ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
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Rassegna
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23 marzo 2006
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
SOMMARIO
Pag. 3 INCIDENTI STRADALI: Oua, migliorare legge su vittime della strada (ansa)
Pag. 4 INCIDENTI STRADALI: Incidenti stradali, richiesta norma transitoria
(diritto e giustizia)
Pag. 5 INCIDENTI STRADALI: Oua: «Deve migliorare la legge sulle vittime della
strada» (professionisti)
Pag. 6 INCIDENTI STRADALI: Rc auto, nuove regole dal 1° aprile (italia oggi)
Pag. 7 RIFORME GIUSTIZIA: La giustizia nei primi cento giorni (italia oggi)
Pag. 8 RIFORME GIUSTIZIA: Le riforme immediate (italia oggi)
Pag. 9 PREVIDENZA FORENSE: Pensioni, la riforma spacca i legali (italia oggi)
Pag.11 PREVIDENZA FORENSE: Le sei novità (italia oggi)
Pag.12 PREVIDENZA: Angrisani: serve una legge per proiezioni a lungo raggio
(italia oggi)
Pag.13 RC AUTO: Rc-auto, indennizzi da rivedere (italia oggi)
Pag.14 PROFESSIONI: Avvocati e dottori alleati sulle riserve (il sole 24 ore)
Pag.15 PROFESSIONI: Dottori e avvocati chiedono spazio (italia oggi)
Pag.16 TRIBUNALI: Giustizia, ripartire da ground zero (italia oggi)
Pag.18 PRIVACY: Privacy, il Dps in dirittura
di Paolo Martinello - Avvocato, consulente dello Sna (italia oggi)
Pag.19 UNIVERSITA’:Riforma accesso, spunta la laurea (italia oggi)
Pag.20 CASSAZIONE:Ultimo giorno per Francesco Favara - La Cassazione cerca il
successore (professionisti)
Pag.21 INAPPELLABILITA’:Ultimo Pecorella, nuovi limiti alla legge (professionisti)
Pag.22 INAPPELLABILITA’:Non si applica ai ricorsi inammissibili. Fino al 9 aprile
(diritto e giustizia)
Pag.23 INAPPELLABILITA’:Cassazione – Sezione sesta penale (up) – sentenza 13-22
marzo 2006, n. 10104 - Presidente de Roberto – Relatore Colla - Pg De Sandro –
Ricorrente Foresta (diritto e giustizia)
Pag.26 GIUSTIZIA MINORILE: La giustizia minorile è on line (professionisti)
Pag.27 MAGISTRATI ONORARI:Altri due anni di attività senza adeguate garanzie
(italia oggi)
Pag.28 NOTIZIE IN BREVE: In breve (italia oggi)
Pag.29 CSM:News dal Csm (italia oggi)
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ANSA
22/03/2006 - 16.31.00
INCIDENTI STRADALI: OUA, MIGLIORARE LEGGE SU VITTIME STRADA
INCIDENTI STRADALI: OUA, MIGLIORARE LEGGE SU VITTIME STRADA (V. ''INCIDENTI
STRADALI: FAMILIARI VITTIME...'' DELLE 13,30) (ANSA) - ROMA, 22 mar - Migliorare la legge
sulle Vittime della strada deve essere un obiettivo prioritario per il prossimo Parlamento. A sostenerlo
e' l'Organismo unitario dell'avvocatura, che chiede anche l'apertura di un tavolo tecnico di confronto
con gli avvocati e le associazioni che rappresentano le vittime della strada ''per intervenire e modificare
gli aspetti controversi della legge''. L' Oua in una nota afferma di condividere ''l'impianto generale delle
nuove 'Disposizioni in materia di conseguenze derivanti da incidenti stradali', ma di essere convinta che
vanno definiti ''meglio'' alcuni aspetti ''controversi'' della normativa, ''altrimenti il provvedimento,
finalizzato all'inasprimento delle sanzioni per condotte colpose lesive correlate alla circolazione
stradale, e alla riduzione dei tempi dei procedimenti finalizzati all'accertamento delle relative
responsabilita' penali e civili, rischia di fallire nei suoi obiettivi prioritari''. ''Non si tratta di azzerare il
lavoro fatto - spiega il presidente dell'Oua Michelina Grillo, che oggi e' intervenuta al convegno sulla
riforma - ma di correggere quegli aspetti della legge che rischiano di disattendere le richieste delle
vittime e di vanificare gli obiettivi stessi della riforma''. ''Non si capisce per esempio - dice il vice
presidente dell'Oua Renato Veneruso - lo spirito che ha portato il legislatore ad inserire la materia nel
rito del lavoro, contraddicendo cosi' la sua stessa finalita' di accelerare i processi. E' noto, infatti, che le
sezioni lavoro dei tribunali hanno serie difficolta' a fare fronte al carico ordinario''. (ANSA). FH 22MAR-06 16:27 NNN
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Incidenti stradali, richiesta norma transitoria
Incidenti stradali, bene la nuova normativa, ma il nuovo Parlamento dovrà prendere in considerazione
alcuni aggiustamenti. Ieri si è svolto a Roma un convegno organizzato dall’Associazione italiana
familiari e vittime della strada e dall’Organismo unitario dell’avvocatura, per una prima disanima della
legge 102/06 (Disposizioni in materia di conseguenze derivanti da incidenti stradali) che entrerà in
vigore il prossimo primo aprile. In linea generale il provvedimento, finalizzato all’inasprimento delle
sanzioni per condotte colpose lesive correlate alla circolazione stradale e alla riduzione dei tempi dei
procedimenti finalizzati all’accertamento delle relative responsabilità penali e civili, ha “incassato”
commenti positivi. Nel documento conclusivo dell’incontro, però, controfirmato sia dall’associazione
vittime della strada che dall’Oua, si chiede al prossimo Parlamento di approvare con urgenza alcuni
interventi integrativi e migliorativi della nuova disciplina. Affinché questa possa trovare una efficace
applicazione, riporta il documento approvato, occorre individuare innanzitutto una chiara norma
transitoria, allo stato completamente assente. Va inoltre raccordata la normativa con le leggi in materia
e con la disciplina in tema di risarcimento prevista dal Codice delle Assicurazioni, così come si rendono
necessari alcuni interventi per la riorganizzazione degli uffici. Oua e associazione vittime della strada
costituiranno inoltre un tavolo bilaterale di lavoro per «approntare specifiche proposte emendative da
sottoporre con urgenza a tutte le forze politiche»; allo stesso tempo si impegneranno a fornire ai
cittadini «ogni necessaria informazione e chiarimento utile volta a migliorare lo svolgimento di ogni
procedura, stragiudiziale e giudiziale, finalizzata ad ottenere un pieno e soddisfacente risarcimento del
danno».
L’approvazione delle nuove disposizioni, secondo il presidente dell’associazione vittime della strada
(Aifvs) Giuseppa Cassaniti Mastrojeni, «ha dato una risposta chiara ai nostri sforzi, ai nostri appelli
affinché il provvedimento fosse portato a compimento; questo nuovo quadro normativo – ha aggiunto –
è un buon inizio nella costituzione di un vero “stigma sociale” nei confronti dei reati nella circolazione
stradale». Norme che però vanno perfezionate.
Secondo Michelina Grillo, presidente Oua, «non si tratta di azzerare il lavoro fatto, ma di correggere
quegli aspetti della legge che rischiano di disattendere le richieste delle vittime e di vanificare gli
obiettivi stessi della riforma». Per quanto riguarda gli aspetti critici, per Renato Veneruso,
vicepresidente Oua «non si capisce il nesso tra le norme processuali e la pretesa legittima di inasprire le
pene, e neppure lo spirito che ha portato il legislatore ad inserire la materia nel rito del lavoro,
contraddicendo così la sua stessa finalità di accelerare i processi. È noto, infatti, che le sezioni lavoro
dei tribunali hanno serie difficoltà a fare fronte al carico ordinario. Ci chiediamo se non sia più
opportuno restituirla al rito ordinario, così come novellato dal nuovo Codice di procedura civile».
Per questo, ha concluso Michelina Grillo, l’Oua chiede al nuovo Parlamento «di aprire un confronto,
attraverso un tavolo tecnico, con gli avvocati e le associazioni che rappresentano le vittime della strada,
per intervenire e modificare gli aspetti controversi della nuova legge». (p.a.)
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PROFESSIONISTI
Oua: «Deve migliorare la legge sulle vittime della strada»
Migliorare la legge sulle vittime della strada deve essere un obiettivo prioritario per il prossimo
Parlamento».
E’ il primo punto di un documento congiunto approvato dell’Associazione italiana familiari e vittime
della strada e dell’Oua in occasione del convegno che si è tenuto ieri alla Camera dei Deputati sulle
novità contenute nella legge 102/2006 (Disposizioni in materia di conseguenze derivanti da incidenti
stradali), approvata il 21 febbraio scorso. Un convegno organizzato dall’Associazione familiari e
vittime della strada cui sono intervenuti Michelina Grillo, presidente Oua, Renato Veneruso,
vicepresidente Oua, e Filippo Falvella, della giunta nazionale Oua. L’Organismo unitario
dell’avvocatura, condivide l’impianto generale delle nuove disposizioni, ma chiede al Parlamento di
definire meglio alcuni aspetti della normativa, aprendo un dialogo con gli avvocati e con
l’Associazione.
Il provvedimento legislativo, finalizzato all’inasprimento delle sanzioni per condotte colpose lesive
correlate alla circolazione stradale e alla riduzione dei tempi dei procedimenti penali e civili, se non
migliorato rischia di fallire nei suoi obiettivi prioritari. Secondo Michelina Grillo, presidente Oua, «i
diritti dei cittadini e delle vittime delle strada sono da sempre una priorità nell’agenda politica dell’Oua.
Abbiamo portato in questo convegno il nostro contributo al dibattito e il nostro impegno affnchè il
futuro Parlamento torni a ridiscutere la questione. Non si tratta di azzerare il lavoro fatto, ma di
correggere quegli aspetti della legge che rischiano di disattendere le richieste delle vittime e di vanifi
care gli obiettivi stessi della riforma».
Nel merito è intervenuto Renato Veneruso, vicepresidente Oua, che ha precisato che «esistono degli
aspetti critici nella nuova legge. Non si capisce, per esempio, il nesso tra le norme processuali e la
pretesa legittima di inasprire le pene, e neppure lo spirito che ha portato il legislatore ad inserire la
materia nel rito del lavoro. È noto, infatti, che le sezioni lavoro dei tribunali hanno serie difficoltà a fare
fronte al carico ordinario».
Nel documento presentato l’Oua e l’Associazioni delle vittime della strada si sono impegnate a redigere
«congiuntamente e in tempi il più possibile rapidi, un opuscolo che fornisca al cittadino ogni necessaria
informazione e chiarimento utile a favorire una penetrante ed incisiva azione, tesa al migliore
svolgimento di ogni procedura, stragiudiziale e giudiziale, finalizzata ad ottenere un pieno e
soddisfacente risarcimento del danno alla persona umana». S.M.
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ITALIA OGGI
Convegno a Roma
Rc auto, nuove regole dal 1° aprile
Un vademecum che fornisca ai cittadini danneggiati da un sinistro stradale ogni informazione
necessaria per ottenere un pieno risarcimento dei danni subiti. È questa una delle iniziative che
dall'Associazione familiari e vittime delle strada, presieduta da Giuseppa Cassaniti Mastrojeni, e
l'Organismo unitario dell'avvocatura, guidato da Michelina Grillo, hanno intenzione di mettere in
campo al più presto. La proposta è stata presentata nel corso di un convegno che si è tenuto ieri a Roma.
Un'occasione per avvocati ed esperti del settore per confrontarsi sulla nuova normativa in materia di
incidenti stradali, che entrerà in vigore il prossimo 1° aprile. Le criticità della nuova normativa, infatti,
non sono poche. In particolare, è stata molto contestata soprattutto da parte dei giudici di pace la
disposizione che attribuisce in via esclusiva al giudice del lavoro la competenza a decidere su tutte le
controversie in materia rca (escludendo il giudice di pace). Proprio per chiarire i punti oscuri del
provvedimento, l'Oua e l'Aifvs hanno intenzione di costituire un tavolo tecnico con il compito di
proporre al prossimo parlamento misure correttive della riforma. (riproduzione riservata) S.Andreazza
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ITALIA OGGI
Le priorità indicate a Cdl e Unione da magistrati e avvocati per i primi tre mesi della legislatura
La giustizia nei primi cento giorni
Ordinamento forense e giudiziario, rito penale e informatica
Ordinamento forense, separazione delle carriere, abrogazione o comunque modifica della riforma
dell'ordinamento giudiziario. Ma anche interventi di razionalizzazione delle più recenti riforme che la
fretta ha voluto confuse e contraddittorie, come quella sugli incidenti stradali o la riforma fallimentare.
Le due coalizioni che si confronteranno nelle elezioni politiche del 9 aprile hanno steso da tempo i loro
programmi elettorali, più (Unione) o meno (Casa delle libertà) diffusi (si veda ItaliaOggi del 16
febbraio e 9 marzo), con obiettivi ambiziosi e interventi a 360 gradi. Nessun ambito è risparmiato: dalle
riforme ordinamentali a quelle dei codici, dall'organizzazione del sistema giustizia all'emergenza
carceri. E ciascun Polo ha cercato di strizzare l'occhio alle presunte preferenze delle categorie che nel
mondo del diritto operano. ItaliaOggi (dopo l'inchiesta della scorsa settimana sulle leggi approvate nella
XIV legislatura che ad avviso delle toghe dovrebbero essere abrogate) ha voluto chiedere direttamente
agli interessati quali sono le tre priorità per i primi cento giorni della legislatura e qualche sorpresa
emerge, se non altro perché le categorie hanno ben chiare le riforme che vogliono in prima battuta e
sulle quali vogliono inchiodare la coalizione che risulterà vincente. Anche perché, in qualche caso, sono
richieste ´antiche', che si trascinano di legislatura in legislatura senza che la politica se ne faccia carico,
a volte anche per l'indecisione delle stesse categorie interessate. E il rischio è ancora attuale, visto che
le istanze avanzate divergono lasciando alla fine libero campo alle decisioni di autorità.
Per i magistrati, sia ordinari che amministrativi, l'obiettivo comune è quello di ricostituire un quadro di
garanzie costituzionali sull'autonomia e indipendenza. E se per l'Associazione nazionale magistrati
questo passa dall'abrogazione della riforma Castelli, i giudici amministrativi dell'Anma vorrebbero la
ferrea distinzione tra la funzione consultiva e quella giurisdizionale. Li unisce, inoltre, la richiesta di
investimenti per l'informatizzazione del sistema. Dagli avvocati arriva la pressante richiesta della
riforma dell'ordinamento professionale, che il Consiglio nazionale forense vorrebbe autonoma da quella
generale sulle professioni, mentre per gli altri rappresentanti potrebbe andare di pari passo.
Dall'Organismo unitario dell'avvocatura arriva un altro input: la preoccupazione manifestata è
per alcune recenti riforme che investono importanti settori e materie, approvate di gran fretta e
che quindi necessitano di interventi di razionalizzazione. Prima fra tutte quelle che hanno
investito il settore della Rc auto: da una parte per l'Oua bisogna ripristinare l'assistenza legale,
chiarire il rito applicabile (lavoro ordinario) se dall'incidente sono derivati danni a persone e cose
e prevedere una disciplina transitoria. Seconda riforma che richiede aggiustamenti è quella dei
fallimenti. Dagli avvocati più giovani arriva la richiesta di interventi specifici per i professionisti alle
prime armi. L'Aiga chiede agevolazioni ed esenzioni fiscali per determinati investimenti per dare avvio
agli studi professionali, esattamente come avviene per i giovani imprenditori. Insiste invece sulla
separazione delle carriere tra giudici e pm e sull'attuazione completa del giusto processo l'Unione delle
camere penali. (riproduzione riservata) Claudia Morelli
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ITALIA OGGI
Venerdì scorso il comitato dei delegati della cassa forense ha detto sì alla revisione parametrica
Pensioni, la riforma spacca i legali
Sì dell'Oua, l'Aiga la boccia. De Tilla: garantita la sostenibilità
Gli avvocati promuovono la riforma della previdenza forense. Tranne quelli più giovani.
Anche l'Organismo unitario dell'avvocatura, infatti, ritiene che le modifiche parametriche
approvate il 17 marzo scorso dal comitato dei delegati dalla cassa, nonostante l'aumento del
gettito contributivo, non potranno che portare giovamento agli avvocati. Fuori dal coro, invece,
restano i giovani avvocati dell'Aiga, da sempre contrari all'aumento del gettito contributivo.
A loro avviso, infatti, a risentire dell'incremento dei contributi saranno soprattutto i più giovani che per
pagare gli oneri previdenziali saranno costretti a sacrifici fuori dalla loro portata. Proprio per evitare
l'approvazione della riforma, nel corso della seduta i giovani avevano presentato una mozione ad hoc
per rinviare la discussione sulla riforma, respinta però dal parlamentino della cassa. Unica consolazione
per le nuove leve è stata la promessa, messa nero su bianco, strappata alla cassa di non fermarsi sulla
strada delle riforme e di continuare a effettuare studi attuariali per arrivare in breve tempo a una vera e
propria riforma.
Anche se l'ipotesi di un eventuale passaggio a un sistema di calcolo contributivo, caldeggiata dall'Aiga,
è sempre più remota.
´Tale sistema di calcolo´, infatti, ha spiegato a ItaliaOggi Maurizio de Tilla, presidente dell'ente
previdenziale degli avvocati ´crea una forte diseguaglianza nella liquidazione degli importi di pensione,
in quanto dispone che questi ultimi siano commisurati a quelli dei contributi versati, contrariamente a
quanto prevede il principio solidaristico su cui si basa la previdenza forense'.
Per garantire importi di pensioni più alti, invece, secondo de Tilla bisogna puntare sulla previdenza
complementare, rendendola più conveniente. In questo senso, ha precisato, ´una soluzione potrebbe
essere quella di finanziare il secondo pilastro con la contribuzione obbligatoria'.
Il presidente ha anche espresso soddisfazione per la riforma appena varata. ´Siamo riusciti a garantire la
sostenibilità del sistema previdenziale nel lungo periodo senza aggravi particolari per gli avvocati. La
riforma porterà in attivo il patrimonio della cassa forense non solo fino al 2050 (29 miliardi di euro) ma
fino al 2062, anno in cui le risorse dovrebbero ammontare a 20 miliardi di euro'. Inoltre, secondo il
presidente, l'aumento dei contributi non graverà sui più giovani, che comunque pagheranno una somma
aggiuntiva di massimo 200 euro, ma su coloro che hanno i redditi più alti.
A favore della riforma si è espressa anche Michelina Grillo, presidente dell'Organismo unitario
dell'avvocatura. ´Le modifiche apportate dalla cassa al sistema previdenziale sono il frutto di una
riflessione approfondita. Certo, ci sarà sicuramente qualche disagio anche a carico dei clienti che
potrebbero veder aumentare il costo del servizio legale (il contributivo integrativo grava sul
cliente). Tuttavia, di fronte alla sicurezza del futuro i sacrifici imposti dalle nuove regole devono
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essere tollerati'. Di contrario avviso Walter Militi presidente dell'Associazione giovani avvocati.
´L'aumento dei contributi', ha detto a ItaliaOggi, ´innescherà una spirale perversa da cui sarà difficile
uscire. Fra tre anni, infatti, si porrà di nuovo la necessità di ritoccare le aliquote verso l'alto. Noi non
siamo contrari alla solidarietà intergenerazionale', ha aggiunto, ´ma vorremmo pensioni commisurate ai
contributi versati'. L'ideale secondo Militi sarebbe un sistema contributivo misto che concili il principio
della solidarietà con il diritto ad avere pensioni commisurate al versamento dei contributi.
Tuttavia, almeno per il momento gli avvocati potranno stare tranquilli. Il temuto aumento del 2%
dell'aliquota contributiva sia per i contributi integrativi sia per quelli soggettivi non sarà immediato ma
avverrà gradualmente.
Per i primi, infatti, il passaggio dal 2 al 4% avverrà a partire dal 2007 mentre per i secondo dal 2009.
Inoltre, per i primi tre anni di iscrizione alla cassa la riforma prevede misure particolarmente favorevoli
per i legali che non hanno superato i 35 anni e che quindi si trovano in una fase ancora di avvio della
professione. Questi ultimi potranno beneficiare di uno sgravio sul contributo integrativo che non sarà
più vincolato a una soglia minima ma proporzionato al volume d'affari. Quanto ai contributi soggettivi,
invece, questi continueranno a essere decurtati fino alla metà per i primi tre anni di attività.
Per evitare importi di pensione troppo generosi, inoltre, le modifiche prevedono l'estensione dell'arco
temporale in base al quale calcolare la pensione a tutto il periodo di vita lavorativa esclusi solo i cinque
peggiori anni di professione (questi infatti se calcolati rischierebbero di abbassare eccessivamente gli
importi delle pensioni). Anche l'entrata in vigore di questa innovazione riguarderà integralmente
soltanto i nuovi iscritti. Per coloro che hanno maturato i periodi contributivi sotto il regime previgente il
calcolo sarà il frutto della somma di tre quote. La prima (per le anzianità contributive maturate fino al
2000) calcolata sui dieci migliori redditi degli ultimi 15 anni di attività professionale, la seconda (per
gli anni di iscrizione dal 2001 al 2006) sui migliori 20 redditi degli ultimi 25 anni di vita lavorativa,
l'ultima (per i contributi dopo il 2006) in base al nuovo sistema di calcolo. Ancora, nell'ottica di
disincentivare la prosecuzione dell'attività lavorativa oltre un certo limite di età, la liquidazione dei
supplementi di pensione per coloro che hanno maturato i requisiti per il pensionamento avverrà non più
in base al metodo di calcolo retributivo ma con quello contributivo meno vantaggioso. Per chi ha
superato da cinque anni l'età del pensionamento, inoltre, sarà aumentato l'importo del contributo di
solidarietà.
Novità in vista, infine, sul fronte delle pensioni minime il cui importo sarà fissato in una somma fissa di
9.960 euro. Fino a oggi, invece, questo era agganciato all'ammontare del contributo minimo in quanto
era fissato in otto volte l'importo del contributo soggettivo minimo. (riproduzione riservata) Simona
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Le sei novità
Aumento dell'aliquota contributiva per determinare il contributo soggettivo dall'attuale 10% a un 12%
del reddito Irpef dichiarato dagli iscritti alla cassa e dai pensionati iscritti entro il primo quinquennio dal
pensionamento, con decorrenza dall'anno 2010
• Aumento dell'aliquota contributiva per determinare il contributo integrativo dall'attuale 2% al 4% del
volume d'affari Iva dichiarato dagli iscritti agli albi e dai praticanti iscritti alla cassa e conseguente
raddoppio del contributo minimo integrativo
• Ampliamento del periodo di riferimento su cui calcolare la media dei redditi a fini pensionistici futuri
per le pensioni erogate dalla cassa a un periodo pari all'intera vita lavorativa, salvaguardando cinque
anni di peggior reddito
• Calcolo dei supplementi di pensione con criterio di tipo contributivo, sulla base del contributo
soggettivo versato nei successivi cinque anni al pensionamento e secondo le regole previste dalla legge
335/95
• Sganciamento dell'importo della pensione minima dal reddito. Il suo importo sarà fissato in una
somma pari a 9.960 euro
• Per i primi tre anni d'iscrizione alla cassa coloro che non hanno ancora compiuto i 35 anni potranno
beneficiare di uno sgravio del contributo integrativo che non sarà più vincolato a una soglia minima
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Angrisani: serve una legge per proiezioni a lungo raggio
Per garantire la sostenibilità del sistema previdenziale degli enti previdenziali privati serve un
intervento normativo ad hoc. Non ha dubbi Massimo Angrisani, ordinario di tecnica attuariale delle
assicurazioni presso l'università degli studi la Sapienza di Roma, su quale sia la ricetta per risolvere una
volta per tutte il problema della sostenibilità del sistema previdenziale degli enti privati.
I sistemi previdenziali, ha spiegato il professore a ItaliaOggi nel corso di una intervista, tendono a due
obiettivi: garantire la sostenibilità del sistema previdenziale nel lungo periodo e l'equità tra generazioni.
Ma per raggiungerli è necessaria una legge che imponga alle casse di fare proiezioni attuariali nel lungo
periodo e non a 15 anni come è attualmente previsto.
Inoltre, servono anche maggiori strumenti di controllo sul patrimonio della casse e sulla riserva legale.
Domanda. Lei pensa che la riforma messa a punto dalla cassa forense soddisfi queste due esigenze?
Risposta. Se la riforma garantisce l'erogazione delle prestazioni solo fino al 2050, le modifiche
apportate non risolvono il problema della sostenibilità del sistema previdenziale perché chi inizia
l'attività professionale oggi non potrà comunque avere la garanzia di percepire una pensione.
È ovvio che il problema della sostenibilità si riflette anche su quello dell'equità. Perché sia rispettato
questo principio, infatti, è necessario che vi sia una corrispondenza tra contributi versati e prestazioni
erogate. Inoltre, perché vi sia equità è necessario che i criteri per il calcolo delle pensioni e per il
versamento dei contributi siano criteri uguali per tutti.
D. Che cosa ne pensa della proposta dei giovani avvocati di un passaggio al sistema di calcolo
contributivo?
R. La scelta di un sistema di calcolo invece di un altro è legata alla situazione specifica di una cassa.
In quest'ottica il metodo di calcolo contributivo è sicuramente più facile da gestire rispetto al
retributivo. Se si modifica l'aliquota, per esempio, c'è una maggiore trasparenza perché aumenta
immediatamente anche il montante individuale in base al quale calcolare la pensione, quindi è ovvio
che tale sistema di calcolo è preferibile rispetto ad altri.
D. Che cosa ne pensa della modifica che prevede il calcolo dei supplementi di pensione in base a un
sistema di calcolo di tipo contributivo e non più retributivo.
R. Era necessaria. Il calcolo dei supplementi di pensione in base a un sistema retributivo, infatti,
rendeva i loro importi assolutamente sproporzionati rispetto ai contributi versati. Questi ultimi, infatti,
venivano recuperati in pochissimo tempo. (riproduzione riservata)
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Rc-auto, indennizzi da rivedere
Modificare la nuova disciplina del sistema di indennizzo diretto della Rc-auto, i cui decreti attuativi
sono attesi entro aprile: è quanto chiedono gli autoriparatori della Cna, a tutela della libera concorrenza
delle imprese del settore e della qualità del servizio reso all'utenza. Un appello che l'associazione
piemontese ribadirà ad autorevoli esponenti di maggioranza e opposizione, a ridosso delle elezioni
politiche il prossimo sabato 25 marzo, a Torino, nel corso di un convegno a cui parteciperanno il
responsabile nazionale dell'Unione Cna servizi alla comunità, Ettore Cenciarelli, il coordinatore
piemontese del settore carrozzerie Cna, Saverio Mercadante, il segretario provinciale della Cna
torinese, Paolo Alberti.
Gli interlocutori saranno esponenti delle istituzioni: i sottosegretari, Roberto Cota e Maria Grazia
Siliquini, e gli onorevoli Alberto Nigra ed Enrico Buemi. Secondo la Cna, la possibilità di ottenere il
risarcimento diretto del danno di un sinistro da parte della propria compagnia di assicurazione farà
venire meno, nei fatti, la libertà del consumatore di scegliere il proprio carrozziere di fiducia, andando
così ad alterare il delicato rapporto tra l'automobilista danneggiato, il riparatore auto e la compagnia di
assicurazione.
Il rischio è, insomma, la creazione di un vero e proprio cartello tra le compagnie di assicurazione che
potranno decidere con quali carrozzerie vorranno avere rapporti, escludendo le altre. Non solo. Secondo
Cna, a rischio è anche la qualità delle riparazioni effettuate: il servizio reso all'utenza sarà infatti
minacciato da una pericolosa corsa agli sconti sul costo della manodopera. Alessio Stefanoni
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IL SOLE 24 ORE
Alpa e Tamborrino contro le esclusive dei notai
Avvocati e dottori alleati sulle riserve
ROMA. «Occorre superare anacronistiche riserve». A lanciare la sollecitazioni non è la voce, spesso
ignorata, dell' Antitrust, ma la richiesta di due autorevoli esponenti del mondo professionale: Guido
Alpa e Antonio Tamborrino, rispettivamente presidente dei Consigli nazionali degli avvocati e dei
dottori sull' autentica degli atti societari, in particolare per la cessione delle partecipazioni e per i
contratti di trasferimento e di affitto di azienda.
La sollecitazione sembra comunque destinata a sollevare un vespaio nel mondo professionale.
L'estensione della riserva porrebbe infatti termine a un'esclusiva dei notai. Ma per dottori
commercialisti e avvocati si tratta di una richiesta di «liberalizzazione» .
I dottori commercialisti da tempo hanno puntato l'attenzione sulla necessità di eliminare il "timbro del
notaio" sull'autentica per la cessione dì quote (che nelle Srl, fino alle leggi antiterrorismo del '92, era
libera). Ieri, su questa battaglia, si è formalizzato il fronte comune con gli avvocati. «Con la disciplina
sull' antiriciclaggio che impone anche agli avvocati e dottori commercialisti severi controlli sui
trasferimenti di ricchezza si rende naturale e logico superare anacronistiche riserve. Peraltro - hanno
detto Alpa e Tamborrino è quanto mai opportuno, nell'ottica di migliorare la competitività del sistema e
generare un risparmio di costi per le imprese, ampliare la concorrenza tra le professioni qualificate
consentendo ai dottori commercialisti e agli avvocati di intervenire in tutti gli atti societari per i quali
oggi è prevista una riserva». Avvocati e dottori si riferiscono, in particolare, alla «redazione dei verbali
degli organi di amministrazione e delle assemblee e a tutti gli altri atti societari che avvocati e dottori
commercialisti concorrono a elaborare per conto delle imprese».
Alpa e Tamborrino sono intervenuti nel corso di un'iniziativa di formazione continua, realizzata dai
dottori commercialisti, sulla nuova normativa antiriciclaggio.
La conferenza verrà diffusa venerdì a tutti gli Ordini.
Intanto, oggi a Roma si tiene l'assemblea dei presidenti degli Ordini (a partire dalle 9 all'hotel
Excelsior, via Veneto 125). In apertura è prevista una relazione di Tamborrino sullo stato della
professione, oltre che alcune comunicazioni sul decreto legislativo 139/05 che disciplina il nuovo Albo
dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Nel pomeriggio si terrà un faccia a faccia tra il
ministro delle Politiche comunitarie, Giorgio La Malfa, e l'esponente dei Ds, Giovanna Melandri, per
mettere a confronto, sui temi che riguardano la categoria, le posizioni
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ITALIA OGGI
Servizi: proposta per migliorare la concorrenza
Dottori e avvocati chiedono spazio
Dottori commercialisti e avvocati chiedono più concorrenza fra le professioni intellettuali. Soprattutto
per generare un risparmio a favore delle imprese e favorire così la ripresa economica. La richiesta è
contenuta in una dichiarazione congiunta del presidente del consiglio nazionale dei dottori
commercialisti, Antonio Tamborrino e del presidente del consiglio nazionale forense, Guido Alpa, resa
in occasione dell'evento di formazione professionale continua organizzato dai dottori commercialisti
sulla nuova normativa antiriciclaggio che verrà diffusa domani a tutti gli Ordini locali. All'appello
Cndc-Cnf non compaiono i ragionieri commercialisti, che per effetto del dlgs 139/2005 entreranno a far
parte della grande famiglia contabile dell'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. ´È
arrivato il momento', ha motivato con una nota stampa diffusa ieri la sua richiesta di nuove competenze
Antonio Tamborrino, ´di estendere l'autentica degli atti societari, in particolare cessione delle
partecipazioni e contratti di trasferimento e di affitto di azienda, ai dottori commercialisti e agli
avvocati. Con la disciplina sull'antiriciclaggio che impone anche agli avvocati e dottori commercialisti
severi controlli sui trasferimenti di ricchezza si rende naturale e logico superare anacronistiche riserve
(attribuite ai notai, ndr). Peraltro', continua il numero uno dei dottori, ´è quanto mai opportuno,
nell'ottica di migliorare la competitività del sistema e generare un risparmio di costi per le imprese,
ampliare la concorrenza tra le professioni qualificate consentendo ai dottori commercialisti e agli
avvocati di intervenire in tutti gli atti societari per i quali oggi è prevista una riserva. Specificamente
nella redazione dei verbali degli organi di amministrazione e delle assemblee e in tutti gli altri atti
societari che avvocati e dottori commercialisti concorrono a elaborare per conto delle imprese'. La
richiesta di nuove competenze è per i commercialisti in linea con il cammino avviato dal dlgs 139/05
sull'albo unico, che prende atto delle nuove professionalità maturate dalla categoria. ´È questa
l'iniezione di competitività e di liberalizzazione che avvocati e dottori commercialisti propongono alle
forze politiche in piena campagna elettorale nell'intento di assicurare ai cittadini un sistema efficiente e
alle imprese quella scossa di concorrenza tanto raccomandata e propugnata dalle istituzioni per ridurre
il costo dei servizi', conclude la nota di Tamborrino.
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ITALIA OGGI
Il presidente del tribunale di Roma, Luigi Scotti, fa il punto sul sistema e sul lavoro nella capitale
Giustizia, ripartire da ground zero
Le riforme del governo attuale vanno in gran parte modificate
Una sezione gip-gup con 42 magistrati, dieci sezioni penali, tre Corti d'assise, 13 sezioni civili
ordinarie, quattro sezioni lavoro, una sezione fallimentare e una agraria. In più il tribunale dei ministri.
Si tratta del tribunale di Roma. ´Quaranta udienze penali e 70 civili al giorno e una media annua per
magistrato di 150 sentenze civili e di 245 penali tra monocratico e collegiale', dichiara il presidente,
Luigi Scotti, che da otto anni presiede questo mastodontico opificio giudiziario, il più grande d'Europa.
Napoletano, 48 anni di carriera trascorsa tra diversi incarichi: cinque anni al Csm, nonché capo
dell'ufficio legislativo del ministero della giustizia che ha lasciato sotto il dicastero guidato all'epoca da
Giovanni Maria Flick. ´Avrò collaborato a non meno di 500 leggi', tiene a precisare il presidente del
tribunale della capitale.
Domanda. Presidente, dai dati diffusi nella cerimonia d'inaugurazione dell'anno giudiziario il sistema
giustizia sembra proprio ingolfato. Qual è la situazione della giustizia nel tribunale romano?
Risposta. Noi lavoriamo su qualcosa come 230-240 mila procedimenti civili all'anno e una media di
150 mila procedimenti penali tra monocratico e collegiale comprensivi di gip, gup e fase dibattimentale.
E anche se con 277 unità amministrative in meno, questo è il nostro ritmo ordinario di lavoro sbrigato
da 1.800 persone, di cui 389 magistrati. È la Corte d'appello a essersi intasata, noi al contrario
chiudiamo con un trend positivo a cominciare dalle due sezioni dove l'esposizione era maggiore. Parlo
della sezione lavoro con un +34% del 2004 e un +27% del 2005 e delle esecuzioni immobiliari dove,
nel giro di quattro anni, i processi pendenti sono diminuiti da 26 mila a 18 mila. Così abbiamo
eliminato buona parte del vecchio.
D. Dal 1° marzo è cambiato il processo civile di cognizione e di esecuzione con avvocati più attivi nei
pignoramenti e trasmissione di atti per e-mail, mentre i termini di comparizione si allungano dai 90
giorni italiani ai 150 per l'esteroÉ
R. Di recente, in base a una circolare del ministero, le spese per l'informatica sono state ridotte
dell'80%: non siamo organizzati per realizzare queste cose, non abbiamo i mezzi sufficienti; e parlo di
Roma, che per le risorse, in generale, è stata tra le città la più dotata.
Quanto all'allungamento dei termini di comparizione, mi sto augurando già da diversi anni che il
legislatore abolisca tutte quelle disposizioni che fanno perdere tempo al processo e ne introduca di
nuove con l'unico obiettivo di accelerare i procedimenti sia civili sia penali; stiamo invece assistendo a
riforme che viceversa comportano l'allungamento dei termini processuali. E mi riferisco anche ai
passaggi introdotti dall'ultima riforma in cui il giudice si deve necessariamente riservare per
puntualizzare il tema decidendum.
D. Che tipo di organizzazione ha in mente e come ha lavorato in tal senso il tribunale da lei diretto?
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R. I moduli organizzativi che ho introdotto nel gennaio 2001, con l'unificazione tra pretura e tribunale,
sono quattro. Il progetto per risultato ha riguardato l'evasione delle vecchie cause, a cominciare
dall'anticipazione delle udienze e dai rinvii brevi; c'è poi il monitoraggio costante dell'iter penale: si
sospende l'assegnazione di cause al collegio in crisi finché non ne esce oppure si ricorre all'applicazione
transitoria di magistrati da un collegio all'altro. Gli ultimi due sono le udienze straordinarie e il
programma di lavoro che chiedo all'inizio dell'anno a ogni sezione.
D. In Spagna chi produce un 20% di provvedimenti in più ha un aumento di retribuzione variabile dal 5
al 10%. E l'Italia? È d'accordo con la logica del ´chi più sentenzia, più guadagna'?
R. Le sentenze non vanno mercificate. Qui lo standard medio di produttività del magistrato è di 150
sentenze civili all'anno e 200 per il penale a rito monocratico e 40/45 per il collegiale. Si tratta di
standard che rispettano la tipologia di cause e i settori: nel lavoro è alto, siamo sulle 170 cause annue,
nell'infortunistica stradale ancora di più, mentre per le controversie contro la pubblica amministrazione
è notevolmente più basso. Io li controllo ogni trimestre e se trovo un'oscillazione di produttività
consistente convoco il magistrato e gli chiedo perché.
D. Un parere tecnico: ipotizzando un cambio di legislatura, delle leggi scontro e delle tante riforme con
le quali il governo ha smontato e riformato intere parti dei nostri codici, che cosa salverebbe o
modificherebbe e che cosa abrogherebbe del tutto?
R. Non sarà facile rimettere mano nel coacervo di modifiche che sono state fatte, e quello che sarà il
governo futuro, di destra o di sinistra, avrà due anni di attività molto intensa per farlo.
E ce n'è di lavoro: la riforma societaria ha creato sei sottosistemi, troppi. Noi abbiamo bisogno di
uniformità e procedure semplificate. La mini-riforma del codice di procedura civile non ha ridotto i
tempi del processo che in qualche caso si sono allungati, bisognava invece eliminare i tempi morti; in
procedura penale ci sono ancora troppe nullità inutili che andrebbero ridotte a quelle realmente
incidenti sui diritti di difesa. La Cirielli? Una legge scritta male che discrimina il recidivo e impone
defatiganti conteggi...
D. Nell'ultimo congresso dell'Associazione nazionale magistrati avete ribadito che in caso di vittoria del
centro-sinistra sarà bene riscrivere la riforma del vostro ordinamento. In che modo?
R. Così non può funzionare, va riscritta completamente: per il pm si è fatto un passo indietro, ancora
prima del '41: gerarchia assoluta, conta solo il capo che dà e toglie i processi come vuole, un primo
passo per poi sottoporlo alle dipendenze dell'esecutivo. Sono per la distinzione delle funzioni, in base al
quale come presidente del tribunale non potrei fare il procuratore della repubblica a Roma; la prevedeva
il cosiddetto pacchetto Flick a cui ho collaborato, che però non è passato. I concorsi interni, poi, non li
trovo necessari se non per la Cassazione. (riproduzione riservata) Marzia Paolucci
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Scade il 31 marzo il termine per l'adozione delle misure di protezione dei dati
Privacy, il Dps in dirittura
Gli agenti esonerati dal documento della sicurezza
di Paolo Martinello - Avvocato, consulente dello Sna
L'imminente scadenza dell'ennesima proroga del termine di adozione delle misure di sicurezza previste
dalla riforma della normativa sulla privacy (da ultimo prorogato al 31 marzo 2006, con dl 30 dicembre
2005 n. 273), ripropone agli operatori dubbi e quesiti già affrontati in passato.
In particolare, torna di attualità per gli agenti di assicurazione la problematica relativa al Dps
(documento programmatico della sicurezza), la cui adozione è prevista a carico del titolare di
trattamento elettronico di dati sensibili (attinenti allo stato di salute, alla vita sessuale o adesione a
sindacati) o giudiziari (casellario giudiziale, carichi pendenti).
Va ribadito che i limiti soggettivi (titolare dei dati) e oggettivi (dati sensibili e giudiziari trattati
elettronicamente) che circoscrivono tale obbligo consentono di affermare che esso non incombe, di
regola, sugli agenti di assicurazione. Questi ultimi, infatti, trattano i dati personali sensibili dei clienti
non in qualità di titolari, qualifica che spetta esclusivamente all'impresa, bensì di responsabili (o
talvolta addirittura di incaricati, benché tale qualifica non appaia coerente con la normativa sulla
privacy). L'agente tratta invece in qualità di titolare i dati relativi ai dipendenti, altri collaboratori
(subagenti) o fornitori, così come i dati dei clienti eventualmente raccolti e trattati autonomamente
rispetto agli obblighi del mandato agenziale, per lo svolgimento di attività commerciali e/o
promozionali dell'agenzia, anche successivamente alla cessazione del mandato o dei mandati in corso.
Ricordiamo che per questo tipo di trattamenti l'agente deve fornire specifica informativa alla clientela e
raccoglierne il necessario consenso.
Tali trattamenti interni all'agenzia non comportano, di regola, la raccolta e la conservazione di dati
sensibili trattati elettronicamente, né dei dipendenti o collaboratori (eventuale documentazione medica
o ´sindacale' è normalmente su base cartacea), né dei clienti (i cosiddetti archivi commerciali, su base
elettronica, dovrebbero contenere esclusivamente dati anagrafici e informazioni di carattere
economico/familiare, con esclusione di dati sensibili o giudiziari).
L'agente, in tali condizioni, è quindi sottratto all'obbligo di redazione del documento programmatico
sulla sicurezza. Occorre peraltro prestare attenzione a situazioni particolari: per esempio, quella
dell'agente che offre ai propri clienti attività di assistenza per la liquidazione di sinistri da parte di
imprese terze, attività che potrebbe comportare il trattamento elettronico di dati sensibili (in particolare,
sulle condizioni di salute, a seguito di malattie o infortuni) della clientela, con conseguente attuale
obbligo di redazione del Dps. Si tratta, peraltro, di attività ´collaterali' rispetto al mandato agenziale e
che, con la definitiva entrata in vigore dell'indennizzo diretto, verranno prevedibilmente, almeno in
parte, ricondotte nell'ambito delle attività previste dal mandato (e quindi anch'esse svolte dall'agente in
qualità di responsabile dei trattamenti, piuttosto che di titolare). (riproduzione riservata)
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Il dpr del Miur con il doppio binario
Riforma accesso, spunta la laurea
Rispunta la laurea come requisito per l'accesso alle professioni di agrotecnico, geometra, perito agrario,
perito industriale, consulente del lavoro e giornalista. Per gli aspiranti professionisti, però, il titolo di
studio accademico non sarà vincolante. Nel senso che a queste categorie si potrà accedere anche con il
vecchio diploma. E con un periodo di tirocinio. Insomma, il testo del regolamento del ministero
dell'istruzione che riforma l'accesso agli ordini e relativi esami, che ItaliaOggi ha potuto consultare,
nonostante i rilievi del Consiglio di stato e dell'Antitrust, non perde il suo impianto originario. È stato
certamente questo nuovo elemento del ´doppio binario' a rimandare l'esame definitivo da parte del
consiglio dei ministri, preventivato all'inizio per oggi e posticipato alla prossima settimana. Anche se
non è detta l'ultima. Fino a tarda serata, ieri, dall'Ufficio di Mariagrazia Siliquini facevano sapere che il
sottosegretario al Miur stava lavorando per far mettere il dpr all'ordine del giorno di Palazzo Chigi.
Le critiche alla riforma . Quello del dpr sull'accesso è stato un iter a ostacoli. Sin da quando è stato
approvato in via preliminare dal consiglio dei ministri il 22 dicembre, non sono mancate le critiche da
più parti. Accanto agli informatici, che ancora oggi continuano a lamentare la loro esclusione dal
provvedimento, nel tempo sono arrivate le dure prese di posizione di regioni, Consiglio di stato e
Antitrust. Le autonomie, infatti, hanno denunciato al Cds il loro mancato coinvolgimento nell'iter
legislativo del dpr, invocando il nuovo articolo 117 della Costituzione che prevede la competenza
concorrente fra stato e regioni in materia di professioni. A seguire è arrivata la censura di Palazzo
Spada: per innalzare il titolo di studio, dopo la riforma del Titolo V nel 2001, è necessaria una legge e
non un regolamento. Un rilievo formale, che il Miur attraverso una memoria ha cercato di superare,
confermato anche in un secondo parere di pochi giorni fa. Con un'aggiunta, però. Il Consiglio di stato,
recependo le critiche espresse con un parere dall'Antitrust, sottolineava anche l'inopportunità di
prevedere il tirocinio obbligatorio per quelle professioni per le quali ancora oggi non è previsto.
La soluzione del Miur. All'indomani del parere licenziato dal Cds, la stessa Maria Grazia Siliquini
aveva manifestato tutta l'intenzione di recepire la censura sui titoli di studio ma non quella sui tirocini.
Fra l'altro le critiche incrociate di Palazzo Spada e dell'autorità garante della concorrenza nei giorni
scorsi non hanno mancato di provocare qualche malcontento fra i presidenti degli ordini. Categorie
come quella dei giornalisti e dei consulenti del lavoro, del resto, è da tempo che chiedono al legislatore
un accesso alle loro professioni in linea con le normative comunitarie. Una situazione che ha portato
l'ufficio legislativo del Miur a cercare una soluzione giuridica al problema. Col doppio binario, infatti,
il regolamento non cambia più in maniera radicale la situazione. Ma prende atto di una tendenza in
corso già da anni. E cioè che agli esami per l'abilitazione si presentano oramai prevalentemente laureati.
L'elemento in più è la definizione chiara delle classi di laurea che permettono l'accesso. (riproduzione
riservata) I.Marino
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PROFESSIONISTI
Ultimo giorno per Francesco Favara
La Cassazione cerca il successore
Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione Francesco Favara va in pensione. La notizia è di
qualche settimana fa, ma è stata ufficializzata ieri nel corso del plenum del Consiglio superiore della
magistratura, che ha approvato il pensionamento per raggiunti limiti d’età. E mentre si cerca di intuire
chi, tra i dodici nomi in lizza, prenderà il suo posto (si saprà agli inizi di aprile), nella sala in cui si è
svolto il plenum si è colta l’occasione per ripercorrere l’impegno di Favara e sottolinearne la dedizione
a favore della difesa delle toghe, in questi ultimi anni bersaglio di continui attacchi sferrati dal mondo
politico e istituzionale. In quest’ottica, il vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura
Virginio Rognoni ha tenuto a sottolineare come il Pg abbia «interpretato in modo esemplare il ruolo di
giudice», ricordando le sue ferventi relazioni sullo stato della Giustizia in Italia, relazioni pronunciate
da Favara, fino allo scorso anno, in occasione delle inaugurazioni dell’Anno Giudiziario: «In
particolare l’ultima, esemplare per chiarezza, coraggio ed efficacia delle indicazioni, nella quale Favara
ha avvertito come certe derive dovessero essere fermate», ha detto Rognoni.
Il consigliere laico dei Ds Luigi Berlinguer ha invece sottolineato l’equilibrio e la fermezza con cui il
Pg ha sempre difeso le toghe: «Favara è un magistrato dotato di equilibrio e distacco, ma di altrettanta
fermezza nelle convinzioni e nei principi. Ha difeso la magistratura con energia ma senza iattanza.
Costituisce un esempio, soprattutto in questo momento in cui lo sport nazionale preferito da certi
ambienti politici e’ sparare a vista sulla magistratura». Il riferimento, per nulla velato, è agli attacchi
che la politica, e in particolare il premier Berlusconi e il Guardasigilli Castelli, ha portato avanti con
sistematica aggressività negli ultimi cinque anni, durante i quali magistratura ed esecutivo non sono mai
riusciti a dialogare con serenità, neanche in occasione di riforme importanti come quella
dell’Ordinamento giudiziario.
Le attestazioni di stima di ieri pomeriggio hanno un po’ sorpreso lo stesso Favara, che le ha
scherzosamente paragonate a una commemorazione precoce e ante mortem. Lo stimato Pg ha poi
aggiunto, fiducioso e lucido: «Mi auguro che in magistratura ci siano tanti colleghi come me, migliori
di me... Ho sempre indicato l’esigenza che i magistrati non si sovraespongano, non si schierino
politicamente, ma rappresentino i cittadini.
Una bellissima battaglia per conservare il prestigio della magistratura. Sono sicuro che, quando questa
tempesta sarà finita, il magistratura dovrà recuperare pacatezza». Marianna Aprile
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PROFESSIONISTI
Pecorella, nuovi limiti alla legge
Torna a far discutere la legge 46/2006 sull’inappellabilità (meglio nota come Legge Pecorella, dal nome
del presidente forzista della Commissione Giustizia di Montecitorio, che l’ha firmata).
Ieri pomeriggio, la Corte di Cassazione ha stabilito che il legislatore non ha previsto nel testo la
differenziazione fra «cause di inammissibilità, stabilendo a quali di esse la norma dovesse applicarsi».
Non solo: la Sesta sezione penale nella sentenza 10104/06 ha precisato che «tutto ciò non è avvenuto e
la norma in esame, calando in un sistema ormai completamente assestato, non poteva non comportare la
inapplicabilità della norma stessa alle ipotesi di ricorso inammissibile». Il che si traduce
sostanzialmente in un restringimento del campo d’azione della Legge Pecorella, sulla quale tutti gli
esponenti della magistratura, dall’Anm al Csm, hanno espresso critiche e dubbi fin dalla sua prima
gestazione. L’occasione per la Suprema Corte di esprimersi sull’argomento è arrivata con il caso di
inammissibilità del ricorso di un genovese condannato per detenzione di cocaina. «Sia pure
limitatamente alla normativa transitoria dei procedimenti pendenti in Cassazione», si legge nella
sentenza, «il legislatore avrebbe potuto stabilire espressamente che la disposizione del comma quinto si
applicasse anche ai casi di inammissibilità del ricorso, oppure differenziare tra le cause di
inammissibilità, stabilendo a quali di esse la norma dovesse applicarsi, indicandole specificamente;
avrebbe potuto operare, al limite, e sulla nozione di inammissibilità o sui concetti di giudicato formale e
sostanziale». Il legislatore, insomma, avrebbe potuto «incidere sulla nozione dei motivi nuovi o sul
rapporto tra i motivi principali o motivi nuovi. Tutto ciò non è avvenuto». Alla luce dell’esplicito
riferimento del testo di Legge all’art. 585, comma quarto, del Ccp (che stabilisce che l’inammissibilità
dell’impugnazione si estende ai motivi nuovi), la Sesta sezione penale di Piazza Cavour conclude
quindi che è evidente che il vero scopo del legislatore, all’atto di redigerla, non fosse quello «di fare
operare la norma transitoria anche nei casi di inammissibilità dei motivi principali e quindi del ricorso».
Comincia a mostrare tutti i suoi punti deboli una Legge da molti additata come l’ennesimo
provvedimento ad personam, per stessa ammissione del Premier, che ne ha riconosciuto le positive
ripercussioni sui procedimenti a suo carico in corso. Una Legge dall’iter parlamentare assai travagliato,
costellato dapprima da aspre polemiche. Poi dal rifiuto da parte del Presidente della Repubblica Carlo
Azeglio Ciampi (il 20 gennaio scorso) di promulgarla, con il conseguente rinvio alle Camere. Rinvio
che passerà probabilmente alla storia della Seconda Repubblica come uno dei più duri e motivati tra i
sette che hanno costellato la legislatura appena conclusa. A funestare la nascita della norma anche
approvazioni saltate per ben sette volte al Senato per mancanza del numero legale, diserzioni che
suonavano come una sorta di boicottaggio interno alla maggioranza di una norma assai cara al Premier
e ai suoi fedelissimi. Sgambetti da fuoco amico funzionali alla ricerca di un assetto pre-elettorale. I
motivi per cui tanto si è discusso sul decreto che sarebbe finalmente divenuto legge (46/2006) il 14
febbraio scorso sono però, oltre che politici, anche di natura sostanziale. Il vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura Virginio Rognoni, il primo presidente della Corte di Cassazione Nicola
Marvulli, nonché esponenti delle correnti interne al Csm (Magistratura democratica in primis) hanno
infatti più volte sottolineato come la sua approvazione avrebbe di fatto snaturato il ruolo della Corte di
Cassazione (di fatto trasformata in terzo grado di giudizio di merito), e ne avrebbe causata la paralisi,
vista la pioggia di ricorsi da evadere non più nella legittimità ma nel merito. Nonostante la pioggia di
critiche e il rinvio alle camere, Pecorella ha sempre difeso a spada tratta il suo testo, non senza qualche
deplorevole eccesso. Si ricorderà che il presidente della Commissione Giustizia della Camera rispose al
rinvio motivato di Ciampi: «O non si fa o si fa così come è stata approvata». Marianna Aprile
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Inappellabilità, non si applica ai ricorsi inammissibili. Fino al 9 aprile
La legge sull’inappellabilità - nota come “Pecorella” - non si applica, in Cassazione (nei primi trenta
giorni dall’entrata in vigore, scattata il nove marzo) ai ricorsi pendenti presentati con motivi pretestuosi
e dilatori al solo fine di raggiungere la prescrizione, per i quali scatta la dichiarazione preliminare di
«inammissibilità». È questo l’orientamento assunto dalla sesta sezione penale di piazza Cavour che con la sentenza 10104/06 depositata il 22 marzo e qui leggibile tra gli allegati - ha deciso di non
applicare le nuove norme ai ricorsi «inammissibili».
Il problema affrontato da piazza Cavour - emerso dal ricorso di uno spacciatore di cocaina - era quello
di «stabilire se, rilevata dalla Cassazione una causa di inammissibilità del ricorso, il processo, già
fissato per la pubblica udienza, debba essere rinviato oltre il trentesimo giorno dalla data di entrata in
vigore della legge per consentire al ricorrente, entro tale termine, di proporre motivi nuovi (sempre che
ovviamente non li abbia già depositati dopo l’entrata in vigore della legge e prima della udienza);
prefigurando così una sorta di sospensione del processo dalla data di entrata in vigore della legge
46/2006 al trentesimo giorno da tale data». Ad avviso degli “ermellini” questa tesi è «sicuramente da
disattendere». Dunque ai ricorsi inammissibili, non si concede lo slittamento di trenta giorni previsto
dalla “Pecorella” per dare modo agli avvocati di presentare ulteriori memorie difensive (su errori nel
vaglio delle prove durante i processi di merito). A questa conclusione la sesta penale è arrivata dopo
una ampia ricognizione della giurisprudenza a partire dal codice del 1930. «Alla possibile obiezione
secondo cui tale conclusione potrebbe non corrispondere alla ratio e alla voluntas legis, va replicato,
anzitutto, che il quadro legislativo e del diritto vivente non poteva essere trascurato dal ius novum».
«Sia pure limitatamente alla normativa transitoria dei procedimenti pendenti in Cassazione, il
legislatore - dicono gli “ermellini” - avrebbe potuto stabilire espressamente che la disposizione del
comma quinto si applicasse anche ai casi di inammissibilità del ricorso». «Tutto ciò non è avvenuto e la
norma in esame, calando in un sistema ormai completamente assestato - concludono i magistrati di
legittimità - non poteva non comportare la inapplicabilità della norma stessa alle ipotesi di ricorso
inammissibile». In poche parole, con questo “verdetto” della sesta penale, è stato messo un primo
“paletto” ai margini di operatività della “Pecorella” in Cassazione. Difficilmente, anche se ci fosse
un’altra sezione - pare ci sia la seconda sezione orientata in maniera opposta - di parere differente, la
questione della norma transitoria potrebbe essere sollevata alle Sezioni unite. Il nove aprile, infatti, la
legge 46/2006 sarà pienamente a regime. E il vero terreno da “sminare” sarà quello sull’allargamento
dei motivi di ricorso.
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Cassazione – Sezione sesta penale (up) – sentenza 13-22 marzo 2006, n. 10104
Presidente de Roberto – Relatore Colla
Pg De Sandro – Ricorrente Foresta
Fatto e diritto
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Genova ha parzialmente riformato quella del Gup del Tribunale della città
in data 11 giugno 2002, appellata da Davide Foresta, con la quale il medesimo era stato condannato alla pena (sospesa) di
mesi sei e giorni venti di reclusione e della multa di euro 1.376,89 in ordine al reato di cui all’articolo 73, comma 5, Dpr
309/90, riducendo la pena stessa, con le già concesse attenuanti generiche e la diminuente per il rito abbreviato, a quella di
mesi cinque e giorni dieci di reclusione e della multa di 1.200 euro; concedeva anche il beneficio della non menzione della
condanna nel certificato del casellario giudiziale.
Al Foresta era stata contestata la detenzione di 10 confezioni di cocaina per uso anche di terzi, di cui 8 sequestrate,
contenenti cocaina pura pari a 0,185 grammi (in Arenzano il 19 gennaio 2002).
La Corte disattendeva la tesi dell’imputato, secondo la quale si sarebbe trattato, nella specie, di “uso di gruppo”. Non era,
infatti, ritenuto sufficiente a dimostrare tale tipo di uso l’avere consumato la sostanza insieme ad amici all’interno di un
locale pubblico, poi dentro l’autovettura guidata da Carlo Azzi e, infine, nella abitazione di quest’ultimo. Pur non essendo
necessaria la prova di un conferimento di denaro per l’acquisto della sostanza per ritenere tale tipo di uso, mancava la prova
di un accordo in tal senso che non poteva neppure desumersi dalle circostanze di fatto evidenziate. Anzi - proseguiva la
Corte - le stesse dichiarazioni rese dall’imputato in sede di convalida (che potevano far propendere per la tesi dell’uso di
gruppo), erano smentite dalle altre dichiarazioni dallo stesso in precedenza ai carabinieri di Varazze (utilizzabili in ragione
del rito abbreviato prescelto), ai quali aveva precisato che l’incontro con gli amici era stato del tutto casuale, circostanza
confermata dallo stesso Azzi e da Gianluigi Damonte, altro partecipe al consumo della sostanza in quel giorno. Pareva, in
conclusione, del tutto plausibile alla Corte che l’imputato avesse ceduto gratuitamente la cocaina agli amici, che l’avevano
consumata in sua compagnia e che le dosi sequestrate, residuate dopo il consumo di due confezioni, erano destinate anche
alla cessione a terzi.Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’imputato il quale deduce 9a violazione di cui
all’articolo 606 lettera b) «perché da un’attenta lettura degli atti del procedimento e dalla valutazione di alcune circostanze
(pagamento delle consumazioni all’interno dei locali) si evidenzi[ava] come in realtà vi [fosse] una discordanza di facciata»,
senza aggiungere altro. Afferma, ancora - così sotto il nomen della violazione di legge - la illogicità delle argomentazioni
adottate dal giudice a quo, che non aveva comunque ragionevolmente valutato sia il rapporto di amicizia tra i consumatori
sia la consumazione in unica circostanza di tempo e di luogo sia, infine, l’unicità della confezione contenente la sostanza.
Il ricorso è inammissibile.A parte l’adombrato invito alla Corte di cassazione ad accedere agli atti di causa, il motivo stesso
difetta dei requisiti minimi di specificità per la costituzione di un valido rapporto di impugnazione e ripropone ai Giudici di
legittimità questioni di merito in ordine alle quali la Corte d’appello si era soffermata con assoluto rigore logico e giuridico.
Infatti, la Corte del distretto aveva chiaramente verificato che gli elementi in fatto sottoposti dalla difesa per affermare l’uso
di gruppo, ricordati nella esposizione dei motivi di ricorso, non erano sufficienti a designare come tale un simile consumo,
pur mostrandosi quei Giudici perfettamente consapevoli del rapporto amicale e della consumazione della sostanza in
un’unica occasione di tempo (ma non di luogo, come erroneamente sostenuto nel ricorso per cassazione). [Sulla
inammissibilità del ricorso per cassazione, che riproponga gli stessi motivi già disattesi in appello, la giurisprudenza di
legittimità è unanime: da ultimo, fra le tantissime conformi, v. Cassazione, Sezione quinta, sentenza 11933 del 27 ottobre
2005 Ud. (dep. 25/03/2005 ), Giagnorio, Rv. 231708], nella considerazione che i motivi riproposti devono ritenersi non
specifici ma soltanto apparenti].Tanto premesso, questa Corte è tenuta a verificare se in presenza di un ricorso inammissibile
debba applicarsi la disposizione dell’articolo 10, comma 5 della legge 46/2006, entrata in vigore il 9 marzo 2006, norma la
quale richiama l’articolo 8 della stessa legge. Una norma, quella adesso ricordata che, nel modificare le lettera d) ed e)
dell’articolo 606, comma primo, Cpp statuisce, per la prima ipotesi, che il ricorso può estendersi anche ai casi in cui la
mancata assunzione di una prova decisiva sia stata “richiesta anche nel corso dell’istruzione dibattimentale” e, per la
seconda, che l’illogicità della motivazione rileva se risultante, oltre che dal testo del provvedimento impugnato, anche “da
altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di ricorso”.L’articolo 10, a sua volta (in via transitoria), stabilisce
che nei limiti delle modificazioni apportate dall’articolo 8 della stessa legge possono essere presentati i motivi dì cui
all’articolo 585, comma 4, Cpp entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.Il problema è dunque
quello di stabilire se, rilevata dalla Corte di cassazione una causa di inammissibilità del ricorso, il processo, già fissato per la
pubblica udienza, debba essere rinviato oltre il trentesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge per consentire al
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ricorrente, entro tale termine, di proporre motivi nuovi (sempre che ovviamente non li abbia già proposti dopo l’entrata in
vigore della legge e prima della udienza); prefigurando così una sorta di sospensione del processo dalla data di entrata in
vigore della legge 46/2006 al trentesimo giorno da tale data. Una tesi, quella da ultimo ricordata, sicuramente da
disattendere, non soltanto sulla base della lettera della norma, ma anche alla luce delle esigenze teleologiche poste a base di
essa, anche considerando l’ineludibile sospensione della prescrizione che ne deriva pur in presenza di una facoltà concessa
alla parte.Per passare allo specifico quesito occorre rammentare che le cause di inammissibilità dell’impugnazione vengono
oggi tutte individuate, in via generale, dall’articolo 591 Cpp, che accomuna le ipotesi già definite, sotto il regime del
precedente codice, originarie o sopravvenute (carenza di legittimazione e di interesse, inoppugnabilità del provvedimento,
inosservanza delle norme concernenti la forma, la presentazione, la spedizione e i termini di impugnazione, nonché la
rinuncia); a tali cause, previste nella parte generale sulle impugnazioni, ovviamente applicabili anche al ricorso per
cassazione, vanno aggiunte le ipotesi di inammissibilità peculiari che attengono al ricorso per cassazione: da un lato quelle
già trasfuse dal vecchio al nuovo codice, individuabili nei motivi diversi da quelli consentiti dalla legge o manifestamente
infondati, e dall’altro quella, inserita ex novo, dei motivi concernenti violazioni di legge non dedotte in appello, che,
peraltro, la giurisprudenza formatasi nel vigore del codice del 1930 aveva enucleato come ipotesi di preclusione all’accesso
al giudizio di legittimità. Norme cardine del sistema in materia di inammissibilità sono poi quelle previste dall’articolo 591,
commi 2 e 4, Cpp le quali prescrivono che il giudice dell’impugnazione, anche di ufficio, dichiara con ordinanza, appena la
rilevi, l’inammissibilità dell’impugnazione e dispone l’esecuzione del provvedimento impugnato. Ove ciò non avvenga,
l’inammissibilità può essere dichiarata in ogni stato e grado del giudizio.Sui motivi nuovi, il sistema ruota intorno alla
norma dell’articolo 585, comma 4, Cpp, secondo cui, fino a quindici giorni prima della udienza, possono essere presentati
motivi nuovi nella cancelleria del giudice della impugnazione. Un precetto anch’esso inscritto tra le disposizioni generali
delle impugnazioni ma applicabile anche al ricorso per cassazione. Rilievo davvero decisivo, ai fini che interessano, riveste
poi l’ultima parte del comma 4 dell’articolo 585 Cp secondo la quale l’inammissibilità della impugnazione (cioè dei motivi
principali) si estende ai motivi nuovi.
Ora, non v’è dubbio che la nuova legge è entrata a far parte del sistema delle impugnazioni, e, in particolare, del ricorso per
cassazione disciplinato dal nuovo codice processuale penale e ormai ampiamente esplorato, assestato e definito nella portata
delle norme che qui interessano da una serie di sentenze di questa Corte di legittimità, soprattutto delle sezioni unite, che
attraverso un crescente affinamento dei concetti e una sempre più approfondita opera di ermeneusi, spesso resasi necessaria
per la risoluzione di contrasti giurisprudenziali, ha definito una serie di questioni, stabilendo principi da tempo
costantemente applicati, delineando la portata di istituti giuridici non sempre perspicui e fissando regole davvero
essenziali.Anzitutto, canoni fondamentali sono stati fissati da Cassazione, Su, sentenza 32/2000 Cc (dep. 21/12/2000), De
Luca, Rv. 217266.Secondo tale decisione, non è più possibile distinguere (come già accennato) tra cause di inammissibilità
originarie e cause di inammissibilità sopravvenuta (salvo per la rinuncia alla impugnazione che rimane causa di
inammissibilità successiva, sempre che la rinuncia non riguardi un ricorso originariamente inammissibile). La sentenza in
argomento inserisce infatti nel catalogo delle cause di inammissibilità originaria anche quella concernente la manifesta
infondatezza del ricorso, ultima ad essere stata riconosciuta come tale. Tutte la cause di inammissibilità impongono una
decisione «in limine, semplicemente dichiarativa della mancata instaurazione di un valido rapporto processuale, tanto da
impedire l’inutile prosecuzione di un’attività comunque destinata a pervenire, a norma dell’articolo 591, comma 4, anche a
posteriori, ad un accertamento negativo della pendenza del processo ... In tale ipotesi si è, infatti, in presenza di un simulacro
di gravame che il provvedimento che ne dichiara l’inammissibilità, per sua natura dichiarativo, rimuove dalla realtà giuridica
fin dal momento della sua origine». La profonda ragione che spiega tale risultato ermenutico va ricercata nella norma
dell’articolo 648 Cpp sul giudicato. Non vale, infatti, affermare in contrario alla tesi sopra proposta che il giudicato si forma
nel giorno in cui è pubblicata la sentenza (o l’ordinanza), o, in altri termini, che, se è stato proposto ricorso per cassazione, il
giudicato si forma con la declaratoria di inammissibilità all’esito del giudizio di legittimità. La norma, infatti, fissa il
momento del passaggio in giudicato della sentenza in senso formale, momento che rileva solo ai fini dell’esecuzione della
sentenza. Ai fini del giudicato sostanziale deve aversi riguardo invece al diverso momento in cui insorge la causa della
inammissibilità: esso interviene allo scadere del termini per proporre l’impugnazione, non solo in caso di mancanza della
proposizione del ricorso per cassazione, ma anche in caso di irrituale presentazione di esso, la quale non può che dar luogo a
un gravame invalido.
In base a tali principi non solo è precluso, in caso di inammissibilità del ricorso, il rilievo di cause di estinzione del reato ex
articolo 129 Cpp [salvo il caso di remissione di querela ritualmente accettata nel giudizio di cassazione: v. Cassazione, Su,
sentenza 24246/04 Ud. (dep. 27/05/2004 ) Chiasserini Rv. 227681], ma ciò che più rileva, ai fini che qui interessa, è il fatto
che la inammissibilità del ricorso si estende ai motivi nuovi, come previsto testualmente, in un quadro del tutto armonico,
dall’ultima parte dell’articolo 585, comma quarto, Cpp.
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Anche nella materia dei motivi nuovi le sezioni unite [Cassazione, Su, sentenza 4683/98 Ud. (dep. 25/2/1998), Bono, RV.
210259] hanno stabilito principi chiarissimi, ormai unanimemente condivisi e applicati, soprattutto definendo la portata del
concetto di “motivi nuovi”. A tale scopo le sezioni unite hanno preso le mosse dell’argomentazione partendo dalla
significativa constatazione che il nuovo codice di rito ha unificato in un unico atto di impugnazione i due momenti - nel
codice abrogato ontologicamente e temporalmente diversi -, della dichiarazione e della presentazione dei motivi, sotto il
controllo del giudice ad quem.
Hanno poi osservato che l’articolo 581 Cpp indica gli elementi che debbono essere contenuti nell’atto di impugnazione e che
costituiscono il dato qualificante dell’ impugnazione stessa con espressa funzione di delimitazione del devolutum, a pena di
inammissibilità, sancita dall’articolo 591, lettera c) Cpp: il riferimento che qui maggiormente rileva è quello di cui alla
lettera a) dell’articolo 581 Cpp, il quale stabilisce che nell’atto di gravame devono essere contenuti “i capi o i punti della
decisione ai quali si riferisce l’impugnazione”. L’importanza di tale statuizione è ribadita dall’articolo 167 delle disposizioni
di attuazione del codice il quale testualmente prescrive che: «nel caso di presentazione di motivi nuovi... devono essere
specificati i capi e i punti enunciati a norma dell’articolo 581 comma 1 lettera a) del codice, ai quali i motivi si riferiscono»;
norma dalla quale si ha una sicura conferma che i detti motivi nuovi si devono riferire appunto ai predetti capi e punti. Con
la conseguenza che, tenuto conto della struttura unitaria della impugnazione e della sanzione di inammissibilità prevista
dall’articolo 591 lettera c), «deve necessariamente concludersi che i motivi, definiti “nuovi” non possono ritenersi svincolati
e liberamente proponibili».
Tornando al problema che si è posto sopra, sulla base di tali premesse sembra a questa Corte che non possa sfuggirsi alla
conclusione secondo la quale la norma dell’articolo 10 comma 5, della legge 46/2006 non è applicabile ai casi di
inammissibilità del ricorso.
Alla possibile obiezione secondo cui tale conclusione potrebbe non corrispondere alla ratio e alla voluntas legis, va
replicato, anzitutto, che il quadro legislativo e del diritto vivente non poteva essere trascurato dal ius novum. Sia pure
limitatamente alla normativa transitoria dei procedimenti pendenti in cassazione, il legislatore avrebbe potuto stabilire
espressamente che la disposizione del comma 5 si applicasse anche ai casi di inammissibilità del ricorso, oppure
differenziare tra le cause di inammissibilità, stabilendo a quali di esse la norma dovesse applicarsi, indicandole
specificamente; avrebbe potuto operare, al limite, sulla nozione di inammissibilità o sui concetti di giudicato formale e
sostanziale; soprattutto, avrebbe potuto, più semplicemente, incidere sulla nozione dei motivi nuovi o sul rapporto tra i
motivi principali o motivi nuovi. Tutto ciò non è avvenuto e la norma in esame, calando in un sistema ormai completamente
assestato, non poteva non comportare la inapplicabilità della norma stessa alle ipotesi di ricorso inammissibile.
Vi è, d’altra parte, da dubitare che il vero scopo del legislatore fosse quello di far operare la norma transitoria anche nei casi
di inammissibilità dei motivi principali e quindi del ricorso. Non può trascurarsi che proprio nella norma transitoria il
legislatore ha fatto riferimento all’articolo 585, comma 4, Cpp, richiamato per intero: l’ultimo periodo di tale comma
stabilisce - come si è detto, con valenza significativa per la soluzione della questione - che: “l’inammissibilità della
impugnazione si estende ai motivi nuovi”.
Conclusivamente il ricorso del Foresta deve essere definito con la declaratoria di inammissibilità dello stesso, con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa
delle ammende, tenuto conto dei motivi proposti.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000
in favore della cassa delle ammende.
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PROFESSIONISTI
La giustizia minorile è on line
Spazio all’informazione, ad accordi e nuovi progetti
La giustizia minorile italiana ieri ha uno spazio in più. Si tratta di uno spazio virtuale (un sito Internet)
ma assai utile perché permette di essere sempre informati sulle novità e sulle iniziative che il
Dipartimento per la Giustizia minorile intraprende a vantaggio dei ragazzi in condizioni disagiate.
Ciccando su www.giustiziaminorile.it si possono avere informazioni sulle sedi del Dipartimento su
tutto il territorio nazionale, sulle carceri minorili, sulle procure della Repubblica. Ma, cosa più
importante, si può curiosare tra le iniziative, i protocolli d’intesa ei progetti che il Dipartimento mette
in atto per prevenire la delinquenza minorile, rendere più leggera e proficua la detenzione dei minori,
favorire il reinserimento degli stessi nel mondo del lavoro.
Sul sito è ad esempio disponibile il testo integrale del protocollo firmato dal Ministero della Giustizia e
da quello delle Infrastrutture con cui si dà inizio a una collaborazione tra Dipartimento e Capitanerie di
Porto al fine di creare sbocchi professionali per i giovani detenuti. Le attività previste dal Protocollo, di
cui PQ aveva anticipato i contenuti sul numero dello scorso 16 marzo, godranno anche del contributo di
numerose amministrazioni provinciali e regionali.
La sezione più utile è però forse quella relativa sia all’Amministrazione centrale della Giustizia
Minorile, con link al Centro Europeo Studi e all’Istituto centrale per la formazione. A fianco, l’elenco,
regione per regione, delle sedi dei Tribunali e delle Procure della Repubblica. Inoltre, è disponibile una
sezione interamente dedicata ai riferimenti ai servizi territoriali: Centri di giustizia minorile, Centri di
prima accoglienza, istituti penali, Uffici del servizio sociale, Comunità. Per ognuna di queste categorie
di presìdi territoriali è possibile visualizzare una cartina e tutti i riferimenti (indirizzo, numeri utili) per
eventuali contatti o richieste.
Non solo. Per ciascuna categoria è contestualmente disponibile anche tutta la legislazione di
riferimento. Insomma, giustiziaminorile.it si annuncia come iniziativa meritoria, volta alla trasparenza,
e come utile strumento per avvicinare i cittadini alle strutture preposte alla prevenzione e alla
repressione della delinquenza minorile. Va detto, a onor del vero, che il neonato sito, dalle grafi ca pur
accattivante e dal sapore giustamente istituzionale, ha ancora numerose lacune nei contenuti (spesso
annunciati e non ancora disponibili). Ma c’è da credere che, quando sarà a regime diventerà un utile
strumento di relazione tra pubblico e Dipartimento. Marianna Aprile
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ITALIA OGGI
Got e vpo, proroga al 2008
Altri due anni di attività senza adeguate garanzie
Niente di più definitivo del provvisorio: torna a far parlare di sé la posizione di una magistratura
onoraria ancora senza status giuridico perché oggetto di continue proroghe di cui l'ultima fissata al 2
giugno 2008, a futura memoria del governo che sarà. ´Dal 2 giugno scorso, data di scadenza iniziale,
con il decreto milleproroghe, il governo ha prorogato di due anni il nostro status giuridico', sibilano i
professionisti tra rabbia e ironia dalle prime file dell'ennesimo convegno della categoria. Un esercito di
got e vpo, perlopiù avvocati, richiamato venerdì scorso a via Varisco dal sindacato Federmot che ha
organizzato un'adunanza generale partecipata dalla magistratura ordinaria ma disertata dalla politica per
un serio confronto legislativo. Da Luigi Bobbio, di An, relatore della riforma dell'ordinamento
democratico, al diessino Vincenzo Siniscalchi, relatore della proposta di legge, rimasta tale,
sull'istituzione del ruolo a esaurimento dei magistrati di complemento e ai responsabili giustizia dei vari
partiti: diversi i nomi degli assenti che avrebbero dovuto prendere la parola davanti a una platea di
scontenti.´Che ruolo ha la magistratura onoraria? È ancora tutto da capire', esordisce provocatoriamente
Paolo Valerio, avvocato e presidente Federmot, l'associazione che dal dicembre 2001 sostiene con forza
la riqualificazione giuridica ed economica di una categoria grandi numeri con un grado di
valorizzazione non proporzionale al carico di lavoro sopportato. Sono infatti 4 mila i mot che in due
mandati di tre anni ciascuno sbrigano tra viceprocuratori e giudici onorari di tribunale per circa 70 euro
a udienza e nessuna previsione previdenziale tanta della mole di lavoro in carico ai giudici togati. E
intanto i vertici Federmot discutono della mancata legge che li avrebbe visti trasformati in magistrati di
complemento: ´Era una legge che avevamo caldeggiato ma non era l'unica soluzione che auspicavamo',
dichiara Raimondo Orrù, vicepresidente Federmot. Dal canto suo, la magistratura ordinaria parla di
´irrealizzabilità della figura del magistrato di complemento; ci sono ostacoli insormontabili di
costituzionalità: l'immissione in ruolo dei magistrati onorari come ordinari si scontra con l'articolo 106
della Costituzione', considera Carlo Sabatini, del Movimento per la giustizia Anm e membro di una
commissione interna per lo studio delle tematiche relative alla magistratura onoraria. ´Resistenze
comprensibili' per Orrù: ´La cosa importante', sottolinea comunque, ´è che si trovi una soluzione
definitiva per figure ormai indispensabili alla giurisdizione, visto che il 97% dell'ufficio del pm in
udienza è rappresentato da un viceprocuratore onorario e visto che il got fa centinaia di migliaia di
sentenze che non potrebbero sobbarcarsi gli ordinari'. E due infatti sono le proposte su cui le diverse
voci della magistratura ordinaria sembrano confluire: formazione di un ruolo unico che accorpi giudici
di pace, got e vpo e accesso attraverso le scuole di specializzazione per la professione legale. ´Un
percorso possibile' sia per Ernesto Aghina, presidente della IX commissione del Csm sia per lo stesso
Sabatini. ´Ci sono diverse sensibilità e prospettive a riguardo all'interno dell'Anm verso un ruolo che
per sciagurate scelte legislative si trova oggi prorogato e consolidato ma senza un futuro. Si è infatti
andati avanti a proroghe senza avere una visione organica della magistratura onoraria, va invece
pensato un sistema a regime', considera Sabatini, ´se la si ritiene ancora utile, come personalmente
ritengo, bisogna infatti chiedersi che ruolo e collocazione darle'. (riproduzione riservata) M.Paolucci
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ITALIA OGGI
In breve
Ordinamento giudiziario. Sono approdati sulla Gazzetta Ufficiale due altri decreti delegati di riforma
dell'ordinamento giudiziario. In particolare è stato pubblicato sulla Gazzetta n. 66 il dlgs n. 106 che
disciplina la nuova organizzazione delle procure, che entrerà in vigore il prossimo 4 aprile. Sarà una
rivoluzione negli uffici del pm, visto che il procuratore capo assumerà la titolarità assoluta dell'esercizio
dell'azione penale. Nella Gazzetta del 21 marzo, n. 67, ancora, è stato pubblicato il dlgs n. 109 recante
Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro
applicabilità nonché modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e
trasferimento d'ufficio dei magistrati. Il dlgs, nel dettaglio, prevede l'obbligatorietà dell'azione,
disciplina il capo al procuratore generale della Cassazione e un ruolo più pregnante del ministro nella
procedura. Sono inoltre tipizzate le fattispecie illecite.
Carceri. Nasce a Milano la prima struttura carceraria senza sbarre. A usufruirne 12 detenute-madri delle
carceri di Milano e Como. Un progetto-pilota, al di fuori della casa circondariale, in una palazzina
messa a disposizione dalla provincia in viale Piceno, dove, senza inferriate o agenti in divisa, le giovani
madri potranno vivere accanto ai loro bambini. La struttura, pronta tra circa sei mesi, sarà
adeguatamente predisposta per accogliere detenute con figli al di sotto dei tre anni. Il progetto,
presentato oggi all'interno del carcere milanese di San Vittore, è stato realizzato con la collaborazione
del ministero della giustizia, di quello dell'università, di regione, provincia e comune, ed è stato
illustrato dal provveditore alle carceri lombarde, Luigi Pagano che proprio di San Vittore è stato
direttore per diversi anni.
Favara in pensione. Tra poco più di un mese va in pensione il procuratore generale della Cassazione
Francesco Favara, per raggiunti limiti di età. E il plenum del Csm, che oggi ne ha deliberato il
collocamento a riposo a partire dal 30 aprile prossimo, quando compirà 75 anni, lo ha voluto ringraziare
sia per il modo in cui ha ricoperto il suo ruolo, sia per aver difeso la magistratura in un momento
difficile. Parole a cui il diretto interessato ha risposto con un breve discorso in cui, parlando della
´bellissima battaglia' condotta per ´conservare il prestigio della magistratura', si è detto certo che
´quando la tempesta sarà finita i giudici dovranno recuperare pacatezza'.
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News dal Csm
FORMAZIONE A DISTANZA. Primo corso di formazione a distanza per le toghe. Per la prima volta il
Consiglio superiore della magistratura organizza un corso in e-learning in materia penale, mediante un
collegamento in rete internet. Mutuando un'esperienza positivamente sperimentata presso l'Escuela del
Consejo General del Poder Judicial spagnolo, il progetto promuove un programma di formazione a
distanza diretto a coinvolgere su un tema predeterminato un numero ridotto di partecipanti, che abbiano
dimestichezza con gli strumenti telematici. L'interpello per la partecipazione al corso, riservato a 30
magistrati (15 pm e 15 giudicanti) che operano nel secondo grado della giurisdizione penale, con
esperienza nella comunicazione telematica (requisito ineludibile per la migliore realizzazione
dell'iniziativa), è stato diffuso in mailing-list. I termini per la presentazione delle domande scadono il
7/4/2006).
CONCORSI E CONTENZIOSO. Dopo un'approfondita discussione e la presentazione di due proposte
alternative, il plenum del Csm ha deciso di impugnare al Consiglio di stato una sentenza del Tar con la
quale i giudici amministrativi avevano accolto il ricorso proposto da un aspirante uditore per
l'annullamento della graduatoria finale del concorso. La decisione del giudice amministrativo, rilevato
che il ricorrente, ammesso alla prova scritta in virtù di un provvedimento cautelare del giudice
amministrativo, nonostante l'esito negativo (con sette errori) della prova preselettiva, aveva poi
comunque superato sia la prova scritta sia quella orale, a cui era stato ammesso nonostante l'intervenuto
annullamento da parte del Consiglio di stato dell'ordinanza cautelare e una specifica delibera della nona
commissione consiliare che aveva tempestivamente comunicato la non ammissione del candidato alla
prova orale, si è fondata sul cosiddetto principio dell'assorbimento (o della continenza).
MAGISTRATURA ONORARIA. Approvate due modifiche alla recente circolare sulle tabelle
sull'organizzazione degli uffici giudiziari per il biennio 2006/2008, entrambe relative alla magistratura
onoraria. Considerato che la legge n. 51/2006 di conversione del dl milleproroghe ha prorogato al 2
giugno 2008 la data di complessivo riordino della magistratura onoraria a cui l'art. 245 del dlgs n.
51/1998 collega la perdurante vigenza delle attuali disposizioni ordinamentali dei got e dei vpo, è stata
disposta la soppressione dalla circolare della necessità, da parte dei dirigenti degli uffici, di indicare nei
progetti organizzativi ´le modalità e i termini per la rassegnazione degli affari eventualmente trattati dai
giudici onorari...'. È stata inserita, inoltre, la previsione di comprendere, tra le materie penali non
assegnabili ai got, gli appelli del giudice di pace, per evitare la configurabilità di un doppio grado di
giurisdizione onoraria.
23/03/2006
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