MENSILE DEL SINDACATO PENSIONATI ITALIANI SPI-CGIL DELL’EMILIA-ROMAGNA Interventi Consumi Welfare Contratti territoriali dalla parte delle donne Testimonianze Quando eravamo pionieri “sovversivi” Auser Non dimentichiamo il dramma di Gaza Argentovivo gennaio 2009 Autorizzazione del tribunale n.4897 del 5 marzo 1981 - Spedizione in abbonamento postale 45% Cgil, le risposte alla crisi: La carta acquisti: parla Danilo Barbi quanto vale davvero? L’eredità di Vittorio Foa n.1 gennaio 2009 1 In breve Gli anziani e le “sicurezze”: un seminario Argentovivo gennaio 2009 Spi-Cgil, Auser, Silp per la Cgil hanno organizzato un seminario di discussione su sicurezza urbana, legalità, sicurezza della popolazione anziana dal 2 titolo “Gli anziani e le sicurezze” per giovedì 29 gennaio alla Camera del lavoro di Bologna. I lavori saranno presieduti da Maurizio Fabbri, Segretario generale Spi Emilia-Romagna. Seguiranno poi le comunicazioni di Roberto Battaglia, Segretario regionale Spi, Giovan- Un momento del pranzo conviviale dei pensionati Spi-Cgil di Imola Lo Spi di Imola festeggia e rinnova gli impegni Il 2008 è stato un anno duro e combattivo, fra speranze e delusioni cocenti, un anno che ha visto i pensionati fianco a fianco uniti nella lotta, nelle grandi manifestazioni per avere risposte alle richieste già da troppo tempo disattese. Un anno che, nonostante i problemi e le difficoltà, “non ha disperso i pensionati”, semmai a Imola li ha trovati più coesi, più determinati. Così, il 25 novembre la segreteria territoriale dello Spi, gli attivisti, i pensionati iscritti si sono ritrovati per l’atteso annuale incontro, attorno ai tavoli del ristorante “La Campaza”, davanti a un buon pranzo di pesce. Un momento conviviale, allietato da musica e canzoni, concluso in ballo, un momento di spensieratezza, consapevoli di dover proseguire nelle lotte di una nuova forte mobilitazione, “per rivendicare i diritti di quelle persone anziane che con il loro lavoro hanno contribuito alla costruzione del Paese, a vivere con un reddito dignitoso, in una società più giusta, più unita, più solidale”. Con queste parole il Segretario generale dello Spi e la Segretaria generale della Cgil di Imola hanno salutato i numerosi pensionati intervenuti all’incontro. ni Grandu, Segretario regionale Silp per la Cgil, Franco Di Giangirolamo, Presidente regionale Auser. Interverranno con contributi specifici Cosimo Braccesi, presidente della Scuola interregionale di Polizia locale, Rossella Selmini, responsabille del Servizio politiche per la sicurezza e la polizia locale della Regione Emilia-Romagna e Libero Mancuso, assessore del Comune di Bologna con delega per la sicurezza urbana. Il seminario sarà concluso da Lucio Saltini, Segretario nazionale Spi-Cgil. L’ingresso del lager di Auschwitz Il 27 gennaio si celebra la Giornata della memoria Il 27 gennaio si torna a celebrare la Giornata della memoria, istituita dal Parlamento italiano nel 2000 per ricordare le vittime delle persecuzioni fasciste e naziste ai danni degli ebrei, degli oppositori politici, di gruppi etnici e religiosi. La data prescelta è quella dell’anniversario della liberazione del campo di sterminio nazista di Auschwitz, av venuta ad opera delle avanguardie dell’Armata Rossa il 27 gennaio 1945. Sono moltissime le iniziative, gli incontri, le mostre previste in Emilia- Romagna, come nel resto d’Italia, per rinnovare il ricordo dell’Olocausto e ribadire la volontà di non permettere mai più una simile atrocità. Un richiamo alla memoria quanto mai opportuno, mentre proprio in questi giorni è in discussione in Parlamento una proposta di legge presentata dalla maggioranza di centrodestra che vorrebbe equiparare tutti i combattenti della Seconda guerra mondiale, senza distinzione tra i repubblichini di Salò e i partigiani che morirono per liberare l’Italia dalla dittatura nazifascista, attribuendo a tutti indistintamente un’onorificenza chiamata “L’Ordine del Tricolore”. In breve Bologna, Spi-Cgil e Anpi insieme per difendere la Resistenza e la Costituzione La lapide che ricorda i caduti della Resistenza a Bologna memoria di quel che è stato. In questo senso è fondamentale spendere il massimo impegno verso i ragazzi e le ragazze delle scuole, perché possano conoscere la realtà buia nella quale l’Italia era sprofondata nella prima metà del ’900, riflettere sul senso di quegli avvenimenti che portarono alla Seconda guerra mondiale, capire il valore della lotta di Resistenza che seppe opporsi alla dittatura e liberare il Paese. Spi e Anpi hanno deciso di lavorare insieme, ciascuno nel rispetto del proprio ruolo e della propria autonomia, per mantenere alti e vivi quei valori e per trasmettere ai giovani la memoria di ciò che è stato e l’importanza di non dimenticare. Lo Spi-Cgil di Bologna invita quindi tutti i componenti del proprio direttivo territoriale, i componenti dei direttivi di Lega, i collaboratori e gli attivisti ad iscriversi all’Anpi, testimoniando così Passaparola Orgoglio e pregiudizio Continuano le crociate del ministro Brunetta contro gli “infedeli”: i pubblici dipendenti e la Cgil. Dopo avere definito “fannulloni” i lavoratori della Pubblica Amministrazione, soprattutto se in odore di sinistra, ora il ministro si preoccupa del fatto che questi lavoratori non potranno parlare ai propri figli con orgoglio perché, a suo parere, potrebbero vergognarsi di percepire uno stipendio senza esserselo guadagnato fino in fondo, una specie di “mangia pane a tradimento”. Ma tranquilli: con “bastone e carota” e qualche freccetta il Brunetta ha promesso di rimettere presto a posto la questione, e quindi, finalmente l’orgoglio sarà salvo. Ahimè, rimane il pregiudizio verso lo storico nemico: la Cgil, dove non c’è bastone che tenga, perché l’idea del ministro non è quella di avere un sindacato meno combattivo e più compiacente, ma di non averlo affatto tra i piedi. Tranquillo ministro, la Cgil fra i dipendenti pubblici è il primo sindacato, c’era prima di Lei, c’è ora e ci sarà anche dopo di Lei. Cent’anni di lotte per i diritti dei lavoratori non si cancellano né con la carota né con il bastone! Treni con lo sconto anche nel 2009 Cgil, rinnovate le agevolazioni per viaggiare con Trenitalia Come per gli anni precedenti, anche per il 2009 la Cgil ha stipulato un accordo con Trenitalia in virtù del quale sono previste condizioni di vantaggio per gli iscritti interessati ad usufruire di due distinte promozioni: “Carta d’Argento”, riservata a coloro che abbiano compiuto il 60° anno di età, e “Cartaviaggio”. L’accordo prevede uno sconto del 25% sull’acquisto della Carta d’Argento ed un bonus di 2.500 punti sull’adesione, gratuita, al programma previsto dalla Cartaviaggio. Per informazioni su come ottenere le agevolazioni previste dalle due Carte, occorre rivolgersi alle sedi territoriali della Cgil e del Sindacato pensionati. Argentovivo gennaio 2009 Oggi più che mai la difesa della Costituzione e dei valori della Resistenza alla dittatura fascista è una priorità per tutte le forze sane del Paese: partendo da questa considerazione reciprocamente condivisa, lo Spi-Cgil e l’Anpi di Bologna hanno deciso di avviare un patto di collaborazione e lavoro comune. L’obiettivo è quello di mantenere vivi i valori dell’antifascismo, della democrazia, della tolleranza, della solidarietà, della giustizia sociale come fondanti di un Paese che sta invece rischiando di tornare vistosamente indietro e che sembra via via smarrire la concretamente l’adesione e la volontà di difendere il messaggio antifascista che la Resistenza ha saputo trasmettere al Paese tramite la Costituzione repubblicana. 3 Sommario 2| In breve • Gli anziani e le “sicurezze”: un seminario • Lo Spi di Imola festeggia e rinnova gli impegni • Il 27 gennaio si celebra la Giornata della memoria 3| In breve •Bologna, Spi-Cgil e Anpi insieme per difendere la Resistenza e la Costituzione • Cgil, rinnovate le agevolazioni per viaggiare con Trenitalia • Passaparola 5| Intervista •“Non chiudiamo gli occhi di fronte alla crisi” Colloquio con Danilo Barbi Mayda Guerzoni Argentovivo gennaio 2009 7| Consumi •La carta acquisti? Facciamo due conti… Luca Baldazzi 9| Solidarietà •Il pane per tutti: un segno di giustizia Gianni Zappoli 13| Pensioni •Donne, il no della Cgil al lavoro fino a 65 anni Morena Piccinini •Reggio Emilia: gli anziani non vogliono stare soli Paola Guidetti 15| Società 23| Territori e leghe 16| Dal mondo 24| Territori e Leghe •Investi i tuoi soldi? Non credere ai miracoli a cura della redazione •Shirin Ebadi, una donna indica la via della pace Giancarla Codrignani 17| Testimonianze •La storia nascosta d’Italia ora diventa un libro a cura della redazione 18| Testimonianze •Come eravamo sovversivi noi “Pionieri” degli anni ’50 Franco Zavatti •Bologna, diciamo stop alle morti sulle strade a cura della redazione •Ferrara, idee e impegni per un mondo più pulito Valentina Vecchiattini 25| Territori e Leghe •Modena, “l’oro di Gelli” donato all’Anpi Franco Zavatti 26| I temi della memoria •“Battersi per i diritti di tutti” Dialogo con Vittorio Foa Anna Maria Pedretti 19| Auser •Il dramma di Gaza: non lasciamoli soli Franco Digiangirolamo 10| Welfare e diritti 13 5 •I contratti territoriali dalla parte delle donne Mariarosa Parenti Donne, il no della Cgil al lavoro fino a 65 anni 23 Bologna, diciamo stop alle morti sulle strade 26 10 17 “Non chiudiamo gli occhi di fronte alla crisi” Colloquio con Danilo Barbi I contratti territoriali dalla parte delle donne 4 22| Territori e leghe La storia nascosta d’Italia ora diventa un libro “Battersi per i diritti di tutti” Dialogo con Vittorio Foa La foto di copertina è di Giliola Chistè Argentovivo n. 1 - gennaio 2009 Chiuso in tipografia il 19/01/2009 la tiratura complessiva è di 8.000 copie Direttore responsabile: Mirna Marchini Vice direttore: Mauro Sarti In redazione: Roberto Melli, Luca Baldazzi, Anna Maria Selini, Paola Guidetti, Valentina Vecchiattini, Franco Digiangirolamo. Direzione e redazione Via Marconi, 69 - 40122 Bologna tel. 051294799 - fax 051251347 Amministrazione Via Marconi, 69 - 40122 Bologna Abbonamento annuo 22 euro Costo copia 3 euro Costo copia arretrata 5 euro Realizzazione a cura di Agenda www.agendanet.it Progettazione grafica EXPLOIT Bologna - Via Dell’Arcoveggio, 82 Stampa a cura di FUTURA PRESS Proprietà EDITRICE DELLA SICUREZZA SOCIALE srl Associato UNIONE STAMPA PERIODICI ITALIANI Intervista “Non chiudiamo gli occhi di fronte alla crisi” Mayda Guerzoni Il crollo della produzione industriale più serio dal 1991 (-12%), con il settore auto letteralmente a picco, è il primo “buon anno” arrivato dall’Istat nel 2009. È vero che il dato è un residuo dell’anno vecchio (riguarda il periodo novembre 2008/2007), ma contemporaneamente l’Ocse ha collocato Italia e Portogallo agli ultimi posti nell’economia dell’eurozona, lanciando un monito che parla a tutti: il peggio deve ancora venire. Il 2008 si è chiuso male, l’anno nuovo si preannuncia tremendo. Ne parliamo con Danilo Barbi, segretario generale della Cgil Emilia Romagna. Barbi, cosa ti colpisce di più in questa situazione? “Più di tutto mi colpisce l’incapacità diffusa nel nostro Paese di vedere quanto è profonda la crisi e la conseguente mancanza di una discussione adeguata su come affrontarla”. Ti riferisci al governo? “Innanzitutto al governo, che di fronte a milioni di persone sempre più in affanno ostenta un ottimismo pericoloso e si limita a interventi di tipo caritatevole, spacciando bonus al posto dei diritti per tamponare la grave emergenza sociale, segno di sottovalutazione ottusa della realtà. Però la consapevolezza della gravità del momento manca anche alle controparti imprenditoriali e più in generale all’intellettualità del Paese, al mondo dei mass media, alle stesse forze di opposizione. È questo che mi fa riflettere molto”. E che giudizio ne trai? “Che siamo di fronte a un paradosso, a un’anomalia tutta italiana, alla quale non trovo giustificazione. In altri Paesi europei e fuori dall’Europa, a partire dagli Usa, anche i liberisti più incalliti vacillano e molte analisi individuano alcuni elementi di fondo: il regno dei mercati e della finanza ha fallito, bisogna riequilibrare il modello di sviluppo a vantaggio della qualità sociale con una nuova stagione di politiche pubbliche. È l’intero meccanismo che si sta inceppando e in Italia si fa finta di non accorgersene”. Le ricette fioriscono: donne in pensione a 65 anni, settimana corta….. “Beh, non metterei le due cose sullo stesso piano. Non ho dubbi sul NO all’aumento dell’età per la pensione di vecchiaia alle donne, come la Cgil ha detto con nettezza. È uno dei pochi differenziali positivi del nostro sistema pensionistico, che considero un po’ troppo rigido in generale, mentre con questa norma si riconosce in qualche modo il contributo essenziale dato dalle donne alla riproduzione sociale. Altra cosa è la settimana corta”. Quella ti piace? “Ne discuterei volentieri all’in- Argentovivo gennaio 2009 Colloquio con Danilo Barbi, segretario generale Cgil Emilia-Romagna 5 Argentovivo gennaio 2009 Intervista 6 terno di un disegno coordinato di interventi contro la crisi, come per esempio accade in Germania. Per ora invece si tratta solo dell’intervista di un ministro”. Dopo lo sciopero generale del 12 dicembre, la Cgil ha chiesto al governo di aprire un tavolo di crisi con le parti sociali, annunciando una forte iniziativa di lotta in assenza di risposte, fino a una manifestazione nazionale di sabato per fine marzo/aprile. Ma qui di risposte se ne vedono poche…. “E per di più assolutamente inadeguate! Da mesi la Cgil ha fatto della crisi il fulcro dei propri ragionamenti, come dimostra il pacchetto di proposte discusse con i lavoratori e sostenute con un’ampia mobilitazione. Altri invece insistono sulla riforma del sistema contrattuale, che francamente è del tutto fuori dalle priorità oggettive del Paese. E già questa è una forzatura che mira alla rottura e allo scontro, mentre la Cgil chiede un confronto sui problemi veri. Che lo facciano il governo e Confindustria non mi stupisce più di tanto, ma che ci si mettano anche Cisl e Uil….”. Questo è un tasto molto delicato. Quale unità sindacale si può riprendere, dopo questa sfilza di accordi separati in categorie importanti come commercio e scuola, o i protocolli sulla riforma del sistema contrattuale con Confindustria o con Api? “Infatti sono parecchio preoccupato. Condivido il profilo paziente scelto dalla Cgil con grande sforzo, ma le differenze si fanno più profonde. I ministri Sacconi e Brunetta, con parte del governo, sognano il sindacato degli enti bilaterali che gestisce direttamente pezzi di protezione e tutela dei lavoratori e si trasforma esso stesso in un grande ammortizzatore sociale per eseguire scelte compiute da governo e imprese. Alcune parti di Cisl e Uil sono subalterne a questo disegno. Ma è un approccio culturale e ideologico che in Italia non sta in piedi. Non può essere lo Stato, né il Parlamento e tanto meno il governo a stabilire cosa fa il sindacato e per fortuna c’è la Costituzione a ricordarlo. La nostra storia non si chiude con il Novecento”. Ma anche in casa Cgil le polemiche non mancano. Penso all’ipotesi di intesa sul modello contrattuale dell’artigianato, allo sciopero proclamato da Fp e Fiom per il 13 febbraio: siamo a un punto critico nei rapporti interni? “Guarda, la vicenda dell’artigianato è ancora aperta e molto complicata e ne riparlerei in altra occasione. Ma è aperto anche il tema delle lotte da mettere in campo nei prossimi mesi. Ricordo che su questo punto Epifani ha invitato tutta la Cgil a una riflessione molto attenta per condividere forme e priorità che tengano insieme l’iniziativa contrattuale di alcune categorie come il pubblico impiego e l’iniziativa più generale sui temi della crisi. C’è un problema di efficacia delle lotte e di tenuta del movimento che interessa tutti e penso che dovremmo trovare un punto di sintesi e coordinamento”. Veniamo in breve all’Emilia Romagna. Il rapporto Unioncamere di dicembre dipinge un quadro dell’economia regionale meno nero del temuto. La Cgil era stata troppo pessimista? “Non è una diatriba tra ottimisti e pessimisti, osservo che da almeno quarant’anni la nostra regione non toccava crescita zero come oggi, quindi c’è una indubbia situazione di eccezionalità. Noi abbiamo parlato di carattere strutturale della crisi anche nella nostra realtà regionale e i segnali ci sono tutti. Inoltre la recessione è mondiale, il 2009 si profila durissimo e noi non siamo abituati a fare i conti con tanti segni meno”. Il presidente Vasco Errani ha parlato di economia solida nei fondamenti, riconoscendo nel contempo il bisogno di risposte nuove per affrontare la crisi e per questo ha lanciato la proposta di una “cabina di regia” regionale con le forze economiche e sociali per costruire una piattaforma comune. Cosa rispondi? “Che siamo certamente interessati, del resto lo abbiamo anche scritto nel “verbale di incontro” sul bilancio regionale, insieme a Cisl e Uil. Ed è il metodo che proponiamo per il confronto con le istituzioni in tutte le province”. Con quali priorità? “La priorità assoluta è mantenere complessivamente la base occupazionale, insomma NO ai licenziamenti, nessuno deve perdere il posto di lavoro. A questo fine vanno utilizzati tutti gli strumenti utili, ordinari e straordinari, per sostenere il reddito e tutelare i lavoratori precari. Questo per la Cgil è il primo punto fermo”. Consumi Luca Baldazzi In Em i l i a -Rom a g n a la Carta acquisti copre meno di un quarto della spesa mensile alimentare di un pensionato: 40 euro di “bonus” su 170,10. A livello nazionale poi, considerando anche le regioni dove la vita è un po’ meno cara, le persone oltre i 65 anni spendono comunque in media 144,30 euro al mese per mangiare. E la “tessera” del governo copre quindi meno di un terzo della cifra: per l’esattezza il 27,7%. I conti li ha fatti il professor Andrea Segrè, fondatore del progetto Last Minute Market e preside della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, che ha presentato il mese scorso i nuovi dati elaborati da Carocibo, un indicatore della spesa alimentare nato dalla collaborazione tra Ateneo bolognese, Last Minute Market (che è uno spin-off accademico dell’Università) e la società di studi Econometrica. La Carta acquisti, ha commentato Segrè, per i pensionati a basso reddito può quindi rappresentare “un vantaggio, ma piccolo. E in più ci sono diversi problemi”. Prima di tutto, come è risultato da tante segnalazioni, per ottenere la famosa card bisogna affrontare un vero e proprio labirinto burocratico. Un percorso a ostacoli, tra documenti e certificazioni da presentare. Per scoprire poi, magari, che in tanti negozi e market la tessera “non funziona”. Ma a parte tutto questo, come ha sottolineato Segrè, “l’importo della carta acquisti del governo dovrebbe essere differenziato a seconda delle regioni, perché il costo della dieta tipo degli over 65 può variare anche sensibilmente da una città all’altra. La Social card, 40 euro al mese, in realtà non vale ovunque la stessa cifra: dipende da quanto costa realmente il cibo”. Per Segrè, “il primo vero problema è conoscere in tempo reale quanto costa mangiare in Italia. Ma molte volte abbiamo a disposizione dati vecchi, oppure solo percentuali di aumento dei vari generi alimentari. Con Carocibo invece abbiamo introdotto un indicatore di spesa che dà cifre assolute e aggiornate”. E le cifre sono queste: un consumatore single tra i 65 e i 75 anni, considerando un paniere di 15 prodotti base dalla pasta al latte a frutta, formaggio, pollo e così via che corrispondono a un fabbisogno quotidiano di circa 2.152 chilo-calorie (kcal), spende in media 4,81 euro al giorno, pari a 144,30 al mese: oltre 100 in più rispetto al contributo della Carta acquisti, che copre appunto solo il 27,7% della spe- sa. Questo il dato nazionale. Nella nostra Emilia-Romagna, prendendo come riferimento i prezzi del capoluogo Bologna, la spesa media al giorno del pensionato è di 5,67 euro, che al mese fa un totale di 170,10 euro. E quindi il “contributo” della Carta acquisti risulta ancora minore. Tutti i valori sono riferiti al settembre del 2008. Un italiano adulto di 35 anni, con un fabbisogno di calorie maggiore, nello stesso mese per mangiare ha speso anche di più: 6,77 euro al giorno, con un aumento del 6-7% rispetto all’anno prima. Ma Segrè sottolinea un altro dato. “La Carta acquisti non ha lo stesso peso per tutti i pensionati. Dipende da dove si Argentovivo gennaio 2009 La carta acquisti? Facciamo due conti… 7 Consumi Quanto spendiamo per mangiare? Costo di una dieta tipo giornaliera per un uomo tra i 65 e i 75 anni nei capoluoghi di regione italiani (settembre 2008) REGIONI Argentovivo gennaio 2009 Andrea Segrè, ideatore del Last Minute Market 8 vive. A fronte di una media per l’Italia di 4,81 euro al giorno, la spesa varia tra i 5,95 euro di Aosta e i 4,31 di Bari. Si conferma un dato già noto: il costo dell’alimentazione è più basso al Sud rispetto al Nord, ad eccezione di Trieste, che con 5,29 euro si colloca al decimo posto della graduatoria, dopo Roma con 5,38 euro e prima di Perugia con 5,19 euro”. Per questi motivi “il contributo della card potrebbe essere differenziato a seconda delle regioni”. Più in generale, dice l’ideatore del Last Minute Market, la Carta acquisti presenta diversi problemi. “Intanto, come ha riconosciuto anche il governo, solo una piccola parte dei commercianti ha aderito all’iniziativa. Inoltre, le categorie merceologiche individuate dal ministero sono limitate a panifici, latterie, macellerie, spacci, drogherie e supermercati (quindi piccoli negozi), dove i prezzi medi non sono certo quelli delle grandi catene di distribuzione. Ci sono anche problemi legati all’informazione su dove acquistare, e soprattutto alla reale possibilità per i consumatori over 65 di potersi approvvigionare direttamente. L’obiettivo di Carocibo è di offrire ai consumatori la possibilità di potersi orientare sulla composizione della spesa alimentare, in modo da poter scegliere una dieta bilanciata e di qualità. L’importante però è sapere dove poter fare la spesa”. Per Segrè l’indicatore di ricerca Carocibo “potrebbe essere utilizzato per orientare il consumatore, ma anche le istituzioni, sulla composizione della spesa alimentare sia a livello nazionale sia locale”. “Tra le azioni da mettere in campo per contrastare il caro consumi alimentari – ha concluso il docente – è un peccato ignorare realtà ed esperienze come Last Minute Market a Bologna o Pane Quotidiano a Milano, che recuperano in modo sostenibile i prodotti invenduti e le eccedenze alimentari in negozi e supermercati”. CITTA’ COSTO DELLA DIETA (in euro) Sett. 2008 VALLE D’AOSTA Aosta 5,95 VENETO Venezia 5,92 PIEMONTE Torino 5,85 TRENTINO ALTO ADIGE Trento 5,81 LOMBARDIA Milano 5,80 LIGURIA Genova 5,72 EMILIA ROMAGNA Bologna 5,67 MARCHE Ancona 5,57 LAZIO Roma 5,38 FRIULI Trieste 5,29 UMBRIA Perugia 5,19 SARDEGNA Cagliari 5,10 TOSCANA Firenze 5,07 SICILIA Palermo 5,02 ABRUZZO L’Aquila 5,00 CALABRIA Reggio Calabria 4,97 MOLISE Campobasso 4,88 BASILICATA Potenza 4,80 CAMPANIA Napoli 4,77 PUGLIA Bari 4,31 Fonte: Last Minute Market - Econometrica Informazioni su Carocibo e sull’attività del Last Minute Market: tel. 051 2096357, sito web www.lastminutemarket.org. Solidarietà Il pane per tutti: un segno di giustizia Intervista al missionario padre Ottavio Raimondo C he visione ha lei del mondo in cui stiamo vivendo? “Ho vissuto come missionario nei Paesi del sud del mondo. Sono Paesi che è ingiusto definire poveri. Più correttamente dobbiamo definirli Paesi impoveriti da un sistema mondiale che discrimina e uccide. Sono Paesi così ricchi da arricchire il nord del mondo, e così poveri da permettere che i propri abitanti muoiano di fame e di malattie. Tra quelle persone ho cercato di coltivare la solidarietà e la condivisione. Ora che sono, ormai da anni, qui in Italia, mi sono convinto ancora di più che le grandi sfide non si risolvono con i grandi capitali ma con la solidarietà. Con il cominciare dai più deboli e da ciò che è essenziale per tutti e nella quotidianità”. Sappiamo che lei ha appoggiato la campagna del “Pane a un euro al chilo” promossa dall’associazione Don Milani e sostenuta dal Sindacato pensionati della Cgil. “Il pane è parte integrante della dieta mediterranea, fa parte della nostra cultura. Affrontare il tema del pane e renderlo disponibile a un prezzo giusto è un segno che tutti capiscono, un segno che ridona speranza ai poveri e che fa paura ai ricchi, a chi esercita il potere istituzionale ma soprattutto economico del mondo del mercato”. Il pane è presente anche in altre culture? “Certamente sì. Lo troviamo come elemento essenziale nella cultura semitica, ad esempio. La parola pane la troviamo nella Bibbia 270 volte, e forse con nostra sorpresa la troviamo per ben 209 volte nella Bibbia ebraica, quella che nel nostro linguaggio comune chiamiamo Antico Testamento. La Bibbia è il libro formato da molti libri. Nei primi 5 è racchiusa l’identità del popolo d’Israele, la sua legislazione e la sua visione del mondo. Vi troviamo la parola pane citata 64 volte. 37 volte parlano del pane i libri che raccontano la storia d’Israele. 57 volte si parla del pane nei libri sapienziali e 51 volte nei libri scritti dai profeti”. Può riportarci qualche citazione? “Il pane è alimento condiviso con lo straniero: “Poi, al momento del pasto, Booz disse a Rut: «Vieni, mangia il pane e intingi il boccone nell’aceto». Essa si pose a sedere accan- to ai mietitori. Booz le pose davanti grano abbrustolito; essa ne mangiò a sazietà e ne mise da parte gli avanzi” (Rut 2,14). Il pane è inseparabile dal fare giustizia. La giustizia è tale dove è presente il pane: “Rendere giustizia agli oppressi, dare il pane agli affamati, liberare i prigionieri” (Salmo 145,7). “Il pane dei bisognosi è la vita dei poveri, toglierlo a loro è commettere un assassinio” (Prov 34,21). Che messaggio vuole lasciarci? “Un messaggio di speranza, e anche questo lo prendo dallo stesso Isaia: “Se offrirai il pane all’affamato, se sazierai chi è digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio” (Is.58,10). Ma ricordiamolo bene, non dimentichiamolo, questo offrire il pane non è un atto di liberalità, quasi un’elemosina. No. L’offrire il pane a un euro al chilo è un fatto di giustizia perché questo è il prezzo giusto, per il pane come quello che abbiamo promosso, con le caratteristiche che ognuno di noi conosce”. Argentovivo gennaio 2009 Gianni Zappoli Chi è padre Ottavio Ottavio Raimondo è un missionario comboniano che ha fondato e diretto per molti anni l’Emi (Editrice missionaria italiana). Lo ringraziamo per aver risposto alla nostra intervista e ci auguriamo di incontrarlo ancora perché ci parli del pane in altre culture come oggi ci ha parlato del pane nella cultura semitica. P. Ottavio Raimondo vive a Pesaro: [email protected]. 9 Welfare e diritti I contratti territoriali dalla parte delle donne Mariarosa Parenti Segretaria Spi-Cgil Ferrara Argentovivo gennaio 2009 N 10 ell’ambito delle iniziative promosse dal Coordinamento donne Spi di Ferrara, in accordo con la Segreteria dello Spi, nel 2008 si è deciso di formare tre gruppi di lavoro per affrontare il problema della salute e del benessere delle donne ferraresi. A questa nuova espe- rienza hanno partecipato 23 compagne dimostrando molto interesse per i temi posti in discussione, a partire dall’informazione sulla rete dei servizi come risorse primarie su cui contare, le politiche di conciliazione, il lavoro di cura per sè e per la famiglia, quanto sia importante la prevenzione a tutela della salute e la contrattazione di genere per un’affermazione piena dei diritti di cittadinanza delle donne. In considerazione del fatto che è ripresa la contrattazione territoriale, in particolare il confronto sui bilanci preventivi dei Comuni, l’Esecutivo del Coordinamento ha ritenuto importante svolgere una precisa analisi nell’ambito dei Comuni di competenza, evidenziando ciò che funziona e quelle che sono ritenute le criticità da presentare alle Istituzioni. In particolare, gli argomenti affrontati sono stati tre: bilancio di genere e violenza sulle donne, consultori e piano giovani. Il tema della violenza sulle donne in tutte le sue forme accende in ogni momento l’espressione della partecipazione con atti concreti. È positivo che nella nostra provincia si siano tenuti Consigli comunali, e in città congiuntamente all’Amministrazione provinciale, straordinari e non sul tema: ciò dimostra sensibilità al problema. Altro elemento di positività riguarda l’adesione e la partecipazione dell’Amministrazione comunale di Ferrara al progetto promosso dalla Regione Emilia Romagna denominato “Progetto Regionale Prostituzione”, che prevede la creazione di una rete che coinvolge diversi livelli istituzionali del territorio, Questura, Forze dell’ordine, Pronto soccorso.... per sviluppare azioni sempre più efficaci e mirate contro lo sfruttamento sessuale e la prevaricazione sulle donne. Sul versante delle criticità si deve, ad avviso dell’Esecutivo, compiere uno sforzo ulteriore perché si arrivi nei Comuni della provincia ad una contrattazione e ad un bilancio di genere, con stanziamenti e risorse finalizzate all’attivazione concreta di politiche incisive, per il miglioramento della vita familiare e sociale delle donne. Sarebbe interessante che le amministrazioni comunali elaborassero progetti per destinare l’utilizzo di case rifugio per donne sole che subiscono violenza e progetti finalizzati all’inserimento e protezione sociale per le donne immigrate. Inoltre si dovrebbe promuovere e favorire una cultura del rispetto, della tolleranza e della non violenza anche con riferimento alla violenza sulle donne, attraverso percorsi educativi da attivare nelle scuole ad ogni livello e grado. Nella provincia di Ferrara la popolazione invecchia sempre di più, e di conseguenza aumentano le richieste di assistenza da parte dei cittadini; il disagio sociale della terza età è sempre più grave, le risposte delle istituzioni sono ancora inadeguate. Sono ostacoli enormi destinati ad aumentare, e le famiglie tamponano una necessità primaria come quella dell’assistenza. L’assistenza domiciliare integrata, definita come possibilità di fornire a domicilio del paziente quei servizi e quegli strumenti che contribuiscono al mantenimento del massimo livello di benessere delle persone, riducendo le occasioni di ospedalizzazione, se meglio definita in termini di sviluppo e di adeguamento in tutte le sue forme, può garantire un miglioramento della qualità della vita delle famiglie. I costi elevati e le lunghe liste d’attesa nelle strutture pubbliche o private di Case protette o RSA sono ancora una volta una risposta inadeguata: tutto ciò costringe le famiglie a cercare una soluzione fuori dal sistema pubblico, con l’assunzione di un’assistente familiare, quasi sempre convivente. La richiesta di “badanti” proviene anche da categorie meno abbienti di pensionati che percepiscono dall’Inps il trattamento minimo (per l’anno 2008, euro 5.760,56) e automaticamente diventano “datori di lavoro”, ruolo che necessariamente devono assumere. Questo comporta per la famiglia una spesa annua che si aggira mediamente intorno a 14.500,00 euro, a fron- te di un “Assegno di cura”, anche se apprezzabile, che varia a partire da circa 3.600,00 fino a 6.700,00 euro annui per disabili senza indennità di accompagnamento; mentre chi in famiglia non può permettersi l’assistente familiare, deve necessariamente abbandonare il lavoro. Il tema del lavoro di cura è complesso e deve trovare piena cittadinanza nella contrattazione sociale ad ogni livello tra Istituzioni e Organizzazioni sindacali. L’assegno di cura non può rimanere un beneficio economico temporaneo per ora sperimentale, suscettibile pertanto di possibile interruzione o cessazione. Per quanto riguarda i consultori, nel territorio ferrarese (dati 2007) risultano 12 consultori e 5 ambulatori ginecologici, suddivisi in 3 distretti. Nell’ambito della contrattazione territoriale è necessario tentare d’impostare politiche volte alla diffusione di una cultura inclusiva di tutte le differenze, compresa quella di genere. Le condizioni di salute precaria e reddituale (salari e pensioni basse) incidono enormemente sulla salute delle donne. L’ipertensione, le depressioni femminili sono in aumento, sia nelle giovani sia nelle anziane. Recenti indagini dimostrano che questi fattori hanno una incidenza diversificata tra donne e uomini: da qui l’aumento del consumo di farmaci e di ricoveri ospedalieri. Questi sono solo alcuni segnali di disagio importanti che non bisogna sottovalutare. Per dare slancio ai Consultori, aumentandone le capacità Argentovivo gennaio 2009 Welfare Attualità e diritti 11 Argentovivo gennaio 2009 Welfare e diritti 12 d’intervento e ampliandone le potenzialità, per adeguarli ad una società che cambia, che è composta sempre in maggior misura da donne anziane che spesso vivono sole, le osservazioni e le proposte venute dalle donne dello Spi per migliorarne la funzionalità riguardano in primis l’accoglienza, gli orari di apertura al pubblico, le liste d’attesa. Anche per i Consultori è fondamentale operare una chiara definizione di obiettivi di salute, stabilire dei criteri di valutazione, identificare gli strati di popolazione più a rischio di violenza, di malattia, solitudine, povertà, svolgimento di funzioni di educazione permanente a favore delle coppie, costituire dei punti efficienti di ascolto, facilitare il più possibile l’accesso ai servizi. La Legge 194 è una buona legge che nella sua applicazione ha svolto e continua a svolgere un importante ruolo di tutela della salute delle donne. A 30 anni dalla sua approvazione il numero delle interruzioni di gravidanza è diminuito, e questo dimostra quanto la legge funzioni, ma soprattutto che l’autodeterminazione e la responsabilità delle donne, quando possono essere esercitate, si indirizzano verso la prevenzione. I Consultori, oltre ai compiti assegnati dalla legge, devono svolgere interventi di educazione alla sessualità rivolti alle scuole e alle donne migranti e garantire almeno un medico non obiettore di coscienza in ogni Distretto per più volte la settimana. Per quanto concerne i giovani, i problemi che minano la salute dei ragazzi sono più di uno: precisamente alcol, droghe e scarsa educazione sessuale. A questi si aggiunge il bullismo. L’età dei ragazzi in cui si prende contatto con l’alcol si abbassa sempre di più: oggi risulta essere nella fascia tra gli 11 e 15 anni; si preferiscono bevande con un grado alcolico elevato, come drinks e birra, preferibilmente fuori dai pasti. Questo elevato consumo, unito a sostanze stupefacenti, rappresenta per i giovani, la prima causa di incidenti stradali. Il problema del bullismo nelle scuole, nelle strade e in famiglia rappresenta uno dei temi scottanti di questa nostra società cosiddetta “moderna”. È un tema che sarà largamente discusso tra gli operatori del settore, ma ancora poco cono- sciuto dalle persone in generale, per il silenzio che spesso avvolge gli episodi di bullismo e i loro protagonisti. Per affrontare i problemi degli adolescenti bisognerebbe coinvolgere principalmente i giovani stessi, assieme a consulenti esperti, per analizzare i fenomeni che li spingono ad assumere sostanze o compiere atti di violenza. Andrebbe perseguita una politica nella scuola e nei servizi del territorio per coinvolgere i genitori, gli insegnanti, il personale non docente che spesso vengono visti dai ragazzi come punto di riferimento. Infine, una buona comunicazione esercitata dai ragazzi stessi può favorire la conoscenza dei fenomeni e facilitare la relazione tra i giovani. Pensioni Donne, il no della Cgil al lavoro fino a 65 anni Morena Piccinini Segretaria confederale Cgil voluta proprio per agevolare le donne, offrendo loro un’opportunità in più, quella di scegliere se continuare o meno a lavorare. Andare in pensione a 60 anni non è un obbligo, ma soltanto un’opportunità in più per le donne. Discriminatorio e penalizzante sarebbe, invece, costringere le lavoratrici a lavorare obbligatoriamente fino a 65 anni, tenendo conto che già oggi l’età reale di pensionamento delle donne è più alta di quella degli uomini. Non è un caso che le lavoratrici siano infatti quasi esclusivamente titolari di pensioni di vecchiaia: ciò è dovuto al ritardato accesso al mercato del lavoro, ai lavori saltuari, precari, stagionali, al part-time, alla frammentazione della vita lavorativa, che spesso è piena di buchi per dedicarsi alla cura dei figli e dei genitori, ai licenziamenti in bianco per maternità ecc; mentre i lavoratori sono soprattutto titolari di pensioni di anzianità, vera prerogativa maschile tipica di chi ha iniziato a lavorare presto con continuità e senza le interruzioni dovute ai problemi familiari. C’è da dire, inoltre, che con la riforma previdenziale del 1995 era stata introdotta in Italia la possibilità del pensionamento flessibile con età 57–65 anni, uguali per uomini e donne. Tale sistema è stato stravolto dalla controriforma Maroni (legge 243 del 2004), che ha introdotto anche nel sistema contributivo l’età pensionabile fissa: 60 anni per le donne, 65 anni per gli uomini. Come Cgil abbiamo sempre sostenuto con forza la necessità di ripristinare la flessibilità dell’età pensionabile: prima di tutto perché un sistema contributivo senza flessibilità non ha un senso e, poi, perché la flessibilità in uscita è, a nostro avviso, l’unico strumento valido per coniugare una reale parità di trattamento tra uomo e donna con l’esercizio delle opportunità individuali e della libera scelta, ed è anche l’unico strumento che permette un vero innalzamento delle età medie di pensionamento. Non è un caso poi che di innalzamento dell’età pensionabile delle donne se ne parli sempre quando c’è bisogno di fare cassa. Anche questa volta si afferma che con i soldi risparmiati con l’au- Argentovivo gennaio 2009 N el vivace, appassionato e spesse volte, purtroppo, anche sconsiderato dibattito che si è scatenato sull’età pensionabile delle donne, un silenzio regna assordante: quello sulla vigente legislazione italiana, come se in Italia non ci fosse mai stata la legge 903 del 1977, meglio nota come legge di parità di trattamento tra uomo e donna, il cui articolo 4, tuttora in vigore, ha stabilito, da ben 31 anni, che le lavoratrici, se vogliono, possono continuare a lavorare fino agli stessi limiti di età previsti per gli uomini e ciò anche se hanno già maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia (60 anni di età e 20 anni di contribuzione). Addirittura le lavoratrici del pubblico impiego possono continuare a lavorare come gli uomini del loro settore fino a 67 anni di età, in base a quanto stabilito dall’art.16, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 503 del 1992. Di quale discriminazione parliamo quindi? Come Cgil riteniamo che sia veramente singolare che venga interpretata come discriminatoria una norma che è stata pensata e 13 Argentovivo gennaio 2009 Pensioni 14 mento dell’età pensionabile delle donne si potrebbero fare tante cose per le donne stesse: sostegno al lavoro femminile, maggiori congedi per la maternità, maggiore accredito di periodi figurativi, servizi per l’infanzia e chi più ne ha più ne metta. Il problema vero è che a fronte di un risparmio sicuro sulle pensioni non è per nulla automatico che le risorse vengano utilizzate per le donne. Anzi, il passato ci dimostra l’esatto contrario: anche nel 1992 furono promessi servizi in cambio dell’aumento dell’età pensionabile delle donne. Tutte promesse non mantenute. Il dato vero è che l’età pensionabile è aumentata, ma i servizi non ci sono, il lavoro di cura è ancora esclusivamente sulle spalle delle donne, la doppia presenza è una costante e se non ci fossero tante nonne ad accudire bambini ed anziani neppure le figlie giovani riuscirebbero ad entrare nel mondo del lavoro. Inoltre, come ci si può fidare di un Governo che mira solo a fare cassa sulla pelle delle donne, dei lavoratori e dei pensionati per trovare risorse per sostenere le misere ed inutili misure del provvedimento anticrisi? Come ci si può fidare di un Governo che finora non ha mai preso un provvedimento in favore delle donne, mentre ne ha presi più di uno contro? Ricordiamo che uno dei primi atti di questo Governo è stato proprio quello di cancellare la legge 188/ 2006, legge che era stata fatta dal precedente Governo proprio per evitare i licenziamenti in bianco delle lavoratrici in caso di maternità. Che dire poi dei provvedi- menti sulla detassazione degli straordinari, che non favoriscono certo le lavoratrici, o delle ultime misure con cui è stato tagliato il fondo per la famiglia, o del taglio operato alle risorse dei Comuni che dovrebbero erogare i servizi? Come Cgil rivendichiamo il diritto al lavoro anche per le sessantenni contro i processi di espulsione, rivendichiamo la flessibilità e la volontarietà in uscita, rivendichiamo i servizi: in presenza di tutti questi fattori infatti non c’è bisogno di alzare l’età pensionabile, perché è certo che le donne da sole scelgono di rimanere più a lungo. Proporre peraltro di innalzare l’età pensionabile in questo momento appare veramente paradossale: siamo tutti consapevoli (o quanto meno dovremmo esserlo) che a pagare la crisi saranno soprattutto i soggetti più deboli, e quando diciamo soggetti deboli facciamo sempre tutti riferimento ai giovani, alle donne e ai precari. Non dimentichiamo che molte donne sono anche giovani e sono la stragrande maggioranza dei precari! Contro chi snocciola cifre come l’onorevole Emma Bonino (solo il 46% di donne occupate in Italia contro una media del 60% in Europa, solo il 18% dei bimbi nei nidi, salari rosa inferiori del 30% a parità di mansioni con gli uomini, 3,5 milioni di donne inattive perché devono svolgere i lavori di cura) per sostenere la necessità dell’innalzamento dell’età pensionabile, diciamo che tali cifre le conosciamo anche noi e che proprio per questo ci appare veramente singolare che si ritenga prioritario affermare il principio della parità di trattamento tra uomo e donna, togliendo alle donne l’unica cosa positiva che hanno nell’attuale società, e cioè la possibilità di scegliere se andare in pensione a 60 anni o continuare a lavorare. Tutti gli studi della Commissione europea confermano che le donne in Italia e in Europa studiano di più, ma vengono assunte meno, hanno meno opportunità di lavoro, a parità di lavoro hanno retribuzioni più basse, hanno meno opportunità di carriera o sono addirittura costrette al licenziamento in caso di maternità, hanno lavori saltuari, precari, discontinui, part-time, hanno a loro completo carico il lavoro di cura …: a fronte di questa situazione innegabile, come si fa a dire che l’unica soluzione possibile per garantire pari opportunità alle donne è quella di costringerle a lavorare cinque anni di più? E nella situazione di crisi in cui ci troviamo? Se non ci fosse da piangere per la disperazione di fronte ad una così inutile e dannosa proposta, forse troveremmo il coraggio di ridere come si fa davanti ad un film caricaturale dell’horror. Società Investi i tuoi soldi? Non credere ai miracoli Come difendersi da raggiri e imbrogli / 5 Continuiamo la pubblicazione dei consigli pratici contenuti nella guida “Non ci casco”, promossa dallo Spi Cgil in collaborazione con Federconsumatori, Sindacato lavoratori di Polizia Cgil e Auser nel quadro del più ampio “Progetto sicurezza anziani”. Le truffe ai danni della popolazione anziana sono in aumento e assumono tanti volti diversi, ma difendersi è possibile se si esce dall’isolamento, ci si informa e ci si organizza. In questa quinta puntata parliamo delle precauzioni da osservare di fronte a proposte di investimenti finanziari. L’opuscolo “Non ci casco” si può anche scaricare dal sito web dell’Auser, www.auser.it. Non sentitevi in obbligo di partecipare ad un investimento che già non avete deciso: i soldi in gioco sono i vostri! Ai consulenti disonesti i vostri obiettivi non interessano affatto, vogliono semplicemente convincervi a partecipare ad un loro “progetto” e non esitano a sostenerlo con argomenti emotivi. Nessuno regala nulla: le promesse di rendimenti elevati contengono grandi rischi. Attenzione Argentovivo gennaio 2009 INVESTIMENTI ECONOMICI I “miracoli finanziari” non esistono: più alto è il guadagno che vi viene prospettato, più alto è il rischio. Un investimento ha sempre un costo: richiedete, sempre e per iscritto, tutti i possibili costi dell’investimento. Fatevi dare nome, cognome ed indirizzo del consulente (persona ed Istituto); informatevi presso amici e conoscenti o rivolgetevi ad esperti riconosciuti. Decidete solo se avete esattamente capito come funziona l’investimento: i consulenti disonesti usano spesso un linguaggio incomprensibile per camuffare la vera natura dei loro prodotti, contando sul fatto che la gente si vergogna di apparire impreparata. Non abbiate timore: non siete un esperto e avete tutto il diritto di fare qualsiasi tipo di domanda per comprendere tutti i rischi dell’investimento. Richiedete ed esaminate documentazioni e contratti: i consulenti disonesti spesso non hanno neppure la documentazione sui prodotti che propongono. Se vi viene consegnata documentazione, fatela esaminare da un esperto. Conservate tutto con cura. Non lasciatevi stressare o mettere fretta, i disonesti cercano di farvi credere che certi affari vadano conclusi rapidamente per beneficiare dei relativi guadagni: prendetevi tutto il tempo necessario prima di decidere. 15 Dal mondo Shirin Ebadi, una donna indica la via della pace Giancarla Codrignani Argentovivo gennaio 2009 C 16 hi ha letto l’intervento con cui si è chiusa a Venezia la conferenza Food and Water for Life, avrà pensato: ci voleva una donna. Per la verità, quando si parla di trovare vie per un futuro che consenta alla pace di coniugarsi con lo sviluppo, non ci sono preclusioni “di genere” negli sforzi di formulare proposte concrete. Tuttavia è stata una donna, Shirin Ebadi, non a caso premio Nobel per la pace, a dire cose che dovrebbero diventare non solo provocatorie, ma costruttive di politiche innovative per governi, politici, associazioni e singoli che abbiano a cuore non solo i principi ideali del pacifismo e dello sviluppo umano, da sempre in conflitto, ma anche la possibilità di incidere nelle differenti politiche locali, nazionali e internazionali. Con effetti di alimentazione a tutti i livelli di prassi democratiche, sia per i risultati che si potranno verificare, sia per la cultura da diffondere necessariamente per rendere conosciute le proposte. Le due enunciazioni dell’insigne giurista iraniana sono pienamente condivisibili da donne e uomini di tutte le età che cerchino di migliorare la vita; inoltre potrebbero diventare totalmente iscrivibili nelle scelte dei Paesi occidentali disposti a ragionare in termini non platonici di lotta alla fame nel mondo, di sviluppo, di cooperazione. Infatti queste sono le proposte: 1°) in un Paese che chiede prestiti o aiuti internazionali il budget militare non deve superare il totale del budget per l’istruzione e la sanità; 2°) se un Paese povero non è in grado di ripagare il proprio debito estero, avrà il debito annullato se scioglie il proprio esercito. Agli applausi formali dell’ufficialità si accompagneranno dichiarazioni di perplessità di uomini, anche giovani ma di vetusta esperienza, che, da destra o da sinistra, rileveranno le “assurdità” contenute in questo (sono sicura che tra loro diranno così) “ragionamento da donna”. Anche ai Paesi poveri va garantita la sovranità - diranno - e, quindi, la difesa. Ovviamente per i dubbi certamente realistici poco conta che siano i Paesi dell’Occidente ad avere potenti interessi nel mercato delle armi, perfino quando siano prodotte in aree del Sud del mondo su loro brevetti, o che sia ugualmente lucroso cooperare mediante devoluzioni di beni e concessioni di prestiti non disinteressati: contano i guadagni, che l’attuale crisi economica rende più appetibili, con ulteriore abbandono dei più poveri, vicini e lontani. Il pacifismo è oggi in crisi anche fra molti giovani, nonostante l’evidente necessità di ragionare in termini di scelte graduali e selettive di disarmo mentre perfino molti esperti militari sono molto più cauti dei politici conservatori dell’Occidente. Anche alla base dei Paesi occidentali, responsabili indirettamente della conflittualità diffusa nelle società che non abbiamo più il coraggio di definire “in via di sviluppo”, la mancanza di bacchette magiche sembra indurre a rinunciare all’impegno politico (che è fatto di diffusione di idee e proposte e non di solo movimentismo). Occorre, invece, operare scelte che indirizzino le coscienze e riprendano la via di percorsi ampi di iniziativa politica. Shirin Ebadi avanza proposte che l’establishment non avrà il coraggio di accogliere. Ma sono in qualche modo realistiche. Se vengono da una donna, meglio: può essere un’occasione da non perdere per molte altre donne che non aspettano altro per poter dare una mano a non distruggere il mondo. Abbiamo ormai diritti di cittadinanza mondiale da realizzare e si deve non solo produrre innovazioni di pensiero per far crescere, sulla scorta degli antichi maestri, nuove voci, ma anche trovare pratiche concrete di progettualità effettiva. Iraniana e pacifista Avvocato, pacifista e militante per i diritti umani, Shirin Ebadi è stata la prima donna iraniana e la prima musulmana a ottenere il Premio Nobel per la pace nel 2003. Più volte osteggiata e intimidita dal regime del suo Paese, continua a battersi per la libertà e la parità delle donne in Iran. Testimonianze La storia nascosta d’Italia ora diventa un libro C ol mese di novembre 2008, è terminata sulla nostra rivista Argentovivo la pubblicazione degli scritti del giornalista e storico bolognese Gianni Flamini che, impegnato da anni sui temi del terrorismo, dell’eversione, della storia parallela d’Italia, ha ricostruito in 26 puntate “un’altra storia della Repubblica”. “Questi scritti, che partono dal 1943 e arrivano ai giorni nostri, hanno suscitato molto interesse e attenzione tra i lettori, un successo che ha superato ogni attesa - dice Maurizio Fabbri, segretario generale dello Spi-Cgil dell’Emilia-Romagna -. Tante sono state le richieste pervenute allo Spi per mantenere vivo questo patrimonio di memoria, che abbiamo deciso insieme a Flamini e con l’aiuto della casa editrice Socialmente di Oscar Marchisio, di dare vita a un libro”. Il volume è a cura di Gianni Flamini e di Claudio Nunziata, ex magistrato e pubblico ministero nelle stragi dell’Italicus, del 2 agosto a Bologna e del rapido 904. Si intitola “Diario criminale – Le verità nascoste della storia d’Italia (1943-2008)”, e sarà in distribuzione nelle librerie dal prossimo marzo. Il libro è stato presentato in anteprima il 21 gennaio nell’Auditorium Enzo Biagi della sala Borsa di Bologna, durante un incontro con gli autori che hanno dialogato con Libero Mancuso, ex magistrato ed assessore al Comune di Bologna, Vincenzo Colla, segretario regionale Cgil, Adolfo Pepe, direttore della Fondazione Giuseppe di Vittorio, e Carla Cantone, segretaria generale nazionale Spi-Cgil. Il Sindacato pensionati, da anni impegnato sui temi della memoria, ritiene giusto non solo non dimenticare - e questo lo si deve alle vittime di quella violenza eversiva - ma considera un proprio obiettivo lavorare per una battaglia culturale, politica e democratica che sconfigga ogni tentativo di minaccia alla democrazia e alla Costituzione Repubblicana. Sente inoltre il dovere di consegnare alle giovani generazioni il testimone di questa battaglia. Dalla strage di Portella della Ginestra, che nel 1947 diede inizio alla strategia della tensione, dal terrorismo alla loggia P2 e alle bombe mafiose che colpirono Firenze, Milano e Roma nel 1993, il “Diario criminale” di Flamini e Nunziata ripercorre le tappe e le verità nascoste della storia segreta e ignominiosa della Repubblica italiana. “La memoria di questi fatti l’affidiamo ai giovani - conclude Gianni Flamini - perché sappiano a quali insidie è esposta la democrazia, affinché la facciano vivere giorno per giorno rispettando le sue regole e vigilando perché tutto ciò non si ripeta”. Argentovivo gennaio 2009 a cura della redazione Pillole d’Europa a cura di Livio Melgari Dipartimento internazionale Spi La Commissione europea Istituzione cardine del sistema comunitario, dal primo novembre 2004 la Commissione europea è composta da un membro per ciascun Paese, nominati per cinque anni, di comune accordo dagli Stati membri, dopo il voto di approvazione del Parlamento europeo. La Commissione gode di un’autonomia politica totale, in quanto deve agire nel solo interesse generale dell’Unione e non riceve istruzioni da nessun governo o organismo degli Stati membri. Svolge quattro funzioni fondamentali: - propone atti legislativi al Parlamento e al Consiglio Europeo - dirige ed esegue le strategie politiche e il bilancio dell’Unione - vigila sull’applicazione del diritto europeo - rappresenta l’Unione europea a livello internazionale La Commissione è custode dei trattati e vigila sull’esecuzione dei regolamenti, si avvale di una struttura amministrativa composta da 36 direzioni generali (Dg) e servizi con sede per lo più a Bruxelles e Lussemburgo. 17 Testimonianze Come eravamo sovversivi noi “Pionieri” degli anni ’50 Franco Zavatti Segretario generale Spi-Cgil Modena Argentovivo gennaio 2009 C 18 hi si ricorda dei “Pionieri”? Chi di voi lo è stato da bambino? Sentite questa storia. Io lo sono stato come tanti, a Cavezzo, negli anni ’50; figli di famiglie appena uscite dalla guerra di liberazione, con una nuova speranza da dare a chi tirava avanti con un lavoro duro in campagna o da operaio; con il partigianato ancora troppo vivo nei ricordi e nelle tragedie ancora fresche che ci venivano raccontate andando in corriera, con quelle dell’Udi, a fare visita alla casa di “papà Cervi” nel Reggiano. Anch’io ero stato organizzato nei Pionieri e il 1° di maggio, ricordo bene, a decine e vestiti da piccoli garibaldini, si sfilava sulla pista dei ciclisti che contornava il campo sportivo; il velodromo, orgoglio del Comune e di tutti quelli della Bassa: lì ci erano venuti a correre Coppi e Magni e, durante le sere di ogni bella giornata, tanti ragazzi più grandi di noi si cimentavano con ogni tipo di bicicletta. E i Pionieri, il venticinque aprile o il primo maggio di quegli anni, sfilavano orgogliosi per la festa. Quest’anno, per il mio compleanno, ho ricevuto un prezioso e simpatico reperto per regalo, omaggio di un amico, che mi ha fatto ricordare con affetto quegli anni in cui tanti e tante di noi si era pionieri e si leggeva il nostro giornalino con Pif, Alice, Perlina, Pilucca e le favole di Rodari. Chi si ricorda? Proprio l’undici dicembre del ’54 , e io compivo otto anni, fu scritta una importante “nota informativa” al governo Scelba di allora, da parte dei Servizi segreti di allora: l’Ufficio Affari Riservati degli Interni. Quella nota riguardava nientemeno che “... l’Api, Associazione dei Pionieri Italiani voluta e costituita dal Pci, forte di 140.000 aderenti, da noi particolarmente sorvegliata perché sospettata di essere il serbatoio di giovani e giovanissimi cui il Partito (la maiuscola è nell’originale) avrebbe attinto in caso di lotta insurrezionale...”. Imparo così oggi, con sgomento e una certa soddisfazione, che inizio alla bella età di otto anni ad essere “particolarmente sorvegliato” dall’occhio vigile e discreto dei servizi segreti italiani che si allenavano con i piccoli pionieri . Ora cerco, sforzando la mia memoria, di individuare chi fosse l’agente incaricato di tener d’occhio la cellula dei pionieri di Cavezzo, certamente una delle più aggressive: ricordo bene Luciano, Vito ed Erus mio cugino, fra i pionieri più riottosi e birichini, mancati brigatisti in seguito, ma per poco!! Si scoprì più tardi, negli anni ’90, che fra i componenti effettivi di “Gladio” – l’organizzazione paramilitare ultrasegreta che in caso di invasione sovietica avrebbe dovuto neutralizzare le simpatie comuniste di casa nostra – c’era anche qualcuno della Bassa che senza dubbio avrà fatto l’apprendistato tenendo gli occhi bene aperti sulle sfilate dei pionieri, vestiti da garibaldini, lungo e intorno la pista per i corridori. Auser Franco Digiangirolamo Presidente regionale Auser N on lasciamo soli i palestinesi della striscia di Gaza! Nel momento in cui scrivo sono trascorse tre settimane dall’inizio di una carneficina perpetrata dall’armatissima aviazione israeliana, soste- nuta prima dagli elicotteri e dall’artiglieria pesante e missilistica della “stella di Davide”e da qualche giorno dalle forze terrestri, ovvero da uno spiegamento di forze che sta coprendo di sangue e di piombo un fazzoletto di terra da alcuni definito “prigione a cielo aperto”, da altri “lager”, ma dove, in ogni caso, non esiste da tempo alcuna parvenza di diritti umani e dove si vorrebbe imporre la pax israeliana. Dopo decenni di occupazione militare israeliana e due anni di prigionia (una vera e propria guerra a bassa intensità dai danni economici ed umani, oltre che politici, incalcolabili), sotto l’embargo e il blocco delle frontiere, che avevano già ridotto allo stremo una popolazione di 1,5 milioni di persone private di medicinali, alimenti, acqua, energia, costretti a morire per il divieto di raggiungere gli ospedali, i cittadini di Gaza debbono piangere un migliaio di donne e bambini, vittime di una guerra che solo la cecità politica e il cinismo possono definire difensiva. Cinica la decisione di “reagire” durante le feste di Natale, facendo affidamento sulla distrazione inevitabile del periodo festivo, che avrebbe garantito una settimana di Argentovivo gennaio 2009 Il dramma di Gaza: non lasciamoli soli 19 Argentovivo gennaio 2009 Auser 20 quasi silenzio e di difficoltà dell’opinione pubblica mondiale; in prossimità delle elezioni politiche, che si giocano tutte sul tema della “sicurezza”; nel delicato momento del passaggio delle consegne tra Bush e Obama. Cinica la motivazione: bloccare la certamente inaccettabile e non condivisibile manifestazione di resistenza di Hamas (lancio di missili sul territorio israeliano) che hanno creato molto allarme nella popolazione israeliana, ma danni modestissimi, se confrontati con la tragedia palestinese. Il tutto con un dispiegamento di forze e di mezzi del tutto sproporzionato e dal costo economico enorme che ha provocato una crisi umanitaria di dimensioni gigantesche, come denunciano, inascoltati, tutti gli organismi internazionali (Croce Rossa Internazionale, l’Onu, l’organismo delle Nazioni Unite per i profughi Unhrwa, Amnesty International, Medecins sans Frontières, tra gli altri). Non lasciamo soli gli israeliani! La situazione dimostra il fallimento strategico dello Stato di Israele e dei suoi alleati principali (Usa e Ue) che non sono stati capaci di “pensare” alla convivenza di due popoli sovrani in due Stati e di operare, di conseguenza, per una soluzione pacifica dei conflitti. Lo Stato di Israele ha sempre optato per la “eliminazione” di ogni rappresentanza democratica dei palestinesi (prima dell’Olp e ora di Hamas), definendoli “terroristi”, boicottando qualsiasi processo di pacificazione. Dall’espansione degli insediamenti israeliani nei territori palestinesi, fino alla sottrazione delle risorse idriche, dai vincoli posti all’attività produttiva fino alla edifi- cazione di un vergognoso muro che ha trasformato la West Bank in un bantustan. Il disprezzo per tutte le risoluzioni dell’Onu, e ora per la Carta dei diritti umani, testimonia più di ogni parola l’obiettivo vero di Israele, che peraltro non riesce a realizzare, perché il risultato di questa operazione è l’estensione del fondamentalismo islamico nell’intera area mediorientale, come unica forma di resistenza possibile per rivendicare i diritti del popolo palestinese. Con l’aggravante che, nonostante il servilismo ben remunerato dei media mondiali, diventa difficile anche per gran parte dell’opinione pubblica mondiale non collegare i due termini: Israele-terrorismo di Stato. Quale sicurezza, pace e democrazia possono attendersi i cittadini di Israele da una politica che individua lo Stato di Israele come avamposto di uno scontro di civiltà, tanto agognato e auspicato dai reazionari di tutto il mondo che vivono di e per la violenza, pensandola come strumento di governo dell’ordine mondiale? Quanto sarà prestigioso e sicuro il futuro del popolo israeliano in uno Stato che perde autorità morale individuando il suo traguardo politico nella pax israeliana imposta ai territori confinanti? bini!!!), che divengono sempre più pressanti in ragione della situazione criticissima che si è determinata, preferendo l’uso criminale delle armi al rispet- to dei diritti umani e del diritto internazionale. È necessario unire le forze e appoggiare tutte le istituzioni che stanno operando per affrontare sia la crisi politica che quella umanitaria nella striscia di Gaza. Il Governo italiano ha sposato senza riserve la propagandistica tesi israeliana della responsabilità di Hamas e della “legittima difesa”, ignorando una storia di sofferenze pluridecennale e sottraendosi alla difficile responsabilità di promuovere iniziative di pace, che sono possibili solo quando si è credibili e non univocamente schierati. Ancora una volta dovranno essere i popoli a mobilitarsi a fianco di quanti invocano la fine di questa tragedia e l’avvio di una soluzione che possa dare diritti e sicurezza a due popoli in due Stati. Non lasciamoli soli! Non aggiungiamo alle sofferenze dei popoli palestinese ed israeliano il “silenzio dei giusti”. Non lasciamo sole le istituzioni e gli organismi internazionali! Lo Stato di Israele, abituato da sempre e impunemente a non rispettare le risoluzioni dell’Onu, si fa beffe anche degli appelli degli organismi internazionali, con la certezza che i suoi principali alleati (Usa e Ue), non permetteranno mai un loro giudizio di fronte alla Corte penale internazionale per i crimini di Stato e per la violazione dei diritti umani perpetrati a più riprese nel corso dei decenni. Non ascolta neppure gli appelli delle organizzazioni umanitarie e per i diritti umani (anzi, le bombarda specialmente se danno rifugio a donne e bam- Le foto a corredo di questo articolo sono state scattate nella striscia di Gaza dai volontari dell’ong umanitaria internazionale Hope (European hospital and healthcare federation). Le immagini documentano tra l’altro alcuni effetti degli attacchi israeliani a Gaza e la distruzione della clinica mobile di Hope per il soccorso alla popolazione civile. Argentovivo gennaio 2009 Auser 21 Territori e leghe Reggio Emilia: gli anziani non vogliono stare soli Paola Guidetti Argentovivo gennaio 2009 G 22 odono di una discreta salute, ma sono più poveri e soli. È questa la nuova immagine degli anziani che emerge dalla ricerca condotta nel 2008 dal sindacato Spi-Cgil di Reggio Emilia. Un analogo studio era stato condotto sul territorio reggiano nel 1997, ed oggi ripetere questa esperienza ha permesso al sindacato Spi di capire com’è cambiata in un decennio la percezione della realtà da parte dei pensionati. Gli anziani di Reggio Emilia vivono soli, utilizzano la tv come mezzo di informazione. Trascorrono la maggior parte del tempo al supermercato, si spostano prevalentemente con l’auto. Sono più timorosi, incerti e insicuri, Il tavolo dei relatori ma... socialmente reattivi. Rispetto a 10 anni fa i pensionati reggiani che hanno risposto hanno evidenziato una scolarizzazione più consistente e quindi una disponibilità di maggiori strumenti di espressione e di lettura della realtà (per esempio utilizzano molto più facilmente computer, tv, radio, video-registratori). Per quanto riguarda i redditi, quasi il 40% si è posizionato ad un livello basso (percentuale che per l’Osservatorio Inps di Reggio salirebbe addirittura al 56,5%). Più della metà di chi ha segnalato di svolgere un lavoro a compenso non è soddisfatto dell’apporto economico che ne riceve. Sul versante delle spese periodiche e quotidiane, oltre alle spese generali e di mantenimento, vi sono aggravi di spesa di carattere Il pubblico alla presentazione dell’indagine a Reggio Emilia sanitario e per la salvaguardia nonchè prevenzione della salute e della qualità di vita. Aumentano le persone che vivono sole (sono soprattutto donne) e diminuisce la convivenza tra figli e genitori. Rispetto a dieci anni fa nel capoluogo emiliano aumenta la paura che succeda qualcosa di negativo, ma contemporaneamente cresce anche il tentativo il tentativo di far fronte a questi timori attraverso una maggiore socializzazione. La diminuzione di chi ha fiducia nel futuro, e nel medesimo tempo il sentirsi più utile e facente parte di una categoria di solidarietà, possono rappresentare l’espressione di una realtà per certi versi contraddittoria e incerta, ma anche tentativi di reagire ad un ripiegamento in sè e all’isolamento. Le ricerche compiute dal Sindacato pensionati di Reggio Emilia nell’ultimo decennio hanno evidenziato un cambiamento nei rapporti tra servizi comunali e coloro che sono assistiti: in particolare emerge una maggiore privatizzazione dell’assistenza domiciliare (basta pensare al fenomeno delle badanti). Questa indagine, curata da Cesare Vasconi dell’Ufficio studi provinciale Spi-Cgil con la collaborazione di una sessantina di attivisti dello Spi, è stata condotta su un campione di 1500 pensionati e presentata in un convegno provinciale al Centro internazionale Malaguzzi di Reggio Emilia. Presenti all’iniziativa, insieme al segretario provinciale Spi Maurizio Piccagli, la ricercatrice Maria Luisa Mirabile (direttrice de “La rivista delle politiche sociali”), la segretaria nazionale Spi Carla Cantone e il sindaco di Reggio Emilia Graziano Delrio. Territori e leghe a cura della redazione T ante sedie vuote in Piazza Maggiore a testimoniare l’assenza. L’assenza di 336 vite perdute sulle strade di Bologna negli ultimi dieci anni (1998-2007). È partita così la campagna “Quando guidi rispetta l’anziano che sarai”, promossa da Spi Cgil, Fnp Cisl e Uil Pensionati insieme al Centro Antartide. Su ogni sedia c’erano il nome, l’età, la tipologia delle vittime (pedone, ciclista, automobilista…) e una rosa. L’obiettivo dell’iniziativa è di trasmettere un’emozione per far riflettere sulla possibilità di ridurre le tragedie stradali che, sempre nel periodo 1998-2007, hanno comportato anche 37.000 feriti. Tra questi, secondo le stime dell’Istituto superiore di sanità, più di 700 hanno subito invalidità permanenti. Ogni anno, mediamente, i morti sono stati più di 30 e 3.700 i feriti. Stimando in almeno 10 le persone che hanno forti legami con le vittime, si può affermare che ogni anno quasi 40.000 bolognesi vengono segnati da queste tragedie. Dietro a questi numeri ci sono quindi altissimi costi umani, sociali, sanitari ed economici di cui l’opinione pubblica non è però del tutto cosciente. Le tragedie stradali troppo spesso vengono considerate un dramma privato. Un frutto del destino o del caso. In realtà sono soprattutto dovute al mancato rispetto delle regole, e potrebbero quindi essere drasticamente ridotte semplicemente rispettando il codice della strada. È esemplare a questo proposito il caso dei limiti di velocità. Superare il limite di 50 km orari nei centri abitati significa infatti condannare a morte un pedone, in caso di investimento. L’evento realizzato in Piazza Maggiore ha dato il via al nuovo episodio della campagna “Quando guidi rispetta l’anziano che sarai”, che vuole richiamare l’attenzione, in particolare, sui problemi degli utenti deboli della strada. Gli anziani, per esempio, non si muovono agilmente nella giungla del traffico. Chi guida non può ignorarlo. All’iniziativa hanno preso parte Emanuela Bergamini Vezzali responsabile dell’Osservatorio per l’educazione e la sicurezza stradale della Regione Emilia-Romagna, l’assessore del Comune di Bologna Maurizio Zamboni, rappresentanti dei sindacati dei pensionati e della polizia municipale. Promuovono la campagna insieme a Spi-Cgil, Fnp Cisl e Uil Pensionati 70 istituzioni, scuole, imprese, sindacati. Tra gli altri Centro Antartide, Comune e Provincia di Bologna, Prefettura, Ascom, Azienda Usl di Bologna, Aci, Associazione Orlando, Arci, Coop Adriatica, Università Primo Levi. L’attore comico Vito ha firmato inoltre un post-it che verrà diffuso in 25.000 copie con il messaggio “Sulla strada dai un passaggio alla civiltà”. L’invito è a collocarlo come promemoria sul cruscotto dell’auto. Argentovivo gennaio 2009 Bologna, diciamo stop alle morti sulle strade La campagna Per saperne di più su obiettivi e iniziative della campagna “Quando guidi rispetta l’anziano che sarai”, ci si può rivolgere al Centro Antartide: tel. 051 260921; www.centroantartide.it. Il circolo di sedie in piazza a Bologna per ricordare le vittime della strada 23 Territori e leghe Ferrara, idee e impegni per un mondo più pulito Valentina Vecchiattini Spi-Cgil Ferrara Argentovivo gennaio 2009 S 24 i è tenuta a Bondeno, organizzata dal Coordinamento donne Spi, un’iniziativa sul problema della raccolta differenziata dal titolo “Un altro mondo è possibile, per una nuova cultura del territorio”. Una nuova cultura, quindi, che ogni cittadino dovrebbe fare sua, perché anche da questa può derivare una vita migliore sulla Terra. L’iniziativa a Bondeno ha raccolto molto pubblico attento e partecipante, interessato a questa “giovane” attività che il Sindacato ha voluto portare a conoscenza di un vasto numero di persone. All’incontro hanno partecipato anche la responsabile del Servizio ambiente e sviluppo del Comune di Bondeno e un dirigente di Cmv Servizi, la società che svolge servizi pubblici locali come quello di igiene ambientale, di manutenzione del verde pubblico e di disinfestazione. La produzione giornaliera di rifiuti per abitante nel 2006, in media, in Italia era vicina ad 1,5 kg al giorno. Il problema dei “rifiuti” – ha detto Luciano Farina, segretario generale dello Spi – ha assunto proporzioni tali da diventare drammatico non solo dal punto di vista ecologico e sanitario, ma anche delle tensioni sociali. Il Sindacato, come organizzazione di cittadini, è impegnato a promuovere iniziative che portino a conoscenza della gente argomenti di cui spesso si par- la. Ma, come Sindacato che si occupa di contrattazione, il nostro compito è anche quello di discutere con gli Enti locali un miglior sistema “costo-servizio”, grazie a una politica tariffaria più corretta che, oltre all’esenzione della stessa tariffa per i più deboli, incentivi e responsabilizzi il cittadino. Come ha spiegato la responsabile del servizio comunale, gli sconvolgimenti che l’uomo ha prodotto e produce su aria, acqua e suolo non possono che ritorcersi sulle sue capacità di sopravvivenza. Cosa lasceremo in eredità ai nostri nipoti? Viene in mente l’antico detto indiano: “La terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla terra … qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra”. Occorre quindi educare, educarci, verso l’ambiente. “Noi donne siamo le manager della famiglia – ha detto Laura, responsabile del Coordinamento donne di Bondeno – il nostro compito è anche insegnare ai nostri figli e ai nostri nipoti l’amore e il rispetto per la terra in cui viviamo”. Si è parlato molto, in questo ultimo periodo, di ammassi di rifiuti che coprivano le strade di Napoli. La gente li bruciava forse non sapendo che, in questo modo, si producevano più danni in quanto dalla combustione si generavano veleni pericolosi. Il dirigente di Cmv Servizi ha, invece, messo in evidenza come la raccolta differenziata possa rispondere alle necessità giornaliere senza compromettere il futuro. Oggi dobbiamo pensare – secondo quanto disposto dall’Unione europea - a ridurre le quantità di rifiuti prodotte, a riutilizzare beni e componenti che non hanno ancora terminato la propria vita utile, a riciclare le frazioni di materiale ancora impiegabili nei processi produttivi ed infine a recuperare energia per la frazione che rimane. Ogni anno in Italia si producono circa 27 milioni di rifiuti solidi, di cui circa il 35% in peso e il 50% in volume è costituito dagli imballaggi che, per quasi il 90%, finiscono nelle discariche e solo il 13% viene recuperato attraverso la raccolta differenziata. Vetro, plastica e cartone sono i materiali più diffusi oggi, ma la ricerca avanza e fra qualche anno si useranno sempre più materiali ecocompatibili che risolveranno, almeno in parte, questo grosso problema. Per il momento, però, districandoci fra discariche e termovalorizzatori, siamo chiamati a portare nei raccoglitori specifici i nostri rifiuti, ad usare le isole ecologiche o a chiamare l’azienda di raccolta per i “pacchi” ingombranti. Territori e leghe Modena, “l’oro di Gelli” donato all’Anpi F. Z. del gran maestro. Tra gli ostacoli incontrati da quei coraggiosi magistrati, Gherardo Colombo e Giuliano Turone, vi furono le minacce e la querela di Gelli. La storia sappiamo com’è andata: la loggia segreta fu sciolta e dichiarata fuorilegge per il suo carattere eversivo ed il “capo La consegna della spilla ad Aude Pacchioni. In alto, il pubblico al teatro Storchi venerabile” risultò poi pluricondannato dai Tribunali della Repubblica. All’epoca proprio nessuno propose in Parlamento una specie di lodo salva-Gelli o di cambiare la Costituzione contro l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura: per questo bisognerà aspettare i successivi venticinque anni ed un presidente del Consiglio con tessera P2! Per quei due valenti magistrati, furono respinte le farneticanti accuse ed essi ottennero, a titolo di risarcimento morale, una parte di quell’oro sequestrato a Licio Gelli. Naturalmente, non lo tennero per sè: fu devoluto per metà alle Madri di Plaza de Mayo (l’associazione dei parenti dei desaparecidos argentini) e l’altra parte andò al Comitato delle famiglie delle vittime della strage del 2 agosto alla stazione di Bologna, che ne fece delle spille in ricordo. Lo Spi di Modena, avendo ricevuto una di queste spille, ha scelto di offrirla alla compagna Aude Pacchioni: chi meglio della presidente dei Partigiani modenesi potrebbe custodire un simbolo così significativo? Argentovivo gennaio 2009 N el corso del tradizionale concerto di fine anno, di fronte a un Teatro Comunale “Storchi” stracolmo di centinaia di attivisti e dirigenti di tutte le Leghe Spi modenesi, la segreteria provinciale ha consegnato ad Aude Pacchioni - presidente dell’Anpi ed iscritta allo Spi - il distintivo ottenuto con parte dell’oro sequestrato a Licio Gelli, “maestro venerabile” della disciolta loggia P2. Si ricorderà che, nel corso delle prime perquisizioni effettuate a Villa Wanda, furono sequestrati nel “covo”, oltre ai famigerati elenchi degli affiliati alla loggia segreta, anche i lingotti d’oro del “tesoro nero” 25 I temi della memoria “Battersi per i diritti di tutti” Dialogo con Vittorio Foa Pescasseroli, 7 luglio 2008. Anna Maria Pedretti Argentovivo gennaio 2009 S 26 ono venuta a trovare Vittorio Foa in una casa che la moglie Sesa ha affittato per il mese di luglio qui all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, dove si gode di un clima ventilato e soprattutto di un ambiente verde e riposante. Sono molto contenta di vederlo in forma, sembra che il tempo, che pure ha inferto seri colpi alla sua salute, non abbia minato per nulla la sua voglia di esserci, la sua curiosità di capire, la sua volontà di sapere. In questi giorni sta lavorando molto: ha fatto una selezione delle sue “Lettere della giovinezza” che Einaudi intende ristampare in edizione economica e ha pensato a lungo ad una possibile prefazione per una nuova ristampa di un altro suo libro che risale al 1996, Questo Novecento. Ho il privilegio di leggere in anteprima le prime idee che ha buttato giù e di cui discute con amici e con tutti coloro che lo vengono a trovare. Mi chiede con sincero interesse di che cosa mi occupo in questo momento. E così è facile per me parlargli del progetto del Dipartimento Memoria del- lo Spi dell’Emilia-Romagna sul tema “Vivere l’altrove: storie di migranti nella globalizzazione”. Gli chiedo se posso intervistarlo sull’argomento e lui, dopo averci riflettuto un po’, esclama entrando subito nel merito: “Cosa vuoi? È vero, molti italiani oggi hanno paura, vivono in una condizione di perenne incertezza, e quindi di insicurezza… molti anziani hanno così poco e temono che quel poco che gli serve per vivere e per arriva- re a malapena a fine mese gli venga sottratto…”. “È vero anche – aggiungo - che, al di là dei dati reali sui furti, sugli scippi, dicono di aver comunque paura degli stranieri. Addirittura ci sono state interviste televisive in cui, alla domanda del giornalista se vi erano stati molti furti nella zona in cui abitano, alcune persone anziane hanno detto che lì non è mai successo nulla, ma che, comunque, loro hanno paura degli extracomunitari. Questo atteggiamento da cosa dipende secondo te?” La risposta di Foa è netta: “È un problema di conoscenza, di conoscenza reciproca. E per questo ci vuole tempo…”. Gli racconto di un’esperienza realizzata nella mia città tra operatori, alcuni dei quali stranieri e alcuni di provenienza africana, e anziani ospiti di una Struttura protetta nella quale gli uni e gli altri si sono raccontati alcuni pezzi della loro vita. I vecchi, che prima di questa bella e lunga esperienza di narrazione, avevano una L’ultima intervista Quella che pubblichiamo è l’ultima intervista di Vittorio Foa, raccolta da Anna Maria Pedretti ai primi di luglio del 2008 a Pescasseroli, nel Parco Nazionale d’Abruzzo, dove Vittorio stava trascorrendo un periodo di vacanza insieme alla moglie Sesa Tatò. L’età era già molto avanzata, ma la lucidità e la curiosità per tutto ciò che accadeva nel mondo e verso le persone intatte. Come ben sanno i lettori di “Argentovivo”, che ha pubblicato un articolo in memoria del grande sindacalista, Vittorio Foa si è spento a Formia il 20 ottobre del 2008. certa difficoltà a farsi accudire da persone di colore, alla fine hanno trovato dei punti di contatto con loro; e le ragazze dicevano che le persone che prima erano sempre scorbutiche e ostili e le chiamavano sempre e solo “Osa”, cioè assistente, adesso le chiamavano per nome, perché si era creata una famigliarità, proprio attraverso questa conoscenza reciproca. E lui, a commento, parlando della sua “badante”, mi dice: “Tu conosci la mia protettrice, Nadia, vero? Bene, lei è molto attenta, molto autoritaria, ma cortesissima. Mi ordina con estrema decisione: ‘Devi camminare’. E io cammino”. Ti pare allora che l’iniziativa di pubblicare su “Argentovivo” le storie di emigrazione, di ieri e di oggi, vada nella direzione di aiutare le persone a conoscersi, al di là dei preconcetti e degli stereotipi? Questo è molto giusto, tutto quello che è conoscenza reciproca è ben fatto, l’unica cosa che dobbiamo chiedere continuamente è che sia la verità, e nient’altro che la verità. L’immigrato cosa Vittorio Foa con la moglie Sesa durante l’intervista può raccontare? Per te cosa può raccontare? Ad esempio, i motivi per cui è andato all’estero. Sì. E poi può anche raccontare le sofferenze che ha provato fuori. Ma la cosa più importante è la conoscenza delle persone che entrano; allora, su di loro, dobbiamo fornire il massimo di informazioni, in modo oggettivo, perché di loro si raccontano le cose più folli, che non sono vere, e allora noi dobbiamo raccontare la verità, e io credo sia un impegno molto serio del sindacato. Parliamo dell’insicurezza. Secondo te oggi, quali sono gli elementi che generano insicurezza? Questo dipende, secondo me, dal lavoro; se tu non hai nel lavoro un minimo di sicurezza, se non sei riconosciuto come un “qualcosa che produce”, e soprattutto qualcosa che ti dà delle prospettive, il lavoro diventa incerto e… la politica non ti aiuta. Allora ci sono due problemi: c’è un problema della politica e un problema del lavoro. Però non posso toccare qui elementi affettivi, perché… io mi rendo conto che alcuni legami tra gli elementi affettivi e i trattamenti materiali, ci sono; gli elementi materiali possono influenzare anche gli elementi affettivi. In questo però io non posso entrarci. Posso dire invece due cose che a me paiono essenziali. La prima è: “Come possiamo utilizzare i vecchi?”. Io ricordo, in passato, di avere preso dei contatti con i sindacati pen- sionati su un problema che a me pareva molto interessante, cioè che essi si rivolgessero ai pensionati, non chiedendo loro “di che cosa avete bisogno?”, ma domandando un’altra cosa, “che cosa potete dare voi alla società?”. Ed era un esempio, a mio giudizio, di come tu vedi il futuro del pensionato. Su questa materia sono state fatte molte cose sul piano volontario, invece da parte dello Stato non è stato fatto niente; mentre, a mio giudizio, sul piano statale un’organizzazione che è efficiente nel trovare il lavoro per i pensionati, sarebbe una cosa che serve anche agli immigrati, mica soltanto ai pensionati italiani. Ecco, a me pare che questo problema di trovare un lavoro per i pensionati è una prima cosa essenziale, alla quale possiamo dare una grande estensione. Perché i pensionati possono essere disponibili a molte cose, sono preziosissimi. Se lo Stato decidesse di creare una serie di strumenti che permettano veramente di dare un lavoro ai pensionati di diverse età… perché l’età è molto importante, certamente se hanno 97 anni non possono fare molto, ma se ne hanno 56 possono fare molte cose. Chi continua a lavorare oltre i cinquanta è pagato qualcosina in più, e sopratutto questo permette di incrementare la pensione. E per l’imprenditore che assume ci può essere uno sgravio fiscale. La seconda riguarda essenzialmente che cosa lo Stato può dare ai vecchi che hanno bisogno. Io credo che la prima cosa da dare... è un problema Argentovivo gennaio 2009 I temi della memoria 27 I temi della memoria L’autrice Argentovivo gennaio 2009 La professoressa Anna Maria Pedretti collabora da molti anni con il Sindacato pensionati nella realizzazione di esperienze didattiche sui temi della memoria che vedono protagonisti le persone anziane con gli studenti delle scuole e di progetti di formazione con la metodologia autobiografica. È collaboratrice scientifica della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari (Arezzo), della quale lo Spi-Cgil dell’Emilia-Romagna ha il patrocinio. Fa parte del Gruppo Regionale del Dipartimento Memoria che ha portato alla stesura del libro collettivo delle storie di vita di uomini e donne centenari dal titolo “Centopercento Storie” e che ora ha dato vita al nuovo progetto “Vivere l’altrove. Storie di migranti nella globalizzazione”. 28 molto difficile... certo bisogna dare da mangiare, certo bisogna dare una sede dove abitare, però la famiglia conta. Allora, cosa si può fare? A me pare che quello che è stato fatto in parecchi Paesi è stato di aiutare la gente a pensare ad alcune soluzioni a cui, in genere, non si pensa; cioè, ad ogni vecchio si misura la pressione all’alba, e altre cose come i battiti del cuore e se vi è qualcosa che non va, devono rivolgersi al medico. Però questa cosa può farsi entro certi limiti, perché sappiamo benissimo che c’è il rapporto con la famiglia… com’é questo rapporto? Questo rapporto può essere molto vario: la famiglia può dedicarsi per tutto quello che può, ma molto spesso può dedicare molto poco e allora tu devi supplire quello che la famiglia non riesce a dare. A mio giudizio questa cosa non è impossibile e non è nemmeno molto pesante. Se i vecchi sono protetti va bene; se non lo sono bisogna proteggerli. Qui possono sorgere difficoltà molto serie: cioè, fino a che punto tu puoi intervenire? Ci sono dei Paesi, la Danimarca per esem- Un affettuoso incontro tra Foa (a destra) e il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi pio, in cui i comuni intervengono per dare una casa ai vecchi; danno la casa e anche l’assistenza domiciliare. Dopodiché succede che i famigliari non se ne occupano più. Lo sai? Quelli della famiglia non ci sono più. Allora si determina uno stato di insoddisfazione diverso, e lo stato di infelicità nasce dal distacco dalla famiglia e a questo bisogna pensarci. Come fai? Ci vuole un costante e attento lavoro: bisogna informarsi su come la persona vive e discutere con lei e con la sua famiglia quali sono le cose che si possono fare e quali non si possono fare. Sapendo però che le cose cambiano nel tempo, cioè che dopo un mese o un anno non è detto che la situazione sia ancora la stessa; allo- ra le soluzioni adottate vanno verificate sei mesi dopo o un anno dopo. Ma queste cose già si fanno in alcuni Paesi, anche importanti, anche in Emilia lo fanno, e queste sono cose che avvengono, anche in modo positivo; però questo bisogna farlo diventare una cosa a livello nazionale. Ora io ti dico francamente, molti anni fa, io avevo sostenuto una tesi, che era quella di dare a tutti gli uomini e le donne il compito di dedicare un anno della loro vita a un servizio collettivo. Ricordo bene la tua proposta del servizio civile obbligatorio per ragazzi e ragazze… Il sindacato non ne ha voluto sapere, lo ha respinto con l’idea che qualunque cosa succeda deve essere pagata da un contributo, mentre io penso che molte cose vengono date e incidono sul bilancio dello Stato senza che io paghi il con- tributo. Ora a mio giudizio, sarebbe possibile, gradatamente, nello spazio di due o tre anni, creare le condizioni perché ragazzi e ragazze, uomini e donne per un anno si dedichino a dei servizi civili, che vuol dire: occuparsi dei vecchi, portare a scuola i bambini, supplire alle esigenze familiari. Quando si è discussa questa cosa, diversi anni fa, ci sono state delle difficoltà sulle donne, perché da molte parti si è detto che le donne, siccome non avevano l’obbligo del servizio militare, non erano tenute a fare questo; invece io credo che le donne possono farlo benissimo, non c’è nessuna ragione; se le donne vedono il loro occuparsi degli altri come un servizio a cui sono obbligate per un anno della loro vita, è una cosa che andrebbe molto bene. Secondo me, se questa organizzazione di servizi viene fatta in modo capillare, da un lato hai il lavoro volontario dei giovani uomini e delle giovani donne, dall’altro hai le forze per sostenere l’impegno di aiutare i vecchi. Perché non lo possiamo fare? E poi non ti nascondo che vi sono altri problemi più seri e più gravi, uno è il problema che i figli che sono mantenuti dai genitori non sentono nemmeno più la necessità dell’impegno, e questo è un fatto culturale molto importante che è difficile risolvere in termini economici; bisogna risolverlo in termini di educazione. Io credo che uno degli elementi principali che può servire nell’educazione dei giovani è il fatto dell’esempio. Cioè io credo che ai giovani, io devo dare loro l’esempio, e devo dare l’esempio di pensare agli altri. Mentre i giovani oggi non hanno più quest’idea, perché il governo ha dato loro l’idea che possono fare quello che gli pare. Ecco, io devo lottare contro le idee del governo, c’è poco da fare; io non posso accettare l’idea che ognuno possa prendere i soldi che vuole. Uno deve sapere che quello che fa è pagato da qualcun altro, e capire come e perché questo è pagato. Ecco, io credo che questo punto è molto importante; un intervento preciso sul modo di governare che richiede una grande sincerità e non forme egoistiche di gestione del potere. Io credo che la classe politica pensi solo a se stessa, e credo che bisogna dirlo questo. Io sono d’accordo sul volontariato, ma vorrei anche stabilire un obbligo, e l’obbligo è che ognuno deve dare un pezzo della sua vita per gli altri. Un anno della sua vita. Io penso Ancora Foa con la moglie e gli amici Gianni Bocchi e Flavia Berra Argentovivo gennaio 2009 I temi della memoria 29 I temi della memoria Argentovivo gennaio 2009 che sarebbe molto utile a tutti. Io ho fatto il soldato e sono contento di averlo fatto, mio fratello ha fatto il soldato e anche lui era contento di averlo fatto. Pazienza: era faticoso, era noioso, però tu avevi fatto qualcosa per il tuo Paese. Ti volevo chiedere se in questo obbligo ci possono stare anche le persone straniere? Ne sarebbero immediatamente avvantaggiate. Intanto io penso, te lo dico subito, che noi dobbiamo spingere al massimo al riconoscimento del diritto di cittadinanza. Veramente l’idea… di tenere una persona lì per trent’anni non ha senso. Se questo straniero, dopo cinque o sei anni lo faccio entrare nel numero dei cittadini del mio Paese, ecco, lui diventa diverso. Questo è essenziale: la cittadinanza il più presto possibile. A me pare che il governo abbia il diritto di stabilire che certe cose vengano fatte, e l’idea inglese di dire che ognuno fa quello che gli pare, non mi pare giusta e redditizia. Infatti gli inglesi adesso sono nei pasticci… Tu dici, se ho capito bene: ci vogliono delle regole uguali 30 per tutti, però occorre dare il diritto di cittadinanza a chi vive e lavora qui. Si, questo deve essere dato a tutti. E questo contribuirebbe, in un certo senso, a superare la paura del diverso? Sì, secondo me la supererebbe, perché... chi è che diceva che ogni uomo accetta tutti i singoli uomini di altri Paesi, altre culture, ma non accetta poi l’insieme? Discutiamolo. Io farei discutere su tutte queste cose. La discussione su questo fatto, sui diritti, però fissando alcuni principi, che sono prima di tutto che uno deve seguire le leggi dello Stato, ma è giusto che poi abbia la cittadinanza. In questo modo, probabilmente, si isolerebbero i delinquenti, perché questi non farebbero più parte di chi ha la cittadinanza, di chi lavora qui, ha una famiglia, ha dei bambini che vanno a scuola, ecc. Senz’altro, questo costituirebbe una discriminante. E allora che cosa facciamo? Io dico che bisogna battersi, l’unica cosa è lottare... bisogna lottare per la libertà, per i diritti di tutti. Da sinistra Anna Maria Pedretti, Vittorio Foa e la moglie Sesa Tatò Il ricordo di Epifani Roma, 22 ottobre 2008: ecco un estratto del discorso del segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ai funerali di Vittorio Foa. Se ne va, con Vittorio, l’ultimo dei grandi padri viventi della Cgil e un grande italiano che ha attraversato tutta la storia del ’900, difendendo il valore della libertà e quello della giustizia sociale. Vivendo con sobrietà, coerenza, passione morale e civile, pagando di persona. Grazie per quello che ci hai dato, per quello che sei stato, per come sei stato. Per il senso alto di libertà che ci lasci; per la fiducia che non hai mai smarrito verso le ragioni del lavoro, dei lavoratori, degli ultimi; per il riconoscimento di quello che è il sindacato confederale, quello che si occupa – dicevi – di te e degli altri, del presente e del futuro; per la speranza che sapevi ritrovare – e ci chiedevi di ritrovare – dietro ogni trasformazione, ogni crisi, ogni problema. È quello che hanno detto e pensato ieri e oggi i tanti che ti hanno reso omaggio, con la commozione, con il pudore che si hanno quando ti lascia qualcuno a cui ormai eri abituato come a una presenza costante, capace di sopravvivere al tempo e ai suoi segni. Giorgio Napolitano, il nostro Presidente, ha voluto ricordare la vita spesa a fianco dei lavoratori. Carlo Azeglio Ciampi, il senso di coscienza civile per il Paese. I compagni di tante battaglie, a partire da quelli più legati a Vittorio, i suoi amici di sempre anche a nome dei tanti scomparsi, i mille ricordi di una vita in comune. Sì, è stata la Cgil, al fondo di tutto, la casa e il luogo di Vittorio Foa; “un operatore sindacale”, amava dire di sé. Colpisce oggi il tempo e la forza della sua scelta, quella che lo ha portato qui sessant’anni fa accanto a Giuseppe Di Vittorio, il suo vero e riconosciuto maestro. Prima di quella scelta c’era stata la gioventù vissuta a Torino, la comunione ideale con i tanti antifascisti di quella città, gli amici scomparsi (Leone Ginzburg e Pietro Gobetti), otto anni di carcere, tutta una giovinezza, e poi la liberazione, l’impegno politico, l’Assemblea Costituente... Grazie poi Vittorio per un’altra cosa. Mentre tutti ci spiegavano la fine del lavoro, e la scomparsa del sindacato – arnese del ’900 – e ci rappresentavano un mondo dove i soldi producevano soldi, e spariva la fatica la durezza del lavoro, la condizione operaia, la precarietà di tanti, tu esprimevi, dicevi pensieri e parole opposte. E alla fine della tua lunga vita ritornavi dove avevi cominciato sessant’anni fa, all’idea che non c’è nulla di più importante di un sindacato confederale forte, moderno, saldo nei suoi valori di fondo... Ci mancherai. Ma non ti sentiamo da un’altra parte, né di lato neanche oggi. Ti continuiamo a sentire uno di noi, come quando il tuo sorriso e il tuo sguardo, quello delle fotografie che ti ritraggono, continuano a dirci come in fondo ci chiedevi e avresti voluto essere ricordato. Così resti presente pur andando via. E nel restare dai un futuro e una speranza laica anche alla morte. (tratto da www.ufficiostampa.cgil.it) Io sono troppo vecchio, non so come bisogna fare, però quello che so è che bisogna battersi, perché io credo che andiamo allo scontro. Il capo del governo, lui, ha la maggioranza dei voti, non gliene frega niente, butta via le garanzie. Ma noi dobbiamo ricordare che c’è una sola questione: che le leggi sono uguali per tutti. Punto e basta. Il tempo dell’intervista è terminato, ma Vittorio non è stanco e aggiunge: “Si potrebbe, se tu vuoi, dare un’occhiata a quel documento che ho già in parte dettato… adesso vediamo, quando Sesa arriva, lo leggiamo insieme, perché ho altre cose da aggiungere, molte cose. Mi ha chiesto “l’Unità” come faccio io, avendo quasi 100 anni, a occuparmi di tutto questo…”. Fa un sorriso ampio e allarga le braccia. Come dire: “È la mia vita, non posso farne a meno”. La campanella Mai più guerra: solo belle parole? Che importa al bambino che muore, straziato da bombe ed esplosioni, chi ha ragione, chi ha torto, chi per primo ha cominciato, che storia c’è dietro per capire? Dove sono i tanti “movimenti per la vita” che mai si pongono la questione del “come”, del “prima”? Si è detto, dopo l’Olocausto che ci riguarda tutti, “guerra mai più, anche se cambia nome!”. Mentre scrivo la guerra in corso si chiama “operazione piombo fuso”, e solo questo mi strazia di impotenza. Mi sono sempre chiesta come sia potuto succedere l’Olocausto nel silenzio di tanti che, come ci ha ben testimoniato Primo Levi, non volevano sapere. Ho sognato in questo inizio d’anno di guerra – tutti in attesa che si insedi Obama, già eletto presidente ma, per democrazia, non ancora tale! – che dovevo convincere vari Paesi, compreso il nostro, non a fare “eserciti di pace” come già pensai – sperai a vuoto! - per la guerra in Jugoslavia, ma eserciti di vecchi poiché ora si uccide da lontano, con la tecnologia, spingendo un bottone. Dunque perché sacrificare i giovani, che sono il futuro e ancora hanno la vita davanti? Naturalmente anche nel sogno non ero affatto convincente, tranne che per un piccolo paese dove i nonni amavano davvero la vita dei nipoti ed anzi si specchiavano in essa. Era questo esercito che per paura della morte, quella da dare quanto quella propria, sapeva farsi esercito di pace. Non “io speriamo che me la cavo” perché più bravo, più forte, più fortunato, più bello, ma noi, riconoscendo ed intrecciando le nostre diversità, dobbiamo mettere la vita, la vita di ognuno al di sopra di tutto: col mio dire, col mio fare immetto dinamiche positive o invece coltivo astio, rancore e sottolineo continuamente tutto il negativo che ho intorno? Niente è più tragico del soldato – del terrorista - che prega! È questo cerchio, che ci riguarda tutti, che dobbiamo spezzare, insieme! Miriam Ridolfi Argentovivo gennaio 2009 I temi della memoria 31