winy maas /MVRDV una iniziativa con il patrocinio di: DPTA Dipartimento di Pianificazione Tecnologia Design SOMMARIO AMMINISTRAZIONE Le tecniche per tutelare e valorizzare i diritti di proprietà intellettuale 5 di Massimiliano Di Pace .................................................................................................................... Il trattamento IVA nelle intermediazioni B2B: casi pratici relativi a beni mobili di Najdat Al Najjari ............................................................................................................................... SOCIETÀ Il risk management ed il ricorso a forme di assicurazione di Teresa Perrozzi ................................................................................................................................. FINANZA & CREDITO 11 17 Imprese e territorio: attività dei confidi in Italia di Amedeo De Luca ............................................................................................................................ 21 Sei milioni per incentivare modelli e disegni industriali di Tania Salucci ...................................................................................................................................... 25 Aiuti finanziari alle imprese start-up di Salvatore Zarbo ................................................................................................................................ 29 L’evoluzione del commercio elettronico: incasso, pagamento e nuovi mercati di Gabriele Toma .................................................................................................................................. CONTROLLO DI GESTIONE 33 La gestione delle risorse umane di progetto di Rocco Corvaglia e Filippo M. Corvasce ................................................................................. 41 La comunicazione organizzativa nelle imprese: aspetti operativi di Renzo Pravisano .............................................................................................................................. 45 Budget e budgeting: dai numeri alla motivazione di Vinicio Sandrin .................................................................................................................................. 53 3 n. 8-9/2013 SOMMARIO Casi pratici di Business Plan: E-Cig Shop di Antonio Ferrandina ......................................................................................................................... AGENDA Settembre 2013 ................................................................................................................... 62 Ottobre 2013 INDICE 59 ........................................................................................................................... 64 Indice analitico ..................................................................................................................... 66 Editrice Wolters Kluwer Italia S.r.l. Strada 1, Palazzo F6 - 20090 Milanofiori Assago (MI) Indirizzo Internet http://www.ipsoa.it Redazione Per informazioni in merito a contributi, articoli ed argomenti trattati scrivere o telefonare a: Amministrazione Per informazioni su gestione abbonamenti, numeri arretrati, cambi d’indirizzo, ecc. 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A AMMINISTRAZIONE Marchio e brevetto Le tecniche per tutelare e valorizzare i diritti di proprietà intellettuale di Massimiliano Di Pace Nei bilanci di molte società sono indicati nell’attivo le attività immateriali, tra le quali svolgono un ruolo importante i diritti di proprietà intellettuale. Questi diritti spesso non sono adeguatamente valorizzati e tutelati dalle Pmi, sia perché queste operazioni richiedono competenze giuridiche e procedurali non indifferenti, spesso non alla portata di piccoli operatori, sia perché non si ha sempre consapevolezza della loro importanza e del loro valore economico, essendo elementi effettivamente difficili da valutare. Con questo articolo si punta a richiamare le principali caratteristiche dei diritti di proprietà intellettuale, e le regole fondamentali che li regolamentano, illustrando per ultimo le misure dell’UE in materia di protezione dei diritti di proprietà intellettuale, che sono destinate proprio alle Pmi europee. A questo proposito si ricorda che i diritti di proprietà intellettuale più importanti sono: I diritti di proprietà intellettuale 1) il brevetto (patent); 2) il diritto d’autore (copyright); 3) il marchio commerciale (trademark); 4) l’indicazione geografica tipica (geographical indication); 5) il disegno industriale (industrial design). Si analizzeranno solo i brevetti ed i marchi, che tra l’altro sono sottoposti ad un unico ufficio, ossia l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (Uibm). Il brevetto Il contenuto del brevetto Il brevetto è un diritto esclusivo, garantito dallo Stato, in forza del quale viene conferito un monopolio temporaneo di sfruttamento di un’invenzione. Le invenzioni possono riguardare i prodotti o i processi produttivi, e devono caratterizzarsi per la novità e la possibilità di impiego a livello industriale. Il diritto esclusivo si riferisce sia alla produzione, sia alla commercializzazione, e dura per un periodo di 20 anni, che decorrono dalla data del deposito della domanda di brevetto, sempre che siano regolarmente pagate le tasse relative al mantenimento in vita del brevetto. Il brevetto è un diritto limitato territorialmente da confini geografici di un determinato Stato, o più Stati (aree regionali, come l’UE). 5 n. 8-9/2013 A AMMINISTRAZIONE Le finalità del brevetto Vi possono essere diverse ragioni per richiedere un brevetto: La richiesta 1) acquisizione di una solida posizione di mercato: un brevetto attribuisce al suo titolare un diritto esclusivo per inibire a terzi l’uso commerciale dell’invenzione brevettata. Se l’azienda è titolare di un brevetto per un’invenzione, essa potrà escludere dal mercato, con riferimento a quella determinata invenzione, eventuali aziende concorrenti; 2) profitti supplementari derivanti dalla concessione di licenze d’uso del brevetto, o dalla sua vendita: il titolare di un brevetto può cederne l’uso o la proprietà a terzi in cambio di un compenso (es. pagamento di una royalty), in modo da produrre profitti supplementari per la propria impresa. La vendita di un brevetto implica il trasferimento della proprietà, mentre la licenza di un brevetto comporta la sola possibilità di servirsi dell’invenzione brevettata a specifiche condizioni; 3) diminuzione dei rischi di contraffazione: con la protezione brevettuale è possibile impedire ad altri di brevettare la medesima invenzione, ed anche ridurre le possibilità di violare i propri diritti al momento della commercializzazione dei prodotti; 4) maggiori possibilità di ottenere finanziamenti: la proprietà di brevetti (o anche la licenza d’uso di brevetti posseduti da altri) può rivelarsi essenziale per ottenere risorse finanziarie dagli operatori bancari; 5) contribuire all’immagine positiva dell’azienda: un buon portafoglio brevetti può essere percepito dai partner commerciali, dagli investitori, dagli azionisti e dai clienti come una dimostrazione dell’alto livello di qualità, specializzazione e capacità tecnologica dell’azienda. La procedura per l’acquisizione del brevetto L’acquisizione di un brevetto è un’operazione lunga e complessa, che richiede anche l’attivazione di specifiche procedure. Il punto di partenza è la ricerca sullo stato dell’arte esistente nel settore in cui si inserisce l’invenzione. Con oltre 40 milioni di brevetti concessi in tutto il mondo, e milioni di pubblicazioni disponibili che costituiscono l’attuale stato dell’arte, ci sono evidenti rischi che l’invenzione non risulti nuova, e pertanto, non brevettabile. Occorre quindi rivolgersi ad operatori specializzati, che verifichino nelle banche dati lo stato di avanzamento in un particolare settore produttivo. Esiste comunque un motore di ricerca presso il sito internet del Wipo (World Intellectual Property rights), rintracciabile all’indirizzo www.wipo.int/ipdl/en/resources/links.jsp, che consente di fare delle ricerche su 18 milioni di brevetti. A questo scopo occorre avere le idee chiare a quale settore si riferisce la propria invenzione, visto che esistono 8 sezioni, divise in 120 classi, 628 sottoclassi, e 69.000 gruppi tematici. Dopo aver individuato l’ambito settoriale dell’invenzione, e compiuto una ricerca sullo stato dell’arte esistente, ed aver quindi deciso di proteggere la propria invenzione, è necessario predisporre una domanda di brevetto da inoltrare all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (Uibm), che è gestito dalla Direzione generale ‘‘Lotta alla contraffazione’’ del Ministero dello Sviluppo economico. La domanda deve comprendere una descrizione completa dell’invenzione, le rivendicazioni sulle quali si fondano lo scopo e le finalità del brevetto, i relativi disegni, se necessari, la designazione dell’inventore, ed un riassunto che ha unicamente finalità di informazione tecnica. È possibile effettuare un deposito on line anche presso le Camere di Commercio. 6 n. 8-9/2013 A AMMINISTRAZIONE Pure questa fase iniziale della procedura può essere affidata ad un esperto di proprietà industriale. Presentata la domanda, tutto è in mano all’ufficio del brevetto, che provvede a svolgere le seguenti fasi: Ufficio del brevetto a) esame formale: l’ufficio brevetti esamina la richiesta per assicurarsi che la stessa contenga tutti i requisiti amministrativi e formali richiesti (es. tutta la documentazione relativa deve essere acclusa e le tasse devono essere state regolarmente pagate); b) ricerca: ogni domanda di brevetto per invenzione è soggetta ad una ricerca di anteriorità (ossia di verifica della sua novità) effettuata dall’Ufficio Europeo dei Brevetti. I risultati della ricerca vengono comunicati al titolare della domanda, il quale può decidere se ritirarla, o richiedere che l’Ufficio proceda con l’esame (pagando quindi un’ulteriore tassa); c) esame sostanziale: in questa fase ci si assicura che la domanda di brevetto soddisfi i requisiti di brevettabilità. Infatti, l’Uibm deve accertare che si sia di fronte ad un’invenzione brevettabile, e che la domanda sia relativa ad una sola invenzione. L’Uibm non verifica il funzionamento effettivo del nuovo prodotto o del nuovo processo produttivo. I risultati dell’esame sono inviati per iscritto al richiedente, al fine di fornire uno strumento per controbattere qualsiasi eventuale obiezione sollevata durante l’esame; d) pubblicazione: la domanda di brevetto viene pubblicata 18 mesi dopo il primo deposito della stessa. Il titolare del brevetto può, tuttavia, chiedere che la domanda venga pubblicata in modo anticipato; in tale caso la domanda è pubblicata non prima di 90 giorni dal deposito; e) concessione: se la procedura di concessione si conclude positivamente, l’Ufficio brevetti concede il brevetto, ed emette il relativo certificato di concessione. I costi della procedura per l’acquisizione del brevetto Il costo per la domanda di brevetto è di 500 euro, che vanno poi incrementati di altri 1.400, in caso di concessione del brevetto. Vi sono altri importi da pagare, che dipendono dalle modalità di trasmissione della documentazione e dalla dimensione della documentazione che descrive l’invenzione. Se la descrizione (inclusi i disegni) è consegnata in modalità telematica, allora il costo è di soli 50 euro, mentre nel caso in cui la documentazione è fornita in formato cartaceo, si va da 120 euro (se la descrizione è contenuto in massimo 10 pagine) a 600 euro (più di 50 pagine). Vi sono poi dei diritti per mantenere in vita il brevetto, che scattano dal quinto anno, e aumentano con la progressione di anni (60 euro per il quinto anno, 650 dal quindicesimo anno fino al ventesimo). Il marchio Il contenuto del marchio Il marchio è un segno che permette di distinguere i prodotti o i servizi, prodotti o distribuiti da un’impresa, da quelli delle altre aziende. Oggetto di registrazione Possono costituire oggetto di registrazione, come marchio d’impresa, tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese. 7 n. 8-9/2013 A AMMINISTRAZIONE Non registrabili Non possono invece essere oggetto di registrazione come marchio, se il segno ha una delle seguenti caratteristiche: 1) è privo di carattere distintivo; 2) serve unicamente per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o del servizio; 3) è divenuto di uso comune nel linguaggio corrente, o nelle consuetudini leali e costanti del commercio; 4) è contrario all’ordine pubblico o al buon costume; 5) è di natura tale da ingannare il pubblico, per esempio circa la natura, la qualità o la provenienza geografica del prodotto o del servizio. Altri impedimenti assoluti alla registrazione possono essere legati alla forma dei prodotti, all’origine delle bevande alcoliche, dei prodotti agricoli e degli alimenti, e ad alcuni emblemi ufficiali (es. la bandiera di un paese). Nei casi in cui il marchio è privo di carattere distintivo, o serve a designare la specie, la qualità, la quantità, dei prodotti o dei servizi, o è divenuto di uso comune nel linguaggio corrente (cd. volgaris rationae), o nel commercio, l’obiezione può essere superata se si dimostra che il marchio ha acquisito carattere distintivo per i prodotti o servizi per i quali è stato richiesto, a seguito dell’uso che ne è stato fatto (cd. secondary meaning). I ritratti di persone non possono essere registrati come marchi senza il consenso delle medesime e, dopo la loro morte, senza il consenso del coniuge e dei figli 1. È richiesto il consenso in quanto l’utilizzo del ritratto come marchio potrebbe comportare problemi giuridici di vario genere al titolare dei diritti sulla immagine (es. violazione del diritto alla personalità, all’identità, alla reputazione, alla privacy, al diritto d’autore). Le finalità del marchio Non è un obbligo Fermo restando che non è obbligatorio registrare un marchio, tuttavia è nell’interesse dell’impresa farlo, perché solo la registrazione attribuisce diritti esclusivi che consentono di impedire l’uso non autorizzato del marchio da parte di terzi. Infatti, la registrazione del marchio offre una protezione in caso di conflitto con un marchio identico o simile. D’altronde la principale funzione del marchio è quella di permettere ai consumatori di identificare un prodotto (sia esso un bene o un servizio) di una determinata impresa, in modo da distinguerlo da prodotti simili o identici forniti da aziende concorrenti. I marchi, quindi, svolgono un ruolo centrale nelle strategie di marketing e promozione del nome dell’impresa, contribuendo all’affermazione dell’immagine e della reputazione dei prodotti agli occhi del consumatore. Un marchio scelto e costruito con cura ha un considerevole valore commerciale per la maggior parte delle imprese, e per alcune di esse, può addirittura costituire il bene di maggior valore. La procedura per la protezione del marchio Protezione Dato il valore dei marchi e l’importanza che un marchio può avere nel determinare il successo di un prodotto, è fondamentale proteggere i marchi in tutti i Paesi di esportazione dei propri prodotti. 1 In loro mancanza, o dopo la loro morte, dei genitori e degli altri ascendenti, e, in mancanza o dopo la morte anche di questi ultimi, dei parenti fino al quarto grado incluso. 8 n. 8-9/2013 A AMMINISTRAZIONE La protezione di un marchio può essere ottenuta in Italia attraverso la registrazione presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (Uibm). La legge precisa che può ottenere una registrazione per marchio d’impresa chi lo utilizza, o si proponga di utilizzarlo, nella fabbricazione o nel commercio di prodotti, o nella prestazione di servizi della propria impresa, o di imprese di cui abbia il controllo, o che ne facciano uso con il suo consenso. Pertanto, la domanda di registrazione può essere fatta prima di aver utilizzato il marchio, ma, una volta registrato, a pena di decadenza, il marchio deve formare oggetto di uso effettivo da parte del suo titolare, o con il suo consenso, entro 5 anni dalla registrazione. La domanda va presentata presso la Camera di Commercio, dove ha sede l’impresa, oppure presso l’Uibm, che, in ogni caso, dovrà trasmetterla necessariamente alla Camera di Commercio competente per territorio. Marchio e ragione sociale È utile precisare che la registrazione di un’impresa e della sua ragione sociale/nome commerciale presso la Camera di Commercio non equivale alla registrazione del marchio. Nome commerciale e marchio d’impresa sono due concetti ben distinti. Il nome commerciale è la denominazione completa dell’impresa, e ne permette l’identificazione. Il marchio, invece, è il segno che contraddistingue i prodotti di un’impresa. Un’impresa può possedere diversi marchi, oppure può utilizzare un marchio per identificare tutti i propri prodotti o una particolare fascia o uno specifico tipo. L’uso dei simboli 1 e TM, e simili, accanto ad un marchio non è obbligatorio, e, in genere, dal punto di vista legale non fornisce alcuna ulteriore protezione. Marchio registrato Può però rappresentare un buon modo di far sapere che il segno in questione è un marchio registrato, inviando cosı̀ un avvertimento a potenziali contraffattori. Il simbolo 1 è utilizzato per marchi registrati, mentre il simbolo TM denota l’utilizzo di un segno quale marchio. A tal proposito, è da notare che l’art. 127 del Codice sulla proprietà intellettuale prevede una sanzione amministrativa per chiunque appone su un oggetto, parole o indicazioni non corrispondenti al vero, tendenti a far credere che il marchio che lo contraddistingue sia stato registrato. Marchio e Internet L’utilizzo dei marchi in Internet ha sollevato una serie di criticità dovute alla territorialità dei diritti legati ad un marchio, essendo i marchi protetti solo nel Paese o nell’area (es. UE) in cui sono stati registrati, ed al carattere globale della rete Internet. Tutta una serie di problematiche possono essere generate in caso di conflitto fra persone o imprese che dispongono legittimamente di marchi identici o simili per prodotti o servizi identici o simili, in Paesi differenti. La legislazione in questo campo è ancora in evoluzione, e le soluzioni adottate sono spesso diverse da Paese a Paese. Va però segnalato che i nomi di dominio utilizzati per trovare i siti web un’azienda, secondo la legge e la giurisprudenza consolidata, possono essere utilizzati solo dai titolari dei marchi. In altre parole la registrazione in malafede del marchio di un’altra impresa o persona come nome di dominio rappresenta una violazione dei diritti legati al marchio (il cosiddetto cybersquatting), e può dar luogo all’ordine di cessione o cancellazione del nome di dominio, o addirittura al pagamento di danni o di multe molto elevate. 9 n. 8-9/2013 A AMMINISTRAZIONE Gli strumenti per la protezione dei diritti di proprietà intellettuale Concluso il richiamo delle principali informazioni su brevetti e marchi, è il caso di completare questa analisi con il richiamo degli strumenti messi a disposizione dall’UE per le Pmi europee in materia di protezione dei diritti di proprietà intellettuale. Il punto di partenza è il portale europeo per le piccole e medie imprese, raggiungibile all’indirizzo http://ec.europa.eu/small-business/index_it.htm. Sul lato sinistro della home page vi sono varie voci, tra cui ‘‘Innovazione, ricerca e diritti d’autore’’. Cliccato sul link, e scorrendo verso il basso la pagina, si trova una serie di iniziative, sotto la voce ‘‘Proprietà intellettuale’’, che meritano di essere considerate. Le iniziative sono le seguenti: La protezione dei diritti 1) portale transatlantico sui DPI (diritti di proprietà intellettuale): si tratta di un sito web in inglese che incoraggia e agevola l’accesso ad un’ampia gamma di risorse relative ai diritti di proprietà intellettuale per le Pmi che si trovano su entrambe le sponde dell’Atlantico. Tali risorse sono state sviluppate da diverse agenzie e programmi governativi degli Stati Uniti e dell’Unione europea; si tratta di un sito di particolare interesse in quanto sono indicati anche i link per ‘‘Expert advice’’, e navigandoci dentro è difficile non trovare una risposta alle proprie esigenze conoscitive; 2) la pagina web dell’UE sulla proprietà intellettuale (solo in inglese, francese o tedesco): si tratta di una fonte di informazione ad alto contenuto esplicativo, che è utile per approfondire le tematiche legate ai diritti di proprietà intellettuale (Ipr in inglese e Dpi in italiano); 3) la pagina web dell’UE sulla difesa dalla contraffazione (solo in inglese, francese o tedesco): è una sezione informativa per imparare a tutelare i propri diritti, attraverso la collaborazione con le amministrazioni doganali. Questa pagina dà accesso a un manuale e ai moduli di iscrizione online per le operazioni doganali; 4) la pagina web dell’UE sulla tutela della proprietà intellettuale: è una punto di partenza per la registrazione a livello europeo dei diritti di proprietà intellettuale; 5) helpdesk per i diritti di proprietà intellettuale: si tratta di un servizio gratuito dell’UE che fornisce agli utenti le risposte alle domande sulla proprietà intellettuale, mediante posta elettronica o attraverso le risorse on line; 6) China IPR SME helpdesk: questo servizio dell’UE, fornito in collaborazione con la Cina, assicura informazioni, consulenza e formazione gratuite alle piccole imprese europee, coadiuvandole nella tutela e nell’applicazione dei propri diritti sulla proprietà intellettuale in Cina; 7) Strumenti DPI per le piccole imprese: è una pagina, contenente una tabella, che riassume (consentendone l’accesso con il link) tutti gli strumenti on line dell’UE per le imprese, riguardante i diritti di proprietà intellettuale. Conclusioni L’attuale crisi economica richiede la necessità di affrontare in modo più attento la gestione dell’impresa. In questo ambito uno sforzo teso a valorizzare alcuni elementi intangibili dell’azienda, precedentemente trascurati, o non valorizzati pienamente, quali i diritti di proprietà intellettuale, può costituire una utile risposta (anche se non l’unica) alla difficile situazione congiunturale. Tra l’altro va ammesso che è un peccato che diversi servizi dell’UE, per di più gratuiti, non vengano utilizzati per una loro mancata conoscenza. In questa ottica il presente articolo intende contribuire a questo gap di conoscenza. 10 n. 8-9/2013 A AMMINISTRAZIONE Beni mobili Il trattamento IVA nelle intermediazioni B2B: casi pratici di Najdat Al Najjari - GLAWBE Associated Attorneys - Venezia Il concetto di ‘‘intermediazione’’ tra norme civilistiche e regole fiscali L’‘‘intermediazione’’ è un concetto che non trova definizione né all’interno del Codice civile né all’interno del D.P.R. n. 633/1972 anche se nel corpo del citato decreto il riferimento ai c.d. ‘‘servizi di intermediazione’’ si rinviene - ad esempio - nell’art. 7sexies comma I lett. a) e nell’art. 9 comma I n. 7). È quindi necessario chiedersi se l’’’intermediazione’’ sia qualcosa di diverso rispetto ai servizi tipizzati in forme canoniche (quali ad esempio i servizi derivanti da contratto di agenzia o mandato) oppure sia un concetto ampio che può ricondursi tanto ai servizi caratteristici dei contratti tipici quanto ad altri servizi non inquadrabili in figure negoziali codificate all’interno dell’ordinamento. Definizione Come vedremo, nel concetto di ‘‘intermediazione’’ confluiscono tutte le prestazioni rese da soggetti che, a vario titolo, intervengono nel flusso della circolazione dei beni o dei servizi e che tali prestazioni - sotto il profilo IVA - devono essere inquadrate in maniera unitaria. In assenza di una definizione normativa, il concetto di ‘‘intermediazione’’ dovrà essere ricostruito sulla base dei dati a disposizione dell’interprete al fine di poter verificare la riconducibilità ad un’unica categoria - sotto il profilo dell’inquadramento IVA - di tutta una serie di prestazioni di servizi a volte riconducibili nell’alveo di uno schema negoziale tipizzato, altre volte no. Ai fini che qui interessano pare opportuno partire dall’analisi dell’istituto della mediazione: sul tema, stante anche in tal caso l’assenza di una definizione normativa 1, si confrontano due opposte teorie. Secondo la prima, attualmente prevalente, la mediazione ha natura contrattuale e sarebbe costituita da un contratto unilaterale con obbligazioni a carico del solo proponente 2: in tal caso il soggetto beneficiario del servizio offerto dal mediatore si obbligherebbe a rimborsare allo stesso le sole spese sostenute in caso di mancata conclusione dell’affare ovvero a corrispondere la provvigione promessa in caso di esito positivo dello stesso. Una seconda dottrina distingue due differenti figure di mediazione: quella tipica e quella atipica. In particolare, secondo un’autorevole ricostruzione 3, la figura della mediazione tipica sarebbe priva di qualsiasi valenza negoziale e i reciproci obblighi e diritti insorgerebbero tra le 1 Il Codice Civile non offre la definizione di mediazione ma, all’art. 1754, fornisce quella di ‘‘mediatore’’ che viene qualificato come ‘‘colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza’’. 2 Il contatto con obbligazioni del solo proponente è previsto e disciplinato dall’art. 1333 c.c. 3 Si veda Carraro, La mediazione. 11 n. 8-9/2013 A AMMINISTRAZIONE parti semplicemente per effetto dalla loro messa in relazione ad opera dell’intermediario, a prescindere da qualsiasi altro elemento. La mediazione negoziale atipica - che avrebbe invece natura negoziale - si fonderebbe su un contratto a prestazioni corrispettive il quale potrebbe coinvolgere anche soltanto una delle figure interessate alla conclusione dell’affare 4 o addirittura un terzo 5: detta mediazione si considererebbe conclusa soltanto al buon fine dell’affare considerato. La mediazione A prescindere dalla teoria di riferimento, i tratti caratterizzanti la mediazione sono da individuare nell’esistenza di più parti interessate alla conclusione di un affare e nell’attività di facilitazione delle relazioni - ovvero di vera e propria ricerca o creazione di opportunità esercitata da un soggetto terzo rispetto all’affare (il mediatore, appunto) il quale, per i servizi resi, ha diritto a ricevere un compenso. Ne consegue che la ‘‘mediazione’’ può ricomprendere attività caratteristiche di altre figure negoziali nelle quali si individui l’interposizione di un soggetto nella circolazione di beni o servizi, costituendo una figura ampia e destinata a comprendere fattispecie diverse tra loro. Fatte queste premesse è quindi da condividere la definizione dell’intermediazione - fornita da autorevole dottrina - secondo la quale ‘‘la nozione di intermediazione va riferita a tutte le ipotesi contrattuali che comportano comunque una interposizione nella circolazione dei beni e servizi, tra le quali rientrano ad esempio i contratti di mandati, di agenzia, di mediazione ecc.’’ 6. L’intermediazione di cui tratta la normativa fiscale pare quindi essere un concetto derivato dalla nozione civilistica di mediazione, opportunamente allargato al fine di poter comprendere tutte quelle attività di prestazione di servizi - anche non strettamente afferenti a figure negoziali tipiche - che si concretano quando un soggetto si interpone tra altri soggetti nella conclusione di un determinato affare. Prestazione di servizi Si legga ora la disposizione dell’art. 3 I comma del D.P.R. n. 633/1972 il quale definisce il concetto di ‘‘prestazioni di servizi’’: la norma citata afferma che ‘‘costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte’’. Manca nella norma il riferimento al concetto di intermediazione: da quanto sopra esposto è tuttavia agevole ricavare che in tutti i casi in cui la prestazione del soggetto interposto sia configurabile - alternativamente come prestazione caratteristica di un contratto di agenzia o di mandato ovvero, in assenza di una qualificazione tipizzata, come prestazione di ‘‘intermediazione’’, si tratterà di una prestazione di servizio. Eccezione a tale regola - che appare di portata generale - è la previsione di cui all’art. 3 comma 4, lett. h) D.P.R. n. 633/1972 laddove si prescrive che ‘‘(...) non sono considerate prestazioni di servizi (...) h) le prestazioni dei commissionari relative ai passaggi di cui al n. 3 del secondo comma dell’art. 2 (...)’’. Il contratto di commissione appartiene sotto il profilo civilistico alla famiglia dei mandati 7: ne consegue che agli effetti fiscali - secondo quanto stabilito dall’art. 3 comma 1, D.P.R. n. 4 È la cosiddetta mediazione unilaterale: la ammettono Cassazione, s.n. 5982/81, s.n. 5431/80, s.n. 3531/80; nella giurisprudenza di merito si vedano Pretura di Monza, ordinanza 13/04/1992. 5 Per la mediazione a favore di terzo si veda Cassazione, s.n. 17628/02. 6 Mandò, Manuale dell’Imposta sul Valore Aggiunto, IPSOA WKI pag. 121. 7 Art. 1731 c.c.: ‘‘Il contratto di commissione è un mandato che ha per oggetto l’acquisto o la vendita di beni per conto del committente e in nome del commissionario’’. 12 n. 8-9/2013 A AMMINISTRAZIONE 633/1972 - le relative prestazioni dovrebbero essere qualificate come ‘‘servizi’’: il comma 4 citato introduce, peraltro, un’ipotesi derogatoria riconducendo le prestazioni di cui al contratto di commissione a ‘‘cessioni di beni’’ anziché ‘‘prestazioni di servizi’’. La circostanza è confermata dalla lettura dell’art. 2 comma II n. 3) D.P.R. n. 633/1972: ‘‘(...) Costituiscono inoltre cessioni di beni (...) 3) i passaggi dal committente al commissionario io dal commissionario al committente di beni venduti o acquistati in esecuzione di contratti di commissione’’. Dette operazioni pertanto, ai fini IVA, saranno tassate quali cessioni di beni e non come prestazioni di servizi, con ogni conseguenza in merito alle regole applicabili. Le intermediazioni nelle cessioni di beni Chiarito quindi che nel concetto di intermediazione rientrano tutte le ‘‘ipotesi contrattuali che comportano comunque una interposizione nella circolazione dei beni e servizi’’ passiamo ora ad una rapida disamina di alcuni aspetti connessi alla relativa disciplina IVA. Il caso più caratteristico di intermediazione nella cessione di beni è quello che si configura all’interno di un rapporto di agenzia. Tralasciando i numerosi e spesso complicati aspetti civilistici che attengono a questa tipologia contrattuale ci soffermiamo ora sulla relazione tra agente e mandante ai fini del trattamento IVA della fattura emessa dall’agente. La prestazione di agenzia - non rientrando nelle previsioni derogatorie di cui agli artt. 7quater e seguenti D.P.R. n. 633/1972 - viene considerata un servizio generico e pertanto disciplinata, sotto il profilo territoriale, dalla disposizione di cui all’art. 7ter D.P.R. n. 633/ 1972. Ne consegue che - in ipotesi di prestazioni di servizio business to business - la territorialità dell’operazione si manifesterà geneticamente presso la sede del committente [art. 7ter comma I lettera a) D.P.R. n. 633/1972]; conseguentemente il soggetto passivo IVA nazionale che agisca quale mandante sarà tenuto ad integrare le fatture ricevute da prestatore comunitario ovvero, in applicazione dell’art. 17 comma II D.P.R. n. 633/1972, ad emettere autofattura per le prestazioni rese da un agente extra comunitario. Le operazioni oggetto di intermediazione, a propria volta, possono essere, ad esempio, operazioni imponibili (si pensi, ad esempio, al caso in cui l’operazione intermediata si consideri effettuata all’interno dello Stato), non imponibili (si pensi al caso delle esportazioni o delle cessioni intracomunitarie), non soggette ad imposta (si ipotizzi un’operazione priva del requisito territoriale), effettuate senza pagamento dell’imposta (si pensi ad operazioni relative a beni in deposito ai sensi dell’Art. 50bis D.L. n. 331/ 1993) o esenti. Le ipotesi Ci si chiede quali siano - e se vi siano - conseguenze in merito al trattamento IVA della fattura dell’intermediario in funzione del regime applicabile all’operazione principale. Ipotizzando che il mandante sia un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato italiano - è necessario distinguere le seguenti ipotesi: 1) l’agente è un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato; 2) l’agente è un soggetto passivo UE; 3) l’agente è un soggetto passivo extra UE. CASO 1 Secondo la regola generale il prestatore di servizi residente nel territorio dello Stato emetterà nei confronti del proprio mandante - per le prestazioni di intermediazione relative a beni mobili - una fattura con IVA. 13 n. 8-9/2013 A AMMINISTRAZIONE Se l’operazione intermediata riguarda ‘‘beni in importazione, in esportazione o in transito, a trasporti internazionali di persone o di beni, ai noleggi e alle locazioni di cui al n. 3 nonché quelli relativi ad operazioni effettuate fuori dal territorio della Comunità; (...)’’ [art. 9 comma I n. 7) D.P.R. n. 633/1972] egli emetterà invece - in applicazione della norma da ultimo citata - una fattura ‘‘non imponibile’’. CASO 2 Il prestatore di servizi UE il quale funga da intermediario per un mandante italiano emetterà una fattura senza IVA secondo le regole vigenti nel proprio Paese. Il mandante italiano provvederà obbligatoriamente all’integrazione della stessa ai sensi dell’art. 17 comma 2 secondo periodo D.P.R. n. 633/1972. Qualora l’operazione intermediata rientri nelle categorie del citato art. 9, comma 1, n. 7) D.P.R. n. 633/1972, l’integrazione della fattura avverrà con l’indicazione ‘‘non imponibile’’. CASO 3 Il prestatore di servizi extra UE il quale funga da intermediario per un mandante italiano emetterà una fattura (o documento equivalente) secondo le regole vigenti nel proprio Paese. Il mandante italiano provvederà obbligatoriamente all’emissione di autofattura ai sensi dell’art. 17, comma 2 primo periodo D.P.R. n. 633/1972. Qualora l’operazione intermediata rientri nelle categorie del citato art. 9, comma 1, n. 7) D.P.R. n. 633/1972, l’autofattura conterrà l’indicazione ‘‘non imponibile’’. Sempre in applicazione della regola generale, l’agente residente in Italia che effettui operazioni di intermediazione nei confronti di soggetti passivi residenti all’estero sarà tenuto ad emettere fattura ‘‘non soggetta ad imposta’’ ai sensi dell’art. 7ter, comma 1, lett. a) D.P.R. n. 633/1972. Esame di alcuni casi pratici Intermediario tedesco DE procaccia ad Azienda italiana IT una vendita di beni che si trovano in Cina e devono essere spediti dalla Cina al Giappone. DE emette nei confronti di IT una fattura senza esporre l’IVA tedesca. Al ricevimento della stessa IT provvede all’integrazione ai sensi degli artt. 46 e 47 D.L. n. 331/1993 con l’indicazione del titolo di non imponibilità (art. 9 comma 1, n. 7 D.P.R. n. 63/1972). L’operazione intermediata, infatti, non si considera effettuata nel territorio dello Stato e si considera invece effettuata fuori dal territorio dell’Unione Europea. Intermediario francese FR segnala ad Azienda italiana IT un cliente che acquista beni custoditi all’interno di un deposito IVA. I beni non vengono estratti dal deposito quindi l’operazione di cessione, ai sensi dell’art. 50bis, comma 4, lett. e) del D.L. n. 331/1993, viene effettuata ‘‘senza pagamento dell’imposta’’. FR emetterà fattura senza IVA secondo le norme fiscali vigenti in Francia. IT provvederà all’integrazione della fattura di FR ai sensi degli artt. 46 e 47 D.L. n. 331/1993 assolvendo ai propri obblighi cartolari mediante la doppia registrazione della fattura integrata. Ciò in quanto i beni custoditi in deposito IVA non rientrano nell’elenco di cui all’art. 9 comma 1, n. 7), D.P.R. n. 633/1972: essendo fuori dai casi previsti dalla deroga trova applicazione la regola generale. Intermediario egiziano EG segnala ad Azienda italiana IT un cliente russo RU che acquista beni custoditi all’interno di un deposito IVA. I beni sono inviati da IT a RU immediatamente a seguito della segnalazione. 14 n. 8-9/2013 A AMMINISTRAZIONE Il caso proposto fa riferimento a beni che, al momento della loro cessione, si trovano nel territorio dello Stato ancorché custoditi all’interno di un deposito IVA. Per effetto della cessione i beni stessi sono inviati a cura del cedente fuori dal territorio della Comunità Europea: la cessione realizza quindi un’esportazione. Ne consegue pertanto che IT - a fronte della nota di EG - dovrebbe emettere, in applicazione del combinato disposto degli artt. 17 comma II e 9 comma 1, n. 7) D.P.R. 633/1972, ‘‘autofattura non imponibile’’. Sul punto va chiarito quanto segue. La norma di cui al citato art. 9, comma 1, n. 7 D.P.R. n. 633/1972 consente che i servizi di intermediazione siano considerati ‘‘non imponibili’’ se riferiti - tra l’altro - a beni in esportazione. Al fine di poter godere del beneficio della non imponibilità il servizio di intermediazione deve quindi considerarsi ‘‘effettuato’’ soltanto dopo che i beni oggetto dell’intermediazione stessa sono stati vincolati al regime doganale ammesso al beneficio (nel caso di specie, l’esportazione). Effettuazione della prestazione Poiché ai sensi dell’art. 6 comma 3 D.P.R. n. 633/1972 la prestazione di servizio si considera effettuata all’atto del pagamento ovvero al momento dell’emissione della fattura - se anteriore - è necessario che IT si accerti che la data di vincolo delle merci al regime dell’esportazione sia anteriore a quella dell’effettuazione dell’operazione di intermediazione la quale si riterrà effettuata - come sopra precisato - al momento del pagamento del servizio o, se anteriore, a quello dell’emissione della fattura. Pertanto se il pagamento del servizio di intermediazione (ovvero la relativa fattura) avviene prima del vincolo delle merci oggetto di intermediazione al regime dell’esportazione IT non sarà più legittimato ad emettere un’autofattura non imponibile ma dovrà obbligatoriamente emettere un’autofattura con applicazione dell’imposta. Agente inglese UK segnala ad Azienda italiana IT una vendita di beni mobili che si trovano in Inghilterra. Il compratore è un soggetto passivo inglese UK(1). Nel caso in esame la cessione tra IT e UK(1) non costituisce una cessione intracomunitaria in quanto i beni non vengono trasferiti da uno Stato membro all’altro. Il presupposto territoriale relativo alla cessione di beni si realizza interamente in Inghilterra. Per quanto la fattura dell’intermediario UK egli sarà tenuto ad emettere nei confronti di IT una fattura senza applicazione dell’imposta; IT provvederà all’integrazione della stessa ai sensi dell’Art. 17 comma II D.P.R. n. 633/1972 con applicazione dell’imposta. Ciò in quanto l’operazione intermediata non rientra tra le deroghe previste dall’art. 9, comma 1, n. 7). Intermediario sloveno SI (non commissionario) tratta l’acquisto di una partita di materia prima a favore di una Società italiana IT. I beni si trovano in Germania e - a seguito di successiva cessione da parte di IT - devono essere inviati per la loro trasformazione in Belgio. Il soggetto sloveno SI dovrà emettere nei confronti di IT una fattura senza applicazione dell’IVA. IT, al ricevimento della stessa, provvederà all’integrazione ai sensi dell’art. 17 comma 2, con applicazione dell’imposta. Ciò in quanto, anche nel caso di specie, non si realizzano le condizioni previste dall’art. 9 comma 1, n. 7) per poter beneficare della non imponibilità: i beni infatti non sono vincolati al regime dell’importazione, dell’esportazione o del transito. Ne consegue che l’operazione di intermediazione torna a seguire la regola generale. 15 n. 8-9/2013 A AMMINISTRAZIONE Intermediario russo procaccia ad azienda italiana IT una vendita di beni ad un cliente Francese FR. I beni si trovano in Italia e FR chiede che gli stessi vengano consegnati direttamente ad un proprio cliente sempre residente in Italia. L’operazione intermediata da RU è una cessione che, sotto il profilo IVA, è interna al territorio dello Stato italiano. Infatti, pur intercorrendo la cessione tra soggetti residenti in due Stati membri diversi, i beni non vengono trasferiti dal territorio di uno Stato membro all’altro e non si realizzano quindi tutti i presupposti richiesti dall’art. 41 D.L. n. 331/1993 per potersi parlare di cessione intracomunitaria. L’operazione sarà quindi fatturata da IT a FR con applicazione dell’IVA nazionale. Parimenti IT - secondo quanto prescritto dall’art. 17, comma 2, D.P.R. n. 633/1972 - dovrà emettere autofattura con applicazione dell’IVA con riferimento alle prestazioni di intermediazione rese a suo favore da RU. Conclusioni Le operazioni di intermediazione business to business relative alle cessioni di beni mobili sono considerate servizi generici e come tali attratte nella regola territoriale di cui all’art. 7ter D.P.R. n. 633/1972. Esse vengono assoggettate ad IVA o direttamente dal soggetto passivo (se residente nel territorio dello Stato e quindi destinatario dell’obbligo di emissione della fattura e correlativamente del relativo debito d’imposta) o dal committente in applicazione dell’art. 17, comma 2, D.P.R. n. 633/1972 (tramite autofattura o integrazione, in dipendenza del fatto che il prestatore del servizio sia residente in uno Stato membro o in un Paese extracomunitario). Dette operazioni di intermediazione, se relative alle operazioni di cui all’art. 9, comma 1, n. 7) D.P.R. n. 633/1972, vengono considerate ‘‘servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali non imponibili’’. Ne consegue pertanto che la relativa fattura, se emessa direttamente dal soggetto passivo, sarà emessa in regime di non imponibilità, richiamando la citata norma. Qualora invece l’obbligo cartolare incomba sul committente del servizio in applicazione dell’art. 17, comma 2, D.P.R. n. 633/1972, questi provvederà ad effettuare l’integrazione della fattura o ad emettere autofattura per il servizio ricevuto avendo cura di specificare che si tratta di documento ‘‘non imponibile ai sensi dell’art. 9, comma 1, n. 7), D.P.R. n. 633/1972’’. 16 n. 8-9/2013 S SOCIETÀ Rischio Il risk management ed il ricorso a forme di assicurazione di Teresa Perrozzi - Dottore Commercialista, Consulente del Lavoro, Revisore Ufficiale dei Conti La definizione di risk management Con il termine risk management (gestione del rischio) ci si riferisce all’insieme di processi attraverso cui un’azienda identifica, analizza, quantifica, elimina e monitora i rischi legati ad un determinato processo produttivo. Gestire i rischi Una gestione consapevole dei rischi (o risk management ) è fondamentale per aiutare l’impresa a rafforzare strutturalmente la propria presenza sul mercato, la capacità di produrre reddito e la stabilità di bilancio. Se svolta in modo sistematico e strutturato, l’attività di risk management consente all’impresa di minimizzare le perdite, massimizzare l’efficacia e l’efficienza dei processi produttivi ed essere quindi meno esposta alle fluttuazioni dei mercati finanziari ed assicurativi. Con tale attività si intende quindi l’insieme articolato di processi attraverso cui le aziende valutano dapprima la probabilità che si verifichi una determinata situazione e successivamente, il modo di evitarla, ridurne gli effetti, trasferirla a terzi o infine, in molti casi, accettarne in parte o totalmente le conseguenze, minimizzando gli impatti sull’attività di impresa. Le piccole e medie imprese, che rappresentano oltre il 99% del tessuto imprenditoriale italiano, hanno minore percezione e sensibilità dei rischi rispetto alle grandi imprese; l’investimento ed il premio di polizza sono spesso considerati da queste aziende solo come un costo e non come un investimento in sicurezza e protezione del proprio patrimonio e del business. Inoltre, la difficile congiuntura economica che le imprese stanno vivendo (in particolare quelle di piccole e medie dimensioni), la necessità di dover fronteggiare nuove sfide dovute sia alla globalizzazione dei mercati, sia al succedersi sempre più ravvicinato di momenti di crisi economica, alternati a momenti di crescita, non aiuta ad investire sulla propria sicurezza con la conseguenza che a causa di questa ‘‘sottoassicurazione’’, aumenta spesso il rischio di default delle pmi italiane rispetto a quello dei competitor internazionali. Tale fenomeno si è andato consolidando nel tempo ed il quadro rappresentato dall’ultimo rapporto Ania (Associazione nazionale delle imprese di assicurazione), condotto tra il 2008 e il 2009 su un campione di 2.295 imprese italiane con meno di 250 dipendenti, ne evidenzia la rilevanza. In particolare è emerso che: Chi si assicura — oltre il 70% delle Pmi dichiara di non assicurarsi come dovrebbe perché ritiene di avere una bassa esposizione ai rischi assicurabili (inoltre spesso nelle Pmi non c’è la figura del risk manager, ovvero la persona che si occupa della gestione del rischio in azienda); — il 10% degli imprenditori afferma che alcune coperture non gli sono mai state proposte; 17 n. 8-9/2013 S SOCIETÀ — il 14% delle imprese è privo di un’assicurazione contro il rischio di incendio, il tipo di rischio più diffusamente assicurato e la propensione ad assicurarsi contro questo rischio cresce con la dimensione delle imprese (la percentuale non assicurata tra le aziende con meno di 15 addetti supera il 20%); — il 69% del totale delle imprese possiede un’assicurazione contro il furto (64% per le imprese con meno di 15 addetti); — il 33% è privo di assicurazione verso terzi e i dipendenti (il 42% per le imprese con meno di 15 addetti, mentre quasi il 90% è privo di assicurazione contro rischi ambientali). La prevenzione Lo studio ha evidenziato, inoltre, forme di complementarietà tra la sottoscrizione di polizze assicurative e l’adozione di misure di prevenzione dei rischi da parte dell’impresa: in particolare, le imprese che sottoscrivono polizze assicurative adottano anche maggiori precauzioni per prevenire l’insorgere dei rischi (ad esempio, per quanto riguarda il rischio incendi,con la dotazione di apposite apparecchiature per segnalare gli stessi) e per affrontarne le conseguenze con appositi accantonamenti monetari. È emerso inoltre che le imprese che hanno una maggiore copertura assicurativa ottengono dalle banche tassi più bassi e riescono ad ottenere credito da un numero maggiore di banche. Da un altro studio recentemente effettuato dall’Osservatorio sul risk management nelle Pmi italiane, dal dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano e dal Cineas, Consorzio universitario no-profit specializzato in cultura del rischio, che ha avuto come obiettivo quello di fotografare lo stato dell’arte del risk management nelle piccole e medie aziende italiane (che si è basata su un campione di 427 aziende distribuite su tutto il territorio nazionale e appartenenti a tutti i settori dell’economia), per capire quanto queste siano pronte ad affrontare e rispondere ai rischi in maniera adeguata, è emerso che le Pmi scontano ancora un notevole gap di arretratezza culturale in termini di prevenzione del rischio d’impresa. Questo vale soprattutto per le moltissime imprese di piccole dimensioni, ovvero quelle per cui una novità regolamentare sfavorevole, una stretta creditizia o una tensione sul mercato dei cambi possono significare una vera e propria crisi che si affronta impreparati. Nello specifico, dall’Osservatorio citato è emerso principalmente che: — il 35% delle imprese italiane ha visto aumentare il proprio profilo di rischio negli ultimi cinque anni e il 25% ritiene che i rischi aumenteranno nei prossimi anni; una buona parte delle imprese, circa il 53%, percepisce comunque correttamente il rischio non solo come fonte di minaccia, ma anche come fonte di opportunità; — solo l’1% delle imprese ha previsto, all’interno della propria struttura, un addetto dedicato a tempo pieno alla gestione del rischio (l’11% si rivolge ad una figura esterna, mentre la maggior parte - 88%- assegna il compito ad una figura interna che si occupa del risk management a tempo parziale in quanto normalmente ricopre altri ruoli quale quello di Amministratore, il 28% o quello di Direttore Finanziario, il 26%); — il 72% delle imprese adotta tecniche di risk managment da meno di 5 anni e solo il 13% da piu’ di 10 anni; inoltre, nel 28% dei casi il consiglio di amministrazione non è coinvolto nel processo del rischio: nel 43% esso definisce la strategia, mentre nel 27% monitora che l’esposizione al rischio sia coerente con il profilo desiderato. Tra le varie tipologie di rischio, quello finanziario viene percepito come l’area più critica (48%), seguito da quello operativo (35%); le stesse categorie di rischio, operativo (46%) e finanziario (41%), sono le categorie che assorbono maggiori risorse. L’analisi effettuata ha poi evidenziato l’evoluzione del profilo di rischio percepito dalle imprese nel passato, la situazione attuale e le aspettative per il futuro; il 17% degli intervi- 18 n. 8-9/2013 S SOCIETÀ stati ritiene di avere un profilo di rischio alto, il 58% medio e il 25% basso. L’incidenza delle imprese che negli ultimi 5 anni hanno visto aumentare il loro profilo è elevata (35%), cosı̀ come quella che prevede un aumento nei prossimi anni (25%), mentre solo un modesto 5% ritiene che il profilo di rischio potrà ridursi nel prossimo futuro. Per quanto riguarda le risorse investite nella gestione dei rischi, quasi nessuna delle aziende intervistate prevede di ridurre il proprio profilo di rischio nei prossimi tre anni, e tra quelle che prevedono un aumento del profilo di rischio, ben il 57% dichiara che gli investimenti in risk management cresceranno nel tempo. Andando ad analizzare le tecniche e gli strumenti che le Pmi adottano per la valutazione del rischio si rileva che sono poche le imprese che si sono dotate di procedure formali e standardizzate per le diverse fasi che compongono il processo di risk management. L’82% delle imprese formalizza meno di tre fasi su cinque e solo il 3% le formalizza tutte; altrettanto poche sono quelle che, indipendentemente dalle tecniche adottate, misurano la probabilità di accadimento (37%), mentre il 63% considera gli impatti finanziari dei rischi cui è esposto. Infine, dall’analisi emerge quanto poco sia diffusa la cultura del rischio all’interno delle aziende. Quasi nessuna azienda prevede iniziative di formazione rivolte a tutti i dipendenti, ma solo al top management (per il quale sono previsti corsi formazione ad hoc nel 17% dei casi, seminari nel 16% e workshop nel 19% dei casi) ed ai responsabili della gestione del rischio (per il quale sono previsti corsi formazione ad hoc nel 23% dei casi, seminari nel 15% e workshop nel 20% dei casi). Il 17% delle aziende dichiara di avere in programma per il futuro iniziative rivolte a tutti i dipendenti, il 32% iniziative rivolte solo al top management ed il 31% rivolte ai responsabili per la gestione del rischio. Il 35% delle imprese italiane ha visto aumentare il proprio profilo di rischio negli ultimi cinque anni mentre il 25% delle Pmi ritiene che i rischi aumenteranno nei prossimi anni. I processi di gestione del rischio ed il ricorso all’assicurazione risk management La prassi associa al concetto di rischio quello di perdita economica, pertanto un rischio è definito tanto più rilevante quanto più elevate sono le perdite che questo è suscettibile di generare. Sinteticamente, si possono distinguere tre tipologie di rischio: I rischi — rischio finanziario: rischio di perdita riconducibile alla volatilità dei parametri quotati nei mercati finanziari; in tale ambito rientrano i rischi collegati alle possibili variazioni nei tassi di interesse, nei tassi di cambio e nel prezzo di azioni o indici di azioni; i rischi finanziari includono inoltre la possibile alea derivante da variazioni inaspettate nei prezzi delle materie prime; — rischio di credito: rischio riconducibile alla possibilità di realizzare perdite economiche a causa dell’incapacità delle controparti di rimborsare il debito ed i relativi tassi di interesse; questa tipologia di rischio può dipendere anche dalla probabilità di fallimento delle controparti e dal tasso di recupero atteso a seguito dell’attivazione delle procedure fallimentari; — rischio operativo: può essere definito in via residuale rispetto alle precedenti categorie: tali rischi si riferiscono a tutti gli eventi potenzialmente dannosi per l’organizzazione. Tale categoria include in particolare i rischi di perdite economiche derivanti da errori umani, carenze nei sistemi informativi ed inadeguate procedure di controllo. Ai fini della nostra indagine, definiremo ‘‘rischio’’ la potenzialità che un evento, atteso o inatteso, possa avere un impatto negativo sul capitale dell’azienda o sui suoi guadagni. 19 n. 8-9/2013 S SOCIETÀ Le polizze Polizze a copertura dei rischi al patrimonio Con questo tipo di contratti vengono coperti i rischi inerenti i beni patrimoniali dell’azienda, come i fabbricati, i macchinari e le merci oppure anche alcuni rischi dovuti a guasti macchina o a fenomeni elettrici. Normalmente vengono proposte due formule: — una formula che copre solo alcuni rischi indicati dal contratto (rischi nominati), come per esempio incendio, esplosione, fulmini, scoppio e caduta di aeromobili; — una formula che comprende tutti i rischi (All Risks) tranne quelli esclusi dal contratto. La polizza può poi avere diverse formulazioni in funzione di come vengono definiti la somma assicurata e il conseguente indennizzo: — indennizzo della ‘‘perdita di margine’’ (margine di contribuzione) dovuta alla riduzione dei ricavi e delle spese necessarie per contenerla ed evitarla; — indennizzo calcolato in base alla perdita di profitto lordo (loss of profit), dato dalla differenza tra ricavi di vendita e costi fissi, più i maggiori costi sopportati dall’azienda a causa del sinistro; — risarcimento erogato in relazione ai giorni di fermo aziendale (diaria). Polizze a copertura dei rischi derivanti da responsabilità Le coperture assicurative in quest’ambito sono fondamentalmente tre: — la Responsabilità civile Terzi (RCT), che solleva l’assicurato dal pagare dei risarcimenti per danni involontariamente causati ad altri (lesioni personali, morte, danni a cose) nello svolgimento dell’attività professionale; — la Responsabilità civile prestatori d’Opera (RCO), che serve a evitare all’assicurato di pagare delle somme per risarcire un prestatore d’opera di un infortunio, o morte, sul lavoro; garantisce anche dalla responsabilità dell’assicurato nei confronti delle richieste avanzate dall’Inail; — la Responsabilità civile Prodotti (RCP) che tiene indenne l’assicurato (produttore, venditore, distributore) di quanto sia tenuto a pagare a titolo di risarcimento di danni provocati involontariamente a terzi (persone o cose) dal difetto dei prodotti da lui fabbricati, venduti o distribuiti. Polizze dedicate a copertura di rischi ‘‘speciali’’ In questo ambito si possono ricomprendere le polizze di responsabilità civile nei confronti di terzi per danni ambientali (RC Inquinamento), le polizze dedicate ai rischi per opere in costruzione (Contractors’ All Risk, Erection All Risk), i contratti legati alle coperture del trasporto e le polizze a copertura della responsabilità civile professionale e dei vertici aziendali (RC professionale e D&O Directors and Officers, responsabilità civile degli amministratori e dirigenti) 1 In ultimo possiamo citare anche le cauzioni, il credito e la tutela legale. Polizze dedicate ai dipendenti, cosiddette ‘‘employees benefit’’ Rientrano in queste categorie le polizze infortuni (professionali ed extraprofessionali), malattia e rimborso di spese mediche per l’imprenditore, i dipendenti e i loro famigliari, le polizze Vita che garantiscono ai collaboratori o alle loro famiglie la disponibilità di un capitale in caso di morte o di invalidità permanente a seguito di malattia o infortunio, oppure dei piani specifici di previdenza complementare, sono coperture queste che, oltre a rappresentare validi benefit sostitutivi di prestazioni economiche, aiutano a migliorare la fedeltà all’azienda dei collaboratori. 1 Per l’argomento specifico della polizza D & O, vedi Pmi n.6/2013, pag. 38 20 n. 8-9/2013 F FINANZA & CREDITO Credito Imprese e territorio: attività dei confidi in Italia di Amedeo De Luca I confidi (consorzi fidi) sono istituzioni finanziarie che affiancano e supportano le Pmi ai fini dell’accesso al credito bancario. L’obiettivo dei confidi è perseguito attraverso l’erogazione di servizi quali: I servizi 1. concessione di garanzie; 2. valutazione del merito creditizio; 3. affiancamento negli adempimenti burocratici relativi al processo di assegnazione del credito; 4. consulenza. I confidi in Italia sono solitamente espressione di associazioni di categoria; altri soggetti invece sono legati ad enti pubblici, come Camere di commercio o Regioni. Essi sono consorzi di garanzia collettiva, con organizzazione di natura mutualistica, nati per fronteggiare i fenomeni di razionamento del credito e per facilitare l’accesso ai finanziamenti da parte delle Pmi. I cambiamenti intervenuti negli anni recenti, nell’ambito delle regole sottostanti l’attività di garanzia del credito, hanno messo in moto processi di riorganizzazione e consolidamento dei confidi. Oltre che per il ruolo di garanzia collettiva, l’attività dei confidi si connota per le peculiarità del contenuto informativo che essi apportano nella relazione di credito tra banche e imprese. Garanzie e consorzi fidi Il sistema delle garanzie consente di ridurre i punti deboli del funzionamento del mercato italiano del credito, che conducono a forme di razionamento dei finanziamenti o ad oneri finanziari del credito eccessivi rispetto al merito creditizio del debitore. Le imprese di minori dimensioni e quelle in fase di start-up subiscono maggiormente le conseguenze delle inefficienze del mercato creditizio italiano. Ciò è dovuto alla loro maggiore opacità informativa, ai più elevati costi e alla difficoltà di segnalazione/certificazione della propria situazione creditizia. Le garanzie favoriscono la concessione del credito a condizioni più favorevoli, operando esse come canale informativo e consentendo di ridurre i costi di agenzia connessi al rapporto creditizio. Dal punto di vista informativo, le garanzie veicolano la qualità/solvibilità del debitore e, contemporaneamente, accrescono la probabilità di recupero del credito in caso di default. La prestazione di garanzie si connota, quindi, come un’azione informativa complementare a quella che discende dalla conoscenza del capitale proprio dell’impresa, rafforzando la credibilità del progetto dell’impresa richiedente il finanziamento. 21 n. 8-9/2013 F FINANZA & CREDITO È da osservare, tuttavia, che l’efficacia informativa e incentivante della garanzia può ridursi se essa diviene sostitutiva - anche solo parzialmente - del processo di valutazione del merito creditizio e di selezione da parte dell’istituto di credito. In questo caso la garanzia può incrementare il rischio di inefficienza allocativa della banca e provocare selezioni che, da un lato escludano gli imprenditori migliori (qualora la richiesta di tassi di interesse e di garanzie non siano allineati al merito creditizio), dall’altro includano nella concessione del prestito imprese a rischio. Attività dei consorzi fidi in Italia I consorzi fidi costituiscono una modalità di intervento di garanzia da parte di un soggetto esterno all’impresa e al patrimonio personale dell’imprenditore. La loro attività contribuisce a ridurre i comportamenti di moral hazard, non deresponsabilizzando l’impresa debitrice in caso di insolvenza. Gli impegni contrattuali impongono, infatti, all’impresa dei costi in caso di insolvenza o di comportamento non corretti, p.e., garanzia mutualistica subordinata all’escussione dell’impresa garantita, oppure impegno dell’imprenditore a versare un deposito cauzionale proporzionale al finanziamento ottenuto. I consorzi fidi concedono le garanzie (a valere su fondi consortili versati dalle imprese socie) su depositi cauzionali versati dalle imprese e su fondi rischi di natura rotativa. Nel nostro Paese le analisi sulle attività dei consorzi fidi si sono sviluppati a motivo dell’importanza del fenomeno delle garanzie mutualistiche per il settore delle Pmi e delle trasformazioni normative che hanno ridisegnato gli ambiti e le modalità di gestione dei consorzi di garanzia. In Italia il sistema dei consorzi fidi è stato oggetto, alcuni anni orsono, di un profondo cambiamento dal punto di vista normativo e operativo. La legge n.326/2003 (legge quadro sui confidi) ha disegnato le linee di indirizzo per un più moderno ed efficiente sistema di garanzie mutualistiche, regolamentando: Le garanzie mutualistiche — lo status giuridico dei consorzi fidi; — i requisiti dimensionali delle imprese socie. I confidi sono costituiti da Pmi (industriali, commerciali, turistiche e di servizi, da imprese artigiane e agricole). Le imprese di grandi dimensioni possono associarsi se le loro dimensione rientrano nei limiti di ammissione agli interventi agevolati della Banca Europea degli Investimenti (Bei) e non possono costituire più di un sesto del totale delle imprese consorziate o socie; — le attività che i confidi possono svolgere. Sussistono differenze operative fra consorzi fidi ordinari (legati all’attività di garanzia collettiva dei fidi) e i consorzi iscritti all’elenco speciale ex art. 107 del Tub, cui è consentito lo svolgimento nei confronti delle imprese socie: a) della prestazione di garanzie a favore dell’amministrazione finanziaria dello Stato (per l’esecuzione dei rimborsi di imposte alle imprese consorziate); b) della gestione dei fondi pubblici di agevolazione; c) della stipula di contratti con le banche cui sono assegnati fondi pubblici di garanzia, per disciplinare i rapporti con le imprese socie. Inoltre, i confidi iscritti nell’elenco speciale possono svolgere in via residuale, nei limiti massimi stabiliti dalla Banca d’Italia, le attività riservate agli intermediari finanziari iscritti nel medesimo elenco; 22 n. 8-9/2013 F FINANZA & CREDITO — i requisiti minimi di capitale sociale e patrimonio netto e le quote di partecipazione delle imprese socie. Il capitale sociale di un confidi non può essere inferiore a 100.000 euro; la quota di partecipazione di un’impresa non può superare il 20% e il patrimonio netto dei confidi (comprensivo dei fondi rischi indisponibili) non può essere inferiore a 250.000 euro; — gli obblighi informativi e gli adempimenti pubblicistici; — i modelli istituzionali e organizzativi, che contemplano: a) i confidi ordinari (iscritti all’albo degli intermediari ex art. 106 del Tub); b) i confidi intermediari finanziari (iscritti all’albo speciale ex art. 107 del Tub); c) le banche di garanzia. Il nuovo quadro normativo Il nuovo quadro normativo fa riferimento alle seguenti tre tipologie di confidi citate precedentemente: Le tipologie 1) i confidi ordinari (compresi nell’elenco ex art. 106 del Tub): operano con un capitale sociale minimo uguale a 100.000 euro e un patrimonio netto minimo uguale a 250.000 euro; possono svolgere solo attività di garanzia collettiva dei fidi e attività strumentali. Non hanno obblighi di vigilanza (con esclusione degli obblighi informativi ai soci consorziati, delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea); 2) i confidi intermediari finanziari (iscritti nell’elenco speciale ex art, 107 del Tub): il loro volume di attività finanziarie deve essere pari o superiore a 75 milioni di euro; devono essere costituiti in forma di società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata o società cooperativa. Il patrimonio di vigilanza (P.V.) deve essere pari o superiore al 6% della attività ponderate per il rischio. Essi devono svolgere prevalentemente attività di garanzia collettiva dei fidi. Devono adottare un’idonea struttura organizzativa/contabile e adeguati sistemi interni di controllo, in linea con i dettami di vigilanza informativa; 3) le banche di garanzia collettiva: sono banche aventi forma giuridica di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata; il loro ambito di operatività è fondamentalmente locale (operano nella provincia in cui insiste la loro sede legale e nelle province limitrofe; eventuali sedi distaccate devono essere autorizzate dalla Banca d’Italia). È richiesto un capitale minimo iniziale pari a due milioni di euro. Il numero dei soci non può essere inferiore a 200; ciascun socio non può possedere azioni per un valore nominale complessivo superiore a 50.000 euro. Le banche di garanzia appartenenti a questa tipologia svolgono prevalentemente attività di garanzia collettiva dei fidi. Attualmente la maggior parte dei consorzi fidi è di fronte alla scelta tra le due seguenti alternative: a) continuare la propria attività come consorzio fido ordinario (ex. art 106); b) trasformarsi in intermediario finanziario (ex. art. 107). Un elemento di convenienza verso la trasformazione in intermediario finanziario è costituito dalla differente valutazione delle garanzie prestate ai fini dell’assorbimento patrimoniale delle banche, la quale avvantaggia i consorzi intermedi finanziari rispetto ai consorzi ordinari (Tavola 1). La riforma normativa dei consorzi fidi, unitamente al nuovo accordo sul capitale delle banche, richiedono ai confidi un ripensamento della propria attività, onde: a) ottimizzare la gestione dei rischi assunti; b) massimizzare i risultati derivanti dalle risorse pubbliche ad essi destinati; 23 n. 8-9/2013 F FINANZA & CREDITO Tavola 1 - Riduzione dell’assorbimento patrimoniale determinato dalla garanzia prestata da differenti tipi di confidi Misurazione rischio credito delle imprese Approccio standard Misurazione rischio credito banche Stato giuridico dei confidi Tipo di impresa P.V. per P.V. per impresa non impresa garantita (%) garantita (%) Intermediario finanziario Pmi Retail 8 6 1,6 1,6 Non Intermediario finanziario Rating esterno > A- Pmi Retail 8 6 se < A+ : 4 se > A+ : 1,6 Intermediario finanziario Pmi Retail 7,4-9,96 4,7-5,4 1,6 1,6 Non Intermediario finanziario Rating esterno > A- Pmi Retail 7,4-9,96 4,7-5,4 se < A+ : 4 se > A+ : 1,6 Approccio standard Approc. Internal rating Approccio standard c) incrementare l’efficacia dell’intervento a favore delle Pmi, valorizzando il patrimonio informativo proveniente dall’associazionismo e dalla prossimità. È da osservare che ai vantaggi derivanti dalla concentrazione dei consorzi fidi locali e dall’ampliamento della loro dimensione, fanno riscontro alcuni fattori di criticità, inerenti il rischio di indebolimento del legame con il territorio e di minore capacità di valorizzare le informazioni «privilegiate», che integrano i processi di affidamento delle banche, soprattutto con riferimento alle piccole imprese, per le quali i processi di rating presentano un maggiore livello di automazione e una ridotta presenza di variabili qualitative. Tuttavia, la trasformazione dei consorzi fidi provinciali in confidi di più vaste dimensioni può consentire di perseguire i vantaggi della dimensione e della specializzazione sotto l’aspetto produttivo, mantenendo i vantaggi relazionali atti a conservare il capitale sociale e fiduciario accumulato nel tempo. Definizione degli indici di solvibilità dei Confidi e riferimenti normativi La solvibilità di un confidi è valutata tramite un rapporto che mette in relazione le seguenti due grandezze: La solvibilità — patrimonio a disposizione per la copertura dei rischi (a numeratore); — attivo a rischio ponderato (a denominatore). L’indice di solvibilità rappresenta la percentuale dell’intero attivo a rischio che il confidi sarebbe in grado di pagare alle banche creditrici nel caso di default di tutti i soggetti garantiti, utilizzando soltanto il patrimonio a disposizione per la copertura dei rischi. Basilea 2 prevede che la solvibilità di un confidi possa essere calcolata tramite due indici: — Tier 1: nel calcolo viene considerato solo il patrimonio di base (Tier 1 Capital), come fonte per la copertura dei rischi assunti; — Tier 2: nel calcolo è considerato in aggiunta al patrimonio di base (Tier 1 Capital) anche il patrimonio supplementare (Tier 2 Capital), come fonte per la copertura dei rischi assunti. 24 n. 8-9/2013 F FINANZA & CREDITO Incentivi Sei milioni per incentivare modelli e disegni industriali di Tania Salucci Le piccole e le micro imprese possono nuovamente accedere agli incentivi economici previsti dal programma ‘‘Disegni+’’. Con Avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 129 Serie generale, del 4 giugno 2013, la Direzione Generale per la Lotta alla Contraffazione - Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (di seguito DGLC-UIBM) del Ministero dello Sviluppo Economico ha reso noto che dalle ore 12,00 del 10 giugno è stato riattivato lo sportello della Misura B Incentivi per la valorizzazione economica dei modelli e disegni industriali del programma suddetto. Lo sportello fu sospeso il 23 dicembre 2011 a causa dell’esaurimento delle risorse a disposizione della Misura. La riattivazione dell’incentivo è stata resa possibile dalla riallocazione delle risorse destinate al Programma, dopo aver effettuato una ricognizione dei fondi disimpegnati fino ad oggi a seguito di vari eventi (decadimenti, rinunce, ecc.) e prevedendo anche le risorse rimaste disponibili sulla Misura A ‘‘Premi per il deposito nazionale, comunitario e internazionale di domande di registrazione di modelli e disegni industriali’’. Complessivamente, sono stati rimessi a disposizione delle micro e piccole-medie imprese italiane oltre 6 milioni di euro destinati a alla valorizzazione economica dei modelli e dei disegni industriali e al potenziamento della loro capacità competitiva mediante l’acquisto di servizi specialistici. Trattandosi di un programma ‘‘a sportello’’, sarà possibile presentare domanda di agevolazione fino all’esaurimento delle risorse, secondo i criteri a suo tempo stabiliti dall’Avviso reso pubblico sulla G.U.R.I. n. 179 Serie generale, del 3 agosto 2011 e consultabile al sito internet www.incentividesign.it Il Programma ‘‘Disegni+’’: obiettivi e modalità di intervento Il programma ‘‘Disegni+’’, nelle intenzioni del Ministero dello Sviluppo Economico, DGLCUIBM ha l’obiettivo di potenziare la capacità innovativa delle imprese italiane sui mercati nazionale ed internazionali, attraverso la valorizzazione economica dei modelli e disegni industriali e la conseguente tutela dell’innovazione da essi generata. ‘‘Disegni+’’ rientra fra i quattro distinti strumenti incentivanti 1 che compongono il ‘‘pacchetto innovazione’’, ideato e predisposto dal Ministero dello Sviluppo, che offrendo alle imprese di minori dimensioni strumenti di incentivazione mirati e facilmente accessibili, intende: 1 Compongono il ‘‘pacchetto innovazione’’ i seguenti quattro strumenti incentivanti: il Fondo Nazionale per l’Innovazione, il programma Brevetti +, il programma Disegni +, il programma Marchi +. 25 n. 8-9/2013 F Strumenti di incentivazione FINANZA & CREDITO — rafforzare la capacità competitiva delle imprese in termini di innovazione, design, corporate identity e progettualità; — promuovere processi di diversificazione produttiva, sostenendo progetti di investimento solidi e competitivi, soprattutto nei settori ad alto valore aggiunto e con più elevate prospettive di crescita; — dare impulso all’innovazione e al trasferimento tecnologico, diffondendo e valorizzando i risultati della ricerca; — favorire l’introduzione sul mercato di prodotti e servizi innovativi. Nella valutazione complessiva di un’impresa, l’importanza degli asset intangibili - il cui gruppo più significativo è formato dagli asset protetti da proprietà intellettuale come invenzioni, design e marchi - è cresciuta significativamente negli ultimi dieci anni. Per molte imprese le attività immateriali rappresentano oltre il 50% del valore della società, e quelle che gestiscono attivamente la propria proprietà intellettuale come un patrimonio finanziario hanno performance che superano fino al 30% quelle delle altre imprese. Lo gestione del programma ‘‘Disegni+’’ è stata affidata alla Fondazione Valore Italia, che cura gli adempimenti tecnici e amministrativi riguardanti l’istruttoria delle domande e l’erogazione delle agevolazioni. Due le linee d’intervento previste dal programma: Il programma — Misura A - Premi per il deposito nazionale, comunitario e internazionale di domande di registrazione di modelli e disegni industriali, ovvero erogazione di premi a favore di imprese per aumentare il numero dei depositi nazionali ed internazionali di brevetti e disegni; — Misura B - Incentivi per la valorizzazione economica dei modelli e disegni industriali, ovvero erogazione di agevolazioni per portare sul mercato prodotti nuovi basati su brevetti e design. Le due linee di intervento ‘‘premi’’ed ‘‘incentivi’’ sono cumulabili: l’impresa poteva quindi presentare sia domanda di premio, sia domanda di agevolazione, registrandosi una sola volta, ed ottenendo invece un numero di protocollo diverso per ogni domanda inoltrata. La riapertura della Misura B del programma non ha tuttavia determinato nuove modalità di attuazione dell’incentivo che sono, di conseguenza, le stesse normate dall’Avviso pubblico del 2011 e che sono illustrate a seguire. I soggetti destinatari Possono richiedere le agevolazioni le micro, piccole e medie imprese, con sede legale e operativa in Italia, che intendano realizzare un progetto finalizzato allo sfruttamento economico di un modello/disegno industriale, singolo o multiplo. Il progetto potrà riguardare lo sfruttamento economico di un modello/disegno industriale per il quale sia stata depositata la domanda di registrazione o di un modello/disegno industriale da realizzare ex novo. Rimangono validi tutti i requisiti previsti dall’Avviso sopra richiamato. Di conseguenza, per la Misura B, è possibile per ogni impresa accedere una sola volta alla agevolazione: le imprese che hanno già ottenuto l’incentivo della Misura B non potranno presentare una nuova domanda di agevolazione. Oggetto dell’agevolazione e spese ammissibili I servizi funzionali allo sfruttamento economico del modello/disegno industriale sono suddivisi in tre aree di applicazione, ognuna collegata a una fase di progetto: 26 n. 8-9/2013 Le fasi F FINANZA & CREDITO — Fase B.1 - Progettazione e ingegnerizzazione, acquisizione di servizi specialistici esterni volti alla realizzazione di un nuovo modello/disegno industriale, e al successivo deposito della domanda di registrazione. — Spese ammissibili: sviluppo progettuale e analisi dei sistemi, disegno e rappresentazione tridimensionale, ricerca sull’utilizzo dei nuovi materiali, consulenza per le procedure di registrazione del nuovo modello/disegno. — Fase B.2 - Produzione, acquisizione di servizi specialistici esterni volti allo sfruttamento economico di un modello/disegno attraverso la messa in produzione di nuovi prodotti a esso correlati. — Spese ammissibili: consulenza tecnica relativa alla catena produttiva, consulenza legale relativa alla catena produttiva. — Fase B.3 - Commercializzazione, acquisizione di servizi specialistici esterni volti allo sfruttamento economico di un modello/disegno attraverso la commercializzazione del titolo di proprietà industriale. — Spese ammissibili: consulenza specializzata nella redazione del business plan e dell’analisi di mercato, ai fini della cedibilità del titolo di proprietà industriale, consulenza legale per la stesura di accordi di cessione della licenza del titolo di proprietà industriale, consulenza legale per la stesura di eventuali accordi di segretezza. Per accedere all’incentivo, il progetto dovrà obbligatoriamente prevedere almeno una delle fasi B.2 o B.3, nonché, facoltativamente, la fase B.1. Saranno riconosciute ammissibili le spese per l’acquisizione dei servizi specialistici esterni sostenute a decorrere dal giorno della presentazione della domanda. Ammontare dell’agevolazione Le agevolazioni sono concesse nella forma di contributo in conto capitale, in misura massima pari all’80% delle spese ammissibili e comunque nei limiti degli importi massimi indicati in relazione alle diverse fasi progettuali attivate: Fase B.1 - Area progettazione e ingegnerizzazione: importo massimo euro 10.000 Fase B.2 - Area produzione: importo massimo euro 60.000 Fase B.3 - Area commercializzazione: importo massimo euro 10.000. L’ammontare delle agevolazioni, calcolato in via provvisoria al momento della concessione, viene rideterminato a conclusione del progetto, prima dell’erogazione dell’ultima quota, sulla base delle spese ammissibili effettivamente sostenute. L’ammontare dell’agevolazione cosı̀ definitivamente determinato non può essere superiore a quello individuato in via provvisoria. Presentazione della domanda Per accedere all’incentivo previsto dalla Misura B del Programma ‘‘Disegni+’’ è necessario registrarsi sul sito www.incentividesign.it, compilare il form on line accessibile dalla sezione ‘‘Presenta la tua domanda’’ (inviato il quale si riceve il numero di protocollo da riportare nella domanda), predisporre la domanda di agevolazione con i relativi allegati (tra cui il progetto di sfruttamento economico del disegno/modello) e inviarla a Fondazione Valore Italia entro 15 giorni dalla data di assegnazione del protocollo tramite posta elettronica certificata (PEC) o raccomandata R/R. Non sono esaminabili le domande di agevolazioni 27 n. 8-9/2013 F FINANZA & CREDITO consegnate in maniera differente, ivi compresa la consegna a mano o l’invio da posta elettronica non certificata. Sul sito sono inoltre disponibili una sezione FAQ e un indirizzo di posta elettronica dedicato per eventuali quesiti specifici. Istruttoria dei progetti e concessione delle agevolazioni L’istruttoria delle domande viene effettuata secondo l’ordine cronologico di ricezione delle stesse e consiste nella verifica della sussistenza dei requisiti e delle condizioni di ammissibilità previste dal bando, nell’accertamento della regolarità formale e della completezza della domanda di agevolazioni, sul controllo della rispondenza del progetto presentato alle finalità della misura, nonché della pertinenza e congruità dei costi preventivati per la realizzazione del progetto. Successivamente è prevista la valutazione dei progetti, effettuando un esame di merito, basato sui seguenti criteri: I criteri — credibilità della strategia di valorizzazione economica del disegno/modello; — funzionalità dei servizi individuati rispetto al percorso di valorizzazione delineato nel project plan; — coerenza tra il profilo dei fornitori prescelti e i servizi specialistici richiesti; — congruità del costo dei servizi specialistici richiesti rispetto alla natura dei servizi e al profilo dei fornitori. L’istruttoria si conclude con un giudizio motivato, positivo o negativo, che viene comunicato all’impresa interessata via PEC o raccomandata R/R. In caso di concessione dell’agevolazione, viene stipulato un apposito contratto tra Fondazione Valore Italia e l’impresa beneficiaria. Il progetto deve essere concluso entro 18 mesi dalla sottoscrizione del contratto con il Soggetto gestore. Modalità di erogazione L’erogazione delle agevolazioni è prevista in due soluzioni: L’erogazione — una prima tranche, pari al massimo al 50% dell’agevolazione riconosciuta, può essere erogata, a scelta dell’impresa, in due modalità alternative: — come anticipazione a fronte di presentazione di fideiussione bancaria o assicurativa a garanzia dell’importo richiesto, oppure — come stato di avanzamento lavori (SAL); in tal caso l’impresa deve dimostrare, tramite idonea documentazione, di aver usufruito di servizi specialistici in una percentuale pari al contributo richiesto. — una seconda tranche erogata a saldo, a seguito della verifica della documentazione finale di spesa e del raggiungimento degli obiettivi del progetto. 28 n. 8-9/2013 F FINANZA & CREDITO Regioni del mezzogiorno Aiuti finanziari alle imprese start-up di Salvatore Zarbo Il Ministero dello Sviluppo Economico ha varato una nuova forma di agevolazione finanziaria, volta a favorire la nascita di nuove imprese in grado di proporre sul mercato soluzione innovative in termini di prodotti/servizi offerti o processi produttivi/soluzioni organizzative. In attuazione a quanto previsto dal PON ‘‘Ricerca e competitività’’ FESR 2007-2013, il Ministero dello Sviluppo Economico (Mise) ha emanato un decreto pubblicato nella gazzetta ufficiale n. 134 del 10 giugno del 2013, volto a concedere aiuti finanziari a favore delle nuove imprese localizzate nelle regioni del mezzogiorno (Sicilia, Campania, Calabria, Puglia, Basilicata e Sardegna). Le modalità di partecipazione al nuovo aiuto sono dettagliate all’interno della circolare n. 21303 del 20 giugno 2013, nella quale sono indicati i beneficiari dell’iniziativa, l’intensità dell’aiuto, gli investimenti finanziabili, i costi che possono essere ammessi al beneficio e le relative modalità di partecipazione. La principale finalità perseguita dal Mise è quella di favorire i processi di rilancio dell’economia nelle regioni svantaggiate, attraverso la nascita di nuove imprese con un elevato livello di competitività, diffondendo l’utilizzo di nuove tecnologie digitali nell’ambito dei processi produttivi e allo stesso tempo valorizzando le imprese che sviluppino ricerca applicata alla produzione. Le risorse Complessivamente le risorse finanziaria destinate alle imprese ammontano a 190 mln di euro, ripartite nel modo seguente: — 100 mln di euro destinate a finanziare le piccole imprese di nuova costituzione; — 90 mln di euro dedicati ai progetti d’investimento realizzati da nuove imprese che rientrino tra quelle classificate come digitale o a contenuto tecnologico. Entrando nel merito dell’aiuto varato dal Mise, particolari requisiti sono stati previsti per le imprese beneficiarie, nel dettaglio possono accedere al bando le imprese che presentino i seguenti requisiti: I soggetti — essere di piccola dimensione; — costitute in forma societaria e nelle quali la maggioranza assoluta sia numerica che di partecipazione al capitale sociale sia riconducibile a persone fisiche; — non costitute per un periodo superiore a sei mesi dalla data di presentazione della domanda; — sede legale localizzata in una delle seguenti regioni: Sicilia, Campania, Puglia, Calabria, Basilicata e Sardegna. Novità Un’importante novità rispetto ad altre forme di aiuti destinati a supportare le imprese, è la possibilità per i soggetti interessati, di poter costituire la società successivamente all’am- 29 n. 8-9/2013 F FINANZA & CREDITO missione. In questo modo viene concessa alle persone fisiche che vorrebbero avviare un’impresa usufruendo delle risorse finanziarie stanziate con l’aiuto, di poter presentare la domanda e di non dover sostenere costi legati alla costituzione di una società nel caso in cui la domanda venga rigettata. Nel caso in cui la domanda venga accolta, la circolare prevede che la società andrà costituita entro 30 giorni dalla data di comunicazione da parte del gestore dell’ammissibilità della domanda presentata. Con riferimento al settore economico, sono stati espressamente esclusi dall’aiuto i seguenti settori: pesca, agricoltura, carboniero, costruzione navale, siderurgia, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli e produzione di fibre sintetiche. In merito alle modalità di presentazione della domanda, viene utilizzato lo schema della procedura a sportello, pertanto le imprese potranno presentare la domanda di agevolazione nel momento più opportuno per le proprie necessità. Le domande potranno essere inoltrate dalle imprese a partire dalle ore 12:00 del 4 settembre del 2013. L’istruttoria delle domande è affidata al soggetto gestore, individuato in Invitalia, il quale ha il compito di valutare l’ammissibilità della domanda in ordine cronologico alla relativa presentazione. È importante sottolineare, che essendo utilizzata la procedura a sportello per la presentazione delle domande, non è stata stabilità una scadenza, pertanto le imprese interessate potranno presentare in qualsiasi momento la domanda, con il limite che al verificarsi dell’esaurimento delle risorse finanziarie disponibili, automaticamente non potranno essere accolte ulteriori richieste. Come accennato in precedenza l’aiuto è ripartito in due specifiche misure, la prima riservata alle imprese start-up e la seconda alle nuove imprese digitali. Per quanto concerne le imprese start-up, sono ritenuti ammissibili gli investimenti volti alla produzione di prodotti e servizi innovativi, che consentano di individuare nuovi bisogni dei clienti, con la possibilità di consentire l’ampliamento del target di clientela interessato al quel prodotto o servizi in cui è specializzata l’impresa che presenta la domanda. Inoltre, il progetto d’investimento deve prevedere soluzioni organizzative, produttive e tecniche innovative rispetto a quelle utilizzate nel settore di riferimento, con particolare riguardo ai progetti volti al contenimento degli impatti ambientali. Presentazione della domanda In sede di presentazione della domanda assume particolare rilevanza il piano d’impresa, il quale deve contenere informazioni sulla tipologia di attività che si intende avviare, dati anagrafici degli sponsor dell’iniziativa, gli elementi d’innovazione che l’impresa propone, l’analisi del mercato e del contesto di riferimento, le strategie che l’imprenditore intende porre in essere per affrontare il settore in cui opera l’impresa e infine una relazione sugli equilibri finanziari-economici-patrimoniali dell’impresa. Prima di presentare la domanda è consigliabile condurre un’autovalutazione sulla validità dell’impresa, in relazione ai criteri di valutazione che vengono adottati da parte del soggetto gestore al fine di stabilire l’ammissibilità domanda. A tal fine, gli aspetti di maggiore interesse attengono alla sostenibilità economico-finanziaria del progetto d’investimento, all’effettiva possibilità che l’iniziativa consenta d’introdurre sul mercato nuove soluzioni organizzative e produttive, andamento del mercato in cui s’intende avviare il business, adeguatezza degli skill professionali posseduti dagli sponsor dell’iniziativa. Per questa tipologia di misura, la forma di agevolazione massima concedibile per singola impresa è pari a 200.000,00 euro, ripartito in 4 anni. L’ammontare del contribuito massimo che può beneficiare la singola impresa è compreso tra il 25% e il 35% per i primi tre anni e tra il 15% e 25% per il quarto anno. Tra i costi ritenuti ammissibili sono ricompresi i seguenti beni: I costi ammissibili — attrezzature, impianti, macchinari. L’impresa può richiedere la concessione del contributo non solo per i beni strumentali acquistati, ma anche per quelli concessi in affitto e acquisiti con contratti di leasing; 30 n. 8-9/2013 F FINANZA & CREDITO — interessi passivi legati a finanziamenti bancari corrisposti dall’impresa, per reperire risorse finanziarie da destinare al progetto d’investimento per il quale viene concesso l’aiuto; — costi per retribuzione dei lavoratori impiegati nel progetto d’investimento. Imprese digitali La seconda forma di aiuto è destinata alle imprese digitali di nuova costituzione, ovvero imprese che operano nell’economia digitale o che investono nel settore tecnologico, favorendo l’utilizzo della ricerca pubblica e privata nei cicli produttivi. L’aiuto concesso alle imprese, consiste in un contributo in conto impianti e in un servizio di tutoring tecnico-gestionale per l’avviso dell’impresa. Anche per questa tipologia d’interevento l’aiuto massimo che può essere concesso alla singola impresa ammonta a 200.000,00 euro, ridotto a 100.000,00 euro per le imprese che operano nel settore del trasporto su strada. Il livello del contributo in conto impianto concesso è del 65% delle spese ritenute ammissibili, percentuale che viene elevata al 75% per le imprese costituite interamente da giovani con età inferiore ai trentacinque anni o da donne. Tra le spese che rientrano nell’ambito del progetto d’investimento ritenute ammissibili sono ricomprese: componenti Hardware e software impiegati nell’ambito del progetto d’investimento, brevetti e licenze, attrezzature, macchinari e impianti, certificazioni, know-how e conoscenze tecniche, attività di progettazione, sviluppo e collaudo di soluzioni informatiche e impianti tecnologi produttivi. La particolarità dell’agevolazione concessa alle imprese dalla misura in esame, consiste nell’attività di tutoring fornita direttamente dal soggetto gestore, la quale consiste in un’attività di assistenza per lo sviluppo di strategie di marketing, la pianificazione finanziaria dell’impresa, assistenza per l’accesso al mercato dei capitali, consulenza in materia di organizzazione aziendale e gestione delle risorse umane, supporto in materia di sviluppo di processi innovativi a contenuto tecnologico ecc... Nella circolare emanata dal Mise, a tale attività svolta da parte del soggetto gestore viene attribuito un valore massimo di 5.000,00 euro per la singola impresa beneficiaria. Per quanto riguarda i beni strumentali, è previsto che questi siano nuovi di fabbrica e restano esclusi dall’agevolazione gli automezzi. In merito ai criteri di valutazione da tenere in considerazione in sede di presentazione della domanda, particolare enfasi dovrà essere posta alla reale fattibilità operativa e tecnologica del progetto d’investimento, alla presenza di elementi d’innovazione di rilievo rispetto alle soluzioni organizzative-produttive o servizi-prodotti presenti nel settore in cui si intende avviare l’iniziativa, analisi del mercato di riferimento, adeguata pianificazione finanziaria e strategie di marketing in grado di consentire la buona riuscita dell’iniziativa. 31 n. 8-9/2013 Il controllo di liquidità nelle PMI La dinamica monetaria e i suoi andamenti sono uno dei fattori maggiormente critici in un’impresa, arrivando a determinarne il successo o, al contrario, il dissesto e la chiusura definitiva. Per questo motivo assume particolare rilevanza la gestione della liquidità, elemento cruciale ai fini della sopravvivenza di un complesso aziendale, e ancor più determinante appare nelle realtà piccole e medie che, più di altre, sono esposte ai cambiamenti di condotta da parte dei soggetti che ruotano intorno ad essa, a cominciare dagli istituti di credito. In questo libro viene affrontato il tema del controllo degli andamenti passati, presenti e futuri dei flussi monetari. Il volume fornisce una serie di strumenti atti ad agevolare nel loro compito coloro che sono deputati a gestire la liquidità; vengono pertanto illustrate diverse metodologie che permettono dapprima di accertare lo stato presente della dinamica monetaria e, successivamente, di cercare le soluzioni più opportune per apportarvi dei miglioramenti. IL CD-ROM ll volume è corredato da un software che contiene gli strumenti per effettuare il controllo della liquidità ed è composto da tabelle e grafici di andamento. Di semplice utilizzo, il software è stato pensato anche per chi non ha dimestichezza con l’informatica di Francesco Manca pagg. 460 - 40,00 Compili subito il coupon, e lo invii via fax allo 02.82476403. Può acquistare anche on line su www.shopwki.it oppure può contattare l’Agenzia della sua zona (www.ipsoa.it/agenzie) o rivolgersi alle migliori librerie della Sua città. acquistare Il controllo della liquidità nelle PMI di Francesco Manca a € 40,00 Cognome e Nome Azienda/Studio Via CAP Città Tel. Fax e-mail (obbligatoria): Cod. cliente Partita IVA C.F. q (1002) Pagherò con bollettino postale premarcato sul c.c. n° 412205, intestato a Wolters Kluwer Italia s.r.l. Gestione abbonamenti Ipsoa, allegato alla fattura q Addebitare l'importo di € .................... sulla mia carta di credito: q Mastercard (16 cifre) q American Express (15 cifre) n° Nome e indirizzo titolare carta di credito Timbro e firma q VISA (16 cifre) q Diners (14 cifre) Data di scadenza Trattamento dati personali ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, La informiamo che i suoi dati personali saranno registrati su database elettronici di proprietà di Wolters Kluwer Italia S.r.l., con sede legale in Assago Milanofiori Strada 1 - Pal. F6, 20090 Assago (MI), titolare del trattamento e saranno trattati da quest’ultima tramite propri incaricati. Wolters Kluwer Italia S.r.l. utilizzerà i dati che La riguardano per finalità amministrative e contabili. I Suoi recapiti postali e il Suo indirizzo di posta elettronica saranno utilizzabili, ai sensi dell’art. 130, comma 4, del Dlgs. 196/03, anche a fini di vendita diretta di prodotti o servizi analoghi a quelli oggetto della presente vendita. Lei potrà in ogni momento esercitare i diritti di cui all’art. 7 del D.Lgs. n. 196/2003, fra cui il diritto di accedere ai Suoi dati e ottenerne l’aggiornamento o la cancellazione per violazione di legge, di opporsi al trattamento dei Suoi dati ai fini di invio di materiale pubblicitario, vendita diretta e comunicazioni commerciali e di richiedere l’elenco aggiornato dei responsabili del trattamento, mediante comunicazione scritta da inviarsi a: Wolters Kluwer Italia S.r.l. - PRIVACY - Centro Direzionale Milanofiori Strada 1 - Pal. F6, 20090 Assago (MI), o inviando un Fax al numero: 02.82476.403. Clausola di ripensamento diritto di recesso ai sensi dell’art. 5 D.lgs. n. 185/1999- Decorsi 10 giorni lavorativi dalla data di ricevimento del bene da parte del cliente senza che questi abbia comunicato con raccomandata A.R. inviata a Wolters Kluver Italia S.r.l. (o mediante e-mail, fax o facsimile confermati con raccomandata A.R. nelle 48 ore successive), la propria volontà di recesso, la proposta si intenderà impegnativa e vincolante per il cliente medesimo. In caso di recesso da parte del cliente, entro lo stesso termine (10 giorni lavorativi dal ricevimento) il bene dovrà essere restituito per posta a Wolters Kluver Italia S.r.l., Milanofiori, Strada 1 - Pal. F6, 20090 Assago (MI) - telefax 02.82476.799. Y70EB FI (00139740) Si, desidero F FINANZA & CREDITO Vendita L’evoluzione del commercio elettronico: incasso, pagamento e nuovi mercati di Gabriele Toma Il commercio elettronico rappresenta il canale di vendita di prodotti e servizi a più elevato tasso di crescita tra quelli utilizzati dalle imprese: nel 2012 a livello mondiale sono state effettuate transazioni sull’e-commerce per oltre mille miliardi di dollari, mentre in Italia queste transazioni hanno avuto un valore di oltre 21 miliardi di euro, con un incremento del 12% rispetto all’anno precedente (confermando un trend di crescita superiore al 20% annuo negli ultimi 8 anni). Opportunità di crescita La piattaforma teconologica Nuovi mercati Per le aziende, attivarsi su questo canale di vendita ‘‘non tradizionale’’ rappresenta sicuramente una opportunità di crescita, ma richiede anche una evoluzione organizzativa non indifferente, con investimenti spesso non banali per dotarsi di una piattaforma hardware e software in grado di gestire efficientemente masse enormi di informazioni. Il fatto che il cliente ed il fornitore non si incontrano fisicamente per concludere l’affare e che la transazione avviene su un ‘‘mercato virtuale’’ richiedono infatti la disponibilità di un sistema informativo in grado di dialogare con il magazzino dell’azienda, di presentare ai clienti l’offerta completa dei prodotti da acquistare, di raccogliere le informazioni provenienti dai clienti e di processarle velocemente, utilizzando canali sicuri e protetti. Le strategie di marketing da attivare (spesso innovative) sono direttamente correlate al tipo di mercato di sbocco (dettaglio/ingrosso, prodotti di consumo, beni durevoli, servizi, ecc.) ed al settore merceologico, ma vi sono decisioni che possono essere considerate assolutamente comuni, come, ad esempio la possibilità di personalizzare la ricerca dei prodotti (quantità, dimensioni, prezzo, marca, modello, ecc.) e di potere creare un ordine inserendo le merci in un carrello di spesa virtuale. La piattaforma tecnologica, è importante precisarlo per quanto ovvio, deve essere integrata con il sistema informativo aziendale, perché rappresenta l’interfaccia tra il cliente e le differenti funzioni aziendali: essa deve infatti identificare il cliente, generare il preventivo di spesa, raccogliere l’ordine, ricevere il pagamento, generare la commessa per il magazzino, definire tempi e modalità di consegna, oltre che gestire il post vendita ed i ‘‘feed back’’ dei clienti. Si tratta di attività che devono essere svolte in contemporanea e in pochissimo tempo, senza possibilità di errore; per tale ragione molte aziende che hanno nell’ecommerce un canale secondario di vendita o che hanno scelto di non dedicarvi ancora rilevanti investimenti (la media del fatturato di vendite sul web mediamente si colloca su percentuali vicine 33 n. 8-9/2013 F FINANZA & CREDITO al 5%), utilizzano strutture specializzate nel fornire servizi in outsourcing, terziarizzando le fasi più complesse e delicate del processo. D’altra parte, per le aziende che intendono incrementare il proprio fatturato, l’ecommerce rappresenta comunque una opportunità interessante, poiché le ragioni della crescita di questo tipo di domanda dei clienti sono molteplici e contribuiscono a renderlo in prospettiva estremamente interessante come canale di vendita per le piccole e medie imprese (secondo fonti Eurisko, nel 2013 appena il 13% delle imprese ‘‘minori’’ italiane utilizza il web per vendere i propri prodotti e servizi). Un canale di vendita in diffusione Il primo aspetto da considerare è la notevole diffusione ormai raggiunta degli strumenti di accesso all’e-commerce da parte di una rilevante quota di potenziali consumatori. Sono infatti più di 18 milioni gli italiani in grado di navigare su internet da un cellulare, quasi 4 milioni lo fanno da un tablet, mentre la possibilità di accesso al web dai computer è ormai consolidata per circa 42 milioni di persone (circa i 3/4 della popolazione): questi risultati sono la conseguenza di un processo culturale iniziato oltre 15 anni fa, favorito dalla progressiva digitalizzazione delle linee di comunicazione ed ancora in corso (l’attuale trend di crescita annuo è di poco inferiore al 3,5%). Questo rende possibile estendere la modalità di acquisto dalle operazioni, ormai ‘‘classiche’’ fatte ‘‘on-line’’ su internet attraverso un PC, a quelle concluse attraverso un telefono cellulare, uno smartphone od altre tecnologie evolute, ‘‘per prossimità’’ (cd. mobile commerce). Gli strumenti di pagamento Il secondo aspetto è rappresentato dal livello tecnologico raggiunto negli strumenti di pagamento delle transazioni. La sicurezza del trasferimento del denaro, sia per chi paga che per chi riceve il pagamento rappresenta il vincolo più importante in questa forma di commercio nella quale le controparti operano fondamentalmente su base fiduciaria e la transazione eseguita sul web si conclude in tempi relativamente brevi, con consegna sempre più spesso differita rispetto al pagamento. Modalità di pagamento Può risultare utile suddividere concettualmente i pagamenti in tre categorie principali: — i pagamenti credit based, ovvero le operazioni di pagamento con carta di credito via internet, per il tramite di un POS virtuale; — i pagamenti debit based, ovvero i servizi bancari di bonifico e addebito diretto, che richiedono l’autenticazione di colui che paga presso un portale bancario online. In questo ambito possiamo citare la soluzione messa a punto da EBA Clearing a livello paneropeo per consentire il pagamento degli acquisti tramite bonifico Sepa dal loro abituale home banking o dalla loro applicazione per i pagamenti dello smartphone; — i pagamenti token based, realizzati per il tramite di prestatori di servizi di pagamento elettronici, presso i quali il compratore deve aprire un conto corrente virtuale individuale (ad es. ‘‘PayPal’’, od il previsto ‘‘Google Wallet’’ recentemente presentato da Google a san Francisco). I conti possono essere alimentati con metodi di pagamento ‘‘tradizionali’’, ad esempio bonifici o pagamenti con carta di credito, o con gli introiti di vendite online (ad esempio attraverso ‘‘Ebay’’). 34 n. 8-9/2013 F FINANZA & CREDITO Il ‘‘POS virtuale’’ Point Of Sales (POS) Per il pagamento della vendita via web con carta di credito, l’esercente deve possedere un apparecchio POS (Point of Sales) ‘‘virtuale’’ per gestire la trasmissione dei dati senza la ‘‘strisciata’’ della carta (o la lettura fisica della banda magnetica e del microchip), e garantire il pagamento senza la verifica della firma o la digitazione del codice ‘‘pin’’ da parte del titolare. Questo avviene grazie all’utilizzo da parte del POS virtuale di protocolli di sicurezza e crittografia molto sofisticati. Molti POS virtuali (offerti dalle banche e dalle società emittenti carte di credito) permettono la personalizzazione del servizio con versioni sia ‘‘chiavi in mano’’ che ‘‘server to server’’. Nel primo caso la fase di pagamento e l’inserimento dati da parte del Cliente avviene completamente nell’ambiente dell’emittente della carta di credito senza la gestione dei dati da parte dell’Esercente. Nel secondo caso, invece, il processo di comunicazione con il cliente è gestito dal software installato sul server dell’esercente che raccoglie i dati della carta di credito. In entrambi i casi l’emittente della carta di credito provvede al processo di autorizzazione della transazione e alla contabilizzazione immediata (o differita, a seconda dell’esigenza dell’Esercente) del pagamento. Come è ovvio, tutte queste categorie di pagamenti dovrebbero essere accettate indistintamente nei ‘‘negozi online’’ per facilitare le vendite internet, senza discriminarne nessuna né in termini di costi, né in termini di condizioni di vendita. È infatti ancora elevata (superiore al 20%) la quantità di transazioni non concluse per problemi in sede di pagamento (Tavola 1). Carta di credito I servizi connessi ad una carta di credito e prestati dalle società loro emittenti rendono questo uno strumento privilegiato per i pagamenti online; per tale ragione in questi ultimi anni sono cresciute le attenzioni per renderlo più efficace e per aumentare la protezione dalle frodi per i titolari. Il rischio più rilevante utilizzando la carta di credito è infatti quello del ‘‘furto dell’identità’’ da parte dei cosiddetti ‘‘pirati informatici’’, con il pericolo di vedersi addebitare somme mai spese e di vedere contestare l’introito al venditore. I protocolli di sicurezza e di crittografia perfezionati in questi anni hanno realmente portato su livelli di elevatissima, se non ancora assoluta, sicurezza i trasferimenti di denaro. Ciò nonostante si continua ad assistere all’aumento del numero delle frodi, con disconoscimento della transazione da parte del cliente: nel triennio 2009-2011 il loro volume è passato da 5,7 a 8,1 milioni di euro, anche se in percentuale sul fatturato dell’ecommerce si è passati dallo 0,17% del 2009 al 0,12% del 2011. Sistemi di controllo I sistemi di controllo sono diventati inoltre più selettivi ed il volume delle operazioni bloccate perché non conformi, che nel 2010 era di 25,2 milioni di euro, nel 2011 è stato di 31,7 milioni (nel turismo la percentuale maggiore: bloccati acquisti per il 3,3% degli ordini complessivi). La protezione nei pagamenti La maggior parte dei siti di ecommerce utilizzano livelli di crittografia elevati quali, ad esempio: — Il Secure Electronic Transaction (SET), che è nato dalla collaborazione di Visa e MasterCard con altri partner (tra cui Verisign, IBM e Microsoft). Esso fa uso di algoritmi crittografici per assicurare la segretezza delle informazioni trasmesse, l’integrità dei pagamenti e la validazione dei contraenti per utilizzare questo protocollo è necessario che il 35 n. 8-9/2013 F FINANZA & CREDITO Tavola 1 - Vantaggi e limiti dei principali strumenti di pagamento Vantaggi Carta di credito Limiti Facilità d’uso, basta inserire il numero e la Commissione percentuale sul transato a data di scadenza della carta carico dell’esercente Confidenza nell’utilizzo della carta di credi- Frodi on line, fishing to Sistema di pagamento diffuso Bonifico bancario Semplicità d’uso, i bonifici possono essere Tempi più lunghi per la conclusione della effettuati in modo tradizionale o tramite in- transazione ternet Ottima confidenza con il mezzo Sistema di pagamento molto diffuso Costi contenuti (molte banche non applicano nessuna commissione sui bonifici online) Possibilità di effettuare pagamenti per importi elevati, superiori al limite della carta di credito Contrassegno Facilità d’uso Costi elevati per l’acquirente Estrema confidenza con il mezzo Ampia diffusione Nessun canone periodico per l’esercente Token Based Il pagamento è facile e può essere esegui- È richiesta una doppia registrazione da parto in pochi minuti te dell’acquirente se non è già registrato presso il prestatore del servizio Discreta diffusione del servizio Tariffe percentuali per le transazioni variabili a seconda del volume mensile Nessuna tariffa mensile e nessuna tariffa di configurazione Carte prepagate Sono facili da usare e veloci da ottenere Scarsa diffusione Più adatte alle microtransazioni Poca confidenza Costi elevati (costi di attivazione e di ricarica) 36 n. 8-9/2013 F FINANZA & CREDITO venditore disponga sul suo server di un software dedicato e che il compratore sia munito di un ‘‘wallet’’ e di un PIN, rilasciatigli dalla compagnia che ha emesso la sua carta di credito. La rilevanza del protocollo SET consiste nel sistema di autenticazione del venditore e del compratore: i ‘‘contraenti’’ hanno, cioè, la possibilità di identificarsi con certezza prima che qualsiasi transazione abbia inizio. Questo avviene attraverso l’utilizzo di ‘‘certificati digitali’’ che vengono rilasciati alle due parti dalle proprie banche. La firma digitale della banca garantisce l’autenticità e la validità della carta di credito. Un altro certificato è quello emesso per l’esercente dalla sua banca (‘‘acquirer’’). In questo modo, l’acquirente può verificare l’identità del venditore, acquisendo cosı̀ una maggiore garanzia circa i beni ed i servizi che riceverà e il venditore può verificare a sua volta l’identità del compratore, acquisendo maggiori garanzie circa il pagamento. Dopo che è stato compilato online l’ordine di acquisto, un software ("portafoglio digitale’’) si occupa delle reciproche verifiche dei certificati digitali e dell’invio, in forma cifrata, dei dati relativi alla transazione al server del negoziante. Da questo server i dati passano al payment server della banca acquirer con la richiesta di autorizzazione e la relativa eventuale risposta da parte della banca emittente. Dall’esercente, attraverso Internet (che, ripetiamolo, è una rete aperta), il titolare della carta riceve l’eventuale placet per l’effettuazione del pagamento. — Il Transport Layer Security (SSL/TLS), in abbinamento con l’HTTP permette di ottenere un nuovo protocollo, l’HTTPS, che garantisce l’invio delle informazioni personali nella forma di pacchetti criptati, e consente la trasmissione delle informazioni in maniera sicura, prevenendo intrusioni, manomissioni e falsificazioni dei messaggi da parte di terzi. Il protocollo HTTPS garantisce quindi tanto la trasmissione confidenziale dei dati, quanto la loro integrità. Rappresenta sicuramente il sistema più usato perché è supportato dalla maggior parte dei browser (Mozilla Firefox, Internet Explorer, Safari, Opera, ecc.) e non necessita di alcun software specifico o password. Le pagine protette da questo protocollo sono facilmente riconoscibili, in quanto la scritta ‘‘https’’ precede l’indirizzo del sito protetto e le sue pagine vengono contrassegnate da un lucchetto, visualizzabile nella parte inferiore del proprio browser. Mobile payments Una ulteriore modalità di pagamento in veloce diffusione, è quella dei mobile payments nei quali i dati e l’ordine di pagamento sono emessi, trasmessi o confermati tramite un telefono o un dispositivo mobile. Essi possono essere classificati in: — pagamenti mobili a distanza, in genere eseguiti tramite servizi di ‘‘sms’’. I pagamenti vengono addebitati sulla carta di credito del compratore per mezzo del gestore telefonico. Dal punto di vista tecnico sono possibili anche altre soluzioni, basate su bonifici o accrediti diretti, che tuttavia, pur essendo altrettanto sicure, efficienti e competitive, faticano a diffondersi sul mercato; — pagamenti di prossimità, in genere eseguiti direttamente nel punto vendita. Essi sono basati sul protocollo NFC (al momento la tecnologia di prossimità più all’avanguardia), e necessitano di telefoni con apposita architettura che possano essere riconosciuti quando avvicinati a un lettore presso i punti vendita (negozi, trasporti pubblici, parcheggi, ecc.). Gli ambiti applicativi specifici di questa modalità di acquisto comprendono sia acquisti ricorrenti di importo contenuto (parcheggi, biglietteria per trasporto urbano e locale, ricariche telefoniche, ecc.) che pagamento di servizi fondamentali (bollette, vendite a tempo, entertainment, ecc.), ma è prevedibile una ampia e veloce diffusione nei prossimi anni 37 n. 8-9/2013 F FINANZA & CREDITO anche in ambiti più tradizionalemente legati al pagamento diretto, come la ristorazione, il ticketing, l’information, ecc.). Interessanti per comprendere il fenomemo sono i dati presentati nel corso dell’ultimo SIA Expo (indagine ISPO) che fotografano una importante disponilità dei consumatori a fare ricorso alla moneta elettronica, anche per i pagamenti di importo inferiore ai 50 euro, percentuale che potrebbe superare il 57% se i terminali di pagamento fossero più diffusi tra gli esercenti. Il 62% del campione utilizza abitualmente le carte di pagamento ed un ulteriore 19% si dichiara disposto a sperimentare il ‘‘mobile payment’’. Tra chi è più disponibile a passare ai pagamenti con il cellulare troviamo i giovani tra i 18 ed i 24 anni (39%), gli studenti (38%) ed i laureati (37%). L’ampia diffusione di questa metodologia (anche per i trasferimenti tra persone) sarà possibile se verranno standardizzati i processi e sviluppate piattaforme in grado di abilitare un numero ampio e variegato di funzionalità. Sarà inoltre possibile estenderne l’impiego anche per altre tipologie di acquisti quando sarà risolta l’esigenza di sicurezza e di affidabilità dei pagamenti e delle interfacce mobili con il mondo bancario e retail, per convincere i compratori a dotarsi di wallet digitale e ad utilizzarlo. Il Protocollo NFC La Near Field Communication è una tecnologia che fornisce connettività wireless bidirezionale a corto raggio e che è stata sviluppata congiuntamente da alcume imprese di telecomunicazioni. La tecnologia NFC permette di far comunicare bidirezionalmente due apparecchi NFC (l’Initiator e il Target) quando vengono accostati entro un raggio di circa 4 cm e si crea una rete ‘‘peer to peer - P2P’’ tra i due che consente ad entrambi di inviare e ricevere informazioni. Questa tecnologia si può applicare ai dispositivi mobili direttamente tramite un chip integrato (oppure tramite l’uso di una speciale scheda esterna che sfrutta le porte delle schede SD o micro SD) e permette il mobile commerce, ad esempio: — il pagamento su dispositivi portatili, attraverso computer, di giochi, file MP3, video, software, — lo scaricamento da un PC ad un dispositivo portatile, della prenotazione o acquisto di una permanenza in albergo, ingressi a cinema, teatri, stadi, viaggio in treno o aereo, ed accesso al servizio comperato mediante il dispositivo stesso avvicinandolo o toccando il chiosco elettronico ("Initiator’’) in albergo, al gate di ingresso o di partenza; — lo scaricamento da un chiosco elettronico mediante scansione di una etichetta nfc o di un ‘‘QR code’’, di informazioni addizionali, acquisto di titolo di viaggio su mezzi urbani e accesso al servizio mediante il dispositivo stesso anche sui mezzi di trasporto urbano. Sono in corso una serie di sperimentazioni per l’applicazione in maniera diffusa di questa modalitè di vendita/acquisto. Tra le altre possiamo ricordare il servizio di mobile ticketing delle aziende di trasporto dell’Emilia Romagna (TPER) e di Napoli (ANM) o la sperimentazione per lo scontrino elettronico pagabile con lo smartphone nei negozi della catena francese Casino. NFC rappresenta in questo momento lo standard tecnologico al centro della maggior quantità di applicazioni ed innovazioni per mettere in comunicazione strumenti portatili e POS per il pagamento contactless. 38 n. 8-9/2013 F FINANZA & CREDITO In concorrenza con i sistemi NFC ve ne sono anche altri, ma rappresentano standard meno diffusi e quindi destinati forse a non rimanere sul mercato. Tra questi ve ne sono di particolarmente semplici (come il ‘‘Chip&Pin’’ che anziché mettere in contatto smarphone con un POS, trasformano direttamente il proprio strumento portatile in un POS con un semplice lettore collegabile via bluetooth ed utilizzabile dagli esercenti senza costo e senza commissioni sul transato. Il mercato di questa tecnologia è potenzialmente interessante se si pensa che circa il 60% dei piccoli esercizi commerciali (taxi, bar, ambulanti, piccoli artigiani) sono sprovvisti di POS e pertanto non si trovano nelle condizioni di accettare pagamenti elettronici tradizionali. La conseguenza di questi aspetti è l’evoluzione del profilo dei consumatori che hanno acquisito sempre più confidenza ed abitudine ad effettuare acquisti sul web. Valutando solamente la composizione dei circa 10 miliardi di euro di transazioni commerciali sull’ecommerce nel 2012 1, circa la metà di esse sono riferite al settore del turismo (48% per biglietterie aeree, treni, alberghi, ecc.), mentre hanno percentuali decrescenti ed inferiori al 10% gli acquisti per servizi assicurativi, nell’elettronica di consumo e nell’editoria, nella casa, nell’arredamento e nell’abbigliamento. In questo senso, le imprese italiane vivono un paradosso: tradizionalmente sono aziende esportatrici, eppure la bilancia commerciale dell’ecommerce evidenza uno sbilancio delle importazioni sulle esportazioni, anche come conseguenza della maggiore penetrazione del commercio elettronico rispetto a quello tradizionale nei paesi esteri rispetto all’Italia (Tavola 2). Tavola 2 -Tassi di penetrazione dell’ecommerce nei principali comparti ITALIA EUROPA USA ABBIGLIAMENTO 1% 5% 17% EDITORIA, MUSICA, EUDIO E VIDEO 4% 15% 35% GROCERY 0,10% 1% 2% INFORMATICA ED ELETTRONICA 6% 37% 38% TURISMO 15% 25% 27% Il fatturato ecommerce prodotto nel 2012 dalle imprese attive anche nella vendita online si attesta mediamente sulla interessante percentuale del 27%, frutto di strategie commerciali all’export però differenti da quelle attuate sui canali tradizionali, sia in termini di marketing che di investimento (ad esempio, vendita con siti multilingue o utilizzare il marketing virale sui social network). Conclusioni Volendo concludere, si può affermare che per i clienti sarà sempre più necessario raggiungerli on line e che l’interattività consentirà di ridurre l’utilizzo del contante, di allargare la platea degli utenti e lo scambio di merci e servizi. 1 Dei 21 miliardi di fatturato 2012 nell’ecommerce, infatti circa il 57% del totale è rappresentato dal gioco e dalle scommesse on line. 39 n. 8-9/2013 F FINANZA & CREDITO Nel nostro paese, per procedere concretamente in questa direzione sarà necessario lavorare per avere una normativa digitale stabile e favorevole alla digitalizzazione, e potere contare su una pubblica amministrazione moderna e che stimoli la diffusione di procedure digitali nel trasferimento dei documenti e dei servizi anche tra i vari soggetti economici (banche, aziende, cittadini, ecc.). Da ultimo, i comportamenti digitali dei consumatori potranno diventare realmente ‘‘confidenti’’ quando saranno disponibili strumenti semplici ed affidabili in termini di sicurezza e semplicità di utilizzo: in questo senso i moderni smartphone potrebbero essere di valido indirizzo, integrando in un unico apparato una fotocamera, la connessione internet, l’applicazione di dialogo per il trasferimento del denaro ed un PIN, indispensabili per concludere una compravendita. 40 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE Gestione dei progetti La gestione delle risorse umane di progetto di Rocco Corvaglia e Filippo M. Corvasce La sesta area di conoscenza in approfondimento, proseguendo il percorso di analisi dello standard di Project Management promosso dal Pmi, riguarda la gestione delle risorse umane di un progetto. (Tavola 1). Tavola 1 - La gestione delle risorse umane Sebbene le risorse umane siano assolutamente assimilabili, in ottica di management, alla gestione degli approvvigionamenti di risorse materiali, vi è un aspetto peculiare che rende questo particolare fattore produttivo cosı̀ delicato in ottica gestionale: la connotazione ‘‘umana’’. La gestione di questa area di conoscenza include tutti i processi che riguardano l’organizzazione del gruppo di persone che adoperano congiuntamente su un progetto, lo gestiscono e lo guidano fino al raggiungimento degli obiettivi. Da ciò discende la centralità dell’area in oggetto: la gestione efficace del gruppo di lavoro incide inevitabilmente e direttamente sulla qualità finale dell’output di progetto 1. Una efficace gestione delle risorse umane considera l’esecuzione dei seguenti quattro processi 2 operativi: I processi di gestione delle risorse umane 1) sviluppare il piano delle risorse umane; 1 Si veda ‘‘La gestione della qualità di progetto’’ di R. Corvaglia e F.M. Corvasce, in Pmi n.7/ 2013. 2 Per un maggiore approfondimento si rimanda a ‘‘A guide to the Project Management Body of Knowledge (PMBoK) Fifth Edition’’ – Edito da Project Management Institute. 41 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE 2) costituire il gruppo di progetto; 3) sviluppare il gruppo di progetto; 4) gestire il gruppo di progetto. Sviluppare il piano delle risorse umane Il piano delle risorse umane è lo strumento, di natura documentale, con cui il Project Manager definisce la strategia di gestione del gruppo di lavoro: dal momento della sua costituzione al momento del rilascio delle risorse umane. Uno degli elementi preminenti costituenti il piano in questione è il piano di allocazione delle risorse umane. In precedenza 3, si è avuto modo di analizzare il tema relativo alla stima delle risorse umane necessarie allo svolgimento delle attività di progetto: in questa fase, il Project Manager, utilizzando la stima precedentemente operata, deve aggregare le medesime risorse per tipologia e per periodo lavorativo, dando cosı̀ vita ad un piano di allocazione delle risorse (Resource allocation plan), come rappresentato nella Tavola 2. Tavola 2 - Esempio di piano di allocazione delle risorse Il piano delle risorse umane, peraltro, deve considerare al proprio interno anche la carta organizzativa del progetto, ossia la struttura grafica che descrive, in ottica gerarchica e funzionale, le dipendenze organizzative nell’ambito del gruppo di lavoro individuato. Lo schema organizzativo più diffuso, e probabilmente anche il più efficace, è la classica struttura organizzativa gerarchica (Tavola 3). Tavola 3 - Esempio di struttura organizzativa gerarchica 3 Si veda ‘‘La gestione dei tempi di progetto’’ di R. Corvaglia e F.M. Corvasce, in Pmi n.5/ 2013. 42 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE Il piano delle risorse umane può essere redatto con l’ausilio di differenti strumenti operativi: prescindendo dalla loro tipologia, è essenziale che nell’ambito del piano si dichiarino in modo chiaro ed univoco, per ciascuno dei Work Package (WP) individuati nella WBS 4, i ruoli, le responsabilità e le mansioni che gravano a capo di ogni membro del gruppo di lavoro. Alcuni degli strumenti maggiormente utilizzati in questa fase sono i diagrammi a matrice. Un esempio, in tal senso, è la Responsibility Assignment Matrix (RAM) con cui è possibile collegare ad ogni WP il relativo responsabile. Nell’esempio di seguito riportato (Tavola 4), la responsabilità del WP2 è assegnata alla risorsa umana (o team di lavoro) ‘‘b’’, mentre al team ‘‘a’’ è assegnata la responsabilità del WP1 e del WP4. Una declinazione specifica della RAM è individuata nella matrice RACI (Tavola 4). Tavola 4 - Esempio di matrici RAM e RACI La RACI è una matrice che dettaglia in modo chiaro l’assegnazione dei differenti livelli di responsabilità all’interno del gruppo di lavoro di progetto. Nella Tavola 4, ad esempio, si dettagliano i livelli di responsabilità assegnati in capo alle diverse risorse umane impiegate nella realizzazione dei 5 WP di cui si compone il progetto. Nel WP3, a titolo esemplificativo, sono individuate le seguenti responsabilità: R ) è il responsabile operativo dell’esecuzione delle attività di WP; A ) è il soggetto che approva (o meno) l’esecuzione delle attività di WP; C ) è il soggetto da consultare nel corso della esecuzione delle attività di WP; I ) è il soggetto da informare nel corso della esecuzione delle attività di WP. Costituire il gruppo di progetto Definita la pianificazione della gestione delle risorse umane di progetto, nel relativo piano, si avvia il processo di costituzione del gruppo di progetto: in questa fase avviene l’assegnazione definitiva di una risorsa umana ad un dato progetto. Questo processo è particolarmente delicato perché genera delle innegabili ripercussioni sull’intero sistema aziendale. Una efficace azienda project oriented, infatti, deve essere in grado di gestire in modo ottimale e strategico il portafoglio aziendale di risorse umane nell’ambito dei singoli progetti: il tutto, trovando un giusto equilibrio tra scenari di sovraimpiego (che generano extra costi, ad esempio, in termini di ore di lavoro straordinario) e ipotesi di sotto-impiego (che producono un sostanziale inutilizzo dei fattori produttivi). Sviluppare il gruppo di progetto Una volta costituito il team, il Project Manager necessita di alcuni interventi finalizzati al suo sviluppo: un gruppo di persone che opera insieme su un determinato progetto, non necessariamente è un team. Bisogna tener presente, infatti, che la produttività di singole 4 Si veda ‘‘La gestione dell’ambito’’ di R. Corvaglia e F.M. Corvasce, in Pmi n.4/2013. 43 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE risorse umane considerate complessivamente all’interno di un gruppo è normalmente inferiore rispetto alla somma delle singole produttività individuali; cosı̀ come, quando il gruppo di persone è costituito sottoforma di team, la produttività del team nel suo complesso è normalmente maggiore rispetto alla somma delle produttività espresse da ogni singolo membro del team. Il Project Manager, quindi, deve adottare un insieme di misure operative (formazione, team building, incentivi, premi produzione, etc.) volte a determinare l’innalzamento del livello di competenza, il miglioramento dell’ambiente di lavoro e della comunicazione interna, nonché l’incremento delle prestazioni di progetto. Grande attenzione, pertanto, deve essere rivolta alla fase di sviluppo del team di lavoro. Particolarmente rilevante, in questo ambito, è il modello teorizzato da Tuckman 5, secondo cui lo sviluppo di un qualsiasi gruppo di lavoro è contraddistinto da cinque fasi (Tavola 5): Tavola 5 - Le fasi di sviluppo di un gruppo di lavoro — forming (formazione) - è la fase in cui si sviluppa il senso di appartenenza al gruppo con la condivisione della conoscenza, delle competenze, dei valori e della mission aziendale; — storming (contagio) - è la fase in cui, cominciando a familiarizzare con il lavoro di progetto, possono sorgere i primi conflitti interni; — norming (normalizzazione) - se si superano in modo efficace i conflitti manifestati, si determina un senso di unità nel gruppo e quindi si inizia a lavorare insieme sulla definizione delle regole interne; — performing (efficienza) - è la fase in cui il gruppo, forte delle regole definite, può raggiungere gli obiettivi operativi prefissati; — adjourning (aggiornamento) - è la fase di scioglimento del gruppo di lavoro, considerato il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Gestire il gruppo di progetto Quando il Project Manager è riuscito a creare il team, ottenendo da esso le performance richieste, dovrà continuare a lavorare con tali persone, gestendo il team in maniera continua. Egli dovrà, infatti, favorire il lavoro in team, gestire i conflitti, esercitare una importnte influenza nel progetto in termini di leadership, prendere decisioni in modo efficace, comunicare e negoziare con tutti, ecc. 5 B. Tuckman, ‘‘Developmental sequence of small groups’’, 1965. 44 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE Personale La comunicazione organizzativa nelle imprese: aspetti operativi di Renzo Pravisano La comunicazione organizzativa nelle imprese viene determinata sostanzialmente dai seguenti due fattori: — aumento dell’esigenza di eterogeneità e di interdipendenza del personale addetto all’interno dell’impresa, che richiede la predisposizione di strategie operative finalizzate al coordinamento delle funzioni espletate sia all’interno di ciascun settore operativo, sia fra i vari settori dell’impresa; - crescente complessità delle funzioni dell’impresa derivante dalle variazioni mutevoli delle reti di relazioni interne/esterne con conseguente necessità di maggiore coinvolgimento del personale. In altri termini per garantire che l’impresa possa operare con efficienza del mercato è indispensabile che venga istituito un sistema complesso di relazioni che deve essere da un lato sostenuto e dall’altro lato governato da opportune forme di comunicazione di tipo organico ed a rete. Infatti le organizzazioni delle imprese devono sempre più adeguarsi al mercato in base alle esigenze di: Adeguarsi al mercato — economicità dei beni e servizi; — flessibilità dell’offerta in modo da rispondere in forma adeguata alla variabilità della domanda; — qualità dei prodotti, al fine di poter risultare sempre più competitive nell’offerta sul mercato. Per raggiungere gli obiettivi di produttività e redditività sul mercato si rende sempre più necessario studiare e procedere alla ricerca di forme di comunicazione innovative che costituiscono uno strumento centrale nella gestione delle imprese indipendentemente dalla loro dimensione. Sotto questo profilo l’organizzazione dell’impresa attraverso la creazione di un sistema di rete comunicativa, si trasforma in comunicazione organizzativa. Essa può venire definita come l’insieme dei processi di: creazione, scambio, condivisione di messaggi informativi e valoriali all’interno dei diversi settori che compongono l’impresa, le cui correlazioni costituiscono l’essenza della sua organizzazione al fine di coinvolgere non solo il personale addetto ma anche i clienti effettivi e potenziali. In altri termini la comunicazione organizzativa di un’impresa è parte integrante di tutti i processi produttivi e decisionali. Il suo impiego è finalizzato allo sviluppo degli scambi di beni e/o servizi dell’impresa, con lo scopo di favorire la visibilità sia all’interno che all’esterno di tutta l’organizzazione imprenditoriale. Essa rappresenta un mezzo indispensabile per poter operare con efficienza sul mercato riducendo conseguentemente anche i costi di transazione. È uno strumento sempre più oggetto di valutazione ed analisi da parte delle 45 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE imprese di medie dimensioni in presenza di eventi finanziari ed economici negativi del mercato. La comunicazione è caratterizzata da una componente strutturale, costituita da: Componete strutturale Componente relazionale — canali di comunicazione interna ed esterna, con la creazione di strumenti informativi sempre più aggiornati; — studio dell’efficacia ed efficienza dei messaggi. Nonché da una componente relazionale, formata da: — valutazione della comunicazione interna ed esterna; — comparazione degli obiettivi da raggiungere; — individuazione dei ruoli e dei risultati di gruppo. Aspetti funzionali della comunicazione organizzativa La comunicazione organizzativa di un’impresa può venire definita come l’insieme dei processi strategici ed operativi che influiscono direttamente sulla sua gestione. Essa si sviluppa nelle specificità operative riportate nella Tavola 1. La comunicazione organizzativa sotto il profilo motivazionale si suddivide in due distinte situazioni: a) comunicazione di gruppo, che a sua volta si distribuisce in: Tavola 1 - Processi strategici ed operativi Tipo di organizzazione Funzionale Descrizione È rappresentata dalle informazioni necessarie per coinvolgere i diversi processi organizzativi e decisionali interni (es. organizzazione delle relazioni fra i diversi settori dell’impresa finalizzate all’ottenimento di risultati gestionali sempre più ottimali), nonché dalle direttive impartite dalla Direzione dell’impresa. Strategica Ricomprende tutte le informazioni necessarie per far conoscere l’organizzazione nel suo complesso o solo alcuni suoi aspetti (es. conoscenza dei prodotti e dei servizi, dislocazione territoriale dell’impresa, tempistica sulle consegne, ecc.), con lo scopo di fornire una visibilità esterna all’organizzazione dell’impresa ed alle sue attività. Formativa Svolge la funzione di formazione del personale impiegato al fine di far apprendere: contenuti, metodi operativi, modi comunicazionali, con lo scopo di rafforzarne in forma attiva la loro partecipazione nell’impresa. Creativa Espleta la funzione di creare situazioni di scambio e di dialogo, in senso orizzontale e verticale, finalizzate all’accrescimento di collegamenti funzionali interni e la soluzione di problemi organizzativi. 46 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE Gruppo — comunicazione interna, che svolge la funzione di coordinare l’attività organizzativa all’interno dell’impresa, — comunicazione esterna (o di marketing), che ha lo scopo di fornire una maggiore conoscenza dell’impresa sul mercato attuale e potenziale per poter riuscire ad incrementare la sua attività, — comunicazione istituzionale, che è rappresentata dalle forme di integrazione fra la comunicazione interna ed esterna finalizzate ad un sempre crescente risultato positivo nella gestione; Interpersonale b) comunicazione interpersonale, che ha la funzione di raccogliere le informazioni derivanti in forma individuale da ciascun soggetto operante sia all’interno che all’esterno dell’impresa con lo scopo di ricavare delle notizie utili per il miglioramento delle relazioni comunicative dell’impresa sul mercato. Va ora precisato che se da un lato lo sviluppo organizzativo di un’impresa richiede sempre una maggiore comunicazione, dall’altro lato l’utilizzo anticipato della comunicazione rappresenta sempre un fattore di stimolo sull’azione di cambiamento da adottare. In altri termini l’attività di comunicazione ha lo scopo di: Gli scopi — definire il sistema di comunicazione più idoneo, mediante l’esame di ruoli organizzativi del personale addetto; — istituire dei mezzi di comunicazione sempre più rispondenti alla gestione dell’impresa, con la scelta di persone sempre più qualificate alle mansioni da svolgere; — mantenere elevato il livello organizzativo del personale, mediante: la valutazione di opinioni o la soluzione di problemi, l’esame di fatti, la presa d’atto di suggerimenti, ecc. Aspetti operativi della comunicazione interna delle imprese Le imprese che intendono operare nel mercato attuale con profitto devono studiare: a) le forme più idonee di comunicazione interna al fine di poter attivare la partecipazione ed il coinvolgimento di tutti i dipendenti, indipendentemente dal loro ruolo e dal livello; b) i mezzi più adatti per risultare più incisivi e completi nei rapporti interni; c) gli strumenti di comunicazione, che rispondano all’organizzazione dell’impresa. Le forme e mezzi Con riferimento alle forme di comunicazione che possono venire adottate sono: forma scritta, forma orale, forma visiva, materiali audiovisivi. Invece con riferimento ai mezzi è possibile utilizzare: bacheche per l’inserimento di comunicati, ordini di servizio, comunicazioni, ecc.; pubblicazioni interne; circolari di servizio; messaggi informatici. Infine gli strumenti di comunicazione, che si distinguono in diretti ed indiretti, sono rappresentati da supporti cartacei, cataloghi, comunicazioni on line, convegni ed aggiornamenti professionali. È importante ora esaminare in che modo la comunicazione interna deve essere sviluppata al fine di poter conseguire risultati ottimali. È infatti compito della direzione dell’impresa creare gli strumenti idonei per attuare una comunicazione organizzativa interna che risponda in forma ottimale alle esigenze dell’impresa e del mercato. Il punto di partenza è quello della creazione di un organigramma strutturale dell’impresa finalizzato alla composizione dei singoli settori operativi all’interno dei quali inserire i vari dipendenti. L’organigramma deve venire studiato in forma piramidale al fine di poter garantire sempre la sua integrazione con l’aumento dell’attività, mediante inserimento di nuove strutture operative rispetto alla base dell’originaria struttura. 47 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE Organigramma Deve essere sempre tenuto presente che la struttura può diversificarsi non al vertice ma ponendo nuove strutture alla sua base. L’organigramma parte con la considerazione che alle dipendenze del capo (presidente del consiglio di amministrazione, amministratore unico, titolare) devono essere designati tre soggetti (responsabile commerciale, responsabile della produzione, responsabile amministrativo-finanziario) che costituiscono i tre settori base dell’impresa. L’aumento dell’attività di gestione potrà generare la diversificazione dei tre settori principali con la creazione di sottoresponsabili e capiufficio. Per ciascun settore tale diversificazione deve essere posta in forma piramidale al fine di garantire all’interno del settore una dipendenza funzionale in termini di distribuzione di compiti. Creato l’organigramma strutturale l’impresa deve studiare delle forme di comunicazione che rispondano ai requisiti della completezza e celerità delle informazioni di tipo verticale, con lo studio di programmi di formazione continua del personale al fine di poter rispondere anche alle mutevoli situazioni del mercato ed alle variazioni delle disposizioni normative. La dinamicità del mercato e la complessità della documentazione da attuare richiedono anche che la comunicazione avvenga anche a livello orizzontale fra i vari uffici appartenenti a settori diversi (es. ufficio commerciale con il magazzino, magazzino con la produzione, ufficio commerciale ed amministrazione), al fine di evitare possibili errori od omissioni che potrebbero influire in senso negativo nella gestione (es. la non conoscenza dei termini di resa convenuti contrattualmente da parte dell’amministrazione potrebbe generare l’emissione di documenti contabili non corretti fiscalmente). È pertanto necessario studiare delle forme integrate di comunicazione fra i vari settori, mediante utilizzo di strumenti cartacei ed informatici che permettano la trasmissione delle conoscenze. Da ciò deriva che la comunicazione organizzativa ha sostituito il passaggio di documenti cartacei con sistemi integrati di tipo informatico dei dati e con le procedure informatiche di segnalazione di dati fra i vari settori. A completamento delle singole procedure è indispensabile che venga anche studiato un sistema di informazioni e di segnalazioni tale da riuscire a far pervenire ai responsabili dei settori principali dell’impresa tutte le informazioni e segnalazioni da parte dei soggetti subordinati. Al riguardo il sistema informatico può risultare molto utile in quanto permette il dialogo fra i vari settori in forma celere e tempestiva. Le forme tradizionali di comunicazione possono rimanere come documentazione dei fatti di gestione (es. listini prezzi, contratti, documenti di trasporto, documenti doganali, ecc.) ma non come comunicazione utile ed efficace ai fini gestionali fra i vari soggetti operanti nell’impresa. Va fatto presente che tutta la documentazione che viene inviata all’esterno (es. depliants, cataloghi, opuscoli, ed altro deve venire posta a conoscenza di tutti i dipendenti). Un problema particolare di comunicazione sono gli ordini di servizio che devono essere oggetto di comunicazione a tutti i dipendenti interessati. L’utilizzo delle sole bacheche per l’esposizione di tale documentazione non costituisce più un sistema di conoscenza ottimale. Tali atti devono essere portati singolarmente a conoscenza degli interessati che debbono documentare di avere preso visione del loro contenuto. Un aspetto organizzativo è anche quello della documentazione delle assenze che deve avvenire mediante utilizzo di appositi stampati in cui il soggetto interessato esprime al riguardo la relativa richiesta con la sua sottoscrizione, nell’osservanza di tutte le forme a tutela della privacy. La comunicazione esterna (o di marketing) delle imprese La comunicazione esterna assume la funzione di permettere l’impresa di poter dialogare 48 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE con tutti gli interlocutori esistenti nel mercato mediante utilizzo di comunicazioni di massa. Gli scopi principali di tale comunicazione sono i seguenti: Gli scopi 1) far conoscere l’impresa e la sua organizzazione sul mercato; 2) orientare i possibili clienti all’accesso ai beni o ai servizi offerti; 3) rilevare in termini qualitativi e quantitativi i fabbisogni del mercato; 4) dare risposte certe, efficienti e precise alla domanda del mercato; 5) favorire i processi di sviluppo economico tenendo conto anche dell’evoluzione normativa e sociale della clientela. Anche per questo tipo di comunicazione devono venire utilizzati degli strumenti che possono venire riassunti nella Tavola 2. Tavola 2 - Gli strumenti Tipo di strumento Orale Scritto Visivo Tecnologico Evento programmato Descrizione Lezioni, conferenze, interviste, radio. Lettere, opuscoli, questionari, comunicati, manuali, volantini, ecc. Foto, depliants, cataloghi, messaggi televisivi, manifesti murali, giornali, riviste. Telefono, messaggi cellulari, internet, posta elettronica. Convegni, fiere, manifestazioni, ecc. La scelta di uno dei seguenti tipi di comunicazione deve essere studiata in modo che il messaggio che si vuole inviare nel mercato arrivi effettivamente alla clientela o alla possibile clientela. Normalmente le imprese scelgono in forma integrata il tipo di strumento da utilizzare per trasmettere la comunicazione. In ogni caso esso deve risultare chiaro e sintetico, predisposto e circoscritto al messaggio che si intende trasmettere. Nella sua ricerca è indispensabile tenere presente se il messaggio si riferisce a: a) una comunicazione esterna dei prodotti o dei servizi; b) una comunicazione sul mercato dell’esistenza dell’impresa e della sua possibilità di rispondere alle aspettative della clientela; c) una comunicazione esterna del marchio d’impresa o dell’esistenza di una catena di franchising. Deve essere chiarito che lo studio degli strumenti da adottare deve tenere conto del tipo di messaggio che si vuole inviare sul mercato. Infatti la comunicazione dei prodotti o dei servizi deve avere come riferimento dei mezzi di comunicazione idonei a trasmettere in forma immediata non solo la loro esistenza sul mercato ma anche la località in cui è possibile procedere con tempestività al loro possibile acquisto. Invece la comunicazione dell’esistenza dell’impresa sul mercato deve venire studiata in modo da far conoscere la sua esistenza, il settore in cui opera e la qualità dei prodotti e servizi offerti. Infine la comunicazione di un marchio d’impresa o di una catena di franchising deve 49 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE essere formata in modo da fare risaltare le qualità del marchio o del nome al di sopra dei prodotti o servizi offerti. Le scelta del tipo di comunicazione risente anche del settore in cui l’impresa opera e dei possibili consumatori. La creazione di un piano di comunicazione esterna Per poter effettuare una valutazione dei risultati derivanti dalla comunicazione esterna è indispensabile studiare e redigere un piano di comunicazione. Esso costituisce uno strumento operativo finalizzato alla programmazione e gestione delle varie azioni di comunicazione con lo scopo di raggiungere specifici obiettivi (es. aumento della clientela, aumento o diversificazione delle vendite, aumento del mercato, ecc.). Il piano deve essere studiato anche con riferimento ai risultati cui s’intende perseguire in un dato periodo di tempo. Infatti il piano di comunicazione non può essere costruito a tempo indefinito ma deve essere programmato con riferimento ad un determinato periodo di tempo al fine di poter valutare se i messaggi rivolti nel mercato hanno prodotto ed in quale percentuale gli effetti programmati. Le possibili finalità di un piano di comunicazione possono venire riassunte nella Tavola 3. Tavola 3 - Il piano di comunicazione: finalità Il piano di comunicazione TIPOLOGIA DESCRIZIONE Strategica Ha la funzione di creare i presupposti per l’incremento o il mantenimento delle politiche di vendita poste in essere dall’impresa. Integrativa Possiede lo scopo di far convergere unificandole sia la comunicazione interna che quella esterna, creando in tal modo una comunicazione integrata in termini operativi. Incentivante Ha lo scopo di costruire delle relazioni bidirezionali tra l’impresa ed i suoi potenziali clienti. Per avere dei risultati concreti è indispensabile che tali relazioni siano costanti nel tempo e non episodiche o casuali. Il piano di comunicazione può essere definito come uno strumento interessante tutti i soggetti coinvolti nella gestione interna ed esterna dell’impresa, e contenente delle strategie ed azioni di comunicazione che vengono poste al fine di ottenere gli obiettivi preventivati (es. aumento del mercato, aumento delle vendite, diversificazione delle vendite fra i vari prodotti, aumento della clientela, ecc.). Esso pertanto rappresenta un processo organizzativo che permette non solo al sua predisposizione ma anche e soprattutto il suo controllo operativo al fine di poter valutare i risultati preventivati e quelli effettivamente raggiunti rispetto ad un ambito temporale prestabilito. Sotto questo profilo il piano deve risultare composto tre fasi riportate nella Tavola 4. 50 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE Tavola 4 - Il piano di comunicazione: le fasi Fasi procedurali Obiettivi Pianificazione e costruzio- L’impresa dovrà studiare le procedure ed i mezzi più idonei ne del piano non solo per la realizzazione del piano ma anche in considerazione che lo stesso deve poter ottenere dei risultati positivi per la gestione. Controllo e variazione del piano Durante la fase realizzativa del piano deve essere prevista la possibilità di una sua gestione attraverso l’applicazione di variazioni incrementative o decrementative con particolare riferimento all’andamento dei relativi risultati nel tempo. Tali processi procedurali sono molto importanti in presenza di piani che risultano formati con una durata nel tempo. Valutazione finale del piano Costituisce la fase principale del piano in quanto pone in essere la verifica e la comparazione dei risultati ottenuti rispetto a quelli preventivati. Tale fase permette all’impresa di poter stabilire il grado di utilità del piano e dei mezzi attuati al fine di valutare eventuali modifiche o confermare anche in futuro la sua applicabilità. Conclusioni Il processo di comunicazione organizzativa nelle imprese presuppone un cambiamento organizzativo finalizzato alla realizzazione di mutamenti pianificati e deliberati posti in essere al fine di modificare il sistema organizzativo globale e poter perseguire un’efficacia gestionale sempre maggiore. Le procedure esposte sono presenti nelle imprese di grandi dimensioni in quanto servono per la valutazione dei processi organizzativi interni ed esterni. Esso deve venire adottato anche nelle imprese di medie e piccole dimensioni al fine principale di accertare l’esistenza di un’organizzazione ottimale della gestione, oppure se vi sia bisogno di porre in essere un cambiamento cumulativo nell’organizzazione finalizzato da un lato a ridurre i costi di gestione, dall’altro ad incrementare i flussi di produzione e distribuzione dei prodotti e dei servizi. In merito alla comunicazione esterna (marketing) va fatto presente che non può venire programmata facendo riferimento solo ai beni o servizi da reclamizzare ma anche e soprattutto rispetto al mercato ed alla clientela attuale e potenziale cui per tali beni o servizi è destinataria. Va al riguardo fatto presente che la comunicazione varia nel tempo per effetto di mutamenti su: — modo di distribuzione dei beni o di erogazione dei servizi; — forme di esercizio della distribuzione dei beni sul mercato; — modifica dei supporti tecnici in uso per la diffusione della conoscenza dei beni o servizi posti in essere dalla concorrenza; — esercizio dell’attività sul mercato e le relative aspettative; — bisogni e caratteristiche economiche dei clienti. 51 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE In linea generale i processi di innovazione organizzativa e di sviluppo gestionale devono essere sempre supportati con piani di comunicazione adeguati la cui conoscenza e condivisione deve risultare da parte di tutti gli interessati che operano nell’impresa. Infatti i processi decisionali, gestionali e produttivi che si intendono adottare nell’impresa debbono risultare basati sulla cooperazione e sulle relazioni interpersonali dei soggetti coinvolti nell’esercizio dell’impresa. Il risultato della comunicazione organizzativa, con particolare riferimento a quella esterna, non è quello di aver elaborato dei piani ottimali quanto quello di riuscire a diffondere i propri messaggi ai vari livelli di mercato in cui l’impresa opera o ha intenzione di operare, attraverso lo studio attento dell’ambiente e dei soggetti destinatari. 52 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE Pianificazione Budget e budgeting: dai numeri alla motivazione di Vinicio Sandrin - Responsabile amministrativo Decidere di pianificare a medio e lungo termine non è scelta scontata, oggigiorno. Decidere di adottare un sistema di budgeting per guidare l’impresa nel breve termine nemmeno. Chi decide di farlo, conosce le difficoltà: queste possono derivare da condizioni esterne quali l’imprevedibilità dei mutamenti, la rapidità del verificarsi di fatti eccezionali, l’incertezza del futuro, cosı̀ come da condizioni interne: valutazioni errate, distorsioni comportamentali o ‘‘trucchetti manageriali’’ quali la creazione di riserve di risultato o la manipolazione dei risultati. Questo scritto vuole riprendere alcune caratteristiche tipiche del processo di budgeting tenendo conto specialmente dei risvolti organizzativi di questo processo. In particolare, l’attenzione viene focalizzata dapprima su una ripresa di alcuni concetti inerenti il budgeting e, successivamente, su alcune considerazioni in merito ai comportamenti opportunistici messi in atto dal personale durante questo processo, riproponendo l’idea di un ‘‘budgeting strategico’’ quale possibile e provvisoria soluzione, capace di ridurre i costi senza che i tagli impattino negativamente sulle prestazioni operative e consentendo, allo stesso tempo, di identificare le aree di inefficienza. Il budgeting nel suo aspetto economico ed organizzativo Rifacendosi alla dottrina tradizonale, quando si parla di ‘‘budgeting’’ ci si riferisce a quel processo con il quale si definiscono degli obiettivi formalizzati successivamente nei vari budget, programmi espressi in termini quantitativo - monetari. Il budget ha un duplice ruolo: esso ha, al contempo, un ruolo economico (di controllo, di indirizzo quantitativo) ed un ruolo organizzativo (di stimolo, di motivazione all’impegno). Di per sé il budgeting, in quanto processo di assegnazione di risorse alle varie unità, può svolgersi in tre modalità alternative: Modalità a) una negoziazione tra i membri dell’organizzazione; b) una imposizione da parte del gruppo dominante (i manager di più alto livello, l’alta direzione); c) una partecipazione impostata sul ‘‘confronto aperto’’ (se cosı̀ si può dire) dal quale scaturiscono gli obiettivi più opportuni e le relative risorse. La Tavola 1 sintetizza alcune delle caratteristiche di queste tre modalità: 53 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE Tavola 1 - Alcune caratteristiche delle varie modalità di budgeting. La classificazione di Tavola 1 è sicuramente opinabile: in tal senso, la letteratura sul tema (pur ampia e di alto livello) non è pervenuta ad una risposta inequivocabile su quale sia la modalità più adatta per le imprese, nemmeno fra imprese con caratteristiche simili. Più precisamente, non si è ancora pervenuti a stilare delle linee - guida per cui ad una determinata impresa è applicabile una precisa modalità; non è stato confermato in maniera inequivocabile nemmeno il fatto che il gradimento dell’organismo personale sia ai livelli massimi con la modalità partecipativa, sebbene il buon senso tenda ad immaginarlo. Alla luce di questo e nonostante questo, la Tavola 1 è significativa perché permette di prendere maggiore consapevolezza del fatto che il budgeting (in questo caso, ma l’economia stessa si potrebbe dire) non è mai un fatto matematico, scevro da implicazioni organizzative o sociali, ma si devono sempre analizzare ed approfondire i possibili risvolti all’interno dell’organizzazione considerata; ancora, è necessario acquisire la consapevolezza che non esiste una modalità migliore in assoluto, ma questa dev’essere ricercata ed affinata nello specifico contesto. Tutto il processo di budgeting è investito da questa contrapposizione fra ‘‘ruolo economico’’ e ‘‘ruolo organizzativo’’ del budget, facendo scaturire tensioni più o meno forti fra manager di livello gerarchico diverso. Due problemi specifici del budgeting Come è stato accennato, si parla di budget facendo riferimento ad un programma espresso in termini quantitativo - monetari; esso indica il livello di obiettivi da raggiungere e le risorse assegnate all’unità per conseguire tali obiettivi. Volendo indagare, però, le relazioni fra obiettivi di performance e motivazione del personale, si è spinti a porsi due interrogativi: 1) qual è la reazione del personale di fronte all’assegnazione di obiettivi facili o difficili? 2) qual è il soggetto (o i soggetti) che dovrebbe (dovrebbero) fissare gli obiettivi? Alcune ricerche hanno evidenziato come un livello di difficoltà sufficientemente alto risulti essere di stimolo per il lavoratore; oltre una certa soglia, però, la motivazione e l’impegno del lavoratore diminuiscono in quanto le difficoltà intrinseche nell’obiettivo sono ritenute insuperabili e non compensabili dal maggior impegno e dedizione del lavoratore. (un aumento del profitto del 5% può ritenersi relativamente facile da realizzare, mentre un aumento del 30% alquanto improbabile). Obiettivi facili e obiettivi difficili producono quindi reazioni diverse nel morale del personale e nella loro specifica motivazione: di questo bisogna tener conto nel fissare il livello di 54 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE budget. In quanto strumento di controllo, il livello di budget dovrebbe essere il più realistico possibile; in quanto strumento di motivazione, il livello di budget dovrebbe essere fissato ad un livello più alto: questa contrapposizione rischia di sfociare in un forte contrasto qualora alla definizione degli obiettivi partecipano anche i manager di livello gerarchico inferiore, proprio perché questi ultimi tendono a costituirsi delle ‘‘riserve’’ in vista di possibili ritocchi al rialzo da parte dei manager di più alto livello o nella volontà di far fronte a possibili imprevisti. Prima di procedere oltre, è opportuno soffermarsi su quest’ultimo tema per delineare in maniera più esaustiva il tema delle inefficienze del budgeting. Il processo di budgeting tradizionale è affetto da possibili distorsioni (con termine più incisivo ‘‘trucchetti manageriali’’) messe in atto dai dipendenti che rischiano di rendere vani gli sforzi di una programmazione a breve termine. Un primo tipo di distorsione riguarda le stime dei valori che vengono recuperati all’interno dei budget e che vengono modificate al fine di ottenere delle riserve di risultato (ossia delle maggiori somme a disposizione del centro di responsabilità economica rispetto a quelle effettivamente necessarie). Questo tipo di distorsione è abbastanza comune e rimane di difficile prevenzione; in via teorica, è una situazione possibile quando: a) i superiori non hanno chiara conoscenza dei risultati che possono essere ottenuti; b) le misure di risultato non soddisfano il criterio della precisione; c) ai subordinati viene concesso di partecipare alla definizione dei loro obiettivi di performance 1. Un secondo tipo di distorsione è la manipolazione dei risultati al fine di mostrare performace diverse da quelle realizzate al fine di garantirsi, anche in questo caso, una maggior somma a disposizione dell’unità operativa. Questo tipo di distorsione si presenta in due forme: falsificazione dei risultati (si rilevano e/o comunicano dati non corretti) o interventi ‘‘ad hoc’’ sui risultati (si modificano le performance rilevate). Nonostante la dubbia moralità di queste scelte, esse producono alcuni effetti positivi interessanti, non sempre quantificabili facilmente per via economica. La Tavola 2 presenta gli effetti positivi e negativi delle distorsioni sopra presentate. Tavola 2 - Effetti positivi e negativi delle distorsioni nel processo di budgeting. Effetti positivi Creazione di riserve — Riduzione del grado di tendi risultato sione sofferto dai managers — Aumento della propensione al cambiamento — Possibilità di disporre di risorse aggiuntive Effetti negativi — Allocazione inefficiente delle risors e minor rendimento operativo dell’impresa — Distorsione delle informazioni gestionali — Minore significatività del sistema di budgeting — Distorsioni nel sistema di reporting — Comunicazione di informazioni non veritiere verso l’esterno 1 Sotto questo punto di vista, la modalità ‘‘negoziazione’’ e la modalità ‘‘partecipazione’’ risulterebbero non ottimali poiché prevedono l’interazione fra manager e subordinati. 55 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE Effetti positivi Manipolazione dei — Conducono alla definizione risultati di obiettivi sfidanti per il periodo successivo — Possibilità di disporre di risorse aggiuntive Effetti negativi — Possono rendere inefficace l’intero sistema di controllo — Rendono impossibile verificare se un dipendente abbia svolto o meno un buon lavoro — Possono distruggere l’accuratezza dell’intero sistema informativo aziendale — Possono mettere in crisi la reputazione dell’azienda nei confronti del mercato finanziario — Conducono alla definizione di obiettivi sfidanti per il periodo successivo Con riferimento al primo ‘‘trucchetto’’ (creazione di riserve di risultato) si noti nella Tavola 3 l’impatto che esso risulta avere nella definizione del budget. Tavola 3 - Effetto di comportamenti opportunitistici sul budget del reparto manutenzione La Tavola 3 presenta il caso di un piccolo mobilificio in cui è assunto un manutentore il cui costo è di Euro 30.000 nell’anno 1. Per i piccoli interventi di manutenzioni, il mobilifico può ricorrere al manutentore interno il quale ha a disposizione una certa somma da impiegare per l’acquisto del materiale; per interventi più complessi, il mobilifico si rivolge a ditte esterne specializzate. Si noti come il reiterato ricorso all’espediente della manipolazione del budget consenta di creare riserve di risultato via via più elevate, fino a giungere ad oltre il 15% del budget originario nell’anno 4. Appare chiaro che la creazione di margini occulti all’interno dei budget comporti disfunzioni 56 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE in fase di controllo a causa di obiettivi errati, semplicistici, non stimolanti che rischiano di non fare l’interesse dell’azienda quanto il proprio. Come ridefinire, allora, il processo di budgeting per evitare tali insidie? Chi sono i soggetti preposti alla redazione del budget corretto? Come verificare eventuali comportamenti scorretti? Il budgeting strategico Il budgeting strategico (SB) è una proposta nata a fine anni ’90 che mira ad eliminare le inefficienze derivanti dalla creazione di margini occulti all’interno dei budget attuando un taglio ‘‘d’ufficio’’ del 50% dei budget stimati dai responsabili di ogni unità e raggruppando tutte le economie (savings) in un buffer complessivo di budget (una sorta di riserva alla quale attingere in caso di bisogno) il cui ammontare è immediatamente disponibile, purché vi sia preventivamente una discussione e un accordo fra il manager richiedente e gli altri manager. Il cambiamento di prospettiva è sinteticamente espresso nella Tavola 4. La proposta del budgeting strategico è piuttosto interessante perché: 1) i budget di ogni unità vengono stimati con maggior correttezza; 2) aiuta i vari manager ad una maggiore e migliore comunicazione 2, anche più propositiva nella ricerca di soluzioni nuove ed interessanti per mantenere il livello del buffer di budget attuando sinergie fra le diverse unità; Tavola 4 - Dall’approccio di budgeting tradizionale al budgeting strategico 2 Lo strategic budgeting sembra meglio perseguire l’obiettivo di una fissazione degli obiettivi secondo criteri di massima partecipazione. 57 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE 3) è sostanzialmente semplice nella sua spiegazione, implementazione e funzionamento. Al tempo stesso, i suoi effetti sul personale (impegno, motivazioni, responsabilità,...) vanno tenuti ben presenti e studiati con accortezza. Infatti: — l’applicazione del budgeting strategico per un ipotetico primo anno è sostanzialmente semplice; più difficile, è mantenere la tecnica (e i suoi benefici) negli anni successivi, quando i manager hanno già appreso il meccanismo e adeguano, conseguentemente, le loro stime al rialzo; — la percentuale di taglio ‘‘d’ufficio’’ del 50% può rivelarsi eccessiva e pericolosa, in quanto rischia di sacrificare la qualità del prodotto o del servizio al cliente finale attraverso la riduzione di somme a disposizione dei responsabili di aree ‘‘critiche’’ (vendite, spedizioni, assistenza clienti in primis,...) — l’applicazione concreta del budgeting strategico richiede condivisione d’intenti e collaborazione fra manager al fine di ottenere l’approvazione del budget del futuro esercizio in ottica SB prima che venga implementato, per evitare che l’alta direzione possa interpretare ammontari di budget non spesi come una cattiva prestazione dell’unità e/o del suo responsabile 3; — laddove la prestazione di un reparto sia misurata tenendo conto (anche) del budget non speso, vi è il rischio che per l’esercizio successivo l’assegnazione di fondi sia minore. L’approccio SB richiede una modifica del sistema di misurazione delle performance premiando il mantenimento di un buffer di budget che tuteli le prestazioni complessive dell’azienda, piuttosto che il manager che abbia speso meno, rischiando, ad esempio, di diminuire le potenzialità relazionali dell’impresa col cliente; — affinché si realizzi pienamente il lavoro di squadra che è presupposto fondamentale di questo approccio al budgeting, risulta opportuno che la direzione consideri di elargire premi o bonus che incoraggino un comportamento di squadra e livelli di cooperazione tra le varie unità. Conclusioni Queste brevi note avevano lo scopo di far ricordare alcuni tratti essenziali del processo di budgeting, in particolare dei suoi risvolti organizzativi; al tempo stesso, l’intento è quello di suscitare curiosità verso una possibile revisione del processo di budgeting all’interno dell’organizzazione vissuta dal lettore, in maniera tale da affinare tale processo con l’introduzione di nuove tecniche di budgeting che abbiano quale loro finalità il contemperamento di due esigenze differenti: la necessità di disporre di stime accurate (né sottostimante, né sovrastimate) e la necessità di mantenere adeguati livelli di motivazione all’impegno da parte del personale. La proposta del budgeting strategico qui presentata potrebbe essere un valido punto di partenza per una sua riproposizione nel contesto delle realtà delle PMI italiane. 3 Si supponga che l’unità A stimi il suo fabbisogno di finanza in Euro 100.000 e che in un’ottica di SB si aspetti di veder tagliate le sue richieste a Euro 50.000,00. Se l’unità A promuove economie già in ottica SB, l’impressione dell’Alta Direzione potrebbe essere che l’unità A ha richiesto più di quel che avrebbe dovuto, oppure non hanno utilizzato tutte le risorse a loro disposizione e quindi le prestazioni dell’unità possono aver avuto delle ripercussioni ‘‘qualitative’’ sui clienti interni o esterni. 58 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE Studio di fattibilità Casi pratici di Business Plan: E-Cig Shop di Antonio Ferrandina - www.piano-marketing.blogspot.com Proseguiamo la nostra serie di contributi relativi alla descrizione di business plan: tali studi di fattibilità sono stati realizzati utilizzando l’impostazione presente nel testo A. Ferrandina - F. Carriero, Il Business Plan. Guida Strategico-Operativa, IPSOA, 2012. Il presente studio, con i dovuti adattamenti e le necessarie semplificazioni, si riferisce uno store di sigarette elettroniche. Mission La mission di E-Cig Shop è quella di promuovere un concetto nuovo di fumo, attraverso un prodotto innovativo e di qualità, per coloro che hanno la passione di fumare, ma che intendono fare lo switch o alternare la sigaretta tradizionale a quella a vapore. Inoltre, la mission di E-Cig Shop è quella di penetrare inizialmente il mercato rappresentato dalla zona centrale della città di Bologna, per espandersi a partire dal quarto anno anche in altre aree e città, con la formula dei punti vendita propri e in franchising. Il nostro prodotto è rivolto a ad un target sensibile all’aspetto salutistico, quindi alla qualità del prodotto, ma anche a quello del risparmio e di costume, essendo la sigaretta elettronica diventata già quasi una moda. Obiettivi Economico-Finanziari Il nostro primo obiettivo finanziario è quello di poter conseguire il break-even nei primi sei mesi dal lancio del primo punto vendita. Prevediamo inoltre di poter conseguire un reddito netto nel 2014 di circa E 60.000, nel 2015 di E 77.885, e infine nel 2016 di E 121.826. Obiettivi di Marketing 1) Conseguimento di un volume di vendita complessivo nei 3 anni considerati nei termini che seguono 2014 = E180.000, 2015 = E 235.000, 2016 = E305.000. 2) Sviluppo della notorietà a livello locale e di una solida brand image dell’insegna del punto vendita e dei prodotti; 3) A partire dal 4 anno, lo sviluppo del mercato, attraverso il lancio di nuovi punti vendita propri e in franchising. Il ns. pricing è correlato alla qualità del kit offerto, considerando il rapporto qualità/ prezzo medio del mercato. Inoltre, i nostri prezzi sono fissati in modo da coprire i costi e garantirci elevati margini. Qui di seguito viene proposto il prezzo medio di un kit e di una ricarica: 59 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE Costo Medio Prezzo Margine Kit e-cig E7 E 60 E 53 Ricarica E1 E5 E4 Descrizione del mercato La tipologia del business della sigaretta elettronica, dal lato della produzione, è emergente, sebbene in rapida crescita, e frammentata. Infatti, i marchi esistenti sono già almeno 200 e non ci sono posizioni dominanti. I brevetti principali sono cinesi. Dal lato della distribuzione, esiste un discreto numero di punti vendita dislocati a macchia di leopardo sul territorio nazionale. Il mercato è pertanto anche in questo caso frammentato, senza posizioni di dominio, e presenta basse barriere all’ingresso e all’uscita ed elevati margini dati i bassi costi di approvvigionamento. Le multinazionali del tabacco sono pronte ad entrare ed investire in modo massiccio nel business della sigaretta elettronica. Il business presenta dunque una attrattività medio/alta sia per produttori che per i distributori. Concorrenza Il mercato in questione è in una fase del ciclo di vita tendenzialmente di rapida crescita ed è caratterizzato da una modesta competizione e una discreta differenziazione in termini di qualità e prezzo. Fattori Critici di Successo In sintesi, l’analisi dei FCS mostra come elementi critici per l’aquisizione del vantaggio competitivo sono: 1) innovazione/qualità/design del prodotto e delle ricariche; 2) rapporto qualità /prezzo; 3) gamma dei gusti delle ricariche; 4) costi di approvvigionamento; 5) assistenza/servizio/informazione ai clienti; location; 6) promozione/comunicazione per costruire solida immagine di marca. Fattibilità Economico-Finanziaria Nello specifico, tale del BP comprende una sezione relativa alle Previsioni delle Vendite, il budget di contribuzione. Previsione delle vendite La previsione delle vendite può sembrare ambiziosa, ma riteniamo che, attraverso il sapiente impiego delle leve operative di marketing, tale obiettivo possa essere realizzato senza particolari problemi. Per ragioni prudenziali, stimiamo nel corso del primo anno, di poter vendere almeno due kit al giorno. Negli anni successivi invece si stima un numero superiore. Per le ricariche, prevediamo che il numero mensile acquistato da ciascun cliente sia in media pari a 4, in considerazione del numero medio di svapate che si possono effettuare con una ricarica.(Tavola 1). 60 n. 8-9/2013 C CONTROLLO DI GESTIONE Budget Spese e Contribuzione L’andamento previsto del margine di contribuzione è ampiamente positivo; a regime, nel 2016, riteniamo che il margine di contribuzione possa attestarsi intorno ai E 300.000, pari circa all’82% del volume delle vendite, sebbene tale percentuale sia raggiunta anche nei primi due anni. Indicatori come ROI, ROE e ROS sono altrettanto ampiamente positivi nell’arco temporale considerato. Inoltre, riteniamo nel triennio una sostanziale costanza dei prezzi, dei costi di acquisto e delle spese di marketing. La contrazione dei costi di acquisto, dovuta alle economie di scala, invece, la prevediamo nella fase di sviluppo a partire dal quarto anno, allorquando il numero di pezzi acquistati sarà notevolmente superiore, in virtù dell’apertura di nuovi punti vendita propri e in franchising. Per l’analisi del break-even, si è stimato che il fatturato di equilibrio, che consente di realizzare il pareggio dei costi totali, è in una forbice tra i 60.000 e 70.000 euro, nel triennio considerato. L’analisi mostra che il pareggio viene raggiunto annualmente, dopo aver venduto in media oltre 300 kit e oltre 15.000 ricariche, e da un punto di vista temporale si verifica fra giugnoluglio di ogni anno. Tavola 1 - Previsione annuale delle vendite Previsione vendite Volume vendite 2014 2015 2016 Kit e-cig E 36,000.00 E 45,000.00 E 65,000.00 Ricarica E 144,000.00 E 180,000.00 E 240,000.00 Totale E 180,000.00 E 225,000.00 E 305,000.00 Tavola 2 - Conto economico prospettico 61 n. 8-9/2013 AGENDA 10 15 16 martedı̀ martedı̀ 3 Fisco o IVA e ritenute - Ravvedimento liquidazione IVA e ritenute alla fonte entro 15 giorni lunedı̀ domenica Settembre 2013 Fisco o Fatturazione differita - Emissione e registrazione Fisco o Comunicazione valutaria statistica - Operazioni decanalizzate Lavoro o CASAGIT - Versamento contributi assistenziali - Agosto o INPGI - Denuncia delle retribuzioni - Agosto Fisco o Ritenute alla fonte - Altre ritenute (compensi per avviamento commerciale, contributi, ecc.) - Versamento o Ritenute alla fonte - Interessi e redditi di capitale - Versamento o Ritenute alla fonte - Plusvalenze e cessioni - Versamento o Ritenute alla fonte - Provvigioni - Versamento o Ritenute alla fonte - Redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente - Versamento o Ritenute alla fonte - Redditi di lavoro autonomo e altri redditi - Versamento o Ritenute alla fonte - Redditi di lavoro dipendente (IRPEF) - Versamento o IVA - Liquidazione e versamento mensile - Agosto o Versamento imposta unica per scommesse e concorsi o Comunicazioni dei dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento ricevute o Rateizzazione IVA annuale o Rateizzazione imposte da dichiarazione dei redditi per titolari di partita IVA o Versamento Unico 2012 Società di capitali, enti commerciali e non commerciali con esercizio a cavallo o Versamento IMU sospesa a giugno Lavoro o INPS - Mod. F24 - Versamento contributi assistenziali e previdenziali - Agosto o INPS - Mod. F24 - Versamento contributo previdenziale 20% o 27,72% (entro il massimale di E. 99.034,00 annui) da parte del committente, per collaboratori co.co/parasubordinati e contratti a progetto - Agosto o ENPALS - Mod. F24 - Versamento contributi assistenziali e previdenziali - Agosto 62 n. 8-9/2013 AGENDA o Consulenti del lavoro - Versamento contributo integrativo o INPGI - Mod. F24 EP - Versamento contributi previdenziali - Agosto giovedı̀ Fisco o Ravvedimento entro 30 giorni dal termine di versamento delle imposte risultanti dalla dichiarazione Unico 2013 in scadenza il 20 agosto con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo o IVA e ritenute - Ravvedimento liquidazioni mensili/trimestrali e ritenute alla fonte 20 venerdı̀ Fisco o CONAI - Presentazione dichiarazione mensile 25 mercoledı̀ Fisco o Iva - Presentazione elenco mensile cessioni e acquisti intracomunitari –Soggetti che hanno realizzato, nei quattro trimestri precedenti e per ciascuna categoria di operazioni, un ammontare totale trimestrale superiore a E 50.000 lunedı̀ 19 Fisco o Imposta di registro - Contratti di locazione con decorrenza 1º settembre - Registrazione e versamento o Imposta comunale sulla pubblicità - Versamento quarto trimestre in caso di rateazione Verificare il termine presso il comune o Comunicazione dei dipendenti per non effettuare la trattenuta relativa al secondo acconto risultante da Mod 730/2013 o Rateizzazione imposte da dichiarazione dei redditi per non titolari di partita IVA o Dichiarazione integrativa Unico 2012 ed IRAP 2012 o Invio telematico Mod. IVA 2013 o Dichiarazione integrativa IVA 2012 o Termine ultimo invio telematico Unico 2013 ed IRAP 2013 o Presentazione rimborso annuale IVA o Adeguamento parametri o Presentazione INTRA 12 o Comunicazione delle operazioni con soggetti in paesi a fiscalità privilegiata o Rimborso IVA pagata in altro Stato Membro o IVA e ritenute - Ravvedimento liquidazioni IVA e ritenute alla fonte entro 15 giorni o Ravvedimento entro 90 giorni per omessa presentazione di Unico 2013 su supporto cartaceo o Comunicazione gestori telefonica o Dichiarazione IMU entro 90 giorni dalla scadenza 30 Lavoro o ENPALS - Denuncia contributiva mensile unificata - Agosto Contabilità o Obblighi mensili di registrazione delle fatture Lavoro o INPS - Modello UNIEMENS individuale - Trasmissione telematica dei Flussi retributivi e contributivi - Agosto 63 n. 8-9/2013 AGENDA 10 15 16 giovedı̀ martedı̀ 1 Fisco o Inizio decorrenza operatività SISTRI mercoledı̀ martedı̀ Ottobre 2013 Fisco o Fatturazione differita - Emissione e registrazioni o Comunicazione all’Anagrafe tributaria dei beni dell’impresa in uso ai soci Fisco o Comunicazione valutaria statistica - Operazioni decanalizzate o Comunicazione dati contabili per nuove iniziative produttive Lavoro o CASAGIT - Versamento contributi assistenziali - Settembre o INPGI - Denuncia delle retribuzioni - Settembre o Fondo Mario Negri, A. Pastore e Mario Besusso - Versamento contributi luglio-settembre o Fondo Mario Negri - Versamento contributo per la formazione luglio - settembre o Colf - Versamento contributi 3º trimestre Fisco o Ritenute alla fonte - Altre ritenute (compensi per avviamento commerciale, contributi, ecc.) - Versamento o Ritenute alla fonte - Interessi e redditi di capitale - Versamento o Ritenute alla fonte - Plusvalenze e cessioni - Versamento o Ritenute alla fonte - Provvigioni - Versamento o Ritenute alla fonte - Redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente - Versamento o Ritenute alla fonte - Redditi di lavoro autonomo e altri redditi - Versamento o Ritenute alla fonte - Redditi di lavoro dipendente (IRPEF) - Versamento o IVA - Liquidazione e versamento mensile - Settembre o Ritenute sui dividendi corrisposti nel trimestre solare precedente - Versamento o Versamento imposta unica per scommesse e concorsi o Comunicazioni dei dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento ricevute o Rateizzazione IVA annuale o Rateizzazione imposte da dichiarazione dei redditi per titolari di partita IVA o Versamento Unico 2013 - Società di capitali, enti commerciali e non commerciali con esercizio a cavallo o IVA e ritenute - Ravvedimento liquidazioni mensili e ritenute alla fonte o Versamento TARES o Versamento imposta sulle transazioni Lavoro o INPS - Mod. F24 - Versamento contributi assistenziali e previdenziali - Settembre o INPS - Mod. F24 - Versamento contributo previdenziale 20% o 27,72% (entro il massimale di E 99.034,00 annui) da parte del committente, per collaboratori co.co/parasubordinati e contratti a progetto - Settembre 64 n. 8-9/2013 AGENDA 25 domenica 20 Fisco o CONAI - Presentazione dichiarazione mensile o Trasmissione telematica dati relativi alle operazioni di verificazione periodica degli apparecchi misuratori fiscali venerdı̀ o ENPALS - Mod. F24 - Versamento contributi assistenziali e previdenziali - Settembre o INPGI - Mod. F24 EP - Versamento contributi previdenziali - Settembre Fisco o Iva - Presentazione ad un CAF o ad un professionista abilitato del 730 integrativo o Iva - Presentazione elenco mensile cessioni e acquisti intracomunitari –Soggetti che hanno realizzato, nei quattro trimestri precedenti e per ciascuna categoria di operazioni, un ammontare totale trimestrale superiore a E 50.000 o Iva - Presentazione elenco trimestrale cessioni e acquisti intracomunitari –Soggetti che hanno realizzato, nei quattro trimestri precedenti e per ciascuna categoria di operazioni, un ammontare totale trimestrale inferiore a E 50.000 Lavoro o PREVINDAI - Versamento contributi luglio-settembre Mod. 053 e trasmissione via fax della Dichiarazione contributiva Mod. 050 29 30 31 giovedı̀ mercoledı̀ martedı̀ Lavoro o ENPALS - Denuncia contributiva mensile unificata - Settembre o ENPALS - Denuncia delle retribuzioni e delle trattenute - Luglio-Settembre Fisco o Ravvedimento entro 90 giorni per omessa presentazione Mod. 770/2013 Semplificato o Ravvedimento entro 90 giorni per omessa presentazione Mod. 770/2013 Ordinario Fisco o Imposta di registro - Contratti di locazione con decorrenza 1º ottobre - Registrazione e versamento o IVA e ritenute - Ravvedimento liquidazioni IVA e ritenute alla fonte entro 15 giorni Fisco o Imposta di bollo in modo virtuale - Versamento rata bimestrale settembre-ottobre o IVA - Presentazione rimborso infrannuale o TOSAP - Versamento ultima rata canone (verificare il termine presso il Comune) o Rateizzazione imposte da dichiarazione dei redditi per non titolari di partita IVA o Presentazione Unico 2013 per società soggette ad IRES con esercizio a cavallo o Presentazione INTRA 12 o Comunicazione delle operazioni con soggetti in paesi a fiscalità privilegiata Contabilità o Obblighi mensili di registrazione delle fatture Lavoro o INPS - Modello UNIEMENS individuale - Trasmissione telematica dei Flussi retributivi e contributivi - Settembre 65 n. 8-9/2013 INDICE ANALITICO Commercio Commercio elettronico Disciplina.................................................................................. 33 Contratti, obbligazioni e garanzie Subfornitura Proprietà intellettuale e know How del committente........................................................................................... 5 Finanziamenti Pmi — Incentivi .......................................................................... 25 e 29 Impresa Gestione Banche — Rapporto fra banca e impresa........................... — Risk management..................................................... Budget — Processo di (-)............................................................ Business Plan ........................................................................ Organizzazione aziendale — Organigramma .......................................................... — Pianificazione............................................................... Pianificazione aziendale — Pianificazione strategica — Innovazione............................................................. Rischio — Gestione del (-) ......................................................... 17 53 59 45 45 41 17 Tributi 21 IVA Settori particolari.................................................................. 66 n. 8-9/2013 11 EDIZIONE Dal 1993 il più autorevole sulle scrivanie di professionisti e aziende! 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