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Corriere della Sera Martedì 23 Dicembre 2014
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Cultura
 Tempo libero
Dieci storie per ridere
«Fiabacadabra» di Pacioni
«Abacadabra» è parola da mago;
«Fiabacadabra» è invece il titolo di un libro
scritto da Patrizio Pacioni insieme a Dalia Di
Prima. Per la precisione «Fiabacadabra 2»,
visto che l’autore, esaurita la prima raccolta
di storielle educative si è dedicato alla nuova
silloge. Don Patrizio, romano trapiantato da
anni a Brescia, passa dai gialli (si presenta
come l’austero commissario Cardona), ai
racconti per ragazzi, dalle pièces impegnate
(una, legata alla strage di Portella della
Ginestra, andrà in scena e sarà interpretata
dai detenuti di Rebibbia) alle commedie
allegre. Dalia Di Prima è un’ugola d’oro ma
ama anche disegno e scrittura. Patrizio e
Dalia in questo libro (editore Melino Nerella,
10 euro) offrono 10 « Fiabastrocche».
Filastrocche dei giorni nostri si presentano in
rima baciata. Raccontano storielle divertenti
e fantastiche. Protagonisti sono Principesse,
Fate, Cavalieri e Streghe nere (La Fatina
Svampy) oppure un Rinaldo ed Angelica
d’oggi che devono vedersela in maniera
gioconda «con un individuo avido e
grossolano, che da Magonza viene e si
chiama Gano». Tutto per sorridere. (c.g.)
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All’Archivio
di Stato
debuttano
i servizi on line
Biografia Un libro consente di riscoprire la figura di Vittorio Lombardi
Finanziò la spedizione di Desio, fu elogiato da Buzzati, restaurò una villa veneta
di Enrico Valseriati
«Hanno vinto! Da parecchi
anni gli Italiani non avevano
avuto una notizia così bella».
Così, dalle pagine del Corriere
della Sera, Dino Buzzati annunciava il 4 agosto 1954 la
conquista — tutta italiana —
della cima del K2, la seconda
vetta più alta del mondo nel
massiccio del Karakorum.
A sessant’anni da quell’impresa un bel libro firmato da
Andrea Savio e Luca Trevisan
per i tipi di Cierre torna a parlare di una vittoria che fu per
l’Italia la rappresentazione della rinascita dopo gli anni bui
del Regime e i nefasti eventi del
secondo conflitto mondiale.
A discapito della celebrità
dell’evento, che ebbe vasta eco
in tutto il Mondo, sono in pochi a sapere che esso poté essere compiuto grazie al fattivo
impegno di un importante personaggio di origini bresciane:
Vittorio Lombardi (Inzino, Val
Trompia 1893 – Modena 1957).
In «Vittorio Lombardi,
mecenate illuminato e tesoriere della conquista italiana del
K2» — questo il titolo del volume — Savio e Trevisan ripercorrono la biografia del self
made man triumplino grazie
all’apporto di una notevole
messe di documentazione, per
lo più inedita. Figlio di un maestro elementare di umili origini, Lombardi compì i suoi studi
tra Crema e Brescia dove ottenne la maturità classica, prima
di laurearsi a Firenze in Scienze
politiche. Dopo aver partecipato attivamente alle operazioni
belliche sul fronte goriziano
nel corso della Grande guerra,
lavorò alla costruzione della linea ferroviaria Belluno-Cortina, per poi dedicarsi all’attività
di libero industriale.
Inseritosi nell’industria del
gas, Vittorio Lombardi dimostrò grandi capacità imprenditoriali, che coltivò unitamente
alla sua più grande passione, la
montagna. A partire dagli anni
Trenta fu iscritto alla sezione
milanese del Cai, all’interno
della quale si fece strada fino
ad assumere, tra il 1947 e il
1952, la carica di revisore dei
conti. Fu grazie alle sue abilità
di imprenditore e di contabile
che nel 1953 venne nominato
L
Il tesoriere bresciano
che conquistò il K2
tesoriere della spedizione sul
K2, firmando in prima persona
i fidi bancari che garantirono
l’impresa alpinistica.
Come racconta Andrea Savio, autore della prima parte
del libro, Lombardi fu — senza
riserve — amico intimo e uomo di fiducia del capo-spedizione, Ardito Desio, che non
poté esimersi dal ricordare che
la raccolta dei mezzi finanziari
«fu essenzialmente opera del
dottor Lombardi, il quale, credendo fermamente che la spedizione sarebbe riuscita nei
suoi obbiettivi, assunse conseguentemente gli impegni finanziari e morali che nessun
altro ebbe il coraggio di fare».
E fu proprio Lombardi uno dei
primi italiani a ricevere da Desio la notizia, via telegramma,
della riuscita della missione.
Rigore etico, patriottismo e
diretto impegno economico
non furono sufficienti a tenere
Vittorio Lombardi lontano dal-
Il libro
 «Vittorio
Lombardi,
mecenate
illuminato e
tesoriere della
conquista
italiana del K2»
(pp. 88, euro
14) è edito da
Cierre. Gli
autori sono
Andrea Savio e
Lueca Trevisan
le polemiche nate a seguito del
ritorno in Italia dei membri
della spedizione; nonostante la
buona riuscita dell’impresa e la
stima di Buzzati, Desio e Cesco
Tomaselli (frequentati dall’industriale bresciano nella sua
villa di Cortina d’Ampezzo), la
direzione finanziaria della missione in Pakistan venne infatti
pubblicamente messa in discussione su opuscoli, quotidiani e riviste. Gli eventi portarono Lombardi a dimettersi nel
1955 dalla commissione esecutiva della spedizione sul K2,
gettando la figura del tesoriere
in un profondo «oblio storiografico», certamente favorito
dalla maggior attenzione mediatica nata attorno alla tristemente nota polemica Compagnoni-Lacedelli-Bonatti.
Il libro su Vittorio Lombardi
rivela un altro risvolto del suo
impegno: fece infatti rinascere
la magnifica villa Cordellina di
Montecchio Maggiore — sede
di rappresentanza della Provincia di Vicenza — progettata nel
XVIII secolo dal grande architetto veneziano Giorgio Massari. Sacrificando soldi e tempo
Lombardi si dedicò negli ultimi anni di vita al recupero di
un capolavoro del ‘700 veneto
destinato altrimenti alla rovina. Dimostrando una sensibilità modernissima Lombardi,
come raccontò sul Corriere Dino Buzzati, s’impegnò nel restauro di villa Cordellina (ora
Cordellina-Lombardi) «per un
disinteressato amore al bello,
per una commovente devozione all’eredità degli antichi, per
il desiderio di dare un esempio
(mentre in tutta Italia nobili
monumenti, opere d’arte e paesaggi vengono lasciati andare
in rovina, deturpati, distrutti)».
Montagna e arte: un binomio
culturale che oggi, più forse
che allora, merita l’incondizionato rispetto del nostro Paese.
Icone
A sinistra la
celebre
copertina della
«Domenica del
Corriere» con
cui veniva
celebrata la
conquista della
vetta
del K2 da parte
di Achille
Compagnoni e
Lino Lacedelli,
avvenuta il 31
luglio del 1954,
a coronamento
della
spedizione
italiana guidata
da Ardito
Desio. A
sinistra lo
stesso Desio
fotografato
insieme a
Vittorio
Lombardi
(Inzino, Val
Trompia 1893
– Modena
1957).
Vittorio
Lombardi,
mecenate
illuminato, fu
anche il
tesoriere della
spedizione
italiana
sul K2
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Matteo Perrini, maestro di dialogo e di umanità
La crisi della Prima repubblica e la dissoluzione del marxismo nei suoi «Detti e contraddetti»
P
er chi abbia conosciuto
Matteo Perrini — in uno
dei suoi impegni intellettuali, fossero la curatela di un
testo di Seneca o Erasmo, la
preparazione di una conferenza della Cooperativa cattolicodemocratica di cultura (Ccdc),
o il colloquio con un suo ex
studente — costante era l’impressione che la sua fosse una
vocazione, un compito cui non
poteva sottrarsi.
Una vocazione che oscillava
tra il dovere morale e la tensione religiosa: un confine in lui
tenuto fermo, per non cedere a
tentazioni totalizzanti, con il
principio della laicità.
Tenere separate le sfere, dia-
logando con chi è lontano, intellettualmente, religiosamente, politicamente: la mèta era
scoprire aspetti dell’umano
che fossero elementi di riconoscimento comune.
Fare ricerca, per Matteo Perrini, era porsi sui sentieri della
cultura, senza precludersi la
possibilità di esser smentito
scoprendo verità inattese là dove meno le cercavi. Uno stile
che troviamo nei suoi libri, ma
soprattutto nella rubrica «Detti
e contraddetti» tenuta per il
Giornale di Brescia per due decenni, dal 1988 al 2007.
Una selezione, fatta da lui
stesso, di questa rubrica è ora
apparsa in una edizione stren-
Intellettuale Matteo Perrini
na a cura della «sua» Ccdc:
«Detti e contraddetti 19881992» (pagine 512, euro 10, in
vendita preso la Libreria della
Cattolica).
Se il rimando immediato del
titolo è a una raccolta adelphiana di Karl Kraus, l’origine profonda è di ascendenza classica:
rimanda alla dialettica dei dialoghi socratici di Platone. Una
tecnica, attraverso domande e
risposte, per mettere alla prova
opinioni, sentenze, ideologie.
Di qui la ricchezza degli articoli.
Partendo da un verso di Anna Achmàtova o di Mario Luzi,
passando per un brano di Musil o di Bergson, a essere inve-
stigate solo le ideologie che occupano lo spazio pubblico. Una
investigazione che trasforma
questo libro anche in un diario
della crisi della prima Repubblica.
Sono gli anni della crisi della
Dc e del sistema dei partiti.
Nelle pagine su Andreotti, Forlani e il declino della cultura
politica dei cattolici italiani,
Perrini coglieva, con diagnosi
insieme sgomenta e disincantata, che un ethos pubblico
s’era dissolto: un ethos fatto di
disinteresse e passione per la
cosa pubblica.
Accanto a questo registro
nazionale c’è l’attenzione al
dissolversi del marxismo e al
ascia o raddoppia? A dispetto degli attuali tempi
di magra sul bistrattato
fronte della ricerca storica, l’Archivio di Stato di Brescia prova
a rilanciare. I problemi non
mancano ma ogni tanto si affaccia qualche buona notizia.
Gli studiosi hanno potuto
apprezzare il fatto che da questo dicembre l’Archivio di via
Galilei ha migliorato e incrementato in suoi servizi: quattro
pezzi a disposizione ogni giorno per ciascun ricercatore (prima erano due), prese ogni
mezz’ora (prima ogni ora).
Questo significa che le richieste possono essere inoltrate
ogni trenta minuta dimezzando i tempi di attesa e aumentando la possibilità di consultare il materiale.
A proposito: buste, fascicoli,
mappe e filze potranno essere
richieste anche online (all’indirizzo [email protected] - prenotazione con tre
giorni di anticipo). L’Archivio
rimane aperto dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 15 ogni giorno.
È un passo in avanti in un
tempo in cui i ricercatori (non
solo storici, ma anche geometri, architetti, studi notarili,
ecc…) sono costretti a vedere
ogni giorno passi indietro…
«È giusto richiamare quando ci sono i problemi — spiega
Leonardo Leo, vicedirettore
dell’Archivio — ma anche comunicare quando ci sono notizie positive. In effetti abbiamo
avuto l’ingresso di due nuove
persone da una parte e dall’altra un finanziamento ministeriale che ci sta consentendo di
adeguare gli strumenti informatici obsoleti di cui disponevamo fino ad oggi».
Presto dunque documenti
on line? «L’operazione è stata
avviata con il potenziamento
del server e il rinnovamento del
sito internet dove nel giro di
breve tempo si cominceranno a
trovare inventari e i primi documenti”.
Maria Paola Pasini
[email protected]
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ritorno del personalismo teologico e filosofico come orizzonte per ripensare la stessa
politica. Per Matteo Perrini ci si
trovava di fronte a un paradosso: la politica dei cattolici diveniva irrilevante, quando proprio la loro migliore tradizione
filosofica ritornava attuale. Come se ci si dovesse preparare a
una lunga traversata di un deserto politico.
Con che stella polare? Il dialogo: cercare tracce dell’umano
anche là dove non c’è co-appartenenza confessionale, ma
strenua ricerca di un possibile
senso dell’esistenza. Forse, non
è improprio delineare il profilo
intellettuale di Perrini partendo dal suo carattere: un cercatore di tracce. Tracce dei molti
modi in cui si declina la parola
«umano».
Ilario Bertoletti
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Codice cliente: 5258135
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