto dall’abisso delle proprie tenebre e messo ai margini della strada (Lc 18,35-43). Ciò che, però, può salvare entrambi, come avviene anche per i discepoli di Emmaus, è compiere il secondo passo, e cioè aprirsi all’invocazione. E così avviene: tutti prorompono in un unico grido di aiuto che squarcia in due le tenebre dei propri inferi: «Signore, aiutami! Abbi pietà di me! Resta con noi!». Da questa invocazione che riconosce in quel fantasma, in quella voce, in quel viandante sconosciuto il Signore della vita, inizia la vera e propria trasformazione. Ecco l’importanza della preghiera. «La preghiera cristiana si esprime nel passaggio dal bisogno al desiderio. Il bisogno cerca la soddisfazione tramite la conquista del suo oggetto e l’immediatezza del possesso di tale oggetto. Il desiderio introduce tra il bisogno e il suo oggetto la mediazione di una presenza. Esso cerca la persona dell’altro oltre ciò che l’altro può offrire o rifiutare. La persona diventa più importante della soddisfazione attesa [...] L’incontro di Cristo obbliga però a rinunziare a ogni oggetto di bisogno imperioso per desiderare unicamente il desiderio di Cristo. “Se ci insegna a rinunciare a Dio come all’oggetto il cui possesso soddisferebbe il nostro bisogno, la preghiera si trasforma in attesa gratuita di un dono d’amore da parte di Dio” (Jean-Claude Sagne). Pregare significa attendere la venuta di Cristo tramite la via che egli sceglie. Ma a Emmaus come altrove, “la speranza non delude” (Rm 5,5)» (ivi, 109). 54 Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27) Itinerario di spiritualità 2008-’09 Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27) Le riflessioni bibliche La preghiera cristiana è essenzialmente invocazione, è espressione dei gemiti inesprimibili dello Spirito (Rm 8,26-27). E una porta che si apre per contemplare la presenza di Dio nelle tenebre della nostra vita, per rendergli grazie (Ap 3,20). È un attendere la venuta dello Sposo nelle nostre ferite e nelle notti della paura e del terrore (Ap 21,16-17). È la lampada accesa che attende la venuta del Signore (Mt 25,1-17). E lo Sposo, finalmente, arriva, entra attraverso la porta socchiusa delle nostre ferite e dimora con noi condividendo il pane della vita. Per la vita Il primo passo da compiere, come Chiesa, è quello di riconoscere la notte in cui siamo immersi. Il tempo che stiamo vivendo è al crepuscolo, è al momento in cui le cose non sono più nitide come alla luce del giorno e non sono ancora offuscate dalle tenebre della notte. Come Chiesa siamo chiamati a riconoscere questo tempo crepuscolare in cui non esistono certezze assolute ma condivise, non esistono verità da imporre ma da scoprire nel dialogo con l’altro. Siamo nel tempo dell’incertezza ed è bene accoglierlo come tempo abitato ugualmente da Dio e quindi carico di prospettive nuove che si possono aprire. In piena luce siamo sicuri di noi stessi, delle cose che vediamo e cadiamo nell’illusione di essere al centro del mondo come depositari delle verità che portiamo avanti. Tutto rischia di girare intorno a noi perché ci sentiamo forti delle certezze che si presentano in maniera nitida e assoluta. Il crepuscolo ci rende più umili, capaci di accettare l’incertezza delle nostre frasi considerate troppo assolute. Dentro questo periodo strano e non nitido della nostra storia occorre, allora, aprirci all’invocazione, tendere le braccia verso l’alto, come Mosè nel deserto, e diventare intercessione per il mondo: «Resta con noi». L’ambito in cui si può vivere questo rapporto relazionale con Dio e con l’uomo e la donna di oggi può essere appunto la preghiera. 55 Itinerario di spiritualità 2008-’09 3. Lasciarsi trasformare dalla «vera presenza» (Lc 24,30-31) Gesù, finalmente, risponde all’invocazione e riapre di nuovo la ferita come Mosè, come i profeti, in quel pane che spezza, che divide, segno del suo corpo che nella Pasqua si è diviso tra cielo e terra, un corpo trafitto dal quale sono usciti sangue e acqua, segno dello Spirito Santo. In questo pane diviso, i due discepoli hanno potuto contemplare anche la loro ferita, la loro frattura, il loro peccato, redenti adesso dalla ferita di Cristo e, grazie alla sua morte e risurrezione, hanno potuto abbeverarsi al sangue della passione di Cristo e all’acqua della purificazione. Contemplando questo mistero dello Spirito i loro Occhi si sono aperti come il mar Rosso, come il cuore indurito d’Israele, come la roccia in cui è stata conficcata la croce e come il velo del tempio a Gerusalemme. I loro occhi si aprono ma non più come quelli dei nostri progenitori in Gen 3. In quell’occasione gli occhi si aprirono per guardare in faccia la nudità della vita e, avendone paura, spinsero a nascondersi dietro ai cespugli della vergogna. Adesso, grazie a Cristo, gli occhi si aprono di nuovo e, nella nudità della croce e del pane spezzato, riescono finalmente a scorgere la strada della salvezza. E se è vero che l’occhio è rivelazione del cuore, allora anche il loro cuore ritardato si è aperto e si è unito a quello di Dio, sintonizzandosi con i suoi battiti. Gusto e vista si spalancano e si purificano nel gesto dello spezzare il pane. Finalmente da questa ferita si apre la possibilità di mangiare la bellezza; il mondo si fa epifania della bellezza di Dio. «Dopo aver vissuto sia l’esperienza del cammino che quella della tavola, “allora” i discepoli di Emmaus ritrovano la vista. Il passivo attesta che lo stesso che ha chiuso gli occhi al v. 16 ha la capacità di aprirli al v 31.Il velo che impediva di conoscere la verità della situazione è tolto» (Chenu 2005, 62). 56 Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27) 3.1. Partecipare al banchetto eucaristico Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27) Le riflessioni bibliche Nella frazione del pane e nella benedizione si è manifestata la Pasqua, l’esodo, il passaggio, la crisi di Cristo che è entrato, salvando e dando luce, nella Pasqua, nell’esodo e nella crisi dell’uomo. E l’uomo ha potuto accogliere il tutto nella consapevolezza, nell’intelligenza e nell’interiorità. Ha potuto odorare il profumo del pane appena sfornato; l’ha potuto vedere nelle mani trafitte di Gesù e, nella frazione, ha potuto udire la benedizione; ha potuto toccare il pane benedetto portogli da Gesù; ha, infine, potuto gustarne la fragranza e la freschezza. Con tutti i suoi sensi ha finalmente partecipato a questo evento: con la sua intelligenza l’ha potuto «capire», con il suo cuore custodirlo per sempre. Tutto l’uomo, allora, si è trasformato e solo adesso può rispondere alle domande: «Adamo, dove sei?», «Dov’è Abele, tuo fratello?»: siamo tutti lì in quel pane che si spezza nell’esperienza viva del Maestro che rimane in noi e noi in lui, per sempre! Ecco che la storia umana acquista un senso nuovo, una traiettoria inaspettata: quella dell’amore che si realizza non più nell’afferrare e nel possedere ma nell’accogliere con gratitudine quel donarsi gratuito, quella kenosis, quello svuotamento e condividerlo con l’altro. Da questa memoria e da questa esperienza l’uomo capisce che dalle proprie ferite, lette e accolte alla luce della Pasqua del Signore, può imparare a condividere e convivere con l’altro in un dono gratuito e autentico. Il suo frazionare il pane con l’altro diventa possibilità per Dio di entrare nella storia e di salvarla con la luce della Pasqua. Gesù, poi, diventa invisibile, l’albero dell’Eden si nasconde di nuovo perché d’ora in avanti si farà visibile nei gesti d’amore dell’uomo rinnovato. «Gesù non è più accanto a loro, ma nel cuore stesso, alla radice della loro vita: si è nascosto in loro. Vi è una specie di simultaneità tra il riconoscimento e il diventare invisibile di Gesù. I due eventi rientrano nel medesimo movimento. Il cammino di Emmaus è anche un cammino di sparizione!» (ivi, 63). Dio si nasconde nei gesti dell’uomo e, folle d’amore, sceglie di mostrarsi non più nella potenza terribile del Si57 Itinerario di spiritualità 2008-’09 Per la vita Dal racconto dei discepoli emerge la necessità di riscoprire e valorizzare tutti quei luoghi in cui la frazione del pane è vissuta dalla Chiesa come possibilità dell’intervento di Dio dentro la storia dell’uomo. -- La celebrazione dell’eucaristia: comunione e condivisione con Dio. -- La celebrazione dell’eucaristia: comunione e condivisione con l’umanità. -- La celebrazione dell’eucaristia: comunione e condivisione nel tradimento 4. Aprirsi all’arte della vita nuova (Lc 24,32-35) 4.1.Vivere una comunione rinnovata con se stessi, col mondo, con la Chiesa e con Dio Siamo ormai giunti a quel punto della nostra trama narrativa che prende il nome di soluzione. Il passaggio pasquale di Cristo e quello narrato dalla vicenda di Emmaus hanno determinato un movimento fondamentale anche nella vita dei due e nella nostra. E stata una crisi, una traversata che ha trasformato l’identità e lo stile di vita dei discepoli. Da questa ferita è nata una nuova forma, un nuovo modo di essere che ha bisogno di mate58 Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27) nai ma nella kenosis, nell’abbassamento, nel soffio di silenzio leggero dell’Oreb. Questo nuovo ritirarsi di Dio permette l’inizio della nuova creazione dell’uomo che diventa adesso, nell’adesione di fede a Cristo, corpo mistico del Signore risorto, presenza simbolica del continuo frazionarsi del pane dentro le ferite dell’umanità. Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27) Le riflessioni bibliche rializzarsi, di rivelarsi attraverso l’arte formativa e pastorale. dei discepoli. Vediamo allora di riprendere le quattro caratteristiche che descrivono i personaggi per scoprirne le trasformazioni che sono avvenute durante il processo narrativo. Essere. L’essere dei discepoli è adesso unificato. Mente e cuore si sono finalmente sciolti e accordati. Il cuore arde come quello di Dio. Si è passati dal cuore di pietra al cuore di carne che arde per opera dello Spirito Santo. La mente è capace di calarsi nell’interiorità e di attingervi energia e vita. Il corpo, da immobile, si dinamicizza; tutti i sensi concorrono comunitariamente a contemplare la bellezza della vita pasquale. Tutto l’uomo è riconciliato con se stesso, col mondo e con Dio. La sua vita, il suo essere diventa comunione delle diversità. Questa nuova situazione di vita nasce dalla scoperta dell’abitazione di Cristo dentro la propria interiorità. L’essenza si è trasformata in Cristo e ora in lui le due nature, quella umana e quella divina, convivono senza confondersi. L’essere dell’uomo diventa, allora, agapico, capace d’amore e abitazione, locanda della Trinità. Grazie a questa nuova realtà l’uomo diventa capace di trovare se stesso nella condivisione, nel dono gratuito e nell’apertura all’altro. Vedere. La notte non fa più paura perché illuminata dalla luce della Pasqua. Adesso è possibile affrontare le tenebre senza rimanervi avvinghiati, è possibile dimorarvi dentro perché non hanno più potere su di noi, ormai risorti con Cristo. Gli occhi si sono finalmente aperti ed è possibile contemplare nella notte delle proprie ferite, dei momenti difficili, dei dubbi e della divisione, la luce nuova del mattino di Pasqua. Lo sguardo è trasfigurato e tutta la realtà diviene trasformata: è possibile guardare l’oltre che abita nelle fratture della terra, è possibile penetrare il terreno e vedervi il seme che si spacca, si fraziona per dare frutto, vita a una nuova pianta, a una nuova era di speranza. Grazie a questo sguardo trasfigurato l’altro non è più visto come oggetto da possedere o da temere, ma diventa un «avversario» con cui lottare attraverso il dialogo autentico e la comunione per ricevere da lui il nostro vero nome. L’altro viene così visto come diverso da noi, un diverso, uno straniero che non fa più paura ma diventa 59 Itinerario di spiritualità 2008-’09 «Il loro primo gesto consiste nell’alzarsi. Verbo non certo banale, trattandosi di uno dei due verbi del Nuovo Testamento che significano la risurrezione. Così la risurrezione di Gesù è fonte della risurrezione dei discepoli [...] Il gesto dei discepoli non si limita all’alzarsi, ma si estende al ritornare. Luca privilegia questo movimento di ritorno in quanto esprime una conversione [...] Come Elia dopo l’Oreb, occorre rifare il cammino in senso inverso, “ritornare sui propri passi” (1Re 19,15). Il ritorno non è dunque mai insignificante: tende a un compimento» (ivi, 64s). Non si fugge più di casa, ma si fa ritorno alla casa del Padre solo dopo aver compiuto un cammino di spogliazione e di trasformazione che ci ha espropriati, decostruiti, umiliati (da humus = terra) mettendoci di fronte alla nostra realtà di peccato, di limite e di morte. Parlare. Infine anche il linguaggio si è trasformato. I due non si lanciano più addosso le parole come frecce avvelenate ma la loro comunicazione prende il volto del dialogo vero e sincero. Un dialogo che parte dall’ascolto. Infatti, quando i due arrivano a Gerusalemme, seppur carichi di una notizia strepitosa e sconvolgente, hanno l’accortezza e la pazienza di attendere e ascoltare prima la testimonianza della Chiesa. Un dialogo quindi che non cerca di afferrare per possedere ma di perdere, lasciare la presa per arricchirsi del dono fecondante della parola dell’altro. I due hanno imparato che la loro parola, come il loro essere, hanno senso solo se inseriti dentro una storia che li precede. Ecco che si immettono nella comunione della Chiesa accogliendo la testimonianza di Pietro e arricchendola con la propria. Anche loro, come il Maestro, prima ascoltano, magari con domande e chiarimenti, e poi tessono la testimonianza della tradizione con la propria esperienza di vita nello stile della comunione e della condivisione. 60 Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27) occasione di scambio e di confronto per un arricchimento reciproco (cf. Gen 32,23-31). Fare. Il corpo si alza, si pone in piedi per ritornare a Gerusalemme. Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27) Le riflessioni bibliche Ecco che si ristabilisce una situazione di equilibrio, di armonia, dopo la frattura della situazione iniziale. Ma, come tutti sappiamo, quello raggiunto è un equilibrio instabile: presto verrà una nuova ferita che farà riprendere il percorso (già il brano evangelico successivo accenna a qualche scricchiolio). È la condizione di tutti noi pellegrini sulla terra, nomadi che non hanno terra stabile fino a che non raggiungono la loro piena comunione in Dio nel suo regno. Per la vita Dopo aver sperimentato la bellezza e la realtà dell’incontro con il Signore risorto che dona senso e significato nuovi al cammino dell’uomo e della donna, la stessa vita dei discepoli diventa, crocevia di racconti che si intrecciano con il racconto, la memoria della Pasqua di Cristo, e si orientano alla realizzazione del regno di Dio. La vita della comunità e quella del discepolo diventano, così, locande dove l’ospitalità è la legge che regna e grazie a questa il dialogo sincero e la convivenza delle differenze divengono esperienze quotidiane. «La Chiesa è casa, edificio, dimora ospitale che va costruita mediante l’educazione a una spiritualità di comunione. Questo significa far spazio costantemente al fratello, portando “i pesi gli uni degli altri” (Gal 6,2). Ma ciò è possibile solo se, consapevoli di essere peccatori perdonati, guardiamo a tutta la comunità come alla comunione di coloro che il Signore santifica ogni giorno. L’altro non sarà più un nemico, né un peccatore da cui separarmi, bensì “uno che mi appartiene”. Con lui potrò rallegrarmi della comune misericordia, potrò condividere gioie e dolori, contraddizioni e speranze. Insieme, saremo a poco a poco spinti ad allargare il cerchio di questa condivisione, a farci annunciatori della gioia e della speranza che insieme abbiamo scoperto nelle nostre vite grazie al Verbo della vita» (CEI 2001, n. 65). 61 Di fronte a una società che offre «non luoghi», la Chiesa può riacquistare l’identità di spazio in cui interagiscono e trovano dimora le narrazioni di ogni uomo e ogni donna. Innanzitutto occorre che la comunità riscopra l’importanza delle relazioni interpersonali in cui l’uomo ha la possibilità di raccontarsi e ascoltare il racconto dell’altro e in cui trova, attraverso il racconto della parola del Signore, la prospettiva di un cammino orientato dalla luce del Risorto. La Chiesa, così, è invitata fortemente a porre al centro della propria azione la persona per condurla, di tappa in tappa, a rischiare la relazione con gli altri e con Dio. In questo dinamismo essa si scopre «comunità estroversa», che incontra l’uomo e la donna là dove vivono e operano. Una «Chiesa tutta fuori» che accetta e suscita la dimensione relazionale della vita e la propone come strumento d’incontro con Dio. Domande • I nostri gruppi, le nostre comunità ecclesiali sono ancora in grado di evangelizzare? Sono capaci di intrecciare e custodire le storie degli uomini e delle donne che incontrano? E ancora siamo capaci di rileggere queste storie alla luce della parola di Dio? • Il tempo che stiamo vivendo è al crepuscolo, un tempo in cui tutte le nostre certezze si fanno più diffuse. Siamo capaci dell’umiltà dell’invocazione? Quanto la nostra preghiera personale, le nostre liturgie comunitarie e la stessa liturgia eucaristica è improntata alla disperata richiesta «Resta con noi», alla necessità che la frazione del pane diventi reale possibilità dell’intervento di Dio dentro le nostre storie personali e comunitarie? 62 Lasciarsi interpretare dagli occhi del «terzo» (Lc 24,25-27) Itinerario di spiritualità 2008-’09 Le riflessioni bibliche Bibliografia Baccarini E. (2003), La persona e i suoi volti, Anicia, Roma. Benjamin W. (1983), Parigi capitale del XIX secolo, Einaudi, Torino. Biemmi E. (2003), Compagni di viaggio. Laboratorio di formazione per animatori catechisti di adulti e operatori pastorali, EDB, Bologna. Brunini M. (2004), Ospitare la vita. Sentieri di fede, di interiorità, di pace, EDB, Bologna. Buber M. (1990), Il cammino dell’uomo, Qiqajon, Bose. Calvino I. (2001), Le città invisibili, Mondadori, Milano. Cambi F. (2002), L’autobiografia come metodo formativo, Laterza, Roma. CEI (2001), Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 65 Chenu B. (2005), I discepoli di Emmaus, Queriniana, Brescia. Goffman E. (2003), Stigma. L’identità negata, Ombre Corte, Verona. Jedlowski P. (2000), Storie comuni. La narrazione nella vita quotidiana, Mondadori, Milano. Marchese A. (1990), L’officina del racconto, Mondadori, Milano. Martini G. (1998), Ermeneutica e narrazione. Un percorso tra psichiatria e psicanalisi, Bollati Boringhieri, Torino. Rupnik M. (1996), Nel fuoco del roveto ardente. Iniziazione alla vita spirituale, Lipa, Roma. Spidlik T.-Rupnik M. (2005), Teologia pastorale, Lipa, Roma. Tenace M. (2005), La tradizione, memoria e «laboratorio di risurrezione», in Spidlik T.-Rupnik M., Teologia pastorale, Lipa, Roma. Torresin A. (2002), La Chiesa narra la sua fede, in «Il Regno», 14. Turner V. (1986), Dal rito al teatro, Il Mulino, Bologna. 63 In particolare, per l’approfondimento: Biscontin C., In cammino con Gesù risorto. Dall’eucaristia alla vita, Queriniana, Brescia 20052. Martini C.M., Partenza da Emmaus, Centro Ambrosiano di Documentazione e Studi religiosi, Milano 1983. Martini C.M., Ripartire da Emmaus, Centro Ambrosiano di Documentazione e Studi religiosi, Milano 1991. Rosso F., Verso Emmaus, Edizioni della Scala, Verona 2000. Sarcia A., Testimoni di Cristo, pane che si spezza. I discepoli di Emmaus, Chiesa-Mondo, Catania 2000. Stevan S., Emmaus, i passi del Risorto, Ancora, Milano 2004. L’itinerario di spiritualità a cura di A. Izzo Preghiera per l’Avvento Avvento CHIAMATI ALLA SANTITÀ Motivazione: In Dio nella sua trascendenza contempliamo il nostro progetto. Lui,il Santo, rende santi. Cristo vive la nostra esistenza fatta di umili e semplici cose. Gesù ci indica la strada della pace e della gioia: nella vita di ogni giorno. Nella sala della celebrazione si può preparare un’icona che evochi la santità di Dio e preparare alcuni cartoncini, che richiamino le sei situazioni di vita (riflessione sulla vita, lavoro, famiglia, divertimento, preghiera e impegno per il mondo). Canto iniziale Guida: Un giorno dopo l’altro, ore che si rincorrono. Le solite cose tutti i giorni. Opaco quotidiano che tesse l’esistenza. Le mie giornate, spesso grigie. Nero che spegne la speranza. Mentre i lettori leggono le singole riflessioni, sei persone espongono e tengono sollevato in alto il cartellone relativo alla situazione di vita. I car- telloni possono poi essere attaccati in un luogo visibile. A volte trascino i miei giorni subendo l’esistenza. Il passato è passato, non vedo futuro. C’è solo presente. Un quotidiano pesante che blocca ogni attesa. Una vita, la mia, svuotata di senso. Il lavoro mi pesa. È un dovere opprimente. Fatica. Qualche volta lavoro per forza o per fuggire il problema che, dentro di me, s’affaccia sul senso del mio essere al mondo. La famiglia, vocazione alla comunione sovente delusa. Persone insieme senza godere l’incontro. Si vedono i difetti. Le ricchezze di ciascuno rimangono spente. Tensioni che si protraggono a lungo. Anche il divertimento e il necessario riposo per ricuperare energie, a volte sono inquinati dall’efficienza e dal consumismo. Abbiamo perso la gioia delle semplici cose, del perdere tempo per godere l’incontro. La nostra preghiera è spesso affrettata. Una lista di grazie, un domandare cose che, presto, vogliamo siano a noi donate. 67 Sussidio annuale 2008-’09 Tempo non abbiamo da dedicare al Signore, ascoltare la Parola che da senso alla vita, impegno nel mondo. Il dolore del mondo, il bisogno dei fratelli che ci vivono accanto sovente ignoriamo. L’impegno generoso per i fratelli vicini, la collaborazione attiva nella comunità in cui viviamo ricevono timidi aiuti dalla nostra risposta. Guida: È la nostra vita fatta di doni e ricchezze povertà e chiusura. Vita che invoca salvezza. Esistenza che attende un incontro che salva. Canto Dal libro dell’Apocalisse (Ap 4,1-8) Dopo questi messaggi ebbi una visione: c’era una porta aperta nel cielo, e la voce che avevo udita prima, forte come uno squillo di tromba, mi disse: «Sali quassù, e ti mostrerò ciò che deve ancora accadere». Sull’istante, lo Spirito Santo si impadronì di me. C’era un trono nel cielo, e sul trono sedeva uno dall’aspetto splendente, come pietre preziose, diaspro e cornalina. Il trono era circondato 68 da un arcobaleno luminoso, come lo smeraldo. Intorno al trono c’erano altri ventiquattro troni, e su di essi sedevano ventiquattro anziani vestiti di tuniche bianche, con corone d’oro sul capo. Dal trono venivano lampi e colpi di tuono. Sette fiaccole accese, simbolo dei sette spiriti di Dio, ardevano davanti al trono e, di fronte, si stendeva un mare che sembrava di vetro, limpido come cristallo. Al centro, ai quattro lati del trono, stavano quattro esseri viventi, pieni d’occhi, davanti e dietro. Il primo essere vivente somigliava a un leone, il secondo a un torello, il terzo aveva viso d’uomo, il quarto somigliava a un’aquila in volo. Ognuno dei quattro esseri viventi aveva sei ali, ed era pieno di occhi su tutto il corpo e anche sotto le ali. Continuamente, giorno e notte, ripetevano: «Santo, santo, santo è il Signore, il Dio dominatore universale, che era, che è e che viene». Contempliamo la santità di Dio Guida: L’altro, il Radicalmente-Altro, il Lontano, l’Inaccessibile, l’Ineffabile, l’Incomprensibile, Colui che abita oltre l’immensità dei cieli, il Santo Dio. Nel limite, nella grandezza, dentro il nostro cuore, nelle aspira- Preghiera per l’Avvento zioni, nel mistero dell’uomo ne intuiamo l’esistenza, ne percepiamo la presenza. Un trono, ventiquattro personaggi le fiaccole accese... Immagini per dire l’inesprimibile, il mistero. Colui che abita in una luce inaccessibile, l’Eterno, l’Infinito, si è calato nel tempo e nello spazio. A noi ha donato un riflesso della sua sconfinata grandezza. La sua luce ha aperto per noi un varco nel mistero. «La Parola che dà la vita esisteva fin dal principio: l’abbiamo vista con i nostri occhi, l’abbiamo contemplata, l’abbiamo toccata con le nostre mani. La vita si è manifestata e noi l’abbiamo veduta» (1 Gv 1,1-2). Il Santo, la Vita, l’Amore è divenuto dono per noi. È nostro progetto. Stupore, contemplazione, lode, azione di grazie a lui, il Santo fra noi. Senza di lui non ha creato nulla. Egli era vita e la vita era luce per gli uomini. Quella luce risplende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta... La luce vera, colui che illumina ogni uomo, stava per venire nel mondo. Colui che è «la Parola» è diventato un uomo e ha vissuto in mezzo a noi uomini. Noi abbiamo contemplato il suo splendore divino. È lo splendore del Figlio unico di Dio Padre pieno di grazia e di verità! (Gv 1,1-5.9.14) Dio diventa storia uno di noi: ha lavorato con mani di uomo, ha pensato con mente di uomo, ha agito con volontà di uomo, ha amato con cuore di uomo. Gesù,volto di Dio, il Santo, che abita il nostro quotidiano! Canto Canto Lettore Al principio, c’era colui che è «la Parola». Egli era con Dio; Egli era Dio; Egli era al principio con Dio. Per mezzo di lui Dio ha creato ogni cosa. La via della santità: l’amore (1 Cor 13,1-8.13) Lettore: Se parlo le lingue degli uomini e anche quelle degli angeli, ma non ho amore, Tutti: sono un metallo che rimbomba, 69 Sussidio annuale 2008-’09 uno strumento che suona a vuoto. Lettore: Se ho il dono d’essere profeta e di conoscere tutti i misteri, se possiedo tutta la scienza e anche una fede da smuovere i monti, ma non ho amore, Tutti: io non sono niente Lettore: Se do ai poveri tutti i miei averi, se offro il mio corpo alle fiamme, ma non ho amore, Tutti: non mi serve a nulla. Lettore: Chi ama Tutti: è paziente e generoso. Lettore: Chi ama Tutti: non è invidioso non si vanta non si gonfia di orgoglio. Lettore: Chi ama Tutti: è rispettoso non cerca il proprio interesse 70 non cede alla collera dimentica i torti. Lettore: Chi ama Tutti: non gode dell’ingiustizia, la verità è la sua gioia. Lettore: Chi ama Tutti: tutto scusa di tutti ha fiducia tutto sopporta mai perde la speranza. Lettore: L’amore non tramonta mai: Tutti: cesserà il dono delle lingue, la profezia passerà, finirà il dono della scienza... Lettore: Ecco dunque le tre cose che contano: fede, speranza, amore. Tutti: Ma più grande di tutte è l’amore. Canto Guida Dio, il Santo, ci dona la santità. È il progetto di vita. Santità fatta di amore. Quotidianità raggiunta dalla luce di Dio abi- Preghiera per l’Avvento tata dalla sua presenza. Abbracciati dal suo Amore diveniamo capaci di amore. Esso solo ci realizza. Lo sentiamo dentro il nostro piccolo cuore, così insaziabile di amore mai realizzato pienamente! Una santità per tutti. Una santità quotidiana: riflessione sulla nostra esistenza, lavoro impegnato, gioioso svago, semplice preghiera, apertura agli altri, vita serena in famiglia. La gioia di essere santi nelle piccole cose! Ma è tutto. È la vera santità della vita riuscita. Lettore: In Gesù Dio si è fatto vicino. Dio della vita e della felicità. È il Dio per l’uomo. Dio che sta dalla parte dell’uomo. E la vita, il quotidiano, è luogo santo dove incontrare Dio. Non una spiritualità a intervalli, non qualche momento staccato dalla vita. Non fuga dalle cose. Ma tutta la vita, studio, lavoro, vita familiare, incontri, impegno, preghiera, tutto ospita il Dio della vita. Dentro tutto ciò che è umano incontriamo Dio. Lui non è geloso della nostra gioia. Facendosi uno di noi ha scelto di incontrarci nella vita. Tutto allora ci parla di lui, tutto è incontro con lui. Santità per tutti, via facile del quotidiano. E la mia esistenza, il banale, ordinario, opaco quotidiano diventa luogo santo in cui vivo il suo incontro. Passione per la vita, impegno generoso, lavoro per i fratelli, gioia che contagia perché lui abita la nostra esistenza. Nella preghiera celebro e contemplo con stupore che Dio è con noi ogni momento, discreto ci accompagna perché la nostra vita sia riuscita. Meditazione Il cristiano laico, chiamato alla santità, nonostante gli impegni che lo legano a «tutti e singoli i doveri e affari del mondo», ma attraverso tali impegni, è l’uomo che «in obbedienza al Creatore», lavora, quale che sia il tipo di lavoro cui dedica tempo ed energie, da quello manuale, a quello intellettuale, non solo per sé ma alla costruzione della convivenza umana, della città dell’uomo, a «ordinare il mondo secondo Dio». Di qui vorrei trarre la prima nota della spiritualità del laico cosciente della propria vocazione e chiamarla spiritualità creativa. È, in un certo senso, il recupero della sigla benedettina ora et labora da 71 Sussidio annuale 2008-’09 vivere in pieno mondo con la coscienza che il cristiano laico vive la propria intimità con Dio dentro quell’im¬pegno di lavoro, quelle condizioni di vita familiare e sociale, da realizzare in obbedienza al Creatore, quale suo «vicario nell’opera di creazione». Perché questo sia possibile, ecco subito la seconda nota qualificante la nuova spiritualità. Essa è suggerita da un uomo, un politico (il re Salomone) che sentiva tutta la responsabilità del governare, dell’esercitare la giustizia, del costruire la città dell’uomo a misura d’uomo, secondo il volere di Dio. Salomone invocava da Dio il dono della sapienza e la invocava con queste significative parole, espressive di quanto, chi le pronunciava, sentisse indispensabile il fondersi in unità della debolezza umana e della potenza divina: «Mandala dai santi cieli affinché stia con me e si affatichi con me e io sappia ciò che ti è gradito». La nuova spiritualità del cristiano laico impegnato a «ordinare il mondo secondo Dio» non potrà non essere spiritualità sapienziale e cioè la spiritualità di chi sa che il proprio lavoro ha leggi sue, ha una sua autonomia, ma che le forze umane hanno bisogno di essere soccorse e sostenute dalla sapienza divina che «con esse si affatichi», perché il risultato sia gradito 72 a Dio, cioè conforme all’ordine da lui voluto. La terza nota di una nuova spiritualità è pure derivata dalla condizione di vita del cristiano laico, di colui che come cristiano vive nella Chiesa in comunione con i fratelli di fede e nella società, famiglia, lavoro, rapporti sociali vari, in comunione con tutti, pronto a mostrare, in fatto, la propria disponibilità al servizio in nome di quell’amore che mosse il Figlio di Dio a farsi uomo per la salvezza del mondo e che in Cristo è partecipato per il medesimo fine. Spiritualità comunionale, dunque, che fa della comunione, cristianamente intesa ma aperta a tutti, della carità fatta stile di vita, la nota visibile, pur senza esibizionismi, di una presenza autenticamente cristiana. (Dagli scritti di G. Lazzati) Invocazione Guida: Nel nostro passato nelle nostre attese sul nostro presente alterne vicende. Tutti: Cristo risorto, dona senso alla vita! Guida: Se il lavoro è pesante e la fatica ci stanca Preghiera per l’Avvento dona a noi la forza e la giustizia trionfi. Tutti: Cristo risorto, rendi più umano il lavoro! Guida: Le nostre famiglie siano comunità d’amore, siano piccola Chiesa dove regni la pace. Tutti: Cristo risorto, abita le nostre famiglie! Guida: Il divertimento e il riposo siano occasione d’incontro con la natura e i fratelli. Tutti: Cristo risorto, donaci gioia vera! Guida: La nostra preghiera personale e comunitaria sia l’incontro con il Dio della vita. Tutti: Cristo risorto, prega in noi! Guida: Le sofferenze del mondo, i bisogni dei fratelli abbiano in noi generosa risposta. Tutti: Cristo risorto, sostieni il nostro impegno! Tutti: Credo in te, o Dio, che ci hai amato per primo e ci hai donato la vita perché rimanessimo nel tuo amore. Credo in te, o Dio, che chiami ciascuno di noi a essere umile servitore del Regno. Credo in Gesù, che ci ha indicato la strada da percorrere per realizzare la volontà del Padre. Venero Maria, sommo esempio di santità, che ci ha mostrato come è possibile vivere la Parola nel quotidiano. Guardo ai santi, discepoli di Cristo, che hanno realizzato la vita vivendo nell’amore. Credo che ciascuno di noi è capace di amare i fratelli e donare la vita, con generosità, per il Regno. Credo che tutti siamo chiamati a realizzare la santità incontrando i fratelli nella fatica di tutti i giorni. Credo che tu, Padre, il Santo, ti sei donato a noi in Gesù Cristo. Credo che Cristo, l’uomo perfetto, ci ha indicato la strada per vivere in pienezza. Credo che lo Spirito riempie il nostro cuore di Amore. Credo che la santità è anche per me. Canto finale 73 Preghiera per la Quaresima Quaresima INSIEME PER SERVIRE Canto iniziale Guida A Dio nostro Padre, che in tutto ha il potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo lo Spirito che già opera in noi, a Lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni. Tutti In Cristo Gesù e nell’ unità dello Spirito Santo, sia glorificato il nostro Dio Padre onnipotente, in ogni tempo, ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen. Dalla lettera agli Efesini (4, 1-16) O Fratelli, vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti. A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo sta scritto: Ascendendo in cielo ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini. Ma che significa la parola «ascese», se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose. È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo. Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore. Al contrario, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, 75 Sussidio annuale 2008-’09 che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità. Breve pausa di silenzio Preghiera di intercessione Lettore: Preghiamo per la santa Chiesa immagine della città celeste: il Signore le conceda pace e unità, la protegga e doni a noi di vivere da cittadini del Vangelo. Guida: Dio onnipotente ed eterno, sapienza che reggi tutte le cose, ascolta benigno le nostre preghiere: custodisci con paterna bontà il papa che tu hai scelto per noi perché sotto la sua guida, il popolo cristiano, di cui tu sei il pastore unico e vero, cresca nella fede. Per Cristo nostro Signore. Amen. Lettore: Preghiamo per coloro che sono chiamati a reggere la comunità civile: il Signore li illumini con la sapienza del suo Spirito e li guidi a cercare il bene comune nella libertà, nella giustizia e nella pace. Guida: O Dio, onnipotente ed eterno, che in Cristo Gesù hai rivelato la tua gloria a tutte le tue genti, custodisci l’opera della tua misericordia e fa’ che la tua santa Chiesa, diffusa su tutta la terra, perseveri con fermezza di fede nella professione del tuo nome. Per Cristo nostro Signore. Amen. Guida: O Dio onnipotente ed eterno, nelle tue mani sono le speranze degli uomini e i diritti dei popoli, illumina coloro che ci governano per una pace duratura, il progresso morale e sociale, e la libertà civile e religiosa. Per Cristo nostro Signore. Amen. Lettore: Preghiamo per il Santo Padre Benedetto XVI: il Signore che ce lo ha donato come pastore della Chiesa Universale lo conservi per guidare il popolo santo di Dio nella città dell’uomo verso i beni eterni. Lettore: Preghiamo per coloro che soffrono: perché le grandi aspirazioni di giustizia, di solidarietà, di cultura e di salute, siano appagate e promosse da una autentica esperienza di fraternità e di dialogo. 76 Preghiera per la Quaresima Guida: O Dio onnipotente ed eterno, conforto degli afflitti e sostegno dei deboli, ascolta il grido dell’umanità sofferente e accorri in aiuto perché tutti si rallegrino di avere sperimentato la tua misericordia. Per Cristo nostro Signore. Amen. Canto Guida Siamo radunati alla tua presenza, Padre santo e buono per prendere coscienza di ciò che noi siamo. Chiamati ad essere tuo dono gli uni per gli altri spesso ci ritroviamo chiusi in noi stessi. Che la forza del tuo Spirito e il mutuo sostegno della nostra presenza spezzino le catene del male. La tua Parola di vita penetri in noi. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen. Dagli Atti degli Apostoli (2, 14.22-28) Nel giorno di Pentecoste, Pietro, levatesi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così: «Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazaret, uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete, dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l’avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l’avete ucciso. Ma Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: “Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; poiché egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua; ed anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai l’anima mia negli inferi, né permetterai che il tuo Santo veda la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza”». Meditiamo Tante parole nella nostra giornata. Parole futili parole importanti. Parole per dire noi stessi: chiusura, amicizia, rancore, solidarietà, 77 Sussidio annuale 2008-’09 affetto, simpatia, amore. Nel nostro cammino Cristo ci dona la sua Parola. A noi sempre si accompagna per svelare il senso della nostra esistenza. Lui Parola del Padre. Parola di vita che spiega la vita. A noi, consegna la sua parola. Il suo Spirito ci trasforma in gioiosi testimoni del suo amore che salva. È un tetto, un rifugio, un vestito, un fuoco. È Parola potente, veloce, severa, leale. La sua Parola è mano amica che sempre ci accompagna. Canto Dal vangelo secondo Luca (Lc 24, 13-35) In quello stesso giorno, il primo della settimana, due dei discepoli erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù 78 in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo tra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». Ed egli disse loro: «Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». Preghiera per la Quaresima E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Guida Parola e pane. La sua storia. La nostra storia. Doni ricevuti che accompagnano la nostra esistenza per vivere in pienezza. Il suo dono diviene nostro impegno: essere gioiosi testimoni di Cristo risorto, parola d’amore e pane spezzato per la vita dei fratelli. Canto Guida Nella inesauribile tua fantasia ci hai creati, Padre, l’uno diverso dall’altro, tanti volti, molti cuori, originale individualità chiamata a divenire dono generoso offerto con gioia per realizzare noi stessi. Padre santo, hai posto nel nostro cuore il tuo amore, invito incessante alla comunione. Cristo risorto, tu benedici il nostro desiderio di essere uniti. Fai di noi un unico corpo. Dai un volto, il tuo! alle nostre membra che hanno ritrovato l’unità di un solo corpo, la Chiesa, animata da un solo Spirito. Grazie, Cristo Salvatore! Richiesta di perdono (possono essere proposte intenzioni libere) Guida Illuminati e fortificati dalla Parola di Dio, accogliamo e condividiamo il dono della fraternità che Dio stesso, nel suo Figlio e con la forza dello Spirito Santo, ci trasmette. Scambio di pace Rendimento di grazie Lettore: Grazie, Padre santo, per i tuoi doni. 79 Sussidio annuale 2008-’09 Tante persone, una diversa dall’altra, esseri originali, unici, irripetibili, mirabilmente uniti per formare un unico corpo. Nessuno è inutile o superfluo, ma tutti preziosi ai tuoi occhi, chiamati da te, Padre buono, ad essere segno visibile della tua amorosa presenza, tra gli uomini che attendono salvezza. Nella nostra fragilità abbiamo ferito il tuo Corpo. La chiusura ha provocato tra noi divisione. Abbiamo peccato e l’egoismo ha rovinato l’incontro con i fratelli. Tu, Dio di comunione, non ci hai lasciati divisi. Nella tenerezza del tuo amore hai inviato tuo Figlio, bontà resa visibile, vita donata a salvezza di tutti. La sua parola ha rivelato il nostro peccato. Il suo amore ci ha mosso a conversione. Il dono del suo Spirito ha ricreato tra noi comunione per formare il suo Corpo. Grazie, Padre buono, per il tuo dono. Grazie, Cristo, nostro amico e fratello, nostro salvatore. Grazie, Spirito Santo, forza del nostro amore! Tu che ci doni la gioia di cantare la nostra riconoscenza. Amen. 80 Guida Sii benedetto, Dio grande e misericordioso, perché ci hai donato come Fratello e Salvatore il Cristo Gesù, tuo Figlio e nostro Signore. Inizio e compimento dell’uomo nuovo, egli converte a te i nostri cuori perché camminiamo per la via che conduce alla vita. Mediante il dono del tuo Spirito, accendi in noi l’amore per la Chiesa dove risuona la tua voce di Padre, si canta la tua gloria e si manifesta la testimonianza della speranza cristiana. A te Padre, fonte inesauribile di ogni bene, al tuo Figlio Redentore dell’uomo, allo Spirito Santo sigillo dell’infinito amore, ogni onore nei secoli dei secoli. Amen. Canto finale Preghiera per il tempo di Pasqua/Pentecoste Tempo di Pasqua - Pentecoste DALLO SCORAGGIAMENTO ALLA SPERANZA Canto iniziale Guida: Io ti invoco, Dio di verità, nel quale, dal quale e per mezzo del quale è ogni cosa […] Dio dal quale allontanarsi è cadere, al quale fare ritorno è risorgere, nel quale rimanere è trovare consistenza. Dio dal quale uscire è morire, in cui tornare è ritrovare vita, nel quale dimorare è vivere. Dio che nessuno perde, se non è ingannato. Che nessuno cerca, se non è chiamato. Che nessuno trova, se non è purificato. Dio che abbandonare è perdersi, che desiderare è amare, che vedere è possedere. Dio al quale la fede ci porta, la speranza ci eleva, l’amore ci unisce. Amen. di illusioni. Ogni sera, tuttavia c’era un colpo di vento e volavano via. Mi alzai e caddi. Tornai ad alzarmi e tornai a cadere. Sull’orizzonte issai le mie bandiere di combattimento: obbedienza, umiltà, pazienza, contemplazione, amore… Ma presto vidi che i sogni erano tanto distanti dalla realtà. Mi dissero: «Provaci ancora». E di nuovo mi imbarcai sulla nave dorate delle illusioni. I naufragi si succedettero. Di nuovo mi gridavano: «Ancora… c’è tempo». E mi alzai di nuovo. La caduta fu peggiore. Risposta (tutti insieme): La speranza non è seme, ma pianta che vive. Solo una volta fu sotterrata, poi fu albero per donare. (da Preghiere d’amore di P. Luigi Monaco) (S. Agostino, Soliloquia 1.1.3) Canto Parla lo scoraggiamento Lettore: Sono incurvato dal peso delle disillusioni, nulla mi incanta più, nulla mi rattrista, tutto mi è indifferente, sono indurito dalla vita e immunizzato. Fui giovane. Sognai, il mio albero, il quel tempo, fioriva Interrogativo dell’uomo Guida: «La speranza è la virtù teologale per la quale desideriamo il Regno dei Cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre 81 Sussidio annuale 2008-’09 forze, ma sull’aiuto dello Spirito Santo» (CCC 1817). Dice Paolo che Cristo è risorto è, per chi lo segue, la speranza della gloria (Col 1,27): il Dio che il cristiano annuncia è il Dio della speranza. La speranza cristiana non è la semplice attesa in cui si proiettano i desideri del cuore. È un dono divino è anticipazione di Dio operante già ora nel cuore della storia. Lettore: Dove sei? non vedo il tuo volto. Eppure ci sei. I tuoi raggi rimbalzano in mille direzioni. Sei la Presenza nascosta. Presenza sempre oscura e sempre chiara. Mistero affascinante a cui tendono tutte le aspirazioni. Vino inebriante che sazia ogni desiderio. Infinito inesprimibile che acquieti le chimere. Sei il più lontano e il più vicino, sostanzialmente presente in tutto il mio essere, sorgente del mio esistere e del mio permanere, essenza della mia essenza. Meditazione: «L’uomo ha, nel succedersi dei giorni, molte speranze – più piccole o più grandi – diverse nei diversi periodi della sua vita. A volte può sembrare che una di queste speranze lo soddisfi totalmente e che non 82 abbia bisogno di altre speranze… Quando, però, queste speranze si realizzano, appare con chiarezza che ciò non era, in realtà, il tutto. Si rende evidente che l’uomo ha bisogno di una speranza che vada oltre. Si rende evidente che può bastargli solo qualcosa di infinito, qualcosa che sarà sempre più di ciò che egli possa mai raggiungere… noi abbiamo bisogno delle speranze – più piccole o più grandi – che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino. Ma senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano. Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere. Proprio l’essere gratificato di un dono fa parte della speranza. Dio è il fondamento della speranza – non un qualsiasi dio, ma quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine… E il suo amore, allo stesso tempo, è per noi la garanzia che esiste ciò che solo vagamente intuiamo e, tuttavia, nell’intimo aspettiamo: la vita che è “veramente” vita». (Spe Salvi nn. 30-31) Canto Preghiera per il tempo di Pasqua/Pentecoste Risposta di Dio nell’AT La speranza realizzata da Gesù 1a lettura Gn 15,1.5-6 Il Signore parlò ad Abram e gli disse: «Non temere, io ti proteggo come uno scudo. La tua ricompensa sarà grandissima»… Poi lo condusse all’aperto e gli disse: «Guarda il cielo e conta le stelle, se puoi contarle, i tuoi discendenti saranno altrettanto numerosi». Abram ebbe fiducia nel Signore e per questo il Signore lo considerò giusto. 1a lettura Lc 23,39-43 Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». Ma l`altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso». 2a lettura Is 25,6-9 Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti. Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto; la condizione disonorevole del suo popolo farà scomparire da tutto il paese, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse; questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza». Canto 2a lettura Rm 8,19-25 La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di colui che l`ha sottomessa - e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l`adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Poiché nella speranza noi siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se visto, 83 Sussidio annuale 2008-’09 non è più speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo? Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza. Riflessione: la fisionomia della speranza cristiana Guida: Chiediamoci: che cosa possiamo sperare? Non è la scienza che redime l’uomo. L’uomo viene redento mediante l’amore. Ciò vale già nell’ambito intramondano… anche se ci si rende conto che esso non risolve, da solo, il problema della vita. È un amore che resta fragile. L’essere umano ha bisogno dell’amore incondizionato. Ha bisogno di quella certezza che gli fa dire: «Né morte né vita, né presente né avvenire, né potenze né altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Gesù Cristo nostro Signore». Se esiste questo amore assoluto con la sua certezza assoluta, allora – soltanto allora – l’uomo è redento (Spe salvi n. 26). Canto La nostra risposta Guida: La difficoltà di accettare Cristo come speranza dell’uomo ha riguardato gli uomini di tutti i tempi. Ma accettare la speranza 84 senza accogliere gli eventi della morte e della risurrezione, implica che tutto il resto non ha senso. La risurrezione resta un mistero e di riflesso sperare nella salvezza attraverso di essa non entra facilmente nelle nostre rappresentazioni. Per accettare quello che sembra un’assurdità occorre porsi in ascolto, affidarsi a Dio, come Gesù nel momento della solitudine del Getsemani. È nel momento in cui la nostra fede viene sfidata dobbiamo arrenderci a Dio, consegnarci a lui, rinnovando ogni giorno la fatica di credere, di sperare, di amare. Riflessione: l’agire come luogo di apprendimento della speranza Guida: Ogni agire serio e retto dell’uomo è speranza in atto. Lo è innanzitutto nel senso che cerchiamo così di portare avanti le nostre speranze, più piccole o più grandi: risolvere questo o quell’altro compito che per l’ulteriore cammino della nostra vita è importante; col nostro impegno dare un contributo affinché il mondo diventi un po’ più luminoso e umano e così si aprano anche le porte verso il futuro. Ma questo impegno alla speranza ci stanca o si muta in fanatismo, se non ci illumini la luce di quella grande speranza che non può essere Preghiera per il tempo di Pasqua/Pentecoste distrutta neppure dagli insuccessi… È importante sapere: io posso sempre ancora sperare, anche se per la mia vita o per il momento storico che sto vivendo apparentemente non ho più niente da sperare. Solo la grande speranza-certezza che, nonostante tutti i fallimenti, la mia vita e la storia del mondo nel suo insieme sono custodite nel potere indistruttibile dell’Amore e, grazie ad esso hanno un senso, e solo una tale speranza può dare ancora il coraggio di operare e di proseguire (Spe salvi n. 35). Canto Parla la speranza Guida: Sopra la spuma dell’illusione avevi costruito la tua casa, perciò cadde in rovina una e mille volte. Ma ho una parola finale da dirti in questo momento: ancora puoi, ancora è possibile la speranza. Tutti: Cominciamo un’altra volta. Guida: Dentro la notte tenebrosa ci sono le alte montagne, ma da dietro di esse arriverà galoppando l’aurora. È bello credere nella luce quando è notte. Dietro il silenzio respira il Padre. La solitudine è abitata dalla Presenza, e la ci attendono il riposo e la liberazione. Tutti: Cominciamo un’altra volta. Guida: Ricordati, io la speranza sono nata in un meriggio oscuro, su un brullo colle bagnato dal sangue, quando tutti in coro ripetevano: tutto è perduto, il Sognatore è morto i sogni sono finiti. Nacqui dal ventre della morte. Perciò la morte non può distruggermi. Sono immortale perché sono figlia primogenita del Dio immortale. Se migliaia di volte mi diranno che tutto è perduto, migliaia di volte risponderò che c’è ancora tempo. Se finora successi ed insuccessi si sono alternati nella tua vita, da oggi ogni mattina Gesù risusciterà in te e fiorirà come primavera sulle foglie morte del tuo autunno. Egli vincerà in te l’egoismo e la morte… Sì, il Fratello ti prenderà per mano e ti condurrà su colli luminosi. Torneranno a sventolare le tue bandiere. La purezza solleverà il capo e tra i fiori del tuo giardino fiorirà invisibile l’umiltà. Risplenderai come il fulgore degli antichi pro85 Sussidio annuale 2008-’09 feti. E, alla fine, tutti diranno: è un prodigio del nostro Dio. Tutti: Cominciamo un’altra volta. Guida: Guarda le stelle, palpitano dall’eternità. Sii come loro: non ti stancare di brillare. Semina sui campi aridi e sulle aspre cime la misericordia, la speranza e la pace. Non ti stancare. Cammina. Il Signore Dio sarà luce per i tuoi occhi, alito per i polmoni, olio per le ferite, meta per il tuo cammino, premio per le tue fatiche. Dai volto alla speranza, dai voce alla speranza, dai orecchio alla speranza, dai piedi alla speranza, dai mani alla speranza. Tutti: Cominciamo un’altra volta. Seminatori di speranza Lettura «Prendimi per mano» (titolo originale L’uomo che affoga del gruppo musicale U2) Tutti: Prendimi per mano Lo sai che ci sarò Se lo farai attraverserò Il cielo per amore tuo Perché ho promesso Di essere con te, stanotte E per il tempo avvenire. Prendimi per mano Lo sai che ci sarò 86 Se lo fari attraverserò Il cielo per amore tuo E io sono sicuro che Questi venti e queste maree Questi mutamenti dei tempi Non ti trascineranno via Resisti, tieniti forte Resisti e non mollare il mio amore Le bufere passeranno Non ci vorrà molto Le bufere passeranno Ma il mio amore resterà in eterno Prendimi per mano Lo sai che ci sarò Se lo farai attraverserò Il cielo per amore tuo Di darò ciò che mi è caro Resisti, tieniti forte Resisti, tieniti forte Alzati, alzati e dispieghi le ali Sarai veloce come l’aquila, sarai veloce. Sarai veloce e non sentirai fatica. Prendimi per mano, prendimi per mano Resisti, tieniti forte Resisti tieniti forte Questo amore durerà per sempre Questo amore durerà per sempre Prendimi per mano prendimi per mano Canto finale Micro progetti Educapolis - Microprogetti 2008-’09 Scheda progettuale n. 1 Educare alla corresponsabilità sociale Obiettivi • Verificare lo stato della personale coscienza civica • Verificare lo stato della conoscenza delle regole democratiche • Sollecitare la consapevolezza della rete complessa di implicanze della gestione della cosa pubblica • Prendere consapevolezza della incidenza della informazione sulla creazione della coscienza civica • Sperimentare strategie e linguaggi comunicativi adatti alla trasmissione dei contenuti agli educandi Destinatari • Educatori scolastici dalla scuola primaria alla secondaria di II Grado • Genitori Strategie 1. Comparare il proprio vissuto di cittadini con il dettato della Costituzione 2. Confrontare una esperienza diretta di gestione della pubblica amministrazione con una simulazione; 3. Creare una condizione di ricerca-azione che metta in evidenza il carattere di complessità nelle scelte amministrative 4. 4. Indurre l’abilità di costruire un «gioco» educativo da rivolgere ai più giovani. 89 Sussidio annuale 2008-’09 Azioni -- Questionario sulla percezione del problema della cittadinanza attiva (strat.1) -- Disco-Forum, Cine-Forum (strat.1) -- Brainstorming sulla propria esperienza di cittadino (strat.1) -- Ricerca sul testo della Costituzione (strat.1) -- Assistere ad una seduta di consiglio di circoscrizione e/o comunale (direttamente o virtualmente) (strat.2) -- Simulazione tramite videogioco «Simcity» di pubblica amministrazione (strat.2) -- Laboratorio-gioco: lettura di articoli giornalistici o altre fonti di informazione di carattere politico (strat.3) -- Incontri con testimoni privilegiati di impegno della società civile (strat.3) -- Costruire un’iniziativa di coinvolgimento dei giovani nel senso del progetto (strat. 4) Tempi (vd. diagramma pg. seguente) Monitoraggio e valutazione -- Presentazione del Progetto e questionario sulle aspettative -- In itinere monitoraggio del grado di partecipazione in termini di coinvolgimento personale nelle dinamiche proposte -- Elaborazione finale di un gioco da rivolgere ai giovani 90 Educapolis - Microprogetti 2008-’09 91 Educapolis - Microprogetti 2008-’09 Scheda progettuale n. 2 Culture fedi e identità giovanili Suscitare la solidarietà nella cultura Motivazioni dell’intervento e finalità Alcuni processi hanno dato una svolta al ruolo della religione, deprivatizzandone la sfera e la modalità esperienziale. Il senso esistenziale, per una quota ancora maggioritaria di giovani, è quotidianamente intessuto di un sentimento religioso che, tuttavia, non si dispiega esclusivamente lungo le linee direttrici fondamentali dell’istituzione religiosa cattolica. Anzi, il consenso generale al «cattolicesimo romano» è appannaggio di un gruppo limitato di giovani che, pur tuttavia, non sono refrattari all’affermazione di rilievi critici e a rimarcare la dissonanza diserti comportamenti e discorsi istituzionali rispetto alle proprie elaborazioni. Il pluralismo religioso si riferisce da un lato, alle diverse condizioni in cui si esprime, all’interno del cattolicesimo italiano, il sentimento religioso giovanile, attraversando sia lo spazio pubblico della religione sia investendo la dimensione privata. Ci troviamo in un contesto locale in cui convivono e si combinano forme culturali e stili di vita tradizionali e moderni; accanto a forme di persistenza di un religioso tradizionale, convivono comportamenti innovativi che interessano sia la sfera pubblica (l’istituzione religiosa; l’associazionismo, ecc) che quella privata (il soggetto, le sue relazioni, l’ambito familiare); accanto ad una religiosità più latente e implicita vissuta nei momenti rituali della vita o topici, è presente una diffusa disaffezione nei confronti del religioso istituzionale. Si tratterà di capire cosa 93 Sussidio annuale 2008-’09 lo causa, come si sedimenta, quali esperienze ne agevolano l’origine e il suo riprodursi. Infine l’atteggiamento agnostico, ateo: in questo caso si tratta di capire quali percorsi di vita ne facilitano la sua produzione e la sua consistenza. • Elaborare una proposta formativa significativa; • Conoscere e saper utilizzare i linguaggi dei giovani; • Attrezzarsi come educatori per saper leggere la complessa realtà giovanile; • Tradurre in stili di vita i contenuti dei percorsi formativi che spesso restano solo a livello cognitivo; • Aiutare i giovani a manifestare una più matura identità personale, imparando a fare delle scelte di vita, più durature e significative; • Contribuire, con percorsi adeguati, a sviluppare atteggiamenti di accoglienza e a sapersi rapportare verso gli altri senza pregiudizi di razza, nazionalità e credo religioso, superando le barriere socio-culturali; • Far comprendere che il messaggio religioso può essere vissuto nelle diverse dimensioni in cui si articola la cultura umana (filosofica, letteraria, storica, artistica, musicale, teatrale, mass mediale). Analisi del contesto Il micro-progetto prende avvio dalla necessità di ripensare e riformulare le teorie della secolarizzazione alla luce proprio delle nuove compenetrazioni fra la sfera pubblica e quella privata in cui è importante capire il percorso soggettivo che il giovane compie dalla famiglia alla società e dentro questo percorso come è stato rappresentato, vissuto ed esperito il sentimento, la pratica e l’esperienza religiosa. Pur salvando, il nucleo della teoria della secolarizzazione, ossia l’idea della differenziazione fra sfera religiosa e sfera secolare (Stato, economia, scienza), l’impostazione 94 Educapolis - Microprogetti 2008-’09 di una indagine sul senso e il significato della religione nell’esperienza giovanile deve partire da questa differenziazione e dal fatto che essa non necessariamente implica l’emarginazione e la privatizzazione della religione ma, semmai, richiede di ripensare in un senso più generale, il modo in cui cambiano i confini fra queste due differenti sfere e i possibili ruoli strutturali che la religione può svolgere all’interno di queste sfere. Detto in termini diversi occorre ripensare alla dicotomia tradizione-modernità e a quella pubblico-privato. Per raggiungere gli obiettivi si porrà in essere un’azione culturale ed educativa che fornisca agli educatori una serie di strumenti adeguati: • sondaggio elaborato da esperti, con domande chiare e precise, da somministrare a un campione rappresentativo e/o utilizzo di ricerche già effettuate sul territorio per far emergere se esiste ancora uno spazio per il sacro nella vita dei giovani, se la dimensione religiosa è ritenuta importante per la costruzione della propria identità e se essa influisce sulle scelte di ogni giorno; • verificare se la proposta formativa che viene offerta ai giovani è adeguata e significativa. Obiettivi -- Far emergere l’idea del concetto di sacro presente nella cultura giovanile; -- Conoscere le religioni e le forme di agnosticismo presenti sul territorio; -- Aiutare i giovani ad avere stima di sé e a sentirsi protagonisti della propria vita e del proprio tempo; -- Comprendere i meccanismi che stanno alla base dei processi decisionali (autonomia e libertà); -- Educare i giovani a comprendere in maniera autentica il concetto di libertà e ad avere rispetto delle opinioni altrui; -- Suscitare un’etica dell’ospitalità ed essere in grado di saper cogliere il bello dell’altro; 95 Sussidio annuale 2008-’09 -- Saper analizzare i principali modelli comportamentali a cui fanno riferimento i nostri giovani; -- Abilitare i giovani a riflettere e a porsi domande per dare risposte al bisogno di senso; -- Valorizzare esercizi di responsabilità civile; -- Acquisire conoscenze e competenze per la verifica dei movimenti e aggregazioni ideologiche che operano e creano cultura nell’ambito della vita, dell’ecologia, dell’etica, della mondialità. Destinatari Il micro-progetto si rivolge a tutti i soggetti coinvolti nell’educazione dei giovani 14-18 anni. Genitori – Insegnanti – Educatori - Agenzie educative presenti sul territorio – Istituzioni che si preoccupano di politiche giovanili e servizi sociali – Gruppi etnici presenti sul territorio Azioni -- Laboratori di comunicazione educativa (filmografia, teatro, musica grafico-pittorico…) -- Concorso a tema con modalità varie -- Attività di sul tema : «Noi e il diverso. Accoglienza o rifiuto?» -- Test sull’influenza dei messaggi subliminali con l’apporto di esperti della comunicazione -- Far conoscere altre forme di consumo come quello equo solidale -- Uso critico e riflessivo dei mass media -- Tavola rotonda sul disagio giovanile -- Itinerari artistico-religiosi-musicali per cogliere la presenza della dimensione religiosa -- Percorsi interdisciplinari (religione-filosofia-scienze) su temi come: la solidarietà e il dono di sé; vivere occasioni di 96 Educapolis - Microprogetti 2008-’09 solidarietà e di amicizia; suscitare la solidarietà nella cultura; costruire la solidarietà nella società -- Proporre un periodo di digiuno dalla televisione e dal cellulare proponendo una passeggiata in un luogo che consenta di ammirare le bellezze naturali. Monitoraggio Seguire la modificazione dei comportamenti in itinere rispetto alla situazione di partenza (ripetendo la stessa indagine in tempi diversi) utilizzando il Diagramma di Tomas Gordon (cfr. il libro «Insegnanti Efficaci») Feedback di verifica della ricaduta educativa del microprogetto. 97 Educapolis - Microprogetti 2008-’09 Scheda progettuale n. 3 Adulti e giovani, insieme nella transizione verso l’età adulta Motivazioni dell’intervento e finalità Il microprogetto si propone di: • Sensibilizzare l’opinione pubblica alla conoscenza dei caratteri distintivi della transizione dalla giovinezza all’età adulta vissuta dall’attuale generazione dei giovani; • Sostenere e accompagnare i genitori dei giovani nel nuovo compito educativo che sono chiamati a svolgere in questa fase di crescita dei loro figli; • Realizzare percorsi educativi rivolti a giovani e adulti per proporre l’efficacia di una relazionalità intergenerazionale, nella quale condividere il disorientamento determinato da flessibilità e pluralizzazione di riferimenti valoriali. Analisi del contesto La transizione dei giovani all’adultità e ai ruoli dell’età adulta è un passaggio che sembra compiersi, oggi, con tempi e modalità differenti rispetto solo ad alcuni decenni di anni fa. La conseguenza più vistosa è la possibile definizione della giovinezza come una «moratoria prolungata» che rappresenta un vero e proprio tratto culturale di una generazione. La permanenza prolungata nella famiglia d’origine dei giovani italiani è uno degli argomenti che più di altri si è posto al centro del dibattito sulle peculiarità sociali e culturali del nostro Paese. 99 Sussidio annuale 2008-’09 In questa mutata condizione esistenziale, che pone ai giovani nuove difficoltà nel percorso di definizione della propria identità, il compito e lo spazio degli educatori e delle agenzie di socializzazione, nei confronti delle nuove generazioni, assumono un ruolo strategico e di rilevanza centrale nell’attuale quadro storico-sociale. I processi di transizione alla vita adulta (strumenti di analisi) La transizione naturale dall’età della giovinezza all’età adulta appare oggi molto più fluida e indefinita rispetto al passato. La difficoltà di marcare i confini tra le due età della vita di ogni persona risente dell’ampio processo di giovanilizzazione della società, ma anche di fattori lavorativi, economici, familiari e valoriali. Per la tua esperienza, realmente ritieni si possa parlare di «fenomeno sociale» o il passaggio all’età adulta si presenta poco differente rispetto ai decenni precedenti? Quali sono le motivazioni che danno i giovani (fino a 30-34 anni d’età) al prolungamento della loro permanenza nella famiglia d’origine? Le condividi? Nella realtà sociale in cui vivi, le istituzioni e le associazioni sociali, formative ed ecclesiali sono consapevoli di questa maggiore fluidità del passaggio generazionale e del tardivo raggiungimento dell’indipendenza economica e familiare delle persone giovani? Ne tengono conto nella progettazione delle loro attività e proposte? Governare la transizione (strumenti di analisi) Ogni transizione, e quindi anche quella verso l’età adulta, è un momento di fragilità per la persona che la vive. Il disorientamento e la pluralizzazione di riferimenti valoriali che, oggi, i giovani si trovano a dover gestire, come possono essere condivisi e incanalati dalla generazione degli adulti, nel loro ruolo di educatori in senso lato? Le famiglie di appartenenza come possono aiutare le nuove generazioni a dare coerenza ai propri percorsi bio100 Educapolis - Microprogetti 2008-’09 grafici, orientando la costruzione di una progettualità autonoma e proiettata oltre il tempo presente? Chi potrebbe sostenere e accompagnare i genitori in questo nuovo compito educativo? L’immagine proposta della generazione di oggi è quella del «giovane in relazione» pluricollocato e pluriappartenente. Quali percorsi educativi potrebbero essere elaborati per proporre, a giovani e adulti, la scelta di una relazionalità autentica, coerente, solidale e intergenerazionale? Obiettivi 1. Sensibilizzare gli adulti e l’opinione pubblica alla conoscenza del fenomeno della transizione giovanile 2. Favorire nell’adulto la consapevolezza di essere un «soggetto educante» 3. Promuovere la capacità di ascolto e la narrazione di sé 4. Proporre e condividere la scelta di una relazionalità autentica, coerente, solidale e intergenerazionale 5. Saper accogliere in modo incondizionato la persona giovane nelle sue peculiari condizioni di vita 6. Promuovere la capacità di sostenere i giovani nella costruzione di un PROGETTO DI VITA 7. Fornire a genitori, docenti e operatori pastorali MAPPE DI LETTURA per comprendere l’attuale realtà esistenziale dei giovani-adulti 8. Creare RETI FORMATIVE intorno ai giovani per sostenerli in questo percorso di crescita umana (famiglia, scuola, istituzioni civili ed ecclesiali, MIEAC, associazioni, mondo del lavoro, ecc.). Destinatari -- Genitori -- Docenti 101 Sussidio annuale 2008-’09 --------- Giovani Sacerdoti Responsabili e animatori di Pastorale Giovanile Enti di Formazione Professionale EE. LL. Assessorato politiche giovanili Assessorato servizi sociali Associazioni culturali e sportive Strategia Per raggiungere gli obiettivi previsti, la strategia del progetto è incentrata su un’azione culturale ed educativa che fornisca ai partecipanti una serie di strumenti cognitivi per saper leggere, con senso critico, i processi e i fenomeni sociali, economici e politici che caratterizzano, oggi, la fase della TRANSIZIONE della persona umana dall’età della giovinezza all’età dell’adultità. Tale azione formativa sarà veicolata attraverso il linguaggio cinematografico che, in maniera distesa e coinvolgente, favorirà la conoscenza e la condivisione dell’attuale vissuto esistenziale dei giovani italiani da parte delle persone adulte. L’attività formativa rivolta a sacerdoti e operatori pastorali sarà realizzata utilizzando una metodologia ludica e laboratoriale che consenta a ciascuno di mettersi in gioco per comprendere le dinamiche che caratterizzano le relazioni con i giovani ormai prossimi a varcare la soglia dell’età adulta. Azioni • Diffusione dei dati statistici relativi al fenomeno della transizione (es.: di opuscoli informativi, coinvolgimento mass-media, sito Miur area famiglia); • realizzazione di un convegno per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica locale; 102 Educapolis - Microprogetti 2008-’09 • realizzazione di un cineforum rivolto ai giovani e alle loro famiglie d’origine sulla attuale condizione giovanile; • realizzazione presso un istituto scolastico superiore di un cineforum (max 3 film) rivolto ai docenti e agli studenti del IV e V anno; • weekend formativo per sacerdoti, responsabili e animatori di pastorale giovanile; • iniziativa informativa da definire e realizzare in collaborazione con gli enti locali (assessorato politiche giovanili e servizi sociali) rivolta alla cittadinanza; • evento pubblico conclusivo di socializzazione degli esiti dei singoli percorsi formativi realizzati. Monitoraggio e valutazione IN ITINERE: • rilevazione della partecipazione alle attività formative proposte • somministrazione di questionari a risposta multipla per rilevare l’efficacia dell’intervento proposto. FINALE: • somministrazione di questionari e proposta di focus group per verificare il mutamento dell’atteggiamento cognitivo e relazionale dei partecipanti nei confronti delle realtà giovanili • realizzazione di un evento pubblico per la condivisione degli esiti del progetto. 103