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dal quartiere alla regione
per una Comunità europea federale
Direz. e Redaz.: Piazza di Trevi. 86 - 00187 Roma
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-
ANNO XXXIII N. 10 OTTOBRE 1984
Spedizione in abbonamento postale - Gruppo 111/70
ORGANO
MENSILE
DELL'AICCRE,
Pur perdendosi nella notte dei
tempi il fato che è una nassoczizione d i tutti i Poteri locali e regionah, la nostra organizzazione
continuava a chiamarsi, dall'Ente
autonomo d i base, Consiglio dei
Comuni d'Europa (sigla: CCE):
ASSOCIAZIONE
ma molti non amano la sineddoche e allora 13Assembeadei Delegati, organo statutanb competente, il lfi ottobre c.a., a Strasburgo,
ha precisato il nome in <Consiglio
dei Comuni e delle Regioni d'Europaip (sigla: CCRE), fermo rima-
Supplemento ordinario n, I al c6BaltettilnoLI@ciufe
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-
Spadrzfone in abbonarnenlo postale
---
,, n.
UNITARIA
DI
COMUNI,
nendo che è (era e rimarrà) una associazione d i tutti i Poteri tem'tonhli substatuaii democratici, Comuni, Regioni, Enti intermedi e
anche - ove abbiano forme diautogoverno - i quartieri. Il 21 ottobre il Consiglio nazionale della
16 del @ glagno 1 S d Anno XV
- Gruppo { l (70%)
REPCTBBLICA ITALIAKA
' PARTE PRIMA
- PARTE SECQNDA
Roma, .Q giugno 1984
SIpubblica nowatmenta tl IO,
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QIRSZION~REDAZIOWEC AWIPIldlaTR (916980UPRE$IUE)rU QlLUGIU*ITb REPWIIALE. VUORI$~OfOROMLOMr)O.2ll.W141 R O M A - T L L S l S 1 2 T W - M 5 ? 2 W
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PRESIDENZA GIUNTA REGIONALE
«Per una Europa libera e unita »
nostra Sezione, riunito a Roma, a
termini dell'art. 1 del nostro Statuto
ha preso atto
all'unanimità della decisione sovranazionale e della conseguente
intitolazione innanzi,
della
nostra Sezione: Associazione italiana per il CCRE (AICCRE).
Ventotene e dintorni
di Gabriele Panizzi
presidente della Regione Lazio
Per il terzo anno consecutivo si è svolto a
Ventotene, nei primi dieci giorni di settembre
1984, il Seminario di cultura federalista.
Il merito di questa importante iniziativa federalista va attribuito principalmente al Movimento Federalista Europeo, al Comune di
Ventotene ed alla Regione Lazio, senza con ciò
trascurare gli apporti di altri soggetti, istituzionali e non.
Hanno partecipato al Seminario circa 130
giovani, cinquanta dei quali provenienti dalle
cinque province del Lazio, sessanta da province
di altre regioni d'Italia e circa venti da altri
paesi europei (è la prima volta che ciò accade:
Ventotene diventa così un riferimento per tutti
i giovani europei).
Il Seminario di Ventotene si va quindi stabilizzando ed arricchendo e certamente costituisce un riferimento annuale dell'azione politica
ed organizzativa del Movimento Federalista
Europeo e delle Amministrazioni pubbliche
(quelle del Lazio) che, a termini di legge regionale, devono concorrere, insieme agli organi
delle scuole, a sviluppare il processo di selezione dei giovani artec ci vanti.
È ancora presto per valutare l'effetto della
iniziativa della Regione Lazio che, prima con la
legge regionale concernente le iniziative regionali e locali per lo sviluppo del processo di integrazione politica europea (25 maggio 1982, n.
21) poi con quella concernente la istituzione
del Seminario di Ventotene per la formazione
federalista europea ( l 3
1983, n. 37), ha
innescato un proceso di formazione federalista
-
DAL MANIFESTO DI VENTOTENE
ALLA PROPOSTA DI TRATTATO
PER L'UNIONE EUROPEA
REGIOIVI
La Conferenza delle Regioni ha
discusso a Viareggio su alcune
questioni politiche europee
BOLLETTINO UFFICIALE
DELLA REGIONE LAWO
PROVINCE,
COMUNI D'EUROPA
di ampia portata: nei tre anni di utilizzazione
delle leggi citate i giovani e gli adulti interessati alle varie attività sviluppate dalle pubbliche
amministrazioni, dagli organi delle scuole e
dalle organizzazioni federaliste, sono stati diverse migliaia.
I1 supplemento ordinario al Bollettino Ufficiale della Regione Lazio, pubblicato il 9 giugno 1984 (alla vigilia della elezione del Parlamento Europeo) con il titolo «Per una Europa
libera ed unita»: dal Manifesto di Ventotene
alla proposta di Trattato per l'Unione Europea,
riporta i programmi messi in cantiere dalle
Amministrazioni pubbliche e consente di conoscere le corrispondenti azioni amministrative
e le risorse finanziarie necessarie per condurre
in porto le iniziative.
Riferisco questi aspetti amministrativi per
sottolineare la sistematicità degli atti fino ad
ora compiuti ed evidenziare la volontà politica
che ha ispirato ed anima la Regione Lazio:
spesso si trascura il lavoro amministrativo necessario per diffondere gli ideali europei.
Sarebbe meno faticoso limitarsi ai discorsi
europei dei giorni di festa. In tal mondo, però,
avremmo soltanto evidenziato un nostro bisogno che, senza la sistematicità dei giorni feriali
ed in carenza dei necessari atti amministrativi,
resterebbe manifestazione velleitaria.
Nel 1986, fra due altri Seminari di Ventotene, sarà opportuno fare il bilancio delle iniziative per l'Europa promosse e sostenute dalla
Regione Lazio.
Per ora mi permetto di esprimere una valutazione positiva per l'esito delle nostre iniziative e rinnovare l'impegno perché proseguano.
Tuttavia ciò dipenderà non solamente dalla
Regione Lazio.
Nella Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, svoltasi a Viareggio il 17 e 18 settembre scorsi, ho ribadito I'esigenza di un impegno politico delle Regioni per
la costruzione delllEuropa, a partire dalla sollecitazione che tutti i Consigli regionali potrebbero effettuare perché il Governo ed il Parlamento nazionali assumano iniziative idonee a
far adottare ai Paesi della Comunità Europea il
Trattato per l'Unione Europea approvato dal
Parlamento Europeo nel febbraio 1984.
Nella stessa sede ho altresì sottolineato la esigenza che le Regioni non disperdano le loro
potenzialità europee associandosi ai più svariati
organismi, ambigui per volontà politica e settoriali per campo di interesse, ribadendo che la
Associazione Italiana per il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d'Europa è stata ed è il riferimento per una comune battaglia autenticamente europea di tutti i soggetti istituzionali
di base (Regioni, Province e Comuni: il sistema
delle autonomie locali) ed altri.
L'orientamento della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome
è stato positivo in entrambi i casi.
Le Regioni possono quindi sviluppare
un'azione europea almeno su tre livelli:
Foto in prima pagina: la copertina del Bollettino Ufficiale della Regione Lazio che raccoglie
leggi e prowedimenti regionali dall'agosto '83
al maggio '84: testimoniano la volontà politica
della Giunta regionale a favore dell'unione
europea.
formazione europea dei giovani, degli
amministratori e degli operatori;
adozione di documenti politici da parte
delle Giunte e dei Consigli indirizzati agli Enti
locali ed al Governo e al Parlamento nazionali:
prima dello scioglimento dei Consigli regionali
della primavera 1985, sarebbe opportuna una
riunione della Conferenza Stato-Regioni dedicata ai problemi europei, con particolare riferimento alla proposta di Trattato per l'Unione
Europea;
azione solidale con Province e Comuni
nell'ambito dell'AICCRE volta a rafforzare lo
schieramento del sistema delle autonomie locali per il perseguimento della Federazione europea.
Infine ritengo che la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome,
sulla base delle recenti determinazioni di Viareggio, debba anche assumere iniziative presso
il Parlamento Europeo, nell'ambito dell'orga-
ottobre 1984
nismo ad hoc costituito dopo la Conferenza regionale europea di Strasburgo del 25'e 26 gennaio 1984, per sottolineare il ruolo delle Regioni nella costruzione dell'unione Europea e stabilire rapporti più sistematici.
All'inizio mi sono soffermato sul Seminario
di Ventotene e, in generale, sulle attività regionali per la formazione europea, perché sono le
iniziative insieme più sistematiche e più laboriose tra le tante che possono essere intraprese.
Sono quelle suscettibili di produrre, nel medio-lungo termine, effetti duraturi, in quanto
rivolte fondamentalmente ai giovani.
Le altre iniziative possono essere più facili,
purché ve ne sia la volontà genuinamente politica.
La Conferenza di Viareggio ha convenuto
sulla esigenza di iniziative delle Regioni per
l'Europa condotte in modo da consolidare il
complesso sistema delle autonomie locali: non
ci resta che assumerle.
Lettere al Direttore
Giovani a Ventotene
Caro Direttore,
è stato con vivo piacere che quest'anno ho
partecrpato allo stage annuale del Movimento
Federalista Europeo organizzato a Ventotene,
dove nel 1941 fa redatto il Manifesto con il
quale Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e d Eugenio Colorni, confinati dal regime fascista, delinearono l'Europa di oggi e del futuro.
Relatoti di prim'ordine, italiani e provenienti dai Movimenti Federalisti di tutta Europa, hanno tenuto delle vere e proprie lezioni
sull'idea federalista ai più dr cento ragazzi, di
tutta Italia per chiamata diretta del MFE e i n
particolare del Lazio selezionati attraverso le
scuole della Regione.
Una iniziativa veramente lodevole, considerata la scarsa informazione i n t o n o ai problemi
che riguardano l'Unione europea e L'idea della
federazione mondiale.
È da registrare, purtroppo. la totale dirinformazione dei ragazzi provenienti dalle scuole
circa le tematiche federaliste, o più semplicemente l'attualit~ìpolitica. Il gap tra i relaton
e d i membri della Gioventù Federalista e gli
studenti è stato sensibile specie durante iprimi
giorni di dibattito.
È venuta a crearsi allora una strana situazione: i relatoti parlavano convinti di trovare i ragazzi già informati o per lo meno già consapevoli del problema trattato, mentre i ragazzi,
che pensavano di ricevere tutte le informazioni
Più elementari proprio in occasione dello stage, rimanevano in pratica tagliati fuon' dalla
discussione.
Anche i lavori di gruppo, dopo ogni relazione, hanno visto i ragazziporre domande su cosa fosse il MFE, suffa sua azione pratica,
sull'Europa unita, su una possibile soluzione
in chiave europea deigrandi problemi sociali o
del mercato del lavoro mentre i ragazzi coordinatori sottolineavano l'obiettivo di pace mondiale del federalismo. L'ideale avrebbe forse
dovuto lasciare u n po' di posto all'informazione pratica.
Non conoscendo l'esigenza della federazione europea i giovani non sono riusciti subito a
capire il perchédi tanti discorsi ideali, poi tanto ovvi: è chiaro che tutti vogliamo la pace nel
mondo! Forse nel seminario si è parlato troppo
dipace mondiale e di federazione mondiale, e
POCOdella necessità pratica di fare l'Europa
unita, prima, e poi la federazione mondiale.
I problemi di tutti i giorni - la diroccupazione, uno tra i tanti - non sono semplici da
spiegare in chiave europea, ma non sipuò credere di dare una corretta informazione senza
parlare di numeri. Mi permetto di fare questo
appunto ai ragazzi della Gioventù Federalista
propnb perche* anch 'io sono dalla loro parte,
credo nella loro idea.
Tale stato di confusione - ma che strani
questi federalisti: parlano sempre di pace m a
non spiegano mai come attuarla, parlano di
Spinelli ma non spiegano cos'è il Parlamento
Europeo - ha portato a due reazioni: alcuni
hanno scelto di continuare a seguire bombardando di domande i ufederalistin, altri invece
dr godersi la vacanza al mare offerta dalla scuola (s?, alcuni sono amvati a Ventotene senza
aver sentito mai parlare di MFE, segnalati dalla
scuola non si sa per quali ragioni. U n suggebmento: coinvolgere i n modo più diretto le
scuole attraverso dibattiti, opuscoli informativi
e cose di questo genere).
Le ultime relazioni sono state comunque seguite con una buona dose di entusiasmo. I p i ù
interessanti sono stati senza dubbio i giovanissimi, aperti a d u n discorso idealistico perché
ancora privi di quella dose di cinismo che caratterizza i ((delusi)più grandi.
Il mare e le amicizie hanno poi fatto il resto:
siamo tutti d'accordo nel rivederci a Firenze
per il Comitato Centrale della Gioventù Federalista.
Un'occasione importante, quindi, fondamentale per chi si è reso conto del uproblema
Europa) per la prima volta e conta di soffermarsi a pensarci u n po ' su. Interessante per chi
sapeva già qaalcosa e magan' si chiedeva il
percheeigiovani non ne parlano mai.
Carla Valentino
ottobre 1984
COMUNI D'EUROPA
l'intervento AICCE alla Commissione Cossutta
L'indagine conoscitiva sulle Regioni e un nostro
dibattito aperto sulle autonomie territoriali
Richiesta I'AICCE la scorsa primavera, con
breve margine di tempo, d i un intervento scTitto in se'de d i (indagine conoscitiva sulle Regioniw da parte della Commissione parlamentare
bicamerale (italiana) per le questioni regionali,
si è riunito il Comitato d i Segretenà (Segreteria
Più Presidente e Vicepresidente vicario) per un
rapido scambio d i idee; poi, per la premura
fattaci circa la presentazione dell'intervento (si
era appena (emersi) dagli Stati generali di Torino), si è pregato il Presidente di stendere direttamente il testo. Nella redazione del documento Serafini, pur tenendo scrupolosamente
conto della storia culturale e politica deL'1"AICCE e del CCE, non ha potuto tenersi interamente lontano - era inevitabile - da u n taglio soggettivo. In particolare in qualche punto
- pochi, in verità - Serafini non si è sentito
d i restar muto e non esprimere un giudizio o
parere, anche quando i n sede associativa si trattava di argomento esaminato ancora in fase d i
(ipotesi di lavorow .
Presidente e Segreteria sono stati, alla scadenza prevista, ascoltati dalla Commissione e
le loro risposte nello hearing rirultano agli atti
della Commissione stessa. Subito dopo, piuttosto che proseguire la messa apunto deldocumento -presentato al Presidente Cossutta come provvisorio e suscettibile di modzjìche - e
pervenire alla sua eventuale aistituzionalizzazionew attraverso il dibattito e gli emendamenti d i u n riitretto organo statutario, abbiamo
pensato che fosse piiì fmttuoso portarlo
senz'altro al dibattito diretto di tutti i Soci, attraverso la pubblicazione sull'organo sociale
<Comuni d'Europa,. Il contributo dei Soci, insieme al testo originario, dovrà essere poi affidato a un organo statutario, perche'esso decida
- emendato o trasformato - di fare, se del
caso, dell'intervento un documento dell'AICCE e u n ulteriore punto d i riyerimento della
nostra lotta per l'e autonomie q u i i n Italia e nel'
quadro europeo. Il dibattito, cari colleghi e carilettori, è dunque aperto alla vostra attiva COIlaborazione.
Date le premesse, il acoipevolew del testo,
cioè il Presidente dell'AICCE, chiede venia per
il carattere molto discorsivo e quasi familiare
della scrijtura: ma per ora, appunto, si tratta di
dircutere andando dritti alla sostanza, in una
materia in cui da tanti anni, in Italia, si conduce u n lezioso minuetto, senza che - in tema d i
Regioni - neanche si confrontino realistiamente i i a t i della Costituzione formale con
quelli della Costituzione matende, ne-si trovi
u n accordo d i fondo per varare finalmente la
legge provinciale e comunale di una Repubblica democratica e d europea.
**
Non si risponde al questionario domanda
per domanda, ma si raggruppano sinteticamente le risposte intorno ad alcuni argomenti,
che I'AICCE ritiene più importanti o più attuali, fermo rimanendo che la presente nota
non ha pretese di completezza sia per il breve
tempo in cui si è dovuta stendere - I'AICCE
infatti si trova in questo periodo tutta impegnata usul campo» (nazionale e sovranazionale)
- sia per la ricchissima esperienza dell'AICCE, per altro caratterizzata da un incontro
quotidiano di uattivismo~e di dottrina - il
che rende complesso pervenire sempre, senza
lacune, a valutazioni di insieme -. Inoltre rimane il fatto che note di questo genere
dell'AICCE peccano, data l'urgenza, di una
inevitabile - se si vuole essere scrupolosi uarbitrarietà soggettiva,, cioè sono I'espressione del vertice (presidenza e segreteria) dell'associazione, e solo parzialmente dei più ampi
organi democratici dell'associazione: ciò diciamo per singole posizioni e specifiche valutazioni, perché owiamente le linee di tendenza di
questa come di altre note discendono viceversa
da una attività, teorica e pratica, largamente
collegiale, ampiamente discussa, sottoposta ripetutamente al vaglio di enti e persone fisiche
associati.
Nostra concezione delle autonomie
Bisogna subito sottolineare, come chiave di
lettura di ogni e qualsiasi posizione dell'AICCE (e di tutto il CCE a livello europeo), che le
nostre autonomie si qualificano per la strategia
federalista in cui si collocano: in altri termini
esse sono l'opposto di un feudalesimo velato,
l'antitesi di un secessionismo o separatismo
arientrati,. Nel politico, nell'economico, nel
sociale le nostre autonomie si collocano come
momenti di una programmazione democratica
generale, portata avanti e realizzata nell'interesse generale, al limite al di là di ogni confine
nazionale o continentale. Del resto questa filosofia informa la stessa Costituzione della Repubblica italiana e si fa particolarmente esplicita nel suo articolo 11, a proposito del quale ci
piace ricordare pagine lucidissime di Costantino Mortati, che - oltre ad essere stato uno dei
più incisivi tra i costituenti - ha partecipato,
accanto ad altri studiosi come, per fare un nome, M.S. Giannini, ai primi passi dell' AICCE.
Tutto questo abbiamo ricordato, perché in tema di Regioni spiega, per esempio, la nostra
attenzione alle perequazioni finanziarie interregionali e infraregionali - verticali e orizzontali -, o quella rivolta a un Senato delle Regioni (cfr. il Bundesrat tedesco occidentale: ci
verremo più sotto) o quella per una rete sovranazionale (comunitaria europea) di agenzie regionali del lavoro.
Costituzione, Regioni e trasformazioni deila
società
La prima osservazione, dunque, sul bilancio
dell'esperienza regionale italiana all'approssimarsi della conclusione della terza legislatura
regionale (Regioni a statuto ordinario) è che
l'impianto delle Regioni nella nostra Costituzione scritta mostra tutti i suoi anni e dà anzi
ragione a chi fin dai tempi della Costituente
sosteneva che nasceva vecchio. I1 nostro è per far piacere all'Ambrosini - un cosiddetto
Stato regionale, intermedio tra il federale e
l'unitario, e le nostre Regioni tengono presente
I'ordiriamento previsto dalla Costituzione austriaca del primo dopoguerra e da quella repubblicana spagnola del 1932: ma più concretamente le nostre Regioni sono disegnate piuttosto per una società ancora largamente e prevalentemente agricola, prescindono dall'ipotesi di una programmazione economica, non
prevedono una problematica sovranazionale
(comunitaria, europea). Ai tempi della Costituente, è noto, Adriano Olivetti e Massimo Severo Giannini si batterono perché fosse conferita alle Regioni anche competenza nella politica
industriale: non c'è bisogno di illustrare qui le
opposte motivazioni, di destra e di sinistra,
mosse allora contro tale tesi (in sostanza essa
tendeva a fare della Regione un «livelloglobale
del programma»: e, appunto, le destre e in
qualche modo il centro erano contrari tout
court alla programmazione economica, le sinistre erano contrarie alla programmazione in regime capitalistico; comunque destre e sinistre
non percepivano la concretezza di una aprogrammazione democratica, e, anzi, l'esigenza
di un progresso simultaneo e correlato di programmazione economica e di pianificazione
del territorio - le anticipazioni di Adriano
Olivetti e della equipe che egli ispirava col progetto di piano regolatore della Valle d'Aosta,
oggi considerate nella cultura europea una anticipazione di straordinario valore teorico e pratico, erano considerate una insignificante bizzarria -). Espressione di questo modo poco
antiveggente di concepire le Regioni è l'articolo 117 della Costituzione; ebbene, proprio recentemente il presidente della Regione Lazio,
Panizzi, nella illustrazione delle proposte politico-programmatiche della Giunta da lui presieduta, ricordava: «La Regione - è noto non è competente ad una trattazione diretta
della materia industria, onde si rawisa I'urgenza di un rapporto con il governo nazionale al
fine di individuare un quadro di riferimento
che consenta alla Regione una finalizzazione
dei suoi interventi finanziari a sostegno diretto
o indiretto dell'apparato produttivo laziale».
Ogni commento è superfluo sull'irrazionalità
di un tale sistema «misto* agli effetti di una efficace politica intersettoriale di riequilibrio
produttivo e occupazionale del territorio, anche se talune leggi intercorse hanno tentato di
correggere in qualche modo questa arretratezza
del quadro regionale.
Come vedremo poi a proposito del Senato
della Repubblica e altrimenti, il coordinamento fra Stato (nazionale) e Regioni si è dimostrato difettoso e difficile: ma bisogna ancora aggiungere che in taluni casi si sono smobilitati
alcuni strumenti «tecnici»statuali senza rendere disponibili strumenti udi base» di coordinamento interregionale, quando alcune Regioni
debbono affrontare un aprogetto comune».
Crediamo che il progetto di disinquinamento
del Po mostri efficacemente tale carenza.
Infine la mancata riforma dell'amministra-
COMUNI D'EUROPA
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LA REGIONE ITALLANA
NELLA COMUNZTA' EUROPEA
avere una struttura complessiva loro propria, in
parte di coordinamento consortile in parte sovraordinata - provincia metropolitana -) oppure Comune uliberou (Comune medio) o infine comunità nirale (cfr. il Landkreis tedesco
occidentale, che comprende i Comuni minimi
«rurali>,ed ha un consiglio a elezione diretta e
un piccolo «senato di Comunb). Le Province
«ereditate> (tradizionali) scomparirebbero sui
territori umetropolitaniw: per il resto sarebbe da
vedere se al territorio delle Città libere e alle
Comunità rurali potrebbero corrispondere i circondari previsti dal 2 " comma dell'articolo 129
della Costituzione oppure piccole Province. Rimane per I'AICCE anche da studiare l'opportunità o meno di conservare anche la «grande»
Provincia (o una aggregazione - dove è il caso
- di più Province attuali) come ente di solo
decentramento burocratico della Regione, a somiglianza di enti analoghi di taluni Laender
tedeschi.
Regioni e Comunità europea
zione statale e il licenziamento anzitempo del
Ministro M.S. Giannini, che la stava preparando, hanno influito negativamente nel portare
avanti un corretto parallelismo, con relativo sinergismo, tra decentramento autarchico e decentramento burocratico. Ci domandiamo come la nostra Repubblica potrà in queste condizioni - e con essa le Regioni - affrontare la
rivoluzione telematica, che è alle porte e avrà,
fra l'altro, una influenza gigantesca sulla politica del territorio e sull'urbanistica.
Ordinamento regionale e riforma degli Enti
locali
Si constata generalmente - e anche I'AICCE non ha potuto non farlo - che, mentre le
Regioni dovrebbero stabilire il quadro e le direttive, entro i quali poi toccherebbe prevalentemente a Province e Comuni, che sono «anche» circoscrizioni di decentramento regionale
(articolo 129 della Costituzione, 1" comma),
di passare all'esecuzione, viceversa esse hanno
programmato poco e eseguito direttamente
molto, sovrapponendosi spesso tutt'altro che
funzionalmente agli Enti territoriali infraregionali. Ciò è dipeso anche dalla vergognosa lentezza (di chi la vergogna?) con cui si è affrontata la riforma della legge provinciale e comunale, mentre si sono fatte frammentarie e contrastanti esperienze di «nuovi»enti infraregionali,
complicando all'eccesso la materia. In genere
I'AICCE si è soffermata, in merito, soprattutto
su due punti: 1) è fonte di disfunzioni palesi e
rende impossibile il reale controllo democratico la moltiplicazione dei cosiddetti Enti locali
istituzionali e, più chiaramente, corporativi:
dovrà valere il principio «un territorio, un governo»; 2) l'esperienza più avanzata europea
(ma anche ipotesi avanzate in Italia già a metà
degli anni quaranta: Adriano Olivetti, «L'ardine politico delle Comunità», 1945) è quella di
basarsi, come cellula primaria delle autonomie, su un ente di una consistenza demografica di 60.000- 100.000 abitanti, articolazione
delle aree metropolitane (che dovrebbero poi
Naturalmente una difficoltà strategica è per
le Regioni I'evanescenza della programmazione nazionale: ma a sua volta l'insufficiente
programmazione da parte delle Regioni determina un uso inadeguato dei Fondi comunitari,
usati «a pioggiaw, quando pure usati in tutta la
loro disponibilità (è noto che per mancanza di
aprogettiw l'Italia non utilizza tutti i Fondi comunitari per essa disponibili, con perdita annuale che è arrivata sino al tetto di 2.500-3 .O00
e più miliardi di lire). I1 Ministro per gli affari
comunitari ha cercato recentemente di mettere
un ordine minimo nella materia, ma il male è,
secondo il nostro punto di vista, più alla radice: quel che è peggio è che le Regioni come oggi si presentano si mostrerebbero inadeguate a
sostenere la collaborazione delle autonomie a
una ristrutturazione dell'economia europea,
possibile nel medio termine qualora - come
I'AICCE si augura - fosse approvato il Trattato di Unione europea proposta dal Parlamento
Europeo uscente dal minimo degli Stati (6 sui
10 della Comunità europea, comprendenti almeno i due terzi della popolazione globale) richiesti perché esso entri in vigore (*). La ristrutturazione dell'economia europea (occidentale comunitaria) dovrebbe accompagnarsi
infatti a una prima, autentica politica regionale della Comunità (o, ormai, Unione): la ricerca tecnologica comune - e quindi a forte rendimento - e una politica produttiva comune
(specie in elettronica e informatica, biotecniche, spazio, nuovi elementi, a parte la razionalizzazione di settori più tradizionali) oltre a
creare nuovi posti di lavoro in quantità superiore all'attuale cifra della disoccupazione comunitaria (12-14 milioni di disoccupati, con
prevalenza di giovani) dovrebbero essere modulate in funzione della loro proiezione terri(*) Dopo il Vertice di Fontainebleau si rischia, col Comitato Dooge (intergovernativo), di seppellire la storica
proposta fatta dal Parlamento Europeo il 14 febbraio 1984
e accettata dal Presidente Mitterrand nel discorso del 24
maggio a Strasburgo: ma sta al nfronte unito delle autonom i e ~- che vuole l'Europa dei popoli e delle Regioni contribuire a riportare senza esitazioni l'iniziativa al Parlamento Europeo (N.d.R.).
ottobre l984
toriale (regionale) - a prescindere da piani
straordinari per elevare col concorso di tutta la
Comunità le sacche di miseria o di povertà endemica (si cita spesso la Tennessee Valley Authority - di cui un figlio alquanto spurio è stata la Cassa del Mezzogiorno italiana -: ma ora
occorrerà tener presenti quanto meno gli studi
sullo sviluppo tardivo fatti per 1'OCSE dal Professor Giorgio Fuà - il direttore dell'ISTA0
della Regione Marche e di Ancona - e dalla
sua e'qu$e) -: a questo punto sia per sostenere le categorie lavoratrici più deboli o esposte e
gli emarginati (giovani al primo impiego, donne, periferici, ecc.), soprattutto nel momento
assai aspro della transizione (disoccupazione
tecnologica), sia per garantire una mobilità settoriale e geografica del lavoro che non si svolga
sotto l'egemonia della legge del profitto, è stata proposta (ne ha discusso il Parlamento Europeo uscente; ne hanno raccomandato lo studio
i XV Stati generali del CCE a Torino) una rete
sovranazionale e coordinata di agenzie regionali del lavoro. Questa rete dovrebbe nascere da
una completa trasformazione del Fondo sociale
europeo, avrebbe il compito di condurre un
confronto razionale, correlato anche alle esigenze e alle virtualità del territorio, tra offerta
e domanda di lavoro e dovrebbe altresì creare
una certa quantità di nuovi posti di lavoro
afuori mercato» (ma non parassitari: sì allo Stato sociale, no allo Stato assistenziale «bendat o ~ ) vòlti
,
a risparmiare rilevanti costi umani,
sociali ed ecologici. Come si vede una prospettiva assai ambiziosa, ma delicatissima per le
Regioni, oggi assolutamente non attrezzate in
Italia per compiti così complessi. Qui non sarà
male aggiungere che la specializzazione atecnica» anche del personale politico delle autonomie diventa sempre più urgente: le scelte debbono essere assolutamente politiche, l'acquisizione dei dati, la formulazione dei progetti e la
loro esecuzione debbono trovare un personale
competente anche a livello politico-amministrativo.
Partecipazione deile Regioni ailJUnione
europea: aspetti politici ed istituzionali.
I1 Comitato Consultivo
Un problema «costituzionale» relativo alle
attuali competenze della Regione italiana è nato in relazione alla genesi delle leggi comunitarie (che si chiamano, con linguaggio desueto o
improprio rispetto al lessico corrente della nostra Repubblica, direttive e regolamenti). In
base ai Trattati di Roma e al Trattato di Parigi
(CECA) - aggiornato - la legislazione della
Comunità europea (ma anche il governo, salvo
il diritto di iniziativa propositiva della Commissione esecutiva) dipende dal Consiglio dei
Ministri, che - per via del cosiddetto compromesso di Lussemburgo - decide costantemente all'unanimità. I nostri rappresentanti nel
Consiglio dei Ministri procedono alle decisioni
in questa sede - cioè legiferano - sciolti, per
così dire, da un preciso mandato, di volta in
volta, del Parlamento nazionale e, per quel che
ci riguarda, senza neanche una consultazione
effettiva delle Regioni (non crediamo le Regioni siano paghe della Commissione GovernoRegioni) nelle materie in cui queste hanno le
ottobre 1984
competenze conferite loro dall'articolo 117
della Costituzione. La Commissione parlamentare bicamerale per le questioni regionali ha
tutto un ampio dossier su quanto nel merito ha
studiato e promosso I'AICCE, che tra l'altro fu
alla origine - come è noto - di una proposta
di legge di iniziativa regionale, caduta con la
caduta di una legislatura: rimandiamo a quel
dossier, che frattanto si è arricchito - e pertanto anche in ciò rimaniamo a disposizione della
Commissione parlamentare -. Naturalmente
si avvertirà la contraddizione, solo apparente,
che noi, mentre critichiamo l'articolo 117, rivendichiamo poi il rispetto delle competenze
che da esso derivano alle Regioni: in realtà noi
critichiamo soltanto le limitazioni e la miope
strategia implicita in queste limitazioni dell'articoio 117.
Ora, comunque, occorre amministrare al
meglio l'assetto attuale delle Regioni nella Costituzione scritta e i rapporti con la Comunità
europea come si configura in base ai Trattati vigenti, preparandosi per altro tempestivamente
sia ad affrontare le responsabilità, che deriveranno da una approvazione del Trattato di
Unione europea, sia a creare un accordo fra la
dottrina e le forze politiche nazionali sulle modifiche utili o necessarie del Titolo Quinto della Parte seconda della Costituzione della Repubblica italiana - e forse non solo del Titolo
Quinto (pensiamo, e ci verremo tra un momento, al Senato della Repubblica) -. Ma fermiamoci un istante sul Trattato di Unione europea.
I1 progetto del Trattato di Unione reca due
passaggi delle dichiarazioni preliminari, che
interessano le autonomie e che conviene riportare :
....le Alte Parti Contraenti ecc.
«convinte della necessità di permettere la
partecipazione degli enti locali e regionali alla
costruzione europea secondo forme adeguate,
e
«intendendo affidare ad istituzioni comuni,
conformemente al principio di sussidiarietà,
soltanto le competenze necessarie per assolvere
ecc. ecc.». Queste affermazioni di principio sono il frutto, in buona parte, dell'azione culturale e della lotta politica (per l'Europa delle
Regioni) condotta per oltre trent'anni dal Consiglio dei Comuni d'Europa (associazione di
tutti i Poteri locali e regionali): converrà trarne
a ragion veduta le conseguenze. Taluni, nel
periodo di redazione del Trattato da parte della competente Commissione istituzionale del
Parlamento Europeo, spingevano affinché il
CCE - in rappresentanza di tutto il movimento europeo delle autonomie - si battesse per
l'immediata creazione di un Senato europeo
delle Regioni. La richiesta era fuori della realtà:
è già più che un passo un autentico audace salto di qualità I'affiancamento di un Parlamento
Europeo (in realtà: di una Camera popolare a
elezione diretta), con poteri legislativi reali, al
Consiglio dei Ministri che, decidendo a maggioranza - salvo che in casi tassativamente
previsti - e lasciando più ampi compiti esecutivi alla Commissione di Bruxelles (resa non
platonicamente responsabile anche al Parlamento Europeo), diverrebbe un Senato degli
Stati. Piuttosto I'AICCE ha sottolineato più
volte un pericolo che proviene dai crminimali-
COMUNI D'EUROPA
sti» in fatto di aggiornamento dei Trattati comunitari: quello, cioè, di chiedere il solo passaggio dall'unanimità al voto a maggioranza
qualificata nel Consiglio dei Ministri senza pretendere la simultanea attribuzione di poteri
reali al Parlamento Europeo (Camera popolare
a elezione diretta). Ciò, apparentemente,
sbloccherebbe talune impasses della Comunità, ma le Regioni meno sviluppate, meridionali o periferiche, rischierebbero di essere
schiacciate «a maggioranza qualificata stabile,
dagli accordi corporativi fra gli Stati più forti e
più ricchi: solo la Camera a elezione diretta (il
cosiddetto Parlamento Europeo), organizzata
necessariamente per gruppi politici sovranazionali e preoccupata degli elettori di tutto il territorio comunitario, potrebbe rappresentare una
garanzia contro le prevaricazioni del Consiglio
dei Ministri divenuto Senato degli Stati, soprattutto se affiancata da una Conferenza permanente dei Poteri locali e regionali comunitari.
Così, attraverso l'obiettivo strategico - o
semplicemente a medio-lungo termine -, siamo venuti al contingente, a quel che si può e si
deve fare subito. Il Consiglio dei Comuni
d'Europa - e I'AICCE con esso - ha promos-
5
so negli anni cinquanta, con la sua spinta politica, la creazione della Conferenza europea dei
Poteri locali (CEPL) nell'ambito della Assemblea consultiva (come allora si chiamava) del
Consiglio d'Europa, poi trasformatasi - sempre per impulso del CCE - in Conferenza dei
Poteri locali e regionali europei (CPLRE). Dopo varii (e vani) tentativi di creare nella Conferenza un <cassetto»a Sei, poi a Sette, poi a Dieci, funzionante per gli specifici rapporti con la
Comunità europea - una prospettiva e una
espressione di tal genere (à tiroirs) erano state
studiate dall'on. Dehousse, il giurista belga
che rapporti tanto stretti ha avuto con la storia
culturale del CCE e dell'intero processo di integrazione europea -, il CCE (appoggiato dalla Intemational Union of Local Authon2ies)
promosse una Convenzione delle Regioni e
delle Autonomie locali europee (non tutti i
Paesi della Comunità hanno un ordine istituzionale regionale) a Parigi, il 7-8 dicembre
1976, - fu ospitata dall'Assemble'e nationale
e dal suo presidente Edgar Faure -, dalla quale scaturì un Comitato consultivo delle istituzioni regionali e locali dei Paesi membri della
Comunità europea: il Comitato da allora funziona, I'AICCE è pronta a documentarne alla
La mezza cultura dei mass-media e l'Europa
Ci sembra degno di nfleJsione per cose che ci
riguardano un passo d i Giufìano Zincone sul
settimanale (L'Europeo>(27-X'84), che riportiamo:
«Bisogna constatare.. . che i mass-media, nonostante tutte le invettive che continuano a
scagliare contro il Palazzo, sono tuttora subalterni alla logica dei politici, non solo in termini
di potere, ma proprio in termini culturali.
Niente è dawero importante, alla TV o sui
giornali, se non c'è di mezzo un ministro o un
deputato. Niente è dawero serio se non può
essere utilizzato a favore di un partito e ai danni di un altro. Niente produce cambiamenti, se
questi non si possono tradurre in qualche rimpasto di governo, in qualche dimissione, in
qualche nuova giunta periferica».
S'intende che per Palazzo si deve poi intendere Casa Nostra, perchéquando si sono svolte
le ultime elezioni europee i parlamentari
uscenti (dalla Casa di Strasburgo) non sono stati fatti parlare. Lì si è aggiunto anche l'atteggiamento protervo e scostumato della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la
vigilanza dei servizi radiotelevisivi, presieduta
dal sen. Signorello: quando domandammo al
presidente se, come è elementare dovere democratico, si sarebbe lasciato spazio agli uscenti
per giustzficarsi sull'operato, ci venne nsposto
«che era molto dtfficile, sì, molto difficile: è
una stona complicata.. . H .Fu così che i leaders
nazionaliparlarono eccezionalmente di un Parlamento Europeo, d i cui sapevano ben poco, e
poi ncondussero tutto al quadro di Zincone,
l'unico - del resto - nel quale la stampa riuscisse a orientarsi.
Invece, fuori del Palazzo, c 'è una società che
si muove, che si rende conto assai piiì della
(classe politica)) che la dimensione europea è
quella in cui si debbono affrontare i problemi,
ecc. ecc. Ma quanto spazio si dà a queste voci
nei mass-media? Tornando alla recente campagna elettorale europea: come mai RAI-TV e
giornali di regola non hanno fatto parlare i leaders del Movimento Federalista Europeo, del
Movimento Europeo, del Consiglio dei Comuni (e delle Regioni) d'Europa, dell'Associazione europea degli insegnanti? o i leaders italiani
dei sindacati e degli imprenditori europei?
Del resto, diciamocelo in confidenza, quando qualche tempo fa la nostra rivista «Comuni
d'Europa*, compi i trent'anni di vita trent'anni in cui, senza stupida modestia, essa
ha fatto da battistrada a tantaparte della cultura politica europea e delle maggion' iniziative
europee, con decenni di anticipo sulle «scoperteu della classe politica e sulle tesi d i laurea degli Atenei - quanti di quei simpaticoni, che si
professano nostri amici, si sentirono in dovere
d ifare una (aperturaa d i terza pagina per ncordarsi di noi e &ndare a memorabili (si, lo sono!) articoli della rivista? Eppure, quando c 'è il
decennale di una quafsiasi rivista, che esprime
gli orientamenti di una corrente politica (o gli
znteressi di u n giro economico editoriale o dt
u n clan diamici degliamici), gli sdilinquimenti si sprecano.
Temiamo di doverlo ribadire: a quando una
controinformazione europea contro l'attuale
mafia dei mass-media, espressione diretta della penfena nazionale, delle diverse realtà regionali, della società nei suoi sentimenti profondi, dei giovani, dell'inczpiente ufionte democratico europeo))?
ARGO
ottobre 1984
COMUNI D'EUROPA
Commissione parlamentare l'attività e le proposte (esso intrattiene rapporti particolarmente
con la Commissione esecutiva di Bruxelles e
con la Commissione per la politica regionale e
del territorio e con I'Intergruppo per i problemi regionali e locali del Parlamento Europeo),
ma il Comitato presenta tuttavia due gravi problemi. I1 primo: non ha (come la CPLRE nel
Consiglio d'Europa) un riconoscimento formale istituzionale e tutti i benefici (ivi incluso
l'uso di strutture comunitarie) relativi; la sua
consultazione non è né obbligatoria né raccomandata. I1 secondo: la formazione del Comitato consultivo è assai discutibile, poiché - a
differenza della CPLRE nei riguardi del Consiglio d'Europa - i suoi componenti non sono il
frutto di una selezione concordata tra organizzazioni di Poteri regionali e locali «riconosciute
formalmente* dalla Comunità europea quanto
piuttosto concordata - o bere o affogare - tra
le organizzazioni capaci di esercitare una lobby
comunitaria e, quindi, di trovare una loro
udienza, indipendentemente dalla loro reale
rappresentatività e dall'effettivo mandato democratico dei loro dirigenti (per cui CCE e IULA sono affiancate da organizzazioni meno
rappresentative e subiscono anche le pressioni
di aggregazioni robuste ma non adeguatamente multinazionali e soprattutto settoriali o corporative e per nulla preoccupate di pervenire
all'unione europea). Comparando obiettivo
strategico e situazione attuale si pone al CCE
- ma anche a tutte le singole Regioni italiane
- il traguardo di pervenire a un riconoscimento formale del Comitato consultivo da parte
del nuovo Parlamento Europeo, a una sua regolamentazione, alla sua formazione in modo
che - date anche le differenti strutture degli
Stati consociati - rappresenti, su scala regionale, tutto il complesso delle autonomie substatuali e lo rappresenti attraverso effettivi amministratori eletti, democraticamente, su base
territoriale. Recentemente il Parlamento Europeo ha promosso, su iniziativa della sua Commissione per la politica regionale e l'assetto del
territorio, un'importante Conferenza delle Regioni della Comunità europea, della Spagna e
del Portogallo, che può aprire interessanti prospettive nel campo del dialogo tra Istituzioni
comunitarie ed enti autonomi territoriali.
Senato italiano deiie Regioni
L'AICCE - coerentemente con la strategia
di tutto il CCE - si è sforzata e si sforza al fine
di ottenere un avvicinamento del sistema delle
autonomie e dell'intero sistema costituzionale
italiano al modello più avanzato che la dottrina
e l'esperienza europee suggeriscono: lo stesso
fanno le altre sezioni nazionali del CCE, nel
convincimento, tra l'altro, che organizzazioni
similari siano più integrabili. In tal senso pensiamo da tempo che il Senato dell'attuale Costituzione italiana vada sostituito da un Senato
delle Regioni, con competenze specifiche (teniamo in parte presente il modello del Bundesrat tedesco occidentale, ricordando naturalmente che lì si tratta di un vero e proprio Stato
federale). Soprattutto pensiamo che il Senato
delle Regioni dovrebbe intervenire, affiancandosi alla Camera dei Deputati, nella previsione
della spesa (e cioè nell'esame, nella predisposizione, nell'approvazione del cosiddetto bilancio allargato): fermo infatti rimanendo che il
tetto dello spendibile va deciso dal Governo e
dalla Camera upopolarev (dei deputati), la distribuzione della spesa massima ammessa va
poi verificata in funzione dei compiti di istituto ai diversi livelli. Ricordiamo che l'ipotesi di
un Senato delle Regioni cadde alla Costituente
per il timore - per noi giustificato - di molti
parlamentari che si abbinasse a una rappresentanza degli interessi (Senato delle Regioni e
delle corporazioni?): noi pensiamo che la «società~vada interrogata mettendo anche in risal-
Franco Anoeli
5
to le esigenze dei differenti territori - non soltanto la loro sintesi «centrale» (ove giuocano diversi fattori «esterni» al territorio) - e gli effetti concreti e quotidiani della proiezione locale
delle decisioni statuali, ma che la «politica»
non debba partire dagli interessi costituiti, già
di per sé forti e comunque in condizione di farsi direttamente e anche troppo sentire e di far
prevalere preoccupazioni settoriali, se non addirittura opposte all'interesse generale.
Finanza regionale e locale e sistemi di
perequazione
A un Senato delle Regioni al vertice dovrebbe corrispondere - veniamo al finanziamento
delle autonomie locali e delle Regioni - un sistema di perequazioni verticali e orizzontali,
che facesse tesoro della preziosa esperienza in
fatto di Finanzausgleich della Germania occidentale. In merito I'AICCE ha diretto a suo
tempo una ricerca, condotta dalla studiosa tedesca Sigrid Esser - che ebbe un borsa di studio dell'AICCE -, e condensata nel volume
«Il federalismo fiscale della Germania occidentale» (- Milano 1981 - Franco Angeli editore). Avanzando su questo terreno potrà essere
definitivamente superata l'esperienza, non
sempre felice, della Cassa del Mezzogiorno,
che tra l'altro ha posto confini talvolta arbitrari
agli interventi straordinari (a parte I'annullamento al centro di interventi ordinari dopo che
si sono concessi interventi straordinari, che è
uno dei modi in cui spesso si è nullificata la politica cosiddetta meriodionalistica).
Regionalismo italiano e regionalismo europeo
Un ultimo punto che vogliamo trattare, rispondendo del resto a uno dei quesiti della
Commissione parlamentare (<Risultati conseguiti, difficoltà ed eventuali carenze riscontrate
in relazione all'attività regionale concernente:
...d) la tutela delle minoranze nazionali ed etniche~),riguarda la nostra opera di collegamento, culturale e politico, tra il regionalismo
italiano e il regionalismo europeo. Come è noto, in dottrina si scontrano da tempo due tendenze, quella per le regioni socio-economiche
(appoggiata di solito dalla eurocrazia) e quella
per regioni monoetniche (appoggiata da una
cultura antigiacobina, talvolta moderata talvolta radicale, e resa particolarmente nota attraverso le opere di Guy Héraud; è stata anche
rinverdita dall'interesse di un gruppo di parlamentari europei per le minoranze linguistiche
e culturali). Di fatto ci si è trovati di fronte a
quattro esperienze maggiori: italiana, tedesca
occidentale, inglese e francese.
L'Italia - come diceva Mortati - non ha
approfondito la delimitazione delle Regioni,
trasferendole meccanicamente dall'atlante
storico-geografico alla Costituzione, anche se
col 1" comma dell'articolo 132 ha ammesso
una possibilità di diverso accorpamento. La
Germania, pur riesumando vecchi nomi addirittura della tradizione pre-unitaria, ha subito
spesso confini arbitrarii dei suoi Laender, dovuti alle esigenze delle armate d'occupazione e
della amministrazione anglo-franco-americana. La Gran Bretagna ha rinunciato, con la sua
riforma delle autonomie, alla regionalizzazione e ha preferito strutturarsi in rinnovate contee, enti più piccoli e vicini agli amministrati:
ma si è poi ripresentato il problema della regione etnico-politica con le questioni della Scozia,
del Galles, delllIrlanda del Nord, e il conferimento o meno di statuti «politici» di autonomia. La Francia ha istituzionalizzato - pur lasciando loro nomi «storici» - le urégions de
programme», aggregazioni socio-economiche
di vecchi dipartimenti, trovando qua e là resistenze di «culture regionali», che chiedevano (e
in parte ancora chiedono) aggregazioni diverse.
Inoltre i Laender tedeschi sono veri e propri
Stati (regionali) federati - basterebbe pensare
al deceritramento della pubblica istruzione -,
con alcune capacità costituenti; dell'Italia si è
detto; la Francia - il cui sistema autonomistico è per altro in evoluzione - ha tuttora regioni prive di assemblee (conseils) a elezione diretta, poiché si tratta di membri di diritto o
eletti di secondo grado (i deputati nazionali
della regione, rappresentanti di dipartimenti e
di grandi città, ecc.). L'AICCE pensa in definitiva che occorra mediare tra le ragioni storicoculturali e quelle socio-economiche, anche qui
ottobre 1984
COMUNI D'EUROPA
Cronaca delle Istituzioni europee
I1 profilo basso della politica estera italiana:
decalogo per la presidenza di turno della Comunità
di Paola Del Rio
Dal 1" gennaio al 30 giugno 1985 il governo
italiano assumerà la presidenza dei vari organi
intergovernativi della Comunità (Consigli,
Co.Re.Per., Comitati consultivi) e della Cooperazione politica: questa scadenza - che, per
la rotazione alfabetica fra i governi nazionali,
ha ricorrenza quinquennale (l'ultimo turno dipresidenza italiano si svolse dal 1' gennaio al
30 giugno 1980 ed il prossimo, tenuto conto
dell'adesione di Spagna e Portogallo, si svolgerà dal 1" gennaio al 30 giugno 1991) - provoca in tutte le amministrazioni nazionali e nei
centri di ricerca da esse finanziati un fervore di
attività ed una crescita di attese, che vengono
regolarmente deluse dai risultati insoddisfacenti dell'azione comunitaria nel suo complesso (e come potrebbe essere altrimenti?!) e dallo
scarsissimo ruolo che gioca il governo che assume la presidenza.
Per quanto riguarda il nostro governo, la
preparazione del prossimo turno di presidenza
si svolge sotto segni variamente.. . negativi, alcuni appartenenti in modo permanente all'attività politico-diplomatica del paese ed altri legati all'attualità politica interna.
1. Né governo né Parlamento sono stati fino
ad ora capaci di predisporre un adeguato coordinamento delle attività comunitarie: in parte
la questione può essere legata alla riforma della
Presidenza del Consiglio (un'opera titanica di
rinnovamento nella quale si vanno cimentando, senza successo tutti gli ultimi Presidenti
del Consiglio, a partire da Forlani, tutti ripetendo le proposte elaborate dalla commissione
di studio insediata dallo stesso Forlani); in parte alla struttura della Farnesina che non prevede ancora una direzione generale per gli affari
comunitari, ma un ufficio dipendente dalla direzione generale per gli affari economici. La
gestione politica della nostra attività comunitaria e paracomunitaria (cioè la cooperazione politica ed i problemi della sicurezza) viene quindi affidata al protagonismo di alcuni ministri
(esteri e difesa in primo luogo) e agli interventi
estemporanei del Presidente del Consiglio; la
gestione amministrativa alla permanente concorrenza fra i vari ministeri, gli enti pubblici e
parastatali e le imprese private, alle quali il governo delega volentieri la rappresentanza degli
interessi della collettività in alcuni comitati
consultivi.
2 . La politica estera dell'Italia è stata sempre divisa fra tendenze terzomondiste, mediterraneiste, europeiste ed atlantiste, all'interno
delle quali si sono successivamente identificate
componenti diverse delle forze politiche, con
un pluralismo fortemente accentuato all'interno di tutti i partiti, compresi quelli a centralismo democratico. Le crescenti incertezze sul
futuro della Comunità hanno in questi ultimi
tempi rafforzato le tendenze mediterraneiste e
terzo-mondiste, concepite tuttavia - in alcuni
casi - come mezzo per acquisire meriti politici
in casa nostra (lotta per il Quirinale, alternative
al pentapartito. ecc.).
3. Lo uscollamento~della maggioranza e la
questione morale hanno reso ancora più inconsistente la nostra politica comunitaria: in alcuni momenti del più recente dibattito ai vertici
della Comunità (allargamento, politica agricola e di bilancio, prospettive dell'unione europea), il governo italiano si è distinto per la
sua.. . assenza o per la contraddittorietà delle
sue posizioni.
In queste condizioni ci awiamo alla scadenza del 1" gennaio 1985 e non saranno certo i
suggerimenti aragionevoli~di qualche istituto
di ricerca (naturalmente in sintonia con le amministrazioni che sostengono finanziariamente
una parte sostanziale delle ricerche) a indicare
la via giusta al nostro governo, dotare la sua
azione di coerenza e solidità, accrescere la sua
influenza sugli altri partners della Comunità.
A mò di promemoria e nella speranza che fra
i lettori di aComuni d'Europa» vi sia qualche
acoraggioso~facitore della politica comunitaria
del nostro governo, ecco un decalogo delle
azioni prioritarie che dovrebbero essere portate
avanti durante il prossimo turno di presidenza
italiana:
1. Politica finanziaria. La Comunità eredita
oggi una situazione pericolosissima, nata
(guarda caso?!) sotto il precedente semestre di
presidenza italiano. Come qualche lettore di
Comuni d'Europa ricorderà, nel dicembre
1979 il Parlamento Europeo respinse il bilancio
della Comunità del 1980, poiché il Consiglio
(cioè i governi) non aveva dato adeguato seguito alle richieste dell' Assemblea per un riequilibrio fra spesa agricola e spese strutturali, un
aumento delle politiche nuove e conseguentemente il superamento del tetto delle risorse
proprie, fissato all' i OO/ della base imponibile
IVA nell'aprile 1970; così facendo (e solo così
facendo) si sarebbe data una risposta comunitaria e duratura al problema dello squilibrio finanziario della Gran Bretagna rispetto al bilancio della Comunità. aGrazie~alla mediazione
italiana, il Consiglio e la Commissione elaborarono nel maggio 1980 una soluzione che non
era né comunitaria né duratura, ma basata sul
principio del giusto ritorno e su accordi intergovernativi da rinnovare un anno dopo l'altro;
così facendo, auspice il governo italiano, si è
messo in piedi un meccanismo che ha awelenato per cinque anni le relazioni intracomunitarie ed ha portato alla paralisi finanziaria della
Comunità.
Gli interventi aminimi*, esenziali per lo sviluppo di una sana politica finanziaria della Comunità, adeguata alle politiche attive di cui essa sola può farsi carico perché siano efficaci, sono :
- una programmazione pluriennale delle
entrate e delle spese della Comunità, decisa di
comune accordo dal Parlamento e dal Consiglio;
- un meccanismo comunitario per I'aumento delle risorse proprie, che eviti la trappola delle ratifiche nazionali e affidi l'intera re-
sponsabilità della decisione a Consiglio e Parlamento;
- una reale concertazione fra Consiglio e
Parlamento sugli atti legislativi aventi un'importante influenza finanziaria.
2. Politica agricola. Affinché la politica finanziaria della Comunità possa essere sviluppata in modo sano ed equilibrato, è indispensabile portare a compimento la riforma della
politica agricola comune, tenendo conto delle
conseguenze del prossimo allargamento a Spagna e Portogallo e delle relazioni che la Comunità intrattiene con i paesi in via di sviluppo.
Una vera riforma della PAC non può che essere
basafa su una drastica riduzione delle eccedenze strutturali (latte, grano, zucchero, vino),
una politica di aiuto ai redditi ed uno sviluppo
degli interventi a favore delle strutture.
3. L'altro avoletw del bilanczb comunitano
riguarda le politiche strutturali ed in particolare la politica sociale e quella regionale. Per
quanto riguarda quest'ultima deve essere consentito alla Commissione di portare a compimento, in sede di esecuzione, la riforma del
FESR attraverso la progressiva «comunitarizzazione~di tutti gli interventi finanziari. Contemporaneamente deve essere terminata la
procedura di revisione del Fondo Sociale, collegandone il funzionamento ad altre proposte
formulate dal Parlamento Europeo, come
quella di un'agenzia europea del lavoro.
4. Il terzo avoletw del bilancio comanitano,
ancora oggi ridotto al rango di cenerentola delle spese, è quello delle politiche nuove in particolare nel settore delle tecnologie avanzate. Il
governo francese aveva avanzato la proposta
della creazione di uno uspazio industriale europeo,; proposta ripresa in termini finanziari dal
Parlamento Europeo nel bilancio 1984.
5. Ultimo avolet» del bilancio comanitano
(ma non solo di esso, poiché il Fondo Europeo
di Sviluppo è ancora finanziato fuori bilancio)
riguarda la cooperazione fra la Comunità ed i
paesi in via di sviluppo. Andando ben al di là
dell'intervento a sostegno delle popolazioni
colpite dal drammatico fenomeno della fame,
la Comunità deve coordinare e promuovere il
lancio di un apiano Marshall~per i paesi del
Terzo e Quarto Mondo, poiché mettendo in
moto le loro economie potremo rimettere in
moto anche le nostre contribuendo così ad uno
sviluppo equilibrato di tutte le aree regionali
del mondo.
6 . Sistema Monetario Internazionale.
All'Assemblea del Fondo Monetario Internazionale, i paesi della Comunità si sono presentati in ordine sparso, lasciando così ampi spazi
all'iniziativa degli USA. Si dovrà cogliere I'occasione del prossimo incontro di primavera sul
sistema economico internazionale e del Vertice
di giugno fra i paesi industrializzati per coordinare e rendere più efficace l'azione dei paesi
comunitari. In questo quadro sarà essenziale
aver rafforzato il sistema monetario europeo ed
il ruolo dell'ECU, avviando il sistema verso la
seconda fase di attuazione e premendo per la
partecipazione ad esso di tutti i paesi della Comunità.
7. Politica della Sicarezza e della Difesa. È
un tema che è stato finora affrontato o sulla base di affermazioni di principio alle quali non è
COMUNI D'EUROPA
stato dato seguito concreto, o con fughe ...
all'indietro, come quella che ha visto sette governi della Comunità, riuniti per cercare di risuscitare il «cadavere» dell'UEO. Al di fuori del
quadro comunitario e avendo come prospettiva
la realizzazione di una unità politica dell'Europa (v. punto IO), il governo italiano deve farsi
promotore di iniziative adeguate perché il problema di una politica della Sicurezza e della
Difesa comuni sia affrontato nell'ambito di
una progressiva politica estera comune.
8. Allargamento a Spagna e Portogallo. I
dieci paesi della Comunità sono andati al di là
di ogni limite immaginabile di decenza politica nei confronti di due paesi che, riacquistata
la democrazia, hanno compiuto il loro primo
atto di politica internazionale chiedendo l'adesione alla Comunità. L'Italia si assumerebbe
una ben grave responsabilità se non riuscisse a
concludere entro le prime settimane del 1985
la firma dei due trattati di adesione con Spagna
e Portogallo, permettendo così loro di entrare a
far parte della Comunità a partire dal 1" gennaio 1986.
9. Rinnovo della Commissione. I governi
della Comunità devono rispettare l'impegno
preso nella dichiarazione solenne di Stoccarda
e la volontà del Parlamento Europeo, secondo i
quali la nuova Commissione, prima di entrare
in carica, deve ricevere un voto di fiducia sul
suo programma da parte dell' Assemblea.
Affinché anche il Consiglio si senta impegnato a mettere in opera il programma della
Commissione, è importante che, nella prima
riunione utile dei ministri degli esteri, venga
discussa e approvata la linea politica che la
Commissione intende portare avanti nel corso
del suo mandato.
10. Unione europea. Rispettando il metodo
democratico scelto dal Parlamento Europeo e
salvaguardando lo spirito e la sostanza del progetto di Trattato che istituisce l'Unione europea, il governo italiano deve promuovere, durante il suo semestre di presidenza, la convocazione di una conferma internazionale per
l'Unione europea, alla quale siano chiamati a
partecipare quei paesi che intendano effettivamente realizzare l'integrazione politica ed economica del continente e che dia avvio alla fase
di ratifica del progetto approvato dall'Assemblea di Strasburgo.
postilla redazionale
Sostanzialmente concordiamo col prof filo)).
Il tdecalogo))rappresenta poi u n approccio, coi
t e m p i che corrono, accettabile, m a n o n senza
u n paio diprecisazioni concettuali.
La prima. L'autrice dell'articolo rirente u n
p o ' del condizio namento istituzionale - delle
attuali, insufficienti istituzioni e della prassi
che esse hanno instaurato - e , malgrado tutte
le sue critiche finisce i n qualche m o d o per avallare l'assurdo di una politica economica confederale, cioè non governata unitariamente, m a
negoziata pezzo per pezzo, settore per settore.
Cosi l'agricoltura si negozia con l'agricoltura,
l'industria con l'industria, eccetera. Viceversa
u n mercato comune reale e d efficace vuole la
ncerca di u n o p t i m u m economico intersettoriale, cioè che tenga conto dei ((compensi))fra u n
settore e l'altro, i n una visione globale (governo economico europeo) di giustizia e di e f f l a cia. Certamente si p u ò consigliare a u n governo
nnazionalew, che ha una responsabilità semestrale di governo - si fa per dire - della Comunità, di fare del suo meglio anche settore
per settore: m a con il chiarimento che, perfino
con l'assenso d i tutti e nove i partners, non esisterà mai u n assetto ottimale di u n settore economico prescindendo dagli altri settori: e ciò
implica, come questione essenziale, l'impegnare il massimo delle energie per la riforma
istituzionale (Unione europea).
La seconda. Come mostra sempre meglio la
cnii economica e occupazionale europea, l a p o litica regionale n o n si fa coi ((fondi))finanziari.
Essa deve essere viceversa una adeguata proiezione territoriale (regionale) di tutta /a 17jtrutturazione economica comunitaria (intersetto&le, come abbiamo sottolineato q u i sopra).
Q u i il fattore istituzionale complementare deve essere la Conferenza comunitaria dei Poten'
regionali e locali - n o n ancora u n Senato europeo delle Regioni del tutto prematuro,
quando è già dzj)=ficilepersuadere i governi nazionali a decidere a maggioranza nel Consiglio
dei Ministri della Comunità e a spartire ilpotere legislativo e di controllo con la Camera dei
Popoli (il Parlamento Europeo). La politica dei
((fondi)p u ò essere «aggiuntiva>)nei casi specifici e straordinari di c i r i gmvissima O di sottosviluppo.
Fatte le precisazioni, ci resta da formulare u n
consiglio essenziale, per il quale pensiamo di
rivolgersia u n governante che n o n voglia cavarsi d'impiccio alla meglio dalla semestrale tegola comunitaria, m a senta di poter giuocare il
ruolo, di u n Cavour europeo. Siamo convinti
che la Comunità sia ingovernabile senza u n salt o di qualità istituzionale: ebbene, dimostria-
ottobre l984
molo! e dzmostriamolo all'opinione pubblica
europea, che è quella che dobbiamo schierare
dietro l'azione costituente del Parlamento Europeo. Ciò implica assolutamente il contrario
della diplomazia discreta o addirittura segreta
(quella che si illude, con prodigi dì abilità, di
cavare u n ragno dal buco). Sono anni - e forse
decenni - che predichiamo la diplomazia (infraeuropea) a doppio interlocutore: cioè sia i
partners formali che tutta l'opinione pubblica
comunitaria, cosi spesso fuorviata dai falsi scopi dell'ninteresse nazionale). Il presidente di
turno della Comunità faccia per ciascuno dei
dieci p u n t i della nostra Del Rio una proposta
ragionevole, di chiaro (interesse comunitan'o»,
i n maniera pubblica e anzi offerta a tutti i mass
media della Comunità: dalla mancata unanimità o addir'ttura dal completo disaccordo sulle questioni specifichew - ancorché fondamentali - si ricaverà ancor meglio che o saltiam o il fosso istituzionale (cioè decisionale!) o
l'Europa è destinata a restare definitivamente
una colonia delle Superpotenze - con qualcuno, si intende, u n po' piiì e qualcuno u n po'
meno colonizzato degli altri: m a nessuno si
faccia illusioni.
E invece.. . Invece ci sembra che siamo ancora al timone dellJAsse Parigi-Bonn (che occorre, viceversa, appoggiare condizionatam mente»:
la condizione è la sua apertura a una conclusione federale) e alle strizzatine d'occhio alla signora Tathcher, con la quale - o coi suoi antagonisti del Labour Party - non innesteremo
mai una maggiore velocità europea (quella istituzionale). Giureremmo comunque che non
pochi solerti funzionari' della Farnesina si illudono di essere assaipiiì bravi di quelli del Quai
d' Orsay , sol che ifederalisti rompiscatole come
noi li lascino lavorare i n pace e senza l'ingombrante controllo della pubblica opinione.
Un altro scoperto attacco alla Comunità
di Carla Barbarella
vice presidente della commissione
per i bilanci del Parlamento Europeo
Gli accordi finanziari presi di recente a Bruxelles dai ministri europei non possono essere
liquidati con un giudizio che per quanto negativo ne valuti soltanto l'insufficienza o la fragilità. Sono in realtà accordi molto pericolosi per
la Comunità, perché ne rimettono in discussione natura e contenuti. Vale la pena in questo
senso di valutarne alcuni aspetti.
La parziale copertura decisa per il deficit '84
ed i tagli apportati al progetto di bilancio '85 si
risolvono di fatto in una drastica decurtazione
di quel già pur esiguo nucleo di interventi
strutturali faticosamente awiati in questi ultimi anni. D'altra parte, il modestissimo aumento delle risorse proprie della Comunità,
consentito a partire da11'86, non lascia intravedere alcuna possibilità di recupero sul terreno
degli interventi strutturali, e ancor meno quello sviluppo che sarebbe loro necessario se la Comunità volesse far fronte alle sfide degli anni
' 80. Peraltro, molti dei programmi strutturali,
e ancor meno quello sviluppo che sarebbe loro
necessario se la Comunità volesse far fronte alle
sfide degli anni '80. Peraltro, molti dei programmi strutturali comunitari stanno venendo
a scadenza. E il caso, ad esempio, di alcuni interventi intrapresi nel campo dell'energia, della ricerca, dei trasporti, dell'ambiente, dell'economia. I1 blocco finanziario decretato dai
ministri è un segnale eloquente dell'assenza di
volontà politica non solo di rilanciare, ma anche di mantenere al livello attuale questo tipo
di intervento. Né dal fronte agricolo i segnali
sono meno preoccupanti. Anche in questo
campo decisioni più o meno recenti indicano la
chiara volontà di tagliare la spesa in via definitiva e non di darle un nuovo e necessario indirizzo.
Vi è peraltro un altro aspetto degli accordi
che va considerato con particolare preoccupazione. È il tentativo di introdurre una cosidetta
«disciplina» di bilancio che, da un lato, dovrebbe stabilire rigorosi tetti a qualsiasi spesa
comunitaria, agricola e non, e, dall'altro, ridurre i poteri del Parlamento in materia di bilancio. In questi anni l'Assemblea di Strasburgo ha «disturbato» i governi imponendo spesso
quel tipo di intervento strutturale che oggi si
vuole azzerare. Il rafforzamento per le politiche regionale, sociale, della ricerca, dell'am-
COMUNI D'EUROPA
ottobre 1984
biente, dei trasporti, che il Parlamento ha imposto ai governi nei limiti sia pure modesti dei
propri margini di intervento finanziario, ha
creato tensioni e contraddizioni all'interno
dell'assiste governativa europea, e ha determinato alleanze oggettive con i paesi interessati
allo sviluppo delle politiche comuni, minorizzando in tal modo la posizione dei paesi orientati al puro e semplice sviluppo di metodi di
cooperazione intergovernativa.
In sostanza, ciò che si deduce dagli accordi
finanziari è il fatto che la stragrande maggio-
ranza dei governi non vede più necessariamente la Comunità come la struttura di riferimento
per la costmzione europea, ma non è neppure
in grado di sostituirvi, nella chiarezza, un altro
progetto od altri obiettivi. I1 risultato è il tentativo di azzerare l'esistente, creando tuttavia
una situazione di incoerenza e di instabilità
all'interno della quale coesistono elementi comunitari ed aspetti di cooperazione intergovernativa. Il rischio più grave è che di negoziato in
negoziato confusione ed instabilità diventino
ingovernabili.
Il dollaro, l'Europa, l'ECU
di Aldo Bonaccini
pariamentare europeo
La.discussione svoltasi al Parlamento Europeo nella sessione di ottobre in materia monetaria è stata di notevole importanza. Finalmente, una volta tanto, non ci si è limitati alla denuncia, ma le diverse forze politiche hanno
compiuto uno sforzo nell'approfondire I'argomento e prendere coscienza delle responsabilità, altmi e non. I1 dibattito era anche facilitato dalle recentissime conclusioni del meeting
del Fondo monetario internazionale e della
Banca mondiale, e dalle esigenze prospettate
di andare, nella prima parte del 1985, alla definizione di condizioni nuove di rapporto in séno agli organismi internazionali, per tener conto delle gravi diffìcoltà che attraversa il sistema
monetario mondiale.
Come si sa qualche paese, da tempo, sostiene l'esigenza di andare ad un accordo monetario che rinnovi radicalmente quello di Bretton
Woods, ma esistono anche posizioni più sfumate e più agili su questa materia. Non si tratta tanto di contrapporre a Bretton Woods un
nuovo nome, ma di cambiare la sostanza delle
cose, e la sostanza delle cose è che questo abnorme sviluppo del corso del dollaro crea problemi a tutti: agli Stati Uniti, ai paesi industrializzati, ai paesi in via di sviluppo. Ci si aggiungano anche le voci non sempre positive
che vengono dal mondo della produzione americana: il rischio che questo, grande sostegno
non abbia più la forza propulsiva originari e
quindi anche la ripresa delllEuropa venga ad
essere messa in discussione.
In sostanza non si tratta comunque di fare la
guerra agli Stati Uniti, ma di prendere tutti coscienza che ci si trova su un terreno del quale
può certo nascere la ripresa dell'economia
mondiale e quindi di quella europea, ma dal
quale possono nascere anche rischi gravissimi
di crollo verticale del sistema. Io ritengo che ci
siano tutte le condizioni invece per assicurare
un lungo periodo di sviluppo dell'economia
mondiale. La condizione prima per tutto ciò è
togliere di mezzo un sistema monetario che
così come si presenta oggi, con la sua labilità,
erraticità delle sue manifestazioni, con la sua
debolezza intrinseca, risponde ad una logica
che non' esiste più sul mercato, crea le condizioni per le quali la disoccupazione è il risultato permanente di questa ultima parte del ventesimo secolo.
Questo sottoimpiego di risorse, qui da noi,
negli stessi Stati Uniti, nei paesi in via di sviluppo è un lusso che non ci possiamo permettere, perché ad esso sono collegati rischi politici
gravissimi di stabilità, soprattutto nei paesi a
regime democratico. Si tratta allora non solo di
andare con fermezza al negoziato con gli Stati
Uniti e con gli altri paesi, per convincerli della
necessità di apportare le modifiche indispensabili che diano vita ad un nuovo quadro di rapporti internazionali. si tratta soprattutto di andarci con una fermezza motivata: la fermezza
non può essere alimentata soltanto dalla velleità dell'uno o dell'altro. Quindi una fermezza che ha una sua ragione d'essere, che deriva
dall'esistenza di uno sforzo coordinato dei paesi europei
per
rimettere in ordine e dare forza
alle loro monete e ai loro sistemi economici. E
qui non c'è nulla da inventare, c'è solo da volere realizzare quello che è già stato deciso: il Sistema monetario europeo.
Questo significa fare ~ ~ I I ' E Cuna
U moneta
di riserva, moltiplicarne I'effìcacia negli scambi
intra-comunitari e con tutte quelle zone con le
quali la Comunità è in rapporti di associazione; bisogna cogliere l'occasione dell'attuale
debolezza del mercato del petrolio, per realizzare quel sistema di riciclaggio, di triangolazio-
9
ne, del quale si parlò più di 10 anni fa, e che è
stato realizzato in misura scarsissima. Questi
grossi spostamenti di masse di valuta che si fanno ora in dollari o quasi esclusivamente, perché
non farli in ECU, perché non far diventare la
moneta europea il cardine attraverso il quale
allegerire la pressione sui mercati mondiali
dell'affannosa ricerca di dollari, per pagare il
carbone, il petrolio, il grano, tutto ciò che si
vuole e per dare le stesse valide garanzie. E per
esempio ricordo il caso assurdo dell'intervento
a medio termine compiuto dal Sistema monetario europeo due anni or sono, per aiutare la
bilancia dissestata della Repubbica francese: 4
milardi di ECU, di cui 3.950.000 in dollari,dimostra come seguendo questa via si è data una
mano a far salire i1 corso del dollaro nel mondo. È tollerabile tutto ciò? È tollerabile che sussistano ancora divieti e impedimenti dell'uno o
dell'altro a percorrere finalmente sino in fondo
l'unica strada razionale? Ma dov'erano questi
signori il giorno in cui si negoziava l'accordo
dello SME, o quando svolgeva un'opera rilevante? Anche i rientri che si sono avuti sul terreno dell'inflazione specie se li vogliamo consolidare, devono essere attribuiti a questo fatto
monetario. La lira più o meno grossa o più o
meno dotata di valore ha bisogno di un aggancio esterno che consenta a tutti una giusta misura del valore e consenta poi alI'ECU di essere
considerato il grande valore dell'Europa.
Questo è quanto l'Europa può fare, se 1'Europa vuol fare uno sforzo per farsi capire dai
popoli del Terzo Mondo, questione della quale
molti parlano e sulla quale le iniziative finiscono con l'esaurirsi soltanto nel piatto di minestra o di altre beneficienze collegate, talvolta
pure indispensabili da realizzare: qui si trova la
ragion d'esser di un impegno sicuramente comune. Ora il Parlamento ha approvato su questa materia diverse risoluzioni che trattavano
argomenti direi di carattere diverso ma che erano tutte unite dalla volontà di realizzare questi
obiettivi. È una grande occasione, che spetta
agli Stati membri della Comunità non lasciar
cadere.
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collegamento del Parlamento europeo con le Regioni, le Città e il territorio italiano
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e si e veramente in condizione di analizzare rapidamente tutto il tessuto comunitario che il movimento delle autonomie sta ordendo, e l'azione del
Parlamento, eletto da 200 milioni di europei, nei suoi vari aspetti
COMUNI D'EUROPA
1O
Risoluzione del Parlamento Europeo
Ruolo delle Regioni nella costruzione di
un'Europa democratica
Il 13 a p d e scorso, il Parlamento Europeo,
tra le ultime prese di posizione della sua prima
legislatura, ha adottato una risoluzione sul
ruolo delle Regioni nella costruzione di un 'Europa democratica della quale pubblichiamo il
testo integrale .
Il documento fa riferimento e, in un certo
senso, riassume le conclusioni della prima Conferenza delle Regioni svoltasi a Strasburgo dal
25 al 27 gennaio I984 su conz~ocazionedello
stesso Pariamento Europeo che aveva fatto propria la proposta avanzata dalla sua Commissione per la politica regionale e l'assetto del tem'torio.
Degli scopi di detta Conferenza, deiie tiroluzioni in essa presentate e del documento finale si è occupata la nostra Rivista con un apposito inserto allegato al n. 2 febbraio) 1984.
La rkoluzione del 13 a p d e I984 è importante perche.inrtividua alcuni punti e contiene alcune proposte che l'attuale Parlamento eletto
il 17 giugno u.s. è ora chiamato a riprendere e d
attuare e che possono così essere sintetizzati:
convocazione di una seconda Conferenza delle
Regioni e degli Enti locali della Comunità, della Spagna e del Portogallo, Paesi dei quali abbiamo sempre auspicato la sollecita ammissione a pieno titolo nella Comunità; l'ufficiafizzazione del Comitato Consulho delle Regioni
e degli Enti locali, opportunamente ampliato e
raffoorzato in modo da migliorare il suo criterio
rappresentativo per quanto riguarda i suoi rapporti sia con il Parfamento Europeo, sia con la
Commissione delle Comunità.
Verso questi due obiettivi dovrà orientarsi al
piiì presto l'azione convergente delle istituzioni comunitarie e della nostra Associazione che,
non a caso, proprio recentemente ha moa'tficato la sua denominazione in Consiglio dei Comuni e delle Regioni d'Europa.
**
11 Parlamento Europeo
- vista la dichiarazione finale della «Prima
Conferenza delle Regioni» svoltasi a Strasburgo
dal 25 al 27 gennaio 1984, cui hanno partecipato circa 280 rappresentanti eletti di Regioni
della Comunità e dei Paesi candidati, Spagna e
Portogallo (PE 88,600 def. ),
- vista la proposta di risoluzione presentata dall'on. De Pasquale e altri sulla Conferenza delle regioni delle Comunità (doc.
1-1212/83),
- visto il documento di lavoro della Conferenza delle Regioni elaborato dalla commissione per la politica regionale e l'assetto territoriale in cui si studia il ruolo delle Regioni nella
costruzione di unlEuropa democratica (PE
57.632),
- vista la relazione della commissione per la
politica regionale e I'assetto territoriale (doc.
1-91/84),
- vista la propria risoluzione del 22 aprile
1982 in cui sollecita una maggiore partecipazione da parte delle autorità regionali e locali
allo sviluppo socio-economico delle loro Regioni ( l ) ,
1. rivela che il rafforzamento dell'autonomia delle Regioni nella Comunità e la creazione di una Comunità europea politicamente più
unificata fondata su istituzioni dotate di poteri
autentici costituiscono due aspetti complementari e convergenti di uno sviluppo politico indispensabile per assolvere in modo efficace ai futuri compiti della Comunità;
2. rileva che le collettività interessate devono
avere voce in capitolo nella formulazione e
nell'applicazione delle politiche comunitarie e
in particolare nei programmi di sviluppo regionale attraverso i loro rappresentanti eletti democraticamente a livello regionale locale; tali
opportunità di partecipazione popolare rappresentativa non esistono ancora in tutti gli
Stati membri;
3. invita il Consiglio e i governi di quegli
Stati membri in cui non esistano ancora strutture regionali di alcun tipo con rappresentanti
eletti, ad adottare le necessarie disposizioni per
owiare a tale carenza;
4. invita il Consiglio e i governi di quegli
Stati membri che hanno già dotato le Regioni
di una certa autonomia a conferire alle loro autorità regionali i poteri necessari ad espletare le
funzioni loro affidate; ciò riguarda in particolare il rafforzamento dei poteri regionali a livello fiscale e di bilancio;
5. invita il Consiglio e i governi degli Stati
membri a garantire un diritto ufficiale di partecipazione delle Regioni europee owero dei
rappresentanti politici eletti, in vista della programmazione e dell'organizzazione del futuro
socio-economico della loro Regione; tale richiesta riguarda, in generale, la partecipazione de-,
gli eletti regionali alle attuali e future politiche
comunitarie considerate iiella loro dimensione
regionale (programmazione e assetto del territorio, protezione dell'ambiente, agricoltura,
ristrutturazione industriale, creazione di posti
di lavoro nel terziario, cultura, formazione
professionale, relazioni transfrontaliere fra regioni appartenenti ad uno stesso insieme geografico o culturale, ecc.. .);
6. invita il Consiglio e la Commissione a vegliare con particolare attenzione a che in futuro
l'aiuto dei Fondi regionale e sociale e di altri
strumenti finanziari comunitari converga in via
prioritaria sulle Regioni più deboli della Comunità europea;
7. invita la Commissione e il Consiglio a elaborare norme, nel rispetto delle competenze
costituzionali degli Stati membri, atte a consentire alle Regioni di stabilire e di mantenere
in futuro relazioni dirette con le istituzioni comunitarie;
8. riconosce che fra gli Stati membri esistono
profonde differenze a livello di strutture degli
enti locali e regionali;
(1)
G.V.C125 del 17-5-1982
ottobre 1984
9. sottolinea l'importanza dalllUnione internazionale degli enti locali (IULA, istituita
nel 1913) e del Consiglio dei Comuni d'Europa (CCE, creato nel 1951); essi costituiscono
un tessuto organizzativo per città, Comuni,
Dipartimenti, Contee, Province, Regioni e organizzazioni analoghe;
10. rileva che finora le autorità regionali della Comunità europea non sono sufficientemente consultate a livello comunitario;
11. sottolinea l'importanza dell'uufficio di
collegamento delle organizzazioni regionali
europee* (BLORE) che dal 1979 comprende organizzazioni regionali come l'Associazione
delle Regioni frontaliere europee (AEBR), il
Comitato d'azione delle Regioni alpine e la
Conferenza delle Regioni periferiche marittime della CEE; rileva tuttavia che, nonostante
tali organizzazioni comprendano alcune delle
Regioni della Comunità europea, esse non rappresentano tutte le Regioni della Comunità,
che differiscono comunque molto nelle loro
strutture;
12. si compiace del fatto che IULA, CCE e
BLORE abbiano deciso di cooperare nell'àmbito del Comitato consultivo delle autorità locali
e regionali, gettando le basi per un unico foro
in cui si esprimono, a livello comunitario, le
opinioni collettive di queste forme di governo
sub-nazionali sugli aspetti di politica comunitaria che li riguardano;
13. rileva che la Comunità europea necessita
di un organismo consultivo legittimato, anche
nel settore della politica regionale comunitaria,
a parlare a nome degli interessi delle autorità
locali e regionali;
14. condivide l'opinione della prima Conferenza delle Regioni secondo cui è auspicabile
un rafforzamento della rappresentanza regionale nelle delegazioni nazionali della ~Conferenza permanente delle autorità locali e regionali d'Europa* presso il Consiglio d'Europa;
nel contempo si potrebbe pervenire analogamente ad una opportuna rappresentanza delle
Regioni in seno al <Comitatoconsultivo~;
15. si associa all'auspicio formulato nella dichiarazione finale della Conferenza delle Regioni relativo ad una seconda Conferenza delle
Regioni che dovrà essere convocata dal Parlamento Europeo su proposta della commissione
competente per la politica regionale e l'assetto
territoriale nel corso della sua seconda legislatura:
16. ritiene che il Comitato consultivo, ampliato e modificato in modo da rappresentare
adeguatamente le Regioni della Comunità europea, debba svolgere un ruolo preminente
nell'accrescere la consapevolezza nell'opinione
pubblica dei problemi europei, garantendo
che l'azione comunitaria corrisponda sempre
più alle reali necessità della collettività, controllandone le esigenze particolari di talune zone come le Regioni periferiche, le Regioni di
confine, le Regioni di montagna, le isole e le
Regioni con strutture industriali fatiscenti; auspica che le altre istituzioni della Comunità
concretizzino anch'esse le loro prese di posizione ribadite parimenti nei documenti ufficiali a
favore di tale partecipazione, rendendo uff~ciali i loro rapporti con il Comitato consultivo;
ottobre 1984
COMUNI D'EUROPA
17. raccomanda alla sua commissione per la
politica regionale e l'assetto territoriale di
mantenere frattanto contatti diretti con le Regioni comunitarie, e alla Commissione delle
Comunità di awiare, fatte salve le competenze
degli Stati membri, un dialogo diretto con il
Comitato cunsultivo riguardo alle azioni che
interessino le Regioni;
18. raccomanda alla Commissione delle Comunità europee di awiare colloqui diretti con
le Regioni su tutte le questioni che le riguardano direttamente, nel pieno rispetto dei poteri
degli Stati membri;
19. incarica il presidente del Parlamento di
trasmettere la presente risoluzione e la relazione della Commissione ad essa attinente al Consiglio dei ministri, ai Ministri degli Stati membri incaricati della politica regionale e dellVassetto territoriale, nonché aile autorità regionali
degli Stati membri.
L'Europa di fronte al mondo
di Giovanni Salhbeni
Testo integrale di un articolo apparso parzialmente nell'aAwenire~del 12.10.84
Sentire un gollista che se la prende con
I'aEuropa, e con il principio stesso che possa
esistere un organismo sovranazionale che impone agli Stati delle scelte da loro non condivise e auspicate, non farebbe nemmeno impressione. Lo stesso generale De Gaulle, d'altra
parte, aveva dell'integrazione europea un'idea
talmente originale e poco flessibile che quando
gli altri cinque membri della Comunità (allora
gli Stati che ne facevano parte erano soltanto
sei) ebbero ad esprimere delle idee che non
combaciavano con le sue, si mise a boicottare
tutte le riunioni dei ministri dando origine, nel
1965, a quella fase nota come aperiodo della
sedia vuota,: su quella sedia, insomma, i francesi avevano smesso di sedere.
Dell'opinione dei gollisti, quindi, non varrebbe forse la pena di parlare se questa volta ad
esporla di fronte ai membri della Società italiana per l'organizzazione internazionale (SIOI),
a Roma, non fosse stato quel signor Jacques
Chirac (aMOnsieurChirac> - come dicono in
ad essere sindaco di ,Parigi è
Francia) che
anche presidente
*Rassemblement pOur
la République~(il partito gollista): uno che a
36 anni era ministro, a 42 primo ministro, e
che oggi, meno giovane, ma sempre in forma
smagliante, potrebbe awiarsi ad essere il prossimo presidente della Quinta Repubblica.
Un'impresa, quest'ultima, cui non si presenterà da solo dovendo fare i conti con altri due
moschettieri dell'opposizione, Raymond Barre, e Valery Giscard d'Estaing, l'ex presidente'
che ha di recente conquistato un seggio in Parlamento. Senza contare che Simone Veil, la
quale ha guidato con indubbio successo la lista
anti-Mitterrand alle ultime elezioni europee
potrebbe rivelarsi un outsider estremamente
difficile da tenere a freno: ma anche i tre moschettieri - si sa - erano quattro!
Visto poi che il momento della verità potrebbe essere meno lontano di quanto si pensi,
poiché nel 1986 si svolgeranno le elezioni politiche in Francia e nel caso di una vittoria del
centrodestra non saranno in pochi a chiedere le
dimissioni di Mitterrand col pretesto, neanche
troppo campato in aria, che un presidente socialista avrebbe dei problemi a governare contro un parlamento di opinione opposta, può
essere interessante conoscere cosa pensi Chirac
sul17uEuropadi fronte al mondo*: questo era il
titolo della conferenza da lui svolta ieri sera.
È bene che si sappia allora che, a suo parere,
la riforma istituzionale della Comunità. quella
almeno voluta dal Parlamento Europeo che ha
votato in febbraio a grandissima maggioranza
. u n aprogetto di Trattato per l'Unione europea,, presentato da Altiero Spinelli, non deve
essere fatta. Peggio ancora, «il progetto Spinelli - ha detto - non è serio e non ha nessuna
seria possibilità di essere applicato*, tanto che
vi sono dubbi che lo stesso presidente Mitterrand che pure lo ha apertamente difeso a Strasburgo, in maggio, possa essere iscritto fra i
suoi sostenitori. Gli organismi comunitari hanno probabilmente bisogno di essere corretti
dando maggiori poteri al Consiglio dei ministri
(ossia ai rappresentanti degli Stati), e magari
allo stesso Parlamento Europeo, utanto non
cambia niente* (quindi non deve trattarsi di
grandi poteri). Ma soprattutto non si devono
toccare le competenze della Commissione esecutiva d i Bruxelles, l'odiato organismo sovrannazionale che tanto difficile da sopportare riusciva anche al suo predecessore De Gaulle.
1, realtà, vi è questo di stupefacente nel diSCO~SO di Chirac: la sensazione che per i gollisti
non ,ia cambiato nulla da oltre 30 anni a que-
11
sta parte e che per loro le soluzioni che andavano bene quando gli Stati della CEE erano sei
possono andare bene anche oggi che sono dieci
e si awiano a divenire dodici. Eppure anche
Chirac si rende conto, e 10 ha detto, che la COstmzione europea ristagna da oltre quindici
anni, che la acooperazione politica dei Dieci*
porta più spesso a delle dichiarazioni «accademiche~che di contenuto, e che la tecnologia
europea è stata soppiantata ormai da quella
giapponese ed americana. Ma nonostane questo, mentre riconosce che ule diversità nazionali
aggravate dalla crisi economica hanno portato
aila paralisi decisionale,, dà l'impressione di
scambiare l'idea stessa e la volontà di fare con il
alirismo europeo che non porta da nessuna parte,.
Per Chirac, dunque, rimane intatta e immutabile quellpidea di u ~ u r o p adelle patrie,, o
collaborazione fra stati, che fu cara al M
~
~
stavolta che vorremo aver
con
~ ~ ~in- l l ~
interpretato male. ~i tempi di
fatti, i problemi erano gravi ma non drammatici. oggi è diverso. ~isoccupazione,la crisi
economica e la ripresa da alimentare, la sconfitta tecnologica, la necessità di contribuire di
sempre d'intesa con gli americani)
più
nostra difesa, la mancanza di una moneta unica nell'area europea, mentre esistono il dollaro
,lo yen, possono deporre a favore delll~uropa,
un'alternativa, qualcosa di simile alla
M,
~ ~ ~far1da1soli.
~ Come
:
vuota, di
interpretare altrimenti quel suo richiamo alla
amondializzazionedei problemiD che trae origine dal fatto che *il vincolo geografico è, malt. meno di un tempo, una condizione necessa,ia allo stabilimento di relazioni strette nel
campo delle attività industriali, scientifiche,
bancarie e tecnologiche»? Un occhio all'Europa. insomma, e due al17America. Purtroppo
non è certo - signor Chirac - che gli interessi
in gioco siano veramente gli stessi.
A Varese: «Lombardia, cuore d'Europa»
11 19 maggio si è svolto a varese il Convegno
(Lombardia, cuore d'Europau, promosso dal
Comune d i Varese e dalllAICCE, con ilpatrocinio della Regione Lombardia e della Cassa d i
Risparmio delle Province lombarde. Il Convegno si è svolto sotto la presidenza del Sindaco
d i Varese, Giuseppe Gibilisco; ha aperto ilavon' ilpresidente della Regione Lombardia, Giuseppe Guzzetti, e subito dopo ha svoko la relazione introduttiva l'on. Altiero Spinelli, relatore-coordinatore della commissione istituzionale del Parlamento Europeo. Successivamente
hanno parlato l'on. Maria Luisa Cassanmagnago, vzie presidente uscente del Parlamento Europeo, il presidente dellJAICCE,Umberto Serafini, Gian Piero Orsello, viepresidente della
RAI-TV e membro della Direzione nazionale
dell'AICCE, ed altri'. .Sono Poi intervenuti alcuni amministratori' locali lombardi (l'invito
era stato esteso ai colleghi della Lombardia) e
ha concluso i lavori il consigliere regionale Caldiroli, che ha presentato anche un ordine del
giorno da estendere a tutti gli amministratori
locali e regionah lombardi. Al Convegno hanno partec2pat0, oltre a Martini e Dozio della
Segrekna delllAICCE, altrepersonalità nazioe localie una folta schiera di rappresenta,..
ti dello studentado locale(a Varese 6'2 laSGuOla europeaper ifglidei dipendenti del centro
di n'erche d i Ispra). Il Convegno è nintrato
nell'ambito delf'ope~apazientedisensibihzazione che Regioni, Province e Comuni compiono nell'ambito dell'AICCE non solo per le elezioni europee e della opzione i n favore delprogetto d i Unione europea, ma in vista dellaformazione d i u n Fronte democratico europeo.
Nell1inVemo '84-'85 una nuova, piC ampia
iniziativa èprevista nellaRegione Lombardia.
COMUNI D'EUROPA
12
ottobre 1984
A ndreas Hofer e il federalismo
gli atteggiamenti politici e le legislazioniparticolari degli Stati nazionalir .
Nel 1961, i n u n momento aspro della convivenza nel Sud Tirolo, I'AICCE promosse u n
convegno a Bolzano / Bozen , organizzato dal
piiì specialmente della Provincia d i Bolza- Consonio dei Comuni della Provincia e sotto
no/Bozen. A n n i fa venne accolta come u n gli auspici d i tutto il CCE. Qualche giorno prisemplice tranello la proposta che, anche dalle m a del convegno, a cui furono invitati e partenostre colonne ((Comuni d'Europa>, n. l l -no- ciparono il lussemburghese Cravatte, presidenvembre 1963), fece uno studioso italiano d i te del CCE, ilfrancese Bareth, segretano geneformazrone mazziniana, d i una Università del- rale europeo, il segretario della sezione tedesca
le Dolomiti, dove campeggiasse la lingua tede- Muntzke, il segretario della sezione austriaca
sca: non era u n tranello certamente nelle inten- Hammer, il presidente dell'lstituto d i studr e
zioni d i chila proponeva, m a può darsi che fos- relazioni intercomunali (con sede a Lugano)
piccole patrie: l'Europa non può attendere
Recentemente sul ~Dolomitenw, che è il
giornale pizì letto dai nostri associati d i lingua
tedesca, ha avuto u n suo spazio u n civile scambio d i idee su u n problema che ci sta a cuore
non certo da oggi. Direi che l'essenza stessa del
CCE è: come attuare il massimo d i autonomia
locale e d i salvaguardia, anzi d i libera espansione, delle minoranze in u n quadro che, nello
stesso tempo, crei il massimo dr solidarietà (fra
tuttiw , necessariaper.fare avanzare fa costruzio t2e dell'Europa unita o, meglio, federata. Il dibattito su «Dolomiten»,veramente - sollevato
dalla Viktoria Stadimayer, nord-tirolese sostenitrice valorosa degli interessi d i tutto il Tirolo
-, era sulla priorità (o meno) del diritto e delle libertà individuali nspetto al diritto e alla libertà d i una comunità. con ovvio nfenmento
alla situazione d i coloro che, nel Tiroler Etschland o Sud Tirolo, non avendo nel noto
censimento dichiarato l'appartenenza a u n
gruppo linguistico, hanno subito alcuni danni
e limitazione in diritti fondamentali. Dietro
questo problema, tuttavia -parliamoci con la
schiettezza fraterna che è sempre stata u n vanto d i questa nostra rivista così come dell'AICCE e d i tutto il CCE -, c'è l'interrogativo che
nasce dallo slogan d i molti amici sud-tirolesi,
«stare ben separati per convivere meglio in u n
t e d o n o comune)):il che -per non dire d i altro - ha portato talora a frustrare alcune iniziative giovanili (che non crediamo fossero tutte machiavellicamente eterocomandate, cioè
commdate da cripto-nazionalisti italiani), intraprese insieme da giovani dell'una e dell'altra lingua.
Ora, per chiarire subito dove vogliamo am'vare: ci sembra che uno slogan (e u n modo d i
pensare) come quello sopra riportato sia possiamo sbagliare - indice d i una posizione
eccessivamente difensiva, mentre - i n u n Paese come l'Italia, dove lingua e cultura tedesche
sono sempre piiì u n retaggio d i soli specialisti
- ci siamo sempre illusi e ci illudiamo tuttora
che il Sud Tirolo possa divenire u n ponte già i n qualche modo europeo -fra l'Italia e la
cultura tedesca. Cultura tedesca che è u n pilastro essenziale della costruzione europea: Kant
del federalismo della ((paceperpetuar, Beethoven della tema e della nona sinfonia, Goethe,
Schiffer, ma anche il Thomas Mann europeista
della giovinezza d i qualcuno d i noi - per non
parlare d i quel fenomeno straordinario che è la
Vienna a cavallo dei secoli XIX e XX -. Vorrei, inoltre, qui sottolineare - prescindendo
per u n momento dal drscorso strettamente linguistico-culturale - che ogni autentico federalista si è sempre sentito dalla parte d i Andreas
Hofer e contro ogni forma d i bonapartismo, e
dunque in questo senso Hofer non appartiene
solo ai tirolesi: aprescindere dalla personale invincibile antipatia' d i chi scrive per Napoleone,
che, i n fondo, ha avuto il ritratto che si meritava i n (Laguerra e lupace))d i Tolstoi.
Ecco, concretiamo la nostra preoccupazione,
che confidiamo avrà n'sposte, spiegazioni,
commenti da parte d i colleghi amministratori
Doloaitrn -- NI
IB:I
LESER SCI=
2
se utilizzabile - non saprei bene come - da
elementi nazionalisti italiani; o che servisse a
spezzare u n filo ideale che lega - e ogni serio
federalista lo ha sempre rispettato - il tlorde
il sud Tirolo. Ebbene, ci si propongano altre
iniziative, tutte le iniziative utili, per fare del
Sud Tirolo e soprattutto dei suoi giovani degli
strumenti attivi d i avvicinamento degli itafiani
- d i tuttigli italiani, non solo degli italiani residenti nelllAlto A d g e - Tiroler Etschland alla cultura tedesca e anche, attraverso il dinamismo d i una minoranza linguistica entro uno
Stato nazionale ancora prigioniero della propna sovranità illimitata, a u n federalismo vissuto e realizzato.
Utopismo? Bene: non è tempo d i utopia i n
questa società che pare volgere alla decadenza e
- direbbe Arirtostele - a forme corrotte digoverno? N o n è tempo d i battersi, invecé che
per medrocri compromessi, per il nstabilimento d i valon' accessibili a tutti? Voi sapete, amici
lettori d i lingua materna tedesca o italiana, che
questo utopismo ci muove - per rimanere al
CCE - da u n pezzo e ci ha trovato sempre incrollabilmente coerenti. Chi scrive è fienssimo
della mozione che, appunto, dai due primi firmatari si chiamò Lugger-Serafini (del resto con
Alozi ho condotto u n trentennio d i lotte comuni) - mozione che fu approvata (19J6) dagli
Statigenerali d i Francoforte sul Meno -. Essa
recitava:
«Il Consiglio dei Comuni d'Europa constata
che una delle prime condizioni della Federazione europea è il rirpetto della pesonalità e
delle caratterirtiche proprie dei popofi europei,
e particolarmente il rispetto del modo d i vita
delle minoranze linguistiche, etniche e religiose, e la difesa delle condizioni d i vita d i queste
minoranze nelle loro regioni, domanda l'applicazione integrale d i questip&c@i e la creazione di u n Potere federale sovranazionale, che
faccia rirpettare questi principi, quali che siano
Brigner, io fui chiamato dal Ministero degli
Esteri italiano: m i si osservò come non fosse
((corretto)internazionalizzare il problema. Risposi che ero orgoglioso d i europeizzarlo e che
ogni buon itafiano democratico non può non
collocare la prospettiva dellJEuropa federata
avanti ai (presunti) interessi del proprio Paese
d i origine. Il convegno in effetti si fece (il CCE
è u n organismo non governativo) e comunque
piiì d i u n successivo ambasciatore italiano a
Vienna ha avuto modo, poi, d i ricordarlo ed
elogiarlo. Buona parte del suo assai proficuo
svolgimento, aperto dalpresidente del Consorzio dei Comuni bolzanesi Fritz Dellago, si dovette alla attiva partecipazione d i Armando
Bertorelle, vicepresidente della Regione Trentino-Alto Adige/Tiroler Etschland (e uno dei
dirigenti federalisti dell ' AICCE), e d i Silvius
Magnago, presidente della Provincia d i Bolzano/Bozen: svolsero le relazioni Karner. direttore del Consonio, Brrigner, il sen. Tinzi
( S W ) , chi scrive, Muntzke e Hammer, e prese
la parola fra gli altri il Sindaco d i Bofzano / Bozen Pasquali; conclusi il convegno io stesso
chiedendo che i temton' d i frontiera - delle
vecchie m a #resistenti>frontiere nazionali -,
temton' non di rado fonti d i confitti e d i rancon' che richiamano l'Europa delle guerre fratricide (estese, poi, e regalate al mondo intero), passino a giuocare u n ruolo attivo nella costruzione federale e autonomistica sovranazionale.
Qualche anno dopo (1967) Lugger, il caro
amico Alois, venne a parlare a Riva del Garda a
u n convegno dr u n centinaio d i Sindaci della
Regione Trentino-Alto Adige/Tiroler Etschland, promosso dall'AICCE e da tutto il
CCE (la cui Presidenza doveva riunirsi proprio
a Riva): il suo fu u n entusiasmante discorso europeo. In questo spirito I'AICCE ha salutato
con gioia (cf; (Comuni d'Europa>, n. 2-febbraio 1971) il confen'mento a Silvius Magnago,
ottobre 1984
COMUNI D'EUROPA
LVII
Maltrattamenti e torture all'infanzia
problema regionale ed europeo
a cura di Andrea Chiti-Bateiii
La cronaca nera della prima parte dell'autunno 1984 è stata in Italia &capi2 del solito, purtroppo, di notizie raccapilccianti
relative a maltrattamenti, tortzlre, violenze a bambini. Pizì del solito, dico, giacche'il fenomeno è tutt'altro che intermittente, e
le notizie che giungono all'opinione pubblica, tramite la stampa e la televisione, sono solo una minima parte d i una massa enorme, e quotidianamente accrescentesi, di abusi aii'infanzia d i ogni specie e gravità fisica, psichica, sesszlale) la pizì gran parte dei
quali rimane nascosta e impunita; specie quando la violenza (o la trascuratezza, che può esser altrettanto perniciosa) avviene non
nella strada e ad opera di estranei, ma ad opera d i istituti (si niordino i Celestini, o pizì recentemente, mamma Ebe), affdaton;
famiglie, e specie qzlando non raggiunge la terribilità deifatti recenti a cuisopra si faceva ahsione.
Ma, in compenso - e pizì che compenso - il maltrattamento o la trascuratezza ha una continuità che lo rende, e la rende,
altrettanto dannosi, anzipizì dannosi, giacche-le conseguenze non solo fisiche, ma anche psicologiche sul fanciullo saranno ancora pizì grandi, fino a renderlo per tutta la vita, nei casipizì gravi, uno psicopatico, un disadattato, u n candidato alla delinquenza
precoce, alla droga, alla prostituzione, infine un genitore a sua volta maltrattante: con danni incalcolabiliper l'intera società.
Ebbene: nonostante questo, e specie quando i mahrattamentisono inferti dalla famiglia, l'idea che qzlesta non sia sempre il
nj$ugio, ilporto, l'oasi d i pace e d i amore che un cliché ancestrale ci ha scolpito indelebilmente nell'animo - u n vero e proprio
irnprinting -, tale idea, dicevo, ci riesce talmente sconvolgente, che tutti - come indivia'ui e come società - mettiamo in atto
costantemente quel processo che glipsicologi chiamano d i «scotomizzazione»:decidiamo cioè d i ignorare a qualunque costo anche l'evidenza, confermando cosìancora una volta la verità del detto evangelico che non c 'è peggior sordo a? chi non vuolsentire.
A tal punto che i mahrattamentiall'infanzia - ignorati per secoli, anzi mibenni - sono stati scoperti solo in epoca recentissima,
e hanno potzlto divenir u n problema sociale capito e studiato - anche se la prevenzione è ancora aiLe p n m e armi, e limitatamente a pochipaesi - solo quando, quarant'annifa, un radiologo americano, non trovando spiegazioniplausibilia certe fratture, in
particolare craniche, di fanciulli in tenerissima età o addrittura lattanti, fu costretto, per dir così, dai dati oggettivi della scienza e
degli strumenti tecnici di questa, adammetter la temzile verità: qzlelle frattzlre erano, e sono, tutt 'altro che accidentali.
Una meditazione sul triste fenomeno; sui m o d per prevenirlo; sugli aspetti europei, nazionali e regionali di taleprevenzione non potrebbe venire, dunque, in u n momento pizì opportuno: tanto pizì che in Italia quella presa di coscienza sipuò dir non
esser ancora cominciata, almeno fra ipolitici, nella stampa, nell'opinione pubblica: le eccezioni, anche qui, confermando la regola.
**
Introduzione
n L a legge più perfetta può erser resa vana dalla sua deficiente applicazione: e questa nchzede u n adeguato sistema
d'indagine, sìche nessuna uiolazioneposs~sfuggirer.
(Ramse~Benham e Abdel Rauf Mahdi, cnminologi egtnani, in xRevue Internationale de Droit Pe'nalr. 1979, nn.
3-4, ove sono pubblicatigliatti, i n francese e in inglese, d i
un importante colloquio internazionale su La protec tion
pénale de I'enfance.
Gli scritti che seguono, dei coniugi Sobiela
Caanitz e soprattutto di Guy He?azld, costituiscono un commento particolarmente appropriato della sessione del gennaio '83 dellJAssemblea parlamentare del Consiglio d'Europa,
dove si è ampiamente dibattutto sul tema della
violenza (doc. J013): un 'istituzione, quella
strasburghese, che ha dedicato al nostro tema
almeno due pubblicazioni fondamentali - e
contenenti zln'esaurtente bibliografia - che
citiamo nel testo francese, ma che sono h p o nibili anche in inglese:
- Les causes et la prévention des mauvais
traitements aux enfants, relazione redatta, per
conto del Comitato sociale di detto Consiglio,
da Christine E. Cooper, Strasburgo, 1979, e
- Aspects criminologiques des rnauvais traitements des enfarits dans la famille (atti del 4 "
Colloquio d i criminologia), Strasburgo, 1980.
È opportuno, come ha fatto quel Colloquio,
e come fanno gli autori che a2 seguito traduciamo, insistere - oltre che sui maltrattamentz
aii'infanzia da parte di istituzioni d assistenza
pubbliche o private (secondo quanto abbiamo
avuto occasione di far noi stessi vari anni addietro, prendendo lo spunto dal caso dei Celesti-
LVIII
COMUNI D'EUROPA
ni: tComuni d'Europa)), novembre 1968) - d i udifensore civicou, d i uOmbudsman», anche
sui maltrattamenti e le torture da parte delle a livello regionale. Ma, ripetiamo con Hel'raud,
famiglie: che sono purtroppo - anche se i pizì quale categoria pii? d i quella dei minon' - che
lo ignorano, o vogliono ignorarlo - i pizì fre- non solo non possono esercitare alcuna pressione (peccato capitale, in una società ferocemenquenti, ipizì estesi e ipizì gravi.
I Sobiela Caanitz mettono con ragione i n n- te corporativa come la nostra), ma che non poslievo quanto lo stress conseguente ad abitazio- sono neppur far sentire la loro voce, perché
n i disadatte (e, occorre aggiungere, alla sovrap- materialmente in-fanti - è pizì bisognosa d i
popolazione, ai rumori; al traffico, insomma ai tale difesa civica?
Una difesa che, secondo noi, andrebbe intedanni della «superurbanizzazione»,che la societàpost-industriale non verrà mai abbastanza sa in modo organico (e i n tal senso appunto doin tempo per ridurre e se possibile eliminare) vrebbe esser concepito e fondato tale nuovo
influiscano nell'aggravare ancora u n fenomeno istituto del Difensore civico dell'infanzia, in
il quale, anche senza d i ciò, ha proponioni che ambito regionale e d europeo): e cioè rivolta alsolo una vera e proprk rimozione psicologica, la promozione, in genere, della fanciullezza e
u n vero refoulement da parte d i tutti (medici, delladolescenza; al controllo del rispetto
assistenti sociali, istituzioni sanitarie, inse- dell'obbligo scolastico; alla messa in opera degnanti, politici, opinione pubblica) consente gli opportuni e tempestivi orientamenti pedad'ignorare, liberando cosi a buon mercato la gogici, evitando che tanti talenti vadano sprePToP" coscienza dal n'morso e dall'obbligo cati O non siano adeguatamente utilizzati; af
morale di reagire.
controllo e, Per quanto è possibile, all'aboliI Sobiela come Heiaud pongono in rilievo, zione del lavoro dei minon' (2); alla prevenzioaltrettanto a buon diritto, come tutte le attività né e, ove necessario, alla repressione della ded i prevenzione e di assistenza non siano suffi- linquenza minorile, della diffusione della drocienti, senza u n 'adeguata repressione penale, ga, della violenza in genere. Compiti che riche dev 'esserepronta e severa. È inconcepibile, chiedono, per esser organicamente attuali,
adesempio, che i rapporti di parentela, che co- strutture adeguate, e a cui solo in parte, e solo
stituiscono con ragione u n 'aggravante nel caso in certi Paesi, ha assolto u n ministero della giod i violenza sessuale verso il minore, siano con- ventzì: ma istituzioni che ((francano la spesa))
siderati invece u n 'attenuante nel caso di mal- (anche Hel'raud insiste con ragione su questo
trattamenti e sevizie, quasi sempre compiacen- punto), giacche, il danno cessante e il lucro
temente derubricah in ((abusod i mezzi d i cor- emergente che dalla loro opera conseguirà
rezione)),come del resto il codice penale con- (prevenzione d i violenti, d i disadattati, d i crisente (I).
minali da u n lato; promozione, dall'altro di
Ma soprattuto essenziale ci sembra la propo- individui socialmente integrati e professionalsta centrale di Heiaud: ne-pediatri, ne* medici mente e culturalmente preparati) arrecherà
in genere, ne, assistenti sociali, ne, insegnanti vantaggi che è difficile quantzficare e moneiizmostrano grande dirposizione a segnalare alle zare, ma che occorre non sottovalutare, specie
autorità competenti ciò che pur non possono nella societàpost-industriale, elettronica e altanon vedere, perche, lo hanno costantemente mente tecnicizzata d i domani.
Naturalmente il sistema d i controlli obblisotto gli occhi. E poiche, tutti sono d'accordo
nel riconoscere che i casi di maltrattamenti e gatori proposto da Hèraud sarebbe solo l'initorture (già gravissimi e numerosissimi) che si zio: il problema essenziale sarà poi quello di
conoscono sono solo una parte minima - è be- sviluppare:
ne insistere su questo punto - d i quelli realmente esistenti
(anche i testi,.icordati del con- - anzitutto infrastrutture organiche, divercapillari:
(una
situazione ulteriormend
!
~
~ ((formalia,
~ di- szficate,
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~nproposito
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il
bambino
maltrattato>rebbero i francesi), occorre dunque u n ((Serviscrive
con
ragione
Mauro
Riboni
- ((2 dovuta
zio sociale obbligatorio ad hocn, concepito nei
all'inadeguatezza
dell'interventoa;
terminiindicati appunto da He'iaud, il quale
potrà costituir uno dei compiti essenziali di
- tecniche adeguate dt nlevazione e detequel ((serviziocivileu che i Federalisti auspicano
zione, particolarmente dzfficili in casi di sevizie
- obbligatorio per i giovani, in sostituzione
pizì raffinate (torture di carattere psicologico, o
del servizio militare; volontario, anche se in vacomunque tali da non lasciar tracce traumatino modo retribuito, per gli anziani - come
che; violenze sessuali, in particolare altre dalla
strumento essenziale al tempo stesso d i educadeflorazione, e cosìvia). Ma quelpa~sosarebbe
zione civica della gioventzì; d i non emarginapur sempre, a nostro avviso, decisivo: se non
zione e coinvolgimento della tema età; di valialtro per orientar sempre pii2 nel senso che or
da soluzione di alcuni gravi problemi sociali,
ora si è detto fa ncerca congiunta che esperti e
come quello, appunto, dell'assistenza in genestudiosi dt varie disczpline - medtche, psicolore.
Siparla molto in Italia, e non solo in Italia, giche, sociali, pedagogiche - dovranno condurrej in collegamento e, se del casoj Per Juggenmento e SU commessa del Servizio di dzfesa
( l ) E quesro è vero, rileva H é r ~ u danche
,
in Paesi, come
civile auspicato, in armonia con fa funzione 10la Francia, in cui chi si limiti all'esame della normativa peciafe che - accanto a quella d'insegnamento e
nale - senza tener conto del modo in cui la giurisprudenza la interpreta ed applica - è indotto a ritener che le disposizioni vigenti siano sufficientemente severe per assicurar un'adeguata punizione dei colpevoli e un corrispondentemente adeguato effetto deterrente; o che. almeno. lo
sarebbero, ove la grande maggioranza dei rei non sfuggisse
- come invece accade, purtroppo, ovunque - al rigore
della legge.
( 2 ) Quanto questa piaga sia ancora grave in Italia - e
anch'essa sistematicamente ignorata e minimizzata - mostra efficacemente Fulvio Scaparro, Il bambino come vittima: il lavoro nero (con buona bibliografìa), nel vol. a cura
di G . Gullotta e M. Vagaggini, Dallaparte delle vittime,
Milano, Giuffrè 1980.
ottobre 1984
d i ricerca - spetta a un'università moderna e
degna di questo nome.
V i è d'altra parte u n quarto punto che
Heiaud non tocca, e che è secondo noi altrettanto essenziale alla prevenzione: e cioè l'educazione, appunto preventiva, della famiglia,
giacche, nessun essere umano, a differenza
dell'animale, è naturalmente buon padre e
buona madre, e ne conosce la d i f f i l e arte.
Ciò potrà ottenersi anzitutto con corsi di
puericultura, in particolare nelle scuole (che
per essere validi dovranno non limitarsi alla
t e o h , e far larga
parte alla pratica); ma dovrà
altresi esser realizzato sottoponendo a esami
obbligatori, appunto d i puericultura - propno come sifanno esami medicipre-mathmo- i futungecitori, o i neo-genitob: 60stringendo a controllip&frequenh e sevei coloroche non li jupenno e rendendo p i facile,
~
in caso d i constatati abusi, la perdita definitiva
della patria potestà. Norme, è superfluo dirlo,
che devono valere, e se possibile i n forma ancorpiu rigorosa, anche per gliadottanti: il tutt o sempre sotto il controllo e per impulso del
nuovo Servizio da noiauspicato.
Il tema delle adozioni,
accennato. è un
che ci
Tali adozionidevono
esser sottoposte, certo,
ai
che è detto; ma, una voitale garanzia,
esse devono essere largamente e in ognimodo facilitate:
un
fanciullo insento una famiglia vivesempre
una vitapizì sana e normale
che non in un listituzione
di beneficenza, pubblica o privata, in
umano e da
,i mancheràfatalmente d i
cuiuscirà in ognicaso, proponione
maggiore o minore,
disadattato; mentre davvero tTopp.
ci
h speranze che
moltistudiosi ripongono nella
di
trecuperoa della famiglia maltrattante: che, sedal bambino,
condo noi, una volta
deve essere
per sempre, con per&a
definitiva e assohta
mapatnapotesta' (perdita, anche questa - ripetiamolo - da render
pizì facile e radicale).
Certo, le istituzioni non sono tutto, se non
c'è la coscienza civica che le sostiene: per queappunto fa scuola - come, per altro verso,
i mm-media
hanno u n compito educativo
(e, anzitutto, informativo) insostituibile. Ma le
istituzionipossono esser talora, è bene insistervi, stimolo decisivo per mettere in moto quella
coscienza, e mezzo per risvegliarla: e d è per
questo che la proposta d i Heiaud ci sembra
fondamentale.
Ilgrande jéderalista francese conclude auspicando - e noi con lui - una funzioned i
anche in questo campo per I ' E ~ .
Topa unita. È doloroso constatare che fino ad
oggi talefunzione trainante
(anche qui i testie
le bibliografie del Consiglio d'Europa non lasciano dubbi) è stata invece svolta, pressoché
costantemente, dagli Stati uniti: pionieri e antesignani anche in questo campo, a partire da
quel lontano giorno - alla fine del secolo scorSO - in cui, come tuttigfi storici della questione ricordano, una fanciulletta americana poti
esser salvata dalle torture a cui era quotidianamentesottoposta per.. . menjo della società
protettnie degli animdi (non vi era allora, infatti, altro mezzo possibile d'intervento!. . .);
-
ottobre 1984
COMUNI D'EUROPA
LIX
bocca quando si tratta dt s t i g m a t i m e l'impe- manifestarsi: non tutti, giunti a tal punto, sannalismo yankee, le multinazionali, il nostro no frenar la propria furia e fare a meno di picservilismo all'A merica ecc. ecc. , farebbero be- chiare. Intendiamoci bene: uno sculaccione
ne a tener più spesso presente l'ammonimento ogni tanto non nuoce, anzi, può giovare a rid i Heliaud: sarebbe un modo meno fazioso, e chiamare all'ordine un ragazzo troppo petusoprattutto più serio e costruttivo, di ((contesta- lante. 11 male sta quando la violenza diventa
(3) Sono da ricordare almeno. in proposito:
re).
fatto di ordinaria amministrazione paterna,
- l'opera fondamentale del pediatra C. Henry Kempe,
Certo, non tutti i Paesi europei sono al livel- materna o coniugale, e perfino sfogo di qualche è stato fra i primi a porre nel dopoguerra il problema.
lo dellJItaLza, dove si pubblicano mille l a v o ~ ' che inconscio sadismo: l'individuo in tal caso si
nella sua terribile realtà, di fronte alla responsabilità
medici algiorno, e tutti inutili, ma nessuno sul «emancipa» a spese altrui, il che significa vera e
dell'opinione pubblica, coniando fra l'altro. fin dal 1062.
l'espressione, divenuta canonica, «sindrome del bambino
tema che qui c'interessa, da tutti ignorato. propria depravazione dello sviluppo personale.
picchiato> (si veda di lui, in collaborazione con Ray. E.
Tuttavia molto, anzi moltissimo resta da fàre
Helfer, Hefping the battered chifdand hisfimily, FiladelNon va certo minimizzata la colpa di chi si
anche
altrove, per nlbrender il terreno perduto:
fia, Lippingcott, 1972; tr. fr. L'enfint battu et sa famiffe,
lascia andare a seviziare i familiari. Si tratta di
e molto più per sopravanzare l'America i n queParigi, Fleurus, 1977, e in italiano, di lui, Violenze sul
ridurre al massimo le situazioni che possano inbambino, Roma, Armando, 1980);
sta nobile gara.
durre
a farlo. Questo compito europeo va at- le non meno fondamentali realizzazioni di istituzioni
L'idea he?audiana del «Dt$nsore civico
tuato a livello europeo.
pubbliche (tra l'altro benemerite anche per importantissidell'infanziau appare strumento valido, o alme relazioni), come I'eUnited States National Center on
Chiediamo al Consiglio d'Europa, supremo
meno primo passo importante, e nella giusta
Child Abuse and Neglectr;
custode
di quei diritti umani che scaturiscono
first
things
first
-perche*l'auspidirezione
- infine gli esemplari servizi adhoc istituiti in vari Stati
dell'unione, come la Florida, e a livello locale.
dalla nostra plurimillenaria civiltà, di consulcio da luiformulato possa divenir realtà.
tarsi con medici, con psicologi e con urbanisti
per ideare ed emanare norme sulla superficie
minima sia degli appartamenti urbani che delle loro stanze. L'evoluzione degli ultimi decenni in merito costringe a parlare, non certo di
progresso, ma di una vera e propria decadenza.
di Mechthild e Guiu Sobiela-Caanitz Urge tornare ad un concetto più sano della vita, un concetto che faccia prevalere lo sviluppo
Ci preme anzitutto porre in evidenza una guardando ad esempio gli stessi programmi te- equilibrato ed armonico de!la persona e della
doppia premessa: va usato il rigore della legge levisivi.
famiglia. Si tratta nientemeno che di rendere
contro i genitori che seviziano i figli, i quali
Può diventar molesta la prossimità incessan- questa comunità più propizia all'armonioso
vanno sottratti a sì funesta potestà. Qui però si te anche degli esseri più cari, specie trattandosi sviluppo dell'individuo, che deve esser da quevuol considerare non tanto l'aspetto morale del di ragazzi, naturalmente più vivaci degli adul- sta sorretto e aiutato, e non lasciato in balia dei
problema, quanto piuttosto la sua radice socia- ti. Si comprende che stati collerici finiscano per propri istinti.
le. Ka violenza verso i figli nel nostro tardo Novecento europeo non assomiglia più a quella
che ci dipingono i racconti di De Amicis o i romanzi di Hugo e di Zola. È press'a poco scomparsa l'estrema povertà della prima età industriale, e gran parte dei lavoratori è giunta ad
una pur modesta agiatezza. 11 guaio sta nel fatto che i beni di consumo ormai assicurati a tutti
o quasi mettono a repentaglio la convivenza tra
padre, madre e figli.
Non si dimentichi infatti che nella nostra
decantata Età dei Diritti Umani si perpetrano
sevizie, non solo contro i figli, ma anche contro
le mogli: lo dimostra il moltiplicarsi nelle grandi città di centri in cui trovano rifugio le donne
maltrattate dai mariti. Non vanno certo confusi ambedue i fenomeni, ma tutt'e due risalgono ad almeno una fonte comune: I'esiguità degli odierni appartamenti urbani, i quali ben
difficilmente consentono all'individuo i momenti di solitudine necessari ad una vita personale sana ed equilibrata.
Qui siamo nel cuore del problema. Siamo
anche nel cuore della nostra europeità. Di
fronte all'Asiatico, il quale cerca la salvezza
nell'annientamento della propria individualità, l'Europeo infatti agogna allo sviluppo
dell'io. Uno dei libri fondamentali del nostro
retaggio spirituale è la Regula Sancti Benedicti,
la quale mira ad avviare ad una vita comune,
intesa ad aiutare ogni singolo a conseguir la
propria perfezione. Ora tale ascesi richiede momenti di raccoglimento solitario. Questo negli
appartamenti moderni vien meno: l'individuo
non dispone più del minimo di spazio veramente suo, necessario allo sviluppo normale
della personalità. Si trova quindi costretto a vivere continuamente a contatto coi familiari,
per arriuare ai molti contn&uti e realizzazioni
odierni, e tutti importantissimi, che indichiamo sommariamente in nota (3).
Coloro che cosi spesso hanno la bava alla
Infanzia torturata, problema di civiltà
lpea
COMUNI D'EUROPA
ottobre 1984
Basta con le torture ai fanciulli!
intendono riferiti a qualsiasi età della vita:
queste dichiarazioni ci sono di già; e si sa che
sono incapaci di evitare il male (come del resto
accade in ordine alle torture ad opera della polizia). Considerati di proposito a parte, rispetto
ad altre categorie di abusi (lavoro forzato, prostituzione, mutilazioni religiose o culturali,
ecc.. .), gli atti di crudeltà gratuita di cui qui ci
occupiamo richiedono un trattamento specifico.
Inoltre, ponendosi nell'àmbito ben definito
dell'Europa occidentale, si può prendere in
considerazione in modo più concreto e realistico la messa in opera concertata dei mezzi preventivi e repressivi necessari. Si può dar per
scontato un effetto d'«imitazione», giacché
nessuno stato può evitar di partecipare a ciò
che viene messo in atto a un livello interstatale.
LX
di Guy Heraud
medaglia d'oro al merito europeo
I1 problema dell'infanzia maltrattata e torturata costituisce uno dei capitoli più dolorosi
della violazione dei diritti dell'uomo. Quasi
ogni giorno, da ogni regione d'Europa, giunge
la notizia di un bambino maltrattato; e la varietà delle sevizie supera ogni immaginazione:
sotto-alimentazione, claustrazione, battiture,
torture raffinate che vanno fino alla morte della vittima, al coma, a incapacità e menomazioni permanenti. Ai traumatismi fisici si aggiungono quelli morali, inflitti a piccoli esseri che
vivono costantemente nell'angoscia, giorno per
giorno, notte per notte, nella più completa disperazione. I1 fanciullo in tenera età, o anche
un po' più grandicello, è infatti in totale balia,
legato mani e piedi, dei suoi carnefici, senza
possibilità di reazione, di richiesta di soccorso,
di fuga; e anche quand'è adolescente, gli mancano i mezzi economici e legali per sottrarsi ai
suoi aguzzini.
nale a quella sollevata da altre manifestazioni
di crudeltà, sia nei confronti di animali come
di persone, per quanto in esse non si trovi riunito questo insieme di elementi convergenti
che caratterizzano tristemente la tortura all'infanzia: la congiunzione della sofferenza fisica e
dell'angoscia senza speranza; l'innocenza della
vittima; la sua incapacità di reagire; di rispondere con l'astuzia; la durata massima nel tempo delle menomazioni subite: è una vita intera
appena cominciata che sarà, così spezzata o
sciupata: e la generazione seguente ne sarà essa
stessa segnata, se è vero che i bambini vittime
di aggressioni sadiche hanno tendenza a divenire essi stessi sadici. [E ciò sembra esser vero
anche in ordine alla violenza carnale: cf: A . Nicholay Groth, I1 trauma sessuale nella vita dei
violentatoti e correttori di fanciulli (con bibliografia), nel vol. cit. a cura d i G . Gullotta e M.
Vagaggini- n.d.tr.1.
Le contraddizioni della coscienza pubblica
Decine di migliaia di piccoli esseri umani,
solo in Europa occidentale, sono in tal modo
immersi in un «univers concentractionnaire»,
senza che l'opinione pubblica reagisca in modo
proporzionato allo scandalo costituito da simili
condizioni, dawero infernali, di esistenza. E
quel che è peggio, le condanne che si infliggono - e che non concernono se non la parte visibile dell'iceberg - risultano spesso irrisorie
rispetto all'entità dei crimini commessi: qualche mese di prigione (solo in caso di morte della vittima la pena è maggiore). Invero i tribunali concedono spesso ai responsabili, non solo
di maltrattamenti, ma anche di torture - e in
particolare quando si tratta di genitori - ogni
sorta di circostanze attenuanti, di natura sociale o psicologica, e giungono talora - essi i tribunali, o i servizi penitenziarii - a giustificare
una riduzione della detenzione con la presenza, a casa, di altri figli che avrebbero bisogno
di genitori così indegni. Succede talvolta che la
condanna per violenze - violenze che costituiscono talora supplizi indicibili - sia di entità
paragonabile a quella che si pronunzia per
l'uccisione di un animale domestico: solo la
morte della piccola vittima può inasprire sensibilmente la condanna: giacché il codice penale
non misura la quantità delle sofferenze e non
sembra accorgersi di quanto la morte sia preferibile a torture interminate o a una infermità
permanente.
Occorre dunque porre l'opinione pubblica
di fronte alle contraddizioni di cui dà prova. La
gente è turbata dalle tecniche di soprawivenza
artificiale, mentre, il più delle volte, il malato,
in stato comatoso, non si rende conto della
propria condizione. Invece accetta - forse per
abitudine, o perché il fanciullo non viene ancora considerato come un vero uomo - il fenomeno dell'infanzia martirizzata. Nonostante
progressi recenti - colloqui interdisciplinari,
associazioni di difesa - questo fenomeno è
lungi da suscitar emozione in modo proporzio-
Come fronteggiare il problema in modo
adeguato e a livello europeo?
Di proposito ci limitiamo qui al caso
dellJEuropaoccidentale, a noi più vicina e che
appare politicamente e sociologicamente assai
omogenea. La problematica dei maltrattamenti e delle torture all'infanzia assume infatti
aspetti diversi nel Terzo mondo dove, per motivi economici o «culturali», infieriscono infanticidio e mutilazioni [e dove si calcola che vi siano 80 milioni di fanciulli che, semplicemente,
vivono - se la loro può chiamarsi vita -per la
strada, senza casa e senza famiglia; e ciò senza
tener conto dl tutti quelli che muoiono per denutrizione: e sono anch 'essi milioni - n.d.tr.1.
Analogamente trascuriamo la questione
dell'infanzia che lavora, fenomeno tristemente
diffuso da noi nel secolo scorso e che presenta
ancora forme di considerevole gravità in vari
stati dell'oriente e dell'Estremo Oriente. Vi
sono tanti mali da combattere, relativamente
all'infanzia, che è necessario circoscrivere quello contro il quale si richiede, in una determinata regione del globo, un'azione prioritaria ed
urgente. [Purtroppo l'aflermazione d i He'i-aud
è troppo ottimistica per L'Italia: lavoro nero
minonle e in condizioni incredibili - cosiambientali come economiche - ce n'è ancora
molto, e non solo nel Meridione: leggere, per
credere, A d e n o Baglivo, I1 mercato dei bambini, Milano, Feltrinelli, 1980 - n.d.tr.1.
In questo appello lanciato all'opinione pubblica vogliamo richiamare in modo molto preciso l'attenzione sulle torture di cui sono vittime in Europa i fanciulli e gli adolescenti, dalla
nascita al raggiungimento della maggiore età
legale. Una definizione esatta di un simile flagello è necessaria per una ricerca adeguata dei
mezzi atti a prevenirlo. Così, tranne che in
casi-limite, bisogna rivolgersi non tanto verso
l'aiuto economico, al fine di prevenire il male;
e nemmeno a un richiamo astratto ai «diritti
della persona», anche se si precisa che questi si
Necessità di un controllo rigoroso
Per ciò che si riferisce ai mezzi, proponiamo
l'istituzione di un controllo sistematico, ad
opera di assistenti sociali o di pediatri, delle
condizioni di vita dei fanciulli nelle loro famiglie e nelle istituzioni in 'cui potrebbero esser
collocati. Per essere efficaci senza essere troppo
frequenti, questi controlli dovrebbero aver luogo senza preavviso.
Bisognerebbe altresi studiare, in difetto di
questi - o in modo concorrente - un sistema
di presentazione obbligatoria del fanciullo davanti a commissioni di specialisti. Le modalità
diverse potrebbero variare secondo la professione dei genitori o il reddito delle famiglie
[nonche'secondo l'età dei fanciulli e la upencolosità8, supposta O accertata, della famiglia in
questione - n.d.tr.1.
Già da queste proposte appaiono alcune difficoltà teoriche: sono le stesse difficoltà che oggi impediscono ogni serio controllo. Bisognerà
dunque riuscire a superarle, se si vuole dawero
metter fine al flagello. Queste difficoltà, di ordine morale e giuridico, si concentrano sui
principi di libertà, di rispetto della vita privata
e di non discriminazione. Per ciò che concerne
la vita privata delle famiglie, si deve osservare
che questa subisce già tali limitazioni (dall'inquisizione fiscale e doganale alla schedatura
politica, passando per le intercettazioni telefoniche), che un democratico non ha veramente
di che arrossire se esige i controlli che noi proponiamo. Questi potrebbero anzi esser utili ai
rapporti fra gli uomini, se e in quanto evitino il
sistema delle denunzie: un sistema, d'altra
parte, radicalmente insufficiente nella nostra
epoca d'individualismo sfrenato e di fuga dalle
responsabilità. Dove mai risiederebbe la differenza fra i controlli da noi auspicati e quelle limitazioni della libertà e della vita privata costiuite dalle vaccinazioni obbligatorie, dalle dichiarazioni di malattia contagiosa, dagli esami
medici pre-matrimoniali o dall'iscrizione nelle
liste di leva?
All'effetto del controllo dovrebbero aggiungersi quelli del rafforzamento e della diversificazione delle pene, così come quelli della loro
esecuzione rigorosa. Tenendo conto nel modo
più concreto e particolareggiato possibile delle
situazioni, e quando le sevizie abbiano per
sfondo la miseria (alloggio e reddito insufficienti), il giudice potrebbe far prova d'indul-
ottobre 1984
genza, a condizione che la società corregga la
situazione materiale della famiglia in questione. Una legislazione, ad esempio, che assicurasse alle ragazze-madri condizioni di vita soddisfacenti consentirebbe anche di ridurre sensibilmente il numero dei bambini maltrattati (e
quello degli aborti). Se si pensa agli sperperi
insensati delle spese per armamenti, e di tanti
altri servizi pubblici, si riuscirà pur a trovare le
fonti necessarie di finanziamento.
Per giungere a questi risultati, un'azione in
ogni Stato - sui governi e sui parlamentari è evidentemente indispensabile. Ma non meno
importante è l'azione da svolgere ai livelli complementari delllEuropa e degli Enti regionali e
locali.
A livello europeo dovrebbe esser elaborata
una Convenzione d i prevenzione e d i repressione delle torture all 'infanzia che, completando ciò che esiste già, istituisca il sistema di controllo sistematico di cui si è parlato. I1 Consiglio d'Europa appare evidentemente come
l'istituzione più adatta per una simile organizzazione. Ma il Parlamento Europeo costituisce
per parte sua una tribuna che non va trascurata, e il Fondo sociale europeo potrebbe fornire
una parte delle risorse destinate a coprire il costo dei miglioramenti sociali auspicati.
I1 ruolo degli Enti regionali e locali
All'altro estremo, gli enti regionali e locali
dovrebbero esser associati a tale compito, per
quanto attiene alla sua attuazione pratica e alla
sua esecuzione. La tendenza alla regionaliz zazione che si è affermata prima in Italia, poi nel
Belgio, e che ora si afferma in Spagna, con
l'istituzione delle Comunità autonome e, a
partire dal maggio 1981, in Francia, ha posto
in essere una gamma di competenze e di risorse
dove la protezione dell'infanzia potrebbe trovare adeguata collocazione.
Infine i comuni, così ricchi di esperienza sociale, dovrebbero costituire I'àmbito concreto
del controllo e della concessione degli aiuti. La
protezione dell'infanzia, come l'assistenza alla
«terza età», potrebbe così costituire un nuovo
fiore all'occhiello di questa democrazia locale,
concreta, quotidiana, <<àhauteur dlhomme»,
che il cittadino di oggi esige, coscientemente o
no. E l'Europa avrebbe eliminato, o almeno
considerevolmente ridotto, il flagello e la vergogna delle torture all'infanzia, indicando, anche in questo campo, una via al resto del mondo. [Per i/ momento, purtroppo, la via è invece
indicata, anche i n questo campo, dagli Stati
Uniti che dispongono di un Ente federale ad
hoc, istituito dieci anni addietro auspice Mondale, nonche' d i servizi analoghi negli Stati,
coordinati e complementari ad esso, che non
dànno ancora attuazione, certo, alle fondamentali proposte d i prevenzione precoce, o
(iprimaria», con razione avanzate da Héraud,
ma che non hanno l'uguale in Europa, nemmeno nei Paesi assai pii? avanzati, anche i n
questo campo, che non L'Italia. n.d.tr.]*
(*) Di contro all'organica struttura statunitense. federale e statale, non esiste nel nostro Paese se non un centro di
assistenza per l'infanzia maltrattata, il C.A.F. di Milano
(Centro di aiuto al Bambino maltrattato e alla famiglia in
crisi), che ha sede in via Vitt. Em. Orlando, 15 e fa quello
che può; e così, sempre a Milano il CBM (Centro bambino
maltrattato), in via A. Spadini, 15.
COMUNI D'EUROPA
LXI
Conclusioni del IV Colloquio Criminologìco
del Consiglio d'Europa
Traduciamo anzitutto le conclusioni del Colloquio internazionale, a cura del relatore generale, sig.ra Simone Rozes, organizzato dal
Consiglio d'Europa nel 1979, i cui atti sono
stati pubblicati dall'ente organizzatore in apposito volume (in francese e in inglese) col W o lo Aspetti criminologici dei maltrattamenti dei
fanciulli in famiglia, Strasburgo, Consiglio
d'Europa, 1980. (Altro, e ugualmente notevole, colloquio che ebbe luogo a Siracusa, per iniziativa dell'Associazione Internazionale d i Din2to Penale, e gli atti relativi sono statipubblicati nella nRevue Internationale de Droit
Pénafs, Pau, 1979, nn. 3-4).
Inframmezziamo i n corsivo alcuni nostri
commenti, a conferma delle nostre tesi.
a cura del relatore
generale, sig.ra Simone Rozes
I - Prevenzione concernente l'aiuto ai genitori
Sembra necessario:
l ) garantire una Prevenzione prima& (l).
fin dalla gravidanza e immediatamente dopo
la nascita del bambino, in modo da preparare
l'ambiente familiare ad accogliere quell'elemento perturbante che può esser costituito dal
neonato. Questa prevenzione può esser affidata a un servizio incaricato di dar consigli utili e
d'intervenire in caso di necessità;
2) evitare di separare il figlio dalla madre
durante i primi mesi [tale separazione ha infatti e f e t t i perturbanti sulle relazioni affettive e
può in seguito facilitare i maltrattamenti], per
quanto possibile anche ove si abbia nascita prematura. In quest'ultimo caso associare la madre ad alcune delle cure necessarie al bambino.
In seguito prevedere, se necessario, un'assistenza che coinvolga tutta la famiglia;
3) dare ai giovani genitori un aiuto psicolo( I ) Laprevenzioneprimaria è quella realmente precoce,
che cerca di prevenire i rischi e le cause; quella secondaria è
quella che cerca d'individuare le situazioni di pericolo già
in atto, e di eliminarle prima che il male si manifesti
(anch'essa dunque, se opera in un momento logicamente
- e temporalmente - successivo, costituisce pur sempre,
come la precedente, una prevenzione realmente ... preventiva). Infine la prevenzione terziaria si rivolge ai casi in cui i
maltrattamenti sono già awenuti, e ]'obiettivo è ormai
quello più limitato di porre ad essi un termine e di curarne
ie conseguenze [n.d.tr.].
LXII
gico fin dalla più tenera età del fanciullo [il che
signzfica una preparazione pediatrico-psicologico-pedagogica seria, o non significa nulla: e
u n capitolo importante d i questa preparazione
- dicono tuttigli esperti - è l'educazione anticoncezionale, i figli indesiderati essendo percentualmente i più esposti ai maltrattamenti].
Si raccomanda di proibire, seguendo l'esempio della Svezia, l'utilizzazione di castighi fisici. [Dove ciò sia ancora fatto, come in Italia, si
troverà sempre una scappatoia e u n cavillo suf
ficiente a far derubricare i maltrattamenti i n
abuso di mezzi d i correzione, e a farpoi considerar come.. . non abusivo qualsiasi abuso, anche il meno scusabile (qual è il limite obiettivo
e univocamente stabilito fra uso corretto e abuso?), tanto più che il rapporto d i causa e d effetto tra maltrattamenti e danni frrio-psichici del
fanciullo si può a'zfficihente provare in modo
assolutamente certo, e può quindi esser facilmente oggetto d i analoghe ninterpretazioni)),
specie quando i magistrati siano disposti, come
purtroppo quasi sempre sono, a chiuder u n occhio, e non d i radoi anche tutti e due].
4) [Manca, al termine d i questa I Parte delle
conclusioni strasburghesi, ogni accenno alle ulteriori fasi, e ugualmente importanti, che seguono ai primi mesi di vita, e che concernono
gli asili-nido, le scuole materne, poi quelle elementari (e medie): temi rirpetto ai quali sz
potrà colmar la lacuna consultgndo il recentissimo e importante volume - u n vero trattato
intera'zsciplinare su tutta la materia, di cui non
conosciamo l'equivalente - dovuto a u n 'e'guipe di medici, studiosi ed esperti francesi particolarmente qualzficati, diretta da Pierre Straus
e Michel Manciaux, L'enfant maltraité, Parigi,
Fleurus, 1982, opera che si raccomanda anche
per la ricca bibliografia che conclude ogni capitolo].
11 - Prevenzione dei maltrattamenti
l) Mettere in opera un'informazione seria, per
la popolazione in genere, sui maltrattamenti,
specie grazie a campagne di sensibilizzazione.
[E u n compito pregiudiziale indispensabile, da
attuare permanentemente, specie tramite i
mezzi d i comunicazione d i massa e la televisione, giacche'leggi e istituti non servono se non
in u n c h a a d essi favorevole d i accettazione e
d i attivo sostegno. Ma è vero anche l'inverso:
da sola la buona volontà è anch'essa insllfficiente, se non è armata e ((vertebrata))grazie a
un-'organizzazione adeguata ai fini perseguiti:
e d è questo il punto - da tutti trascurato sul quale noi, a ragion veduta, soprattutto insistiamo];
2) dar ai medici, durante i loro studi universitari e10 in occasione di corsi di aggiornamento, una formazione adeguata tanto sui metodi
diagnostici [relativi ai maltrattamenti] come
sulle possibilità di segnalazione [alla polizia e
alla magistratura];
3) impartire una preparazione specialistica
alle altre persone che possono scoprire, segnalare, intervenire (assistenti sociali, insegnanti),
in particolare chiarendo loro le interazioni
anormali fra genitori e figli nel periodo di latenza che precede spesso i maltrattamenti. [Re-
ottobre l984
COMUNI D'EUROPA
sponsabilizzazione sacrosanta, quella indicata
sub 2) e 3), ma su cui si può far scarso afftdamento: medici, assistenti, insegnanti fanno
propria la filosofia del «non vogliamo rogne)),e
sperar che la mutino - che l'uomo non sla
«tristo» - è, insegna Machiavelli, errore inescusabile, come diremo anche subito dopo]:
4) studiare in quali condizioni può esser tolto l'obb!igo del segreto professionale per medici e assistenti sociali. [E qui, alla considerazione di cui sopra, c'è da aggiunger che, anche se
medici e assistenti non fossero «tristi», quella
norma può rirultar ugualmente controproducente, perche'non potrà non indurre l'almeno
altrettanto trirto autore dei maltrattamenti a
ricorrer sempre meno a persone che sapràpoter
esser suoi denunziatori, accusatori e testi a carrco: e la vittima sarà sempre più sola e interamente abbandonata alla sua sofferenza];
5 ) istituire organismi interdisciplinari che
garantiscano un intervento immediato [su segnalazione di chi, se il 90 per cento dei casi resta per ammissione unanime, sconosciuto?
Cosi lasciato nel vago quel suggerimento - è
evidente - non ha alcun senso. Se gli si vuol
dar contenuto concreto, esso non può se non
sboccare nella nostra proposta];
6) studiar le condizioni che consentano di
realizzar il coordinamento degli sforzi tanto
per ciò che attiene alla politica generale da seguire come in ordine ai singoli interventi.
[Stesso rilievo fatto al punto precedente:
questo, o è u n mero flatus vocis, una pia enunciazione d i fini senza darsi la briga d'indicar i
mezzi idonei a realizzarli; o è uno plaidoyer
per u n servizio d i uOmbudsman», d i ((difensore
civico dell'infanzia» che ricomprenda e coordin i organicamente attività e poteri dzipositivi e
inquisitori - questi ultimi resi coattivi e 60stanti - d i magistratura, giurirdizione volontaria e polizia con attività o funzioni d i assistenza sociale e d i servizio sanitario intesi in
senso lato].
7 ) giunger a una decisione definitiva e rapida dell'organo competente a decidere sull'adozione quando, nell'interesse del fanciullo ma anche nel rispetto dei diritti dei genitori la situazione imponga una rottura dei vincoli
con la famiglia. [Si tratta di u n 'affermazione:
a) essenziale: occorre che la separazione, ove
rimlti necessaria, sia irreversibile, sempre: «cosa fatta capo ha^. Le adozioni devono bensi esser controllate strettamente, per constatar come si attuino e come il rapporto s 'instauri e sviluppi, giacche'i fanciulli adottivi sono percentualmente fra i più esposti ai maltrahamenti;
ma, con tale rireva (oggi, purtroppo, senza rìsposta, in assenza del nDzfensore civicoa da noi
caldeggiato), il criterio deve esser quello d i
adozioni facili: voglio dire rese estremamente
più agevoli sotto ognipunto d i vista, e possibili
anche esistendo i genitori naturali e contro la
loro volontò: l'«istituzionalizzazione»del fanciullo essendo sempre u n pis aller, da evitare
per quanto possibile, e la famiglia maltrattante
difficilmente potendo esser urìciclata)),e specie
dopo il fatto della separazione, sempre traumatico e «colpevolizzante~];
b) si tratta però d i un'affermazione che è
svuotata del suo signzficato da quell'inciso («...
ma anche nel rispetto del diritto dei genitori»).
Un hegeliano britannico, Sidney Hook, ha detto Y-onragzone che z l carattere drammatzco della stona (e della politica) sta nel fatto che questa, nelle sue grandi scelte, deve decider non i n
favore d i u n diritto rirpetto a u n torto, sibbene
fra due diritti in s é ugualmente meritevoli dz
tutela, ma fra loro incompatibili, sì che uno solo - giudicato ((piìì uguale», più diritto
dell'altro - deve esser fatto prevalere. È il caso
nostro; anzi è il caso generale del servizio dz
((Difensorecivicoa proposto, la cui esigenza deve prevaler sul diritto -pur rirpettabile - dez
genitob e della famiglia alla privacy. Il compromesso in questi casi non è possibile, e quello che si chiama compromesso non è se non la
pratica rinunzia agli obiettivi che solo a fior a'z
labbra si dice di voler perseguire].
I11 - Studi che occorre promuovere
Pur riconoscendo le difficoltà specifiche degli studi nel campo dei maltrattamenti ai fanciulli [ d t f f o l t à dovute al fatto che i casi notz
sono una percentuale tinioria rirpetto a quelh
estitenti, si che la nostra proposta appare condizione sine qua non anche per l'ulteriore sviluppo della teoria e della ricerca - e non solo,
come fin qui si è sostenuto, per il miglioramento dei trattamenti pratici e della prevenzione], sarebbe auspicabile svolgere studi nei
seguenti campi:
i ) tipologia dei genitori maltrattanti e della
vittima, specie al fine d'individuare criteri che
consentano di definire le famiglie particolarmente pericolose [studio che la nostra proposta
rende in parte superfluo, in parte prematuro];
2) la famiglia considerata nel suo complesso
e in modo globale, e non limitatamente a uno
solo dei suoi componenti, genitore o fanciullo
che sia [studio, anche questo, in buona parte
prematuro, per le ragioni spiegate, e che ha,
come gli altri, carattere di alibi: si ricerca molto
in teoria p e r g i u s t c r e l'inemza pratica];
3) condizioni sociali delle famiglie maltrattanti [stesso commento: qual è la serìetà di u n
indagine il cui oggetto rimane per 9 / 1 0 ciceberg sommerso))? Cominciamo anzitutto a farlo emergere: first things fist!];
4) valutazioni e confronti circa gl'interventi
sociali e il loro costo sociale ed economico [Ma
perche' non aggiunger anche: e circa i profitti
sociali conseguibili, sia per il danno cessante
conseguente a tali interventi (meno cilminali,
diradattati, drogati, maltrattatori futuri), sia
per il lucro emergente (più cittadini pacifici,
integrati, attivi, inteliettualmente meglio dodati e più professionalmente meglio qualificat;) ?].
5 ) campagne di sensibilizzazione in ordine
ai maltrattamenti. [Ma anche qui il modo migliore per far degli studi su tali campagne sarebbe, intanto, quello di cominciarle, invece di
limitarsi a uricercare» a vuoto: in modo da poter studzare poi (e quindi perfezionare quelle
campagne) su dati concreti, e non su chiacchiere];
6) esperienze ed effetti di organi (come il
«medico confidente» in Belgio e nei Paesi Bassi), istituiti per scoprire i casi di maltrattamenti
dei fanciulli e della loro famiglia. [Sono, fra
tutti, gli studi meno importanti e piìì oziosi:
ottobre 1984
chi ha occhi per vedere e cervello per intendere
sa già, senza bisogno d i altre «ricerche», che i
niuftati sono minimi e che la sola via è il controllo obbligatorio e generalizzato, da noiproposto];
7 ) criteri che consentano di sceglier i mezzi
d'intervento più idonei. [Ma neppur q u i ci vogliono ((ncercheu, ci vogliono scelte morali e
politiche. La privacy familiare è o no u n tabù?
E se non lo è, il rapporto costi-ricavi - che il
politico deve sforzarsi di prevedere, ma che
nessuna ricerca potrà quantificare - giustifica
o no, come ((mezzoidoneou (e solo idoneo) il
servizio pubblico « Ombudsman delllinfanzia»
che abbiamo suggerito?].
COMUNI D'EUROPA
LXIII
materzà - u n coinvolgimento interdisciplinare d i quell'Europa politica che oggi l'iniziativa
così vasto e complesso come quello che dovrà costituente del Parlamento npropone affatteninteressar congiuntamente la medicina (nelle zione d i tutti). Ma uno sviluppo d i questo tepiù svariate branche, dalla pediatria alla trau- ma - pur capitafe, per chi voglia impostar sematologia alla piscologia alla sessuologia, ecc.), riamente ilproblema di ricerche valide sui malil dintto (anche questo in diverse specializza- trattamenti all'infanzia - ci porterebbe tropzioni, dal diritto d i famiglia a quello penale, po lontano. Ci sia dunque consentito d i rinviaaffa teoria generale e affafilosofia del din'tto), re a quanto in argomento abbiamo sostenuto
la pedagogia, la sociologia, l'economia, la altrove: nei termini più sintetici in questa stesscienza amministrativa: e fa nostra enumera- sa rivista, ((Comuni d'Europan, dell'ottobre
1974; molto più ampiamente nei primi quatzione non pretende certo d i esser esauriente.
Viene qui in primo piano la nostra concen- tro volumi (e nel nono) del nostro studio d i bizione dell 'Università federale europea, come bliografia ragionata Il problema dell'univergrande ordine di studipost-universitario (la cui sità europea e di un'educazione europea. Rorealizzazione presuppone peraltro l'esistenza ma, presso l'autore, 1976.
Risoluzione.dell 'Assemblea parlam en tare
del Consiglio d'Europa
sui maltrattamenti ai fanciulli
Qualche altra considerazione finale sui
suggerimenti del Consiglio d'Europa
Una ulteriore considerazione ci è suggerita
dalla Parte 111 d i queste ((Conclusioni)),presa
nel suo complesso.
La nioluzione che segue, approvata dall'AssembleaparNon vorremmo aver dato l'impressione dz lamentare i l 4 ottobre 1979, c o l n . 874 (omettiamo buona
sottovalutare l'aspetto teorico della questione: parte del considerando e l'ultrmo capitolo dedicato allo
una grande ricerca, sistematica e interdiscipli- sportj, completa opportunamente la precedente e non abbisogna, a differenza d i questa, d i commentiparticolan',
nare, sull'argomento è anche per noi fonda- ma invece merita una particolare lode: quella diaverposto
mentale. Ma noi sosteniamo - è bene insister- in evidenza (si vedano in specie le parti che pubblichiamo
vi - che anche ilprogresso ulteriore degli stu- in corsivo) due puntianche per noi capitali, e cioè l'esigendi, e non solo dell'attività pratica diprevenzio- za:
I ) dell'obbligatorietù dei controlli (VI, cj, d i tutte le
ne, è condizionato, in questo campo, daff'istibroboste auella 'biù innovativa e biù imbortante:
tuzione del Servizio da noi suggerijo. Non so- ' ' 2j dellapreparazione,
anch'issa obbligatoria, deigenino infatti possibili studi seri su d i u n fenomeno tori (111, a),
Nella relazione che accompagna il progetto, dovuta agli
le cui manifestazioni restano per il novanta per
cento almeno interamente sconosciute: sarebbe onn. signora Havr0y e Tabone (doc. 4376) sigiungeva fino
come voler far ricerche sulla faccia nascosta del- a parldre esplicitamente, anche se in termini alquanto vaghi, d i un <Difensore civico dellVinfanzia»:idea che è da
la luna senza possibilità di lanciare satelliti e d i porre, ci sembra, in stretta connessione con le proposte.
effettuare
voli spaziali che consentano d i ve- anch'esse contenute in auesta nioluzione. e anch'esse aur
..
derla. Porro unum , zl satellite che circumvoli la n;brodotte in corsivo, dei limiti dei diritti dei genitori e
della istituzione d i un avvocato d'ufficio per i fanciulli (II,
luna. Se no. che ricerca è?
4
nonche-di un norgano ufficiale allivello d i comunità loMa, realizzato questo, non intendiamo ne- cale. (II, a).
gare, e anzi siamo i primi a sostenere che la riIl mancato sviluppo d i tali concetti non ci dà, ovviamencercapotràpoiinfuire, e in modo non superfi- te, soddisjàzionepiena; resta a d ogni modo che gli obietticiale, nella stessa organizzazione del servizio di vi enunciati in questa risoluzione sono tra quelli più vicini
Difensore civico dell'infanzia, suggerendo a ra- alpunto di vista d i He?aud, der Sobiela e nostro.
Ma veniamo al testo d i essa:
gion veduta e scientzficamente come modificare, orientar diversamente e «sofirticare», si diL'Assemblea,
rebbe in inglese, la sua iniziale struttura: che
va dunque considerata solo come provvisoria.
[...l Sottolineando che la vitalità di una soSenonche/- sottentra qui il nostro préalable cietà dipende dalle possibilità di crescita nella
federalista - chi non vede come una ricerca in- sicurezza, come pure di sviluppo, di solidarietà
terdirciplinare così complessa come quella sug- e di pace che essa offre alle giovani generaziogerita - e che solo se realmente approfondita ni;
può esser reahente utile - non solo potrà at[ . . .] Considerando che le sevizie fisiche o la
tuarsi in modo serio unicamente quando vi sarà crudeltà mentale inflitte a fanciulli costituiscola concreta possibilità di venire a conoscenza no una delle forme di abuso più condannabili
della maggior parte dei casi e d'intervenire su che possano prodursi in un determinato Paese;
questi (tema su cui abbiamo insistito fin quz),
Considerando che per cattivi trattamenti
ma costituisce ahresi compito che assai pizì fa- non si devono intendere solo i castighi fisici inc i ' e n t e , e sopratutto seriamente, potrà esser flitti ai fanciulli dai genitori, o da chi ne fa le
svolto a livello europeo, piuttosto che naziow- veci, ma che si tratta di un problema più vasto
le (tema sul quale vogliamo spender ancora che si riferisce a tutti i maltrattamenti di ordine
fisico o morale, dalla mancanza di cure e dal riqualche parola) ?
Anni addietro il 4 Ttmes» aveva prospettato fiuto d'amore e d'affetto;
Considerando che tutti i governi membri deefficacemente, come u n grande case study continentale, la ricerca In tema oncologico (artico- vono dare la priorità a una legislazione che prolo d i Tony Smith nel numero del 7 aprile tegga in fanciulli contro i maltrattamenti in1977). Lo stesso ci sembra debba esser detto, a flitti dai parenti o dai tutori legali, compresa la
fortiori, per fa ricerca sui maltrattamenti~a~'in- possibilità, nei casi gravi, di sottrarre il fanciulfanzia, che richiede - se vuol davvero costituir lo maltrattato all'affidamento all'autore delle
u n contributo aff'avanzamento degli studi in sevizie;
.
[. . .] Raccomanda al Comitato dei Ministri di
far studiare immediatamente l'elaborazione di
dei diritti
fanciu1107
ispirata fra l'altro alle direttive seguenti.
Una Carta
I - Principi Generali
a) I fanciulli non devono più esser considerati come proprietà dei genitiri, ma riconosciuti
come individui aventi diritti propri e propri bisogni;
b, Occorre
nei Paesi
la politica
e i programmi delle autorità pubbliche tengano conto dell'importanza, per i fanciulli,
LXIV
ottobre 1984
COMUNI D'EUROPA
dell'amore e dell'affetto così come del loro bisogno di assistenza materiale;
[ . ..] e assicurino anzitutto la frequenza scolastica dei fanciulli più sfavoriti [. ..]
sulla famiglia, la contraccezione e le malattie
veneree;
6) bisognerebbe attribuire un'attenzione
particolare alla correlazione che può esservi fra
la prostituzione infantile, la criminalità organizzata, il traffico di stupefacenti, ed esser conI1 - Situazione giuridica del fanciullo
sapevoli che un atteggiamento liberale verso le
droghe cosiddette «leggere» rischia di avere
a) È necessario tutelare i diritti dei fanciulli conseguenze estremamente negative (cf. racconel loro ambiente istituendo a tal fine un Or- mandazione 609 dell'Assemblea del Consiglio
gano ufficiale a livello della comunità locale;
d'Europa) (l);
b) occorre armonizzare e uniformare magC) È necessario varare leggi e disposizioni rigiormente lo statuto giuridico del fanciullo in gorose per sopprimere la pornografia infantile
seno alla famiglia e di fronte alle istituzioni;
e armonizzare la legislazione degli stati memC) bisogna sostituire alla nozione di (patria bri in materia;
potestàw quella di ((patriaresponsabi(ità», pre4 Si deve prendere in considerazione l'elacisando i diritti del fanciullo come membro a borazione, da parte degli Stati membri del
sé della famiglia;
Consiglio d'Europa, di una Convenzione euro4 si deve migliorare il din'tto riconosciuto pea per la lotta contro questa forma di pornodalla legge al fanciullo di avere ilproprto rap- grafia. [Disgraziatamente le convinzioni e acpresentante giudiziario (avvocato d ' ufficio) in cordi internazionali sono, troppo spesso, solo
caso di procedimenti giudiziari fra genitori, chiffons de papier].
quali cause di divorzio e di separazione.
a) la proibizione del lavoro a tempo pieno al
disotto dei 18 anni deve essere, in tutti gli stati
membri, l'obiettivo da raggiungere e, nel frattempo, tutti gli stati membri dovrebbero accettare e applicare l'articolo 7 della Carta sociale
europea il quale fissa l'età minima di ammissione all'impiego;
6) il cosiddetto «lavoro occasionale» o lavoro
in un'impresa familiare deve esser rigorosamente disciplinato e non deve ostacolare minimamente la vita scolastica del fanciullo e il suo
normale sviluppo;
C) le norme europee relative all'età minima
di ammissione all'impiego dei fanciulli dovrebbero applicarsi anche alle società europee
operanti con sede all'estero;
4 poiché i genitori sono i primi responsabili
del lavoro dei fanciulli, le autorità pubbliche
competenti dovrebbero informarli regolarmente della legislazione in vigore, dei rischi e delle
conseguenze di tale lavoro.
VI - Cure mediche
I11 - Maltrattamenti inflitti ai fanciulli
a) Durante ilperiodo scolastico dovrebbe esser organizzata una preparazione al compito di
genitori per studenti d i ambo i sessi; durante il
periodo pre-natale, inoltre, bisognerebbe curare i n modo particolare che i futuri genitori siano ben informati dei bisogni delfanciullo;
b) i fanciulli dovrebbero essere aiutati, tramite diverse disposizioni sociali, e in particolare ad opera di centri comunali di protezione
dell'infanzia, a trovare I'àmbito sociale e vivificante di cui hanno bisogno; e i genitori dovrebbero essere aiutati a combinare vita familiare e lavoro fuori di casa nonché a condividere
insieme la responsabilità di genitori;
C) occorrerebbe chiedere agli insegnanti, e
alle altre persone in contatto regolare coi fanciulli, ove si accorgano che una famiglia attraversa un periodo difficile, di awertire i servizi
sociali;
4 bisognerebbe stabilir l'obbligo legale, per
gli specialisti della protezione dell'infanzia, di
awertire i servizi sociali quando sospettino che
dei fanciulli siano maltrattati, e incoraggiare
anche gli altri a prender analogamente contatto con le autorità sociali competenti in casi simili [sono proposte utili, ma non decisive, e
che rischiano per giunta di risultar controproducenti, come già abbiamo chiarito];
e ) dovrebbero esser prese disposizioni per migliorare la cooperazione fra gl'insegnanti, le
maestre d'asilo, gli psicologi, i giuristi e i funzionari di polizia per ciò che concerne i maltrattamenti inflitti a fanciulli;
j stante l'importanza di una diagnosi precoce, lo studio deiprobkmi relativi ai maltrattamenti dei fanciulli dovrebbe essere obbligatoriamente incluso nei programmi d'esame dz
tutte le categorie d i personale che si occupa
dell'infanzia nei paesi membri.
IV - Prostituzione e pornografia
a) È necessario incoraggiare un atteggiamento sano e responsabile di fronte ai problemi sessuali, diffondendo un'informazione obiettiva
V - Lavoro dei fanciulli
a) I1 diritto di ogni fanciullo all'alloggio, a
un nutrimento conveniente e all'ambiente adeguato dovrebbe essere riconosciuto;
6 ) Dovrebbe altresì essere assicurato il diritto
a cure adeguate, comprese misure efficaci contro la malattia e gli incidenti, nonché il diritto
a un buon controllo medico;
C)tutti i governi membri dovrebbero Mtituire sistemi di controlli medici obbligatori e gratuiti per i fanciulli
questa, e solo questa.
l'innovazzone realmente decisiva, qui purtroppo solo accennata];
(1) Su questo punto dissento radicalmente dal Consi4 bisognerebbe prestare molta attenzione
glio d'Europa. convinto come sono che il proibizionismo
costituisce una politica altrettanto illusoria. in ordine agli alla protezione contro l'abuso di medicamenti,
stupefacenti, quanto in ordine agli alcoolici. Ma l'argo- di tabacco e di alcool, e alla pubblicità radiomento è troppo complesso per non abbisognare - prima
televisiva di questi prodotti;
che affermazioni del genere vengano fatte - di un esame
e) dovrebbe essere garantito il diritto dei
approfondito: che ho cercato di svolgere in un apposito capitolo del mio volume Progetto costituente ed elezroni co- fanciulli handicappati a cure precise, a una formunitane. Manduria, Lacaita, 1984.
mazione e a una educazione adeguata [ . . .].
I1 lavoro dei fanciulli, in aumento nonostante la disoccupazione persistente nei Paesi membri, deve esser disciplinato in modo da proteggere il fanciullo contro lo sfruttamento, contro
i pericoli che minacciano la sua salute e contro
le pratiche nocive alla sua educazione e al suo
sviluppo fisico, morale e intellettuale mettendo in opera i principi giuridici seguenti:
ottobre 1984
COMUNI D'EUROPA
a Strasburgo, del Premio Robert Schuman - il
grande francese (edeuropeo) difrontiera -: in
quell'occasione il Rettore del Collège d' Europe
d i Bmgesl Bmgge, Henrì Brugmans, citò nella
sua prolusione la esemplare attività del CCE,
dell'AICCE i n particolare, e ricordò il convegno d i Bolzano /Bozen della stagione calda
(I 961).
Fermiamoci qui. Amici d i Bolzano/Bozen e
colleghi amministratori locali d i tutto il CCE,
che vogliamo fare ora, subito (non fra cinquant'anni;), per dare una spinta decisiva verso
('Unione Europea, quqndo ngurgiti nazionaiistici e razzisti sporcano qua e là /a nostra pat&
europea? Quaii iniziative per realizzare concretamente la mozione degli Stati generali dz
Francoforte del 1 95G?
Umbetto Setafini
13
Was wit fotdetn, auch andeten zugestehen
Zu den Ausfuhmngen des Herrn Abgeordneten Dr. Frasnelli in den «Dolomiten» vom 7.
August, fur dessen freundliche Worte ich sehr
danke, mochte ich folgendes sagen:
Offenbar bin ich mit meinem Leserbrief
vom 31. Juli migverstanden worden. Die von
Dr. Frasnelli angefuhrten Sonderrechte der
Sudtiroler Volksgruppe gegenuber dern Staatsvolk stehen vollig auBer Debatte. Aber es gibt
in Italien nicht nur die Sudtiroler Volksgmppe, es gibt auch andere Minderheiten, von deSprachgruppe ist die einzige echte Garantie nen Angehorige in Sudtirol leben, und es gibt
dafur, d d die Minderheiten geschutzt werden auch in Sudtirol lebende Einzelpersonen, die
und d d die substantielle Gleichheit herbei- weder dern italienischen Staatsvolk noch einer
gefuhn wird, was zur Beruhigung und zur Si- anderen Minderheit angehoren.
Was man fur die Sudtiroler Volksgruppe,
cherheit der Volksgmppen beitragt. Dies wird
die
Sudtiroler Minderheit, mit Recht fordert,
erhartet durch Urteile des Verfassungsgerichtsollte
man anderen Minderheiten bzw. Einzelshofs, wonach das Prinzip der substantiellen
personen,
die dern italienischen Staatsvolk
Gleichheit den ErlaB besonderer Bestimmunnicht
angehoren,
nicht verwehren: namlich das
gen fur Situationen, die objektiv verschieden
Recht,
sich,
danach
gefragt, zurn eigenen
und verfassungsmid3ig relevant sind, verlangt,
Volkstum
t
u
bekennen
bzw. sich nicht t u eiwie eben jene zurn Schutz der Minderheiten.
nem
ihnen
fremden
Volkstum
bekennen zu
Der VGH klart weiter auf, dai3 man unter Minmussen.
Das
ist
meiner
Ansicht
nach ein
derheitenschutz nicht nur die Notwendigkeit
ProporzbestimGrundprinzip.
Dies
mit
den
einer forme11 gleichen Behandlung zu verstehen hat, sondern aktiv und positiv zur Aus- mungen, die im Sinne Frasnellis v011 t u unterschaltung substantieller Ungleichheit beitra- streichen sind, in Einklang zu bringen, ist eine
wohl losbare Aufgabe fur die Juristen.
gen muB.
In meinem Leserbrief ging es mir aber gar
Laut Urteil Nr. 861 1975 stellt der Schutz der
nicht
so sehr um die Debatte um das Staatsratsprachlichen Minderheiten uzweifellos etwas
surteil
(das im ubrigen den Rekurrierenden
mehr daru als den Grundsatz der Gleichheit.
nur
zurn
Teil recht gab und die ProporzbeDieser Schutz verlangt eine spezifisch udiffestimmungen
nicht tangierte), sondern um die
renzierte Behandlungn und geht hauptsachlich
Gefahr,
daB
Rechtsdenken auch in Sudtirol
dahin, die Angehorigen der Minderheiten ugesich,
wenn
auch
vorerst unbewuBt, an den eigen Zwangsangleichungen zu sichern~.
genen
Interessen
orientiert. Dies ist fur jedes
Wenn mann nun einem Urteil des Staatsrats
Volk,
auf
lange
Sicht gesehen, verheerend,
entnehmen muB, d d es dern Rekurssteller vor
noch
gefahrlicher
aber
fur eine Volksgruppe in
ailem um das Zufallbringen der wichtigsten
einem
fremden
Staat.
Leider mussen VolkSaule der Autonomie, namlich der Proporzresgruppen,
wenn
sie
sich
halten und fur jede
gelung, geht, die jene substantielle Ungleichsein
wollen, sich als
Eventualitat
gewappnet
heit
man denke an den Staatsdienst - abprinzipientreuer
erweisen,
als
es die meisten
bauen sol1 bzw. eine substantielle Gleichheit
Staaten
in
ihrer
Politik
sind.
Das
ist zugegebeebenfalls schrittweise verwirklichen will, dann
nermaBen
of
schwierig,
kann
aber
auch als
wird man verstehen, wamm die politische VerAufgabe
von
hochstem
Wert
betrachtet
wertretung von uber 90 Prozent der Sudtiroler, die
den.
Die
moralische
Kraft,
die
eine
solche
beSVP, verpflichtet ist, mit so groBer WachsamwuBte
konsequente
Haltung
vermittelt,
das
keit bestimmten Anfangen zu wehren.
Die Rechte des einzelnen Angehorigen der Vetrauen und der Respekt, aber auch die
Minderheit und der in Sudtirol lebenden Unangreifbarkeit, die sie zur Folge haben, wieSprachgmppen wollen wir schutzen. Tatsachli- gen jeden momentanen kleinen Nachteil auf.
cher Schutz allein schaft in Sudtirol dauerhafte Dazu braucht es allerdings auch strategisches
Denken, wahrend leider die nahen Vorteile
Sicherheit und darnit Frieden.
der Taktik meist soviel bequemer erscheinen.
Ubert Frasnelli,
SVP-Fraktionsvorsitzender i m Landtag
Dt. V. Stadlmayet, Innsbtuck
«Dolomiten»: civpile scambio di idee
Wet Sudtitol liebt, muB voiiet Sorge sein
Der Fraktionsfuhrer der SVP, Dr. Frasnelli,
den ich sehr schatze, erklarte laut uDolomiteo»
vom 2 1 . J u l i im Rahmen der AbschiuBerklamngen zur Haushaltsdebatte im
Landtag in bezug auf das Staatsratsurteil zur
Volkszahlung 1981, d d wohl das Recht und
die Freiheit des einzelnen in einem demokratischen Staat bewahrt bleiben mussen, aber
aRecht und Freiheit einer Gemeinschaft uber
dern Recht und der Fteiheit des einzelnen stehen muBtenn.
Diese Auffassung, unbefangen geauBen,
von der Mehrheit offenbar kritiklos angehort
und ebenso unbefangen wiedergegeben, muB
jeden, der die vergangenen Diktaturen miterlebte, zutiefst besturzen. Hat man vollig vergessen - oder weiB man es uberhaupt nicht
-, d d genau dieser Gmndsatz das deutsche
Volk in den Abgrund gefuhrt hat? tRecht ist,
was dern Volke nutztu, hieB es damais. Und:
aDer einzelne ist nichts, die Gemeinschaft ist
allesu.
Das Recht aber ist unteilbar. Das ist das
Gmndprintip eines jeden Rechtsstaates, das
Grundprinzip der parlamentarischen Demokratie. Wer das Recht von 0,01 Prozent der
Burger nicht anerkennt, kann sich nicht beklagen, wenn auch einmal sein Recht - im Fa11
der Sudtiroler von 0,5 Prozent der Burger des
itaiienischen Staates im Namen des uRechts der
Gemeinschaft der italienischen Nation~- (erneut) miBachtet wird. Mussolini wird sich in
seinem Grab freuen. Aber wer Sudtirol liebt,
rnu13 voller Sorge sein.
Viktoria Stadimayer, Innsbruck
-
Klare Worte zum Schutz der Volhgruppe
Zum Leserbrief von Frau Hofrat Dr. Viktoria
Stadlmayer (uDo1.u vom 31. Juli), der
unermudlichen Verfechterin der Anliegen der
Tiroler sudlich des Brenners, die sich dabei auf
eine Kurzmeldung der «Dolomitenn bezog,
folgendes:
In der besagten Landhausdebatte habe ich
mich ausfuhrlich und, wie ich hoffe, auch differenziert mit der heiklen Materie auseinandergesetzt.
Ausgehend von Oberlegungen zurn Sicherheitsbedurfnis, das dern Sudtiroler als deut- Chi ama il Sudtitolo deve provare grande
sche und ladinische Minderheit eigen ist, .wur- preoccupazione
den von mir bezuglich der Grundsatze zurn
Schutz der Minderheit und Gleichheit der
Il capogruppo della S W , Dr Frasnelii, che
Burger - und dies in Zusammenhang mit der stimo molto, ha dichiarato (Dolomiten, 21 luSprachgruppenerhebung - u. a. folgende, von glio) a conclusione del dibattito sul bilancio alProf. R. Riz erarbeitete Positionen narnens der la giunta regionale e con n+rimento alla senSVP vertreten:
tenza del Consiglio d i Stato sul censimento del
aDie Erhebung der Zugehorigkeit zu einer 1981, che in uno Stato democratico bisogna, è
una nostra traduzione
Scambio di lettere su «Dolomiten»
vero, tutelare il diri2to e la libertà individuali
ma che il ~din'ttoe la libertà d i una comunità
devono essere al di sopra del din2to e della libertà dei singolis. Questa concezione, formulata con disinvoltura, ascoltata apparentemente senza contestazioni dalla maggioranza e +erita altrettanto disinvoltamente non può non
sconvolgere profondamente chiunque abbia
vissuto l'esperienza delle trascorse dittature. Si
14
COMUNI D'EUROPA
è forse dimenticato completamente - o si
ignora - che è stato proprio questo principio a
condurre il popolo tedesco nell'abisso? <Ildiritto è quanto giova alpopolo, si diceva allora.
E: ~L'individuonon è nulla, la comunità è tutto*.
Ma il diritto è indivisibile. È questo ilprincipio su cui si fonda ogni Stato di diritto, ilprincipio basilare della democrazia parlamentare.
Chi non riconosce i diritti dello 0,01% dei cittadini non può lamentarsi se anche ipropri diritti - nel caso dei sudtirolesi, quelli dello
o,J % dei cittadini dello Stato italiano - vengono (nuovamente) misconosciuti in nome del
((dittto della comunità nazionale italiana*.
Mussolini gongolerà nella tomba. Ma chi ama
il Sudtirolo deve provare una grande preoccupazione.
Viktoria Stadlmayer, Innsbmck
Dolomiten, 31 luglio 1984
dell'autonomia, cioè le norme proponionali,
destinate a ridurre ad u n punto tale le disparità
sostanziali - basta solo pensare all'impiego
pubblico - e analizzare pian piano una sostanziale eguaglianza, allora si capirà perche*la
rappresentanza politica di oltre il 90% dei sud
tirolesi, il SVP, sente l'obbligo d i osservare attentamente certe tendenze e d i impedirle già
sul nascere.
Intendiamo difendere i diritti dei singoli individui appartenenti alla minoranza e ai gruppi linguistici del Sud Tirolo. Soltanto una difesa reale dz questz può creare nel Sud Tirolo
una sicurezza durevole e quindi la pace.
Ubert Frasnelli
Capogruppo del SVP nel Consiglio
provinciale
Dolomiten, 7 agosto 1984
Espressioni chiare in favore del gruppo etnico
Con nierimento alle dichiarazioni dell'onorevole Dr. Frasnelli - che ringrazio delle sue
cortesi parole - pubblicate il 7 agosto da Dofomiten, vorreifar presente quanto segue:
Evidentemente la mia lettera al direttore del
31 luglio è stata fraintesa. I diritti speciali del
gruppo etnico sudtirolese nei confronti della
maggioranza etnica menzionati dal Dr. Frasnelli sono assolutamente fLori' dircussione. Ma
in Itafia non esiste soltanto il gruppo etnico
sudtirolese, vi sono anche altre minoranze,
membri delle quali vivono nel Sudtirolo e individui che non appartengono ne' alla maggioranza etnica, ne*ad una minoranza.
Quanto viene giustamente rivendicato per il
gruppo etnico sudtirolese, per la minoranza
sudtirolese. non dovrebbe essere reso inaccessi-
Con riferimento alla lettera al direttore della
sig.ra Viktotia Stadlmayer (pubblicata su #Dolomitenw del 3 1 luglio) , ardua sostenittice degli
interessi dei tirolesi, che vivono al sud del
Brennero, che a sua volta si tiferiva ad una breve notizia apparsa su questo giornale, vorrei
precisare quanto segue: nella seduta citata della giunta regionale ho cercato di chiarire in modo dettagliato e, come spero, anche dzflerenziato, la delicata materia in questione.
Partendo dalle riflessioni sul baogno d i sicurezza proprio al sud tirolese, in quanto minoranza tedesca e ladina, per quanto riguarda i
principi sulla tutela delle ntinwanze e l'eguaglianza dei cittadini, ho sostenuto - in relazione al censimento linguistico - fra l'altro a
nome del SVP le seguenti posizioni elaborate
dal prof: R. Riz: u i l censimento sull'appartenenza ad u n gruppo linguistico rappresenta
l'unica vera garanzia per la tutela delle minoranze e lo sviluppo d i una sostanziale eguaglianza, che contribuisce a. tranquillizzare oppure a pacificare e rassicurare i grupbi etnici#.
Ciò viene confermato anche attraverso le sentenze della Corte Costituzionale, secondo le
quali il princzpio dell'uguaglianza sostanziale
richiede l'emanazione dz norme particolari' riguardanti situazionz costituzionalmente rilevanti ma oggettivamente diverse come /o sono
appunto le norme per la tutela delle minoranze. La Corte Costituzionale spiega inoltre che
la tutela delle minoranze non comprende soltanto fa necessità dz u n trattamento formafmente uguale, ma che deve contribuire in maniera attiva e positiva all'e/iminazione di disparità sostanziali.
Secondo fa sentenza n . R6/197J fa tutela
delle minoranze linguistiche rappresenta «indubbiamente), qualcosa a5 piii, «del principio
dell'uguaglianza,. Questa tutela richiede infatti u n particolare ntrattamento dzffirenziatow
mirante soprattutto .a difendere gli individui
appartenenti alle minoranze contro «un'uguaglianza fonatau.
Se ora si deve leggere in una sentenza del
Consiglio di Stato che ilfacente ricorso intende
soprattutto eliminare ilpiii importante pilastro
Ammettere anche per gli altri quanto
rivendichiamo per noi stessi
ottobre 1984
bile ad altre minoranze o ad altri individui che
non fanno parte della maggioranza etnica. Mi
rijèricco al diritto d i dichiararsi, se viene loro richiesto, membri dellapropria etnia d i origine e
non d i u n gruppo allogeno. L 'armonizzazione
d i questo principio con le disposizioni proporzionali esposte da Frasnelli e degne del massim o appoggio non è compito impossibile per i
giunsti.
Nella mia lettera al direttore, tuttavia, non
m i preoccupavo tanto della discussione attorno
alla sentenza del Consiglio d i Stato (che dava
peraltro soltanto parzialmente ragione al ricorrente e non toccava le norme proponionafz)
bensì del rischio che, anche in Sudtirolo, sia
pure all'inizio inconsciamente, l'impostazione
del diritto finisca per orientarsi verso la tutela
degli interessi di u n unico gruppo.
Nel lungo periodo ciò sarebbe disastroso per
qualsiasi popolo, ma sarebbe ancora piu pericoloso per una minoranza etnica in un paese
straniero. Purtroppo
le minoranze etniche, se
vogliono mantenersi in vita e se intendono essere pronte a fronteggiare qualsiasi eventualità
debbono dimostrarsi piiì fedeli ai principi di
quanto lo siano la maggior parte degli Stati
nelle loro politiche. Si tratta spesso d i u n compito dzfficile, lo ammetto, ma d i u n compito
che può essere considerato estremamente valido. La forza morale derivante da u n siffatto atteggiamento d i consapevole coerenza, la fiducia e il rispetto, ma anche l'inattaccabilità che
ne niulterebbero contro bilancerebbero qualsiasi piccolo svantaggio momentaneo. A talfine occorre anche un'impostazione strategica,
mentre, putroppo, si considerano in genere assaipiù comodi i vantaggi tattici immediati.
Dr. V. Stadlmayer, Innsbmck
Dolomiten, 21 agosto 1984
Gli atti del Convegno di Rimini sul turismo
Invitiamo gli amministratori a nchzedere alla nostra segrete& il Quaderno n. 9 sulla politica europea delturismo, atti del Convegno di Rimini.
Ricordìamo alcuni temi:
ulmpegno politico ed operativo delle Regioni e
dei Poteri locali per il turismo.
uTurismo europeo e sviluppo sociale. economico
e culturale: realtà e prospettive,
al'apporto dei gemellaggi nello sviluppo del turismo localew
Precisiamo che alcune comunicazioni al Convegno, involontariamente non pubblicate, sono
~igualmentedisponibili: ce ne ~ c w i a m ocon gli autori e qui diseguito indichiamo i temi:
sRuolo del movimento cooperativo internazionale per favorire gli scambi turistici, di Dina Rinaldi, presidente dell'Associazione nazionale deiie
cooperative tuhtiche-Lega;
organizzazione produttiva del lavoro per il godimento delle ferie, di ~ i l b e r t oPascucci, segretano generale della Federazione lavori commercio,
tunimo e ~ervizidella CGIL;
aTurismo e credito, di Franco Montebelli, preszdente della CaJJa di Risparmio di Rimini.
ottobre l984
COMUNI D'EUROPA
Rivedere la politica agricola comune
per garantire l'ampliamento della Comunità
la è per la Comunità impossibile: ha ragione
Mitterrand quando dichiara che I'ampliamento va fatto ucosti quel che costi» (6).
di Luigi Troiani
Gli squilibri della PAC
Tra i capitoli che ostacolano una sollecita
conclusione delle trattative tra Comunità, Portogallo e Spagna, quello agricolo non è certo
l'ultimo per ordine di difficoltà, specie dal vertice di Stoccarda del giugno 1983 quando alcuni paesi membri - con riferimento all'ampliamento - hanno sommato al contenzioso utecn i c o ~sulle produzioni mediterranee, la questione upolitica della dotazione di bilancio e
dell'aumento delle risorse proprie (1). La Repubblica federale, e in seconda fila Olanda e
Danimarca, legano il passaggio al versamento
de11' 1,4% dell'IVA nelle casse comunitarie
all'ingresso di Spagna e Portogallo; nel frattempo attendono un definitivo riassetto della
PAC e non intendono finanziare con apporti
straordinari il bilancio comunitario.
Dopo aver chiesto per anni ai due paesi candidati di adattare il loro primario ai bisogni
della Politica agricola europea, dopo aver contrattato la salvaguardia delle quote di mercato
di questo o quel prodotto, la Comunità conferma implicitamente che il problema agricolo
appartiene già ai Dieci (come a suo tempo ai
Nove) a prescindere dalle adesioni, anche se
ogni nuovo ingresso contribuisce ad aggravare
una situazione strutturalmente squilibrata (2).
Sul fatto che occorra porre mano alla revisione dei meccanismi della PAC non possono esservi dubbi. La politica agricola comune è riuscita a garantire I'approwigionamento dei beni
alimentari: è un successo da non sottovalutare,
ma è probabilmente l'unico rispetto a una nutrita serie di finalità che non sono state soddisfatte. Vi è sproporzione tra la spesa comunitaria globale e la spesa agricola che si aggira intorno al 70% del bilancio: è una sproporzione
che in qualche modo si sta sanando, e viene
confermato dalla controversa decisione dei ministri delle finanze di inizio ottobre (3). Ma oc(1) 11 governo della RFT accetta l'aumento del gettito
nazionale IVA destinato a finanziare le risorse proprie, ma
ritiene di poter sottomettere all'approvazione del suo Parlainento una decisione del genere, soltanto se viene presentata come supporto alle esigenze dell'ampliamento.
(2) aÈ importante notare che, con l'eventuale aggiunta
della Spagna la componente mediterranea, dell'agricoltura
CEE, in ettari, non verrebbe a subire variazioni percentuali
di rilievo. passando dal 17% al 18% del totale. Ciò comporta che non sarà l'accesso della Spagna ad alterare. da un
punto di vista tecnico, gli squilibri tra i partners connessi
alla realizzazione della PAC,, Troiani L,, Ampliamento
della Comunità a Grecia Portogallo e Spagna, pag. 55, Roma 1979.
(3) I1 Consiglio dei ministri delle finanze di ottobre trova il modo di coprire il bilancio supplementare '84, risolvendo - con il consenso del Parlamento Europeo - la
questione del rimborso alla Gran Bretagna. Resta da approvare la legge finanziaria del 1985, che ha un deficit di
oltre 3.000 miliardi di lire. I ministri concordano che dal
1986 le spese comunitarie - soprattutto quelle agricole siano fissate in funzione delle risorse proprie disponibili e
che in particolare quelle agricole, calcolate su base triennale, debbano aumentare a un ritmo minore di quello delle
entrate comuntarie. Il tetto massimo della spesa agricola
verrebbe fissato dai Ministri delle finanze ogni anno dopo
la fissazione dei prezzi agricoli. Francia e Danimarca hanno
opposto una riserva. Parlamentari europei hanno protestato per quello che ritengono un attentato ai loro poteri. De-
corre andare avanti, partendo da due constatazioni.
Quando nasce la Comunità, e con essa l'abbozzo della politica di sostegno ai prezzi agricoli, nei sei paesi lavora all'agricoltura il
26,1% della popolazione attiva (in Danimarca
il 24,9 Oh, in Gran Bretagna il 4,6 YO, in Irlanda
il 38,9 % ); negli anni '80 a lavorare nel primario c'é poco più de11'8% della popolazione attiva dei Dieci. Nel frattempo il contributo
dell'agricoltura alla formazione del Prodotto
lordo è sceso dal 10,7% del 1956 (4,5Oh in
Gran Bretagna, 18,5'% in Danimarca, 27,2%
in Irlanda), al 4% circa (4). La serie dei *casi»
di sovrapproduzioni - agrumi, carne, vino,
latte e burro (5) - e quanto è prevedibile possa accadere dopo l'ampliamento, con riferimento alla concorrenza tra produzioni mediterranee comunitarie e alle esportazioni dei
paesi mediterranei associati, impongono decisioni che siano insieme eque (sostegno al reddito dei piccoli-medi agricoltori), economiche
(no alla dispersione di risorse), e di interesse
comunitario (sia sotto il profilo dell'attribuzione di risorse ad altre politiche non meno importanti dell'agricola, sia sotto il profilo del
rapporto con i paesi terzi del Mediterraneo).
Occorre, nel costruire il nuovo assetto della
PAC nel contesto della revisione della struttura
del bilancio comunitario, non penalizzare i
paesi candidati e la loro agricoltura. Non può
dimenticarsi che le trattative vanno avanti da
otto anni, e che il vertice di Fontainebleau ha
assunto l'impegno solenne di avere dal 1 gennaio 1986 Spagna e Portogallo nella Comunità. Per il dossier agricolo (lo scoglio è ora rappresentato dal vino), come per gli altri della
pesca, del disarmo tariffario industriale, del
trattamento sociale, la soluzione deve passare
innanzitutto attraverso risposte politiche.
Perché sin dall'inizio la trattativa con i due
paesi è stata intesa come rapporto politico, per
scelta degli stessi governi comunitari. Dirà la
storia se si è trattato di un atto di miopia o di
lungimiranza. Ma cambiare ora le carte in tavocideranno i ministri degli esteri: ai poteri del Consiglo degli esteri si appella il principale beneficiario dell'attuale regime di PAC. la Danimarca. ma anche Francia e Gran Bretagna.
(4) Fonti: Ocse e Eurostat .
(5) Agrumi, soltanto un dato: quest'anno sono andati
al macero in Sicilia circa 7 milioni di quintali di arance. limoni e mandarini, un terzo della produzione dell'isola. I1
vino costituisce il caso attualmente più ostico della revisione della PAC: se ne parla in dettaglio più avanti, così come
del latte e del burro. Secondo il Financial Times del 14 ottobre 503.000 tonnellate di carne sono stoccate in magazzini comunitari. A tale quantitativo varino sommate altre
70.000 tonnellate depositate in celle frigorifere private. Le
nuove carcasse, per 25.000 tonn. settimanali, dovrebbero
condurre lo stoccaggio totale di carne comunitaria per fine
anno al tetto di almeno 600.000 tonnellate: Austria, Svizzera e Spagna hanno concesso loro frigoriferi per la conservazione. Ma ci sono anche i paesi che finiscono a fare farina
per gli animali e le patate gettate in fosse apposite. A proposito di patate, si annuncia in Gran Bretagna un raccolto
record e il ritiro dal mercato di C. 500.000 tonnellate.
Proiettata nella dimensione della Comunità
ampliata, la situazione agraria europea manifesta tre fondamentali squilibri che si esprimono:
a - tra paesi,
b - tra prodotti,
C - tra regioni.
Essi sono fortemente interrelati, ma per comodità metodologica vengono qui esaminati
separatamente.
a - È risaputo che i meccanismi della PAC
offrono la massima garanzia alla grande agricoltura del centro-nord, la garanzia minima alla piccola impresa agricolta di tipo mediterraneo.
I produttori di vino, di legumi, di fmtta,
d'olio d'oliva, sono oggettivamente penalizzati da un sistema creato per difendere gli interessi dei paesi non mediterranei e delle grandi
organizzazioni capitalistiche di mercato, e che
aggiustamenti parziali successivi non hanno sostanzialmente innovato. Conflitti tra i paesi
produttori di prodotti mediterranei hanno trovato l'espressione più clamorosa negli atti di
sabotaggio dei vignerons del Roussilon-Languedoc alle esportazioni di vino italiano o spagnolo, o nel rovesciamento dei camions di frutta e ortaggi provenienti dalla Spagna, ma si
manifestano regolarmente in atti di politica
agraria dei paesi membri come mostra il dissidio sul vino tra Francia e Italia. Continuando
così il progetto di Francia e Italia di spostare il
baricentro dell'attenzione agricola comunitaria
verso le produzioni mediterranee, facendo aggio sull'ingresso di Grecia, Portogallo e Spagna. è destinato all'insuccesso.
Con i paesi del nord che hanno accettato sistemi di quota e10 di contingentamento per
loro prodotti a chiedere sistemi similiari per il
vino e l'olio d'oliva; con l'ingresso spagnolo
che, se awenisse oggi, farebbe crescere del
25 % il mercato del vino e dei legumi, del 48%
quello della frutta, del 59% quello dell'olio
d'oliva, ulteriori tensioni tra paesi mediterranei sono scontate. Al contrario - attraverso
l'ampliamento - paesi nordici con produzioni
eccedentarie (barbabietole da zucchero, lattiero-caseari) si trovano a beneficiare di un nuovo
mercato.
b - Eccedenze agricole strutturali di tipo
mediterraneo sono previste nella Comunità a
dodici nel settore vinicolo (C.,112Oh) rispetto
all'attuale eccedenza dei Dieci pari a C. il
108%. Difficoltà solo transitorie dovrebbero
presentare i mercati dell'olio d'oliva, dei legumi freschi e trasformati, dei mandarini e di altri piccoli agrumi, delle patate, dei pomodori.
Per le produzioni continentali, si ripresenterà
presto il problema del latte, mentre il burro
continua a fare cronaca per le sue montagne:
(6) La frase, pronunciata dal presidente francese durante la sua recente visita in Aquitania e Paese basco-francese,
è stata ripresa e sottolineata dagli autorevoli Le Monde e E1
Pais.
COMUNI D'EUROPA
nel prossimo Natale verranno distribuiti nei
paesi membri pani di burro fresco a metà prezzo, e acquirenti terzi potranno comprare burro
vecchio di 18 mesi a 115 del prezzo ufficiale.
Ciò al fine di ridurre la quantità di burro stoccata, che è di 1,25 milioni di tonnellate. Comunque è il vino il prodotto più chiacchierato
del momento (7).
Al Consiglio agricolo di metà settembre, la
Commissione ha presentato alcune proposte
tese a disciplinare l'eccedenza vinicola: 34 miliardi di hl. per la sola stagione '83-'84, e costi
per 1.400 miliardi di lire. La Francia, che giudica insufficiente il piano della Commissione
(premi di sradicamento, divieto di alcuni tipi
di reimpianto, etc.), ha chiesto l'istituzione di
usoglie di rendimento*, appoggiata, in questa
operazione, da Rft , Olanda, Gran Bretagna. I1
ministro dell'agricoltura francese Rocard ha dichiarato in quella sede che senza l'accordo sul
vino il negoziato con Spagna e Portogallo non
avrebbe potuto essere sbloccato. Alle «soglie»,
che puntano a garantire il mercato dei vini
francesi, contro I'arrembaggio dei vini del sud
italiano e la prevedibile concorrenza spagnola,
l'Italia ha opposto un netto rifiuto. La Commissione ha tentato una soluzione meno distante dagli interessi italiani nel Consiglio del 2
ottobre, abbandonando l'idea delle «soglie, e
sostituendovi quella di un <punto, per I'applicazione della distillazione obbligatoria. I1
upunto, è equivalente a 100 milioni di hl. per
stagione, immodificabile per un triennio. Al
prodotto eccedentario viene garantita la distillazione obbligatoria, per volumi proporzionali
alla produzione media di vino da tavola dei tre
anni precedenti; le quantità di distillato per
produttore sono stabilite in proporzione al rendimento per ettari, regione per regione. La
Commissione ha confermato di voler ridurre il
prezzo pagato per la distillazione obbligatoria
tra il 60% e il 50% del prezzo di orientamento; per i casi di terreni con rendimento elevato
(140 hl. per ha) si scenderebbe al 40%. Come
misure strutturali la Commissione ha ripresentato i premi all'estirpazione (non per il vino di
collina), riduzioni del diritto di reimpianto
nelle zone pianeggianti, la soppressione dello
zuccheraggio e degli aiuti al mosto concentrato
entro il 1990. Al pacchetto di proposte Italia e
Grecia hanno negato l'assenso, spalleggiate a
sorpresa dalla stessa Francia e dalla Germania
(per lo zuccheraggio).
I1 piccolo passo in avanti compiuto è troppo
poco rispetto ai problemi che il settore vino
presenta con l'ingresso spagnolo. Benché sia
difficile fare previsioni esatte rispetto all'eccedenza - il vino spagnolo ha rendimenti quantitativi e qualitativi fortemente alterni - la stima generale prevede nell'Europa a dodici
un'eccedenza di 22 milioni di hl. annui. La linea italiana - contrari ad ogni misura che penalizzi il prodotto, e favorevole a porre limiti
alla superficie coltivata a vite attraverso incentivi adatti - ha probabilmente un profilo troppo basso rispetto ai bisogni, ma d'altra parte
non si può chiedere al vitivinicolo del Mezzo(7)
giorno di smobilitare da un giorno all'altro per
fare posto al vino spagnolo e francese. Ha ragione un commentatore iberico quando - richiamando come il vino spagnolo sia già fortemente eccedentario rispetto ai bisogni nazionali (v. Tab. i ) si chiede se gli spagnoli «non debbano ritenere come logica la reazione dei vicini, perché è un'illusione pretendere che si facciano carico dei nostri eccedenti strutturali.
Possiamo dir loro ciò che vogliamo, meno che
di mostrarsi tonti, e lo sarebbero se ammettessero la nostra concorrenza diretta, dopo aver
dedicato 50.000.000 di ECUalla ristrutturazione del settore vinicolo. Un settore che, per
giunta, non produce eccedenti, se non in minima quantità, (8).
Resta, però, che i paesi membri non trovano
Tab. 1
Campagna
-
Vino spagnolo: produzione, consumo, eccedenze
Produzione
(in milioni H.)
Consumo interno
(in milioni H.)
Grado di autopprowiggionamento in O/o
32,57
25,7
126,3
Media
Fonre: Pais. 24 luglio 1982. elaborazionedar, FORPPA e COAG
ancora l'accordo per una proposta negoziale alla Spagna.
C - La Comunità ampliata passerà a un indice di squilibrio tra regione più povera e regione
più ricca di 1: 12. contro l'attuale 1:5. Per I'accrescersi dei divari regionali è già deciso I'incremerito della spesa dei Fondi d'intervento comunitario, che hanno attinenza con lo sviluppo delle aree arretrate. In rapporto all'agricoltura il discorso si propone sotto due profili: il
primo riguarda l'incidenza che l'agricoltura
viene ad avere sullo sviluppo regionale, il secondo l'impatto uregionale, della concorrenza
agricola intra-comunitaria nell'Europa allargata.
In quanto al primo profilo l'esperienza del
nostro sud tende a sconsigliare a portoghesi e
spagnoli eccessivo ottimismo. I1 reddito medio
pro-capite nel sud Italia era nei 1960 pari ai
39% di quello medio comunitario; nel 1970
era al 50%, scivolava ai 46% nei 1973, ai 4 1%
nel 1976, per regredire quindi tendenzialmente verso i valori del 1960. La situazione non si
spiega soltanto con la problematica strutturale
di questa, come di altre, aree arretrate d'Europa: calcoli della Commissione dicono che, fatto
pari a 100 l'indice del sostegno comunitario,
Per un esame più approfondito del mercato del vino l'indice del sostegno espresso verso le regioni
comunitario e italiano, v. Troiani L,, La politica agricola
comune per il vino: i problemi dell'ampliamento. in Comuni d'Europa, giugno 1981.
del bacino parigino, del centro e del sud del
Regno unito, del nord e dell'est della Germania, si situa tra 120 e 135; si situa al di sotto del
valore 80 con riferimento ad alcune regioni del
Mezzogiorno, del nord est d'Italia, del Midi
francese. La PAC non ha responsabilità particolari rispetto a questo stato di cose, benché
uno studio sull'impatto regionale della PAC
mostra come il reddito medio di un operatore
agricolo nel gruppo delle cinque regioni più
ricche della Comunità (in Beglio, Olanda, Danimarca, nord della RFT)sia di circa sette volte
superiore a quello registrato dal gruppo delle
cinque regioni più deboli (Umbria, Donegal,
Basilicata, Irlanda ovest, Molise). Una funzione diversa del FEOGA orientamento avrebbe
contribuito a mutare la situazione di squili-
(8) Baguena F., Santacana J . , Coag, Pmblemas del vino
espaiiol. E1 Pais. 24 luglio 1982.
brio, ma neppure può gettarsi la responsabilità
dello scadimento soltanto sulle istituzioni comunitarie e sui governi dei paesi membri. A
prescindere dai problemi strutturali del bilancio comunitario (con la sua inconsistenza quantitativa e la sua cattiva organizzazione qualitativa) vi sono fondi che spesso non sono stati
spesi dall'Italia a causa di lungaggini burocratiche, di pressappochismo amministrativo, di sinecura per la cosa pubblica. Si pensi all'utilizzo del Fondo regionale comunitario: gratificata
del 39% del bilancio del Fondo, l'Italia ha
creato o conservato con quel denaro 74.930 posti di lavoro, mentre il Francia con il 13,5% dei
fondi gli impieghi nuovi sono stati 173.960, e
in Gran Bretagna, con il 21% dei fondi,
161.380 (9). O si guardi ai 60 miliardi del Fondo sociale che l'Italia sta perdendo in queste
settimane per inadempienze amministrative
(10). È inutile, anzi dannoso, continuare a protestare per il modo *tedesco» con cui funziona
la macchina comunitaria (ma non ci sono anche i nostri rappresentanti ad assumere le decisioni e a gestirle?) se poi, una volta accettate e
sottoscritte delle regole di comportamento, ad
(9) Proni R. sulla Stampa del 16 ottobre 1984.
(10) La notizia 6 data dall'agenzia Europa-Regioni n.
3211984. Anche per sue responsabilità l'Italia passerebbe
così da un tasso di utilizzazione del FES del 21-22% ad un
tasso del 14-1J % per l'anno 1984.
ottobre 1984
esse si pretende di poter vepire meno (1 1). La
Spagna approfitterà delle eventuali insufficienze italiane, visto che il suo governo punta molte delle carte dello sviluppo sul rilancio della
macchina amministrativa. Gonzalez ha proweduto già a predisporre strumenti legislativi che
consentano dal primo giorno d'adesione l'utilizzo dei fondi comunitari per la politica regionale: una Conferenza settoriale di pianificazione regionale, concepita come un meccanismo
di contatto permanente tra gli organi di pianificazione dell'Amministrazione centrale e
quelli delle comunità autonome, vi giocherà
una parte di rilievo (12).
In quanto al secondo profilo, alcuni esempi
dell'impatto che la concorrenzialità di prodotti
dei nuovi membri avrà su regioni ed aree che di
quei prodotti sono tradizionali esportatori.
Trentina, Puglia, Calabria soffriranno la concorrenza delle mele ( + 13% ) e delle pere
( + 17 % ) spagnole. Così la Sicilia dovrà vedersela con gli agrumi iberici, e presumibilmente
la sua situazione comparata peggiorerà ancora
(13). Per questi prodotti, come d'altronde per
il vino, la concorrenza sarà molto agguerrita e
le ripercussioni regionali abbastanza rilevanti;
la Spagna - ma per alcune produzioni anche
il piccolo Portogallo (14) - ha forti capacità
espansive, avendo proweduto a una ristruttu(1 1) Tipico l'atteggiamento che sta seguendo il Ministro
Pandolfi sul latte. I1 nostro ministro dell'agricoltura rivendica all'Italia il diritto di considerarsi un .bacino unico di
produzione~e di alterare il dato eprowisorion sulla nostra
produzione di latte del 1983 - cui è stata ancorata la quota dell'Italia per gli anni successivi - da 99.1 a 100,8 milioni di quintali. Tutto questo per consentire al nostro paese di ndisobbedire~all'accotdo assunto dal Consiglio agricolo comunitario il 31 marzo scorso, e di portare a livelli
più alti dei concordati la produzione di latte italiano nel
prossimo quinquennio.
Valga il commento di Arturo Guatelli sul Corriere del 2 1
ottobre: uriproponendo l'eccezione si finge di ignorare lo
scopo della legislazione comunitaria: che è quello di ridurre - anche in Italia - la produzione di latte».
(12) Si ricorda che, secondo l'accordo sul capitolo di Politica regionale siglato il 22 marzo 1982, la Spagna parteciperà sin dai primo giorno dell'adesione alle prowidenze
del FESR.
(13) Il secondo piano agrumi italiano pubblicato in
gennaio sulla G.U. prevede che la Sicilia assorba 430 miliardi (il 63% del totale) al fine di migliorare il proprio
prodotto agmmicolo e riconvertire gli impianti. La Stampa
del l 4 ottobre dà notizia che all'assessorato all'Agricoltura
della Regione Siciliana sono arrivati soltanto due progetti
per un totale di 400 milioni. Evidentemente i produttori
siciliani - per convenienza o per disinformazione. preferiscono continuare ad inviare la loro produzione al macero.
Soltanto quest'anno i bulldozer dell'Aima hanno schiacciato 7 milioni di quintali di arance, limoni e mandarini,
circa un terzo dell'intera produzione isolana di agmmi. Poi
non serve a molto lamentare che l'Italia rifornisce il mercato agmmicolo comunitario per il 3,5 %, mentre la Spagna
èa155Oh.
(14) Anche se non rientra nella categoria propria dei
prodotti agricoli, merita un cenno il caso del sughero portoghese. La corteccia del quercus sardo si vedrà probabilmente emarginata dal Portogallo, primo produttore mondiale di sughero, e di turaccioli (52% della produzione
mondiale) i cui costi di mano d'opera nel settore sono l i 5
di quelli sardi. La cosa non è indifferente alla bilancia commerciale itaIiana che nel 1983 ha registrato nel settore un
deficit di 16 miliardi 120 milioni.
Non è neppure indifferente all'economia isolana che intorno alla lavorazione della materia vegetale fa ruotare oltre 4.000 addetti. un centinaio di imprese artigianali ed industriali, un fatturato complessivo di oltre 100 miliardi di
lire.
Pure, manca una politica boschiva; il pascolo non regolato, gli incendi. i disboscamenti scriteriati contribuiscono
COMUNI D'EUROPA
razione del primario su moduli exportoriented.
Un cenno merita, in tale contesto, la situazione che si verrà % creare con i paesi mediterranei associati. Un po' tutte le produzioni mediterranee rischiano di divenire eccedentarie non gli agrumi, ad es. con la sola eccezione
probabile dei limoni - dopo il passaggio a dodici membri. La Comunità, che non ha mai
sciolto il nodo della politica globale mediterranea, deve una risposta a paesi al cui sviluppo
agricolo ha essa stessa contribuito. I1 caso della
Tunisia e del suo olio d'oliva è il più clamoroso, ma Turchia, Algeria, etc. non avranno minori problemi per le esportazioni di frutta e
verdura nei paesi membri.
I1 discorso porta lontano perché non può
prescindere, tra l'altro, dall'esame dei costi
comparati e dalle tipologie interne ad ogni
prodotto. Va però posto in termini globali almeno per avere un'idea complessiva dell'ordine dei problemi da risolvere.
modo penalizzate in taluni eccessi dall'accordo
di primavera ( i 5) - verso le produzioni mediterranee, intano perché lo sforzo di riequilibrio
richiesto ai paesi del nord si basa anche su una
sensibilità di politica regionale e di politica sociale che non può essere contraddetta salvo dimenticare gli oneri dei Trattati di Roma. E comunque, una PAC dove le eccedenze siano
scremate più che dalla revisione del sistema dei
prezzi e dalla concorrenza, dalla fissazione di
quote aziendali di produzione (e presto di
commercializzazione?)comporta due controindicazioni: l'estrema disomogeneità delle unità
produttive e la frammentazione con cui si
esprimono nel sud Europa, la dispendiosità e
probabilmente l'inutilità del sistema di controlli burocratici che occorrerebbe allestire.
riBisogna invece prendere coscienza che
spetto agli anni '60, epoca del primo funzionamento della politica di sostegno dei prezzi
agricoli comunitari - è mutato all'interno
delllEuropa e del commercio internazionale il
peso specifico dell'agricoltura comune. I1 che
Interesse nazionale e logica comunitaria
significa minore disponibilità degli europei a
I meccanismi vigenti del mercato agricolo fa- spendere per sostenere o espandere il scttore, e
voriscono i produttori a scapito dei consumato- degli Stati Uniti a «tollerare» alcune palesi viori, sulla base di un mercato protetto verso lazioni delle regole del GATT. Rispondere alla
l'esterno, dove i prezzi sono artificialmente re- nuova situazione - cui si è giunti anche grazie
munerativi e l'impresa capitalitista è meglio ai successi della PAC - significa, tra l'altro,
sostenuta (il reddito medio agricolo nei paesi accettare la capacità della CEE ad agire concormembri sta scendendo: -6,3% nel 1983).
renzialmente sul mercato internazionale delle
Gran Bretagna e Francia sono attualmente i derrate agricole.
paesi che più spingono per la riforma della
I1 montante protezionismo americano (16),
PAC: l'uno perché dispone di pochi produttori la situazione di esposizione debitoria di molti
e molti consumatori, l'altro perché teme gli ef- paesi in sviluppo, il cronico rinvio dei pagafetti dell'ampliamento sulla concorrenzialità
dei propri prodotti mediterranei. Come dire
(15) Tre sono gli elementi che lo caratterizzano: introche i paesi che si mostrano più convinti assertoduzione delle quote per il latte, cambi nel sistema dei
ri della riforma, si muovono per un calcolo di
montanti compensativi monetari (e autorizzazione della
convenienze nazionali e / o localistiche, non RFT di compenso nazionale per le perdite monetarie dei
perché cercano un miglior equilibrio agricolo suoi agricoltori), I'innalzamento del tetto budgetario della
comunitario. Si ripete, nelle motivazioni che Comunità.
(16) Tra Stati Uniti e Comunità sono frequenti accuse
accompagnano le proposte di riforma, l'errore
che ha condotto la PAC alla situazione attuale, reciproche che violazione delle regole GATT. I1 caso più recente riguarda il vino. Solo l'intervento della Casa Bianca
che è insieme dispendiosa e insoddisfacente. ha limitato le misure protezionistiche votate dal Congresso
Così l'opzione delle quote nazionali per il vino
- mutuata da esperienze analoghe avviate ad
esempio nel siderurgico, nello zucchero, nel
latte - non risponde alle esigenze di una politica agraria comune che dovrà fondarsi necessariamente sul principio dei costi comparati, che
dovrà spendere sempre di più in riforme di
struttura e sempre meno in assistenzialismo.
L'introduzione di quote appare in linea generale il mezzo più facile per regolare un mercato comune. Ma se le quote si fondano su una
situazione che si riconosce sperequata e insieme in movimento, esse finiscono per penalizzare la flessibilità aziendale e l'adeguamento
ottimale cui il mercato sta magari spingendo,
finendo per favorire le rendite già acquisite attraverso le storture della PAC. L'ampliamento
non va assunto come l'occasione per una «rivincita» delle produzioni continentali - in certo
all'aggravarsi di un problema di indubbia rilevanza regionale.
Rispetto al Portogallo va qui richiamata la ~Dichiarazione solenne, del Consiglio dei ministri del 22 ottobre che ha
fissato la uirrevocabilità» del processo di adesione portoghese, confermando il 1-1-86 come data per l'ingresso nella
CEE.
-
COMUNI D'EUROPA
18
menti dei paesi a commercio di stato, consigliano facili ottimismi sulle prospettive del
commercio internazionale agricolo. Nel frattempo si può utilizzare in pieno quanto - in
tale contesto - può offrire l'occasione
dell'ampliamento.
Portogallo e Spagna importano intorno ai 6
miliardi di dollari di prodotti agro-alimentari
non tropicali, di cui soltanto 116 del totale da
paesi comunitari. La Spagna in particolare, ha
un deficit agricolo verso gli Stati Uniti di 1.400
miliardi di dollari, e mantiene un attivo nella
bilancia agricola verso la Comunità di 1.200
milioni di dollari. Se la Spagna riorientasse il
suo import di cereali, di carni (150.000 tonnellate congelate dall'Argentina), zucchero
(250.000 tonnellate c.) verso i comunitari, contribuirebbe a sanare lo squlibrio corrente della
bilancia agricola comunitaria (nel 1980 le
esportazioni agricole CEE sono state 1'87 % del
commercio agricolo mondiale, ma le importazioni il 17 %), offrendo una convincente contropartita di interessi a paesi membri, Francia e
Italia inclusi, capaci di contribuire alla copertura delle sue importazioni.
I1 discorso riguarda in particolare i cereali:
4,8 milioni di tonn. di mais c., 418.000 tonn.
d'orzo, più di 200.000 tonn. di grano, provenienti spesso dagli USA (17). Ma può essere
avanzato persino rispetto ai prodotti mediterranei, attraverso l'organizzazione e la modulazione stagionale e qualitativa della produzione
e della commercializzazione dei prodotti o di
derivati sottoposti alle opportune manipolazioni.
E - sempre avendo in mente l'obiettivo di
una vera riforma della PAC - bisogna porre
mano alla politica di programmazione del consumo, e a un'educazione alimentare che tenga
conto in tutti i paesi della ricchezza e della varietà di prodotti resi disponibili dalla produzione agricola europea. E un obiettivo che se
comporta la modifica di alcune abitudini alimentari tradizionali, si risolve, tra l'altro, in
un miglioramento della salute dei cittadini europei, che vedrebbero arricchita la loro dieta
alimentare. Vino, olio d'oliva, pomodoro, possono essere consumati in più grandi quantità in
Europa; altro che dover forzatamente fissare
tetti di produzione (18).
Si può anche ipotizzare una specie di upreferenza comunitaria» per i prodotti mediterranei, all'interno di un gioco di compensazioni
reciproche, atte ad integrare i bisogni dell'agricoltura continentale e di quella del Mezzogiorno, e a creare un meccanismo di effettiva complementarietà comunitaria. Può esser utile, in
quest'ambito, valorizzare i risultati dei Programmi integrati mediterranei (19).
Che poi l'agricoltura mediterranea debba ricon il aWine equity A c t ~ Rimane
.
nel testo definitivo una durre e sostituire alcune colture tipiche - conclausola che concede ai viticoltori americani e all'industria
sentendo all'espulsione delle produzioni marenologica di invocare un danno grave presentando ricorso
contro le importazioni straniere alla commissione dei com- ginali - è coerente a queste proposte di politica agraria. Non può rimandarsi, ad esempio, la
merci internazionali. Va ricordato che su 15 milioni di hl.
di vino da pasto venduti negli USA ne11'83, 4 milioni 200 diffusione tra le coltivazioni del Mezzogiorno
mila (più di 114) sono stati importati, e di questi più della
d'Europa di piantagioni di soja e di semi oleametà dall'Italia per un importo d'affari superiore ai 400
ginosi,
destinabili all'alimentazione animale
miliardi di lire.
oltre
che
umana.
La CEE ha comunque fatto opposizione formale
nuova norma.
(17) I1 grano, secondo l'editorialista agricolo del Financial Times, costituirà il vero rompicapo della politica agraria comune nel prossimo futuro: <Per anni la produzione di
grano nella Comunità si è accresciuta più rapidamente del
consumo. La Comunità è diventata uno dei maggiori
esportatori netti di grano. Il che causa problemi sia con gli
Stati Uniti che vedono diminuire la propria quota del mercato mondiaIe, sia con i1 bilancio comunitario, che deve finanziare un sempre crescente surplus di granoa (Tangermann S., ~ E e cfarm Policy: the "reforms" that change not h i n-a ~Financial
,
Times, 20 aprile 1984).
Per la prima volta quest'anno la produzione comunitaria
di grano superererà quella degli Stati Uniti: 74,2 milioni di
tonnellate contro 70, almeno a stare alle stime del Dipartimento americano per I'agricoltura. Si deduce che il surplus
di grano comunitario disponibile per l'esportazione oscillerà quest'anno trai 16 e i 18 milioni e mezzo di tonnellate, contro i 14 milioni del 1983. Una fortunosa combinazione di eventi mai verificata nell'ultimo decennio (prezzo
in dollari del grano sul mercato internazionale. sovrapprezzamento del dollaro. scarsità di raccolto agricolo
nell'URSS) fa sì che l'esportatore europeo di grano non abbia praticamente bisogno di susssidi comunitari: nel passato il sussidio si era attestato tra i 60 e i 70 dollari a tonnellata, tra settembre e la prima settimana di ottobre ha oscillato tra 1 e 2 dollari.
1
ABBONATEVI A
Quando e come l'ampliamento
di
La presidenza
gli0 dei minsitri della Comunità ha reso pubblica il 12 ottobre una lettera inviata ai colleghi
nella quale viene espressa «preoccupazione»
per l'assenza di progresso nei negoziati con
(18) I1 caso dell'olio d'oliva è esemplare, per le previste
eccedenze che verranno dall'ingresso spagnolo (450.000
tonn.) e portoghese (45.000 tonn.), e per la scelta che occorre compiere rispetto alle 50.000 tonnellate di olio importate ogni anno dalla Tunisia (1 16 della popolazione tunisina è legata all'ovicoltura). I1 paradosso della PAC e pure quello di una Comunità che si *dispera, quando le annate agricole danno buoni raccolti. che è costretta a distruggere o a finanziare eccedenze ainutilin, e che non riesce a indirizzare i surplus - a prezzi in qualche modo remunerativi - verso le fette più povere della popolazione
dei paesi membri o ad utilizzarli come strumento della sua
politica di assistenza allo sviluppo.
(19) I PIM, lanciati dalla relazione preparata dalla Commissione in esecuzione del Mandato del 30 maggio 1980,
mirano all'aumento del reddito e al miglioramento della
situazione occupazionale nelle regioni mediterranee: per
l'Italia il Mezzogiorno, il Lazio, la Toscana, I'Umbria, le
Marche. la Liguria, con l'eccezione degli agglomerati urbani. Riguardano essenzialmente il settore agricolo. I settori
extra-agricoli (pesca, piccole medie imprese e artigianato,
turismo, energia) possono rientrami se forniscono occupazione, o parziale supporto, ad agricoltori in qualche modo
espulsi dal primario.
ottobre l984
Spagna e Portogallo. I1 titolare del dicastero
degli esteri irlandese fa riferimento all'increscioso episodio awenuto il 4 ottobre a Lussemburgo, quando i ministri degli esteri di Portogallo e Spagna, convenuti per incontrare i loro
equivalenti comunitari, hanno abbandonato la
seduta per l'assenza di ministri degli affari
esteri dei paesi membri. Barry protesta I'incapacità della Comunità ad elaborare proposte
nelle ultime tre sessioni dei negoziati, invitando i colleghi a presentare qualcosa di usostanzioso))nella riunione del 23 ottobre. A conclusione la lettera si chiede se «il lento ritmo dei
negoziati non stia avendo un impatto sempre
più negativo sui governi di Madrid e Lisbona, e
se in quelle capitali non ci si stia sempre più
ponendo la questione se la Comunità voglia
per dawero i candidati come paesi membri».
I governi dei paesi membri avevano preso
l'impegno di concludere per fine settembre il
negoziato d'adesione; la trattativa procede tra
difficoltà e le previsioni più ottimistiche parlano ora del prossimo febbraio come data per la
conclusione formale del processo d'adesione.
Si spiega come Felipe Gonzalez, presidente del
governo spagnolo, abbia consegnato in data 16
ottobre agli ambasciatori dei Dieci a Madrid un
messaggio urgente nel quale collega la necessità dell'accelerazione dei negoziati alla futura
«prosperità, stabilità e sicurezza dell'Europa»,
con esplicito riferimento alla complessa questione della pemanenza della Spagna nell' Alleanza atlantica.
Visto che nessuno degli attuali governi dei
Dieci si proclama contrario all'ingresso portoghese e spagnolo, il rischio maggiore è che, facendo slittare la firma dei trattati e la loro ratifica, si dia modo a nuove maggioranze di governo che nel frattempo si costituissero in qualcuno dei paesi membri, di rimettere in discussione quasi un decennio di trattative. È risaputo, ad esempio, che in Francia i partiti dell'opposizione non sono favorevoli all'accessione
spagnola, e ancora di recente, in una visita'a
Roma, Chirac ha indicato come uno dei punti
fondamentali del suo programma di governo il
rifiuto dell'ampliamento.
Questa posizione va ricondotta agli interessi corporativi dell'agricoltura francese.
Ad interessi corporativi vanno pure ricondotte
tiepidezze che qui e là si manifestano nei paesi
membri rispetto alla prospettiva dell'ampliamento. Chi vuole che la Comunità avanzi verso
l'Unione europea, inglobando tutte le democrazie che scelgono l'adesione, non può che respingere quest'impostazione, pur nella consapevolezza che soltanto l'adozione di misure
t que ed equilibrate potrà consentire che il problema dell'integrazione economica e politica
di paesi come Portogallo e Spagna - con strutture economiche e sistemi amministrativi così
distanti dai livelli comunitari - non si aggiunga agli squilibri interni esistenti, contribuendo
alla dissoluzione di quel poco che resta del patrimonio comunitario. Per rimuovere gli ostacoli all'integrazione occorrono decisioni radicali e lungimiranti, nei paesi candidati come nei
paesi membri. A cominciare dall'agricoltura,
visto quello che la PAC conta nell'attuale Comunità e nella trattativa per l'ampliamento.
La parola passa al Vertice di dicembre.
COMUNI D'EUROPA
ottobre 1984
alla 48 a edizione della Fiera del Levante
I1 Mezzogiorno incertco nell'Europa in crisi
di Domenico Sabeiia
'
I1 14 e 15 settembre, con la tradizionale
puntualità, si sono svolte le Giornate delMezzogiorno nell'ambito delle manifestazioni tenutesi nel corso della 48a Campionaria generale della Fiera del Levante a Bari.
Dopo otto proroghe e preceduto dalla legge
65 1 del 1 " dicembre 1983 (che in cinque articoli detta le disposizioni per il finanziamento
dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno), il decreto di liquidazione della Cassa cadeva quasi alla vigilia dell'incontro di Bari, mentre, in seno al Consiglio dei Ministri, veniva varato il disegno di legge che propone alla discussione e approvazione del legislativo la costituzione di un <fondo» il quale, in luogo della
Cassa, dovrà essere lo strumento operativo per
attuare i fini dell'intervento straordinario per i
prossimi nove anni.
Allo stato dei fatti, salvo qualche assicurazione generale e generica emersa più per la
pressione delle preoccupazioni che non per oggettiva esposizione, non è dato conoscere indicazione alcuna che possa suggerire qualche
idea relativa alle articolazioni e competenze
operative del nuovo strumento in gestazione.
Chi ricorda il dibattito che si svolse quando fu
istituita la Cassa, sa che, allora, tra gli altri scogli, fu necessario superare un conflitto di competenza tra il Ministero dei LL.PP. e il Ministero per il Mezzogiorno, conflitto risoltosi grazie
all'autonomia della Cassa. Ora, a mo' di ipotesi, basterebbe porre il nuovo strumento di intervento alle dipendente del Ministero del Tesoro, che deve erogare i fondi, perché risultassero imbrigliati ed inceppati nelle more e nelle
circonvoluzioni di un ministero eminentemente burocratico I'attività del fondo e i suoi rapporti con gli omologhi comunitari, con le organizzazioni internazionali e con le regioni. È
sperabile, perciò, che la ultra trentennale esperienza della Cassa valga, per i lati positivi che
sono stati né pochi né trascurabili, ad ispirare il
legislatore.
Date queste premesse, il convegno di Bari ha
potuto discutere sulle aspettative e sui fini, ma
non sulle modalità con le quali proseguirà l'intervento straordinario. Delle relazioni e del dibattito tenteremo una sintesi, sia pure incompleta, delle linee indicative.
Scontato per implicito che è in atto una profonda trasformazione nei paesi ad alto sviluppo, USA e Giappone in testa, la nuova fase
della politica di intervento nel Sud dovrebbe
orientarsi verso la stretta connessione tra ricerca
scientifica e sue applicazioni produttive. Quindi sostegno alle iniziative che sviluppano e trasferiscono le tecnologie innovative e le recepiscono in nuove attività produttive. Ciò comporta una elevata capacità di rispondenza da
parte delle istituzioni universitarie che dovranno adeguarsi ad una più coerente organizzazione dei corsi di laurea. Per altro verso, l'esigenza
di nuovi rapporti tra sistema scientifico e mondo produttivo postula alcuni punti fondamentali come gli organismi intermediari tra univer-
sità ed impresa, uffici per i collegamenti industriali, accordi in base ai quali determinate
aziende possano fungere come sedi formative e
perciò in stretto legame con le università per i
cicli formativi di orientamento, parchi scientifici ecc.
19
Sembrerebbe velleitaria una simile indicazione per il Sud dove la cosiddetta cultura imprenditoriale è piuttosto debole e l'attività di
ricerca è quasi totalmente assente. L'onere e
l'onore perciò ricadrebbero quasi esclusivamente sulle spalle delle università. Sembrerebbe velleitario, ripetiamo, se questa partita a
Bari non la si giocasse in casa. Cioè, per uscire
di metafora, a Bari questa indicazione muove
dalla realtà di una esperienza iniziata già quindici anni or sono nell'ambito dell'università
con la creazione del Centro studi alta tecnolo-
Todi: «Istituzioni europee della circolazione culturale»
Il Comune di Todi ha ospitato, nella prima- la Commissione esecutiva di Bruxelles, Gianvera scorsa, l'incontro europeo sul tema nlstitu- franco Giro. Nelpomenggio si è tenuta, semzioni europee della circolazione culturale», or- pre sullo stesso tema, una Tavola rotonda, preganizzato dal Centro italiano d i formazione sieduta dal presidente della Facoltà d i econoeuropea (CIFE) in collaborazione con la Regio- mia e commercio dell'Università di Perugia,
ne Umbna, I'AICCE, il Consiglio itdiano del Carlo Angelici, alla quale hanno partecipato
Movimento europeo (CIME), l'Associazione Mario Belardinelli, presidente della Federazioeuropea degli insegnanti (AEDE). I lavori, ne regionale dell'AICCE, per l'Associazione
aperti dagli interventi dell'assessore ai beni stampa europea Edmondo Paolini, capo ufjcio
cuìturaìì d i Todi, Marisa Giontella, e del segre- stampa dell'AICCE, per il Movimento fideratario generale del CIFE, Raimondo Cagiano, lista europeo Pier Virglio Dastoli, e il ministro
sono proseguiti con le relazioni dell'assessore Pier Marcello Masotti, direttore della rivista
regionale ai beni culturali, Guido Guidi, che «AfJari sociali internazionali». Sia l'incontro
presiedeva il convegno, delpresidente interna- che la Tavola rotonda si sono conclusi con un
zionale del Movimento europeo, Giuseppe Pe- ampio dibattito.
trilli, e del direttore dell'ufjcio per l'Italia del-
COMUNI D'EUROPA
gia applicata (CSATA), al quale si sono affiancate altre iniziative come il Progetto Zeus -zona di espansione universitaria per lo sviluppo
-, I'IBIDI - agenzia per l'informatica - e, a
proposito di parchi scientifici e città della tecnologia, il progetto TECNOPOLIS che, proprio per iniziativa dell'Università di Bari, del
CSATA, dello IASM e del FORMEZ e finanziato dalla Cassa, sta realizzandosi su undici
mila metri quadri, a Valenzano, a 13 chilometri da Bari. Le nostre università, dunque, dovrebbero cominciare ad attrezzarsi e a potenziarsi in modo da potersi inserire e integrare in
progetti internazionali di ricerca e divenire sede ambita per programmi di ricerca applicata e
non più fabbriche di parcheggio di laureati e
vivaio di fuga dei cervelli dal Mezzogiorno.
Tuttavia tecnologie avanzate e terziario superiore rischierebbero di rimanere avulsi dalla
realtà ambientale se, nell'ambito regionale e
locale non si sarà capaci di appropriarsi della
innovazione tecnologica per inserirla nei settori
economici: agricoltura, industria e terziario
tradizionale e se non dovessero sorgere e diffondersi quelle piccole e medie attività produttive che sono poi il tessuto connettivo dello sviluppo, attività verso le quali può orientarsi
buona parte della forza lavoro e senza delle
quali sarebbe un sogno il pressante imperativo
di mirare al pieno impiego. Un recente studio
della SVIMEZ, compiuto per conto della Comunità europea, ha rilevato che nel prossimo
quinquennio saranno necessari nelle regioni
ottobre 1984
meridionali un milione e settecento mila posti ro, cioè dal commercio internazionale. Gli USA
ne dipendono al massimo per il 4 % . La fundi lavoro.
D'altra parte, sviluppo tecnologico e nuove zione di riserva del dollaro si è accresciuta come
professionalità nel Sud sarebbero ancora illuso- unica moneta sui mercati internazionali capace
ri se avanzassero senza raccordo verso l'alto, di rappresentare una economia sana, compatcioè in raccordo ad un piano economico politi- ta, tecnologicamente avanzata e meno dipenco e istituzionale nazionale e comunitario.
dente di altre dal commercio con l'estero. Può
Sul piano nazionale la crescita del paese è presentare qualche vantaggio transeunte, ma
vincolata dalla crescita del Mezzogiono e dal non certo fondamentale, a parte la quota di insuo autonomo sviluppo. È un vincolo di natura flazione.
L'Europa e le stesse nazioni «forti» come la
economica la cui sostanza è nel problema della
distribuzione delle risorse e della loro destina- R.F. di Germania non hanno saputo adeguarsi.
zione. Da alcuni anni il reddito impiegato in Rilanciare gli investimenti, adeguare i modelli
nuovi investimenti interni è calato al 20% del- tecnologici, impegnarsi per una economia più
la destinazione delle risorse, mentre 1'80% vie- sana ed armoniosa nel suo complesso sono prone assorbito dai consumi e dalle esportazioni. blemi da affrontare a livello nazionale e comuIn carenza di una politica che stimoli gli inve- nitario per conferire altresì una solida base
stimenti interni soprattutto nelle aree meridio- all'ECU, la cui coniazione come moneta comunali, sarebbe illusorio pretendere nuovi posti nitaria dovrebbe non essere lontana, secondo le
di lavoro insieme alle nuove professionalità e risoluzioni del Consiglio Europeo di Fontainealle tecnologie avanzate. Occorrerebbe, dun- bleau, ma intanto, sin da ora si potrebbe renque, allargare la quota di reddito negli investi- dere possibile una inversione di tendenza della
menti nel Sud. Ma il problema della politica lira come delle altre monete della Comunità
dei redditi ha il suo nucleo nel quadro istitu- nei confronti del dollaro.
A Bari si è detto e ripetuto che «finalmente
zionale che non è più quello nazionale, che oltretutto va subendo, tra l'altro, la sopraffazio- si è voltato pagina», che usiamo ad una svolta»
ne del neo-feudalesimo delle baronie corpora- ed altre metafore del genere. Ma sapere se
tive, ma quello europeo. In questo quadro tut- nella nuova pagina o dietro la svolta si intravtavia, hic et nunc si pongono tra gli altri pro- veda o meno la dirittura d'arrivo dipenderà in
blemi della crisi, quelli legati alla irresistibile massima parte dall'impegno politico di Roma
ascesa del dollaro. L'Italia e la maggior parte e di Bmxelles di uscire dalla morta gora, senza
dei paesi dell'Europa occidentale, com'è noto, che ciò comporti illusori scarichi di responsabidipendono per il 50% dagli scambi con l'este- lità a tutti i livelli.
ottobre l984
COMUNI D'EUROPA
21
Erano presenti anche rappresentanti del Piemonte (Martinengo) e della Valle d' Aosta (Stedi Giuseppe Piazzoni venin).
Al termine è stato approvato il «documento
di Borkens che qui di seguito presentiamo in
sintesi.
3 a Conferenza europea delle Regioni frontaliere
La cittadina di Borken, nella Vestfalia, al della Commissione della CEE (Van Ginderachconfine con l'Olanda, ha ospitato dal 4 al 6 set- ter).
tembre scorso la 3a Conferenza europea delle
Gli interventi, fatti da professori universitaregioni frontaliere, indetta dal Consiglio d ' ~ ~ri,- sindaci, amministratori regionali e provinrapa, Conferenza dei poteri locali e regionali, e ciali, hanno dato un valido ausilio all'approAssemblea parlamentare.
fondimento del dibattito durante tre intere
precedenti conferenze furono tenute a giornate, interrotte nelle ore serali dalla gita.
Gli italiani intervenuti nella discussione, dal
StrXburgo nel 1972 e a Innsbmck nel 1975.
Prefetto
Sessa dirigente l'Ufficio zone di tonfiprossima si terrà in Spagna, a Saragozza,
ne
del
Ministero
degli Interni, ai Presidenti del
ne11'87.
Trentina Alto Adige, Angeli, e del Veneto,
L'organizzazione della Conferenza è stata
Bernini, al seri. Mitterdorfer (membro del17Asaffidata all'Euregio, tra le prime a sperimentasemblea parlamentare), al Presidente della
re la nuova «regione d'Europa» con i suoi 86
Provincia triestina Marchio e a chi scrive,hancomuni divisi in tre Province olandesi e in cinno recato il contributo a sostegno della collaboque Kreis della Germania federale. Un milione
razione tra le regioni di frontiera auspicando
700 mila abitanti su 6.800 kmq. Un parlamenche ]'accordo-quadro firmato a Madrid il 21
tino di 50 pesone, 25 per Paese, un esecutivo,
maggio 1980, (in approvazione ai Senato, dogruppi di lavoro. Le sedi in due località tra loro
po il voto favorevole della Camera), già approconfinanti: Gronau (Germania) e Enschede
vato
da undici stati, consenta di allargare agli
(Olanda).
Enti locali forme di collaborazione che spontaL'azione svolta dalllEuregio ha spaziato tra
problemi di sviluppo economico, opere comu- neamente sono in atto in varie regioni, La cooni alla frontiera: strade, sentieri, ospedali. In- perazione transfrontaliera ha effetti propulsivi
tensa la collaborazione culturale: il fondo del anche per la costruzione europea, ha detto Angeli, auspicando lJattenzionedei governi nabilancio annuale per questo settore è di
zionali su problemi di fondo che si pongono
300.000 fiorini ol., 1800 giovani hanno frenel]e regioni di frontiera, dando
spazioalle
quentato corsi di lingua del paese vicino,
istanze regionali. Bernini ha invece ricordato
10.000 anziani si sono incontrati ed hanno sogl'interdipendenza fra la crescita delle regioni
giornato in località diverse; gruppi di 5 famid'Europa e la costituzione dell'Europa stessa
glie si sono scambiati inviti per trascorrere inaffermando che oggi il superamento delle fronsieme i fine-settimana. Pubblicazioni nelle due
tiere non è solo problema delle regioni di conlingue per musei e storia locale: queste le inifine, ma anche degli stati cui esse appartengoziative più significative illustrate ai convegnisti
no.
nella visita compiuta, parte in battello sul Reno, nelllEuregio.
I trecento convegnisti hanno assistito e partecipato al dibattito, con molti, brevi (5 minuti
in media) interventi. Dei 21 paesi europei inviNella Sala dei Baroni del Maschio Angioino
tati non hanno risposto all'appello solo 4: di Napoli si è svolto l'8giugno u n incontro-diIslanda, Malta, Turchia e Cipro.
battito in vista delle elezioni europee con la
Tre i temi specifici della Conferenza, dal ti- partec$azione d i numerosi rappresentanti delt010 generale «Bilancio e prospettive di svilup- le istituzioni t e r r i t o d i locali e regionali, delle
po istituzionale della cooperazione transfronta- Associazioni di enti locali, della stampa e delle
liera»: i lavoratori frontalieri e la cooperazione radio-televisioni, nazionale e locali. Ha aperto
socio-economica; la protezione dell'ambiente e i lavori Francesco Picardi, membro della Direla lotta contro l'inquinamento; la cooperazio- zione delllAICCE e già sindaco d i Napoli, che
ne culturale tra le regioni frontaliere.
ha illustrato gli obiettivi dell'iniziativa proTra le personalità intervenute i Ministri della mossa dall'AICCE. Sono intervenuti quindi
scienza e ricerca della Vastfalia, Krumsiek, e l'assessore regiopale Amelia Ardias Cortese, videgli affari federali della Bassa Sassonia, Has- cepresidente delllAICCE, anche a nome del
selmann, e il ministro olandese del territorio Presidente della Regione, Nicola Cardano, preWinsemius (che presiederà la prossima confe- sidente regionale dell'ANC1, Locoratolo,presirenza dei ministri al17Aia).I1 Presidente ad in- dente regionale della Lega delle Autonomie,
terim della CPLRfi Dupont e il Presidente Alfredo Paladino, membro della Direzione
dell'Assemblea parlamentare del Consiglio delllAICCE e consigliere comunale d i Napoli,
d'Europa on. Ahrens, unitamente al Presiden- che ha anche recato il saluto del sindaco Scotti
te del Consiglio dei Comuni d'Europa Hof- alla manifestazione. I lavori sono stati conclusi,
mann hanno recato messaggi a nome delle or- a nome dell'AICCE, dal presidente Serafini e
ganizzazioni che di fatto dirigono l'opera a li- dal segretano generale Gianfranco Martini, i
vello europeo delle regioni e degli enti locali. quali, denunciando i nJchi di una persistente
Ma anche le associazioni di regioni, come il disinformazione dei cittadini suiproblemi euBLORE, I'ARFE, 1'Arge-Alp, I' Alpe Adria ed ropei, hanno sottolineato il devante signzficaaltre si sono fatte sentire nel dibattito. Dalla to della consultazione elettorale europea, le
CEE sono venuti interventi dal Comitato eco- prospettive aperte dalprogetto di nuovo Tratnomico e sociale, (l'italiano Della Croce), e tato approvato dalParlamento Europeo e la ne-
La dichiarazione finale di Borken
La dichiarazione finale, approvata con qualche astensione SU alcune parti e nessun voto
contrario, si articola in ben 43 f unti.
Premessa la constatazione dei progressi realizzati negli ultimi anni nella cooperazione
transfrontaliera, nel segno delle istituzioni europee e del diritto di comuni e regioni a tale
cooperazione, Come ~ ~ C O ~ Ola SconvenzioneC ~
quadro adottata a Madrid dal Consiglio dei ministri d'Europa in data 21 maggio '80 si sollecitano i Governi dei Paesi che ancora non hanno
adottato la convenzione (in Italia è stata approvata dalla Camera ed ora trovasi all'esame del
Senato) a farlo, attuandola nei modo più ampio possibile.
Si rivolge un caloroso appello agli europei e
al parlamento Europeo perché il nuovo trattato
PrOPOstO Per la CEE col documento del 14 febbraio 1984 sia rapidamente attuato, dando autorità al Parlamento e capacità di agire ad un
gOVernOeuroPeo.
Richiamati gli scioperi e le difficoltà insorte
recentemente in merito aìi'attività doganale ed
ai trasporti interfrontaiieri, si chiede la semplificazione delle procedure per i passaggi di frontiefainterniall'Euro~a.
Un ~ o m i t a t oeuropeo delle regioni frontaliere si chiede venga costituito per assicurare un
dialogo permanente tra responsabili delle regioni ed enti locali, per migliori rapporti interregionali nelle zone frontaliere e con I'assem-
Dibattito europeo al Maschio Angioino di Napoli
cessità che esso sia rapidamente adottato dal
maggior numero deipaesi membb. È stato @nche iliustrato il contenuto dell'Appello «Elezioni europee: il quadro strategico per lo sviluppo delle autonomie», redatto dalllAICCE
per le elezioni europee e dtffuso tra Comuni,
Province e Regioniper essere sottoposto ai n'spettiviConsigli.
Nell'inverno '84-'85 si nprenderà il discorso
del Mezzogiorno d'Europa, collegandolo alla
lotta per il Progetto d i Unione europeaproposto dalP.E.
COMUNI D'EUROPA
blea parlamentare europea. La Conferenza dei
poteri locali e l'organismo dei Ministri europei
per il territorio (CEMAT) devono partecipare al
Comitato.
Dopo aver plaudito alla organizzazione della
7a sessione della conferenza dei ministri per
l'assetto territoriale che si riunirà all'Aia nel
1985, dedicata ai problemi dell'organizzazione
del territorio delle regioni frontaliere, il documento evidenzia alcune questioni chiave.
Anzitutto, la organizzazione territoriale, lo
sviluppo economico e la politica regionale delle
regioni frontaliere si chiede abbiano priorità
assoluta e sia armonizzata l'azione per le infrastrutture con le realizzazioni dei servizi sociali e
dei trasporti. Al riguardo si auspica l'elaborazione di «modelli» per accordi inerenti i piani
territoriali ed urbanistici dei territori a cavallo
delle frontiere, eliminando norme anche di carattere tecnico contrastanti, vigenti in materia
di cartografia e statistiche nei singoli Paesi. In
tale azione le regioni di confine saranno chiamate a partecipare attivamente, date le peculiarità dei loro problemi.
L'elaborazione di un programma comune di
azione per migliorare le condizioni di lavoro e
per lo sviluppo globale di tutte le risorse endogene richiede il sostegno degli stati europei. I
lavoratori frontalieri rappresentano il trait
d'union importante per tale collaborazione comune che distingue vaste zone d'Europa. Per
questo i mass-media sono invitati a tenerne
conto insieme con le forze pubbliche.
Un documento comune per affermare diritti
e doveri di tali lavoratori è ritenuto importante
quale base per definire specifici accordi bilaterali e multilaterali e per garantire una moderna
ed adeguata legislazione del lavoro e della pro-
il telefono
M
collaboratore sempre
tezione sociale e professionale, come pure la
definizione del regime fiscale per tali lavoratori. Al riguardo sono citate nel documento le
positive esperienze in atto a seguito degli accordi bilaterali Svizzera-Italia e Svizzera-Francia anche per il rimborso parziale degli oneri fiscali agli enti locali dei luoghi di provenienza
degli emigrati temporanei.
in materia di trasporti si evidenzia l'urgenza
di realizzare nelle regioni di frontiera, tradizionalmente trascurate per le grandi vie di comunicazione, lamentando che il Trattato di Roma
della CEE non abbia ancora trovato soluzione
in una politica dei trasporti a dimensione europea, con priorità per i trasporti ferroviari. Questi ultimi sono anche stati ridotti recentemente
in talune regioni povere di popolazione e di industrie. Necessita anche potenziare la rete di
trasporti su strada e sveltire le procedure doganali. Anche nei confronti degli stati dell'est
europeo si auspica il miglioramento della collaborazione.
Richiamando la convenzione dei paesi del
Nord-Europa in materia di impatto e protezione ambientale per l'installazione dei nuovi impianti industriali nelle aree di confine si chiede
la consultazione e la informazione alla popolazione interessata, poiché sono coinvolti problemi inerenti la protezione della natura, i parchi
naturali e di luoghi di ritrovo e ricreazione. I
problemi dell'inquinamento atmosferico e dei
corsi d'acqua, i rischi degli impianti nucleari,
lo scarico dei detriti, costituiscono altri aspetti
della necessaria collaborazione tra governi statali, regionali e degli enti locali nelle regioni
transfrontaliere.
La cooperazione culturale è ritenuta indispensabile in ragione delle diversità culturali
p
1
ottobre l984
esistenti, da preservare e sviluppare. Anche i
comuni sono invitati a collaborare più attivamente con corsi di lingua della regione confinante e manifestazioni culturali e gemellaggi,
coinvolgendo anche i cittadini che devono conoscere la realtà storica, geografica, economica
e sociale delle regioni confinanti. I1 ruolo
dell'informazione, radio TV e stampa, è essenziale al riguardo, come pure l'azione degli insegnanti e i gemellaggi di classi scolastiche, anche per incoraggiare la conoscenza della lingua
del vicino. Si auspica una carta europea delle
lingue regionali e minoritarie da conservare e
proteggere.
In materia di protezione civile in casi di disastri e catastrofi naturali si auspica la rimozione
degli intralci di natura burocratica e formale
nelle regioni di frontiera.
Per il libero transito dei cittadini si elogia
l'iniziativa recente franco-tedesca e tedescoaustriaca auspicandone la estensione ad altri
paesi. Per il transito di persone e merci si chiede la eliminazione degli attuali ostacoli, I'apertura di maggiori punti di transito di frontiera,
anche per ciclisti e pedoni. Riduzione dei costi
si chiede per documentazione doganale, vaccinazione animali domestici, uso di auto con targa straniera, lentezza della distribuzione della
posta nelle zone di frontiera e formalità eccessive per aerei da turismo sono altri problemi che
si chiede vengano esaminati.
I1 documento si conclude dando atto della
costituzione dell'Ufficio studi e documentazione, auspicando larga diffusione di materiale in
tutte le lingue e prendendo impegno per la 4 a
Conferenza delle regioni frontaliere in Spagna,
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ottobre 1984
23
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Un volun~esulla «esplosione» dei gruppi etnici
I1 recente caso della Regione Sardegna, e del
nuovo ruolo che in essa svolge il Partito Sardo
d'azione, costituisce occasione particolarmente
opportuna per riproporre il tema de Il «revival»
etnico, studiato alcuni anni addietro da Anthony D. Smith, in un volume ora apparso in
traduzione italiana (Bologna, Il Mulino, 1984,
pp. 364, L. 25.000).
Sotto questo concetto, apparentemente univoco, di recrudescenza degli etnismi, si nascondono in realtà fenomeni assai diversi. In particolare - ai fini del nostro discorso, e semplificando e riducendo all'estremo - occorre distinguere le manifestazioni di tribalismo che si
hanno in molti Paesi africani ed extra-europei,
le quali rappresentano forme di conflittualità
relativamente assai primitive, e in ogni caso
apre-nazionali* (è questo il punto essenziale),
dai fenomeni di revival etnico che si hanno in
Europa (e in Paesi di analoga cultura e sviluppo
economico), dove invece essi hanno carattere
post-nazionale. Intendo dire che lo Stato-nazione ha assunto in Europa pressoché ovunque
- anche se in una parte più e meno altrove la forma e il volto del centralismo giacobino
francese, certo potentemente innovatore (e
pertanto ostilissimo alle particolarità etniche,
ancora nel secolo scorso tutte colorate da forti
venature conservatrici o reazionarie), ma proprio per questo anche fortemente distruttore e
livellatore.
Ora proprio i successi del nuovo Stato uscito
dalla Rivoluzione francese, la diffusione della
cultura e dei mezzi di comunicazione di massa,
i progressi della democrazia non solo rendono
anacronistici i pericoli che il pensiero giacobino
(e, in Italia, lo Stato regio, o in Gran Bretagna
l'ideologia del «tutto il potere a Westminster*)
vedevano nelle rivendicazioni dei gruppi etnici; ma inducono modifiche profonde in quelle
stesse rivendicazioni, fino a farle non di rado
cambiare di segno, e assumer una connotazione non più grettamente conservatrice, ma come si dice con parola alla moda, ancorché
anch'essa quanto mai equivoca - uprogressista*.
Sotto questo profilo dunque - che ci sembra quello valido - occorre superare la concezione che, sempre semplificando, chiamerò illuministica e astrattamente cosmopolitica. Per
essa, una essendo la ragione umana, i progressi
di questa nel campo politico, interno e internazionale, avrebbero dovuto indurre una rigorosa
unificazione, fino alla più piena uniformità, di
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istituzioni, leggi, costumi e modi di vita: sì che
il persistere di fenomeni di minoranze etniche
appare a tale mentalità come un assurdo, uno
scacco alla ragione, la prova del carattere ancora incompleto dell'affermazione della razionalità sulle superstizioni e sulle tradizioni locali,
del pari irragionevoli e disturbanti l'armonia
dell'insieme - armonia, ripeto, concepita come «unisona»,come uniformità assoluta. A tale concezione occorre contrapporre invece quella hegeliano-mamista, o, se si preferisce, spenceriana, per cui dall'unità semplice e indifferenziata dello Stato unitario si passa a quella
complessa e molteplice - ma pur sempre
unità - dello Stato delle Regioni e delle autonomie: il che non costituisce ostacolo o contrasto al successo di soluzioni umane e razionali,
ma invece affermazione di una più profonda
razionalità, articolata e varia - sì da dar possibilità di affermazione alle potenzialità infinite
della natura umana - ma, ripeto, non incrinante l'unità dell'insieme e la concordia del
tutto.
Ciò peraltro - ed è questo l'altro tema essenziale del discorso regionalista ed etnico - è
possibile solo entro un'unità statale che sappia
aprirsi a tali sviluppi - e quindi alle necessarie
trasformazioni delle proprie strutture - con
interesse e in modo attivamente favorevole; ed
è possibile, più in generale, entro un'unità statale che abbia dimensioni, capacità, consistenza adeguate ai progressi dell'economia e della
ricerca scientifica, ai fini della sicurezza, alle
esigenze della convivenza internazionale.
Ora, poiché queste caratteristiche non sono
proprie, o non sono più proprie, dello Stato
nazionale, è fatale, e in un certo senso fisiologico, che i movimenti etnici non considerino
sufficiente l'autonomia, concessa col contagocce da uno Stato che si concepisce come monoculturale e monoglotta. e sente perciò le diversità etniche non come una ricchezza, ma come
un'anomalia: mai da promuovere, ma, al più,
da tollerare. È fatale e fisiologico, dicevo, che
quei movimenti etnici non si contentino
dell'autonomia entro lo Stato, ma aspirino alla
soluzione - essa sì reazionaria e suicida dell'indipendenza assoluta: che, al limite, polverizzerebbe l'Europa, e non darebbe alle etnie se non un'indipendenza apparente, accoppiata con un sottosviluppo sicuro.
Da ciò la conclusione, che ho cercato di ragionare altrove con qualche ampiezza (l), che
l'Unione politica dell'Europa, se attuata in forma di uno Stato federale (e, in prospettiva più
remota, di uno Stato federale articolato su
Grandi Regioni e non su Stati nazionali), e
quindi capace di dar vita a una nuova aragion
di stato» plurinazionale, plurietnica, ispirata al
federalismo anche infra-nazionale, costituisce
la condizione essenziale - il solo brodo di cultura adatto - per l'effettivo ejjanouzssement
delle autonomie e la piena affermazione dei
gruppi etnici.
Il volume dello Smith - che rivela una conoscenza vasta e non superficiale del fenomeno
etnico - è senza dubbio importante per chi
voglia una panoramica planetaria su di esso nella sua realtà attuale come nei suoi precedenti storici - e una sua interpretazione non riduttiva: aperta cioè alle motivazioni storiche,
culturali e umane dell'etnismo, e non limitata
ai soli aspetti e ragioni economiche di esso.
L'opera dello studioso inglese non è invece di
utilità alcuna non dirò per approfondire, ma
anche solo per delibare i temi europei sopra accennati.
Per capir il fenomeno etnico in Europa non
si può prescindere, oggi, dall'opera fondamentale di un Sergio Salvi; non si possono ignorare
le proposte organiche della scuola federalista,
capeggiata da Guy Héraud e che annovera fra
le sue file uomini come Denis de Rougemont o, fra i precursori, Francisco Pi i Margall;
non si può trascurare l'opera della CEE, del
Consiglio d'Europa, della Conferenza europea
dei poteri locali, dell'AICCE, quale che sia poi
il giudizio che si intenda darne; non si può lasciar interamente da parte, tamquam non esset, l'aspetto giuridico-istituzionale del problema, quale presentato nella ben nota ~Relazione Capotorti* allJONU e quale lumeggiato,
per tacer d'altri, da due eminenti studiosi austriaci, Felix Ermacora e Theodor Veiter; non si
può tralasciar di menzionare la più importante
rivista specializzata sull'argomento, «Europa
Ethnican.
E, soprattutto, è necessario, per inquadrare
politicamente il fenomeno etnico europeo,
metter in primo piano la distinzione tra nazionalità che sono riuscite a organizzarsi in stato e
nazioni rimaste senza Stato - e perciò declassate, nella terminologia, a gruppi etcnici, e, nella realtà a minoranze dominate da una nazione-stato di lingua e cultura diversa, e perciò
per sua stessa natura oppressiva e <sradicante».
E
in altri termini indispensabile conoscere e dar
(1) Nel mio volume La dimensione europea deffe autoil giusto rilievo alla concezione dello Stato nanomie e f'ltaha, Milano, Angeli, 1984.
COMUNI D'EUROPA
24
zionale e giacobino quale nemico delle etnie,
appunto prospettata, sotto il profilo di una radicale opposizione e contrasto, da Sergio Salvi;
nella sintesi federalista da Guy Héraud e dagli
altri teorici della sua scuola.
Argomenti, autori, testi e problemi che
non sono neppure sfiorati dallo Smith, che trascura interamente, o quasi, l'Europa, in particolare occidentale: il che gli consente di uglissare, su numerosi problemi particolarmente spinosi, come, per citarne uno solo, quello dell'Irlanda del Nord: nascondendo il silenzio sotto il
manto di una superiore e adiafora imparzialità
di scienziato che, studiando fenomeni sociali,
ostenta la stessa fredda e distaccata indifferenza con cui I'entomologo studia gli insetti.
Un autore italiano che rivelasse tali e tante
lacune non sarebbe certamente accolto da «I1
Mulino,; e ben poche chances egli avrebbe,
analogamente, se appartenesse a un Paese non
di lingua inglese: sì che la traduzione del volume dello Smith ci appare come una delle tante
conferme - dawero non necessarie - della
sempre più rigorosa dittatura culturale che,
grazie alla posizione preminente della loro lingua, i Paesi anglo-sassoni in genere (e gli Stati
Uniti in specie) riescono sempre più ad esercitare in Europa e nel mondo. La prossima tappa
- che già si annunzia - sarà che un numero
sempre maggiore di studiosi di Paesi non anglo-sassoni, come l'Italia, verrà - è già - indotta a pubblicare direttamente in inglese, solo mezzo per essere ascoltati (già da tempo le
opere di autori anglo-sassoni contengono esclusivamente bibliografia in inglese). E di lì alla
«dialettizzazione~di tutte le lingue, meno
quella egemone, il passo sarà breve, anche se la
consapevolezza di questo inquinamento glottologico è altrettanto assente quanto la consapevolezza dell'inquinamento ecologico, e
nell'un caso come nell'altro si rischia di chiuder la stalla quando i buoi saranno scappati.
Volevamo difendere le etnie minoritarie, e
non ci accorgiamo di star per diventare tali anche noi - e con noi le nostre lingue che ancor
oggi si chiamano di cultura (ma per quanto?).
«Frate, tu vai I l'altrui cercando, e non vedi il
tuo danno*, dice Giocondo ad Astolfo, nel ben
noto XVIII canto dell' Orlando Furioso (2).
a.c.-b.
(2) Rinvio, per una trattazione di quest'ultimo tema, al
mio saggio Una lingua per l'Europa, aCornuni d'Europa»,
n. 2 e n. 4 , 1981.
ottobre 1984
Commissione Cossutta
per i vecchi servi della gleba - di dichiararsi di
una comunità etnico-linguistica e di rimanervi
prigioniero. I1 problema è owiamente delicalasciandosi guidare dalle prevalenti motivazioto, perché ueuropeizzarsi* si teme comprensini dell'interesse generale, come vuole la filosobilmente da molti cittadini di lingua tedesca
fia federalista.
che voglia dire essere un po' meno se stessi,
cioè tirolesi, e un po' più italiani: ma non si
Minoranze etniche e regionalismo: un
può continuare a dividere i giovani delle due
esempio
comunità, che vogliano fraternizzare, col filo
spinato
e con le minacce. Naturalmente il tutto
Ciò premesso, vediamo un momento in parè
complicato
dal fatto che l'Austria, vincolata
ticolare il più grosso problema di minoranze
da
un
Trattato
di Stato, non potrà aderire a
etniche affrontato da una Regione italiana,
una
Unione
sovranazionale
politica europea:
quello dell'Alto Adige o Tiroler Etschland o
almeno
in
una
prospettiva
temporale
controllaSud Tirolo. Ci pare praticamente che aver trabile.
Tuttavia,
rimanga
fermo,
essere
europei è
sformato a suo tempo la maggioranza di lingua
più
importante
che
essere
italiani
o
tedeschi
o
tedesca del Sud Tirolo in una minoranza della
tirolesi,
come
essere
uomini
di
questo
pianeta
Regione Trentino-Alto Adige suonava come
una garanzia autonomistica «data e ritoha» e, dà doveri prioritari all'essere semplici europei:
quindi, abbiamo valutato come un atto di sag- l'etica delle formiche rosse, irrimediabilmente
gezza la specifica autonomia attribuita poi alla nemiche delle formiche nere, non può essere
Provincia di BolzanolBozen. D'altra parte accettata dal federalismo (e dagli autonomisti
I'AICCE ha sempre stimato che la questione in esso) che mira alla pace mondiale e, per essa,
del Sud Tirolo si dovesse affrontare moralmen- a un ordine internazionale che sia capace di
te als ob (come se) fossimo tutti già europei: le abolire la guerra e l'eterna rissa fra i popoli.
amministrazioni comunali a maggioranza di
lingua tedesca aderenti all'AICCE ci hanno
COMUNI D'EUROPA
sempre dato atto del nostro spirito sovranazioOrgano
deU'A.1.C.C.R.E.
nale. Fu così che nel momento in cui si usava in
loco la dinamite, I'AICCE - negoziato un acANNO XXXIII - N. 10
cordo fra gli amministratori di tutti i partiti
OTTOBRE 1984
ai tali ani^ della zona e il Sud Tiroler VoMs ParDirettore resp. : UMBERTO SERAFINI
tei - convocò un convegno a Bolzanol Bozen e
Condirettore: GIANFRANCO MARTINI
invitò i colleghi austriaci, francesi, tedeschi,
Redattore capo: EDMONDO PAOLINI
ecc., del CCE, insensibile alle ammonizioni in
DIREZIONE,
REDAZIONE
6.784.556
contrario della Farnesina: il dialogo che ne riAMMINISTRAZIONE
6.795.712
Piazza di Trevi, 86 - 00187 Roma
sultò fu sereno e fruttuoso.
Indir. telegrafico: Comuneuropa - Roma
Tuttavia chiarimmo agli amici di lingua teAbbonamento annuo per la Comunità eudesca, tirolesi del Sud e del Nord, che lo Stato
ropea, ivi inclusa l'Italia L. 20.000 - Abbonazionale sovrano ha i suoi costi: finché esso
namento annuo estero L. 25.000 - Abbonaesisterà, dicemmo, possiamo parlare di rispetto
mento annuo per Enti L. 100.000 - Una copia
sempre più completo delle diverse culture, ma
L. 2000 - (arretrata L. 4.000) - Abbonamento
nulla più e I'ammiccamento di una regione di
sostenitore L. 500.000 - Abbonamento benemerito L. 1.000.000.
uno Stato sovrano a un'altra regione - affine
o no - di un altro Stato sovrano può risultare
I versamenti debbono essere effèttuati sul
insopportabile. Nel quadro di uno Stato fedeC / Cbancano n . 14643 intestato: AICCE c/o
rale sovranazionale le cose potranno cambiare:
Istituto Bancario San Paolo di Torino, Sede di Roma - Via della Stamperia, 64 per ora dobbiamo lottare «uniti» per ottenere
00187 Roma (tesoriere dell'AICCE), ople istituzioni sovranazionali dotate di poteri
pure a mezzo assegno circolare - non trareali (e capaci, quindi, di offrire garanzie reasferibile - intestato a uAICCEB,speczfili). Senonché, se si vuole creare una sovranaziocando sempre la causale delversamento.
nalità non fittizia occorre un ponte e non una
Aut. Trib. Roma n. 46% dell'll-6-1955
separazione fra le diverse culture, e noi pensaLITOTIPOGRAFIA RUGANTINO ROMA - 1984
vamo e pensiamo che la Provincia autonoma di
FOTOCOMPOSIZIONE - PHOTOSISTEM
V. ALESSANDRO CRUTO. 8
BolzanolBozen potesse e possa tuttora contriAssociato all'USP1
buire a gettare questo ponte: il che finora non
Unione Stampa
è awenuto, anzi ci sembra che stia awenendo
Periodica Italiana
il contrario, soprattutto con l'obbligo - come
SOMMARIO
pag. 1 Ventotene e dintorni, di GABRIELE
PANIZZI
3 L'intervento AICCE alla Commissione Cossutta: indagine conoscitiva sulle Regioni
7-9 Cronaca delle Istituzioni europee: decalogo per la presidenza di turno della Comunità, di PAOLA
DELRIO;con gli
interventi di CARLA
BARBARELLA
e ALDO
BONACCINI
10 Risoluzione del PE sul ruolo delle Regioni nella costruzione di una Europa democratica
i 1 L'Europa di fronte al mondo, di GIOVANNI
SALIMBENI
12 Le piccole patrie: l'Europa non può attendere, di UMBERTO SERAFINI
13 «Dolomiten»: civile scambio di idee
15 Rivedere la politica europea comune per garantire l'am-
pliamento della Comunità, di LUIGI
TROIANI
19 4ga Fiera del Levante: il Mezzogiorno incerto nell'Europa
in crisi, di DOMENICO
SABELLA
21 La terza Conferenza europea delle Regioni frontaliere, di
GIUSEPPE
PIAZZONI
23 I libri: un volume sulla uesplosione* dei gruppi etnici, di
a.c.-b.
INSERTO: Maltrattamenti e torture all'infanzia, problema reCHITI-BATEUI
gionale ed europeo, a cura di ANDREA
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Anno XXXII Numero 10