MENSILE DEL SINDACATO PENSIONATI ITALIANI
SPI-CGIL DELL’EMILIA-ROMAGNA
Interventi
Consumi
Welfare
Contratti territoriali
dalla parte delle donne
Testimonianze
Quando eravamo
pionieri “sovversivi”
Auser
Non dimentichiamo
il dramma di Gaza
Argentovivo gennaio 2009
Autorizzazione del tribunale n.4897 del 5 marzo 1981 - Spedizione in abbonamento postale 45%
Cgil, le risposte alla crisi: La carta acquisti:
parla Danilo Barbi
quanto vale davvero?
L’eredità di
Vittorio Foa
n.1
gennaio 2009
1
In breve
Gli anziani
e le “sicurezze”:
un seminario
Argentovivo gennaio 2009
Spi-Cgil, Auser, Silp per la Cgil
hanno organizzato un seminario di discussione su sicurezza
urbana, legalità, sicurezza
della popolazione anziana dal
2
titolo “Gli anziani e le sicurezze” per giovedì 29 gennaio alla
Camera del lavoro di Bologna.
I lavori saranno presieduti da
Maurizio Fabbri, Segretario
generale Spi Emilia-Romagna.
Seguiranno poi le comunicazioni di Roberto Battaglia, Segretario regionale Spi, Giovan-
Un momento del pranzo conviviale dei pensionati Spi-Cgil di Imola
Lo Spi di Imola
festeggia
e rinnova
gli impegni
Il 2008 è stato un anno duro
e combattivo, fra speranze
e delusioni cocenti, un anno
che ha visto i pensionati
fianco a fianco uniti nella
lotta, nelle grandi manifestazioni per avere risposte
alle richieste già da troppo
tempo disattese. Un anno
che, nonostante i problemi e
le difficoltà, “non ha disperso i pensionati”, semmai a
Imola li ha trovati più coesi,
più determinati.
Così, il 25 novembre la segreteria territoriale dello
Spi, gli attivisti, i pensionati
iscritti si sono ritrovati per
l’atteso annuale incontro,
attorno ai tavoli del ristorante “La Campaza”, davanti
a un buon pranzo di pesce.
Un momento conviviale,
allietato da musica e canzoni, concluso in ballo, un
momento di spensieratezza,
consapevoli di dover proseguire nelle lotte di una
nuova forte mobilitazione,
“per rivendicare i diritti
di quelle persone anziane
che con il loro lavoro hanno
contribuito alla costruzione
del Paese, a vivere con un
reddito dignitoso, in una
società più giusta, più unita,
più solidale”. Con queste
parole il Segretario generale dello Spi e la Segretaria
generale della Cgil di Imola
hanno salutato i numerosi pensionati intervenuti
all’incontro.
ni Grandu, Segretario regionale Silp per la Cgil, Franco
Di Giangirolamo, Presidente
regionale Auser. Interverranno con contributi specifici
Cosimo Braccesi, presidente
della Scuola interregionale di
Polizia locale, Rossella Selmini, responsabille del Servizio
politiche per la sicurezza e la
polizia locale della Regione
Emilia-Romagna e Libero
Mancuso, assessore del Comune di Bologna con delega per
la sicurezza urbana. Il seminario sarà concluso da Lucio
Saltini, Segretario nazionale
Spi-Cgil.
L’ingresso del lager di Auschwitz
Il 27 gennaio
si celebra
la Giornata
della memoria
Il 27 gennaio si torna a
celebrare la Giornata
della memoria, istituita
dal Parlamento italiano
nel 2000 per ricordare le
vittime delle persecuzioni
fasciste e naziste ai danni
degli ebrei, degli oppositori
politici, di gruppi etnici e
religiosi. La data prescelta
è quella dell’anniversario
della liberazione del campo
di sterminio nazista di Auschwitz, av venuta ad opera
delle avanguardie dell’Armata Rossa il 27 gennaio
1945. Sono moltissime le
iniziative, gli incontri, le
mostre previste in Emilia-
Romagna, come nel resto
d’Italia, per rinnovare il
ricordo dell’Olocausto e
ribadire la volontà di non
permettere mai più una simile atrocità. Un richiamo
alla memoria quanto mai
opportuno, mentre proprio
in questi giorni è in discussione in Parlamento una
proposta di legge presentata dalla maggioranza di
centrodestra che vorrebbe
equiparare tutti i combattenti della Seconda guerra
mondiale, senza distinzione
tra i repubblichini di Salò
e i partigiani che morirono
per liberare l’Italia dalla
dittatura nazifascista,
attribuendo a tutti indistintamente un’onorificenza
chiamata “L’Ordine del
Tricolore”.
In breve
Bologna,
Spi-Cgil
e Anpi insieme
per difendere
la Resistenza
e la Costituzione
La lapide che ricorda i caduti della Resistenza a Bologna
memoria di quel che è stato.
In questo senso è fondamentale spendere il massimo
impegno verso i ragazzi e le
ragazze delle scuole, perché
possano conoscere la realtà
buia nella quale l’Italia era
sprofondata nella prima
metà del ’900, riflettere sul
senso di quegli avvenimenti
che portarono alla Seconda
guerra mondiale, capire il
valore della lotta di Resistenza che seppe opporsi
alla dittatura e liberare il
Paese. Spi e Anpi hanno
deciso di lavorare insieme,
ciascuno nel rispetto del
proprio ruolo e della propria
autonomia, per mantenere
alti e vivi quei valori e per
trasmettere ai giovani la
memoria di ciò che è stato
e l’importanza di non dimenticare. Lo Spi-Cgil di
Bologna invita quindi tutti
i componenti del proprio
direttivo territoriale, i
componenti dei direttivi
di Lega, i collaboratori e
gli attivisti ad iscriversi
all’Anpi, testimoniando così
Passaparola
Orgoglio e pregiudizio
Continuano le crociate del ministro Brunetta contro gli “infedeli”: i pubblici dipendenti
e la Cgil.
Dopo avere definito “fannulloni” i lavoratori della Pubblica Amministrazione, soprattutto
se in odore di sinistra, ora il ministro si preoccupa del fatto che questi lavoratori non potranno parlare ai propri figli con orgoglio perché, a suo parere, potrebbero vergognarsi di
percepire uno stipendio senza esserselo guadagnato fino in fondo, una specie di “mangia
pane a tradimento”.
Ma tranquilli: con “bastone e carota” e qualche freccetta il Brunetta ha promesso di rimettere presto a posto la questione, e quindi, finalmente l’orgoglio sarà salvo.
Ahimè, rimane il pregiudizio verso lo storico nemico: la Cgil, dove non c’è bastone che
tenga, perché l’idea del ministro non è quella di avere un sindacato meno combattivo e
più compiacente, ma di non averlo affatto tra i piedi.
Tranquillo ministro, la Cgil fra i dipendenti pubblici è il primo sindacato, c’era prima di Lei,
c’è ora e ci sarà anche dopo di Lei.
Cent’anni di lotte per i diritti dei lavoratori non si cancellano né con la carota né con il bastone!
Treni con lo sconto anche nel 2009
Cgil, rinnovate
le agevolazioni
per viaggiare
con Trenitalia
Come per gli anni precedenti, anche per il 2009 la
Cgil ha stipulato un accordo con Trenitalia in virtù
del quale sono previste
condizioni di vantaggio per
gli iscritti interessati ad
usufruire di due distinte
promozioni: “Carta d’Argento”, riservata a coloro
che abbiano compiuto il 60°
anno di età, e “Cartaviaggio”. L’accordo prevede uno
sconto del 25% sull’acquisto
della Carta d’Argento ed
un bonus di 2.500 punti
sull’adesione, gratuita, al
programma previsto dalla
Cartaviaggio. Per informazioni su come ottenere le
agevolazioni previste dalle
due Carte, occorre rivolgersi alle sedi territoriali
della Cgil e del Sindacato
pensionati.
Argentovivo gennaio 2009
Oggi più che mai la difesa
della Costituzione e dei
valori della Resistenza alla
dittatura fascista è una
priorità per tutte le forze
sane del Paese: partendo da
questa considerazione reciprocamente condivisa, lo
Spi-Cgil e l’Anpi di Bologna
hanno deciso di avviare un
patto di collaborazione e
lavoro comune. L’obiettivo
è quello di mantenere vivi
i valori dell’antifascismo,
della democrazia, della tolleranza, della solidarietà,
della giustizia sociale come
fondanti di un Paese che sta
invece rischiando di tornare
vistosamente indietro e che
sembra via via smarrire la
concretamente l’adesione
e la volontà di difendere il
messaggio antifascista che
la Resistenza ha saputo trasmettere al Paese tramite la
Costituzione repubblicana.
3
Sommario
2| In breve
• Gli anziani e le “sicurezze”:
un seminario
• Lo Spi di Imola festeggia e
rinnova gli impegni
• Il 27 gennaio si celebra la
Giornata della memoria
3| In breve
•Bologna, Spi-Cgil e Anpi
insieme per difendere la
Resistenza e la Costituzione
• Cgil, rinnovate le agevolazioni
per viaggiare con Trenitalia
• Passaparola
5| Intervista
•“Non chiudiamo gli occhi di
fronte alla crisi” Colloquio
con Danilo Barbi
Mayda Guerzoni
Argentovivo gennaio 2009
7| Consumi
•La carta acquisti?
Facciamo due conti…
Luca Baldazzi
9| Solidarietà
•Il pane per tutti: un segno
di giustizia
Gianni Zappoli
13| Pensioni
•Donne, il no della Cgil al
lavoro fino a 65 anni
Morena Piccinini
•Reggio Emilia: gli anziani
non vogliono stare soli
Paola Guidetti
15| Società
23| Territori e leghe
16| Dal mondo
24| Territori e Leghe
•Investi i tuoi soldi?
Non credere ai miracoli
a cura della redazione
•Shirin Ebadi, una donna
indica la via della pace
Giancarla Codrignani
17| Testimonianze
•La storia nascosta d’Italia
ora diventa un libro
a cura della redazione
18| Testimonianze
•Come eravamo sovversivi
noi “Pionieri” degli anni ’50
Franco Zavatti
•Bologna, diciamo stop
alle morti sulle strade
a cura della redazione
•Ferrara, idee e impegni
per un mondo più pulito
Valentina Vecchiattini
25| Territori e Leghe
•Modena, “l’oro di Gelli”
donato all’Anpi
Franco Zavatti
26| I temi della
memoria
•“Battersi per i diritti di tutti”
Dialogo con Vittorio Foa
Anna Maria Pedretti
19| Auser
•Il dramma di Gaza:
non lasciamoli soli
Franco Digiangirolamo
10| Welfare e diritti
13
5
•I contratti territoriali dalla
parte delle donne
Mariarosa Parenti
Donne, il no della
Cgil al lavoro fino a
65 anni
23
Bologna, diciamo stop
alle morti sulle strade
26
10 17
“Non chiudiamo gli
occhi di fronte alla
crisi” Colloquio con
Danilo Barbi
I contratti
territoriali
dalla parte
delle donne
4
22| Territori e leghe
La storia nascosta
d’Italia
ora diventa un
libro
“Battersi per i diritti
di tutti” Dialogo con
Vittorio Foa
La foto di copertina è di Giliola Chistè
Argentovivo n. 1 - gennaio 2009
Chiuso in tipografia
il 19/01/2009
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PERIODICI ITALIANI
Intervista
“Non chiudiamo gli occhi
di fronte alla crisi”
Mayda Guerzoni
Il
crollo della produzione
industriale più serio
dal 1991 (-12%), con il
settore auto letteralmente a
picco, è il primo “buon anno”
arrivato dall’Istat nel 2009. È
vero che il dato è un residuo
dell’anno vecchio (riguarda il
periodo novembre 2008/2007),
ma contemporaneamente l’Ocse ha collocato Italia e Portogallo agli ultimi posti nell’economia dell’eurozona, lanciando un monito che parla a tutti:
il peggio deve ancora venire. Il
2008 si è chiuso male, l’anno
nuovo si preannuncia tremendo. Ne parliamo con Danilo
Barbi, segretario generale della Cgil Emilia Romagna.
Barbi, cosa ti colpisce di più
in questa situazione?
“Più di tutto mi colpisce l’incapacità diffusa nel nostro Paese
di vedere quanto è profonda la
crisi e la conseguente mancanza di una discussione adeguata
su come affrontarla”.
Ti riferisci al governo?
“Innanzitutto al governo, che
di fronte a milioni di persone
sempre più in affanno ostenta
un ottimismo pericoloso e si
limita a interventi di tipo caritatevole, spacciando bonus al
posto dei diritti per tamponare
la grave emergenza sociale, segno di sottovalutazione ottusa
della realtà. Però la consapevolezza della gravità del momento manca anche alle controparti imprenditoriali e più
in generale all’intellettualità
del Paese, al mondo dei mass
media, alle stesse forze di opposizione. È questo che mi fa
riflettere molto”.
E che giudizio ne trai?
“Che siamo di fronte a un paradosso, a un’anomalia tutta
italiana, alla quale non trovo
giustificazione. In altri Paesi
europei e fuori dall’Europa, a
partire dagli Usa, anche i liberisti più incalliti vacillano
e molte analisi individuano
alcuni elementi di fondo: il regno dei mercati e della finanza
ha fallito, bisogna riequilibrare il modello di sviluppo a
vantaggio della qualità sociale con una nuova stagione di
politiche pubbliche. È l’intero
meccanismo che si sta inceppando e in Italia si fa finta di
non accorgersene”.
Le ricette fioriscono: donne
in pensione a 65 anni, settimana corta…..
“Beh, non metterei le due cose
sullo stesso piano. Non ho dubbi sul NO all’aumento dell’età
per la pensione di vecchiaia
alle donne, come la Cgil ha
detto con nettezza. È uno dei
pochi differenziali positivi del
nostro sistema pensionistico,
che considero un po’ troppo
rigido in generale, mentre con
questa norma si riconosce in
qualche modo il contributo essenziale dato dalle donne alla
riproduzione sociale. Altra
cosa è la settimana corta”.
Quella ti piace?
“Ne discuterei volentieri all’in-
Argentovivo gennaio 2009
Colloquio con Danilo Barbi, segretario generale Cgil Emilia-Romagna
5
Argentovivo gennaio 2009
Intervista
6
terno di un disegno coordinato
di interventi contro la crisi,
come per esempio accade in
Germania. Per ora invece si
tratta solo dell’intervista di un
ministro”.
Dopo lo sciopero generale del
12 dicembre, la Cgil ha chiesto al governo di aprire un
tavolo di crisi con le parti sociali, annunciando una forte
iniziativa di lotta in assenza
di risposte, fino a una manifestazione nazionale di sabato per fine marzo/aprile. Ma
qui di risposte se ne vedono
poche….
“E per di più assolutamente
inadeguate! Da mesi la Cgil
ha fatto della crisi il fulcro
dei propri ragionamenti, come
dimostra il pacchetto di proposte discusse con i lavoratori e
sostenute con un’ampia mobilitazione. Altri invece insistono sulla riforma del sistema
contrattuale, che francamente
è del tutto fuori dalle priorità
oggettive del Paese. E già questa è una forzatura che mira
alla rottura e allo scontro,
mentre la Cgil chiede un confronto sui problemi veri. Che
lo facciano il governo e Confindustria non mi stupisce più
di tanto, ma che ci si mettano
anche Cisl e Uil….”.
Questo è un tasto molto delicato. Quale unità sindacale
si può riprendere, dopo questa sfilza di accordi separati
in categorie importanti come
commercio e scuola, o i protocolli sulla riforma del sistema contrattuale con Confindustria o con Api?
“Infatti sono parecchio preoccupato. Condivido il profilo
paziente scelto dalla Cgil con
grande sforzo, ma le differenze
si fanno più profonde. I ministri
Sacconi e Brunetta, con parte
del governo, sognano il sindacato degli enti bilaterali che
gestisce direttamente pezzi di
protezione e tutela dei lavoratori e si trasforma esso stesso
in un grande ammortizzatore sociale per eseguire scelte
compiute da governo e imprese.
Alcune parti di Cisl e Uil sono
subalterne a questo disegno.
Ma è un approccio culturale
e ideologico che in Italia non
sta in piedi. Non può essere lo
Stato, né il Parlamento e tanto
meno il governo a stabilire cosa
fa il sindacato e per fortuna c’è
la Costituzione a ricordarlo. La
nostra storia non si chiude con
il Novecento”.
Ma anche in casa Cgil le polemiche non mancano. Penso
all’ipotesi di intesa sul modello contrattuale dell’artigianato, allo sciopero proclamato da Fp e Fiom per il 13
febbraio: siamo a un punto
critico nei rapporti interni?
“Guarda, la vicenda dell’artigianato è ancora aperta e molto complicata e ne riparlerei
in altra occasione. Ma è aperto
anche il tema delle lotte da
mettere in campo nei prossimi
mesi. Ricordo che su questo
punto Epifani ha invitato tutta
la Cgil a una riflessione molto
attenta per condividere forme
e priorità che tengano insieme l’iniziativa contrattuale di
alcune categorie come il pubblico impiego e l’iniziativa più
generale sui temi della crisi.
C’è un problema di efficacia
delle lotte e di tenuta del movimento che interessa tutti e
penso che dovremmo trovare
un punto di sintesi e coordinamento”.
Veniamo in breve all’Emilia
Romagna. Il rapporto Unioncamere di dicembre dipinge
un quadro dell’economia regionale meno nero del temuto. La Cgil era stata troppo
pessimista?
“Non è una diatriba tra ottimisti e pessimisti, osservo che da
almeno quarant’anni la nostra
regione non toccava crescita
zero come oggi, quindi c’è una
indubbia situazione di eccezionalità. Noi abbiamo parlato di
carattere strutturale della crisi anche nella nostra realtà regionale e i segnali ci sono tutti.
Inoltre la recessione è mondiale, il 2009 si profila durissimo e
noi non siamo abituati a fare i
conti con tanti segni meno”.
Il presidente Vasco Errani ha
parlato di economia solida
nei fondamenti, riconoscendo nel contempo il bisogno di
risposte nuove per affrontare
la crisi e per questo ha lanciato la proposta di una “cabina di regia” regionale con
le forze economiche e sociali
per costruire una piattaforma comune. Cosa rispondi?
“Che siamo certamente interessati, del resto lo abbiamo
anche scritto nel “verbale di
incontro” sul bilancio regionale, insieme a Cisl e Uil. Ed è il
metodo che proponiamo per il
confronto con le istituzioni in
tutte le province”.
Con quali priorità?
“La priorità assoluta è mantenere complessivamente la
base occupazionale, insomma
NO ai licenziamenti, nessuno
deve perdere il posto di lavoro.
A questo fine vanno utilizzati
tutti gli strumenti utili, ordinari e straordinari, per sostenere
il reddito e tutelare i lavoratori
precari. Questo per la Cgil è il
primo punto fermo”.
Consumi
Luca Baldazzi
In
Em i l i a -Rom a g n a
la Carta acquisti
copre meno di un
quarto della spesa mensile
alimentare di un pensionato:
40 euro di “bonus” su 170,10.
A livello nazionale poi, considerando anche le regioni dove
la vita è un po’ meno cara, le
persone oltre i 65 anni spendono comunque in media 144,30
euro al mese per mangiare. E
la “tessera” del governo copre
quindi meno di un terzo della
cifra: per l’esattezza il 27,7%.
I conti li ha fatti il professor
Andrea Segrè, fondatore del
progetto Last Minute Market e
preside della Facoltà di Agraria
dell’Università di Bologna, che
ha presentato il mese scorso i
nuovi dati elaborati da Carocibo, un indicatore della spesa
alimentare nato dalla collaborazione tra Ateneo bolognese,
Last Minute Market (che è uno
spin-off accademico dell’Università) e la società di studi
Econometrica. La Carta acquisti, ha commentato Segrè, per i
pensionati a basso reddito può
quindi rappresentare “un vantaggio, ma piccolo. E in più ci
sono diversi problemi”.
Prima di tutto, come è risultato da tante segnalazioni,
per ottenere la famosa card
bisogna affrontare un vero e
proprio labirinto burocratico.
Un percorso a ostacoli, tra
documenti e certificazioni da
presentare. Per scoprire poi,
magari, che in tanti negozi e
market la tessera “non funziona”. Ma a parte tutto questo,
come ha sottolineato Segrè,
“l’importo della carta acquisti
del governo dovrebbe essere
differenziato a seconda delle
regioni, perché il costo della
dieta tipo degli over 65 può
variare anche sensibilmente
da una città all’altra. La Social
card, 40 euro al mese, in realtà non vale ovunque la stessa
cifra: dipende da quanto costa
realmente il cibo”. Per Segrè, “il primo vero problema è conoscere in tempo
reale quanto costa mangiare
in Italia. Ma molte volte abbiamo a disposizione dati vecchi,
oppure solo percentuali di aumento dei vari generi alimentari. Con Carocibo invece abbiamo introdotto un indicatore
di spesa che dà cifre assolute
e aggiornate”. E le cifre sono
queste: un consumatore single
tra i 65 e i 75 anni, considerando un paniere di 15 prodotti
base dalla pasta al latte a frutta, formaggio, pollo e così via
che corrispondono a un fabbisogno quotidiano di circa 2.152
chilo-calorie (kcal), spende in
media 4,81 euro al giorno, pari
a 144,30 al mese: oltre 100 in
più rispetto al contributo della
Carta acquisti, che copre appunto solo il 27,7% della spe-
sa. Questo il dato nazionale.
Nella nostra Emilia-Romagna,
prendendo come riferimento i
prezzi del capoluogo Bologna,
la spesa media al giorno del
pensionato è di 5,67 euro, che
al mese fa un totale di 170,10
euro. E quindi il “contributo”
della Carta acquisti risulta ancora minore. Tutti i valori sono
riferiti al settembre del 2008.
Un italiano adulto di 35 anni,
con un fabbisogno di calorie
maggiore, nello stesso mese
per mangiare ha speso anche
di più: 6,77 euro al giorno, con
un aumento del 6-7% rispetto
all’anno prima.
Ma Segrè sottolinea un altro
dato. “La Carta acquisti non
ha lo stesso peso per tutti i
pensionati. Dipende da dove si
Argentovivo gennaio 2009
La carta acquisti?
Facciamo due conti…
7
Consumi
Quanto spendiamo
per mangiare?
Costo di una dieta tipo giornaliera
per un uomo tra i 65 e i 75 anni nei capoluoghi
di regione italiani (settembre 2008)
REGIONI
Argentovivo gennaio 2009
Andrea Segrè, ideatore del Last Minute Market
8
vive. A fronte di una media per
l’Italia di 4,81 euro al giorno,
la spesa varia tra i 5,95 euro
di Aosta e i 4,31 di Bari. Si
conferma un dato già noto: il
costo dell’alimentazione è più
basso al Sud rispetto al Nord,
ad eccezione di Trieste, che
con 5,29 euro si colloca al decimo posto della graduatoria,
dopo Roma con 5,38 euro e prima di Perugia con 5,19 euro”.
Per questi motivi “il contributo della card potrebbe essere
differenziato a seconda delle
regioni”. Più in generale, dice
l’ideatore del Last Minute Market, la Carta acquisti presenta diversi problemi. “Intanto,
come ha riconosciuto anche il
governo, solo una piccola parte
dei commercianti ha aderito
all’iniziativa. Inoltre, le categorie merceologiche individuate
dal ministero sono limitate a
panifici, latterie, macellerie,
spacci, drogherie e supermercati (quindi piccoli negozi),
dove i prezzi medi non sono
certo quelli delle grandi catene
di distribuzione. Ci sono anche
problemi legati all’informazione su dove acquistare, e soprattutto alla reale possibilità per i
consumatori over 65 di potersi
approvvigionare direttamente. L’obiettivo di Carocibo è di
offrire ai consumatori la possibilità di potersi orientare sulla
composizione della spesa alimentare, in modo da poter scegliere una dieta bilanciata e di
qualità. L’importante però è sapere dove poter fare la spesa”.
Per Segrè l’indicatore di ricerca Carocibo “potrebbe essere
utilizzato per orientare il consumatore, ma anche le istituzioni, sulla composizione della
spesa alimentare sia a livello
nazionale sia locale”. “Tra le
azioni da mettere in campo
per contrastare il caro consumi alimentari – ha concluso il
docente – è un peccato ignorare realtà ed esperienze come
Last Minute Market a Bologna
o Pane Quotidiano a Milano,
che recuperano in modo sostenibile i prodotti invenduti e le
eccedenze alimentari in negozi e supermercati”.
CITTA’
COSTO DELLA
DIETA (in euro)
Sett. 2008
VALLE D’AOSTA
Aosta
5,95
VENETO
Venezia
5,92
PIEMONTE
Torino
5,85
TRENTINO ALTO ADIGE Trento
5,81
LOMBARDIA
Milano
5,80
LIGURIA
Genova
5,72
EMILIA ROMAGNA
Bologna
5,67
MARCHE
Ancona
5,57
LAZIO
Roma
5,38
FRIULI
Trieste
5,29
UMBRIA
Perugia
5,19
SARDEGNA
Cagliari
5,10
TOSCANA
Firenze
5,07
SICILIA
Palermo
5,02
ABRUZZO
L’Aquila
5,00
CALABRIA
Reggio Calabria
4,97
MOLISE
Campobasso
4,88
BASILICATA
Potenza
4,80
CAMPANIA
Napoli
4,77
PUGLIA
Bari
4,31
Fonte: Last Minute Market - Econometrica Informazioni su Carocibo e sull’attività del Last Minute Market:
tel. 051 2096357, sito web www.lastminutemarket.org.
Solidarietà
Il pane per tutti:
un segno di giustizia
Intervista al missionario padre Ottavio Raimondo
C
he visione ha lei del
mondo in cui stiamo
vivendo?
“Ho vissuto come missionario
nei Paesi del sud del mondo.
Sono Paesi che è ingiusto definire poveri. Più correttamente
dobbiamo definirli Paesi impoveriti da un sistema mondiale
che discrimina e uccide. Sono
Paesi così ricchi da arricchire
il nord del mondo, e così poveri da permettere che i propri
abitanti muoiano di fame e di
malattie. Tra quelle persone
ho cercato di coltivare la solidarietà e la condivisione. Ora
che sono, ormai da anni, qui in
Italia, mi sono convinto ancora
di più che le grandi sfide non si
risolvono con i grandi capitali
ma con la solidarietà. Con il
cominciare dai più deboli e da
ciò che è essenziale per tutti e
nella quotidianità”.
Sappiamo che lei ha appoggiato la campagna del “Pane
a un euro al chilo” promossa
dall’associazione Don Milani
e sostenuta dal Sindacato
pensionati della Cgil.
“Il pane è parte integrante della dieta mediterranea, fa parte
della nostra cultura. Affrontare
il tema del pane e renderlo disponibile a un prezzo giusto è
un segno che tutti capiscono,
un segno che ridona speranza ai
poveri e che fa paura ai ricchi,
a chi esercita il potere istituzionale ma soprattutto economico
del mondo del mercato”.
Il pane è presente anche in
altre culture?
“Certamente sì. Lo troviamo
come elemento essenziale nella
cultura semitica, ad esempio.
La parola pane la troviamo
nella Bibbia 270 volte, e forse
con nostra sorpresa la troviamo
per ben 209 volte nella Bibbia
ebraica, quella che nel nostro
linguaggio comune chiamiamo
Antico Testamento. La Bibbia
è il libro formato da molti libri.
Nei primi 5 è racchiusa l’identità del popolo d’Israele, la sua
legislazione e la sua visione del
mondo. Vi troviamo la parola
pane citata 64 volte. 37 volte
parlano del pane i libri che raccontano la storia d’Israele. 57
volte si parla del pane nei libri
sapienziali e 51 volte nei libri
scritti dai profeti”.
Può riportarci qualche citazione?
“Il pane è alimento condiviso
con lo straniero: “Poi, al momento del pasto, Booz disse a
Rut: «Vieni, mangia il pane e
intingi il boccone nell’aceto».
Essa si pose a sedere accan-
to ai mietitori. Booz le pose
davanti grano abbrustolito;
essa ne mangiò a sazietà e ne
mise da parte gli avanzi” (Rut
2,14). Il pane è inseparabile
dal fare giustizia. La giustizia
è tale dove è presente il pane:
“Rendere giustizia agli oppressi, dare il pane agli affamati,
liberare i prigionieri” (Salmo
145,7). “Il pane dei bisognosi
è la vita dei poveri, toglierlo a
loro è commettere un assassinio” (Prov 34,21).
Che messaggio vuole lasciarci?
“Un messaggio di speranza, e
anche questo lo prendo dallo stesso Isaia: “Se offrirai il
pane all’affamato, se sazierai
chi è digiuno, allora brillerà
fra le tenebre la tua luce, la tua
tenebra sarà come il meriggio”
(Is.58,10). Ma ricordiamolo
bene, non dimentichiamolo,
questo offrire il pane non è un
atto di liberalità, quasi un’elemosina. No. L’offrire il pane a
un euro al chilo è un fatto di
giustizia perché questo è il
prezzo giusto, per il pane come
quello che abbiamo promosso, con le caratteristiche che
ognuno di noi conosce”.
Argentovivo gennaio 2009
Gianni Zappoli
Chi è padre
Ottavio
Ottavio Raimondo è un
missionario comboniano che ha fondato e
diretto per molti anni
l’Emi (Editrice missionaria italiana). Lo ringraziamo per aver risposto
alla nostra intervista e ci
auguriamo di incontrarlo ancora perché ci parli
del pane in altre culture
come oggi ci ha parlato
del pane nella cultura
semitica. P. Ottavio Raimondo vive a Pesaro:
[email protected].
9
Welfare e diritti
I contratti territoriali
dalla parte delle donne
Mariarosa Parenti
Segretaria Spi-Cgil
Ferrara
Argentovivo gennaio 2009
N
10
ell’ambito delle iniziative promosse dal
Coordinamento donne Spi di Ferrara, in accordo
con la Segreteria dello Spi,
nel 2008 si è deciso di formare
tre gruppi di lavoro per affrontare il problema della salute
e del benessere delle donne
ferraresi. A questa nuova espe-
rienza hanno partecipato 23
compagne dimostrando molto
interesse per i temi posti in discussione, a partire dall’informazione sulla rete dei servizi
come risorse primarie su cui
contare, le politiche di conciliazione, il lavoro di cura per
sè e per la famiglia, quanto sia
importante la prevenzione a
tutela della salute e la contrattazione di genere per un’affermazione piena dei diritti di
cittadinanza delle donne.
In considerazione del fatto che
è ripresa la contrattazione territoriale, in particolare il confronto sui bilanci preventivi
dei Comuni, l’Esecutivo del Coordinamento ha ritenuto importante svolgere una precisa
analisi nell’ambito dei Comuni
di competenza, evidenziando
ciò che funziona e quelle che
sono ritenute le criticità da
presentare alle Istituzioni. In
particolare, gli argomenti affrontati sono stati tre: bilancio
di genere e violenza sulle donne, consultori e piano giovani.
Il tema della violenza sulle
donne in tutte le sue forme
accende in ogni momento
l’espressione della partecipazione con atti concreti. È positivo che nella nostra provincia
si siano tenuti Consigli comunali, e in città congiuntamente
all’Amministrazione provinciale, straordinari e non sul
tema: ciò dimostra sensibilità
al problema. Altro elemento di
positività riguarda l’adesione e
la partecipazione dell’Amministrazione comunale di Ferrara
al progetto promosso dalla
Regione Emilia Romagna denominato “Progetto Regionale
Prostituzione”, che prevede la
creazione di una rete che coinvolge diversi livelli istituzionali
del territorio, Questura, Forze
dell’ordine, Pronto soccorso....
per sviluppare azioni sempre
più efficaci e mirate contro lo
sfruttamento sessuale e la prevaricazione sulle donne.
Sul versante delle criticità si
deve, ad avviso dell’Esecutivo,
compiere uno sforzo ulteriore
perché si arrivi nei Comuni
della provincia ad una contrattazione e ad un bilancio
di genere, con stanziamenti
e risorse finalizzate all’attivazione concreta di politiche
incisive, per il miglioramento
della vita familiare e sociale
delle donne. Sarebbe interessante che le amministrazioni
comunali elaborassero progetti per destinare l’utilizzo di
case rifugio per donne sole che
subiscono violenza e progetti
finalizzati all’inserimento e
protezione sociale per le donne immigrate. Inoltre si dovrebbe promuovere e favorire
una cultura del rispetto, della
tolleranza e della non violenza
anche con riferimento alla violenza sulle donne, attraverso
percorsi educativi da attivare
nelle scuole ad ogni livello e
grado.
Nella provincia di Ferrara la
popolazione invecchia sempre
di più, e di conseguenza aumentano le richieste di assistenza da parte dei cittadini; il
disagio sociale della terza età
è sempre più grave, le risposte
delle istituzioni sono ancora inadeguate. Sono ostacoli
enormi destinati ad aumentare, e le famiglie tamponano
una necessità primaria come
quella dell’assistenza.
L’assistenza domiciliare integrata, definita come possibilità di fornire a domicilio del
paziente quei servizi e quegli
strumenti che contribuiscono
al mantenimento del massimo
livello di benessere delle persone, riducendo le occasioni
di ospedalizzazione, se meglio
definita in termini di sviluppo
e di adeguamento in tutte le
sue forme, può garantire un
miglioramento della qualità
della vita delle famiglie. I costi
elevati e le lunghe liste d’attesa nelle strutture pubbliche o
private di Case protette o RSA
sono ancora una volta una risposta inadeguata: tutto ciò
costringe le famiglie a cercare una soluzione fuori dal
sistema pubblico, con l’assunzione di un’assistente familiare, quasi sempre convivente. La richiesta di “badanti”
proviene anche da categorie
meno abbienti di pensionati
che percepiscono dall’Inps
il trattamento minimo (per
l’anno 2008, euro 5.760,56) e
automaticamente diventano
“datori di lavoro”, ruolo che
necessariamente devono assumere. Questo comporta per
la famiglia una spesa annua
che si aggira mediamente intorno a 14.500,00 euro, a fron-
te di un “Assegno di cura”,
anche se apprezzabile, che varia a partire da circa 3.600,00
fino a 6.700,00 euro annui per
disabili senza indennità di accompagnamento; mentre chi
in famiglia non può permettersi l’assistente familiare,
deve necessariamente abbandonare il lavoro.
Il tema del lavoro di cura è
complesso e deve trovare piena cittadinanza nella contrattazione sociale ad ogni livello
tra Istituzioni e Organizzazioni sindacali. L’assegno di cura
non può rimanere un beneficio
economico temporaneo per
ora sperimentale, suscettibile
pertanto di possibile interruzione o cessazione. Per quanto
riguarda i consultori, nel territorio ferrarese (dati 2007)
risultano 12 consultori e 5 ambulatori ginecologici, suddivisi
in 3 distretti.
Nell’ambito della contrattazione territoriale è necessario
tentare d’impostare politiche
volte alla diffusione di una
cultura inclusiva di tutte le
differenze, compresa quella
di genere. Le condizioni di salute precaria e reddituale (salari e pensioni basse) incidono enormemente sulla salute
delle donne. L’ipertensione,
le depressioni femminili sono
in aumento, sia nelle giovani
sia nelle anziane. Recenti indagini dimostrano che questi
fattori hanno una incidenza
diversificata tra donne e uomini: da qui l’aumento del
consumo di farmaci e di ricoveri ospedalieri.
Questi sono solo alcuni segnali di disagio importanti che
non bisogna sottovalutare.
Per dare slancio ai Consultori, aumentandone le capacità
Argentovivo gennaio 2009
Welfare
Attualità
e diritti
11
Argentovivo gennaio 2009
Welfare e diritti
12
d’intervento e ampliandone le
potenzialità, per adeguarli ad
una società che cambia, che è
composta sempre in maggior
misura da donne anziane che
spesso vivono sole, le osservazioni e le proposte venute dalle
donne dello Spi per migliorarne la funzionalità riguardano
in primis l’accoglienza, gli
orari di apertura al pubblico,
le liste d’attesa. Anche per
i Consultori è fondamentale
operare una chiara definizione
di obiettivi di salute, stabilire
dei criteri di valutazione, identificare gli strati di popolazione più a rischio di violenza, di
malattia, solitudine, povertà,
svolgimento di funzioni di educazione permanente a favore
delle coppie, costituire dei
punti efficienti di ascolto, facilitare il più possibile l’accesso
ai servizi.
La Legge 194 è una buona legge che nella sua applicazione
ha svolto e continua a svolgere
un importante ruolo di tutela
della salute delle donne. A 30
anni dalla sua approvazione
il numero delle interruzioni
di gravidanza è diminuito,
e questo dimostra quanto la
legge funzioni, ma soprattutto che l’autodeterminazione e
la responsabilità delle donne,
quando possono essere esercitate, si indirizzano verso la
prevenzione. I Consultori, oltre
ai compiti assegnati dalla legge, devono svolgere interventi
di educazione alla sessualità
rivolti alle scuole e alle donne
migranti e garantire almeno
un medico non obiettore di
coscienza in ogni Distretto per
più volte la settimana.
Per quanto concerne i giovani, i problemi che minano la
salute dei ragazzi sono più
di uno: precisamente alcol,
droghe e scarsa educazione
sessuale. A questi si aggiunge
il bullismo. L’età dei ragazzi
in cui si prende contatto con
l’alcol si abbassa sempre di
più: oggi risulta essere nella
fascia tra gli 11 e 15 anni; si
preferiscono bevande con un
grado alcolico elevato, come
drinks e birra, preferibilmente fuori dai pasti. Questo elevato consumo, unito a sostanze stupefacenti, rappresenta
per i giovani, la prima causa
di incidenti stradali.
Il problema del bullismo nelle
scuole, nelle strade e in famiglia rappresenta uno dei temi
scottanti di questa nostra società cosiddetta “moderna”. È
un tema che sarà largamente
discusso tra gli operatori del
settore, ma ancora poco cono-
sciuto dalle persone in generale, per il silenzio che spesso
avvolge gli episodi di bullismo e
i loro protagonisti.
Per affrontare i problemi degli adolescenti bisognerebbe
coinvolgere principalmente
i giovani stessi, assieme a
consulenti esperti, per analizzare i fenomeni che li spingono ad assumere sostanze o
compiere atti di violenza. Andrebbe perseguita una politica nella scuola e nei servizi
del territorio per coinvolgere i genitori, gli insegnanti,
il personale non docente
che spesso vengono visti dai
ragazzi come punto di riferimento. Infine, una buona
comunicazione esercitata dai
ragazzi stessi può favorire
la conoscenza dei fenomeni
e facilitare la relazione tra i
giovani.
Pensioni
Donne, il no della Cgil
al lavoro fino a 65 anni
Morena Piccinini
Segretaria confederale Cgil
voluta proprio per agevolare
le donne, offrendo loro un’opportunità in più, quella di scegliere se continuare o meno a
lavorare.
Andare in pensione a 60 anni
non è un obbligo, ma soltanto
un’opportunità in più per le
donne. Discriminatorio e penalizzante sarebbe, invece,
costringere le lavoratrici a lavorare obbligatoriamente fino
a 65 anni, tenendo conto che
già oggi l’età reale di pensionamento delle donne è più alta
di quella degli uomini.
Non è un caso che le lavoratrici siano infatti quasi esclusivamente titolari di pensioni
di vecchiaia: ciò è dovuto al ritardato accesso al mercato del
lavoro, ai lavori saltuari, precari, stagionali, al part-time,
alla frammentazione della vita
lavorativa, che spesso è piena di buchi per dedicarsi alla
cura dei figli e dei genitori, ai
licenziamenti in bianco per
maternità ecc; mentre i lavoratori sono soprattutto titolari
di pensioni di anzianità, vera
prerogativa maschile tipica di
chi ha iniziato a lavorare presto con continuità e senza le
interruzioni dovute ai problemi familiari.
C’è da dire, inoltre, che con la
riforma previdenziale del 1995
era stata introdotta in Italia la
possibilità del pensionamento
flessibile con età 57–65 anni,
uguali per uomini e donne.
Tale sistema è stato stravolto
dalla controriforma Maroni
(legge 243 del 2004), che ha
introdotto anche nel sistema
contributivo l’età pensionabile
fissa: 60 anni per le donne, 65
anni per gli uomini. Come Cgil
abbiamo sempre sostenuto
con forza la necessità di ripristinare la flessibilità dell’età
pensionabile: prima di tutto
perché un sistema contributivo senza flessibilità non ha un
senso e, poi, perché la flessibilità in uscita è, a nostro avviso,
l’unico strumento valido per
coniugare una reale parità di
trattamento tra uomo e donna
con l’esercizio delle opportunità individuali e della libera
scelta, ed è anche l’unico strumento che permette un vero
innalzamento delle età medie
di pensionamento. Non è un
caso poi che di innalzamento
dell’età pensionabile delle donne se ne parli sempre quando
c’è bisogno di fare cassa. Anche questa volta si afferma che
con i soldi risparmiati con l’au-
Argentovivo gennaio 2009
N
el vivace, appassionato e spesse volte,
purtroppo,
anche
sconsiderato dibattito che si
è scatenato sull’età pensionabile delle donne, un silenzio
regna assordante: quello sulla
vigente legislazione italiana,
come se in Italia non ci fosse
mai stata la legge 903 del 1977,
meglio nota come legge di parità di trattamento tra uomo e
donna, il cui articolo 4, tuttora
in vigore, ha stabilito, da ben
31 anni, che le lavoratrici, se
vogliono, possono continuare a
lavorare fino agli stessi limiti
di età previsti per gli uomini e
ciò anche se hanno già maturato i requisiti per la pensione
di vecchiaia (60 anni di età e
20 anni di contribuzione).
Addirittura le lavoratrici del
pubblico impiego possono continuare a lavorare come gli uomini del loro settore fino a 67
anni di età, in base a quanto
stabilito dall’art.16, comma 1,
primo periodo, del decreto legislativo 503 del 1992.
Di quale discriminazione
parliamo quindi? Come Cgil
riteniamo che sia veramente
singolare che venga interpretata come discriminatoria una
norma che è stata pensata e
13
Argentovivo gennaio 2009
Pensioni
14
mento dell’età pensionabile
delle donne si potrebbero fare
tante cose per le donne stesse:
sostegno al lavoro femminile,
maggiori congedi per la maternità, maggiore accredito di
periodi figurativi, servizi per
l’infanzia e chi più ne ha più
ne metta.
Il problema vero è che a fronte di un risparmio sicuro sulle
pensioni non è per nulla automatico che le risorse vengano
utilizzate per le donne. Anzi,
il passato ci dimostra l’esatto
contrario: anche nel 1992 furono promessi servizi in cambio
dell’aumento dell’età pensionabile delle donne. Tutte promesse non mantenute. Il dato
vero è che l’età pensionabile è
aumentata, ma i servizi non ci
sono, il lavoro di cura è ancora esclusivamente sulle spalle
delle donne, la doppia presenza è una costante e se non ci
fossero tante nonne ad accudire bambini ed anziani neppure
le figlie giovani riuscirebbero
ad entrare nel mondo del lavoro.
Inoltre, come ci si può fidare
di un Governo che mira solo
a fare cassa sulla pelle delle
donne, dei lavoratori e dei pensionati per trovare risorse per
sostenere le misere ed inutili
misure del provvedimento anticrisi? Come ci si può fidare di
un Governo che finora non ha
mai preso un provvedimento
in favore delle donne, mentre
ne ha presi più di uno contro?
Ricordiamo che uno dei primi
atti di questo Governo è stato
proprio quello di cancellare
la legge 188/ 2006, legge che
era stata fatta dal precedente
Governo proprio per evitare i
licenziamenti in bianco delle
lavoratrici in caso di maternità. Che dire poi dei provvedi-
menti sulla detassazione degli
straordinari, che non favoriscono certo le lavoratrici, o
delle ultime misure con cui è
stato tagliato il fondo per la famiglia, o del taglio operato alle
risorse dei Comuni che dovrebbero erogare i servizi?
Come Cgil rivendichiamo il
diritto al lavoro anche per le
sessantenni contro i processi
di espulsione, rivendichiamo
la flessibilità e la volontarietà
in uscita, rivendichiamo i servizi: in presenza di tutti questi
fattori infatti non c’è bisogno
di alzare l’età pensionabile,
perché è certo che le donne
da sole scelgono di rimanere
più a lungo. Proporre peraltro
di innalzare l’età pensionabile in questo momento appare
veramente paradossale: siamo
tutti consapevoli (o quanto
meno dovremmo esserlo) che a
pagare la crisi saranno soprattutto i soggetti più deboli, e
quando diciamo soggetti deboli facciamo sempre tutti riferimento ai giovani, alle donne e
ai precari. Non dimentichiamo
che molte donne sono anche
giovani e sono la stragrande
maggioranza dei precari!
Contro chi snocciola cifre
come l’onorevole Emma Bonino (solo il 46% di donne occupate in Italia contro una media
del 60% in Europa, solo il 18%
dei bimbi nei nidi, salari rosa
inferiori del 30% a parità di
mansioni con gli uomini, 3,5
milioni di donne inattive perché devono svolgere i lavori di
cura) per sostenere la necessità dell’innalzamento dell’età
pensionabile, diciamo che tali
cifre le conosciamo anche noi
e che proprio per questo ci appare veramente singolare che
si ritenga prioritario affermare
il principio della parità di trattamento tra uomo e donna, togliendo alle donne l’unica cosa
positiva che hanno nell’attuale
società, e cioè la possibilità di
scegliere se andare in pensione a 60 anni o continuare a
lavorare.
Tutti gli studi della Commissione europea confermano che
le donne in Italia e in Europa
studiano di più, ma vengono
assunte meno, hanno meno
opportunità di lavoro, a parità
di lavoro hanno retribuzioni
più basse, hanno meno opportunità di carriera o sono
addirittura costrette al licenziamento in caso di maternità,
hanno lavori saltuari, precari,
discontinui, part-time, hanno
a loro completo carico il lavoro
di cura …: a fronte di questa
situazione innegabile, come si
fa a dire che l’unica soluzione
possibile per garantire pari opportunità alle donne è quella di
costringerle a lavorare cinque
anni di più? E nella situazione
di crisi in cui ci troviamo?
Se non ci fosse da piangere
per la disperazione di fronte
ad una così inutile e dannosa
proposta, forse troveremmo il
coraggio di ridere come si fa
davanti ad un film caricaturale dell’horror.
Società
Investi i tuoi soldi?
Non credere ai miracoli
Come difendersi da raggiri e imbrogli / 5
Continuiamo la pubblicazione dei consigli pratici contenuti nella guida “Non ci casco”, promossa dallo Spi Cgil in collaborazione con Federconsumatori, Sindacato lavoratori di Polizia Cgil e Auser nel
quadro del più ampio “Progetto sicurezza anziani”. Le truffe ai danni della popolazione anziana sono
in aumento e assumono tanti volti diversi, ma difendersi è possibile se si esce dall’isolamento, ci si
informa e ci si organizza. In questa quinta puntata parliamo delle precauzioni da osservare di fronte
a proposte di investimenti finanziari. L’opuscolo “Non ci casco” si può anche scaricare dal sito web
dell’Auser, www.auser.it.
Non sentitevi in obbligo di partecipare ad un investimento che
già non avete deciso: i soldi in
gioco sono i vostri! Ai consulenti
disonesti i vostri obiettivi non
interessano affatto, vogliono
semplicemente convincervi a
partecipare ad un loro “progetto” e non esitano a sostenerlo
con argomenti emotivi. Nessuno regala nulla: le promesse di
rendimenti elevati contengono
grandi rischi.
Attenzione
Argentovivo gennaio 2009
INVESTIMENTI
ECONOMICI
I “miracoli finanziari” non
esistono: più alto è il guadagno che vi viene prospettato,
più alto è il rischio. Un investimento ha sempre un costo: richiedete, sempre e per
iscritto, tutti i possibili costi
dell’investimento. Fatevi dare
nome, cognome ed indirizzo
del consulente (persona ed
Istituto); informatevi presso
amici e conoscenti o rivolgetevi ad esperti riconosciuti.
Decidete solo se avete esattamente capito come funziona l’investimento: i consulenti
disonesti usano spesso un
linguaggio
incomprensibile
per camuffare la vera natura
dei loro prodotti, contando sul
fatto che la gente si vergogna
di apparire impreparata. Non
abbiate timore: non siete un
esperto e avete tutto il diritto
di fare qualsiasi tipo di domanda per comprendere tutti i rischi dell’investimento.
Richiedete ed esaminate
documentazioni e contratti:
i consulenti disonesti spesso
non hanno neppure la documentazione sui prodotti
che propongono. Se vi viene
consegnata
documentazione, fatela esaminare da un
esperto. Conservate tutto con
cura. Non lasciatevi stressare
o mettere fretta, i disonesti
cercano di farvi credere che
certi affari vadano conclusi
rapidamente per beneficiare
dei relativi guadagni: prendetevi tutto il tempo necessario
prima di decidere.
15
Dal mondo
Shirin Ebadi, una donna
indica la via della pace
Giancarla Codrignani
Argentovivo gennaio 2009
C
16
hi ha letto l’intervento
con cui si è chiusa a
Venezia la conferenza
Food and Water for Life, avrà
pensato: ci voleva una donna.
Per la verità, quando si parla
di trovare vie per un futuro
che consenta alla pace di coniugarsi con lo sviluppo, non
ci sono preclusioni “di genere” negli sforzi di formulare
proposte concrete. Tuttavia è
stata una donna, Shirin Ebadi, non a caso premio Nobel
per la pace, a dire cose che
dovrebbero diventare non solo
provocatorie, ma costruttive
di politiche innovative per
governi, politici, associazioni e
singoli che abbiano a cuore non
solo i principi ideali del pacifismo e dello sviluppo umano, da
sempre in conflitto, ma anche
la possibilità di incidere nelle
differenti politiche locali, nazionali e internazionali. Con
effetti di alimentazione a tutti
i livelli di prassi democratiche,
sia per i risultati che si potranno verificare, sia per la cultura
da diffondere necessariamente per rendere conosciute le
proposte. Le due enunciazioni
dell’insigne giurista iraniana
sono pienamente condivisibili
da donne e uomini di tutte le
età che cerchino di migliorare
la vita; inoltre potrebbero diventare totalmente iscrivibili
nelle scelte dei Paesi occidentali disposti a ragionare in termini non platonici di lotta alla
fame nel mondo, di sviluppo, di
cooperazione.
Infatti queste sono le proposte: 1°) in un Paese che chiede
prestiti o aiuti internazionali
il budget militare non deve superare il totale del budget per
l’istruzione e la sanità; 2°) se
un Paese povero non è in grado di ripagare il proprio debito
estero, avrà il debito annullato
se scioglie il proprio esercito.
Agli applausi formali dell’ufficialità si accompagneranno
dichiarazioni di perplessità
di uomini, anche giovani ma
di vetusta esperienza, che, da
destra o da sinistra, rileveranno le “assurdità” contenute in
questo (sono sicura che tra
loro diranno così) “ragionamento da donna”. Anche ai
Paesi poveri va garantita la
sovranità - diranno - e, quindi, la difesa. Ovviamente per
i dubbi certamente realistici
poco conta che siano i Paesi
dell’Occidente ad avere potenti interessi nel mercato delle
armi, perfino quando siano
prodotte in aree del Sud del
mondo su loro brevetti, o che
sia ugualmente lucroso cooperare mediante devoluzioni di
beni e concessioni di prestiti
non disinteressati: contano i
guadagni, che l’attuale crisi
economica rende più appetibili, con ulteriore abbandono dei
più poveri, vicini e lontani.
Il pacifismo è oggi in crisi
anche fra molti giovani, nonostante l’evidente necessità di ragionare in termini di
scelte graduali e selettive di
disarmo mentre perfino molti
esperti militari sono molto più
cauti dei politici conservatori dell’Occidente. Anche alla
base dei Paesi occidentali,
responsabili indirettamente
della conflittualità diffusa
nelle società che non abbiamo
più il coraggio di definire “in
via di sviluppo”, la mancanza
di bacchette magiche sembra
indurre a rinunciare all’impegno politico (che è fatto di
diffusione di idee e proposte
e non di solo movimentismo).
Occorre, invece, operare scelte che indirizzino le coscienze
e riprendano la via di percorsi
ampi di iniziativa politica.
Shirin Ebadi avanza proposte che l’establishment non
avrà il coraggio di accogliere.
Ma sono in qualche modo realistiche. Se vengono da una
donna, meglio: può essere
un’occasione da non perdere
per molte altre donne che non
aspettano altro per poter dare
una mano a non distruggere il
mondo. Abbiamo ormai diritti
di cittadinanza mondiale da
realizzare e si deve non solo
produrre innovazioni di pensiero per far crescere, sulla
scorta degli antichi maestri,
nuove voci, ma anche trovare
pratiche concrete di progettualità effettiva.
Iraniana e pacifista
Avvocato, pacifista e militante per i diritti umani, Shirin
Ebadi è stata la prima donna iraniana e la prima musulmana a ottenere il Premio Nobel per la pace nel 2003.
Più volte osteggiata e intimidita dal regime del suo Paese, continua a battersi per la libertà e la parità delle donne in Iran.
Testimonianze
La storia nascosta d’Italia
ora diventa un libro
C
ol mese di novembre 2008, è terminata sulla nostra rivista Argentovivo la pubblicazione degli scritti del
giornalista e storico bolognese Gianni Flamini che, impegnato da anni sui temi del
terrorismo, dell’eversione, della storia parallela d’Italia, ha ricostruito in 26 puntate
“un’altra storia della Repubblica”. “Questi
scritti, che partono dal 1943 e arrivano ai
giorni nostri, hanno suscitato molto interesse e attenzione tra i lettori, un successo
che ha superato ogni attesa - dice Maurizio
Fabbri, segretario generale dello Spi-Cgil
dell’Emilia-Romagna -. Tante sono state le
richieste pervenute allo Spi per mantenere vivo questo patrimonio di memoria, che
abbiamo deciso insieme a Flamini e con
l’aiuto della casa editrice Socialmente di
Oscar Marchisio, di dare vita a un libro”.
Il volume è a cura di Gianni Flamini e di
Claudio Nunziata, ex magistrato e pubblico ministero nelle stragi dell’Italicus, del
2 agosto a Bologna e del rapido 904. Si intitola “Diario criminale – Le verità nascoste
della storia d’Italia (1943-2008)”, e sarà in
distribuzione nelle librerie dal prossimo
marzo. Il libro è stato presentato in anteprima il 21 gennaio nell’Auditorium Enzo
Biagi della sala Borsa di Bologna, durante
un incontro con gli autori che hanno dialogato con Libero Mancuso, ex magistrato ed
assessore al Comune di Bologna, Vincenzo Colla, segretario regionale Cgil, Adolfo
Pepe, direttore della Fondazione Giuseppe
di Vittorio, e Carla Cantone, segretaria generale nazionale Spi-Cgil.
Il Sindacato pensionati, da anni impegnato sui temi della memoria, ritiene giusto
non solo non dimenticare - e questo lo si
deve alle vittime di quella violenza eversiva - ma considera un proprio obiettivo lavorare per una battaglia culturale, politica
e democratica che sconfigga ogni tentativo
di minaccia alla democrazia e alla Costituzione Repubblicana. Sente inoltre il dovere di consegnare alle giovani generazioni
il testimone di questa battaglia.
Dalla strage di Portella della Ginestra,
che nel 1947 diede inizio alla strategia
della tensione, dal terrorismo alla loggia
P2 e alle bombe mafiose che colpirono Firenze, Milano e Roma nel 1993, il “Diario
criminale” di Flamini e Nunziata ripercorre le tappe e le verità nascoste della
storia segreta e ignominiosa della Repubblica italiana. “La memoria di questi fatti
l’affidiamo ai giovani - conclude Gianni
Flamini - perché sappiano a quali insidie
è esposta la democrazia, affinché la facciano vivere giorno per giorno rispettando le sue regole e vigilando perché tutto
ciò non si ripeta”.
Argentovivo gennaio 2009
a cura della redazione
Pillole d’Europa
a cura di Livio Melgari Dipartimento internazionale Spi
La Commissione europea
Istituzione cardine del sistema comunitario, dal primo novembre 2004 la
Commissione europea è composta da un membro per ciascun Paese, nominati per cinque anni, di comune accordo dagli Stati membri, dopo il voto di approvazione del Parlamento europeo. La Commissione gode di un’autonomia
politica totale, in quanto deve agire nel solo interesse generale dell’Unione e
non riceve istruzioni da nessun governo o organismo degli Stati membri.
Svolge quattro funzioni fondamentali:
- propone atti legislativi al Parlamento e al Consiglio Europeo
- dirige ed esegue le strategie politiche e il bilancio dell’Unione
- vigila sull’applicazione del diritto europeo
- rappresenta l’Unione europea a livello internazionale
La Commissione è custode dei trattati e vigila sull’esecuzione dei regolamenti, si avvale di una struttura amministrativa composta da 36 direzioni
generali (Dg) e servizi con sede per lo più a Bruxelles e Lussemburgo.
17
Testimonianze
Come eravamo sovversivi
noi “Pionieri” degli anni ’50
Franco Zavatti
Segretario generale
Spi-Cgil Modena
Argentovivo gennaio 2009
C
18
hi si ricorda dei “Pionieri”? Chi di voi lo
è stato da bambino?
Sentite questa storia. Io lo
sono stato come tanti, a Cavezzo, negli anni ’50; figli di
famiglie appena uscite dalla
guerra di liberazione, con una
nuova speranza da dare a chi
tirava avanti con un lavoro
duro in campagna o da operaio; con il partigianato ancora
troppo vivo nei ricordi e nelle
tragedie ancora fresche che
ci venivano raccontate andando in corriera, con quelle
dell’Udi, a fare visita alla casa
di “papà Cervi” nel Reggiano.
Anch’io ero stato organizzato
nei Pionieri e il 1° di maggio,
ricordo bene, a decine e vestiti da piccoli garibaldini, si
sfilava sulla pista dei ciclisti
che contornava il campo sportivo; il velodromo, orgoglio
del Comune e di tutti quelli
della Bassa: lì ci erano venuti a correre Coppi e Magni e,
durante le sere di ogni bella
giornata, tanti ragazzi più
grandi di noi si cimentavano
con ogni tipo di bicicletta.
E i Pionieri, il venticinque aprile o il primo maggio di quegli anni, sfilavano orgogliosi per la festa.
Quest’anno, per il mio compleanno, ho ricevuto un prezioso
e simpatico reperto per regalo,
omaggio di un amico, che mi
ha fatto ricordare con affetto
quegli anni in cui tanti e tante
di noi si era pionieri e si leggeva il nostro giornalino con Pif,
Alice, Perlina, Pilucca e le favole di Rodari. Chi si ricorda?
Proprio l’undici dicembre del
’54 , e io compivo otto anni, fu
scritta una importante “nota
informativa” al governo Scelba
di allora, da parte dei Servizi
segreti di allora: l’Ufficio Affari Riservati degli Interni.
Quella nota riguardava nientemeno che “... l’Api, Associazione dei Pionieri Italiani voluta
e costituita dal Pci, forte di
140.000 aderenti, da noi particolarmente sorvegliata perché
sospettata di essere il serbatoio
di giovani e giovanissimi cui il
Partito (la maiuscola è nell’originale) avrebbe attinto in caso
di lotta insurrezionale...”.
Imparo così oggi, con sgomento e una certa soddisfazione,
che inizio alla bella età di otto
anni ad essere “particolarmente sorvegliato” dall’occhio
vigile e discreto dei servizi
segreti italiani che si allenavano con i piccoli pionieri .
Ora cerco, sforzando la mia memoria, di individuare chi fosse
l’agente incaricato di tener
d’occhio la cellula dei pionieri di Cavezzo, certamente una
delle più aggressive: ricordo
bene Luciano, Vito ed Erus mio
cugino, fra i pionieri più riottosi e birichini, mancati brigatisti in seguito, ma per poco!!
Si scoprì più tardi, negli anni
’90, che fra i componenti effettivi di “Gladio” – l’organizzazione paramilitare ultrasegreta che in caso di invasione
sovietica avrebbe dovuto neutralizzare le simpatie comuniste di casa nostra – c’era anche
qualcuno della Bassa che senza dubbio avrà fatto l’apprendistato tenendo gli occhi bene
aperti sulle sfilate dei pionieri,
vestiti da garibaldini, lungo e
intorno la pista per i corridori.
Auser
Franco Digiangirolamo
Presidente
regionale Auser
N
on lasciamo soli i
palestinesi della
striscia di Gaza!
Nel momento in cui scrivo
sono trascorse tre settimane
dall’inizio di una carneficina
perpetrata dall’armatissima
aviazione israeliana, soste-
nuta prima dagli elicotteri
e dall’artiglieria pesante e
missilistica della “stella di
Davide”e da qualche giorno
dalle forze terrestri, ovvero da
uno spiegamento di forze che
sta coprendo di sangue e di
piombo un fazzoletto di terra
da alcuni definito “prigione a
cielo aperto”, da altri “lager”,
ma dove, in ogni caso, non
esiste da tempo alcuna parvenza di diritti umani e dove
si vorrebbe imporre la pax
israeliana. Dopo decenni di
occupazione militare israeliana e due anni di prigionia (una
vera e propria guerra a bassa
intensità dai danni economici
ed umani, oltre che politici,
incalcolabili), sotto l’embargo
e il blocco delle frontiere, che
avevano già ridotto allo stremo
una popolazione di 1,5 milioni
di persone private di medicinali, alimenti, acqua, energia,
costretti a morire per il divieto di raggiungere gli ospedali,
i cittadini di Gaza debbono
piangere un migliaio di donne
e bambini, vittime di una guerra che solo la cecità politica e
il cinismo possono definire difensiva. Cinica la decisione di
“reagire” durante le feste di
Natale, facendo affidamento
sulla distrazione inevitabile
del periodo festivo, che avrebbe garantito una settimana di
Argentovivo gennaio 2009
Il dramma di Gaza:
non lasciamoli soli
19
Argentovivo gennaio 2009
Auser
20
quasi silenzio e di difficoltà
dell’opinione pubblica mondiale; in prossimità delle elezioni
politiche, che si giocano tutte
sul tema della “sicurezza”; nel
delicato momento del passaggio delle consegne tra Bush e
Obama. Cinica la motivazione:
bloccare la certamente inaccettabile e non condivisibile
manifestazione di resistenza
di Hamas (lancio di missili
sul territorio israeliano) che
hanno creato molto allarme
nella popolazione israeliana,
ma danni modestissimi, se
confrontati con la tragedia
palestinese. Il tutto con un
dispiegamento di forze e di
mezzi del tutto sproporzionato
e dal costo economico enorme che ha provocato una crisi
umanitaria di dimensioni gigantesche, come denunciano,
inascoltati, tutti gli organismi
internazionali (Croce Rossa
Internazionale, l’Onu, l’organismo delle Nazioni Unite per
i profughi Unhrwa, Amnesty
International, Medecins sans
Frontières, tra gli altri).
Non lasciamo soli gli
israeliani!
La situazione dimostra il fallimento strategico dello Stato di Israele e dei suoi alleati
principali (Usa e Ue) che non
sono stati capaci di “pensare”
alla convivenza di due popoli
sovrani in due Stati e di operare, di conseguenza, per una
soluzione pacifica dei conflitti.
Lo Stato di Israele ha sempre
optato per la “eliminazione”
di ogni rappresentanza democratica dei palestinesi (prima
dell’Olp e ora di Hamas), definendoli “terroristi”, boicottando qualsiasi processo di
pacificazione. Dall’espansione
degli insediamenti israeliani
nei territori palestinesi, fino
alla sottrazione delle risorse
idriche, dai vincoli posti all’attività produttiva fino alla edifi-
cazione di un vergognoso muro
che ha trasformato la West
Bank in un bantustan. Il disprezzo per tutte le risoluzioni
dell’Onu, e ora per la Carta dei
diritti umani, testimonia più
di ogni parola l’obiettivo vero
di Israele, che peraltro non
riesce a realizzare, perché il
risultato di questa operazione
è l’estensione del fondamentalismo islamico nell’intera
area mediorientale, come unica forma di resistenza possibile per rivendicare i diritti
del popolo palestinese. Con
l’aggravante che, nonostante
il servilismo ben remunerato
dei media mondiali, diventa
difficile anche per gran parte
dell’opinione pubblica mondiale non collegare i due termini:
Israele-terrorismo di Stato.
Quale sicurezza, pace e democrazia possono attendersi
i cittadini di Israele da una
politica che individua lo Stato
di Israele come avamposto di
uno scontro di civiltà, tanto
agognato e auspicato dai reazionari di tutto il mondo che
vivono di e per la violenza,
pensandola come strumento di
governo dell’ordine mondiale?
Quanto sarà prestigioso e sicuro il futuro del popolo israeliano in uno Stato che perde
autorità morale individuando
il suo traguardo politico nella
pax israeliana imposta ai territori confinanti?
bini!!!), che divengono sempre
più pressanti in ragione della
situazione criticissima che si è
determinata, preferendo l’uso
criminale delle armi al rispet-
to dei diritti umani e del diritto internazionale. È necessario unire le forze e appoggiare
tutte le istituzioni che stanno
operando per affrontare sia la
crisi politica che quella umanitaria nella striscia di Gaza.
Il Governo italiano ha sposato
senza riserve la propagandistica tesi israeliana della responsabilità di Hamas e della
“legittima difesa”, ignorando
una storia di sofferenze pluridecennale e sottraendosi
alla difficile responsabilità di
promuovere iniziative di pace,
che sono possibili solo quando
si è credibili e non univocamente schierati. Ancora una
volta dovranno essere i popoli
a mobilitarsi a fianco di quanti invocano la fine di questa
tragedia e l’avvio di una soluzione che possa dare diritti e
sicurezza a due popoli in due
Stati.
Non lasciamoli soli! Non aggiungiamo alle sofferenze dei
popoli palestinese ed israeliano il “silenzio dei giusti”.
Non lasciamo sole le istituzioni e gli organismi
internazionali!
Lo Stato di Israele, abituato
da sempre e impunemente a
non rispettare le risoluzioni
dell’Onu, si fa beffe anche
degli appelli degli organismi
internazionali, con la certezza che i suoi principali alleati
(Usa e Ue), non permetteranno mai un loro giudizio di fronte alla Corte penale internazionale per i crimini di Stato
e per la violazione dei diritti
umani perpetrati a più riprese nel corso dei decenni. Non
ascolta neppure gli appelli
delle organizzazioni umanitarie e per i diritti umani (anzi,
le bombarda specialmente se
danno rifugio a donne e bam-
Le foto a corredo di questo articolo sono state scattate nella striscia di Gaza dai volontari dell’ong
umanitaria internazionale Hope (European hospital and healthcare federation). Le immagini
documentano tra l’altro alcuni effetti degli attacchi israeliani a Gaza e la distruzione della clinica
mobile di Hope per il soccorso alla popolazione civile.
Argentovivo gennaio 2009
Auser
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Territori e leghe
Reggio Emilia: gli anziani
non vogliono stare soli
Paola Guidetti
Argentovivo gennaio 2009
G
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odono di una discreta
salute, ma sono più poveri e soli. È questa la
nuova immagine degli anziani
che emerge dalla ricerca condotta nel 2008 dal sindacato
Spi-Cgil di Reggio Emilia. Un
analogo studio era stato condotto sul territorio reggiano
nel 1997, ed oggi ripetere questa esperienza ha permesso al
sindacato Spi di capire com’è
cambiata in un decennio la
percezione della realtà da parte dei pensionati. Gli anziani
di Reggio Emilia vivono soli,
utilizzano la tv come mezzo
di informazione. Trascorrono
la maggior parte del tempo al
supermercato, si spostano prevalentemente con l’auto. Sono
più timorosi, incerti e insicuri,
Il tavolo dei relatori
ma... socialmente reattivi. Rispetto a 10 anni fa i pensionati
reggiani che hanno risposto
hanno evidenziato una scolarizzazione più consistente
e quindi una disponibilità di
maggiori strumenti di espressione e di lettura della realtà
(per esempio utilizzano molto più facilmente computer,
tv, radio, video-registratori).
Per quanto riguarda i redditi, quasi il 40% si è posizionato ad un livello basso
(percentuale che per l’Osservatorio Inps di Reggio salirebbe addirittura al 56,5%).
Più della metà di chi ha segnalato di svolgere un lavoro
a compenso non è soddisfatto
dell’apporto economico che
ne riceve. Sul versante delle
spese periodiche e quotidiane, oltre alle spese generali
e di mantenimento, vi sono
aggravi di spesa di carattere
Il pubblico alla presentazione dell’indagine a Reggio Emilia
sanitario e per la salvaguardia nonchè prevenzione della
salute e della qualità di vita.
Aumentano le persone che
vivono sole (sono soprattutto
donne) e diminuisce la convivenza tra figli e genitori.
Rispetto a dieci anni fa nel
capoluogo emiliano aumenta
la paura che succeda qualcosa
di negativo, ma contemporaneamente cresce anche il tentativo il tentativo di far fronte
a questi timori attraverso una
maggiore
socializzazione.
La diminuzione di chi ha fiducia nel futuro, e nel medesimo
tempo il sentirsi più utile e
facente parte di una categoria
di solidarietà, possono rappresentare l’espressione di una
realtà per certi versi contraddittoria e incerta, ma anche
tentativi di reagire ad un ripiegamento in sè e all’isolamento.
Le ricerche compiute dal Sindacato pensionati di Reggio
Emilia nell’ultimo decennio
hanno evidenziato un cambiamento nei rapporti tra servizi
comunali e coloro che sono
assistiti: in particolare emerge
una maggiore privatizzazione
dell’assistenza
domiciliare
(basta pensare al fenomeno
delle badanti). Questa indagine, curata da Cesare Vasconi
dell’Ufficio studi provinciale
Spi-Cgil con la collaborazione
di una sessantina di attivisti
dello Spi, è stata condotta su
un campione di 1500 pensionati e presentata in un convegno
provinciale al Centro internazionale Malaguzzi di Reggio
Emilia. Presenti all’iniziativa,
insieme al segretario provinciale Spi Maurizio Piccagli, la
ricercatrice Maria Luisa Mirabile (direttrice de “La rivista
delle politiche sociali”), la segretaria nazionale Spi Carla
Cantone e il sindaco di Reggio
Emilia Graziano Delrio.
Territori e leghe
a cura della redazione
T
ante sedie vuote in
Piazza Maggiore a testimoniare l’assenza. L’assenza di 336 vite perdute sulle
strade di Bologna negli ultimi
dieci anni (1998-2007). È partita così la campagna “Quando
guidi rispetta l’anziano che sarai”, promossa da Spi Cgil, Fnp
Cisl e Uil Pensionati insieme al
Centro Antartide.
Su ogni sedia c’erano il nome,
l’età, la tipologia delle vittime
(pedone, ciclista, automobilista…) e una rosa. L’obiettivo
dell’iniziativa è di trasmettere
un’emozione per far riflettere
sulla possibilità di ridurre le
tragedie stradali che, sempre
nel periodo 1998-2007, hanno comportato anche 37.000
feriti. Tra questi, secondo le
stime dell’Istituto superiore di
sanità, più di 700 hanno subito
invalidità permanenti. Ogni
anno, mediamente, i morti
sono stati più di 30 e 3.700 i feriti. Stimando in almeno 10 le
persone che hanno forti legami
con le vittime, si può affermare che ogni anno quasi 40.000
bolognesi vengono segnati da
queste tragedie.
Dietro a questi numeri ci sono
quindi altissimi costi umani,
sociali, sanitari ed economici
di cui l’opinione pubblica non
è però del tutto cosciente. Le
tragedie stradali troppo spesso
vengono considerate un dramma privato. Un frutto del destino
o del caso. In realtà sono soprattutto dovute al mancato rispetto
delle regole, e potrebbero quindi essere drasticamente ridotte
semplicemente rispettando il
codice della strada. È esemplare a questo proposito il caso dei
limiti di velocità. Superare il
limite di 50 km orari nei centri
abitati significa infatti condannare a morte un pedone, in caso
di investimento.
L’evento realizzato in Piazza
Maggiore ha dato il via al nuovo
episodio della campagna “Quando guidi rispetta l’anziano che
sarai”, che vuole richiamare l’attenzione, in particolare, sui problemi degli utenti deboli della
strada. Gli anziani, per esempio,
non si muovono agilmente nella
giungla del traffico. Chi guida
non può ignorarlo.
All’iniziativa hanno preso parte Emanuela Bergamini Vezzali responsabile dell’Osservatorio per l’educazione e la sicurezza stradale della Regione
Emilia-Romagna, l’assessore
del Comune di Bologna Maurizio Zamboni, rappresentanti
dei sindacati dei pensionati e
della polizia municipale. Promuovono la campagna insieme
a Spi-Cgil, Fnp Cisl e Uil Pensionati 70 istituzioni, scuole,
imprese, sindacati. Tra gli altri Centro Antartide, Comune
e Provincia di Bologna, Prefettura, Ascom, Azienda Usl
di Bologna, Aci, Associazione
Orlando, Arci, Coop Adriatica,
Università Primo Levi. L’attore
comico Vito ha firmato inoltre
un post-it che verrà diffuso in
25.000 copie con il messaggio
“Sulla strada dai un passaggio
alla civiltà”. L’invito è a collocarlo come promemoria sul
cruscotto dell’auto.
Argentovivo gennaio 2009
Bologna, diciamo stop
alle morti sulle strade
La campagna
Per saperne di più su
obiettivi e iniziative della campagna “Quando
guidi rispetta l’anziano
che sarai”, ci si può rivolgere al Centro Antartide: tel. 051 260921;
www.centroantartide.it.
Il circolo di sedie in piazza a Bologna per ricordare le vittime della strada
23
Territori e leghe
Ferrara, idee e impegni
per un mondo più pulito
Valentina Vecchiattini
Spi-Cgil Ferrara
Argentovivo gennaio 2009
S
24
i è tenuta a Bondeno,
organizzata dal Coordinamento donne Spi,
un’iniziativa sul problema
della raccolta differenziata
dal titolo “Un altro mondo è
possibile, per una nuova cultura del territorio”. Una nuova
cultura, quindi, che ogni cittadino dovrebbe fare sua, perché
anche da questa può derivare
una vita migliore sulla Terra.
L’iniziativa a Bondeno ha raccolto molto pubblico attento
e partecipante, interessato a
questa “giovane” attività che
il Sindacato ha voluto portare
a conoscenza di un vasto numero di persone. All’incontro
hanno partecipato anche la
responsabile del Servizio ambiente e sviluppo del Comune
di Bondeno e un dirigente di
Cmv Servizi, la società che
svolge servizi pubblici locali
come quello di igiene ambientale, di manutenzione del verde
pubblico e di disinfestazione.
La produzione giornaliera di
rifiuti per abitante nel 2006,
in media, in Italia era vicina
ad 1,5 kg al giorno. Il problema
dei “rifiuti” – ha detto Luciano
Farina, segretario generale
dello Spi – ha assunto proporzioni tali da diventare drammatico non solo dal punto di
vista ecologico e sanitario, ma
anche delle tensioni sociali. Il
Sindacato, come organizzazione di cittadini, è impegnato a
promuovere iniziative che portino a conoscenza della gente
argomenti di cui spesso si par-
la. Ma, come Sindacato che si
occupa di contrattazione, il
nostro compito è anche quello
di discutere con gli Enti locali
un miglior sistema “costo-servizio”, grazie a una politica tariffaria più corretta che, oltre
all’esenzione della stessa tariffa per i più deboli, incentivi
e responsabilizzi il cittadino.
Come ha spiegato la responsabile del servizio comunale,
gli sconvolgimenti che l’uomo
ha prodotto e produce su aria,
acqua e suolo non possono che
ritorcersi sulle sue capacità di
sopravvivenza. Cosa lasceremo in eredità ai nostri nipoti?
Viene in mente l’antico detto
indiano: “La terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che
appartiene alla terra … qualunque cosa capita alla terra,
capita anche ai figli della terra”. Occorre quindi educare,
educarci, verso l’ambiente.
“Noi donne siamo le manager
della famiglia – ha detto Laura, responsabile del Coordinamento donne di Bondeno – il
nostro compito è anche insegnare ai nostri figli e ai nostri
nipoti l’amore e il rispetto
per la terra in cui viviamo”.
Si è parlato molto, in questo ultimo periodo, di ammassi di rifiuti che coprivano le strade di
Napoli. La gente li bruciava forse non sapendo che, in questo
modo, si producevano più danni
in quanto dalla combustione si
generavano veleni pericolosi.
Il dirigente di Cmv Servizi
ha, invece, messo in evidenza
come la raccolta differenziata
possa rispondere alle necessità giornaliere senza compromettere il futuro. Oggi dobbiamo pensare – secondo quanto
disposto dall’Unione europea
- a ridurre le quantità di rifiuti
prodotte, a riutilizzare beni e
componenti che non hanno ancora terminato la propria vita
utile, a riciclare le frazioni di
materiale ancora impiegabili
nei processi produttivi ed infine a recuperare energia per
la frazione che rimane. Ogni
anno in Italia si producono circa 27 milioni di rifiuti solidi, di
cui circa il 35% in peso e il 50%
in volume è costituito dagli imballaggi che, per quasi il 90%,
finiscono nelle discariche e
solo il 13% viene recuperato
attraverso la raccolta differenziata. Vetro, plastica e cartone
sono i materiali più diffusi
oggi, ma la ricerca avanza e fra
qualche anno si useranno sempre più materiali ecocompatibili che risolveranno, almeno
in parte, questo grosso problema. Per il momento, però,
districandoci fra discariche
e termovalorizzatori, siamo
chiamati a portare nei raccoglitori specifici i nostri rifiuti,
ad usare le isole ecologiche o a
chiamare l’azienda di raccolta
per i “pacchi” ingombranti.
Territori e leghe
Modena, “l’oro di Gelli”
donato all’Anpi
F. Z.
del gran maestro.
Tra gli ostacoli incontrati da
quei coraggiosi magistrati,
Gherardo Colombo e Giuliano
Turone, vi furono le minacce
e la querela di Gelli. La storia sappiamo com’è andata: la
loggia segreta fu sciolta e dichiarata fuorilegge per il suo
carattere eversivo ed il “capo
La consegna della spilla ad Aude Pacchioni. In alto, il pubblico al teatro Storchi
venerabile” risultò poi pluricondannato dai Tribunali della
Repubblica. All’epoca proprio
nessuno propose in Parlamento una specie di lodo salva-Gelli o di cambiare la Costituzione
contro l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura:
per questo bisognerà aspettare
i successivi venticinque anni
ed un presidente del Consiglio
con tessera P2!
Per quei due valenti magistrati, furono respinte le farneticanti accuse ed essi ottennero, a titolo di risarcimento
morale, una parte di quell’oro
sequestrato a Licio Gelli. Naturalmente, non lo tennero per
sè: fu devoluto per metà alle
Madri di Plaza de Mayo (l’associazione dei parenti dei desaparecidos argentini) e l’altra
parte andò al Comitato delle
famiglie delle vittime della
strage del 2 agosto alla stazione di Bologna, che ne fece
delle spille in ricordo.
Lo Spi di Modena, avendo ricevuto una di queste spille,
ha scelto di offrirla alla compagna Aude Pacchioni: chi
meglio della presidente dei
Partigiani modenesi potrebbe custodire un simbolo così
significativo?
Argentovivo gennaio 2009
N
el corso del tradizionale concerto di fine
anno, di fronte a un
Teatro Comunale “Storchi”
stracolmo di centinaia di attivisti e dirigenti di tutte le
Leghe Spi modenesi, la segreteria provinciale ha consegnato ad Aude Pacchioni - presidente dell’Anpi ed iscritta allo
Spi - il distintivo ottenuto con
parte dell’oro sequestrato a Licio Gelli, “maestro venerabile”
della disciolta loggia P2.
Si ricorderà che, nel corso
delle prime perquisizioni effettuate a Villa Wanda, furono
sequestrati nel “covo”, oltre ai
famigerati elenchi degli affiliati alla loggia segreta, anche i
lingotti d’oro del “tesoro nero”
25
I temi della memoria
“Battersi
per i diritti di tutti”
Dialogo con Vittorio Foa
Pescasseroli, 7 luglio 2008.
Anna Maria Pedretti
Argentovivo gennaio 2009
S
26
ono venuta a trovare
Vittorio Foa in una casa
che la moglie Sesa ha
affittato per il mese di luglio
qui all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, dove si gode
di un clima ventilato e soprattutto di un ambiente verde e
riposante.
Sono molto contenta di vederlo
in forma, sembra che il tempo,
che pure ha inferto seri colpi
alla sua salute, non abbia minato per nulla la sua voglia di
esserci, la sua curiosità di capire, la sua volontà di sapere.
In questi giorni sta lavorando
molto: ha fatto una selezione
delle sue “Lettere della giovinezza” che Einaudi intende
ristampare in edizione economica e ha pensato a lungo ad
una possibile prefazione per
una nuova ristampa di un altro suo libro che risale al 1996,
Questo Novecento. Ho il privilegio di leggere in anteprima
le prime idee che ha buttato
giù e di cui discute con amici e
con tutti coloro che lo vengono
a trovare.
Mi chiede con sincero interesse di che cosa mi occupo in
questo momento. E così è facile per me parlargli del progetto
del Dipartimento Memoria del-
lo Spi dell’Emilia-Romagna sul
tema “Vivere l’altrove: storie
di migranti nella globalizzazione”.
Gli chiedo se posso intervistarlo sull’argomento e lui,
dopo averci riflettuto un po’,
esclama entrando subito nel
merito: “Cosa vuoi? È vero,
molti italiani oggi hanno paura, vivono in una condizione di perenne incertezza, e
quindi di insicurezza… molti anziani hanno così poco e
temono che quel poco che gli
serve per vivere e per arriva-
re a malapena a fine mese gli
venga sottratto…”.
“È vero anche – aggiungo - che,
al di là dei dati reali sui furti,
sugli scippi, dicono di aver comunque paura degli stranieri.
Addirittura ci sono state interviste televisive in cui, alla
domanda del giornalista se vi
erano stati molti furti nella
zona in cui abitano, alcune
persone anziane hanno detto
che lì non è mai successo nulla,
ma che, comunque, loro hanno
paura degli extracomunitari.
Questo atteggiamento da cosa
dipende secondo te?”
La risposta di Foa è netta: “È
un problema di conoscenza, di
conoscenza reciproca. E per
questo ci vuole tempo…”.
Gli racconto di un’esperienza realizzata nella mia città
tra operatori, alcuni dei quali
stranieri e alcuni di provenienza africana, e anziani ospiti di
una Struttura protetta nella
quale gli uni e gli altri si sono
raccontati alcuni pezzi della
loro vita. I vecchi, che prima di
questa bella e lunga esperienza di narrazione, avevano una
L’ultima intervista
Quella che pubblichiamo è l’ultima intervista di Vittorio
Foa, raccolta da Anna Maria Pedretti ai primi di luglio del
2008 a Pescasseroli, nel Parco Nazionale d’Abruzzo, dove
Vittorio stava trascorrendo un periodo di vacanza insieme
alla moglie Sesa Tatò.
L’età era già molto avanzata, ma la lucidità e la curiosità
per tutto ciò che accadeva nel mondo e verso le persone
intatte.
Come ben sanno i lettori di “Argentovivo”, che ha pubblicato un articolo in memoria del grande sindacalista, Vittorio
Foa si è spento a Formia il 20 ottobre del 2008.
certa difficoltà a farsi accudire da persone di colore, alla
fine hanno trovato dei punti di
contatto con loro; e le ragazze
dicevano che le persone che
prima erano sempre scorbutiche e ostili e le chiamavano
sempre e solo “Osa”, cioè assistente, adesso le chiamavano
per nome, perché si era creata una famigliarità, proprio
attraverso questa conoscenza
reciproca.
E lui, a commento, parlando
della sua “badante”, mi dice:
“Tu conosci la mia protettrice, Nadia, vero? Bene, lei è
molto attenta, molto autoritaria, ma cortesissima. Mi
ordina con estrema decisione: ‘Devi camminare’. E io
cammino”.
Ti pare allora che l’iniziativa di pubblicare su “Argentovivo” le storie di emigrazione, di ieri e di oggi, vada
nella direzione di aiutare
le persone a conoscersi, al
di là dei preconcetti e degli
stereotipi?
Questo è molto giusto, tutto
quello che è conoscenza reciproca è ben fatto, l’unica
cosa che dobbiamo chiedere continuamente è che sia
la verità, e nient’altro che
la verità. L’immigrato cosa
Vittorio Foa con la moglie Sesa durante l’intervista
può raccontare? Per te cosa
può raccontare?
Ad esempio, i motivi per cui
è andato all’estero.
Sì. E poi può anche raccontare
le sofferenze che ha provato
fuori. Ma la cosa più importante è la conoscenza delle
persone che entrano; allora,
su di loro, dobbiamo fornire il
massimo di informazioni, in
modo oggettivo, perché di loro
si raccontano le cose più folli,
che non sono vere, e allora noi
dobbiamo raccontare la verità,
e io credo sia un impegno molto serio del sindacato.
Parliamo dell’insicurezza.
Secondo te oggi, quali sono
gli elementi che generano
insicurezza?
Questo dipende, secondo me,
dal lavoro; se tu non hai nel
lavoro un minimo di sicurezza,
se non sei riconosciuto come
un “qualcosa che produce”,
e soprattutto qualcosa che ti
dà delle prospettive, il lavoro
diventa incerto e… la politica
non ti aiuta. Allora ci sono due
problemi: c’è un problema della
politica e un problema del lavoro. Però non posso toccare qui
elementi affettivi, perché… io
mi rendo conto che alcuni legami tra gli elementi affettivi e i
trattamenti materiali, ci sono;
gli elementi materiali possono
influenzare anche gli elementi
affettivi. In questo però io non
posso entrarci.
Posso dire invece due cose
che a me paiono essenziali. La
prima è: “Come possiamo utilizzare i vecchi?”. Io ricordo,
in passato, di avere preso dei
contatti con i sindacati pen-
sionati su un problema che a
me pareva molto interessante,
cioè che essi si rivolgessero ai
pensionati, non chiedendo loro
“di che cosa avete bisogno?”,
ma domandando un’altra cosa,
“che cosa potete dare voi alla
società?”. Ed era un esempio, a
mio giudizio, di come tu vedi il
futuro del pensionato. Su questa materia sono state fatte
molte cose sul piano volontario,
invece da parte dello Stato non
è stato fatto niente; mentre, a
mio giudizio, sul piano statale
un’organizzazione che è efficiente nel trovare il lavoro per
i pensionati, sarebbe una cosa
che serve anche agli immigrati, mica soltanto ai pensionati
italiani. Ecco, a me pare che
questo problema di trovare un
lavoro per i pensionati è una
prima cosa essenziale, alla
quale possiamo dare una grande estensione. Perché i pensionati possono essere disponibili
a molte cose, sono preziosissimi. Se lo Stato decidesse di
creare una serie di strumenti
che permettano veramente di
dare un lavoro ai pensionati
di diverse età… perché l’età è
molto importante, certamente
se hanno 97 anni non possono
fare molto, ma se ne hanno 56
possono fare molte cose.
Chi continua a lavorare oltre i
cinquanta è pagato qualcosina in più, e sopratutto questo
permette di incrementare la
pensione. E per l’imprenditore
che assume ci può essere uno
sgravio fiscale.
La seconda riguarda essenzialmente che cosa lo Stato
può dare ai vecchi che hanno
bisogno. Io credo che la prima
cosa da dare... è un problema
Argentovivo gennaio 2009
I temi della memoria
27
I temi della memoria
L’autrice
Argentovivo gennaio 2009
La professoressa Anna Maria Pedretti collabora da molti
anni con il Sindacato pensionati nella realizzazione di esperienze didattiche sui temi della memoria che vedono protagonisti le persone anziane con gli studenti delle scuole e di
progetti di formazione con la metodologia autobiografica.
È collaboratrice scientifica della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari (Arezzo), della quale lo Spi-Cgil
dell’Emilia-Romagna ha il patrocinio.
Fa parte del Gruppo Regionale del Dipartimento Memoria
che ha portato alla stesura del libro collettivo delle storie di
vita di uomini e donne centenari dal titolo “Centopercento
Storie” e che ora ha dato vita al nuovo progetto “Vivere
l’altrove. Storie di migranti nella globalizzazione”.
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molto difficile... certo bisogna dare da mangiare, certo
bisogna dare una sede dove
abitare, però la famiglia conta. Allora, cosa si può fare? A
me pare che quello che è stato
fatto in parecchi Paesi è stato
di aiutare la gente a pensare ad alcune soluzioni a cui,
in genere, non si pensa; cioè,
ad ogni vecchio si misura la
pressione all’alba, e altre cose
come i battiti del cuore e se vi
è qualcosa che non va, devono rivolgersi al medico. Però
questa cosa può farsi entro
certi limiti, perché sappiamo
benissimo che c’è il rapporto
con la famiglia… com’é questo
rapporto? Questo rapporto può
essere molto vario: la famiglia
può dedicarsi per tutto quello
che può, ma molto spesso può
dedicare molto poco e allora
tu devi supplire quello che la
famiglia non riesce a dare. A
mio giudizio questa cosa non è
impossibile e non è nemmeno
molto pesante. Se i vecchi sono
protetti va bene; se non lo sono
bisogna proteggerli. Qui possono sorgere difficoltà molto
serie: cioè, fino a che punto tu
puoi intervenire? Ci sono dei
Paesi, la Danimarca per esem-
Un affettuoso incontro tra Foa (a destra) e il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi
pio, in cui i comuni intervengono per dare una casa ai vecchi;
danno la casa e anche l’assistenza domiciliare. Dopodiché
succede che i famigliari non se
ne occupano più. Lo sai? Quelli
della famiglia non ci sono più.
Allora si determina uno stato
di insoddisfazione diverso,
e lo stato di infelicità nasce
dal distacco dalla famiglia
e a questo bisogna pensarci.
Come fai? Ci vuole un costante
e attento lavoro: bisogna informarsi su come la persona vive
e discutere con lei e con la sua
famiglia quali sono le cose che
si possono fare e quali non si
possono fare. Sapendo però
che le cose cambiano nel tempo, cioè che dopo un mese o un
anno non è detto che la situazione sia ancora la stessa; allo-
ra le soluzioni adottate vanno
verificate sei mesi dopo o un
anno dopo. Ma queste cose già
si fanno in alcuni Paesi, anche
importanti, anche in Emilia lo
fanno, e queste sono cose che
avvengono, anche in modo positivo; però questo bisogna farlo diventare una cosa a livello
nazionale.
Ora io ti dico francamente,
molti anni fa, io avevo sostenuto una tesi, che era quella
di dare a tutti gli uomini e le
donne il compito di dedicare
un anno della loro vita a un
servizio collettivo.
Ricordo bene la tua proposta del servizio civile obbligatorio per ragazzi e ragazze…
Il sindacato non ne ha voluto sapere, lo ha respinto con
l’idea che qualunque cosa succeda deve essere pagata da un
contributo, mentre io penso
che molte cose vengono date
e incidono sul bilancio dello
Stato senza che io paghi il con-
tributo.
Ora a mio giudizio, sarebbe
possibile, gradatamente, nello
spazio di due o tre anni, creare
le condizioni perché ragazzi e
ragazze, uomini e donne per
un anno si dedichino a dei
servizi civili, che vuol dire:
occuparsi dei vecchi, portare a
scuola i bambini, supplire alle
esigenze familiari. Quando si
è discussa questa cosa, diversi anni fa, ci sono state delle
difficoltà sulle donne, perché
da molte parti si è detto che
le donne, siccome non avevano
l’obbligo del servizio militare,
non erano tenute a fare questo; invece io credo che le donne possono farlo benissimo,
non c’è nessuna ragione; se le
donne vedono il loro occuparsi
degli altri come un servizio a
cui sono obbligate per un anno
della loro vita, è una cosa che
andrebbe molto bene.
Secondo me, se questa organizzazione di servizi viene
fatta in modo capillare, da un
lato hai il lavoro volontario dei
giovani uomini e delle giovani
donne, dall’altro hai le forze
per sostenere l’impegno di
aiutare i vecchi. Perché non lo
possiamo fare?
E poi non ti nascondo che vi
sono altri problemi più seri e
più gravi, uno è il problema
che i figli che sono mantenuti
dai genitori non sentono nemmeno più la necessità dell’impegno, e questo è un fatto culturale molto importante che è
difficile risolvere in termini
economici; bisogna risolverlo
in termini di educazione. Io
credo che uno degli elementi principali che può servire
nell’educazione dei giovani è
il fatto dell’esempio. Cioè io
credo che ai giovani, io devo
dare loro l’esempio, e devo
dare l’esempio di pensare agli
altri. Mentre i giovani oggi non
hanno più quest’idea, perché
il governo ha dato loro l’idea
che possono fare quello che
gli pare. Ecco, io devo lottare
contro le idee del governo, c’è
poco da fare; io non posso accettare l’idea che ognuno possa prendere i soldi che vuole.
Uno deve sapere che quello
che fa è pagato da qualcun
altro, e capire come e perché
questo è pagato. Ecco, io credo
che questo punto è molto importante; un intervento preciso sul modo di governare che
richiede una grande sincerità
e non forme egoistiche di gestione del potere. Io credo che
la classe politica pensi solo a
se stessa, e credo che bisogna
dirlo questo.
Io sono d’accordo sul volontariato, ma vorrei anche stabilire un obbligo, e l’obbligo è che
ognuno deve dare un pezzo
della sua vita per gli altri. Un
anno della sua vita. Io penso
Ancora Foa con la moglie e gli amici Gianni Bocchi e Flavia Berra
Argentovivo gennaio 2009
I temi della memoria
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I temi della memoria
Argentovivo gennaio 2009
che sarebbe molto utile a tutti. Io ho fatto il soldato e sono
contento di averlo fatto, mio
fratello ha fatto il soldato e anche lui era contento di averlo
fatto. Pazienza: era faticoso,
era noioso, però tu avevi fatto
qualcosa per il tuo Paese.
Ti volevo chiedere se in questo obbligo ci possono stare
anche le persone straniere?
Ne sarebbero immediatamente avvantaggiate. Intanto io
penso, te lo dico subito, che noi
dobbiamo spingere al massimo
al riconoscimento del diritto
di cittadinanza. Veramente
l’idea… di tenere una persona
lì per trent’anni non ha senso.
Se questo straniero, dopo cinque o sei anni lo faccio entrare nel numero dei cittadini del
mio Paese, ecco, lui diventa
diverso. Questo è essenziale: la
cittadinanza il più presto possibile. A me pare che il governo
abbia il diritto di stabilire che
certe cose vengano fatte, e
l’idea inglese di dire che ognuno fa quello che gli pare, non mi
pare giusta e redditizia. Infatti
gli inglesi adesso sono nei pasticci…
Tu dici, se ho capito bene: ci
vogliono delle regole uguali
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per tutti, però occorre dare
il diritto di cittadinanza a
chi vive e lavora qui.
Si, questo deve essere dato
a tutti.
E questo contribuirebbe, in
un certo senso, a superare
la paura del diverso?
Sì, secondo me la supererebbe,
perché... chi è che diceva che
ogni uomo accetta tutti i singoli uomini di altri Paesi, altre
culture, ma non accetta poi l’insieme? Discutiamolo. Io farei
discutere su tutte queste cose.
La discussione su questo fatto,
sui diritti, però fissando alcuni
principi, che sono prima di tutto che uno deve seguire le leggi
dello Stato, ma è giusto che poi
abbia la cittadinanza.
In questo modo, probabilmente, si isolerebbero i delinquenti, perché questi non
farebbero più parte di chi
ha la cittadinanza, di chi
lavora qui, ha una famiglia,
ha dei bambini che vanno a
scuola, ecc.
Senz’altro, questo costituirebbe una discriminante. E allora
che cosa facciamo? Io dico che
bisogna battersi, l’unica cosa
è lottare... bisogna lottare per
la libertà, per i diritti di tutti.
Da sinistra Anna Maria Pedretti, Vittorio Foa e la moglie Sesa Tatò
Il ricordo di Epifani
Roma, 22 ottobre 2008: ecco un estratto del discorso del
segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ai funerali
di Vittorio Foa.
Se ne va, con Vittorio, l’ultimo dei grandi padri viventi
della Cgil e un grande italiano che ha attraversato tutta la
storia del ’900, difendendo il valore della libertà e quello
della giustizia sociale. Vivendo con sobrietà, coerenza,
passione morale e civile, pagando di persona. Grazie per
quello che ci hai dato, per quello che sei stato, per come
sei stato. Per il senso alto di libertà che ci lasci; per la fiducia che non hai mai smarrito verso le ragioni del lavoro,
dei lavoratori, degli ultimi; per il riconoscimento di quello che è il sindacato confederale, quello che si occupa –
dicevi – di te e degli altri, del presente e del futuro; per la
speranza che sapevi ritrovare – e ci chiedevi di ritrovare
– dietro ogni trasformazione, ogni crisi, ogni problema.
È quello che hanno detto e pensato ieri e oggi i tanti che ti hanno reso omaggio, con la commozione, con
il pudore che si hanno quando ti lascia qualcuno a cui
ormai eri abituato come a una presenza costante, capace di sopravvivere al tempo e ai suoi segni. Giorgio
Napolitano, il nostro Presidente, ha voluto ricordare la vita spesa a fianco dei lavoratori. Carlo Azeglio
Ciampi, il senso di coscienza civile per il Paese. I compagni di tante battaglie, a partire da quelli più legati a Vittorio, i suoi amici di sempre anche a nome dei
tanti scomparsi, i mille ricordi di una vita in comune.
Sì, è stata la Cgil, al fondo di tutto, la casa e il luogo di
Vittorio Foa; “un operatore sindacale”, amava dire di sé.
Colpisce oggi il tempo e la forza della sua scelta, quella
che lo ha portato qui sessant’anni fa accanto a Giuseppe
Di Vittorio, il suo vero e riconosciuto maestro. Prima di
quella scelta c’era stata la gioventù vissuta a Torino, la
comunione ideale con i tanti antifascisti di quella città,
gli amici scomparsi (Leone Ginzburg e Pietro Gobetti),
otto anni di carcere, tutta una giovinezza, e poi la liberazione, l’impegno politico, l’Assemblea Costituente...
Grazie poi Vittorio per un’altra cosa. Mentre tutti ci
spiegavano la fine del lavoro, e la scomparsa del sindacato – arnese del ’900 – e ci rappresentavano un
mondo dove i soldi producevano soldi, e spariva la fatica la durezza del lavoro, la condizione operaia, la
precarietà di tanti, tu esprimevi, dicevi pensieri e parole opposte. E alla fine della tua lunga vita ritornavi dove avevi cominciato sessant’anni fa, all’idea che
non c’è nulla di più importante di un sindacato confederale forte, moderno, saldo nei suoi valori di fondo...
Ci mancherai. Ma non ti sentiamo da un’altra parte, né
di lato neanche oggi. Ti continuiamo a sentire uno di noi,
come quando il tuo sorriso e il tuo sguardo, quello delle fotografie che ti ritraggono, continuano a dirci come
in fondo ci chiedevi e avresti voluto essere ricordato.
Così resti presente pur andando via. E nel restare dai un
futuro e una speranza laica anche alla morte.
(tratto da www.ufficiostampa.cgil.it)
Io sono troppo vecchio, non so
come bisogna fare, però quello
che so è che bisogna battersi,
perché io credo che andiamo
allo scontro. Il capo del governo, lui, ha la maggioranza dei
voti, non gliene frega niente,
butta via le garanzie. Ma noi
dobbiamo ricordare che c’è una
sola questione: che le leggi sono
uguali per tutti. Punto e basta.
Il tempo dell’intervista è terminato, ma Vittorio non è
stanco e aggiunge: “Si potrebbe, se tu vuoi, dare un’occhiata
a quel documento che ho già
in parte dettato… adesso vediamo, quando Sesa arriva, lo
leggiamo insieme, perché ho
altre cose da aggiungere, molte cose. Mi ha chiesto “l’Unità”
come faccio io, avendo quasi
100 anni, a occuparmi di tutto
questo…”. Fa un sorriso ampio e allarga le braccia. Come
dire: “È la mia vita, non posso
farne a meno”.
La campanella
Mai più guerra: solo belle parole?
Che importa al bambino che muore, straziato da bombe ed esplosioni, chi ha ragione,
chi ha torto, chi per primo ha cominciato, che storia c’è dietro per capire? Dove sono i
tanti “movimenti per la vita” che mai si pongono la questione del “come”, del “prima”? Si è detto, dopo l’Olocausto che ci riguarda tutti, “guerra mai più, anche se
cambia nome!”. Mentre scrivo la guerra in corso si chiama “operazione piombo fuso”,
e solo questo mi strazia di impotenza. Mi sono sempre chiesta come sia potuto succedere l’Olocausto nel silenzio di tanti che, come ci ha ben testimoniato Primo Levi,
non volevano sapere. Ho sognato in questo inizio d’anno di guerra – tutti in attesa
che si insedi Obama, già eletto presidente ma, per democrazia, non ancora tale! – che
dovevo convincere vari Paesi, compreso il nostro, non a fare “eserciti di pace” come già
pensai – sperai a vuoto! - per la guerra in Jugoslavia, ma eserciti di vecchi poiché ora si
uccide da lontano, con la tecnologia, spingendo un bottone. Dunque perché sacrificare
i giovani, che sono il futuro e ancora hanno la vita davanti? Naturalmente anche nel
sogno non ero affatto convincente, tranne che per un piccolo paese dove i nonni amavano davvero la vita dei nipoti ed anzi si specchiavano in essa. Era questo esercito che
per paura della morte, quella da dare quanto quella propria, sapeva farsi esercito di
pace. Non “io speriamo che me la cavo” perché più bravo, più forte, più fortunato, più
bello, ma noi, riconoscendo ed intrecciando le nostre diversità, dobbiamo mettere la
vita, la vita di ognuno al di sopra di tutto: col mio dire, col mio fare immetto dinamiche
positive o invece coltivo astio, rancore e sottolineo continuamente tutto il negativo che
ho intorno?
Niente è più tragico del soldato – del terrorista - che prega! È questo cerchio, che ci
riguarda tutti, che dobbiamo spezzare, insieme!
Miriam Ridolfi
Argentovivo gennaio 2009
I temi della memoria
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Argentovivo - gennaio 2009 - SPI-CGIL Emilia