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Primo viatico
EDIZIONI
POLISTAMPA
Comune di Empoli
A cura di / Edited by
Antonio Natali
Luciana Cappelli
Sindaco di Empoli
Coordinamento / General coordinator
Paola Panicci
Segreteria redazionale / Editing staff
Sigma CSC
Referenze fotografiche / Photo credits
George Tatge
Anna Moore Valeri
Gabinetto fotografico
della Soprintendenza Speciale
per il Polo Museale Fiorentino
Progetto grafico / Graphic layout
RovaiWeber design
Traduzioni / Translations
Josephine Rogers Mariotti
pp. 7-9, 11-12, 15-57, 59-71
Anna Moore Valeri
pp. 5-6, 73-81, 91-101
Jacopo è il nostro figlio più illustre, talvolta trascurato, come succede
anche alle figure più importanti.
Pontorme è uno dei nostri antichi castelli, origine talvolta dimenticata,
come succede anche alle questioni più importanti.
In questo castello Jacopo nacque nel 1494 e trascorse alcuni anni; ma vi
tornò e per gli empolesi dipinse l’Arme di Leone X e la pala con San
Giovanni Evangelista e San Michele Arcangelo per la chiesa di San
Michele.
Egli riprende ora possesso della sua prima dimora, la piccola casa nel
mezzo del borgo di Pontorme. Empoli ha dunque il dovere e, soprattutto,
il piacere di celebrare il suo artista riaccogliendolo nel luogo che gli ha
dato i natali, dopo dieci anni dalle celebrazioni del quinto centenario
della sua nascita.
Il doveroso riconoscimento che la città dedica al Pontormo, geniale pro-
Copertina / Cover
Pittore fiorentino del secondo
Cinquecento, Copia della ‘Madonna
del libro’ del Pontormo, Firenze,
Galleria degli Uffizi
L’editore assicura di aver posto ogni cura
nel prendere contatto con i detentori
dei diritti relativi alle immagini e dichiara
la propria disponibilità ad assolvere
gli obblighi di legge anche nei confronti
di quanti non fosse riuscito a raggiungere.
We may have sometimes neglected Jacopo, our most illustrious son, as
occasionally happens even to the most important personages.
Pontorme is one of our ancient castles, its origins often forgotten, as
occasionally happens even to the most important places.
In this castle, Jacopo Carucci was born in 1494 and spent the first years
of his life; he returned and, for the people of Empoli, painted the coat of
arms of Pope Leo X and the altar frontal with St John the Evangelist and
St Michael the Archangel for the church of San Michele.
Figuratively speaking Jacopo has now come home again to the little
house in Pontorme.
Empoli, at last, has the duty and above all the pleasure of celebrating
this favourite son by welcoming him back to the house where he was
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tagonista della ‘maniera moderna’, non è solamente celebrativo e rituale ma, proprio per l’attualità del suo ispiratore – del suo linguaggio innovativo, nel quale si riconoscono le inquietudini contemporanee –, è parte
attiva del contesto cittadino e territoriale per i programmi che nella Casa
si intendono attuare: dalla didattica per i beni culturali al Centro di studi
sull’arte del Cinquecento nella provincia toscana. Questa Casa è nata per
essere, oltre che museo di se stessa, e autoreferenziale per quanto è naturale che sia, un laboratorio dedicato in particolare alla formazione culturale dei giovani. La vita del Comune di Empoli, è stata sempre contraddistinta dalla stretta collaborazione fra diversi soggetti.
In questa occasione desideriamo rivolgere uno speciale ringraziamento
all’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, al suo Presidente Edoardo
Speranza e ai funzionari Marcella Antonini e Ugo Bargagli Stoffi. L’Ente
ci ha elargito il fondamentale appoggio finanziario; ma quel che fa la
differenza è che ciò è accaduto nella profonda e convinta partecipazione
alla vita e allo sviluppo della nostra comunità. Tutto ciò va sottolineato
poiché è un bell’esempio di collaborazione basata su un comune sentire
e dove la differenza è assunta a strumento che dà ricchezza di contenuti, di azioni e di realizzazioni.
Infine, un doveroso e sentito ringraziamento alle persone senza la cui
partecipazione tutto ciò non avrebbe potuto avere luogo.
A Varis Rossi e Vittorio Bugli, Sindaci nelle passate legislature, per averci lasciato la Casa del Pontormo in eredità; a Pier Luigi Meacci, a
Mariapia Albano Pagni e a Massimo Giraldi, Assessori alla cultura delle
passate e dell’attuale legislatura, che hanno fortemente creduto nelle
potenzialità culturali di questa sede come un’opportunità di valorizzazione delle conoscenze acquisite.
La nostra riconoscenza va ad Antonio Natali, curatore scientifico della
Casa di Jacopo nonché nostro consulente per i beni culturali, per averci
sostenuto in quest’ultima impresa con la forza delle sue idee.
Ad Antonio Paolucci, Direttore Regionale per i Beni Culturali e
Paesaggistici della Toscana e Soprintendente per il Polo Museale
Fiorentino, va tutta la nostra stima per l’amore che dedica al territorio e
la fiducia nelle persone che vi operano.
Infine, e con grande piacere, ringrazio tutti i dipendenti del Comune di
Empoli che, a diverso titolo, si sono impegnati per la realizzazione di questo progetto.
Un grazie speciale a Paola Panicci per il lavoro di coordinamento che ha
svolto con passione e competenza.
born ten years after the celebration of the fifth centenary of his birth.
This well-earned recognition that the city dedicates to Pontormo, the talented protagonist of the modern manner, is not just a celebration and a
ritual; in the artist who has inspired it, in his innovative style, we recognize a restless spirit which is easy for us to identify with. This recognition
represents an active part of the city and territorial context for the programs we intend to initiate in the House of Pontormo, which include
educational events related to our cultural heritage as well as a Centre for
Studies of 16 th century art in Tuscany. The House has been created with
the intent of being not just a museum but also a laboratory dedicated in
particular to the cultural education of young people.
The activities of the City of Empoli has always been characterised by
close collaboration with other institutions. On this particular occasion
we would like to extend a special thanks to the Ente Cassa di Risparmio
di Firenze, to its president, Edoardo Speranza, and to its officers,
Marcella Antonini and Ugo Bargagli Stoffi. This bank provided the fundamental financial support that was needed, with the difference that this
was done with a spirit of profound conviction of participation in the life
and development of our community.
I would also like to thank the people without whose support none of this
would have been possible. To Varis Rossi and Vittorio Bugli, past mayors
of Empoli, for having bequeathed us the house of Pontormo; to Pier Luigi
Meacci, to Mariapia Albano Pagni and to Massimo Giraldi, councillors for
cultural activities during the past and present legislatures, who were
profoundly convinced of the cultural potential of this site.
We also wish to acknowledge the role of Antonio Natali, curator of the
museum section of the House of Pontormo, as well as our cultural consultant, who sustained us in this initiative with the power of his ideas.
To Antonio Paolucci, Regional Director of the Cultural and Landscape
Patrimony of Tuscany and Superintendent of Florentine Museums, we
extend our recognition for the passion which he dedicates to the territory and the trust he has shown in the people who are working for it.
It is also with great pleasure that I extend my thanks to the employees
of the City of Empoli who, in different ways were involved in the realisation of this project. In particular, a special thanks to Paola Panicci for
coordinating all aspects of the project with passion and competence.
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Antonio Paolucci
Chi percorre la vecchia via Pisana, dopo la Gonfolina, dopo
Montelupo, incontra il campanile di Pontorme. Oggi periferia vaga di
Empoli, fra vigne degradate e piccole fabbriche; un tempo, quando vi
nacque nel 1494 Jacopo Carucci, parrocchia rurale e artigiana al servizio della città maggiore. Fatte poche centinaia di metri il viaggiatore
è già dentro Empoli. Empoli con la Collegiata e con la piazza della
Notte di San Lorenzo, con la torre campanaria, meridiana di Valdarno,
e con il museo dove ci sono i Lorenzo Monaco e il Masolino che affascinarono, cento anni fa, il giovane Berenson. Ma prima di Empoli c’è
Pontorme e a Pontorme bisogna fermarsi perché qui c’è la casa del pittore che dal borgo di origine ha preso il nome con cui è conosciuto.
Nel 1994 (quinto centenario della nascita del Pontormo quando le
celebrazioni coinvolsero varie città di Toscana) l’edificio fu oggetto
delle attenzioni del Comune di Empoli che lo acquistò con delibera del
14 dicembre di quell’anno. Dopo dodici anni di investimenti e di lavori che hanno avuto decisivo protagonista l’Ente Cassa di Risparmio di
Firenze presieduto dal mio amico Edoardo Speranza, nel quattrocentocinquantesimo anniversario della morte dell’artista, la casa è
diventata museo.
Missione compiuta quindi e impegno onorato. La lapide che Emilio
Cecchi dettò nel 1957 a gloria dello spirito “solitario tormentato incontentabile” non è più contraddetta dal degrado di un edificio per troppo tempo trascurato. Era ora. Il responsabile dei beni culturali per la
Toscana non può che esprimere la sua soddisfazione e la sua gratitudine a chi ha voluto e degnamente ha portato a termine, la bella
impresa.
Dei caratteri e del destino di una “casa d’artista” che è stata oggetto di
un restauro impeccabile, che ora accoglie poche scelte memorie della
vita e dell’opera di Jacopo Carucci, ma che è stata, soprattutto, pensata
e attrezzata perché diventi non solo museo di sé stessa ma stabile centro di documentazione e di studi per l’arte del Cinquecento in Toscana,
Whoever travels along the old via Pisana, after the Gonfolina, after
Montelupo, will come across the bell-tower of Pontorme, today a nondescript part of the periphery of Empoli, among wasted vineyards and
small factories. Once, when Jacopo Carucci was born there in 1494, it
was a rural community of artisans at the service of the bigger cities.
After a few hundred meters, our traveler is already inside Empoli.
Empoli with its Collegiata and the square of the Notte di San Lorenzo,
with the bell-tower, meridian of the Valdarno and with the museum
where there are paintings by Lorenzo Monaco and Masolino that fascinated the young Berenson a hundred yeas ago. But before Empoli,
there is Pontorme and we have to stop at Pontorme because there is
the house of the painter who took his name from his native village.
In 1994 (the fifth centenary of the birth of Pontormo when celebrations
were held in various Tuscan cities) the building was the object of attention on the part of the City of Empoli that purchased it with the decree
of December 14 of that same year. After twelve years of work and
investments sponsored by the Institute of the Cassa di Risparmio of
Florence presided over by my friend Edoardo Speranza, on the four hundred and fiftieth anniversary of the death of the artist, the house has
become a museum.
Mission completed then and pledge honored. The plaque that Emilio
Cecchi dictated in 1957 to the glory of the “solitary, tormented, dissatisfied” spirit is no longer contradicted by the degradation of a building
neglected for too long. It is about time. The official responsible for the
cultural patrimony of Tuscany can only express his satisfaction and his
gratitude to those who wanted and worthily brought to conclusion this
fine effort.
On the character and destiny of this “artist’s house” that has been the
object of an impeccable restoration, that now holds a few selected
memories of the life and work of Jacopo Carucci, but that has above all
been designed and equipped to become not only a museum of itself
but a permanent center of documentation and study of the art of the
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Direttore Regionale
per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana
Soprintendente
per il Polo Museale Fiorentino
dice l’amico e collega Antonio Natali nelle pagine che seguono.
A lui, alla sua preparazione professionale e alla sua tenace determinazione, dobbiamo se il progetto voluto dalla municipalità di Empoli
e dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, oggi si presenta con i caratteri di rigore scientifico ma anche di concreta fruibilità da parte del
pubblico e degli studiosi che la memoria del Pontormo esigeva e tutti
noi auspicavamo.
Edoardo Speranza
Presidente Ente Cassa di Risparmio di Firenze
Il restauro della casa di Jacopo Carucci, conosciuto come il Pontormo,
vicino al torrente da cui il borgo prese il nome, è un evento che desidero sottolineare, perché testimonia il crescente interesse delle
Amministrazioni Civiche a recuperare la memoria del passato e a valorizzare l’identità delle realtà comunitarie.
Il Pontormo è degno figlio della terra empolese, un’area da migliaia di
anni abitata, colonizzata dai romani, sede di un attivo scalo fluviale,
dal quale molti studiosi fanno derivare la denominazione In Portu,
contenuta nella Tabula Peutingeriana.
L’area empolese è stata conosciuta, frequentata e considerata per la
posizione strategica che aveva, lungo la via Quinctia, sul fiume Arno, e,
nel Medioevo, attigua alla via Francigena.
La bellissima Collegiata testimonia della posizione civile e religiosa
che Empoli aveva nel territorio.
Cinquecento in Tuscany, my friend and colleague Antonio Natali will
inform you in the pages to follow.
We owe it to him, to his professional preparation and persevering
determination, if this project promoted by the city of Empoli and the
Institute of the Cassa di Risparmio of Florence, has today been completed with principles of scientific rigor but mindful of concrete fruition on
the part of the public and scholars… as the memory of Pontormo
deserved and all of us desired.
The house of Jacopo Carucci, known as il Pontormo, lies near the stream
after which the village was named. Its restoration is an event of importance that I would like to highlight. It in fact is a testimony of the increasing interest on the part of Civic Administrations towards the recovery of
the memories of the past and the valorization of the identity of community life.
Pontormo is the worthy son of this land of Empoli, an area that has been
inhabited for thousands of years: colonized by the Romans, it was the
location of an active river port, after which many scholars maintain the
denomination In Portu derives, contained in the Tabula Peutingeriana.
The area of Empoli was known, frequented and valued for the strategic
position it held along the via Quinctia, on the Arno River and, in the
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Da queste considerazioni sul ruolo storico della città, deriva l’importanza di far riscoprire alla comunità empolese e soprattutto ai giovani
l’identità che la lunga vicenda cittadina ha impresso alla collettività
locale.
In questo senso è molto bello valorizzare gli uomini illustri espressi nei
secoli dalla propria comunità.
È il caso del Pontormo, un grande pittore che nel Cinquecento fu una
delle personalità più inquiete e innovative della sua epoca, da molti
considerato fra i primi manieristi fiorentini, che giustamente deve
essere oggi ricordato anche facendo conoscere la sua casa, cioè il luogo
nel quale germogliò, quale segno del legame inscindibile fra l’uomo e
il suo ambiente, civile e naturale, nel quale egli nasce e si sviluppa.
Middle Ages, along the via Francigena.
The beautiful Collegiata attests to the civic and religious position held by
Empoli in the surrounding territory.
From these considerations on the historic role of the city derives the
importance of supporting the rediscovery, for the community of Empoli
and above all for the younger population, of the identity that the long
history of the city has impressed on the local collectivity.
In this sense, honoring the illustrious men and women as the expression
of that collectivity is a noteworthy effort.
And so is the case of Pontormo, a great artist who in the Cinquecento
was one of the most disquieting and innovative personalities of his time,
who by many is considered one of the first Florentine mannerists and
who rightly must be commemorated today by familiarizing the public
with his house, the place where he grew up, as a sign of the indestructible link between man and the civic and natural environment in which he
is born and develops.
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LA CASA DEL PONTORMO
PRIMO VIATICO
Antonio Natali
La casa natale del Pontormo è parte nobilissima (ancorché recente) del
patrimonio del Comune d’Empoli [figura 1]. È un monumento che serba
memoria tangibile d’un suo figlio concordemente annoverato fra gli
apici della nostra cultura figurativa.
Quando, nel 1994, si doveva commemorare il quinto centenario della
nascita di Jacopo, si pensò che per la città sarebbe stato importante
celebrare quella data con un convegno sulla sua figura e con una
mostra che ne mettesse in risalto segnatamente l’attività giovanile e le
relazioni col luogo d’origine. Ma si pensò pure che sarebbe stato doveroso compiere anche un atto che non avesse i toni dell’effimero. Parve a
THE HOUSE OF PONTORMO
INITIAL VIATICUM
Pontormo’s house and place of birth, though recently acquired, is one
of the noblest components of the cultural patrimony of the City of
Empoli [figure 1]. It is a monument that harbors the tangible memory
of a native son unanimously recognized as one of the expressive
geniuses of our figurative culture.
When in 1994 the commemorations of the Fifth Centenary of the birth
of Jacopo were decided upon, it was thought important that his native
city celebrate the date by organizing a conference on the artist and an
exhibition that focused specifically on his early activity and connections to his birth place. It was likewise clear that our duty was to create something permanent, beyond the ephemeral. Evident to all, that
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1. La casa natale di Jacopo Carucci a Pontorme. Particolare
tutti evidente che non si sarebbe potuto far festa per Jacopo lasciando
quella che si reputava essere la sua prima residenza in uno stato assai
più triste dell’abbandono. Fu deliberato dunque dal Comune di riscattare quella semplice architettura caduta in disgrazia, ma già in passato,
nel 1957, onorata da un’epigrafe dettata da Emilio Cecchi 1 [figura 2 ]:
MENTRE LEONARDO E MICHELANGIOLO
PORTAVANO LA PITTURA
A INARRIVABILI ALTEZZE
EBBE I NATALI IN QUESTA TERRA
JACOPO CARRUCCI DETTO IL PONTORMO
(1494 – 1556)
SOLITARIO TORMENTATO INCONTENTABILE
NEI SUOI DIPINTI SEPPE DIRE
UNA PAROLA NUOVA
LA CUI DOLENTE ORIGINALITÀ
SEMPRE PIÙ È CARA E FRATERNA
ALLO SPIRITO DEI MODERNI
In poche parole di bella prosa Cecchi dava e tuttora dà al viaggiatore,
Jacopo could not be celebrated if his first home was left in the state
worse than abandonment in which it then was found. Thus, the city
decreed to restore the simple structure that although fallen to ruin had
already been honored by a memorial plaque inscribed with the words
of Emilio Cecchi 1 in 1957 [figure 2]:
MENTRE LEONARDO E MICHELANGIOLO
PORTAVANO LA PITTURA
A INARRIVABILI ALTEZZE
EBBE I NATALI IN QUESTA TERRA
JACOPO CARRUCCI DETTO IL PONTORMO
(1494 – 1556)
SOLITARIO TORMENTATO INCONTENTABILE
NEI SUOI DIPINTI SEPPE DIRE
UNA PAROLA NUOVA
LA CUI DOLENTE ORIGINALITÀ
SEMPRE PIÙ È CARA E FRATERNA
ALLO SPIRITO DEI MODERNI
(While Leonardo and Michelangiolo / brought painting to unreachable
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2. La lapide sulla facciata della casa del Pontormo. Particolare
sulla via maestra di Pontorme, le notizie essenziali per avvisarlo d’una
sua sosta nel posto dove nacque uno dei più sublimi artefici di sempre.
Da quel marmo è dato conoscere che Jacopo venne al mondo nel 1494 2,
ai tempi in cui i due maestri fondatori della ‘maniera moderna’ già
davano prove sicure di un’espressione figurativa che stava virando di
bordo. S’apprende poi che il luogo nativo di lui è qui, nel borgo di
Pontorme. Ma non si dice espressamente che proprio questa casa l’abbia visto nascere, perché le pur metodiche indagini di Ugo Procacci,
condotte in vista del quarto centenario della morte del pittore, non
potevano garantirne l’assoluta certezza 3.
In tre poetici aggettivi – “solitario tormentato incontentabile” – si condensa infine quello che le memorie riportano del carattere di lui. Tre
aggettivi che forse la critica attuale vorrebbe un poco smussare, opponendo qualche riserva all’immagine che le fonti e gli esegeti passati
hanno disegnato con profili d’impronta romantica 4; ma che parrà in
fin dei conti veridica. Difficile infatti figurarsi uno Jacopo sereno; forse
lo fu soltanto ai tempi della peste, quando, per fuggire il contagio, si
riparò nella quiete del romitorio certosino del Galluzzo 5. E parimenti
arduo riuscirà immaginarselo intruppato in brigate di compagnoni o
soddisfatto d’una sua creazione. Magari in antico sarà garbato ricama-
re d’aneddoti quanto lasciava trapelare il suo cosiddetto Diario, per
costruire su quelli un’impalcatura da romanzo; ma certo la materia
davvero non mancava; a partire dalle morti precoci (e a catena) dei
familiari a lui più vicini 6. Perdite capaci di lasciare segni indelebili nell’animo d’un uomo. Ma segni di cui si potrà anche dire che son tornati
utili – e sempre lo saranno – a far sentir “cara e fraterna” alle genti d’ogni tempo la sua peculiare lingua.
È semmai su quel “dolente” che si troverà da ridire; giacché, se indubbiamente dolente fu il percorso della sua esistenza, e “turbate” (conforme alla lirica invenzione di Mario Luzi 7) furono le “felicità” che comunque la Provvidenza gli dispensò, dolente non si riesce a sentire l’eloquio
sotteso alle storie da lui dipinte. Uno stato d’animo inquieto e melanconico non desta stupore in chi la vita ha frustato fin dall’età più tenera;
né meraviglierà che in lui abbia sempre battuto un dolore sordo; ma gli
esiti espressivi di quello spirito travagliato restano a noi come segni
non già d’afflizione, bensì di vitalità fremente.
Nacque dunque Jacopo a Pontorme, se non propriamente in queste
stanze, in altre identiche e contigue. In queste, comunque, la tradizione
recente (fondata però sulle indagini d’uno storico dell’arte ch’è stato
sicuro battistrada nelle ricerche archivistiche) ha visto le più verisimili
heights / Jacopo Carucci called il Pontormo / (1494-1556) / was born in
this land / solitary tormented dissatisfied/in his works he was able to
express / a new turn of phrase / whose sorrowful originality / is ever
more dear and fraternal / to the modern spirit).
With a few words in beautiful prose, the plaque gave and still gives to
those who travel along the main road in Pontorme, the essential facts.
It tells the traveler to stop in this place were one of the most sublime
masters of all time was born. It states his year of birth, 1494 2, a time
when the two founders of the ‘modern manner’ had already given sure
proof of a figurative expression that was changing the course of art
development. We further learn that his birth place is here, in the small
locality of Pontorme, but there is no specification that the house is
actually the place in which that event took place. Even the thorough
investigations undertaken by Ugo Procacci in concomitance with the
Fourth Centenary of the death of the painter were unable to guarantee
that fact with absolute certainty 3.
The three poetic adjectives – solitary, tormented, dissatisfied – condense what contemporaries record about his character. Three adjectives that present day scholars are inclined to modulate, accepting
with reservations the image that primary sources and historians of the
past have outlined in a romanticizing, but in the end seemingly truthful profile 4. It is difficult to imagine Jacopo as serene; perhaps he was
so only at the time of the plague, when, to escape the contagion, he
took shelter in the quiet of the Certosa hermitage of Galluzzo 5. It’s
equally difficult to imagine him in the company of friends or satisfied
with one of his works. In those earlier times, perhaps it was preferred
to embroider with anecdotes what can be intuited reading his so-called
Diary, constructing with them the substance of a novel. And certainly
the stuff of a novel isn’t lacking, beginning with the precocious death
(in a chain sequence) of the closest members of Jacopo’s family 6, losses that leave indelible scars on the soul of a man. Scars however that
served a purpose – and always will – making ‘dear and fraternal’ to
people of all periods his particular mode of expression.
If anything, it’s with the term ‘sorrowful’ that objection might be
taken; although the course of his life was undoubtedly sorrowful and
‘perturbed’ (using the lyrical invention of Mario Luzi 7), providence
nonetheless allotted him ‘felicities’. Sorrowful is not the proper word to
describe the locution that transpires in the stories he painted. A restless and melancholic state of the soul is not surprising in someone that
life has castigated from an earliest age; nor should we be surprised if
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3. Il Diario del Pontormo nell’edizione promossa dal Comune d’Empoli
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a esser quelle natali dell’artista. Che presto poi le abbandonò per via
delle disgrazie occorsegli, andandosene a Firenze, dove ancora la mala
sorte l’avrebbe peraltro raggiunto. Ma la dimora di Pontorme volle
tenersela; e ancora la denunciava quand’era sui quarant’anni 8.
Ora che restaurata s’apre, la casa dovrà vivere recando di quella presenza rare ma sapide evocazioni. A piano terreno, nella stanza più grande,
che la poca luce naturale non può illuminare, sarà esposta l’edizione
elegante in facsimile del Diario del Pontormo, quella che uscì curata da
Roberto Fedi per conto del Comune d’Empoli nel 1996, e ch’è da reputare una delle imprese culturali più importanti nel novero delle iniziative
promosse per l’occasione del quinto centenario della nascita di Jacopo 9
[figura 3].
Il Diario fu scritto dal pittore negli ultimi tre anni di vita (dal gennaio
del 1554 all’ottobre del 1556). Per questa ragione è parso suggestivo serbarne una replica fedele nella casa dove lui invece nacque e trascorse la
sua prima età. Queste mura, d’altra parte, sono le più pertinenti a quelle pagine, buttate giù solo per sé; col tono che si tiene – al più – coi familiari, vergando pensieri anche intimi e addirittura inconfessabili; come
uno si sente di fare giustappunto nel chiuso d’un vano ch’è muto testimone quotidiano dei suoi umori. Quasi la registrazione d’un soliloquio;
cui Jacopo doveva essere fin dall’infanzia abituato, ancorché non gli
difettassero le conoscenze (sovente intellettualmente sostenute) e le
amicizie (forse non tante, ma di sicuro sincere).
Se il Diario starà nella residenza del borgo a rappresentare l’umanità
del Pontormo, la sua espressione d’artista – che del pari s’è voluto avesse attinenze strette col luogo – troverà un veridico riscontro nei fogli,
esibiti in facsimile, che lui disegnò in preparazione della pala dipinta
intorno al 1519 per la chiesa di San Michele; qui, a due passi dalla casa 10
[figura 4]. In due di quei fogli (Uffizi n. 6571F e Lille n. 568) Jacopo studiò
le posture dei santi Giovanni Evangelista e Michele Arcangelo, che sull’altare avrebbero secondato la nicchia dov’era incassata un’immagine
venerata [figure 5 e 7]. I due disegni rimontano a un tempo in cui le idee
del pittore riguardo a quest’opera dovevano essersi già assestate, giacché sulla tavola trovano un’esecuzione puntuale non solo le attitudini
dei corpi, ma anche l’andamento dei panneggi (ridondanti di sbuffi e
desinenze) e le fisionomie (pateticamente ispirate). Nell’altro foglio di
figura (Uffizi n. 6506F) è invece dato osservare uno stadio preliminare
nella messa a punto grafica per il san Michele: da un giovane modello,
Jacopo desume la posa delle gambe, mentre altrove – conforme a un
metodo di lavoro peraltro usuale – avrà poi studiato i panni che le
within he felt the constant pounding of smothered pain; for us, however, the expressive modes of his troubled spirit are not signs of affliction
but rather of trembling vitality.
And so Jacopo was born in Pontorme and if not precisely in these chambers, in others identical and contiguous. Within these rooms recent tradition (based in effect on the studies of an art historian who certainly
can be considered a precursor in the field of archival research) has identified this as the most probable place of birth for the artist. A home
that, due to the sorrowful events of the artist’s life, he abandoned
shortly thereafter making his way to Florence where bad luck struck
him again. Jacopo never parted with the house in Pontorme however
and still declared it as his possession near the age of forty 8.
Now reopened after restoration, the house must make due with only a
few evocations of his presence. On the ground floor, in the largest room
– dark in the scanty natural light – the elegant facsimile edition of the
Diary of Pontormo is on exhibit. The publication edited by Robert Fedi
for the City of Empoli in 1996 can be considered one of the most important cultural events undertaken during the celebrations of the Fifth
Centenary of the birth of Jacopo 9 [figure 3].
The Diary was written by the painter during the last three years of his
life (from January 1554 to October 1556). For this reason, it seemed fitting to keep a faithful replica in the house where he began his existence and spent his earliest youth. These walls, then again, are the
most pertinent to those pages he composed only for himself. Written
in a tone reserved – most often – for family members, they indeed
express intimate and sometimes unmentionable thoughts, just as in
effect one does when enclosed in a solitary room that becomes a silent
witness to our own humors. Almost a registration of a soliloquy of the
type Jacopo must have been used to from childhood, even though he
had acquaintances (often intellectually valid ones) and friendships
(perhaps not many, but certainly sincere).
If the Diary in this house in Pontorme represents the humanity of
Pontormo, his art – likewise closely tied to this place – finds its genuine
counterpart in the facsimile drawings on exhibit, preparatory studies
he created around 1519 for the altarpiece in the church of San Michele,
just a few steps from the house 10 [figure 4]. In two of the sheets (Uffizi
no. 6571F and Lille no. 568), Jacopo studied the poses of the saints John
the Evangelist and Michael the Archangel that were arranged on the
altar around a niche holding a holy image [figures 5 and 7]. The two
drawings obviously date from a period in which the painter’s ideas
22
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4. Jacopo Pontormo, San Giovanni
Evangelista e san Michele Arcangelo,
Pontorme, San Michele
5. Jacopo Pontormo, Studio per il san
Giovanni Evangelista e due studi di mano
per il san Michele Arcangelo di Pontorme,
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi, n. 6571F
24
25
avrebbero coperte [figura 6 ]. L’ultimo disegno (Uffizi n. 300F) – quello
dov’è impaginata con tratto magistrale e piglio deciso una scena di
compianto su Cristo morto – viene esposto qui, nella casa, essendone
stata congetturata una pertinenza con la lunetta che, a detta di taluni,
avrebbe dovuto coronare la solita pala nella chiesa di San Michele 11
[figura 8].
Torna opportuno che i visitatori della dimora empolese del Pontormo,
abbiano l’agio di soffermarsi al cospetto di questi fogli, perché in essi –
tutto sommato ancora giovanili, quantunque la mano del loro artefice
sia matura – si possono apprezzare quegli stilemi che fanno di Jacopo
uno degli esponenti più eletti della ‘maniera moderna’ e che furon poi
quelli suoi peculiari.
Vi si leggerà il trasporto di lui per le antichità ellenistiche o comunque
informate all’espressione d’affetti prolungati e languidi 12: la testa dell’evangelista Giovanni, voltata all’insù con lo sguardo levato al cielo, par
proprio quella dell’Alessandro morente [figure 9 e 10], marmo frequentemente copiato dagli artisti di questa stagione (lo stesso Pontormo vi
ricorse per più d’una testa della Pala Pucci in San Michele Visdomini) 13.
E quel languoroso volto s’innesta su un corpo che nel rimanente si
conforma – obliquo e di sbieco com’è – al tipo del Pothos di Skopas, con
about the work had already been formulated since in the painted version not only the figural poses but also the draperies (bursting with
tufts and folds) and the physiognomies (inspired with pathos) are executed in perfect correspondence. The other figure study (Uffizi no.
6506F) corresponds to a preliminary stage in the graphic solution for
Saint Michael: Jacopo models the position of the legs on a youthful live
model, executing the drapery studies separately – as was the common
practice [figure 6]. The last drawing (Uffizi no. 300F) – characterized by
mastery of stroke and expressive power – represents the Lamentation
over the Dead Christ. It is included here in light of the conjecture that
it is a preparatory study for the lunette that, according to some, was
intended to crown the San Michele altarpiece 11 [figure 8].
Those who visit this house in the countryside of Empoli, should take
the time to study these drawings; in them - still youthful exercises
despite the mastery of the hand of their creator – we can admire the
stylistic modes that make Jacopo one of the most elect exponents of
the ‘maniera moderna’, modes all his own.
In them transpires his love for Hellenistic antiquities or for those filled
at least with extenuated and languid emotion 12: the head of John the
Evangelist looks up with eyes raised to the heavens exactly like the
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6. Jacopo Pontormo, Studio per le gambe del san Michele Arcangelo
di Pontorme, Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, n. 6506F
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7. Jacopo Pontormo,
Studio per il san
Michele Arcangelo
di Pontorme, Lille,
Musée des BeauxArts, n. 568
8. Jacopo Pontormo,
Studio per un
compianto di Cristo,
Firenze, Gabinetto
Disegni e Stampe
degli Uffizi, n. 300F.
Intero e particolare
29
9. Jacopo Pontormo,
San Giovanni Evangelista
e san Michele Arcangelo,
Pontorme, San Michele.
Particolare
10. Scultore ellenistico,
Alessandro morente,
Firenze, Galleria degli
Uffizi
la gamba destra che fa perno e la sinistra che un poco si flette; e le braccia si piegano, portandosi lievemente di fianco, con gli avambracci che
risalgono [figure 11 e 12]. Quanto al fanciullino sotto il piede di san
Michele (che solo per via dell’ala di pipistrello viene di ravvisar diabolico), s’adatta alla postura d’uno di quei Putti con l’oca ch’ebbero gran fortuna presso i pittori: basterebbe mettergli accanto quello degli Uffizi (n.
329) [figure 13 e 14] per vedervi uno speculare gemello (lo stesso peraltro cui nella Vergine delle rocce aveva fatto ricorso, una trentina d’anni
prima, Leonardo) 14.
E però – insieme a quell’interesse per la scultura ellenistica che, a detta
di Vasari, fu determinante per la nascita della nuova ‘maniera’ 15 – si
potrà cogliere in quegli stessi disegni (e ancor più nell’opera finita) la
disposizione di Jacopo all’ascolto di lingue straniere e alla conseguente
ricezione di vocaboli allogeni. Già dallo studio di gambe e da quello di
figura, per il san Michele, affiora (per diventar lampante sulla pala) l’attrazione esercitata sul Pontormo dalla cultura figurativa tedesca; Dürer
in primis. Attrazione che – com’è noto – si manifestò al massimo grado
negli affreschi alla Certosa del Galluzzo, dove financo letterale fu l’assunzione dei modelli düreriani. E ne sarebbero venute parole severe da
12. Jacopo Pontormo, San Giovanni
Evangelista e san Michele Arcangelo,
Pontorme, San Michele. Particolare
Dying Alexander [figures 9 and 10], a work frequently copied by artists
of the time (Pontormo himself used it for more than one countenance
in the Pucci Altarpiece in San Michele Visdomini) 13. And that languished visage unites with a body that – oblique and aslant as it is –
conforms to the type of Pothos by Skopas, with the supporting right leg
straightened and the left slightly bent, the arms bending to the side
with forearms raised [figures 11 and 12]. The small child under the foot
of Saint Michael (recognizable as a devil only for the bat’s wing) is an
adaptation of the pose of one of those Boy with a Goose that painters
of the time loved so dearly: simply placing it side by side with the version in the Uffizi (no. 329) [figures 13 and 14], we have a mirrored
image (the same figure used by Leonardo, moreover, thirty years earlier in the Virgin of the Rocks) 14.
However – along with the interest for Hellenistic sculpture that,
according to Vasari, was determining for the birth of the new “manner” 15 – those drawings (and even more so the final work) reveal
Jacopo’s willingness to listen to foreign tongues and his consequent
reception of alien vocabulary. Already evident in the studies of legs and
that of the figure of Saint Michael (and strikingly in the altarpiece) is
Pontormo’s attraction to the art of Germany, Dürer in primis. An attrac-
32
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11. Replica romana dell’originale
attribuito a Skopas, Pothos, Firenze,
Galleria degli Uffizi
13. Jacopo Pontormo, San Giovanni Evangelista
e san Michele Arcangelo, Pontorme,
San Michele. Particolare
14. Replica romana di un originale ellenistico,
Putto con oca, Firenze, Galleria degli Uffizi
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Vasari, turbato da quella smaccata corruzione dell’idioma fiorentino 16.
Diario e disegni daranno dunque, al piano terreno della casa, succinta
testimonianza d’un uomo e d’un artista. Ma accanto, in altra apposita
teca, si verrà avvisati di vicende limitrofe a quella (consacrata dalla storia) di Jacopo. Vicende umili che giusto la casa riguardarono. Sono
reperti di ceramica che l’intervento di restauro murario ha riportato
alla luce; essi pure testimoni d’una vita – stavolta di gente comune – che
trascorse sobria nell’agglomerato di Pontorme; dove l’argilla si lavorava, sortendone manufatti semplici, ma di gentile eleganza 17.
I nessi fra la dimora e l’artista che vi nacque saranno idealmente illustrati, al primo piano, da un tavola, che, grazie alla disponibilità di
Antonio Paolucci, Soprintendente per il polo museale fiorentino, ha
lasciato i depositi degli Uffizi per essere esposta nella stanza più nobile
della casa. Ed è una bella replica antica della Madonna del libro 18 [figure 15 e 16]; lavoro del Pontormo finora rimastoci ignoto nella sua redazione autografa. Di quest’ultima è stato scritto che “è senza dubbio l’opera più copiata” di lui, “e, con ogni probabilità, la Madonna più copiata di tutto il Cinquecento fiorentino”. Questo è quanto si legge in una
recente monografia su Jacopo. La scheda, che dell’opera viene redatta in
15. Pittore fiorentino del secondo Cinquecento,
Copia della ‘Madonna del libro’ del Pontormo,
Firenze, Galleria degli Uffizi
tion that – as is well known – became manifest in the frescoes of the
Certosa of Galluzzo where the assumption of the models of Dürer was
absolutely literal. And Vasari judged this all very harshly, disturbed as
he was by such a blatant corruption of the Florentine idiom 16.
The Diary and drawings on the ground floor of the house therefore give
us a concise testimony of the artist and man. But they are flanked in
another display case by remnants of the marginal aspects of Jacopo’s
life story (consecrated by history): ceramics that came to light during
the restoration of the house. They too testify to a lifestyle – for once of
common folk – in the sober community of Pontorme where clay was
modeled into simple vessels of charming elegance 17.
On the first floor, in the noblest room in the house, the links between
the house and the artist born there are ideally represented by a painting that thanks to the cooperation of Antonio Paolucci, Superintendent
of the State Museums of Florence, has been brought out of the
deposits of the Uffizi and put on display. This is the beautiful replica of
the Madonna del libro (Virgin with a Book) 18 [figures 15 and 16], a
work by Pontormo whose autograph version has never been found. One
of the most recent monographic studies on Jacopo claims the painting
to be “without doubt his most copied work” and “with all probability,
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quel volume, elenca venticinque repliche, senza peraltro pretendere
che la lista sia completa 19.
L’originale pontormesco s’identifica per solito col quadro che Jacopo – a
detta del Vasari – donò a “Rossino muratore”, “per pagamento d’avergli
mattonato alcune stanze e fatto muramenti” 20. E se questa identificazione fosse giusta, allora si potrebbe congetturare che il Pontormo
abbia dipinto la Madonna del libro al tempo dei lavori per la “sistemazione della sua casa fiorentina in via Laura” (1534-1536), o poco dopo 21.
Per inciso bisognerà precisare – giacché capita che si faccia qualche
volta confusione – che si tratta non dell’odierna via Laura, ma di via
della Colonna, che a quell’epoca, nel tratto compreso tra via della
Pergola e borgo Pinti, si chiamava giustappunto via Laura de’ Pinti.
Se si volesse precisare la cronologia della Madonna del libro, lo stile riuscirebbe di relativo conforto, perché – com’è noto –, mentre fino a tutto
il quarto decennio ci si può muovere nelle sequenza d’opere di Jacopo
con buona approssimazione, a partire dagli anni trenta il terreno si fa
malcerto per l’assenza d’appigli sicuri. Tant’è vero che della tavola sono
state avanzate datazioni che svariano – per non dire sbandano – dal
1530 al 1550.
Andando in cerca di supporti all’idea che la tavola sia stata dipinta per
16. La stanza al primo piano, dov’è esposta
la copia della ‘Madonna del libro’
… the most copied Madonna of the entire Cinquecento” and in that
same volume a list of twenty-five replicas are given without the claim
of being complete 19.
Pontormo’s original painting is commonly held to be the one the artist
gave – according to Vasari – to “Rossino muratore (the bricklayer)”,
“per pagamento d’avergli mattonato alcune stanze e fatto muramenti
(in payment for having walled and paved floors for some rooms)” 20.
And if this identification is correct, then we must assume that
Pontormo painted the Madonna del libro at the time of the “remodeling of his Florentine house in Via Laura (1534-1536), or shortly thereafter” 21. It should be clarified however – since at times there has been
some confusion – that Via Laura is not the one we know today, but
instead the portion of via della Colonna between via della Pergola and
Borgo Pinti that at the time was called via Laura de’ Pinti.
A similar date for the Madonna del libro, is supported by the style. As
is well known, we can trace the sequence of works by Jacopo with good
approximation up to the fourth decade; but in the 1530s, we find ourselves treading unsure ground given an absence of precise points of reference. So much so, that the painting has been given dates that range
– not to say spread – between 1530 and 1550.
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“Rossino muratore”, si potrebbe meditare – avendo magari coscienza di
muoversi in àmbiti più da romanzo storico che di critica – sulla disposizione dei tre pinnacoli sbucanti, in alto a sinistra, da dietro le cimase
d’edifici assiepati: il campanile della Badia fiorentina, la torre d’Arnolfo
al suo culmine, la lanterna della cupola di Santa Maria del Fiore [figura
17]. Architetture ritratte in una sequenza inusuale, che lascia indovinare una ripresa da un canale visivo assai stretto, entro cui mi pare venga
giusto a trovarsi quel tratto di via della Colonna dov’era la dimora del
Pontormo a Firenze. E pertanto il sospetto ne scaturisce che Jacopo
abbia inteso raffigurare sulla tavola un dettaglio topografico che avrebbe potuto nel tempo rinnovare al muratore la memoria affettuosa di
quei suoi lavori, fatti per un committente lunatico ma famoso. Sulla
scia di quest’ipotesi verrebbe di pensare che quell’articolato comporsi
di muri, logge, scale e porte, che s’apre sul fondo, possa essere un’allusione alla pratica di Rossino e un’evocazione – non so quanto veridica –
dei “muramenti” fatti per Jacopo.
Questo quanto al modello. Della copia ora esposta nella Casa del
Pontormo i più riconoscono la qualità alta che la connota; ma nomi cui
con buon fondamento riferirla non se ne sono, a oggi, proferiti. E in
effetti è da dire che quando un prototipo è fortemente segnato da stile-
17. Pittore fiorentino del secondo Cinquecento,
Copia della ‘Madonna del libro’ del Pontormo,
Firenze, Galleria degli Uffizi. Particolare
In search for further evidence that the Madonna del libro was the
painting given to “Rossino the bricklayer”, we might muse – aware of
being more in the realm of a novel than scholarly criticism - on the
placement of the three pinnacles on the upper left that spring from the
rooftops of the groups of buildings: the bell tower of the Florentine
Badia, the crowning of the tower of Arnolfo, the lantern of the dome of
Santa Maria del Fiore [figure 17]: architecture viewed in an unusual
sequence that implicates a narrow range of possible vantage points.
And it seems to me that the viewpoint falls precisely in the very same
stretch of via della Colonna on which Pontormo’s house in Florence was
located. Therefore, the suspicion arises that Jacopo intended to present
the painting with a topographical view that in the mind of the bricklayer would have renewed over time the fond memory of the work he had
carried out for a lunatic but famous patron. Taking this hypothesis one
step further, one might think that the detailed assembly of walls, loggias, steps and doors seen in the background might possibly allude to
the métier of Rossino and evoke – who knows how factually – the
‘bricklaying’ he carried out for Jacopo.
So much for the model. The copy now exhibited in the house of
Pontormo is recognized by most as work of high quality; but the names
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mi originali (com’è nel caso dei quadri di Jacopo) e l’artista che vi si rifà
si attiene fedelmente all’oggetto della sua copia, non è così facile poi
avanzare ascrizioni.
Per cominciare però si potrà intanto convenire che la sua cronologia si
situa nel secondo Cinquecento e che la cultura figurativa è quella toscana. Forse, guardando l’eburnea tornitura delle forme, o la loro propensione ad allungarsi, o il luminoso accartocciarsi delle pieghe, o la vivida
e un po’ smaltata cromia, si potrebbe un po’ più puntualizzare l’epoca
della sua esecuzione, attestandola approssimativamente sul terzo quarto del secolo, giusta l’espressione vigente a Firenze nei tempi dello
Studiolo di Francesco I. Nel mazzo degli artefici impegnati in quell’impresa fuori dell’ordinario per l’eleganza intellettuale che la impronta e
per la vena poetica che tutta la trascorre, verrebbe di pescare qualche
nome in grado di vantare attinenze formali con la nostra Madonna del
libro. E uno che potrebbe sovvenire è quello di Francesco Morandini,
chiamato il Poppi; cui parrebbe rinviare, per esempio, la tipologia del
volto della Vergine, appuntito e insieme soffuso.
Che i pittori coetanei del Poppi copiassero i maestri di primo
Cinquecento è risaputo (Andrea del Sarto, soprattutto, ma anche il
Pontormo); e però si dovrà rammentare che al Poppi, in particolare, si
devono disegni d’elegante maniera con studi d’opere famose; non soltanto di quei grandi artisti, ma anche dell’antichità (com’era d’altronde d’uso). E si ricorderanno i fogli degli Uffizi con le copie degli affreschi di Andrea del Sarto nel chiostro dello Scalzo (GDSU, dal n. 14461F
al n. 14487F) e poi ancora quelli raffinati, parimenti agli Uffizi, con
desunzioni da opere d’epoche varie (GDSU, dal n. 4247F al n. 4296F) 22.
E appunto in uno di quest’ultimi (n. 4257F) si troverà memoria d’un
volto femminile affilato, che, alla stregua di quello di Maria, ha capelli mossi a mo’ di piccole fiamme, palpebre carnose socchiuse, naso
lungo e dritto, e la stretta rima della bocca tirata indietro come in un
sorriso arcaico [figure 18 e 19].
Sia di chi sia, la tavola ora a Pontorme potrà stillare nel visitatore desideroso d’entrare nelle stanze dove Jacopo nacque e disposto a lasciarsi
prendere dall’emozioni, pensieri su un amore filiale troppo presto spezzato e sulla prima infanzia di lui fra queste mura; mura che verisimilmente videro – ai tempi in cui il pittore era un bimbetto – un’animazione di familiari affine a quella che lo stesso Jacopo si finge su e giù per le
scale, nel fondo della scena dipinta per Rossino [figure 20 e 21].
Poche cose, dunque, saranno esibite in questi vani antichi. Ma tutte – si
spera – cariche di suggestioni; come dianzi si diceva. Il resto dell’arredo
of masters to which it can be referred with some foundation have not
been forthcoming. In effect, the difficulty of advancing an attribution
cannot be underestimated when a prototype is characterized by distinctive stylistic modes (as is the case in the paintings by Jacopo) and
when the artist who follows that model adheres faithfully to the work
he is copying.
To begin however we can agree on a date within the second half of the
Cinquecento and on an figurative culture that is Tuscan. Perhaps, looking at the eburnean modeling of the forms and a tendency towards
elongation, or the luminous crumpling of the drapery folds or the vivid,
faintly enameled color, we can pinpoint the time of its creation to the
third quarter of the century, in correspondence with the expressive
modes in vigor in Florence at the time of the Studiolo of Francesco I.
Among the group of artists working on that project – extraordinary for
its intellectual elegance and for the poetic vein that pervades it – the
temptation would be to pick a name capable of boasting formal qualities similar to those found in our Madonna del libro. And one who possibly meets this profile is Francesco Morandini, called il Poppi, who the
Virgin’s countenance, for example, lean and yet soft in its modeling,
calls to mind.
It is a well known fact that Poppi’s contemporaries copied the masters
of the early Cinquecento (Andrea del Sarto, above all, but also
Pontormo); and, in this sense, we can recall how Poppi in particular is
known for his elegant studies of famous works, not only of the great
masters but also of ancient art (as was the common practice). We can
cite copies in the Uffizi of the frescoes in the cloister of the Scalzo by
Andrea del Sarto (GDSU, from no. 14461F to no. 14487F) as well as
refined studies modeled on works of various époques from that same
collection (GDSU, from no. 4247F to no. 4296F) 22. And precisely among
the latter (n. 4257F), there is the image of a lean female head that, just
like the Virgin, has her hair tousled like tiny flames, fleshy half-shut
eyelids, a long straight nose, and a thin contour round her mouth that
pulls back almost in an archaic smile [figures 18 and 19].
Be the author who he may, the painting now in Pontorme elicits in the
visitor – who wishes to enter the rooms where Jacopo was born and is
willing to let his/her emotions go – visions of the early youth of the
artist within these walls and of filial love interrupted too soon; walls
that in all verisimilitude witnessed – at the time in which the painter
was just a child – family life much like the one Jacopo himself recreates
in the figures seen going up and down the steps in the background of
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18. Pittore fiorentino del secondo Cinquecento,
Copia della ‘Madonna del libro’ del Pontormo,
Firenze, Galleria degli Uffizi. Particolare
19. Francesco Morandini detto il Poppi,
Quattro studi di testa, Firenze, Gabinetto Disegni
e Stampe degli Uffizi, n. 4257F. Particolare
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dovrà invece rispondere alla vocazione attuale della casa; ch’è vocazione scientifica. A questa vocazione è affidato il compito di mantener
viva non solo la memoria d’un passato illustre, ma la stessa struttura
muraria. Fin dal momento infatti in cui prese corpo la volontà d’acquisire la dimora di Jacopo, ci fu in tutti la consapevolezza che un edificio
senza funzione è condannato a tornare lentamente e ineluttabilmente
al degrado. E meditando, allora, su quale utilizzo sarebbe tornato conveniente agli auspici d’un futuro durevole, maturò l’ipotesi di farne
museo di se stessa. Casa d’artista, dunque; come tante ce ne sono all’estero; e sempre meritano una visita. Altro – considerate l’esigue dimensioni e la dislocazione delle stanze – era del resto difficile congetturare
riguardo a un suo pubblico godimento.
Le capacità e le virtù che le persone a lavoro all’Assessorato per i beni
culturali del Comune d’Empoli hanno nel tempo mostrato in numerose
imprese (dalle celebrazioni pontormesche del 1994 fino alla recente
esposizione delle opere di Jacopo da Empoli 23) ha corroborato l’idea
(germinata invero quasi subito) che nella casa del Pontormo si potesse
insediare un centro di studi sull’arte del Cinquecento nella provincia
toscana. E sono già a buon punto i contatti per creare un comitato permanente che, avendo come sede la casa di Jacopo, possa fungere da
strumento propulsivo per un’attività di ricerca tesa all’approfondimento di questioni connesse all’espressione artistica del sedicesimo secolo,
che abbia avuto un suo svolgimento in luoghi diversi dalle città più
importanti toscane. Luoghi comunque d’alto tenore culturale. Basti
pensare a quelli che proprio al tempo delle manifestazioni del 1994, per
Rosso e Pontormo, furono coinvolti: Volterra, Piombino, Sansepolcro,
oltre a Empoli stessa. È – questo – un esempio che calza perfettamente,
giacché risulta utile a capire la qualità delle iniziative che un centro di
studi, come quello che qui si va costruendo, potrà sostenere; ovviamente allacciando e coltivando gli indispensabili rapporti con le
Amministrazioni della Regione e dei Comuni toscani, che sarebbero gli
Enti – insieme ovviamente al Comune d’Empoli, promotore dell’impresa – d’un naturale riferimento politico.
Gli incontri di questo comitato, composto anche di specialisti stranieri
(la cui partecipazione, grazie alle possibilità offerte dalla comunicazione elettronica, non necessariamente implica spostamenti laboriosi o
dispendiosi), darà un senso forte a un’architettura che è in sé nobilitata dal legame con un grande artefice del Cinquecento, nato per l’appunto in provincia.
Dal laboratorio empolese si auspica sortano ipotesi d’indagini nuove,
the painting he gave to Rossino [figures 20 and 21].
Just a few things, then, on exhibit in these ancient chambers. But all –
I hope – full of suggestion, as has been said. The rest of the furnishings
relate to the present vocation of Pontormo’s house; a scientific vocation. A vocation that not only embodies the task of preserving the
memory of an illustrious past, but also the conservation of the building. From the very first moment that the decision was made to purchase Jacopo’s home, everyone was aware that a unused building
would slowly but inevitably return to a state of abandonment. And
meditating on what use could guarantee a sound future, the idea of
making it a museum of itself came to mind. The house of an artist,
therefore, like the many found abroad that always merit a visit. Any
other use for the enjoyment of the public – considering the small size
and layout of the rooms – was difficult to imagine.
The capacity and virtues that the staff of the Cultural Office of the City of
Empoli has demonstrated over time and in numerous undertakings
(from the Pontormesque celebrations of 1994 to the recent exhibit on
Jacopo da Empoli 23) encouraged the idea (that came to mind almost
immediately) to make Pontormo’s house a center for the studies of the
art of the Cinquecento in Tuscan provinces. And the creation of a perma-
nent board of directors is already underway; a permanent committee
with its seat in the house of Jacopo, that will serve as a propulsive instrument in the promotion of research activity aimed at the in-depth study
of issues connected to the artistic expression of the sixteenth century in
places other than the most important Tuscan cities. Places nonetheless
of high cultural significance. It’s enough to recall the towns involved in
the 1994 celebration for Rosso and Pontormo: Volterra, Piombino,
Sansepolcro, as well as Empoli itself. This example fits perfectly and is
useful in comprehending the quality of the initiatives that a study center
like the one we are creating here can sustain; obviously, this entails the
cooperation and cultivation of indispensable relations with the Regional
Administrations and the Tuscan communes that are the institutions –
together obviously with the City of Empoli, promoter of the project – of
natural political reference.
The committee – that will include foreign specialists (whose participation, thanks to the possibilities offered by electronic communication,
does not necessarily implicate laborious and costly travel) – and its
meetings will bestow a profound significance on this building, already
intrinsically noble due to its link to the great artist of the Cinquecento,
himself in effect a son of the province.
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20. Pittore fiorentino
del secondo Cinquecento,
Copia della ‘Madonna del libro’
del Pontormo,
Firenze, Galleria degli Uffizi.
Particolare
21. La casa del Pontormo
dopo il restauro
49
proposte di pubblicazioni, progetti di mostre, convegni e giornate di
studi, e quant’altro risulti utile alla scoperta e alla valorizzazione d’un
patrimonio, che, per esser decentrato e dunque sovente fuori dal giro
dei grandi interessi, rischia d’essere annoverato (coi tempi attuali e con
le ideologie incombenti) fra quelli non pienamente meritevoli d’un
adeguato conforto finanziario. Per non parlar poi dei rischi di ‘dismissione’; come si dice ai giorni nostri. Che al momento parrebbero accantonati e lontani, ma che la fortuna mutevole e l’ancor più mutevole
animo umano invitano a tener sempre d’occhio. A questo proposito,
anzi, ripensando alle condizioni in cui la casa del Pontormo versava agli
esordi degli anni Novanta del secolo appena chiuso, varrà la pena riflettere su quale destino le sarebbe potuto toccare se il Comune d’Empoli
non l’avesse acquisita.
Accanto però a quest’attività scientifica è parso importante potesse trovare un suo ruolo, nell’edificio di Pontorme, anche quella didattica, ch’è
funzione cui sempre un’amministrazione pubblica, per sua stessa natura, ha il dovere d’attenersi. E gli spazi, pur modesti, della casa hanno
reso praticabile l’ipotesi. Nelle stanze al piano terreno – essendo quelle
accessibili a ognuno – trovano posto gli strumenti educativi [figure 22 e
23]. Uno schermo servirà alle proiezioni di filmati attinenti alla materia
che qui s’intende promuovere, oppure, se necessario, a consentire un
più largo uditorio alle conferenze quando il pubblico sarà più numeroso di quello consentito dal locale appositamente predisposto al piano
superiore. Il vano piccolo a terreno (che peraltro gode d’un accesso autonomo dalla via) è stato invece destinato all’accoglienza, alle relazioni
con le scuole e insomma a tutto quello che la didattica richieda per un
rapporto agevole con l’utenza.
L’unica stanza all’ultimo piano, direttamente a contatto con gli spioventi del tetto, sarà il luogo della memoria, l’archivio cioè di quanto è
pertinente al Pontormo e agli studi sul Cinquecento [figura 23].
L’ambiente ha in pianta le medesime dimensioni di quelli grandi ai
piani inferiori; solo l’altezza muta per difetto; ma le moderne tecnologie permettono la concentrazione e l’elaborazione d’innumeri dati
anche in spazi ristretti. Giustappunto lavorando all’allestimento d’un
archivio in digitale (ma anche d’una fototeca) verrà perfino conseguente concretare un’altra delle intenzioni iniziali; ch’è quella di dotare il
nuovo Istituto culturale empolese d’un ‘bollettino’ bibliografico, che,
andando a ritroso, raccolga (continuamente aggiornandone l’elenco)
tutti i contributi attinenti a Jacopo e all’attività dell’Istituto medesimo.
L’acquisizione della casa del Pontormo fu pensata e decisa nel 1994, a
We hope to see emerging from this laboratory in the countryside of
Empoli, new working hypotheses, proposals for publications, exhibition projects, conferences, seminars and workshops and all else that is
useful for the discovery and valorization of the artistic patrimony. A
patrimony that because of its decentralization is often cut off from the
sphere of greater interests and risks (in today’s world and the impending ideologies) not being considered to fully merit adequate financial
support. This is without mentioning the risks of ‘alienation’ (privatization), as it’s called today, a danger that for the moment appears set
aside and remote but against which vacillating fortune and the even
greater instability of the human soul warn us to stay on guard. On this
point, looking back on the dreadful condition of the house of Pontormo
at the beginning of the 1990s, one might reflect on what its destiny
might have been if the city of Empoli had not purchased it.
Alongside research however another important objective has found its
place in the house of Pontormo: didactic services. Services that in
effect are part of the duty of the public administration by its very
nature and to which it must abide. And the spaces within the house,
although limited, made this idea possible. In the bigger rooms on the
ground floor [figures 22 and 23] – being accessible to all – the didactic
equipment is found: a screen for showing films related to the subject
being investigated and when necessary, allowing for a larger audience
during conferences when the public is too numerous for the room
equipped on the first floor. The small room on the ground floor (that
has a separate entrance from the road) is the reception and office for
the organization of school visits and in sum all the arrangements necessary for a successful interaction with the frequenters of the ‘Casa
Pontormo’.
The only room on the top floor directly under the roof beams has been
designated as the place of memory, the archive, that is, all that concerns Pontormo and studies on the Cinquecento [figure 24]. The room
is the same size as the larger ones on the lower floors, only lower in
height. But modern technology permits the concentration and elaboration of innumerable data even in limited spaces. And precisely through
the creation of a digital archive (as well as a photographic one), another of the original intentions will naturally come about, that is, to
endow this new Institute in the province of Empoli with its own bibliographical ‘bulletin’ that, back in time, groups (and continuously
updates) all of the writings having to do with Jacopo and the activity of
the institute itself.
50
51
24, 22 e 23
La casa del
Pontormo
dopo il
restauro
cinque secoli esatti dalla nascita di lui in queste stanze. La casa si apre
oggi, nel 2006, quando dalla sua morte scoccano i quattrocentocinquant’anni.
_
1 La casa al numero civico 97 di via Pontorme fu acquistata dal Comune
d’Empoli con delibera del Consiglio Comunale n. 139 del 14 dicembre 1994.
2 La data di nascita di Jacopo si è soliti collocarla intorno al 25 maggio del 1494;
al 24, per esempio, la pone A. Conti, Pontormo, Milano 1995, p. 11; al 26, desumendola da “un’iscrizione anticamente apposta nel coro della chiesa fiorentina di
San Lorenzo”, la situa Ph. Costamagna, Pontormo, Milano 1994, pp. 15, 94 nota 2.
3 Nel 1956 Ugo Procacci pubblicò un opuscolo in cui condensava le sue indagini
d’archivio condotte al fine d’individuare la casa in cui Jacopo sarebbe nato (cfr.
U. Procacci, La casa del Pontormo, Firenze 1956).
4 Si veda per esempio il saggio introduttivo di Roberto Fedi all’edizione del Diario
del Pontormo (J. Pontormo, Diario. Codice magliabechiano VIII 1490 della
Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, ed. a cura di R. Fedi, Roma 1996, pp. 7-11).
The purchase of the house of Pontormo was decided upon in 1994, five
centuries after the birth of the artist in these rooms. The house opens
in 2006 at four hundred and fifty years from the date of his death.
_
1 The
houses at civic number 97 on Via Pontorme was purchased by the city of
Empoli with the City Council Decree no. 139 of December 14 1994.
2 Jacopo’s birthday is usually said to be May 25 1494; A. Conti, Pontormo, Milan
1995, p. 11, for example, places it on the 24; Ph. Costamagna, Pontormo, Milan
1994, pp. 15, 94 note 2, on the 26 based on “an inscription once found in the
presbytery of the church of San Lorenzo”.
3 In 1956 Ugo Procacci published a brochure in which he condensed his archival
research aimed at discovering the house in which Jacopo was born (cf. U.
Procacci, La casa del Pontormo, Florence 1956).
4 See for example the introductory essay by Roberto Fedi in the edition of the
Diary of Pontormo (J. Pontormo, Diario. Codice magliabechiano VIII 1490 della
Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, edited by R. Fedi, Rome 1996, pp. 7-11).
52
53
5 Jacopo si ritirò alla Certosa del Galluzzo al tempo della peste del 1523, ma la
pace che vi trovò lo indusse a bazzicare quel romitorio anche quando il contagio allentò la presa. Scrive Vasari che a Jacopo “piaceva quella solitudine della
Certosa”, per cui “spese in questi lavori [alla Certosa, appunto] parecchi anni; e
poi che fu finita la peste, et egli tornatosene a Firenze, non lasciò per questo di
frequentare assai quel luogo et andare e venire continuamente dalla Certosa
alla città. E così seguitando sodisfece in molte cose a que’ padri” (G. Vasari, Le
vite de’ più eccellenti pittori scultori architettori [1568], ed. a cura di R. Bettarini
e P. Barocchi, Firenze 1966-1987, 6 volumi [solo delle Vite], V, pp. 321-322).
6 Cfr. Ph. Costamagna, Pontormo, Milano 1994, p. 15.
7 Su richiesta della Compagnia teatrale dei ‘Magazzini’ di Sandro Lombardi e
Federico Tiezzi e col finanziamento della Regione Toscana, Mario Luzi, nell’occasione del quinto centenario della nascita del Pontormo, compose il dramma
Felicità turbate.
8 Ugo Procacci trascrive: “Una casa con bottegha sotto a uso di calzolaio, e (o)ggi
a uso di chasa che s-apigiona posta nella via maestra di Puntormo”: ASF,
Decima granducale, vol. 5173, Campioni del 1536 Quartiere di Santo Spirito,
popoli 58-79 a c. 154. Spogli c. 68 (U. Procacci, op. cit., p. 23 doc. XIII).
9 Si veda qui la nota 4.
10 Sulla pala di Pontorme e sui disegni per essa preparatorî si veda Ph.
Costamagna, op. cit., pp. 142-145 n. 30 e Il Pontormo a Empoli, catalogo della
mostra a cura di R. Caterina Proto Pisani (Empoli), Venezia 1994, pp. 105-112 nn.
13-17 (schede di R. Caterina Proto Pisani e E. Testaferrata).
11 I facsimili dei disegni del Pontormo sono opera di Roberto Palermo, il loro
montaggio in passepartout è di Luciano Mori e Maurizio Boni. Si ringrazia la
disponibilità di Marzia Faietti, Direttore del Gabinetto Disegni e Stampe degli
Uffizi.
12 Jacopo potrebbe aver per la prima volta veduto numerosi marmi ellenistici al
tempo del suo viaggio a Roma con Andrea del Sarto, sul 1511 (cfr L. Berti,
Addenda al Pontormo del Carnevale 1513, in Scritti di storia dell’arte in onore di
Ugo Procacci, 2 volumi, Milano 1977, II, pp. 342-344; L. Berti, Per gli inizi del Rosso
Fiorentino, in ’Bollettino d’arte’, LXVIII, 18, 1983, p. 51; A. Natali, Andrea del Sarto.
Maestro della ‘maniera moderna’, Milano 1998, pp. 46-49).
13 Una delle più antiche, lampanti e celebri desunzioni dall’Alessandro morente
si vede nel Tondo Doni di Michelangelo (cfr. A. Natali, L’antico, le Scritture e l’occasione. Ipotesi sul Tondo Doni, in ‘Gli Uffizi. Studi e Ricerche’, 2, 1985, pp. 26-28).
Sulle citazioni dell’Alessandro morente nella Pala Pucci si veda A. Natali,
L’antico e i moderni, in L’officina della maniera. Varietà e fierezza nell’arte fiorentina del Cinquecento fra le due repubbliche 1494-1530, catalogo della mostra
(Firenze 1996-1997), Venezia 1996, p. 26.
5
Jacopo retreated to the Certosa del Galluzzo during the plague of 1523, but
the quiet atmosphere that he found there induced him to prolong his stay in
the hermitage even when the contagion was no longer threatening. Vasari
writes that Jacopo “piaceva quella solitudine della Certosa” (enjoyed the solitude of the Certosa), per cui “spese in questi lavori [alla Certosa, appunto]
parecchi anni; e poi che fu finita la peste, et egli tornatosene a Firenze, non lasciò per questo di frequentare assai quel luogo et andare e venire continuamente dalla Certosa alla città. E così seguitando sodisfece in molte cose a que’
padri” (he spent many years at that task [his frescoes, that is]; and then when
the plague was over and he returned to Florence, he didn’t stop frequenting
the place and came and went continuously from the Certosa to the city. And
doing so, he satisfied many of the requests of those friars) (G. Vasari, Le vite de’
più eccellenti pittori scultori architettori [1568], edited by R. Bettarini e P.
Barocchi, Florence 1966-1987, 6 volumes [only on the Vite], V, pp. 321-322).
6 Cf. Ph. Costamagna, Pontormo, Milan 1994, p. 15.
7 On the occasion of the fifth centenary of the birth of Pontormo, by request of
the Sandro Lombardi and Federico Tiezzi Theatre Group ‘Magazzini’ and with
the sponsorship of the Region of Tuscany, Mario Luzi composed the drama
Felicità turbate.
8 Ugo Procacci transcribed: “Una casa con bottegha sotto a uso di calzolaio, e
(o)ggi a uso di chasa che s-apigiona posta nella via maestra di Puntormo” (a
house with a workshop on the ground floor used by a shoemaker and today
used as a house that is rented and located on the main road of Puntormo): ASF,
Decima granducale, vol. 5173, Campioni del 1536 Quartiere di Santo Spirito,
popoli 58-79, c. 154. Spogli c. 68 (U. Procacci, op. cit., p. 23 doc. XIII).
9 See here note 4.
10 On the altarpiece of Pontorme and on preparatory drawings for it see Ph.
Costamagna, op. cit., pp. 142-145 note 30 and Il Pontormo a Empoli, exhibition
catalogue edited by R. Caterina Proto Pisani (Empoli), Venice 1994, pp. 105-112
nos. 13-17 (entry by R. Caterina Proto Pisani and E. Testaferrata).
11 The facsimile drawings of Pontormo’s originals are by Roberto Palermo, the
passepartout mounting is by Luciano Mori and Maurizio Boni. Our thanks go to
Marzia Faietti, Director of Department of Prints and Drawings of the Uffizi, for
her cooperation.
12 Jacopo could have seen for the first time numerous Hellenistic sculptures during his voyage to Rome in the company of Andrea del Sarto, in around 1511 (cf.
L. Berti, Addenda al Pontormo del Carnevale 1513, in Scritti di storia dell’arte in
onore di Ugo Procacci, 2 volumes, Milan 1977, II, pp. 342-344; L. Berti, Per gli inizi
del Rosso Fiorentino, in ’Bollettino d’arte’, LXVIII, 18, 1983, p. 51; A. Natali,
Andrea del Sarto. Maestro della ‘maniera moderna’, Milan 1998, pp. 46-49).
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55
14 Su questo si veda A. Natali, Le pose di Leda, in Leonardo e il mito di Leda.
22 Si veda A. Petrioli Tofani, Di alcuni disegni manieristi, in ‘ Artista’, 1989, pp.
Modelli, memorie e metamorfosi di un’invenzione, catalogo della mostra a cura
di G. Dalli Regoli, R. Nanni, A. Natali (Vinci), Cinisello Balsamo 2001, p. 56 e A.
Natali, L’aria delle terre. Leonardo maestro del Pontormo, in Vinci di Leonardo.
Storia e memoria, a cura di R. Nanni e E. Testaferrata, Pisa 2004, pp. 135-138.
15 Cfr. G. Vasari, op. cit., IV, pp. 6-7.
16 Cfr. ivi, V, pp. 319-322.
17 Si veda su questo stesso opuscolo le pagine dedicate ai brani ceramici rinvenuti al tempo dei lavori alla casa del Pontormo. Gli scavi, il recupero dei reperti,
il loro restauro e la loro inventariazione, sono dovuti all’Associazione
Archeologica del Medio Valdarno.
18 La tavola, dipinta a olio, misura 123x102 centimetri; porta il numero 117 dell’inventario San Marco e Cenacoli ed è parte della Collezione Feroni, della Galleria
degli Uffizi.
19 Si veda Ph. Costamagna, op. cit., pp. 225-228.
20 G. Vasari, op. cit., V, pp. 327-328. Le considerazioni che seguono sono tratte dalla
scheda che per la tavola ora a Pontorme redassi in occasione della mostra d’opere
della Collezione Feroni agli Uffizi (La collezione Feroni. Dalle Province Unite agli
Uffizi, catalogo della mostra a cura di C. Caneva, Firenze 1998, pp. 72-74 n. VIII).
21 Ph. Costamagna, op. cit., p. 225.
128-139.
23 Cfr. Jacopo da Empoli 1551-1640. Pittore d’eleganza e devozione, catalogo della
mostra a cura di R. Caterina Proto Pisani, A. Natali, C. Sisi, E. Testaferrata
(Empoli), Cinisello Balsamo 2004.
13 One of the earliest and most evident and well-known reflections of the Dying
Feroni Collection of the Galleria degli Uffizi.
19 See Ph. Costamagna, op. cit., pp. 225-228.
20 G. Vasari, op. cit., V, pp. 327-328. The considerations that follow are taken
from my entry on the panel painting now in Pontorme in the catalogue of the
exhibition of the Feroni Collection at the Uffizi. (La collezione Feroni. Dalle
Province Unite agli Uffizi, exhibition catalogue edited by C. Caneva [Florence],
Florence 1998, pp. 72-74 no. VIII).
21 Ph. Costamagna, op. cit., p. 225.
22 See A. Petrioli Tofani, Di alcuni disegni manieristi, in ‘ Artista’, 1989, pp. 128-139.
23 Cf. Jacopo da Empoli 1551-1640. Pittore d’eleganza e devozione, exhibition
catalogue edited by R. Caterina Proto Pisani, A. Natali, C. Sisi, E. Testaferrata
(Empoli), Cinisello Balsamo 2004.
Alexander can be seen in the Tondo Doni by Michelangelo (cf. A. Natali,
L’antico, le Scritture e l’occasione. Ipotesi sul Tondo Doni, in ‘Gli Uffizi. Studi e
Ricerche’, 2, 1985, pp. 26-28). On the citations of the Dying Alexander in the
Pucci altarpiece see A. Natali, L’antico e i moderni, in L’officina della maniera.
Varietà e fierezza nell’arte fiorentina del Cinquecento fra le due repubbliche
1494-1530, exhibition catalogue (Florence 1996-1997), Venice 1996, p. 26.
14 See A. Natali, Le pose di Leda, in Leonardo e il mito di Leda. Modelli, memorie e metamorfosi di un’invenzione, exhibition catalogue edited by G. Dalli
Regoli, R. Nanni, A. Natali (Vinci), Cinisello Balsamo 2001, p. 56 and A. Natali,
L’aria delle terre. Leonardo maestro del Pontormo, in Vinci di Leonardo. Storia
e memoria, edited by R. Nanni and E. Testaferrata, Pisa 2004, pp. 135-138.
15 Cf. G. Vasari, op. cit., IV, pp. 6-7.
16 Cf. ivi, V, pp. 319-322.
17 See in this same brochure the essay on the ceramic artifacts come to light
during the restoration of Pontormo’s house. The excavations, the recovery of
the artifacts, their restoration and classification were carried out by the
Associazione Archeologica del Medio Valdarno.
18 The panel, painted in oil, measuring 123x102 centimeters, bears the inventory number 117 in the inventory of San Marco and Cenacoli and is part of the
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VICENDE DELLA CASA
Claudio Batistini e Edo Rossi
La ricerca documentaria che portò all’individuazione della casa natale
del Pontormo fu condotta nel 1956, in occasione del quarto centenario
della sua morte, da Ugo Procacci, partendo proprio dalla descrizione
fattane dal pittore stesso per il pagamento della decima del 1536 [figura 1]. Poiché l’immobile ricadeva nella giurisdizione, assai limitata
all’interno delle mura cittadine, della chiesa di San Martino, è stato
facile individuare l’isolato in cui era compreso; un isolato composto da
fabbricati già in precario stato nel 1427 e forse ristrutturato dopo il
1469, quando divenne tutto di proprietà dei Maggiorelli. A questo
periodo si ritiene possa risalire la ricostruzione del piano primo delle
facciate con la partizione a tre finestre a tutto sesto.
HISTORY OF THE HOUSE
1. La casa del Pontormo
The archival research which led to the identification of the house in
which Pontormo was born was conducted in 1956, for the celebration of
the fourth centennial of the death of the artist, by Ugo Procacci, who
started by using the description of the house that had been left by
Pontormo for the payment of his property taxes in 1536 [figure 1]. Since
the building fell within the jurisdiction of the church of San Martino,
which, inside the city walls, involved a very small area, it was not difficult to identify the block in which the house was located. This block was
composed of buildings which were already in precarious condition in
1427, and perhaps were remodelled in 1469, when all of them became
the property of the Maggiorelli family. It is likely that the reconstruction
of the second floor of the facades and the division with three roundarched windows took place at that time.
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L’attuale ‘casa del Pontormo’ corrisponde solo in parte a quello che fu
l’edificio natale di Jacopo Carucci. Infatti, dalla descrizione del 1536,
sappiamo che confinava “...a primo via, secondo Monna Bartolomea
d’Antonio Marchetti, terzo Piero di Michele, quarto via…” [figure 2, 3 e
4]. È quindi del tutto evidente che l’edificio doveva estendersi in profondità ben oltre l’attuale parete che delimita il vano scale fino a raggiungere sul quarto lato la via che correva e corre parallela alla via Maestra;
il tutto secondo una configurazione tipica delle case medievali a schiera.
Ben difficilmente facevano parte della casa del Carucci il fondo e la
sovrastante stanza che si trovano sulla destra della facciata principale.
Essi dovevano costituire parte del fabbricato già di proprietà di Piero di
Michele, assai simile a quello del Pontormo (tre finestre a tutto sesto al
piano primo), anche se con orizzontamenti trasversali a quota leggermente ribassata.
Che l’edificio più antico comprendesse anche locali oggi di altre proprietà è dimostrato dal fatto che su tutti i livelli esistono tracce di porte
tamponate in corrispondenza del ripiano di partenza della scala.
Quest’ultima appare di costruzione piuttosto recente e si appoggia
sulla parete di spina interna, che su nessun lato e a nessun livello è
ammorsata con le preesistenti pareti longitudinali. L’attuale configu-
razione planimetrica dell’immobile risale quindi a tempi non lontanissimi e in ogni caso a frazionamenti e accorpamenti di precedenti
unità immobiliari, avvenuti dopo che buona parte dell’intero isolato
fu riunita in un’unica proprietà.
Dagli elementi desunti dall’analisi di alcuni materiali (pavimenti e
intonaci) si ritiene probabile che l’odierno assetto sia stato assunto
dall’edificio nel periodo di proprietà dei Boggiano (1883/1914). Infatti i
laterizi che costituivano il pavimento sotto la smaltata di calcestruzzo
al piano terra e i due pavimenti superiori presentavano una faccia
rigata, tipica dell’argilla cotta su nastro. Anche gli intonaci del piano
primo, di spessore modesto ove apposti su supporti sufficientemente
lisci e rigidi, erano di colore grigiastro, in calce idraulica con inerti di
media granulometria.
Le indagini preliminari effettuate, oltre ad escludere la presenza di pitture a fresco o a tempera, hanno permesso di identificare una situazione ripetitiva nella stratigrafia delle tinteggiature. L’ultimo strato di
tempera bianco-perla si sovrapponeva a un altro di colore più cilestrino; quest’ultimo copriva un terzo strato di color beige-crema a diretto
contatto con la malta, che risultava omogenea anche in corrispondenza degli evidenti tamponamenti e/o riassetti murari.
What we now see as the “house of Pontormo” corresponds only partially to the building where Jacopo Carucci was born. In fact, from the
description given in 1563, we know that it bordered on one side with the
street, on the second side with Monna Bartolomea d’Antonio Marchetti,
on the third side with Piero di Michele and the fourth side with the street
[figures 2, 3 and 4]. It is apparent therefore, that the building must have
been much longer than the present day wall which runs from the stairwell until, on the fourth side, it reaches the street which ran, and which
still runs, parallel to the main road, all of which suggests a configuration
typical of Medieval row houses.
It is unlikely that the warehouse and the room over it, on the right hand
side of the main façade, were originally part of the Carucci house. They
must have been part of the building which once belonged to Piero di
Michele and which is quite similar to that of Pontormo, with three roundarch windows on the second storey, although the horizontal planes are
somewhat lower.
It is apparent that the old building also included rooms which now are
part of other properties because on all levels there are traces of doors
which have been walled up in correspondence to the floor where the
stairs start. The stairs, in fact, appear to be of quite recent construction
and are supported by the internal dividing wall which is not scarfed by
the pre-existing longitudinal walls on any side or at any level. The present day floor plan of the building therefore was not created very long ago
and in any case, it was formed by the breaking up and incorporating of
earlier structures which took place after most of the block became the
property of a single owner.
From the data derived from the analysis of some of material (flooring
and plaster), it would appear likely that the building took on its present
day configuration during the period in which it was the property of the
Boggiano family (1883-1914). In fact the bricks which made up the floor
under the layer of concrete on the ground floor and the two floors on the
upper storeys had a scored surface which is typical of clay which has
been fired on a belt. Moreover, the plasters used on the second storey,
applied in thin layers where the supporting surface was sufficiently
smooth and rigid, are greyish in colour, in hydraulic lime with inert material of medium-sized granulometry.
Preliminary research, besides showing the absence of any type of fresco
or tempera painting, revealed a consistent repetition in the stratigraphy
of the paint on the walls. The last layer of pearl-white tempera lies over
a layer of another colour which is slightly bluish; this latter covered a
60
61
2, 3 e 4 La casa del Pontormo
prima del restauro
62
63
Che la casa natale del Pontormo non potesse avere emergenze architettoniche e decorative di particolare riguardo, lo si desumeva anche
dall’elenco dei proprietari e delle attività di modesto artigianato che
essi vi svolsero quando l’abitarono direttamente, e non l’affittarono
come spesso è accaduto, fino all’ultima utilizzazione a deposito di
materiali poveri (cenci e ferri vecchi), prima dell’acquisto da parte del
Comune di Empoli.
I piccoli sondaggi iniziali, effettuati al fine di individuare il sistema di
fondazioni, si sono limitati a scavi di profondità non superiore a 80-90
centimetri, anche per la presenza delle impalcature di sostegno dei
solai. La mancanza di riseghe di fondazione e il fatto che sonde di circa
un metro siano penetrate con estrema facilità nel terreno alla base
degli scavi, hanno fatto presumere l’esistenza di un ulteriore piano,
oggi totalmente interrato.
I successivi scavi eseguiti dall’Associazione Archeologica empolese,
pur non potendo estendersi per tutta la profondità prevista, hanno
consentito di stabilire che il terreno sotto la casa è costituito da riporti frammisti a scarti di fornace. Ciò fa presumere l’esistenza all’interno
dell’immobile di un forno per la cottura dell’argilla, forse proprio di
quel Tiberio di Piero di Mariano Ricci (o Del Riccio) che possedeva la
casa del Pontormo nel 1621 e vi svolgeva il mestiere di stovigliaio.
Anche l’analisi delle murature in elevato denotava le numerose manomissioni che l’edificio ha subito nel corso dei secoli. Di particolare interesse, al riguardo, risultava il vano principale al piano terra. La parete
di facciata internamente presentava segni di molteplici interventi, che
potevano essere ben individuati come sequenza, ma non datati con
certezza. Dell’impianto originario restano solo labili tracce all’angolo
con la parete trasversale sinistra, per chi guarda la facciata dall’interno; sono costituite dai resti di un’apertura con arco a tutto sesto e ghiera di ribordo, in prossimità della finestrina. I laterizi dell’arco sono
però ben leggibili solo a destra della finestra.
L’arco fu parzialmente demolito quando fu aperta un’ampia porta centrale con arcone in mattoni a sesto ‘scemo’ per scaricare i pesi gravanti sull’architrave ligneo. Il piccolo tratto di muratura originaria, sovrastante la spalla sinistra e la chiave dell’arcone, era in pillole miste a
spezzoni di laterizio. Più tardi il grande portone centrale fu tamponato
e sostituito dall’attuale vano di accesso, tutto spostato sulla destra del
locale, con arco ribassato policentrico, che si inseriva a rottura sia nella
muratura di facciata che nell’arcone di scarico del portone centrale.
La parete trasversale a fianco della porta aveva paramento in laterizi
third layer which was creamy beige in colour and directly in contact with
the mortar which was homogeneous even in those areas where there
had been obvious filling in and/or readjustment of walls.
That the house of Pontormo was unlikely to have any significant architectural or decorative elements could easily be guessed from the list of owners and the activities as humble craftsmen they conducted here when
they actually lived in the house rather than renting it out, as was often
the case, up until the final utilization of the building as a warehouse for
rags and scrap iron, before it was finally acquired by the city of Empoli.
The preliminary probes effected for the purpose of identifying the type of
foundation, included shallow excavations not more than 80 – 90 cm deep
on account of the presence of the scaffolding supporting the attics. The
lack of offsets in the foundation and the fact that probes 1 meter long
easily penetrated the ground at the base of the excavations, suggested
the existence of another level, now completely under ground.
The excavations which were conducted by the Associazione Archeologica
of Empoli, even though they did not extend as far down as had been
planned, established the fact that the ground beneath the house consisted of fill mixed with kiln wasters. This suggests the presence inside of the
building of a kiln for firing pottery, perhaps that belonging to Tiberio di
Mariano Ricci (or Del Riccio) who owned the house in 1621 and worked
there as a potter.
The analysis of the vertical wall structures showed the many modifications that the building had undergone over the centuries. In this regard,
the main room on the ground floor is particularly interesting. The inside
wall of the façade showed traces of numerous alterations which it was
possible to identify and place in sequence, but which could not be dated
with certainty. Of the original floor plan there are only slight traces at
the corner which meets the left transversal wall as you look at the façade
from the inside; these consist of the remains of the opening of a round
arch and arched lintel near the window. The bricks of the arch can be
fully discerned only to the right of the window.
This arch was partially demolished when they cut through it to make a
wide central doorway with a lowered round arch made of brick to relieve
the weight supported by the wooden beams. The small portion of original wall, over the left haunch and the key of the arch, consisted of river
pebbles mixed with brick fragments. Later this large doorway was
plugged up and replaced by the present day entrance hall, which was
shifted to the right of the room, with a mixed longitudinal arch which
was inserted by breaking through the masonry of the façade and the dis-
64
65
solo per un breve tratto orizzontale. Si trattava per lo più di mattoni di
piccole dimensioni, dello spessore probabile di due teste, misti anche a
spezzoni, forse provenienti da recuperi. La parte più elevata era quasi
totalmente in terra pressata contenente ghiaietto e scaglie di cotto.
L’altra parete trasversale presentava ancora ampi resti di un intonaco
piuttosto recente, perché continuo anche in corrispondenza di un tamponamento. Aveva andamento irregolare e paramento in cotto, misto
a sporadiche pillole, con qualche tratto in terra pressata.
La parete interna parallela alla facciata fu realizzata a sostegno della
scala e non si notavano ammorsature con le due pareti trasversali. Era
in muratura mista di cotto e pillole e, ai due estremi, si concludeva con
due archi: uno a tutto sesto, in corrispondenza del ripiano di partenza
della scala; l’altro, più ampio, a sesto ribassato, conduceva al sottoscala e di qui alla piccola corte interna, di modestissime dimensioni, che
presentava tre pareti perimetrali con estesa presenza di masselli di
calcestruzzo, evidente segno di una progressiva riduzione.
Nella cucina, al primo piano, si trovano le uniche emergenze dal punto
di vista decorativo: il lavello e il camino, costituiti da elementi (montanti e architravi) in pietra di discreta lavorazione, presumibilmente
seicentesca [figura 5]. Si tratta, però, senza dubbio alcuno, di materiali
provenienti da recuperi, come testimoniato sia dalle finiture di corredo che dalla modanatura della pietra frontale del camino; essa prosegue solo per pochi centimetri oltre gli angoli e si raccorda poi con altre
pietre semplicemente sbozzate. Anche lo stemma, che figura al centro
dell’architrave del camino, pare frutto di un inserimento molto tardo:
di fattura grossolana, propone tre corni da caccia, due dei quali incrociati, e, secondo gli esperti di araldica interpellati, non corrisponde
all’emblema di nessuna famiglia, ma pare piuttosto il frutto di una
contaminazione della celebre arme dei Guicciardini.
La parete di facciata presentava tre finestre architravate ricavate in
corrispondenza dei tre arconi presumibilmente tardo quattrocenteschi. Ben leggibili anche le tracce di una porta che conduceva al vano
scale e di uno stipo-portastoviglie apparentemente analogo a un altro
ancora presente alla sua destra.
La sovrastante soffitta era un vano aggiunto in sopraelevazione, in
epoca piuttosto recente; vi si accedeva attraverso una botola nel solaio
della cucina [figura 6]. La parete trasversale in prossimità della botola
era in muratura mista con prevalenza dei laterizi rispetto alle pietre.
Un breve tratto inclinato in terra pressata indicava la pendenza della
più antica copertura.
charging arch of the central portal.
The transversal wall next to the door was faced in brick only in a short
horizontal section. Most of the facing was made of small sized bricks
with a thickness of two heads, mixed with brick fragments probably recycled from dumps. The top most part was almost entirely made of tamped
earth containing fine gravel and brick chips. The other transversal wall
still had numerous traces of a plaster which must have been fairly recent
since it continued over a walled up section. The wall was irregularly
placed and had a facing of terracotta mixed with river pebbles with some
sections made of tamped earth.
The inside wall parallel to the façade was built to support the stairway
and no scarfing with the two transversal walls was apparent. It was
made of masonry mixed with brick and pebbles, and at each end had two
arches; one, a round arch corresponded to the level where the stairway
started; the other, a depressed arch, led to the area under the stairs and
then to the tiny internal courtyard, which had walls on three sides with
extensive presence of cement blocks, an obvious indication of a progressive reduction in size.
In the kitchen, on the second floor, the only decorative features of the
house were found: a kitchen sink and a fireplace made of well carved
stone posts and lintels, presumably dating to the 17 th century [figure 5].
These objects were, however, certainly recycled from another place, as is
shown by the trimming and by the moulding of the frontal stone of the
fireplace; it continues only for a few centimetres beyond the corners and
the is attached to other stones which have simply been rusticated. Also,
the coat of arms which appears in the center of the lintel of the fireplace
would appear to have been inserted at a later date. It is poorly made and
represents three hunting horns, two of which are crossed. According to
the heraldry experts consulted, it does not pertain to any particular family but is a fanciful version of the famous arms of the Guicciardini family.
The façade wall had three windows with architraves which were made in
correspondence with the three great arches, presumably created in the
late 15 th century. There are also evident traces of a door which led to the
stair well and of a cabinet for storing tableware, apparently the same as
the one which still exists on the right.
The attic above it is a room which was added when the building was
raised, probably not in the far distant past; this attic could be reached
through a trapdoor in the ceiling of the kitchen [figure 6]. The transversal wall nearest the trapdoor was made of mixed masonry with a prevalence of bricks with respect to stones. A short inclined section in tamped
66
67
5, 6, 7 e 8 La casa del Pontormo dopo il restauro
68
La parete opposta alla facciata era caratterizzata anche dalla presenza,
all’interno dell’apparato murario, di elementi in cotto di piccole
dimensioni (spezzoni di mezzane) messi in opera a spina-pesce, con
una tecnica di riutilizzo dei materiali che riprese a diffondersi solo a
partire dal XIX secolo.
Se la situazione delle strutture vertica1i (murature portanti) si poteva
definire accettabile, in quanto si notavano solo piccole lesioni imputabili sia al carico concentrato in corrispondenza degli innesti delle travi,
sia ad accosti di materiali diversi, molto peggiore era lo stato di conservazione delle strutture portanti (solai e tetto), tutte realizzate in legno
di abete, che presentavano diffuse tarlature e marcescenze.
L’intervento di restauro, a livello strutturale, si è praticamente limitato
ai soli orizzontamenti (solai e coperture), cioè alle parti più compromesse dell’edificio, con ulteriori opere di miglioramento e adeguamento imposte dalla nuova destinazione pubblica. Si è comunque cercato di evitare quanto più possibile la sostituzione dei materiali esistenti. Le travi lignee, ad eccezione di una crollata, sono state mantenute, se pur private della loro funzione portante [figura 7].
Per le nuove strutture ci si è affidati prevalentemente all’acciaio, materiale adattabile, leggero e facilmente removibile, con scarsi inserimen-
ti di cemento armato limitati alle cordolature di rinfianco fondale. Le
opere di rifacimento totale si sono limitate a quelle finiture (intonaci
esterni ed interni al piano terra e pavimenti) che per il loro strato di
degrado avanzato non era possibile integrare o mantenere anche in
modo parziale [figura 8].
La riutilizzazione a spazio espositivo e didattico non ha mutato, né ha
voluto mutare, le caratteristiche formali di ambienti caratterizzati da
sempre da estrema semplicità e povertà, così come pervenutici attraverso molteplici manomissioni, e ha mirato a consentire la corretta
individuazione e percezione delle fasi evolutive della fabbrica.
earth showed the angle of the old roof.
The wall on the side opposite the façade was also characterized by the
presence, inside the wall structure, of small sized brick elements placed in
a herring-bone pattern, following a technique involving recycling of older
materials which became common at the beginning of the 19 th century.
The condition of the vertical structures (supporting walls) could be considered acceptable in consideration of the fact that only small lesions
due to the concentrated weight at the point where the beams were
joined, and to the mixture of different materials were noticeable.
However, the state of preservation of supporting structures like the attics
and the roof, all made of fir wood which was both worm-eaten and rotten, was far worse.
From a structural point of view, restoration work was done only on the
upper horizontal structures like the attics and roof, which were the most
endangered parts of the building. Further improvements and repairs
were made in other parts of the building in view of its destination as a
public building. In all cases, every effort was made to avoid the removal
and replacement of existing materials. The wooden beams, with the
exception of one that had collapsed, were kept, although no longer with
any supporting function [figure 7].
For the new structures, it was decided to use steel since it is adaptable,
light and easy to remove. Reinforced concrete was used in small quantities around the supporting rims at the extremities. The only sections
which required complete replacement and renovation were the floors
and the plaster inside and outside on the ground floor, which were so
deteriorated that no part of them could be saved or restored [figure 8].
The reuse of the house of Pontormo as a space for display and educational purposes has not changed, nor would it be desirable to change, the
basic features of the building, as it has come down to us after innumerable alterations, which has always been characterized by extreme simplicity and poverty; the main goal of the restoration has been the correct
identification and perception of the various phases in the evolution of
the structure.
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71
IL BORGO
Marco Frati
Al viaggiatore che, ancora agli inizi del Novecento, si dirigesse da Empoli
verso Firenze il borgo di Pontorme appariva compatto, isolato nella campagna, non molto diverso da come doveva essere alla fine del
Quattrocento, quando vi nacque Jacopo Carucci.
Oggi l’antico nucleo è completamente inglobato nella periferia empolese, ma non è difficile distinguerne i limiti, perché la sua struttura viaria
e buona parte dei suoi edifici si sono conservati intatti nella loro configurazione medievale o moderna.
Le origini del castello sono certamente più antiche, anche se è difficile
stabilire con certezza il momento della sua fondazione e il periodo in cui
vi si insediarono i primi abitanti. Se un documento del 780, probabilmente falso, ricorda l’appartenenza della corte di Pontorme all’abbazia
THE VILLAGE OF PONTORME
Vista del borgo. Il fitto tessuto
edilizio mantiene i caratteri
tardomedievali documentati
dagli statuti quattrocenteschi
e dalle mappe cinquecentesche
In the early 20 th century, to the traveller leaving Empoli directed towards
Florence, the village of Pontorme must have appeared compact and isolated in the countryside, probably not very different from what it was at the
end of the 15 th century when Jacopo Carucci was born there.
Now the old village has been completely absorbed into the suburbs of
Empoli, but it is not difficult to distinguish the original limits because the
road network and many of the buildings still maintain their original
medieval appearance.
The origins of the castle are certainly Medieval, although it is difficult to say
exactly when it was founded and when the first inhabitants settled there. A
document dated 780 AD, probably a fake, states that the court of Pontorme
belonged to the Pisan abbey of San Savino, but there are also other documents which would tend to indicate an early Medieval date for the village.
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pisana di San Savino, altri indizi rimandano all’età altomedievale. La
dedicazione delle due chiese castellane – a san Martino quella all’esterno delle mura, a san Michele Arcangelo quella all’interno – rinviano alla
cultura longobarda a cui partecipa anche un frammento scultoreo in
marmo, ora murato nell’abside di San Martino. Nessuna testimonianza,
neppure archeologica, è invece riferibile al periodo precedente, ma scavi
come quelli condotti nella casa natale del Pontormo potrebbero rivelare
fasi più antiche. In ogni modo, il ruolo territoriale dell’insediamento
indicato dal toponimo, fu certamente quello di controllare il passaggio
della via che congiungeva Firenze a Pisa sul torrente Orme, in prossimità
della sua affluenza all’Arno.
Se si eccettua la notizia di un assedio al castello nel 1120, è solo verso la
fine del XII secolo che si hanno documenti consistenti e certi della sua
esistenza: nel 1182 gli uomini di Pontorme, vassalli dei conti Alberti di
Capraia, portavano un cero a san Giovanni Battista, come omaggio alla
chiesa e al comune di Firenze; nel 1183 San Martino compariva fra le
dipendenze dell’abbazia valdelsana di Spugna; nel 1192 entrambe le
chiese venivano confermate da papa Celestino III alla pieve di
Sant’Andrea a Empoli.
La struttura dell’insediamento castrense era a quest’epoca già formata,
con le case raggruppate concentricamente intorno al piccolo rilievo ove
si trova la chiesa di San Michele e il suo sagrato, difese da un recinto, probabilmente non ancora murato. I due edifici religiosi avevano già la fisionomia romanica che ancora oggi si può ammirare, in tutto il suo semplice rigore.
La chiesa di San Martino mostra un alto basamento in pietra arenaria e
nitide pareti in mattoni in cui si aprono elaborate monofore. L’interno,
assai rimaneggiato dai restauri novecenteschi, si presenta piuttosto sviluppato longitudinalmente e termina con la bella curvatura dell’abside.
L’ambiente è decorato da due tavolette tardogotiche riferibili a Giovanni
di Francesco Toscani, dagli affreschi di Pier Francesco Fiorentino, allievo
di Benozzo Gozzoli, e da una bellissima Madonna col Bambino in terracotta policroma, recentemente attribuita a Filippo Brunelleschi. Era questa la chiesa parrocchiale del borgo ove nacque il Pontormo, che dovette
frequentarla riempiendosi gli occhi di piccoli capolavori.
La chiesa di San Michele presenta una facciata dalla complessa stratigrafia che ne documenta le ricche vicende spaziali e stilistiche.
Dell’impianto romanico, consistente in origine in una semplice aula
absidata, è distinguibile la facciata in mattoni le cui uniformità e lucentezza sono ottenute con la zigrinatura e coloritura delle superfici. Dava
The fact that the two churches belonging to the castle are dedicated, the
one outside the walls to St Martin and the one inside the walls to St Michael
Archangel tend to indicate a derivation from the Lombard culture, as does a
fragment of a marble sculpture, now displayed on the wall of the apse of
San Martino. For the preceding era we have no documentation, not even
archaeological. In any case, the territorial role of the settlement is revealed
by its name – Pontorme (bridge on the river Orme), which was certainly that
of controlling the road that connected Florence to Pisa and passed over the
river Orme near to where it flowed into the Arno.
Except for a siege which took place at the castle in 1120 AD, we have no reliable documents proving its existence until the end of the 12 th century: in
1182 the men of Pontorme, vassals of the Alberti counts of Capraia, brought
an altar candle to St John the Baptist in honour of the church and the city of
Florence; in 1183 San Martino is mentioned as a parish subordinate to the
Abbey of Spugna in the Valley of the Elsa; in 1192 both churches were confirmed by Pope Clement III to the parish of Sant’Andrea in Empoli. The structure of the Medieval village by this time had already been consolidated,
with the houses gathered in concentric circles around a knoll where the
church and yard of San Michele stood, surrounded by some kind of an enclosure, which was probably not yet a masonry wall. The two churches already
had the Romanesque appearance which we can still admire today in all of
its simple austerity.
The church of San Martino is characterized by a sandstone base with sleek
brick walls with elaborate one-light windows. The inside, which was totally
transformed by 20 th century restoration work, has an unusually long nave
which terminates in the gentle curve of the apse. It is decorated with two
little Late Gothic paintings on wood by Giovanni di Francesco Toscani, by the
frescoes of Pier Francesco Fiorentino, a pupil of Benozzo Gozzoli, and by a
splendid Madonna and Child in polychrome terracotta, which has recently
been attributed to Filippo Brunelleschi. San Martino was the parish church
of the village where Pontormo was born, and he must have come here often
to feast his eyes on the little masterpieces.
The main feature of the church of San Michele is a complex layered façade
which testifies to the many spatial and stylistic events to which it has been
subjected. Of the original Romanesque building, which consisted of a single
nave with an apse, we can still distinguish the brick façade, the surface of
which has been ground and coloured to achieve the perfect uniformity and
clarity which we now see. Light entered the church through a two-light window decorated with a glazed ceramic bowl and arched lintels of carved
brick, traces of which can still be seen above the portal. Inside the church,
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75
Foto aerea zenitale di Pontorme.
Si distingue la struttura insediativa sviluppatasi lungo la via
Pisana: il nucleo del castello che
avvolge la chiesa e il suo sagrato;
l’ampliamento del borgo,
più regolare.
Mappa ottocentesca del Catasto
Generale Toscano (Archivio di
Stato di Firenze). La consistenza
edilizia del borgo e dei suoi
monumenti è simile all’attuale
Sigillo trecentesco della Lega di
Empoli (Museo Nazionale del
Bargello, Firenze). Il ponte e la
torre-porta sono assunti come
simboli dell’identità di Pontorme
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luce all’interno una ricca bifora ornata da un bacino ceramico e da ghiere in cotto scolpito, di cui si notano le tracce sopra il portale. L’interno, ora
ampliato a tre navate, conserva, oltre a due teste pisanesche, la bellissima pala d’altare con i santi Michele Arcangelo e Giovanni Evangelista
che il Pontormo dipinse verso il 1518.
Nel corso del Duecento la comunità locale, svincolata dal legame feudale con gli Alberti ed entrata definitivamente nell’orbita fiorentina, si
strutturò a comune, come appare evidente dalla fusione nel 1278 della
campana comunale, che, posta nella torre presso la chiesa castellana,
doveva servire a regolare la vita dei pontormesi. Nello stesso secolo il
castello venne dotato di adeguate fortificazioni in muratura, danneggiate dalle truppe nemiche nel 1315 e nel 1325 e spazzate via dalla piena
dell’Arno nel 1333.
La ripresa fu però rapida: tre anni dopo la Signoria fiorentina, considerando il valore strategico del castello, deliberava la ricostruzione delle
mura, che dovettero ricalcare il tracciato delle precedenti. Di queste
strutture resta, inglobata in un palazzetto cinquecentesco, una torre
merlata in laterizio, che stava a guardia della porta Pisana. Questa porta,
con il ponte sull’Orme verso cui si apriva, è rappresentata nel sigillo trecentesco della Lega di Empoli, come simbolo della comunità pontorme-
se. Su questa stessa porta, sull’onda dell’entusiasmo suscitato dall’elezione al pontificato di Giovanni de’ Medici, nel 1514 il Pontormo ventenne
affrescò l’arme di papa Leone X, mostrando ai compaesani il proprio
valore, che si andava intanto notando anche a Firenze.
Lo sviluppo del castello non si arrestò nemmeno con la peste del 1348,
com’è dimostrato dalla provvisione del 1365 di insediarvi un podestà e di
fortificarne il borgo, cresciuto intorno alla via Pisana verso Firenze
seguendo il semplice schema a maglia ortogonale così diffuso nelle terre
nuove fiorentine. È in questo borgo che si trova la casa natale di Jacopo
Carucci, non dissimile dalle altre modeste costruzioni in muratura, alte
uno o due piani fuori terra. La qualità delle case del castello era più alta,
come si può rilevare in alcuni edifici in laterizio che conservano interessanti elementi architettonici come una loggia o una bella finestra archivoltata e modanata.
L’aumento della popolazione e del rango dell’insediamento sono accompagnati da profondi mutamenti nell’organizzazione ecclesiastica.
Innanzitutto, nella chiesa del castello: nel 1346 il patronato passò dai
conti Alberti ai fiorentini Capitani di Orsanmichele, recidendo ogni legame con gli antichi signori e stabilendo rapporti sempre più forti con i
nuovi; nel 1363 fu fondato un oratorio accanto alla chiesa, luogo d’incon-
which has now been broadened to three naves, we can admire two
Pisanesque heads, a splendid altar frontal with St Michael Archangel and St
John the Evangelist which Pontormo painted around 1518.
In the 13 th century the local community, no longer restrained by feudal ties
with the Alberti family, entered definitively into the orbit of influence of the
city of Florence, and was transformed into a commune or independent
municipality, as is demonstrated by the casting of the city bell in 1278. The
bell was hung in the tower next to the castle church and rang out the hours
that regulated the daily life of the citizens of Pontorme. In the same century fortifications were added on to the castle which, however, were damaged
by enemy troops in 1315 and in 1325 and swept away by the flood waters of
the Arno eight years later.
The town recovered rapidly; in consideration of the strategic importance of
the castle,
in 1336 the government of the Signoria in Florence voted to rebuild the
walls, which were to follow the same perimeter as the old ones. The only
part of this structure that survives is a crenellated brick tower now entirely
encompassed within a 16 th century palazzo, which guarded the gate facing
Pisa, the Porta Pisana. This gate, with the bridge over the river Orme to
which it was connected, is represented in a 14 th century seal of the League
of Empoli, as a symbol of the community of Pontorme. On the same gate, in
the wave of enthusiasm which accompanied the election of Giovanni de’
Medici as pope, in 1514 Pontormo, then aged twenty, frescoed the coat of
arms of pope Leo X, thus demonstrating his talents, which had already been
noted in Florence, to the friends and neighbours in his hometown.
The development of the castle continued even during the catastrophic
plague of 1348, as is demonstrated by the order to install a governor
(podestà) and to fortify the village which had grown up along the Via Pisana
in the direction of Florence following the pattern of square blocks which was
usual in the settlements of the “new lands” belonging to Florence. The
house where Jacopo Carucci was born is located in this part of the village
and is not unlike the other modest one or two story houses nearby.
The increase in the population and the rank of the settlement were accompanied by profound changes in the ecclesiastical organization and first of all
in the organization of the castle; in 1346 the patronage of the church was
removed from the Alberti counts and passed to the Florentine Capitani di
Orsanmichele, so that all ties with the old feudal lords were severed and the
ties with the new lords were strengthened. In 1363, an oratory was erected
next to the church and became it became a place of meeting and of prayer
for the secular confraternity of the same name to which many Pontormese
78
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tro e di preghiera per l’omonima compagnia laicale che riuniva molti
pontormesi. Occasioni d’impegno caritativo, del resto, non mancavano
neppure fuori le mura. La presenza di due ospedali extramurali lungo la
strada pubblica testimonia l’importanza del castello e la disponibilità
dei suoi abitanti: l’uno verso Pisa, dipendente dal vescovo di Firenze,
dedicato a santa Maria e costruito poco prima del 1334; l’altro verso
Firenze, dedicato a santa Lucia ed esistente nel 1349.
L’aspetto di Pontorme alla fine del medioevo è ricostruibile attraverso
due indispensabili documenti: gli statuti comunali del 1445 e le carte dei
Capitani di Parte Guelfa, redatte alla fine del Cinquecento ma riflettenti
una situazione ormai cristallizzata.
Gli statuti in parte raccolgono la tradizione legislativa fiorentina e in
parte riflettono la situazione topografica locale. Vi si possono trovare
rubriche riguardanti la manutenzione delle mura, dotate di una cortina,
di un fossato, di un terrapieno, di porte, di un’antiporta, di ponti; vi si stabilisce l’organigramma degli ufficiali, che prevede un notaio con funzione di podestà, un tesoriere, tre estimatori, due guardiani, quattordici
stradini; si parla della casa del comune ove abitava il notaio, identificabile nel piccolo edificio loggiato su piazza Marchetti, presso la vecchia
porta Pisana; si stabiliscono norme per la conservazione e l’accrescimen-
to del patrimonio edilizio; si provvede al mantenimento dell’ordine e
dell’igiene pubblica proibendo comportamenti indecenti e pericolosi,
come il getto d’immondizie o il lancio di proiettili in strada e l’accumulo
di materiale infiammabile; si regolano le attività produttive e commerciali, come l’apertura delle botteghe e il mercato; si ordina la demolizione dei portici che invadevano la via Pisana; si provvede alla lastricatura
delle strade pubbliche nel castello e nel borgo e all’inghiaiatura di quelle in campagna, alla manutenzione dei fossi, alla regolazione dello scolo
delle acque.
Le cosiddette ‘piante di popoli e strade’, redatte per distribuire le spese di
manutenzione delle vie pubbliche tra i frontisti, mostrano Pontorme al
centro di un fitto reticolo di strade convergenti sulla via Pisana e sulla
circonvallazione delle mura. Dentro il castello l’edilizia privata avvolge la
chiesa di San Michele e il suo piccolissimo sagrato; fra castello e borgo si
estende la piazza del mercato, ricavata con il riempimento del vecchio
fossato, ma ancora resiste la vecchia porta che separa fisicamente i due
poli insediativi: l’antico nucleo castrense, protetto da un’antiporta e dal
ponte sull’Orme, e il nuovo borgo, dotato di due accessi e proiettato,
come il suo illustre figlio, verso Firenze.
belonged. The presence of two hospitals outside of the walls along the public road also demonstrate the importance of the castle and the generosity
of its inhabitants. One of the hospitals, built some time before 1334, on the
road going towards Pisa, was under the authority of the Bishop of Florence,
was dedicated to St Mary; the other, on the road going to Florence, was dedicated to St Lucy and was in existence by 1349.
We know what Pontorme must have looked like in the Middle Ages from two
important documents: the Statutes of the Commune of 1445 and the papers
of the Capitani di Parte Guelfa which were drawn up at the end of the 16 th
century but reflect a situation which had stabilized many years earlier. The
Statutes in part reflect the Florentine legislative tradition and in part the
local topographical situation. They contain sections related to the maintenance of the city walls, which included a moat, an embankment, gates,
anteports and bridges; they establish the hierarchy of the officials which
include a notary acting as the podestà, a treasurer, three estimators, two
guardians and fourteen road-workers. Mention is made of the municipal
house where the notary lived, and which can be identified as the little building with a loggia in Piazza Marchetti, near the old Porta Pisana; the Statutes
established rules for preserving and increasing the town buildings; they
establish regulations related to the maintenance of order and public health,
and prohibit indecent and dangerous behaviour; they regulate manufacturing and commercial activities, like the opening of shops and the markets;
they order the demolition of the porches that obstructed the Via Pisana;
they order the paving of the public streets in the castle and the village, that
gravel be placed on those in the country, and provide for the maintenance
of the moats and the sewer system.
The so-called “map of the village and streets” which was drawn up in order
to distribute the expense for the maintenance of the public streets among
those having frontage, shows Pontorme in the center of a tight network of
streets converging on the Via Pisana and on the roads running along the
exterior of the castle walls. Inside the castle, the church of San Michele and
its tiny churchyard is completely surrounded by private buildings. Between
the castle and the village there is a market place which was created by filling in the old moat. Still standing is the old gate which physically separated the two inhabited sections: the old castle nucleus, protected by an
anteport and the bridge over the river Orme, and the new village, with two
gates, projected, like its illustrious son, Jacopo, towards Florence.
80
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JACOPO PER LA CHIESA DI SAN MICHELE
Cristina Gelli
Ai tempi di Jacopo, Pontorme era un borgo fortificato, soggetto alla
Repubblica fiorentina, collocato tra la via Regia che conduceva a
Firenze, l’argine del fiume che gli dava il nome e la ricca campagna che
si stendeva fino a raggiungere il corso dell’Arno. Ancora oggi, scavalcando il torrente, si respira un po’ di quell’aria antica [figura 1]; e giunti in prossimità delle mura non è poi così difficile immaginare il ventenne Jacopo, sui ponteggi, intento ad affrescare sulla porta l’Arme di
Leone X “con due putti, bellissima”, come ebbe a dire Vasari 1.
Ma il lavoro di gran lunga più importante per gli uomini di Pontorme
fu, intorno al 1519, la pala con i Santi Giovanni Evangelista e Michele
Arcangelo dipinta per la chiesa di San Michele [figure 2 e 3]. È la chiesa
più antica del borgo, già sotto il patronato dei Capitani di
JACOPO FOR THE CHURCH OF SAN MICHELE
During Jacopo’s lifetime, Pontorme was a fortified hamlet subject to the
Florentine Republic, located between the via Regia that led to Florence,
the bank of the river that gives it its name and the rich countryside that
spreads around it up to the course of the Arno river. Today, crossing the
stream, a bit of that bygone atmosphere is still present in the air [figure
1]; and once at the walls, it isn’t difficult to imagine twenty year old
Jacopo on the scaffolding intent on frescoing on the door the Coat of
Arms of Leo X “with two very beautiful putti”, as Vasari described it 1.
But the most important activity for the populace of Pontorme was,
around 1519, the altarpiece with Saints John the Evangelist and Michael
the Archangel, painted for the church of San Michele, the oldest church
in the village [figure 2 and 3]. Once under the patronage of the Captains
of Orsanmichele and later that of the Knights of Saint Stephan, its brick
83
1. La chiesa di San Michele a Pontorme
Orsanmichele e più tardi dei Cavalieri di Santo Stefano, la cui facciata
in laterizi reca flebili testimonianze dell’originario aspetto romanico.
Varcata la soglia, la si scopre custode di raffinati tesori di Lodovico
Cigoli, di Girolamo Macchietti e di Ottavio Vannini 2. Percorsa l’intera
navata, al cospetto dell’altare del transetto destro, vicino al fonte battesimale, il riguardante godrà della vivida cromia, della luce da ribalta
e delle tortili posture dei due santi dipinti dal Pontormo. Sono
Giovanni Evangelista e Michele Arcangelo, affrontati secondo l’idea che
era stata di Donatello nelle porte bronzee della sagrestia Vecchia di
San Lorenzo e destinati a incorniciare una venerata immagine, l’attuale Crocifisso ligneo, o forse una Madonna, come sembra suggerire
Vasari 3.
I due santi sono pensati in contrappunto, smentito soltanto dallo speculare manto rosso, tanto morbido, sinuoso e avvolgente nell’Evangelista
quanto frastagliato, costretto e crepitante nell’Arcangelo. L’anziano
Giovanni ha la figura completamente avvitata su se stessa, il volto
intenso, assorto e concentrato; è in esercizio di ascolto e di ispirata
visione, còlto quando sta per scrivere, come appoggiato a un intuibile
leggìo. È il san Giovanni dell’Apocalisse, dell’isola di Patmos, richiamata dall’aquila ritta ai suoi piedi, che pare concentrarsi sul trionfo arma-
to di Michele. Jacopo presenta l’Arcangelo come un giovane di bellezza
apollinea, in posa sinuosa, acrobatica, elegante nell’armatura metallica. La corazza, le calze e le gambiere, sono inguainate come a indugiare sul corpo atletico, del quale rimangono bizzarramente nudi le ginocchia ben tornite e i piedi. Con la destra brandisce la spada, con la sinistra sorregge sia lo scudo che la bilancia, inclinatissima. Accovacciato,
quasi incastrato ai suoi piedi, ci sorprende il demonio, raffigurato
come un bambino dalle orecchie diaboliche e dall’aletta aculeata, con
il volto segnato da una smorfia di dolore, che non esita a rovesciare,
anche se ferito e sanguinante, uno dei piatti della bilancia con cui
Michele pesa le anime, quasi a capovolgere la sentenza: un monito
forse contro gli agguati del maligno alle anime anche nel momento
del trapasso e una riflessione sulla morte suggerita a Jacopo dal suo
profondo e tormentato sentimento religioso 4.
Si diceva dell’uso sapiente del colore. Nella pala Jacopo sperimenta
gamme cromatiche originali e le utilizza creando un continuo rapporto dialettico e apparentemente armonico tra le due figure, accomunate soltanto dalle stesse tonalità di grigio e di rosso; la luce che scende
dall’alto provoca invece contrasti e accostamenti liberi, in cui tutte le
proporzioni vengono alterate. Nell’Arcangelo si passa dalle gamme del
façade still shows feeble traces of its original Romanesque aspect.
Once inside, we discover it as the custodian of refined treasures by
Lodovico Cigoli, by Girolamo Macchietti and by Ottavio Vannini 2. Going
down the nave and facing the altar in the right transept, near the baptismal font, the viewer can enjoy the vivid colors of the lime-lighted and
twisting postures of the two Saints painted by Pontormo. They are John
the Evangelist and Michael the Archangel, facing one another in a manner that follows an idea elaborated by Donatello for the bronze doors of
the Old Sacristy in San Lorenzo. They were designed as a frame for a venerated image: the present wooden Crucifix or perhaps a Madonna, as
Vasari seems to suggest 3.
The two saints were conceived in counterpoint, refuted only by the mirrored red mantles with folds as soft, sinuous and enveloping in the
Evangelist as they are fragmented, constricted and crackling in the
Archangel. The figure of the elderly John twists completely on his own
axis, with an intense gaze, showing him absorbed and concentrated; he
concentrates on listening and his inspired vision, captured just as he
puts his pen to the page, as though leaning against an imagined lectern.
He is the Saint John of the Apocalypse of the island of Patmos, alluded to
by the eagle standing at his feet, who seems to be concentrating on the
triumph of the armed Michael. Jacopo presents the Archangel as a youth
of Apollonian beauty, in a sinuous acrobatic pose, elegant in his metal
armor. The shield, the stockings and the leggings are skin tight inviting
us to linger on the athletic body with well-shaped knees and feet
bizarrely bare. In his right hand, he holds his sword, while with the left
he grasps the shield and the scale that tips in extreme unbalance.
Crouching, almost wedged under his feet, we are surprised by the devil
in the guise of a child with diabolic ears and pointed wings, his face
cringing in an expression of pain; even if wounded and bleeding, he
doesn’t however hesitate to turn over one of the plates of the scale with
which Michael weighs souls, almost in a reversal of judgment: a warning perhaps against the traps the devil sets for souls even at the moment
of their passing and a reflection on death revealing Jacopo’s profound
and tormented religious sentiment 4.
We spoke of the masterful use of color. In the altarpiece Jacopo experiments with an original combination of colors and his use of them creates
a continuous dialectic and apparently harmonic rapport between the
two figures, alike only in the same tonalities of grey and red. The light
that descends from on high generates instead contrasts and free juxtapositions in which all of the proportions are altered. In the Archangel, we
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2 e 3 Jacopo Pontormo,
San Giovanni Evangelista
e san Michele Arcangelo,
Pontorme, San Michele.
Particolari
rosso del mantello, dell’arancio dei calzari e del rosa delle gambe, alle
diverse intensità del grigio dell’armatura e della camicia, mentre
nell’Evangelista tutto ruota attorno ai toni più pacati del grigio e del
rosso. Anche nel colore, dunque, un gioco di rimandi e contrasti che
parrebbe alludere, in un artista colto e sottile come Jacopo, alle due
grandi correnti di pensiero ancora vive a Firenze, espressione del profetismo penitenziale del Savonarola e dell’edonismo effimero, eredità
del Magnifico 5.
3 G. Vasari, op. cit., V, p. 315. Sulle ipotesi relative all’originaria collocazione della
pala del Pontormo si vedano i contributi di R. Caterina Proto Pisani in Il
Pontormo a Empoli, catalogo della mostra (Empoli), Venezia 1994, I luoghi:
Pontorme, specificamente le pp. 24-29, e Le opere: i santi di Pontorme, pp. 53-65;
cui si rimanda anche per la precedente bibliografia. Per i riferimenti iconografici vedi anche L. Berti, Pontormo e il suo tempo, Firenze 1993, pp. 9-13.
4 L. Berti, op. cit., p. 13.
5 Ivi, pp. 36-74.
_
1 G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori scultori architettori [1568], ed. a cura di
R. Bettarini e P. Barocchi, Firenze 1966-1987, 6 volumi [solo delle Vite], V, p. 310.
2 Sull’altare a sinistra di quello maggiore è collocata la tavola rappresentante
l’Immacolata Concezione dipinta da Ludovico Cigoli [1589]; sull’altare maggiore
è la splendida ancona coi Santi Michele Arcangelo e Giovanni Battista di
Girolamo Macchietti [1589]; nell’oratorio della Compagnia si conserva la tela
raffigurante l’Apparizione di San Michele Arcangelo di Ottavio Vannini [1644]; .
pass from a range of reds in the mantel, to the orange of the leggings,
to the different intensities of grey in the armor and the chemise while in
the Evangelist everything rotates around more subdued tones of grey
and red. Even the color, therefore becomes a game of reference and contrast that, in a learned and subtle mind like Jacopo’s, we can imagine
alludes to the two main currents of thought still in vigor in Florence,
expressions of the penitential prophecy of Savonarola and the ephemeral hedonism of the heritage of Magnifico 5.
Appearance of Saint Michael the Archangel [1644].
3 G. Vasari, op. cit., V, p. 315. On the hypotheses regarding the original location
of the altarpiece by Pontormo see the essays by R. Caterina Proto Pisani in Il
Pontormo a Empoli, exhibition catalogue (Empoli), Venice 1994, I luoghi:
Pontorme, specifically pp. 24-29, and Le opere: i santi di Pontorme, pp. 53-65; also
for previous bibliography. For the iconographical analysis see also L. Berti,
Pontormo e il suo tempo, Florence 1993, pp. 9-13.
4 L. Berti, op. cit., p. 13.
5 Ivi, pp. 36-74.
_
1 G.
Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori scultori architettori [1568], edited by
R. Bettarini and P. Barocchi, Florence 1966-1987, 6 volumes [only of the Lives], V,
p. 310.
2 The Immaculate Conception by Ludovico Cigoli [1589] is on the altar to the left
of the main chapel; on the high altar is the splendid altarpiece with Saints
Michael the Archangel and John the Baptist by Girolamo Macchietti [1589]; in the
Oratory of the Confraternity there is a painting by Ottavio Vannini depicting the
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LA CERAMICA A PONTORME
NEI SECOLI XV-XVII
Anna Moore Valeri
Quando Jacopo Carucci morì nel 1556, a Pontorme esisteva ancora una
fiorente industria ceramica. A pochi anni dalla sua morte infatti l’edificio che si ritiene sia la sua casa natale passò di proprietà a un vasaio,
Piero di Mariano del Riccio, indicato dalle fonti come stovigliaio; qualifica che toccò pure ai due figli, Ottavio e Tiberio, che adibirono a bottega il pianterreno. Dai documenti sappiamo che Tiberio entrò in possesso della casa dopo la morte della nipote Lisabetta, figlia di Ottavio, e
che stava ancora esercitando qui il mestiere di vasaio nel 1621.
La seconda metà del Cinquecento rappresenta un’era di transizione
nella ceramica in Toscana. Con il lento declino dell’industria della
POTTERY IN PONTORME
FROM THE 15TH TO THE 17TH CENTURY
1. Distanziatori da fornace
(treppiedi) eseguiti a stampo con la marca del vasaio impressa
When Jacopo Carucci died in 1556, there was still a flourishing a pottery
industry in his home town of Pontorme; only a few years after his death
in fact, the building which is believed to be the house where he was born
was sold to a potter, Piero di Mariano del Riccio, who is mentioned in
documents of that era as a stovigliaio or maker of ceramic tableware;
Piero’s two sons Ottavio and Tiberio were also potters and they used the
ground floor of the house as their workshop. From documents we know
that Tiberio became the owner of the house after the death of his niece
Lisabetta, Ottavio’s daughter, and that he was still working there in
1621.
The second half of the 16 th century represents an era of transition for
ceramics in Tuscany. With the slow but steady decline of the maiolica
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maiolica a Montelupo si passa al predominio di un altro tipo di vasellame, la ceramica ingobbiata, che, richiedendo materie prime più economiche e una tecnologia più semplice, gradualmente tende a sostituire la ceramica smaltata in tavola e in cucina.
L’ingobbio infatti non è altro che un’argilla molto fluida, di colore chiaro, che veniva impiegata per rivestire il vasellame al posto dello smalto stannifero, cioè il rivestimento a base di ossido di stagno, usato per
coprire il vasellame di maiolica. L’uso dell’ingobbio crea un fondo
bianco che permette l’impiego di diversi sistemi di decorazione, specialmente i rivestimenti marmorizzati, schizzati e maculati, i motivi
graffiti a punta, a stecca e a fondo ribassato, e i motivi dipinti con pigmenti a base di ossidi metallici. I rivestimenti marmorizzati, schizzati
e maculati, che creavano in modi diversi l’effetto dell’agata, dell’onice
e dei marmi, rispecchiano il gusto tipico dell’età barocca per le pietre
dure. Intorno al 1600 un’enorme quantità di queste ceramiche furono
prodotte nella bottega della famiglia Del Riccio e almeno in altre due
fornaci a Pontorme.
Lo scavo eseguito a casa Carucci dall’Associazione Archeologica del
Medio Valdarno nella primavera del 2002 ha permesso il recupero di
diverse centinaia di frammenti di ceramica e di altri oggetti relativi
all’attività della fornace, come i supporti usati per impilare il vasellame durante la cottura (treppiedi o pironi), gli impasti fangosi usati per
sigillare le bocche della fornace (luti), i sostegni per i piani di cottura
(birilli), punte di bronzo usate per eseguire i disegni graffiti, e parte di
un’olla contenente ancora residui di ingobbio.
I treppiedi riemersi durante lo scavo di casa Carucci sono tutti di una
forma molta rozza, eseguiti a mano stringendo le tre strisce di argilla
fra l’indice e il pollice per formare le punte alle estremità. In un’altra
discarica di fornace – forse sempre della famiglia Del Riccio ma
comunque di un’epoca un po’ posteriore – individuata nella vicinissima via Giro delle Mura Sud, è stato trovato un cospicuo nucleo di treppiedi fatti a stampo con la marca di proprietà in rilievo [figura 1]. La
presenza dei treppiedi marcati indica che la fornace stava lavorando
per conto terzi, e cioè coceva il lavoro di altri vasai che con il loro vasellame portavano anche l’attrezzatura necessaria per la cottura, in
seguito recuperata e riutilizzata.
Jacopo Carucci, nato nel 1494, è vissuto durante l’ultima fase della
grande stagione della maiolica italiana – già iniziata a partire dalla
fine del Trecento – che in Toscana ha visto l’egemonia assoluta delle
botteghe di Montelupo. A Pontorme infatti non è mai esistita una pro-
industry at Montelupo, for every day use people started buying a different kind of pottery called slipware which requires cheaper raw materials
and a simpler technology to make. Slipware gradually replaced maiolica
both for use on the table and in the kitchen.
The term slip indicates a very fluid light coloured clay which is used to
cover pottery instead of the tin glaze, that is, the glaze made white by
the addition of tin oxide which is used in the production of maiolica pottery. The use of slip creates a white background which is ideal for many
different types of decoration techniques, in particular, marbleizing,
splashing and dripping, incising and scraping, and painting with metal
oxide based pigments. The marbleizing, splashing and dripping techniques which created in different ways the illusion of agate, onyx and
marble surfaces, reflect the typical Baroque predilection for semi-precious stones. Around 1600 an enormous quantity of this kind of pottery
was being produced in the workshop of the Riccio family and at least two
other kilns in Pontorme.
During the excavation conducted at Casa Carucci by the Archeological
Association of the Medio Valdarno in the Spring of 2002 hundreds of pottery fragments were collected as well as many other objects directly
related to the activity of the workshop, like kiln spurs (the supports used
to hold the pottery during firing), the mud packs used for sealing the
openings of the kiln, the supports for the kiln shelves, and part of a jug
still full of slip residue. The kiln spurs found during the excavation of Casa
Carucci are of an extremely crude variety made by pressing strips of clay
between the index finger and the thumb and then curling the strip up to
form a sharp tip at the end. However, in another kiln dump (which may
also have belonged to the Riccio family but in any case pertains to a
slightly later era) discovered just a few yards away from the house in Via
Giro delle Mura Sud, archaeologists found a large quantity of mould
made kiln spurs with the potter’s mark in relief [figure 1]. The presence
of mould made kiln spurs with identifying marks on them demonstrates
that the kiln was also firing the work of other potters who provided their
own kiln equipment which was later returned to them for reuse.
Jacopo Carucci was born in 1494 and lived during the last phase of the
golden age of Italian maiolica which had started long ago – around the
end of the 14 th century – and which, in Tuscany, had been characterized
by the absolute predominance of the workshops in the town of
Montelupo. No maiolica in fact was ever produced in Pontorme; however, quite recently, on the basis of artefacts found during the excavation
of the Del Vivo glassworks, scholars were surprised to discover that a
92
93
duzione di maiolica, ma in questi ultimi anni, in base al materiale
recuperato durante lo scavo della vetreria Del Vivo, con un certo stupore gli studiosi si sono resi conto dell’esistenza di una fiorente produzione di maioliche rinascimentali a Borgo d’Empoli, attività che si è svolta forse in due periodi diversi: verso il 1500 con un’argilla di tonalità
rosata e poi di nuovo verso il 1560-1580 con un’argilla bianca. Per questi manufatti la prova di una produzione locale consiste non solo nella
presenza di una grande quantità di biscotti (vasellame cotto, ma non
ancora smaltato), ma anche nei numerosi frammenti smaltati con
vistosi difetti di cottura (scarti di seconda cottura).
Le maioliche di Empoli, che hanno decori e forme del tutto analoghi a
quelli di Montelupo, si distinguono per l’uso abbondante di un pigmento peculiare color rosso ciliegio, per un particolare tipo di decoro a
embricazioni [figura 2], e per la totale assenza di forme chiuse; si tratta
infatti esclusivamente di piatti, scodelle e ciotole. Nella casa di Jacopo è
stata trovata una discreta quantità di maioliche empolesi e montelupine molto rappresentative dei tipi in uso all’epoca dell’artista.
La ceramica ingobbiata di Pontorme, come quella prodotta negli altri
piccoli centri toscani, era destinata a un consumo locale. Dai numerosi piatti e ciotole con emblemi di ordini monastici e simboli religiosi
2. Frammenti di maiolica prodotta ad Empoli all’inizio del Cinquecento
workshop making Renaissance style maiolica was flourishing in Borgo
d’Empoli and producing pottery in at least two different periods, the
first, around 1500, when they were using a pink coloured clay, and the
second, around 1560-80, when they were using a white clay. The proof of
the local production of maiolica in Empoli consists in the presence not
only of a large number of “biscuits” (pots that have been fired once but
have not yet been glazed) as well as the large quantity of glazed fragments with obvious firing defects which were discarded after the second
firing. The maiolica made in Empoli, which has shapes and decorations
analogous to those of Montelupo, can be distinguished from this latter
by the abundant quantity of a particular cherry red pigment that is used,
by the special type of fish scale decoration on the rims [figure 2], and for
the total lack of closed shapes; in fact, the pottery produced here consisted exclusively of plates, dishes and bowls. In Pontormo’s house
researchers found a considerable quantity of both Empolese and
Montelupine maiolica which was representative of the types in use during the lifetime of the artist.
The slipware produced in Pontorme, like that made in the other little
Tuscan pottery towns, was almost entirely destined for local consumption. From the numerous plates and bowls with the emblems of monas-
95
3. Piatto con stemma
dell’Ordine Francescano,
parte di un “servito
conventuale” destinato
ad un convento francescano della zona
4. Frammenti di uno
scaldino bugnato con il
rivestimento schizzato di
ingobbio bianco e bruno
e vetrina verde
5. Fiasca da pellegrino
a marmorizzazione
monocromo con quattro
anse passanti
sappiamo che i conventi a Empoli e nel circondario erano fra i clienti
più importanti delle fornaci pontormesi. Queste ceramiche, note come
‘serviti conventuali’ [figura 3], rappresentano uno dei prodotti fittili
più diffusi in Italia centrale nel Seicento. Un altro oggetto importante
che faceva parte delle forniture ai monasteri erano gli scaldini [figura
4]. Si tratta di un vaso di forma globulare con manico a cestello che,
riempito di brace, si usava per riscaldare i letti e i piccoli ambienti; le
monache li portavano in chiesa e nelle loro celle come una specie di
‘riscaldamento personale’. Nato come recipiente dalla superficie liscia,
lo scaldino subisce una miglioria tecnologica nella seconda metà del
Cinquecento, quando appare la versione ‘bugnata’ che, aumentando la
superficie radiante delle pareti, prolungava l’emanazione del calore
per diverse ore. Una specialità delle fornaci di Pontorme era lo scaldino bugnato con rivestimento ad ingobbio schizzato e vetrina verde.
Un altro oggetto insolito, tipico della produzione seicentesca a
Pontorme, è la fiasca da pellegrino [figura 5]. Queste fiasche di forma
lenticolare, con rivestimento di marmorizzazione policroma (rosso,
bruno e bianco) o monocroma (bianco su fondo rosso), a Pontorme e
nell’area pisana si distinguono per le quattro anse passanti spesso
decorate con una specie di mascherone in rilievo, interpretato anche
tic orders and religious symbols [figure 3], we know that the monasteries and convents of Empoli and the surrounding area were among the
most important clients of the potters of Pontorme. These sets of pottery,
called “convent services”, represent one of the most common types of
ceramics being produced in central Italy in the 17 th century. Along with
the dishes, another very important item being supplied by the potters to
monasteries was the scaldino [figure 4]. The scaldino was a globular pot
with an arched handle which was filled with live embers and used to
warm beds and small rooms. In Winter the nuns would use them to
warm their cells or carry them into church as a kind of personal heater.
Originally the walls of the scaldino had a smooth surface, but sometime
during the second half of the 16 th century a technological improvement
was introduced and the potters began using their thumbs to punch out
bumps in the walls of the pots, thus increasing the radiating surface of
the pot which would emanate heat for many hours. This kind of ember
pot, with thin walls, bumped surfaces and a twisted braid handle, decorated with splashes of brown and white slip and green glaze, was for
many years a specialty of the kilns of Pontorme.
Another unusual object typical of the 17 th century pottery being produced in Pontorme was the pilgrim’s flask [figure 5]. These flasks have a
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6. Piatto ingobbiato e graffito
con il motivo del papavero
7. Catino emisferico con
marmorizzazione monocromo
(rosso e bianco) ed orlo
arrotondato
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come la testa di un leone. Infatti, le fiasche di questo tipo, trovate in
numerosi siti in Gran Bretagna, e verosimilmente esportate dal porto
di Pisa, sono state battezzate “lion-headed costrels” dagli studiosi
inglesi.
Oltre a questi oggetti un po’ particolari, le ceramiche più tipiche uscite
dalle fornaci di Pontorme all’epoca della famiglia Del Riccio erano scodelle e piatti ingobbiati e graffiti con un motivo a papavero disegnato
in modo molto corsivo e colorato con tocchi di rosso e verde; un genere che quantitativamente rappresenta il prodotto più importante delle
fornaci di Pontorme [figura 6], i catini emisferici marmorizzati o schizzati [figura 7] e i grandi catini da cucina con decoro graffito a punta
monocroma: un oggetto diffusissimo all’inizio del Seicento; questi
ultimi sono spesso rappresentati nelle nature morte toscane dell’epoca [figura 8].
8. Natura morta con carciofi e asparagi (ca. 1600-1620),
attribuito a Jacopo da Empoli, collezione privata. Vi è raffigurato
un grande catino da cucina in ceramica ingobbiata e graffita
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lenticular shape, are covered with a monochrome (white on red) or polychrome (red, white and brown) marbleized slip, and those from
Pontorme and the area around Pisa are characterized by four loops which
are sometimes decorated with a kind of grotesque mask which has been
interpreted as a lion’s head. In fact, the numerous examples of these
flasks which have been found in Great Britain, and were most likely
exported from the port of Pisa, were called “lion-headed costrels” by the
British scholars who first studied them.
Besides these rather special objects, the most typical types of pottery
being produced in Pontorme at the time of the Riccio family were the following: slipware plates and bowls with a rather sloppy incised decoration consisting of a poppy coloured with dashes of red and green, a type
which, from a quantitative point of view, represents the most important
product of the Pontormese kilns [figure 6]; broad - mouthed marbleized
and splashware bowls with a rounded lip [figure 7]; large tapered slipware mixing bowls with a simple incised, usually monochrome, decoration; these bowls were an extremely common kitchen object in the late
16 th and early 17 th century and are often represented in Tuscan still life
paintings of that era [figure 8].
101
Indice
Index
La casa del Pontormo. Primo viatico
The house of Pontormo. Initial viaticum
Antonio Natali
15
Vicende della casa
History of the house
Claudio Batistini ed Edo Rossi
59
Il borgo
The Village of Pontorme
Marco Frati
73
Jacopo per la chiesa di san Michele
Jacopo for the church of San Michele
Cristina Gelli
83
La ceramica a Pontorme nei secoli XV-XVII
Pottery in Pontorme from the 15th to the 17th Century
Anna Moore Valeri
91
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