winy maas /MVRDV
una iniziativa
con il patrocinio di:
DPTA Dipartimento di
Pianificazione Tecnologia Design
SOMMARIO
AMMINISTRAZIONE
Le tecniche per tutelare e valorizzare i diritti
di proprietà intellettuale
5
di Massimiliano Di Pace ....................................................................................................................
Il trattamento IVA nelle intermediazioni B2B:
casi pratici relativi a beni mobili
di Najdat Al Najjari ...............................................................................................................................
SOCIETÀ
Il risk management ed il ricorso a forme
di assicurazione
di Teresa Perrozzi .................................................................................................................................
FINANZA & CREDITO
11
17
Imprese e territorio: attività dei confidi in Italia
di Amedeo De Luca ............................................................................................................................
21
Sei milioni per incentivare modelli e disegni industriali
di Tania Salucci ......................................................................................................................................
25
Aiuti finanziari alle imprese start-up
di Salvatore Zarbo ................................................................................................................................
29
L’evoluzione del commercio elettronico: incasso,
pagamento e nuovi mercati
di Gabriele Toma ..................................................................................................................................
CONTROLLO
DI GESTIONE
33
La gestione delle risorse umane di progetto
di Rocco Corvaglia e Filippo M. Corvasce .................................................................................
41
La comunicazione organizzativa nelle imprese:
aspetti operativi
di Renzo Pravisano ..............................................................................................................................
45
Budget e budgeting: dai numeri alla motivazione
di Vinicio Sandrin ..................................................................................................................................
53
3
n. 8-9/2013
SOMMARIO
Casi pratici di Business Plan: E-Cig Shop
di Antonio Ferrandina .........................................................................................................................
AGENDA
Settembre 2013 ................................................................................................................... 62
Ottobre 2013
INDICE
59
...........................................................................................................................
64
Indice analitico ..................................................................................................................... 66
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A
AMMINISTRAZIONE
Marchio e brevetto
Le tecniche per tutelare
e valorizzare i diritti di proprietà
intellettuale
di Massimiliano Di Pace
Nei bilanci di molte società sono indicati nell’attivo le attività immateriali, tra le quali svolgono un ruolo importante i diritti di proprietà intellettuale.
Questi diritti spesso non sono adeguatamente valorizzati e tutelati dalle Pmi, sia perché
queste operazioni richiedono competenze giuridiche e procedurali non indifferenti, spesso
non alla portata di piccoli operatori, sia perché non si ha sempre consapevolezza della loro
importanza e del loro valore economico, essendo elementi effettivamente difficili da valutare.
Con questo articolo si punta a richiamare le principali caratteristiche dei diritti di proprietà
intellettuale, e le regole fondamentali che li regolamentano, illustrando per ultimo le misure
dell’UE in materia di protezione dei diritti di proprietà intellettuale, che sono destinate
proprio alle Pmi europee.
A questo proposito si ricorda che i diritti di proprietà intellettuale più importanti sono:
I diritti
di proprietà
intellettuale
1) il brevetto (patent);
2) il diritto d’autore (copyright);
3) il marchio commerciale (trademark);
4) l’indicazione geografica tipica (geographical indication);
5) il disegno industriale (industrial design).
Si analizzeranno solo i brevetti ed i marchi, che tra l’altro sono sottoposti ad un unico ufficio,
ossia l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (Uibm).
Il brevetto
Il contenuto del brevetto
Il brevetto è un diritto esclusivo, garantito dallo Stato, in forza del quale viene conferito un
monopolio temporaneo di sfruttamento di un’invenzione. Le invenzioni possono riguardare
i prodotti o i processi produttivi, e devono caratterizzarsi per la novità e la possibilità di
impiego a livello industriale.
Il diritto esclusivo si riferisce sia alla produzione, sia alla commercializzazione, e dura per un
periodo di 20 anni, che decorrono dalla data del deposito della domanda di brevetto,
sempre che siano regolarmente pagate le tasse relative al mantenimento in vita del brevetto.
Il brevetto è un diritto limitato territorialmente da confini geografici di un determinato Stato,
o più Stati (aree regionali, come l’UE).
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n. 8-9/2013
A
AMMINISTRAZIONE
Le finalità del brevetto
Vi possono essere diverse ragioni per richiedere un brevetto:
La richiesta
1) acquisizione di una solida posizione di mercato: un brevetto attribuisce al suo
titolare un diritto esclusivo per inibire a terzi l’uso commerciale dell’invenzione brevettata.
Se l’azienda è titolare di un brevetto per un’invenzione, essa potrà escludere dal mercato,
con riferimento a quella determinata invenzione, eventuali aziende concorrenti;
2) profitti supplementari derivanti dalla concessione di licenze d’uso del brevetto, o dalla sua vendita: il titolare di un brevetto può cederne l’uso o la proprietà a terzi in
cambio di un compenso (es. pagamento di una royalty), in modo da produrre profitti
supplementari per la propria impresa. La vendita di un brevetto implica il trasferimento
della proprietà, mentre la licenza di un brevetto comporta la sola possibilità di servirsi
dell’invenzione brevettata a specifiche condizioni;
3) diminuzione dei rischi di contraffazione: con la protezione brevettuale è possibile
impedire ad altri di brevettare la medesima invenzione, ed anche ridurre le possibilità di
violare i propri diritti al momento della commercializzazione dei prodotti;
4) maggiori possibilità di ottenere finanziamenti: la proprietà di brevetti (o anche la
licenza d’uso di brevetti posseduti da altri) può rivelarsi essenziale per ottenere risorse
finanziarie dagli operatori bancari;
5) contribuire all’immagine positiva dell’azienda: un buon portafoglio brevetti può
essere percepito dai partner commerciali, dagli investitori, dagli azionisti e dai clienti come
una dimostrazione dell’alto livello di qualità, specializzazione e capacità tecnologica dell’azienda.
La procedura per l’acquisizione del brevetto
L’acquisizione di un brevetto è un’operazione lunga e complessa, che richiede anche
l’attivazione di specifiche procedure.
Il punto di partenza è la ricerca sullo stato dell’arte esistente nel settore in cui si inserisce
l’invenzione.
Con oltre 40 milioni di brevetti concessi in tutto il mondo, e milioni di pubblicazioni
disponibili che costituiscono l’attuale stato dell’arte, ci sono evidenti rischi che l’invenzione
non risulti nuova, e pertanto, non brevettabile.
Occorre quindi rivolgersi ad operatori specializzati, che verifichino nelle banche dati lo stato
di avanzamento in un particolare settore produttivo.
Esiste comunque un motore di ricerca presso il sito internet del Wipo (World Intellectual
Property rights), rintracciabile all’indirizzo www.wipo.int/ipdl/en/resources/links.jsp, che
consente di fare delle ricerche su 18 milioni di brevetti.
A questo scopo occorre avere le idee chiare a quale settore si riferisce la propria invenzione,
visto che esistono 8 sezioni, divise in 120 classi, 628 sottoclassi, e 69.000 gruppi tematici.
Dopo aver individuato l’ambito settoriale dell’invenzione, e compiuto una ricerca sullo stato
dell’arte esistente, ed aver quindi deciso di proteggere la propria invenzione, è necessario
predisporre una domanda di brevetto da inoltrare all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi
(Uibm), che è gestito dalla Direzione generale ‘‘Lotta alla contraffazione’’ del Ministero dello
Sviluppo economico.
La domanda deve comprendere una descrizione completa dell’invenzione, le rivendicazioni
sulle quali si fondano lo scopo e le finalità del brevetto, i relativi disegni, se necessari, la
designazione dell’inventore, ed un riassunto che ha unicamente finalità di informazione
tecnica.
È possibile effettuare un deposito on line anche presso le Camere di Commercio.
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n. 8-9/2013
A
AMMINISTRAZIONE
Pure questa fase iniziale della procedura può essere affidata ad un esperto di proprietà
industriale.
Presentata la domanda, tutto è in mano all’ufficio del brevetto, che provvede a svolgere le
seguenti fasi:
Ufficio
del brevetto
a) esame formale: l’ufficio brevetti esamina la richiesta per assicurarsi che la stessa
contenga tutti i requisiti amministrativi e formali richiesti (es. tutta la documentazione
relativa deve essere acclusa e le tasse devono essere state regolarmente pagate);
b) ricerca: ogni domanda di brevetto per invenzione è soggetta ad una ricerca di anteriorità
(ossia di verifica della sua novità) effettuata dall’Ufficio Europeo dei Brevetti. I risultati della
ricerca vengono comunicati al titolare della domanda, il quale può decidere se ritirarla, o
richiedere che l’Ufficio proceda con l’esame (pagando quindi un’ulteriore tassa);
c) esame sostanziale: in questa fase ci si assicura che la domanda di brevetto soddisfi i
requisiti di brevettabilità. Infatti, l’Uibm deve accertare che si sia di fronte ad un’invenzione
brevettabile, e che la domanda sia relativa ad una sola invenzione. L’Uibm non verifica il
funzionamento effettivo del nuovo prodotto o del nuovo processo produttivo. I risultati
dell’esame sono inviati per iscritto al richiedente, al fine di fornire uno strumento per
controbattere qualsiasi eventuale obiezione sollevata durante l’esame;
d) pubblicazione: la domanda di brevetto viene pubblicata 18 mesi dopo il primo deposito della stessa. Il titolare del brevetto può, tuttavia, chiedere che la domanda venga
pubblicata in modo anticipato; in tale caso la domanda è pubblicata non prima di 90 giorni
dal deposito;
e) concessione: se la procedura di concessione si conclude positivamente, l’Ufficio brevetti concede il brevetto, ed emette il relativo certificato di concessione.
I costi della procedura per l’acquisizione del brevetto
Il costo per la domanda di brevetto è di 500 euro, che vanno poi incrementati di altri
1.400, in caso di concessione del brevetto.
Vi sono altri importi da pagare, che dipendono dalle modalità di trasmissione della documentazione e dalla dimensione della documentazione che descrive l’invenzione.
Se la descrizione (inclusi i disegni) è consegnata in modalità telematica, allora il costo è di
soli 50 euro, mentre nel caso in cui la documentazione è fornita in formato cartaceo, si va
da 120 euro (se la descrizione è contenuto in massimo 10 pagine) a 600 euro (più di 50
pagine).
Vi sono poi dei diritti per mantenere in vita il brevetto, che scattano dal quinto anno, e
aumentano con la progressione di anni (60 euro per il quinto anno, 650 dal quindicesimo
anno fino al ventesimo).
Il marchio
Il contenuto del marchio
Il marchio è un segno che permette di distinguere i prodotti o i servizi, prodotti o distribuiti
da un’impresa, da quelli delle altre aziende.
Oggetto
di registrazione
Possono costituire oggetto di registrazione, come marchio d’impresa, tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di
persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di
esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i
servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.
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n. 8-9/2013
A
AMMINISTRAZIONE
Non registrabili
Non possono invece essere oggetto di registrazione come marchio, se il segno ha una delle
seguenti caratteristiche:
1) è privo di carattere distintivo;
2) serve unicamente per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore,
la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del
servizio, o altre caratteristiche del prodotto o del servizio;
3) è divenuto di uso comune nel linguaggio corrente, o nelle consuetudini leali e costanti
del commercio;
4) è contrario all’ordine pubblico o al buon costume;
5) è di natura tale da ingannare il pubblico, per esempio circa la natura, la qualità o la
provenienza geografica del prodotto o del servizio.
Altri impedimenti assoluti alla registrazione possono essere legati alla forma dei prodotti,
all’origine delle bevande alcoliche, dei prodotti agricoli e degli alimenti, e ad alcuni emblemi
ufficiali (es. la bandiera di un paese).
Nei casi in cui il marchio è privo di carattere distintivo, o serve a designare la specie, la
qualità, la quantità, dei prodotti o dei servizi, o è divenuto di uso comune nel linguaggio
corrente (cd. volgaris rationae), o nel commercio, l’obiezione può essere superata se si
dimostra che il marchio ha acquisito carattere distintivo per i prodotti o servizi per i quali è
stato richiesto, a seguito dell’uso che ne è stato fatto (cd. secondary meaning).
I ritratti di persone non possono essere registrati come marchi senza il consenso delle
medesime e, dopo la loro morte, senza il consenso del coniuge e dei figli 1.
È richiesto il consenso in quanto l’utilizzo del ritratto come marchio potrebbe comportare
problemi giuridici di vario genere al titolare dei diritti sulla immagine (es. violazione del
diritto alla personalità, all’identità, alla reputazione, alla privacy, al diritto d’autore).
Le finalità del marchio
Non è un obbligo
Fermo restando che non è obbligatorio registrare un marchio, tuttavia è nell’interesse
dell’impresa farlo, perché solo la registrazione attribuisce diritti esclusivi che consentono
di impedire l’uso non autorizzato del marchio da parte di terzi.
Infatti, la registrazione del marchio offre una protezione in caso di conflitto con un marchio
identico o simile.
D’altronde la principale funzione del marchio è quella di permettere ai consumatori di
identificare un prodotto (sia esso un bene o un servizio) di una determinata impresa, in
modo da distinguerlo da prodotti simili o identici forniti da aziende concorrenti.
I marchi, quindi, svolgono un ruolo centrale nelle strategie di marketing e promozione del
nome dell’impresa, contribuendo all’affermazione dell’immagine e della reputazione dei
prodotti agli occhi del consumatore.
Un marchio scelto e costruito con cura ha un considerevole valore commerciale per la
maggior parte delle imprese, e per alcune di esse, può addirittura costituire il bene di
maggior valore.
La procedura per la protezione del marchio
Protezione
Dato il valore dei marchi e l’importanza che un marchio può avere nel determinare il
successo di un prodotto, è fondamentale proteggere i marchi in tutti i Paesi di esportazione
dei propri prodotti.
1
In loro mancanza, o dopo la loro morte, dei genitori e degli altri ascendenti, e, in mancanza o dopo la morte anche di
questi ultimi, dei parenti fino al quarto grado incluso.
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AMMINISTRAZIONE
La protezione di un marchio può essere ottenuta in Italia attraverso la registrazione presso
l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (Uibm).
La legge precisa che può ottenere una registrazione per marchio d’impresa chi lo utilizza, o
si proponga di utilizzarlo, nella fabbricazione o nel commercio di prodotti, o nella prestazione di servizi della propria impresa, o di imprese di cui abbia il controllo, o che ne facciano
uso con il suo consenso.
Pertanto, la domanda di registrazione può essere fatta prima di aver utilizzato il
marchio, ma, una volta registrato, a pena di decadenza, il marchio deve formare oggetto di
uso effettivo da parte del suo titolare, o con il suo consenso, entro 5 anni dalla registrazione.
La domanda va presentata presso la Camera di Commercio, dove ha sede l’impresa,
oppure presso l’Uibm, che, in ogni caso, dovrà trasmetterla necessariamente alla Camera
di Commercio competente per territorio.
Marchio e ragione sociale
È utile precisare che la registrazione di un’impresa e della sua ragione sociale/nome
commerciale presso la Camera di Commercio non equivale alla registrazione del marchio.
Nome commerciale e marchio d’impresa sono due concetti ben distinti.
Il nome commerciale è la denominazione completa dell’impresa, e ne permette l’identificazione.
Il marchio, invece, è il segno che contraddistingue i prodotti di un’impresa.
Un’impresa può possedere diversi marchi, oppure può utilizzare un marchio per identificare
tutti i propri prodotti o una particolare fascia o uno specifico tipo.
L’uso dei simboli 1 e TM, e simili, accanto ad un marchio non è obbligatorio, e, in genere,
dal punto di vista legale non fornisce alcuna ulteriore protezione.
Marchio registrato
Può però rappresentare un buon modo di far sapere che il segno in questione è un
marchio registrato, inviando cosı̀ un avvertimento a potenziali contraffattori.
Il simbolo 1 è utilizzato per marchi registrati, mentre il simbolo TM denota l’utilizzo di un
segno quale marchio.
A tal proposito, è da notare che l’art. 127 del Codice sulla proprietà intellettuale prevede
una sanzione amministrativa per chiunque appone su un oggetto, parole o indicazioni non
corrispondenti al vero, tendenti a far credere che il marchio che lo contraddistingue sia stato
registrato.
Marchio e Internet
L’utilizzo dei marchi in Internet ha sollevato una serie di criticità dovute alla territorialità dei
diritti legati ad un marchio, essendo i marchi protetti solo nel Paese o nell’area (es. UE) in
cui sono stati registrati, ed al carattere globale della rete Internet.
Tutta una serie di problematiche possono essere generate in caso di conflitto fra persone o
imprese che dispongono legittimamente di marchi identici o simili per prodotti o servizi
identici o simili, in Paesi differenti.
La legislazione in questo campo è ancora in evoluzione, e le soluzioni adottate sono spesso
diverse da Paese a Paese.
Va però segnalato che i nomi di dominio utilizzati per trovare i siti web un’azienda, secondo
la legge e la giurisprudenza consolidata, possono essere utilizzati solo dai titolari dei marchi.
In altre parole la registrazione in malafede del marchio di un’altra impresa o persona come
nome di dominio rappresenta una violazione dei diritti legati al marchio (il cosiddetto
cybersquatting), e può dar luogo all’ordine di cessione o cancellazione del nome di dominio, o addirittura al pagamento di danni o di multe molto elevate.
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n. 8-9/2013
A
AMMINISTRAZIONE
Gli strumenti per la protezione dei diritti di proprietà intellettuale
Concluso il richiamo delle principali informazioni su brevetti e marchi, è il caso di completare questa analisi con il richiamo degli strumenti messi a disposizione dall’UE per le Pmi
europee in materia di protezione dei diritti di proprietà intellettuale.
Il punto di partenza è il portale europeo per le piccole e medie imprese, raggiungibile
all’indirizzo http://ec.europa.eu/small-business/index_it.htm.
Sul lato sinistro della home page vi sono varie voci, tra cui ‘‘Innovazione, ricerca e diritti
d’autore’’. Cliccato sul link, e scorrendo verso il basso la pagina, si trova una serie di
iniziative, sotto la voce ‘‘Proprietà intellettuale’’, che meritano di essere considerate.
Le iniziative sono le seguenti:
La protezione
dei diritti
1) portale transatlantico sui DPI (diritti di proprietà intellettuale): si tratta di un sito web
in inglese che incoraggia e agevola l’accesso ad un’ampia gamma di risorse relative ai diritti
di proprietà intellettuale per le Pmi che si trovano su entrambe le sponde dell’Atlantico. Tali
risorse sono state sviluppate da diverse agenzie e programmi governativi degli Stati Uniti e
dell’Unione europea; si tratta di un sito di particolare interesse in quanto sono indicati
anche i link per ‘‘Expert advice’’, e navigandoci dentro è difficile non trovare una risposta
alle proprie esigenze conoscitive;
2) la pagina web dell’UE sulla proprietà intellettuale (solo in inglese, francese o
tedesco): si tratta di una fonte di informazione ad alto contenuto esplicativo, che è utile per
approfondire le tematiche legate ai diritti di proprietà intellettuale (Ipr in inglese e Dpi in
italiano);
3) la pagina web dell’UE sulla difesa dalla contraffazione (solo in inglese, francese o
tedesco): è una sezione informativa per imparare a tutelare i propri diritti, attraverso la
collaborazione con le amministrazioni doganali. Questa pagina dà accesso a un manuale e
ai moduli di iscrizione online per le operazioni doganali;
4) la pagina web dell’UE sulla tutela della proprietà intellettuale: è una punto di
partenza per la registrazione a livello europeo dei diritti di proprietà intellettuale;
5) helpdesk per i diritti di proprietà intellettuale: si tratta di un servizio gratuito dell’UE
che fornisce agli utenti le risposte alle domande sulla proprietà intellettuale, mediante posta
elettronica o attraverso le risorse on line;
6) China IPR SME helpdesk: questo servizio dell’UE, fornito in collaborazione con la Cina,
assicura informazioni, consulenza e formazione gratuite alle piccole imprese europee, coadiuvandole nella tutela e nell’applicazione dei propri diritti sulla proprietà intellettuale in Cina;
7) Strumenti DPI per le piccole imprese: è una pagina, contenente una tabella, che
riassume (consentendone l’accesso con il link) tutti gli strumenti on line dell’UE per le
imprese, riguardante i diritti di proprietà intellettuale.
Conclusioni
L’attuale crisi economica richiede la necessità di affrontare in modo più attento la gestione
dell’impresa.
In questo ambito uno sforzo teso a valorizzare alcuni elementi intangibili dell’azienda,
precedentemente trascurati, o non valorizzati pienamente, quali i diritti di proprietà intellettuale, può costituire una utile risposta (anche se non l’unica) alla difficile situazione
congiunturale.
Tra l’altro va ammesso che è un peccato che diversi servizi dell’UE, per di più gratuiti, non
vengano utilizzati per una loro mancata conoscenza.
In questa ottica il presente articolo intende contribuire a questo gap di conoscenza.
10
n. 8-9/2013
A
AMMINISTRAZIONE
Beni mobili
Il trattamento IVA nelle
intermediazioni B2B: casi pratici
di Najdat Al Najjari - GLAWBE Associated Attorneys - Venezia
Il concetto di ‘‘intermediazione’’ tra norme civilistiche e regole fiscali
L’‘‘intermediazione’’ è un concetto che non trova definizione né all’interno del Codice civile
né all’interno del D.P.R. n. 633/1972 anche se nel corpo del citato decreto il riferimento ai
c.d. ‘‘servizi di intermediazione’’ si rinviene - ad esempio - nell’art. 7sexies comma I lett. a) e
nell’art. 9 comma I n. 7).
È quindi necessario chiedersi se l’’’intermediazione’’ sia qualcosa di diverso rispetto ai
servizi tipizzati in forme canoniche (quali ad esempio i servizi derivanti da contratto di
agenzia o mandato) oppure sia un concetto ampio che può ricondursi tanto ai servizi
caratteristici dei contratti tipici quanto ad altri servizi non inquadrabili in figure negoziali
codificate all’interno dell’ordinamento.
Definizione
Come vedremo, nel concetto di ‘‘intermediazione’’ confluiscono tutte le prestazioni rese da
soggetti che, a vario titolo, intervengono nel flusso della circolazione dei beni o dei servizi e
che tali prestazioni - sotto il profilo IVA - devono essere inquadrate in maniera unitaria.
In assenza di una definizione normativa, il concetto di ‘‘intermediazione’’ dovrà essere
ricostruito sulla base dei dati a disposizione dell’interprete al fine di poter verificare la
riconducibilità ad un’unica categoria - sotto il profilo dell’inquadramento IVA - di tutta una
serie di prestazioni di servizi a volte riconducibili nell’alveo di uno schema negoziale tipizzato, altre volte no.
Ai fini che qui interessano pare opportuno partire dall’analisi dell’istituto della mediazione:
sul tema, stante anche in tal caso l’assenza di una definizione normativa 1, si confrontano
due opposte teorie.
Secondo la prima, attualmente prevalente, la mediazione ha natura contrattuale e sarebbe costituita da un contratto unilaterale con obbligazioni a carico del solo proponente 2:
in tal caso il soggetto beneficiario del servizio offerto dal mediatore si obbligherebbe a
rimborsare allo stesso le sole spese sostenute in caso di mancata conclusione dell’affare
ovvero a corrispondere la provvigione promessa in caso di esito positivo dello stesso. Una
seconda dottrina distingue due differenti figure di mediazione: quella tipica e quella atipica.
In particolare, secondo un’autorevole ricostruzione 3, la figura della mediazione tipica sarebbe priva di qualsiasi valenza negoziale e i reciproci obblighi e diritti insorgerebbero tra le
1
Il Codice Civile non offre la definizione di mediazione ma, all’art. 1754, fornisce quella di ‘‘mediatore’’ che viene
qualificato come ‘‘colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad
alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza’’.
2
Il contatto con obbligazioni del solo proponente è previsto e disciplinato dall’art. 1333 c.c.
3
Si veda Carraro, La mediazione.
11
n. 8-9/2013
A
AMMINISTRAZIONE
parti semplicemente per effetto dalla loro messa in relazione ad opera dell’intermediario, a
prescindere da qualsiasi altro elemento. La mediazione negoziale atipica - che avrebbe
invece natura negoziale - si fonderebbe su un contratto a prestazioni corrispettive il quale
potrebbe coinvolgere anche soltanto una delle figure interessate alla conclusione dell’affare 4 o addirittura un terzo 5: detta mediazione si considererebbe conclusa soltanto al buon
fine dell’affare considerato.
La mediazione
A prescindere dalla teoria di riferimento, i tratti caratterizzanti la mediazione sono da individuare nell’esistenza di più parti interessate alla conclusione di un affare e nell’attività di
facilitazione delle relazioni - ovvero di vera e propria ricerca o creazione di opportunità esercitata da un soggetto terzo rispetto all’affare (il mediatore, appunto) il quale, per i servizi
resi, ha diritto a ricevere un compenso.
Ne consegue che la ‘‘mediazione’’ può ricomprendere attività caratteristiche di altre figure
negoziali nelle quali si individui l’interposizione di un soggetto nella circolazione di beni o
servizi, costituendo una figura ampia e destinata a comprendere fattispecie diverse tra loro.
Fatte queste premesse è quindi da condividere la definizione dell’intermediazione - fornita
da autorevole dottrina - secondo la quale ‘‘la nozione di intermediazione va riferita a tutte le
ipotesi contrattuali che comportano comunque una interposizione nella circolazione dei
beni e servizi, tra le quali rientrano ad esempio i contratti di mandati, di agenzia, di mediazione ecc.’’ 6.
L’intermediazione di cui tratta la normativa fiscale pare quindi essere un concetto derivato
dalla nozione civilistica di mediazione, opportunamente allargato al fine di poter comprendere tutte quelle attività di prestazione di servizi - anche non strettamente afferenti a
figure negoziali tipiche - che si concretano quando un soggetto si interpone tra altri soggetti
nella conclusione di un determinato affare.
Prestazione
di servizi
Si legga ora la disposizione dell’art. 3 I comma del D.P.R. n. 633/1972 il quale definisce il
concetto di ‘‘prestazioni di servizi’’: la norma citata afferma che ‘‘costituiscono prestazioni
di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di
fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte’’. Manca nella norma il riferimento al
concetto di intermediazione: da quanto sopra esposto è tuttavia agevole ricavare che in tutti
i casi in cui la prestazione del soggetto interposto sia configurabile - alternativamente come prestazione caratteristica di un contratto di agenzia o di mandato ovvero, in assenza
di una qualificazione tipizzata, come prestazione di ‘‘intermediazione’’, si tratterà di una
prestazione di servizio.
Eccezione a tale regola - che appare di portata generale - è la previsione di cui all’art. 3
comma 4, lett. h) D.P.R. n. 633/1972 laddove si prescrive che ‘‘(...) non sono considerate
prestazioni di servizi (...) h) le prestazioni dei commissionari relative ai passaggi di cui al n. 3
del secondo comma dell’art. 2 (...)’’.
Il contratto di commissione appartiene sotto il profilo civilistico alla famiglia dei mandati 7: ne
consegue che agli effetti fiscali - secondo quanto stabilito dall’art. 3 comma 1, D.P.R. n.
4
È la cosiddetta mediazione unilaterale: la ammettono Cassazione, s.n. 5982/81, s.n. 5431/80, s.n. 3531/80; nella
giurisprudenza di merito si vedano Pretura di Monza, ordinanza 13/04/1992.
5
Per la mediazione a favore di terzo si veda Cassazione, s.n. 17628/02.
6
Mandò, Manuale dell’Imposta sul Valore Aggiunto, IPSOA WKI pag. 121.
7
Art. 1731 c.c.: ‘‘Il contratto di commissione è un mandato che ha per oggetto l’acquisto o la vendita di beni per conto
del committente e in nome del commissionario’’.
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AMMINISTRAZIONE
633/1972 - le relative prestazioni dovrebbero essere qualificate come ‘‘servizi’’: il comma 4
citato introduce, peraltro, un’ipotesi derogatoria riconducendo le prestazioni di cui al contratto di commissione a ‘‘cessioni di beni’’ anziché ‘‘prestazioni di servizi’’. La circostanza è
confermata dalla lettura dell’art. 2 comma II n. 3) D.P.R. n. 633/1972: ‘‘(...) Costituiscono
inoltre cessioni di beni (...) 3) i passaggi dal committente al commissionario io dal commissionario al committente di beni venduti o acquistati in esecuzione di contratti di commissione’’.
Dette operazioni pertanto, ai fini IVA, saranno tassate quali cessioni di beni e non come
prestazioni di servizi, con ogni conseguenza in merito alle regole applicabili.
Le intermediazioni nelle cessioni di beni
Chiarito quindi che nel concetto di intermediazione rientrano tutte le ‘‘ipotesi contrattuali
che comportano comunque una interposizione nella circolazione dei beni e servizi’’ passiamo ora ad una rapida disamina di alcuni aspetti connessi alla relativa disciplina IVA.
Il caso più caratteristico di intermediazione nella cessione di beni è quello che si configura
all’interno di un rapporto di agenzia. Tralasciando i numerosi e spesso complicati aspetti
civilistici che attengono a questa tipologia contrattuale ci soffermiamo ora sulla relazione tra
agente e mandante ai fini del trattamento IVA della fattura emessa dall’agente.
La prestazione di agenzia - non rientrando nelle previsioni derogatorie di cui agli artt.
7quater e seguenti D.P.R. n. 633/1972 - viene considerata un servizio generico e pertanto
disciplinata, sotto il profilo territoriale, dalla disposizione di cui all’art. 7ter D.P.R. n. 633/
1972.
Ne consegue che - in ipotesi di prestazioni di servizio business to business - la territorialità dell’operazione si manifesterà geneticamente presso la sede del committente [art.
7ter comma I lettera a) D.P.R. n. 633/1972]; conseguentemente il soggetto passivo IVA
nazionale che agisca quale mandante sarà tenuto ad integrare le fatture ricevute da prestatore comunitario ovvero, in applicazione dell’art. 17 comma II D.P.R. n. 633/1972, ad
emettere autofattura per le prestazioni rese da un agente extra comunitario.
Le operazioni oggetto di intermediazione, a propria volta, possono essere, ad esempio,
operazioni imponibili (si pensi, ad esempio, al caso in cui l’operazione intermediata si
consideri effettuata all’interno dello Stato), non imponibili (si pensi al caso delle esportazioni o delle cessioni intracomunitarie), non soggette ad imposta (si ipotizzi un’operazione priva del requisito territoriale), effettuate senza pagamento dell’imposta (si
pensi ad operazioni relative a beni in deposito ai sensi dell’Art. 50bis D.L. n. 331/
1993) o esenti.
Le ipotesi
Ci si chiede quali siano - e se vi siano - conseguenze in merito al trattamento IVA della
fattura dell’intermediario in funzione del regime applicabile all’operazione principale.
Ipotizzando che il mandante sia un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato
italiano - è necessario distinguere le seguenti ipotesi:
1) l’agente è un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato;
2) l’agente è un soggetto passivo UE;
3) l’agente è un soggetto passivo extra UE.
CASO 1
Secondo la regola generale il prestatore di servizi residente nel territorio dello Stato emetterà nei confronti del proprio mandante - per le prestazioni di intermediazione relative a
beni mobili - una fattura con IVA.
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AMMINISTRAZIONE
Se l’operazione intermediata riguarda ‘‘beni in importazione, in esportazione o in transito, a
trasporti internazionali di persone o di beni, ai noleggi e alle locazioni di cui al n. 3 nonché
quelli relativi ad operazioni effettuate fuori dal territorio della Comunità; (...)’’ [art. 9 comma I
n. 7) D.P.R. n. 633/1972] egli emetterà invece - in applicazione della norma da ultimo
citata - una fattura ‘‘non imponibile’’.
CASO 2
Il prestatore di servizi UE il quale funga da intermediario per un mandante italiano emetterà
una fattura senza IVA secondo le regole vigenti nel proprio Paese. Il mandante italiano
provvederà obbligatoriamente all’integrazione della stessa ai sensi dell’art. 17 comma 2
secondo periodo D.P.R. n. 633/1972. Qualora l’operazione intermediata rientri nelle categorie del citato art. 9, comma 1, n. 7) D.P.R. n. 633/1972, l’integrazione della fattura avverrà
con l’indicazione ‘‘non imponibile’’.
CASO 3
Il prestatore di servizi extra UE il quale funga da intermediario per un mandante italiano
emetterà una fattura (o documento equivalente) secondo le regole vigenti nel proprio
Paese. Il mandante italiano provvederà obbligatoriamente all’emissione di autofattura
ai sensi dell’art. 17, comma 2 primo periodo D.P.R. n. 633/1972. Qualora l’operazione
intermediata rientri nelle categorie del citato art. 9, comma 1, n. 7) D.P.R. n. 633/1972,
l’autofattura conterrà l’indicazione ‘‘non imponibile’’.
Sempre in applicazione della regola generale, l’agente residente in Italia che effettui operazioni
di intermediazione nei confronti di soggetti passivi residenti all’estero sarà tenuto ad emettere
fattura ‘‘non soggetta ad imposta’’ ai sensi dell’art. 7ter, comma 1, lett. a) D.P.R. n. 633/1972.
Esame di alcuni casi pratici
Intermediario tedesco DE procaccia ad Azienda italiana IT una vendita di beni che si
trovano in Cina e devono essere spediti dalla Cina al Giappone.
DE emette nei confronti di IT una fattura senza esporre l’IVA tedesca. Al ricevimento della
stessa IT provvede all’integrazione ai sensi degli artt. 46 e 47 D.L. n. 331/1993 con
l’indicazione del titolo di non imponibilità (art. 9 comma 1, n. 7 D.P.R. n. 63/1972).
L’operazione intermediata, infatti, non si considera effettuata nel territorio dello Stato e
si considera invece effettuata fuori dal territorio dell’Unione Europea.
Intermediario francese FR segnala ad Azienda italiana IT un cliente che acquista beni
custoditi all’interno di un deposito IVA. I beni non vengono estratti dal deposito quindi
l’operazione di cessione, ai sensi dell’art. 50bis, comma 4, lett. e) del D.L. n. 331/1993,
viene effettuata ‘‘senza pagamento dell’imposta’’.
FR emetterà fattura senza IVA secondo le norme fiscali vigenti in Francia. IT provvederà
all’integrazione della fattura di FR ai sensi degli artt. 46 e 47 D.L. n. 331/1993 assolvendo ai
propri obblighi cartolari mediante la doppia registrazione della fattura integrata. Ciò in
quanto i beni custoditi in deposito IVA non rientrano nell’elenco di cui all’art. 9 comma
1, n. 7), D.P.R. n. 633/1972: essendo fuori dai casi previsti dalla deroga trova
applicazione la regola generale.
Intermediario egiziano EG segnala ad Azienda italiana IT un cliente russo RU che acquista
beni custoditi all’interno di un deposito IVA. I beni sono inviati da IT a RU immediatamente
a seguito della segnalazione.
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AMMINISTRAZIONE
Il caso proposto fa riferimento a beni che, al momento della loro cessione, si trovano nel
territorio dello Stato ancorché custoditi all’interno di un deposito IVA. Per effetto della
cessione i beni stessi sono inviati a cura del cedente fuori dal territorio della Comunità
Europea: la cessione realizza quindi un’esportazione. Ne consegue pertanto che IT - a
fronte della nota di EG - dovrebbe emettere, in applicazione del combinato disposto degli
artt. 17 comma II e 9 comma 1, n. 7) D.P.R. 633/1972, ‘‘autofattura non imponibile’’.
Sul punto va chiarito quanto segue.
La norma di cui al citato art. 9, comma 1, n. 7 D.P.R. n. 633/1972 consente che i servizi di
intermediazione siano considerati ‘‘non imponibili’’ se riferiti - tra l’altro - a beni in esportazione. Al fine di poter godere del beneficio della non imponibilità il servizio di intermediazione deve quindi considerarsi ‘‘effettuato’’ soltanto dopo che i beni oggetto dell’intermediazione stessa sono stati vincolati al regime doganale ammesso al beneficio (nel caso di
specie, l’esportazione).
Effettuazione
della prestazione
Poiché ai sensi dell’art. 6 comma 3 D.P.R. n. 633/1972 la prestazione di servizio si considera effettuata all’atto del pagamento ovvero al momento dell’emissione della fattura - se
anteriore - è necessario che IT si accerti che la data di vincolo delle merci al regime
dell’esportazione sia anteriore a quella dell’effettuazione dell’operazione di intermediazione la quale si riterrà effettuata - come sopra precisato - al momento del
pagamento del servizio o, se anteriore, a quello dell’emissione della fattura.
Pertanto se il pagamento del servizio di intermediazione (ovvero la relativa fattura) avviene
prima del vincolo delle merci oggetto di intermediazione al regime dell’esportazione IT non sarà più legittimato ad emettere un’autofattura non imponibile ma dovrà
obbligatoriamente emettere un’autofattura con applicazione dell’imposta.
Agente inglese UK segnala ad Azienda italiana IT una vendita di beni mobili che si trovano
in Inghilterra. Il compratore è un soggetto passivo inglese UK(1).
Nel caso in esame la cessione tra IT e UK(1) non costituisce una cessione intracomunitaria
in quanto i beni non vengono trasferiti da uno Stato membro all’altro. Il presupposto
territoriale relativo alla cessione di beni si realizza interamente in Inghilterra.
Per quanto la fattura dell’intermediario UK egli sarà tenuto ad emettere nei confronti di IT
una fattura senza applicazione dell’imposta; IT provvederà all’integrazione della stessa ai
sensi dell’Art. 17 comma II D.P.R. n. 633/1972 con applicazione dell’imposta. Ciò in quanto
l’operazione intermediata non rientra tra le deroghe previste dall’art. 9, comma
1, n. 7).
Intermediario sloveno SI (non commissionario) tratta l’acquisto di una partita di materia
prima a favore di una Società italiana IT. I beni si trovano in Germania e - a seguito di
successiva cessione da parte di IT - devono essere inviati per la loro trasformazione in
Belgio.
Il soggetto sloveno SI dovrà emettere nei confronti di IT una fattura senza applicazione
dell’IVA. IT, al ricevimento della stessa, provvederà all’integrazione ai sensi dell’art. 17
comma 2, con applicazione dell’imposta. Ciò in quanto, anche nel caso di specie,
non si realizzano le condizioni previste dall’art. 9 comma 1, n. 7) per poter beneficare
della non imponibilità: i beni infatti non sono vincolati al regime dell’importazione, dell’esportazione o del transito. Ne consegue che l’operazione di intermediazione torna a seguire
la regola generale.
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AMMINISTRAZIONE
Intermediario russo procaccia ad azienda italiana IT una vendita di beni ad un cliente
Francese FR. I beni si trovano in Italia e FR chiede che gli stessi vengano consegnati
direttamente ad un proprio cliente sempre residente in Italia.
L’operazione intermediata da RU è una cessione che, sotto il profilo IVA, è interna al
territorio dello Stato italiano. Infatti, pur intercorrendo la cessione tra soggetti residenti in
due Stati membri diversi, i beni non vengono trasferiti dal territorio di uno Stato membro
all’altro e non si realizzano quindi tutti i presupposti richiesti dall’art. 41 D.L. n. 331/1993
per potersi parlare di cessione intracomunitaria. L’operazione sarà quindi fatturata da IT a FR
con applicazione dell’IVA nazionale. Parimenti IT - secondo quanto prescritto dall’art. 17,
comma 2, D.P.R. n. 633/1972 - dovrà emettere autofattura con applicazione dell’IVA con
riferimento alle prestazioni di intermediazione rese a suo favore da RU.
Conclusioni
Le operazioni di intermediazione business to business relative alle cessioni di beni mobili
sono considerate servizi generici e come tali attratte nella regola territoriale di cui all’art. 7ter
D.P.R. n. 633/1972.
Esse vengono assoggettate ad IVA o direttamente dal soggetto passivo (se residente
nel territorio dello Stato e quindi destinatario dell’obbligo di emissione della fattura e
correlativamente del relativo debito d’imposta) o dal committente in applicazione dell’art.
17, comma 2, D.P.R. n. 633/1972 (tramite autofattura o integrazione, in dipendenza del
fatto che il prestatore del servizio sia residente in uno Stato membro o in un Paese extracomunitario).
Dette operazioni di intermediazione, se relative alle operazioni di cui all’art. 9, comma 1, n.
7) D.P.R. n. 633/1972, vengono considerate ‘‘servizi internazionali o connessi agli scambi
internazionali non imponibili’’. Ne consegue pertanto che la relativa fattura, se emessa
direttamente dal soggetto passivo, sarà emessa in regime di non imponibilità, richiamando
la citata norma. Qualora invece l’obbligo cartolare incomba sul committente del servizio in
applicazione dell’art. 17, comma 2, D.P.R. n. 633/1972, questi provvederà ad effettuare
l’integrazione della fattura o ad emettere autofattura per il servizio ricevuto avendo cura di
specificare che si tratta di documento ‘‘non imponibile ai sensi dell’art. 9, comma 1, n.
7), D.P.R. n. 633/1972’’.
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Rischio
Il risk management ed il ricorso
a forme di assicurazione
di Teresa Perrozzi - Dottore Commercialista, Consulente del Lavoro, Revisore Ufficiale dei Conti
La definizione di risk management
Con il termine risk management (gestione del rischio) ci si riferisce all’insieme di processi
attraverso cui un’azienda identifica, analizza, quantifica, elimina e monitora i rischi legati ad
un determinato processo produttivo.
Gestire i rischi
Una gestione consapevole dei rischi (o risk management ) è fondamentale per aiutare
l’impresa a rafforzare strutturalmente la propria presenza sul mercato, la capacità di produrre reddito e la stabilità di bilancio.
Se svolta in modo sistematico e strutturato, l’attività di risk management consente all’impresa di minimizzare le perdite, massimizzare l’efficacia e l’efficienza dei processi produttivi
ed essere quindi meno esposta alle fluttuazioni dei mercati finanziari ed assicurativi.
Con tale attività si intende quindi l’insieme articolato di processi attraverso cui le aziende
valutano dapprima la probabilità che si verifichi una determinata situazione e successivamente, il modo di evitarla, ridurne gli effetti, trasferirla a terzi o infine, in molti casi, accettarne
in parte o totalmente le conseguenze, minimizzando gli impatti sull’attività di impresa.
Le piccole e medie imprese, che rappresentano oltre il 99% del tessuto imprenditoriale
italiano, hanno minore percezione e sensibilità dei rischi rispetto alle grandi imprese;
l’investimento ed il premio di polizza sono spesso considerati da queste aziende solo come
un costo e non come un investimento in sicurezza e protezione del proprio patrimonio e
del business.
Inoltre, la difficile congiuntura economica che le imprese stanno vivendo (in particolare
quelle di piccole e medie dimensioni), la necessità di dover fronteggiare nuove sfide
dovute sia alla globalizzazione dei mercati, sia al succedersi sempre più ravvicinato di
momenti di crisi economica, alternati a momenti di crescita, non aiuta ad investire sulla
propria sicurezza con la conseguenza che a causa di questa ‘‘sottoassicurazione’’, aumenta
spesso il rischio di default delle pmi italiane rispetto a quello dei competitor internazionali.
Tale fenomeno si è andato consolidando nel tempo ed il quadro rappresentato dall’ultimo
rapporto Ania (Associazione nazionale delle imprese di assicurazione), condotto tra il 2008
e il 2009 su un campione di 2.295 imprese italiane con meno di 250 dipendenti, ne
evidenzia la rilevanza.
In particolare è emerso che:
Chi si assicura
— oltre il 70% delle Pmi dichiara di non assicurarsi come dovrebbe perché ritiene di
avere una bassa esposizione ai rischi assicurabili (inoltre spesso nelle Pmi non c’è la figura
del risk manager, ovvero la persona che si occupa della gestione del rischio in azienda);
— il 10% degli imprenditori afferma che alcune coperture non gli sono mai state proposte;
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SOCIETÀ
— il 14% delle imprese è privo di un’assicurazione contro il rischio di incendio, il tipo di
rischio più diffusamente assicurato e la propensione ad assicurarsi contro questo rischio
cresce con la dimensione delle imprese (la percentuale non assicurata tra le aziende con
meno di 15 addetti supera il 20%);
— il 69% del totale delle imprese possiede un’assicurazione contro il furto (64% per le
imprese con meno di 15 addetti);
— il 33% è privo di assicurazione verso terzi e i dipendenti (il 42% per le imprese con
meno di 15 addetti, mentre quasi il 90% è privo di assicurazione contro rischi ambientali).
La prevenzione
Lo studio ha evidenziato, inoltre, forme di complementarietà tra la sottoscrizione di polizze
assicurative e l’adozione di misure di prevenzione dei rischi da parte dell’impresa: in
particolare, le imprese che sottoscrivono polizze assicurative adottano anche maggiori
precauzioni per prevenire l’insorgere dei rischi (ad esempio, per quanto riguarda il rischio
incendi,con la dotazione di apposite apparecchiature per segnalare gli stessi) e per affrontarne le conseguenze con appositi accantonamenti monetari.
È emerso inoltre che le imprese che hanno una maggiore copertura assicurativa ottengono
dalle banche tassi più bassi e riescono ad ottenere credito da un numero maggiore di banche.
Da un altro studio recentemente effettuato dall’Osservatorio sul risk management nelle Pmi
italiane, dal dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano e dal Cineas,
Consorzio universitario no-profit specializzato in cultura del rischio, che ha avuto come obiettivo quello di fotografare lo stato dell’arte del risk management nelle piccole e medie aziende
italiane (che si è basata su un campione di 427 aziende distribuite su tutto il territorio
nazionale e appartenenti a tutti i settori dell’economia), per capire quanto queste siano
pronte ad affrontare e rispondere ai rischi in maniera adeguata, è emerso che le Pmi scontano ancora un notevole gap di arretratezza culturale in termini di prevenzione del rischio
d’impresa. Questo vale soprattutto per le moltissime imprese di piccole dimensioni, ovvero
quelle per cui una novità regolamentare sfavorevole, una stretta creditizia o una tensione sul
mercato dei cambi possono significare una vera e propria crisi che si affronta impreparati.
Nello specifico, dall’Osservatorio citato è emerso principalmente che:
— il 35% delle imprese italiane ha visto aumentare il proprio profilo di rischio negli ultimi
cinque anni e il 25% ritiene che i rischi aumenteranno nei prossimi anni; una buona parte
delle imprese, circa il 53%, percepisce comunque correttamente il rischio non solo come
fonte di minaccia, ma anche come fonte di opportunità;
— solo l’1% delle imprese ha previsto, all’interno della propria struttura, un addetto dedicato a tempo pieno alla gestione del rischio (l’11% si rivolge ad una figura esterna, mentre
la maggior parte - 88%- assegna il compito ad una figura interna che si occupa del risk
management a tempo parziale in quanto normalmente ricopre altri ruoli quale quello di
Amministratore, il 28% o quello di Direttore Finanziario, il 26%);
— il 72% delle imprese adotta tecniche di risk managment da meno di 5 anni e solo il 13%
da piu’ di 10 anni; inoltre, nel 28% dei casi il consiglio di amministrazione non è coinvolto
nel processo del rischio: nel 43% esso definisce la strategia, mentre nel 27% monitora che
l’esposizione al rischio sia coerente con il profilo desiderato.
Tra le varie tipologie di rischio, quello finanziario viene percepito come l’area più critica
(48%), seguito da quello operativo (35%); le stesse categorie di rischio, operativo (46%)
e finanziario (41%), sono le categorie che assorbono maggiori risorse.
L’analisi effettuata ha poi evidenziato l’evoluzione del profilo di rischio percepito dalle
imprese nel passato, la situazione attuale e le aspettative per il futuro; il 17% degli intervi-
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stati ritiene di avere un profilo di rischio alto, il 58% medio e il 25% basso. L’incidenza delle
imprese che negli ultimi 5 anni hanno visto aumentare il loro profilo è elevata (35%), cosı̀
come quella che prevede un aumento nei prossimi anni (25%), mentre solo un modesto
5% ritiene che il profilo di rischio potrà ridursi nel prossimo futuro.
Per quanto riguarda le risorse investite nella gestione dei rischi, quasi nessuna delle aziende
intervistate prevede di ridurre il proprio profilo di rischio nei prossimi tre anni, e tra quelle
che prevedono un aumento del profilo di rischio, ben il 57% dichiara che gli investimenti in
risk management cresceranno nel tempo.
Andando ad analizzare le tecniche e gli strumenti che le Pmi adottano per la valutazione del
rischio si rileva che sono poche le imprese che si sono dotate di procedure formali e
standardizzate per le diverse fasi che compongono il processo di risk management. L’82%
delle imprese formalizza meno di tre fasi su cinque e solo il 3% le formalizza tutte; altrettanto
poche sono quelle che, indipendentemente dalle tecniche adottate, misurano la probabilità
di accadimento (37%), mentre il 63% considera gli impatti finanziari dei rischi cui è esposto.
Infine, dall’analisi emerge quanto poco sia diffusa la cultura del rischio all’interno delle
aziende. Quasi nessuna azienda prevede iniziative di formazione rivolte a tutti i dipendenti,
ma solo al top management (per il quale sono previsti corsi formazione ad hoc nel 17%
dei casi, seminari nel 16% e workshop nel 19% dei casi) ed ai responsabili della gestione
del rischio (per il quale sono previsti corsi formazione ad hoc nel 23% dei casi, seminari nel
15% e workshop nel 20% dei casi).
Il 17% delle aziende dichiara di avere in programma per il futuro iniziative rivolte a tutti i
dipendenti, il 32% iniziative rivolte solo al top management ed il 31% rivolte ai responsabili
per la gestione del rischio.
Il 35% delle imprese italiane ha visto aumentare il proprio profilo di rischio negli ultimi
cinque anni mentre il 25% delle Pmi ritiene che i rischi aumenteranno nei prossimi anni.
I processi di gestione del rischio ed il ricorso all’assicurazione risk
management
La prassi associa al concetto di rischio quello di perdita economica, pertanto un rischio è
definito tanto più rilevante quanto più elevate sono le perdite che questo è suscettibile di
generare. Sinteticamente, si possono distinguere tre tipologie di rischio:
I rischi
— rischio finanziario: rischio di perdita riconducibile alla volatilità dei parametri quotati nei
mercati finanziari; in tale ambito rientrano i rischi collegati alle possibili variazioni nei tassi di
interesse, nei tassi di cambio e nel prezzo di azioni o indici di azioni; i rischi finanziari
includono inoltre la possibile alea derivante da variazioni inaspettate nei prezzi delle materie
prime;
— rischio di credito: rischio riconducibile alla possibilità di realizzare perdite economiche
a causa dell’incapacità delle controparti di rimborsare il debito ed i relativi tassi di interesse;
questa tipologia di rischio può dipendere anche dalla probabilità di fallimento delle controparti e dal tasso di recupero atteso a seguito dell’attivazione delle procedure fallimentari;
— rischio operativo: può essere definito in via residuale rispetto alle precedenti categorie:
tali rischi si riferiscono a tutti gli eventi potenzialmente dannosi per l’organizzazione. Tale
categoria include in particolare i rischi di perdite economiche derivanti da errori umani,
carenze nei sistemi informativi ed inadeguate procedure di controllo.
Ai fini della nostra indagine, definiremo ‘‘rischio’’ la potenzialità che un evento, atteso o
inatteso, possa avere un impatto negativo sul capitale dell’azienda o sui suoi guadagni.
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Le polizze
Polizze a copertura dei rischi al patrimonio
Con questo tipo di contratti vengono coperti i rischi inerenti i beni patrimoniali dell’azienda,
come i fabbricati, i macchinari e le merci oppure anche alcuni rischi dovuti a guasti macchina o a fenomeni elettrici. Normalmente vengono proposte due formule:
— una formula che copre solo alcuni rischi indicati dal contratto (rischi nominati), come
per esempio incendio, esplosione, fulmini, scoppio e caduta di aeromobili;
— una formula che comprende tutti i rischi (All Risks) tranne quelli esclusi dal contratto.
La polizza può poi avere diverse formulazioni in funzione di come vengono definiti la
somma assicurata e il conseguente indennizzo:
— indennizzo della ‘‘perdita di margine’’ (margine di contribuzione) dovuta alla riduzione
dei ricavi e delle spese necessarie per contenerla ed evitarla;
— indennizzo calcolato in base alla perdita di profitto lordo (loss of profit), dato dalla
differenza tra ricavi di vendita e costi fissi, più i maggiori costi sopportati dall’azienda a causa
del sinistro;
— risarcimento erogato in relazione ai giorni di fermo aziendale (diaria).
Polizze a copertura dei rischi derivanti da responsabilità
Le coperture assicurative in quest’ambito sono fondamentalmente tre:
— la Responsabilità civile Terzi (RCT), che solleva l’assicurato dal pagare dei risarcimenti per
danni involontariamente causati ad altri (lesioni personali, morte, danni a cose) nello
svolgimento dell’attività professionale;
— la Responsabilità civile prestatori d’Opera (RCO), che serve a evitare all’assicurato di
pagare delle somme per risarcire un prestatore d’opera di un infortunio, o morte, sul lavoro;
garantisce anche dalla responsabilità dell’assicurato nei confronti delle richieste avanzate
dall’Inail;
— la Responsabilità civile Prodotti (RCP) che tiene indenne l’assicurato (produttore, venditore,
distributore) di quanto sia tenuto a pagare a titolo di risarcimento di danni provocati involontariamente a terzi (persone o cose) dal difetto dei prodotti da lui fabbricati, venduti o distribuiti.
Polizze dedicate a copertura di rischi ‘‘speciali’’
In questo ambito si possono ricomprendere le polizze di responsabilità civile nei confronti di
terzi per danni ambientali (RC Inquinamento), le polizze dedicate ai rischi per opere in
costruzione (Contractors’ All Risk, Erection All Risk), i contratti legati alle coperture del trasporto
e le polizze a copertura della responsabilità civile professionale e dei vertici aziendali (RC
professionale e D&O Directors and Officers, responsabilità civile degli amministratori e dirigenti) 1 In ultimo possiamo citare anche le cauzioni, il credito e la tutela legale.
Polizze dedicate ai dipendenti, cosiddette ‘‘employees benefit’’
Rientrano in queste categorie le polizze infortuni (professionali ed extraprofessionali), malattia e rimborso di spese mediche per l’imprenditore, i dipendenti e i loro famigliari, le
polizze Vita che garantiscono ai collaboratori o alle loro famiglie la disponibilità di un capitale
in caso di morte o di invalidità permanente a seguito di malattia o infortunio, oppure dei
piani specifici di previdenza complementare, sono coperture queste che, oltre a rappresentare validi benefit sostitutivi di prestazioni economiche, aiutano a migliorare la fedeltà
all’azienda dei collaboratori.
1
Per l’argomento specifico della polizza D & O, vedi Pmi n.6/2013, pag. 38
20
n. 8-9/2013
F
FINANZA & CREDITO
Credito
Imprese e territorio:
attività dei confidi in Italia
di Amedeo De Luca
I confidi (consorzi fidi) sono istituzioni finanziarie che affiancano e supportano le Pmi ai fini
dell’accesso al credito bancario.
L’obiettivo dei confidi è perseguito attraverso l’erogazione di servizi quali:
I servizi
1. concessione di garanzie;
2. valutazione del merito creditizio;
3. affiancamento negli adempimenti burocratici relativi al processo di assegnazione del
credito;
4. consulenza.
I confidi in Italia sono solitamente espressione di associazioni di categoria; altri soggetti
invece sono legati ad enti pubblici, come Camere di commercio o Regioni.
Essi sono consorzi di garanzia collettiva, con organizzazione di natura mutualistica, nati per
fronteggiare i fenomeni di razionamento del credito e per facilitare l’accesso ai finanziamenti da parte delle Pmi.
I cambiamenti intervenuti negli anni recenti, nell’ambito delle regole sottostanti l’attività di
garanzia del credito, hanno messo in moto processi di riorganizzazione e consolidamento dei confidi.
Oltre che per il ruolo di garanzia collettiva, l’attività dei confidi si connota per le peculiarità del
contenuto informativo che essi apportano nella relazione di credito tra banche e imprese.
Garanzie e consorzi fidi
Il sistema delle garanzie consente di ridurre i punti deboli del funzionamento del mercato
italiano del credito, che conducono a forme di razionamento dei finanziamenti o ad oneri
finanziari del credito eccessivi rispetto al merito creditizio del debitore.
Le imprese di minori dimensioni e quelle in fase di start-up subiscono maggiormente le
conseguenze delle inefficienze del mercato creditizio italiano. Ciò è dovuto alla loro maggiore opacità informativa, ai più elevati costi e alla difficoltà di segnalazione/certificazione
della propria situazione creditizia.
Le garanzie favoriscono la concessione del credito a condizioni più favorevoli, operando
esse come canale informativo e consentendo di ridurre i costi di agenzia connessi al
rapporto creditizio.
Dal punto di vista informativo, le garanzie veicolano la qualità/solvibilità del debitore e,
contemporaneamente, accrescono la probabilità di recupero del credito in caso di default.
La prestazione di garanzie si connota, quindi, come un’azione informativa complementare a
quella che discende dalla conoscenza del capitale proprio dell’impresa, rafforzando la
credibilità del progetto dell’impresa richiedente il finanziamento.
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n. 8-9/2013
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FINANZA & CREDITO
È da osservare, tuttavia, che l’efficacia informativa e incentivante della garanzia può ridursi
se essa diviene sostitutiva - anche solo parzialmente - del processo di valutazione del
merito creditizio e di selezione da parte dell’istituto di credito.
In questo caso la garanzia può incrementare il rischio di inefficienza allocativa della banca
e provocare selezioni che, da un lato escludano gli imprenditori migliori (qualora la richiesta
di tassi di interesse e di garanzie non siano allineati al merito creditizio), dall’altro includano
nella concessione del prestito imprese a rischio.
Attività dei consorzi fidi in Italia
I consorzi fidi costituiscono una modalità di intervento di garanzia da parte di un soggetto
esterno all’impresa e al patrimonio personale dell’imprenditore.
La loro attività contribuisce a ridurre i comportamenti di moral hazard, non deresponsabilizzando l’impresa debitrice in caso di insolvenza.
Gli impegni contrattuali impongono, infatti, all’impresa dei costi in caso di insolvenza o di
comportamento non corretti, p.e., garanzia mutualistica subordinata all’escussione dell’impresa garantita, oppure impegno dell’imprenditore a versare un deposito cauzionale proporzionale al finanziamento ottenuto.
I consorzi fidi concedono le garanzie (a valere su fondi consortili versati dalle imprese socie)
su depositi cauzionali versati dalle imprese e su fondi rischi di natura rotativa.
Nel nostro Paese le analisi sulle attività dei consorzi fidi si sono sviluppati a motivo dell’importanza del fenomeno delle garanzie mutualistiche per il settore delle Pmi e delle
trasformazioni normative che hanno ridisegnato gli ambiti e le modalità di gestione dei
consorzi di garanzia.
In Italia il sistema dei consorzi fidi è stato oggetto, alcuni anni orsono, di un profondo
cambiamento dal punto di vista normativo e operativo.
La legge n.326/2003 (legge quadro sui confidi) ha disegnato le linee di indirizzo per un più
moderno ed efficiente sistema di garanzie mutualistiche, regolamentando:
Le garanzie
mutualistiche
— lo status giuridico dei consorzi fidi;
— i requisiti dimensionali delle imprese socie.
I confidi sono costituiti da Pmi (industriali, commerciali, turistiche e di servizi, da imprese
artigiane e agricole). Le imprese di grandi dimensioni possono associarsi se le loro dimensione rientrano nei limiti di ammissione agli interventi agevolati della Banca Europea degli
Investimenti (Bei) e non possono costituire più di un sesto del totale delle imprese consorziate o socie;
— le attività che i confidi possono svolgere.
Sussistono differenze operative fra consorzi fidi ordinari (legati all’attività di garanzia
collettiva dei fidi) e i consorzi iscritti all’elenco speciale ex art. 107 del Tub, cui è consentito lo svolgimento nei confronti delle imprese socie:
a) della prestazione di garanzie a favore dell’amministrazione finanziaria dello Stato (per
l’esecuzione dei rimborsi di imposte alle imprese consorziate);
b) della gestione dei fondi pubblici di agevolazione;
c) della stipula di contratti con le banche cui sono assegnati fondi pubblici di garanzia, per
disciplinare i rapporti con le imprese socie.
Inoltre, i confidi iscritti nell’elenco speciale possono svolgere in via residuale, nei limiti
massimi stabiliti dalla Banca d’Italia, le attività riservate agli intermediari finanziari iscritti
nel medesimo elenco;
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n. 8-9/2013
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FINANZA & CREDITO
— i requisiti minimi di capitale sociale e patrimonio netto e le quote di partecipazione
delle imprese socie.
Il capitale sociale di un confidi non può essere inferiore a 100.000 euro; la quota di
partecipazione di un’impresa non può superare il 20% e il patrimonio netto dei confidi
(comprensivo dei fondi rischi indisponibili) non può essere inferiore a 250.000 euro;
— gli obblighi informativi e gli adempimenti pubblicistici;
— i modelli istituzionali e organizzativi, che contemplano:
a) i confidi ordinari (iscritti all’albo degli intermediari ex art. 106 del Tub);
b) i confidi intermediari finanziari (iscritti all’albo speciale ex art. 107 del Tub);
c) le banche di garanzia.
Il nuovo quadro normativo
Il nuovo quadro normativo fa riferimento alle seguenti tre tipologie di confidi citate precedentemente:
Le tipologie
1) i confidi ordinari (compresi nell’elenco ex art. 106 del Tub): operano con un capitale
sociale minimo uguale a 100.000 euro e un patrimonio netto minimo uguale a 250.000
euro; possono svolgere solo attività di garanzia collettiva dei fidi e attività strumentali.
Non hanno obblighi di vigilanza (con esclusione degli obblighi informativi ai soci consorziati,
delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea);
2) i confidi intermediari finanziari (iscritti nell’elenco speciale ex art, 107 del Tub): il
loro volume di attività finanziarie deve essere pari o superiore a 75 milioni di euro; devono
essere costituiti in forma di società per azioni, società in accomandita per azioni, società a
responsabilità limitata o società cooperativa.
Il patrimonio di vigilanza (P.V.) deve essere pari o superiore al 6% della attività ponderate per il rischio. Essi devono svolgere prevalentemente attività di garanzia collettiva dei fidi.
Devono adottare un’idonea struttura organizzativa/contabile e adeguati sistemi interni di
controllo, in linea con i dettami di vigilanza informativa;
3) le banche di garanzia collettiva: sono banche aventi forma giuridica di società
cooperativa per azioni a responsabilità limitata; il loro ambito di operatività è fondamentalmente locale (operano nella provincia in cui insiste la loro sede legale e nelle province
limitrofe; eventuali sedi distaccate devono essere autorizzate dalla Banca d’Italia).
È richiesto un capitale minimo iniziale pari a due milioni di euro. Il numero dei soci non può
essere inferiore a 200; ciascun socio non può possedere azioni per un valore nominale
complessivo superiore a 50.000 euro.
Le banche di garanzia appartenenti a questa tipologia svolgono prevalentemente attività di
garanzia collettiva dei fidi.
Attualmente la maggior parte dei consorzi fidi è di fronte alla scelta tra le due seguenti
alternative:
a) continuare la propria attività come consorzio fido ordinario (ex. art 106);
b) trasformarsi in intermediario finanziario (ex. art. 107).
Un elemento di convenienza verso la trasformazione in intermediario finanziario è costituito
dalla differente valutazione delle garanzie prestate ai fini dell’assorbimento patrimoniale
delle banche, la quale avvantaggia i consorzi intermedi finanziari rispetto ai consorzi ordinari
(Tavola 1).
La riforma normativa dei consorzi fidi, unitamente al nuovo accordo sul capitale delle
banche, richiedono ai confidi un ripensamento della propria attività, onde:
a) ottimizzare la gestione dei rischi assunti;
b) massimizzare i risultati derivanti dalle risorse pubbliche ad essi destinati;
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FINANZA & CREDITO
Tavola 1 - Riduzione dell’assorbimento patrimoniale determinato dalla garanzia prestata da differenti tipi di confidi
Misurazione
rischio credito
delle imprese
Approccio standard
Misurazione
rischio credito
banche
Stato giuridico
dei confidi
Tipo
di impresa
P.V. per
P.V. per
impresa non
impresa
garantita (%) garantita (%)
Intermediario
finanziario
Pmi
Retail
8
6
1,6
1,6
Non Intermediario
finanziario
Rating esterno > A-
Pmi
Retail
8
6
se < A+ : 4 se > A+ : 1,6
Intermediario
finanziario
Pmi
Retail
7,4-9,96
4,7-5,4
1,6
1,6
Non Intermediario
finanziario
Rating esterno > A-
Pmi
Retail
7,4-9,96
4,7-5,4
se < A+ : 4 se > A+ : 1,6
Approccio standard
Approc. Internal rating Approccio standard
c) incrementare l’efficacia dell’intervento a favore delle Pmi, valorizzando il patrimonio
informativo proveniente dall’associazionismo e dalla prossimità.
È da osservare che ai vantaggi derivanti dalla concentrazione dei consorzi fidi locali e
dall’ampliamento della loro dimensione, fanno riscontro alcuni fattori di criticità, inerenti il
rischio di indebolimento del legame con il territorio e di minore capacità di valorizzare le
informazioni «privilegiate», che integrano i processi di affidamento delle banche, soprattutto con riferimento alle piccole imprese, per le quali i processi di rating presentano un
maggiore livello di automazione e una ridotta presenza di variabili qualitative.
Tuttavia, la trasformazione dei consorzi fidi provinciali in confidi di più vaste dimensioni
può consentire di perseguire i vantaggi della dimensione e della specializzazione sotto
l’aspetto produttivo, mantenendo i vantaggi relazionali atti a conservare il capitale sociale e
fiduciario accumulato nel tempo.
Definizione degli indici di solvibilità dei Confidi e riferimenti normativi
La solvibilità di un confidi è valutata tramite un rapporto che mette in relazione le seguenti
due grandezze:
La solvibilità
— patrimonio a disposizione per la copertura dei rischi (a numeratore);
— attivo a rischio ponderato (a denominatore).
L’indice di solvibilità rappresenta la percentuale dell’intero attivo a rischio che il confidi
sarebbe in grado di pagare alle banche creditrici nel caso di default di tutti i soggetti garantiti,
utilizzando soltanto il patrimonio a disposizione per la copertura dei rischi.
Basilea 2 prevede che la solvibilità di un confidi possa essere calcolata tramite due indici:
— Tier 1: nel calcolo viene considerato solo il patrimonio di base (Tier 1 Capital), come
fonte per la copertura dei rischi assunti;
— Tier 2: nel calcolo è considerato in aggiunta al patrimonio di base (Tier 1 Capital) anche il
patrimonio supplementare (Tier 2 Capital), come fonte per la copertura dei rischi assunti.
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FINANZA & CREDITO
Incentivi
Sei milioni per incentivare
modelli e disegni industriali
di Tania Salucci
Le piccole e le micro imprese possono nuovamente accedere agli incentivi economici
previsti dal programma ‘‘Disegni+’’. Con Avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica Italiana n. 129 Serie generale, del 4 giugno 2013, la Direzione Generale per la
Lotta alla Contraffazione - Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (di seguito DGLC-UIBM) del
Ministero dello Sviluppo Economico ha reso noto che dalle ore 12,00 del 10 giugno è
stato riattivato lo sportello della Misura B Incentivi per la valorizzazione economica dei
modelli e disegni industriali del programma suddetto. Lo sportello fu sospeso il 23 dicembre 2011 a causa dell’esaurimento delle risorse a disposizione della Misura.
La riattivazione dell’incentivo è stata resa possibile dalla riallocazione delle risorse destinate
al Programma, dopo aver effettuato una ricognizione dei fondi disimpegnati fino ad oggi a
seguito di vari eventi (decadimenti, rinunce, ecc.) e prevedendo anche le risorse rimaste
disponibili sulla Misura A ‘‘Premi per il deposito nazionale, comunitario e internazionale di
domande di registrazione di modelli e disegni industriali’’.
Complessivamente, sono stati rimessi a disposizione delle micro e piccole-medie imprese
italiane oltre 6 milioni di euro destinati a alla valorizzazione economica dei modelli e dei
disegni industriali e al potenziamento della loro capacità competitiva mediante l’acquisto di
servizi specialistici.
Trattandosi di un programma ‘‘a sportello’’, sarà possibile presentare domanda di agevolazione fino all’esaurimento delle risorse, secondo i criteri a suo tempo stabiliti dall’Avviso
reso pubblico sulla G.U.R.I. n. 179 Serie generale, del 3 agosto 2011 e consultabile al sito
internet www.incentividesign.it
Il Programma ‘‘Disegni+’’: obiettivi e modalità di intervento
Il programma ‘‘Disegni+’’, nelle intenzioni del Ministero dello Sviluppo Economico, DGLCUIBM ha l’obiettivo di potenziare la capacità innovativa delle imprese italiane sui
mercati nazionale ed internazionali, attraverso la valorizzazione economica dei modelli e
disegni industriali e la conseguente tutela dell’innovazione da essi generata.
‘‘Disegni+’’ rientra fra i quattro distinti strumenti incentivanti 1 che compongono il ‘‘pacchetto innovazione’’, ideato e predisposto dal Ministero dello Sviluppo, che offrendo alle
imprese di minori dimensioni strumenti di incentivazione mirati e facilmente accessibili,
intende:
1
Compongono il ‘‘pacchetto innovazione’’ i seguenti quattro strumenti incentivanti: il Fondo Nazionale per l’Innovazione, il programma Brevetti +, il programma Disegni +, il programma Marchi +.
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Strumenti
di incentivazione
FINANZA & CREDITO
— rafforzare la capacità competitiva delle imprese in termini di innovazione, design, corporate identity e progettualità;
— promuovere processi di diversificazione produttiva, sostenendo progetti di investimento solidi e competitivi, soprattutto nei settori ad alto valore aggiunto e con più elevate
prospettive di crescita;
— dare impulso all’innovazione e al trasferimento tecnologico, diffondendo e valorizzando
i risultati della ricerca;
— favorire l’introduzione sul mercato di prodotti e servizi innovativi.
Nella valutazione complessiva di un’impresa, l’importanza degli asset intangibili - il cui
gruppo più significativo è formato dagli asset protetti da proprietà intellettuale come invenzioni, design e marchi - è cresciuta significativamente negli ultimi dieci anni. Per molte
imprese le attività immateriali rappresentano oltre il 50% del valore della società, e quelle
che gestiscono attivamente la propria proprietà intellettuale come un patrimonio finanziario
hanno performance che superano fino al 30% quelle delle altre imprese.
Lo gestione del programma ‘‘Disegni+’’ è stata affidata alla Fondazione Valore Italia, che
cura gli adempimenti tecnici e amministrativi riguardanti l’istruttoria delle domande e l’erogazione delle agevolazioni.
Due le linee d’intervento previste dal programma:
Il programma
— Misura A - Premi per il deposito nazionale, comunitario e internazionale di domande di
registrazione di modelli e disegni industriali, ovvero erogazione di premi a favore di imprese
per aumentare il numero dei depositi nazionali ed internazionali di brevetti e disegni;
— Misura B - Incentivi per la valorizzazione economica dei modelli e disegni industriali,
ovvero erogazione di agevolazioni per portare sul mercato prodotti nuovi basati su brevetti
e design.
Le due linee di intervento ‘‘premi’’ed ‘‘incentivi’’ sono cumulabili: l’impresa poteva quindi
presentare sia domanda di premio, sia domanda di agevolazione, registrandosi una sola
volta, ed ottenendo invece un numero di protocollo diverso per ogni domanda inoltrata.
La riapertura della Misura B del programma non ha tuttavia determinato nuove modalità di
attuazione dell’incentivo che sono, di conseguenza, le stesse normate dall’Avviso pubblico
del 2011 e che sono illustrate a seguire.
I soggetti destinatari
Possono richiedere le agevolazioni le micro, piccole e medie imprese, con sede legale e
operativa in Italia, che intendano realizzare un progetto finalizzato allo sfruttamento economico di un modello/disegno industriale, singolo o multiplo. Il progetto potrà riguardare lo
sfruttamento economico di un modello/disegno industriale per il quale sia stata depositata
la domanda di registrazione o di un modello/disegno industriale da realizzare ex novo.
Rimangono validi tutti i requisiti previsti dall’Avviso sopra richiamato.
Di conseguenza, per la Misura B, è possibile per ogni impresa accedere una sola volta alla
agevolazione: le imprese che hanno già ottenuto l’incentivo della Misura B non potranno
presentare una nuova domanda di agevolazione.
Oggetto dell’agevolazione e spese ammissibili
I servizi funzionali allo sfruttamento economico del modello/disegno industriale sono suddivisi in tre aree di applicazione, ognuna collegata a una fase di progetto:
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n. 8-9/2013
Le fasi
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FINANZA & CREDITO
— Fase B.1 - Progettazione e ingegnerizzazione, acquisizione di servizi specialistici esterni
volti alla realizzazione di un nuovo modello/disegno industriale, e al successivo deposito
della domanda di registrazione.
— Spese ammissibili: sviluppo progettuale e analisi dei sistemi, disegno e rappresentazione tridimensionale, ricerca sull’utilizzo dei nuovi materiali, consulenza per le procedure
di registrazione del nuovo modello/disegno.
— Fase B.2 - Produzione, acquisizione di servizi specialistici esterni volti allo sfruttamento
economico di un modello/disegno attraverso la messa in produzione di nuovi prodotti a
esso correlati.
— Spese ammissibili: consulenza tecnica relativa alla catena produttiva, consulenza legale relativa alla catena produttiva.
— Fase B.3 - Commercializzazione, acquisizione di servizi specialistici esterni volti allo
sfruttamento economico di un modello/disegno attraverso la commercializzazione del
titolo di proprietà industriale.
— Spese ammissibili: consulenza specializzata nella redazione del business plan e dell’analisi di mercato, ai fini della cedibilità del titolo di proprietà industriale, consulenza
legale per la stesura di accordi di cessione della licenza del titolo di proprietà industriale,
consulenza legale per la stesura di eventuali accordi di segretezza.
Per accedere all’incentivo, il progetto dovrà obbligatoriamente prevedere almeno una delle
fasi B.2 o B.3, nonché, facoltativamente, la fase B.1.
Saranno riconosciute ammissibili le spese per l’acquisizione dei servizi specialistici esterni
sostenute a decorrere dal giorno della presentazione della domanda.
Ammontare dell’agevolazione
Le agevolazioni sono concesse nella forma di contributo in conto capitale, in misura
massima pari all’80% delle spese ammissibili e comunque nei limiti degli importi massimi
indicati in relazione alle diverse fasi progettuali attivate:
Fase B.1 - Area progettazione e ingegnerizzazione: importo massimo euro 10.000
Fase B.2 - Area produzione: importo massimo euro 60.000
Fase B.3 - Area commercializzazione: importo massimo euro 10.000.
L’ammontare delle agevolazioni, calcolato in via provvisoria al momento della concessione,
viene rideterminato a conclusione del progetto, prima dell’erogazione dell’ultima quota,
sulla base delle spese ammissibili effettivamente sostenute. L’ammontare dell’agevolazione
cosı̀ definitivamente determinato non può essere superiore a quello individuato in via
provvisoria.
Presentazione della domanda
Per accedere all’incentivo previsto dalla Misura B del Programma ‘‘Disegni+’’ è necessario
registrarsi sul sito www.incentividesign.it, compilare il form on line accessibile dalla sezione
‘‘Presenta la tua domanda’’ (inviato il quale si riceve il numero di protocollo da riportare
nella domanda), predisporre la domanda di agevolazione con i relativi allegati (tra cui il
progetto di sfruttamento economico del disegno/modello) e inviarla a Fondazione Valore
Italia entro 15 giorni dalla data di assegnazione del protocollo tramite posta elettronica
certificata (PEC) o raccomandata R/R. Non sono esaminabili le domande di agevolazioni
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FINANZA & CREDITO
consegnate in maniera differente, ivi compresa la consegna a mano o l’invio da posta
elettronica non certificata.
Sul sito sono inoltre disponibili una sezione FAQ e un indirizzo di posta elettronica dedicato
per eventuali quesiti specifici.
Istruttoria dei progetti e concessione delle agevolazioni
L’istruttoria delle domande viene effettuata secondo l’ordine cronologico di ricezione delle
stesse e consiste nella verifica della sussistenza dei requisiti e delle condizioni di ammissibilità previste dal bando, nell’accertamento della regolarità formale e della completezza
della domanda di agevolazioni, sul controllo della rispondenza del progetto presentato alle
finalità della misura, nonché della pertinenza e congruità dei costi preventivati per la realizzazione del progetto. Successivamente è prevista la valutazione dei progetti, effettuando
un esame di merito, basato sui seguenti criteri:
I criteri
— credibilità della strategia di valorizzazione economica del disegno/modello;
— funzionalità dei servizi individuati rispetto al percorso di valorizzazione delineato nel
project plan;
— coerenza tra il profilo dei fornitori prescelti e i servizi specialistici richiesti;
— congruità del costo dei servizi specialistici richiesti rispetto alla natura dei servizi e al
profilo dei fornitori.
L’istruttoria si conclude con un giudizio motivato, positivo o negativo, che viene comunicato
all’impresa interessata via PEC o raccomandata R/R. In caso di concessione dell’agevolazione, viene stipulato un apposito contratto tra Fondazione Valore Italia e l’impresa beneficiaria. Il progetto deve essere concluso entro 18 mesi dalla sottoscrizione del contratto con
il Soggetto gestore.
Modalità di erogazione
L’erogazione delle agevolazioni è prevista in due soluzioni:
L’erogazione
— una prima tranche, pari al massimo al 50% dell’agevolazione riconosciuta, può essere
erogata, a scelta dell’impresa, in due modalità alternative:
— come anticipazione a fronte di presentazione di fideiussione bancaria o assicurativa a
garanzia dell’importo richiesto, oppure
— come stato di avanzamento lavori (SAL); in tal caso l’impresa deve dimostrare,
tramite idonea documentazione, di aver usufruito di servizi specialistici in una percentuale pari al contributo richiesto.
— una seconda tranche erogata a saldo, a seguito della verifica della documentazione
finale di spesa e del raggiungimento degli obiettivi del progetto.
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FINANZA & CREDITO
Regioni del mezzogiorno
Aiuti finanziari
alle imprese start-up
di Salvatore Zarbo
Il Ministero dello Sviluppo Economico ha varato una nuova forma di agevolazione finanziaria, volta a favorire la nascita di nuove imprese in grado di proporre sul mercato soluzione
innovative in termini di prodotti/servizi offerti o processi produttivi/soluzioni organizzative.
In attuazione a quanto previsto dal PON ‘‘Ricerca e competitività’’ FESR 2007-2013, il
Ministero dello Sviluppo Economico (Mise) ha emanato un decreto pubblicato nella gazzetta ufficiale n. 134 del 10 giugno del 2013, volto a concedere aiuti finanziari a favore
delle nuove imprese localizzate nelle regioni del mezzogiorno (Sicilia, Campania, Calabria,
Puglia, Basilicata e Sardegna).
Le modalità di partecipazione al nuovo aiuto sono dettagliate all’interno della circolare n.
21303 del 20 giugno 2013, nella quale sono indicati i beneficiari dell’iniziativa, l’intensità
dell’aiuto, gli investimenti finanziabili, i costi che possono essere ammessi al beneficio e le
relative modalità di partecipazione.
La principale finalità perseguita dal Mise è quella di favorire i processi di rilancio dell’economia nelle regioni svantaggiate, attraverso la nascita di nuove imprese con un elevato
livello di competitività, diffondendo l’utilizzo di nuove tecnologie digitali nell’ambito dei
processi produttivi e allo stesso tempo valorizzando le imprese che sviluppino ricerca
applicata alla produzione.
Le risorse
Complessivamente le risorse finanziaria destinate alle imprese ammontano a 190 mln di
euro, ripartite nel modo seguente:
— 100 mln di euro destinate a finanziare le piccole imprese di nuova costituzione;
— 90 mln di euro dedicati ai progetti d’investimento realizzati da nuove imprese che
rientrino tra quelle classificate come digitale o a contenuto tecnologico.
Entrando nel merito dell’aiuto varato dal Mise, particolari requisiti sono stati previsti per le
imprese beneficiarie, nel dettaglio possono accedere al bando le imprese che presentino i
seguenti requisiti:
I soggetti
— essere di piccola dimensione;
— costitute in forma societaria e nelle quali la maggioranza assoluta sia numerica che di
partecipazione al capitale sociale sia riconducibile a persone fisiche;
— non costitute per un periodo superiore a sei mesi dalla data di presentazione della
domanda;
— sede legale localizzata in una delle seguenti regioni: Sicilia, Campania, Puglia, Calabria, Basilicata e Sardegna.
Novità
Un’importante novità rispetto ad altre forme di aiuti destinati a supportare le imprese, è la
possibilità per i soggetti interessati, di poter costituire la società successivamente all’am-
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FINANZA & CREDITO
missione. In questo modo viene concessa alle persone fisiche che vorrebbero avviare
un’impresa usufruendo delle risorse finanziarie stanziate con l’aiuto, di poter presentare
la domanda e di non dover sostenere costi legati alla costituzione di una società nel caso in
cui la domanda venga rigettata. Nel caso in cui la domanda venga accolta, la circolare
prevede che la società andrà costituita entro 30 giorni dalla data di comunicazione da parte
del gestore dell’ammissibilità della domanda presentata.
Con riferimento al settore economico, sono stati espressamente esclusi dall’aiuto i seguenti
settori: pesca, agricoltura, carboniero, costruzione navale, siderurgia, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli e produzione di fibre sintetiche.
In merito alle modalità di presentazione della domanda, viene utilizzato lo schema della
procedura a sportello, pertanto le imprese potranno presentare la domanda di agevolazione
nel momento più opportuno per le proprie necessità. Le domande potranno essere inoltrate
dalle imprese a partire dalle ore 12:00 del 4 settembre del 2013. L’istruttoria delle domande è affidata al soggetto gestore, individuato in Invitalia, il quale ha il compito di valutare
l’ammissibilità della domanda in ordine cronologico alla relativa presentazione. È importante
sottolineare, che essendo utilizzata la procedura a sportello per la presentazione delle domande, non è stata stabilità una scadenza, pertanto le imprese interessate potranno presentare in qualsiasi momento la domanda, con il limite che al verificarsi dell’esaurimento delle
risorse finanziarie disponibili, automaticamente non potranno essere accolte ulteriori richieste.
Come accennato in precedenza l’aiuto è ripartito in due specifiche misure, la prima riservata
alle imprese start-up e la seconda alle nuove imprese digitali.
Per quanto concerne le imprese start-up, sono ritenuti ammissibili gli investimenti volti alla
produzione di prodotti e servizi innovativi, che consentano di individuare nuovi bisogni dei
clienti, con la possibilità di consentire l’ampliamento del target di clientela interessato al quel
prodotto o servizi in cui è specializzata l’impresa che presenta la domanda. Inoltre, il
progetto d’investimento deve prevedere soluzioni organizzative, produttive e tecniche innovative rispetto a quelle utilizzate nel settore di riferimento, con particolare riguardo ai
progetti volti al contenimento degli impatti ambientali.
Presentazione
della domanda
In sede di presentazione della domanda assume particolare rilevanza il piano d’impresa, il
quale deve contenere informazioni sulla tipologia di attività che si intende avviare, dati
anagrafici degli sponsor dell’iniziativa, gli elementi d’innovazione che l’impresa propone,
l’analisi del mercato e del contesto di riferimento, le strategie che l’imprenditore intende
porre in essere per affrontare il settore in cui opera l’impresa e infine una relazione sugli
equilibri finanziari-economici-patrimoniali dell’impresa.
Prima di presentare la domanda è consigliabile condurre un’autovalutazione sulla validità
dell’impresa, in relazione ai criteri di valutazione che vengono adottati da parte del soggetto
gestore al fine di stabilire l’ammissibilità domanda. A tal fine, gli aspetti di maggiore interesse
attengono alla sostenibilità economico-finanziaria del progetto d’investimento, all’effettiva
possibilità che l’iniziativa consenta d’introdurre sul mercato nuove soluzioni organizzative e
produttive, andamento del mercato in cui s’intende avviare il business, adeguatezza degli
skill professionali posseduti dagli sponsor dell’iniziativa.
Per questa tipologia di misura, la forma di agevolazione massima concedibile per singola
impresa è pari a 200.000,00 euro, ripartito in 4 anni. L’ammontare del contribuito massimo
che può beneficiare la singola impresa è compreso tra il 25% e il 35% per i primi tre anni e
tra il 15% e 25% per il quarto anno.
Tra i costi ritenuti ammissibili sono ricompresi i seguenti beni:
I costi ammissibili
— attrezzature, impianti, macchinari. L’impresa può richiedere la concessione del
contributo non solo per i beni strumentali acquistati, ma anche per quelli concessi in affitto
e acquisiti con contratti di leasing;
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n. 8-9/2013
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FINANZA & CREDITO
— interessi passivi legati a finanziamenti bancari corrisposti dall’impresa, per reperire
risorse finanziarie da destinare al progetto d’investimento per il quale viene concesso
l’aiuto;
— costi per retribuzione dei lavoratori impiegati nel progetto d’investimento.
Imprese digitali
La seconda forma di aiuto è destinata alle imprese digitali di nuova costituzione, ovvero
imprese che operano nell’economia digitale o che investono nel settore tecnologico, favorendo l’utilizzo della ricerca pubblica e privata nei cicli produttivi.
L’aiuto concesso alle imprese, consiste in un contributo in conto impianti e in un servizio di
tutoring tecnico-gestionale per l’avviso dell’impresa. Anche per questa tipologia d’interevento l’aiuto massimo che può essere concesso alla singola impresa ammonta a 200.000,00
euro, ridotto a 100.000,00 euro per le imprese che operano nel settore del trasporto su
strada. Il livello del contributo in conto impianto concesso è del 65% delle spese ritenute
ammissibili, percentuale che viene elevata al 75% per le imprese costituite interamente da
giovani con età inferiore ai trentacinque anni o da donne.
Tra le spese che rientrano nell’ambito del progetto d’investimento ritenute ammissibili sono
ricomprese: componenti Hardware e software impiegati nell’ambito del progetto d’investimento, brevetti e licenze, attrezzature, macchinari e impianti, certificazioni, know-how e
conoscenze tecniche, attività di progettazione, sviluppo e collaudo di soluzioni informatiche
e impianti tecnologi produttivi.
La particolarità dell’agevolazione concessa alle imprese dalla misura in esame, consiste
nell’attività di tutoring fornita direttamente dal soggetto gestore, la quale consiste in un’attività di assistenza per lo sviluppo di strategie di marketing, la pianificazione finanziaria
dell’impresa, assistenza per l’accesso al mercato dei capitali, consulenza in materia di
organizzazione aziendale e gestione delle risorse umane, supporto in materia di sviluppo
di processi innovativi a contenuto tecnologico ecc... Nella circolare emanata dal Mise, a tale
attività svolta da parte del soggetto gestore viene attribuito un valore massimo di 5.000,00
euro per la singola impresa beneficiaria.
Per quanto riguarda i beni strumentali, è previsto che questi siano nuovi di fabbrica e
restano esclusi dall’agevolazione gli automezzi.
In merito ai criteri di valutazione da tenere in considerazione in sede di presentazione della
domanda, particolare enfasi dovrà essere posta alla reale fattibilità operativa e tecnologica
del progetto d’investimento, alla presenza di elementi d’innovazione di rilievo rispetto alle
soluzioni organizzative-produttive o servizi-prodotti presenti nel settore in cui si intende
avviare l’iniziativa, analisi del mercato di riferimento, adeguata pianificazione finanziaria e
strategie di marketing in grado di consentire la buona riuscita dell’iniziativa.
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n. 8-9/2013
Il controllo
di liquidità nelle PMI
La dinamica monetaria e i suoi andamenti sono uno dei fattori maggiormente critici in un’impresa, arrivando a determinarne il successo o, al
contrario, il dissesto e la chiusura definitiva. Per questo motivo assume
particolare rilevanza la gestione della liquidità, elemento cruciale ai fini della
sopravvivenza di un complesso aziendale, e ancor più determinante appare
nelle realtà piccole e medie che, più di altre, sono esposte ai cambiamenti
di condotta da parte dei soggetti che ruotano intorno ad essa, a cominciare
dagli istituti di credito.
In questo libro viene affrontato il tema del controllo degli andamenti passati, presenti e futuri dei flussi monetari.
Il volume fornisce una serie di strumenti atti ad agevolare nel loro compito
coloro che sono deputati a gestire la liquidità; vengono pertanto illustrate
diverse metodologie che permettono dapprima di accertare lo stato presente della dinamica monetaria e, successivamente, di cercare le soluzioni più
opportune per apportarvi dei miglioramenti.
IL CD-ROM
ll volume è corredato da un software che contiene gli strumenti per
effettuare il controllo della liquidità ed è composto da tabelle e grafici di
andamento. Di semplice utilizzo, il software è stato pensato anche per chi
non ha dimestichezza con l’informatica
di Francesco Manca
pagg. 460 -  40,00
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4, del Dlgs. 196/03, anche a fini di vendita diretta
di prodotti o servizi analoghi a quelli oggetto della
presente vendita. Lei potrà in ogni momento esercitare i diritti di cui all’art. 7 del D.Lgs. n. 196/2003,
fra cui il diritto di accedere ai Suoi dati e ottenerne
l’aggiornamento o la cancellazione per violazione di
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di invio di materiale pubblicitario, vendita diretta e
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Italia S.r.l. - PRIVACY - Centro Direzionale Milanofiori
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del cliente senza che questi abbia comunicato con
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termine (10 giorni lavorativi dal ricevimento) il bene
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Assago (MI) - telefax 02.82476.799.
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FINANZA & CREDITO
Vendita
L’evoluzione del commercio
elettronico: incasso, pagamento
e nuovi mercati
di Gabriele Toma
Il commercio elettronico rappresenta il canale di vendita di prodotti e servizi a più elevato
tasso di crescita tra quelli utilizzati dalle imprese: nel 2012 a livello mondiale sono state
effettuate transazioni sull’e-commerce per oltre mille miliardi di dollari, mentre in Italia
queste transazioni hanno avuto un valore di oltre 21 miliardi di euro, con un incremento
del 12% rispetto all’anno precedente (confermando un trend di crescita superiore al 20%
annuo negli ultimi 8 anni).
Opportunità
di crescita
La piattaforma
teconologica
Nuovi mercati
Per le aziende, attivarsi su questo canale di vendita ‘‘non tradizionale’’ rappresenta sicuramente una opportunità di crescita, ma richiede anche una evoluzione organizzativa non
indifferente, con investimenti spesso non banali per dotarsi di una piattaforma hardware e
software in grado di gestire efficientemente masse enormi di informazioni.
Il fatto che il cliente ed il fornitore non si incontrano fisicamente per concludere l’affare e
che la transazione avviene su un ‘‘mercato virtuale’’ richiedono infatti la disponibilità di un
sistema informativo in grado di dialogare con il magazzino dell’azienda, di presentare ai
clienti l’offerta completa dei prodotti da acquistare, di raccogliere le informazioni provenienti
dai clienti e di processarle velocemente, utilizzando canali sicuri e protetti.
Le strategie di marketing da attivare (spesso innovative) sono direttamente correlate al tipo
di mercato di sbocco (dettaglio/ingrosso, prodotti di consumo, beni durevoli, servizi, ecc.)
ed al settore merceologico, ma vi sono decisioni che possono essere considerate assolutamente comuni, come, ad esempio la possibilità di personalizzare la ricerca dei prodotti
(quantità, dimensioni, prezzo, marca, modello, ecc.) e di potere creare un ordine inserendo
le merci in un carrello di spesa virtuale.
La piattaforma tecnologica, è importante precisarlo per quanto ovvio, deve essere integrata
con il sistema informativo aziendale, perché rappresenta l’interfaccia tra il cliente e le
differenti funzioni aziendali: essa deve infatti identificare il cliente, generare il preventivo
di spesa, raccogliere l’ordine, ricevere il pagamento, generare la commessa per il magazzino, definire tempi e modalità di consegna, oltre che gestire il post vendita ed i ‘‘feed back’’
dei clienti.
Si tratta di attività che devono essere svolte in contemporanea e in pochissimo tempo,
senza possibilità di errore; per tale ragione molte aziende che hanno nell’ecommerce un
canale secondario di vendita o che hanno scelto di non dedicarvi ancora rilevanti investimenti (la media del fatturato di vendite sul web mediamente si colloca su percentuali vicine
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FINANZA & CREDITO
al 5%), utilizzano strutture specializzate nel fornire servizi in outsourcing, terziarizzando le
fasi più complesse e delicate del processo.
D’altra parte, per le aziende che intendono incrementare il proprio fatturato, l’ecommerce
rappresenta comunque una opportunità interessante, poiché le ragioni della crescita di
questo tipo di domanda dei clienti sono molteplici e contribuiscono a renderlo in prospettiva estremamente interessante come canale di vendita per le piccole e medie imprese
(secondo fonti Eurisko, nel 2013 appena il 13% delle imprese ‘‘minori’’ italiane utilizza il
web per vendere i propri prodotti e servizi).
Un canale di vendita in diffusione
Il primo aspetto da considerare è la notevole diffusione ormai raggiunta degli strumenti di
accesso all’e-commerce da parte di una rilevante quota di potenziali consumatori.
Sono infatti più di 18 milioni gli italiani in grado di navigare su internet da un cellulare, quasi
4 milioni lo fanno da un tablet, mentre la possibilità di accesso al web dai computer è ormai
consolidata per circa 42 milioni di persone (circa i 3/4 della popolazione): questi risultati
sono la conseguenza di un processo culturale iniziato oltre 15 anni fa, favorito dalla progressiva digitalizzazione delle linee di comunicazione ed ancora in corso (l’attuale trend di
crescita annuo è di poco inferiore al 3,5%).
Questo rende possibile estendere la modalità di acquisto dalle operazioni, ormai ‘‘classiche’’ fatte ‘‘on-line’’ su internet attraverso un PC, a quelle concluse attraverso un telefono
cellulare, uno smartphone od altre tecnologie evolute, ‘‘per prossimità’’ (cd. mobile commerce).
Gli strumenti di pagamento
Il secondo aspetto è rappresentato dal livello tecnologico raggiunto negli strumenti di
pagamento delle transazioni.
La sicurezza del trasferimento del denaro, sia per chi paga che per chi riceve il
pagamento rappresenta il vincolo più importante in questa forma di commercio nella quale
le controparti operano fondamentalmente su base fiduciaria e la transazione eseguita sul
web si conclude in tempi relativamente brevi, con consegna sempre più spesso differita
rispetto al pagamento.
Modalità
di pagamento
Può risultare utile suddividere concettualmente i pagamenti in tre categorie principali:
— i pagamenti credit based, ovvero le operazioni di pagamento con carta di credito via
internet, per il tramite di un POS virtuale;
— i pagamenti debit based, ovvero i servizi bancari di bonifico e addebito diretto, che
richiedono l’autenticazione di colui che paga presso un portale bancario online. In questo
ambito possiamo citare la soluzione messa a punto da EBA Clearing a livello paneropeo per
consentire il pagamento degli acquisti tramite bonifico Sepa dal loro abituale home banking
o dalla loro applicazione per i pagamenti dello smartphone;
— i pagamenti token based, realizzati per il tramite di prestatori di servizi di pagamento
elettronici, presso i quali il compratore deve aprire un conto corrente virtuale individuale (ad
es. ‘‘PayPal’’, od il previsto ‘‘Google Wallet’’ recentemente presentato da Google a san
Francisco). I conti possono essere alimentati con metodi di pagamento ‘‘tradizionali’’, ad
esempio bonifici o pagamenti con carta di credito, o con gli introiti di vendite online (ad
esempio attraverso ‘‘Ebay’’).
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FINANZA & CREDITO
Il ‘‘POS virtuale’’
Point Of Sales
(POS)
Per il pagamento della vendita via web con carta di credito, l’esercente deve possedere
un apparecchio POS (Point of Sales) ‘‘virtuale’’ per gestire la trasmissione dei dati senza la
‘‘strisciata’’ della carta (o la lettura fisica della banda magnetica e del microchip), e
garantire il pagamento senza la verifica della firma o la digitazione del codice ‘‘pin’’ da
parte del titolare. Questo avviene grazie all’utilizzo da parte del POS virtuale di protocolli di
sicurezza e crittografia molto sofisticati.
Molti POS virtuali (offerti dalle banche e dalle società emittenti carte di credito) permettono la personalizzazione del servizio con versioni sia ‘‘chiavi in mano’’ che ‘‘server to
server’’. Nel primo caso la fase di pagamento e l’inserimento dati da parte del Cliente
avviene completamente nell’ambiente dell’emittente della carta di credito senza la gestione dei dati da parte dell’Esercente. Nel secondo caso, invece, il processo di comunicazione con il cliente è gestito dal software installato sul server dell’esercente che raccoglie i dati della carta di credito. In entrambi i casi l’emittente della carta di credito provvede
al processo di autorizzazione della transazione e alla contabilizzazione immediata (o
differita, a seconda dell’esigenza dell’Esercente) del pagamento.
Come è ovvio, tutte queste categorie di pagamenti dovrebbero essere accettate indistintamente nei ‘‘negozi online’’ per facilitare le vendite internet, senza discriminarne nessuna né in
termini di costi, né in termini di condizioni di vendita. È infatti ancora elevata (superiore al
20%) la quantità di transazioni non concluse per problemi in sede di pagamento (Tavola 1).
Carta
di credito
I servizi connessi ad una carta di credito e prestati dalle società loro emittenti rendono
questo uno strumento privilegiato per i pagamenti online; per tale ragione in questi ultimi
anni sono cresciute le attenzioni per renderlo più efficace e per aumentare la protezione
dalle frodi per i titolari. Il rischio più rilevante utilizzando la carta di credito è infatti quello del
‘‘furto dell’identità’’ da parte dei cosiddetti ‘‘pirati informatici’’, con il pericolo di vedersi
addebitare somme mai spese e di vedere contestare l’introito al venditore.
I protocolli di sicurezza e di crittografia perfezionati in questi anni hanno realmente portato
su livelli di elevatissima, se non ancora assoluta, sicurezza i trasferimenti di denaro. Ciò
nonostante si continua ad assistere all’aumento del numero delle frodi, con disconoscimento della transazione da parte del cliente: nel triennio 2009-2011 il loro volume è
passato da 5,7 a 8,1 milioni di euro, anche se in percentuale sul fatturato dell’ecommerce
si è passati dallo 0,17% del 2009 al 0,12% del 2011.
Sistemi
di controllo
I sistemi di controllo sono diventati inoltre più selettivi ed il volume delle operazioni bloccate perché non conformi, che nel 2010 era di 25,2 milioni di euro, nel 2011 è stato di
31,7 milioni (nel turismo la percentuale maggiore: bloccati acquisti per il 3,3% degli ordini
complessivi).
La protezione nei pagamenti
La maggior parte dei siti di ecommerce utilizzano livelli di crittografia elevati quali, ad
esempio:
— Il Secure Electronic Transaction (SET), che è nato dalla collaborazione di Visa e
MasterCard con altri partner (tra cui Verisign, IBM e Microsoft). Esso fa uso di algoritmi
crittografici per assicurare la segretezza delle informazioni trasmesse, l’integrità dei pagamenti e la validazione dei contraenti per utilizzare questo protocollo è necessario che il
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FINANZA & CREDITO
Tavola 1 - Vantaggi e limiti dei principali strumenti di pagamento
Vantaggi
Carta di credito
Limiti
Facilità d’uso, basta inserire il numero e la Commissione percentuale sul transato a
data di scadenza della carta
carico dell’esercente
Confidenza nell’utilizzo della carta di credi- Frodi on line, fishing
to
Sistema di pagamento diffuso
Bonifico bancario
Semplicità d’uso, i bonifici possono essere Tempi più lunghi per la conclusione della
effettuati in modo tradizionale o tramite in- transazione
ternet
Ottima confidenza con il mezzo
Sistema di pagamento molto diffuso
Costi contenuti (molte banche non applicano nessuna commissione sui bonifici online)
Possibilità di effettuare pagamenti per importi elevati, superiori al limite della carta di
credito
Contrassegno
Facilità d’uso
Costi elevati per l’acquirente
Estrema confidenza con il mezzo
Ampia diffusione
Nessun canone periodico per l’esercente
Token Based
Il pagamento è facile e può essere esegui- È richiesta una doppia registrazione da parto in pochi minuti
te dell’acquirente se non è già registrato
presso il prestatore del servizio
Discreta diffusione del servizio
Tariffe percentuali per le transazioni variabili a seconda del volume mensile
Nessuna tariffa mensile e nessuna tariffa di
configurazione
Carte prepagate
Sono facili da usare e veloci da ottenere
Scarsa diffusione
Più adatte alle microtransazioni
Poca confidenza
Costi elevati (costi di attivazione e di ricarica)
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FINANZA & CREDITO
venditore disponga sul suo server di un software dedicato e che il compratore sia munito
di un ‘‘wallet’’ e di un PIN, rilasciatigli dalla compagnia che ha emesso la sua carta di
credito. La rilevanza del protocollo SET consiste nel sistema di autenticazione del venditore e del compratore: i ‘‘contraenti’’ hanno, cioè, la possibilità di identificarsi con certezza
prima che qualsiasi transazione abbia inizio. Questo avviene attraverso l’utilizzo di ‘‘certificati digitali’’ che vengono rilasciati alle due parti dalle proprie banche. La firma digitale
della banca garantisce l’autenticità e la validità della carta di credito. Un altro certificato è
quello emesso per l’esercente dalla sua banca (‘‘acquirer’’). In questo modo, l’acquirente
può verificare l’identità del venditore, acquisendo cosı̀ una maggiore garanzia circa i beni
ed i servizi che riceverà e il venditore può verificare a sua volta l’identità del compratore,
acquisendo maggiori garanzie circa il pagamento. Dopo che è stato compilato online
l’ordine di acquisto, un software ("portafoglio digitale’’) si occupa delle reciproche verifiche dei certificati digitali e dell’invio, in forma cifrata, dei dati relativi alla transazione al
server del negoziante. Da questo server i dati passano al payment server della banca
acquirer con la richiesta di autorizzazione e la relativa eventuale risposta da parte della
banca emittente. Dall’esercente, attraverso Internet (che, ripetiamolo, è una rete aperta), il
titolare della carta riceve l’eventuale placet per l’effettuazione del pagamento.
— Il Transport Layer Security (SSL/TLS), in abbinamento con l’HTTP permette di ottenere un nuovo protocollo, l’HTTPS, che garantisce l’invio delle informazioni personali nella
forma di pacchetti criptati, e consente la trasmissione delle informazioni in maniera sicura,
prevenendo intrusioni, manomissioni e falsificazioni dei messaggi da parte di terzi. Il
protocollo HTTPS garantisce quindi tanto la trasmissione confidenziale dei dati, quanto
la loro integrità. Rappresenta sicuramente il sistema più usato perché è supportato dalla
maggior parte dei browser (Mozilla Firefox, Internet Explorer, Safari, Opera, ecc.) e non
necessita di alcun software specifico o password. Le pagine protette da questo protocollo
sono facilmente riconoscibili, in quanto la scritta ‘‘https’’ precede l’indirizzo del sito protetto e le sue pagine vengono contrassegnate da un lucchetto, visualizzabile nella parte
inferiore del proprio browser.
Mobile payments
Una ulteriore modalità di pagamento in veloce diffusione, è quella dei mobile payments nei
quali i dati e l’ordine di pagamento sono emessi, trasmessi o confermati tramite un telefono
o un dispositivo mobile.
Essi possono essere classificati in:
— pagamenti mobili a distanza, in genere eseguiti tramite servizi di ‘‘sms’’. I pagamenti
vengono addebitati sulla carta di credito del compratore per mezzo del gestore telefonico.
Dal punto di vista tecnico sono possibili anche altre soluzioni, basate su bonifici o accrediti
diretti, che tuttavia, pur essendo altrettanto sicure, efficienti e competitive, faticano a diffondersi sul mercato;
— pagamenti di prossimità, in genere eseguiti direttamente nel punto vendita. Essi sono
basati sul protocollo NFC (al momento la tecnologia di prossimità più all’avanguardia), e
necessitano di telefoni con apposita architettura che possano essere riconosciuti quando
avvicinati a un lettore presso i punti vendita (negozi, trasporti pubblici, parcheggi, ecc.).
Gli ambiti applicativi specifici di questa modalità di acquisto comprendono sia acquisti
ricorrenti di importo contenuto (parcheggi, biglietteria per trasporto urbano e locale, ricariche telefoniche, ecc.) che pagamento di servizi fondamentali (bollette, vendite a tempo,
entertainment, ecc.), ma è prevedibile una ampia e veloce diffusione nei prossimi anni
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FINANZA & CREDITO
anche in ambiti più tradizionalemente legati al pagamento diretto, come la ristorazione, il
ticketing, l’information, ecc.).
Interessanti per comprendere il fenomemo sono i dati presentati nel corso dell’ultimo SIA
Expo (indagine ISPO) che fotografano una importante disponilità dei consumatori a fare
ricorso alla moneta elettronica, anche per i pagamenti di importo inferiore ai 50 euro,
percentuale che potrebbe superare il 57% se i terminali di pagamento fossero più diffusi
tra gli esercenti.
Il 62% del campione utilizza abitualmente le carte di pagamento ed un ulteriore 19% si
dichiara disposto a sperimentare il ‘‘mobile payment’’. Tra chi è più disponibile a passare ai
pagamenti con il cellulare troviamo i giovani tra i 18 ed i 24 anni (39%), gli studenti (38%)
ed i laureati (37%).
L’ampia diffusione di questa metodologia (anche per i trasferimenti tra persone) sarà
possibile se verranno standardizzati i processi e sviluppate piattaforme in grado di abilitare
un numero ampio e variegato di funzionalità.
Sarà inoltre possibile estenderne l’impiego anche per altre tipologie di acquisti quando sarà
risolta l’esigenza di sicurezza e di affidabilità dei pagamenti e delle interfacce mobili con il
mondo bancario e retail, per convincere i compratori a dotarsi di wallet digitale e ad
utilizzarlo.
Il Protocollo NFC
La Near Field Communication è una tecnologia che fornisce connettività wireless bidirezionale a corto raggio e che è stata sviluppata congiuntamente da alcume imprese di
telecomunicazioni.
La tecnologia NFC permette di far comunicare bidirezionalmente due apparecchi NFC
(l’Initiator e il Target) quando vengono accostati entro un raggio di circa 4 cm e si crea una
rete ‘‘peer to peer - P2P’’ tra i due che consente ad entrambi di inviare e ricevere
informazioni.
Questa tecnologia si può applicare ai dispositivi mobili direttamente tramite un chip integrato (oppure tramite l’uso di una speciale scheda esterna che sfrutta le porte delle schede
SD o micro SD) e permette il mobile commerce, ad esempio:
— il pagamento su dispositivi portatili, attraverso computer, di giochi, file MP3, video,
software,
— lo scaricamento da un PC ad un dispositivo portatile, della prenotazione o acquisto di
una permanenza in albergo, ingressi a cinema, teatri, stadi, viaggio in treno o aereo, ed
accesso al servizio comperato mediante il dispositivo stesso avvicinandolo o toccando il
chiosco elettronico ("Initiator’’) in albergo, al gate di ingresso o di partenza;
— lo scaricamento da un chiosco elettronico mediante scansione di una etichetta nfc o di
un ‘‘QR code’’, di informazioni addizionali, acquisto di titolo di viaggio su mezzi urbani e
accesso al servizio mediante il dispositivo stesso anche sui mezzi di trasporto urbano.
Sono in corso una serie di sperimentazioni per l’applicazione in maniera diffusa di questa
modalitè di vendita/acquisto. Tra le altre possiamo ricordare il servizio di mobile ticketing
delle aziende di trasporto dell’Emilia Romagna (TPER) e di Napoli (ANM) o la sperimentazione per lo scontrino elettronico pagabile con lo smartphone nei negozi della catena
francese Casino.
NFC rappresenta in questo momento lo standard tecnologico al centro della maggior
quantità di applicazioni ed innovazioni per mettere in comunicazione strumenti portatili e
POS per il pagamento contactless.
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FINANZA & CREDITO
In concorrenza con i sistemi NFC ve ne sono anche altri, ma rappresentano standard
meno diffusi e quindi destinati forse a non rimanere sul mercato.
Tra questi ve ne sono di particolarmente semplici (come il ‘‘Chip&Pin’’ che anziché
mettere in contatto smarphone con un POS, trasformano direttamente il proprio strumento portatile in un POS con un semplice lettore collegabile via bluetooth ed utilizzabile
dagli esercenti senza costo e senza commissioni sul transato. Il mercato di questa tecnologia è potenzialmente interessante se si pensa che circa il 60% dei piccoli esercizi
commerciali (taxi, bar, ambulanti, piccoli artigiani) sono sprovvisti di POS e pertanto
non si trovano nelle condizioni di accettare pagamenti elettronici tradizionali.
La conseguenza di questi aspetti è l’evoluzione del profilo dei consumatori che hanno
acquisito sempre più confidenza ed abitudine ad effettuare acquisti sul web. Valutando
solamente la composizione dei circa 10 miliardi di euro di transazioni commerciali sull’ecommerce nel 2012 1, circa la metà di esse sono riferite al settore del turismo (48% per
biglietterie aeree, treni, alberghi, ecc.), mentre hanno percentuali decrescenti ed inferiori al
10% gli acquisti per servizi assicurativi, nell’elettronica di consumo e nell’editoria, nella casa,
nell’arredamento e nell’abbigliamento.
In questo senso, le imprese italiane vivono un paradosso: tradizionalmente sono aziende
esportatrici, eppure la bilancia commerciale dell’ecommerce evidenza uno sbilancio delle
importazioni sulle esportazioni, anche come conseguenza della maggiore penetrazione del
commercio elettronico rispetto a quello tradizionale nei paesi esteri rispetto all’Italia (Tavola 2).
Tavola 2 -Tassi di penetrazione dell’ecommerce nei principali comparti
ITALIA
EUROPA
USA
ABBIGLIAMENTO
1%
5%
17%
EDITORIA, MUSICA, EUDIO E VIDEO
4%
15%
35%
GROCERY
0,10%
1%
2%
INFORMATICA ED ELETTRONICA
6%
37%
38%
TURISMO
15%
25%
27%
Il fatturato ecommerce prodotto nel 2012 dalle imprese attive anche nella vendita online si
attesta mediamente sulla interessante percentuale del 27%, frutto di strategie commerciali
all’export però differenti da quelle attuate sui canali tradizionali, sia in termini di marketing
che di investimento (ad esempio, vendita con siti multilingue o utilizzare il marketing virale
sui social network).
Conclusioni
Volendo concludere, si può affermare che per i clienti sarà sempre più necessario raggiungerli on line e che l’interattività consentirà di ridurre l’utilizzo del contante, di allargare la
platea degli utenti e lo scambio di merci e servizi.
1
Dei 21 miliardi di fatturato 2012 nell’ecommerce, infatti circa il 57% del totale è rappresentato dal gioco e dalle
scommesse on line.
39
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FINANZA & CREDITO
Nel nostro paese, per procedere concretamente in questa direzione sarà necessario lavorare per avere una normativa digitale stabile e favorevole alla digitalizzazione, e potere
contare su una pubblica amministrazione moderna e che stimoli la diffusione di procedure
digitali nel trasferimento dei documenti e dei servizi anche tra i vari soggetti economici
(banche, aziende, cittadini, ecc.).
Da ultimo, i comportamenti digitali dei consumatori potranno diventare realmente ‘‘confidenti’’ quando saranno disponibili strumenti semplici ed affidabili in termini di sicurezza e
semplicità di utilizzo: in questo senso i moderni smartphone potrebbero essere di valido
indirizzo, integrando in un unico apparato una fotocamera, la connessione internet, l’applicazione di dialogo per il trasferimento del denaro ed un PIN, indispensabili per concludere una compravendita.
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CONTROLLO DI GESTIONE
Gestione dei progetti
La gestione delle risorse
umane di progetto
di Rocco Corvaglia e Filippo M. Corvasce
La sesta area di conoscenza in approfondimento, proseguendo il percorso di analisi dello
standard di Project Management promosso dal Pmi, riguarda la gestione delle risorse
umane di un progetto. (Tavola 1).
Tavola 1 - La gestione delle risorse umane
Sebbene le risorse umane siano assolutamente assimilabili, in ottica di management, alla
gestione degli approvvigionamenti di risorse materiali, vi è un aspetto peculiare che rende
questo particolare fattore produttivo cosı̀ delicato in ottica gestionale: la connotazione ‘‘umana’’.
La gestione di questa area di conoscenza include tutti i processi che riguardano l’organizzazione del gruppo di persone che adoperano congiuntamente su un progetto, lo gestiscono e lo guidano fino al raggiungimento degli obiettivi. Da ciò discende la centralità
dell’area in oggetto: la gestione efficace del gruppo di lavoro incide inevitabilmente e
direttamente sulla qualità finale dell’output di progetto 1.
Una efficace gestione delle risorse umane considera l’esecuzione dei seguenti quattro
processi 2 operativi:
I processi
di gestione delle
risorse umane
1) sviluppare il piano delle risorse umane;
1
Si veda ‘‘La gestione della qualità di progetto’’ di R. Corvaglia e F.M. Corvasce, in Pmi n.7/ 2013.
2
Per un maggiore approfondimento si rimanda a ‘‘A guide to the Project Management Body of Knowledge (PMBoK)
Fifth Edition’’ – Edito da Project Management Institute.
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CONTROLLO DI GESTIONE
2) costituire il gruppo di progetto;
3) sviluppare il gruppo di progetto;
4) gestire il gruppo di progetto.
Sviluppare
il piano
delle risorse
umane
Il piano delle risorse umane è lo strumento, di natura documentale, con cui il Project
Manager definisce la strategia di gestione del gruppo di lavoro: dal momento della sua
costituzione al momento del rilascio delle risorse umane.
Uno degli elementi preminenti costituenti il piano in questione è il piano di allocazione
delle risorse umane. In precedenza 3, si è avuto modo di analizzare il tema relativo alla
stima delle risorse umane necessarie allo svolgimento delle attività di progetto: in questa
fase, il Project Manager, utilizzando la stima precedentemente operata, deve aggregare le
medesime risorse per tipologia e per periodo lavorativo, dando cosı̀ vita ad un piano di
allocazione delle risorse (Resource allocation plan), come rappresentato nella Tavola 2.
Tavola 2 - Esempio di piano di allocazione delle risorse
Il piano delle risorse umane, peraltro, deve considerare al proprio interno anche la carta
organizzativa del progetto, ossia la struttura grafica che descrive, in ottica gerarchica e
funzionale, le dipendenze organizzative nell’ambito del gruppo di lavoro individuato. Lo
schema organizzativo più diffuso, e probabilmente anche il più efficace, è la classica struttura organizzativa gerarchica (Tavola 3).
Tavola 3 - Esempio di struttura organizzativa gerarchica
3
Si veda ‘‘La gestione dei tempi di progetto’’ di R. Corvaglia e F.M. Corvasce, in Pmi n.5/ 2013.
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CONTROLLO DI GESTIONE
Il piano delle risorse umane può essere redatto con l’ausilio di differenti strumenti operativi:
prescindendo dalla loro tipologia, è essenziale che nell’ambito del piano si dichiarino in modo
chiaro ed univoco, per ciascuno dei Work Package (WP) individuati nella WBS 4, i ruoli, le
responsabilità e le mansioni che gravano a capo di ogni membro del gruppo di lavoro.
Alcuni degli strumenti maggiormente utilizzati in questa fase sono i diagrammi a matrice. Un
esempio, in tal senso, è la Responsibility Assignment Matrix (RAM) con cui è possibile
collegare ad ogni WP il relativo responsabile. Nell’esempio di seguito riportato (Tavola 4), la
responsabilità del WP2 è assegnata alla risorsa umana (o team di lavoro) ‘‘b’’, mentre al
team ‘‘a’’ è assegnata la responsabilità del WP1 e del WP4.
Una declinazione specifica della RAM è individuata nella matrice RACI (Tavola 4).
Tavola 4 - Esempio di matrici RAM e RACI
La RACI è una matrice che dettaglia in modo chiaro l’assegnazione dei differenti livelli di
responsabilità all’interno del gruppo di lavoro di progetto. Nella Tavola 4, ad esempio, si
dettagliano i livelli di responsabilità assegnati in capo alle diverse risorse umane impiegate
nella realizzazione dei 5 WP di cui si compone il progetto.
Nel WP3, a titolo esemplificativo, sono individuate le seguenti responsabilità:
R ) è il responsabile operativo dell’esecuzione delle attività di WP;
A ) è il soggetto che approva (o meno) l’esecuzione delle attività di WP;
C ) è il soggetto da consultare nel corso della esecuzione delle attività di WP;
I ) è il soggetto da informare nel corso della esecuzione delle attività di WP.
Costituire
il gruppo
di progetto
Definita la pianificazione della gestione delle risorse umane di progetto, nel relativo piano, si
avvia il processo di costituzione del gruppo di progetto: in questa fase avviene l’assegnazione definitiva di una risorsa umana ad un dato progetto.
Questo processo è particolarmente delicato perché genera delle innegabili ripercussioni
sull’intero sistema aziendale. Una efficace azienda project oriented, infatti, deve essere in
grado di gestire in modo ottimale e strategico il portafoglio aziendale di risorse umane
nell’ambito dei singoli progetti: il tutto, trovando un giusto equilibrio tra scenari di sovraimpiego (che generano extra costi, ad esempio, in termini di ore di lavoro straordinario) e
ipotesi di sotto-impiego (che producono un sostanziale inutilizzo dei fattori produttivi).
Sviluppare
il gruppo
di progetto
Una volta costituito il team, il Project Manager necessita di alcuni interventi finalizzati al suo
sviluppo: un gruppo di persone che opera insieme su un determinato progetto, non
necessariamente è un team. Bisogna tener presente, infatti, che la produttività di singole
4
Si veda ‘‘La gestione dell’ambito’’ di R. Corvaglia e F.M. Corvasce, in Pmi n.4/2013.
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CONTROLLO DI GESTIONE
risorse umane considerate complessivamente all’interno di un gruppo è normalmente
inferiore rispetto alla somma delle singole produttività individuali; cosı̀ come, quando il
gruppo di persone è costituito sottoforma di team, la produttività del team nel suo complesso è normalmente maggiore rispetto alla somma delle produttività espresse da ogni
singolo membro del team.
Il Project Manager, quindi, deve adottare un insieme di misure operative (formazione, team
building, incentivi, premi produzione, etc.) volte a determinare l’innalzamento del livello di
competenza, il miglioramento dell’ambiente di lavoro e della comunicazione interna, nonché l’incremento delle prestazioni di progetto.
Grande attenzione, pertanto, deve essere rivolta alla fase di sviluppo del team di lavoro.
Particolarmente rilevante, in questo ambito, è il modello teorizzato da Tuckman 5, secondo
cui lo sviluppo di un qualsiasi gruppo di lavoro è contraddistinto da cinque fasi (Tavola 5):
Tavola 5 - Le fasi di sviluppo di un gruppo di lavoro
— forming (formazione) - è la fase in cui si sviluppa il senso di appartenenza al gruppo con
la condivisione della conoscenza, delle competenze, dei valori e della mission aziendale;
— storming (contagio) - è la fase in cui, cominciando a familiarizzare con il lavoro di
progetto, possono sorgere i primi conflitti interni;
— norming (normalizzazione) - se si superano in modo efficace i conflitti manifestati, si
determina un senso di unità nel gruppo e quindi si inizia a lavorare insieme sulla definizione
delle regole interne;
— performing (efficienza) - è la fase in cui il gruppo, forte delle regole definite, può
raggiungere gli obiettivi operativi prefissati;
— adjourning (aggiornamento) - è la fase di scioglimento del gruppo di lavoro, considerato il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Gestire
il gruppo
di progetto
Quando il Project Manager è riuscito a creare il team, ottenendo da esso le performance
richieste, dovrà continuare a lavorare con tali persone, gestendo il team in maniera continua. Egli dovrà, infatti, favorire il lavoro in team, gestire i conflitti, esercitare una importnte
influenza nel progetto in termini di leadership, prendere decisioni in modo efficace, comunicare e negoziare con tutti, ecc.
5
B. Tuckman, ‘‘Developmental sequence of small groups’’, 1965.
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CONTROLLO DI GESTIONE
Personale
La comunicazione organizzativa
nelle imprese: aspetti operativi
di Renzo Pravisano
La comunicazione organizzativa nelle imprese viene determinata sostanzialmente dai seguenti due fattori:
— aumento dell’esigenza di eterogeneità e di interdipendenza del personale addetto
all’interno dell’impresa, che richiede la predisposizione di strategie operative finalizzate al
coordinamento delle funzioni espletate sia all’interno di ciascun settore operativo, sia fra i
vari settori dell’impresa;
- crescente complessità delle funzioni dell’impresa derivante dalle variazioni mutevoli
delle reti di relazioni interne/esterne con conseguente necessità di maggiore coinvolgimento del personale.
In altri termini per garantire che l’impresa possa operare con efficienza del mercato è
indispensabile che venga istituito un sistema complesso di relazioni che deve essere da
un lato sostenuto e dall’altro lato governato da opportune forme di comunicazione di tipo
organico ed a rete.
Infatti le organizzazioni delle imprese devono sempre più adeguarsi al mercato in base alle
esigenze di:
Adeguarsi
al mercato
— economicità dei beni e servizi;
— flessibilità dell’offerta in modo da rispondere in forma adeguata alla variabilità della
domanda;
— qualità dei prodotti, al fine di poter risultare sempre più competitive nell’offerta sul
mercato.
Per raggiungere gli obiettivi di produttività e redditività sul mercato si rende sempre più
necessario studiare e procedere alla ricerca di forme di comunicazione innovative che
costituiscono uno strumento centrale nella gestione delle imprese indipendentemente
dalla loro dimensione.
Sotto questo profilo l’organizzazione dell’impresa attraverso la creazione di un sistema di
rete comunicativa, si trasforma in comunicazione organizzativa.
Essa può venire definita come l’insieme dei processi di: creazione, scambio, condivisione di
messaggi informativi e valoriali all’interno dei diversi settori che compongono l’impresa, le
cui correlazioni costituiscono l’essenza della sua organizzazione al fine di coinvolgere non
solo il personale addetto ma anche i clienti effettivi e potenziali.
In altri termini la comunicazione organizzativa di un’impresa è parte integrante di tutti i
processi produttivi e decisionali. Il suo impiego è finalizzato allo sviluppo degli scambi di
beni e/o servizi dell’impresa, con lo scopo di favorire la visibilità sia all’interno che all’esterno
di tutta l’organizzazione imprenditoriale. Essa rappresenta un mezzo indispensabile per
poter operare con efficienza sul mercato riducendo conseguentemente anche i costi di
transazione. È uno strumento sempre più oggetto di valutazione ed analisi da parte delle
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CONTROLLO DI GESTIONE
imprese di medie dimensioni in presenza di eventi finanziari ed economici negativi del
mercato.
La comunicazione è caratterizzata da una componente strutturale, costituita da:
Componete
strutturale
Componente
relazionale
— canali di comunicazione interna ed esterna, con la creazione di strumenti informativi
sempre più aggiornati;
— studio dell’efficacia ed efficienza dei messaggi.
Nonché da una componente relazionale, formata da:
— valutazione della comunicazione interna ed esterna;
— comparazione degli obiettivi da raggiungere;
— individuazione dei ruoli e dei risultati di gruppo.
Aspetti funzionali della comunicazione organizzativa
La comunicazione organizzativa di un’impresa può venire definita come l’insieme dei processi strategici ed operativi che influiscono direttamente sulla sua gestione.
Essa si sviluppa nelle specificità operative riportate nella Tavola 1.
La comunicazione organizzativa sotto il profilo motivazionale si suddivide in due distinte
situazioni:
a) comunicazione di gruppo, che a sua volta si distribuisce in:
Tavola 1 - Processi strategici ed operativi
Tipo di organizzazione
Funzionale
Descrizione
È rappresentata dalle informazioni necessarie per coinvolgere
i diversi processi organizzativi e decisionali interni (es. organizzazione delle relazioni fra i diversi settori dell’impresa finalizzate all’ottenimento di risultati gestionali sempre più ottimali), nonché dalle direttive impartite dalla Direzione dell’impresa.
Strategica
Ricomprende tutte le informazioni necessarie per far conoscere
l’organizzazione nel suo complesso o solo alcuni suoi aspetti
(es. conoscenza dei prodotti e dei servizi, dislocazione territoriale dell’impresa, tempistica sulle consegne, ecc.), con lo scopo
di fornire una visibilità esterna all’organizzazione dell’impresa ed
alle sue attività.
Formativa
Svolge la funzione di formazione del personale impiegato al fine
di far apprendere: contenuti, metodi operativi, modi comunicazionali, con lo scopo di rafforzarne in forma attiva la loro partecipazione nell’impresa.
Creativa
Espleta la funzione di creare situazioni di scambio e di dialogo,
in senso orizzontale e verticale, finalizzate all’accrescimento di
collegamenti funzionali interni e la soluzione di problemi organizzativi.
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CONTROLLO DI GESTIONE
Gruppo
— comunicazione interna, che svolge la funzione di coordinare l’attività organizzativa
all’interno dell’impresa,
— comunicazione esterna (o di marketing), che ha lo scopo di fornire una maggiore
conoscenza dell’impresa sul mercato attuale e potenziale per poter riuscire ad incrementare la sua attività,
— comunicazione istituzionale, che è rappresentata dalle forme di integrazione fra la
comunicazione interna ed esterna finalizzate ad un sempre crescente risultato positivo
nella gestione;
Interpersonale
b) comunicazione interpersonale, che ha la funzione di raccogliere le informazioni derivanti
in forma individuale da ciascun soggetto operante sia all’interno che all’esterno dell’impresa
con lo scopo di ricavare delle notizie utili per il miglioramento delle relazioni comunicative
dell’impresa sul mercato.
Va ora precisato che se da un lato lo sviluppo organizzativo di un’impresa richiede sempre
una maggiore comunicazione, dall’altro lato l’utilizzo anticipato della comunicazione rappresenta sempre un fattore di stimolo sull’azione di cambiamento da adottare.
In altri termini l’attività di comunicazione ha lo scopo di:
Gli scopi
— definire il sistema di comunicazione più idoneo, mediante l’esame di ruoli organizzativi
del personale addetto;
— istituire dei mezzi di comunicazione sempre più rispondenti alla gestione dell’impresa,
con la scelta di persone sempre più qualificate alle mansioni da svolgere;
— mantenere elevato il livello organizzativo del personale, mediante: la valutazione di
opinioni o la soluzione di problemi, l’esame di fatti, la presa d’atto di suggerimenti, ecc.
Aspetti operativi della comunicazione interna delle imprese
Le imprese che intendono operare nel mercato attuale con profitto devono studiare:
a) le forme più idonee di comunicazione interna al fine di poter attivare la partecipazione
ed il coinvolgimento di tutti i dipendenti, indipendentemente dal loro ruolo e dal livello;
b) i mezzi più adatti per risultare più incisivi e completi nei rapporti interni;
c) gli strumenti di comunicazione, che rispondano all’organizzazione dell’impresa.
Le forme
e mezzi
Con riferimento alle forme di comunicazione che possono venire adottate sono: forma
scritta, forma orale, forma visiva, materiali audiovisivi. Invece con riferimento ai mezzi è
possibile utilizzare: bacheche per l’inserimento di comunicati, ordini di servizio, comunicazioni, ecc.; pubblicazioni interne; circolari di servizio; messaggi informatici. Infine gli strumenti di comunicazione, che si distinguono in diretti ed indiretti, sono rappresentati da
supporti cartacei, cataloghi, comunicazioni on line, convegni ed aggiornamenti professionali.
È importante ora esaminare in che modo la comunicazione interna deve essere sviluppata
al fine di poter conseguire risultati ottimali.
È infatti compito della direzione dell’impresa creare gli strumenti idonei per attuare una
comunicazione organizzativa interna che risponda in forma ottimale alle esigenze dell’impresa e del mercato.
Il punto di partenza è quello della creazione di un organigramma strutturale dell’impresa finalizzato alla composizione dei singoli settori operativi all’interno dei quali inserire i
vari dipendenti. L’organigramma deve venire studiato in forma piramidale al fine di poter
garantire sempre la sua integrazione con l’aumento dell’attività, mediante inserimento di
nuove strutture operative rispetto alla base dell’originaria struttura.
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CONTROLLO DI GESTIONE
Organigramma
Deve essere sempre tenuto presente che la struttura può diversificarsi non al vertice ma
ponendo nuove strutture alla sua base. L’organigramma parte con la considerazione che
alle dipendenze del capo (presidente del consiglio di amministrazione, amministratore
unico, titolare) devono essere designati tre soggetti (responsabile commerciale, responsabile della produzione, responsabile amministrativo-finanziario) che costituiscono i tre settori
base dell’impresa. L’aumento dell’attività di gestione potrà generare la diversificazione dei
tre settori principali con la creazione di sottoresponsabili e capiufficio. Per ciascun settore
tale diversificazione deve essere posta in forma piramidale al fine di garantire all’interno del
settore una dipendenza funzionale in termini di distribuzione di compiti.
Creato l’organigramma strutturale l’impresa deve studiare delle forme di comunicazione
che rispondano ai requisiti della completezza e celerità delle informazioni di tipo verticale,
con lo studio di programmi di formazione continua del personale al fine di poter rispondere
anche alle mutevoli situazioni del mercato ed alle variazioni delle disposizioni normative.
La dinamicità del mercato e la complessità della documentazione da attuare richiedono
anche che la comunicazione avvenga anche a livello orizzontale fra i vari uffici appartenenti a settori diversi (es. ufficio commerciale con il magazzino, magazzino con la produzione, ufficio commerciale ed amministrazione), al fine di evitare possibili errori od omissioni che potrebbero influire in senso negativo nella gestione (es. la non conoscenza dei
termini di resa convenuti contrattualmente da parte dell’amministrazione potrebbe generare l’emissione di documenti contabili non corretti fiscalmente).
È pertanto necessario studiare delle forme integrate di comunicazione fra i vari settori,
mediante utilizzo di strumenti cartacei ed informatici che permettano la trasmissione delle
conoscenze. Da ciò deriva che la comunicazione organizzativa ha sostituito il passaggio di
documenti cartacei con sistemi integrati di tipo informatico dei dati e con le procedure
informatiche di segnalazione di dati fra i vari settori.
A completamento delle singole procedure è indispensabile che venga anche studiato un
sistema di informazioni e di segnalazioni tale da riuscire a far pervenire ai responsabili dei
settori principali dell’impresa tutte le informazioni e segnalazioni da parte dei soggetti
subordinati.
Al riguardo il sistema informatico può risultare molto utile in quanto permette il dialogo fra i
vari settori in forma celere e tempestiva.
Le forme tradizionali di comunicazione possono rimanere come documentazione dei fatti di
gestione (es. listini prezzi, contratti, documenti di trasporto, documenti doganali, ecc.) ma non
come comunicazione utile ed efficace ai fini gestionali fra i vari soggetti operanti nell’impresa.
Va fatto presente che tutta la documentazione che viene inviata all’esterno (es. depliants,
cataloghi, opuscoli, ed altro deve venire posta a conoscenza di tutti i dipendenti).
Un problema particolare di comunicazione sono gli ordini di servizio che devono essere
oggetto di comunicazione a tutti i dipendenti interessati. L’utilizzo delle sole bacheche per
l’esposizione di tale documentazione non costituisce più un sistema di conoscenza ottimale. Tali atti devono essere portati singolarmente a conoscenza degli interessati che
debbono documentare di avere preso visione del loro contenuto.
Un aspetto organizzativo è anche quello della documentazione delle assenze che deve
avvenire mediante utilizzo di appositi stampati in cui il soggetto interessato esprime al
riguardo la relativa richiesta con la sua sottoscrizione, nell’osservanza di tutte le forme a
tutela della privacy.
La comunicazione esterna (o di marketing) delle imprese
La comunicazione esterna assume la funzione di permettere l’impresa di poter dialogare
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con tutti gli interlocutori esistenti nel mercato mediante utilizzo di comunicazioni di
massa.
Gli scopi principali di tale comunicazione sono i seguenti:
Gli scopi
1) far conoscere l’impresa e la sua organizzazione sul mercato;
2) orientare i possibili clienti all’accesso ai beni o ai servizi offerti;
3) rilevare in termini qualitativi e quantitativi i fabbisogni del mercato;
4) dare risposte certe, efficienti e precise alla domanda del mercato;
5) favorire i processi di sviluppo economico tenendo conto anche dell’evoluzione normativa e sociale della clientela.
Anche per questo tipo di comunicazione devono venire utilizzati degli strumenti che possono venire riassunti nella Tavola 2.
Tavola 2 - Gli strumenti
Tipo di strumento
Orale
Scritto
Visivo
Tecnologico
Evento programmato
Descrizione
Lezioni, conferenze, interviste, radio.
Lettere, opuscoli, questionari, comunicati, manuali, volantini,
ecc.
Foto, depliants, cataloghi, messaggi televisivi, manifesti murali,
giornali, riviste.
Telefono, messaggi cellulari, internet, posta elettronica.
Convegni, fiere, manifestazioni, ecc.
La scelta di uno dei seguenti tipi di comunicazione deve essere studiata in modo che il
messaggio che si vuole inviare nel mercato arrivi effettivamente alla clientela o alla possibile
clientela.
Normalmente le imprese scelgono in forma integrata il tipo di strumento da utilizzare per
trasmettere la comunicazione. In ogni caso esso deve risultare chiaro e sintetico, predisposto e circoscritto al messaggio che si intende trasmettere.
Nella sua ricerca è indispensabile tenere presente se il messaggio si riferisce a:
a) una comunicazione esterna dei prodotti o dei servizi;
b) una comunicazione sul mercato dell’esistenza dell’impresa e della sua possibilità di
rispondere alle aspettative della clientela;
c) una comunicazione esterna del marchio d’impresa o dell’esistenza di una catena di
franchising.
Deve essere chiarito che lo studio degli strumenti da adottare deve tenere conto del tipo di
messaggio che si vuole inviare sul mercato.
Infatti la comunicazione dei prodotti o dei servizi deve avere come riferimento dei
mezzi di comunicazione idonei a trasmettere in forma immediata non solo la loro esistenza
sul mercato ma anche la località in cui è possibile procedere con tempestività al loro
possibile acquisto.
Invece la comunicazione dell’esistenza dell’impresa sul mercato deve venire studiata in modo da far conoscere la sua esistenza, il settore in cui opera e la qualità dei prodotti e
servizi offerti.
Infine la comunicazione di un marchio d’impresa o di una catena di franchising deve
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CONTROLLO DI GESTIONE
essere formata in modo da fare risaltare le qualità del marchio o del nome al di sopra dei
prodotti o servizi offerti.
Le scelta del tipo di comunicazione risente anche del settore in cui l’impresa opera e dei
possibili consumatori.
La creazione di un piano di comunicazione esterna
Per poter effettuare una valutazione dei risultati derivanti dalla comunicazione esterna è
indispensabile studiare e redigere un piano di comunicazione. Esso costituisce uno
strumento operativo finalizzato alla programmazione e gestione delle varie azioni di comunicazione con lo scopo di raggiungere specifici obiettivi (es. aumento della clientela, aumento o diversificazione delle vendite, aumento del mercato, ecc.). Il piano deve essere
studiato anche con riferimento ai risultati cui s’intende perseguire in un dato periodo di
tempo.
Infatti il piano di comunicazione non può essere costruito a tempo indefinito ma deve
essere programmato con riferimento ad un determinato periodo di tempo al fine di poter
valutare se i messaggi rivolti nel mercato hanno prodotto ed in quale percentuale gli effetti
programmati.
Le possibili finalità di un piano di comunicazione possono venire riassunte nella Tavola 3.
Tavola 3 - Il piano di comunicazione: finalità
Il piano
di comunicazione
TIPOLOGIA
DESCRIZIONE
Strategica
Ha la funzione di creare i presupposti per l’incremento o il
mantenimento delle politiche di vendita poste in essere dall’impresa.
Integrativa
Possiede lo scopo di far convergere unificandole sia la comunicazione interna che quella esterna, creando in tal modo
una comunicazione integrata in termini operativi.
Incentivante
Ha lo scopo di costruire delle relazioni bidirezionali tra l’impresa ed i suoi potenziali clienti. Per avere dei risultati concreti è indispensabile che tali relazioni siano costanti nel
tempo e non episodiche o casuali.
Il piano di comunicazione può essere definito come uno strumento interessante tutti i
soggetti coinvolti nella gestione interna ed esterna dell’impresa, e contenente delle strategie
ed azioni di comunicazione che vengono poste al fine di ottenere gli obiettivi preventivati
(es. aumento del mercato, aumento delle vendite, diversificazione delle vendite fra i vari
prodotti, aumento della clientela, ecc.).
Esso pertanto rappresenta un processo organizzativo che permette non solo al sua
predisposizione ma anche e soprattutto il suo controllo operativo al fine di poter valutare
i risultati preventivati e quelli effettivamente raggiunti rispetto ad un ambito temporale
prestabilito.
Sotto questo profilo il piano deve risultare composto tre fasi riportate nella Tavola 4.
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Tavola 4 - Il piano di comunicazione: le fasi
Fasi procedurali
Obiettivi
Pianificazione e costruzio- L’impresa dovrà studiare le procedure ed i mezzi più idonei
ne del piano
non solo per la realizzazione del piano ma anche in considerazione che lo stesso deve poter ottenere dei risultati positivi
per la gestione.
Controllo e variazione
del piano
Durante la fase realizzativa del piano deve essere prevista la
possibilità di una sua gestione attraverso l’applicazione di variazioni incrementative o decrementative con particolare riferimento all’andamento dei relativi risultati nel tempo. Tali processi procedurali sono molto importanti in presenza di piani
che risultano formati con una durata nel tempo.
Valutazione finale
del piano
Costituisce la fase principale del piano in quanto pone in
essere la verifica e la comparazione dei risultati ottenuti rispetto a quelli preventivati. Tale fase permette all’impresa di poter
stabilire il grado di utilità del piano e dei mezzi attuati al fine di
valutare eventuali modifiche o confermare anche in futuro la
sua applicabilità.
Conclusioni
Il processo di comunicazione organizzativa nelle imprese presuppone un cambiamento
organizzativo finalizzato alla realizzazione di mutamenti pianificati e deliberati posti in essere
al fine di modificare il sistema organizzativo globale e poter perseguire un’efficacia gestionale sempre maggiore.
Le procedure esposte sono presenti nelle imprese di grandi dimensioni in quanto servono
per la valutazione dei processi organizzativi interni ed esterni.
Esso deve venire adottato anche nelle imprese di medie e piccole dimensioni al fine
principale di accertare l’esistenza di un’organizzazione ottimale della gestione, oppure se
vi sia bisogno di porre in essere un cambiamento cumulativo nell’organizzazione finalizzato
da un lato a ridurre i costi di gestione, dall’altro ad incrementare i flussi di produzione e
distribuzione dei prodotti e dei servizi.
In merito alla comunicazione esterna (marketing) va fatto presente che non può venire
programmata facendo riferimento solo ai beni o servizi da reclamizzare ma anche e soprattutto rispetto al mercato ed alla clientela attuale e potenziale cui per tali beni o servizi è
destinataria.
Va al riguardo fatto presente che la comunicazione varia nel tempo per effetto di mutamenti su:
— modo di distribuzione dei beni o di erogazione dei servizi;
— forme di esercizio della distribuzione dei beni sul mercato;
— modifica dei supporti tecnici in uso per la diffusione della conoscenza dei beni o servizi
posti in essere dalla concorrenza;
— esercizio dell’attività sul mercato e le relative aspettative;
— bisogni e caratteristiche economiche dei clienti.
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In linea generale i processi di innovazione organizzativa e di sviluppo gestionale devono
essere sempre supportati con piani di comunicazione adeguati la cui conoscenza e condivisione deve risultare da parte di tutti gli interessati che operano nell’impresa. Infatti i
processi decisionali, gestionali e produttivi che si intendono adottare nell’impresa debbono
risultare basati sulla cooperazione e sulle relazioni interpersonali dei soggetti coinvolti
nell’esercizio dell’impresa.
Il risultato della comunicazione organizzativa, con particolare riferimento a quella esterna,
non è quello di aver elaborato dei piani ottimali quanto quello di riuscire a diffondere i
propri messaggi ai vari livelli di mercato in cui l’impresa opera o ha intenzione di operare,
attraverso lo studio attento dell’ambiente e dei soggetti destinatari.
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Pianificazione
Budget e budgeting:
dai numeri alla motivazione
di Vinicio Sandrin - Responsabile amministrativo
Decidere di pianificare a medio e lungo termine non è scelta scontata, oggigiorno. Decidere
di adottare un sistema di budgeting per guidare l’impresa nel breve termine nemmeno. Chi
decide di farlo, conosce le difficoltà: queste possono derivare da condizioni esterne quali
l’imprevedibilità dei mutamenti, la rapidità del verificarsi di fatti eccezionali, l’incertezza del
futuro, cosı̀ come da condizioni interne: valutazioni errate, distorsioni comportamentali o
‘‘trucchetti manageriali’’ quali la creazione di riserve di risultato o la manipolazione dei
risultati.
Questo scritto vuole riprendere alcune caratteristiche tipiche del processo di budgeting
tenendo conto specialmente dei risvolti organizzativi di questo processo. In particolare,
l’attenzione viene focalizzata dapprima su una ripresa di alcuni concetti inerenti il budgeting
e, successivamente, su alcune considerazioni in merito ai comportamenti opportunistici
messi in atto dal personale durante questo processo, riproponendo l’idea di un ‘‘budgeting
strategico’’ quale possibile e provvisoria soluzione, capace di ridurre i costi senza che i tagli
impattino negativamente sulle prestazioni operative e consentendo, allo stesso tempo, di
identificare le aree di inefficienza.
Il budgeting nel suo aspetto economico ed organizzativo
Rifacendosi alla dottrina tradizonale, quando si parla di ‘‘budgeting’’ ci si riferisce a quel
processo con il quale si definiscono degli obiettivi formalizzati successivamente nei vari
budget, programmi espressi in termini quantitativo - monetari.
Il budget ha un duplice ruolo: esso ha, al contempo, un ruolo economico (di controllo,
di indirizzo quantitativo) ed un ruolo organizzativo (di stimolo, di motivazione all’impegno).
Di per sé il budgeting, in quanto processo di assegnazione di risorse alle varie unità, può
svolgersi in tre modalità alternative:
Modalità
a) una negoziazione tra i membri dell’organizzazione;
b) una imposizione da parte del gruppo dominante (i manager di più alto livello, l’alta
direzione);
c) una partecipazione impostata sul ‘‘confronto aperto’’ (se cosı̀ si può dire) dal quale
scaturiscono gli obiettivi più opportuni e le relative risorse.
La Tavola 1 sintetizza alcune delle caratteristiche di queste tre modalità:
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Tavola 1 - Alcune caratteristiche delle varie modalità di budgeting.
La classificazione di Tavola 1 è sicuramente opinabile: in tal senso, la letteratura sul tema
(pur ampia e di alto livello) non è pervenuta ad una risposta inequivocabile su quale sia la
modalità più adatta per le imprese, nemmeno fra imprese con caratteristiche simili. Più
precisamente, non si è ancora pervenuti a stilare delle linee - guida per cui ad una determinata impresa è applicabile una precisa modalità; non è stato confermato in maniera
inequivocabile nemmeno il fatto che il gradimento dell’organismo personale sia ai livelli
massimi con la modalità partecipativa, sebbene il buon senso tenda ad immaginarlo.
Alla luce di questo e nonostante questo, la Tavola 1 è significativa perché permette di
prendere maggiore consapevolezza del fatto che il budgeting (in questo caso, ma l’economia stessa si potrebbe dire) non è mai un fatto matematico, scevro da implicazioni
organizzative o sociali, ma si devono sempre analizzare ed approfondire i possibili risvolti
all’interno dell’organizzazione considerata; ancora, è necessario acquisire la consapevolezza
che non esiste una modalità migliore in assoluto, ma questa dev’essere ricercata ed affinata
nello specifico contesto.
Tutto il processo di budgeting è investito da questa contrapposizione fra ‘‘ruolo economico’’
e ‘‘ruolo organizzativo’’ del budget, facendo scaturire tensioni più o meno forti fra manager
di livello gerarchico diverso.
Due problemi specifici del budgeting
Come è stato accennato, si parla di budget facendo riferimento ad un programma espresso
in termini quantitativo - monetari; esso indica il livello di obiettivi da raggiungere e le risorse
assegnate all’unità per conseguire tali obiettivi. Volendo indagare, però, le relazioni fra
obiettivi di performance e motivazione del personale, si è spinti a porsi due interrogativi:
1) qual è la reazione del personale di fronte all’assegnazione di obiettivi facili o difficili?
2) qual è il soggetto (o i soggetti) che dovrebbe (dovrebbero) fissare gli obiettivi?
Alcune ricerche hanno evidenziato come un livello di difficoltà sufficientemente alto risulti
essere di stimolo per il lavoratore; oltre una certa soglia, però, la motivazione e l’impegno
del lavoratore diminuiscono in quanto le difficoltà intrinseche nell’obiettivo sono ritenute
insuperabili e non compensabili dal maggior impegno e dedizione del lavoratore. (un
aumento del profitto del 5% può ritenersi relativamente facile da realizzare, mentre un
aumento del 30% alquanto improbabile).
Obiettivi facili e obiettivi difficili producono quindi reazioni diverse nel morale del personale
e nella loro specifica motivazione: di questo bisogna tener conto nel fissare il livello di
54
n. 8-9/2013
C
CONTROLLO DI GESTIONE
budget. In quanto strumento di controllo, il livello di budget dovrebbe essere il più realistico
possibile; in quanto strumento di motivazione, il livello di budget dovrebbe essere fissato ad
un livello più alto: questa contrapposizione rischia di sfociare in un forte contrasto qualora
alla definizione degli obiettivi partecipano anche i manager di livello gerarchico inferiore,
proprio perché questi ultimi tendono a costituirsi delle ‘‘riserve’’ in vista di possibili ritocchi al
rialzo da parte dei manager di più alto livello o nella volontà di far fronte a possibili
imprevisti.
Prima di procedere oltre, è opportuno soffermarsi su quest’ultimo tema per delineare in
maniera più esaustiva il tema delle inefficienze del budgeting.
Il processo di budgeting tradizionale è affetto da possibili distorsioni (con termine più
incisivo ‘‘trucchetti manageriali’’) messe in atto dai dipendenti che rischiano di rendere vani
gli sforzi di una programmazione a breve termine.
Un primo tipo di distorsione riguarda le stime dei valori che vengono recuperati all’interno
dei budget e che vengono modificate al fine di ottenere delle riserve di risultato (ossia delle
maggiori somme a disposizione del centro di responsabilità economica rispetto a quelle
effettivamente necessarie). Questo tipo di distorsione è abbastanza comune e rimane di
difficile prevenzione; in via teorica, è una situazione possibile quando:
a) i superiori non hanno chiara conoscenza dei risultati che possono essere ottenuti;
b) le misure di risultato non soddisfano il criterio della precisione;
c) ai subordinati viene concesso di partecipare alla definizione dei loro obiettivi di performance 1.
Un secondo tipo di distorsione è la manipolazione dei risultati al fine di mostrare performace diverse da quelle realizzate al fine di garantirsi, anche in questo caso, una maggior
somma a disposizione dell’unità operativa. Questo tipo di distorsione si presenta in due
forme: falsificazione dei risultati (si rilevano e/o comunicano dati non corretti) o interventi
‘‘ad hoc’’ sui risultati (si modificano le performance rilevate).
Nonostante la dubbia moralità di queste scelte, esse producono alcuni effetti positivi
interessanti, non sempre quantificabili facilmente per via economica.
La Tavola 2 presenta gli effetti positivi e negativi delle distorsioni sopra presentate.
Tavola 2 - Effetti positivi e negativi delle distorsioni nel processo di budgeting.
Effetti positivi
Creazione di riserve — Riduzione del grado di tendi risultato
sione sofferto dai managers
— Aumento della propensione
al cambiamento
— Possibilità di disporre di risorse aggiuntive
Effetti negativi
— Allocazione inefficiente delle
risors e minor rendimento operativo dell’impresa
— Distorsione delle informazioni gestionali
— Minore significatività del sistema di budgeting
— Distorsioni nel sistema di reporting
— Comunicazione di informazioni non veritiere verso l’esterno
1
Sotto questo punto di vista, la modalità ‘‘negoziazione’’ e la modalità ‘‘partecipazione’’ risulterebbero non ottimali
poiché prevedono l’interazione fra manager e subordinati.
55
n. 8-9/2013
C
CONTROLLO DI GESTIONE
Effetti positivi
Manipolazione dei — Conducono alla definizione
risultati
di obiettivi sfidanti per il periodo successivo
— Possibilità di disporre di risorse aggiuntive
Effetti negativi
— Possono rendere inefficace
l’intero sistema di controllo
— Rendono impossibile verificare se un dipendente abbia
svolto o meno un buon lavoro
— Possono distruggere l’accuratezza dell’intero sistema informativo aziendale
— Possono mettere in crisi la
reputazione dell’azienda nei
confronti del mercato finanziario
— Conducono alla definizione
di obiettivi sfidanti per il periodo successivo
Con riferimento al primo ‘‘trucchetto’’ (creazione di riserve di risultato) si noti nella Tavola 3
l’impatto che esso risulta avere nella definizione del budget.
Tavola 3 - Effetto di comportamenti opportunitistici sul budget del reparto manutenzione
La Tavola 3 presenta il caso di un piccolo mobilificio in cui è assunto un manutentore il cui
costo è di Euro 30.000 nell’anno 1. Per i piccoli interventi di manutenzioni, il mobilifico può
ricorrere al manutentore interno il quale ha a disposizione una certa somma da impiegare
per l’acquisto del materiale; per interventi più complessi, il mobilifico si rivolge a ditte
esterne specializzate. Si noti come il reiterato ricorso all’espediente della manipolazione
del budget consenta di creare riserve di risultato via via più elevate, fino a giungere ad oltre il
15% del budget originario nell’anno 4.
Appare chiaro che la creazione di margini occulti all’interno dei budget comporti disfunzioni
56
n. 8-9/2013
C
CONTROLLO DI GESTIONE
in fase di controllo a causa di obiettivi errati, semplicistici, non stimolanti che rischiano di
non fare l’interesse dell’azienda quanto il proprio.
Come ridefinire, allora, il processo di budgeting per evitare tali insidie? Chi sono i soggetti
preposti alla redazione del budget corretto? Come verificare eventuali comportamenti
scorretti?
Il budgeting strategico
Il budgeting strategico (SB) è una proposta nata a fine anni ’90 che mira ad eliminare le
inefficienze derivanti dalla creazione di margini occulti all’interno dei budget attuando un
taglio ‘‘d’ufficio’’ del 50% dei budget stimati dai responsabili di ogni unità e raggruppando
tutte le economie (savings) in un buffer complessivo di budget (una sorta di riserva alla
quale attingere in caso di bisogno) il cui ammontare è immediatamente disponibile, purché
vi sia preventivamente una discussione e un accordo fra il manager richiedente e gli altri
manager.
Il cambiamento di prospettiva è sinteticamente espresso nella Tavola 4.
La proposta del budgeting strategico è piuttosto interessante perché:
1) i budget di ogni unità vengono stimati con maggior correttezza;
2) aiuta i vari manager ad una maggiore e migliore comunicazione 2, anche più propositiva
nella ricerca di soluzioni nuove ed interessanti per mantenere il livello del buffer di budget
attuando sinergie fra le diverse unità;
Tavola 4 - Dall’approccio di budgeting tradizionale al budgeting strategico
2
Lo strategic budgeting sembra meglio perseguire l’obiettivo di una fissazione degli obiettivi secondo criteri di massima
partecipazione.
57
n. 8-9/2013
C
CONTROLLO DI GESTIONE
3) è sostanzialmente semplice nella sua spiegazione, implementazione e funzionamento.
Al tempo stesso, i suoi effetti sul personale (impegno, motivazioni, responsabilità,...) vanno
tenuti ben presenti e studiati con accortezza. Infatti:
— l’applicazione del budgeting strategico per un ipotetico primo anno è sostanzialmente
semplice; più difficile, è mantenere la tecnica (e i suoi benefici) negli anni successivi,
quando i manager hanno già appreso il meccanismo e adeguano, conseguentemente,
le loro stime al rialzo;
— la percentuale di taglio ‘‘d’ufficio’’ del 50% può rivelarsi eccessiva e pericolosa, in
quanto rischia di sacrificare la qualità del prodotto o del servizio al cliente finale attraverso la riduzione di somme a disposizione dei responsabili di aree ‘‘critiche’’ (vendite,
spedizioni, assistenza clienti in primis,...)
— l’applicazione concreta del budgeting strategico richiede condivisione d’intenti e collaborazione fra manager al fine di ottenere l’approvazione del budget del futuro esercizio in ottica SB prima che venga implementato, per evitare che l’alta direzione possa
interpretare ammontari di budget non spesi come una cattiva prestazione dell’unità e/o
del suo responsabile 3;
— laddove la prestazione di un reparto sia misurata tenendo conto (anche) del budget
non speso, vi è il rischio che per l’esercizio successivo l’assegnazione di fondi sia
minore. L’approccio SB richiede una modifica del sistema di misurazione delle performance premiando il mantenimento di un buffer di budget che tuteli le prestazioni
complessive dell’azienda, piuttosto che il manager che abbia speso meno, rischiando,
ad esempio, di diminuire le potenzialità relazionali dell’impresa col cliente;
— affinché si realizzi pienamente il lavoro di squadra che è presupposto fondamentale
di questo approccio al budgeting, risulta opportuno che la direzione consideri di elargire
premi o bonus che incoraggino un comportamento di squadra e livelli di cooperazione
tra le varie unità.
Conclusioni
Queste brevi note avevano lo scopo di far ricordare alcuni tratti essenziali del processo di
budgeting, in particolare dei suoi risvolti organizzativi; al tempo stesso, l’intento è quello di
suscitare curiosità verso una possibile revisione del processo di budgeting all’interno dell’organizzazione vissuta dal lettore, in maniera tale da affinare tale processo con l’introduzione di nuove tecniche di budgeting che abbiano quale loro finalità il contemperamento di
due esigenze differenti: la necessità di disporre di stime accurate (né sottostimante, né
sovrastimate) e la necessità di mantenere adeguati livelli di motivazione all’impegno da
parte del personale. La proposta del budgeting strategico qui presentata potrebbe essere
un valido punto di partenza per una sua riproposizione nel contesto delle realtà delle PMI
italiane.
3
Si supponga che l’unità A stimi il suo fabbisogno di finanza in Euro 100.000 e che in un’ottica di SB si aspetti di veder
tagliate le sue richieste a Euro 50.000,00. Se l’unità A promuove economie già in ottica SB, l’impressione dell’Alta
Direzione potrebbe essere che l’unità A ha richiesto più di quel che avrebbe dovuto, oppure non hanno utilizzato tutte le
risorse a loro disposizione e quindi le prestazioni dell’unità possono aver avuto delle ripercussioni ‘‘qualitative’’ sui clienti
interni o esterni.
58
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CONTROLLO DI GESTIONE
Studio di fattibilità
Casi pratici di Business Plan:
E-Cig Shop
di Antonio Ferrandina - www.piano-marketing.blogspot.com
Proseguiamo la nostra serie di contributi relativi alla descrizione di business plan: tali studi di
fattibilità sono stati realizzati utilizzando l’impostazione presente nel testo A. Ferrandina - F.
Carriero, Il Business Plan. Guida Strategico-Operativa, IPSOA, 2012.
Il presente studio, con i dovuti adattamenti e le necessarie semplificazioni, si riferisce uno
store di sigarette elettroniche.
Mission
La mission di E-Cig Shop è quella di promuovere un concetto nuovo di fumo, attraverso un
prodotto innovativo e di qualità, per coloro che hanno la passione di fumare, ma che
intendono fare lo switch o alternare la sigaretta tradizionale a quella a vapore.
Inoltre, la mission di E-Cig Shop è quella di penetrare inizialmente il mercato rappresentato
dalla zona centrale della città di Bologna, per espandersi a partire dal quarto anno anche in
altre aree e città, con la formula dei punti vendita propri e in franchising.
Il nostro prodotto è rivolto a ad un target sensibile all’aspetto salutistico, quindi alla qualità
del prodotto, ma anche a quello del risparmio e di costume, essendo la sigaretta elettronica
diventata già quasi una moda.
Obiettivi Economico-Finanziari
Il nostro primo obiettivo finanziario è quello di poter conseguire il break-even nei primi sei
mesi dal lancio del primo punto vendita. Prevediamo inoltre di poter conseguire un reddito
netto nel 2014 di circa E 60.000, nel 2015 di E 77.885, e infine nel 2016 di E 121.826.
Obiettivi di Marketing
1) Conseguimento di un volume di vendita complessivo nei 3 anni considerati nei termini
che seguono 2014 = E180.000, 2015 = E 235.000, 2016 = E305.000.
2) Sviluppo della notorietà a livello locale e di una solida brand image dell’insegna del
punto vendita e dei prodotti;
3) A partire dal 4 anno, lo sviluppo del mercato, attraverso il lancio di nuovi punti vendita
propri e in franchising.
Il ns. pricing è correlato alla qualità del kit offerto, considerando il rapporto qualità/ prezzo
medio del mercato.
Inoltre, i nostri prezzi sono fissati in modo da coprire i costi e garantirci elevati margini.
Qui di seguito viene proposto il prezzo medio di un kit e di una ricarica:
59
n. 8-9/2013
C
CONTROLLO DI GESTIONE
Costo Medio
Prezzo
Margine
Kit e-cig
E7
E 60
E 53
Ricarica
E1
E5
E4
Descrizione del mercato
La tipologia del business della sigaretta elettronica, dal lato della produzione, è emergente,
sebbene in rapida crescita, e frammentata. Infatti, i marchi esistenti sono già almeno 200 e
non ci sono posizioni dominanti. I brevetti principali sono cinesi.
Dal lato della distribuzione, esiste un discreto numero di punti vendita dislocati a macchia di
leopardo sul territorio nazionale.
Il mercato è pertanto anche in questo caso frammentato, senza posizioni di dominio, e
presenta basse barriere all’ingresso e all’uscita ed elevati margini dati i bassi costi di approvvigionamento. Le multinazionali del tabacco sono pronte ad entrare ed investire in
modo massiccio nel business della sigaretta elettronica. Il business presenta dunque una
attrattività medio/alta sia per produttori che per i distributori.
Concorrenza
Il mercato in questione è in una fase del ciclo di vita tendenzialmente di rapida crescita ed è
caratterizzato da una modesta competizione e una discreta differenziazione in termini di
qualità e prezzo.
Fattori Critici di Successo
In sintesi, l’analisi dei FCS mostra come elementi critici per l’aquisizione del vantaggio
competitivo sono:
1) innovazione/qualità/design del prodotto e delle ricariche;
2) rapporto qualità /prezzo;
3) gamma dei gusti delle ricariche;
4) costi di approvvigionamento;
5) assistenza/servizio/informazione ai clienti;
location;
6) promozione/comunicazione per costruire solida immagine di marca.
Fattibilità Economico-Finanziaria
Nello specifico, tale del BP comprende una sezione relativa alle Previsioni delle Vendite, il
budget di contribuzione.
Previsione delle vendite
La previsione delle vendite può sembrare ambiziosa, ma riteniamo che, attraverso il sapiente
impiego delle leve operative di marketing, tale obiettivo possa essere realizzato senza particolari problemi. Per ragioni prudenziali, stimiamo nel corso del primo anno, di poter vendere
almeno due kit al giorno. Negli anni successivi invece si stima un numero superiore.
Per le ricariche, prevediamo che il numero mensile acquistato da ciascun cliente sia in
media pari a 4, in considerazione del numero medio di svapate che si possono effettuare
con una ricarica.(Tavola 1).
60
n. 8-9/2013
C
CONTROLLO DI GESTIONE
Budget Spese e Contribuzione
L’andamento previsto del margine di contribuzione è ampiamente positivo; a regime, nel
2016, riteniamo che il margine di contribuzione possa attestarsi intorno ai E 300.000, pari
circa all’82% del volume delle vendite, sebbene tale percentuale sia raggiunta anche nei
primi due anni.
Indicatori come ROI, ROE e ROS sono altrettanto ampiamente positivi nell’arco temporale
considerato. Inoltre, riteniamo nel triennio una sostanziale costanza dei prezzi, dei costi di
acquisto e delle spese di marketing. La contrazione dei costi di acquisto, dovuta alle
economie di scala, invece, la prevediamo nella fase di sviluppo a partire dal quarto anno,
allorquando il numero di pezzi acquistati sarà notevolmente superiore, in virtù dell’apertura
di nuovi punti vendita propri e in franchising.
Per l’analisi del break-even, si è stimato che il fatturato di equilibrio, che consente di
realizzare il pareggio dei costi totali, è in una forbice tra i 60.000 e 70.000 euro, nel triennio
considerato.
L’analisi mostra che il pareggio viene raggiunto annualmente, dopo aver venduto in media
oltre 300 kit e oltre 15.000 ricariche, e da un punto di vista temporale si verifica fra giugnoluglio di ogni anno.
Tavola 1 - Previsione annuale delle vendite
Previsione vendite
Volume vendite
2014
2015
2016
Kit e-cig
E 36,000.00
E 45,000.00
E 65,000.00
Ricarica
E 144,000.00
E 180,000.00
E 240,000.00
Totale
E 180,000.00
E 225,000.00
E 305,000.00
Tavola 2 - Conto economico prospettico
61
n. 8-9/2013
AGENDA
10
15
16
martedı̀ martedı̀
3
Fisco
o IVA e ritenute - Ravvedimento liquidazione IVA e ritenute alla fonte entro 15 giorni
lunedı̀ domenica
Settembre 2013
Fisco
o Fatturazione differita - Emissione e registrazione
Fisco
o Comunicazione valutaria statistica - Operazioni decanalizzate
Lavoro
o CASAGIT - Versamento contributi assistenziali - Agosto
o INPGI - Denuncia delle retribuzioni - Agosto
Fisco
o Ritenute alla fonte - Altre ritenute (compensi per avviamento commerciale, contributi, ecc.)
- Versamento
o Ritenute alla fonte - Interessi e redditi di capitale - Versamento
o Ritenute alla fonte - Plusvalenze e cessioni - Versamento
o Ritenute alla fonte - Provvigioni - Versamento
o Ritenute alla fonte - Redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente - Versamento
o Ritenute alla fonte - Redditi di lavoro autonomo e altri redditi - Versamento
o Ritenute alla fonte - Redditi di lavoro dipendente (IRPEF) - Versamento
o IVA - Liquidazione e versamento mensile - Agosto
o Versamento imposta unica per scommesse e concorsi
o Comunicazioni dei dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento ricevute
o Rateizzazione IVA annuale
o Rateizzazione imposte da dichiarazione dei redditi per titolari di partita IVA
o Versamento Unico 2012 Società di capitali, enti commerciali e non commerciali con
esercizio a cavallo
o Versamento IMU sospesa a giugno
Lavoro
o INPS - Mod. F24 - Versamento contributi assistenziali e previdenziali - Agosto
o INPS - Mod. F24 - Versamento contributo previdenziale 20% o 27,72% (entro il massimale di E. 99.034,00 annui) da parte del committente, per collaboratori co.co/parasubordinati e contratti a progetto - Agosto
o ENPALS - Mod. F24 - Versamento contributi assistenziali e previdenziali - Agosto
62
n. 8-9/2013
AGENDA
o Consulenti del lavoro - Versamento contributo integrativo
o INPGI - Mod. F24 EP - Versamento contributi previdenziali - Agosto
giovedı̀
Fisco
o Ravvedimento entro 30 giorni dal termine di versamento delle imposte risultanti dalla
dichiarazione Unico 2013 in scadenza il 20 agosto con la maggiorazione dello 0,40% a
titolo di interesse corrispettivo
o IVA e ritenute - Ravvedimento liquidazioni mensili/trimestrali e ritenute alla fonte
20
venerdı̀
Fisco
o CONAI - Presentazione dichiarazione mensile
25
mercoledı̀
Fisco
o Iva - Presentazione elenco mensile cessioni e acquisti intracomunitari –Soggetti che hanno
realizzato, nei quattro trimestri precedenti e per ciascuna categoria di operazioni, un ammontare totale trimestrale superiore a E 50.000
lunedı̀
19
Fisco
o Imposta di registro - Contratti di locazione con decorrenza 1º settembre - Registrazione e
versamento
o Imposta comunale sulla pubblicità - Versamento quarto trimestre in caso di rateazione Verificare il termine presso il comune
o Comunicazione dei dipendenti per non effettuare la trattenuta relativa al secondo acconto
risultante da Mod 730/2013
o Rateizzazione imposte da dichiarazione dei redditi per non titolari di partita IVA
o Dichiarazione integrativa Unico 2012 ed IRAP 2012
o Invio telematico Mod. IVA 2013
o Dichiarazione integrativa IVA 2012
o Termine ultimo invio telematico Unico 2013 ed IRAP 2013
o Presentazione rimborso annuale IVA
o Adeguamento parametri
o Presentazione INTRA 12
o Comunicazione delle operazioni con soggetti in paesi a fiscalità privilegiata
o Rimborso IVA pagata in altro Stato Membro
o IVA e ritenute - Ravvedimento liquidazioni IVA e ritenute alla fonte entro 15 giorni
o Ravvedimento entro 90 giorni per omessa presentazione di Unico 2013 su supporto cartaceo
o Comunicazione gestori telefonica
o Dichiarazione IMU entro 90 giorni dalla scadenza
30
Lavoro
o ENPALS - Denuncia contributiva mensile unificata - Agosto
Contabilità
o Obblighi mensili di registrazione delle fatture
Lavoro
o INPS - Modello UNIEMENS individuale - Trasmissione telematica dei Flussi retributivi e
contributivi - Agosto
63
n. 8-9/2013
AGENDA
10
15
16
giovedı̀ martedı̀
1
Fisco
o Inizio decorrenza operatività SISTRI
mercoledı̀ martedı̀
Ottobre 2013
Fisco
o Fatturazione differita - Emissione e registrazioni
o Comunicazione all’Anagrafe tributaria dei beni dell’impresa in uso ai soci
Fisco
o Comunicazione valutaria statistica - Operazioni decanalizzate
o Comunicazione dati contabili per nuove iniziative produttive
Lavoro
o CASAGIT - Versamento contributi assistenziali - Settembre
o INPGI - Denuncia delle retribuzioni - Settembre
o Fondo Mario Negri, A. Pastore e Mario Besusso - Versamento contributi luglio-settembre
o Fondo Mario Negri - Versamento contributo per la formazione luglio - settembre
o Colf - Versamento contributi 3º trimestre
Fisco
o Ritenute alla fonte - Altre ritenute (compensi per avviamento commerciale, contributi, ecc.)
- Versamento
o Ritenute alla fonte - Interessi e redditi di capitale - Versamento
o Ritenute alla fonte - Plusvalenze e cessioni - Versamento
o Ritenute alla fonte - Provvigioni - Versamento
o Ritenute alla fonte - Redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente - Versamento
o Ritenute alla fonte - Redditi di lavoro autonomo e altri redditi - Versamento
o Ritenute alla fonte - Redditi di lavoro dipendente (IRPEF) - Versamento
o IVA - Liquidazione e versamento mensile - Settembre
o Ritenute sui dividendi corrisposti nel trimestre solare precedente - Versamento
o Versamento imposta unica per scommesse e concorsi
o Comunicazioni dei dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento ricevute
o Rateizzazione IVA annuale
o Rateizzazione imposte da dichiarazione dei redditi per titolari di partita IVA
o Versamento Unico 2013 - Società di capitali, enti commerciali e non commerciali con
esercizio a cavallo
o IVA e ritenute - Ravvedimento liquidazioni mensili e ritenute alla fonte
o Versamento TARES
o Versamento imposta sulle transazioni
Lavoro
o INPS - Mod. F24 - Versamento contributi assistenziali e previdenziali - Settembre
o INPS - Mod. F24 - Versamento contributo previdenziale 20% o 27,72% (entro il massimale di E 99.034,00 annui) da parte del committente, per collaboratori co.co/parasubordinati e contratti a progetto - Settembre
64
n. 8-9/2013
AGENDA
25
domenica
20
Fisco
o CONAI - Presentazione dichiarazione mensile
o Trasmissione telematica dati relativi alle operazioni di verificazione periodica degli apparecchi misuratori fiscali
venerdı̀
o ENPALS - Mod. F24 - Versamento contributi assistenziali e previdenziali - Settembre
o INPGI - Mod. F24 EP - Versamento contributi previdenziali - Settembre
Fisco
o Iva - Presentazione ad un CAF o ad un professionista abilitato del 730 integrativo
o Iva - Presentazione elenco mensile cessioni e acquisti intracomunitari –Soggetti che hanno
realizzato, nei quattro trimestri precedenti e per ciascuna categoria di operazioni, un ammontare totale trimestrale superiore a E 50.000
o Iva - Presentazione elenco trimestrale cessioni e acquisti intracomunitari –Soggetti che
hanno realizzato, nei quattro trimestri precedenti e per ciascuna categoria di operazioni, un
ammontare totale trimestrale inferiore a E 50.000
Lavoro
o PREVINDAI - Versamento contributi luglio-settembre Mod. 053 e trasmissione via fax della
Dichiarazione contributiva Mod. 050
29
30
31
giovedı̀ mercoledı̀ martedı̀
Lavoro
o ENPALS - Denuncia contributiva mensile unificata - Settembre
o ENPALS - Denuncia delle retribuzioni e delle trattenute - Luglio-Settembre
Fisco
o Ravvedimento entro 90 giorni per omessa presentazione Mod. 770/2013 Semplificato
o Ravvedimento entro 90 giorni per omessa presentazione Mod. 770/2013 Ordinario
Fisco
o Imposta di registro - Contratti di locazione con decorrenza 1º ottobre - Registrazione e
versamento
o IVA e ritenute - Ravvedimento liquidazioni IVA e ritenute alla fonte entro 15 giorni
Fisco
o Imposta di bollo in modo virtuale - Versamento rata bimestrale settembre-ottobre
o IVA - Presentazione rimborso infrannuale
o TOSAP - Versamento ultima rata canone (verificare il termine presso il Comune)
o Rateizzazione imposte da dichiarazione dei redditi per non titolari di partita IVA
o Presentazione Unico 2013 per società soggette ad IRES con esercizio a cavallo
o Presentazione INTRA 12
o Comunicazione delle operazioni con soggetti in paesi a fiscalità privilegiata
Contabilità
o Obblighi mensili di registrazione delle fatture
Lavoro
o INPS - Modello UNIEMENS individuale - Trasmissione telematica dei Flussi retributivi e
contributivi - Settembre
65
n. 8-9/2013
INDICE ANALITICO
Commercio
Commercio elettronico
Disciplina..................................................................................
33
Contratti, obbligazioni e garanzie
Subfornitura
Proprietà intellettuale e know How del committente...........................................................................................
5
Finanziamenti
Pmi
— Incentivi .......................................................................... 25 e 29
Impresa
Gestione
Banche
— Rapporto fra banca e impresa...........................
— Risk management.....................................................
Budget
— Processo di (-)............................................................
Business Plan ........................................................................
Organizzazione aziendale
— Organigramma ..........................................................
— Pianificazione...............................................................
Pianificazione aziendale
— Pianificazione strategica
— Innovazione.............................................................
Rischio
— Gestione del (-) .........................................................
17
53
59
45
45
41
17
Tributi
21
IVA
Settori particolari..................................................................
66
n. 8-9/2013
11
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