La Santa Rossello
nella parola del Papa
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La Santa Rossello
nella parola del Papa
Discorsi di Pio XI e di Pio XII
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Basilica Vaticana: Cerimonie di Beatificazione di S.Maria G. Rossello.
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La causa della Madre Rossello ha avuto un corso
rapido e sicuro: nel 1936 Pio XI ne proclamava la
eroicità delle virtù, nel 1938 la dichiarava Beata; nel
1949 Pio XII la canonizzava.
Questi momenti della causa hanno avuto dai due
Papi un commento, diverso nello stile, ma perfettamente
centrato sulle linee fondamentali della spiritualità della
Santa.
A distanza di anni è interessante rileggere quei
commenti dei due grandi Papi sulla nostra Santa: ed è
una felice idea quella di ripubblicarli in un opuscolo,
destinato prima di tutti alle Figlie della Misericordia, ma
poi anche al devoto popolo savonese e a quanti
desiderano conoscere meglio lo spirito di questa grande
apostola del nostro tempo.
Savona, 2S aprile 1968
Giovanni Battista Parodi
Vescovo
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«Devota ai poveri, ai miseri, anzi ai più poveri e
ai più abbandonati, vedeva in essi la Persona
stessa di' Gesù Cristo».
Pio XI
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Basilica Vaticana : Monumento a Pio XI - Opera di F. Nagni.
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Il 19 marzo 1936, nella Sala del Concistoro
del Palazzo Apostolico Vaticano, alla presenza del
Sommo Pontefice Pio XI, S. E. Rev.ma Mons.
Carinci, Segretario della Sacra Congregazione dei
Riti, diede lettura del Decreto ufficiale, sulla
eroicità delle virtù di M. G. Rossello. Quindi Sua
Ecc. il Cardinale G. Pizzardo « Figlio di Savona"
nel rivolgere al Sommo Pontefice un indirizzo
vibrante di fede, di riconoscenza e di devozione,
rilevò la felice coincidenza di due nobilissimi
avvenimenti: «il IV Centenario dell’Apparizione
della Madonna della Misericordia e la
proclamazione delle virtù eroiche di Suor
Giuseppa Rossello, la quale da Lei, Madre di
Misericordia, volle piamente assumere il nome e
gli auspici per la sua fondazione »,
Il S. Padre, espresso il suo compiacimento
d'essere presente alle celebrazioni savonesi nella persona del Legato Pontificio Cardo D.
Minoretti, Arcivescovo di Genova, rilevò la virtù più
spiccata della S. Madre: la « CARITA' »,
La CARITAÁ esercitata, espressa con tutte
le squisite finezze, con tutte le preziose
delicatezze della misericordia.
E' bello, è squisitamente consolante per noi - o
diIettissimi Figli e Figlie - qui adunati nel nome, nella luce,
nella gloria di questa così grande e generosa figlia di
Savona; è bello e squisitamente consolante il pensare che
anche a Savona ci si trova in questo momento, adunati in
una riunione anche più vasta e più luminosa di questa, ma
veramente nella stessa altissima, bellissima intonazione. Qui
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è la Figlia della Misericordia, questa maestra eroica di
misericordia: lassù è la .Regina stessa della Misericordia,
che trionfa nel pio entusiasmo delle folle, nel concorso di
numerosi Pastori e anche nella persona Nostra, nella
persona del Legato Nostro, Eminentissimo Legato, che di
tutto cuore abbiamo non soltanto concesso, ma inviato a
quella città.
Carità: la nota dominante
Il Decreto che, o dilettissimi Figli e Figlie, abbiamo
udito leggere, e il commento largo, luminoso, affettuoso che
lo ha seguito, già hanno esposto quanto di meglio si poteva
dire e proporre in presenza di una così grande Serva di Dio,
di così grande anima, un'altra di quelle insegne di santità che
la Chiesa ha il mandato permanente di elevare innanzi agli
occhi dei fedeli, sin dai suoi inizi.
E il Decreto lo ha ben rilevato: nella corona di tutte le
virtù fattrici di santità, nel cuore e nella vita della Venerabile
Serva di Dio Maria Giuseppa Rossello, nella gara di tutte
quante le virtù - ché tutte in essa risplendono - regna quasi
regina, come poteva bene aspettarsi, come c'è sempre da
aspettarsi, regna sovrana e regina la carità; e proprio la
carità, si direbbe, voluta esercitarsi, esprimersi, con tutte le
sue più squisite finezze, con tutte le sue preziose
delicatezze. Lo dice quel nome di Misericordia che ci ricorda
la Regina della Misericordia, Maria, in Savona oggi in modo
particolare festeggiata e onorata; lo ripete altresì quella che è
la perfezione della carità. Non c'è che la Misericordia per
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direi come e quanto questa divina Carità ci ami, ami le sue
creature. Poiché è proprio la carità che vede, che cerca la
misericordia, che cerca cioè quello che ha maggiormente e
più largo bisogno della carità, degli aiuti, delle premure, degli
eroismi della carità. E' questa precisamente la caratteristica
che subito si vede emergere nella vita della Serva di Dio:
amare Iddio - ed essa lo continua a dire nella grande
memoria della sua esistenza e nei suoi esempi immortali
amarLo molto per dedicarsi al prossimo, e nel prossimo
amare Iddio; amarlo e, per amore di Dio, venirgli in aiuto
nelle sue miserie, nei suoi più dolorosi bisogni. E' qui la nota
dominante della carità.
Dove ha attinto questa intonazione così esatta,
grande, perfetta della carità, della misericordia.
E non è difficile vedere ove Ella, la Serva di Dio,
attingesse questa intonazione così esatta, grande, perfetta
della carità, della misericordia. Aveva studiato molto bene le
lezioni di carità e di misericordia proprio come Nostro
Signore Gesù Cristo stesso si è incaricato di darcele, queste
lezioni, al punto che, seguendo la Venerabile in queste
mirabili vie, Ci pare che sarebbe utile anche a noi tutti,
giacché ce se ne offre l'occasione, di entrare in questa
scuola di Dio e ascoltare il Divino Maestro sopra tale
argomento.
E dapprima è da considerare il tono che il Divin
Redentore dà alla legge della carità. La carità è il precetto
Suo, il precetto nuovo. Si direbbe che Egli non sia venuto al
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mondo altro che per questo. Venuto in terra per adempiere
ed osservare tutte le leggi: NON VENI SOLVERE LEGEM
SED ADIMPLERE, ha voluto però, al di sopra di esse, darei
un precetto tutto Suo, quello cioè che Gli preme, quello che
doveva praticarsi dietro le Sue stesse indicazioni. Ed ecco
perciò subito Egli stesso a darcene tutto il senso; ecco il
modo di adempiere tale precetto: UT DILIGATIS INVICEM
SICUT DILEXI VOX: di praticare la carità, vivendola tra voi
come lo l'ho esercitata e praticata verso di voi: SICUT
DILEXI VOS. La creatura non avrebbe mai osato mirare
tanto in alto; amare cioè il prossimo, amarci tra noi nello
stesso modo con cui Gesù Cristo stesso, la Divina Carità
Incarnata, ci ha tutti amati, e a quel modo che tutti sappiamo.
Proprio così, invece, si è pensata, sentita, attuata nel cuore
del Maestro Divino la carità; questa la Sua pratica di carità.
C'è inoltre ancora una perfezione nel manifestarsi del
pensiero della divina misericordia, della carità: è la
perfezione della pratica stessa della carità come Egli la
intende, la propone, la insegna, con una solennità unica in
tutto l'insegnamento della Sua vita mortale. Non c'è infatti un
insegnamento più solennemente inquadrato; in esso Egli ci
indica il punto, l'altezza da raggiungere; sin dove cioè deve
arrivare la nostra carità. Già non lungi dai principii del
Vangelo di San Matteo Gesù diceva ai Suoi apostoli la
mirabile frase: QUI VOS RECIPIT, ME RECIPIT: chi riceve
voi, riceve Me, chi tratta bene voi, tratta bene Me. E' il Divino
Maestro che s'identifica coi Suoi discepoli, coi Suoi apostoli.
Si poteva pensare che soltanto quelli fossero i privilegiati del
Suo Cuore, coloro ai quali non molto dopo Egli avrebbe
rivolto il dolce appellativo di amici: VOS AUTEM DIXI
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AMICOS. No, quella identificazione con la Persona stessa
del Divino Maestro, del Dio della misericordia e della carità,
non fu il privilegio di nessuno; è invece il tesoro di tutti quanti.
La lezione del Divino Maestro
E' questa la lezione che Egli si riserva di dare, con una
solennità
non
concessa
a
nessun
altro
dei
Suoi
insegnamenti. Ed è proprio quando il Re dei secoli immortali
solleva un lembo del mistero del futuro, dell'ultimo futuro,
dell'ultimo giorno del mondo, del Giudizio Universale, è in
quest'atto che Egli ci dà quell'insegnamento. Verso la fine
infatti dello stesso Vangelo di San Matteo, il Divino Maestro,
il Divino, futuro Giudice dell'umanità, quasi a prepararci e a
darei un'anticipazione del come difenderà le care anime dei
giusti, dei servi, dai rigori dell'ultimo Universale Giudizio,
evoca i grandi tratti di quella scena suprema. Il Figlio
dell'Uomo, il Divino Redentore scende dal Cielo e si asside in
trono sublime, in mezzo al genere umano convocato dinanzi
a Sè. Si apre il supremo Giudizio; ed Egli allora, rivolto verso
i giusti, pronunzia quelle parole, quella formula: «venite, o
benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno che vi
è stato preparato fin dall'origine del mondo; venite, voi che mi
avete dato da mangiare quando avevo fame, mi avete dato
da bere quando avevo sete, raccolto quand'ero pellegrino,
vestito quando ero ignudo, confortato quando ero infermo,
visitato quando ero prigioniero: venite con Me, benedetti!»,
Nell'insegnamento del supremo Giudizio scompare la
cornice: resta invece delineato soltanto il quadro della carità,
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non il quadro della giustizia, ma quello della misericordia:
anzi sembrerebbe che tutto quel grandioso inscenamento sia
fatto
per
attirare
l'attenzione
su
questo
altissimo
insegnamento che negli altri precetti non deve avere
competitori. Ed ecco, dinanzi all'invito del Giudice Divino, i
giusti chiedersi: « quando, come, o Signore, abbiamo fatto
tutto ciò?», Ed Egli: « quando l'avete fatto ad uno dei miei
minimi - e li chiama fratelli: ... EX HIS FRATRIBUS MEIS
MINIMIS, identificandoli così con la Sua stessa divina
Persona - l'avete fatto a Me. Al contrario per gli altri, che
saranno oggetto di eterna maledizione, lo saranno proprio
perché non hanno fatto al Divin Giudice quello che si poteva
e doveva verso i più piccoli dei Suoi fratelli: ... non mi avete
dato a mangiare, non mi avete dato a bere, non mi avete
accolto, non mi avete vestito, non mi avete confortato, non
mi avete visitato ... andate, maledetti.
Ecco veramente un insegnamento che non poteva più
solennemente essere presentato. E' il Divino Giudice che
evoca, anzi anticipa questa scena di immensa grandezza, di
immensa gioia come di tremendo orrore, di felicità e di
disperazione, cioè la fine del mondo, per far trionfare questo
Suo pensiero: che la carità debba esercitarsi verso il
prossimo, identificando la persona di questo prossimo con la
Sua stessa divina Persona: Lui stesso dovendosi vedere nel
prossimo nostro.
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La lezione di Maria Giuseppa Rossello
É qui il segreto della santità, il segreto della carità di
cui la storia della Chiesa è tanto ricca. Ecco come tutti i
Santi, tutte le Sante, e con essi la Venerabile Serva di Dio
Maria Giuseppa Rossello, impartano la loro lezione. Devota
ai poveri, ai miseri, anzi ai più abbandonati, la Venerabile
vedeva in essi la Persona stessa di Gesù Cristo, vedeva
questa Persona presente nei bisognosi; vedeva gli atti, gli
affetti del suo cuore, i gesti della propria mano, i benefici
della propria carità posarsi, soccorrendo quei miseri, nel
Cuore stesso del Divino Redentore. E' qui la spiegazione di
tutti i miracoli che la carità di Cristo viene operando nel
mondo. E da qui scaturisce un pensiero che noi non
approfondiremo mai abbastanza. Abbiamo torto, abbiamo
torto quando noi crediamo e pensiamo che sia venuto il limite
legittimo per la nostra pazienza, per la nostra misericordia,
per la compassione dinanzi alle miserie del prossimo:
abbiamo certamente torto se pensiamo ciò: poiché dove è il
limite? esso è indicato dalla mano e dal Cuore stesso di
Gesù Cristo, il Divino Re delle misericordie allorché,
parlando del bene fatto ai più piccoli Suoi fratelli, dichiara che
Egli considera tale bene come fatto a Se stesso: MIHI
FECISTIS.
San Giuseppe il Padre della grande Carità
Ma, dilettissimi figli e figlie, non dobbiamo dimenticare
un altro pensiero, ricordato del resto dalla Venerabile
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Rossello e dal Decreto letto. A quel convito di carità, di
grazia e di misericordia, aveva chiamato il buono e caro
Santo, il Padre della grande carità, il padre di tutti nella
Chiesa santa, San Giuseppe. Il suo nome presenta un altro
grande, solenne, immenso insegnamento che Gesù si
riserva di darei anticipando la descrizione del Giudizio
Universale: un insegnamento che ci richiama più vivamente
e più opportunamente il caro San Giuseppe, poiché sarà
proprio questa la sua particolarità. Insieme a Maria - la
Regina dei Santi e che sta al di sopra, immensamente, di
tutti i giusti, la particolarità di San Giuseppe sarà, in
quell'ultimo giorno, di non dire nulla, di non rispondere, di
non
poter
replicare,
interrogando,
alla
constatazione
suprema del Giudice Divino. Giacché quando il Signore dirà
la grande spiegazione dell'eterno premio dei giusti, unico, tra
questi, San Giuseppe non risponderà con espressione di
meraviglia. E' stato molto bene pensato e detto che, in
mezzo a tutto quel generale stupore, uno solo non rimarrà
affatto meravigliato: San Giuseppe, il quale si troverà nella
più tranquilla luce del vero, della verità vissuta ed
esperimentata. San Giuseppe, alle affermazioni del Figlio di
Dio, allorché il Signore gli ricorderà che aveva avuto fame e
gli aveva dato da mangiare, aveva avuto sete e lo aveva
dissetato, era spoglio e lo aveva rivestito, risponderà: è vero,
o Signore, è tutto vero. Considerazione magnifica, questa,
alla quale ci avvia il ricordo della grande lezione: essa è una
deliziosa riflessione sui rapporti di San Giuseppe con il
Redentore, perché quel supremo giorno vedrà una gloria
singolare, riservata a lui solo e proclamata in faccia a tutto il
mondo.
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Che cosa ci resta, dunque, se non raccomandarci in
modo particolare a questo unico tra i Santi, unico nella gloria
come nei rapporti tra lui e la Persona di Nostro Signore Gesù
Cristo e di Maria Santissima: custode della Verginità di
Maria, custode della Divinità di Gesù, provveditore dei loro
bisogni, difensore per essi, da tutti i pericoli, da tutte le
difficoltà? Non ci resta che raccomandarci a Lui è ottenere
da lui a noi e a voi, che questo divi-no Signore, questo Dio di
carità e di misericordia che ebbe con San Giuseppe rapporti
unici, accompagni con tutte le Sue benedizioni, con tutti i
Suoi favori e con tutte le Sue misericordie, le benedizioni che
Noi vogliamo impartirvi, dilettissimi figli, di tutto cuore, come
esse ci venivano chieste a nome vostro. Le nostre
benedizioni vi accompagnino in tutta la vita cristiana ed
accompagnino nella vita religiosa voi specialmente, fortunate
figlie della Venerabile Rossello, che ne avete ereditato
l'opera, lo spirito, i pensieri, i sentimenti: siate anche voi,
come Ella lo fu, una personificazione, ed egualmente
operosa e fattiva, della carità e della misericordia di Dio.
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« Guardatela, pregatela, imitatela ».
Pio XII
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Basilica Vaticana : Monumento a Pio XII
Opera di Francesco Messina.
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Il12 giugno 1949, festa della SS. Trinità,
il Sommo Pontefice Pio XII, nella pienezza del
Suo magistero, decretò e definì solennemente
la santità di Maria Giuseppa Rossello.
L'Allocuzione venne pronunciata dal
Santo Padre a conclusione del Sacro Rito
svoltosi nello splendore della Basilica Vaticana.
In essa il Sommo Pontefice indica il
segreto della santità ed operosità della Santa
Madre nella sua ardente aspirazione a servire
Dio e nella sua intensa vita interiore.
Quello che S. Cipriano scrive delle vergini: « La
gloriosa fecondità della Madre Chiesa gode per causa loro e
fiorisce in esse; e quanto più la verginità aumenta di numero
tanto più aumenta il gaudio della Madre»,1 si può a buon
diritto applicare a Maria Giuseppa Rossello, che noi abbiamo
decorato della fulgida aureola della santità. Infatti ella non
solo consacrò allo Sposo Celeste il fiore dei suoi anni
giovanili, ma, fondata una società di sacre vergini, sia
personalmente che con l'aiuto delle sue consorelle, nella
preghiera, nella meditazione e nel lavoro, richiamò ai precetti
salutari di Gesù Cristo un grandissimo numero di anime, sia
di fanciulle di cui intraprese l'educazione e la formazione alla
solida virtù, sia di qualunque categoria di persone di cui curò
le malattie del corpo e lenì con soavità le gravissime
1
De habitu Virginum, 3; ML IV, 443, A.
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infermità dell'anima, tanto da trarle a poco a poco all'integrità
dei costumi.
Era questa la massima caratteristica della nuova
Santa e quasi un, suo emblema e una regola di vita: « Mani
sempre infaticabili al lavoro; cuori e menti di continuo assorti
in Dio».
Tutto da Dio
Da' ciò si comprende facilmente- come questa umile
donna, priva di sostegno e di mezzi umani, abbia compiuto
molte opere grandiose per la gloria di Dio e la salvezza delle
anime. Mentre faticava alacremente senza badare alle sue
indisposizioni di salute, confidava non già nelle sue forze, ma
unicamente in Dio che supplicava assiduamente, e nella
intercessione potente di Maria Vergine e del" suo castissimo
Sposo. Nulla intraprendeva senza aver prima consultato e
propiziato l'Eterno; a Lui affidava le sue sollecitudini e
angustie e chiedendo unicamente di potere, con la sua
grazia che ispira e sostiene, lavorare assiduamente per il
progresso della Chiesa e per il bene delle anime.
Quante ore. di soavissima. preghiera trascorse
davanti all'Augusto Sacramento! Quante dolcissime lacrime
versò davanti all'immagine' della Madre di Dio, mentre
affidava alla sua validissima intercessione sé e tutte le cose
sue!
Resa più forte dalle difficoltà. che incontrava e
immersa continuamente in una pace divina, ogni giorno,
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sempre. uguale a', se stessa, intraprendeva la sua opera, da
cui derivavano copiosi frutti di salvezza.
Quantunque' fosse la- madre e-la legislatrice di tutte le
sue figlie, era così umile che bramava di essere ritenuta da
tutte come l'ultima; e tutto quel- lo che le era tributato di lode
e che risultava di utilità per la sua speciale diligenza, nonl'attribuiva mai a sé; ma solo alla divina, larghezza: che
I'aveva favorita. Per cui bisogna considerare, Venerabili:
Fratelli e: diletti Figli, che nessuno' dei mortali è- veramente
grande al cospetto di Dio se non colui che si crede piccolo e
inutile. Infatti Iddio onnipotente non ha bisogno della nostra
opera, ma noi piuttosto abbiamo bisogno della sua grazia e
del suo aiuto, poiché NON SIAMO CAPACI DI PENSARE
QUALCHE COSA DA NOI COME VENISSE PROPRIO DA
NOI, MA LA NOSTRA CAPACITA' VIENE DA DIO.2 Questo
lo
comprese
molto
bene
Giuseppa
Rossello,
sia
nell'attendere alla retta educazione e formazione della
gioventù, sia nel curare i malati negli ospedali, accesa
com'era da ardentissima carità; te con la sua indefessa
opera, confermata e arricchita da superbi doni, poté fare un
grande cammino spirituale e condividerlo anche con altri.
Grande esempio di santità da imitare
Innanzi tutto le sacre vergini dell'Istituto di Santa
Giuseppa Rossello hanno in Lei un grande esempio di
santità da imitare, e da Lei imparino soprattutto, durante le
fatiche quotidiane e le preoccupazioni che le assorbono e le
2
2 Cor. 3, 5.
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distraggono, a tenere fisse la mente e l'anima al cielo come
all'unico premio della loro vita e méta ultima del loro terreno
pellegrinaggio.
Tutti i cristiani, poi, guardino e meditino le opere
compiute dalla Santa per trarne ammirazione di così elette
virtù e proporsi di imitarle con buona volontà e diligenza,
secondo la propria condizione.
Questo ottenga da Dio la nuova Santa, come
ardentemente preghiamo, affinché per la sua protezione e
col suo valido patrocinio, molti, accecati dall'errore, tornino
felicemente alla verità; gli erranti e i fuorviati tornino al retto
sentiero, i tiepidi e i negligenti rinnovino lo spirito cristiano e
riaccendano il fervore per la virtù. Così sia.
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“le Sacre Vergini dell'Istituto di Santa Giuseppa
Rossello da Lei imparino soprattutto, durante le fatiche
quotidiane e le preoccupazioni che le assorbono e le
distraggono, a tenere fisse la mente e l'anima al
Cielo».
Pio XII
22
Dopo la proclamazione della
santità della Madre Rossello nella
Basilica Vaticana, il Santo Padre Pio XII
si degnò ricevere in solenne udienza,
nell'Aula delle Benedizioni, i pellegrini
savonesi, tra cui una numerosissima
rappresentanza di Figlie di NS della
Misericordia.
Era la sera del 14 giugno 1949.
In un mirabile profilo, l'Allocuzione
Pontificia traccia le caratteristiche dello
spirito della Santa Madre, costantemente
aperto alla CARITA' nel suo duplice
termine: DIO e il PROSSIMO.
Sarebbe difficile, dilette figlie, nel ritrarre la figura
morale della vostra Santa Madre, il voler mettere in piena
luce il suo aspetto caratteristico, senza correre il rischio di
lasciare nell'ombra gli altri lineamenti della sua fisionomia.
Senza dubbio, la prima qualità che si presenta alla mente,
quando si parla di lei, è quella che la Santa stessa scelse fra
gli attributi della Beatissima Vergine e Madre di Dio,
prendendo e dandovi il bel nome di Figlie di Nostra Signora
della Misericordia. Nulla di più giusto, perché la misericordia
ispirò e informò tutta la sua attività. Ma, se non se ne
considerassero che le manifestazioni esteriori, si correrebbe
pericolo, dinanzi alla loro varietà e al loro splendore, di non
penetrare sino all'intimo focolare da cui s'irradiavano.
Amore a Dio - Amore ai figli di Dio
Questo focolare è la carità: carità virtù teologale,
amore unico nel suo duplice termine, Iddio e il prossimo;
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carità che tutto abbraccia nella sua ampiezza senza limiti;
carità generosa che le faceva consumare tutti i mezzi, di cui
la Provvidenza l'aveva liberamente dotata. Nulla in verità le
mancava: né i doni della natura, né quelli della grazia, gli uni
e gli altri illuminati dall'esperienza personale e dalla
sofferenza, fecondati dalla preghiera e dalla unione con Dio,
coi Santi, con la Regina dei Santi, Madre di Misericordia.
Amare Dio nella sua adorabile maestà e nella sua
paterna bontà, amare il riflesso di Lui pur nella miseria delle
sue creature: ecco ciò che dà alla carità l'impronta particolare
della misericordia. Vedere Iddio, loro Autore, Creatore e
Padre, dalle creature stesse misconosciuto e ingiuriato;
vedere in loro I'immagine di Dio contaminata, profanata,
sfigurata dal vizio e dal peccato; vedere i figli di Dio
sofferenti, abbandonati, macchiati dal contagio del male;
vedere la Chiesa, corpo mistico di Cristo, ignorata,
disprezzata, odiata; tutto ciò straziava il cuore di Maria
Giuseppa Rossello e la spingeva irresistibilmente a portarvi a
tutti i costi rimedio, perché il sentimento della misericordia
non sarebbe che vana lusinga e sterile illusione, se non si
esplicasse e tramutasse negli atti, vale a dire nel dono di sé,
tanto con la preghiera e la penitenza, quanto col lavoro e con
le opere. Ora nella vostra Madre noi troviamo in grado
eminente questa intima unione della contemplazione e
dell'azione. Come ha potuto una donna attuare così
perfettamente in se stessa l'ideale di Marta e Maria, senza
che mai l'una facesse torto all'altra? anzi, vivificando e
fortificando l'una con l'altra? Ella dovette essere perciò
mirabilmente dotata di eccelse qualità ed eroicamente santa!
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Molteplicità di opere nella magnifica unità della
carità totale
Quel che appare in lei innanzi tutto è l'attività
esteriore.
Essa
attira
lo
sguardo
dell'incredulo
e
dell'indifferente non meno che del cristiano; ma attraverso
tale attività si può scoprire o indovinare il focolare nascosto
nel segreto del cuore. Le opere della nostra Santa,
crescendo in numero e in varietà, prendevano una
prodigiosa estensione; la famiglia religiosa, senza detrimento
della sua saldezza, aumentava con straordinaria rapidità. Si
resterebbe quasi sconcertati alla vista di lavori e di istituzioni
apparentemente così diversi, e nondimeno così armonizzanti
nella magnifica unità della carità totale.
Quali cose, infatti, più disparate fra loro che gli asili
per l'infanzia abbandonata, l'educazione delle fanciulle di
tutte le classi sociali, la casa dei chierici, gli ospedali, i
ricoveri delle pentite e delle pericolanti, la cura degli arredi
sacri e della biancheria per le Chiese, le fondazioni di
America, l'opera del riscatto delle morette dalla schiavitù?
Si aggiunga la premura incessante che ella apporta
alla formazione delle sue religiose, come e anche più che
allo
stabilimento
e
all'assetto
materiale,
economico,
amministrativo, morale, delle case che si moltiplicano e
s'ingrandiscono con meravigliosa celerità. Ella si trasferisce
continuamente da un luogo all'altro e nondimeno dà
l'impressione di essere al tempo stesso dappertutto. Ella
provvede a ogni cosa e dirige con la medesima competenza
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e maestria i lavori degli architetti e dei muratori, come quelli
delle infermiere e delle insegnanti.
Impedita dalla malattia di recarsi in Argentina ove il
suo Istituto s'impianta e si diffonde felicemente, ella sta in
costante corrispondenza con le sue figlie lontane, seguendo
attentamente i loro progressi nella perfezione religiosa e
nello spirito proprio della loro vocazione, e dando insieme
opportuni ammaestramenti per il governo delle case ed il
maneggio degli affari temporali.
Ella si sa adattare a tutte le circostanze, a tutte le
condizioni, a . tutte le esigenze, senza lasciarsi turbare da
alcuna occorrenza, né quando s'impose alle maestre
l'obbligo di subire l'esame per il conseguimento del diploma,
né quando esse dovettero sottomettersi ad insegnare la
ginnastica. Ella prende i provvedimenti più saggi e più pratici
per renderle atte ad adempiere a tutti i programmi, senza
pregiudizio della loro vita spirituale e della loro professione
religiosa.
Né si pensi che ella compia questo immenso lavoro,
non vorremmo dire superficialmente, ma quasi dall'alto e in
una maniera generale, tracciando le linee fondamentali,
indicando i grandi principi, e lasciando poi ad altri la cura di
determinare
i
dell'esecuzione.
particolari
e
Tutt'altro!
di
risolvere
Nella
le
difficoltà
fondazione
e
nell'avviamento di nuove case ed opere - ogni anno ne
vedeva sorgere parecchie - ella accompagna o anche
precede le sue figlie, e lavora con loro, finché tutto sia stato
messo in cammino normale. Molte altre, così facendo,
avrebbero rischiato di essere o di sembrare ingombranti,
d'impacciare l'operosità altrui. Ella no; come l'anima non
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ingombra il corpo, né impedisce i suoi movimenti, Ella guida,
ma, guidando, forma.
Ella ha in modo particolare il dono di discernere e di
preparare saggiamente le future superiore; di una giovane
suora, giudicata da altri inetta, ella fa in poco tempo una
superiora di gran valore.
Mirabile equilibrio di doti
Tutto ciò è quel che si vede al di fuori, ma è chiaro
che, per attuarlo, si richiede anche nell'ordine puramente
naturale, una dose non comune di qualità e di doti
mirabilmente equilibrate. La vostra Fondatrice le possedeva.
Le
facoltà
sono
in
lei
egregiamente
sviluppate
e
armoniosamente coordinate: l'intelligenza, la volontà, la
sensibilità, in tutta la loro attività, dispongono e combinano la
loro cooperazione secondo le più giuste felici proporzioni. Ne
consegue che nella pratica quotidiana quelle virtù, le quali
vengono sotto il titolo delle quattro virtù cardinali di prudenza,
giustizia, temperanza e fortezza, si manifestano nelle
maniere più varie, senza che l'una attenui o veli l'altra.
Cosicché, nella loro azione e nel loro concorso, le facoltà e le
virtù, da lei intensamente coltivate, si trovano sempre unite in
una tale perfezione che non si potrebbe determinare la parte
di ognuna separatamente dalle altre.
A prima vista ella scopre un bisogno e conce- pisce
l'opera per provvedervi; ella coglie il valore di una proposta e
la sua portata; considera i mezzi per risolvere i problemi e le
difficoltà che si presentano; discerne le persone, di qualsiasi
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grado e condizione, a cui conviene rivolgersi, e la parte che
si addice a ciascuna. Ella non si arresta a belle concezioni e
a magnifici progetti; è non meno realista che idealista.
Appena
ha
preso
'la
sua
determinazione,
si
mette
strenuamente all'opera, dando col suo esempio la spinta agli
altri. Quando dà ordini alle sue figlie, quando prega o informa
i suoi superiori ecclesiastici,
quando fa
premura ai
benefattori, quando pone le sue condizioni o fa valere i suoi
diritti di fronte alle autorità civili, sempre si comporta con una
forza ed una dolcezza, con un tatto e una delicatezza, che
trionfano di tutte le resistenze e di tutte le esitazioni, che
ottengono tutti gli aiuti, che vincono o schivano tutti gli
ostacoli. Ella non si lascia mai abbattere o sgomentare dalle
difficoltà, né turbare da un primo tentativo fallito, né
sconcertare da una prima ripulsa. Quanto a lei, ella non nega
nulla ad alcuno e se in rari casi le accade di vedersi costretta
a non accogliere qualche richiesta, ben presto si riprende,
dando più di quanto le era stato domandato.
Nella sua vita soprannaturale il segreto della sua
grandezza
Ma tutti i doni e le virtù morali, di cui era riccamente
dotata, non bastano lontanamente a spiegare la pienezza
dell' opera sua, il suo ardore e al tempo stesso la sua calma
e imperturbabile serenità. La natura è qui largamente
oltrepassata; nella vita soprannaturale di lei bisogna cercare
e leggere il segreto della sua grandezza.
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Ella non aveva che un solo desiderio: quello di farsi
santa, di essere utile ai poveri e di impedire i peccati che
fanno tanto male al mondo. In tutte le sue parole e in tutte le
sue azioni si proponeva come unico fine la gloria di Dio e il
bene delle anime.
Nonostante la sua attività esteriore, ella era sempre in
preghiera; anzi sarebbe più esatto il dire che precisamente
da questa preghiera continua scaturiva, come da purissima
fonte, la sua attività esteriore. In tutte le cose ella procedeva
con
prudenza
principalmente
e
fortezza,
contava;
che
ma
non
anzi,
su
queste
forzando
un
ella
poco
l'espressione - salvo a rimetterla a posto nella sua condotta ella diceva che «la prudenza umana non serve: lasciatela
agli uomini!». In realtà, sebbene ne facesse gran caso' ed
uso abituale per suo proprio conto, ella non metteva la sua
fiducia nei mezzi puramente umani e non se ne serviva che
come strumenti di Dio.
Ella consultava persone assennate e competenti,
pregava e faceva pregare; poi andava innanzi. Nelle
risoluzioni da prendere, come nelle difficoltà della loro
attuazione, ella si rivolgeva alla paterna Provvidenza di Dio,
alla Santissima Vergine Madre della Misericordia, a S.
Giuseppe, di cui aveva fatto, fin dalla sua adolescenza, il suo
protettore, il suo gerente e il suo appoggio in ogni
circostanza. Forte del sostegno di così grandi amici, ella
avanzava senza debolezza, senza esitazione, senza timore,
e giammai la sua fiducia rimase delusa, se non quanto era
necessario per sperimentare la sua solidità e la sua
costanza. Anche allora ella si dimostrò sempre pari alla
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gravità delle prove, che non le mancarono in tutto il corso del
suo terrestre cammino.
Le prove del suo terrestre cammino
Se la povertà, fin dall'infanzia, non le aveva fatto
sentire che la austerità della vita; se lo stesso servire in casa
d'altri sarebbe stato per lei un peso ben lieve; il vedersi però
chiudere, a causa della mancanza della più esigua dote, le
porte dello Istituto Religioso, alle quali aveva bussato per
seguire la vocazione dell'animo suo, fu la prova che ella
ebbe a soffrire nell'apparente contraddizione di Dio, che al
tempo stesso la chiamava e l'allontanava. Ma no: Iddio non
l'allontana. Egli continua ad attrarla e a condurla al suo
scopo, ma per altre vie. L'affezione della signora che si è a
lei tenacemente attaccata quasi come a figlia, cerca di
trattenerla con la bontà, colle promesse, coi rimproveri; ella
vi si sottrae, ma sottraendosi attira sul suo cuore delicato
l'accusa d'ingratitudine.
Quali sofferenze, quali fatiche, quali contrasti la
premono da ogni parte, nella fondazione della sua
Congregazione religiosa, nella dolorosa nascita di quasi
ognuna delle sue opere e delle sue case! Appena ella ha il
tempo di rallegrarsi e di ringraziare il suo caro S. Giuseppe
per il loro prospero inizio e per la fermezza dei primi passi,
ecco che già nuovi pericoli, nuove opposizioni ne minacciano
la vita; le sue intenzioni più sante nel servizio della Chiesa e
delle anime destano sospetti. Nella comunità di Savona la
malattia una volta colpisce le sue figlie amatissime e, come
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se la croce non fosse già abbastanza pesante per la loro
Madre, il malanimo degli avversari o l'acceca mento degli
amici e dei benefattori ne fanno ricadere la responsabilità
sulle sue spalle. ;
La sua anima è in agonia; il suo cuore è straziato; i
dolori fisici aumentano, le penose crisi cardiache si fanno
sempre più gravi e frequenti. Il suo solo spirito resta alacre e
invitto. "Questa donna che «non poteva mai star ferma»,
incapace ora di muoversi, continua pur sempre, nella
preghiera e nella sofferenza, ad agire, a lavorare, a
governare. L'amore, che supera le sue forze, sostiene il suo
coraggio; ella resiste sino alla fine e soccombe, vittoriosa,
sulla breccia.
Guardatela, pregatela, imitatela
Quale Madre è la vostra! quale santa! Dinanzi a lei
che
potremmo
raccomandarvi,
noi
per
dirvi
ancora?
concludere,
se
che
potremmo
non:
guardatela,
pregatela, imitatela? Fedeli ai suoi esempi e ai suoi
ammaestramenti, voi attirerete, dilette Figlie, su di voi, sulle
vostre opere così numerose e varie, su tutte le anime affidate
alle vostre cure, le più abbondanti grazie del cielo, in pegno
delle quali vi impartiamo con tutta l'effusione del nostro cuore
l'Apostolica Benedizione.
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Tipografia Priamar
dei Sabatelli Editori
Savona
1968
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La Santa Rossello nella parola del Papa